Anteprima - Unorosso

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Anteprima - Unorosso
Savage Lane
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Capitolo 1
Dopo la cena nella nuova villa da 2,6 milioni di dollari dei Lerner, a Bedford Hills, Mark Berman sapeva che sua moglie Deb era
incazzata con lui per qualcosa. Non aveva idea di cosa avesse fatto,
ma dopo ventidue anni insieme - diciassette da sposati - non aveva
più bisogno di chiederle se c’era un problema. Lo sapeva e basta.
Durante il viaggio in auto verso casa a South Salem, Deb si comportava ancora in modo strano, ma Mark sapeva che se avesse detto
qualcosa sarebbe scoppiata una vera e propria lite, quindi perché
farlo?
Continuò invece a fare commenti sulla casa dei Lerner: «Ti rendi
conto delle dimensioni del loro giardino? Potrebbero giocarci i Jets.
La piscina, poi, era spettacolare.»
Passò poi ai programmi per l’indomani: Deb avrebbe portato Justin alla lezione di nuoto alle 9, mentre lui avrebbe accompagnato
Riley alle prove della recita scolastica alle 10, visto che era di strada
per il country club dove giocava a golf. Poi, Deb avrebbe ripreso
Riley a mezzogiorno, tornando dal nuoto. Mentre parlava, Deb si
limitò ad annuire e dire «Ok» un paio di volte.
Qualche minuto più tardi, attraversavano il buio e tortuoso Saw
Mill River Parkway e lei osservava fuori dal finestrino, senza dire
nulla. Stanco del silenzio, Mark accese la radio su Classic Rewind:
nell’abitacolo risuonò il ritornello di Dream On.
Dopo pochi secondi, Deb, guardando fuori dal finestrino, disse:
«Ti ho visto.»
«Come?» Mark l’aveva sentita, voleva solo sentirglielo ripetere.
«Ti ho visto.»
«Mi hai visto» ripeté lui. «Mi hai visto dove?»
Fissando il buio fuori dal finestrino, concentrata sulle proprie ri-
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flessioni, Deb non rispose.
«Non so di cosa diavolo stai parlando» disse Mark.
In realtà, lo sapeva bene, ma non voleva ammetterlo nemmeno a
se stesso. Se lei voleva dirlo, tirare fuori il problema, glielo avrebbe
lasciato fare.
«Sai benissimo di cosa sto parlando» rispose Deb, voltandosi verso di lui.
Anche se stava guardando la strada, Mark sapeva esattamente
qual’era la sua espressione - quella con gli occhi socchiusi, le narici
dilatate e lo sguardo di chi ha intenzione di staccargli la testa dal
collo. Aveva visto quello sguardo centinaia di migliaia di volte.
«No, non lo so» rispose. «Non ho la minima idea di cosa tu stia
parlando, ok?»
Lei si voltò un’altra volta.
In radio, Steven Tyler stava strillando il ritornello. Mark abbassò
la musica, e continuò: «Io proprio non ti capisco, lo sai? Va tutto alla
grande, abbiamo passato una bella serata insieme ai nostri amici, e
tu dal nulla devi prendertela con me!»
«In che modo me la starei prendendo con te?»
Non gli piacque il modo in cui lo disse, come se lo stesse prendendo in giro.
«È assurdo, ok?» Mark socchiuse gli occhi perché l’uomo alla guida sull’altra corsia aveva acceso gli abbaglianti. Poi disse: «Tutto il
tuo modo di fare è assurdo. Sembra che cerchi di far di ogni cosa una
tragedia, che vuoi a tutti i costi farne un dramma.»
«Io faccio un dramma?»
«Sembra così.» rispose. «Il modo in cui ripeti ogni cosa che dico.
Diavolo, lo sai che mi infastidisce, ma continui a farlo. Sembra che
ci provi gusto, cazzo.»
«Io penso proprio che in questo matrimonio l’unico che provoca
dei drammi sia tu.»
«Cosa?»
«Ti ho visto, va bene? Ti ho visto!»
«Mi hai visto?» finse di pensarci su. «Mi hai visto dove?»
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«Fuori, in giardino.»
Era inutile continuare a negarlo: «Oh, bene. Tutto qui?»
«Sono molto arrabbiata con te!» disse Deb.
«Non è successo nulla con Karen, va bene?» disse Mark. «Non
posso credere che tu davvero mi stia accusando di qualcosa. È assolutamente ridicolo.»
Karen era una vicina di casa, un’amica, presente anche lei alla
cena dai Lerner.
«Le stavi tenendo la mano» disse Deb.
«Non le stavo tenendo la mano» ribatté Mark.
«Le stavi tenendo la mano.»
Mark sospirò infastidito, scuotendo la testa: «Non le stavo tenendo la mano, ok? Può darsi che le nostre mani si siano sfiorate per un
secondo, ma…»
«È stato più lungo di un secondo.»
«Qualche secondo, allora, ma è stata una cosa del tutto innocente,
ok? Stavamo parlando, solamente parlando; era giù di morale, lo sai
che ha problemi finanziari, quel consulente l’ha fottuta, e io le stavo
dando i contatti del mio uomo, il nostro uomo, Dave Anderson. Era
di lui che stavamo parlando. Di Dave Anderson. Comunque, lei era
giù di corda e io le stavo dando qualche consiglio. Questo è tutto,
ok? E sì, forse ad un certo punto le ho preso la mano, ma l’ho fatto
in modo amichevole, ma…»
«In modo amichevole.»
«C’è per caso l’eco qui dentro?» chiese Mark, infastidito.
«Senti, so quello che ho visto, quindi smettila di negarlo. Era una
conversazione intima.»
«Cosa?»
«Era quello che ho detto.»
«Stavamo parlando di fondi comuni di investimento.»
Mark fece una virata troppo brusca intorno a una curva. Doveva
star attento, c’era il pericolo di attraversamento cervi in quella zona.
Rallentò un po’, continuando a parlare: «Non posso credere che stiamo ancora parlando di questo, cavolo. Karen è un’amica, punto.»
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«Gli amici non flirtano come stavate flirtando voi due.»
«Ma che stai dicendo?»
«Puoi guardare la strada?»
«Non ci posso... Stavo solo cercando di darle una mano per uscire
da questa situazione, non stavo flirtando con lei. Se vuoi parlare di
flirtare, cosa mi dici di te e Tom?»
Questo era il modo giusto, dirottare il discorso su di lei.
«Di me e…?»
«Flirti con lui tutto il tempo.»
«Quando mai ho…»
«Ti ho anche visto mentre lo abbracciavi, stasera.»
Dopo una pausa, Deb replicò: «Ti riferisci a quando ho detto
buonanotte?»
«Lo hai abbracciato stretto» disse Mark, felice di aver spostato il
discorso da Karen.
«Ma dai,» disse Deb. «questo è davvero…»
«Ridicolo, lo so. Ma cosa succede se ci costruisco sopra un film?
Come la prendi se inizio a chiederti: come hai potuto flirtare con
Tom? Stavate facendo una conversazione intima! Come hai potuto
farlo?»
«Non cercare di negare quello che hai fatto» disse Deb.
«Non sto…»
Alzando la voce per sovrastare le parole di lui, Deb continuò:
«Non mi sono nascosta con lui in un angolo del giardino, ok? E se lo
avessi fatto, cosa avresti pensato? Avresti pensato che fosse normale?
Avresti pensato: oh, Tom e Deb sono solo buoni amici, è per questo
che sgattaiolano via insieme per stare da soli?»
«Ma sei completamente sbronza?» chiese Mark.
«Cosa?» Deb sembrava scioccata dalla domanda, ma forse stava
solo fingendo di esserlo. «Non sono sbronza.»
«Sei sicura? Perché ti stai comportando come se fossi ubriaca.»
«Ho bevuto solo un paio di bicchieri.»
«Più di un paio.»
«Senti, ti sto dicendo come mi sono sentita davanti a te, te e
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quella donna, ma a te sembra non importare nulla. Me lo sbatti in
faccia e basta.»
«Karen è una nostra amica. Da quando è diventata quella donna?»
«Da quando sta cercando di rubarmi il marito.»
«Per l’amor di Dio, Deb, vuoi smetterla? Ci siamo solo tenuti per
mano.»
«Quindi lo ammetti!»
«Per due secondi, due secondi, per l’amor di Dio!»
«Non è soltanto per questo, ok? È per tutto quello che c’è fra voi
due. Il modo in cui vi guardate, per esempio: durante la cena era così
evidente. E mentre stavi raccontando quella barzelletta e Karen si è
alzata per andare in cucina, tu ti sei fermato e hai aspettato che lei
tornasse per finirla.»
«Questo si chiama essere educati» disse Mark.
«Non avresti aspettato a finirla, se fossi stata io ad alzarmi dalla
tavola, o chiunque altro. Lo hai fatto per lei. Hai aspettato perché si
trattava di lei.»
«No, ho aspettato perché lei non aveva mai sentito quella barzelletta, tu sì, e lei era interessata quindi ho… Ascoltati, cavolo,
ascoltati. Te la prendi con me, mi accusi perché sono stato educato
mentre raccontavo una barzelletta, come se avessi commesso qualche crimine.»
«Tu sai perfettamente quello di cui sto parlando» disse Deb.
«Non la smetterai, continuerai a comportarti così, perché vuoi farlo,
perché tu… Non lo so, forse vuoi ottenere una mia reazione o qualcos’altro, e per questo lo fai in maniera così evidente. Non penso che
tu ti renda conto di quanto tutto questo sia imbarazzante per me.»
«Cosa intendi?» Mark spostò lo sguardo dalla strada alla moglie,
per un secondo. «Qualcuno ha detto qualcosa?»
«No, nessuno ha detto niente, nessuno ha qualcosa da dire» disse
Deb. «Ma tutti ti hanno visto, tutti lo sanno, e sono sicura che tutti
sospettano qualcosa.»
«Sospettano cosa?» Mark stava alzando la voce. «È dannatamente
ridicolo. Non c’è niente tra me e Karen. Niente di niente!»
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«Voglio che stai lontano da lei» disse Deb. «O sarò costretta a
parlarle.»
«Ma parlarle di cosa?» Le mani di Mark stringevano il volante
come se volesse sbriciolarlo. «Puoi darti una calmata? Stai perdendo
il controllo.»
«Perché te la prendi tanto?» disse Deb. «Voglio dire, se tra di voi
non c’è nulla, se è tutto frutto della mia immaginazione, che differenza fa a te?»
«Lei è una nostra amica, una nostra vicina di casa» disse Mark. «I
nostri figli sono amici dei suoi, e… Ed è meglio che tu non le dica
nulla, per favore non farlo. Si creerebbe soltanto un gran casino.
Non vuoi che succeda, vero?»
«Non voglio più parlarne.»
«Non dirle nulla, Deb. Per favore.»
«Ti ho detto che ho chiuso.»
Deb sottolineò l’ultima parola, come se non avesse semplicemente chiuso quella conversazione, ma l’intero matrimonio. Mark sapeva che si trattava di una minaccia priva di significato, naturalmente.
Sua moglie era sempre così melodrammatica durante le discussioni,
ma poi dimenticava tutto il giorno dopo. Anche questo litigio si
sarebbe sgonfiato - e sarebbe stato meglio che fosse così. Se lei avesse
detto qualcosa a Karen, l’avesse affrontata in qualche modo, Karen
avrebbe dato in escandescenze, si sarebbe sentita a disagio, e forse
avrebbe preferito troncare ogni rapporto con lui. Mark non poteva
lasciare che accadesse. Karen era una delle sue amiche più intime,
probabilmente la sua migliore amica; non riusciva a immaginare
cosa avrebbe fatto senza di lei.
Rush cantava Tom Sayer ma Mark, che non era più dell’umore
giusto per ascoltare musica, spense la radio. Finalmente un po’ di
silenzio in auto.
Qualche minuto più tardi, svoltarono in Savage Lane, una strada
stretta e tortuosa lungo la quale si trovavano sette case, compresa
quella in fondo dove vivevano Mark, Deb e i loro ragazzi.
Karen e i figli abitavano nella seconda casa sulla sinistra e quando
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Mark ci passò davanti, notò - senza voltare la testa per guardare - che
la luce al secondo piano, dove si trovava la camera da letto della donna, era accesa. Karen aveva lasciato la festa circa dieci minuti prima
di Deb e Mark, quindi immaginò che fosse già a casa.
Si domandò cosa stesse facendo nella sua stanza, se si stesse spogliando, guardando la tv, o se fosse al telefono con quell’uomo con
cui era uscita un paio di sere prima. Qual era il suo nome? Steven?
Sì, Steven. Mark odiava quel nome; gli ricordava di Steven Litsky, il
bulletto della sesta classe a Dix Hills, Long Island, che aveva reso la
sua vita un inferno.
Pensando a Karen e Steven, quello Steven, al telefono, Mark ebbe
uno spasmo di nausea, nausea che derivava dalla gelosia, il che era
ridicolo, perché di cosa avrebbe dovuto essere geloso? Mark era sposato - forse non proprio felicemente sposato ma sicuramente il suo
era un matrimonio solido - ed era vero che lui e Karen erano soltanto
amici. C’era feeling, un feeling speciale, ma niente più di questo.
Tuttavia, quando lui pensava a lei con Steven, o con chiunque altro,
sentiva sempre quella specie di spasmo.
Mark attivò la porta del garage col telecomando, si infilò dentro
e spense il motore. Senza fiatare, Deb uscì dall’auto sbattendo la
portiera ed entrò in casa. Quando Mark uscì, Casey, il loro golden
retriever, si avvicinò per salutarlo, saltandogli addosso, ansimando
eccitato e colpendogli il petto con le zampe. Menomale, almeno qualcuno che non ce l’ha con me, pensò Mark, poi disse: «Che fai Casey?
Eh? Come va, ragazzo?»
Casey, continuando ad ansimare, trascinò Mark dentro casa.
I ragazzi di Karen, Elana e Matthew, erano in casa. Elana, come
Riley, la figlia di Mark, aveva sedici anni: le due ragazze erano sdraiate in salotto e guardavano un film con quella famosa attrice teenager
che Mark aveva già visto in tv e sulle copertine delle riviste, ma di cui
non ricordava mai il nome. Matthew aveva dieci anni, due in meno
di Justin, ma i due giocavano sempre insieme; in quel momento
erano nella camera di Justin, impegnati alla Xbox con Call of Duty;
Mark lo aveva riconosciuto dal rumore intermittente delle esplosioni
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e delle mitragliatrici.
«Ciao ragazze» disse Mark.
«Ciao» risposero loro senza staccare gli occhi dalla tv.
Poi Elana chiese: «Mia madre è già a casa?»
Mark vide Deb, che stava controllando una pila di lettere sul
tavolino del foyer, rivolgergli una rapida occhiata prima di entrare
in cucina.
«Uhm, dovrebbe.»
«È meglio che vada» disse Elana, alzandosi dal divano.
«Ci sentiamo dopo su Facetime» disse Riley, fissando la tv.
«Certo» disse Elana, poi si affacciò alle scale per chiamare il fratello: «Matthew, dobbiamo andare».
«Penso che non ti basterà chiamarlo per staccarlo da quel gioco»
disse Mark.
«Hai ragione» rispose lei, salendo al piano di sopra.
Anche Mark salì nella sua camera e si chiuse la porta alle spalle.
Poi scrisse un messaggio a Karen: è stato bello vederti stasera! Spero tu
sia arrivata a casa sana e salva, dolcezza!
Mark messaggiava sempre con Karen, soprattutto da quando il
matrimonio di lei era finito. Messaggiava con un sacco di altri amici,
ovviamente, ma per lui era molto più divertente farlo con Karen.
Forse perché avevano lo stesso senso dell’umorismo, erano sulla stessa lunghezza d’onda. Quando gli succedeva qualcosa di divertente,
leggeva un articolo interessante online, accadeva qualcosa al lavoro,
o semplicemente voleva ammazzare il tempo mentre viaggiava sulla
Metro Nord, Karen era sempre la prima persona con cui aveva voglia
di parlare. Di solito stava attento a cancellare i messaggi che le inviava, soprattutto quelli dove la chiamava “dolcezza” o, qualche volta,
“piccola”, ben sapendo che se li avesse letti Deb, sarebbe diventata
molto sospettosa.
Si spogliò e rimase in boxer, poi si fece una doccia e si preparò per
andare a letto. Era consapevole di essere molto attraente per avere
quarantaquattro anni. Stava perdendo un po’ di capelli dalla fronte e
sui lati, e probabilmente avrebbe dovuto perdere qualche chilo, ma
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stava invecchiando bene. Se fosse stato single, avrebbe fatto piazza
pulita in uno di quei siti per appuntamenti che frequentava Karen.
Quanti uomini alla sua età avevano ancora i capelli? Non aveva molte rughe e un paio di donne al lavoro si erano complimentate per i
suoi occhi. Cosa aveva detto Erica McCarthy? Ah, già, che aveva «lo
sguardo meditabondo e tenebroso di Javier Bardem». Quelle parole
gli si erano conficcate immediatamente in testa, anche se aveva dovuto cercare Javier Bardem su Google per essere sicuro di sapere chi
fosse.
Mark guardò fuori dalla finestra del bagno: purtroppo era giugno
e c’erano troppe foglie sugli alberi. Anche se Karen viveva qualche
casa più in là, d’inverno riusciva a vedere una parte del suo appartamento, compresa una delle finestre della sua camera da letto - una
volta l’aveva perfino intravista nuda, ed era stato grandioso - ma ora
non riusciva a vedere nulla.
Sentì lo squillo del telefono - era un messaggio di Karen: sì, grazie, buonanotte!
Adorava ricevere messaggi da Karen, anche quando erano brevi,
come in questo caso. Le rispose: fantastico, piccola, baci, poi cancellò
l’intera conversazione.
Si mise a letto a guardare la tv - prima le news sportive, poi qualche minuto di una replica della serie tv The Office, e infine uno spettacolo comico su Comedy Central. Si faceva il culo tutta la settimana come analista di sistema per la CitiBank, a volte rimanendo
in ufficio a Manhattan fino a tardi, rientrando a casa alle 21 o 22, e
la cosa che preferiva fare la sera era buttarsi sul divano o sul letto e
guardare la tv.
Non gli importava realmente cosa guardasse, - sport, talk show,
reality o sitcom - l’importante era che non richiedesse concentrazione. Si spremeva il cervello tutto il giorno al lavoro, gestendo i sistemi
di trading su tre continenti, perciò quando finalmente la sera era
a casa - soprattutto il fine settimana - l’ultima cosa che desiderava
era pensare e concentrarsi. Voleva solo fissare la tv, sonnecchiare,
scomparire. Gli piacevano i film, ma dovevano essere comici o pieni
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d’azione, senza porcherie storiche. Una volta Deb lo aveva portato a
vedere un film su Jane Austen ed era stato così dannatamente penoso
che lui, dopo, le aveva detto: «Mai più film storici».
E leggere, quello era ancora peggio. Mark non riusciva a capire
perché alle persone piacesse leggere, perché la gente volesse spendere il proprio tempo libero concentrandosi sulle parole di un libro.
Gesù, perché non sdraiarsi allora su un letto di chiodi, o fare il bagno
con un mucchio di serpenti a sonagli, già che c’eri?
Ok, forse gli insegnanti o gli studenti devono necessariamente
leggere, ma nel tempo libero, cavolo?
Deb aveva sempre una pila di volumi accanto al letto e andava
agli incontri del Club del Libro - Dio solo sapeva perché. Stare lì, a
parlare di libri e dover passare il tempo con quei bisbetici?
Gli unici libri che Mark avesse mai letto parlavano di Borsa o
di sport, ma anche in quelli qualche volta era difficile arrivare fino
in fondo. Comunque, non voleva sentirsi un idiota, e quindi aveva
letto un libro, circa quindici anni prima: Il socio di John Grisham,
perché gli era piaciuto il film con Tom Cruise. Il libro non era all’altezza del film ma adesso, ogni volta che partecipava a una festa o a
un incontro di lavoro, quando qualcuno gli domandava se avesse
letto qualche buon libro di recente, poteva rispondere: «Hai mai letto Il socio? È davvero bello» e questo era abbastanza per tirare avanti.
Sentì lo sciacquone provenire dal bagno dei ragazzi e la musica nella
stanza di Riley; probabilmente Riley e Justin stavano per andare a
letto.
Deb non era ancora salita, ma questo non dipendeva necessariamente dal fatto che fosse arrabbiata. Di solito rimaneva al piano
di sotto fino a tardi, guardando la tv o leggendo, e gustandosi una
tisana.
Il comico in tv stava parlando del suo divorzio, prendeva in giro
la sua ex, e Mark rise a voce alta un paio di volte, e poi si ricordò
di quando Deb in macchina aveva detto: «Ho chiuso». Era stata
sicuramente una falsa minaccia. Solo lo scorso mese, gli aveva detto:
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«La verità è che non possiamo liberarci l’uno dell’altra» ed era più o
meno come lui si sentiva.
Anche quando litigavano, o si trovavano in disaccordo, le cose
non andavano poi così male. Non c’erano violenza o problemi gravi.
Avevano una bella vita - vivevano in una bella casa, erano membri
del country club, avevano due figli sani, qualche risparmio, nessun
debito. Cosa potevano volere di più?
Sì, forse il sesso non era pazzesco come una volta, ma non era
nemmeno male. Almeno loro lo facevano ancora parecchio - almeno
un po’ di volte al mese, comunque - che era più di un sacco di coppie
che Mark conosceva.
Ma, soprattutto, erano dei bravi genitori. Riley e Justin erano due
ragazzi splendidi, felici, e per quanto riguardava Mark, le cose con
Deb sarebbero dovute diventare veramente insopportabili prima che
egli considerasse l’ipotesi di far soffrire i ragazzi divorziando.
Ma, solo per il gusto di farlo, Mark immaginò cosa sarebbe successo se Deb avesse parlato sul serio prima - se lo avesse lasciato davvero. Aveva già fatto il gioco dei “se” prima di allora; si trattava solo
di innocuo fantasticare. Se il suo matrimonio fosse terminato, Mark
sapeva che sarebbe finito con Karen. Si sarebbe trasferito a casa sua e
i ragazzi avrebbero potuto fare avanti e indietro, abitando nella stessa
strada. Quanto poteva essere conveniente?
Sarebbe stato un divorzio facile, senza drammi né amarezze; tutti
sarebbero andati d’accordo. Sarebbe stato anche meglio di ora per
i ragazzi, perché sarebbero diventati fratello e sorella con i loro migliori amici. Nel frattempo, non solo Mark avrebbe goduto della
compagnia della sua migliore amica in ogni momento, ma avrebbe
potuto anche andare a letto con lei. La scorsa estate, quando aveva
visto Karen in piscina al club, gli era sembrata veramente splendida
con addosso soltanto il bikini. Quante donne alla sua età, quarantaquattro anni, con due figli, potevano indossare un bikini? Aveva un
seno naturale perfetto e la schiena e le braccia più sexy che avesse mai
visto. Oh, e adorava le sue labbra. Cosa si provava a baciarle? Mark
sapeva che era incredibile a letto; doveva esserlo per forza. Quando
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le aveva preso la mano, a casa dei Lerner, la sua pelle gli era sembrata
così calda e liscia; era sicuro che tutto il suo corpo fosse caldo e liscio.
Continuò a fantasticare su come sarebbe stato se lei fosse stata
con lui a letto, proprio in quel momento - vestita con quel miniabito blu che indossava qualche ora prima; anzi no, col bikini. Erano
appena tornati dalla piscina, ancora bagnati. Lui l’avrebbe baciata Dio, quelle labbra: il modo in cui il labbro inferiore era leggermente
più pieno di quello superiore la faceva sembrare sempre imbronciata
- e avrebbe sfiorato le sue braccia lisce e toniche, la sua schiena magra
e levigata, e poi sarebbe arrivato fino al top del bikini, lo avrebbe
slacciato, lasciato cadere e avrebbe poggiato le mani sui suoi seni, e
avrebbe sentito i capezzoli ardere contro i suoi palmi. Poi si sarebbero messi a letto, lui sopra di lei, le avrebbe slacciato gli slip e avrebbe
leccato la parte interna delle sue cosce, mentre lei gemeva: «Mark,
Mark, oh, Mark…»
«Mark.»
Si stava masturbando sotto le coperte, ma era buio nella stanza,
l’unica luce proveniva dalla tv accesa. Con un movimento rapido, si
spostò sul suo lato del letto.
«Sì?» disse.
«Stavi dormendo?» chiese Deb.
«Uhm, sì, stavo per addormentarmi.»
«Possiamo parlare un secondo?»
Continuando a toccarsi, le rispose: «Sì, certo.»
Con addosso ancora lo stesso vestito con cui era andata alla festa,
Deb sedette ai piedi del letto, e disse:
«Volevo chiederti scusa per come mi sono comportata in macchina. Non avevo il diritto di saltarti alla gola come ho fatto.»
Una zaffata di rum arrivò fino a Mark.
«Non ti preoccupare» le disse. «Non è stato niente di importante.»
«Sì che è stato importante» disse lei con la voce impastata. «So
che non siamo andati d’accordo negli ultimi tempi, ma io non penso davvero che ci sia qualcosa tra te e Karen e non parlerò con lei,
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quindi non preoccuparti di questo. Soltanto… Io non voglio più
comportarmi così. Davvero, non voglio questo. Tu lo vuoi?»
Mark immaginò di leccare la parte interna delle cosce di Karen:
«Possiamo parlarne domani?»
Col telecomando spense la tv. La stanza era immersa nell’oscurità, ora.
«Andiamo via da qualche parte» disse Deb. «Un viaggio, solo noi
due. I ragazzi andranno al campo estivo a luglio, programmiamo
qualcosa. Non siamo mai stati in Italia. Abbiamo sempre detto che
ci sarebbe piaciuto visitare la Costiera Amalfitana, un giorno; facciamolo, andiamoci per due settimane. Sarebbe una meravigliosa
avventura da fare insieme.»
Immaginando quanto sarebbe stato frustrante andare via e stare
lontano da Karen per due settimane, Mark rispose: «Ci penseremo.»
«Questo è quello che diciamo sempre e poi non lo facciamo mai.
Perché non ci andiamo e basta?»
«Abbiamo già pagato l’abbonamento al country club per l’estate»
disse Mark.
«Lo facciamo ogni anno. Sto parlando di due settimane, solo due
settimane. Dai, i ragazzi sono più grandi adesso – è il momento,
“quel giorno” è ora.»
«Ho un affare importante la prossima settimana» disse Mark.
«Quelle persone che vengono da Hong Kong.»
«Questo è la prossima settimana» disse Deb. «Io sto parlando di
luglio. Ti va di cercare qualcosa online con me, domani? Possiamo
guardarci insieme?»
Solo per finire la discussione, Mark disse: «Ok, va bene, ci guarderemo, ci guarderemo.»
«Grazie», Deb si chinò su Mark e lo baciò; in quel momento sentì
la sua erezione sotto le coperte. «Oh, direi che sei proprio eccitato
per il viaggio in Italia.»
Si mise di nuovo a sedere, voltò la schiena a Mark e gli sussurrò:
«Spogliami.»
Più infastidito che eccitato, Mark abbassò la zip dell’abito. Poi lei
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si alzò, tolse i tacchi, e scivolò via dal vestito. Pochi minuti dopo, era
a letto con lui, completamente nuda.
«Baciami» gli disse.
Mark la baciò, sentendo il sapore del rum. Non riusciva a smettere di pensare a Karen nel suo costume bagnato. Immaginò di slegarle
i lacci sui fianchi, immaginò il modo in cui il suo sedere sarebbe
uscito fuori dagli slip.
«Baciami come vuoi baciarmi» disse Deb.
Mark continuò a baciarla, usando più lingua e assaporando ancora più rum. Chiuse gli occhi, immaginando di baciare Karen. Le sue
mani sarebbero scese sul suo culo - il suo culo liscio e sodo.
Poi Deb gli salì sopra, ma era Karen. Cosa avrebbe provato ad
avere Karen sopra di lui, mentre lo cavalcava? Immaginò la sua schiena inarcata, il top del bikini che cadeva, le sue mani sui suoi seni.
«Non importa» disse Deb all’improvviso, scendendo dalle sue
gambe.
Mark non aveva idea di cosa fosse successo: «Che c’è?» chiese.
Deb si sdraiò al suo fianco, si voltò e si coprì la testa con la coperta.
Mark iniziò ad andare in paranoia. Aveva detto il nome di Karen
ad alta voce?
Con il cuore a mille, chiese: «Dai, cosa c’è che non va? Cosa ho
fatto?»
Deb stette zitta per un po’, poi la sentì tirar su col naso. Merda,
stava piangendo. Doveva aver detto il nome sbagliato. Per quale altro
motivo avrebbe dovuto comportarsi così?
«Su, dimmelo» disse. «Non so cosa sta succedendo.»
«Lascia perdere» rispose lei. «È tutto così… Non importa.»
«È tutto così come? Cosa c’è?»
«Niente» disse lei. «Dimenticalo, ok? Dimentica tutto e basta.»
Frustrato, Mark si voltò dall’altra parte. Cercava di immaginarsi
di nuovo Karen nuda, ma i pensieri si erano fatti nebulosi, ormai.
Non riusciva neanche a ricordare il suo volto. Distingueva i suoi
occhi, le labbra, i capelli, ma non riusciva a vedere lei.
Continuò a provare, finché, alla fine, si addormentò.