The Vancouver Interview - Appuntiunito

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The Vancouver Interview - Appuntiunito
THE VANCOUVER INTERVIEW
Frammenti di Vita e Opere d'una Vocazione Psicoanalitica
Franco Borgogno
PREFAZIONE
L'intervista di Franco Borgogno sulla "psicoanalisi come percorso reciproco di analista e
analizzando" è una metafora affascinante per il cammino verso la conoscenza di sé che
idealmente si sviluppa in analisi.
Il percorso tra analista e analizzando implica quindi due percorsi soggettivi alla scoperta di sé,
realizzati attraverso l'analisi del transfert e del controtransfert.
Si può approfondire ricordando come in ogni analisi si intrecciano quattro viaggi simultanei:
- Apprendimento della Vita dell'Analizzando: di seduta in seduta ne veniamo a conoscenza
attraverso ricordi, lapsus, associazioni e sogni. In questo modo si può ricostruire il passato infantile
rimosso da un Io conflittuale;
- Mondo delle Relazioni d'Oggetto Interiorizzate: le rappresentazioni del sé e dell' oggetto vengono
introiettate e proiettate esternalizzando sull'analista le relazioni oggettuali interne e gli aspetti
traumatici che si rifanno vivi nel transfert. La coppia apprende il mondo interiore attraverso fantasie
inconsce presentate tramite il pensiero onirico, i lapsus e le associazioni;
- Autoanalisi dell'Analista: attuata attraverso un esame delle fantasie inconsce, utile capire il
controtransfert;
- Co-Costruzione di un'Area che è l'Esito delle Proiezioni di Entrambi: essa costituisce la trama del
loro dialogo a livello conscio e inconscio ed è il frutto del lavoro di working through che entrambi
compiono sugli enactment del transfert e controtransfert nella lunga onda dell'analisi.
Tale Intervista, attuata da Christopher Fortune, a Borgogno si pone quindi come un role-reversal in
cui l'intervistatore prende la posizione di analista, esplorando i percorsi analitici di Borgogno e
permettendo una rivisitazione di quella che è stata la sua esperienza formativa che lo ha condotto
verso la psicoanalisi.
CAPITOLO PRIMO - UN INCONTRO FONDANTE E LE RAGIONI DI UN PERCORSO
Decidendo di rispondere alla prima domanda, relativa al significato del titolo del suo libro
"Psicoanalisi come Percorso", attraverso l'Associazione Libera, intesa come l'affidarsi al
preconscio lasciando che da esso emerga una risposta senza volerla subito individuare, Borgogno
racconta di aver scoperto la psicoanalisi a 16 anni e di sperare di trovare in essa una risorsa per
riconciliarsi con la comunità esterna ed interna, diminuendo la dissociazione che avvertiva dentro
di sé. Per descrivere il sentimento di "qualcosa gli sbarrava la vista" (è così che Borgogno
avvertiva la dissociazione) egli utilizza due immagini:
- un'esperienza in cui si è sentito trasportare dal mare, ed in tale momento si è reso conto di
essere davvero vivo e, benché la vita potesse fare paura, tale mistero si rivelava attraente;
- un sogno relativo allo sprofondare nella terra ed incontrare un bramino che gli offriva una pietra
verde che, nelle sue mani, era in grado di illuminare tutto l'ambiente circostante.
Tali immagini possono quindi rappresentare il segno che si sarebbe tuffato nella vita nonostante il
non sentirsi equipaggiato e quindi, nonostante il rischio, avrebbe incontrati qualcuno che gli
avrebbe dato la speranza di avere un valore.
Fu l'inizio della fiducia e l'incontro con il primo analista che, benché particolarmente silenzioso,
permise a Borgogno di maturare l'idea di essere se stesso e di possedere una sorta di "sacro
fuoco" che gli avrebbe conferito il coraggio per affrontare la vita.
Il secondo analista, molto più loquace, gli consentì invece di raggiungere l'essere se stesso
attraverso una grande intesa, basta su un rapporto in cui l'altro iniziava a descriverlo con l'amore di
un genitore.
E' in questa fase che Borgogno ragiona per la prima volta sul concetto di Spolit Children, intesi non
come bambini viziati, ma come bambini spogliati e deprivati da caregivers che hanno introdotto nei
bambini le proprie aspettative e ansietà.
Il percorso necessario in analisi è quindi un percorso di Real Life Events, come già detto da
Fereczi, e la storia è importante per capire chi siamo come persone e professionisti. Il sé di una
persona se conosciuto e riconosciuto è un tesoro perché si può mettere in circolazione nel
rapporto con noi e con gli altri.
L'analista (e l'analisi in generale) aveva allora offerto a Borgogno la possibilità di elaborare se
stesso senza che rimanesse sbarrato per l'assenza dell'altro di cui ognuno ha bisogno per
crescere, a causa delle sue pre-concezioni e dei suoi pre-giudizi.
CAPITOLO SECONDO - LE ESPERIENZE INIZIALI: LUCI E OMBRE
Per rispondere alla domanda relativa al suo background da psicoanalista e alle sue difficoltà di
affermare il vero sé all'interno della comunità psicoanalitica, Borgogno parla della sua esperienza
post-universitaria in cui, successivamente alla lettura di "All'Origine della Nostra Immagine del
Mondo" di Money-Kyrle (1961), iniziò a scrivere un libro sul coinvolgimento di idee e affetti per
quanto riguarda l'osservazione psicologica. In tale fase di vita, concomitante con l'inizio della sua
seconda analisi, Borgogno stava apprendendo una serie di nuovi elementi:
- che le persone e i loro pensieri cambiano ma con l'aiuto del tempo e dell' incontro con un altro
che si occupi di te in un nuovo contesto rispetto a quello in cui si è cresciuti;
- utilizzo delle associazioni libere in modo comunicativo e non dissociativo tenendo contro che
l'associazione libera freudiana era importante se l'individuo ne cerca il significato in rapporto
all'altro e agli eventi e ai contesti di vita che sta sperimentando, altrimenti sarebbero rimaste un
prodotto narcisistico che non promuove neanche una comunicazione con se stessi;
- che le fantasie e le immagini interne non erano folli, ma prive di ragioni. Tali ragioni sono infatti da
scoprire in quanto contengono una percezione sana, ma molte volte muta perché in passato non
ha ricevuto una risposta perché fraintesa o emozionalmente non alfabetizzata (Bion, 1962) da chi
avrebbe dovuto svolgere questo compito.
In quel modo egli riuscì ad essere se stesso, nonostante le ovvie difficoltà dovute al fatto che fino
ad allora aveva dovuto cambiare per andare bene.
Rispetto al Training Psicoanalitico Borgogno si trova, differentemente dallo spirito dell'epoca, a
criticare Freud e la Klein in quanto, nella sua visione risultavano "fobici" rispetto alla relazione e
sembravano attribuire ogni teoria agli oggetti interni, rifiutando ogni contatto con gli eventi reali.
Grazie alla presenza del "gruppo dei pari" (Ferro, Bolognini, Bion Talamo e Vallino) Borgogno
riesce allora a "sfuggire" ad una "famiglia psicoanalitica" che gli richiedeva un'accettazione cieca e
dogmatica delle teorie e sviluppa, grazie alla lettura di Racker (1968), Devereux (1967) e
sopratutto del saggio sul controtransfert di Paula Heimann (1949) una nuova visione, più
relazionare, dell'analisi.
Infatti Heimann, in questo saggio che segna la sua rottura con Melanie Klein, teorizzava che
l'analista poteva permettersi di comunicare al paziente una parte del suo pensiero concernente il
modo in cui era arrivato a formulare la sua interpretazione, sia per invitare il paziente a collaborare
alla formulazione dell'interpretazione, sia per indicargli che il pensiero e il significato autentici
sorgono da un lavoro di squadra che si può avvalere dei suoi stessi stati mentali, i quali
arricchiscono la comprensione di lui stesso e dei potenziali suoi sé.
Il percorso della Heimann non si sofferma più solo sui contenuti delle interpretazioni ma pone
l'accento sulle funzioni che l'analista svolge e sui meta-messaggi che l'analista veicola.
Furono allora le letture della Heimann che si impressero nella mente di Borgogno portandolo a
pensare che tutto ciò che aveva messo in luce potesse essere utilizzato non solo nel lavoro con i
pazienti, ma anche per rileggere in un modo nuovo i diversi missing link che caratterizzano la
psicoanalisi e per capire, dis-idealizzandoli, gli usi e i costumi e il modo di muoversi all'interno delle
comunità psicoanalitiche locali.
CAPITOLO TERZO - SCOPERTA E
FONDAMENTALE: SANDOR FERENCZI
RISCOPERTA
DI
UN
COMPAGNO
Rispondendo alla domanda relativa al suo "incontro" con Ferenczi e a quali idee di tale autore
abbiano influenzato di più la sua pratica clinica, Borgogno riferisce che si avvicina a Ferenczi nel
'70 quando scrive la tesi leggendo un suo articolo ("The unwelcome child and his death instinct",
1929) che parlava di istinto di morte dei genitori, di una passione di morte avversa al vivere e che
spegneva la vita del bambino soffocandola. Ma in quegli anni tali concetti era considerati
rivoluzionari ed inoltre, a Borgogno che aveva da poco iniziato l'analisi, le parole di Ferenczi lo
avevano spaventato perché parlavano di sintomi di bambini nei quali lui si riconosceva, cosi come
si riconobbe quando si parlava di sentirsi “non-esistente”.
Era quindi troppo doloroso pensare che i suoi genitori avevano voluto un bambino diverso, che
sarebbe dovuto cambiare, ed egli si trovava "orfano di reverie", alla ricerca di qualcuno che fosse
portatore di sogni per poi possederne anch'egli.
Alla fine degli anni '80 però, a seguito del suo accesso come full member della Società
Psicoanalitica Italiana e conseguentemente alla sua pratica clinica con i pazienti, Borgogno scoprì
quanto fosse importante osservare e considerare la nascita di un pensiero, quanto tempo ci voglia
perché le idee preconsce si rendano consapevoli e come sia sostanziale che vi sia qualcuno che
crede in esse, quindi qualcuno (inteso non solo come singolo ma come ambiente) che "pensi il
pensiero infinitamente ad ogni tappa dello sviluppo". C'è quindi un ambiente esterno ed interno e
ogni individuo nasce alla vita psichica che a lui è pre-esistente, e così accade per ogni pensiero.
Borgogno spiega quali tra gli scritti di Ferenczi trova più innovativi e perché tali scritti gli hanno
fatto considerare le teorie in esse contenute come un completamente delle classiche concezioni
freudiane:
- "Il Significato dell'Eiaculazione Precoce" (1908): il sintomo dell'eiaculazione precoce viene
studiata da Ferenczi a partire dagli effetti fisici e psichici che essa ha nelle donne, considerando
che il significato è rilevabile nel fatto che il piacere delle donne non è tenuto in conto perché il
partner ne approfitta per far prevalere i suoi bisogni e interessi. Tale concetto viene poi esteso agli
analisti in quanto sembrano incapaci di "accogliere l'altro da sé". Il suo è un appello è quindi rivolto
ad aumentare l'ascolto ed una maggiore considerazione della relazione tra paziente e analista;
- "Sintomi Transitori nel Corso dell'Analisi" (1912): in tale articolo Ferenczi fa notare che i sintomi
nascono all' interno della relazione paziente-analista, e sono quindi una risposta a ciò che l'analista
ha detto o fatto. L'analista, se riconosce la matrice interpersonale degli accadimenti di un'analisi,
può anche comprendere come è nata la sofferenza del paziente in passato, conoscendo sia
l'ambiente interpsichico di allora sia le reazioni di piacere o dispiacere del paziente ad esso;
- "Introiezione e Transfert" (1909): l'Introiezione per Ferenczi è un processo psichico fondamentale
in quanto il bambino cresce ponendo dentro di sé cose dall' esterno ed i rischi sono relativi alle
situazioni in cui i caregivers avrebbero dovuto avere più cura di quanto gli offrono. Il bambino
piccolo (ma così anche i pazienti) è “affamato di oggetti e affetti”, indispensabili per il suo sviluppo
e tende quindi a prendere tutto dentro di sé senza poter selezionare.
Vanno infine fatte notare due elementi:
- ci sono voluti più di 20 anni perché la psicoanalisi iniziasse a considerare l'importanza della
relazione e più di 50 anni prima che le opere di Ferenczi venissero riconsiderate come
teorizzazioni fondamentali;
- il Concetto di Trauma Psichico per Ferenczi riguarda strettamente gli affetti, è cumulativo e non
dovuto ad un singolo evento ed è tale perché non ha trovato un ambiente che lo ha riconosciuto
porgendo un aiuto. È quindi un trauma per omissione di soccorso, quel soccorso che dovrebbe
essere fisiologico nella crescita ma che non viene dato, accompagnandosi al fatto che i genitori
negano la loro inadempienza facendo sentire il bambino il responsabile. Tale trauma è allora
generatore di Spoilt Children, a causa del suo introdurre e sottrarre qualcosa nell' anima (o
dall'anima) dei bambini.
CAPITOLO QUARTO - PSICOANALISI COME CONVERSAZIONE SPECIALE E COME
APPRENDIMENTO PROGRESSIVO DALLE EMOZIONI E DALL'ESPERIENZA
RELAZIONARE
Per rispondere alla domanda relativi ai modi in cui si può aiutare il paziente a passare da un
linguaggio narcisistico a un linguaggio più sociale, e da questo valutare chi può trarre beneficio
dalla psicoanalisi e quali sono i fattori terapeutici elettivi coinvolti nel trattamento psicoanalitico,
Borgogno riferisce di considerare la psicoanalisi come una "conversazione speciale" (Freud), fatta
però non solo di parole, ma anche di transazioni affettive e di "gesti" (Winnicott, 1952) che
dimostrano l'esistenza per l' altro.
Freud sosteneva che il mettere in parole l'inconscio aiutasse e ampliasse la crescita individuale e
la consapevolezza di sé nel mondo, e questo mettere in parole era per Freud il fattore terapeutico
elettivo che contraddistingue la psicoanalisi rispetto ad altre forme di terapia che non indagavano
né ciò che aveva determinato un miglioramento e né la causa delle sofferenza del paziente. Lo
stesso Freud però, e Ferenczi in modo più esplicito, sapevo già che la psicoanalisi non è fatta solo
di parole ma è un' esperienza vissuta, al cui interno analista e paziente si fanno portatori di un
ambiente le cui caratteristiche devono essere diverse, in quanto è la diversità il fattore curativo.
La soggettività dell'analista (elemento tanto criticato da Freud e dalla Klein, che auspicavano una
posizione totalmente neutrale) è allora irrinunciabile, in quanto il paziente porta in analisi
l'ambiente in cui è cresciuto, quindi non solo se stesso ma agli altri con cui è stato in contatto nella
sua vita. Porta cioè quello che è definibile come transfert.
Anche l'analista a sua volta porta un ambiente specializzato costituito non solo dal setting ma
anche dalla sua persona che deve essere caratterizzata da costanza e continuità, e porta tutta la
sua persona in quanto è proprio da questa che sorge la sua comprensione. La formazione
dovrebbe allora averlo preparato a trasformare la sua reazione emotiva e corporea in qualcosa che
lo informa su chi è il paziente in un dato momento e che può modulare la sua reazione in
un'interpretazione capace di informare il paziente su se stesso, sui suoi bisogni e sulla sua storia.
In tale concezione l'analista usa la sua specificità per capire quella del paziente e che la sua
specializzazione consiste nel lasciarsi impregnare dal paziente, dimostrandosi disponibile ad
attraversare la stessa crisi del paziente pervenendo però ad una risposta affettiva diversa dalla
sua.
Winnicott scrisse che il trauma deve ri-accadere nel presente, deve ripetersi nell'analisi poiché
quando è accaduto i genitori erano assenti psichicamente e l'Io del bambino prematuro non aveva
saputo affrontarlo risultandone travolto e in uno stato di agonia mentale ("Fear of breakdown",
1963).
Molto spesso il trauma si deve riattualizzare nelle sedute a partire da qualcosa di improprio e
doloroso che avviene nella relazione analitica ed è l'analista che lo deve riconoscere prima del
paziente, dimostrandosi "traumatico" ma provvedendo anche alle mancanze e agli errori, offrendo
quindi l'opportunità al paziente di percepire consapevolmente il trauma e di comprenderlo.
Ogni esperienza analitica comporta allora per Borgogno l'Enactment, ovvero l'impossibilità di una
comprensione analitica senza una parte di azione interpersonale inconscia, ignota allo stesso
analista. La psicoanalisi è quindi una forma di educazione, un'educazione alla vita che può
immunizzare, se è capace di contenere la sofferenza e di mantenere la speranza, ed è un
apprendimento dell'esperienza delle emozioni e relazioni che se funziona genera nuova fiducia e
un nuovo inizio. È anche un modo per rendere giocoso e libero il pensiero, se il paziente trova
nell'analista una persona che onestamente è impegnata nel combattere, e può essere la via per
recuperare le parti esiliate del paziente che l'analista può ospitare finche il soggetto non è in grado
di riappropriarsene riconoscendo come nel passato le abbia dovute espellere dalla
consapevolezza.
L'intervista finisce poi con la Favola dell'Orsetto, raccontata probabilmente ad un giovane
Borgogno dal suo analista, la cui morale è che sono inutili una serie di protezioni e difese relative
ai rischi della vita, in quanto le dotazioni naturali che ci ha offerto la natura sono già abbastanza
per affrontare quelle che sono difficoltà, ma anche le cose positive, della vita.