Fantastic Four: `Nuff said!
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Fantastic Four: `Nuff said!
23 settembre2002 COMICSWORLD Fantastic Four: ‘Nuff said! La Marvel-famiglia per definizione senza... parole n Paolo Boschi Serie capostipite della Marvel Comics, i Fantastici Quattro furono creati nel lontano 1961 dalla fantasia di Stan Lee e dall’estro grafico di Jack (“The King”) Kirby. Le origini del fantastico quartetto risalgono ad un volo spaziale sperimentale, peraltro partito clandestinamente: l’equipaggio – composto dallo scienziato Reed Richards, dal pilota Ben Grimm, da Sue Storm (fidanzata di Reed) e da suo fratello Johnny – giunse in volo alle soglie dalla stratosfera, dove la navetta, priva di adeguate schermature, fu inondata da dosi massicce di radiazioni cosmiche. Reed, Ben, Sue e Johnny riuscirono a tornare fortunosamente a terra grazie al pilota automatico ma, appena usciti dalla navetta, scoprirono di essere cambiati. Il corpo di Reed (Mr. Fantastic) era infatti diventato straordinariamente elastico, Sue (la Donna Invisibile) poteva diventare invisibile, Johnny (la Torcia Umana) riusciva ad infiammarsi e volare, ed infine Ben (la Cosa) si era trasformato in un ammasso di roccia arancione dotato di forza incredibile, purtroppo in modo permanente. Nonostante non fossero entusiasti delle rispettive trasformazioni, i quattro decisero di fondare un gruppo, i Fantastici Quattro, mettendo i propri superpoteri al servizio dell’umanità, con base fissa a New York, nell’avveniristico Baxter Building (oggi al Four Freedom’s Plaza). In una carriera quarantennale hanno affrontato centinaia di supercriminali ed ogni sorta di minaccia, spesso su scala cosmica. L’idea di base dei F4 è che il gruppo è proprio una fami- glia, con tutti i problemi e i cambiamenti inerenti ad una vera famiglia: nel corso degli anni Reed e Sue sono convolati a giuste nozze ed hanno avuto un figlio, Franklyn (dotato anche lui di incredibili poteri), mentre Johnny è passato da una ragazza all’altra e Ben ha sperato continuamente di recuperare il suo aspetto umano – problema risolto, dato che adesso è in grado di trasformarsi nella Cosa ad libitum –. Dopo gli eventi cruciali che hanno contrapposto il gruppo all’ennesima minaccia cosmica, l’onnipotente (in teoria) Abraxas, anche per la serie del fantastico quartetto è arrivata una storia tratta da ‘Nuff Said, l’evento silenzioso che ha coinvolto negli ultimi tempi gli sceneggiatori ed i disegnatori della casa delle idee. L’idea alla base di ‘Nuff Said consiste nel presentare storie com- pletamente prive di dialoghi: quella relativa agli FQ, sceneggiata da Carlos Pacheco (disegnatore uscente) con Rafael Martin e disegnata da Tom Grummett, s’intitola Anniversario e presenta una tranquilla giornata della prima famiglia di supereroi dell’universo Marvel che, pagina dopo pagina, passerà in rassegna per l’ennesima volta la genesi del quartetto. L’albo si completa con un paio di chicche satiriche tratte da “Fantastic Four 50”: Com’è come non è, ovvero la fucina del fumetto Marvel secondo Carlos Pacheco, e Festa a sorpresa, un divertissement di sapore retro firmato da Fabian Nicieza e Steve Rude. Ed è già in produzione l’attesa traslazione degli FQ sul grande schermo... FANTASTICI QUATTRO N° 215, Nuff said!, mensile, pp. 52 [Marvel Italia] DISCO Oasis, Heathen chemistry Eccovi il quinto album di studio dei turbolenti fratelli Noel & Liam Gallagher, da sempre croce e delizia dei loro ammiratori, da sempre mente e voce degli Oasis, da sempre incessanti riattualizzatori del sound made in Fab Four ma, strano a dirsi, (quasi) sempre piuttosto intriganti. Già, a prescindere dallinevitabile antipatia che i due (soprattutto Liam) sono soliti ispirare con una vena di sottile autocompiacimento, è dobbligo riconoscere al sound degli Oasis unindubbia capacità di presa, tutta giocata sulla sinergia tra il naturale magnetismo della voce di Liam e la musica citazionistica (spesso poco originale anche sul fronte testuale) di Noel per il più maturo Gallagher vale ancora ladagio degli Stones: Its only rock and roll, but we like it . E così, dopo un album essenziale (ma bello) come Be here now, dopo un disco rutilante (ma poco ispirato) come Standing on the shoulder of giants ed un live-verità come Familiar to millions, era assolutamente logico che arrivasse (finalmente) un bel disco, essenziale ed ispirato, ovvero Heathen Chemistry che, nelleconomia della carriera del gruppo vale un ritorno alle sonorità più ruvide che marcavano sia Definitely Maybe e (What’s the story) Morning glory: resta solo da vedere quale livello di successo commerciale raggiungerà ma, in fondo, i due fratelli di Manchester non hanno più problemi simili dal 1995, data duscita del loro secondo disco ed attuale bestseller. E dunque scendiamo nel dettaglio della tracklist: stavolta si contano dieci brani più un contagioso brano strumentale, e ben tre (due notevoli) sono uscite dalla penna del Gallagher minore. ALBUM Eric Clapton, Unplugged Questo album acustico, registrato nel 1992 ed andato in scena sugli schermi di Mtv, è unautentica perla nella carriera di Clapton e lo ha riproposto per lennesima volta a livello internazionale. La consuetudine dei cosiddetti Mtv Unplugged in pratica parte dallesibizione del chitarrista inglese, in forma smagliante tanto sotto il profilo chitarristico quanto sotto quello prettamente vocale. Unplugged raccoglie alcuni classici blues ed una canzone autobiografica di grande impatto emotivo, divenuta la hit trainante dellalbum, ovvero Tears in heaven, dedicata al figlio Conor, morto accidentalmente alletà di quattro anni. A completare la tracklist anche qualche perla del corposo repertorio di Slowhand e la ritmata bonus track Rollin’ & Tumblin’. Davvero incredibile la qualità complessiva, anche considerando la matrice live dellalbum, una delle migliori esibizioni di sempre di Eric Clapton, qui supportato da una band di professionisti di tutto rispetto. Giudicare quali siano le canzoni più belle tra le sedici della scaletta è cosa ardua e tutto sommato opinabile ma, a nostro modesto avviso, su tutte le altre spiccano decisamente la jazzata Nobody knows you when you’re down & out, lintensa malinconia di Running on faith, il sound fuori dal tempo di Alberta, un paio di perle blues come Before you accuse me e Malted milk tutte ovviamente riarrangiate in versione acustica . Un album da ascoltare e riascoltare per capire i motivi per i quali i giovani degli anni Settanta fossero soliti vergare sui muri della metropolitana di Londra la scritta «Clapton è Dio». Unplugged fu premiato con sei meritatissimi Grammies nel 1993. THRILLER La rete a maglie larghe Nel genere thriller è davvero difficile trovare qualcosa di nuovo ma La rete a maglie larghe sorprende in tal senso. L’autore, lo svedese Håkan Nesser, classe 1950, è un ex professore di lettere al liceo che, dopo lo straordinario successo ottenuto con i casi del commissario Van Veeteren, si è dedicato alla scrittura a tempo pieno – questo romanzo è appunto il primo imperdibile tassello di una serie di dieci polizieschi –. Il protagonista è un poliziotto che vive a Maardam, città immaginaria di un imprecisato Nord Europa: ha superato la cinquantina, è separato dalla moglie (ma a fasi alterne), ha due figli difficili, cambia umore in base al tempo, gioca a pagina precedente scacchi e la sua fissazione è riuscire a battere il collega Münster a badminton. Disilluso, scettico per vocazione, malinconico, amabilmente antipatico e con un simile quadro privato, è quasi naturale che il nostro commissario ami il suo lavoro e desideri risolvere i casi comprendendo prima di tutto le cause latenti che li hanno innescati, per far sì che la giustizia vinca sul serio. Ne La rete a maglie larghe Van Veeteren deve appunto far luce su un omicidio apparentemente di agevole soluzione, per quanto l’incipit, giocato dalla prospettiva del presunto colpevole, di s s uada il l e t t o re dall’abbracciare l’ipotesi più facile: Janek Mitter si sveglia infatti nel suo appartamento senza ricordare niente della sera precedente quando, tormentato dai postumi di una sbornia colossale, s’imbatte nel cadavere della giovane moglie Eva, sconvolto e certo di non essere il responsabile dell’omicidio. Mitter, un tranquillo professore di liceo – come la scomparsa consorte –, risulta il colpevole ideale e, impossibilitato a fornire un alibi credibile (non ricorda assolutamente nul l a), no n pu ò e v ita r e l ’i ncarce raz i on e ed un’imputazione per omicidio. Van Veeteren, all’inizio piutt o s t o p re ve n u to v e r s o l’insegnante, si convince gradualmente che l’inchiesta presenta troppi lati oscuri e continua ad indagare nel corso del processo. Quando a sorpresa anche l’imputato esce di scena, il protagonista scava a fondo nel passato della coppia, ricostruendone l’intricato mosaico ed approntando una rete a maglie larghe per imbrigliare il vero assassino. Un poliziesco dai ritmi dilatati, soprattutto nella parte finale, quando la storia acquista le venature del romanzo psicologico, un impagabile commissario, dal carattere scontroso ma pieno di sfumature: La rete a maglie larghe lascia nel lettore il desiderio di seguire il personaggio nel resto della lunga serie a lui dedicata. P.B. Håkan Nesser, La rete a maglie larghe, Parma, Guanda, 2001; pp. 252 Lapripista è il singolo The Hindu times, un rock ruspante e sorretto da una tramatura chitarristica vagamente orientaleggiante (Beatles docent, per lennesima volta), una canzone quasi tradizionalmente da repertorio Oasis, ed ideale per la voce di Liam. Ad ogni modo si tratta di una buona partenza e, dato che chi comincia bene è a metà dellopera, ad un dipresso arrivano altre gemme variate ed ispirate: a partire dallatmosfera anni Settanta che si respira dalle parti di Force of nature ed alla rabbia sonora che anima Hung in a bad place, brano firmato dal chitarrista Gem Archer. A ruota segue la prima, immancabile ballata Oasis-style, Stop crying your heart our, che apre una parentesi intimista e sentimentale nel corpo centrale di Heathen Chemistry con lessenziale Songbird, la più ritmata Little by little e quindi (Probably) All in the mind, ennesimo tentativo di Noel di emulare il sound di Champagne Supernova et similia. La coda presenta un tranquillo folk rock di Noel e le due sopracitate perle composte da Liam: la conclusiva Better man è un brano bluesato e sporco, graffiante quanto basta, mentre Born on a different cloud è lindiscusso gioiello dellalbum, unombrosa ballata con voce distorta che (diciamolo) pare uscita dal repertorio di John Lennon, da sempre nume tutelare di Liam Gallagher. Nel complesso un bel disco: i migliori Oasis on stage degli ultimi anni. P.B. pagina successiva