Intervista a Lester Luborsky

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Intervista a Lester Luborsky
ACP – Rivista di Studi Rogersiani - 1997
Intervista a Lester
Luborsky
Valeria Vaccari
Domanda. Lei è uno dei maggiori esperti della ricerca in psicoterapia. Può
brevemente descrivere ai nostri lettori quali sono gli sviluppi attuali più
importanti in questo campo?
Risposta. La ricerca in psicoterapia, come con la psicologia in generale, si è
andata sempre più articolando ed ora comprende molti ambiti. Nel mio
campo, gli sviluppi che trovo più interessanti sono:
1. Il confronto fra diversi tipi di psicoterapia;
2. Il perfezionamento di misurazioni oggettive rispetto ai modelli delle
relazioni centrali, in particolare al metodo del Gore Conflictual Relationship
Theme (CCRT),
3. Le implicazioni della psicoterapia per la psicologia della salute.
ACP – Rivista di Studi Rogersiani - 1997
D. Qual è stato, a suo avviso, il ruolo di C. Rogers nel campo della ricerca
in psicoterapia?
R. Rogers è stato il primo grande ricercatore nel campo della psicoterapia,
con particolare riguardo ai metodi clinico-quantitativi. Ha influenzato in
maniera considerevole non soltanto me ma un'intera generazione di
ricercatori. Fu il suo "Clinical Treatment of the Problem Child" ad indirizzare
sulla strada del confronto fra diverse forme di psicoterapia e di trattamento
in generale.
D. Lei ha sempre sottolineato l'importanza dell'influsso della ricerca sulla
clinica. Può indicare quali sono i principali contributi che la ricerca può
offrire alla pratica psicoterapeutica?
R. Sono tuttora profondamente interessato agli aspetti della ricerca che
possono e dovrebbero influenzare la pratica clinica. Ho riassunto tali aspetti
nel capitolo "How to maximize the curative factors in dynamic
psychotherapy research" (in "Psychodynamic treatment research: A handbook
for clinical practice", scritto con N. Miller e J. Barber, Basic Book, 1993).
D. Il suo lavoro è focalizzato più sui problemi metodologici che su quelli
epistemologia; tuttavia, nelle ultime pagine di "Understanding Transference"
(in italiano: "Capire il transfert" di L. Luborsky e scritto con. R. Cortina, 1992)
un breve paragrafo è dedicato al dibattito fra "ottimisti empirici" ed
"ermeneutici". Lei da che parte sta?
R. Sono certamente dalla parte degli "ottimisti empirici". Gli "ermeneutici"
si sono ficcati in un vicolo cieco. Non credo che abbiano una via d'uscita e
che il loro contributo risulterà determinante.
D. Lei pensa sia possibile, nell'immediato futuro, stabilire un
collegamento fra la ricerca in psicoterapia e la ricerca nelle neuroscienze?
R. Non solo è possibile, ma esiste una corrente di ricerche in psicoterapia
che tenta di agganciarsi con quella delle neuroscienze. Alcuni lavori che
saranno pubblicati fra breve mettono in relazione la depressione con
modificazioni del sistema immunitario.
D. L'obiettivo di una gran parte del suo lavoro è stato quello di verificare
scientificamente la teoria del CCRT. Viceversa, Lei si è tenuto a distanza dalle
questioni metapsicologiche, scrivendo con molta cautela circa le origini del
CCRT. Ma da un punto di vista clinico, è possibile gestire un problema senza
conoscerne le origini?
R. Ho pensato con notevole profitto alle origini del CCRT nell'ultimo
capitolo di "Understanding Transference". E' possibile avere notevoli vantaggi
nella comprensione del fenomeno senza conoscere tutto delle sue radici.
D. Robert Wallerstein, nella prefazione di "UnderstandingTransference"
indica come elementi unificante della psicoanalisi quelli della teoria clinica,
quali il transfert, le difese, etc., mentre nega tale prerogativa alla
metapsicologia. E' d'accordo con lui o piuttosto teme che, a lungo andare, la
mancanza di una teoria fondante possa provocare la disgregazione delle
psicoanalisi?
ACP – Rivista di Studi Rogersiani - 1997
R. In generale condivido l'opinione di R. Wallerstein di un minor valore
del livello metapsicologico rispetto a quello empirico-naturalistico, più vicino
all'esperienza; è questo il livello in cui osserviamo fenomeni che hanno a che
fare con il transfert. Incidentalmente, gli attacchi alla psicoanalisi non sono
tanto di natura teorica quanto piuttosto d'origine politica ed economica.
D. Alcuni sostengono che il tentativo di rendere verificabile la psicoanalisi
comporti un suo snaturamento. Presumendo che Lei non sia d'accordo, qual
è di preciso la sua posizione?
R. In effetti, non sono d'accordo sul fatto che rendere verificabile la
psicoanalisi la possa cambiare di molto. I fenomeni sono sempre gli stessi
nonostante usiamo dei metodi che sono verificabili. Questa è la mia
posizione. Mi fa piacere affermare che essa è condivisa da un numero di
studiosi molto maggiore che in passato, compresi Robert Wallerstein e Otto
Kernberg, ad esempio.
D. I desideri del sé costituiscono una delle tre componenti del CCRT. Essi
soli rimangono relativamente costanti dall'inizio alla fine della terapia. Ciò
porta a pensare che si tratti di fattori innati?
R. I desideri del Sé comprendono una gamma considerevole ma penso che
alcuni di questi abbiano probabilmente componenti genetiche.
D. Anche C. Rogers postulava un nucleo conflittuale che ha le sue origini
nella mancata accettazione da parte dei genitori. Secondo Lei, quali sono le
differenze e le somiglianze tra la CCRT e la teoria di Rogers sul
malfunzionamento della personalità?.
R. Carl Rogers ed io abbiamo molto in comune nell'approccio
psicoterapico. Ad esempio, io condivido la sua ottica per cui il paziente ha la
capacità di capire e riorganizzare se stesso e le sue relazioni nella direzione
dell'auto-attualizzazione. Sono anche d'accordo con lui sull'importanza di
creare un clima facilitante in cui il terapeuta accetti il paziente come persona
e di capire i sentimenti del paziente così come appaiono a lui stesso. Gli
effetti di questo clima saranno infine che paziente migliorerà e riuscirà a
cambiare, nel cosciente così come ai livelli più profondi della personalità, in
modo da far fronte alla vita in maniera più costruttiva. Siamo d'accordo
anche sul fatto che i mutamenti terapeutici comprendono il cambiamento
nella percezione di sé e nella comprensione degli altri.
In aggiunta a queste aree di accordo, io pongo più enfasi sulla risoluzione
e la padronanza di specifici conflitti, con quelli contenuti in ciò chi io chiamo
Gore Conflictual Relationship Theme; questi conflitti determinano distorsioni
della percezione del rapporto con il terapeuta e con le altre persone.
D. La sua relazione al nostro congresso ha trattato il caso di un paziente
con attacchi d'ansia interpretati come l'emergere di sentimenti di rabbia.
Esiste, a suo avviso, il rischio che:
1. L'intervento non sia capito e non abbia alcun impatto terapeutico;
2. L'intervento provochi un collasso psicotico?
R. E' sempre possibile che un paziente, come quello presentato, risponda
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con ansia o non risponda affatto o persino che si psicotizzi. Ma queste
reazioni non erano molto probabili per quel paziente. Inoltre, esiste una
strategia per porgere le interpretazioni che minimizza il pericolo di tali
risposte. Alcune di queste sono presentate nel mio libro "Principles of
Psychoanalitic Psychotherapy" del 1984 (in italiano: Principi di Psicoterapia
psicoanalitica, Boringhieri, 19 ). Alcune sono anche descritte nei manualetti
adattati per le singole categorie diagnostiche.