recruitment contemporaneo
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narrazioni Recruitment contemporaneo Fabio Cardilli L’instabilità del mercato e le trasformazioni culturali hanno portato molte aziende a misurarsi con i propri limiti e al tempo stesso a constatare la necessità di evolversi in modo rapido ed efficace. Ai recruiter oggi si chiede di introdurre in azienda nuove competenze e figure professionali, spesso con poco tempo e meno risorse economiche. La ricerca del talento, dunque, si evolve verso modelli collaborativi e distribuiti che guardino sia al mercato sia al potenziale inespresso in azienda. Il mondo dell’IT può giocare un ruolo fondamentale nel trasformare dati provenienti da diversi canali in informazioni utili allo screening e all’efficientamento del processo di selezione, fermo restando l’insostituibile componente umana e discrezionale. Fabio Cardilli è il Product Manager di gruppo sull’offerta Human Capital Management di Talentia Software, con responsabilità su product envisioning e posizionamento, generazione requisiti multi country, macro design, supporto alle operazioni di marketing e prevendita. Laureato in Scienze dell’Informazione presso l’Università degli Studi di Bari, lavora da quasi vent’anni nel settore IT. Inizia la sua attività nel 1996 come analista programmatore di soluzioni di workflow per conto di una società partner IBM e dal 1999, con l’ingresso in Cezanne Software, inizia un percorso nell’ambito della progettazione di soluzioni HR, maturando negli anni un know how tecnico e funzionale consolidato da numerose esperienze presso clienti sia in Italia che all’estero. 68 PERSONE&CONOSCENZE N.103 Sistemi professionali ‘liquidi’ e ruolo dell’ICT Con curiosità mi sono soffermato a leggere poco tempo fa i risultati di uno studio condotto per conto del governo britannico, secondo cui tra le nuove professioni che si svilupperebbero entro il 2030 vi sarebbero il ‘chirurgo della memoria’, il ‘costruttore di parti del corpo’, l’‘agricoltore verticale’ ma anche, per rimanere più in tema ICT, lo ‘smaltitore di dati personali’ e il ‘responsabile della gestione e dell’organizzazione della vita digitale. Al di là che queste profezie si traducano o meno in realtà, quel che è certo è che il sistema professionale delle aziende è in continua trasformazione. Le professioni richieste dal business come pure le singole caratteristiche, competenze e responsabilità che ne descrivono missione e scopo, subiscono continuamente delle trasformazioni dettate da vari fattori, dalle rivoluzioni tecnologiche a quelle culturali e di costume. Non sorprende dunque che il recruitment nella versione riveduta e corretta ai tempi della crisi, sia ancora un processo strategico e vitale per la sopravvivenza e il rilancio delle aziende. In tempi di ristrettezze di risorse ma nello stesso tempo di estrema pragmaticità, si chiede ai processi di selezione maggiore incisività nella ricerca del talento più giusto per il proprio tempo e la propria dimensione. Ma questo processo è tanto più efficace quanto più riesce a essere collaborativo, distribuito e integrato con altri processi HR, come quelli di assessment del personale, di formazione e sviluppo professionale. Ecco dunque che la selezione del personale oggi, più che assumere i connotati di grosse campagne istituzionali di reclutamento assistite da risorse, tempi e mezzi preponderanti, assume sempre più spesso i connotati di una sapiente operazione di talent scouting mirata a coprire ruoli trainanti il business o a portare in aziende competenze strategiche. La selezione intesa in questo senso, cioè con la capacità di rispondere in tempo reale al cambiamento del mercato e adattare il proprio sistema professionale e le risorse in funzione di nuovi obiettivi, non può che essere un tassello all’interno di un processo più ampio di gestione del talento che prevede la manutenzione continua delle professioni e delle competenze chiave, il monitoraggio costante delle prestazioni, la valutazione del potenziale e la programmazione di piani di successione, eventualmente assistiti da adeguati piani di formazione. In questo senso, i sistemi informativi possono dare un contributo fondamentale ai processi di selezione, non solo facendo leva sulla comunicazione digitale, come il web e i social network, ma soprattutto integrando in modo interdisciplinare e virtuoso informazioni provenienti da diversi processi e dipartimenti. La capacità di trasformare dati in informazione, propria dei sistemi software, consente quindi alle aziende di sapere in tempo quando è il caso di assumere, di sapere se esiste un budget per questa operazione e se per caso non esistano risorse dall’interno che possano soddisfare il bisogno, prima di ricorrere al mercato. Questo approccio ‘olistico’ a supporto del processo di reclutamento è oggi ‘must’ in tutti i processi strategici in azienda. Armonizzare e interpretare le informazioni provenienti da più sorgenti aumenta la predittibilità, amplifica l’efficacia degli interventi e ne riduce i costi. Quando il talento è ‘dietro l’angolo’ Non si fa fatica a capire perché le aziende con basso turnover non sono necessariamente quelle che pagano di più, ma piuttosto quelle che sanno costruire un rapporto di fiducia e di partecipazione con i dipendenti. È la ‘prospettiva’ in particolare, che alimenta il senso di appartenenza e rende un ambiente di lavoro competitivo e stimolante. Questa prospettiva si basa su una caratteristica che prima ancora della performance individuale rappresenta il vero e proprio capitale di una azienda: il potenziale. Il potenziale delle persone è una combinazione di motivazione e predisposizione a ricoprire un ruolo o posizione non proprio: il pensiero felice di un dipendente che, giorno dopo giorno, faccia il suo lavoro guardando al di là dello stipendio che porterà a casa a fine mese. L’assessment periodico delle competenze e, contestualmente, la valutazione del potenziale costituiscono una sorgente informativa preziosa ai fini dei processi di selezione. Quando nasce una nuova opportunità, infatti, prima ancora che questa diventi una richiesta al mercato del lavoro, sarebbe naturale chiedersi se non esista qualcuno all’interno idoneo a ricoprire tale posizione. Un sistema informativo realmente integrato a supporto di processi HR può intervenire, per esempio, in modo proattivo, segnalando una serie di nominativi che, confrontando il profilo richiesto con l’assessment delle competenze e del potenziale registrate nello stesso sistema, abbiano evidenziato delle sovrapposizioni interessanti ai fini della identificazione del pool di candidati. Oppure, con un approccio più distribuito e democratico, il software può consentire la pubblicazione di annunci nella bacheca virtuale aziendale, network privato accessibile a tutti i dipendenti tramite un portale web, lo stesso da cui si richiede l’autorizzazione alle ferie, a partecipare a un corso oppure da cui si effettua la stampa del cedolino. Anche i piani di successione possono essere una sorgente determinante nel processo di individuazione del candidato. In quest’ultimo caso, un software per la gestione del capitale umano realmente integrato sa censire le posizioni chiave e un piano di successione assistito da processi di assessment e piani di formazione individuale. Lo scopo è quello di aumentare il livello di predittività, evidenziare i rischi di perdita del talento e individuare preventivamente iniziative compensative e sostitutive. La cultura del feedback −la pratica delle aziende più illuminate di ascoltare, censire e storicizzare le istanze o aspirazioni di carriera dei propri dipendenti− è un’ulteriore risorsa informativa utile da consultare al momento di aprire una campagna di ricerca interna. La ricaduta di un approccio alla selezione del talento all’interno è duplice: economica da una parte, sul clima aziendale e sulla fiducia datore di lavoro-dipendente dall’altra. Quest’ultimo fattore non è da sottovalutare e nelle aziende di oggi reppresenta una delle principali risorse pubblicitarie di cui si possa disporre rispetto al mercato dei talenti. Quale testimone più convincente può esservi, nel dare un quadro di quanto un ambiente di lavoro possa essere sfidante, stimolante e premiante, di un dipendente che ci lavora e ne apprezza la capacità di riconoscere il merito? Esistono oggi numerose soluzioni software sul mercato che vantano algoritmi di screening e ricerca sul mercato del lavoro potenti e flessibili. Tuttavia, quello che manca ai cosiddetti best of breed è la nuova prospettiva del recruitment contemporaneo secondo cui il talento spesso è ‘dietro l’angolo’, alla scrivania accanto, ma non necessariamente così semplice da individuare se il processo di selezione rimane un momento isolato e autoconsistente, anzichè essere legato a doppio filo con gli altri processi HR che possano contribuire a rendere il processo di selezione più rapido, efficace e politicamente corretto. Il talento nella rete: employer ed employee branding Quando il talento non è dietro l’angolo, il software per la gestione della selezione deve saper far leva sul potere di amplificazione della rete per raggiungere anche i cosiddetti ‘talenti passivi’: coloro che non sono in cerca di un lavoro ma verso cui potrebbe essere utile aumentare il livello di visibilità del brand dell’azienda e la sua capacità di mostrarsi ‘attraente’. In questo senso i ‘social’ network hanno dimostrato negli ultimi anni un potere di capillarità e una rapidità nel saper diffondere informazioni da essere diventati degli alleati imprescindibili nei processi di ricerca del personale. Al posto della tradizionale sezione ‘lavora con noi’ del sito istituzionale, oggi le aziende si affidano maggiormente alle bacheche digitali e ai social network come LinkedIn, Twitter o Facebook per diffondere gli annunci di lavoro. Questo processo va ben al di là della necessità di raggiungere il maggior numero di candidati possibili, ma si traduce in un consapevole pro- PERSONE&CONOSCENZE N.103 69 gramma di employer branding1: una vera e propria operazione marketing costruita con l’obiettivo di mostrarsi interessante e attraente agli occhi del mercato del lavoro, del talento in particolare. Spesso i promoter di questa operazione sono gli stessi dipendenti o ex dipendenti. Ciò avviene sia in modo attivo, attraverso operazioni di referral recruitment − ricerca di personale attraverso un network di candidati segnalati da dipendenti−, sia in modo passivo, facendo leva sulle ‘connessioni’ dirette o indirette che un candidato può avere con dipendenti o ex dipendenti dell’azienda. La funzionalità Apply with LinkedIn, per esempio, consente a un candidato di entrare in contatto con una azienda attraverso un CV e nello stesso tempo di visualizzare i collegamenti nella propria rete che già sono dipendenti di quella azienda, innescando meccanismi involontari che si traducono spesso in un consolidarsi dell’interesse per quella posizione e azienda o iniziative come la richiesta di menzione o segnalazione, trasformando da passiva in attiva la partecipazione di un suo conoscente al suo processo di selezione. Il successo dell’identità e del curriculum digitale sono una testimonianza di quanto, anche lato candidato, la rete e i social network siano diventati un supporto alla propria identità professionale, l’employee branding. Esistono culture in cui però ai social network e alla frequentazione della rete si è data un’importanza ben superiore a questo e, in alcuni casi, eccessiva al fine della profilazione del candidato ideale. Il punteggio Klout2, per esempio, rappresenta per alcuni un’inefficace e a tratti fuorviante testimonianza dell’uso di internet e dei social network applicati al talent scouting. Il Klout è un punteggio individuale che viene calcolato da algoritmi specializzati in base all’uso della rete e alla contribuzione sui social network. Questo punteggio dovrebbe in teoria classificare il livello di leadership o, in altre parole, la capacità di ciascuno di essere influencer all’interno delle comunità di interesse e di conseguenza essere utilizzato dagli head hunter per scovare talento in rete. Per quanto l’idea sia interessante da un punto di vista scientifico, nella pratica questa metodologia non mette d’accordo tutti, rimanendo in molti casi nella cultura europea la valutazione del talento un processo ancora discrezionale e umano. Resta comunque valida e condivisa ampiamente da tutti la consapevolezza che il tradizionale CV è stato superato come carta di indentità del professionista e sostituito o meglio completato da un’identità digitale fatta di collegamenti, referenze e menzioni. Interviste, collaboratività e pool L’acquisizione delle candidature è solo il primo step del processo di selezione. Fondamentale è la profilazione delle competenze, delle caratteristiche professionali e delle 1 2 www.employerbranding.it https://klout.com/corp/score 70 PERSONE&CONOSCENZE N.103 preferenze lavorative, in modo da escludere candidature fuori fuoco. Effettuato un primo screening, il passo successivo è il riscontro dei dati curriculari dei candidati più interessanti con uno o più interviste di tipo motivazionale, psicoattitudinale o tecnico. Anche in questo caso, il software e la tecnologia devono svolgere un ruolo chiave nell’efficientamento e riduzione dei costi. Integrare sistemi di video messaging e interviste remote, per esempio, consente di abbattere i costi di trasferta e, in alcuni processi di selezione, almeno nelle prime fasi, può rappresentare una valida ed economica alternativa ai colloqui presenziali. L’altro aspetto è quello della distribuibilità del processo. L’acquisizione del talento efficace non è mai un processo imposto e centralizzato, ma piuttosto il frutto di una sedimentazione in molti casi condivisa tra più attori. Al pari dei processi di assessment interni, che spesso prevedono l’utilizzo di modelli di review a 360°, anche nei processi di selezione del personale ampliare il comitato di review riduce il rischio di errore e l’effetto alone che può essere generato da una valutazione monoutente. Scalettare gli appuntamenti e avvalersi di un motore di workflow integrato con strumenti di calendarizzazione e posta elettronica, oppure avvalersi di gruppi di discussione social privati o moderati per condividere, anche in mobilità, i feedback su una shortlist di candidati sono oggi le caratteristiche più ricercate nei software in cui i tradizionali Applicant Tracking System si sono evoluti. Nelle ipotesi di ricerca del candidato all’interno, infine, è molto importante che le fasi di test e valutazione possano avvalersi di informazioni già presenti nel sistema, come per esempio i risultati dell’ultimo assessment delle competenze e che l’intervistatore possa entrare eventualmente in contatto con il responsabile del candidato interno per completarne il profilo motivazionale. Considerato l’investimento prodotto per le fasi di classificazione, intervista e assessment dei candidati, diventa infine chiave e altrettanto importante la gestione e storicizzazione di quelle figure che non rientrano nella rosa dei prescelti, ma che tuttavia possono costituire un bacino molto prezioso cui attingere contatti per future opportunità. Conclusioni Il recruitment oggi ha connotazioni e finalità più sfumate rispetto al passato e paradossalmente è un processo molto più strategico di un tempo. In un’era in cui ogni spreco è bandito, il tempo non è mai stato così ‘denaro’ e l’agilità delle aziende nel trasformarsi e riproporsi sempre in nuove forme è diventata una caratteristica genetica necessaria: i processi di selezione del talento devono saper coniugare tecnologia e la discrezionalità del fattore umano, senza trascurare i feedback spesso determinanti provenienti da altri processi aziendali.