La “Reazione a catena” di Pino Insegno
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La “Reazione a catena” di Pino Insegno
sabato 16 giugno 2012 SU RAIUNO 15 SPETTACOLI PRESENTATO IL GAME SHOW CHE ANDRÀ IN ONDA DA STASERA DALL’AUDITORIUM DELLA SEDE RAI DI NAPOLI La “Reazione a catena” di Pino Insegno TEATRO di Mimmo Sica “Summer”, dramma europeo NAPOLI. «Ho rinviato la data del mio matrimonio previsto per i primi di luglio per condurre la mia terza edizione di “Reazione a catena”: è un game show scritto troppo bene e non potevo mancare. Alessia ha compreso e ha condiviso la decisione». Lo ha detto Pino Insegno nel corso della conferenza stampa di presentazione della sesta edizione del noto gioco estivo svoltasi al Centro Produzione Rai di Napoli. Erano presenti, altre al conduttore, il direttore di Raiuno Mauro Mazza, il direttore del Centro di Produzione di Napoli Francesco Pinto, il capostruttura Intrattenimento della Rai Sara Scalia e il regista Jocelyn Hattab. La trasmissione inizierà stasera e andrà in onda su Raiuno, dal lunedì alla domenica, alle ore 18.50 fino al 1° settembre. La quadra degli sfidanti dovrà affrontare quella dei campioni. Ogni team è composto da tre giocatori che dovranno dimostrare di possedere “l’intesa vincente”. Ogni sfida si compone di diversi giochi e si articola in tre fasi. Nella prima i concorrenti dovranno accumulare il montepremi più alto possibile attraverso i giochi del “Caccia alla parola”, de la “Catena musicale”, del “Dove, come, quando e perché” e dell’“Una tira l’altra”. Nella seconda fase le squadre, con il gioco “L’intesa vincente”, si affronteranno in uno scontro diretto dal quale uscirà il vincitore. Nella terza parte il team vincitore affronterà un’ultima prova per riuscire ad aggiudicarsi il montepremi fino ad allora accumulato. I tre concorrenti dovranno cercare, individualmente, di percorrere una catena composta da 13 elementi, trovan- L’INTERVISTA IN SCENA AL “SAN FERDINANDO” NAPOLI. Di forte impatto emotivo Pino Insegno con il direttore di Raiuno Mauro Mazza; sotto ancora Insegno (Agnfoto/Nicois) do, di volta in volta, la parola che collega due parole date a partire dalla lettera iniziale. In aiuto dei giocatori ci sono due jolly. Ogni errore porterà al dimezzamento del montepremi. Infine, ne “L’ultima parola”, la squadra dovrà indovinare, giocando tutta insieme, l’ultimo anello della catena conoscendone le prime due lettere e l’ultima. Dimezzando il montepremi potrà chiedere un aiuto, il cosiddetto “terzo elemento”. «Abbiamo chiesto la conferma di “Reazione a catena” ha detto Mazza - perché è un format che funziona. Per partecipare a questo gioco, occorre intuito, conoscenza della lingua italiana e fan- tasia». Nel suo breve intervento il direttore ha stigmatizzato il comportamento, per lui sconveniente, di Italia Uno che ogni pomeriggio manda in onda “Il mercante in fiera” che Insegno registrò anni fa. Sara Scalia ha sottolineato che la collocazione oraria del gioco è strategica. «“Reazione a catena” - ha continuato - farà da traino per il telegiornale e le trasmissioni successive. Quiz di questo tipo significa fare televisione intelligente. I concorrenti, grazie alle capacità del conduttore, sono i veri protagonisti». La responsabile della struttura Intrattenimento ha sottolineato, poi, che intorno ad uno spettacolo del genere ruotano più di cento persone. Jocelyn ha debuttato in questa trasmissione tre anni fa insieme a Pino Insegno. «Dal punto di vista della regia - ha detto - non ho cambiato nulla perché le edizioni precedenti hanno dimostrato che il gioco va bene così. Antonio Quinti, Stefano Santucci e Francesco Ricchi sono degli autori in senso assoluto». e applaudito “Summer” (nella foto una scena), di Edward Bond, il dramma europeo, come lo ha definito lo stesso autore, andato in scena, in prima, al San Ferdinando per la regia di Daniele Salvo. L’opera è stata interpretata da Elisabetta Pozzi (Xenia), Melania Giglio (Marta), Luca Lazzareschi (un tedesco), Selene Gandini (Ann, figlia di Xenia) e Elio D’Alessandro (David, figlio di Marta). Le scene e i costumi sono di Gianluca Sbicca. Le musiche di Daniele D’Angelo. Le luci di Giuseppe Filipponio. La traduzione di Salvatore Cabras e Maggie Rose. Il lavoro teatrale è incentrato sulle esperienze passate e presenti, le aspettative e le aspirazioni di cinque persone e sugli effetti che il contrasto politico e sociale causato dalla guerra e dalle violenze determina sull’uomo. La vicenda si svolge in una casa sul mare di un’isola della ex Jugoslavia. In primo piano due donne Xenia e Marta che hanno vissuto in quei luoghi il periodo dell’occupazione nazista. La prima apparteneva alla più ricca famiglia borghese dell’isola, connivente con gli invasori per non perdere i propri privilegi. Dopo la guerra era andata in Inghilterra ed è ritornata mossa dal desiderio di rivedere il luogo natio. La seconda faceva la domestica nella casa di Xenia e poi ne era diventata la padrona. Gravemente malata, è consapevole di essere in punto di morte e vive normalmente i giorni che le restano. Per lei «la morte è la cosa più sicura di tutte, ma la gente cerca di creare intorno ad essa tanti dubbi». Con loro ci sono i rispettivi fi- gli Ann e David. A distanza di 40 anni le due donne si rinfacciano i torti subiti, le mezze verità e i ripetuti comportamenti ambigui. L’incontro casuale di Xenia con un ex soldato tedesco, ritornato sull’isola con i due nipoti in vacanza, fa emergere l’atroce verità che quel posto era stato un campo di concentramento nazista nel quale erano state compiute violenze di ogni tipo. Il racconto del tedesco crea forti emozioni. Davanti agli occhi del pubblico si srotola la pellicola dei crimini nazisti perpetrati nei confronti di uomini, donne, anziani e bambini. È agghiacciante la descrizione dell’ex militare delle fucilazioni «davanti a quel muro», che Xania “tocca” con terrore e timore alla ricerca dei segni della pallottole, e del tentativo dei militari di liberarsi dei cadaveri. «In una guerra i corpi sono un problema anche per i tedeschi... L’ordine è venuto: riesumare i morti e gettarli in mare. I corpi sono stati gettati in mare. Ma non c’era marea. I corpi non andranno via. Il mare non se li por- IL SUO BRANO “’A STORIA ‘E MARIA” NELLA COLONNA SONORA DEL FILM “REALITY” La nuova rotta musicale di Franco Ricciardi di Bruno Russo NAPOLI. I punti salienti di una carriera in crescendo, quella di Francesco Liccardo in arte Franco Ricciardi (nella foto di Salvatore Esposito), partono dal 1986 con il brano “Nuova voce, nuovo stile, nuove avventure”, e lui lo ricorda come una gioia che l’ha accompagnato fino al ‘95 anno in cui, dopo tante canzoni ed emozioni, Franco Ricciardi ha deciso di cambiare rotta, e adesso si parla di lui anche all’interno delle cronache cinematografiche conseguenti al Festival di Cannes e all’affermazione del film “Reality”. Una carriera all’impronta della canzone tradizionale, poi cosa succede? «Succede che ad un certo punto del tuo percorso decidi di confrontarti con altre realtà, e ho iniziato un percorso con i 99 Posse, portando alla ribalta il brano “Cuore nero”, che prende spunto dai proclami di quegli anni di Bossi che voleva dividere l’Italia in due, e allora mi sono chiesto: se tra bianchi e neri io sono tra i secondi, vuol dire che sono africano? Allora ho per quello che sento e che provo un cuore nero. Dal 2005 è partita poi un’altra era pop con “Play Rec” e, nel frattempo, ho fatto anche un musical con Peppe Lanzetta dal titolo “167” che è andato in onda sulla Rai. Poi, è uscito “Zoom” nel 2008, per sette settimane in classifica, quindi le musiche sulla rete come si porta adesso, con i sei pezzi di “Mix Tape” scaricabile solo su “I-Tunes”». Alcuni tuoi brani sono inseriti nel film “Reality” che ha ricevuto un successo ormai conclamato al Festival di Cannes? «In realtà è un solo brano, “’A storia ‘e Maria”, unico pezzo musicale perché il resto è tutta colonna sonora. Sono stato a Cannes, ho visto il film ed è bellissimo, e la sera ho fatto un concerto al Casinò insieme ad Ivan Granatino con il quale collaboro e che divide il palco insieme a me». Perchè all’inizio la critica era scettica sul film di Garrone? «Succede dappertutto quando c’è una seconda parte di qualcosa: in questo caso, anche se il genere è un po’ diverso, ha giocato a sfavore il premio dato in precedenza; però il film “Reality” è profondo e di forti contenuti. Una storia tipicamente napoletana, del resto, che alla fine ha avuto il riconoscimento che meritava». A tuo parere si può parlare oggi di film italiani di qualità L’EVENTO nel panorama generale? «Sicuramente, sono convinto che è finita l’era in cui i film italiani erano criticati per la mancanza di qualità cinematografica e innovazione. Oggi ce ne sono veramente tanti di pellicole interessanti e promettenti e dobbiamo augurarci visto che la crisi attanaglia ogni cosa buona, che ce ne siano sempre di più, con l’ausilio dei tanti giovani promettenti e dotati di talento, che hanno voglia di sfondare». Ora quali programmi pianificherai per il futuro? «Uscirà il mio disco a settembre, cd e dvd, dove ci sono i sei pezzi del “Mix Tape”. Inoltre andrò in vari luoghi estivi con il mio “Mix Tape tour”. Il resto lo si può scaricare dal mio sito www.francoricciardi.org. Dal mio musical del 2007 ho sempre desiderato e lo continuo a fare, di affrontare il problema della dispersione scolastica, ovvero del crescente assenteismo, prendendo i giovani dalla perife- ria e avviandoli al teatro, e vedo con piacere che alcuni di loro stanno andando avanti con successo». Un’ultima dichiarazione sulla continuità della tradizione canora partenopea? «È fondamentale, lo è sempre stato e lo sarà anche per il futuro. Io sono di Napoli e la cosa bisogna sempre cantarla, in tutti i modi possibili. Inoltre la mia musica è in piena sintonia con il tessuto del luogo ove sono nato e che amo: si chiama “Urban” e consiste in un mix di rap, pop e rock. Ci tengo a ricordare, che proprio per migliorare la mia produzione futura in tempi difficili, ho fondato da tempo la “Cuore nero project”, un mio marchio con la libertà di essere: produttore con me è anche Ivan Granatino, di cui esce in questi giorni il nuovo singolo “Goodbye”». LE ALUNNE TROVANO FREQUENTEMENTE LAVORO NEGLI ATELIER Sfilata di fine anno all’Isiss Conti di Aversa di Rosaria Capone AVERSA. Nella migliore tradizione dell’Isiss Conti di Aversa (nella foto la Porta di Aversa), sia pur con accento d’innovazione, si riaccendono i riflettori sulla sfilata di fine anno. Lo storico Istituto, che da decenni segna il territorio, intercettando le esigenze di formazione delle nuove generazioni che troveranno impiego nel terziario, dal 1996 propone il percorso curriculare sulla moda. E da anni registra l’affermazione di alunne che hanno trovato lusinghieri sbocchi lavorativi negli atelier e nell’industria della moda nel nord del paese. In un mondo che sempre più registra crisi di idee, la moda è una di quelle realtà che sanno continuamente rinnovarsi. La sfilata di fine anno costituisce la conclusione di un percorso formativo durante il quale le alunne approfondiscono conoscenze e tecniche della realizzazione di un abito, dalla progettazione al risultato finale. “Factory Conti”: questo l’originale titolo dato alla manifestazione di quest’anno. Le nozioni di arte e creatività non possono essere disgiunte dalla consapevolezza del bisogno materiale, del consumo e della produzione. Il sistema moda deve quindi rapportarsi al sistema produttivo e a quello simbolico e creativo esistenti sul territorio. È la prima volta che la sfilata si tiene all’interno dell’istituto, segno che la politica della dirigenza e dei professionisti che ogni giorno si spendono in questo settore ha inteso dare una svolta, un nuovo indirizzo che si propone di coniugare la sapiente tradizione artigiana, tanto affermata nelle nostre zone, con il processo produttivo. La manifestazione sarà dedicata a Melissa Bassi, l’allieva che ha perso la vita nel folle attentato di Brindisi, anche lei impegnata in un percorso scolastico simile al nostro. Una simpatica iniziativa affianca la manifestazione: per una moda che Conti è la pagina Facebook che aggiorna quotidianamente gli sforzi dell’allestimento e le sensazioni e gli umori di alunni e professori. terà. È come se fosse contro di noi. Una donna morta teneva nell’incavo del suo braccio un bambino. Erano stati uccisi così. Galleggiava sopra il mare e il bambino stava fuori dall’acqua come se volesse vedere noi». Ma il tedesco non si sente colpevole perché «ai soldati vengono tolti i vestiti e messe le divise e le loro teste sono svuotate dai pensieri e riempite di ordini». I toni si smorzano e alla visione della morte subentra quella l’amore. Ricorda che lui e i suoi commilitoni guardavano estasiati «la ragazza di bianco vestita affacciata al balcone di quella villa dove di continuo andavano i nostri ufficiali. Ne eravamo tutti innamorati. Poteva chiedere ogni cosa al nostro comandante. Fece liberare la sua cameriera sottraendola alla fucilazione». Xenia riconosce nella descrizione se stessa e la sua casa, non parla, ma il suo silenzio è più eloquente di ogni esplicita ammissione. Il sipario cala su Marta che muore, mentre Ann e David parlano del loro figlioletto che nascerà: è la consacrazione del principio affermato da Marta che «la morte determina sempre la vita». Bond si conferma autore di un teatro radicato nel reale. Fa vivere la storia narrata come se si stesse assistendo ad un fatto di cronaca proposto in tre modi diversi dai tre testimoni diretti degli avvenimenti. Ciascuno di essi rievoca il passato attraverso la sua verità e le sue allucinazioni. Lo spettatore, quindi, è coinvolto nell’appassionante ricerca della versione vera dei fatti, ponendosi il sempre attuale interrogativo che nasce dal rapporto vitamorte-guerra-coscienza umana: “perché?”, “per quale motivo?”. «La casa in cui si svolgono tutti gli eventi - ha detto Salvo - è un luogo ingombro di memoria. Le pareti sono state ossessivamente riverniciate, come per cancellare i segni del tempo, la luce è quasi abbagliante, il colore dominante è il bianco. Questo è un luogo in cui non si vuole ritornare, una casa dalle finestre murate, un luogo che cela qualche cosa di terrificante, una soffitta dell’immaginario, luogo di rimozioni, di orrori, trasalimenti, vite perdute. Alle finestre giunge la musica dei nuovi anni: altri giovani cantano altre canzoni, il nuovo tempo ha cancellato e rimosso i crimini del recente passato. In questa stanza asettica e dal nitore abbagliante, irrompe improvvisamente la memoria, come un fiotto di petrolio, in tutta la sua cruda violenza». Nessuno esce indenne da una guerra e ci sono cose che non si possono dimenticare e rancori che non si possono cancellare. Tutto questo orrore Bond lo condanna con una sentenza definitiva e perciò inappellabile. Attraverso il tedesco rivendica l’innocenza dei soldati che combattono in trincea e fa ricadere le colpe della guerre sui politici. Attraverso Ann e David afferma che non solo gli adulti, ma anche i giovani devono avere la conoscenza e la consapevolezza dei fatti, di questi fatti, per garantire che non si ripetano le atrocità commesse dai loro padri. misi