La tecnologia inkjet termica o bubble inkjet

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La tecnologia inkjet termica o bubble inkjet
La tecnologia inkjet termica o bubble inkjet
Tra le varie tecnologie inkjet la tecnologia bubble è la più diffusa e merita un
maggiore approfondimento anche per la posizione acquisita in questo campo
dall’industria italiana attraverso la Olivetti.
Si basa su un principio relativamente semplice e nasce dalla cooperazione di
tecnologie molto diverse tra loro: dalla fisica all’idraulica, alla chimica.
Tutto ha inizio all’interno di una piccolissima testina
di stampa (Figura 1) che consiste di un involucro di
resina, intercambiabile, contenente centinaia ugelli di
stampa (erano 50 all’inizio degli anni ‘90). Gli ugelli
sono ricavati in una sottilissima piastrina di plastica
(Figura 2) o metallo, a sua volta fissata mediante un
materiale barriera su un chip di silicio.
Figura 1 – Testina di stampa inkjet
Il chip di silicio include tanti piccolissimi
microriscaldatori, uno per ogni ugello di stampa,
isolati
elettricamente.
Al
disopra
dei
microriscaldatori, nel materiale barriera, sono
ricavate delle microcamere di ebollizione. In
sostanza si ha una sovrapposizione di riscaldatori, camere di ebollizione e ugelli, in
perfetto allineamento verticale.
L’inchiostro entra per capillarità nelle microcamere
degli ugelli dove viene riscaldato dalla resistenza
elettrica fino alla temperatura di 300 gradi e oltre. Si
crea così una microscopica bolla di vapore che
produce una pressione talmente forte da lanciare
una goccia che, attraverso gli ugelli, raggiunge il
foglio alla velocità di oltre 50 chilometri orari. In
questo ciclo è particolarmente importante la
composizione chimica dell’inchiostro di stampa che
deve mantenere intatta la sua purezza, pur subendo
fortissime sollecitazioni termiche, idrauliche e dinamiche.
Figura 2 – Ugelli al microscopio
Dopo aver emesso la goccia, la bolla d’inchiostro vaporizzato collassa e per capillarità
nella microcamera si ripristina la stessa quantità dell’inchiostro espulso; il tutto è
ripetuto automaticamente migliaia di volte al secondo per ogni ugello (Figura 3).
1. Nucleazione della bolla
Il rapidissimo riscaldamento della resistenza (<3
microsecondi) genera la formazione di vapore
nell’inchiostro.
3. Formazione della goccia
La bolla di vapore spinge fuori dall’ugello la goccia
e collassa: nuovo inchiostro riempie la cameretta
(20-30 microsecondi).
2. Crescita della bolla
In circa 10-15 microsecondi il vapore forma una bolla
che cresce fino a generare una goccia d’inchiostro.
4. Refill
Il riempimento della cameretta avviene in circa 100
microsecondi e questo fino a 10.000 volte al
secondo.
Figura 3 – Formazione della goccia d’inchiostro all’interno di una microcamera
In questa sequenza di operazioni è necessario che dopo il riscaldamento la
temperatura delle microcamere si normalizzi immediatamente; ciò pone complessi
problemi di raffreddamento.
Dove il getto d’inchiostro colpisce la superficie di stampa si forma un punto e l’insieme
dei punti forma il carattere. Anche qui si tratta di una “matrice di punti” come nelle
stampanti ad impatto, ma trattandosi di ugelli e gocce d’inchiostro invece che di aghi di
acciaio, è possibile disporre gli ugelli in numero maggiore e molto vicini, e stampare le
gocce parzialmente sovrapposte modulando la quantità d’inchiostro e ottenendo così
una maggiore definizione di stampa e diverse intensità di colore.
Migliorando la tecnologia, le gocce d’inchiostro
sono diventate sempre più piccole e precise: ne
risultano caratteri formati da piccolissimi punti,
pressoché invisibili ad occhio nudo, e quindi una
stampa particolarmente nitida (Figura 4).
Figura 4 – Stampante inkjet
La risoluzione ottenuta dai modelli oggi sul
mercato varia dalle centinaia alle migliaia di punti
per pollice. A titolo di esempio, si noti che 300
punti per pollice equivalgono a circa 12 punti per
millimetro; invece, 2400 punti per pollice
equivalgono a 94 punti per millimetro, e quindi in
un millimetro quadro si depositano quasi 9.000
gocce di un singolo colore.
La risoluzione e la qualità di stampa aumentano in modo inversamente proporzionale
alle dimensioni delle gocce. Oggi, nelle applicazioni di qualità fotografica, si usano
gocce molto piccole, fino a 2 picolitri ovvero 2 miliardesimi di grammo per la singola
goccia.