MUSHROOM`S PATIENCE

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MUSHROOM`S PATIENCE
MUSHROOM’S PATIENCE
LA SAPIENZA DEL FUNGO
Il progetto prende nome da un capitolo di un misconosciuto racconto giapponese in
cui un disperato samurai incontra un fungo parlante che pazientemente gli trasmette
la sua saggezza: sono i Mushroom's Patience, storica band romana, personificazione
musicale di Raffaele Cerroni. Incontriamo l'artista che ci guida alla scoperta del
nuovo album “Road To Nowhere”.
Intervista di Pierluigi Marchetti
Come è nato il nuovo disco dei Mushroom's Patience, “Road To
Nowhere”?
Dopo “Water”, a parte qualche brano per delle compilation, ho deciso di
prendermi un periodo sabbatico (come anche in passato, per esempio tra il
1995 e il 2001) lavorando con calma a questo nuovo album e anche...al
prossimo, che è già in corso di produzione (si chiamerà “Jellyfish” e posso dire
che vi saranno molti importanti ospiti internazionali, tra i miei idoli di sempre).
“Road To Nowhere” è stato in realtà un embrione del progetto generale,
comprendente più di cinquanta brani (e alcuni soltanto in acustico e non mixati,
erano stati diffusi col nome Dither Craf); Vinz Aquarian, con la sua volontà di
mettere le mani su alcuni brani (con i suoi synth e i suoi testi) mi ha spinto a
optare per la produzione di un album a sé. Vinz è il nostro Brian Eno, ha la
stessa importanza di Eno e del suo processo di “enosification” in “The Lamb
Lies Down On Broadway” dei Genesis e come lui ha prodotto un lavoro di
ricerca sugli spazi, oltre a prestare la sua voce per il disco.
Dove collocheresti nella tua carriera questo nuovo album? e che tipo
di ricerca si cela dietro la lunga gestazione delle musiche?
Per me è uno dei lavori più importanti che abbia mai realizzato: mi ha permesso
di esprimere la mia vena acustico-meditativa e contemplativa, che è un
qualcosa che mi appartiene molto. Come dicevo prima, ho bisogno di riflettere,
suonare a lungo e registrare...e magari non avere neppure qualche particolare
contatto con le persone...tantomeno fare concerti. Ogni disco ha un suo
concept, il valore che io do al disco è la storia che contiene. La storia in questo
nuovo album è basata su alcune passioni cinematografiche in comune con Vinz:
Herzog e in particolare tutto ciò che gravita attorno al film “Stroszek”, al folle
Bruno B. Inoltre abbiamo anche realizzato un tributo a John Cage... La musica
concreta e il cinema sono tra i miei interessi fondanti e il concept lega tra loro
proprio la musica, la letteratura e l'immagine.
Questo appare comunque un disco più arioso e giocoso rispetto ad
altri tuoi lavori. Questa attitudine come si sposa con la tua vena
futurista?
Con gli anni si diventa più solari...la definirei una “decadenza solare”, cioè
essere un po' “freak folk” nella decadenza e nel post-atomico. C'è sempre una
visione post-atomica ma siamo già là nella resurrezione degli individui...le
persone come nel nostro video vanno ad accattare gli oggetti, li riutilizzano...
Visioni che mi hanno sempre accompagnato e che ora trovano un contesto
musicale più sereno, freak appunto. Non si riesce, comunque, ad essere fino in
fondo giocosi, perché c'è sempre una ventata di preoccupazione...si tratta in
fondo di un sorriso amaro. Rispetto al Futurismo...anche in “Balla” c'è la
compresenza dell'elemento cupo e di quello giocoso; nel mio caso la mia vena
cupa esce fuori proprio nel modo crudo di suonare la chitarra. Neil Young, a un
giornalista che gli chiedeva conto del suono ferroso di chitarra in “Bandit” (dove
la chitarra è accordata due toni sotto...insuonabile in pratica), rispose che ci
aveva messo una vita per giungere a quel suono! Similmente io, con questa
sorta di “brodosità” sonora e lentezza delle corde, intendo manifestare l'aspetto
industrial, post industriale della mia musica; mi piace esprimere in questo modo
il senso di sospensione e di angoscia. E penso che tutta la mia musica sia un
“inseguire e un farsi inseguire” dal ritmo che evidentemente permette anche
una alternanza di mood giocosi e più sofferti.
Ci sono alcuni brani nel disco che hanno un titolo assolutamente
surreale...per esempio “Du Hast Sugo Auf Der Wange”.
Preciso che la parola “sugo” è in italiano perché in tedesco non c'è un
corrispettivo... Questo brano esemplifica proprio quello che stavo dicendo: è
caratterizzato da picchi di decadenza e liberazione, salite e discese per così dire.
E per raggiungere questo è stata utilizzata una gran quantità di strumenti:
bonghi, organo, chitarre suonate anche da altri due musicisti proprio per
conferire al pezzo un tono più distonico e “malato”, vista la particolare
accordatura aperta (da me stesso predisposta) dello strumento. Un suono che
può ricordare i deserti dell'Arizona e dei blues di Robert Johnson...
Il risultato è però molto inglese, non trovi?
Sì, perché tutti quanti siamo, per forza di cose, contaminati dallo stile inglese e
da altri riferimenti europei (come il krautrock). È naturale esserlo e in realtà
anche i suoni folk americani provengono da quella stessa tradizione del folk
inglese (e qui si potrebbe aprire, per quanto riguarda il nostro paese, tutto un
discorso di scambio e contatto tra prog inglese e italiano...).
Cosa puoi dirci della collaborazione con Euski (Roma Amor) per
“Tractor Train Orchestra”? E di quella con Echo Eerie (Collapsing
People) per “Water #5”?
I Roma Amor sono un grandissimo gruppo che meriterebbero ben più vasti
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