Lezione 2 - A. Venturi

Transcript

Lezione 2 - A. Venturi
LANDART
DIALOGHI CON IL BOSCO
LANDART
Forma d’arte contemporanea, nota anche come
Earth Art, Earth Works («arte della terra»,
«lavori di terra»), nata verso il 1967-68 negli Stati Uniti
e caratterizzata dall’abbandono dei mezzi artistici
tradizionali per un intervento diretto dell’operatore
nella natura e sulla natura. Il nome derivava da una
mostra tenutasi a New York nel ‘68 in cui vi era un
elemento che accumunava tutti i lavori, la terra.
In tale scelta era insito un rifiuto del museo, come
luogo dell’opera d’arte, e del mercato artistico:
le opere hanno per lo più carattere effimero
e restano affidate specialmente alla documentazione
fotografica e video, a progetti, schizzi ecc.
Gli artisti che hanno individuato nella natura la loro
area operativa, infatti, non puntano tanto al risultato
quanto al processo e alla realizzazione di un’esperienza
esemplare; donde l’affinità che lega questo tipo
di ricerca all’arte concettuale e, più in generale,
all’arte di comportamento.
Fu il film Land Art, realizzato da Gerry
Schum, a dare il nome al movimento
artistico. Il titolo del film, nato come
abbreviazione di LANDSCAPE ART
(arte nel paesaggio) divenne un ‘marchio’
per tutte le opere d’arte realizzate
nel paesaggio, e che utilizzavano
il paesaggio come materiale.
Schum, che ricoprì i ruoli di regista,
produttore e operatore, cercava un
nuovo spazio per l’arte e pensava che
la tv fosse adatta a democratizzare l’arte:
il film fu presentato come una esposizione
televisiva alla quale parteciparono otto
artisti americani e europei.
Il film fu trasmesso un’unica volta.
http://www.artribune.com/2015/09/land-art-oltre-il-sublime-in-un-filmla-grande-avventura-di-un-gruppo-di-artisti-pionieri/
A fianco, l’opera
di Jan Dibbets
che consisteva
nel riprendere
un’escavatrice
che andava avanti
e indietro su una
spiaggia,
mentre tracciava
un trapezio.
In tv il trapezio
veniva percepito
come un
quadrato.
Spesso le opere di Land art si
basano sulla serialità, l’uso di
forme minimali, semplici e a volte
prevedono persino l’utilizzo
di materiali industriali.
La prima opera di Land art è
quella di Herbert Bayer quando
viene incaricato nel ‘55
di realizzareun parco.
L’architetto realizza Earth Mound,
una collina artificiale che cambia
radicalmente la visione del paesaggio.
Le opere in America sono spesso molto
costose, modificano in modo
aggressivo il terreno e sono molto più
grandi, mentre in Europa le opere sono
più semplici e più contenute nelle
dimensioni.
WALTER DE MARIA ambientò il suo
celebre Lightning Field del ‘77 in un’arida,
selvaggia pianura del Nuovo Messico
circondata da montagne. L’opera consiste
in una serie di sottili pali d’acciaio, alti sei
metri circa, disposti in file distribuite su una
superficie di circa un chilometro quadrato.
I pali si evidenziano riflettendo la luce
dell’alba e del tramonto, e durante
i temporali attirano i fulmini, mettendo così
in risalto la forza degli elementi.
La risposta
europea alle
monumentali
opere americane
la dà l’artista
britannico
RICHARD LONG,
realizzando opere
di Land art con
la sola azione del
camminare.
Richard Long, opere pittoriche
La Land Art nasce da un atteggiamento
che si oppone al figurativismo
della Pop Art e alle fredde geometrie
della Minimal Art, e che, con il richiamo
a temi ecologici, vuole contrapporsi
al tecnicismo e all’urbanesimo
esasperati della società contemporanea.
Tra gli artisti più noti gli statunitensi
W. De Maria e R. Smithson, gli inglesi
R. Long e B. Flanagan, gli olandesi
M. Boezem e J. Dibbets.
L’opera è progettata in funzione del
luogo nel quale sorgerà, tenendo
presenti le caratteristiche ambientali
per sottolinearne alcuni aspetti:
questo tipo di opere sono oggi
definite site specific.
Alcune volte vengono utilizzati materie
e materiali presenti sul posto nel quale
l’artista lascia il proprio segno.
Talvolta le opere sono interventi
nel/sul paesaggio che sottolineano il
passare del tempo o, in altri casi,
l’opera si configura come recupero
ambientale.
Si ricordano i solchi tracciati in un campo
di grano e sulla riva ghiacciata di un
fiume, nonché lo scavo profondissimo
effettuato nel deserto del Nevada,
a opera, rispettivamente, degli
statunitensi D. Oppenheim e M. Heizer;
o anche i numerosi impacchettamenti
con materiale plastico e corde di isole,
monumenti e terreni a opera di Christo
e Jeanne Claude.
CHRISTO e JEANNE-CLAUDE, The Gates, 1979-2005
Risale al 2005 l’installazione temporanea di una monumentale
opera d’arte realizzata da Christo e Jeanne-Claude a Central
Park. Concepito già nel 1979 e respinto dall’amministrazione
di New York City nel 1981, il progetto fu approvato
dall’amministrazione Bloomberg nel 2003. L’opera era composta
di 7503 porte di vinile alte quasi 5 metri con pannelli di tessuto
color zafferano, disposte su 37 chilometri di vialetti del parco.
The Gates è una sorta di fiume color zafferano, e le persone che
attraversano a piedi queste porte monumentali hanno l’impressione
di trovarsi un soffitto dorato sopra la testa. Interamente finanziata
dalla coppia di artisti l’installazione è rimasta al suo posto per
sedici giorni, poi è stata rimossa e i materiali riciclati. Si è trattato
di un evento storico, un’esperienza piacevole e memorabile per
gli abitanti della città e per i turisti.
ROBERT SMITHSON
Nel ’67 l’artista ideò una serie di opere poi esposte in
galleria, definite Nonsites. Consistevano in fotografie
aeree o carte topografiche di un luogo particolare,
di fronte alle quali si trovavano contenitori a forma di
trapezio con terra, rocce, o altri elementi provenienti dal
luogo rappresentato. I Nonsites erano espressione di una
dialettica fra lo spazio esterno e quello interno.
In un’altra serie di opere che vennero esposte in galleria,
Rock Salt and Mirror Square, dei pezzi di sale solidificati,
posti su uno specchio, si scioglievano gradualmente.
Nell’aprile del ’70 l’artista iniziò a lavorare alla famosa
Spiral Jetty in una zona industriale abbandonata
dell’Utah, dove si trovava il Great Salt Lake: si tratta di
un’enorme spirale nel lago, formata da 6.500 tonnellate di
terra e rocce. Prima di realizzarla, Smithson si documentò
sulla mitologia, la biologia, la geologia e la storia della
regione. In un saggio pubblicato in seguito, egli descrisse
questo paesaggio devastato da cercatori d’oro, di
petrolio e dalle miniere.
“Tutte quelle strutture incoerenti mi davano grande
piacere. Mettevano in risalto una serie di interventi umani,
impantanati in speranze abbandonate”. Quest’opera,
che pochi poterono vedere, è conosciuta attraverso
fotografie e un film dell’artista, dove vengono evidenziate
le trasformazioni subite da quella parte di terra nel
corso delle ere geologiche, mentre passato e futuro
s’intersecano e sovrappongono nella visione dell’autore.
https://www.youtube.com/watch?v=Cg_iJp6LAUc
http://spiraledmind.tumblr.com/spiraljetty
Il pensiero di Smithson, espresso in parecchi saggi
che ebbero notevole influenza, è incentrato sull’idea
di entropia: tutte le cose stanno perdendo energia
e si disgregano, l’universo ritornerà a uno stato dove
la materia è indifferenziata. La terra e l’uomo
sono coinvolti in questo processo cosmico verso
la dissoluzione: in questa visione
pessimistica ogni idea di progresso non ha senso.
Egli preferiva ambientare le sue opere in luoghi che
rivelassero la loro storia geologica,
i disastri e i sommovimenti nel corso dei millenni,
ma anche la storia dello sfruttamento da parte
dell’uomo, come miniere o zone industriali
abbandonate, squallide periferie che ricordavano
i paesaggi desolati di alcuni scrittori di fantascienza.
Per le sue opere più note, realizzate negli anni seguenti
in spazi aperti, Smithson usò materiali come colla,
cemento, vetro frantumato, asfalto, talvolta attirando
su di sé le critiche degli ambientalisti, anche se in realtà
egli si proponeva di risanare e recuperare gli spazi
abbandonati e devastati dalla produzione industriale
e auspicava per l’arte un ruolo di mediatrice
tra industria ed ecologia.
Progetto per
Spiral Jetty
Yucatan Mirror
Displacements
In Italia esperienze di Land art si sono avute
soprattutto in rapporto con la corrente
dell’Arte Povera.
Anche questi artisti utilizzano materiali
“poveri” o in disuso (terra, legno, ferro,
stracci, plastica, scarti industriali) con
la volontà di ricreare un’espressione
originale, spesso con il ricorso alla forma
dell’installazione, come luogo
della relazione tra opera e ambiente
e a quella della “performance”
un’azione artistica, generalmente presentata
a un pubblico, che spesso investe aspetti
di interdisciplinarità.
GLI ANTECEDENTI IN SINTESI
Boccioni, all’inizio del Novecento, aveva già ipotizzato un dialogo diretto
tra la scultura e l’ambiente in cui essa si trovava e in seguito è Duchamp a
dare un primo contributo all’arte ambientale quando, negli anni ‘30 a Parigi,
appende al soffitto milleduecento sacchi di carbone rovesciati e vuoti
un ambiente scuro che costringono il visitatore ad aggirarsi con una torcia
in mano.
Nel 1949 Lucio Fontana usa le lampade di Wood, un tipo particolare
di sorgente fluorescente priva di polveri interne al tubo, inventata nel 1913,
in grado di produrre la cosiddetta luce nera. Egli crea forme astratte
e immateriali che provocano uno spaesamento nell’osservatore.
Negli anni ‘60 l’opera di Pino Pascali 32 metri di mare può essere letta
come opera ambientale perché l’opera interagisce con lo spazio.
Nel ‘59 Pinot Gallizio mette in scena un ambiente che chiama la caverna,
l’artista utilizza terra dipinta per ricoprire le pareti, il soffitto e il pavimento
dello spazio espositivo, creando cosi una sorta di caverna primordiale.
Pino Pascali, 32 metri di mare
M.Duchamp.
A destra,
la caverna
dell’antimateria
di Pinot Gallizio
Lucio Fontana
Negli ultimi anni la tecnologia ha offerto
agli artisti nuove sorgenti luminose da
utilizzare nei modi più disparati.
I LED, in particolare, essendo potenti
ma miniaturizzati, sono stati scelti per
grandi interventi di land art e anche
per installazioni adatte agli interni.
Un rappresentante del gruppo dell’Arte Povera
per il quale è fondamentale lavorare nella natura è
Giuseppe Penone: egli ricerca con essa una relazione
diretta, quasi fisica.
In una delle sue prime opere, impresse la forma
del suo corpo sulla corteccia di un albero: la sagoma
fu conservata e inglobata dall’albero nel processo
di crescita. L’albero è un elemento ricorrente nella
produzione di Penone, in opere che sottolineano
il passaggio del tempo.
Secondo il suo modo di sentire “non è tanto l’uomo
che si immerge nella vasta totalità della natura, ma è
quest’ultima che s’infiltra nelle cose e le penetra.
La “memoria del bosco” impregna il mondo naturale
e diviene una visione fantastica della vita quotidiana.
L’identificazione con le forze naturali è evidenziata
anche da opere come Patate o Zucche, forme vegetali
riprodotte in bronzo, dove l’artista ha modellato i tratti
del proprio volto, in seguito mescolate a tuberi naturali.
Questo sembra alludere a un desiderio di sparizione,
alla negazione della propria identità. Le sue opere
ricordano anche la tradizione manierista dei
“grotteschi” per l’atteggiamento ludico e fantastico,
il confondersi di mondo vegetale e mondo umano.
L’idea di metamorfosi è fondamentale nella sua arte:
presente sia nella tradizione germanica (il pensiero
di Goethe) sia in quella italiana (Ovidio, Dante,
la Dafne del Bernini).
ARTE SELLA
Arte Sella è un’iniziativa nata nel 1986 a Sella
Valsugana, a 9 km. da Borgo Valsugana, in Trentino,
per offrire ad artisti delle regioni dell’arco alpino
un’occasione di vita e di lavoro in comune nella natura
e per creare una sorta di museo all’aperto.
Dalla terza edizione si costituisce un comitato
scientifico internazionale che invita gli artisti e valuta
i progetti. Interessanti i criteri ai quali il Centro si
sarebbe ispirato, così delineati:
1. “L’artista non è più il protagonista assoluto, come
avveniva solo qualche anno prima con l’esperienza
della Land Art, caratterizzata da segni fortemente
“impressivi” nel territorio.
2. La natura va difesa come “scrigno della memoria”
dell’individuo.
3. Il rapporto con l’ecologia si modifica: la natura è
interpretata nella sua essenza, è una fonte di sapere
e di esperienza.
4. Le opere fanno parte di uno spazio e di un tempo
specifici al luogo di intervento. Non fanno parte
di un luogo circoscritto e privilegiano l’uso di
materiali organici non artificiali. Le opere escono dal
paesaggio, lo abitano per poi tornare secondo
i tempi della natura a farvi parte”.
L’attività di Arte Sella continua tuttora. È stato creato
un percorso di quattro chilometri nei boschi della
valle che si arricchisce ogni anno di nuove opere,
mentre altre sono state distrutte dagli elementi e
riassorbite dalla terra.
LA CATTEDRALE VEGETALE
di Giuliano Mauri
Dal catalogo“Arte Sella 2001”:
La Cattedrale Vegetale, ideata dall’artista lombardo Giuliano Mauri, è il progetto
principale dell’edizione 2001 di Arte Sella nell’ambito degli “Incontri Internazionali
Arte Natura” ed è stata realizzata con l’apporto fondamentale del Servizio Ripristino e
Valorizzazione Ambientale della Provincia Autonoma di Trento.
È ubicata nei pressi di Malga Costa ed ha le dimensioni di una vera cattedrale gotica
composta da tre navate formate da ottanta colonne di rami intrecciati, alte dodici metri e
di un metro di diametro; all’interno di ognuna è stato messo a dimora un giovane
carpino. Le piante cresceranno di circa 50 centimetri all’anno. Con i tagli e le potature
saranno adattate a formare fra qualche anno una vera e propria Cattedrale Vegetale.
La struttura ha un rettangolo di base di 82 metri per 15, un’altezza di 12 metri e copre
un’area di 1.230 metri quadrati. Nel corso degli anni gli artifici costruiti per accompagnare
la crescita delle piante marciranno e lasceranno completamente il posto ai carpini:
allora la natura avrà preso il sopravvento. Rimarrà però indelebile la traccia del dialogo con
l’uomo che la natura non dimenticherà.
GIULIANO MAURI, altre opere
Voliera per umani, Parco di Monza
L’albero dei cento nidi, Lecco
Nel 1992 il progetto dell’Albero dei cento
nidi, una gigantesca quercia, isolata
nell’aperta campagna lodigiana, viene
caricata dall’artista di un centinaio di
manufatti vegetali intrecciati, ognuno
diverso, che si mimetizzano, ma non in
misura completa, tra le fronde dell’albero
in primavera e in estate e danno di
questo un’immagine inedita nel lungo
inverno di neve.
La Casa della memoria, St. Louis, Missouri
“Nel 1997 al Laumeier Sculpture Park
& Museum di St. Louis nel Missouri,
ho impalcato una grande costruzione
elicoidale, La casa della memoria, inerpica
il cielo e produce un percorso abitativo.
E più allarghi la base, più alzi il potenziale
di sviluppo: un vortice gioioso di prati, di
pascoli, di animali.”
Non si può parlare di Land Art senza citare Joseph Beuys ,
nato nel 1921 in Germania, figura profetica ed emblematica,
uno dei personaggi più significativi delle correnti
concettualistiche della seconda metà del Novecento,
precursore di problematiche ambientali, politiche e culturali.
Fu anche fondatore del movimento dei Verdi in Germania,
dell’Organizzazione per la Diretta Democrazia e della Free
International University.
Durante la seconda guerra mondiale è pilota dell’aviazione
tedesca. Prende parte all’offensiva tedesca contro i
russi, ma il suo aereo viene abbattuto. Beuys riesce a salvarsi
perché trovato, quasi assiderato, da un gruppo di tartari
nomadi che lo curano ricoprendolo di grasso e pelli di feltro.
Questa esperienza e la crisi di coscienza a essa legata
condizioneranno la sua futura attività artistica.
Le azioni concettuali, le installazioni, le performance sociali,
naturalistiche ed ambientalistiche, diventano per l’artista
tedesco un impegno morale, didattico e politico.
Attraverso le sue opere, trascendenti e geniali, e gli oggetti
realizzati con l’impiego di materiali come il feltro e il grasso,
Beuys vuole generare consapevolezza critica nel pubblico,
suscitare in ognuno una propria personale percezione del
valore dell’arte, ricongiungendosi al pensiero di Goethe
“una volta assicurata l’esistenza, l’uomo è creativo”.
In ogni sua opera è alla ricerca incessante di un’armonia
profonda con se stesso, gli uomini e la natura. Per l’artista
tedesco, l’uomo è il custode di un’energia in grado di
modificare il mondo, dunque ciò che conta è la
palingenesi, la scoperta individuale di questo potenziale
d’energia per trasformare il pianeta. Motore fondamentale
di tale processo è la creatività.
JOSEPH BEUYS,
SCIAMANO DELL’ARTE
Per diffondere la sensibilità ecologica tra la gente Beuys
dà vita a quello che viene considerato il suo capolavoro.
Si tratta del progetto Difesa della Natura che inizia
nel 1982 e si protrae fin dopo la sua morte, avvenuta nel 1986.
Esso consiste nella piantumazione di 7.000 querce nella città
di Kassel e di 7.000 piante diverse e rare a Bolognano in Italia.
14.000 sculture vive.
Occorreranno 300 anni perché le 7.000 querce diventino
il bosco immaginato da Beuys che è riuscito a trasformare
un’azione ordinaria come quella di piantare alberi in un
grande rito collettivo capace di evocare i significati più
profondidel rapporto fra l’uomo e la natura, e di ripensare
il ruolo sociale dell’artista.
Il credo di Beuys, la sua filosofia e i suoi slogan diffondono
amore e fraterna collaborazione fra uomini liberi, valori di
cultura, rispetto ambientale, integrazione interculturale e
interdisciplinare: “Arte =Vita”, “Ogni uomo è artista”,
“La rivoluzione siamo noi”, “Difesa della Natura”.
La necessità della rivalutazione della parte naturale di noi
per la formazione di un uomo nuovo, in armonia con se
stesso e creativo, è il tema fondamentale del pensiero
di Beuys, quale ritorna prepotentemente anche l’idea
romantica di natura, concepita come l’Unità del Tutto,
dove l’uomo è un frammento di questa unità. Per Beuys,
che si ispira a Steiner, oltre che a Schiller, Schelling,
Goethe e ai romantici tedeschi, in tutte le cose, anche
nei minerali, vive lo Spirito, che trova la sua massima
espressione nell’autocoscienza umana.
LANDART?
Abbiamo dunque visto che il termine Land Art - e le opere a
esso riconducibili- è variabile, complesso e denso di significati.
Le prime forme di quella che sarebbe stata definita poi Land
Art (ma che avrebbe compreso anche Earth Art, Eco Art
e Art in Nature), nata nel crocevia culturale di New York e
nei territori sconfinati dell'Ovest americano, in seguito
definisce una serie di artisti ed opere caratterizzati da
approcci differenti, spesso contrastanti fra loro.
Per questo aspetto la Land Art non può essere accettata come
movimento, ma come una fitta e impalpabile trama di opere
con affinità concettuali e che hanno l’ambiente come oggetto.
Questi progetti sono principalmente scultorei, in quanto
creazioni tridimensionali o basati sulla performance,
in quanto orientati verso un processo, un luogo, un tempo.
Il fine di tali opere è di documentare il modo in cui il tempo
e le forze naturali mutano gli oggetti e i gesti, alternando
aggressività e senso di protezione nei confronti del paesaggio.
Le opere riconducibili alla etichetta Land Art e all’Arte
Ambientale includono un’ampia gamma di realizzazioni
artistiche:
• progetti di scultura in un’area specifica, che utilizzano
• i materiali dell’ambiente per creare forme nuove o per
modificare la nostra idea di paesaggio;
• programmi che inseriscono oggetti nuovi e inconsueti nel
contesto naturale con scopi analoghi;
• attività individuali incentrate sul concetto dell’azione del
tempo sul paesaggio;
• interventi di gruppo con finalità sociali;
• quasi tutte le esperienze sono realizzate in situ (site specific).
Nido di drago, opera di Land art di Marco Nones
nella Foresta dei Draghi del Latemar (Predazzo. Gardoné)
Per cercare di individuare meglio le principali
opere di Land Art e per comprendere l’evoluzione
che questo tipo di arte ha subito o altre forme
artistiche che, in qualche modo, ha generato,
si possono distinguere quattro principali gruppi
di opere suddivisi in base al gesto principale
che l’artista intraprende per realizzarle e che
costruisce una relazione con gli elementi naturali.
MANIPOLARE
AGGIUNGERE
IMPRIMERE
MOSTRARE
IMMAGINARE
MANIPOLARE
R.Long
S. Meyer
M.Heizer
D.Oppenheim
Artisti come Smithson, Oppenheim, De Maria e Heizer si dedicarono a pratiche finalizzate a smantellare l'oggetto artistico
tradizionale, tra cui:
• l’asportazione (tagli, buchi etc.),
• la durata (lo spazio mutante come fattore temporale),
• il deterioramento (decomposizione di materiali organici e inorganici),
• la sostituzione (trasferimento di materiali da un contesto all'altro),
• la dispersione (disegni prodotti dalla forza di gravità sotto forma di macchie, colate, frane, etc),
• la crescita (semina e raccolta),
• i segni (motivi temporanei e casuali realizzati su superfici pubbliche)
• il trasferimento di energia (decomposizione, sterilizzazione).
AGGIUNGERE
Man Ray
Christo e Jean Claude
Anish Kapoor
Gli artisti attraverso questa azione esprimono il tentativo
di stabilire un legame tra l'ambiente e l'attività umana
attraverso l'uso di materiali ed elementi artificiali ed estranei
al luogo. Ne è esempio il lavoro di Christo e Jean Claude,
con i loro impacchettamenti di monumenti e di luoghi
naturali. Le loro opere furono spesso oggetto di critiche, per
il fatto che non usassero materiali compatibili con l’ambiente
e che mettessero a rischio la purezza del contesto in cui
operavano, richiamando l’attenzione più su tutto il processo
preparatorio che sul risultato senza permettere di conoscere
meglio la natura. Christo, nelle sue opere prende ispirazione
dall’opera L’enigma di Isidore Ducasse (dove una macchina
per cucire è avvolta in una coperta con dello spago) di Man
Ray. Utilizza l’impacchettamento come maniera per rendere
più evidente il mistero che avvolge l’oggetto nella civiltà.
Artista eclettica fu Nancy Holt, moglie di Robert Smithson,
che realizza principalmente strutture con l’idea di
rinchiudere e circondare gli spettatori puntando
sull’idea di percezione dello spazio e dell’ambiente.
I pattern della luce solare e del chiaro di luna, gli
allineamenti astronomici e o i riflessi dell’acqua
costituiscono una parte essenziale di molte sue sculture
(Sun Tunnels).
Nelle sue Buried Poem (1969-1971), la Holt dedica a
Micheal Heizer, Carl Andre, John Perrault o Robert
Smithson delle poesie che poi sotterra in luoghi le cui
caratteristiche fisiche, spaziali e atmosferiche siano legate
ad ogni singolo destinatario a cui fa recapitare una mappa
con cui poter trovare la poesia, corredata con foglie o
campioni di rocce provenienti dai luoghi di sepoltura.
IMPRIMERE
Ana Mendieta
L’artista imprimendo instaura un rapporto intimo con la
natura. Talvolta crea mediante il corpo, un legame con
l’ambiente organico basato sulla performance e le
dimensioni della sue opere sono in relazione con quelle
del corpo stesso.
L’attenzione per il legame primitivo e simbolico con la terra
dà luogo a moderne forme di rito. Talaltra, invece, reagisce
alla monumentalità della prima Land Art con opere effimere,
tra cui le sculture nate dalla semplice azione di camminare
negli spazi naturali, in cui si limita a riallineare elementi per
segnalare il proprio passaggio. In altri casi il corpo diventa
uno strumento per tracciare una mappa del paesaggio e
l’opera è la documentazione fotografica di tali percorsi.
Richard Long
Si ricorda qui il lavoro di Ana Mendieta (1948-1935) cubana
di nascita e americana d’adozione, nella serie Silueta (1979),
intagli ed earthwork creati in paesaggi naturali in cui
imprimeva la propria presenza nel paesaggio con fango,
rocce, muschio, fiori, il cui significato si accompagnava ai
riti individuali di guarigione, purificazione e trascendenza.
Memorabili sono le performance di imprimatur sull’erba
del già citato Richard Long che cammina per giorni spesso
in luoghi lontani dalla presenza umana. Queste esperienze
le cui tracce sono documentate con mappe e fotografie in
bianco e nero, sono spesso corredate a sculture realizzate
con materiali naturali trovati nell’ambiente. A line made by
walking (1967) è la fotografia di una linea impressa sull’erba
camminando.ripetutamente avanti indietro in linea retta.
MOSTRARE
A.Denes
Tree
Mountain
A living
time
capsule
H. Haacke
Oltre a produrre innovazioni estetiche e formali la Land
Art accelerò la ricercasull’ambiente come ecosistema e
depositario di un patrimonio sociale e politico. Gli artisti
contestarono la visione della natura come risorsa sfruttabile
all’infinito: esplorandola come un sistema dinamico e
interattivo, ne evidenziarono le analogie con le
strutture sociali e politiche e l’influenza reciproca. Le opere
di questa sezione dimostrano che le relazioni dell’uomo con
l’ambiente naturale sono basate non solo sulla percezione e
sul piacere, ma anche sullo sfruttamento, sullo spreco e sulla
distruzione. Inquinamento globale e alienazione sociale
sono percepiti come conseguenze dello sviluppo industriale,
dell’espansione urbana, dell’agricoltura intensiva
e dell’intervento scientifico nei fenomeni naturali. Le
pratiche artistiche esaminate, che spaziano dalla scultura alla
performance, propongono risposte che associano una critica
incisiva e strategie pratiche risolutive perseguibili anche da
un solo individuo.
La poetica concettuale di Hans Haacke, si esprime nei primi anni Settanta
con alcune sue opere che mostrano i pericoli o i danni provocati sull’ambiente
dall’attività umana: ad esempio, Fog, Flooding, Erosion (1969) allude ai
problemi legati ad un’irrigazione artificiale eccessiva. Dopo i primi lavori
dedicati alla rappresentazione di processi fisici e organici, lo sguardo di
Haacke si è progressivamente spostato sul contesto socio-politico in cui l’arte
viene esposta e commercializzata.
Un’altra artista femminile le cui opere girano intorno a problematiche
ecologiche, sociali e culturali e realizzate come sorgenti di effetti positivi
sull’ambiente, è Agnes Denes la cui opera più famosa è WheatfieldA confrontation (1982), un campo di grano di 8000 metri quadrati, piantato
e mietuto in pieno centro a Manhattan nell’arco temporale di quattro mesi;
le fotografie uniche testimoni dell’opera, illustrano la presenza di siti storici
dell’isola come le Twin Towers o la Statua della Libertà. Un altro progetto
monumentale è Tree Mountain-A Living time capsule (1982 progetto, 1992
realizzazione) un enorme montagna artificiale di forma ellittica in cui diecimila
persone di tutto il mondo, piantarono altrettanti alberi presso una cava di
ghiaia a Pinziö in Finlandia, seguendo un complesso schema matematico
derivato dalla combinazione tra la sezione aurea e i pattern di ananas e
girasoli. Questa opera è il più grande monumento sulla terra di portata
internazionale e durata ineguagliabile.
IMMAGINARE
H. Haacke
L’azione ci porta a una concezione del paesaggio inteso
non come una realtà materiale, bensì come una metafora.
Alcune opere evocano le strutture dei formal gardens, in
cui le piante, la statuaria e le stravaganze architettoniche
facevano parte di una ricca
iconografia che esprimeva la cultura, la civiltà e la morte.
Analogamente gli artisti contemporanei considerano
l’ambiente come una narrazione storica, che fornisce
un repertorio di simboli efficaci utilizzabili anche per
descrivere la società di oggi.
Prendiamo a esempio l’inglese Andy Goldsworthy
che crea opere nel paesaggio usando materiali di
recupero che plasma egli stesso con le sue mani e
processi naturali, come il congelamento, che innesca per
ottenere nuove forme che spesso hanno brevissima durata
e che vengono documentate da foto o video.
IMMAGINI E IDEE

Documenti analoghi

Irene Sartoretti

Irene Sartoretti terra, fra gli anni ‘60 e ’70, realizza delle macrosculture modellando il terreno secondo configurazioni archetipe: cerchi e spirali. Smithson da vita alle prime forme di riciclo a fini artistici d...

Dettagli

Land_Art-Elisa Boscolo Bibi-Raffaella Toniolo

Land_Art-Elisa Boscolo Bibi-Raffaella Toniolo La mostra “LAND ART, Interventi sul Paesaggio naturale” celebra i primi 50 anni dell’omonima corrente artistica. Gli anni Sessanta sono caratterizzati da una profonda tensione e sfiducia; infatti, ...

Dettagli