Applicazione della chimica nella parte umida

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Applicazione della chimica nella parte umida
9° Corso di Tecnologia per Tecnici Cartari
edizione 2001/2002
Applicazione
della chimica
nella parte umida
di Giraudo Graziano
Scuola Interregionale di Tecnologia per Tecnici Cartari
Via Don G. Minzoni, 50 - 37138 Verona
Indice
1 - Introduzione
2 - La ritenzione in M.C
2.1 - Benefici di una ritenzione di qualità
2.2 - Gestione della parte umida
3 - Ottimizzazione della gestione con l’ausilio di prodotti chimici
3.1 - Processo di coagulazione
3.2 - Processo di flocculazione
3.3 - Microflocculazione
3.4 - Note sugli additivi
4 - Gli antischiuma
4.1 - Come lavorano gli antischiuma
4.2 - Dispersione
4.3 - Meccanismo di interferenza
4.3.1 - Fenomeno dell’asciugamento
4.3.2 - Assorbimento superficiale
4.4 - Formazione di film
4.5 - Azione di controllo della schiuma
4.5.1 - Interferenza
4.5.2 - Sostituzione superficiale
4.5.3 - formazione di film
4.6 - Metodi di controllo della schiuma
4.6.1 - Controlli meccanici
4.7 - Componenti degli antischiuma che depositano
4.8 - Prodotti antischiuma
4.8.1 - Prodotti a base olio
4.8.2 - Prodotti in dispersione
4.8.3 - Prodotti a base acqua
4.8.4 - Prodotti a base acqua liberi da olio
4.8.5 - Concentrati
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5 - Sbiancanti ottici
5.1 - Cenni teorici di colorimetria
5.2 - Nuanzatura e candeggio ottico
5.2.1 - Nuanzatura
5.2.2 - Candeggio ottico
6 - Antilimo e biocidi
6.1 - Problematiche connesse alla presenza di formazioni dannose
6.2 - Tecniche di identificazione
6.3 - Caratteristiche dei principali batteri presenti nel ciclo di cartiera
6.3.1 - Batteri fermentatori aerobici
6.3.2 - Batteri anaerobici solfato - riduttori
6.3.3 - Batteri unicellulari
6.3.4 - Batteri filamentosi
6.3.5 - Funghi
6.3.6 - Lieviti
6.3.7 - Alghe
6.3.8 - Protozoi, metazoi
6.4 - Prodotti per il controllo microbiologico
6.4.1 - Prodotti ossidanti
6.4.2 - Biocidi non ossidanti
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1. Introduzione
Il costante sviluppo delle macchine continue, consente di raggiungere
velocità d’esercizio maggiori. La tendenza è quella di produrre carte in
gran parte a bassa grammatura ed elevato contenuto di ceneri. In contemporanea, i produttori di carta sono sempre più alla ricerca di maggiore flessibilità delle linee di produzione.
Per migliorare l’efficacia e il rendimento di una linea è necessario focalizzare l’attenzione sulla gestione della parte umida, dove è possibile ottenere grandi vantaggi con investimenti minimi.
Gestire la chimica della parte umida in una macchina continua, significa controllare i sottoprocessi attraverso i quali è possibile influenzare il
funzionamento di tutta la parte umida con la massima efficacia.
Con questa argomentazione s’intende informare su quali sono i parametri da controllare per ottenere una buona ritenzione. In modo specifico
si approfondiranno le applicazioni chimiche che permettono di migliorare
l’efficienza di produzione, spiegandone le reazioni e le dinamiche chimico
– fisiche che stanno alla base della scelta degli agenti chimici più idonei.
Controllare il chimismo di macchina, significa fornire al processo di
produzione gli strumenti per reagire alle variazioni causate da sostanze
disciolte e colloidali in ingresso nel sistema della parte umida. In altre parole è necessario monitorare il controllo della coagulazione o fissaggio, nonché il controllo della flocculazione per mezzo di agenti ritentivi.
La combinazione di queste soluzioni stabilizza efficacemente la parte
umida della macchina, migliorando la qualità della carta prodotta e la macchinabilità della continua.
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2. La ritenzione in M.C.
Produrre un foglio di carta è un’operazione molto complessa, in quanto si cerca di unire le une alle altre fibre che normalmente sono inerti e
non hanno tendenza a legarsi meccanicamente; a questo scopo viene sfruttata semplicemente la spontaneità di aggregazione tramite la formazione di
deboli ponti a idrogeno.
In primo luogo è necessario ottimizzare la formazione del foglio, le
fibre devono quindi aggregarsi nel modo più uniforme possibile e disporsi
in maniera omogenea sulla tela di formazione. È fondamentale la scelta
opportuna di cellulosa e pasta legno che conferisca al prodotto le caratteristiche di base.
Nella fabbricazione di carte patinate a bassa grammatura (da 57 g/m2
a 75-80 g/m2), le cariche che conferiscono elevate opacità e grado di bianco non sono esclusivamente concentrate nella patina, ma alcun di queste
come caolino e talco, vengono introdotte in massa. Sono quindi le fibre che
si fanno carico della ritenzione di queste particelle, che insieme con i fini
vanno a dare consistenza al foglio conferendogli peso, un più elevato grado
di bianco e soprattutto opacità.
Al feltro fibroso che va formandosi sulla tavola piana viene richiesto
anche di far defluire in brevissimi istanti la maggior parte di acqua inglobata tra le fibre, a questo scopo compaiono artifizi come cassette aspiranti
e foils, per passare poi alla sezione presse dove la carta viene pesantemente spremuta e sollecitata. Questa esigenza fa si che durante l’operazione di
drenaggio gran parte delle cariche vadano perse andando ad arricchire le
acque bianche del sottotela.
Poiché ogni frazione aggiuntiva alle fibre di cellulosa e di pasta legno è
parte integrante e fondamentale per la produzione, si desidera che durante la formazione del feltro fibroso sulla tavola piana, tutte le componenti
dell’impasto si fermino tra le maglie di fibra, in modo da conferire al supporto cartaceo adeguate caratteristiche di resistenza ed opacità.
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Normalmente non si riesce ad ottenere una formazione omogenea, in
quanto le cariche e i fini che si trovano sul lato inferiore tendono a lasciare l’impasto, migrando con l’acqua attraverso le maglie della tela.
Contrariamente, quelle che si trovano nella sezione superiore hanno più
possibilità di essere trattenute tra l’intreccio delle fibre. Si viene quindi a
creare l’effetto doppio viso. Con l’evoluzione tecnologica, si è diminuito il
difetto del doppio viso introducendo un’aspirazione sulla parte superiore
del foglio tramite telino, ma ciò non ha influito sulla ritenzione.
Gli sviluppi più significativi sono apparsi con l’introduzione di agenti
chimici specifici, in grado di favorire notevolmente la ritenzione e quindi
l'efficienza della produzione. Ritenzione delle particelle è il termine generale impiegato per descrivere il processo mediante il quale piccole particelle vengono asportate da un mezzo di sospensione e raccolte da un substrato solido (feltro fibroso). Una buona ritenzione di parti fini è condizione essenziale per un efficiente processo di fabbricazione della carta.
La ritenzione nella parte umida della continua viene conseguita
mediante la combinazione di tre meccanismi:
• Filtrazione:
quindi ritenzione delle fibre aventi dimensioni
superiori a quelle dell’apertura della maglia della
tela. In media si parla di fibra lunga e corta da
200µ a 3500µ. Il meccanismo di ritenzione è di tipo
meccanico.
• Intrappolamento:
raccolta fisica di particelle sulla superficie o entro
il pannello prodotto durante la fase primaria della
filtrazione. Trattasi di fibre fini, caolino, carbonato
di calcio, (aventi dimensioni dell’ordine di 1µ 200µ), la ritenzione è di tipo meccanico/chimico.
• Coflocculazione:
risultato dell’interazione chimica tra le forze interfacciali delle particelle aventi dimensioni inferiori
a 1µ. La ritenzione dei colloidi avviene mediante
l’utilizzo di elettroliti semplici e polielettroliti, che
vengono utilizzati come ritentivi.
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2.1 Benefici di una ritenzione di qualità
L’esperienza insegna che una buona azione ritentiva migliora la distribuzione dei fini e delle cariche, diminuisce l’effetto del “doppio viso”,
aumenta l’opacità del supporto cartaceo e ne migliora la formazione.
Ovviamente è necessario ottimizzare la gestione della parte umida, in modo
tale da ridurre al minimo i problemi di macchinabilità che si concretizzano
in:
• Rotture
• Alta densità del sottotela
• Tele / feltri intasati
• Alto o basso potenziale Z
• Schiuma
• Scarso drenaggio
2.2 Gestione della parte umida
Con la gestione della parte umida, si mira a mantenere la stabilità dei
parametri nel circuito di alimentazione della “testa macchina”. Si controlla
la consistenza totale, quella delle ceneri e della chimica di base. La stabilità è importante, perché è direttamente collegata alla macchinabilità della
continua e alla qualità della carta prodotta. Può essere ottenuta apportando innovazioni al processo, con sistemi automatici di controllo basati su
“misure chiave”, assieme ad un uso efficace ed ottimizzato di prodotti chimici.
La Variazione di consistenza dell’impasto, influenza in maniera diretta la
qualità della carta e la tendenza alle rotture.
La Variabilità delle ceneri nella parte umida condiziona la qualità della
carta (resistenza, caratteristiche ottiche, porosità). Di conseguenza, una distribuzione non uniforme delle ceneri genera problemi nella continua,
nella patinatura nonché in fase di stampa.
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Il pH influisce su tutte le reazioni chimiche, soprattutto sul livello della
carica e sull’efficacia degli additivi e dei prodotti chimici.
In un certo senso, la gestione della carica influenza i meccanismi chiave della fabbricazione della carta, come la coagulazione, la flocculazione e
l’incollatura. La conduttività, indica la quantità di materiale inorganico
sciolto, che andrà a formare con buona probabilità dei depositi. In altre
parole dà l’indice di pulizia del sistema.
L’osservazione continua delle “misure chiave” è importantissimo, poiché permette di monitorare costantemente l’andamento dell’ impianto
partendo dalla raffinazione e consente di intervenire tempestivamente qualora si verifichino delle discordanze per garantire una costante qualità del
prodotto.
Tutte le difficoltà che si incontrano durante la lavorazione in macchina continua, si classificano con il termine di “ PROBLEMI DI MACCHINABILITÁ ” in larga misura imputabili a problemi di scarsa o non corretta
ritenzione, come schematicamente raffigurato nella tab. 1.
M/C
PROBLEMI
Rotture
C
C
C
M/C
C
Alta densità nel sottotela
Tele / feltri intasati
Cilindri seccheria intasati
pH variabile
Alto o basso potenziale Z
M/C
Schiuma
C
M
M/C
Scarso drenaggio
Incostante flusso di pasta
Impasto poco scolante
CAUSE
Presse sporche, scarsa ritenzione di
fini,tiri...
Bassa ritenzione di fini, ceneri...
Scarsa ritenzione ai colloidi, additivi...
Scarsa ritenzione ai colloidi, additivi...
Scarso controllo.
Coagulante inadatto o sbagliato
dosaggio degli additivi.
Scarsa ritenzione di fini ed additivi,
aria inglobata.
Scarsa coagulazione.
Valvola di grammatura, computer…
Scarsa coagulazione, raffinazione...
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Ovviamente queste problematiche si ripercuotono sul prodotto finale
che perde le specifiche richieste dallo stampatore.
Più comunemente si riscontrano:
• Perdite di collatura:
dovuta alla ritenzione della colla.
• Spelatura/spolvero:
dovuta alla scarsa ritenzione di fini e cariche.
• Brutta formazione:
causata da una sovra flocculazione.
• Imbarcamento:
dovuto a una scarsa ritenzione dei fini (doppio viso di distribuzione).
• Doppio viso:
dovuto a scarsa ritenzione di cariche (doppio viso di distribuzione).
• Migrazione di patina:
dovuta alla cattiva distribuzione di fini e cariche.
• Buchi da limo/macchie di sporco:
dovuta alla cattiva ritenzione di piccole particelle.
• Opacità e bianco:
dovuta alla scarsa ritenzione/distribuzione di fini e cariche.
Queste considerazioni hanno spinto le cartiere a rivolgersi a società
produttrici di composti chimici allo scopo di creare insieme dei programmi ad alta resa. Il fine è quello di migliorare la RUN ABILITY della continua ottimizzandone la ritenzione, ne consegue una sempre meno accentuata perdita di cariche con il miglioramento della pulizia dei cicli.
Seguendo questa corrente di pensiero, i produttori di carta hanno
potuto beneficiarne allestendo macchine sempre più veloci aumentando la
produttività e diminuendo gli sprechi di materie prime..
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Con la tabella sottostante, si rappresenta il campo di azione della ritenzione meccanica e di quella chimica in funzione della diminuzione delle
dimensioni delle particelle.
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3. Ottimizzazione della gestione con
l’ausilio di prodotti chimici
La RITENZIONE CHIMICA mira ad aumentare l’efficienza della filtrazione da parte delle fibre, agglomerandole in strutture aventi volume più
grande permettendo quindi di catturare con più efficacia le particelle
dimensionalmente più piccole.
Questo programma inizia con lo studio del coagulante più adatto da
immettere nell’impasto, ed in seguito prevede l’aggiunta del flocculante.
3.1 Processo di coagulazione
Nell’impasto viene immesso un composto chimico avente alta carica
cationica e basso peso molecolare che funge da coagulante; viene quindi
adsorbito sulle superfici delle fibre, dei fini e delle cariche. Ne consegue
una riduzione delle forze di repulsione fra le parti anioniche del sistema, le
particelle tendono così ad avvicinarsi.
Si formano agglomerati aventi sia cariche positive che negative ed
hanno origine i primi ponti di legame.
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L’azione dei coagulanti viene definita adesione a mosaico (fig. 2) in
altre parole si vengono a costituire delle “TOPPE ELETTROSTATICHE”
(fig. 3). Fisicamente sono grumi di fibre e cariche aventi stessa carica (negativa) che riescono a coesistere a distanze ravvicinate grazie alla presenza del
coagulante.
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Tra le toppe elettrostatiche si vengono a formare ponti di attrazione.
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L’azione del coagulante è diversa a seconda del punto di dosaggio,
viene influenzata dal tempo di contatto e dalle forze di taglio; aumentando
il tempo di contatto e lo shear il coagulante viene adsorbito nei pori delle
fibre, ne consegue la neutralizzazione delle cariche superficiali, quindi cala
l’efficienza del prodotto.
L’adsorbimento è influenzato dalle caratteristiche dell’impasto nonché
dalla natura chimica e dal peso molecolare; il punto di alimentazione più
idoneo viene scelto per ottenere le migliori condizioni di coagulazione al
momento del dosaggio del flocculante. Questo fenomeno è meno sensibile per prodotti ad alto peso molecolare.
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3.2 Processo di flocculazione
Dopo l’azione di coagulazione, segue l’aggiunta di additivi flocculanti,
aventi il compito di agglomerare le toppe elettrostatiche in fiocchi di fibra
e cariche. Ne risulta un impasto più compatto avente grande capacità scolante, perché tende a trattenere di meno l’acqua della sospensione.
Il flocculante è normalmente un polimero ad elevato peso molecolare,
la sua azione consiste nella penetrazione della barriera elettrostatica dei
componenti dell’impasto. Non è necessaria una neutralizzazione completa
delle cariche ma è importante tenere presente che l’adsorbimento sulle
fibre è lento, inoltre la resistenza del fiocco alle forze di taglio è debole e
dopo lo shear il fiocco si riforma lentamente.
Il flocculante aggiunto all’impasto viene adsorbito dalle particelle;
siccome il polimero ha catena molto lunga solo alcuni punti di questa vengono a contatto con le toppe elettrostatiche, lasciando libera gran parte
della struttura polimerica che va ad aggregarsi con le altre sue simili dando
origine a fiocchi agglomerati da ponti polimerici.
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Ovviamente la capacità e la forza dei ponti di legame è funzione della
carica superficiale delle particelle, ma anche della densità di carica a livello polimerico.
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I fiocchi formatisi sono in ogni caso soggetti ad operazioni di epurazione e depastigliamento, entrano in gioco forze di taglio che distruggono
meccanicamente gli agglomerati che in parte si riformano.
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Possiamo quindi fare un sommario del meccanismo di ritenzione che
adotta l’utilizzo di additivi chimici; alla base di questo fenomeno stanno
due principi chimico-fisici:
• Il primo è quello della coagulazione che consiste nella neutralizzazione delle cariche con conseguente adesione a mosaico.
• Il secondo è rappresentato dalla flocculazione che agglomera fibre,
fini e cariche in fiocchi con l’ausilio di polimeri ad elevato p.m. in grado
di creare ponti di legame.
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3.3 Microflocculazione
Negli ultimi anni, alcuni produttori di agenti chimici operanti nel settore delle cartiere, hanno potenziato ulteriormente i programmi ad alta
resa introducendo nel panorama degli additivi per la ritenzione prodotti
Microparticle, ossia di micro-flocculazione. I prodotti microparticle sono a
tre stadi, fondati su:
• “toppe” elettrostatiche;
• formazione di ponti;
• micro-flocculazione.
Come accennato in precedenza, l’aggiunta di coagulante agevola la formazione di fiocchi che si dimostrano poco resistenti alle forze di taglio,
distruggendosi se sottoposti a stress meccanico.
È proprio a questo punto che entrano in gioco le microparticle che
ricompongono i fiocchi. Siccome la scissione dei fiocchi avviene lungo la
catena polimerica dei flocculanti, le particelle ne risultano comunque legate, in particolar modo si presentano con più filamenti liberi di polimero.
Ne risulta una più ampia superficie carica positivamente e quindi aumentano le possibilità di legame. Le microparticle si insinuano tra le sezioni dei
fiocchi, interagendo con i filamenti polimerici ricostruendo i fiocchi originali che però risultano più piccoli e al contempo più robusti.
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I benefici chiave di questo programma, constano nella formazione di
fiocchi robusti e dimensionalmente uniformi che meglio si dispongono
sulla tavola piana, ne migliora la formazione del feltro fibroso, la ritenzione dei fini nonché il drenaggio alla sezione presse.
Riassumendo: i componenti di un programma microparticle si possono
schematizzare in:
A.
FONTE CATIONICA
- Allume
- Poli acril ammine (PAC)
- Amido
- Coagulanti
B. FLOCCULANTI
C. MICROPARTICLES
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3.4 Note sugli additivi
3.4.1 GENERALITÁ SUI FISSATIVI - CATIOFAST
Sono polimeri cationici a lunga catena a base di polietilenimmina, in
grado di:
- fissare sostanze cosiddette di disturbo solide o colloidali.
- abbattere l’anionicità libera originata da polimeri solubili.
Non hanno influenza diretta sul pH.
Il Catiofast in particolare, grazie alla presenza di gruppi idrofobici nella
sua catena, presenta un’elevata affinità anche per le sostanze di disturbo
non polari.
Le più comuni sostanze di disturbo sono le particelle idrofobiche e non
provenienti da:
- pasta legno.
- fogliacci patinati rilavorati.
3.4.2 MECCANISMO D’AZIONE - CRITERI DI DOSAGGIO
Dette sostanze di disturbo, se non fissate, tendono ad aggregarsi tra
loro fino a formare particelle grossolane incoerenti con il contesto fibroso
che danno poi luogo a formazione di depositi nella macchina continua o
difetti nel nastro di carta. Per ottenere un fissaggio stabile delle sostanze di
disturbo occorre che ciò avvenga quando le stesse si trovano nella forma
più elementare possibile, solo così è possibile ottenere un ancoraggio alle
fibre cellulosiche con elevata resistenza agli sforzi di taglio.
La scelta del punto di dosaggio deve garantire anche una rapida distribuzione del fissativo entro la massa dell’impasto. Una collaudata soluzione
è rappresentata dall’iniezione del fissativo (prediluito 1:100 con acqua) sull’aspirazione della pompa che manda la pasta da trattare in tina di miscela.
La quantità ottimale di Catiofast da dosare viene individuata sperimentalmente nel corso delle prove industriali (i risultati delle prove di laboratorio valgono solo a titolo indicativo e per la scelta del tipo di fissativo più
idoneo); successivamente potrà essere rapportata alla effettiva quantità
della pasta da trattare che transita attraverso il proporzionatore.
È consigliato invece vincolare alla risposta degli strumenti che misuraApplicazione della chimica nella parte umida -
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no l’anionicità libera in continuo, la quantità di Catiofast dosata in pasta
densa come fissativo (ciò ovviamente non vale per quello eventualmente
dosato più avanti come semplice cationizzante).
3.4.3 GENERALITÁ SUI SALI DI ALLUMINIO - PAC, ALLUME
Sono a tutt’oggi i coagulanti e cationizzante più economici disponibili,
in grado di controllare molto bene l’anionicità libera.
A differenza dei polimeri sintetici ad alto peso molecolare, sono praticamente privi di capacità fissativa.
Influiscono sul pH riducendolo.
3.4.4. MECCANISMO D’AZIONE - CRITERI DI DOSAGGIO
Possono essere dosati per controllare l’anionicità libera residua che è
sfuggita all’azione dei polimeri sintetici (fissativi - Catiofast), quando vi è
l’esigenza di esercitare un’azione di controllo sul pH per evitare di superare un valore di soglia predefinito.
La quantità dosata di Catiofast può infatti essere contenuta entro la
soglia minima sufficiente per ottenere un abbattimento delle sostanze di
disturbo compatibile con un buon andamento macchina. PAC e Allume,
possono oggi essere agevolmente ed utilmente dosati in funzione della
risposta degli strumenti che misurano in linea l’anionicità libera delle
acque di sottotela (p.es. Mutek o Kaijni con titolatore).
Possono essere dosati:
- in un unico punto, in tina di miscela, dopo i fissativi sintetici, prima
dell’amido cationico.
- oltre che in tina, nelle acque di sottotela (1°, 2°, presse, ecc.). Questo
può diventare anche l’unico punto di dosaggio quando non viene
dosato amido cationico in pasta densa.
Insieme ai fissativi sintetici, contribuiscono a creare rapidamente nell’impasto le condizioni ideali per la successiva azione dell’amido cationico
e/o dei collanti neutri reattivi e del ritentivo.
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3.4.5 AMIDO CATIONICO
Quando il ciclo a monte viene correttamente gestito con fissativi e
cationizzanti polimerici o a base di Sali di alluminio, l’attività dell’amido
può essere rivolta essenzialmente all’azione rinforzante e non viene più distratta per fissare e neutralizzare le sostanze di disturbo.
È utile ricordare che l’amido è sì un ottimo fissativo, ma rispetto ai polimeri sintetici come i Catiofast, la sua azione costa da due a tre volte di più,
ed inoltre l’amido non strettamente dosato per dare azione rinforzante
(ovvero sopra lo 0,4 – 0,6 %), tende inevitabilmente ad infragilire la carta
riducendone la resistenza alla lacerazione.
Nella scelta del grado di “cationicità” ovvero del suo grado di sostituzione, si deve tenere presente che un impasto pretrattato con fissativi e sali
di alluminio si trova con una ridotta anionicità libera e pertanto un amido
troppo cationico, oltre a rappresentare un inutile maggior costo, limita la
quantità impiegabile ed aumenta il rischio di mancato fissaggio dello stesso (ciò appare con particolare evidenza nelle carte senza legno).
3.4.6 POLYMIN SK
Dosato in testa machina contribuisce a fissare (sia pure tardivamente)
le sostanze di disturbo fuggite al fissaggio precoce con i Catiofast e più in
generale a migliorare la ritenzione dei fini e della cariche. Abbatte anch’esso l’anionicità libera. Non influisce sul pH.
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3.4.7 NOTE SUL DOSAGGIO DI ADDITIVI
FISSATIVI CATIOFAST
La quantità ottimale da dosare va individuata sperimentalmente ed
eventualmente corretta attraverso controlli periodici della torbidità del filtrato ed occasionalmente del contenuto di peci idrofobe con il “laser pitch
counter”. Detta quantità dovrebbe essere quanto prima agganciata alla portata della pasta da trattare.
PAC ALLUME
Il dosaggio dei sali di alluminio può essere asservito alle informazioni
fornite dagli apparecchi per la misura in continuo dell’anionicità libera
delle acque di sottotela (p.es. Mutek e Kaijni).
Il rapporto quantitativo con i Catiofast dosati a monte dipenderà dall’esigenza di mantenere il valore del pH entro i limiti prefissati.
AMIDO CATIONICO
Si è operato come detto a proposito di fissativi e sali di alluminio, la
quantità dosata viene variata solo in funzione di incrementare o ridurre la
resistenza.
RITENTIVI
La quantità dosata può essere asservita ai misuratori di densità in continuo sulle acque di sottotela a condizione che le ceneri siano mantenute
entro i limiti predefiniti (con correzioni continue). La quantità di ceneri è
infatti il fattore che influenza maggiormente il valore % di ritenzione.
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4. Gli antischiuma
Gli agenti di controllo della schiuma anche detti antischiuma, vengono applicati nelle tine di raccolta dell’impasto nella macchina continua.
Alcuni dei processi che comunemente generano bolle di schiuma e aria
sono raccolti nella tabella sottostante:
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La Nalco Chemical Control offre una linea per il controllo della schiuma nel processo di produzione della carta; da più di quarant’anni vengono
utilizzati prodotti efficienti e minimizzate le formazioni di schiuma migliorando la qualità del prodotto cartaceo.
L’obiettivo di tutti i programmi di controllo della schiuma è quello di
garantire un ritorno d’investimento. L’effettivo controllo della schiuma
può incrementare l’efficienza dello spappolamento, aumentandone la qualità della produzione, incrementando la qualità del processo con la riduzione di buchi e rotture inibitori di produzione.
La schiuma e l’aria trattenuta nei raffinatori, così come nell’impasto
di sbianca e nel sistema di macchina continua possono a maggior ragione
far perdere le specifiche di produzione nelle tine di raccolta dell’impasto.
La schiuma in particolare può:
• ridurre l’efficienza e la capacità della produzione;
• causare il fenomeno di cavitazione delle pompe;
• ridurre la velocità di produzione;
• ridurre la qualità del drenaggio;
• contribuire all’aumento degli scarti;
• causare buchi e rotture del foglio;
• incrementare i depositi.
4.1 Come lavorano gli antischiuma
La rimozione della schiuma per mezzo di agenti chimici, normalmente si realizza in 4 steps.
• L’eliminazione ha inizio con il contatto con la bolla.
• La particolarità dell’antischiuma è quella di rompere (grazie alla zona
idrofobica) la parete della bolla.
• L’antischiuma abbassa la tensione superficiale delle pareti della bolla.
• La dispersione dell’additivo crea un sottile film che ricopre attivamente le bolle eliminandole.
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4.2 Dispersione
Come già accennato, la rimozione della schiuma inizia con il contatto
tra l’agente chimico e la bolla ed è quindi necessario che l’antischiuma
venga disperso durante l’agitazione dell’impasto. L’agente chimico deve
essere insolubile nella schiuma ma nel contempo è necessario che sia disperdibile in essa. Con molte formulazioni antischiuma questo aspetto
implica un accurato bilancio dei componenti del fluido da trattare, onde
verificarne l’effettivo potere disperdente.
4.3 Meccanismo di interferenza
La dispersione di particelle idrofobiche, come la silice e gli alcoli grassi, sono indicati per la destabilizzazione della schiuma. La spiegazione
scientifica di questo fenomeno è complessa al punto che si tende a dare
una duplice interpretazione.
Una semplice descrizione dell’azione dell’antischiuma è che le sezioni
idrofobiche della molecola si predispongono tra il gas (aria) e l’interfaccia
liquida della bolla, dando origine a punti deboli localizzati con l’interruzione dell’aggregazione delle molecole.
Un’altra descrizione di questo meccanismo è offerta dalla letteratura.
Due plausibili meccanismi sono l’asciugamento e l’assorbimento superficiale.
4.3.1 FENOMENO DELL’ASCIUGAMENTO
Le particelle idrofobiche dell’antischiuma posseggono una bassa energia superficiale e danno inizio all’asciugamento in questo modo: la fase
liquida tende a rientrare nella parete della bolla passando attraverso i punti
deboli che si sono prodotti sulla superficie, in direzione delle particelle
idrofobiche. Similmente il gas inglobato tende a fuoriuscire dall’involucro,
possedendo una pressione più alta rispetto all’atmosfera che lo circonda.
Questa azione di rapida depressurizzazione fa collassare la bolla di schiuma.
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Due sono le condizioni affinché si verifichi il fenomeno dell’asciugamento:
1. L’angolo di contatto tra la parete liquida della bolla di schiuma e la
particella idrofobica deve superare i 90 gradi.
2. Le dimensioni delle particelle di antischiuma devono avere lo stesso
ordine di grandezza della parete liquida della bolla.
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4.3.2 ASSORBIMENTO SUPERFICIALE
Un altro meccanismo suggerito, riguarda lo svuotamento localizzato
della superficie della schiuma tramite l’assorbimento delle molecole superficiali che si trovano a contatto con quelle di antischiuma aventi bassa energia superficiale. In altre parole, la parete perde elasticità nell’area adiacente alla particella idrofobica e si viene così a formare un punto debole nella
struttura della bolla. Il gas pressurizzato che si trova al suo interno fuoriesce da questa zona causando il collasso della struttura.
Questo modello rappresenta lo stadio di decadenza con il passare del
tempo, osservando in maniera particolareggiata l’azione dell’antischiuma.
Il calo del potere delle particelle avviene mano a mano che la superficie di
queste iniziano a saturarsi assorbendo superficialmente le molecole di
schiuma con la conseguente perdita di idrofobicità.
Applicazione della chimica nella parte umida -
30
4.4 Formazione del film
L’antischiuma essendo insolubile crea rapidamente un film sulla superficie liquida, riuscendo effettivamente a tenere sotto controllo la formazione di schiuma (a questo proposito, in passato, quando si verificavano di
questi problemi era buona norma versare una discreta quantità di
Kerosene direttamente nelle tine).
Per una buona dispersione occorre che la tensione superficiale dell’antischiuma sia minore di quella delle bolle. La velocità di dispersione
può essere accelerata con l’utilizzo di agenti disperdenti dosati nel prodotto direttamente dal fornitore.
L’azione energetica di dispersione destabilizza la schiuma tramite la
rapida formazione di stress interno alla bolla, causandone uno shock e il
conseguente collasso.
I formatori di film sono generalmente limitati al controllo della superficie schiumosa perché sono piccoli promotori della coalescenza e del rilascio dell’aria trattenuta.
4.5 Azione di controllo
4.5.1 INTERFERENZA
- Le particelle idrofobiche si inseriscono nella parete della bolla.
- L’aria trattenuta fuoriesce e la superficie della bolla collassa.
4.7.2 SOSTITUZIONE SUPERFICIALE
- La stabilità della superficie della schiuma viene compromessa dall’azione delle molecole di antischiuma.
- La forza della parete della bolla viene indebolita.
- La schiuma collassa sotto il suo peso.
4.7.3 FORMAZIONE DI FILM
- Il liquido insolubile crea rapidamente un film diffuso sulla superficie
delle bolle.
- La rapida formazione di stress interno causa il collasso.
- Affine alla superficie delle particelle di schiuma non permette l’assorbimento di aria.
Applicazione della chimica nella parte umida -
31
4.6 Metodi di controllo della schiuma
I produttori di carta si sforzano di ottimizzare le operazioni meccaniche, strutturando i loro sistemi in maniera tale da minimizzare le opportunità di inglobare aria e quindi di provocare la formazione di schiuma.
Il primo meccanismo adottato in cartiera per la rimozione dell’aria dall’impasto è il DECULATOR o Disareatore. Il Deculator è fondamentalmente un grande recipiente sotto vuoto disposto prima della cassa d’afflusso. L’impasto viene immesso al suo interno per mezzo di ugelli che rompono i grumi di pasta, rilasciando l’aria ancora inglobata; avviene così la
rottura meccanica delle bolle e la conseguente separazione dell’aria dalle
fibre e dall’acqua.
All’interno del disareatore viene mantenuto un livello costante di liquido che raggiunge per caduta una secondaria “Fan pump” e quindi inviato
alla cassa d’afflusso. L’aria liberata da questa azione meccanica viene rimossa continuamente, per mezzo di un sistema di aspirazione costituito da una
pompa per il vuoto, degli appropriati eiettori e un impianto di raccolta
delle condense.
Limitare il grado di agitazione dell’impasto, eliminare i punti in cui si
creano cascate e gocciolamenti, assicurare che le pompe siano mantenute
correttamente e sigillate onde evitare perdite, sono tutti accorgimenti volti
a ridurre la potenziale formazione di schiuma. Ma il completo svuotamento dell’aria trattenuta dai mezzi meccanici è praticamente impossibile e
sono pochi gli agitatori in grado di garantire un’elevata qualità dell’impasto senza l’uso ausiliario di agenti chimici antischiuma.
Applicazione della chimica nella parte umida -
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4.6.1 CONTROLLI MECCANICI
Gli agenti di controllo della schiuma costituiscono gran parte della
varietà di “chemicals“ utilizzati per la produzione di carta. In America generalmente si consumano più di 120 milioni di dollari di antischiuma all’anno.
Questi composti vengono addizionati lungo tutto il sistema di produzione, dal pulper al circuito di testa macchina, ovunque le operazioni di
processo generino schiuma.
Una certa quantità di preparato ad alta temperatura viene utilizzato per
il controllo della formazione di schiuma nelle unità di processo che lavorano approssimativamente a 150 °F / 65 °C, così come nei lavaggi della
pasta legno. Antischiuma ad una temperatura decisamente più bassa, viene
utilizzato nei punti di processo in cui si sviluppano temperature più moderate come gli screen, nella sezione per il candeggio, in macchina continua,
nel ciclo delle acque bianche e nelle zone di affluenza dell’impasto.
Alcuni prodotti possono comportarsi ed agire da antischiuma, dipende
soprattutto dalle caratteristiche del sistema, come la temperatura, la composizione dell’impasto e il sistema di additivi in uso.
Applicazione della chimica nella parte umida -
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4.7 Componenti degli antischiuma
che depositano
Molti componenti degli antischiuma sono causa della formazione di
depositi in macchina continua. Questo è particolarmente vero quando
l’additivo viene dosato in eccesso.
Ecco alcuni dei componenti organici che generano depositi:
- Acidi grassi saturi
- Grassi derivati dall’amido
- Idrocarburi (olio)
- Materiali aventi superficie attiva
- Siliconi (polimeri organici del silicone)
Questi materiali, se presenti nei depositi possono venire identificati per
mezzo di analisi su campioni prelevati direttamente dalle impurità.
Misurando la sorgente di acidi grassi, possono nascere complicazioni,
in quanto queste molecole sono contenute sia nelle peci, sia negli antischiuma. Se gli acidi grassi sono saturi o meno dipende soprattutto dalla
loro origine, (gli acidi grassi saturi non presentano doppi legami nel gruppo funzionale acido della molecola).
Per agevolare l’identificazione è bene tener presente che gli acidi grassi degli antischiuma provengono usualmente da grassi di origine animale,
mentre quelli del legno presenti nei depositi di pece sono interamente
insaturi.
I materiali inorganici vengono identificati tramite l’analisi delle ceneri.
La silice idrofobica di alcuni antischiuma convenzionali a base olio, viene
messa in risalto come silicio al termine delle analisi (se presenti nel deposito). Il silicone viene separato da altre comuni fonti di silicio, in quanto si
analizza tramite raggi a infrarossi, previa estrazione con solventi organici.
Applicazione della chimica nella parte umida -
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4.8 Prodotti antischiuma
I formulati dei prodotti antischiuma sono disponibili in una grande
varietà di imballaggi e supportati da un sistema di trasporti studiati per conciliare le condizioni specifiche e i bisogni del prodotto, nella varietà delle
unità operative della cartiera.
Questi preparati vengono allestiti in svariate forme fisiche, a partire da
mattonelle solide, a paste semi solide fino allo stato liquido. Di norma lo
stato liquido è quello più largamente utilizzato per gli antischiuma, in
quanto sono semplici da maneggiare e si adattano bene a qualsiasi contenitore o sistema di immagazzinamento.
Esistono diverse vie per la classificazione degli antischiuma, basandosi
sul loro contenuto di olio:
1. Base olio
2. Dispersione in acqua
3. Base acqua
4. Base acqua, libero da olio
5. Concentrato
Non contengono acqua
Contiene meno del 50 % di acqua
Contiene più del 50 % di acqua
Non contiene olio
Non contiene aggiunte di olio o acqua
4.8.1 PRODOTTI A BASE OLIO
Tradizionalmente molti liquidi antischiuma usati dall’industria cartaria
sono a base olio. In questo caso gli ingredienti attivi del formulato sono
emulsionati o dispersi nell’idrocarburo che funge da mezzo di trasporto.
I prodotti a base olio utilizzati per l’impasto caldo sono tipicamente
costituiti dal 90-98 % di olio e circa il 2-10 % di ingredienti attivi quali silicio, silicone o EBS (ethylene bis stearamide). La concentrazione è cosi
bassa a causa dell’elevato peso molecolare, provocando un aumento della
viscosità tra l’olio e l’emulsione, con conseguente aumento del livello di
pompaggio.
Queste formulazioni funzionano bene per l’eliminazione della schiuma ma hanno piccoli effetti di assorbimento di aria.
Gli antischiuma più comuni contengono dal 65 al 95% di olio, con
aggiunta di silicio, silicone o EBS e possono anche contenere “superficializanti” per contribuire l’eliminazione dell’aria adsorbita.
Applicazione della chimica nella parte umida -
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Intorno al 1975 tutti gli additivi adibiti alla funzione di antischiuma
erano a base olio, perché l’idrocarburo bene si adatta a mezzo di trasporto
degli ingredienti attivi ed è altresì debolmente espansivo. È importante
tener conto che l’olio rappresenta il 90% del costo di questi prodotti, eventuali oscillazioni, soprattutto verso l’aumento del prezzo dell’olio rosa incide direttamente e pesantemente sul costo del prodotto.
Siccome l’esigenza delle cartiere è quella di utilizzare prodotti che
costino poco e che comunque non abbiano prezzi eccessivi è nata la ricerca verso lo sviluppo di un’alternativa più economica all’idrocarburo.
Questi sforzi hanno portato allo sviluppo di prodotti a elevate prestazioni e bassi costi, introducendo sul mercato antischiuma in dispersione
acquosa e a base acqua.
4.8.2 PRODOTTI IN DISPERSIONE
La dispersione avviene con il 5-30% di acqua per ridurre la quantità di
acqua nel prodotto. La rapidità di dispersione, raramente prevede benefici
tra costi e performance rispetto agli additivi a base olio, perché si tende ad
incrementare proporzionalmente la riduzione di olio contenuto.
Tecnologicamente si sono riscontrate migliorie in quanto mantenendo
un’uguale attività dei prodotti a base olio, si è diminuito il costo totale.
4.8.3 PRODOTTI A BASE ACQUA
Il primo successo degli antischiuma a base acqua destinati alla sezione
di lavorazione a caldo dell’impasto, è stato raggiunto intorno agli anni 80.
Questi preparati consentirono un miglior controllo della schiuma riducendo i costi, in oltre eliminano la maggior percentuale del peso (dovuto agli
idrocarburi) nel sistema di produzione.
Nuovi ingredienti attivi sono poi stati adattati alla base acquosa, ad
esempio gli alcoli grassi e gli esteri, non sono molto economici ma causano
una minor quantità di deposito.
Applicazione della chimica nella parte umida -
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4.8.4 PRODOTTI A BASE ACQUA LIBERI DA OLIO
La Nalco è stata la prima azienda a concepire questo tipo di antischiuma. Generalmente costituiti da 10-25% di componenti attivi, in particolare
alcoli grassi, acidi grassi, glicol polietilenici (PEG), esteri o polimeri di siliconi. Questi componenti hanno bassa tendenza a formare depositi rispetto
ai prodotti a base olio e “sporcano” molto di meno i manufatti della macchina continua. Gli antischiuma privi di olio sono miscibili con l’acqua così
che lavorano meglio contro l’inglobazione dell’aria e quindi alla formazione di schiuma in superficie.
4.8.5 CONCENTRATI
Gli antischiuma concentrati sono per il 100% costituiti da componenti
attivi che non contengono mezzi disperdenti quali olio o acqua. Sono solitamente miscele di superficializzanti.
I clienti (cartiere) beneficiano di un grandissimo risparmio nell’acquisto di tali prodotti, in quanto i costi per l’imbarco, e quindi il peso, di olio
e acqua vengono eliminati. Un’ulteriore vantaggio è dato dal loro impiego
nel sistema caldo dell’impianto cartario, inclusa la “size press” per amido.
Applicazione della chimica nella parte umida -
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5. Sbiancanti ottici
5.1 Cenni teorici di colorimetria
Nell’ambito della produzione di carta bianca, il grado di bianco riveste
un ruolo importante, in quanto da esso dipende il contrasto dell’inchiostro
e la purezza dei colori di stampa.
Per meglio comprendere le motivazioni che spingono le cartiere ad utilizzare programmi di Nuanzatura e Candeggio Ottico, è necessario avere
chiari alcuni concetti di colorimetria.
- La luce è un insieme di onde elettromagnetiche aventi differenti lunghezze d’onda (λ), quindi diverso grado energetico. Se un fascio di luce
bianca viene convogliato attraverso un prisma, si verifica il fenomeno di diffrazione, ovvero la luce si scompone nelle sue varie lunghezze d’onda dando
origine a una sequenza di raggi luminosi che vanno dal viola al rosso.
Possiamo quindi definire la luce come un insieme di raggi monocromatici aventi lunghezze d’onda differenti, che cadono nel campo del visibile, quindi nello spettro delimitato da l che vanno da 400 a 700 nm.
(1 nm. = 10-9 m.)
Fig.1: Lo spettro del visibile è rappresentato da radiazioni aventi maggior energia mano a mano che si va dal rosso al violetto.
Applicazione della chimica nella parte umida -
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Ad ogni radiazione elettromagnetica è associata una certa energia, la
quale risulta direttamente proporzionale alla sua frequenza in base alla
legge di Planck.
E = hν = h . C/γ
- Dove h è la costante di Planck, uguale a 6,6262 ⋅ 10-34 Joule ⋅ sec.
Le radiazioni a più alta energia sono dunque quelle a più alta frequenza e cioè a minore lunghezza d’onda.
- ν è la frequenza (in sec-1).
Qualsiasi oggetto colpito da radiazioni elettromagnetiche assorbe energia che causa un eccitamento dei suoi elettroni, questi passano da un livello energetico base ad un superiore. Una volta terminato l’assorbimento, l’atomo si “rilassa” cioè gli elettroni tornano ad occupare il livello energetico
fondamentale, emettendo una perturbazione elettromagnetica di energia.
Quando una superficie viene colpita da un fascio di radiazioni policromatiche, assorbe l’energia necessaria per l’eccitazione degli atomi che si
trovano in superficie, ed emette con un ∆E pari all’energia assorbita.
A tale ∆E corrisponde una determinata lunghezza d’onda, quindi se la
superficie sopra citata è di colore rosso, emetterà solamente λ corrispondenti a tale colorazione. Si può dedurre che una carta è bianca quando l’emissione interessa completamente tutte le radiazioni dello spettro visibile,
quindi λ comprese tra i 400 e i 700 nm.
Ottenuta con coloranti che emettono differenti lunghezze d’onda.
Applicazione della chimica nella parte umida -
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(Miscelando giallo, rosso e blu si ottiene il nero). Lo spettro di remissione
è la risultante della sovrapposizione degli spettri componenti la miscela.
L’intensità luminosa risulta molto minore.
Viene definita miscela additiva di colore, quella ottenuta con la proiezione di radiazioni a l diverse su di una superficie bianca. In questo caso
dalla miscela delle tre luci gialla, rossa e blu si ottiene il bianco.
I due fenomeni sopra citati sono molto importanti per l’industria cartaria, in quanto stanno alla base del concetto di NUANZATURA e CANDEGGIO OTTICO.
Applicazione della chimica nella parte umida -
40
5.2 NUANZATURA E CANDEGGIO OTTICO
5.2.1 NUANZATURA
Per la produzione di carta si usano fibre di cellulosa e di pasta legno,
quest’ultima contiene lignina che trasmette al manufatto una colorazione
avente dominante gialla. Per eliminare questo “difetto” si aggiunge in preparazione impasti del colorante (nuanzante).
Si sfrutta quindi la complementarità dei colori e la loro proprietà di
estinguersi a vicenda, in questo modo si migliora il grado di bianco del
manufatto.
Aggiungendo piccole quantità di un colorante blu - violetto (complementare al giallo), la tonalità si estingue, la carta apparirà più bianca e le
coordinate cromatiche saranno più prossime al punto acromatico.
È importante sottolineare che il miglioramento del grado di bianco è
comunque fittizio, in quanto siamo nel caso di miscela sotrattiva di colore,
pertanto la luminosità Y del campione dopo nuanzatura sarà inferiore a
quella del campione iniziale.
Applicazione della chimica nella parte umida -
41
Negli schemi qui a fianco, si può notare come il campione di impasto
abbia tendenza ad emettere radiazioni nel campo del giallo a circa 600 nm
(Fig.1).
Aggiungendo un colore complementare, come il blu che assorbe fra i
500 e i 700 nm. (Fig.2), si ottiene un miglior grado di bianco dovuto ad
un’emissione più uniforme.
L’area racchiusa dallo spettro di remissione del prodotto trattato (Fig.
3) è inferiore a quella iniziale. Ne risulta che il manufatto ha subito un’ingrigimento.
Applicazione della chimica nella parte umida -
42
5.2.2 CANDEGGIO OTTICO
Esistono sostanze chimiche definite fluorescenti (tra cui i candeggianti
ottici) che colpite da raggi ultravioletti si eccitano, emettendo energia sotto
forma di radiazione elettromagnetica appartenente al campo del visibile.
Tali sostanze eccitate transitano ad un livello energetico superiore, una
volta finito l’assorbimento riemettono energia, ma non nello stesso modo
in cui l’hanno assorbita.
Fig. 4: Diagramma delle principali transizioni energetiche coinvolte nei
fenomeni di fluorescenza.
Come illustra la fig. 4 la sostanza interessata assorbe energia passando
dal livello fondamentale L0 ad un secondo livello eccitato L1. La radiazione acquisita dalla materia viene restituita dopo brevi istanti all’ambiente e
in questo caso specifico l’atomo o la molecola dissipa parte dell’energia
acquisita sotto forma di calore, raggiungendo stati elettronici intermedi
aventi potenziali energetici diversi (E2, E3, E4).
Applicazione della chimica nella parte umida -
43
L’energia rimasta viene liberata sotto forma radiante. I quanti di luce
emessa avranno perciò un’energia minore di quella della radiazione eccitante e dunque una lunghezza d’onda maggiore (Fig.5).
La particolare proprietà fisica di queste sostanze, è notevolmente sfruttata dall’industria cartaria, in quanto l’aggiunta di candeggiante ottico in
sede di preparazione dell’impasto, agisce da miscela additiva di colore,
dove assorbe nell’U.V. riemettendo ad una λ complementare al giallo delle
fibre, correggendo la curva di remissione ad un livello più alto. Poiché questo fenomeno è legato all’energia delle radiazioni, l’effetto del candeggiante è visibile solamente se l’illuminante possiede radiazioni U.V.
Ne sono ricchi:
- Luce del giorno.
- Lampada allo xeno.
Ne è povera:
- Lampada a filamento
I candeggianti ottici non sono tutti uguali, infatti ne esistono alcuni che
emettono con tonalità rossastra, piuttosto che bluastra o verdastra. Quindi
ognuno ha una propria fiamma, sfruttata dal cartaio, che combina spesso
nuanzante e candeggiante per ottenere carte più bianche possibili con toni
più o meno freddi (blu) oppure caldi (rossi). È importante tenere conto di
questa differenza nella scelta del candeggiante ottico; ad esempio il miglior
risultato per ottenere una carta bianca a tono caldo lo si ottiene scegliendo
un candeggiante a fiamma rossastra.
Applicazione della chimica nella parte umida -
44
5.2.3 CANDEGGIO OTTICO IN MASSA
Il candeggiante ottico può essere trattato come un comune colorante
diretto anionico. In linea di massima sono tutti derivati dello STILBENE
(gruppo funzionale che dà il fenomeno di fluorescenza).
Applicazione della chimica nella parte umida -
45
La componente cromofora presenta gruppi solfonici, essi sono molto
sostantivi e vanno a legarsi alla molecola di cellulosa.
La proprietà legante dei candeggianti dipende oltre che dalla natura
del prodotto, anche dalla durezza dell’acqua e dalla densità dell’impasto.
Essendo una molecola anionica è sensibile al cambiamento del pH e al
solfato di alluminio, quindi nel caso di produzione di carta destinata a collatura acida bisogna tener presente che la sua introduzione nel circuito di
testa macchina deve avvenire anticipatamente a quella dell’allume, per permettere la formazione di legami duraturi con le fibre, altrimenti compromessi dalla formazione di complessi allume – candeggiante.
È noto che lo stilbene non si lega alla lignina della pasta legno, che ha
anche la caratteristica di assorbire i raggi ultravioletti (anche se bianchita).
Per questo motivo pur migliorando il grado di bianco su cellulose al bisolfito bianchite, non può far scomparire la colorazione gialla della lignina. In
queste situazioni l’apporto di candeggiante non fa la differenza.
Il grafico sottostante mostra l’influenza del tipo di pasta sul candeggiante ottico in massa.
1_Cell. di conifera al solfato semi-bianchita, 40o SR
2_Cell. di conifera al solfato bianchita, 40° SR
3_Cell. di betulla al solfato bianchita, 25° SR
4_Cell. di conifera al bisolfito bianchita, 25° SR
5_Cell. di conifera al bisolfito bianchita, 40° SR
6_90% cell. di conifera al bisolfito bianch. 40° SR
10% pasta legno bianchita, 65° SR
7_70% cell. di conifera al bisolfito bianch. 40° SR
30% pasta legno bianchita, 65° SR
Candeggiante ottico: 0,4% di Leucofor U liquido
Carta collata con 2% di colla e 3% di allume
Applicazione della chimica nella parte umida -
46
Nel candeggio ottico in massa è importante, ai fini di ottenere la
miglior resa ed il maggior grado di bianco, una opportuna selezione delle
materie prime.
Più l’impasto è bianco, migliore risulta l’efficacia del candeggiante, in
ogni caso le sostanze che assorbono radiazioni ultraviolette perturbano l’azione chimica del candeggio. Ne è un esempio la lignina, che assorbe radiazioni nell’U.V., pertanto l’efficacia del candeggiante ottico è scarsa in presenza di cellulose bianchite e paste legno.
Anche gli ausiliari possono dare una loro influenza; tra i materiali di
carica il biossido di titanio (Ti-O2), pregiudica fortemente l’azione del candeggiante, in quanto possiede un elevato assorbimento di radiazioni ultraviolette.
In ogni caso tutte le cariche provocano un calo di resa del candeggiante ottico Fig. 5, dovuto al loro potere coprente: quando una carta è caricata l’opacità dalla carica fa si che solo gli strati superficiali del foglio siano
interessati alla remissione luminosa.
1° colonna da sinistra, senza aggiunta di cariche
2° colonna, con 20% di caolino
3° colonna, con 4% di biossido di titanio
Pasta: 50% cellulosa d’abete bianchita
50% cellulosa di faggio bianchita collata
Candeggiante ottico:0,2% di Leucofor U liquido
Applicazione della chimica nella parte umida -
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Anche l’aggiunta di colla di resina contribuisce alla diminuzione dell’effetto del candeggio sia per il tipico tono giallastro della sostanza che per
un certo assorbimento di raggi U.V. dovuto alla colofonia, il tutto unito al
fatto che si opera a pH acido con allume. Fig. 6.
1° colonna, pH 7
2° colonna, collatura con colla di resina di
allume pH 4,7
3° colonna, collatura con emulsione di
dimeri di chetene pH 8
Pasta: 50% cellulosa d’abete bianchita
50% cellulosa di faggio bianchita
Candeggiante ottico: 0,2% di Leucofor U
Applicazione della chimica nella parte umida -
48
I prodotti cationici utilizzati per la ritenzione e la resistenza ad umido
possono anche ridurre sensibilmente l’efficacia del candeggiante. Ciò trova
spiegazione sia nel tono quasi sempre giallastro di tali resine, sia sul fatto
che essendo cationiche interferiscono con i candeggianti ottici impedendone il fissaggio diretto sulle fibre (fenomeno simile a quello riscontrato
con il solfato di alluminio Al-SO3).
5.3 Note sugli sbiancanti ottici
Sulla PM 8 a Verzuolo viene utilizzato il candeggiante Tinopal ABP-Z
liq.n.
È un candeggiante ottico destinato all’industria cartaria, con ampie
possibilità di applicazione. Possiede buone solidità generali ed è poco sensibile alle variazioni di pH.
Non contiene urea, ammine libere ed ha un contenuto in sali minerali estremamente ridotto.
5.4 Campi di applicazione
Candeggio in massa.
Per carte e cartoni collati e non, con o senza carica, in un intervallo di
pH compreso tra 4,5 e 9. Idoneo anche per carte non collate a condizione
che la durezza dell’acqua sia superiore a 7°dF.
Candeggio in size press.
Per bagni di collatura a base di amidi o in combinazione con CMC, PVA
o alginati. Per una resa ottimale del candeggiante, il pH della carta base
non dovrebbe essere inferiore a 5.
Candeggio in patina.
Per patine a base di cariche minerali in combinazione con leganti naturali e sintetici in un intervallo di pH compreso tra 7 e 11. La resa di Tinopal
ABP-Z liq.n. dipende in larga misura dalla presenza dal tipo e dalla quantità di co-leganti quali CMC, PVA, ecc. utilizzati.
Applicazione della chimica nella parte umida -
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5.5 Proprietà chimico-fisiche
ASPETTO:
liquido limpido, giallastro, leggermente viscoso
CARATTERE CHIMICO: derivato dell’acido diammino-stilbene-tetrasolfonico
MISCIBILITÀ:
miscibile in tutte le proporzioni con acqua
PH:
7,5 – 9,5 (soluzione 200 g/l a 25°C)
PESO SPECIFICO:
1,120 +/- 0,015 a 25°C
CARATTERE IONICO:
anionico
STABILITÀ AL FREDDO E AL MAGAZZINAGGIO:
Ha una buona stabilità al freddo e al magazzinaggio, solo a temperature tra 0 e -2°C il prodotto tende a solidificare. Il prodotto eventualmente solidificato per prolungata esposizione al freddo, può essere
riportato allo stato originario lasciandolo in ambiente temperato, senza
alcuna conseguenza sull’efficacia del prodotto stesso. Le soluzioni
madre si conservano perfettamente se contenute in recipienti di
acciaio inossidabile o materiale plastico, ben chiusi, al riparo dalla luce.
NUANCE:
In tutte le applicazioni il Tinopal ABP-Z dà un bianco neutro. La
nuance ottenuta può essere modificata a piacere mediante l’aggiunta di coloranti o pigmenti accuratamente selezionati al fine di ottenere il massimo dell’efficacia.
SOLIDITÀ:
La solidità alla luce, la stabilità agli alcali ed agli acidi sono tipicamente a quelle dei candeggianti aventi natura stilbenica.
DATI ECOLOGICI E TOSSICOLOGICI:
Per lo stoccaggio e la manipolazione si consigliano le consuete misure di prevenzione e di igiene del lavoro.
Applicazione della chimica nella parte umida -
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5.6 Applicazione nel candeggio della massa
IL Tinopal ABP-Z può essere dosato in continuo o in discontinuo.
In discontinuo può essere aggiunto in fase di preparazione della pasta
(pulper, tina di miscelazione, tina di macchina).
In continuo può essere aggiunto, eventualmente diluito secondo le
necessità, in un punto qualsiasi dell’impianto a monte della cassa d’afflusso.
In ambedue i casi è consigliabile dosare il tinopal prima dell’aggiunta
di allume e/o altri prodotti cationici, al fine di ottenere una resa ottimale.
Sebbene il tinopal abbia una buona affinità per la cellulosa, il grado di
bianco ottenuto è dipendente dal tempo di contatto e dalla densità della
pasta. La resa migliore si ottiene quando la pasta presenta una elevata consistenza e l’ottico viene aggiunto in modo omogeneo (meglio se diluito).
Dose di impiego: 0,005 - 1 % sul peso della cellulosa secca, fino a un
massimo di 1,5 %.
Applicazione della chimica nella parte umida -
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6. Antilimo e biocidi
6.1 Problematiche connesse alla presenza
di formazioni dannose
Uno dei più comuni problemi che accomuna i numerosi e diversi processi produttivi impiegati nell’industria cartaria di oggi è la formazione di
limo. Con il termine “limo” si intendono tutte quelle formazioni più o
meno mucillaginose che frequentemente portano alla formazione di depositi consistenti in punti strategici dell’impianto di fabbricazione della carta
e che possono comportare gravi problemi di produttività.
La presenza di limo in un ciclo produttivo infatti causa notevoli danni
economici identificabili in perdite di produzione dovute a frequenti rotture della carta, lunghe fermate della macchina, intasamento dei feltri, presenza di buchi, macchie di disomogeneità sulla carta, deterioramento degli
impasti, contaminazione degli additivi, diminuzione della resa degli
impianti e/o corrosione degli stessi; inoltre tutti questi problemi sono fortemente accentuati dalla sempre maggiore chiusura dei cicli delle acque. Il
limo è costituito in parte da fibre miste ad additivi necessari al processo produttivo della carta quali resine sintetiche o naturali, materiali di carica, allume, talco, emulsionanti, ecc. (limo di origine chimica - meccanica), ma per
la maggior parte è da imputarsi alla stratificazione di materiale di origine
biologica: i micro organismi. Queste forme di vita microscopiche si sviluppano e si accumulano in biostrati, e unitamente al limo di natura chimico
- meccanica, formano depositi in punti degli impianti in cui si vengono a
creare le condizioni più favorevoli sia all’accumulo meccanico che allo sviluppo microbico.
In presenza di condizioni ottimali il ritmo di crescita dei micro organismi segue una progressione geometrica e un micro organismo può teoricamente generare da 10 a 15 milioni di discendenti in 48 ore.
Applicazione della chimica nella parte umida -
52
Purtroppo nel ciclo produttivo di una cartiera sono presenti tutti i principali fattori di crescita per i micro organismi:
- Adeguato nutrimento, acqua, fosforo, zolfo, ecc. Proveniente da
materie prime quali il legno, cellulosa fibre riciclate e da additivi
come caolino, carbonato di calcio, amido, lattici, ecc.
- Ambiente di vita ideale: pH tra 4 e 9, temperature comprese tra 18 e
50 °C.
Le specie di micro organismi che possono svilupparsi in tali condizioni
sono molto numerose, ma generalmente possono essere raggruppate in
quattro gruppi principali: batteri, funghi (muffe e lieviti), alghe e protozoi.
A seconda della specie e del tipo di metabolismo dei micro organismi
che ne sono responsabili il limo assume caratteristiche diverse: consistenza
gommosa, mucillaginosa, filamentosa, sviluppo di odori spiacevoli, colorazioni intense, ecc. e diversi saranno quindi i problemi ad esso associabili:
formazione di grumi, intasamento dei feltri, ingiallimento e/o rottura della
carta, corrosione degli impianti, ecc.
Nasce così l’esigenza di uno studio approfondito delle caratteristiche
dei depositi limosi per poter determinare il miglior trattamento chimico
biocida adatto a garantire la pulizia del sistema produttivo di una cartiera.
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6.2 Tecniche di identificazione
Come conseguenza delle loro piccole dimensioni è difficile ottenere
informazioni sui micro organismi dall’esame dei singoli individui. Per identificare le popolazioni si fanno crescere i micro organismi in condizioni
definite, coltivandoli su terreni di coltura specifici che contengono tutti i
nutrienti necessari dosati nelle quantità appropriate.
In questo modo si hanno per esempio terreni per l’identificazione di
batteri solfato riducenti, per muffe e lieviti, per batteri sporigeni, ecc.
Informazioni supplementari possono essere ottenute osservando anche la
morfologia delle colonie cresciute sul terreno di coltura.
Una metodologia più rapida per la determinazione dell’attività
microbiologica (ma non selettiva per le diverse specie) è la tecnica di bioluminescenza “Bio Lime”: la quantità di luce misurata dallo strumento è
proporzionale al numero di micro organismi presenti nel campione. Il
microscopio tuttavia rimane il mezzo di identificazione più importante per
l’identificazione dei micro organismi. Soltanto questo strumento può infatti confermare la natura dei depositi e soltanto grazie ad esso è possibile
identificare molte di quelle specie che non sono in grado di crescere su
normali terreni di coltura (alghe, protozoi, alcuni gruppi filamentosi).
Per poter osservare i micro organismi, troppo piccoli per essere visti
ad occhio nudo, è necessario l’utilizzo del microscopio ottico, generalmente a contrasto di fase che per mezzo di un sistema di “filtri”, isola le
strutture cellulari rispetto al mezzo, permettendo la visione del campione
come il negativo di una fotografia. Al fine di identificare la natura del deposito è spesso utile, oltre alla diretta osservazione al microscopio ottico, avere
una banca dati fotografica più completa possibile, in modo da poter riconoscere in tempi rapidi i micro organismi osservati.
I batteri sono i micro organismi più abbondanti presenti nel ciclo cartario, con dimensioni che vanno in genere da 0,2 a 20 micron e con una
velocità di riproduzione che arriva fino a una divisione ogni 20 minuti.
In base alla loro forma i batteri possono essere suddivisi in unicellulari
(con forma sferica, a bastoncino diritto o avvolti a spirale) e filamentosi (le
cellule unite una all’altra formano un “filo”).
Alcuni batteri sono aerobici, ossia richiedono ossigeno per la loro vita,
altri sono anaerobici e vivono solo dove l’ossigeno è assente, altri sono
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facoltativi (possono vivere sia in presenza, sia in assenza di ossigeno libero).
I batteri anaerobi in particolare possono causare spiacevoli odori dovuti a
prodotti del loro metabolismo.
Alcune specie batteriche producono forme di vita molto resistenti, note
come spore. Queste riescono a vivere a condizioni ambientali estremamente sfavorevoli, dal momento che la cellula è schermata e resistente ad agenti chimici, radiazioni e calore. Gli sporigeni risultano essere particolarmente difficili da debellare una volta entrati nel ciclo cartario.
Altre specie batteriche particolarmente pericolose in cartiera sono
quelle che producono limo gelatinoso, composto soprattutto da polisaccaridi, i quali non servono solo ad intrappolare altri materiali che si aggiungono alla massa del deposito e a fornire nutrimento per altri micro organismi,
ma anche a proteggere i batteri dall’azione degli agenti chimici e fisici.
Altri batteri formano il “limo rosa” o altrimenti colorato, generato da
pigmenti secreti da loro stessi. Questo limo esalta i problemi di sporcamento delle macchine, ma soprattutto può causare alterazioni del colore o
del grado di bianco della carta.
I funghi sono più grandi dei batteri ed hanno una struttura complessa;
si riproducono per mezzo di spore, per innesto o per frammentazione. Le
fonti di contaminazione possono essere il terreno, l’aria, l’acqua, la carta
riciclata, la pasta, gli additivi. Questi micro organismi possono essere suddivisi in due grossi gruppi:
- le muffe (hanno filamenti ramificati noti come ife)
- i lieviti (unicellulari di forma ovale, hanno dimensioni da 50 a 80
micron)
Altri micro organismi presenti in cartiera, ma che causano minori problemi sono alghe e protozoi.
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6.3 Caratteristiche dei principali batteri
presenti nel ciclo di cartiera
6.3.1 BATTERI FERMENTATORI AEROBICI
- Causano la fermentazione del glucosio e delle proteine con la produzione di CO2 e di acido lattico.
- Sono responsabili della degradazione degli additivi e della conseguente acidificazione.
- Danno origine a cattivi odori.
6.3.2 BATTERI ANAEROBICI SOLFATO - RIDUTTORI
Sono batteri che lavorano in assenza di ossigeno, producono H2S
imprimendo ai depositi una colorazione grigia / nera.
Sono spesso causa di macchie scure, corrosione e cattivi odori (a contatto con il ferro, producono solfito di ferro nero determinando corrosione).
6.3.3 BATTERI UNICELLULARI
Questi batteri hanno la possibilità di poter avere svariate caratteristiche,
alcuni sono:
- formati di limo
- formatori di spore
- fermentatori
- anaerobici (solfato riducenti / formatori di spore)
6.3.4 BATTERI FILAMENTOSI
Tutti i batteri aventi caratteristiche filamentose causano problemi, si
insinuano facilmente nel ciclo cartario perché sono già abbondanti nelle
acque in ingresso. Pochi filamentosi sono in grado di causare grandi quantità di depositi, che per lo più si generano nel ciclo corto nelle acque bianche e nella zona della tavola piana. Sono ritenuti responsabili di rotture.
- ferro batteri: aerobici, ossidano il ferro solubile in idrossido di ferro
- zolfo ossidanti: trasformano lo zolfo ossidandolo in acido solforico e
solfati.
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6.3.5 FUNGHI
- sporiformi
- filamenti ramificati
- formatori di depositi
Arrivano in cartiera con la cellulosa e la cariche sotto forma di spore, si
sviluppano poi con pH da 2 a 8 e temperatura da 0 a 40 °C.
Lo sviluppo di muffe e lieviti è pericoloso nel ciclo corto della continua, per la formazione di una ragnatela di filamenti fungosi chiamato
“micelio”. Il limo prodotto è spesso duro e gommoso.
6.3.6 LIEVITI
- Fermentatori
- Formatori e non di limo
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6.3.7 ALGHE
Anche le alghe provengono dall’esterno tramite l’acqua in entrata, esse
necessitano di luce per crescere.
- alcune sono filamentose, altre produttrici di limo.
- sono spesso causa di depositi, ostruzioni di valvole, filtri ugelli.
6.3.8 PROTOZOI, METAZOI
- Non determinano effetti negativi nel circuito
- Indicano la cattiva disinfezione dell’acqua fresca e del circuito
6.4 Prodotti per il controllo microbiologico
6.4.1 PRODOTTI OSSIDANTI
- cloro gas
- biossido di cloro
- ipoclorito di sodio
- perossido di idrogeno
- acido per acetico
- ozono
6.4.2 BIOCIDI NON OSSIDANTI
Si tratta di composti organici, derivati di aldeidi, composti bromo organici, Sali di ammonio quaternizzati, ecc.
Interferiscono con la respirazione dei batteri, cambiano la permeabilità della parete cellulare con il risultato di spaccare la cellula. Interferiscono
inoltre con i meccanismi chimici di base nella trasformazione di cibo in
energia, alterando così la sintesi delle proteine.
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Bibliografia
- “CARTA & CARTIERE”
(ARTICOLO A CURA DI: J. NOKELAINEN, T. RANTALA E T. OJALA - METSO)
(ARTICOLO A CURA DELLA: DOTT.SSA VERBENA BAGGIO)
- Materiale vario
(MATERIALE GENTILMENTE FORNITO DAL SIG. VIGANÒ - NALCO)
- Materiale vario
(BASF - ARTICOLO
11/2001)
RIGUARDANTE NOTE SUGLI ADDITIVI A CURA DI
I. CARMINE.
- Materiale su il candeggio ottico e la nuanzatura
(BRUNO PERINI)
- “ANALISI CHIMICA MODERNI METODI STRUMAENTALI”
(VOLUME A CURA DI R. COZZI, P. PROTTI, T. RAURO. EDITO DA ZANICHELLI)
- Materiale sui prodotti chimici (biocidi e antilimo)
(MATERIALE FORNITO DA R. M. CIERI - ONDEO NALCO)
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