n. 17, marzo – settembre 2013
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EAN– European Astrosky Network n. 17, marzo—settembre 2013 Webzine gratuita www.eanweb.com [email protected] © EAN 2013 ASTRONOMIA & INFORMAZIONE INDICE A. Giostra, La meccanica celeste di Laplace e il determinismo sociale M. Dho, Procedure automatiche e opzioni avanzate per l'acquisizione e la riduzione di dati astronomici M. Cifalinò, Principi di ottica attiva e adattiva per telescopi di nuova generazione M. Dho, Ricerca5: evoluzione ultima per il controllo remoto di un Osservatorio astronomico A. Carderopoli, Ipotesi per un pluriuniverso con Big Bang reciproci, multipli, alternativi e sincroni, G. De Caro, Restauro di un telescopio "Marcon", D. Gasparri, Consigli per la ripresa di immagini di Saturno in alta risoluzione, L. Boaretto et al., Il Gruppo Astrofili Polesani, attività e ricerche, C. Fattinnanzi, Minitrack: uso, raccomandazioni e consigli utili, R. Calanca, Quattro comete prima del sorgere del Sole, Associazione "Le Pleiadi",L'Osservatorio Astronomico dell'Associazione "Le Pleiadi", L. Bignami, La cometa McNaught osservata al TNG - Telescopio Nazionale Galileo - dall'equipe scientifica della FOAM13 di Tradate, Redazione: Un grande successo lo Star Party del Silenzio!, p. 4 p. 10 p. 18 p. 31 p. 39 p. 45 p. p. p. p. 49 54 58 60 p. 67 p. 71 p. 73 Pagina 2 REDAZIONE Direttore editoriale: Rodolfo Calanca, [email protected] Co-direttore: Angelo Angeletti, [email protected] Redattore responsabile: Manlio Bellesi, [email protected] Redattore: Lorenzo Brandi, [email protected] Responsabile dei servizi web: Nicolò Conte [email protected] SPONSOR PROGETTI EAN Pagina 3 EDITORIALE A CURA DELLA REDAZIONE EAN Finalmente usciamo con il numero 17 della rivista! Non è semplice gestire una redazione che si pone lo scopo di pubblicare mensilmente una rivista corposa come ASTRONOMIA NOVA, pertanto abbiamo deciso di alleggerire il carico di lavoro proponendoci, nel 2014, di uscire con frequenza trimestrale. Ovviamente continuiamo a chiedere l’aiuto dei nostri lettori: inviateci i vostri articoli! Questo numero della rivista è particolarmente ricco: Mario Dho, uno dei nostri più assidui collaboratori, in questo numero propone due interessantissimi articoli tecnici che consigliamo caldamente a tutti coloro che si interessano di automazione strumentale. Consigliamo inoltre un bel contributo di un esperto di ottica, l’ingegnere ed astronomo Michele Cifalinò, che illustra con dovizia di particolari, i principi di ottica attiva ed adattiva applicata ai telescopi di ultima generazione. Alessandro Giostra propone un interessante articolo su uno dei padri fondatori della meccanica celeste,: Laplace, mentre Antonio Carderopoli propone delle ardite ipotesi sui pluriuniverso. La fotografia astronomica è assai ben rappresentata da un bell’articolo di Daniele Gasparri sulle riprese in alta definizione di Saturno. Diamo anche spazio ad alcune interessantissime iniziative, promosse da Associazioni astrofili assai capaci; al Gruppo Astrofili Polesani, che ha rinnovato la propria strumentazione per la divulgazione e la ricerca, e all’Associazione calabrese “Le Pleiadi”, che ha realizzato uno dei migliori ed attrezzati Osservatori astronomici gestito da astronomi non professionisti. Passiamo alle ultime notizie sulla cometa più attesa degli ultimi anni, la ISON. Nel momento in cui scriviamo questa nota (2 dicembre), la NASA ha pubblicato queste immagini della SOHO, http:// www.nasa.gov/content/goddard/comet-ison-may-have-survived/#.UpxQJsTwfag , che sembrano indicare la sopravvivenza della cometa nonostante il “caloroso” abbraccio del Sole: vedremo nei prossimi giorni! LA REDAZIONE DI ASTRONOMIA NOVA Da sinistra: Rodolfo Calanca, Angelo Angeletti, Manlio Bellesi, Lorenzo Brandi, Nicolò Conte Pagina 4 ASTRONOMIA NOVA n. 17, marzo – settembre 2013 A. Giostra, Laplace LA MECCANICA CELESTE DI LAPLACE E IL DETERMINISMO SOCIALE Alessandro Giostra [email protected] Introduzione La figura di Pierre Simon de Laplace (1749-1827) non ha bisogno di molte presentazioni. Di fronte ai contributi forniti alle discipline fisiche e matematiche da parte dello scienziato francese, gli storici della scienza hanno collocato il suo lavoro in posizione inferiore soltanto all’opera di Newton (1642-1727). Nato a Beaumont-en-Auge, nella regione della Normandia, fin dalla sua giovanile esperienza scolastica presso un collegio benedettino, Laplace ha dimostrato il suo talento che gli ha consentito successivamente di studiare a Caen. Risale al 1768 il suo incarico di docente di matematica alla Scuola Militare di Parigi, città nella quale si è affermato negli anni seguenti come uno dei massimi esponenti dell’Accademia Francese delle Scienze. Dopo aver ricoperto diversi incarichi, scientifici e anche politici, tra i quali si ricorda la partecipazione alla Commissione dei Pesi e Misure che ha varato il sistema metrico, Laplace è stato anche ministro dell’interno. Alla fine della fase napoleonica si è schierato a favore della restaurazione monarchica, per poi essere nominato marchese nel 1817. La sua morte è avvenuta cento anni dopo quella di Newton e questa coincidenza cronologica sembra ribadire il fatto che la sua attività si pone in linea di continuità con quella dello scienziato inglese. Laplace ha avuto molti meriti come astronomo. E’ stato, per esempio, un pioniere nell’idea della possibile esistenza dei buchi neri e nell’escogitare nuovi strumenti matematici per progredire negli studi astronomici. A lui si deve, inoltre, la teoria sulla genesi del sistema solare che si sarebbe originato da una nebulosa. Occorre concentrare l’attenzione, tuttavia, su una scoperta in particolare. Laplace è stato in grado di risolvere le anomalie del moto planetario evidenziatesi all’interno del modello newtoniano. Newton, in accordo con i principi metafisici del suo sistema, aveva affermato l’intervento diretto di Dio per ciò che riguarda la correzione delle orbite dei pianeti, disturbate da quelle interferenze gravitazionali che sembravano alterare il sistema planetario stesso. Ritratto di Pierre—Simon Laplace Lo scienziato francese, in seguito alle sue ricerche che sono poi confluite nella Meccanica Celeste (1799-1825), ha stabilito una specie di autocorrezione del sistema planetario. Ponendo attenzione alle anomalie nelle traiettorie di Giove e Saturno, Laplace è riuscito a capire che esse fanno parte di un insieme molto più ampio di irregolarità rientranti in un ciclo generale della durata di 929 anni. Questa è stata la scoperta che maggiormente ha indotto questo ricercatore ad affermare quella visione filosofico-scientifica denominata ‘determinismo’. Scopo di questo lavoro è quello di evidenziare in che modo il pensiero scientifico di Laplace sia stato un momento fondamentale, non solo per la scienza naturale, ma, più in generale, per la cultura positivista. L’obiettivo di questo saggio è anche quello di indurre i cultori di queste discipline ad una maggior considerazione di questo personaggio. Nonostante la chiara influenza che il suo pensiero ha esercitato sui maggiori rappresentanti A. Giostra, Laplace del Positivismo, infatti, molti manuali di filosofia non contengono alcun riferimento al lavoro di questo scienziato che, con la sua visione, ha caratterizzato in maniera essenziale la mentalità della sua epoca. Sono stati i successi ottenuti in tutte le sue ricerche, e in particolar modo nella meccanica celeste, ad indurre Laplace, nell’Introduzione alla Theorie analytique des probabilités (1812), a fare la seguente affermazione: <<Dobbiamo dunque considerare lo stato presente dell’universo come l’effetto del suo stato anteriore e come la causa del suo stato futuro. Un’intelligenza che, in un dato istante, conoscesse tutte le forze che animano la natura e la situazione corrispondente degli enti che la compongono e fosse così vasta da poter sottomettere questi dati all’analisi, abbraccerebbe con una sola formula i movimenti dei corpi più grandi dell’universo e quelli dell’atomo più leggero: per essa niente sarebbe incerto e l’avvenire, come il passato, sarebbero presenti ai suoi occhi. Lo spirito umano offre, nella perfezione che ha saputo dare all’astronomia, un pallido esempio di quest’Intelligenza. Le sue scoperte in meccanica e in geometria, unite a quella della gravitazione universale, l’hanno messo in grado di abbracciare nelle stesse espressioni analitiche gli stati passati e quelli futuri del sistema del mondo>> (nota n. 1). Siamo di fronte alla più chiara formulazione del ‘determinismo’, cioè quella visione filosofica e scientifica secondo cui ogni evento ha una causa determinata e alla stessa tipologia di cause seguono le stesse tipologie di effetti. Il rapporto causale tra gli eventi acquisisce così le caratteristiche della necessità. Il determinismo di origine laplaciana può essere considerato come l’apice del meccanicismo, cioè quella visione che spiega ogni fenomeno naturale esclusivamente con la presenza ASTRONOMIA NOVA n. 17, marzo – settembre 2013 Pagina 5 di masse in movimento. In questo senso il determinismo rappresenta una continuazione della filosofia naturale sostenuta da alcuni illuministi francesi come La Mettrie (1709-1751) e D’Holbach (1723-1789). Vi sono delle tendenze diverse all’interno dell’impostazione determinista; le due tipologie più diffuse sono state quelle del determinismo meccanicistico, quando la causa è intesa come causa efficiente, e del determinismo teleologico quando è vista come causa finale. Il determinismo meccanicistico è stato tipico di gran parte delle discipline fisico-matematiche nei secoli XVIII e XIX, ed è la visione adottata proprio da Laplace. Il determinismo teleologico, invece, postulando l’esistenza di un fine ultimo di un processo, è stato adottato soprattutto nell’ambito della teoria biologica dell’evoluzione e dell’evoluzionismo filosofico. Da questa frase si evince come Laplace, pur abbandonando i presupposti teologici della visione newtoniana, abbia ripreso l’idea tipica di Newton di un universo semplice e uniforme, composto di parti interconnesse, il cui comportamento è descritto dalle leggi della meccanica. Una raffigurazione artistica della formazione del sistema solare chiaramente ispirata all’idea della nebulosa primordiale proposta da Kant e Laplace. Pagina 6 ASTRONOMIA NOVA n. 17, marzo – settembre 2013 A. Giostra, Laplace Alcune scoperte scientifiche si sono aggiunte a quelle di Laplace e sono state interpretate come una specie di conferma assoluta del determinismo. E’ stato questo il caso della legge dei gas perfetti (PV=nRT) e della legge di Coulomb (1736-1806): Si tratta di una ripresa di quell’impostazione atomista che, in epoca moderna, era stata proposta da Cartesio e poi, in maniera matematicamente molto più completa e coerente, da Newton. L’attenzione riposta soltanto alle cause necessarie, inoltre, ha contribuito in maniera essenziale al fatto che nell’era del Positivismo sia stata del tutto accantonata la ricerca di principi metafisici alla base dei fenomeni. Ogni tipo di ricerca volta ad indagare le essenze, così come la stessa natura intrinseca della forza gravitazionale, per i seguaci del determinismo perde di ogni significato. Proprio la risoluzione delle anomalie planetarie ha indotto Laplace, secondo un noto aneddoto, a rispondere con le parole <<Dio è un’ipotesi di cui non ho bisogno>> (nota n. 2), a Napoleone che gli avrebbe chiesto quale fosse il ruolo del Creatore nel suo sistema. Tutti i maggiori esponenti del pensiero positivista hanno criticato la religione tradizionale, approdando a forme di ateismo o quantomeno, sulla scia di alcuni noti esponenti dell’Illuminismo, a concezioni deiste che riconoscono l’esistenza di un Creatore, negando tuttavia il concetto di Rivelazione (nota n. 3). La posizione deista è quella che si addice al modello di meccanica fisica e celeste rappresentato da Laplace. La soluzione dei problemi inerenti alla meccanica celeste newtoniana, infatti, sono sembrati ad alcuni una conferma dell’idea dell’universo come perfetto meccanismo paragonabile a un orologio. Dio, in questo modo, viene considerato come una sorta di orologiaio che ha realizzato e messo in moto questa specie di perfetto ingranaggio. Quest’ultima ha anticipato di qualche anno le acquisizioni della meccanica planetaria di Laplace. Per quanto riguarda l’astronomia, comunque, la scoperta che maggiormente ha messo in risalto l’impostazione determinista è stata quella del pianeta Nettuno. Questo pianeta, infatti, è stato scoperto nel 1846 da J.G. Galle (18121910) e H.L. D’Arrest (1822-1875) che hanno studiato i calcoli effettuati da J. Adams (1819-1892) e U. Le Verrier (1811-1877), relativi ai movimenti di Urano e alle sue anomalie rispetto all’orbita prevista. I dati matematici hanno così prestabilito l’esistenza di una causa necessaria della variazione orbitale (nota n. 4). Oggi si sa che il determinismo non può essere adottato come visione onnicomprensiva della scienza e della realtà. La scoperta del mondo subatomico e l’affermazione di teorie come la Relatività e la Meccanica Quantistica rendono del tutto superata la visione di Laplace, che resta confinata alla meccanica planetaria e, in linea più generale, alla fisica di ciò che è visibile. Ancor meno può essere adottata nel settore biologico, in quello comportamentale e dei rapporti umani, nei quali le variabili che intervengono rendono impossibile la riduzione dei fenomeni a poche leggi, per quanto complesse. La scienza non è mai riuscita a reperire prove che spieghino l’origine della vita e delle principali manifestazioni del pensiero umano in termini di causalità necessaria. Sono queste alcune delle ragioni per le quali la visione determinista e, più in generale, la filosofia positivista, hanno suscitato una serie di reazioni, le cui principali manifestazioni sono riscontrabili in correnti di pensiero come il contingentismo, lo spiritualismo, la fenomenologia, il personalismo e così via. Aver voluto evitare la ricerca delle cause prime della realtà e dei principi essenziali del sapere è giustamente apparso a molti come l’eliminazione forzata del problema, non certo la sua soluzione. Sono questi i motivi che hanno indotto, per esempio, Edmund Husserl (1859-1938) ad affermare <<il positivismo decapita per così dire la filosofia>> (nota n. 5). A. Giostra, Laplace Il superamento del determinismo scientifico, tuttavia, non deve far dimenticare l’importanza che il pensiero di Laplace ha avuto per lo sviluppo del Positivismo. La sopracitata affermazione del 1812, infatti, ha un significato sostanzialmente fisico e astronomico. Da un’attenta considerazione del testo, tuttavia, la stessa frase sembrerebbe proporre una visione che ingloba non solo i fenomeni meccanici, ma più in generale tutto lo scibile umano. In altre parole, questa frase non solo pone la meccanica come supremo modello interpretativo del mondo fisico, ma sembra proporre un’estensione del meccanicismo non soltanto ai fenomeni naturali di ogni tipo, ma anche ad ogni aspetto della ricerca del sapere. Il determinismo è diventato quella visione secondo la quale non solo i fenomeni fisici, ma anche quelli biologici e quelli relativi al pensiero e al comportamento umani possono essere spiegati con le leggi della meccanica. Si tratta, dunque, di una visione riduzionista (nota n. 6) che ha caratterizzato il pensiero di un’epoca. Il Positivismo Sociale di Comte Il determinismo laplaciano è stato adottato da Auguste Comte (1798-1857), il massimo rappresentante del Positivismo Sociale. Il pensatore francese è noto innanzi tutto per la sua Legge dei Tre Stadi, secondo la quale lo sviluppo dell’umanità, così come quello della mente di ogni uomo singolo, passa attraverso tre stadi: teologico (fittizio), metafisico (astratto), positivo (scientifico). In stretta analogia con questa legge, Comte propone una classificazione storica delle scienze che avrebbero raggiunto il livello scientifico in modo progressivo: astrono- ASTRONOMIA NOVA n. 17, marzo – settembre 2013 Pagina 7 Il francobollo emesso dalle Poste francesi per commemorare Isidore Marie Auguste François Xavier Comte, filosofo e sociologo francese, considerato il padre del Positivismo. mia, fisica, chimica, biologia, sociologia. Alla base di esse vi era la matematica, “metodo generale che lo spirito umano impiega costantemente in tutte le sue ricerche positive” (nota n. 7). Tale disciplina, pertanto, è considerata il fondamento del pensiero scientifico e quella che ha raggiunto il livello di scienza fin dall’antichità. L’ultima di esse, la sociologia, è vista come il vertice della scienza. Si tratta, secondo Comte, della scienza più complessa, quindi non riducibile alle altre in quanto a contenuti, ma indagabile con lo stesso metodo delle scienze naturali. Il perfezionamento della società caratterizzerebbe proprio la fase scientifica, cioè l’apice del percorso umano che si sarebbe ormai liberato di ogni residuo teologico e metafisico. <<Il carattere fondamentale della filosofia positiva è di considerare tutti i fenomeni come soggetti a leggi naturali invariabili: la loro scoperta e la loro riduzione al minor numero possibile costituiscono il fine di tutti i nostri sforzi, in quanto la ricerca di ciò che chiamiamo cause – siano esse cause prime o cause finali – deve essere considerata assolutamente inaccessibile e priva di senso per noi>> (nota n. 8). Proprio la rinuncia a indagare i principi primi porta a una ricerca fondata sulla conoscenza di relazioni esattamente determinate tra i fenomeni: <<Nello stadio positivo, lo spirito umano, riconoscendo l’impossibilità di ottenere delle nozioni assolute, rinuncia a cercare l’origine e la destinazione dell’universo e a conoscere le Il filosofo e matematico austriaco, naturalizzato tedesco, Edmund Gustav Albrecht Husserl, fondatore della fenomenologia. Secondo Alcuni Husserl è da considerarsi il "padre delle ricerche contemporanee nella psicologia cognitiva e intelligenza artificiale". Pagina 8 ASTRONOMIA NOVA n. 17, marzo – settembre 2013 A. Giostra, Laplace cause intime dei fenomeni per impegnarsi unicamente a scoprire, mediante l’impiego ben combinato del ragionamento e dell’osservazione, le loro leggi effettive, vale a dire le loro relazioni invariabili di successione e somiglianza>> (nota n. 9). Il rapporto necessario tra causa ed effetto viene così esteso alla disciplina sociale che, nell’ottica di Comte, comprende i contenuti di tutte le altre: <<Il vero spirito generale della sociologia dinamica consiste nel percepire ognuno degli stati sociali consecutivi come il risultato necessario del precedente e come il motore indispensabile di quello successivo […] la scienza ha allora, da questo punto di vista, lo scopo di scoprire le leggi costanti che regolano tale continuità, e il cui insieme determina il cammino fondamentale dello sviluppo umano>> (nota n. 10) Ciò che si vuole mettere in evidenza, già chiaramente espresso in queste prime frasi riportate, è proprio l’influenza che il modello determinista ha avuto nel pensiero di Comte. L’approccio riduzionista è ciò che consente a Comte di definire la sociologia come ‘fisica sociale’, cioè come una disciplina che studia gli aspetti della società come quelli naturali, fondandosi cioè su leggi necessarie e immutabili. L’analogia tra fisica e sociologia comporta una distinzione all’interno della disciplina sociologica: come i fenomeni inorganici hanno un aspetto statico e uno dinamico, corrispondenti a geometria e meccanica, così la stessa considerazione può estendersi al mondo organico e a quello sociale. Nella sociologia, infatti, troviamo una statica sociale, relativa ai fattori di equilibrio e di ordine, e una dinamica sociale che si occupa del progresso della società nel corso dei tre stadi. <<Occorre estendere convenientemente all’insieme dei fenomeni sociali una distinzione scientifica veramente fondamentale […] considerando separatamente, ma sempre in vista di un esatto coordinamento sistematico, lo stadio statico e quello dinamico di qualsiasi studio positivo. In sociologia questa scomposizione deve compiersi in maniera perfettamente analoga (alla biologia), e non meno netta, distinguendo radicalmente – a proposito di ogni oggetto della politica – lo studio fondamentale delle condizioni di esistenza della società e quello delle leggi del suo continuo movimento>> (nota n. 11). La sociologia, secondo Comte, deve giungere al livello della ‘sociocrazia’, vale a dire la vera società scientifica, la cui armonia verrebbe garantita proprio dal metodo scientifico e dall’approccio deterministico: <<Questa scienza nuova... rappresenta necessariamente, in maniera diretta e continua, la massa della specie umana, sia moderna, sia passata e persino futura come costituente, ad ogni riguardo, via via, o nell'ordine dello spazio o in quello del tempo, un'immensa ed eterna unità sociale, in cui vari organi individuali o nazionali, uniti senza allentamenti in un'intima e universale solidarietà, concorrono evidentemente, ognuno secondo un modo e un grado determinati, all'evoluzione fondamentale dell'umanità, concezione veramente capitale e affatto moderna che deve ulteriormente diventare la base fondamentale della morale positiva >> (nota n. 12). Che il riduzionismo comtiano sia ispirato al determinismo fisico è, inoltre, chiaramente espresso in un passo nel quale l’autore francese descrive il processo di riduzione all’interno dei singoli tre stadi: <<Il sistema teologico ha toccato la sua più alta perfezione quando ha sostituito l'azione provvidenziale di un essere unico al gioco delle numerose divinità indipendenti, che erano state immaginate in principio. Allo stesso modo, l'ultimo termine del sistema metafisico consiste nel concepire, in luogo di differenti entità particolari, una sola grande entità generale, la natura, considerata come unico fondamento di tutti i fenomeni. Analogamente, la perfezione cui il sistema positivo mira costantemente, senza probabilità di raggiungerla mai, consiste nella possibilità di rappresentare tutti i fenomeni come casi particolari di un solo fatto generale come, per esempio, la gravitazione universale>> (nota n. 13). L’approccio determinista deve, dunque, guidare l’azione sociale in modo da prevederne esattamente gli esiti: <<…le teorie, potendo sempre seguire il corso naturale dei fatti, permettano di prevederli realmente; infine, essa (la previsione razionale) implica ancora, di necessità, l’inevitabile limitazione permanente dell’azione politica secondo leggi esattamente determinate … (nota n. 14) Ogni volta che perveniamo a esercitare una grande azione, ciò avviene soltanto perché la conoscenza delle leggi naturali ci permette di introdurre, tra le circostanze determinate sotto la cui influenza si compiono i diversi fenomeni, qualche elemento modificatore che, per quanto debole di per sé, basta in certi casi per volgere a nostro vantaggio i risultati definitivi dell’insieme delle cause esterne>> (nota n. 15). A. Giostra, Laplace Interviene così nella pratica sociale quella precisione quantitativa caratteristica delle scienze fisiche: <<Conducendo al pari di ogni altra scienza reale, e con la precisione che comporta l’eccessiva complicazione propria di questi fenomeni, all’esatta previsione sistematica degli avvenimenti che devono risultare sia da una situazione data, sia da un certo insieme di antecedenti, (la scienza politica) fornisce anche direttamente all’arte politica non soltanto l’indispensabile determinazione preliminare delle diverse tendenze spontanee che questa deve assecondare, ma anche l’indicazione dei mezzi principali che può applicare ad esse>> (nota n. 16) Conclusioni Comte ha conosciuto il pensiero di Laplace e l’analisi dei suoi testi dimostra chiaramente la volontà di estendere il determinismo a tutte le discipline scientifiche, in particolare alla sociologia. La visione determinista, dunque, è sembrata a Comte come quella che maggiormente può adattarsi alla sua idea di società. La considerazione della scienza come unica disciplina veritativa, l’estensione del metodo scientifico a tutte le discipline del sapere, la riduzione della filosofia ai principi essenziali della scienza, la visione ottimista del progresso scientifico alla base della ristrutturazione sociale; sono, queste, le istanze fondamentali del pensiero di Comte che poggiano sul principio determinista di una perfetta corrispondenza causa-effetto e che già sono implicite nel significato della famosa frase di Laplace del 1812. NOTE Nota n. 1: L. Geymonat, Storia del pensiero filosofico e scientifico, vol. IV, L’Ottocento, Garzanti, Milano 1971, p. 90. Nota n. 2: http://www.filosofico.net/laplace.htm. Nota n. 3: Il deismo è una concezione religiosa che afferma l'esistenza di Dio come creatore e ordinatore di tutte le cose, ma nega una sua Rivelazione e, pertanto, un suo legame privilegiato con l'uomo. Il rapporto tra Dio e l’uomo viene limitato alla creazione dell’universo e dell’essere umano, e al riconoscimento del Creatore da parte dell’uomo stesso. La visione deista, dunque, non accettando la Rivelazione, esclude anche ogni tipologia di culto religioso. Nota n. 4: M. Cavedon, Astronomia, Mondadori, Milano 1980, pp. 162-163. Nota n. 5: Husserl, La crisi delle scienze europee e la fenomenologia trascendentale, Il Saggiatore, Milano 1997, p. 366. Nota n. 6: Con il termine ‘riduzionismo’ (dal latino reducere, cioè ricondurre) si vuole indicare la riduzione dell’oggetto di una disciplina nell’ambito di una più ampia che ne sarebbe la ASTRONOMIA NOVA n. 17, marzo – settembre 2013 Pagina 9 base essenziale. Per esempio, la riduzione della chimica ai principi della fisica, oppure, come ha affermato proprio Comte, della psicologia alla fisiologia cerebrale. Tale visione non svaluta i contenuti di ogni singola disciplina, ma ne vuole precisare il significato attraverso l’identificazione della sua origine. Nota n. 7: www.mat.uniroma1.it/people/israel/didattica/ Antologia_storiamat/Comte.pdf. I testi del filosofo francese riportati in questo lavoro sono tratti dall’opera Corso di Filosofia Positiva (1830-1842). Nota n. 8: L. Fonnesu – M. Vegetti, Le Ragioni della Filosofia, Le Monnier, Milano 2008, p. 94. Nota n. 9: Ibidem, p. 95. Nota n. 10: Ibidem, p. 98. Nota n. 11: Ibidem, p. 97. Nota n. 12: www.filosofico.net/Antologia_file/AntologiaC/ comte1.htm. Nota n. 13: www.istitutoarici.it/solsi/Comte_testi.pdf. Nota n. 14: http://digilander.libero.it/sociologiateramo/ menu/comte/fenomeni.htm Nota n. 15: Vegetti-Fonnesu, Le Ragioni della Filosofia, cit., p.95. Nota n. 16: Ibidem, p. 97. Alessandro Giostra, socio della Stanley Jaki Society, insegna filosofia e storia presso il Liceo Scientifico 'Orsini' di Ascoli Piceno. E' autore di diversi lavori nel campo della storia del pensiero filosofico e scientifico, tra i quali: L’interpretazione dell’Ecclesiaste 1,4-6 tra i primi sostenitori della teoria copernicana (Studia Patavina 2006), Guidobaldo Del Monte e i nuovi corpi celesti (Urbino 2007), La crisi delle scienze e la fenomenologia della vita in prospettiva storico-teologica (Roma 2011). Collabora come recensore di volumi riguardanti il suo ambito di ricerca con il portale DISF (Documentazione Interdisciplinare di Scienza e Fede) della Pontificia Università della Santa Croce e con la rivista internazionale Reviews in Religion and Theology (Wiley-Blackwell). Pagina 10 ASTRONOMIA NOVA n. 17, marzo – settembre 2013 M. Dho, procedure automatiche PROCEDURE AUTOMATICHE E OPZIONI AVANZATE PER L’ACQUISIZIONE E LA RIDUZIONE DI DATI ASTRONOMICI (parte IV) Mario Dho [email protected] Abstract The operation of an instrumental set assembled with the intent to acquire astronomical images either in remote or in robotic mode, requires external programs and planetariums, a software able to tie and manage them, as well as modules to connect computers even when they are far apart from each other. Ricerca4, that we defined an “orchestra conductor”, interacts with TheSky map planetary facilitating the import of data, information and compiling lists of target objects to be shot during an automatic session. Full control on the CCD camera used for imaging and combined driving device, allows you to constantly monitor the quality of pointing and tracking. The frames are calibrated, controlled and stored in specific folders. The presence of new objects, or suspected as such, alert the operator with messages or sound alerts. A plug-in module called ADC (Astronomical Diagram Creator) in real time and as a standalone device executes light curves that make the study of variable stars, transits of extrasolar planets and photometry in general very easy. Il funzionamento di un insieme strumentale assemblato con l’intento di acquisire immagini astronomiche in modalità remota e robotica, richiede programmi e planetari esterni, un software capace di legarli e gestirli e dei moduli per mettere in comunicazione computer anche molto distanti fra loro. Ricerca4, che abbiamo definito “direttore d’orchestra”, interagisce col planetario TheSky agevolando l’importazione di dati, informazioni, coordinate e la compilazione di liste di oggetti target da riprendere nel corso di una sessione automatica. Un controllo completo sulla camera CCD usata per l’imaging e sul dispositivo adibito alla guida, consente di monitorare costantemente la qualità del puntamento e dell’inseguimento. I frame ottenuti sono calibrati, controllati e archiviati in cartelle specifiche. La presenza di oggetti nuovi, o sospettati come tali, allerta l’operatore con messaggistiche o avvisi sonori. Un modulo plug-in, denominato A.D.C. (Astronomical Diagram Creator) realizza in tempo reale e in modo autonomo curve di luce agevolando lo studio di stelle variabili, dei transiti di pianeti extrasolari e i lavori di fotometria in generale. Integrazione di Ricerca4 con programmi esterni e col planetario TheSky, realizzazione di una curva di luce Gli hardware informatici che conosciamo col nome di personal computer, laptop, notebook e netbook, costituiscono un cruciale elemento per l’aggregazione, organizzata e simbiotica, di tutti i costituenti di un moderno osservatorio astronomico. Oltre a gestire il funzionamento delle apparecchiature, consentono l’analisi, il trattamento e l’archiviazione dei frame digitali ripresi (fig. 1). La digitalizzazione delle immagini, verificatasi con l’introduzione e lo sviluppo dei sensori elettronici, è una prerogativa imprescindibile della moderna astronomia professionale e amatoriale. Un frame astronomico digitale è composto da un retico- FIG. 1: Macchine informatiche di dimensione molto contenute quali notebook e netbook consentono di gestire il controllo completo dell’osservatorio astronomico e la connessione remota via Internet. M. Dho, procedure automatiche lo di picture elements paragonabili ai punti di resinatura di un’immagine stampata e caratterizzati da valori propri di colore e intensità luminosa. Le caratteristiche basilari che caratterizzano un frame digitale sono le seguenti: Dimensione Risoluzione Densità di bit Sistema colori Le dimensioni, in termini matrice, di un’immagine digitale sono determinate dal numero di pixel. Fisicamente la dimensione di rappresentazione su carta o monitor dipende da altri fattori come le impostazioni del video impiegato e la risoluzione di riproduzione e/o stampa. In pratica, quindi, un’immagine digitale non ha dimensione fissa ma varia in funzione della risoluzione del mezzo di visualizzazione: si ha una dimensione maggiore per riproduzioni su monitor del computer e minore per le stampe su carta. Questo perché la risoluzione (DPI: Dot Per Inch) degli schermi è notevolmente più bassa rispetto alla risoluzione raggiungibile con una stampante (fig. 2). Possiamo calcolare la grandezza, in altezza e in larghezza, di un’immagine digitale applicando la formula: Dimensione (cm) = (Npixel /R) x 2,54 Npixel costituisce il numero di picture element in un de- ASTRONOMIA NOVA n. 17, marzo – settembre 2013 Pagina 11 terminato asse, R la risoluzione del mezzo di riproduzione in punti per pollice e 2,54 è la costante di trasformazione da pollici a centimetri. La qualità di un’immagine digitale astronomica è, anche, in stretta correlazione con la profondità cromatica (densità di bit) della stessa. Questo valore indica la massima estensione della scala dei toni di grigio e dipende dal convertitore analogico digitale montato sulla camera CCD di ripresa. Più elevato è il numero di bit del convertitore analogico digitale, più l’immagine è ricca d’informazioni. La correlazione fra numero di bit e toni di grigio, o numeri di colori, si esprime con la seguente: Ntoni di grigio (numero di colori) = 2numero di bit Più ampia è la scala dei toni di grigio o di colore, maggiore è la dimensione informatica dell’immagine. Quando si effettuano elaborazioni e manipolazioni computerizzate, convenzionalmente, si utilizza il byte che equivale a 8 bit (contrazione di binary digit). Possiamo quantificare l’ingombro, su disco fisso o altro tipo di supporto informatico, di un’immagine astronomica digitale con la formula: Dimensione (byte) = Nx X Ny X (Nbit/8) Dove Nx indica il numero di pixel in larghezza, Ny il numero di pixel in altezza e 8 il valore fisso di conversione da bit a byte. Fig. 2: Stampante a getto di inchiostro e monitor sono due strumenti che consentono la visualizzazione delle immagini astronomiche. Le dimensioni fisiche delle stesse varia a causa della notevole differenza di risoluzione dei due hardware. Pagina 12 ASTRONOMIA NOVA n. 17, marzo – settembre 2013 M. Dho, procedure automatiche Tutte le operazioni di apertura, trattamento, spostamento ed elaborazione dei file, sono eseguite a velocità inversamente proporzionale alle dimensioni informatiche delle immagini. Per il salvataggio delle immagini digitali astronomiche si usa, quasi esclusivamente, il formato FITS (acronimo di Flexible Image Transport System). I file FITS, i quali hanno solitamente l’estensione *.fit, sono costituiti da una parte iniziale definita header, leggibile con un comune editor di testo, contenente le informazioni concernenti l’immagine in questione. Una seconda parte si compone di valori numerici che definiscono le caratteristiche di ogni singolo pixel. L’header è strutturato in righe caratterizzate da un’iniziale parola chiave (keyword), cui seguono caratteri numerici o alfabetici. Qui di seguito, è riportato come esempio, l’header di un’immagine FITS ottenuta presso l’Osservatorio Astronomico A67 di Chiusa di Pesio: SIMPLE = T BITPIX = 32 / Updated by AstroArt NAXIS = 2 NAXIS1 = 765 NAXIS2 = 510 TELESCOP= '12" S. Cassegrain' / telescope used to acquire this image INSTRUME= 'SBIG ST-7 Dual CCD Camera' OBSERVER= 'Mario Dho' DATE-OBS= '2012-01-7' / YYYY-MM-DDThh:mm:ss observation start, UT TIME-OBS= '21:06:25' / HH:MM:SS observation start time, UT EXPTIME = 50.000000000000000 /Exposure time in seconds EXPOSURE= 50.000000000000000 /Exposure time in seconds SET-TEMP= -10.000000000000000 /CCD temperature setpoint in C CCD-TEMP= -9.7878172678115689 /CCD temperature at start of exposure in C XPIXSZ = 9.0000000000000000 /Pixel Width in microns (after binning) YPIXSZ = 9.0000000000000000 /Pixel Height in microns (after binning) XBINNING= 1 /Binning factor in width YBINNING= 1 /Binning factor in height XORGSUBF= 0 /Subframe X position in binned pixels YORGSUBF= 0 /Subframe Y position in binned pixels IMAGETYP= 'Light Frame' / Type of image TRAKTIME= 0.39999984031499819 /Exposure time used for autoguiding EGAIN = 2.2999999523162842 /Electronic gain in e-/ADU FOCALLEN= 1016.0000000000000 /Focal length of telescope in mm APTDIA = 305.00000000000000 /Aperture diameter of telescope in mm APTAREA = 73061.666183173656 /Aperture area of telescope in mm^2 SWCREATE= 'MaxIm DL Version 5' /Name of software that created the image SBSTDVER= 'SBFITSEXT Version 1.0' /Version of SBFITSEXT standard in effect HISTORY Dark subtraction (Simple Auto-dark) SWOWNER = 'Mario Dho' / Licensed owner of software END Da un rapido sguardo all’header di cui sopra, ci accorgiamo che questo racchiude un gran numero di dati e informazioni inerenti alle caratteristiche del frame e alle condizioni in cui lo stesso è stato acquisito. La quantità di memoria RAM (acronimo di Random Access Memory), le caratteristiche della CPU (acronimo di Central Processing Unit) e della scheda video incidono direttamente sulla velocità operativa in fase di trattamento, analisi ed elaborazione di dati e immagini, mentre non influiscono eccessivamente sul processo di gestione dell’osservatorio robotico/remoto (inteso come controllo di strumenti, accessori e apparecchiature coinvolte nel processo d’acquisizione di frame astronomici, fig. 3). Per un funzionamento soddisfacente di Ricerca4 e dei software esterni a questo “connessi”, si consiglia un hardware informatico dotato di un processore operante ad almeno 500 MHZ e una RAM non inferiore ai 128 MB. Questi requisiti consentono una regolare, e relativamente veloce, “manipolazione” delle immagini astronomiche grezze nelle seguenti procedure automatiche: Verifica della focheggiatura corretta Ripresa CCD - Comparazione immagine ripresa/ immagine master – Sincronizzazione su coordinate realmente puntate dal telescopio o centraggio nel frame dell’oggetto bersaglio Controllo immagini del CCD di guida, elaborazione dati e generazione input di correzione da impartire al sistema d’inseguimento della montatura Auto calibrazione dei frame di luce acquisiti (flat, dark, bias) Controllo delle riprese ottenute (scansione zona cen- M. Dho, procedure automatiche ASTRONOMIA NOVA n. 17, marzo – settembre 2013 Pagina 13 FIG. 3: Frame CCD ottenuti in modalità robotica e remota senza presenza di alcun operatore. trale, esclusione immagini difettose e/o disallineate, attenuazione del background, eliminazione dei bordi, auto detect) Fotometria periodica – Generazione del grafico magnitudine/tempo La fotometria periodica è usata, per lo più, nel monitoring delle stelle variabili e nell’osservazione dei transiti di pianeti extrasolari. Il metodo si basa sulla misurazione dell’intensità di luce e sul rilevamento di cali momentanei e periodici; un evento del tutto acromatico, indipendente, cioè, dalla banda spettrale a cui si osserva. Nel caso dei transiti, la portata del calo di luce e la sua estensione temporale (durata), generano curve fotometriche particolari che dipendono, in gran parte, dalle dimensioni del pianeta e da parametri orbitali propri quali il semiasse orbitale (fig. 4). Ricerca4, per mezzo del plug-in A.D.C. (Astronomical Diagram Creator), costruisce in tempo reale una curva di luce fotometrica e invia a ogni nuovo dato inserito, quindi dopo ogni punto aggiunto, la figura (in formato BMP, JPG, PNG, FITS) al computer client, tramite l’appoggio di un server FTP. Le opzioni “Sostituisci e Mostra le Immagini” e “Accumula e Mostra le Immagini” possono offrire al pubblico Internet la possibilità di seguire in diretta web particolari eventi astronomici quali eclissi, transiti, stelle variabili, oppure per consentire il download individu- ale d’immagini da visionare, analizzare, trattare ed elaborare a piacere. Con l’editor proprietario di Ricerca4, E.O.S. (Enhanced Objects Sequence), s’inserisce la stella o l’oggetto target da monitorare e si selezionano le modalità di ripresa (binning, tempi d’integrazione, numero di shot, ecc.). Nelle strutture astronomiche robotiche prive di autoguida CCD, esterna o integrata all’hardware di acquisizione dei frame, è consigliabile impostare l’opzione APS (Astrometric Point System) per ottenere immagini sempre centrate e, conseguentemente, velocizzare e ottimizzare le operazioni di allineamento (fig. 5). APS funziona con PinPoint.dll LE oppure con la versione integrale dello stesso (http://pinpoint.dc3.com/tryit.html); utilizzando la libreria leggera, quindi la versione LE, occorre avere l’accortezza di lanciare il setup “APS.exe” dopo ogni aggiornamento di MaxIm DL CCD. Ricerca4, supporta tutti i dispositivi CCD gestibili attraverso il programma della Diffraction Limited (www.cyanogen.com/maxim_main.php); dal menu “Setting” si accede al pannello “Controllo Camera” per definire tutti i parametri di ripresa singola o sequenziale, le calibrazioni, le cartelle di destinazione dei frame acquisiti, le correzioni della posizione del focheggiatore, i ritardi, le temperature di lavoro, i blink e quant’altro necessario per ottenere misure e dati di valenza scientifica. Pagina 14 ASTRONOMIA NOVA n. 17, marzo – settembre 2013 M. Dho, procedure automatiche FIG. 4: Esempi di diagrammi fotometrici, curve di luce, ottenuti in modalità automatica da Salvatore Massaro presso l’Osservatorio Astronomico di Palermo (Istituto Nazionale di Astrofisica). do a pulsante “GoTo”. E’ consigliabile (riferimento passo 6.) prevedere un tempo di ritardo, fra apertura cupola e inizio sessione osservativa, per dare modo agli strumenti e agli accessori di acclimatarsi e di raggiungere temperature di esercizio ottimali. Il valore di questo T dipende dalle caratteristiche termiche del sistema di copertura e dai materiali impiegati nella coibentazione. In particolare dalla: Una normale sessione remota e robotica, gestita da Ricerca 4, può essere scomposta in sette passi fondamentali: 1. Selezione - editing oggetti 2. Settaggio e regolazione dei parametri necessari per definire le sequenze operative 3. Impostazione delle funzioni connesse alla camera CCD 4. Scelta dei percorsi “paths”delle immagini di calibrazione, master e di luce 5. Archiviazione dei dati e/o delle immagini 6. Definizione degli orari d’inizio e di fine osservazione 7. Lancio e svolgimento del processo automatico d’acquisizione La selezione e l’editing delle liste di oggetti bersaglio è resa veloce e pratica dalla possibilità d’importare direttamente le informazioni necessarie (nome oggetto, coordinate celesti, ecc.) dal planetario TheSky. Attivando la modalità “Live”, gli oggetti selezionati col puntatore del mouse sulla mappa del planetario della Software Bisque (http://www.bisque.com/sc/) sono puntati direttamente dal telescopio premendo il coman- Trasmittanza termica U Conduttività termica Sfasamento termico Resistenza termica superficiale Rsi/Rse Resistenza termica R A parità di trasmittanza termica è la posizione dell’elemento isolante (in intercapedine, esterno, interno) a definire il comportamento termico della cupola o della copertura in generale. Molte parole potrebbero ancora essere spese per esporre funzioni e caratteristiche di un programma di gestione remota e robotica, “Made in Italy”, di qualità assoluta e adatto anche ai professionisti. Ricerca4 può essere considerato un’importante strumento, non solo per il controllo di un osservatorio ma per portare l’astronomia sui banchi di scuola utilizzando strumenti informatici già di uso corrente. Gestione robotica di una webcam all’A67 Chiusa Pesio La struttura di molti software, la reperibilità di tool informatici, di driver e di specifiche applicazioni, consente d’impiegare le webcam in un osservatorio astronomico di tipo robotico. Nella maggior parte delle realtà operative che caratterizzano un osservatorio astronomico a funzionamento totalmente automatico, è conveniente apportare alcune modifiche agli hardware video originali per incrementarne le prestazioni, innalzarne il rendimento ed estenderne le applicazioni (strumento di ripresa e/o di guida, cercatore elettronico, dispositivo adibito alla sorveglianza e alla sicurezza della struttura osservativa, accessorio per sincronizzare il telescopio sulle coordinate effettivamente puntate, ecc.). M. Dho, procedure automatiche ASTRONOMIA NOVA n. 17, marzo – settembre 2013 Pagina 15 FIG. 5: Screen shot catturato nel corso delle procedure di settaggio e pianificazione necessarie per ottenere una curva di luce in modalità automatica. Le webcam, così come si trovano normalmente in commercio, non possiedono caratteristiche tali da consentirne l’impiego immediato nelle riprese astronomiche. Le migliorie che si possono apportare a questi dispositivi sono di svariata natura ed entità e possono richiedere interventi tecnici di una certa delicatezza: Intervento sull’elettronica della camera per consentire l’impostazione di tempi d’integrazione lunghi Sostituzione del sensore di ripresa originale con uno più performante L’Autore, Mario Dho, utilizza remotamente e robotica- mente una webcam così potenziata e ulteriormente perfezionata con l’implementazione di un sistema di raffreddamento a cella di Peltier per la dissipazione del calore, l’abbassamento del rumore termico e il conseguente innalzamento del rapporto segnale/rumore delle immagini acquisite (fig. 6). L’elettronica e la componentistica originali, opportunamente modificati e con l’implementazione dei circuiti supplementari, sono sistemati in un contenitore di alluminio che per sua natura funge anche da dissipatore di calore per la TEC ossia l’unità di raffreddamento termo-elettrica. Il sensore CCD originale è stato sostituito con un Sony 424 monocromatico con matrice di 659 X 494 pixel (7,4 X 7,4 micron, 1/3 diagonale) contenuto in una cold chamber di alluminio che ospita anche la cella Peltier a chiusura ermetica con vetrino e filtro UV anteriori aventi un diametro di 52 mm. La conformazione del box consente l’inserimento e il relativo utilizzo di ghiere filettate a passo C (M42 x 1 tipo Pentax) o a passo T. Dal guscio in alluminio escono i cavi cablati e le prese per la connessione al computer di gestione (il server). Un apposito cavetto elettrico permette di alimentare, con corrente continua di 5 Volt, la cella Peltier che può far segnare picchi di assorbimento di 2 Ampere. FIG. 6: Vista d’insieme di una webcam modificata operativa presso l’Osservatorio Astronomico A67 Chiusa Pesio. Pagina 16 ASTRONOMIA NOVA n. 17, marzo – settembre 2013 M. Dho, procedure automatiche FIG. 7: Posizionamento di una webcam modificata e adibita al controllo del sistema di copertura dell’osservatorio dell’autore in quel di Chiusa di Pesio – CN. servatorio astronomico robotico e remoto: 1. Nella cartella “Philips SPC900NC” (che si crea automaticamente quando s’installano i driver dell’omonimo modello) trovare il file denominato “Camvid40” 2. Col blocco note di Windows aprire “Camvid40” 3. Selezionare la voce “Barra di stato” dal menu “Visualizza” 4. Individuare le linee 66, 69 e 72 modificandole, rispettivamente, come segue: La webcam, così trasformata ed elaborata, può svolgere funzioni di ripresa astronomica vera e propria, fungere da sistema di autoguida principale o supplementare (nel caso in cui il sensore della camera di guida principale non inquadrasse stelle idonee alla guida automatica se non attraverso un decentramento eccessivo dell’oggetto bersaglio), da cercatore elettronico (nel caso in cui sia abbinato a un obiettivo di corta focale che consenta d’inquadrare una zona di cielo relativamente ampia), da videocamera di sorveglianza o, ancora, da strumento in grado di agevolare enormemente eventuali operazioni connesse alla calibrazione e al parcheggio del telescopio. La versatilità derivante dalla possibilità d’impiego in modalità di ripresa “live” e a “lunga” esposizione, costituisce un fattore di grande supporto nella gestione e nel controllo di un osservatorio astronomico remoto a funzionamento totalmente o parzialmente robotico. Il software d’acquisizione delle immagini, controlla le funzioni basilari di questa webcam modificata e ne gestisce il funzionamento automatico. Quella che originariamente era una semplice camera web, Philips ToUcam Pro II, è stata trasformata in un vero e proprio robot in grado di eseguire una serie di azioni selezionabili dalle apposite finestre di settaggio e anche programmabili da script appositamente creati. Dato che la Philips non forniva driver proprietari ToUcam Pro II, per i sistemi operativi Windows Vista e Windows 7, lo scrivente ha modificato un file contenuto nella cartella driver di un modello più recente: Philips SPC900NC (ToUcam III). E’ di seguito riportata la sequenza necessaria a chi, disponendo di un simile modello di camera non recentissima, la volesse modificare, adattare e usare in un os- 5. Salvare il documento modificato 6. In “Gestione dispositivi” eseguire l’aggiornamento del driver periferica video indicando come percorso di identificazione quello che porta alla cartella “Philips SPC900NC (fig. 7) Mario Dho, technician and industrial expert, first responsible for the Section Instruments of the Unione Astrofili Italiani, UAI, and the project “CCD-UAI”. Author of a technical manual, with a foreword by Margherita Hack, mainly designed to the automation and remote controlling of astronomical observatories, and of several technical articles published by Italian scientific and cultural magazines. Tester of software and application modules developed for the automatic control of astronomical instruments. Mario Dho, perito capotecnico industriale, primo responsabile della Sezione Strumentazione dell’Unione Astrofili Italiani, UAI, e del progetto “CCD-UAI”. Autore di un manuale tecnico, con introduzione di Margherita Hack, dedicato principalmente all’automazione e al controllo remoto delle osservazioni astronomiche, e di numerosi articoli tecnici pubblicati da riviste di scienza e cultura italiane. Tester di software e moduli applicativi sviluppati per il controllo automatico di strumenti astronomici. ASTRONOMIA NOVA n. 17, marzo – settembre 2013 Pagina 17 Ecco i Video dell’installazione del telescopio REGINATO di 60 cm all’Osservatorio di Cervarezza (RE): http://www.youtube.com/watch?v=n-o6CF6RBqA http://www.youtube.com/watch?v=5HJd2VJdja0 Pagina 18 ASTRONOMIA NOVA n. 17, marzo – settembre 2013 M. Cifalinò, Ottica Attiva e Adattiva PRINCIPI DI OTTICA ATTIVA E ADATTIVA PER TELESCOPI DI NUOVA GENERAZIONE Michele Cifalinò [email protected] Sommario Al giorno d’oggi le tecnologie a supporto delle osservazioni astronomiche hanno subito una forte evoluzione con lo scopo di incrementare il più possibile la qualità delle immagini ottenute. Al fine di compensare la perturbazione provocata dall’atmosfera, i telescopi diventano strumenti “attivi” in grado di adattarsi alle condizioni di turbolenza in modo estremamente efficace; così è possibile spingere lo strumento fino al massimo limite imposto dalla diffrazione della luce, ottenendo dei risultati stupefacenti in termini di risoluzione e aprendo la strada a nuove scoperte scientifiche. Summary Nowadays the development of new technologies have supported astronomical observations to provide the best image quality to contrast the atmospheric turbulence. Ground-based telescopes are implemented with adaptive-active techniques to eliminate the Earth’s atmosphere degradation and achieve near diffractionlimited imaging as obtained through space observations. Le tecnologie ottiche alla base dei telescopi moderni consentono di realizzare strutture di grandi dimensioni e di ottenere enormi prestazioni in termini di qualità e risoluzione dell’immagine ottenuta. Se si osserva da terra, inevitabilmente bisogna fare i conti con l’atmosfera che agisce da “filtro” oltre che da elemento perturbante per la luce. Dal punto di vista osservativo infatti possiamo rilevare radiazione solo in limitate “finestre utili” (nel visibile ad esempio) mentre praticamente non ci arriva segnale nella banda 25µm - 350µm dovuta all’assorbimento di molte molecole (tra cui il vapore acqueo) e così per molte altre regioni dello spettro elettromagnetico. Per minimizzare questo effetto è necessario collocare gli strumenti in alta montagna, dove la rarefazione dell’aria consente di ridurre tale influenza (fig. 1). Inoltre la turbolenza atmosferica (dovuta a mutamenti di densità e temperatura dell’aria) causa dei cambiamenti locali dell’indice di rifrazione, provocando distorsioni all’immagine e limitando la chiarezza e la qualità dei dettagli osservabili (definendo appunto ciò che viene chiamato “seeing”, espresso in secondi d’arco). Per capire come la variazione dell’indice di rifrazione causa una degradazione dell’immagine bisogna partire da un presupposto: la luce si comporta come un’onda. Questo significa che si può rappresentare come un segnale ondulatorio, caratterizzato da ampiezza e fase. Se immaginiamo una sorgente puntiforme all’infinito, allora il fronte d’onda (cioè tutti i punti che hanno la stessa fase) risulta piano. Nel momento in cui la luce attraversa un mezzo trasparente (l’aria) il suo percorso è caratterizzato dal così detto cammino ottico OP (optical path), definito come: OP = n * d dove n rappresenta appunto l’indice di rifrazione (per gli aspetti teorici si veda: E. Hecht, “Optics, Fourth edition”, 2002). Se il mezzo (come l’atmosfera) non è omogeneo, tale formula si sostituisce da un integrale esteso nel tratto interessato, dove n diventa funzione della posizione (o altezza). Dunque se la luce attraversa strati atmosferici di diversa densità e temperatura, si verificano locali variazioni dell’indice di rifrazione e di cammino ottico, per cui vi saranno sfasamenti del fronte d’onda apprezzabili che tendono a disturbare l’immagine. In ogni caso, anche ammettendo di liberarci dell’influenza dell’atmosfera (per esempio nello spazio), l’immagine ottica non risulterà mai perfetta ma sarà sempre soggetta alle così dette aberrazioni, oltre che a fenomeni di rifrazione e diffrazione: il risultato è che, anche osservando dallo spazio, si avvertono sempre dei disturbi. M. Cifalinò, Ottica Attiva e Adattiva ASTRONOMIA NOVA n. 17, marzo – settembre 2013 Pagina 19 FIG. 1: Vista dei telescopi del Keck Observatory, Mauna Kea, Hawaii, www.keckobservatory.org Ogni telescopio infatti si comporta, per la luce, come una fessura circolare: interviene appunto il fenomeno della diffrazione, che si può avvertire anche con semplici esperimenti ottici come mostrato in seguito (fig. 2), in cui si cerca di ricostruire l’immagine di una sorgente di radiazione puntiforme, posta all’infinito, che attraversa un’apertura circolare (diffrazione di Fraunhofer), fig. 3. Se un laser monocromatico viene puntato verso una fessura regolabile (un diaframma) si ottiene una figura di diffrazione nota come “disco di Airy”, mostrato nelle immagini successive, in cui si osserva una regione centrale più brillante e diverse bande concentriche; l’effetto è più marcato quanto più stretta si fa l’apertura. Quindi, come si può dimostrare matematicamente, per aperture maggiori (diametri maggiori) la figura di diffrazione si riduce e tende a diventare puntiforme. Oltre a ciò, ogni sistema ottico è in genere affetto da aberrazioni che tendono a disturbare ulteriormente l’immagine, provocando ulteriori distorsioni, come mostrato nella fig. 4. Il compito delle ottiche adattive è proprio quello di cercare di combattere questi elementi disturbativi: da un lato si cerca di correggere le aberrazioni ottiche, mentre dall’altro si fronteggia un compito molto più ambizioso, ossia la compensazione della turbolenza atmosferica. Matematicamente si può stimare la risoluzione limite FIG. 2: Prova al banco ottico per la verifica della diffrazione da apertura circolare: fascio laser e schermo di misura (esperimento svolto presso il laboratorio ottico dell’università di Bologna, per il corso di ottica astronomica, AA 2010-2011) Pagina 20 ASTRONOMIA NOVA n. 17, marzo – settembre 2013 M. Cifalinò, Ottica Attiva e Adattiva FIG. 3: Figura di diffrazione da apertura circolare rilevata durante l’esperimento: diametro della fenditura 5 mm (sinistra) e 3 mm (destra) considerando la diffrazione secondo il noto criterio di Rayleigh: θR = 1.22 * sen (/d) Dove è la lunghezza d’onda, d è il diametro dello strumento d’osservazione, mentre l’angolo θR rappre- senta la minima distanza angolare fra due sorgenti puntiformi per poterle distinguere (o risolvere) senza che ci sia interferenza fra le rispettive figure di diffrazione per gli aspetti teorici si veda: Halliday, Resnik, Krane, “Fisica II”, quinta edizione). Per comprendere meglio come si effettuano tali correzioni è indispensabile formalizzare il problema: il concetto di seeing è alquanto qualitativo, per poter dunque contrastare la turbolenza è necessario definire alcune grandezze quantitative associate al fenomeno. Per convenzione un fronte d’onda si definisce “piano” quando lo sfasamento prodotto dalla turbolenza rimane contenuto in una differenza di fase di un radiante. Come mostrato nell’immagine successiva, il fronte perturbato può essere descritto in termini di una lunghezza caratteristica (“d” in fig. 5) che indica la distanza entro cui la fase si mantiene nel limite descritto. Questa grandezza viene chiamata “raggio di Fried” ed è uno dei parametri più importanti che descrivono la turbolenza. Se il mezzo (come l’aria) ha una velocità nota, si può stimare il così detto tempo di coerenza, ovvero il tempo al di sotto del quale il fronte d’onda rimane imperturbato. Questo ci permette di identificare l’importanza del fenomeno, ma soprattutto di giustificare come per strumenti di una certa apertura l’immagine abbia una risoluzione istantanea determinata dal seeing. Dal punto di vista analitico, per poter quantificare gli effetti delle aberrazioni e della turbolenza si utilizza la così detta “Point Spread Function” (PSF), http://en.wikipedia.org/wiki/ Point_spread_function, che descrive l’immagine prodotta da una sorgente puntiforme. Tale funzione è di fatto caratteristica del sistema ottico e tecnicamente è il “metro di giudizio” per quantificare la qualità dell’immagine prodotta dallo strumento (e sulla quale si lavora per ottenere miglioramenti). FIG. 4: figure di aberrazione per una sorgente puntiforme M. Cifalinò, Ottica Attiva e Adattiva ASTRONOMIA NOVA n. 17, marzo – settembre 2013 Pagina 21 FIG. 5: Elementi per definire la turbolenza e risoluzione per sorgente puntiforme (tratto da: A. Manella, Dispense per il corso di introduzione all’astrofisica, AA 2011-2012). Matematicamente si ottiene l’andamento dell’intensità luminosa in funzione della posizione e si rappresenta quanto già illustrato, per esempio, nelle figg. 3 e 4, cioè si ricava un massimo in corrispondenza del punto centrale (dove si concentra circa il 70% dell’intensità luminosa) seguito da massimi e minimi secondari. Se si prende una sorgente luminosa con una precisa funzione di brillanza, quando si osserva al telescopio si ottiene una “convoluzione” (in un certo senso una composizione di funzioni) fra tale funzione di luminosità e quella della PSF del sistema ottico; si forma cioè una nuova funzione di distribuzione luminosa, ovvero quella dell’ immagine che effettivamente si osserva. Nelle osservazioni si misura direttamente il risultato di questa composizione, mentre è ignota la funzione di brillanza originale della sorgente: quello che si cerca di fare è, nota la PSF del sistema ottico, un’operazione inversa di ricostruzione dell’immagine sorgente (fig. 6). Da queste prime considerazioni emerge dunque l’importanza del calcolatore, ormai indispensabile nell’attività di imaging in astronomia, che diviene di fatto integrato nel sistema di acquisizione dati del telescopio al fine di migliorarne le prestazioni. In questo contesto l’uso delle ottiche adattive è protagonista in primo piano nel raggiungere la massima efficienza dello strumento, ottenendo risultati vicini al limite di diffrazione. Anche dal punto di vista costruttivo si può agire per incrementare le potenzialità dello telescopio: è noto che maggiore risulta il diametro di apertura e maggiore sarà la quantità di luce raccolta (proporzionale all’area dello specchio); oltre al lievitare dei costi, vi sono però notevoli problemi legati alla dimensione dello specchio primario, connessi ad esempio alla fabbricazione, al trasporto, al montaggio e alla stabilità (soprattutto statica, in flessione) della struttura (figg. 7 e 8, il difficoltoso trasporto dei componenti di LBT). FIG. 6: Composizione ottica delle immagini nel determinare il seeing (tratto da: B. Marano, Dispense per il corso di Laboratorio di Astrofisica, Università di Bologna, A.A 2011-2012). Pagina 22 ASTRONOMIA NOVA n. 17, marzo – settembre 2013 M. Cifalinò, Ottica Attiva e Adattiva Fig. 7: Trasporto di alcune parti del telescopio LBT (Large Binocular Telescope), M. Graham, Arizona. Entrano in gioco allora tecnologie che, come sarà mostrato a breve, si integrano facilmente con i principi di ottica attiva e adattiva, rivolte ad alleggerire o frazionare lo specchio principale: si utilizzano infatti specchi a tasselli, a nido d’ape oppure a menisco sottile (vedi figg. 9, 10 e 11). In particolare, le attenzioni sono rivolte non solo ad uno specchio più grande, ma anche alla riduzione dei costi (edificio più contenuto e piccolo rapporto di apertura) e sulla riduzione del “seeing di cupola” (controllo micro-climatico locale). Tutti questi accorgimenti li troviamo applicati nei telescopi di ultima generazione (VLT, LBT, Telescopio Nazionale Galileo, ecc..) dove le dimensioni notevoli delle ottiche impongono un’attenzione particolare alla struttura e alla strumentazione. Con le tecnologie attuali, si ottengono risultati accettabili e i nuovi traguardi promettono prestazioni davvero eccezionali (basti pensare allo sforzo tecnologico che attualmente è rivolto alla progettazione del telescopio E-ELT, Extremely Large Telescope, munito intrinsecamente di sistemi di ottica adattiva di ultima generazione). Per ottenere il risultato migliore il problema da affrontare è dunque di realizzare un sistema che possa “reagire” attivamente alle perturbazioni imposte dalle aberrazioni e dalla turbolenza atmosferica agendo direttamente sul fronte d’onda e compensando tale effetto. Quello che si cerca di fare è proprio di intervenire sulle ottiche in modo tale da generare un ciclo di controllo attivo sulla posizione o sulla forma degli specchi del telescopio in base al variare della distorsione dell’immagine. La differenza fra ottica attiva e adattiva è proprio nel fatto che nel primo caso la compensazione è limitata alle aberrazioni, con un tempo di correzione FIG. 8: Trasporto di uno specchio primario del telescopio LBT (Large Binocular Telescope) sul Monte Graham in Arizona. M. Cifalinò, Ottica Attiva e Adattiva ASTRONOMIA NOVA n. 17, marzo – settembre 2013 Pagina 23 FIG. 9: Specchio a nido d’ape per il telescopio LTB nell’ordine di decine di secondi, mentre nel secondo caso si vuole correggere la turbolenza (con un certo grado di accuratezza) con tempi caratteristici di millesimi di secondo. Tutto questo in prima approssimazione diventa possibile se si realizza: Un sistema di sensori in grado di misurare le di- storsioni del fronte d’onda (o di “leggere” la PSF ottenuta) Uno specchio in grado di essere deformato o cor- retto in funzione della risposta del sensore di fronte d’onda (cioè le tecnologie elencate sopra) Un sistema di attuatori in grado di trasmettere il segnale di correzione alle ottiche del telescopio La tabella 1 mostra le tipologie di disturbi che possono interessare la strumentazione, considerando anche le frequenze tipiche e la correzione applicabile. Nella fig. 11 si osserva schema di ottica attiva in cui la funzione di controllo si esercita deformando specchio primario (con attuatori di pressione) e spostando quello secondario. Come indicato anche nella tabella 1, con questo tipo di controllo si possono correggere i disturbi nell’ordine dei minuti o più, che riguardano prevalentemente la maggior parte delle aberrazioni, il centraggio delle ottiche, distorsioni meccaniche e termiche della struttura. In pratica si dimostra che spostando il secondario si corregge l’ aberrazione di defocus e coma, mentre agendo sul primario si può controllare quella sferica, astigmatismo, e parte di altri disturbi. A livello tecnico, gli spostamenti o le deformazioni sono attuate da appositi attuatori (fig. 12) che ricevendo un impulso dal sensore di fronte d’onda, mandano in uscita un segnale (di pressione) che corregge le ottiche. In genere, per i sistemi di ottica attiva, si agisce anche sul secondario: questo è possibile dotando il sistema ottico di una struttura caratteristica, il così detto “hexapod” (figg. 13, 14 e 15), munito cioè di aste di lunghezza controllabile a seconda dell’assetto che si vuole ottenere. In particolare, le 6 aste che muovono il secondario possono essere regolate in modo da effettuare sia traslazioni che piccole rotazioni della struttura. Il problema può essere posto in questi termini: dall’elaborazione del fronte d’onda in ingresso, si determina la posizione corretta dello specchio per compensare il disturbo (si pensi ad esempio alle aberrazioni). Si calcola poi la lunghezza delle singole aste per ottenere l’assetto ottico desiderato. FIG. 10: Specchio a menisco sottile, per il telescopio VLT. Pagina 24 ASTRONOMIA NOVA n. 17, marzo – settembre2013 M. Cifalinò, Ottica Attiva e Adattiva FIG. 11: Specchio a tasselli per il telescopio Keck Tutto questo funziona bene (entro certi limiti) ma se si vuole ottenere il massimo della risoluzione bisogna combattere anche la turbolenza che come già accennato richiede un sistema più complesso in grado di elaborare velocemente i dati delle immagini rilevate. Dallo schema in fig. 17 si evincono i vari particolari che stanno alla base del ciclo di controllo dell’ottica adattiva, prevalentemente rivolta ad uno specchio secondario (per la minor inerzia): un collimatore (che permette di ottenere un fascio collimato) uno specchio deformabile che compensa le distorsioni del fronte d’onda, uno “splitter” che invia il segnale agli strumenti e al sistema di controllo ed infine il sensore di fronte d’onda accoppiato ad un ricostruttore di fase che consente di effettuare un feedback di controllo sullo specchio in base ad una misurazione dello sfasamento provocato dalla turbolenza. Come si osserva dalla fig. 12, un ruolo importante è riservato ad una sorgente di luce di riferimento, che spesso si identifica con una stella naturale (NGS, Natural Guide Star) oppure artificiale (Laser Guide Star). In quest’ultimo caso si utilizza un fascio laser altamente collimato che raggiunge lo strato di sodio a circa 90 Km di altitudine (nella mesosfera), il quale reagisce emettendo luce in una regione molto concentrata, che viene poi captata come segnale guida per correggere il fronte d’onda. Questo sistema offre indubbi vantaggi poiché consente di usufruire di una sorgente localizzata in qualsivoglia regione del cielo e, soprattutto, della giusta intensità per essere rilevata dalla strumentazione. Il problema rimane però insito nel fatto che mentre la luce di una sorgente puntiforme all’infinito (come una stella appunto) attraversa l’atmosfera entro una regione “cilindrica”, la stella artificiale essendo a ridotta distanza dal telescopio percorre un volume (leggermente) conico. Questa differenza si traduce in una correzione approssimativa di quello che è il reale strato di aria attraversato dalla luce di un oggetto posto al di fuori dell’atmosfera (vedi fig. 18) . Tuttavia, bisogna considerare che tale procedimento non è perfetto, ma ovvia- Tabella 1: Tipologia di perturbazioni ottiche con relative frequenze e correzioni M. Cifalinò, Ottica Attiva e Adattiva ASTRONOMIA NOVA n. 17, marzo–settembre 2013 Pagina 25 FIG. 12: Il sistema di attuatori per lo specchio primario del VLT mente poggia su delle approssimazioni che sovrastano (in parte) le incertezze dovute alla stella di controllo. Osservando invece da un punto di vista tecnico gli aspetti che caratterizzano le ottiche adattive enunciati poc’anzi, sicuramente un elemento di grande importanza è il sensore di fronte d’onda, che di fatto è il cuore del sistema di rivelazione. Come mostra la fig. 19, il compito del WFS (Wave Front Sensor) è di fornire una misura della distorsione del fronte d’onda, che verrà poi ricostruito da un elaboratore. Dal punto di vista funzionale, analizzando il ciclo (loop) di controllo più da vicino è possibile rendersi conto delle approssimazioni intrinseche al sistema. Matematicamente, la fase dipende dalle coordinate spaziali (x e y, ovvero dalla posizione) oltre che dal tempo. Se si considera il fronte d’onda affetto dai disturbi di turbolenza e FIG. 13: Esempio di specchio secondario adattivo (si notano gli attuatori e l’elettronica di controllo) la rispettiva fase F, il fronte d’onda prodotto dal sistema attivo/adattivo sarà il risultato della differenza fra la fase rilevata e quella che viene imposta dagli elementi ottici correttivi: FRESIDUA FTURBOLENZA FCORREZIONE Ovviamente il fatto che esista una fase residua sta ad indicare che il sistema non è “perfetto” nel correggere il fronte d’onda. A ragione di ciò basta pensare che gli attuatori sono ovviamente in numero finito e non permettono dunque di modellare uniformemente la superficie dello specchio in modo da ricostruire il profilo reale generato dalla turbolenza. Si aggiungono quindi le approssimazioni FIG. 14: Modello 3d di specchio secondario e strumentazione di supporto: si intravedono le aste deformabili. Pagina 26 ASTRONOMIA NOVA n. 17, marzo – settembre 2013 M. Cifalinò, Ottica Attiva e Adattiva FIG. 15: Esempio di Hexapod per specchio secondario (LBT) che vengono fatte nel “ricostruire” il fronte d’onda: ciò che viene definito come “fitting error” indica la differenza fra il profilo generato dalla turbolenza e la ricostruzione effettuata dall’elaboratore: ERRORE = F TURBOLENZA—FRICOSTRUITO A complicare ulteriormente la situazione interviene la dipendenza temporale delle perturbazioni: il lasso di tempo in cui si effettua l’elaborazione e si determinano i parametri di deformazione dello specchio può diventare lungo in confronto al tempo di scala della turbolenza atmosferica (millisecondi) che dunque cambia in conti- nuazione, così quando si ottiene un valore correttivo, nel frattempo il fronte d’onda è leggermente cambiato. Le precedenti considerazioni ci consentono di valutare le enormi difficoltà tecniche del problema, che di fatto trova una solida impostazione nei telescopi più avanzati e dotati di strumentazione di ultima generazione. Rimane dunque da approfondire il cuore del sistema di ottica adattiva, ovvero il sensore di fronte d’onda. Dal punto di vista tecnico esistono alcune varianti: Sensore Shack – Hartmann Sensore piramidale Sensore di curvatura Tutte queste soluzioni hanno come obiettivo la determinazione del profilo e della fase del fronte d’onda pertur- FIG. 16: schema ottica attiva FIG. 17: Schema ottica attiva/adattiva M. Cifalinò, Ottica Attiva e Adattiva ASTRONOMIA NOVA n. 17, marzo – settembre 2013 Pagina 27 Fig. 20: Sensore Shack Hartmann, schema concettuale di funzionamento. FIG. 18: Stelle artificiali (LGS) per ottica adattiva bato. Per esempio, osservando la figura 20, si nota come il fascio luminoso in entrata viene frammentato da un insieme di microlenti, che hanno lo scopo di focalizzare la luce in una griglia di controllo. In questo modo misurando gli “offsets” (o scostamenti) rispetto alla situazione di flusso perfettamente piano, si può cercare di ricostruire il profilo reale. Un altro sistema invece, su cui si basano i sensori piramidali (1996, R. Ragazzoni), consente di indirizzare la luce in 4 pupille (figura 21): misurando la variazione di intensità si può ottenere una stima del fronte d’onda. In ultimo, esistono anche sensori a curvatura, in grado di proiettare il fronte d’onda su due piani estrafocali (uno in ingresso e uno in uscita) come mostrato in figura 22. La differenza di illuminazione fra le due posizioni consente di ricostruire analiticamente il profilo in ingresso. Dal punto di vista applicativo esistono diverse “varianti” di ottica adattiva, che rappresentano differenti soluzioni per implementare i principi sopra elen- cati. In particolare nei telescopi di ultima generazione la tendenza è quella di effettuare correzioni a largo campo e ad alta efficienza, con l’utilizzo di tecniche particolari: questo perché i sistemi tradizionali sono in grado di correggere un’immagine localizzata in una regione molto piccola del cielo (ad esempio una stella) confinata in pochi arco-secondi di diametro. Ovviamente ciò è abbastanza limitante, soprattutto se si pensa alle numerose recenti applicazioni della spettroscopia a “campo integrato” (Integral Field Spectroscopy) o “multi oggetto” (Multi-object Spectroscopy) la cui caratteristica è proprio quella di raccogliere informazioni circa oggetti molto estesi (galassie o nebulose) oppure da più oggetti contemporaneamente (cluster di stelle o galassie). Per poter quindi dedicare ad ogni target una correzione ottica ottimale ed ampliare così le potenzialità del telescopio, si implementano tecniche molto avanzate che consentono di ricostruire il profilo di turbolenza con un altissimo grado di precisione e di correggere le ottiche per osservazioni a largo campo o per un insieme di target diversi contemporaneamente. Fig. 19: Ciclo di controllo ottica adattiva Pagina 28 ASTRONOMIA NOVA n. 17, marzo – settembre 2013 M. Cifalinò, Ottica Attiva e Adattiva FIG. 21: Sensore piramidale, schema concettuale di funzionamento Fra queste vale la pena di menzionare l’ottica adattiva multi coniugata (MCAO), ottica adattiva multi-oggetto (MOAO). Nel primo caso viene utilizzato un sistema per identificare diversi strati di atmosfera (per esempio uno strato prossimo al sito di osservazione o “ground-layer” e uno strato ad alta quota) per quantificare meglio la turbolenza. Come si osserva in figura 23, il sistema MCAO prevede più specchi deformabili (DM1 e DM2 in figura) che sono riferiti a strati atmosferici diversi. In questo modo è possibile effettuare una correzione del fronte d’onda in maniera molto più precisa e soprattutto per una regione di cielo molto più estesa. Nella figura 24 si nota invece la tecnica “multi-oggetto” in cui appunto si utilizzano più specchi deformabili (DM) e più stelle guida (LGS, ovvero Laser Guide Stars, se artificiali, oppure NGS, Natural Guide Stars, se naturali) per effettuare una ricostruzione ottimale per un’ampia regione. Ogni target viene gestito con un rispettivo specchio deformabile poiché necessita ovviamente di una correzione dedicata, a causa del diverso effetto della turbolenza per una porzione diversa di cielo. Grazie a queste tecnologie e a future applicazioni su strumenti innovativi con aperture oltre i 10 metri (per esempio EELT) si aprono nuove porte verso scoperte scientifiche di enorme portata. Bibliografia E. Hecht, “Optics, Fourth edition”, 2002. Halliday, Resnik, Krane, “Fisica II”, quinta edizione. B. Marano, Dispense per il corso di Laboratorio di Astrofisica, Università di Bologna, A.A 2011-2012. M. Brescia, Lezioni di tecnologie astronomiche, Università di Napoli Federico II, AA 2009-2010. A. Manella, Dispense per il corso di introduzione all’astrofisica, AA 2011-2012. FIG. 22: Sensore di curvatura, schema concettuale di funzionamento. M. Cifalinò, Ottica Attiva e Adattiva ASTRONOMIA NOVA n. 17, marzo – settembre 2013 Pagina 29 FIG. 23: Sistema di ottica adattiva multi-coniugata (MCAO), ESO . E. Diolaiti et alt., “A preliminary overview of the multiconjugate adaptive optics module for the EELT” (2008). www.eso.org. www.microgate.com. www.keckobservatory.org. Fig. 24: Sistema di ottica adattiva multi-oggetto (MOAO), ESO L'ESO sta progettando l'European Extremely Large Telescope (E-ELT) che, con 42 metri di diametro, sarà il telescopio più grande del mondo, quando diventerà operativo nel 2018. Michele Cefalinò si è laureato in Astronomia nel 2012 all'Università di Bologna; ha conseguito la Laurea Specialistica in Ingegneria Meccanica presso il Politecnico di Milano e la laurea triennale in Ingegneria dei Trasporti e della logistica presso il Politecnico di Milano, sede di Piacenza. Pagina 30 ASTRONOMIA NOVA n. 17, marzo – settembre 2013 M. Dho, Ricerca5 ASTRONOMIA NOVA n. 17, marzo – settembre 2013 Pagina 31 RICERCA5: EVOLUZIONE ULTIMA PER IL CONTROLLO REMOTO DI UN OSSERVATORIO Mario Dho [email protected] La nuova release del software dell’OMEGA LAB, costituisce molto più di un semplice restyling e rappresenta un’evoluzione mirata che introduce metodi di controllo e gestione innovativi FIG. 1: L’osservatorio astronomico, interamente progettato e realizzato dall’Autore, è in attesa del buio per divenire protagonista di una nottata osservativa. Abstract: An article, divided into four parts, posted recently on this webzine, analyzed a series of technologies and methodologies to improve and optimize the performance of a remote-controlled robotic observatory. This article constitutes a complement, an integration and an upgrade to what was, in its time, described and highlighted in terms of management, through software, the set of tools, accessories and astronomical equipment used for advanced image acquisition and data. Step by step, we discover the most significant features of the suite named OMEGA LAB, simulating an observing session during its practical running. A custom schedule originates a logical and ordered succession of individual steps, that taken together lead the sky researcher to the achievement of his initial objective. Un lavoro, articolato in quattro parti, pubblicato recentemente su questa webzine, analizzava una serie di tecnologie e metodologie tese a incrementare e ottimizzare le prestazioni di una struttura osservativa robotizzata a controllo remoto. Quest’articolo, costituisce un complemento, un’integrazione e un aggiornamento a quanto era stato, a suo tempo, descritto ed evidenziato in fatto di gestione, via software, dell’insieme di strumenti, accessori e apparecchiature astronomiche adibite all’acquisizione avanzata d’immagini e di dati. Step by step, scopriamo le più salienti caratteristiche della suite, targata OMEGA LAB, simulando una sessione osservativa così come si sviluppa nella praticità. Una pianificazione personalizzata origina un susseguirsi, logico e ordinato, di singole fasi che nel loro insieme conducono lo studioso del cielo al conseguimento dell’obiettivo prefissato. Pagina 32 ASTRONOMIA NOVA n. 17, marzo – settembre 2013 M. Dho, Ricerca5 Gli ultimi raggi di sole, in parte filtrati da una nuvola passeggera, lambiscono, e quasi paiono accarezzare, la cupola di un osservatorio astronomico (fig. 1). Occhi e orecchie elettroniche vigilano sul complesso e monitorano costantemente le condizioni meteorologiche. Sistemi di protezione attiva e passiva, diretta e indiretta, proteggono un dispositivo multiplo costituito da strumentazioni di varia natura interconnesse fra loro in modo da consentire un fruire, sincronizzato e preselezionato, di segnali analogici e digitali. Lo scandire del tempo accompagna la conclusione di una giornata lavorativa e trasporta con sé le innumerevoli sfaccettature dell’umano esistere. Una luce sempre più fioca consegna il testimone alla penombra, passaggio graduale fra il giorno e la notte. Col buio si smorzano i rumori generati dal progresso antropico e, con discrezione, avanzano, in punta di piedi, onde sonore che riconducono alla radice dell’essenza: un contatto dal tratteggio quasi mistico con la materia che ci circonda. Lo scomparire di un sole, apre una finestra su miliardi di altri soli. Puntini luminosi, all’apparenza tutti uguali. Ognuno di loro rac- conta una storia di nascita, di vita e di morte. L’atavico desiderio di carpire i segreti di quel firmamento tempestato di brillanti, si sposa, sino a farne connubio, con il frutto di scoperte e con tecnologie che si tramandano di generazione in generazione. Un “cigolante” stridio, sbriglia strumenti e accessori lasciandoli liberi di penetrare le profondità del cosmo, valicando quelli che sono gli ordinari limiti e i concetti che siamo soliti assegnare allo spazio e al tempo. Ticchettii d’elettromagneti, lampeggi colorati di light emitting diodes e brusii sordi di motori elettrici sono l’eco, di un avvenuto dialogo fra hardware, che annuncia l’ingresso in scena di applicazioni e software. Attori invisibili ma abili a interpretare movie d’autore riprodotti, rigorosamente live, sullo schermo di un computer. In prima fila uno spettatore col ruolo di amministratore: un server remoto che, su richiesta, condivide la visione con dei client ubicati, ovunque sia, nel mondo. Favola, questa, che riprende, in chiave ipertecnologica, quel dialogo fra uomo e Universo, che si protrae sin dagli albori dell’umanità, testimoniato dai monumenti FIG. 2: strumenti e accessori per l’osservazione diretta del cielo con binocolo e telescopio. M. Dho, Ricerca5 megalitici del neolitico e, addirittura, da incisioni risalenti al paleolitico. Oggidì, all’osservazione diretta del cielo, a occhio nudo, con binocolo o per mezzo di telescopi, si affiancano metodi che prevedono l’impiego di sensori quali la pellicola fotografica, le videocamere, le webcam, i CCD e i CMOS (fig. 2). Le procedure di ripresa possono essere anche molto diverse fra loro in funzione delle finalità che si prefiggono. Si distinguono, pertanto, puristi del deep-sky, ricercatori di supernovae, imager planetari, cacciatori di asteroidi, comete e gamma ray-burst, astrometristi, spettroscopisti, osservatori di variabili cataclismiche e di transiti di pianeti extrasolari. Un certo numero d’individui, che potremmo definire tecnofili, si avvicina all’astronomia in seguito all’attrazione che esercitano su di loro le tecnologie d’avanguardia, a volte anche molto complesse, che supportano questa scienza. La suite di programmi e moduli, integrati o integrabili a Ricerca5, possiede caratteristiche tali da venire incontro a tutte le esigenze osservative: asserve il semplice visualista, il perfezionista, il ricercatore, lo studioso avanzato e l’astronomo professionista. ASTRONOMIA NOVA n. 17, marzo – settembre 2013 Pagina 33 Una sequenza di quattro articoli, dedicata alle metodologie per l’acquisizione avanzata d’immagini e di dati, conteneva riferimenti e piccoli approfondimenti sulla versione “4” di Ricerca. Come annunciato, scopriamo la nuova release, targata OMEGA LAB, simulando sessioni osservative e dettagliando il lettore su quelli che sono gli step principali da intraprendere per il raggiungimento di un determinato obiettivo. A prescindere dalla natura dei target e da come si desidera, o si deve, impostare una seduta d’imaging astronomico, è possibile una condivisione, più o meno accentuata, di dati, immagini, grafici, informazioni e feedback con collaboratori o spettatori esterni. Questa interazione è resa possibile da un paio di moduli, costantemente migliorati, potenzializzati e architettati in modo tale da consentire la connessione diretta fra due computer tramite Internet: ATNs (Automatic Telescope Network server) e ATNc (Automatic Telescope Network client), fig. 3. E’ indispensabile, sulla macchina informatica con funzione di server, aprire la finestra principale del relativo modulo (ATNs) per settare opportunamente lo stesso e prepararlo a ricevere chiamate da un operatore esterno. Se l’osservatorio astronomico opera prevalentemente in modalità remota è preferibile impostare l’ascolto e l’avvio automatico di ATNs spuntando le caselle etichettate Auto Link e Auto Start: finestra principale di ATns > Setup > Avvio > Auto Link / Auto Start. Dalla medesima riga di dialogo, l’amministratore opta, se necessario, per l’avvio del server in modalità minimizzata (Minimizza). Sempre dalla window del menu Setup, nella riga Controllo Connessioni, è necessario impostare il numero della porta (Porta n.) del router configurata per la connessione e il dialogo. Consiglio, a coloro i quali trovassero difficoltà nel settaggio della porta, di scaricare un programmino freeware che agevola e velocizza questa importante fase configurativa. Simple Port Forwarding ™, è “downlodabile” alla pagina web http:// www.simpleportforwarding.com/, fig. 4. Il comando a pulsante Elenco Utenti, attiva un omonimo pannello per mezzo del quale si gestiscono gli utenti registrati e abilitati alla connessione e al controllo del telescopio. Fig. 3: Alcune schermate dei moduli ATN di Ricerca5 necessari per la connessione diretta fra un computer e l’osservatorio remoto. Pagina 34 ASTRONOMIA NOVA n. 17, marzo – settembre 2013 M. Dho, Ricerca5 Fig. 4: Occorre prevedere l’apertura di porte di connessione sul router remoto per potersi collegare con la macchina informatica che funge da server in osservatorio. In concreto, si possono aggiungere o rimuovere client abbinando, a ciascuno di essi, un eventuale tempo limite di connessione che può essere consumato in più volte. Il gestore della struttura osservativa, inserendo il check di spunto nella ballot box contrassegnata dalla dicitura Rimuovi alla scadenza, attiva l’eliminazione automatica di uno o più client al termine dei prestabiliti minuti di collegamento. Operazioni e procedure consentite a operatori, spettatori e/o collaboratori esterni, sono selezionabili in un’apposita area accessibile spuntando il menu Opzioni. Al momento della connessione sull’unità richiedente (ATNc >finestra principale > Setup) sono immessi l’indirizzo IP, un nome utente, un numero di porta e una password rilasciati dal controllore del server remoto. Ora, due o più unità operative sono messe in condizioni di trasmettere e ricevere reciprocamente in modalità di connessione bidirezionale che si stabilisce per mezzo del tasto/pulsante Connetti posto nella parte centrale del pannello Setup di ATNc oppure seguendo il percorso a menu: File > Connetti Server. È evidente che, pur potendo essere utilizzato unitamente e limitatamente come supporto nei puntamenti del telescopio, Ricerca5 è nato per andare incontro e per soddisfare le severe esigenze dei professionisti o degli amatori evoluti, ragion per cui il suo utilizzo è diffuso quasi esclusivamente negli osservatori dotati di telescopi caratterizzati da stazionamento permanente/fisso. Come nella versione precedente, sono due le interfacce per il controllo del telescopio e della cupola: ATC Plus e ASC. Al primo utilizzo, occorre immettere una serie d’informazioni, coordinate, posizioni e limiti, nelle rispettive aree all’uopo predisposte (Setting > Parametri - ATC e Setup > Parametri-ASC) salvandole e rendendole, in tal modo, accessibili a ogni futura sessione osservativa. Per velocizzare e standardizzare i processi di calibrazione delle immagini acquisite, un modulo, denominato Auto Calibrazione (lista superiore dei menu di Ricerca5 > Settings > Auto Calibrazione Iniziale …, oppure cliccando sul tredicesimo tasto, Auto Calibrazione, della toolbar sottostante alla barra dei menu), permette l’acquisizione automatica dei frame di dark, flat e bias. Tale procedura è lanciata manualmente cliccando sul comando Start oppure nel corso di riprese automatiche normali o di liste generate con l’editor avanzato EOS (Enhanced Objects Sequence), spuntando la casella AUTO (fig. 5). Predisponendo uno speciale pannello, uniformemente illuminabile, a opportuna distanza dall’obiettivo di ripresa e comunicando, via ATC Plus (barra principale dei menu > Setting > Set Flat Posiz…) le corrispondenti coordinate altazimutali, diviene molto rapido il procedimento di ripresa delle sequenze per il flat field. Un paio di procedure automatiche, di osservazione e/o di ricerca, si settano, impostano e avviano, inserendo il tick nel box SUPERNOVE-ASTEROIDI-COMETE, o nel limitrofo, siglato LISTE EOS, dalla finestra Sessioni Osservative Automatiche (lista orizzontale dei menu della windows principale di Ricerca5 > File > Sessione – Inizio – Fine …, oppure terzo pulsante, FIG. 5: Al centro dell’immagine, la window di auto calibrazione. M. Dho, Ricerca5 Sessioni Automatiche, della toolbar superiore). L’editor ha subìto, anch’esso, migliorie degne di nota e si presenta con nuove voci, caselle e comandi che vanno a completare e complementare quelle del modulo precedente. In basso, all’estremità sinistra della window principale di EOS, un paio di ballot box di forma circolare e un comando a pulsante raffigurante due corpi macchina di ripresa stilizzati, lascia trapelare una novità di rilievo: la possibilità di gestire due camere di ripresa, Camera > 1 – 2, o di lasciare al programma il compito di scegliere la più indicata per un determinato oggetto puntato e da immortalare nel frame. La decisione, in modalità AUTO, è presa autonomamente in base alle dimensioni angolari del bersaglio e al campo inquadrato da un sensore abbinato a un particolare gruppo ottico (fig. 6). La camera 2 può essere costituita dal dispositivo di guida incorporato a un’unica camera CCD, oppure, da un vero e proprio secondo hardware rivelatore abbinato, ad esempio, a un obiettivo/tubo ottico montato in parallelo al principale. In quest’ultimo caso, anche il relativo sistema di messa a fuoco è controllato da Ricerca5. In sostanza, la suite può gestire il posizionamento di due distinti focheggiatori utilizzando misure, rilevamenti e dati settati o ricavati attraverso routine attiva- ASTRONOMIA NOVA n. 17, marzo – settembre 2013 Pagina 35 bili dal pannello Focheggiatore Elettrico (lista superiore dei menu di Ricerca5 > Settings > Focheggiatore Elettrico …, oppure, cliccando sul dodicesimo pulsante, Focuser, della toolbar sottostante alla barra dei menu). È necessaria una corretta calibrazione per estrapolare la posizione corrispondente al miglior fuoco per ogni filtro. Nell’area Combinazione Focuser-Filtri, s’immette il numero corrispondente al filtro di riferimento, Filtro riferimento fuoco, e il numero totale dei filtri, Numero Filtri, ubicati nel dispositivo di supporto (ruota). Premendo il pulsante Calibrazione, si apre l’applicazione ausiliaria, freeware, FocusMax, la quale lancia l’integrata procedura Focus, che trova la messa a fuoco ottimale per ogni filtro quantificando e memorizzando la differenza di posizione rispetto a quella corrispondente al filtro di riferimento (fig. 7). Terminata questa importante fase, il programma dell’OMEGA LAB, durante le sessioni di ripresa, si connetterà direttamente all’hardware di focheggiatura senza ausilio del noto programma, sopra citato, di Steve Brady e Larry Weber. Le funzioni APS (Astrometric Point System) e SPS (Smart Pointing System), hanno subìto migliorie e si rendono disponibili con maggiore flessibilità operativa. FIG. 6: Il modulo EOS (Enhanced Objects Sequence) presenta significative migliorie e implementazioni rispetto alla versione precedente. Pagina 36 ASTRONOMIA NOVA n. 17, marzo – settembre 2013 M. Dho, Ricerca5 Fig. 8: Finestre di configurazione e di settaggio di Advanced Telescope Control Plus. L’autocentro dell’oggetto o delle coordinate, inseriti nella lista di osservazione, è, in quest’ultima release, eseguibile anche con la camera di guida o con altro sensore diverso da quello di ripresa principale. La selezione del CCD, che si desidera impiegare nel corso delle suddette procedure, si esegue dal pannello Parametri – ATC (finestra principale di ATC > Setting > Parametri … > ASP – SPS > Camera) mentre la scelta della modalità di puntamento e correzione dello stesso, avviene attraverso le ballot box, circolari, APS – SPS (finestra principale di ATC > Setting > Parametri … > Puntamento – A. Center > APS – SPS), fig. 8. Parametri e opzioni per il controllo e il settaggio delle modalità correttive del Go To, si selezionano spuntando caselle contenute nella window GO TO APS – SPS (premendo il pulsante Setup posizionato nella parte centrale/destra della finestra Parametri – ATC): APS via sincronismo (checkmark) APS via Go To (checkmark) Salta oggetto se APS/SPS non trova le coordinate (checkmark) Salta APS/Sync in prossimità del meridiano (checkmark e inserimento della distanza angolare fra meridiano e posizione puntata dal telescopio) Salta APS/SPS se la distanza è minore di (checkmark e inserimento della distanza angolare dall’ultima salvata) Salta Auto Centro se l’errore è minore di (checkmark e inserimento del valore massimo di errore accettabile al di sotto del quale la procedura non è desiderata/necessaria) Attiva la simulazione (checkmark) di Auto Centro Se la precisione di puntamento del telescopio è accettabile o se il tipo di studio o di attività intrapresa non impone di avere il target perfettamente al centro del frame, si consiglia di deselezionare la penultima e la terzultima opzione per contenere i tempi morti e ottenere un giusto compromesso fra precisione e velocità operativa. Oltre che dalla sezione Parametri – ATC, il pannello GO TO APS – SPS, si apre e si attiva dal controllo della sessione osservativa automatica (lista superiore dei menu della finestra principale di Ricerca5 > Sessione – Inizio – Fine … > APS > Setup) oppure cliccando, col tasto destro del mouse, sul pulsante di attivazione APS (icona con quattro frecce convergenti in un punto centrale) posto sulla toolbar inferiore della mappa celeste di Ricerca5. I percorsi che conducono alle immagini di calibrazione e di riferimento/master, da utilizzare nelle procedure Smart Pointing System e Astrometric Point System, sono impostati e riportati sulla finestra ATC – Percorso immagini (light e calibrazione) che si apre intervenendo, in successione, sui pulsanti CCD e Calibrate. M. Dho, Ricerca5 ASTRONOMIA NOVA n. 17, marzo – settembre 2013 Pagina 37 FIG. 9: Miscellanea di schermate della nuova suite, Ricerca5, per il controllo completo di un osservato- rio astronomico. Può essere interessante o, addirittura, indispensabile, pianificare a priori la disposizione delle window inerenti alle applicazioni e alle routine che prendono parte alla sessione automatica di osservazione. Si possono disattivare le visioni delle toolbar, degli strumenti e delle opzioni non necessarie riducendo, all’occorrenza, la dimensione delle finestre. Così facendo l’operatore può avere sotto controllo ogni passo elementare e seguire in maniera dettagliata lo sviluppo dell’intero processo di acquisizione. Dal menu superiore della mappa celeste di Ricerca5 selezioniamo, in sequenza, le voci File > Seleziona Edita Oggetti e accediamo a una consolle per mezzo della quale impostiamo una lista precompilata di galassie o una Lista User (Scegli Lista User > OK > User: nome lista) creata col modulo EOS oppure con le funzioni Crea Lista User > Galassie dal PGC / Crea Lista User > Asteroidi – Comete – Novae. La serie di oggetti bersaglio, o di campi, contenuti nell’elenco selezionato, diviene la lista corrente da osservare. Eseguita la scelta, verifichiamo i dati riportati sul pannello Parametri – Ricerca (menu principale della mappa > Settings > Parametri). In parte riprendono e ripetono quelli settati e impostati in Parametri – ATC (menu principale ATC > Setting > Parametri) citati in precedenza, e quelli dell’omonimo Parametri – ASC. Dal comando a pulsante, contraddistinto da una cover raffigurante una “testa” di camera CCD, posto nella barra degli strumenti inferiore, oppure con due click del mouse sulle voci/menu Settings e CCD …, accediamo all’area di controllo degli hardware di ripresa, Controllo Camera, suddivisa in quattro sezioni: Camera Avanzate Auto Guida Analisi Le prime tre sono veri e propri strumenti di regolazione, impostazione e settaggio degli apparati di acquisi- Pagina 38 ASTRONOMIA NOVA n. 17, marzo – settembre 2013 M. Dho, Ricerca5 zione delle immagini digitali mentre la quarta, Analisi, funge da tool per procedure di calibrazione, blink, auto detenzione di oggetti, ricerca delle coordinate del centro frame attraverso l’APS PinPoint, modifica dell’intestazione del FITS Header. Molto interessante, soprattutto per le attività didattiche e divulgative, è l’opzione, attivabile dal comando a pulsante FTP, d’invio delle immagini selezionate a un sito/server pubblico FTP. Una sessione di osservazioni automatica, inizia in tempo reale, oppure all’ora prestabilita, attraverso il pulsante Vai, ubicato nella parte bassa, all’estrema destra, della finestra Sessioni Osservative Automatiche (lista orizzontale dei menu della windows principale di Ricerca5 > File > Sessione – Inizio – Fine …, oppure terzo pulsante, Sessioni Automatiche, della toolbar superiore). Tale comando si attiva abilitando gli orari, preimpostabili, d’inizio (Abilita Inizio) e di fine (Abilita Fine) osservazioni. I dati osservativi (Oggetto, Data, T. Civ., Strumento, Modo, T. Esp. (sec), Mag. Massima, Seeing, Trasparenza, Osservatori, Sito, Note) sono salvati e archiviati in AstroBase, un modulo integrato a Ricerca5 (pannello principale di ATC > File > Utility > Astrobase …, oppure lanciando l’applicazione stessa dall’icona che si genera automaticamente nella cartella Ricerca5 sul desktop al momento dell’installazione della suite dell’OMEGA LAB). Le immagini possono essere recuperate, visualizzate e analizzate per mezzo di un nuovo pannello per la gestione centralizzata delle stesse (Barra dei menu di Ricerca5 > File > Centro Gestione Immagini…); sono state, anche, ottimizzate le procedure di controllo e trattamento, in post-produzione, dei frame acquisiti. Una serie di aree, appositamente predisposte e attrezzate, tiene organizzati tutti i frame: Acquisite E.O.S. Liste Pubblicate Master DSS Mappa Sospette Calibrazione Una sessione robotica può essere sospesa (tasto II), per dare eventualmente tempo all’operatore di spiegare e di dettagliare al pubblico, e successivamente ripresa (tasto ) oppure sospesa del tutto (tasto STOP). I lettori di Astronomia Nova, saranno informati su futuri upgrade e update di Ricerca5 e di tutti i moduli implementati o implementabili, attraverso articoli e/o semplici box/news. Mario Dho, technician and industrial expert, first responsible for the Section Instruments of the Unione Astrofili Italiani, UAI, and the project “CCD-UAI”. Author of a technical manual, with a foreword by Margherita Hack, mainly designed to the automation and remote controlling of astronomical observatories, and of several technical articles published by Italian scientific and cultural magazines. Tester of software and application modules developed for the automatic control of astronomical instruments. Mario Dho, perito capotecnico industriale, primo responsabile della Sezione Strumentazione dell’Unione Astrofili Italiani, UAI, e del progetto “CCD-UAI”. Autore di un manuale tecnico, con introduzione di Margherita Hack, dedicato principalmente all’automazione e al controllo remoto delle osservazioni astronomiche, e di numerosi articoli tecnici pubblicati da riviste di scienza e cultura italiane. Tester di software e moduli applicativi sviluppati per il controllo automatico di strumenti astronomici. Ricerca5 è prodotto da: Omega Lab, http://www.omegalab-atc.com/ A. Carderopoli, Ipotesi ASTRONOMIA NOVA n. 17, marzo – settembre 2013 Pagina 39 IPOTESI PER UN PLURIUNIVERSO CON BIG BANG RECIPROCI, MULTIPLI, ALTERNATIVI E SINCRONI Antonio Carderopoli [email protected] Abstract Si ipotizza che la Materia oscura ed Energia oscura siano uno stato di standby della materia o energia e che da esse, per motivi non noti, possa generarsi all’improvviso materia osservabile o energia interscambiabile. Inoltre si suppone che la sommatoria Universale fra Materia, Energia (quella a noi nota), Energia oscura e massa oscura sia una costante e quindi un incremento di una quota debba necessariamente portare un decremento delle altre. L’ipotesi prosegue con l’esistenza di pluriuniversi comunicanti attraverso un varco in comune: gli universi comunicanti si troverebbero in fasi opposte di contrazione o espansione. L’Universo in fase di contrazione proietterebbe materia oscura nell’Universo in fase di espansione attraverso il varco con una sorta di effetto clessidra. Ciò garantirebbe una costanza della densità cosmica nel corso dell’espansione continua. In analogia a due Palloncini comunicanti ove schiacciandone uno, questi si sgonfia ( Universo in contrazione) ma, di riflesso, si gonfia ulteriormente l’altro ( Universo in Espansione) con un’alternanza infinita del processo. Origine dell’Universo—Big Bang La teoria scientifica più accreditata sull’origine dell’Universo e’ quella del Big Bang (nota 1) verificatosi circa 14 miliardi di anni fa. In quell’istante, con un’esplosione immane, sarebbero nati lo Spazio ed il Tempo, entrambi in continua espansione (nota 2). Le nostre conoscenze sullo stato dell’Universo si fermano a 10-43 secondi dopo il Big Bang: qui si scontrano con il cosiddetto Muro di Planck, http://it.wikipedia.org/ wiki/Era_di_Planck (nota 3). Da 10-35 a 10-32, si parla di Fase inflazionaria dell’Universo, http://it.wikipedia.org/wiki/Inflazione_ (cosmologia), nella quale esiste un’unica particella detta X ( nota 4). Dalla particella X si passa a quark, elettroni, fotoni e neutrini. Per effetto del Big Bang, l’Universo sarebbe dunque in continua espansione. Nel Cosmo la Materia e’ aggregata a formare ammassi di stelle o Galassie le quali non sono distribuite in modo isolato ma sono raggruppate in ammassi di galassie. Fra un ammasso di galassie ed un altro esistono dei vuoti cosmici immensi che rappresenterebbero l’80% dello spazio conosciuto. La distribuzione della materia visibile si presenta quindi a nido d’ape (nota 5). A causa della forza d’attrazione gravitazionale le galassie si muovono all’interno dello stesso ammasso con una propria velocità. La velocità delle galassie risulterebbe troppo elevata rispetto a quanto ci dovremmo aspetterebbe se l’intera massa cosmica fosse solo quella visibile. La conseguenza di questa discrepanza è che deve esistere una quantità molto elevata di materia non visibile, ma attiva gravitazionalmente, che non emette radiazioni, ma che può essere rilevata solo dagli effetti che provoca sulla materia visibile: questa materia, non osservabile, viene detta Materia Oscura (nota n. 5). La materia Oscura sarebbe divisa in : FIG. 1: Interscambiabilita’ fra materia oscura-materia -energia-energia oscura Pagina 40 ASTRONOMIA NOVA n. 17, marzo – settembre 2013 A. Carderopoli, Ipotesi Barionica, ossia composta da materia simile a quella visibile ma che non emette radiazioni., http:// it.wikipedia.org/wiki/Barione . Non Barionica, ossia costituita da materia intrinsecamente diversa, non nota, denominata WIMP, http:// it.wikipedia.org/wiki/Wimp_(fisica) . Si definisce parametro Omega (nota 6) il rapporto : Materia misurabile dell’Universo/Massa critica ( nota 7, http://digilander.libero.it/roberto20129/fisica/ geometriauniverso.html ) La massa critica e’ stata definita da Einstein nella Teoria della Relatività generale ( nota 8) e dovrebbe discriminare il futuro evolutivo del Cosmo. Se Omega = 1 la materia misurabile coincide con la Massa critica e l’Universo viene detto Piatto con geometria piatta ( Universo Statico) . Se Omega < 1 la Materia misurabile e’ < Massa critica e l’Universo viene detto Aperto con geometria iperbolica ed espansione eterna, esaurimento totale dell’energia e scenario finale paragonabile ad un cimitero di corpi freddi e inerti. Se Omega > 1 la Materia misurabile > Massa critica e l’Universo viene detto chiuso con geometria sferica. Ad un certo punto la forza di gravita’ dovrebbe prevalere su quella d’espansione e l’Universo dovrebbe cominciare a contrarsi : Big Crunch (nota 9) (Universo Dinamico), http://it.wikipedia.org/wiki/ Big_Crunch . Da misure effettuate risulterebbe Omega = 0,05 e cioe’ < di 1 (nota 10). Einstein, vissuto in un momento storico dominato dall’idea di un Universo Statico, ha introdotto il concetto della costante cosmologica Lambda che dovrebbe rappresentare una forza atta a frenare l’espansione cosmica (simile ad una forza antigravitazionale), http://it.wikipedia.org/wiki/Costante_cosmologica . L’Universo e’ in fase di accelerazione come espansione, come confermato negli anni 90 dal premio Nobel Saul Perlmutter del Berkeley Lab 1998, http:// en.wikipedia.org/wiki/Saul_Perlmutter . La costante cosmologica insieme alla Quintessenza http://it.wikipedia.org/wiki/Quintessenza_(fisica) , rappresentano la cosiddetta Energia Oscura dell’Universo (nota 11). E’ stato stimato che l’Energia Oscura domina con il 65% circa il contenuto energeti- Secondo il modello del Big Bang, l'universo si espande da uno stato iniziale estremamente denso e caldo e continua ad espandersi oggi. co dell’Universo; il restante 35% e’ materia “normale” (nota 12). In pratica nel destino evolutivo dell’Universo due parametri sarebbero fondamentali: - Densità cosmica: una sua riduzione, per effetto dell’espansione continua dell’Universo, dovrebbe essere sfavorevole ai fini dell’aggregazione delle galassie - Esistenza di una forza che ad un certo punto frena l’espansione per poi arrestarla e quindi invertire il Processo fino al Big Crunch (a meno che non si creda ad un Universo Aperto). Poiché l’espansione dell’Universo sarebbe la conseguenza dell’esplosione gigantesca iniziale ossia il Big Rappresentazione artistica del satellite WMAP, che sta raccogliendo dati per aiutare gli scienziati nella comprensione del Big Bang. A. Carderopoli, Ipotesi ASTRONOMIA NOVA n. 17, marzo – settembre 2013 Pagina 41 FIG. 2: Volumi critici di massima contrazione ed espansione: oltre tali valori l’Universo non può esistere. A sinistra: volume di massima espansione cosmica: oltre questo limite tutte le forme di energia si convertono in massa ed innescano una regressione (ritorno alla massa primordiale). A destra: volume di massima contrazione: un’ulteriore contrazione provoca una conversione della materia in energia, in pratica, il Big Bang. Bang, sarebbe necessaria ad un certo punto un Evento simile ma di forza contraria che dovrebbe frenare per poi arrestare e quindi invertire il processo. In questo articolo viene formulata un’ipotesi di Pluriuniverso con Big-Bang sincroni e reciproci, alternati che potrebbe giustificare la presenza di un evento frenante sotto forma di una forza contraria (il Big Bang di un Universo limitrofo) e di una costanza della densità cosmica e quindi variabilità delle fasi di espansione e contrazione. Si formulano le seguenti ipotesi. Prima Ipotesi: La materia oscura e’ un’altra faccia della materia e dell’energia La materia e l’energia sono interscambiabili in base all’equazione di Einstein: E= mc2, http:// it.wikipedia.org/wiki/E%3Dmc%C2%B2 . Supponiamo che la Materia oscura ed Energia Oscura rappresentino uno stato della materia allo stato quiescente o di standby (Fig. 1). Da questo stato dormiente della materia o serbatoio, potrebbe generarsi all’improvviso materia osservabile o energia e viceversa con una interscambiabilita’ reciproca. In pratica “materia osservabile” –”energia””materia oscura”- “energia oscura” potrebbero rappresentare facce della stessa medaglia!! In accordo con la ben nota legge di Lavoisier (nota 15): “nulla si crea, nulla si distrugge ma tutto si trasforma”, la “materia osservabile”-”materia oscura”- “energia””energia oscura” potrebbero scambiarsi e trasformarsi reciprocamente. Tutto ciò potrebbe spiegare la nascita di un intero Universo dal Nulla (nota 16): forse però sarebbe più corretto dire “dalla Materia o Energia oscura” e non dal Nulla! Seconda Ipotesi: la sommatoria tra le varie forme di Energia e massa e’ una costante La conversione di materia oscura in materia osservabile ( o in energia) comporterebbe un incremento di una quota a scapito di un’altra . Rispettando la legge di Lavoisier, la conseguenza logica sarebbe che la somma tra le varie forme di energia e materia resti costante : Materia Oscura+Materia+Energia+Energia oscura = costante = K Terza Ipotesi: Presenza di volumi critici di Espansione, Minimo e Massimo Oltre alla costanza della somma tra le varie forme di materia ed energia, si ipotizza un rapporto percentuale di esse in relazione al volume di espansione dell’Universo. Per chiarire meglio, al di sotto di un Volume critico minimo di Contrazione tutta la materia dell’Universo dovrebbe trasformarsi in Energia ( il Big Bang) mentre al di sopra di un Volume critico massimo di Espansione, tutta l’Energia disponibile dell’Universo Dovrebbe convertirsi in Materia frenando ed arrestando il Processo di Espansione per poi innescare un Processo di contrazione (Fig. 2). Pagina 42 ASTRONOMIA NOVA n. 17, marzo – settembre 2013 A. Carderopoli, Ipotesi Passaggio della materia oscura fra un Universo in contrazione ed un universo in espansione (Effetto Clessidra) Si è già detto che considerando l’Ipotesi del Big Bang con un Universo in Espansione, il volume totale dell’Universo dovrebbe incrementare progressivamente! Poiché si sa che : DENSITA’ = massa / volume. La materia dell’Universo ,in virtù dell’espansione ed aumento progressivo del Volume Cosmico,dovrebbe diventare più rarefatta cioè la Densità cosmica dovrebbe ridursi progressivamente. Ciò dovrebbe risultare sfavorevole sull’aggregazione delle galassie! (nota 13) Basandosi sull’assunto: Materia Oscura+Materia+Energia+Energia oscura = costante = K affinché la densità totale cosmica non si riduca è necessario che il numeratore incrementi proporzionalmente con il denominatore. Per mantenere un Equilibrio sarebbe necessario un incremento della materia oscura in modo da mantenere una densita’ pressappoco costante! Cio’ richiederebbe un surplus di materia oscura conseguentemente all’incremento volumetrico dell’espansione continua. Come giustificare un Surplus di materia Oscu- ra e soddisfare la costanza della precedente espressione? Immaginiamo che ci siano più Universi a contatto e comunicanti attraverso varchi V simili a buchi neri (nota 19) e precisamente che un Universo sia in fase di espansione (e quindi con un surplus di materia oscura) mentre l’Universo limitrofo sia in una fase di contrazione (con materia oscura in eccedenza), fig. 3. L’espressione per k dovrebbe essere applicata alla totalità di tutti gli universi. La costanza potrebbe essere soddisfatta da un Effetto Clessidra della materia oscura da parte dell’Universo in Espansione, generato dal Big Bang, attraverso il varco di comunicazione nei confronti dell’Universo limitrofo in fase di Contrazione (con ritorno alla Massa Primordiale), fig. 4. L’Effetto clessidra della Materia Oscura da parte dell’Universo in Espansione comporterebbe un incremento progressivo della Massa in rapporto all’incremento volumetrico e di conseguenza una densità pressappoco costante ( fig. 5) L’Universo in Contrazione contribuirebbe a convergere l’eccedenza di materia oscura nell’Universo limitrofo in Espansione, attraverso il varco ipotizzato tra i due Universi. La densità cosmica nell’universo in regressione, per effetto della riduzione della materia oscura proiettata nell’universo limitrofo,vedrebbe il numeratore ridursi proporzionalmente con il denominatore: raggiunto un punto critico o Volume minimo critico di compressione, si innescherebbe un nuovo Bing Bang ( fig. 4 ). Fig. 3: Materia oscura risucchiata attraverso il varco dall’universo limitrofo: alimentazione dell’universo neo creato ed in espansione mentre l’universo limitrofo entra in una fase di regressione A. Carderopoli, Ipotesi ASTRONOMIA NOVA n. 17, marzo – settembre 2013 Pagina 43 FIG. 4: Inversione del processo con alternanza di big bang e sincronia di Universi in contrazione ed espansione. L’Universo neonato dal Big Bang e quindi adesso in Espansione aspirerebbe la materia Oscura dall’Universo Limitrofo (Fig. 5). La densità cosmica totale in quest’ultimo Universo vedrebbe il numeratore ridursi per il depauperamento di materia oscura: l’effetto classidra innescato dovrebbe essere sufficiente ad arrestare l’espansione ed a convertirla in fase di contrazione (dovrebbe coincidere con il volume massimo critico di Espansione e quindi con conversione dell’Energia in Materia o Big Crunch). Il processo di alternanza di big bang nel Primo Universo – e Big Crunch nell’Universo Adiacente, porterebbe ad una sincronia di Universi in contrazione ed espansione con una ciclicità che potrebbe durare all’infinito, fig. 6. FIG. 5: Densita’ Cosmica costante BIBLIOGRAFIA Nota 1: R. Calanca, Recensione: S. Singh, Big Bang, Coelum Astronomia, n. 84, maggio 2005, pp. 66-67. Igor e Grichka Bogdanov: “Prima del Big Bang” - L'origine dell'Universo, Longanesi, 2008 R. Calanca, Recensione: A. Penzias, L'origine dell'Universo, Coelum Astronomia n. 100, novembre 2006, p.56 Giuseppemerlino's Blog http:// giuseppemerlino.wordpress.com/ Nota 2: Giuseppemerlino's Blog http://giuseppemerlino.wordpress.com/ Nota 3: I. e G. Bogdanov: “Prima del Big Bang” - L'origine dell'Universo, Longanesi 2008 Nota 4: Simone Valtorta Il Big Bang, l’origine e il destino dell’Universo http://www.storico.org http://www.mediatecaeuropea.it/video2.php? video=L’UNIVERSO+IN+ESPANSIONE+(universo).flv Nota 5: Emilia Palladino Cosmologia per tutti : La materia oscura dell’Universo http://scis.uai.it/cosmologia/ matoscura.htm Lawrence Krauss, Il mistero della massa mancante nell'Universo, Milano, Raffaello Cortina Editore, 2000 scienzapertutti.lnf.infn.it/concorso/sullealideineutrini/.../ oscura3.htm it.wikipedia.org/wiki/Materia_oscura scis.uai.it/cosmologia/matoscura.htm www.scienzagiovane.unibo.it/darkmatter.html Nota 6: http://www.scienzagiovane.unibo.it/darkmatter/4dark-quanta.html Nota 7: http://scis.uai.it/cosmologia/matoscura.htm Nota 8: R. Calanca, Hanc Marginis: Il contributo italiano alla Relatività Generale di Einstein, Coelum Astronomia, n. 84, maggio 2005, pp. 60-61. U. Bartocci, Albert Einstein e Olinto De Pretto - La vera storia della formula più famosa del mondo, Ed. Andromeda, Bologna, 1999 Pagina 44 ASTRONOMIA NOVA n. 17, marzo – settembre 2013 A. Carderopoli, Ipotesi Fig. 6: Plurifocalita’ dell’Universo con alternanza di BigBang sincroni, multipli, reciproci ed alternati. Nota 9: Jennifer Bergman, The Big Crunch, Windows to the Universe (2003) Nota 10: Emilia Palladino Cosmologia per tutti : La materia oscura dell’Universo http://scis.uai.it/cosmologia/matoscura.htm Nota 11: http://it.wikipedia.org/wiki/Energia_oscura Nota 12: www.scienzagiovane.unibo.it/darkmatter/5-darkenergy.html Nota 14: Max Jammer, Storia del concetto di massa nella fisica classica e moderna, Milano, Feltrinelli, 1974. Enrico Turchetti; Romana Fasi, Elementi di Fisica, 1a ed., Zanichelli, 1998. ISBN 8808097552 Paolo Corazzon; Stefano Bertocchi, Fisica, Alpha Test, 1999. Nota 15: http://it.wikipedia.org/wiki/ Legge_della_conservazione_della_massa_(chimica) Nota 16: S. Hawking, Dal big bang ai buchi neri. Breve storia del tempo (1988) Nota 18: http://it.wikipedia.org/wiki/Storia_dell'universo Nota 19: Jacob Bekenstein, Buchi neri, comunicazione, energia, Di Renzo Editore Antonio Carderopoli è nato a Piano di Sorrento ed è laureato in Medicina e Chirurgia, con specializzazione in Oculistica presso la II Facolta’ di Medicina dell’Universita’ di Napoli. E’ profondamente appassionato di astronomia. email : [email protected] L'immagine in falsi colori mostra le fluttuazioni della temperatura cosmica di fondo eseguita dal WMAP. La temperatura media misurata è pari a 2.725 Kelvin. I colori rappresentano le variazioni di temperatura: le regioni rosse sono più calde e regioni blu sono più fredde rispetto alla media di 0,0002 gradi. G. De Caro, Restauro ASTRONOMIA NOVA n. 17, marzo – settembre 2013 Pagina 45 RESTAURO DI UN TELESCOPIO “MARCON” Fascino e aspetti nascosti di un piccolo grande strumento d’altri tempi Giovanni de Caro [email protected] lari tecnici innovativi o non comuni, derivati dalla inventiva dei costruttori, da sempre impegnati anche nella realizzazione di grossi strumenti professionali. Uno di questi telescopi era in vendita su un noto sito internet di annunci; subito ho deciso di acquistarlo, per studiarne i dettagli meccanici e restaurarlo per farlo tornare all’antico splendore. Scopo di questo articolo è di raccontare questa piccola avventura, durata alcuni mesi, che mi ha consentito di tornare con la memoria a quei telescopi “d’antan”, aspirazione degli astrofili “evoluti” di tanti anni fa. Il telescopio Si tratta di un telescopio in configurazione Newton, con specchio primario, in vetro comune, di 150 mm di diametro aperto a f/6. In parallelo, oltre al cercatore, realizzato con componenti di binocolo, purtroppo non recuperabile, vi è un riflettore newton di guida, anch’esso di produzione Marcon, il classico 114 mm con focale 900 mm, assai ben fatto e, a differenza del resto dello strumento, ben conservato. La montatura a forcella, molto massiccia, realizzata in lamiera di acciaio da carIl telescopio “Marcon” alla fine dei lavori di restauro Introduzione L’astronomia amatoriale italiana degli anni Settanta del secolo scorso aveva come punti di riferimento, per la produzione di telescopi, qualche nome americano o giapponese, l’irraggiungibile “Carl Zeiss Jena” della exDDR. In Italia vi erano pochissime ditte artigianali; tra queste spiccava la già allora prestigiosa Casa veneta fondata, nel dopoguerra, dal prof. Virgilio Marcon di San Donà di Piave. Gli strumenti costruiti dal prof. Virgilio, e dai suoi successori, sono sempre stati caratterizzati da ottima qualità delle ottiche ed estrema robustezza delle montature, oltre ad incorporare alcuni partico- Il gruppo della forcella, asse orario e motore, prima del restauro Pagina 46 ASTRONOMIA NOVA n. 17, marzo – settembre 2013 G. De Caro, Restauro Il professor Virgilio Marcon (1903-1976) fondò la sua azienda ottico-meccanica nel 1948. penteria saldata, su cui sono fissati due sopporti industriali in ghisa e relativi cuscinetti a sfere autoallineanti. Il moto orario di inseguimento è realizzato con il classico sistema della vite senza fine in acciaio e corona elicoidale in bronzo, azionata da un piccolo motoriduttore sincrono in corrente alternata. I movimenti micrometrici sono assicurati, in declinazione, da un braccetto tangente spinto da un eccentrico azionato da una manopola, e in ascensione retta da una variante semplificata del sistema “Toledano” (di cui si dirà più oltre). Le condizioni generali dello strumento denotavano la permanenza dello stesso in ambiente umido per molto tempo : vernice (probabilmente non originale) opaca e scrostata, numerose tracce di ruggine, viti calanti completamente ossidate e bloccate, manopole di regolazione del telescopio guida e del cercatore inutilizzabili. Lo specchio principale recava solo tracce della antica alluminatura, e la cella dello stesso, in ghisa, era spaccata sul bordo in corrispondenza di una delle viti di regolazione. Il moto orario si presentava in condizioni discrete, a parte l’eccessiva quantità di grasso, non solo sulla corona dentata e sulla vite senza fine principale ma, “ad abundantiam”, anche sulla corona del sistema Toledano, realizzata in Teflon e quindi autolubrificante. Il restauro Una volta portato a casa lo strumento, l’ho fotografarlo nei dettagli,per non dimenticare nulla ed essere certo di rimettere ogni cosa al suo posto a fine lavoro. Lo strumento è stato quindi interamente smontato e le varie componenti rifotografate per ulteriore sicurezza. Le ottiche del telescopio principale sono state inviate ad un laboratorio specializzato per la alluminatura, mentre tutte le componenti metalliche (forcella, scatola ingranaggi moto orario, colonna e razze) sono state sottoposte a sabbiatura. Dopo la sabbiatura si è proceduto alla mascheratura con nastro speciale ed alla verniciatura a polvere epossidica in due colori, bianco per la maggior parte delle componenti e nero per alcuni dettagli (braccetto tangente, supporti telescopio guida e cercatore ecc.). La cella del primario è stata ridisegnata in Solid Works e realizzata ex-novo, identica all’originale in ogni dettaglio, utilizzando con un centro di lavoro A sinistra, un moderno telescopio Marcon di 60cm di diametro, attualmente in prod u z i o n e nell’omonima Officina. L’ingranaggeria del moto orario così come si presentava all’atto dell’acquisto dello strumento. G. De Caro, Restauro ASTRONOMIA NOVA n. 17, marzo – settembre 2013 Pagina 47 A sinistra la cella originale, a destra quella ricostruita dall’Autore; sotto, il braccio di declinazione per le microcorrezioni sull’asse. professionale a controllo numerico. Tutte le viti , le brugole ed i grani sono state sostituite con materiale nuovo. Per quanto riguarda il blocco ingranaggi del moto orario, una volta smontato completamente e ripulito dal grasso in eccesso, lo si è riposizionato in sede, sostituendo i vecchi calettatori conici che fissavano la corona dentata all’asse di ascensione retta, ormai inutilizzabili. I cuscinetti di ambedue gli assi sono risultati in buono stato per cui sono stati riutilizzati previa pulitura con kerosene e rilubrificazione. A fine lavoro il telescopio è stato testato su vari oggetti astronomici, rivelando una ottima qualità delle ottiche, una stabilità alle sollecitazioni meccaniche (urti, vento ecc.) a tutta prova Il tubo prima del restauro ed una buona precisione del movimento di inseguimento, come ci si aspettava da uno strumento ben progettato e costruito. Aspetti tecnici e curiosità Come detto, la forcella è stata realizzata con lamiera di acciaio saldata; la scatola degli ingranaggi di ascensione retta e il blocco contenente l’asse orario, nonché il pezzo che congiunge questi alla colonna sono in fusione di alluminio di qualità accettabile, sebbene con qualche irregolarità parzialmente nascosta da una sapiente stuccatura. Degno di nota è il sistema di supporto della vite senza fine, che è alloggiata in un tubo d’acciaio fresato su di un lato, alle cui estremità sono inseriti i cuscinetti ; l’altro lato del tubo è stato anch’esso fresato e vi si sono ricavati i fori filettati per il fissaggio di due semplici staffe con fori asolati per il corretto posizionamento della vite rispetto alla corona. Un sistema semplice ed efficace. La corona è una classica realizzazione in bronzo, di buona fattura sebbene di diametro un po’ piccolo vista la mole dello strumento. Vale la pena soffermarsi un attimo sul sistema “Toledano” per i moti micrometrici in ascensione retta, particolare che molti dei più giovani certamente non hanno mai visto. Pagina 48 ASTRONOMIA NOVA n. 17, marzo – settembre 2013 G. De Caro, Restauro Quando i motori stepper erano usati solo dalla NASA e d i brushless erano ancora da inventare, il moto orario degli strumenti astronomici amatoriali era assicurato, come in questo caso, da un piccolo motoriduttore sincrono azionante una vite senza fine ed una corona elicoidale; i piccoli movimenti micrometrici in ascensione retta potevano essere compiuti soltanto dotandosi di un variatore di frequenza, ovvero di un dispositivo elettronico che poteva aumentare o diminuire (entro certi limiti) la frequenza della corrente erogata al motorino. Tale dispositivo era a quei tempi piuttosto costoso, per cui Marcon introdusse nei suoi strumenti un geniale meccanismo, brevettato dall’Ing. Toledano, che consisteva nell’utilizzare due motori sincroni identici, il primo fisso e sempre in azione ed il secondo alimentato con contatti striscianti e calettato coassialmente all’asse della vite senza fine, fra motore principale e sezione della vite ingranante sulla corona. In tal modo, volendo accelerare il moto orario si attivava il secondo motore ottenendo così il raddoppio della velocità per sommatoria della azione dei due motori. Volendo rallentare si spegneva il motore principale. Nel caso dello strumento in esame vi è un solo motore, che però non è fissato alla base della scatola ingranaggi ma può ruotare rispetto a questa, venendo alimentato da contatti striscianti; la rotazione, possibile in ambedue i sensi, è attuata da un semplice sistema corona elicoidale in teflon e vite senza fine in acciaio, quest’ultima azionata manualmente dall’operatore agendo su una manopola zigrinata. Nel nostro caso per un utilizzo più sicuro sarebbe stato opportuno sostituire il motorino in corrente alternata con uno in corrente continua, cosa che non si è fatta per rispettare in tutto l’originalità della costruzione. Per quanto riguarda il movimento micrometrico in declinazione, l’unica “pecca” è che utilizzando un eccentrico l’ampiezza dell’escursione consentita è piuttosto modesta rispetto al sistema più diffuso con vite che agisce su pistone a molla , ovvero con vite e madrevite. I cerchi graduati, di cui lo strumento è dotato, sono in alluminio con numeri e graduazioni incise; essi risultano di diametro un po’ piccolo, specie quello in declinazione ed inoltre non vi sono noni ma solo un indice a lancetta, che non consente posizionamenti di precisione. Totalmente assente un sistema di regolazione micrometrico per la messa in stazione, per cui per la messa in sta- zione in azimuth occorre ruotare l’intero strumento, mentre per il movimento in altezza si deve agire a mano, inclinando più o meno tutta la montatura previo sblocco di un grosso perno; del resto, visto il peso (oltre 70 Kg.) e l’ingombro dello strumento, si tratta chiaramente di un telescopio da postazione semifissa o fissa, quindi la messa in stazione è prevista come manovra da farsi una volta sola, a differenza degli strumenti portatili moderni, pensati per essere usati in luoghi diversi e dotati di cannocchiale polare e di moti micrometrici per l’allineamento al polo celeste. Conclusioni Si tratta di uno strumento decisamente robusto, ben costruito e dotato di ottiche di prim’ordine. Una volta messo in stazione può ancora dare ottimi risultati nell’osservazione visuale per coloro che sanno dove puntarlo (no goto!) e , per i pochi che ricordano ancora la tecnica di guida, potrebbe essere utilizzato anche per astrofotografia, però con l’occhio all’oculare del telescopio di guida! Non facile il compito di rimetterlo in sesto, ma ne è valsa la pena. Ringraziamento Un sincero ringraziamento al sig. Dino Spricigo di Treviso che mi ha fornito le foto dello strumento dopo il restauro. Per contattarci: [email protected] 347.6482683 (ore ufficio) oppure D. Gasparri, Saturno ASTRONOMIA NOVA n. 17, marzo – settembre 2013 Pagina 49 CONSIGLI PER LA RIPRESA DI IMMAGINI DI SATURNO IN ALTA RISOLUZIONE Daniele Gasparri http://www.danielegasparri.com/Italiano/index_ita.htm Spettacolare immagine di Saturno ripresa dal telescopio spaziale Hubble il 1° luglio 2004. Saturno non ha bisogno di presentazioni. I suoi magnifici anelli ricchi di dettagli e meravigliosamente avvolti attorno al globo, sono di certo l’attrazione principale. Ma gli astroimager più esperti si concentrano invece maggiormente sull’attività atmosferica, molto più contenuta rispetto a quella del fratello maggiore Giove, pur altrettanto interessante e, a volte, anche più sorprendente. Nelle delicate bande che sembrano pitturate con un sottile pastello, compaiono periodicamente dei piccoli cicloni bianchi chiamati WOS (White Oval Spot, macchia bianca ovale), molto più tenui degli analoghi gioviani, che si muovono velocemente lungo il globo. A intervalli semiregolari di 10-30 anni nell’emisfero nord compare una gigantesca tempesta di color bianco che in breve tempo si espande e coinvolge tutto il diametro planetario. Alcuni esperti astroimager si concentrano anche sul sistema di anelli, che ogni tanto propone un fenomeno ancora misterioso, ripreso per la prima volta dalla sonda Voyager 2: si tratta di macchie scure dalla forma irregolare e molto estese che percorrono gli anelli, chiamate in inglese spokes. Nel corso degli anni l’inclinazione degli anelli cambia, così come quella del globo, con un periodo di 30 anni, uguale al tempo richiesto a Saturno per completare un giro attorno al Sole. La numerosa famiglia di satelliti è dominata da Tita- no, luna estremamente interessante avvolta da una spessa e impenetrabile atmosfera. Visibile in ogni ripresa, Titano ha in prossimità delle opposizioni un diametro angolare che sfiora gli 0,90”, quindi un telescopio di almeno 25 centimetri è in grado di risolvere il dischetto di color rosso. Strumenti ancora maggiori potrebbero permettere di catturare qualche dettaglio? Strumenti Saturno è l’ultimo pianeta abbastanza brillante da poter essere ripreso con strumenti anche inferiori ai 10 centimetri, sebbene ai limiti delle sensibilità delle webcam e di alcune camere planetarie a colori. Nessun problema, invece, con le camere monocromatiche, sebbene raramente si potrà usare un’esposizione più breve di 1/15 di secondo. Filtri A causa della scarsa luce che giunge dal pianeta, filtri infrarossi sono da escludere a meno che non siano strettamente necessari (ma fatico a capire in quale situazione lo possano essere). Se il seeing non è buono, per porvi rimedio è preferibile usare un filtro rosso che sia trasparente anche nell’infrarosso. A questa lunghezza d’onda il pianeta mostra i deboli dettagli del globo con un contrasto leggermente maggiore. Pagina 50 ASTRONOMIA NOVA n. 17, marzo – settembre 2013 D. Gasparri, Saturno Se le condizioni atmosferiche lo consentono è sempre preferibile la classica ripresa RGB con appositi filtri (nel caso di camere monocromatiche) o con il solo filtro IR/UV-cut se si usano sensori a colori. Focale: Con Saturno è assolutamente sconsigliabile sovracampionare. La luminosità del pianeta decrescerà troppo per consentire ancora l’ottenimento di una ripresa ai massimi livelli consentiti dalla propria strumentazione. Gli anelli possiedono contrasti molto accesi, mentre il globo raramente contiene macchie di piccolo diametro, quindi è addirittura preferibile un leggero sottocampionamento, con rapporti focale intorno ad f/30 se si usano sensori con pixel da 5,6 micron ed f/35 con pixel da 7,4 micron. Capire quale sia la focale giusta è relativamente semplice: il tempo di esposizione nei canali colore, o almeno nel rosso-infrarosso, dovrebbe essere di almeno 1/15 di secondo, con un guadagno inferiore all’80% e una corretta luminosità dell’immagine (guai a scendere con gli ADU, pena la comparsa dei fastidiosi anelli concentrici tanto odiati!). Se questo requisito non è soddisfatto con la focale scelta, allora conviene diminuirla fino a quando le condizioni non saranno ideali. Nei prossimi anni, sfortunatamente, il pianeta è destinato ad abbassarsi nei cieli boreali, di conseguenza il tempo di esposizione di 1/15 di secondo sarà sempre più difficile da raggiungere soprattutto per quegli astro- fili che osservano da luoghi con forte estinzione atmosferica, come la pianura padana e le zone costiere. Ma non dobbiamo scoraggiarci: se le condizioni atmosferiche sono più che buone (raro ma non impossibile!) si può anche aumentare il tempo di esposizione fino ad 1/7-1/5 di secondo. Tempo di acquisizione: Anche Saturno, come tutti i pianeti gassosi, ruota velocemente sul proprio asse. Grazie alla distanza maggiore la finestra di ripresa si allunga fino a circa 4-5 minuti. Ma se la nostra immagine non ha fini scientifici e sul globo non sono presenti piccoli ovali, allora è possibile applicare un trucco che certamente farà inorridire i puristi: allungare la finestra di ripresa in modo indefinito, non curandosi dei 5 minuti e riprendere 10.000 e più frame. A causa della perfetta simmetria delle divisioni negli anelli e delle bande del globo, non si noterà affatto alcun effetto rotazione, con il vantaggio di avere un’immagine RAW decisamente più pulita grazie all’elevato numero di frame ripresi (e, si spera, utilizzati per la media). Insospettabili astroimager di fama mondiale hanno applicato spesso questa tecnica; l’importante è essere trasparenti. Se non ci piacciono i compromessi, allora si può allargare la finestra di ripresa fino a venti minuti e utilizzare la funzione di derotazione. Tecnica di acquisizione: Con una camera a colori la migliore tecnica è acquisire filmati a circa f30-35 con il solo filtro IR/UVcut inserito per il massimo tempo con- Saturno il 4 marzo 2007 in una ripresa di Cristian Fattinnanzi, uno dei migliori astrofografi a livello internazionale, con il suo newtoniano di 25 cm. Il pianeta è contornato da alcune delle sue lune: Rhea, Dione e Tethys. Il sito di Cristian: www.cristianfattinnanzi.it/ D. Gasparri, Saturno Bellissima immagine di Saturno ottenuta da Damian Peach, con un riflettore di 28 cm nel febbraio 2003. Il sito di Damian: www.damianpeach.com/ cesso dalla rotazione del pianeta. Visto il relativo esiguo numero di frame catturabili, non conviene fare più filmati ma raccoglieteli tutti in un unico file. Quando il pianeta sarà di nuovo altissimo nel cielo (e io sarò ormai vecchio) si può anche eliminare il filtro IR/UV-cut per far entrare ancora più luce. Il bilanciamento dei colori non ne dovrebbe risentire troppo in questo caso e il guadagno di luminosità è notevole. Per le camere monocromatiche si ha la solita scelta tra l’immagine RGB pura o una quadricromia LRGB. Quando il pianeta era più alto nel cielo, la tecnica LRGB era effettivamente vantaggiosa perché il canale L veniva ripreso senza filtri o con il solo filtro IR/UV-cut. Questo permetteva di raccogliere almeno 3000 frames con un guadagno relativamente basso ed esposizione di 1/15 di secondo. Ora che il pianeta è basso in cielo non si può riprendere il canale L senza filtri o con il solo IR/UVcut perché la banda passante è troppo ampia e la dispersione atmosferica impasta tutti i dettagli. In queste situazioni il canale L può essere composto da una ripresa con un filtro rosso trasparente anche all’infrarosso, che poi andrà a costituire anche il canale rosso dell’immagine di crominanza RGB. Il vantaggio di questa tecnica è una migliore qualità del segnale alle lunghezze d’onda rosse-infrarosse. Visto il tempo di acquisizione di circa 5 minuti, si potrebbero allora dedicarne 4 alla ripresa del canale di luminanza e i restanti 1-1,5 alle riprese nei canali G e B. Questa tecnica può essere applicata con successo quando il seeing non è perfetto e la trasparenza non ottimale. Se le condizioni di ripresa sono invece perfette, la classica tricromia RGB è la soluzione migliore. ASTRONOMIA NOVA n. 17, marzo – settembre 2013 Pagina 51 Tecnica di elaborazione Saturno è un pianeta un po’ particolare per tre motivi: 1) La sua luminosità è scarsa e le immagini RAW non hanno mai un segnale forte come quelle degli altri pianeti; 2) Il globo raramente possiede dettagli a piccola scala; 3) I dettagli del globo e degli anelli hanno contrasti e dimensioni molto diversi, tanto da richiedere, se si vuole ottenere il massimo, un’elaborazione diversa. Considerando questi tre punti, è necessario operare in modo leggermente diverso rispetto agli altri pianeti, a cominciare dalla fase di stacking. Usando Registax, se è possibile meglio scegliere una finestra di allineamento che comprenda tutto il pianeta. Qualora non fosse possibile, la finestra di allineamento deve preferire gli anelli perché è su questi che la selezione qualitativa riesce meglio. In presenza di evidente turbolenza a bassa frequenza e allineamento eseguito su un’ansa dell’anello, non è da escludere che l’altra risulti impastata. In questo caso si può provare a utilizzare Avistack. L’elaborazione procede sempre con l’applicazione di un filtro gaussiano con sigma pari a 1, ma a questo punto bisogna fare una scelta: attuare un procedimento elaborativo adatto per il globo sacrificando un po’ di dettagli degli anelli, o viceversa. Ecco la ricetta che solitamente adotto; per il globo: - Filtro gaussiano da 1 pixel; - Fitro wavelet “Finest” al massimo, “Fine” a circa 6; - Filtro wavelet “Finest” a circa 3, “Fine” a circa 4. Naturalmente l, soprattutto di questa seconda applicazione, dipende criticamente dalla qualità e quantità di segnale da elaborare. Per gli anelli generalmente applico un filtro gaussiano da 0,7 e lavoro solamente con il wavelet “Finest” fino al limite per il quale comincia a notarsi un leggero rumore. Successivamente unisco le due immagini con Photoshop. Se necessario, ripeto la stessa procedura per tutti e tre i canali colore, a patto di ottenere immagini di simile morbidezza. In alternativa è consigliabile mediare le immagini grezze dei canali colore, costruire la luminanza sintetica e poi colorarla elaborando i singoli canali colore in modo standard, senza separare globo e anelli. Un leggero filtro adattivo di largo raggio (almeno 15) consente di enfatizzare ancora un po’ i deboli dettagli del globo. A questo punto applico spesso un filtro FFT low-pass di intensità mild con Maxim Dl e passo alla regolazione delle curve. Pagina 52 ASTRONOMIA NOVA n. 17, marzo – settembre 2013 D. Gasparri, Saturno A sinistra: Saturno, immagine monocromatica grezza (canale di luminanza); somma di 1500 frame. Seeing molto buono. Filtro IR-cut e webcam. A destra, utilizzando il software Iris: filtro gaussiano 0,7, multiply 0,7. Filtri wavelet: “Finest” di intensità 25; “Fine” intensità 25. Processing corretto per il globo ma non per gli anelli: la divisione di Cassini è troppo larga e si perdono dettagli. Se gli anelli sono abbastanza aperti e la risoluzione raggiunta elevata, utilizzo il trucco dei wavelet di IRIS, portando il livello “Medium” a 0 o 0,3 per enfatizzare le divisioni degli anelli. L’immagine risultante dopo questo passaggio mostrerà maggiori dettagli sugli anelli, ma avrà ridotto ulteriormente i contrasti del globo per i quali il wavelet di terzo livello è invece fondamentale. Nessun problema: salvare l’immagine in formato bmp e ripetere la stessa operazione di prima, sostituendo gli anelli appena migliorati alla versione precedente. Risultati ottenibili La resa con telescopi inferiori ai 25 centimetri è sostanzialmente simile per quanto riguarda i dettagli del globo; strumenti oltre questa apertura sono in grado di mostrare diversi dettagli e irregolarità a piccola scala sulle bande del pianeta. Per quanto riguarda gli anelli, invece, i risultati sono direttamente proporzionali all’apertura dello strumento. La divisione di Cassini, una lacuna ampia circa 4000 km, si può riprendere anche con strumenti di soli 60 millimetri quando l’inclinazione degli anelli è favorevole. Aperture maggiori dei 15 centimetri consentono di mettere in mostra numerose lacune e minimi fotometrici, tra i quali spicca la divisione di Encke, ampia solamente 0,05” (circa 350 km) e diverse irregolarità nell’anello C (il più interno e debole). Il classico Schmidt-Cassegrain da 23-25 centimetri si rivela uno strumento potentissimo, in grado già di restituire l’effetto foto da sonda (si vedano le immagini di Cristian Fattinnanzi e Damian Peach alle pagine 50 e 51). A sinistra, elaborazione corretta per gli anelli: Gaussiano 0,7, multiply 0,7, wavelet “Finest” intensità 25. Il globo, però, appare rumoroso e a basso contrasto. A destra, Immagine finale; con Photoshop si è composta la versione definitiva prendendo il globo dell’immagine sopra e gli anelli di quella a fianco. D. Gasparri, Saturno ASTRONOMIA NOVA n. 17, marzo – settembre 2013 Pagina 53 A sinistra, riduzione del rumore: gaussiano da 0,50 e filtro wavelet “Finest” intensità 0,6. Enfatizzazione dei dettagli fini sulle anse degli anelli, in particolare la divisione di Encke, attraverso il wavelet “Fine” portato a intensità 0. A destra, applicazione di un filtro adattivo con Maxim Dl: raggio 14, intensità 2. A questo punto si può scegliere se procedere oltre oppure fermarsi. Si potrebbe applicare una leggera deconvoluzione e vedere come vanno le cose. Per Daniele Gasparri, l’astronomia è, contemporaneamente, una passione e una professione. Studia astronomia a Bologna ma, allo stesso tempo, cerca, con la propria strumentazione amatoriale, di condurre progetti di ricerca professionale, ottenendo spesso risultati di qualità, come la scoperta di un pianeta extrasolare in transito nel settembre 2007, di qualche nuova stella variabile e lo studio in alta risoluzione dei corpi del sistema solare. Accanto allo studio del cielo vi è la passione, nata da poco, di comunicare, in un linguaggio nuovo e coinvolgente, tutte le meraviglie che esso contiene, che non necessariamente devono coinvolgere solo la vista ma, anzi, devono afferrare il lettore ad un lato superiore, più profondo, e proiettarlo nel vero mondo che ci circonda, che spesso non è come lo vogliamo vedere. Questo articolo è tratto da uno dei numerosi libri scritti da Daniele: “Tecniche, trucchi e segreti dell’imaging planetario”. Per l’acquisto, andate sul suo sito: www.danielegasparri.com/Italiano/index_ita.htm A sinistra, immagine di Saturno ottenibile con strumenti dell’ordine di 10-13 centimetri. Deconvoluzione con PSF gaussiana di 1,5 pixel. Algoritmo applicato: Maximumentropy con 50 interazioni. Le differenze rispetto alla precedente versione sono minime: si nota solamente un po’ meglio il piccolo ciclone bianco sul globo e la divisione di Encke sulle anse degli anelli. Pagina 54 ASTRONOMIA NOVA n. 17, marzo – settembre 2013 GAP, Attività e ricerche IL GRUPPO ASTROFILI POLESANI ATTIVITÀ E RICERCHE Luca Boaretto, Jerry Ercolini, Giampaolo Guarese Il Gruppo Astrofili Polesani (GAP) nasce nel 1982 su iniziativa del prof. Enzo Bellettato. Tra i suoi fondatori c'era anche l'allora sedicenne Roberto Ragazzoni, oggi docente all’Università di Padova nonché uno dei massimi esperti a livello mondiale di ottica adattiva. Nel corso degli anni il Gruppo è cresciuto, raggiungendo, oggi, i 150 iscritti al GAP e tra i suoi soci onorari, oltre a Ragazzoni, annovera altri grandi protagonisti della ricerca astronomica mondiale: la prof. Laura Ferrarese (autorità nel campo dei buchi neri supermassicci), il prof. Giuseppe Bertin (esperto di materia oscura nelle galassie), il Dott. Pierluigi Silvestrin (responsabile della Divisione "Missioni Future" per l'agenzia spaziale europea, ESA ), il Prof. Massimo Meneghetti (uno dei responsabili scientifici della missione ESA/Euclid nonché esperto nel campo del lensing gravitazionale), il Dott. Ruben Farinelli (studioso di Gamma Ray Burst) e il Dott. Mattia Negrello (che si occupa di cosmologia nell' infrarosso mediante i telescopi spaziali Herschel e Planck dell'ESA). La divulgazione scientifica rappresenta una delle attività principali del nostro gruppo, che promuoviamo attraverso l'organizzazione di cicli di conferenze pubbliche, di seminari nelle scuole e di lezioni di astronomia per i soci del gruppo. Ogni anno proponiamo, in colla- Il prof. Roberto Ragazzoni, autorità a livello mondiale nel settore della tecnologia ottica adattiva. borazione con il Liceo Scientifico “Paleocapa” di Rovigo, un ciclo di conferenze denominato "Spaziando", tenute da scienziati di fama nazionale e internazionale. Varie le tematiche affrontate anche quest'anno, dalla cosmologia alle stelle fino ai cambiamenti climatici e ai terremoti. Con le lezioni nelle scuole (prevalentemente medie) forniamo un complemento e/o approfondimento ai temi trattati nel corso della normale attività didattica. Mentre le lezioni che organizziamo per i soci del gruppo affrontano sia le nozioni di base di astronomia (coordinate celesti, costellazioni e concetto di magnitudine) che argomenti più avanzati come classificazione ed evoluzione stellare, utilizzo del telescopio e fotografia astronomica mediante CCD. Giampaolo Guarese e Luca Boaretto GAP, Attività e ricerche ASTRONOMIA NOVA n. 17, marzo – settembre 2013 Pagina 55 L’Osservatorio spaziale Planck, http://planck.caltech.edu/, http://planckmission.wordpress.com/, ha il compito di misurare l’anisotropia della radiazione cosmica di fondo. Per la divulgazione l’Associazione si avvale sia dell'Osservatorio Astronomico “Vanni Bazzan” di Sant'Apollinare (Rovigo) sia del Planetario di Roverdicré. L'osservatorio è aperto al pubblico due volte alla settimana: il martedì, su appuntamento e per piccoli gruppi di persone e con brevi seminari teorici e successive osservazioni al telescopio, mentre il venerdì è a ingresso libero per n o r m a l i s e r a t e o s s e r v a t i v e . Il Planetario, gestito insieme all'Amministrazione Comunale di Rovigo, è la struttura di elezione per ricevere le scolaresche e per impartire i primi rudimenti di astronomia. Apriamo questa struttura al pubblico una volta al mese, di domenica. Queste aperture domenicali sono particolarmente apprezzate dai bambini che cerchiamo di avvicinare all'astronomia attraverso brevi presentazioni di semplici argomenti astronomici. Il nostro gruppo si occupa anche di ricerca scientifica: monitoraggio costante della forza di gravità tramite un gravimetro autocostruito, rivolto allo studio delle deviazioni gravitazionali durante gli eventi sismici (Mario Campion e Luca Boaretto) e il monitoraggio costante del Sole e della sua attività (Marco Barella). Un altro importante lavoro riguarda il monitoraggio delle meteore e dei fenomeni luminosi anomali in atmosfera (Jerry Ercolini). Il planetario è visitabile su appuntamento presso l'Ufficio Informagiovani del Comune di Rovigo (tel: 042525927). Recentemente alcuni soci del gruppo (Giorgio Cosco, Gianpaolo Guarese e Luca Boaretto) sono stati coinvolti dal Dott. Matia Negrello (dell'INAF di Padova) in un progetto di analisi dei dati dell'Osservatorio spaziale Planck, dell'ESA. L'obiettivo della ricerca era di misurare le proprietà statistiche, nell'Universo locale, delle star-forming galaxies, ovvero galassie caratterizzate da formazione stellare. Il lavoro dei soci e' consistito nel prendere in esame il catalogo di oggetti prodotto dall’Osservatorio spaziale Planck, che include sorgenti galattiche (come le nebulose planetarie) ed extragalattiche, tra cui radio-galassie, ammassi di galassie, e galassie sta-forming appunto. Sfruttando il database di oggetti extra-galattici della NASA (NED), i soci hanno analizzato la morfologia e la distribuzione spettrale di energia di tutti questi oggetti al fine di identificare le galassie star-forming, utilizzate poi per le analisis statistiche. Pagina 56 ASTRONOMIA NOVA n. 17, marzo – settembre 2013 GAP, Attività e ricerche La prima mappa di tutto il cielo, ottenuta dall’Osservatorio spaziale Planck, fortemente caratterizzata dal contributo delle polveri presenti nella Via lattea (in blu), ma in alto a sinistra e in basso a destra risalta chiaramente il contributo della radiazione cosmica di fondo. Il lavoro e' stato pubblicato lo scorso gennaio sul Monthly Notices of the Royal Astronomical Society (MNRAS), con grande soddisfazione del nostro gruppo: Dust and star-formation properties of a complete sample of local galaxies drawn from the Planck Early Release Compact Source Catalogue. L'estate scorsa, grazie ad un contributo della Fondazione della Cassa di Risparmio di Padova e di Rovigo e con l'aiuto dell'Assessorato alla Cultura della Provincia, siamo riusciti a ripristinare l'Osservatorio. Ora disponiamo di un telescopio newtoniano di 41cm di diametro (si vedano le foto alle pp. 54-55) con, in parallelo, un rifrattore semiapocromatico di 20cm. Abbiamo anche acquistato una camera CCD, per riprese digitali utili per le analisi scientifiche, e un set di filtri LRGB e Johnson-Bessel B e V. Attualmente lo strumento viene utilizzato soprattutto per le riprese, in B e in V, di ammassi di stelle per costruire il relativo diagramma magnitudine-colore e ricavare successivamente, da quest'ultimo, una stima di distanza ed eta' degli ammassi. Questa attività è svolta nell'ambito di un progetto che vede coinvolti una decina di ragazzi della 5a superiore del Liceo Scientifico “Paleocapa” di Rovigo. Nel prossimo futuro abbiamo in programma l'utilizzo del telescopio per la misura delle curve di luce dei transiti di pianeti extrasolari. Chiunque fosse interessato a seguire le nostre attività consulti il sito: www.astrofilipolesani.net. 15/02/2013- ASTEROIDE 2012 DA14: monitoraggio radio in meteorscatter, radiometria e VLF di Jerry Ercolini—www.45gru.it Venerdì 15 febbraio 2013, l’asteroide 2012 DA14 è transitato vicino al nostro pianeta, arrivando ad una quota stimata sui 34000km. Noi del 45°GRU abbiamo tentato di effettuare un monitoraggio radio del passaggio, dalle ore 13.00 del 15 febbraio (ora locale di Rovigo) alle ore 02.30 del giorno seguente, usando le seguenti metodologie: - monitoraggio in banda radio natura VLF 0Hz- 30Khz con antenna loop e ricevitore VLF BBB4 - monitoraggio in meteorscatter sfruttando l’eventuale onda di rimbalzo sulla frequenza del radar francese Graves, usando un’antenna VHFUHF - registrazione audio dell’evento in meteorscatter - monitoraggio in banda UHF - monitoraggio radiometrico con due antenne Yagi logaritmiche accoppiate, disposte con un’inclinazione di 30° e 40°. In contemporanea eravamo in contatto con il GRUPPO ASTROFILI POLESANI che tentavano di riprendere fotograficamente l’asteroide con il telescopio dell’osservatorio astronomico di S.Apollinare (RO). GAP, Attività e ricerche ASTRONOMIA NOVA n. 17, marzo – settembre 2013 Pagina 57 In onde radio VLF non abbiamo ottenuto nessun dato particolare, escluso un forte picco alle ore 13.19, ma non lo consideriamo associato all’evento. Consultando i dati riportati dal sito web www.heavensabove.com, relativi al passaggio dell’asteroide osservato dalla Francia, dalle ore 22.00 alle ore 22.30 UTC l’asteroide sarebbe passato fra i 37.9° e i 45.6° di altezza, spostandosi dai 48.252Km ai 57.528Km di quota, proiettato sulle delle costellazioni Cane da Caccia e Orsa Maggiore. Dallo stesso sito web, prendendo come luogo di osservazione Rovigo, nel periodo 22.00—22.30 UTC, l’asteroide sarebbe passato fra i 40.7° e i 47.6° di altezza, spostandosi dai 48.029Km ai 57.389Km di quota. Il monitoraggio non ha dato alcun risultato, in nessuna delle bande scansionate. Gianpaolo Guarese e Luca Boaretto, sono riusciti nell’impresa fotografando il passaggio dell’asteroide alle ore 23.41 UTC, con una somma di 15 pose da 15sec. l’una, con sottrazione di dark frame e flat field, usando un CCD ATIK 383L+ B/N (raffreddato a –20°) con filtro L al fuoco diretto del telescopio newton 415/1900. Pagina 58 ASTRONOMIA NOVA n. 17, marzo – settembre 2013 C. Fattinnanzi, Minitrack MINITRACK: USO, RACCOMANDAZIONI E CONSIGLI UTILI Cristian Fattinnanzi Info: www.cristianfattinnanzi.it, cell. 3336882575 Minitrack è un dispositivo meccanico che ci consente di effettuare foto di corpi celesti anche con tempi di posa importanti e con ottimi risultati. PREPARAZIONE ED USO L’inseguitore va applicato ad un cavalletto fotografico tramite l’apposito foro filettato posto sotto al blocco in alluminio, serrare con forza per evitare flessioni durante l’inseguimento. Il puntamento verso la polare può essere eseguito usando il mirino, che va inserito sul foro che si trova alla base della testa sferica. La precisione sarà sufficiente anche posizionando la polare al centro, visti i tempi di posa e le focali relativamente brevi. Smontare il mirino polare prima di procedere al montaggio della reflex. Prima di sganciare la basetta dalla testa sferica, allentare la levetta di blocco, per evitare sforzi sulla ruota dentata del timer. Serrare la testa sferica solo dopo aver agganciato la reflex e caricato il timer ad orologeria (un giro della manopola). La capacità di carico di MINITRACK è di 2 Kg, carichi superiori possono danneggiare la meccanica o il timer. Prima di iniziare le pose, attendere circa 15 secondi in modo che il moto di rotazione sia iniziato regolarmente. PRECISIONE DI INSEGUIMENTO I test eseguiti finora hanno evidenziato una precisione sufficiente a guidare adeguatamente la reflex secondo i seguenti tempi: - Obiettivo focale 100 mm: pose di circa 1 minuto - Obiettivo focale 50 mm: pose di circa 2-3 minuti - Obiettivo focale 24 mm: pose di circa 4-5 minuti In generale, per calcolare il tempo massimo consigliato, si può usare la seguente formula (dove il valore 100 è una costante): T (minuti esposizione) = 100 : focale (in mm) TESTA SFERICA La levetta di serraggio della testa sferica può essere orientata a piacimento estraendola verso l’esterno e ruotandola, questo la rende posizionabile comodamente ed in modo da non interferire con la struttura dell’inseguitore o con la reflex. La basetta si può serrare completamente sotto alla reflex con l’aiuto di una monetina. C. Fattinnanzi, Minitrack ASTRONOMIA NOVA n. 17, marzo – settembre 2013 Pagina 59 CONTROLLO CARICA: Sul braccio dentato ci sono 7 forellini: servono per valutare approssimativamente lo stato di avanzamento della carica, ognuno si trova in corrispondenza della ruota dentata del timer ogni 10 minuti. NON ALTERARE IL SERRAGGIO DELLE VITI INFERIORI (CHE FISSANO TIMER E TESTA SFERICA ALLA STRUTTURA): Il timer, in materiale plastico serrando troppo le viti potrebbe deformarsi e la velocità di inseguimento cambiare leggermente o addirittura causare interruzioni anticipate dell’inseguimento. SBLOCCAGGIO SFERA: quando si smonta o rimonta la basettina da applicare alla reflex è bene sbloccare la regolazione della testa sferica. Se la testa sferica è serrata, durante queste operazioni si trasmettono inutilmente sforzi alla ruota dentata del timer, che è in plastica e quindi piuttosto delicata. FINE CORSA RICARICA: Nel ricaricare la molla del timer con l’apposita chiavetta (volendo si riesce anche a mano, ma è più comoda la chiavetta!), arrivati a fine carica (un solo giro) non forzare ulteriormente perchè i denti in plastica della ruota dentata del timer potrebbero rovinarsi. BASSE TEMPERATURE: In alcuni casi ho riscontrato che le bassissime temperature (di solito sotto 0°C) causano stranamente cali di forza della molla di ricarica del timer. MINITRACK in queste condizioni potrebbe non arrivare ad inseguire per tutti i 60 minuti ma fermarsi intorno ai 40 minuti. -VELOCITA’: Non tutti i timer in commercio hanno la stessa velocità di rotazione: ho esaminato diversi esemplari e constatato che compiono un giro in tempi che vanno dai 58 ai 62 minuti. Ogni esemplare è testato e tarato per fornire una precisione di inseguimento ottimale. Qualora per qualche motivo si volesse sostituire il timer (su ebay si trovano anche sotto i 10 euro), la velocità di inseguimento, data la variabilità degli esemplari, potrebbe variare leggermente entro una percentuale di circa il 3-4% in più o in meno. Bella immagine della zona di Orione ripresa con Minitrack ed un obiettivo di 85 mm di focale e 2 minuti di esposizione. Per contattare Cristian Fattinnanzi: 3336882575, www.cristianfattinnanzi.it Pagina 60 ASTRONOMIA NOVA n. 17, marzo – settembre 2013 R. Calanca, Quattro comete QUATTRO COMETE PRIMA DEL SORGERE DEL SOLE Rodolfo Calanca [email protected] Fig. 1: Il cielo di novembre con le quattro luminose comete. Il cielo del mattino, in questi giorni di novembre, offre davvero uno splendido spettacolo. Infatti, nelle ore che precedono il nascere del sole, sono ben quattro le comete luminose visibili anche con piccoli strumenti. Una di queste è la famosa cometa di Encke, 2P/Encke, una periodica di circa 3 chilometri di diametro, appartenente alla famiglia cometaria di Giove, che prende il nome dall'astronomo Johann Franz Encke (1791-1865), il primo a calcolarne l'orbita, basata sulle sue apparizioni del 1786, 1795, 1808 e 1818. La sua scoperta è attribuita all'astronomo francese Pierre Méchain (17441804), che la vide nell’Acquario il 17 gennaio 1786 e fu riosservata, una settimana dopo, dal famoso cacciatore francese di comete, Charles Messier (1730-1817). Alcuni ricercatori, specialmente di scuola anglosassone, ritengono che questa cometa si sia originata da una più grande, spaccatasi nell'Età del Bronzo (2300 a.C. circa), che avrebbe provocato la distruzione del territorio situato tra Gaza e Troia. La presenza di un cratere meteoritico in Iraq, attualmente riempito dal lago di Umm al Binni, suffragherebbe tale ipotesi (fig. 2). La cometa di Encke è ritenuta la fonte di due sciami meteorici, le Tauridi di novembre e le Beta Tauridi visibili dalla fine di giugno all'inizio di luglio. La Encke passerà al perielio, raggiungendo il massimo splendore, il 21 novembre, proiettandosi in cielo nella costellazione della Vergine. Probabilmente raggiungerà una magnitudine massima intorno alla 5,5-6, diventando prossima alla visibilità ad occhio nudo. In questo mese attraverserà la Vergine e la Bilancia incontrando diverse deboli galassie. Dopo il 20 novembre si avvicinerà sempre più al Sole, e sarà pertanto assai difficile scorgerla nella luce dell'alba; il 18 novembre sarà molto vicina a Mercurio (a circa 1,5°) offrendo uno spettacolo di notevole interesse "scenico". Sarà probabilmente assai più difficile scorgerla il 23 novembre, quando si troverà sia nei pressi di Mercurio sia di Saturno, distanti rispettivamente meno di 4° e 3,5°. La ISON sarà anch'essa ad appena 3,5°. Un’interessante sorpresa l’ha riservata la cometa C/2012 X1 LINEAR, scoperta nel dicembre dello scorso anno (fig. 4). R. Calanca, Quattro comete ASTRONOMIA NOVA n. 17, marzo – settembre 2013 Pagina 61 Fig. 2: Un'immagine satellitare del lago di Umm al Binni nel sud dell'Iraq, probabilmente generato da un impatto asteroidale La linea bianca tracciata sull’immagine, rappresenta una distanza di circa 3,2 Km. Il lago è a circa 70 Km a sud di Al'Amarah, Iraq, e a 10 km a nord ovest della confluenza del Tigri con l'Eufrate. Le coordinate geografiche di Google Earth del centro del lago sono 31° 26' Nord, 47° 06' Est. Il suo passaggio al perielio è previsto nel febbraio 2014, ma niente faceva pensare ad un outburst che l’ha interessata alla fine dello scorso ottobre (fig. 5), facendole raggiunge la ragguardevole magnitudine di 8,5 quando si trovava a ben 440 milioni di chilometri dalla Terra. Qualcuno sostiene che l’esplosione assomiglia a quella che interessò nel 2007 la 17/P Homes, anche se in quel caso ci fu un aumento improvviso di luminosità di un milione di volte; esiste il rischio concreto che la cometa si possa frammentare. Il confronto tra le immagini della testa della X1 LINEAR durante l’outburst, con quelle relative ad analoghi fenomeni verificatesi nelle comete 29P Schwassmann-Wachmann del febbraio 2010 e della 17P/Holmes del 29 ottobre 2007 (fig. 6), eseguito da Richard Miles della British Astronomical Association, dimostra chiaramente la “differenza di potenza”, in particolare rispetto alla 17P/Holmes, minore di circa due ordini di grandezza. FIG. 3: Splendida immagine della cometa 2P/Encke ottenuta il 31 ottobre 2013 da l l ’ a st r o f ot o g r a fo Michael Jaeger. Pagina 62 ASTRONOMIA NOVA n. 17, marzo – settembre 2013 R. Calanca, Quattro comete FIG. 4: Bella immagine della cometa C/2012 X1 LINEAR, ripresa il 31 ottobre scorso da Martin Nischang. Il 7 settembre 2013 Terry Lovejoy ha scoperto una cometa di magnitudine 14, la C/2013 R1 Lovejoy, sul confine delle costellazioni di Monoceros e Orione. La cometa presentava una testa di appena 30" di diametro; essa passerà al perielio alla fine di dicembre 2013, ad una distanza minima dalla Terra, di circa 60 milioni di chilometri, il 20 novembre, raggiungendo forse la magnitudine 7. Però la sua luminosità sarà distribuita su una di condensazione estesa, con un diametro di ben 10'; ne consegue che la testa presenterà una luminosità superficiale piuttosto bassa. La cometa, da qui ad aprile 2014 la cometa passerà attraverso le costellazioni di Monoceros, Cane Minore, Cancro, Leone Minore, Ursa Major, Cani da Caccia, Bootes, Corona Boreale, Ercole, Ofiuco e il Serpente. La Terra attraverserà il piano orbitale del- la cometa il 3 dicembre. Inaspettatamente, a metà novembre, essa ha raggiunto la magnitudine 5,5; 1,5 magn. più brillante di quanto originariamente previsto (fig. 7). Se dovesse seguire ulteriormente questa evoluzione, la magnitudine potrebbe xulminare intorno alla 4,5 - 4,8 durante gli ultimi giorni di novembre. La cometa raggiungerà la distanza minima alla Terra, 0,397 UA, il 19 novembre. E' stato stimato che il diametro massimo della testa potrebbe superare i 20 '. La lunghezza della coda potrebbe raggiungere i 3°; tuttavia sarà di luminosità superficiale bassa. Infine, alcune note sulla cometa più attesa, la ormai famosa ISON. Scoperta il 21 settembre 2012 da Vitali Nevski (Bielorussia) e Artyom Novichonok (Russia), all'epoca era di magnitudine 18,5, con una testa di 9" ed una debole coda, mentre la condensazione centrale appariva allungata. Le immagini della scoperta furono riprese con il telescopio di 40cm dell'International Scientific Optical Network (ISON), ma almeno agli inizi, fu ritenuta un oggetto asteroidale; per questo motivo, non essendo stata subito riconosciuta dagli scopritori, essa ricevette il nome del progetto: C/2012 S1 (ISON). Fig. 5: il grafico mostra le nuove stime di luminosità della cometa C/2012 X1 LINEAR a seguito dell’outburst della fine di ottobre. Come si può notare, l’aumento di luminosità al perielio, rispetto alle stime precedenti, è ora previsto in ben 6 magnitudini. (tratto dal sito: www.aerith.net/comet/ catalog/2012X1/2012X1.html R. Calanca, Quattro comete ASTRONOMIA NOVA n. 17, marzo – settembre 2013 Pagina 63 Fig. 6: Richard Miles ha confrontato gli outburst delle comete C/2012 X1 Linear, 29P Schwassmann-Wachmann del febbraio 2010 e della 17P/Holmes della fine d’ottobre 2006. Pochi giorni dopo la scoperta ufficiale, la cometa fu individuata su immagini scattate il 28 dicembre 2011 e il 28 gennaio 2012. Ciò ha permesso di avere dei parametri orbitali precisi, che la collocavano nella categoria delle comete che sfiorano la superficie del Sole al loro passaggio al perielio, che avverrà il 28 novembre 2013. Poiché la sua luminosità alla scoperta era molto elevata, si è subito supposto che essa potrebbe diventare altamente spettacolare, con una magnitudine -10 al perielio, ed una coda di circa 40° nei i giorni seguenti. Dopo il perielio la cometa si muoverà decisamente verso nord, avvicinandosi in tal modo alla Terra, ed arriverà a 65 milioni di chilometri dal nostro pianeta il 27 dicembre, quando potrebbe essere ancora di 4 a magnitudine, con una chioma delle dimensioni della Luna. Il 7 gennaio passerà ad appena 3° dal polo celeste nord. Per quanto riguarda la sua osservabilità, possiamo dire che prima del perielio essa sarà visibile fino al 20 novembre per gli osservatori europei, mentre dopo il passaggio tornerà ad essere osservabile, in un cielo sufficientemente buio, intorno al 5 dicembre. In quei giorni la cometa sarà visibile nel cielo del mattino con una magnitudine di circa 1. Dovrebbe essere più luminosa della 1oa magnitudine fino alla fine di febbraio 2014. All'inizio del 2013 le osservazioni visuali e le immagini riprese da astrofili e professionisti mostravano che la cometa era circa 0,5 magnitudini più brillante di quanto inizialmente previsto. All'inizio di aprile 2013, la luminosità della chioma era stata stimata di magnitudine 14. Ha sorpreso un po' tutti il fatto che in quei giorni era già visibile una minuscola coda (fig. 8). Nelle settimane dopo la sua ricomparsa nel cielo del mattino, all'inizio di settembre 2013, ha mostrato un'evoluzione deludente, mostrandosi solo di magnitudine 12 e appena di magnitudine 8 intorno al 10 novembre scorso. In quest'ultimo periodo la sua luminosità era distribuita su un chioma di circa 5' di diametro con un falso nucleo piuttosto debole. Un fatto positivo era costituito dalla estensione della coda, allora già notevole. Tuttavia, il 13 novembre, la ISON ha sorpreso gli osservatori in modo positivo: in sole 48 ore, i tassi di produzione di gas e polveri sono aumentati in modo assai consistente. FIG. 7: In questa bella immagine della C/2013 R1 Lovejoy, ottenuta da Martin Nischang il 14 novembre scorso, la chioma della cometa è particolarmente estesa. Pagina 64 ASTRONOMIA NOVA n. 17, marzo – settembre 2013 R. Calanca, Quattro comete FIG. 8: Le due immagini della ISON, a sinistra del 3 marzo 2013, a destra del 13 aprile, mostrano un piccolo accenno di coda. L’autore è Franz Xavier Kohlhauf, che le ha realizzate con un C14 e Canon EOS 600D a 1600 ISO e 3 minuti di esposizione. Contemporaneamente, la sua magnitudine ha raggiunto la 5,0, diventando visibile ad occhio nudo in diverse località con un buon cielo e scarso inquinamento luminoso. Mentre scriviamo queste note, l'evoluzione futura della cometa è quanto mai incerta. L'aumento repenti- no di luminosità al quale abbiamo assistito, potrebbe anche preludere alla disintegrazione del nucleo. Se la ISON sopravvivrà all'inferno solare, potrebbe essere paragonabile, per magnitudine alla cometa McNaught del 2007 o alla Grande Cometa del 1680, la cui orbita è Percorso della cometa ISON dal 31 ottobre al 25 dicembre 2013 (tratto dal sito: www.aerith.net/comet/ catalog/2012S1/2012S1. html . R. Calanca, Quattro comete talmente simile da far pensare che le due comete si siano originate dalla frammentazione di una preesistente cometa. La piccola distanza tra l'orbita della ISON e la Terra, rende possibile la formazione di uno sciame meteorico prodotto dalla cometa. Infatti, in fase di avvicinamento alla parte interna del Sistema solare, la ISON, il 2 novembre 2013 è passata a 3,5 milioni di km dall'orbita della Terra, in un punto che il nostro pianeta raggiungerà il 16 gennaio 2014. Questo sciame meteorico dovrebbe avere una velocità geocentrica di circa 50 km/s, mentre il radiante dovrebbe essere compreso tra le stelle Eta e Gamma della costellazione del Leone. Vedremo cosa accadrà davvero il prossimo 16 gennaio 2014! Infine, da non dimenticare il fatto che la NASA ha chiesto ad un comitato di esperti di comete di formare e coordinare una campagna di osservazione della ISON alla quale possono aderire anche gli astrofili. Il sito dal quale raccogliere le informazioni per aderire alla campagna è http://www.isoncampaign.org/ , men- ASTRONOMIA NOVA n. 17, marzo – settembre 2013 FIG. 9: Straordinaria immagine della ISON, ripresa il 21 novembre 2013 con un telescopio ASA da 12"/f/3.6, FLI ML 8300, dal Farm Tivoli, Namibia, © 2013 Gerald Rhemann. tre la pagina Facebook groups/482774205113931. La cometa ISON ripresa il 7 novembre scorso dall'Osservatorio Astronomico dell'associazione "Le Pleiadi" di Pantane, sulla Sila, www.associazionelepleiadi.com/. La cometa è stata fotografata con il telescopio di 50cm dell'Osservatorio nell'ambito di un programma di ricerca promosso da EAN, e condotto da Rodolfo Calanca e Salvo Massaro. L'immagine è stata elaborata da Marco Burali, MTM Observatory,www.osservatoriomtm.it. Rodolfo Calanca è direttore editoriale di ASTRONOMIA NOVA, https://docs.google.com/open? id=0BxRVI4UFuL2kR21KNlJsLXBVem8 Pagina 65 è: www.facebook.com/ Il passaggio al perielio della cometa ISON come verrà visto dalla sonda solare SOHO. Pagina 66 ASTRONOMIA NOVA n. 17, marzo – settembre 2013 CONFERENZE E CORSI DI ASTRONOMIA PROMOSSI DA EAN 2013-2014 Ean propone alle scuole ed alla comunità astronomica nazionale conferenze e corsi di astronomia tenuti da relatori esperti a livello professionale. Questi eventi si possono svolgere all'interno di strutture pubbliche o private a scelta del committente (aule scolastiche, biblioteche pubbliche e private, Osservatori Astronomici, enti culturali privati, circoli, agriturismi, ecc.). Ecco alcuni esempi di conferenze che i nostri collaboratori propongono all'attenzione del pubblico: ESEMPI DI CONFERENZE: - I volti di Selene, la Luna da Galileo all'Apollo 11 (durata di 1h 30m) - I transiti di Venere, la misura della parallasse solare nel corso dei secoli (durata di 1h 30m) - I pianeti del Sistema Solare, un'introduzione alla famiglia del Sole (conferenza della durata di 1h 30m) - I pianeti extrasolari, da secoli l'uomo ha cercato pianeti intorno ad altre stelle. Oggi se ne conoscono centinaia, qualcuno ha le caratteristiche per ospitare la vita? (durata di 1h 30m) - Stelle e galassie, un'introduzione all'astrofisica (durata di 1h 30m) - Copernico questo sconosciuto (durata di 1h 30m) - Galileo e il cannocchiale, quando l'idea del mondo cambiò (durata di 1h 30m) - Giovanni Domenico Cassini, l'astronomo del re Sole, il più grande osservatore del cielo del XVII secolo (durata di 1h 30m) - Giovanni Keplero, e le prime leggi dell cosmo (conferenza della durata di 1h 30m) - L'Astronomia di Leonardo da Vinci, aspetti poco co- nosciuti delle ricerche di uno dei più grandi geni dell'umanità (conferenza della durata di 1h 30m) - Isaac Newton, l'ultimo dei maghi (conferenza della durata di 1h 30m) - Albert Einstein e i paradossi del tempo (conferenza della durata di 1h 30m) I CORSI: - Astronomia generale, livello medio (3 giorni, in un fine settimana) - La progettazione di un Osservatorio e l'utilizzo del telescopio (3 giorni, in un fine settimana) - Corso avanzato di fotografia planetaria (3 giorni, in un fine settimana) - Astrofotografia di profondo cielo (3 giorni, in un fine settimana) - La fotometria dei transiti extrasolari (3 giorni, in un fine settimana) - La ricerca degli asteroidi (3 giorni, in un fine settimana) - Metodi di ricerca delle SN (3 giorni, in un fine settimana) - Fotometria stelle variabili (3 giorni, in un fine settimana) - Astrometria (3 giorni, in un fine settimana) Il coordinatore dei corsi e delle conferenze è Rodolfo Calanca. Per ulteriori informazioni: [email protected] cellulare: 348-3687842 Osservatorio “Le Pleiadi” ASTRONOMIA NOVA n. 17, marzo – settembre 2013 Pagina 67 L'OSSERVATORIO ASTRONOMICO DELL'ASSOCIAZIONE "LE PLEIADI" L'universo è fatto della stessa sostanza di cui son fatti i sogni www.associazionelepleiadi.com E’ la passione di un gruppo di astrofili catanzaresi, magistralmente guidati da Desiderio Noto, che ha reso possibile la realizzazione dello splendido Osservatorio "Le Pleiadi". La loro storia è un autentico inno d'amore per la fotografia e l’astronomia. I molti anni trascorsi all’addiaccio, alla ricerca di un sito privo di inquinamento luminoso, sono stati coronati da pieno successo. Il luogo dove è sorto l'Osservatorio è in località Pantane (39° 06’ 00’’ N 16° 32’ 51’’ E, a 1300 m. s.l.m), nel Comune di Taverna. E’ indubbiamente quanto di meglio il territorio catanzarese possa offrire in termini di condizioni climatiche, trasparenza del cielo e accessibilità in ogni periodo dell’anno. Nel 2002 si inaugura l’osservatorio e da allora è stato un susseguirsi di arricchimenti strumentali e tecnologici. Da ultimo, l’associazione decide di fare un ulteriore passo: si apre al pubblico, con un programma di divulgazione. Da qui la necessità di creare una nuova struttura idonea ad ospitare gruppi di visitatori e meeting didattici. Nel 2013 sono state costruite due cupole rispettivamente di 5 e 6 metri di diametro che ospitano due potenti telescopi e strumentazione tecnologicamente avanzata. Oggi l’osservatorio è attivo ed è orgoglioso di rappresentare un’eccellenza regionale nel suo genere. Esso è ubicato in località Pantane nella parte più meri- dionale della Sila Piccola, in prossimità della diga del Lago Passante. Si tratta di una tipica località turistica montana vicina ai più famosi Villaggio Mancuso e Villaggio Racise, insediamenti urbani che si sono sviluppati nella prima metà del secolo scorso in mezzo alla lussureggiante foresta del Parco Nazionale della Sila. La zona ha una morfologia moderatamente ondulata, con precipitazioni medie annue intorno a 1.300 mm d'acqua, mentre la temperatura media annua è di circa 10 gradi centigradi, il clima mite mediterraneo. Di particolare interesse sono le adiacenti Riserve Naturali Biogenetiche di Povarella e del Monte Gariglione, nelle quali si può ammirare il pino laricio calabrese detto proprio Gariglione. Rende famosa la zona la presenza del lupo e di altre particolari specie faunistiche quali l’astore ed il picchio nero. A pochi chilometri di distanza, in località Monaco è visitabile il bellissimo e didatticamente interessante Museo Verde del Corpo Forestale delle Stato. L’Associazione, costituita da appassionati di astrofotografia, svolge più attività, tra le quali quella didattica e di divulgazione. Non mancano gli Star Party organizzati soprattutto nel periodo estivo. Uno degli obiettivi è creare, servendosi delle grandi potenzialità dell’osservatorio, un polo d’attrazione per il mondo dell’astronomia calabrese, purtroppo povero di strutture e strumentazioni moderne. Pagina 68 ASTRONOMIA NOVA n. 17, marzo – settembre 2013 Osservatorio “Le Pleiadi” I telescopi dell’Osservatorio sono un 50cm, f/8, di produzione Marcon, alloggiato sotto una cupola Gambato di 6 metri di diametro e un 60cm dell’Officina Stellare, nella cupola Gambato di 5 metri. Il primo utilizza un telescopio guida Pentax dotato di una camera CCD SBIG ST 8300 e, nel suo fuoco, è installata un’ottima camera FLI ProLine 1024x1024 (figura a fianco), con sensore Kodak KAF 1001E, retroilluminato, con fotoelementi di 24 micron (area: 24,5 x 24,5 mm). L’efficienza quantica QE del KAF 1001E presenta un picco del 70% a 570 nm (vedi figura sotto, linea in blu), mentre cade al 35% intorno ai 400 nm. La QE è invece buona nel rosso e nel vicino infrarosso (60% a 700 nm, 30% a 900 nm). L’utilizzo di questa camera, abbinata alla ruota porta filtri e sul riflettore Marcon, è particolarmente indicato in ricerche fotometriche di alta precisione, per stelle variabili, transiti extrasolari, fotometria cometaria, ecc. A fianco, il telescopio Marcon di 50cm, f/8, alloggiato nella cupola di 6 metri di diametro. Osservatorio “Le Pleiadi” Il 60cm è uno strumento compatto di 2,28 m di focale su di una montatura 10 Micron GM4000 HPS. Dispone di una camera CCD Apogee Alta F16M con sensore Kodak KAF-16803, con ben 16 milioni di fotoelementi! Ogni fotoelemento è di 9x9 micron (l’area totale fotosensibile è 36,8x36,8 mm). A sinistra, la camera CCD Apogee Alta F16M. A destra, la curva di efficienza quantica QE del sensore KAF-16803 ASTRONOMIA NOVA n. 17, marzo – settembre 2013 Pagina 69 La QE del sensore è mediamente inferiore a quella del KAF 1001E: a 550 nm ha un picco del 60%, a 400 nm raggiunge il 40%, lo stesso valore che ha a 700 nm. Il sensore si presta bene alla fotometria di precisione nel visibile. I due telescopi e le cupole che li ospitano sono stati automatizzati da Omega Lab OCSIII, http:// www.omegalab-atc.com/ , di Salvo Massaro. Pagina 70 ASTRONOMIA NOVA n. 17, marzo – settembre 2013 Osservatorio “Le Pleiadi” I nt er n o del l a t er za c up ol a dell’Osservatorio “Le Pleiadi”, che ospita un rifrattore Pentax da 125 mm. Recentemente è stata installata una terza cupola di 3 metri di diametro, anche questa di produzione Gambato, che ospita un bel rifrattore Pentax 125 mm F/4.9, su montatura 10Micron, GM2000. Al suo fuoco è installata una camera CCD FLI MicroLine 8300 con ruota porta filtri. Il Pentax e la camera CCD funzionano splendidamente (ma anche la qualità del cielo non scherza!). Lo dimostra ampiamente l’immagine di test qui a fianco, una ripresa di una parte delle Pleiadi eccezionalmente profonda (l’immagine in alta risoluzione è qui: https:// d r i v e . g o o g l e . c o m / f i l e / d/0BxRVI4UFuL2kV3ZsbzJTTVpYTmc/edit? usp=sharing) ottenuta con 5 minuti di esposizione e con stelle rilevabili di magnitudine intorno alla 20 a. In questa immagine e in quella a fianco, Maurizio Favi, esperto di hardware elettronico e collaboratore di Salvo Massaro nell’automazione di Osservatori astronomici, sta installando le apparecchiature elettroniche per la gestione della cupola di 3 metri e della strumentazione ottica in essa alloggiata. Un elenco di Osservatori automatizzati da Salvo Massaro è nel sito Omega Lab: www.omegalab- atc.com/ Il sensore Kodak KAF 8300 della camera CCD ha delle ottime prestazioni anche nel blu: a 400 nm ha un QE del 40% (lo stesso valore a 700 nm), il picco è a 550 nm con il 57%. Le tre cupole dell’Associazione “Le Pleiadi”, che si stagliano nel cielo della Sila, sono un grande esempio dell’intraprendenza e dell’intelligenza di un gruppo di appassionati calabresi fortemente motivati da una passione sconfinata. Per contattare l’Associazione: [email protected] FOAM13, Cometa McNaught ASTRONOMIA NOVA n. 17, marzo – settembre 2013 Pagina 71 LA COMETA MCNAUGHT OSSERVATA AL TELESCOPIO NAZIONALE GALILEO DALL’EQUIPE SCIENTIFICA DELLA FOAM13 DI TRADATE Luigi Bignami Responsabile dei rapporti con la stampa per FOAM13 Federico Manzini, Responsabile della sezione scientifica della Fondazione Osservatorio Astronomico di Tradate (FOAM13) e del progetto FOAM13-TNG, assieme a Roberto Crippa, presidente della FOAM13 e Gigi Oldani con altri collaboratori, grazie anche all’interessamento di Patrizia Caraveo, direttrice dell’istituto di astrofisica spaziale e fisica cosmica di Milano (IASF) e di Giovanni Bignami, presidente dell'INAF (Istituto Nazionale di Astrofisica), hanno avuto l’approvazione peri utilizzare il Telescopio Nazionale Galileo Galilei per lo studio delle comete in particolare, la 260P-McNaught. Il Telescopio Nazionale Galileo (TNG) è un telescopio di 3,58 metri di diametro situato a Roque de Los Muchachos sulla sommità dell'isola di La Palma (Canarie) ad una quota di circa 2400 metri. E’ il più importante strumento ottico della comunità astronomica italiana e uno dei più importanti dell’emisfero nord. Inaugurato nel 1997, nel 2002 entrò a far parte dell'Istituto Italiano Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF); per assicurarne il sostegno finanziario è stata istituita nel 2008 la Fondazione Galileo Galilei (FGG) che lo gestisce. Oltre all’italiano TNG, la cima del Roque de Los Muchachos ospita alcuni tra i più importanti telescopi astronomici del mondo, quali la Torre Solare Svedese (SST), che fornisce immagini della superficie solare, lo spagnolo Gran Telescopio Canarias (GranTeCan) da 10,4 metri di diametro, l'inglese William Herschel Telescope (diametro 4,2 metri). Le osservazioni presso il TNG possono essere proposte attraverso il Comitato italiano di Assegnazione del Tempo (in inglese Time Allocation Commettee, TAC), il quale distribuisce, in base solamente al merito scientifico delle proposte, il 75% del tempo disponibile. Il restante 25% del tempo è a disposizione della comunità astronomica spagnola ed internazionale. E’ stato quindi un grandissimo successo e soddisfazione, ci dice Roberto Crippa presidente della FOAM13, nel vedere approvata la nostra richiesta e di poter collaborare, professionalmente, con il più importante e prestigioso telescopio d’Italia. La cometa 260P-McNaught è una cometa periodica scoperta nel 2005 dall’Astronomo Robert McNaught e ritrovata nel maggio 2012 dall’astronomo ceco Martin Masek. Pagina 72 ASTRONOMIA NOVA n. 17, marzo – settembre 2013 FOAM13, Cometa McNaught L’Osservatorio Astronomico alle Canarie che ospita il TNG (Telescopio Nazionale Galileo), http:// it.wikipedia.org/wiki/ T e l e s c o pio_nazionale_Galileo Il suo periodo orbitale è di circa 7 anni ed è una cometa nuova arrivata da poco nelle vicinanze del nostro Sole e che da osservazioni fatte al telescopio principale della FOAM13 e della Stazione Astronomico di Sozzago, ha destato molto interesse per i dettagli morfologici che aveva sviluppato negli ultimi mesi. FOAM13 conduce campagne di osservazioni sulle comete da molti anni, insieme allo studio degli asteroidi, stelle variabili e pianeti extrasolari. Per le comete lo studio riguarda, in particolar modo, il posizionamento e l’evolversi e la velocità dei getti di gas e polvere che fuoriescono dalla superficie del nucleo cometario; questi si creano con il riscaldamento per l’avvicinamento al nostro Sole. Questo studio permette anche la determina- zione del periodo di rotazione e dell’inclinazione dell’asse di rotazione del nucleo rispetto al suo piano orbitale. E’ importante studiare questi piccoli corpi (le dimensioni tipiche di un nucleo cometario possono variare da poche centinaia di metri fino a 20-40 km di diametro), perché rappresentano il materiale più antico nella costruzione del nostro Sistema Solare che potrebbe pure essere considerato come materiale “intoccato” dal momento della nascita del Sistema Solare, circa 5 miliardi di anni fa. I primi risultati dalle immagini del TNG appaiano molto interessanti, ma ci vorranno alcuni mesi per la loro elaborazione e pubblicazione sulle più importanti riviste italiane e internazionali Immagine in B/N, a sinistra, e in falsi colori, a destra, della condensazione centrale della cometa Cometa 260P McNaught, ottenuta da FOAM13 al Telescopio Nazionale Galileo Star Party del silenzio ASTRONOMIA NOVA n. 17, marzo – settembre 2013 Pagina 73 UN GRANDE SUCCESSO LO STAR PARTY DEL SILENZIO! Un evento in onore di Andrea Bocelli e la celebrazione galileiana del 400° della pubblicazione della “Istoria e dimostrazioni intorno alle macchie solari” Lajatico (Pisa), 5-6-7 luglio 2013 Il gruppo scultoreo al centro del Teatro del Silenzio a Lajatico Due grandi pisani, di ieri e di oggi, sono stati onorati e celebrati a Lajatico il 5-6-7 luglio. Sono state notti davvero magiche, ma anche giornate piene e di grande intensità, quelle che Lajatico ha dedicato a Galileo Galilei e Andrea Bocelli, due straordinarie icone della scienza e della musica. L’evento era rivolto a tutti coloro che amano l’astronomia e la musica, un connubio tra scienza e arte che, in queste Terre toscane, ha raggiunto, nel corso dei secoli, vette ineguagliate. Basti ricordare che lo stesso Galileo Galilei, il più grande scienziato italiano di ogni tempo, fu anche un profondo cultore della musica, oltre che un raffinato liutista. Inoltre, il padre, Vincenzo, contribuì in maniera significativa alla rivoluzione musicale che porterà alla nascita della musica moderna. Lo Star Party del Silenzio, e gli eventi ad esso connessi, è una proposta del Comune di Lajatico, della Fondazione Andrea Bocelli, di EAN (European Astrosky Network), dell’Associazione Teatro del Silenzio e della Società Astronomica Italiana e con il patrocinio scientifico dell’INAF (Istituto Nazionale di Astrofisica), dell’ASI (Agenzia Spazile Italiana) e dell’ESA (European Space Agency). LAJATICO Lajatico, piccolo borgo toscano di 1300 abitanti, sorge su una collina situata alla sinistra del fiume Era. Il territorio del comune risulta compreso tra i 50 e i 628 metri sul livello del mare. L'escursione altimetrica complessiva risulta essere pari a 578 metri. Il toponimo deriva dal nome di persona romano Larius. I primi insediamenti nella zona di Lajatico risalgono all'epoca etrusco-romana, tuttavia il consolidamento del borgo attuale avvenne a partire dal XII secolo, quando il borgo si sviluppò attorno a un castello di proprietà dei Conti Pannocchieschi del ramo degli Elci. Pagina 74 ASTRONOMIA NOVA n. 17, marzo – settembre 2013 Star Party del silenzio Il prof. Cesare Barbieri durante la conferenza GLI EVENTI Il 5 luglio, alle ore 18:00, nel Teatro comunale di Lajatico è stato inaugurato sia lo Star Party del Silenzio sia la mostra fotografica “Notturni e dintorni” di Marco Meniero e Andreina Ricco. “Notturni e dintorni” rappresenta un percorso fotografico che ha come tema conduttore il Cielo Notturno nelle sue variegate sfumature che spaziano dalle luci dei crepuscoli fino agli astri ripresi sui panorami terrestri. La mostra raccoglie stampe di fotometeore, congiunzio- ni planetarie, cieli stellati su paesaggi americani, tramonti, albe, il leggendario raggio verde e la Luna. Secondo gli Autori, l’astrofotografo plasma immagini che raccontano molto più di quanto si possa semplicemente vedere. L’esposizione che presentiamo è il nostro tentativo di raffigurare il firmamento e di esprimerlo con il linguaggio della fotografia al fine di far pensare e sognare. La sera del 5 luglio alle ore 21, nel Teatro Comunale di Lajatico, il prof. Cesare Barbieri tiene la conferenza: “Il nuovo Sistema solare". Ecco una breve sintesi della conferenza. A metà 2008, cinque corpi del sistema solare sono stati classificati come pianeti nani: Cerere, situato nella fascia degli asteroidi, e altri quattro corpi situati al di là dell'orbita di Nettuno, Plutone (in precedenza classificato come il nono pianeta), Haumea, Makemake, e Eris. Sei dei pianeti e tre dei pianeti nani hanno in orbita attorno a essi dei satelliti naturali; inoltre tutti i pianeti esterni sono circondati da anelli planetari, composti di polvere e altre particelle. L’esplorazione del Sistema Solare, iniziata negli anni Sessanta con la corsa alla Luna, si è rivolta a partire dal decennio successivo prima ai pianeti più vicini e più simili alla Terra, Venere e Marte, per raggiungere progressivamente tutti gli altri corpi e i confini estremi del sistema. Una delle principali missioni spaziali su Giove è la Juno della NASA che studierà il campo magnetico di Giove attraverso una sonda che manterrà una orbita polare. È stata lanciata il 5 agosto 2011 a bordo di un razzo Atlas V dalla Cape Canaveral Air Force Station, in Florida. Il Teatro comunale di Lajatico durante l’allestimento della mostra fotografica “Notturni e dintorni” di Marco Meniero e Andreina Ricco. Star Party del silenzio Juno è stata sviluppata nell'ambito del Programma New Frontiers, che prevede la realizzazione di missioni spaziali altamente specializzate e a medio costo (non superiore a 700 milioni di dollari). I suoi principali obiettivi saranno: - cercare di comprendere le proprietà strutturali e la dinamica generale del pianeta attraverso la misurazione della massa e delle dimensioni del nucleo, dei campi gravitazionale e magnetico; - misurare la composizione dell'atmosfera gioviana (in particolare le quantità di gas condensabili come H2O, NH3, CH4 e H2S), il profilo termico, il profilo di velocità dei venti e l'opacità della nubi a profondità maggiori di quelle raggiunte dalla sonda Galileo; - investigare sulla struttura tridimensionale della magnetosfera dei poli. Sarà la prima missione diretta su Giove ad usare pannelli solari invece di generatori termoelettrici a radioisotopi. Lo Star Party del Silenzio si è tenuto nella splendida cornice del Teatro del Silenzio nel corso della notte del 5 luglio. Si è trattato di un raduno, aperto al pubblico, di appassionati di astronomia che ha avuto lo scopo di condurre delle osservazioni collettive a caccia di oggetti affascinanti, quali pianeti, comete, stelle e galassie. Al- ASTRONOMIA NOVA n. 17, marzo – settembre 2013 Pagina 75 meno due dozzine di telescopi erano puntati verso il cielo, per mostrare a centinaia di adulti e bambini le bellezze del Creato. Il 6 luglio, dalle ore 10:30 alle 17:30, nel Teatro Comunale di Lajatico, si è tenuto il convegno: "Armonia delle sfere", organizzato dalla Società Astronomica Italiana, e gestito dal prof. Massimo Mazzoni dell’Università Firenze. il Convegno, in onore di Andrea Bocelli, ha visto la partecipazione, tra gli altri, astronomi, storici, musicologi ed artisti. E' stato ampiamente sottolineato il fatto che la musica e l’astronomia hanno avuto, nel corso di molti secoli, un percorso comune. Secondo Pitagora, il Sole, la Luna e i pianeti produrrebbero, a causa dei loro movimenti di rotazione e rivoluzione, un suono armonico continuo, impercettibile dall'orecchio umano. Nel mondo greco il cosmo era paragonato ad una scala musicale, dove i suoni più acuti erano assegnati a Saturno e alle stelle fisse. In seguito, Platone descrisse l'astronomia e la musica come studi gemellati per le percezioni sensoriali: astronomia per gli occhi, musica per le orecchie, ma entrambe riguardanti proporzioni numeriche. Giovanni Keplero, nel Seicento, descrisse le consonanze fra percezioni ottiche, forme geometriche, musica e armonie planetarie: il loro punto d'incontro è rappresentato dalla musica delle sfere. Pagina 76 ASTRONOMIA NOVA n. 17, marzo – settembre 2013 Star Party del silenzio A sinistra, il sindaco di Lajatico, nonché presidente dell’Associazione Teatro del Silenzio, Fabio Tedeschi, porge ai convenuti il saluto delle autorità cittadine. Nella foto a fianco, il prof. Massimo Mazzoni, dell’Università di Firenze, porta il saluto della Società Astronomica Italiana ed introduce il convegno. A sinistra, il prof. Paolo Gozza, dell’Università di Bologna, parla de: “L’armonia delle sfere come costruzione musicale del mondo”; a destra, la prof.ssa Eleonora Negri,musicologa, ha parlato di “Musica, numero e cosmo nella filosofia della natura”. Il prof. Paolo Gozza, dell’Università di Bologna, nel suo intervento, ha parlato dell’armonia delle sfere in termini di progetto multidisciplinare. Con questa espressione intende sottolineare che l’armonia delle sfere è una ideazione (un progetto) alla cui realizzazione hanno contribuito i saperi più diversi nel corso dei circa tremila anni di cultura occidentale trascorsi dalla sua prima, antica formulazione. Il prof. Gozza ha inteso indagare la natura di questo progetto, chi e cosa lo ha reso possibile, quali sono i saperi che l’hanno fondato e perché ha avuto ed ha una storia tanto longeva da renderla un modello attualissimo di creatività. La prof.ssa Anna Maria Lombardi ha parlato di: Musica del cielo, armonia del mondo— l'armonia delle sfere celesti nelle opere di Keplero. Sin dall'antichità, astronomi e filosofi hanno cercato di cogliere ordine e sim- metria nel movimento dei pianeti, che danzano contro lo sfondo delle stelle fisse. Questa armonia è stata spesso rappresentata come armonia musicale, se non addirittura sonora. Nel 1600 Keplero elabora un modello del cosmo in cui confluiscono sia la tradizione classica, sia importanti elementi di modernità. In piena rivoluzione copernicana, egli è convinto che le velocità dei pianeti non siano casuali, ma tali da comporre una vera e propria musica celeste. L'armonia delle sfere celesti, così lontana dalla nostra idea di scienza moderna, nelle mani del grande astronomo tedesco diventa la chiave per aprire le porte ad una nuova astronomia e una nuova fisica. I video realizzati da Mogi Vicentini e gli esempi musicali proposti al pianoforte da Alessia Lotano hanno aiutato a viaggiare nel tempo per immergerci in questa straordinaria avventura del pensiero. Star Party del silenzio ASTRONOMIA NOVA n. 17, marzo – settembre 2013 Pagina 77 Intermezzo di musica e danza: Alessandra Odoardi danza, accompagnata al pianoforte da Leonardo Barilaro. Essi hanno costituito il duo “pas de Deux” attraverso il quale sviluppano progetti sperimentali nei quali musica e danza si accostano, si sfiorano e si confondono. A sinistra, Emanuele Groppo si esibisce al flauto traverso, a destra, altro intermezzo musicale di Elisa Piffanelli. - 6 luglio, dalle ore 21:30 : Piazza Vittorio Veneto, Lajatico, grande serata astronomica in onore di Galileo Galilei e Andrea Bocelli La serata inizia con un’esibizione del duo Astroclown (Stefano Tocchio e Aurora) che si sono sbizzarriti con la produzione di splendide e sbalorditive bolle di sapone (che rappresentano tanti pianeti liberi di librarsi nello spazio), per la delizia di grandi e piccini. Il via ufficiale è stato dato dall’esecuzione dell’inno nazionale da parte degli allievi della Scuola Galileiana di Studi superiori dell’Università di Padova, al quale è seguito il saluto del Sindaco Fabio Tedeschi, che ha ricordato alla platea come l’evento sia stato insignito della medaglia di rappresentanza del Presidente della Repubblica, un bel riconoscimento che premia Lajatico e tutti gli organizzatori e i partecipanti allo Star Party del Silenzio. A sinistra, Beppe Vella, Salvo Massaro e Mirco Villi con l’astronauta Paolo Nespoli. Nella foto a destra, il direttivo EAN ( quasi al completo, mancavano solamente Rodolfo Calanca e Marco Meniero) che ha gestito l’evento: Nicolò Conte, Angelo Angeletti, Beppe Vella, Mirco Villi, Salvo Massaro. Pagina 78 ASTRONOMIA NOVA n. 17, marzo – settembre 2013 Star Party del silenzio L’esibizione dell’Astroclown e, a fianco, il sindaco Fabio Tedeschi che saluta il pubblico La festa prosegue con una intensa esibizione del coro “Vincenzo Galilei”. Nel 1975, per volontà di Piero Farulli, si costituisce, presso la Scuola Normale di Pisa, il Coro Vincenzo Galilei, dal nome del padre di Galileo, famoso musicista e teorico della musica. Composto da studenti, docenti e ricercatori della Scuola Normale Superiore e dell’Università di Pisa, il Coro si esibisce ogni anno nell’ambito di Concerti della Normale. È diretto, dal 1990, dal maestro Francesco Rizzi ed esegue un repertorio che spazia da Bach a compositori del ventesimo secolo. Questa sera eseguiranno il Cantique de Jean Racine, Op.11 di Gabriel Fauré (Pamiers, 12 maggio1845–Parigi, 4 novembre1924). Ora entriamo nel vivo della serata, presentando un nostro particolare viaggio verso l’asteroide: "Andreabocelli". A presentare la serata, l’attrice Gemma Messori. Ci alzeremo in volo sopra Lajatico, attraverseremo l’atmosfera terrestre (del volo in atmosfera ci parlerà il generale pilota Giuri) daremo anche un’occhiata agli oggetti volanti non identificati che transitano spesso sulla Valdera, e qui ci aiuterà Moreno Tambellini e, dopo aver attraversato lo strato d’aria che circonda il nostro pianeta, saliremo sulla Stazione spaziale internazionale, accompagnati dall’astronauta Paolo Nespoli. Infine, giungeremo nei pressi dell’asteroide “Andreabocelli”, in compagnia del prof. Cesare Barbieri, direttore della Scuola galileiana di Studi superiori dell’Università di Padova. Il primo relatore della serata è il generale di Brigata Aerea Franco Giuri che nel corso della sua carriera ha prestato servizio presso le scuole di volo di Lecce e Latina, l’Accademia Aeronautica, lo Stato Maggiore A sinistra, la medaglia di rappresentanza del Presidente della Repubblica concessa allo Star Party del Silenzio, sopra, l’esibizione del coro della Normale di Pisa. Star Party del silenzio ASTRONOMIA NOVA n. 17, marzo – settembre 2013 Pagina 79 Il generale Franco Giuri durante il suo racconto di pilota dell’aeronautica militare. A destra, Moreno Tambellini, stu- dioso di oggetti volanti non identificati. dell’Aeronautica, lo Stato Maggiore della Difesa, la Presidenza della Repubblica quale Assistente Militare per l’A.M., ma soprattutto, ed in vari periodi, presso la 46ª Brigata Aerea di cui è stato anche il Comandante dall’anno 2005 all’anno 2006. Ha volato con continuità su 10 diversi tipi di velivoli militari per un totale di più di 5.000 ore di volo. Il generale Giuri racconta con dovizia di particolari le sue esperienze di volo, spesso in situazioni critiche e difficili. Moreno Tambellini, lucchese, ha pubblicato varie inchieste e articoli su riviste ufologiche e partecipa a trasmissioni radio e televisive sul tema. Attualmente è membro del Consiglio Direttivo del Centro Ufologico Nazionale. Il suo primo volume è stato Alieni, è coautore del sesto volume della collana “UFO in Italia” e il suo ultimo libro è UFO e Alieni in Italia. Nel corso del suo intervento ha fatto una breve panoramica dei più significativi eventi ufologici accaduti nella Valdera. Avvistamenti di strani oggetti volanti, atterraggi, incontri ravvicinati del terzo tipo, un breve ma avvincente viaggio nel misterioso mondo degli UFO e degli alieni. Ora tocca a Paolo Nespoli, ingegnere aerospaziale, astronauta italiano della Agenzia Spaziale Europea, http://it.wikipedia.org/wiki/Paolo_Nespoli. Ha volato nello spazio la prima volta ne 2007 con lo Space Shuttle Discovery per una missione di costruzione della Stazione Spaziale Internazionale. E’ ritornato nello spazio una seconda volta nel 2010 questa volta per restare sulla Stazione per quasi sei mesi. Nel 2000 ha volato con Andrea Bocelli sul simulatore dello Shuttle a Houston ed ha portato le sue canzoni dello spazio. L’astronauta Paolo Nespoli nel corso del suo applauditissimo intervento Pagina 80 ASTRONOMIA NOVA n. 17, marzo – settembre 2013 Star Party del silenzio Paolo Nespoli ricorda anche la visita del maestro Bocelli a Houston (foto a destra), nel corso della quale salì sul simulatore di volo dello Shuttle. Il suo intervento di questa serata è intitolato 6 MESI DA EXTRATERRESTRE. Ha parlato delle ragioni per cui si effettuano missioni spaziali abitate e di cosa vuol dire diventare extraterrestre quando si lavora e abita nello spazio per lunghi periodi. Subito dopo l’intervento di Paolo Nespoli, il momento più atteso della serata: l’esibizione di Andrea Bocelli che, accompagnato al pianoforte, ha cantato due splendide romanze di Francesco Paolo Tosti: “Serenata” e “L’alba separa dalla luce l’ombra”, che richiamano en- trambe alla mente il buio della notte, le stelle e tanti aspetti romantici legati al cielo notturno. L’intento del Maestro era di conformarsi al tema “astronomico” della serata con un omaggio canoro ai partecipanti ed agli organizzatori. L’esibizione è stata caldamente applaudita, e molto a lungo, dal folto pubblico! Ed è ora giunto “Andreabocelli”! il momento dell’asteroide Gemma Messori chiama sul palco Sauro Donati, lo scopritore dell’asteroide 21891 che è stato intitolato ad Andrea Bocelli. Astronomo non professionista e co- Star Party del silenzio ASTRONOMIA NOVA n. 17, marzo – settembre 2013 Pagina 81 In queste immagini il momento della dedica del nome dell’asteroide ad Andrea Bocelli. Gemma Messori chiama sul palco lo scopritore, Sauro Donati, mentre Anna Maria Salluce porge la targa-ricordo che sarà consegnata al Maestro. La targa è stata sponsorizzata dall’azienda: “Cristiano di Thiene” fondatore dell’Osservatorio Astronomico di Monte Agliale (Comune di Borgo a Mozzano), con il quale, a partire dall’anno 1997, ha effettuato scoperte di Asteroidi e Supernove extragalattiche. E’ scrittore di articoli e romanzi, musicista e socio fondatore del circolo Lucca Jazz. Sauro Donati racconta le modalità di scoperta dell’asteroide: “E’ avvenuta nell’Osservatorio di Monte Agliale (sorto nel 1997 grazie alla lungimiranza degli amministratori del comune di Borgo a Mozzano, in Pro- vincia di Lucca, e grazie alla passione di persone affascinate dall’astronomia che investirono tempo e risorse in un progetto meraviglioso). Con il telescopio dell’osservatorio, un Newtoniano da 50 cm autocostruito, sono stati scoperti diverse decine di nuovi asteroidi e supernove che hanno procurato, e continuano a farlo, intense emozioni a coloro che ne sono protagonisti. Quella notte del primo Novembre 1999 ero da solo in osservatorio. Il maestro Bocelli riceve la targa di dedica del nome dell’asteroide dalle mani dello scopritore. Pagina 82 ASTRONOMIA NOVA n. 17, marzo – settembre 2013 Star Party del silenzio A sinistra, il telescopio di Monte Agliale con il quale è stato scoperto, il 1° novembre 1999, l’asteroide “Andreabocelli” e, nell’immagine a destra, la prima immagine dell’asteroide, al momento della scoperta, nei pressi della bella galassia NGC 772. Avevo in corso una seduta osservativa, quando mi accorsi che una delle stelle fotografate pareva muoversi rispetto alle altre. Nelle foto successive, riprese in sequenza, questo moto fu confermato, dandomi la certezza che l’oggetto in movimento non era una stella, ma un corpo molto più vicino, appartenente al Sistema Solare. Si trattava di un nuovo asteroide, che aveva lasciato la sua traccia, debole ma indelebile, sui frames della macchina da ripresa. A causa delle condizioni meteo avverse e della sua elusività, non fu facile ritrovarlo nelle sere successive, ma io insistetti e dopo una settimana, quando tutto pareva definitivamente perduto, lo individuai di nuovo tra le stelle. Ricordo che quella sera l’emozione fu grande! E stasera, in questa speciale occasione dove si celebra l’incontro tra musica e astronomia e ricordando che molti astronomi sono anche musicisti (io sono tra quel- li!), ho il privilegio e il piacere di dedicare a un grande cantante italiano una delle mie scoperte più emozionanti. Da quest’anno l’asteroide 1999VZ2, scoperto una sera di 14 anni fa, si chiamerà “‘Andreabocelli’” Gemma Messori invita di nuovo sul palco l’astronauta Paolo Nespoli e Barbara Sarri con i suoi bambini. Barbara è l’editore della rivista “Bambino” sarai tu ! nonché autrice e produttrice del format omonimo. "Bambino" sarai tu ! è la rivista nella quale i bambini scrivono che cosa pensano del mondo, http:// www.bambinosaraitu.it/; è stata distribuita in tutta Italia nel 2011 con il progetto KIZDZ Feltrinelli, oggi è anche in tantissime altre librerie. Il format televisivo "Bambino" sarai tu ! in onda su SKY è ispirato alla rivista e fatto tutto dai bambini. I bambini hanno fatto domande importanti ai due personaggi sul palco, ricevendo risposte simpatiche, sagge e divertenti. Alcuni simpatici momenti legati alle domande dei bambini ed alle spiritose e brillanti risposte di Bocelli e Nespoli Star Party del silenzio La regia EAN della serata, condotta da Angelo Angeletti (a destra in prima fila), al suo fianco Salvo Massaro. Alle spalle, in piedi, Beppe Vela, Nicolò Conte, Enzo Rossi (seduto) e Anna Maria Salluce. L’intervento del maestro Bocelli si è concluso con la simpatica cerimonia della consegna di un bel capo d’abbigliamento da parte dell’ing. Nespoli: la polo “ufficiale” dell’Agenzia Spaziale Europea, prodotta su licenza dalla “Cristiano di Thiene”, www.cristianodithiene.com/portal/, azienda che ha anche sponsorizzato la targa che ricorda la dedica dell’asteroide “Andreabocelli”. La parola passa ora al prof. Cesare Barbieri, ordinario di astronomia all’Università di Padova e presidente della Scuola Galileiana di Studi Superiori della stessa Università. Tra i suoi contributi tecnico-scientifici c’è la costruzione del Telescopio Nazionale Galileo alle Canarie. Il viaggio ideale proposto dal prof. Barbieri parte da Padova nel gennaio del 1610 con il cannocchiale di Galileo Galilei, e ci porterà a Giove e alle sue ‘lune medicee’ a bordo delle sonde GALILEO e JUNO, si spingerà ai ASTRONOMIA NOVA n. 17, marzo – settembre 2013 Pagina 83 Paolo Nespoli dona al maestro Bocelli la polo “ufficiale” dell’Agenzia Spaziale Europea, prodotta su licenza ESA dall’azienda di abbigliamento “Cristiano di Thiene”, che ha anche sponsorizzato la targa di dedica dell’asteroide. confini del sistema solare e verso le stelle più vicine a bordo delle sonde VOYAGERS, andrà poi verso un universo infinitamente esteso con i telescopi dell’osservatorio di Asiago, con i quali infine rientreremo nella fascia degli asteroidi tra Marte e Giove, avvicinandoci il più possibile a quello chiamato ‘Andreabocelli’. Nel corso dell’intervento, è stato effettuato un bel collegamento con l’Osservatorio di Asiago (il maggiore in Italia), nel corso del quale è stato mostrato in diretta uno dei telescopi e sono state proposte le immagini di corpi celesti, quali pianeti, comete, ammassi di stelle e galassie, tutti ripresi con quei telescopi. Il prof. Barbieri ha pure commentato le immagini che sono giunte in simultanea dall’Osservatorio del Tivoli Farm (Namibia) e dall’Associazione ARECA dell’isola de la Réunion. La prima parte dell’intervento del prof. Barbieri, prende spunto da Galileo a Padova e dall’utilizzo del cannocchiale che il grande pisano fece a partire dal 1609, per l’osservazione dei corpi celesti. Pagina 84 ASTRONOMIA NOVA n. 17, marzo – settembre 2013 Star Party del silenzio Le immagini dell’asteroide “Andreabocelli”, giunte il simultanea e in tempo reale da (a sinistra) Fabian Neyer dell’Osservatorio del Tivoli Farm mentre, a destra, immagine dello stesso campo pervenuta dall’Associazione ARECA dell’isola de la Réunion. Rodolfo Calanca, che ha diretto l’evento, ha allora proposto di riunire sul palco il maestro Bocelli, l’astronauta Nespoli, lo scopritore Donati e, naturalmente, il prof. Barbieri, per una foto ricordo che ci immortalava con alle spalle le immagini dell’asteroide che stavano giungendo dall’emisfero sud del mondo. Il maestro Bocelli ha ringraziato ed espresso l’intenzione di dedicare, quale ringraziamento per averlo onorato con queste immagini, le canzoni eseguite pochi minuti prima. Il ringraziamento va sia agli amici dell’ARECA, www.astrorun.com/toscane, sia a Fabian Neyer dell’Osservatorio del Tivoli Farm, www.starpointing.com/andreabocelli.html. Con l’arrivo nei pressi dell’asteroide “Andreabocelli”, documentato da un bel video realizzato da Nicolò Conte, termina la prima parte della serata. La seconda parte della serata, dedicata alla celebrazione del 400° della pubblicazione dell’opera d Galileo sulle macchie solari, si è aperta con un intervento del prof. Alberto Righini che ha ricordato la figura della notissima astronoma Margherita Hack, recentemente scomparsa. Alberto Righini è stato professore di materie astronomiche e astrofisiche presso l’Università di Firenze, dove per più di quarant’anni ha tenuto corsi di Astronomia, di Laboratorio di Astronomia e di Storia dell’ Astronomia. Ha partecipato a grandi campagne internazionali per la fondazione di nuovi osservatori e per lo studio del Sole realizzando anche strumenti ampiamente innovativi. Durante tutta la sua carriera ha svolto un’intensa attività di divulgazione scientifica organizzando scuole dibattiti e conferenze. Recentemente ha scritto, un libro dal titolo Galileo tra In queste due foto, Paolo Nespoli, Andrea Bocelli, Cesare Barbieri, Sauro Donati e Rodolfo Calanca si fanno fotografare con alle spalle la foto del campo dell’asteroide “Andreabocelli”, appena giunta dalla Tivoli Farm. Star Party del silenzio Il prof. Righini ha commemorato, con commosse parole, la professoressa Margherita Hack, recentemente scomparsa. scienza fede e politica. Gli amici dell’Osservatorio della Montagna Pistoiese gli hanno regalato l’asteroide Bertorighini scoperto dal Dott. Luciano Tesi. Il prof. Righini ha raccontato ciò che era accaduto a Galileo a proposito della scoperta delle macchie solari. Ai primi di gennaio del 1612 Marcus Welser banchiere dei gesuiti e governatore di Augusta in Germania, inviò a Galileo, per ottenerne un parere, tre lettere pubblicate dal gesuita Christopher Scheiner che si era firmato Apelles latens post tabula. In queste lettere il gesuita sosteneva che le macchie solari fossero l’ombra di tanti piccoli pianeti che orbitavano attorno al sole. In questa maniera salvava la purezza dell’astro solare come dettato dalla filosofia di Aristotele. Galileo rispose a Welser con tre lettere che poi saranno pubblicate il 22 marzo 1613 dall’accademia dei Lincei di Roma. Dalla lettera di Galileo a Federico Cesi, dalla villa delle Selve in Signa il 12 Maggio 1612: ASTRONOMIA NOVA n. 17, marzo – settembre 2013 Pagina 85 ………..Col prossim'ordinario le manderò) una lettera che scrivo al Signor Marco Velserio in materia delle macchie solari, [essendo stato] pregato di dover dir il parer mio intorno alle 3 lettere mandategli dal finto Apelle, …….. Circa le quali macchie io finalmente concludo, e credo di poterlo necessariamente dimostrare, che le sono contigue alla superficie del corpo solare, dove esse si generano e si dissolvono continuamente, nella guisa appunto delle nugole intorno alla terra, e dal medesimo sole vengono portate in giro, rivolgendosi egli in sè stesso in un mese lunare con revolutione simile all'altre de i pianeti, cioè da ponente verso levante intorno a i poli dell'eclittica: la quale novità dubito che voglia essere il funerale o più tosto l'estremo et ultimo giuditio della pseudofilosofia, essendosi già veduti segni nelle stelle, nella luna e nel sole; e sto aspettando di sentir scaturire gran cose [dai filosofi peripatetici] per mantenimento della immutabilità de i cieli, la quale non sodove potrà essere salvata e celata, già che l'istesso sole ce l'addita con sensate manifestissime esperienze: onde io spero che le montuosità della luna sieno per convertirsi in uno scherzo et in un solletico, rispetto a i flagelli delle nugole, de i vapori e fumosità, che su la faccia stessa del sole si vanno producendo, movendo e dissolvendo continuamente. Galileo aveva visto bene, le sue risposte sul problema delle macchie solari misero in subbuglio il mondo filosofico e teologico dando origine alla grande inimicizia con i gesuiti. Galileo è anche famoso per essere stato un critico, a volte feroce, nei confronti dei suoi avversari e nemici. Una delle satire più pungenti è ancora oggi molto conosciuta, e porta il titolo di: “Contro il portar la toga”. Alcuni suggestivi momenti dell’intervento del prof. Alberto Righini su Galileo Pagina 86 ASTRONOMIA NOVA n. 17, marzo – settembre 2013 Star Party del silenzio Ecco come il prof. Andrea Battistini, dell’Università di Bologna, descrive questa satira galileiana: “Quando Galileo ottenne il suo primo insegnamento di matematica all’università di Pisa, si trovò circondato da colleghi che erano ancora ostinatamente fedeli alla scienza e alla filosofia di Aristotele, nemici giurati della nuova scienza. Benché in quel tempo fosse appena trentenne, Galileo non mancò di esercitare il suo temperamento focoso e sarcastico contro i suoi avversari ancora legati a metodologie antiquate. Un’occasione di scontro con le autorità accademiche pisane fu determinata dall’emanazione di una norma che obbligava i professori a indossare la toga anche al di fuori della loro attività professionale, ossia anche quando non insegnavano dalla cattedra. Galileo allora compose un componimento intitolato Contro il portar la toga per esprimere tutto il suo fastidio nei confronti di un ambiente che riesumava consuetudini anacronistiche, per manifestare il suo disgusto per un capo di vestiario che ricordava tangibilmente la condizione di professore malpagato costretto a illudersi, per l’obbligo di indossarlo, di incarnare le glorie del passato e per scaricare la sua rabbia verso un simbolo dell’ipocrisia universitaria. Nei limiti di uno scherzo goliardico fatto anche per divertimento, affiora già nel desiderio di rinunziare alla toga la volontà di Galileo di denunziare gli inutili rituali trafiggendoli con gli strali polemici della satira, ricorrendo a una tecnica di cui faranno le spese i suoi molti nemici, de- Il frontespizio dell’opera di Galileo sulle macchie solari nudati come qui della loro supponenza vana e tronfia, avvolgente la loro nullità”. Una selezione di versi della satira galileiana è stata recitata da Mariano Vannozzi, un poliedrico personaggio, medico di professione che ha cuore e mente votati all’arte: come attore fa parte da 23 anni del gruppo teatrale “L’Albero di Putignano” (senza disdegnare apparizioni anche in altri gruppi) ed è stato protagonista di molti film realizzati da Corte Tripoli Cinematografica. E’ un raffinato poeta, con numerose pubblicazioni in vernacolo pisano. Canta in diverse corali. zioni per la ripresa fotografia e per i viaggi dedicati. Immagini ovviamente riprese dal sottoscritto (dall’eclisse totale di Aruba del 1998) con particolare spazio riservato all’ultima eclisse totale di Sole ve- Star Party del silenzio 7 luglio, dalle ore 10:00 Teatro Comunale RELAZIONI ALLO STAR PARTY DEL SILENZIO per il Convegno: “L’astronomia con piccoli telescopi” organizzato da Mirco Villi LORENZO BRANDI Il contributo degli astrofili dotati di strumenti amatoriali La ricerca ed individuazione di comete e piccoli asteroidi è appannaggio di astrofili moderni specializzati ormai da svariati decenni. Ma la loro scoperta richiede tecniche alquanto sofisticate e soprattutto strumentazione potente. Tuttavia anche chi dispone di strumenti più modesti può dare un contributo rilevante con le sue osservazioni all'astronomia dell'oggi. Le relazioni spinorbita nella sterminata miriade di asteroidi ad esempio possono essere registrate con una relativa semplicità. Certo, più il fotometro è pronto più puntuale sarà la risposta, ma la rilevazione in sé non pecca per la scarsa luminosità del bersaglio, visto che ancora simili curve di luce mancano anche per oggetti di considerevoli dimensioni. l campo delle variabili, soprattutto le variabili cataclismiche, sono un altro campo dove gli astrofili possono dare un significativo contributo. Ancora una volta non dobbiamo salire a magnitudini elevate per trovare obiettivi da monitorare. Un campo d'indagine molto stimolante dell'ultimo decennio sono i transiti di pianeti extrasolari. In alcune circostanze, anzi, la luce della stella è tanto intensa da rendere difficoltosa la precisa valutazione della variazione di luce. Si tratta di un problema di rapporto segnale/rumore non di raccolta luce, e dunque di dimensioni dello strumento. Un ulteriore ambito nel quale gli astrofili dotati di strumentazione "normale" possono dare contributi rilevanti riguarda le occultazioni lunari; da quelle radenti si riesce a determinare la posizione dell'osservatore, dalle altre indizi sulla stima dell'ordine di grandezza del raggio stellare. ASTRONOMIA NOVA n. 17, marzo – settembre 2013 Pagina 87 rificatasi lo scorso 13 nov. 2012 in Australia (eclisse e viaggio). Anche in questa presentazione sono comprese immagini del cielo australe riprese con l’Astrotrack (vedi in allegato esempio della Piccola Nube di Magellano). GIANCARLO CORTINI La ricerca amatoriale di supernovae degli ultimi 20 anni Sono passati ormai 20 anni dai primi tentativi di ricerca di supernovae ed i risultati sono stati molto importanti. Si contano numerose le scoperte da parte degli astrofili, alcune anche importanti. Viene fatta una panoramica sugli ultimi 20 anni di ricerca e sulle prospettive future. DANIELE GASPARRI Tecniche, trucchi e segreti dell’imaging planetario Come si ottengono le bellissime immagini planetarie che circolano in rete e sulle riviste astronomiche? Vediamo una panoramica della tecnica, della strumentazione e soprattutto di trucchi e segreti che spesso vengono custoditi gelosamente dai più bravi. Ogni strumento è capace di regalare visioni mozzafiato dei pianeti, del Sole e della Luna: sfruttiamolo in pieno! SAURO DONATI La ricerca di corpi minori del sistema solare e l’asteroide 1999VZ2 “Andreabocelli” Gli Asteroidi offrono agli astronomi la possibilità di studiare il Sistema Solare dalle sue origini. Al contrario dei pianeti di tipo terrestre, che hanno subito importanti fenomeni geologici dovuti alle forze endogene, gli Asteroidi e le Comete conservano le proprietà del materiale originario, senza riprocessamento dei minerali. ALBERTO VILLA In viaggio a caccia di eclissi Per quanto riguarda le eclissi si tratta dell’illustrazione del fenomeno astronomico con accenni storici, indica- Da sinistra: Lorenzo Brandi, Alberto Villa, Giancarlo Cortini Pagina 88 ASTRONOMIA NOVA n. 17, marzo – settembre 2013 Star Party del silenzio E’ questo che li rende una inesauribile fonte di informazioni, ma non è tutto. Grazie alla scoperta dei corpi minori si è potuto dare un grande impulso all’Astronautica, attraverso la conferma di ardite teorie matematiche. E’ sufficiente pensare alla grande intuizione di Lagrange in merito al comportamento di corpi di massa trascurabile, immersi in un campo gravitazionale complesso. Ma sappiamo anche che Asteroidi e Comete possono rappresentare un serio pericolo per la vita sulla Terra. La caduta di meteoriti di una certa massa non è così improbabile come si pensa. Le scoperte dei NEO (Near Earth Objects) in numero sempre maggiore, ci ricorda che siamo circondati da una popolazione di corpi celesti orbitanti in traiettorie tali da essere potenzialmente pericolose. Per questo l’astrometria e la fotometria dei pianetini (rivelati ormai in numero sempre maggiore da strumenti in grado di raggiungere magnitudini elevatissime in pochi secondi), diventa forse la nuova frontiera per coloro che utilizzano strumenti di piccolo diametro e, soprattutto, operano sotto cieli decisamente affetti da inquinamento luminoso, come quelli italiani. Vediamo come poter operare per ottenere buoni risultati considerando che, nonostante l’affollamento dei grandi telescopi automatici, una scoperta improvvisa può avvenire quando meno te lo aspetti e in qualunque area del cielo, proprio come accaduto per “Andreabocelli” Con una strumentazione di base, generalmente inferiore a quella necessaria per effettuare riprese a lunga esposizione, è possibile studiare e scoprire pianeti extrasolari in transito di fronte alle proprie stelle. E’ sufficiente uno strumento da 15 centimetri su montatura equatoriale, una camera CCD astronomica e una tecnica di base che si apprende in un paio di serate per intraprendere uno dei progetti di ricerca più interessanti e affascinanti: trovare un pianeta attorno a un’altra stella, distante decine, centinaia o migliaia di anni luce da noi. PAOLO BACCI Le Comete ... aspettando la ISON L'apparizione sulla volta celeste delle comete nell'antichità era segno di buoni o cattivi auspici associati ad eventi terrestri. Ancora oggi ci emozioniamo alla vista degli oggetti chiomati. Ripercorriamo brevemente la storia delle comete, evidenziando da dove vengono e da cosa sono composte, in attesa della cometa C/2012 S1 Ison, che secondo le previsioni dovrebbe essere ben visibile ad occhio nudo il prossimo novembre. ALBERTO VILLA Astrotrack, ovvero …il profondo cielo sempre in valigia Per quanto riguarda l’Astrotrack, la presentazione sarebbe dedicata all’illustrazione dello strumento con le modalità di utilizzo e le immagini riprese dal sottoscritto durante i viaggi in Cile / Isola di Pasqua ed Australia. Lo strumento è particolarmente interessante proprio in occasione di viaggi da effettuare in aereo (magari in località dalle quali si possa osservare un cielo diverso dal nostro) dovendo rispettare le note restrizioni sul bagaglio che difficilmente ci consentono di trasportare un telescopio senza problemi. L’intervento dell’ing. Paolo Nespoli che, durante il convegno, risponde a domande sulla permanenza dell’uomo nello spazio . DANIELE GASPARRI Scoprire pianeti extrasolari dal balcone di casa Da sinistra, Sauro Donati, Daniele Gasparri e Paolo Bacci. Star Party del silenzio 7 luglio, ore 16:00: Campo sportivo di Lajatico "Tanti piccoli von Braun!" E’ stata un’iniziativa, ideata e promossa dal lajatichino Enzo Rossi, che si rivolgeva ai bambini delle scuole ASTRONOMIA NOVA n. 17, marzo – settembre 2013 Pagina 89 elementari e medie. L’obiettivo era sperimentare, con l’utilizzo di pochi materiali “poveri”, l’ebbrezza del volo con la propulsione ad acqua! Alla premiazione ha presenziato, con straordinaria verve, Paolo Nespoli, l’astronauta italiano che è rimasto in orbita sei mesi sulla stazione spaziale. All’ingresso del campo sportivo di Lajatico un cartello dominava la scena. Nella foto a destra, l’ideatore e promotore del progetto, Enzo Rossi, presenta la manifestazione. A sinistra i missili ad acqua accatastati, ma pronti per essere piazzati sulla rampa di lancio. A destra, l’astronauta Paolo Nespoli spiega al suo giovane pubblico la tecnica di lancio. Le fasi di lancio del primo missile ad acqua: nella prima immagine, a sinistra, Enzo Rossi sta preparando il vettore sulla rampa di lancio, mentre Nespoli è pronto per dare il via al lancio. Nell’immagine al centro, il missile si stacca dalla rampa, mentre nella terza immagine è in pieno volo. Pagina 90 ASTRONOMIA NOVA n. 17, marzo – settembre 2013 Star Party del silenzio 5-6-7 luglio: Spettacoli al planetario La cupola è stata installata nel garage della Misericordia, in Piazza Madre Teresa di Calcutta. Per tutto il fine settimana è stato disponibile il fantastico Planetario gonfiabile digitale, http:// www.ilplanetario.it/. All'interno della speciale cupola di 5 metri di diametro gli spettatori, guidati da un astronomo, saranno completamente immersi dalla proiezione del cielo stellato e da spettacolari animazioni sferiche in full HD. Circondati dalle simulazioni digitali sembrerà di viaggiare realmente tra stelle e pianeti. Titolo dello spettacolo nel planetario: Viaggio nell’Universo; durata del singolo spettacolo: c.a. 45-50 minuti ; Adatto a: tutti Nella cupola del Planetario le luci lentamente si spengono e si accendono migliaia di astri. Inizia così un viaggio entusiasmante alla scoperta dell’Universo attraverso un percorso che si snoda tra l'astronomia, la scienza e il mito. Con la guida esperta di un astronomo e grazie alle più avanzate tecnologie digitali, il Planetario si trasformerà in una specie di "macchina dello spazio e del tempo" in cui si impareranno a riconoscere stelle, pianeti e costellazioni, si potrà assistere alla nascita del Sistema Solare e visitare ammassi stellari e remote galassie. Un’avventura unica e coinvolgente che permetterà agli spettatori di esplorare gli immensi spazi siderali, fino ai confini dell’Universo conosciuto. Simona Righini e Giuseppe Pupillo davanti alla cupola del planetario. 6-7 luglio: Astroclown Stefano Tocchio è Bubble Man, Clown, Clown magico per bambini, animatore. Esegue spettacolo di Clown Magico: "BERTOLDOSHOW"; spettacolo di fantasia, Magia e Giochi in un contesto di Illusionismo, Gags, Clownerie e Arti Circensi. Esperto di BOLLE di SAPONE con spettacoli per adulti o per bambini a seconda delle esigenze della durata variabile da 5 minuti ad un’ora completamente mimato e musicale. Ecco elencate alcune sue produzioni. BERTOLDO SHOW: spettacolo magicomico realizzato dal clown Bertoldo con giochi e gag di magia ed illusionismo misti ad arte circense e clowneria. ASTROCLOWN: spettacolo Ludico Didattico dove LUNATICO, clown venuto dallo spazio, descrive l'UNI- VERSO attraverso stravaganti attrezzi e impensabili giochi. (L'UNIVERSO DESCRITTO DA UN CLOWN STRAVAGANTE venuto dallo spazio). BERTOLDO BUBBLE SHOW, spettacolo di bolle di sapone con clowneria, magia, musica. Spettacolo adatto a tutte le età. STEFANO TOCCHIO e le sue AEREE figure con BOLLE di SAPONE, spettacolo su tavolo luminoso. DOTTOR BUBBLE E MISS SLIME; Due scienziati un po’ pazzi, si divertono a fare esperimenti tra magia chimica, bolle di sapone ed esplosioni. - “THE BLUES BUBBLES” con Stefano e Gioia Tocchio, spettacolo di bolle di sapone della durata di un’ora. Un viaggio tra illusioni, magia e sculture, fatte con bolle di sapone. Coinvolgimento del pubblico. Star Party del silenzio ASTRONOMIA NOVA n. 17, marzo – settembre 2013 Pagina 91 Stefano Tocchio, l’astroclown, durante lo spettacolo che spiega le dimensioni del sistema solare e dei pianeti. CREDITI Il progetto STAR PARTY DEL SILENZIO è stato ideato e condotto da Rodolfo Calanca, direttore della web community EAN e realizzato sotto la direzione di Angelo Angeletti e con la fondamentale collaborazione di Nicolò Conte, Salvo Massaro, Marco Meniero, Mirco Villi, Enzo Rossi, Alberto Ombres, Emanuele Groppo, Barbara Sarri. Senza affatto dimenticare l’attivissimo contributo di Sauro Donati, Anna Maria Salluce, Francesca Minà, Andreina Ricco, Claudio Dandolo ed Elisa Piffanelli, Lorenzo Brandi, prof. Alberto Righini, Mariano Vannozzi, Giuseppe Pupillo, Simona Righini, Moreno Tambellini, Stefano Tocchio ed Aurora, il generale pilota Franco Giuri e, naturalmente, il superlativo Paolo Nespoli! Il convegno sull’Armonia delle Sfere e la serata di gala del 6 luglio sono stati presentati dall’attrice Gemma Messori. Si ringrazia il prof. Cesare Barbieri e i suoi studenti della Scuola Galileiana di Studi Superiori dell’Università di Padova, per l’aiuto e la collaborazione. Infine, un ringraziamento particolare al prof. Massimo Mazzoni dell’Università di Firenze. Gran parte delle foto qui riportate sono state scattate da Marco Meniero e Salvo Massaro PATROCINII, SUPPORTER E SPONSOR DELL’EVENTO Pagina 92 ASTRONOMIA NOVA n. 17, marzo – settembre 2013 Star Party del silenzio Star Party del silenzio ASTRONOMIA NOVA n. 17, marzo – settembre 2013 Pagina 93