La patente di Luigi Pirandello Analisi del testo

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La patente di Luigi Pirandello Analisi del testo
La patente di Luigi Pirandello
Analisi del testo
Novella pubblicata nel 1911 e poi confluita nella raccolta delle Novelle per un anno, La
patente è testo assai emblematico per la poetica di Pirandello. Innanzitutto, la vicenda de La
patente ripercorre le tematiche principali della scrittura pirandelliana, mettendo in scena il dramma
novecentesco di un “io” scisso e privato della sua stessa identità, che, per esistere, è costretto ad
assumere la “maschera” che gli altri proiettano su di lui (con temi che ritornano da Il fu Mattia
Pascal e che si ritrovano sia nella ricca produzione teatrale sia nei successivi romanzi, come Uno,
nessuno e centomila).
I protagonisti de La patente sono il giudice D’Andrea e un modesto impiegato del monte dei pegni,
Rosario Chiarchiaro, licenziato perché sospettato di essere uno iettatore. L’uomo ha poi sporto
denuncia presso la magistratura contro due giovani, che al suo passaggio avrebbero fatto il classico
gesto di superstizione popolare delle “corna” per allontanare il malaugurio. Il giudice D’Andrea si
trova allora di fronte ad un caso paradossale, dato che, in quanto esponente della legge e della
razionalità, non può certo credere all’esistenza della sfortuna né può tutelare in alcun modo gli
interessi di Chiarchiaro che, a causa delle malelingue del paese, oltre ad aver perso il posto di lavoro,
non riesce a far sposare le figlie ed è costretto a tenere segregata in casa l’intera famiglia.
La situazione, intrisa dell’umorismo pirandelliano e dell’amaro pessimismo esistenziale dello
scrittore, si complica ulteriormente quando Chiarchiaro è convocato in tribunale per dare la sua
versione dei fatti: anziché difendersi o ritirare la denuncia, il protagonista, vestitosi per giunta da
autentico menagramo, reclama con forza di andare a processo, e anzi di poter ottenere un
riconoscimento - una “patente”, appunto - del suo status di portasfortuna. L’analisi di Chiarchiaro è
tanto acuta quanto spietata; se il mondo gli ha imposto, nella sua rozza ignoranza, una “maschera”,
tanto vale accettare di propria volontà questa “parte” teatrale, fino a ricavarne il giusto
tornaconto economico.
Sconcertato e sconfitto, D’Andrea non può che acconsentire e fare di Chiarchiaro un tragicomico
impiegato comunale, stipendiato perché non causi il malocchio al resto della cittadinanza. Sono
quindi centrali, nella Patente, le tematiche pirandelliane della moltiplicazione della personalità
umana e della contraddittoria libertà che ci deriva dall’assumere un travestimento sociale di
fronte agli altri (per quanto questo ci possa sembra assurdo ed irrazionale). Proprio per questo
motivo, Pirandello rielabora la novella in una fortunata commedia in atto unico del 1917, che bissa
il successo del racconto breve; qui, per giunta, la “beffa” del protagonista ai danni della giustizia si
basa su un ulteriore colpo di scena finale, in cui Chiarchiaro fa crollare a terra la gabbia di un povero
cardellino, dimostrando esplicitamente il proprio “potere”, e di conseguenza l’urgente necessità
della “patente” ufficiale di iettatore.
L’umorismo di Pirandello
È tipico della narrativa di Pirandello creare situazioni bizzarre ed umoristiche. Ma al di là del sorriso,
suscitato dall’ «avvertimento del contrario», emerge il «sentimento del contrario» che mette a
nudo pessimisticamente tutta la pena del vivere del personaggio. Il contrasto tra apparenza comica
e tragicità di fondo rende Chiàrchiaro personaggio non comico ma umoristico, testimoniando quel
complesso sentimento che Pirandello, nel suo saggio su L’umorismo (1908), definì «sentimento del
contrario». Si tratta di un modo particolare di osservare la vita, integrando la realtà come appare
con la riflessione su quello che si nasconde dietro le apparenze. La riflessione consente di osservare
la realtà da un punto di vista diverso, di vederne il suo contrario, cioè il suo aspetto nascosto: un
atteggiamento ridicolo, per esempio, può essere letto come il risultato di una sofferenza, o in un
sentimento tragico possiamo vedere l’aspetto ridicolo. Una vecchia signora – scrive l’autore – coi
capelli ritinti, orribilmente truccata e con abiti da ragazza, suscita il sorriso (il comico), ma se scatta
il sentimento del contrario (l’umorismo) e rifletto sul fatto che forse quella signora si abbiglia così
solo per trattenere a sé l’amore del marito molto più giovane di lei, allora partecipo al dolore del
personaggio e ne provo pietà.
L’ambiente siciliano con un insieme di superstizione e cinismo offre a Pirandello l’occasione per
esprimere la propria concezione del vivere sul rapporto vita-forma, maschera-realtà: le regole della
società impediscono all’individuo di essere se stesso, perché gli impongono una «maschera»; la
vita, di per sé informe, non si può ridurre ad alcuno schema. Non resta che accettare quella «forma»
e adattarsi ad essa.
Ora rispondi
 Nel dialogo tra il giudice D’Andrea e Chiàrchiaro, da quali parole di quest’ultimo emerge il
suo dramma esistenziale, così da conferire alla storia, all’apparenza divertente, un risvolto
tragico e doloroso?
 Da quali parole del giudice istruttore risulta evidente il senso di umanità dell’autore stesso,
che affida al personaggio il compito di esprimerlo?

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