Les Vampires - Dipartimento di Comunicazione e Ricerca Sociale

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Les Vampires - Dipartimento di Comunicazione e Ricerca Sociale
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Nel 1915, in Francis, si scatena
la passione per i «Vampiri», ma
la minaccia dei non morti
stavolta non c’entra. Si tratta
invece di una setta di audaci
criminali che terrorizzano l’alta
società parigina, facendosi beffe
della polizia, in una serie di
pellicole di grande successo.
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Serie
Per sfruttare la crescente popolarità dei serial americani, in
particolare I Misteri di New York - le disavventure di una detective
in gonnella interpretata da Pearl White – peraltro prodotto dalla
Pathé, anche la Gaumont avvia la produzione di «film a episodi».
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Serie
Sotto la direzione di Louis Feuillade vengono girate serie di
grande successo dedicate ad avventurosi personaggi mascherati:
prima Fantômas (cinque episodi, 1913-14) e poi, fra il 1915 e il
1916, i dieci episodi di Les Vampires.
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La serie inizia nel 1915, in piena guerra: i problemi finanziari
impongono di risparmiare sulle scenografie, per cui molte scene
sono girate in esterno e gli interni sono sempre gli stessi. Inoltre
la partenza di molti attori per la guerra determina improvvise
scomparse di interpreti e qualche incoerenza di racconto.
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Les Vampires
La serie, naturalmente,
tenta d’intercettare il
gusto per i paesaggi
sinistri e le atmosfere
cupe, riuscendo però a
conservare il carattere
di documento sociale
che è tipico di Feuillade,
anche unendo alla
grande efficacia sul
piano drammatico una
certa vena umoristica.
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Les Vampires
Gli eroi positivi che
combattono i «Vampiri»
sono il giornalistadetective Philippe
Guérande (Edouard
Mathé) e il “pentito” Oscar
Mazamette (Marcel
Levesque), che nel corso
degli episodi finiscono per
diventare come il duo
Holmes/Watson.
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1. La testa mozzata (30: 59)
Una pericolosa gang è in
agguato nei quartieri alti di
Parigi: i Vampiri!. Il corpo
dell’ispettore Dural è stato
ritrovato senza testa e, dopo
una notte d’agguato nel
lugubre castello del Dott. Nox,
pieno di passaggi segreti e di
quadri scorrevoli, il capo della
banda, il Grande Vampiro
(Jean Aymé), smascherato,
riesce a fuggire.
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2. L’anello che uccide (13: 08)
Marta Koutiloff, una ballerina di danza moderna, si esibisce in
teatro nei panni di un vampiro gigante, ma muore a causa di un
veleno inserito in un anello. La trama si complica.
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3. Il cifrario rosso (39: 06)
Grazie a un cifrario rosso trafugato ai Vampiri, Guérande riesce a
decifrare i loro messaggi, ma costoro introducono in casa sua
Irma Vep, una loro adepta travestita da domestica e rapiscono
la madre del giornalista. I Vampiri vengono infine acciuffati, ma
riescono ancora una volta a scappare.
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4. Lo spettro (29: 54)
Il Señor Moreno (Fernand Herrman), capo di
una gang rivale, mira al bottino dei Vampiri e
ordisce un complotto contro alcuni facoltosi
americani, ma il sofisticato lavoro investigativo
dei due eroi consente di metterlo in prigione.
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5. La fuga dell’uomo morto (35: 25)
Moreno finge il suicidio e riesce ad evadere, ma Mazamette resta
sulle sue tracce, mentre Guerande è a sua volta catturato dai
Vampiri e rinchiuso in un baule. Intanto il Grande Vampiro
organizza un ballo per rubare i gioielli degli invitati, ma il suo
piano è sventato da Moreno.
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6. Occhi ipnotici (53: 28)
Mentre Guerande e Mazamette incalzano i Vampiri nella Foresta
di Fontainbleau, alla ricerca del bottino sepolto, Irma Vep uccide
il Grande Vampiro sotto la suggestione ipnotica di Moreno, che
prende le redini della banda e s’innamora della maliarda. Intanto
il denaro rubato viene ritrovato da Mazamette.
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7. Satanas
(42:01)
Emerge dall’ombra un nuovo Grande Vampiro, Satanas (Louis
Leubas), che elimina Moreno bombardando con un cannone
elettrico il ristorante in cui il rivale sta mangiando. Prova quindi a
depredare un ennesimo milionario americano, ma l’intuito di
Mazamette rovina il piano dei malfattori, che vengono catturati.
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8. Il signore del fulmine (49:43)
Irma Vep è condannata all’ergastolo, ma Satanas, innamorato
della donna, fa esplodere la nave che la trasporta, facendola
credere morta, però non riesce ad evitare la cattura. Un
farmacista psicotico di nome Venomous (Frederik Moriss) gli
spedisce una lettera con inchiostro avvelenato che ne provoca la
morte. I buoni sembrano aver trionfato…
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9. L’avvelenatore (48: 16)
Venomous tenta invano di avvelenare Guérande durante la festa
di fidanzamento di questi con Jeanne Bremontier (Louise
Lagrange). Irma Vep protegge la fuga spruzzando la vettura di
Guerande con una sostanza paralizzante. Mazamette sventa la
minaccia e inizia una straordinaria sequenza di inseguimento alla
fine della quale i banditi si dileguano.
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10. Nozze di sangue (57: 04)
Dopo qualche mese, i
Vampiri rapiscono con
uno stratagemma, la
moglie di Guérande.
L’irruzione nel quartier
generale dei criminali,
con uno stuolo di
poliziotti, interrompe il
festino delle nozze fra
Venomous e Irma Vep.
I banditi vengono tutti
arrestati o uccisi.
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Il Grande Vampiro
Alla guida della banda, con l’appellativo di “Grande Vampiro”, si
avvicendano personaggi dai nomi evocativi (il Satanus di Louis
Leubas e il Venoumos di Frederik Moriss che seguono l’originale
Jean Aymé), ma la loro compagna e ispiratrice, dal terzo episodio
in poi, resta sempre la stessa irresistibile maliarda.
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Irma Vep
Travestita da uomo o nei panni di una
ragazza qualunque, una stenografa o
una zitella, Irma Vep (anagramma fin
troppo facile) dovrebbe avere un ruolo
subalterno al «Grande Vampiro», ma
nel corso della vicenda l’audace
donna sopravvive ai suoi compagni e
arriva a dominare la scena.
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Musidora
Il ruolo è interpretato da Musidora, al secolo
Jeanne Roques (1889-1957), già studentessa
di belle arti e soubrette alle Folie-Bergères: una
giovane, bella, colta e spregiudicata, che con
questo personaggio guadagna un’immensa
popolarità e diventa un’icona della modernità.
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Musidora
Nella successiva serie di Feuillade, Judex (undici episodi di
mezz’ora, realizzati nel 1917), Musidora sarà Diana Monti, una
nuova antieroina pericolosa e spregiudicata. Fingendosi una
irreprensibile istitutrice, l’avventuriera assume abilmente diverse
identità per raggiungere i suoi loschi interessi, e inevitabilmente
torna a personificare il male da sconfiggere.
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Musidora
Successivamente Musidora passa
alla regia, salvo rientrare nei panni
di Irma Vep nel 1917 per il suo atto
unico Le maillot noir. Con l’avvento
del sonoro, abbandona lo schermo
per darsi alla scrittura. Dal 1946
lavora alla Cinémathèque Française,
impegnandosi nel recupero delle
opere di Feuillade, cui dedica la sua
ultima pellicola, il cortometraggio La
magique image (1951).
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Musidora
I motivi che fanno di Musidora
un’icona dei tempi nuovi non
derivano solo dal temperamento
artistico o dalla vicinanza agli
ambienti intellettuali del periodo,
ma anche dalla disinvoltura con
cui, attraverso il suo singolare
personaggio, riesce a catalizzare
gli umori di un’epoca intera.
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Il personaggio della Vep si carica infatti di numerose ambiguità
collegate alle inquietudini che attraversano l’Europa scossa dalla
guerra e al rapido mutamento di valori da queste provocato.
Costruito probabilmente per stigmatizzare l’emancipazione
femminile, mescolando alla spregiudicatezza il crimine e
all’indipendenza il vizio, finisce per rendere certi comportamenti
più intriganti che odiosi.
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La mise preferita di Irma è infatti la leggendaria calzamaglia di
seta nera con cappuccio che, pur coprendola fino all’attaccatura
dei capelli, ne sottolinea le prosperose forme. La provocante
morbosità del corpo sinuoso e i grandi occhi bistrati, in barba alle
preoccupazioni delle autorità, tese a salvaguardare il buon
costume e a non «esaltare» la criminalità - diventano subito
estremamente popolari eccitando la sensibilità e alimentando
nell’immaginario collettivo il prototipo della femme fatale, della
fuorilegge sensuale e misteriosa.
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«Nel mondo sbalorditivo de “I Vampiri”
portai una nota di lusso discreto. La
maglia nera era stata indossata prima di
meda Josette Andriot, in “Prozéa” di
Jasset, ma si trattava di semplice cotone,
mentre il mio costume in seta costituiva
una vera rivoluzione per la gioventù del
1916. Avevo creato “la vampira”».
Musidora
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La donna libera
Irma Vep è nello
stesso tempo temuta e
desiderata, sia dai
suoi seguaci che dai
suoi cacciatori, e
incarna forse, almeno
sugli schermi europei,
il primo esempio
convincente di donna
«liberata».
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La donna libera
Musidora fa parte dell’entourage della scrittrice
Colette, reduce da un’attività teatrale con cui
ha conquistato il pubblico grazie a una esibita
femminilità, ma anche giocando con la pratica
del travestimento per contestare il sessismo
dei ruoli e sovvertire l’ordine patriarcale.
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La donna libera
Molti personaggi femminili sono
sorprendentemente moderni ma hanno
una funzione rassicurante. La loro
manifesta devianza è senza storia: esiste
solo nel presente e descrive la “nuova
donna” come una figura «senza fissa
dimora» nell’ordine sociale. L’eliminazione
(cinematografica) di queste figure è la
soluzione che restaura l’ordine dei “generi”
e puntella i confini disciplinari dell’intera
società. Infatti Irma Vep viene freddata da
Jeanne, l’«innocente» moglie di Guérande.
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La donna libera
La “donna nuova” è nubile, colta, istruita,
impegnata contro il capitalismo industriale
e le limitazioni imposte al suo sesso, tesa a
legittimare uno spazio sociale a cavallo tra
mondo femminile tradizionale e mondo
maschile, tra esercizio di una professione e
rifiuto del matrimonio. Le femministe “di
nuova generazione” come Colette puntano
a una più definita identità socio-sessuale e
Parigi diventa il teatro per l’esibizione di
comportamenti estremi, dall’abbigliamento
provocatorio alle relazioni con altre donne.
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Lady Troubridge
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Anamorfismo
La rivelazione del corpo femminile, nella danza, nel teatro e nel
cinema, porta una carica simbolica che ispira l’elaborazione delle
idee - nella scrittura e nell’azione “politica” - e la vita quotidiana:
dal taglio dei capelli al travestimento. Un modo di mostrarsi
attivamente e insieme di nascondersi attraverso spiazzamenti e
scarti, di esporsi cioè come oggetto anamorfico, correttamente
individuabile solo a partire da un preciso angolo visuale.
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La guerra
Ma la calzamaglia di Musidora non è soltanto complice della
liberazione femminile; essa colpisce anche la fantasia di una
gioventù assetata di modernità e di libertà, che si vede invece
destinata dalla vecchia Europa alla carneficina della guerra. Con
altre numerose espressioni dell’arte popolare, Les Vampires
rispecchia perciò anche lo spirito con cui gli intellettuali vivono gli
anni desolati della prima guerra mondiale.
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Modigliani, Picasso e Salmon davanti al Café de la Rotonde, Parigi 1916.
Surrealismo
La passione per il cinema accomuna gli
intellettuali del primo Novecento, ma in
modo particolare la corrente surrealista,
che con fervore adorante, anima una
“Società degli amici di Fantômas” con
Apollinaire, MaxJacob, Picasso e altri.
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Surrealismo
Il surrealismo tende a sconquassare e «ridisegnare» i confini
culturali del proprio tempo, rivalutando le forme dell’arte primitiva
e infantile, ma anche «riscoprendo», da un’angolatura originale,
quelle forme espressive popolari, come il cinema, in cui domina il
gusto per il macabro, il fantastico, l’inconsueto.
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Surrealismo
Un chien andalou, 1929
Il «surrealismo cinematografico» perciò non s’identifica tanto in
un pugno di opere, prodotte da autori più o meno maledetti. Il loro
utilizzo diretto del cinema, come veicolo per l’immaginazione e il
sogno a occhi aperti, aprirà la strada alla cosiddetta «poetica del
brutto», che rifiuta la disciplina tecnica dell’espressione e
assegna ai «contenuti», intesi anche come gusto del pastiche e
predilezione per l’immagine banale, il predominio su ogni
preoccupazione formale.
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Man Ray, Rayograph, 1922
Surrealismo
La maggior parte dei surrealisti
però non è attratta verso il cinema
da una volontà costruttiva o da un
interesse estetico e critico per
un’arte originale e autonoma, ma
da uno stile «consumistico» che
mira a sfruttarne la precipua
«facoltà surrealistica», che essi
reputano straordinariamente
superiore a quella di qualsiasi
altra arte tradizionale.
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Esperienza
Sotto questo profilo, si può parlare, come ha scritto Ado Kyrou, di
una lettura surrealista del cinema come «esperienza», come
consumo dei singoli film, indipendentemente dal loro valore,
aperto alla dimensione del sogno e della fantasia individuale.
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Desiderio
Si tratta in altre parole d’individuare, nello smisurato magazzino
del cinema, le «porte» che conducono nel territorio del disordine,
onirico e sensuale. La sala cinematografica diventa come un
laboratorio d’immagini che partorisce sogni reali, filtrando la
realtà alla luce del meraviglioso onirico; la fruizione una continua
incursione nell’ignoto, che induce i surrealisti a identificarsi con i
personaggi dei film, a vivere le loro avventure, ad attribuire
all’ombra proiettata sullo schermo lo spessore dei propri desideri.
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Disorientamento
André Breton, ricordando la sua
esperienza giovanile di spettatore
cinematografico onnivoro, scrive
nel 1951: «Allora non vedevamo
nel cinema, qualunque esso
fosse, che sostanza lirica, la
quale esigeva di essere rimestata
tutt’insieme e a caso. Credo che
ciò che in esso ponevamo più in
alto, tanto da disinteressarci di
tutto il resto, fosse il suo potere di
dis-orientamento».
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Breton al Festival Dada del 1923
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Breton fotografato da Man Ray nel 1930
Trash
Questa frequentazione acritica e
passionale si traduce in una
specie di «vampirizzazione» del
cinema più dozzinale e
quotidiano. Secondo Breton,
infatti, solo i prodotti di consumo poco elaborati nello stile, plebei e
affascinanti, alieni da ogni sterile
sperimentazione formale - sono in
grado di potenziare l’esperienza
quotidiana e di accendere la
fantasia e il desiderio.
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L’arte messa da parte
Marcel L’Herbier, L’inhumaine, 1924
Per questa ragione – e non solo per un vezzo provocatorio o
snobistico - i surrealisti detestano cordialmente il cinema «colto»,
l’avanguardia che gioca con le forme o la “cinematografia d’arte”
(L’Herbier, Epstein, Gance); mentre adorano il cinema «ignobile»
di gusto popolare, più vicino alla loro concezione «spontaneista»
dell’arte, costruita secondo le leggi del caso e dell’imprevisto.
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Il miracolo
Anche il poeta surrealista Robert
Desnos scrive nel 1927: «Ciò che
noi chiediamo al cinema è
l’impossibile, l’inatteso, il sogno,
la sorpresa, il lirismo che
cancellano la viltà degli animi e li
precipitano entusiasti sulle
barricate e nelle avventure; ciò
che noi chiediamo al cinema è ciò
che l’amore e la vita ci rifiutano: è
il mistero, è il miracolo».
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Serie
Si comprende così la predilezione per i serials, i film romanzeschi,
melodrammatici, comici, soprattutto quelli a episodi, che
«portavano avanti - come nei sogni ricorrenti - gli stessi
personaggi in differenti situazioni drammatiche, dove il caso, il
mistero, l’imprevisto, il coraggio, l’amore e la morte erano gli
ingredienti abituali del racconto».
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Serie
«Ci piacevano soprattutto le commedie americane dal
sentimentalismo facile, oppure i film violenti in cui dei giovani
perduti si riabilitano e cadono tra le braccia di una donna ideale
dopo aver condotto la più miserabile delle vite».
Michel Leiris
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Nelle preferenze di questa turba di scalmanati compaiono, con
Fantômas, Pearl White, la damsel in distress de Les Mystères de
New York e tutto il cinema popolare col suo dosaggio di mistero,
violenza ed erotismo. L’arrivo di Musidora con la sua calzamaglia,
che per Philippe Soupault incarna il grande slancio della rivolta e
dell’amour fou, è un’illuminazione.
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Maillot noir
In Musidora i surrealisti, attratti
dall’eroina fasciata di nero che
turba i sogni degli spettatori,
vedono subito l’emblema della
donna moderna. Una sera di
luglio, nel 1917, André Breton
lancia un’enorme mazzo di
rose rosse sulla scena di
Bobino dove l’attrice si esibisce
nel suo lavoro Maillot noir e la
invita alle serate surrealiste.
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Maillot noir
La calzamaglia di Irma invade le
fantasie della notte:«Musidora,
com’eri bella nei Vampiri! Lo sai
che ti sognavamo, e che, giunta
la sera, nella tua calzamaglia
nera, tu entravi senza bussare in
camera nostra, e la mattina dopo,
al risveglio, noi cercavamo la
traccia del conturbante topo
d’albergo che ci aveva visitato?»
Robert Desnos
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Aragon
Louis Aragon segnala il fenomeno come
paradossale : un prodotto banale, di un
«regista pietoso», propone un intreccio e
dei personaggi che, quasi per caso,
vengono a costituire un’epopea che per
molti rappresenta lo spirito dell’epoca
meglio di quelle della Marna o di Verdun.
In un momento di clamorosa «confusione
morale», questi splendidi banditi
rappresentano un punto di riferimento
per una generazione di giovani disillusa e
ormai insofferente ad ogni convenzione.
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Aragon
Per questo l’accusa che i giornali rivolgevano al cinema d’essere
una “scuola del crimine” riusciva a rendere anche più esaltante
quest’entusiasmo proibito. E la calzamaglia di Musidora non
faceva altro che «donare la sua forma e il suo sigillo ai desideri
di un popolo nascente», aggiungendo l’incanto della “rivelazione
sessuale” allo spirito di rivolta.
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