materiali e loro processi produttivi

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materiali e loro processi produttivi
MATERIALI E LORO PROCESSI PRODUTTIVI
I metalli (e le loro leghe) non si trovano liberi in natura. I metalli sono presenti nei minerali che
li contengono, allo stato di ossidi, carbonati, solfuri, silicati, e sono misti a rocce o terre dette
ganghe. Le leghe vengono poi fabbricate mettendo insieme più metalli e non metalli.
In generale, la METALLURGIA insegna i procedimenti atti a separare col calore il metallo da
tutte le impurità. In particolare, la metallurgia del ferro è detta SIDERURGIA. Essa studia la
trasformazione dei minerali che contengono ferro in ghisa, acciai, ferro.
MATERIALI FERROSI
•
Il Ferro
Il Ferro non si trova libero in natura, ma viene estratto dai minerali che lo contengono. Allo
stato puro è un metallo grigio lucente, molto malleabile. Tra le sue caratteristiche, ricordiamo:
Massa volumica 7,87 ]kg/dm3]
Temperatura di fusione 1535 [°C]
Resistenza a trazione 150 ÷ 250 [N/mm2]
Allungamento 40 ÷ 60 %
Durezza Brinell 50 ÷ 90
Il ferro puro può presentarsi in quattro stati a seconda della temperatura a cui si trova:
1.
2.
3.
4.
•
Ferro α (alfa)
Ferro β (beta) o α non magnetico
Ferro γ (gamma)
Ferro δ (delta)
Il Carbonio
E’ un non metallo solido. In natura è diffuso sottoforma di:
- calcare (carbonato di calcio)
- dolomite (carbonato di calcio e magnesio)
- carbon fossile
- idrocarburo
- anidride carbonica CO2
- diamante
Nelle leghe Fe-C, il carbonio può essere presente allo stato combinato sottoforma di carburo di
ferro Fe3 C (cementite), oppure allo stato puro come grafite.
I materiali ferrosi impiegati nelle industrie e nelle costruzioni sono costituiti da leghe di ferro e
carbonio. A seconda della percentuale presente nella lega, i materiali ferrosi sono così classificati:
-
Ferro, con C < 0,008 %
Acciaio, con C = 0,008 ÷ 2,06 %
Ghisa, con C = 2,06 ÷ 6,67 %
1
Le proprietà fisiche, meccaniche e tecnologiche di queste leghe dipendono essenzialmente dal
tenore di carbonio in esse contenuto (e dal trattamento termico subito).
L’aumento della percentuale di carbonio nella lega causa:
-
aumento di resistenza a trazione, durezza, fusibilità
diminuzione di resilienza, allungamento, saldabilità, fucinabilità
PRODUZIONE DELLA GHISA
L’impianto utilizzato per la trasformazione dei minerali di ferro in ghisa è l’altoforno. In esso
sono immesse, attraverso la bocca di caricamento, le cariche costituite da strati alternati di minerale
(magnetite, ematite, limonite, siderite …), coke e fondente.
Il prodotto principale dell’altoforno è la ghisa madre, che può essere trasformata in acciaio in
appositi forni detti “convertitori”.
Nello schema seguente sono indicate le principali fasi del processo siderurgico.
ALTOFORNO
Ha forma di due tronchi di cono uniti e sovrastanti una
base cilindrica. La struttura muraria è di mattoni refrattari
silico-alluminosi (spessore da 60 a 100 [cm] dall’alto in
basso) ed è rivestita da un fasciame di lamiera (spessore da
20 [mm] in alto a 60 [mm] in basso).
.
Nomenclatura secondo Norme UNI 7060-72
TINO: ha forma che favorisce la discesa delle cariche e
la permanenza alle alte temperature, nonché l’aumento di
volume per effetto del riscaldamento.
VENTRE: è la zona di raccordo (D = 6÷7 [m]).
SACCA: l’allargamento verso l’alto fa diminuire la
velocità dei gas che salgano ed investono le cariche.
CROGIOLO: vi si raccoglie la ghisa (e la scoria che
galleggia); ha D = 3÷5 [m] ed h = 3÷4 [m].
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Funzionamento dell’altoforno
Tramite soffianti viene inviata aria calda a 900 [°C] nella parte inferiore della sacca; avviene la
seguente reazione: C+O2 → CO2 con sviluppo di calore, la temperatura sale a 1900 [°C].
L’anidride carbonica risale nella sacca reagendo con altro carbonio secondo la seguente
reazione:
CO2 + C → 2CO con assorbimento di calore, la temperatura diminuisce a 1500 [°C].
L’ossido di carbonio risale nel tino, riscalda le cariche e fuoriesce dalla bocca dell’altoforno.
Prima di uscire però reagisce con l’ossido di ferro del minerale secondo la seguente reazione:
FeO + CO → Fe + CO2
L’anidride carbonica risale nel tino e fuoriesce; il ferro, detto spugnoso perché intorno ai 700 °C
è tenero, discende alla base del tino e reagisce col carbonio secondo la seguente reazione:
3Fe + C → Fe3C, che è il carburo di ferro (cementite).
La cementite intorno ai 1200 ÷ 1300 [°C] fonde formando la ghisa, che si raccoglie nel
crogiuolo.
Sempre nel ventre intorno ai 1200 [°C] entra in azione il fondente, che reagisce con la ganga
formando le scorie. Le scorie, essendo leggere, galleggiano sul bagno di ghisa nel crogiolo.
Le scorie vengono asportate per affioramento mediante un’apertura a lato.
La ghisa poi scende per mezzo di un foro posto sul fondo del crogiolo.
Prodotti dell’altoforno
Lo scopo principale dell’altoforno è quello di produrre la ghisa “madre”. Nel contempo, però,
risultano altri due “sottoprodotti”: le loppe (o scorie) ed i gas d’alto forno.
1) GHISA MADRE
Fuoriesce alla temperatura di 1330 ÷ 1380 [°C] dal foro di colata del crogiolo, attraverso un
canale di colata ricavato su sabbia refrattaria
Ha la seguente composizione media:
Elementi
Carbonio
Silicio
Manganese
Fosforo
Zolfo
Ferro
%
3÷4
1÷3
1÷2
0,3 ÷ 2
0,1 ÷ 0,2
Il resto
Il fosforo e lo zolfo sono elementi dannosi perché impartiscono fragilità alla ghisa.
Lo zolfo è particolarmente nocivo perché fa anche aumentare il ritiro, diminuisce la colabilità,
provoca soffiature.
Il fosforo, in percentuale inferiore all’1,2 %, può essere utile perché aumenta la fluidità della
ghisa che, quindi, risulta adatta per produrre getti di piccolo spessore.
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La ghisa madre ha una delle seguenti destinazioni:
-
in acciaieria, per mezzo di carri-siluro, dove viene trasformata in acciaio;
in fonderia, per mezzo di grossi secchioni, per ottenere dei getti;
in piccole fosse di sabbia silicea (dove si raffredda lentamente) o in conchiglie metalliche
raffreddate a pioggia d’acqua (dove la ghisa si raffredda velocemente), formando dei “pani”
che poi saranno rifusi in un altro stabilimento.
2) LOPPE
Si tratta delle scorie che, risultando più leggere della ghisa, si separano da essa rimanendo nella
parte superiore del crogiolo. Anch’esse fuoriescono da un canale di colata dell’altoforno.
Sono costituite da silice, calce, ossidi di ferro … Sono prodotte nella quantità di 0,3 tonnellate
circa per ogni tonnellata di ghisa madre prodotta.
Sono utilizzate per formare il cemento Portland (mescolate a gesso), per produrre isolanti
termici, per costruire massicciate stradali.
3) GAS D’ALTOFORNO
I gas prodotti dalle reazioni che
avvengono all’interno dell’altoforno
non sono scaricati nell’atmosfera ma,
per motivi ecologici che economici, si
preferisce convogliarli in opportuni
“ricuperatori” (per sfruttare il loro
potere calorifico, utile a preriscaldare
l’aria che poi verrà soffiata all’interno
dell’altoforno stesso) oppure ad
alimentare la centrale termoelettrica
dello stabilimento (ricavando quindi
energia elettrica).
Nella centrale termica, il gas caldo
proveniente dai ricuperatori Cowper (o
scambiatori di calore), è utilizzato per
riscaldare l’acqua e produrre vapore,
che servirà, mediante apposite turbine a
vapore, a generare elettricità mediante
un alternatore collegato alla turbina.
L’energia elettrica servirà poi ad
azionare le soffianti, i montacarichi ecc.
I gas sono anche utilizzati ad
azionare turbine a gas che, alla stessa
maniera, contribuiscono a generare
elettricità.
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FABBRICAZIONE DEGLI ACCIAI
La ghisa madre prodotta con l’Alto Forno è la materia base di partenza per la fabbricazione
dell’acciaio. Utilizzando particolari forni (detti “convertitori”) si determina di fatto una riduzione
della percentuale di carbonio nella ghisa (ricordiamo che gli acciai hanno un tenore di carbonio
compreso tra lo 0,008 ed il 2,06).
La fabbricazione degli acciai avviene secondo la successione delle seguenti fasi:
1) Carica
Vengono immessi nel forno:
-
ghisa madre (solida o liquida a seconda del forno utilizzato)
rottame di ferro
scarificante (calce)
2) Fusione
Mediante la reazione esotermica di un combustibile o per effetto Joule di una corrente elettrica,
si perviene a riscaldare i materiali di carica sino alla loro fusione.
3) Affinazione
Attraverso reazioni chimiche ad alta temperatura, inizialmente di ossidazione e successivamente
di riduzione, vengono eliminati tutti o parte degli elementi che accompagnano il ferro della carica
(silicio, manganese, zolfo, fosforo, carbonio …). In particolare
-
Desilicizzazione
Il silicio si elimina introducendo nella ghisa fluida elementi ossidanti (aria, ossigeno puro, ossidi
solidi). Dapprima si ha l’ossidazione del ferro attraverso la seguente reazione:
2 Fe O
2 Fe + O2
L’ossido ferroso si scioglie nel bagno e reagisce con il silicio:
2 Fe O + Si
2 Fe + Si O2
L’ossido di silicio è insolubile e più leggero per cui si separa dal bagno e si raccoglie nella
scoria. La reazione è esotermica: la temperatura cresce favorendo l’operazione successiva.
-
Decarburazione
Il carbonio si elimina ad opera dell’ossido ferroso:
Fe O + C
Fe + CO
Il monossido di carbonio si elimina per gorgogliamento attraverso la massa liquida.
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-
Defosforazione
Avviene in due fasi. Nella prima il fosforo si ossida formando pentossido di fosforo:
2 P2 + 5 O2
2 P2 O5
Nella seconda fase il pentossido di fosforo reagisce con l’ossido di calcio (calce viva), che può
essere immesso o appartiene al rivestimento o presente nella scoria: si ottiene fosfato tricalcico che
si separa e si raccoglie nella scoria:
P2 O5 + 3 Ca O
-
Ca3 (P O4 )2
Desolforazione
Si compie in ambiente riducente, in presenza di scoria basica, ad alta temperatura, ad opera
dell’ossido di calcio:
Fe S + Ca O
Fe O + Ca S
Il solfuro di calcio è insolubile e quindi si porta completamente nella scoria.
La desolforazione è anche favorita dal manganese:
Fe S + Mn
Fe + Mn S
Il solfuro di manganese passa nella scoria.
-
Degassificazione
I gas del bagno, formatisi a seguito di varie reazioni, devono essere eliminati in quanto,
permanendo nell’acciaio ne provocherebbero soffiature ed effervescenza.
4) Finitura
Con eventuali aggiunte di carbonio (in pratica aggiunte di ghisa) si perviene alla composizione
finale dell’acciaio, col tenore di carbonio richiesto dal committente.
5) Scorificazione
L’eliminazione delle scorie avviene per affioramento alla superficie del bagno.
6) Colata dell’acciaio
Può avvenire in apposite lingottiere oppure può essere “continua”.
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CONVERTITORI
La decarburazione della ghisa avviene in appositi forni detti “convertitori”, per mezzo di una
corrente d’aria compressa che ne attraversa la massa liquida. Tra i primi convertitori ricordiamo il
Bessemer ed il Thomas, che forniscono però un acciaio non di qualità a causa della presenza di
azoto (inserito con l’aria). Di maggior qualità è l’acciaio prodotto col convertitore L. D. (che
utilizza ossigeno puro) o col forno elettrico.
Convertitore L. D.
Il convertitore L. D. è un grosso recipiente a forma di doppio tronco di cono con il fondo chiuso.
Il procedimento utilizzato ha la sigla L. D. in quanto iniziali di “Linzer Dusenverfahren”, che vuol
dire “processo con lancia di Linz. In effetti una lunga “lancia” immette dall’alto ossigeno puro nel
convertitore che contiene:
-
Ghisa liquida per il 70 %
Rottame di ferro per il 30 %
Fondente e calce
L’azione decarburante dell’ossigeno è molto energica
e porterebbe la temperatura del forno a 2000 [°C] con
grande rischio per il materiale refrattario dolomitico che
riveste internamente il convertitore (esternamente vi è
una lamiera avente spessore superiore ai 5 [cm]). Per
questo viene introdotto rottame ferroso che, assorbendo
calore, abbassa la temperatura del forno a 1650 [°C].
L’ossigeno, alla pressione di 9 [daN/cm2] ed alla
velocità di 510 [m/sec], viene soffiato tramite una
“lancia” costruita in materiale resistente alle alte
temperature avente un ugello convergente-divergente ed
un diametro di uscita di 60 mm.
La lancia è distante 1,5 ÷ 2,5 [m] dal bagno.
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L’affinazione della ghisa ha un andamento che segue le fasi precedentemente descritte, con
l’ossidazione prima del ferro, quindi del silicio e del manganese (che formano scorie galleggianti)
ed infine del carbonio. Il fosforo si combina con la calce e forma una scoria galleggiante.
Gli acciai ottenuti con questo procedimento sono di ottima qualità, presentando caratteristiche
meccaniche e tecnologiche eccellenti (soprattutto quando si parte con ghisa avente lo 0,6 % di
silicio, lo 0,9 % di manganese, tra il 4,3 ed il 4,5 % di carbonio, lo 0,03 % di zolfo e fosforo in
percentuale inferiore all’1 %).
Data l’ottima qualità dell’acciaio prodotto (privo di zolfo, con poco fosforo ed ossigeno), più del
75 % dell’acciaio è fabbricato con tale metodo.
Forno Elettrico Heroult
Il forno elettrico ha il
vantaggio di consentire un
riscaldamento rapidissimo e di
raggiungere temperature molto
elevate e facilmente regolabili.
Per la sua caratteristica
forma, il forno Heroult è anche
detto forno a “culla”. Si tratta di
un forno a suola non conduttrice,
provvisto di due o tre elettrodi di
grafite (aventi diametro di 40 ÷
60 [cm]), che producono archi
elettrici tra gli elettrodi stessi ed
il bagno metallico e viceversa.
Il forno elettrico, oltre che
per trattare la ghisa, è
particolarmente adatto per la
fabbricazione di acciai speciali partendo da un acciaio già raffinato.
Colata dell’acciaio
L’acciaio liquido fabbricato nel forno viene raccolto in un grosso
recipiente detto “secchione” o siviera. Da qui può essere colato in
“lingottiere” di ghisa, oppure effettuare la cosiddetta “colata
continua”.
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Semilavorati in acciaio
L’acciaio prodotto viene commercializzato sotto forma di “semilavorati”, che si ottengono
mediante un processo detto di “laminazione”.
La laminazione viene effettuata direttamente al termine della “colata continua” dell’acciaio
proveniente dal forno oppure sui lingotti ottenuti con la “colata in lingottiera”, che vengono
riscaldati e, quindi, laminati. La tabella mostra alcuni tipi di semilavorati.
Elementi aggiunti negli acciai e loro influenza
Sappiamo che il carbonio é l’elemento che ha l'influenza maggiore su tutte le proprietà degli
acciai. Anche altri elementi, però, sono aggiunti volontariamente in fase di preparazione
(soprattutto al forno elettrico), per conferire agli acciai particolari caratteristiche.
Quasi sempre, negli acciai, vengono aggiunti più elementi, ottenendo una variazione di
proprietà che, comunque, non è la somma delle variazioni che si possono ottenere separatamente
con i singoli elementi.
Il nichel é introdotto spesso negli acciai insieme al cromo e al molibdeno.
Negli acciai da costruzione il nichel è in quantità variabili da 0,6 a 5 % e migliora le proprietà
meccaniche e tecnologiche in misura maggiore rispetto a quella di tutti gli altri elementi
normalmente aggiunti. In particolare:
- aumenta la resilienza
- aumenta l'allungamento percentuale e la duttilità
- aumenta il carico di rottura a trazione e la durezza
- facilita il trattamento termico di tempra.
La presenza del nichel negli acciai è invece negativa per quanto riguarda:
- la lavorabilità alle macchine utensili
- la conducibilità termica.
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Ugualmente fa il cromo, che è l’elemento base degli acciai resistenti alla corrosione, quando la
sua percentuale è superiore al 12 %. Il molibdeno determina un miglioramento della lavorabilità
alle macchine utensili. Il tungsteno è usato soprattutto per la fabbricazione di acciai per utensili in
percentuale da 10 a 25 % (acciai rapidi e superrapidi) dato che esso conferisce elevata durezza che
viene mantenuta anche a caldo.
Negli acciai per utensili (acciai superrapidi) il cobalto è presente in percentuale da 3 a 10 %.
Trattamenti termici degli acciai
Dalla tabella UNI 3354-70:
Trattamento termico è il ciclo termico o il complesso di cicli termici e quindi di operazioni di
riscaldamento di permanenza a temperature determinate e di raffreddamento più o meno lento
o rapido nell’eventuale presenza di particolari mezzi o ambienti, che vengono eseguite su una
determinata lega metallica allo scopo di conferire a tutto il materiale o a parte di esso, come ad
esempio gli strati superficiali, particolari caratteristiche meccaniche e tecnologiche adatte al suo
impiego.
Esempio di
ciclo termico:
Per esempio, nel caso di un albero in acciaio:
TRATTAMENTO
Ricottura
Normalizzazione
Tempra
Rinvenimento
FASI
Riscaldamento + raffreddamento
lentissimo in aria
LAVORAZIONE ALBERO
Riscaldamento + raffreddamento lento
in aria
Riscaldamento (circa 500°C,oltre la
temperatura di Austenitizzazione) +
raffreddamento brusco (nel caso di
tempra diretta)
Riscaldamento (T< 721°C) +
raffreddamento
FINITURA ( RETTIFICA )
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SCOPO
Rendere il materiale più
lavorabile
Predisporre il materiale alla
tempra
Conferire durezza al
materiale
Conferire tenacità al
materiale
Per l’esecuzione dei trattamenti termici occorrono mezzi per riscaldare (forni), mezzi per
misurare la temperatura (pirometri) e mezzi per raffreddare (acqua, olio, aria …).
La figura che segue rappresenta un forno a muffola.
1.
2.
3.
4.
porta scorrevole
materiale refrattario
suola refrattaria
elemento riscaldante ( resistenze
NICHEL - CROMO )
5. materiale refrattario
6. materiale isolante
7. rivestimento metallico ( lamiera )
Un trattamento di tempra seguito da un rinvenimento a circa 550 [°C] prende il nome di
“Bonifica” e gli acciai, che acquistano ottime proprietà meccaniche, sono denominati “acciai
bonificati”.
Quando si voglia modificare solamente la composizione chimica degli strati superficiali di
pezzi meccanici (e quindi anche le proprietà meccaniche e tecnologiche di tali strati), si effettuano
dei “Trattamenti termochimica di diffusione”. Tali trattamenti consistono nel far assorbire ai
pezzi, portandoli ad adatte temperature, elementi chimici con cui hanno affinità: carbonio, azoto,
zolfo … Si parla allora di Carbocementazione, Nitrurazione, Solforazione …
Es: Una ruota dentata si può costruire in acciaio dolce, tenace in tutta la massa per resistere agli
urti e sforzi; per poi indurirla superficialmente per dar modo ai denti, soggetti a logorio, di resistere
all’usura.
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MATERIALI SINTERIZZATI
Sono ottenuti con la cosiddetta “Metallurgia delle polveri”, che passa attraverso le seguenti
fasi:
1) Miscelazione delle polveri
Gli elementi della lega vengono miscelati al fine di ottenere una mescola omogenea
2) Pressatura delle polveri
Le polveri miscelate vengono pressate dentro appositi stampi in acciaio o metallo duro con una
pressione che dipende dalla densità che si vuole ottenere sul pezzo stampato. Il materiale compresso
rimane aggregato grazie alle saldatura a freddo che lega i vari grani di polvere.
3) Sinterizzazione
Questo processo consiste nel portare il prodotto ad una temperatura al di sotto di quella di
fusione che consente agli elementi del composto di legare tra di loro.
In questa fase di produzione il particolare acquisisce le caratteristiche meccaniche necessarie a
soddisfare le esigenze per il suo impiego.
Dopo la sinterizzazione può essere eseguita una “ricompressione” per ridurre la porosità ed una
nuova sinterizzazione per aumentare la densità con un sensibile incremento delle proprietà
meccaniche richieste nel caso di componenti strutturali dinamicamente molto sollecitati.
Può essere effettuata una “calibratura” dei particolari sinterizzati per ottenere tolleranze di
qualità IT 10 ÷ IT 12.
I particolari sinterizzati possono essere sottoposti a rivestimenti quali la zincatura e la
nichelatura e possono subire una “impregnazione” di olio o resina con lo scopo di riempire i pori
ed aumentare la resistenza all’usura nei meccanismi soggetti a strisciamento (es.: boccole).
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MATERIALI NON FERROSI
•
Il Rame e sue leghe
Il rame può trovarsi:
-
allo stato puro (laghi superiori negli Stati Uniti)
come composto nei minerali calcopirite, calcosina e cuprite
Il rame è un metallo che con facilità forma leghe con altri metalli, in particolare con stagno,
zinco, alluminio, nichel, piombo, cromo, silicio, manganese, cadmio, cobalto e berillio.
- Bronzi
Sono leghe rame-stagno con stagno inferiore al 28 %.
Si distinguono:
-
bronzi ordinari o binari, contenenti solo rame e stagno
bronzi speciali contenenti, oltre allo stagno, anche altri elementi quali alluminio,
nichel, fosforo …
L’aumento della percentuale di stagno determina un aumento della durezza della lega ed una
diminuzione dell’allungamento. La resistenza a trazione aumenta fino a percentuali di stagno del 15
% per poi diminuire quando la percentuale di tale elemento aggiunto supera il 15 ÷ 20 % a causa
della formazione di un costituente molto duro e fragile (detto “costituente δ”).
- Ottoni
Sono leghe rame-zinco con zinco inferiore al 45 %.
Si distinguono:
-
ottoni ordinari o binari, contenenti solo rame e zinco
ottoni speciali contenenti, oltre allo zinco, anche altri elementi quali piombo,
alluminio, nichel, manganese …
L’aumento della percentuale di zinco determina un aumento della durezza della lega ed una
diminuzione dell’allungamento. La resistenza a trazione aumenta fino a percentuali di zinco del 45
% per poi diminuire quando la percentuale di tale elemento aggiunto supera tale valore limite.
•
L’Alluminio e sue leghe
L’alluminio non si trova allo stato puro, bensì sotto forma di ossidi e di silicati.
E’ un metallo molto leggero, tenero, di limitata resistenza a trazione.
L’alluminio è un metallo che con facilità forma leghe con altri metalli, in particolare con silicio,
alluminio, rame, magnesio.
Si distinguono due categorie delle leghe dell’alluminio: leghe da fonderia (indicate con la lettera
G) e leghe per deformazione plastica (indicate con la lettera P).
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MATERIE PLASTICHE
Sono prodotti costituiti da molecole organiche semplici (azoto, carbonio, idrogeno, ossigeno,
cloro, fluoro, zolfo, silicio …) in grado di legarsi le une alle altre qualora siano sottoposte a
determinate reazioni atte ad ottenere complessi macromolecolari disposti in lunghe catene.
Le reazioni chimiche fondamentali che permettono la formazione delle “molecole giganti” sono
la condensazione e la polimerizzazione.
1) Condensazione
E’ una reazione chimica nella quale due o più molecole organiche semplici della stessa o
diversa specie chimica si combinano tra loro con eliminazione di acqua o, secondo i casi, di alcool,
ammoniaca, acido cloridrico.
2) Polimerizzazione
E’ una reazione chimica capace di unire molecole organiche semplici della stessa specie
chimica in un solo complesso macromolecolare in presenza di un adatto catalizzatore Il calore o la
luce ultravioletta, un acido …)
STRUTTURE MACROMOLECOLARI
Secondo le norme UNI 4266 la “materia plastica” o “resina sintetica” è un prodotto artificiale a
struttura macromolecolare che in determinate condizioni (temperatura e pressione) assume una
consistenza plastica e può essere quindi formato con tecnologie varie.
La rappresentazione grafica può essere di tre tipi:
- Macromolecola lineare omogenea
E’ del tipo: - A – A – A – A – A – con “A” la molecola di una sostanza organica semplice.
- Macromolecola lineare costituita da più sostanze semplici
E’ del tipo: - A – B – A – B – A – B – A - con “A” e “B” le molecole di due sostanze organiche
semplici.
- Macromolecole reticolate
Sono del tipo:
A
|
B–A–B–A-B
|
|
A
A
|
|
B–A–B–A-B
:
C
|
B–A–B–A-B
|
|
C
C
|
|
B–A–B–A-B
Con “A”, “B” e “C” le sostanze semplici capaci di reagire fra loro e di collegarsi come reticolo.
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MATERIALI COMPOSITI
Può essere considerato “composito” un materiale nel quale due o più costituenti, fisicamente
distinti, spesso di natura e forma notevolmente diverse, sono artificialmente combinati in
macrostrutture, allo scopo di creare un materiale con proprietà specifiche differenti da quelle di
ambedue i costituenti.
Nella mappa seguente è descritta sinteticamente la costituzione di un materiale composito:
MATERIALE
COMPOSITO
Due o più costituenti,
distinti, artificialmente
combinati
Fase
continua
Fase
discontinua
Matrice
Plastica
Resine
Rinforzo
Metallica
Ceramica
Lega di
Zn, Al
Fragile
Fibroso
Vetro
Carbonio
Minerale
Poliestere
Fenoliche
Per T < 2000°
Ø 10 µ
Per T < 200°
15
Particellare
Polveri
di
Si C