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Les Choristes
Maria Cristina Valle
Les choristes è l’opera prima del regista Christophe Barratier che è
l’autore anche della sceneggiatura del film. Uscito nelle sale
cinematografiche nel 2004 ha ottenuto subito un grande successo di
pubblico. La pellicola è un remake de La gabbia degli usignoli di Jean
Dréville del 1945.
Il film parte con l’incontro tra un anziano direttore d’orchestra, Pierre
Morhange, e un suo vecchio compagno di scuola.
Mediante la lettura del diario del loro insegnante di musica Clement
Mathieux, assunto però nella scuola con il ruolo di sorvegliante, si apre
un lungo flashback che porta la storia nel 1948 all’interno di un Istituto di correzione per ragazzi in
difficoltà situato a Fond de l’Etang.
Tutta la pellicola ripercorre le tappe che portano questo insegnante a conquistarsi la fiducia e la
stima dei suoi allievi. Mathieux infatti non approva i metodi durissimi adottati dal direttore Rachin
per riportare la disciplina (metodo dell’azione-reazione) e sfruttando le doti canore di alcuni suoi
allievi formerà un coro che sarà poi il mezzo per arrivare a loro causando un cambiamento in
positivo della loro esistenza.
Il film tratta argomenti un po’ scontati ma nel suo insieme risulta ben costruito non cadendo mai
nella banalità o nello sdolcinato.
E’ ambientato in una regione della Francia centrale ma potrebbe svolgersi ovunque. Il nome della
località dove sorge l’istituto è di per sé molto evocativa: Fond de l’Etang cioè Fondo dello stagno.
Questo nome ci rimanda subito l’immagine di un qualcosa di paludoso, melmoso da cui è difficile
uscire e che in fondo non è altro che il percorso di un ragazzino difficile impantanato in qualcosa
(la scuola in questo caso) che anziché aiutarlo rischia di trascinarlo sempre più a fondo.
I ragazzi del film non hanno un futuro e sarà solo l’entrata in scena di questo nuovo insegnante a
capovolgere la situazione. Semplicemente Clement Mathieux trova il modo di arrivare a loro e li
educa.
La domanda quindi che ci viene spontanea è: che cosa significa educare? Etimologicamente la
parola deriva dal latino “ex ducere” e cioè portare fuori. Non significa quindi mettere dentro idee,
dati ma portare fuori qualcosa che già c’è. E’ come se ogni bambino portasse in sé un seme che
possiede tutte quelle caratteristiche che lo renderanno, da adulto, un essere unico, diverso dagli
altri. Compito dell’educatore è quello di far crescere e sviluppare questo seme proprio nella sua
particolarità ed unicità creando le condizioni giuste per far si che questo accada.
Quando Mathieux arriva a scuola si rende subito conto di avere di fronte a sé persone molto
diverse tra loro e con esigenze uniche e cerca, attraverso quello che ha, di dare ad ognuno di loro
le chiavi di accesso al sapere. In fondo è proprio questo il compito della scuola; quello di arrivare
ad ogni bambino, al suo mondo e al suo livello, indipendentemente dal ceto sociale, razza (come
dice l’articolo 3 della Costituzione) e portarlo a far crescere quella piccola pianta che ognuno porta
in sé.