L`@priscatole riscatole riscatole

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L`@priscatole riscatole riscatole
L’@
L’@priscatole
collana politica per informare i cittadini
Gentile Ministro …
premesso che …
per sapere che …
... una raccolta “random” di interrogazioni
parlamentari alla Camera, presentate dai portavoce
del MoVimento 5 Stelle sui principali temi scottanti
del nostro Paese e sui privilegi della casta ...
2013
Copyleft
Titolo del libro: Gentile Ministro … premesso che … per sapere se …
Autori:
Angelo Casto, Daniele Mancini, Giuseppe Nigro, Alberto Malagrida
Filomena Paciello
2013, Self publishing * email: [email protected]
La riproduzione, anche parziale e con qualsiasi mezzo, è assolutamente
consentita in forma gratuita e senza limiti, previa comunicazione, a scopo
informativo, agli autori.
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Dedicato a …
… a tutti i cittadini onesti, desiderosi di risposte chiare e
sincere da parte dei politici e dei tecnocrati che con questi
collaborano nell’amministrazione del Paese …
.... a tutti coloro che, come Voi, come Noi, come Beppe
Grillo, e come altri nove milioni di italiani hanno ritenuto e
ritengono che credere nei propri sogni e perseguirli, senza
compromessi morali, rappresenti quella sottile linea rossa
che fa la differenza tra vivere ed esistere....!"
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Indice
Prefazione ………………………………………………………. pag. 7
Presentazione degli autori ……………………………….. pag. 9
Capitolo I
Alla Presidenza del Consiglio dei Ministri …………. pag. 11
Capitolo II
Al Ministero per gli Affari Esteri ……………………….. pag. 99
Capitolo III
Al Ministero dell’Interno ………………………………….. pag. 111
Capitolo IV
Al Ministero della Giustizia ……………………………… pag. 187
Capitolo V
Al Ministero della Difesa ………………………………….. pag. 223
Capitolo VI
Al Ministero dell’Economia e delle Finanze ………..pag.279
Capitolo VII –
Al Ministro dello Sviluppo Economico……………….. pag.329
Capitolo VIII
Al Ministro delle Politiche Agricole Alimentari
e Forestali………………………………………………………... pag.375
Capitolo IX
Al Ministero dell’Ambiente e
della Tutela del Territorio e del Mare…………………pag.389
Capitolo X
Al Ministero delle Infrastrutture e Trasporti……… pag.469
Capitolo XI
Al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali…. pag.555
Capitolo XII
Al Ministero della Salute ………………………………….. pag.625
Capitolo XIII
Al Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca..pag.673
Capitolo XIV
Al Ministero dei Beni e Attività Culturali……………. pag.703
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Prefazione interattiva …
… la prefazione scrivila Tu …
inviala a:
[email protected]
[email protected]
mettendo come oggetto:
prefazione interattiva
librolibro-raccolta interrogazioni
… tutti testi inviati verranno inseriti
in un database pubblico per essere
votate. Le prime 10 più votate
verranno
inserite
nella
stesura
definitiva del libro …
DEMOCRAZIA E’ PARTECIPAZIONE
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Presentazione degli autori …
Questa iniziativa di attivismo civile, spontaneo,
volontario e gratuito nasce – nell’ambito di un progetto più
ampio denominato “iStreet” (dal web alla strada) –
dall'esperienza e dalla volontà di alcuni cittadini maturata
durante il confronto e le discussioni nelle strade, nelle piazze
delle proprie città, nei luoghi di lavoro, nelle frequentazioni tra
amici, nelle stesse famiglie italiane che molto spesso vedono
convivere più di due generazioni al loro interno. Quello che
emerge è che i Cittadini non sanno!
I Cittadini sono ingannati da false rappresentazioni
della realtà, prodotti ben confezionati dalla disinformazione
e/o dalla non informazione organizzata da parte di coloro che
al contrario, per ruolo istituzionale e sociale, avrebbero il
dovere di concorrere alla formazione delle coscienze
individuali e collettive di un popolo, quello Italiano, che nella
storia ha vissuto momenti tragici, dove il sacrificio umano di
molti e' valso alla conquista della libertà e della democrazia, e
momenti, più recenti, dove intere generazioni hanno ricostruito
un Paese con orgoglio e sudore in nome di un futuro migliore,
soprattutto una società migliore per i propri figli.
I Cittadini sono il Paese, i Cittadini sono lo Stato e non
possono essere ingannati con continue pantomime e tatrini
della politica, ne' ignorati da chi e' chiamato ad occuparsi
onestamente della cosa pubblica e della loro qualità della vita.
Questo e' un peccato capitale che la storia ricorderà e ricorderà
alle future generazioni e a quelle dei loro figli.
Per combattere questa guerra mediatica e culturale, che
molti stanno cercando di vincere nella Rete e attraverso la
Rete, Noi Cittadini abbiamo deciso, qualche mese fa', di
informare e formare direttamente Voi, Cittadini come Noi,
portando fisicamente e materialmente il WEB (Internet), la
RETE nelle strade, nelle piazze, nelle città.
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Informazioni pubbliche di atti, documenti, votazioni,
decisioni della classe politica e dirigente italiana che incidono
pesantemente sulla vita di tutti i giorni di ogni Cittadino. In
questo senso è orientata una iniziativa chiamata “iStreet” che
si prefigge il compito di portare le informazioni pubbliche e
certificate (proprio come gli atti parlamentari) da Internet alle
strade, alle piazze, in modo che queste informazioni – come già
detto – possano essere fruibili da tutti i Cittadini … perché è
giusto che loro sappiano tutto!
L’idea di creare uno strumento d’informazione
“classico” come può essere un libro che raccoglie solo una
piccola parte del lavoro straordinario e puntuale di tutti i
portavoce del MoVimento 5 Stelle, attraverso interrogazioni
parlamentari, interpellanze e question time in aula, nasce da
cittadini come Voi che – con il loro impegno civico – hanno
deciso di mettere a disposizione le proprie capacità e il proprio
tempo per cercare di non uccidere ancora di più i sogni e il
futuro delle prossime generazioni.
Con lo stesso spirito, nasce questa idea nella speranza,
mai sopita, che possa costituire uno strumento per capire
meglio cosa sta accadendo davvero in Italia e poter meglio
valutare il quadro complessivo della politica italiana.
Informarsi con notizie vere è l’unica medicina per una
democrazia malata, dove i poteri economici nazionali ed
internazionali la fanno da padroni sui politici e quindi sui
cittadini. Se sei un cittadino informato puoi cominciare a
prendere piena coscienza e puoi scegliere meglio. La tua forza
sta nella conoscenza! Informati per cambiare la storia del Tuo
Paese … il Tuo, soltanto il Tuo!
....dedicato a tutti coloro che, come Noi, come Voi, come Beppe
Grillo, e come altri nove milioni di italiani hanno ritenuto e
ritengono che credere nei propri sogni e perseguirli, senza
compromessi morali, rappresenti quella sottile linea rossa che
fa la differenza tra vivere ed esistere....!"
…. scusate gli eventuali errori … (gli Autori)
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… adesso rilassati
e comincia a leggere …
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Capitolo 1
Alla Presidenza del Consiglio dei Ministri
premesso che …....... per sapere se ……….
§ 1. Breve sommario
In questo capitolo, sono raccolti solo 32 atti di sindacato ispettivo
(interrogazioni a risposta scritta, question time in aula,
interrogazioni a risposta immediata in commissione, etc.), che
pongono domande e quesiti alla Presidenza del Consiglio. Molti di
questi – alla data di pubblicazione della presente raccolta – non
hanno ancora risposta.
§ 2. Interpellanza urgente nr. 2/001371
Atto Camera - Interpellanza urgente 2-00137, presentato da
AGOSTINELLI Donatella, testo di Venerdì 12 luglio 2013, seduta
n. 52:
I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei
ministri, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere –
premesso che:
con atto di sindacato ispettivo n. 4-00324 del 29 aprile 20132, gli
interpellanti hanno chiesto al Governo specifiche notizie in merito
agli arbitrati concessi dal Ministero delle infrastrutture e dei
trasporti al signor Edoardo Longarini, ex concessionario dei piani di
ricostruzione post-bellica di Ancona, Ariano Irpino e
Macerata; l'interrogazione parlamentare, ancora senza risposta,
richiama gli atti dei piani di ricostruzione post bellica; con
1http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=503&stile=7
&highLight=1&paroleContenute=%27INTERPELLANZA+URGENTE%27
2http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.asp?highLight=0&idAtto
=1574&stile=8
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disciplinare 12 novembre 1964, n. 3758, sono stati affidati in
concessione alla srl Adriatica costruzioni i lavori del 1o e 2o lotto
del piano di ricostruzione della città di Macerata; con ulteriore
disciplinare del 15 dicembre 1975, sono stati affidati in concessione
alla medesima società anche i lavori del 3o, 4o e 5o lotto del piano
di ricostruzione di Macerata; con domanda di arbitrato, notificata
in data 25 giugno 2007, il signor Edoardo Longarini, in qualità di
unico socio assegnatario di tutti i rapporti facenti capo alla suddetta
società posta in liquidazione, ha avviato un contenzioso riguardante
il suddetto rapporto concessorio per la realizzazione del piano di
ricostruzione di Macerata; con l'atto di cui sopra il signor Edoardo
Longarini ha designato quale arbitro di parte l'ingegnere Vito
Gamberale;
l'Avvocatura generale dello Stato, con atto di declinatoria della
competenza arbitrale, datato 2 luglio 2007, nel richiamare la
sentenza n. 152 del 1996 della Corte costituzionale, che consente
alla parte cui è notificata la domanda di poter declinare la
competenza arbitrale, e nell'attestare l'intenzione del Ministro delle
infrastrutture e dei trasporti di avvalersi della relativa facoltà, ha, di
conseguenza, declinato la competenza arbitrale in ordine alla
suddetta controversia; in data 26 giugno 2007, ovvero il giorno
successivo alla domanda di arbitrato, è stato sottoscritto a firma
delle parti (Ministro delle infrastrutture e dei trasporti pro
tempore e Longarini) il verbale di nomina, quale arbitro di parte
ministeriale, dell'avvocato Domenico Condello, nonché, in veste di
presidente del collegio arbitrale, del professore Carlo Malinconico;
nell'atto di cui sopra, sottoscritto presso il Ministero delle
infrastrutture e dei trasporti, si apprende che: «le Parti concordano
nel deferire ad arbitri la controversia di cui alle premesse e nel
designare – casi come designano con il presente verbale – il
professor Carlo Malinconico quale terzo arbitro con funzione di
Presidente, ai fini della risoluzione della controversia insorta come
in epigrafe indicata»; a distanza di 30 minuti dalla firma di suddetto
verbale di nomina il collegio arbitrale, così come stabilito
dall'articolo 809 del codice di procedura civile, si è riunito e ha
designato, quale terzo arbitro con funzione di presidente, il
professore Carlo Malinconico; si apprende dal verbale di
costituzione di suddetto collegio arbitrale che, in tale occasione, si è
anche proceduto alla nomina dell'ufficio di segreteria, cui sono stati
preposti la signora Rita Rufini e il signore Guglielmo Marconi, che
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hanno accettato l'incarico e sono stati immessi immediatamente
nelle loro funzioni;
con ordinanza datata 16 luglio 2007, il presidente Malinconico ha
disposto la nomina dell'avvocato Sergio Fidanzia, quale terzo
segretario del collegio arbitrale; il professore Carlo Malinconico
all'epoca dei fatti esercitava le funzioni di segretario generale della
Presidenza del Consiglio dei ministri;
l'ingegnere Vito Gamberale all'epoca dei fatti era amministratore
delegato di Fondo 2 infrastrutture (F2i), costituito a cura del
Ministro
dell'economia
e
delle
finanze,
di
natura
pubblica; l'avvocato Domenico Condello, tra gli altri incarichi, era
docente presso le università di Urbino e di Roma «La Sapienza» e
«Roma tre», nonché giudice costituzionale aggregato (eletto dal
Parlamento in seduta comune il 5 luglio 2006); il Ministro delle
infrastrutture e dei trasporti pro tempore, nel corso di un'intervista
pubblicata sul Sole 24 Ore in data 7 settembre 2007, ha dichiarato di
essere contrario agli arbitrati in quanto la pubblica amministrazione
era sempre soccombente ed ha annunciato norme urgenti per
sopprimerli, salvo poi, in meno di 24 ore dalla pubblicazione
dell'articolo, accordare l'arbitrato; il Ministro delle infrastrutture e
dei trasporti, nel concedere l'arbitrato di cui sopra, non ha atteso
che l'organo di difesa dello Stato potesse, nei 20 giorni previsti dalla
legge, declinare la competenza arbitrale, cosa che è puntualmente
avvenuta. L'Avvocatura generale dello Stato, infatti, in data 2 luglio
2007, ha «declinato la competenza arbitrale in relazione alla
controversia introdotta con domanda notificata il 26 giugno 2007 ed
invitato la controparte a proporre le proprie domande e istanze
avanti al Giudice Ordinario secondo le vigenti norme di rito»; nel
1999, il Parlamento ha approvato una norma d'interpretazione
autentica della legge n. 317 del 1993, che prevede: «che per le
concessioni di lavori relativi ai lotti di ricostruzione già affidati con
atti di concessione annullati con decreto del Ministero dei lavori
pubblici del 7 ottobre 1992, resta confermata la perdita di efficacia e
che la loro definizione contabile va effettuata con riferimento allo
stato di avanzamento alla data di emanazione del decreto di
annullamento, data di cessazione dei lavori». Tale norma, a detta
degli interpellanti, non sembra essere stata presa in considerazione
al fine di contrastare la fondatezza delle pretese del signor
Longarini;
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il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti pro tempore ha
espressamente sottoscritto la nomina del terzo arbitro con funzioni
di presidente – unitariamente alla controparte – facendo espressa
menzione dell'accettazione («concordano») di deferire agli arbitri la
controversia, senza attendere che, come sopra visto, l'Avvocatura
dello Stato potesse esercitare la facoltà di declinatoria; il professore
Carlo Malinconico ha rinunciato all'incarico e la controversia, in
data 27 giugno 2008, veniva quindi trasferita al medesimo collegio
arbitrale (presidente avvocato Vincenzo Nunziata, arbitro
l'ingegnere Vito Gamberale, arbitro l'avvocato Ignazio Messina) già
costituito per la risoluzione della vertenza relativa al comune di
Ariano Irpino e ciò «in ragione della suddetta attinenza di questioni
giuridiche e tecniche, e pertanto per ragioni di economicità,
speditezza ed efficienza della procedura arbitrale»;
con il verbale di costituzione del collegio arbitrale del 27 giugno
2008, si è anche proceduto alla nomina dell'ufficio di segreteria, cui
sono stati preposti la dottoressa Maria Caterina Giuffrè e
confermati i signori Rita Ruffini e Guglielmo Marconi già nominati
dal precedente collegio arbitrale: «Tutti accettano l'incarico e
vengono immediatamente immessi nelle funzioni»;
la legge n. 317 del 1993 è stata inserita, in coincidenza con i fatti
sopra descritti, nell'elenco delle leggi da sopprimere poiché
considerata superata e inutile; in un articolo pubblicato in data 9
luglio 2008 su Il Corriere della Sera, a firma di Gian Antonio Stella,
si leggeva quanto segue: «Ricordate Edoardo Longarini, era famoso
negli anni ’80. La facilità con cui riusciva ad avere dai protettori
politici «piacerini» incredibili come il riconoscimento di un anno
lavorativo di soli 180 giorni (tre e mezzo a settimana) con il risultato
che arrivò a ottenere 29 anni e un mese di tempo per costruire una
strada di 4 chilometri. L'inserimento in un decreto di due righe che,
in contrasto con tre leggi precedenti, toglievano dei lavori all'ANAS
per darli a lui. Due righine infilate in un decreto sullo smaltimento
delle arance invendute in Sicilia. Quella volta il regaluccio, scoperto
all'ultimo istante, saltò per un solo voto: 171 a 170. Ma oggi (...),
Edoardo Longarini sta per essere benedetto di nuovo da una nuova
leggina ad hoc. Nel calderone delle norme da «disboscare», infatti,
una misteriosa manina ha inserito la legge 317 del 1993»;
a seguito della pubblicazione del Il Corriere della Sera, numerosi
parlamentari protestarono vivamente e il Ministro per la
semplificazione normativa pro temporeCalderoli rimediò alla
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definita «svista», evitando la soppressione della legge; come risulta
dall'elenco «pubblicità incarichi conferiti e autorizzati dal Consiglio
di presidenza della giustizia amministrativa» in data 6 novembre
2008, è stato affidato al professore Pasquale De Lise l'incarico di
presidente del collegio arbitrale per la risoluzione della controversia
tra il signore Edoardo Longarini e il Ministero delle infrastrutture e
dei trasporti, nominato dalle parti per un petitum di 300.000.000
euro (trecento milioni di euro). Oltre al presidente De Lise,
dovrebbero far parte del collegio arbitrale anche il professor Aldo
Pezzana e l'avvocato Aurelio Vessichelli; il professore De Lise, era,
all'epoca della nomina, presidente aggiunto del Consiglio di Stato e
nel 2012 è stato indicato, dal Ministro dello sviluppo economico e
delle infrastrutture e dei trasporti pro tempore, Corrado Passera,
nella terna delle personalità da valutare per la carica di presidente
della nascente autorità indipendente sui trasporti, mentre l'avvocato
Vessichelli fa parte dell'Avvocatura generale dello Stato; ad avviso
degli interpellanti, nel periodo 2007 e 2008 (Ministri delle
infrastrutture e dei trasporti pro tempore Di Pietro e Matteoli), il
signor Longarini ha dato corso agli arbitrati contro il Ministero delle
infrastrutture e dei trasporti e sono stati costituiti i collegi che,
presumibilmente, hanno concluso o si apprestano a concludere i
propri lavori e a stabilire se e quanto spetti alle parti; riguardo
all'arbitrato sul piano di ricostruzione di Macerata, in base ad un
articolo di stampa su Il Corriere della Sera del 10 gennaio 2012 dal
titolo «Tutti i super incarichi del tecnico trasversale», allusivamente
rivolto al professore Malinconico, il giornalista Sergio Rizzo
scriveva: «il costruttore Edoardo Longarini, come noto alle
cronache di Tangentopoli, aveva attivato un arbitrato per il vecchio
Piano di ricostruzione di Macerata chiedendo allo Stato 70 milioni
di euro. La clausola era nel contratto e il Ministro Di Pietro era con
le spalle al muro. Nominò come proprio arbitro l'Avvocato
dipietrista Domenico Condello. Longarini designò invece l'ex
amministratore di Autostrade Vito Gamberale. I due arbitri di parte
nominarono quindi di comune accordo come presidente del
collegio il nostro Carlo Malinconico. Una scelta si disse «di
garanzia». Ma che non mancò di suscitare polemiche. Anche perché
un Segretario Generale di Palazzo Chigi, nelle vesti di arbitro in una
controversia
privata,
non
si
era
mai
visto»;
riguardo all'arbitrato presieduto dal professore De Lise, l'entità è
pubblicata sul sito degli incarichi pubblici ed è di 300 milioni di
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euro; non si conosce, invece, l'entità della somma richiesta per il
piano di ricostruzione di Ariano Irpino; ad avviso degli interpellanti,
visti gli esiti degli arbitrati che hanno visto lo Stato soccombere per
oltre il 95 per cento degli stessi, e in innumerevoli casi per somme
superiori a quelle richieste dalle controparti private, si può supporre
che la richiesta allo Stato si potrebbe avvicinare a un miliardo di
euro; la legge n. 317 del 1993, in vigore prima della costituzione dei
collegi arbitrali di cui sopra, esplicitamente prevede che: «I lavori
relativi a lotti di piani di ricostruzione già affidati con atti di
concessione annullati con decreto del Ministro dei lavori pubblici
del 7 ottobre 1992, sono contabilmente definiti con riferimento allo
stato di avanzamento dei lavori esistente alla data di emanazione del
decreto di annullamento. Il comma 3 dell'articolo 2 della legge 12
agosto 1993, n. 317, va interpretato nel senso che per le concessioni
di lavori relativi ai lotti di ricostruzione già affidati con atti di
concessione annullati con decreto del Ministro dei lavori pubblici
del 7 ottobre 1992, resta confermata la perdita di efficacia e che la
loro definizione contabile va effettuata con riferimento allo stato di
avanzamento alla data di emanazione del decreto di annullamento,
data di cessazione dei lavori»;
di recente sono emersi ulteriori atti che possono mettere a serio
rischio la politica annunciata dal Governo; secondo alcuni articoli di
stampa pubblicati sui quotidiani Il Corriere Adriatico e Il
Messaggero cronache di Ancona e sul mensile Panorama del 24
maggio 2013, la guardia di finanza, su mandato della procura della
Repubblica di Roma, in seguito ad un esposto presentato da un
consigliere regionale, ha effettuato ripetute visite presso gli uffici del
Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ed acquisito
documentazione riferita agli arbitrati oggetto dell'interpellanza.
L'entità del contenzioso in cui lo Stato sarebbe soccombente
ammonterebbe a circa 1,5 miliardi di euro, ovvero una somma pari
al costo degli ammortizzatori sociali a favore di 500.000 lavoratori
italiani per un periodo di 36 mesi;
risulta agli interpellanti che è stato emanato il lodo arbitrale
definitivo n. 142 del 2009, reso esecutivo con decreto emesso in
data 28 settembre 2010 (r.g. 12682/10), lo stesso con cui si rendeva
esecutivo il lodo per il piano di ricostruzione di Ariano
Irpino; risulta altresì agli interpellanti che, con riferimento ai piani di
ricostruzione di Ariano Irpino e Macerata, il signore Edoardo
Longarini, con atto di precetto del 23 febbraio 2011, notificato il
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1o marzo 2011, ha intimato il pagamento di 254.236.165,43 euro e a
tale atto di precetto è seguito, in data 18 marzo 2011, notificato il 6
aprile 2011, un atto di pignoramento per la cifra di 381.354.248,14
euro; successivamente, a seguito della rideterminazione dell'importo
effettuata dall'ufficio centrale di bilancio e sulla base del parere
dell'Avvocatura generale dello Stato, è stato emesso un decreto di
pagamento (n. 7630 del 2 maggio 2011) mediante la speciale
procedura in conto sospeso per l'importo di 250.097.010,94
euro; risulta altresì agli interpellanti che per il piano di ricostruzione
di Ancona sono stati emanati il lodo parziale in data 26 marzo 2012
e il lodo definitivo in data 20 luglio 2012, non ancora esecutivo, con
cui il collegio arbitrale, composto dal presidente Pezzana e dagli
arbitri Longobardi e Vessichelli, ha deciso: «1. liquida in favore del
signor Edoardo Longarini la complessiva somma risarcitoria di
1.201.105.077 euro, in corrispondenza della condanna del Ministero
delle infrastrutture e dei trasporti;
2. condanna il MIT al pagamento in favore di Edoardo Longarini di
metà delle spese, diritti ed onorari di lite, che liquida per intero in
4.000.000 di euro oltre a spese generali, IVA e C.P.A.; 3. dispone
che le spese di funzionamento del Collegio arbitrale, gli onorari
degli arbitri, il compenso dei segretari, le spese e gli onorari del
C.T.U., da liquidarsi con separate ordinanze, con obbligo di
solidarietà siano poste a metà tra il MIT e il signor
Longarini»; risulta altresì agli interpellanti che il collegio arbitrale ha
emesso un'ordinanza che dispone la liquidazione agli arbitri, ai
segretari e per le spese di funzionamento del collegio arbitrale. La
direzione generale per gli affari generali ed il personale del Ministero
delle infrastrutture e dei trasporti, con nota 5894/u del 21
novembre 2012, ha ritenuto che «le ingenti richieste del collegio:
12.000.000 di euro per gli arbitri, 1.200.000 euro per i segretari e
620.000 euro per il CTU (al netto di IVA, oneri previdenziali e
C.P.A.), non corrispondono assolutamente a quanto effettivamente
liquidabile in applicazione della vigente normativa» e ha chiesto di
revocare la suddetta ordinanza, rideterminando le somme da
liquidare sulla base di parametri fissati in base a quanto disposto dal
codice dei contratti pubblici (articolo 241 del decreto legislativo n.
163 del 2006); non sembra agli interpellanti che sia stata osservata la
legge n. 317 del 1993: «i lavori relativi a lotti di piani ricostruzione
già affidati con atti di concessione annullati con decreto del
Ministro dei lavori pubblici del 7 ottobre 1992, sono contabilmente
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definiti con riferimento allo stato di avanzamento dei lavori
esistente alla data di emanazione del decreto di annullamento»; «le
concessioni di lavori relativi ai lotti di ricostruzione già affidati con
atti di concessione, annullati con decreto del Ministro dei lavori
pubblici del 7 ottobre 1992, perdono efficacia e la definizione
contabile deve essere effettuata con riferimento allo stato di
avanzamento alla data di emanazione del decreto di annullamento,
data di esecuzione dei lavori»; «dalla data di entrata in vigore della
legge cessano di avere efficacia le disposizioni riferite ai piani di
ricostruzione»
–:
quali iniziative concrete e immediate si intendano assumere per
impedire un esborso per una cifra enorme (oltre 1,5 miliardi di
euro), non dovuto ai sensi della citata legge n. 317 del 1993 e per
recuperare i 250 milioni di euro pagati in conto sospeso dallo Stato
al signor Longarini; se intenda contrastare e come «le ingenti
richieste» dei collegi arbitrali come quello riferito ad Ancona per
12.000.000 euro ai tre arbitri, 1.200.000 euro per i segretari e
620.000 euro per il consulente tecnico d'ufficio. (2-00137)
§ 3. Interrogazione a risposta scritta nr. 4/003243
Atto Camera - Interrogazione a risposta scritta 4-00324, presentato
da AGOSTINELLI Donatella, testo di Giovedì 29 aprile 2013,
seduta n. 10:
AGOSTINELLI,TERZONI, SIMONE,VALENTE, SARTI,
VIGNAROLI, SEGONI, BALDASSARRE, COLLETTI,
CECCONI e FANTINATI.
Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle
infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
con disciplinare del 12 novembre 1964, n. 3758, vennero affidati in
concessione alla Srl Adriatica Costruzioni i lavori del 1o e 2o lotto
del piano di ricostruzione della città di Macerata; con ulteriore
disciplinare del 15 dicembre 1975, vennero affidati in concessione
alla medesima società anche i lavori del 3o, 4o e 5o lotto del piano
3http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=1574&stile=
7&highLight=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRIT
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di ricostruzione di Macerata; con domanda di arbitrato, notificata in
data 25 giugno 2007, il signor Edoardo Longarini, in qualità di
unico socio assegnatario di tutti i rapporti facenti capo alla suddetta
società posta in liquidazione, ha avviato un contenzioso riguardante
il suddetto rapporto concessorio per la realizzazione del piano di
ricostruzione di Macerata; con questo atto, il signor Edoardo
Longarini ha designato quale arbitro di parte l'ingegner Vito
Gamberale; l'Avvocatura generale dello Stato con atto di
declinatoria della competenza arbitrale, datato 2 luglio 2007, nel
richiamare la sentenza n. 152 del 1996 della Corte Costituzionale,
che consente alla parte cui è notificata la domanda di poter
declinare la competenza arbitrale e nell'attestare l'intenzione del
Ministro delle infrastrutture e dei trasporti di avvalersi della relativa
facoltà, ha, di conseguenza, declinato la competenza arbitrale in
ordine alla suddetta controversia; inspiegabilmente, in data 26
giugno 2007, ovvero il giorno successivo alla domanda di arbitrato,
è stato sottoscritto a firma delle parti (Ministro delle infrastrutture e
dei trasporti pro tempore e Longarini), il verbale di nomina quale
arbitro di parte ministeriale l'avvocato Domenico Condello nonché
in veste di Presidente del collegio arbitrale, il professor Carlo
Malinconico: atto redatto e sottoscritto alle ore 10,30 presso il
Ministero delle infrastrutture e dei trasporti con il quale «le Parti
concordano nel deferire ad arbitri la controversia nel designare –
così come designano con il presente verbale – il professor Carlo
Malinconico quale terzo arbitro con funzione di Presidente, ai fini
della risoluzione della controversia insorta come in epigrafe
indicata»; ancor più sorprendentemente, in pari data, mezz'ora dopo
la nomina del presidente, il collegio arbitrale, si è
costituito ex articolo 809 codice di procedura civile, designando e
accettando, quale terzo arbitro con funzione di presidente, il
professor Carlo Malinconico; con il verbale di costituzione del
collegio arbitrale, si è anche proceduto alla nomina dell'ufficio di
segreteria, cui sono stati preposti la signora Rita Rufini e il signor
Guglielmo Marconi, che hanno accettato l'incarico e sono stati
immessi immediatamente nelle loro funzioni; con ordinanza datata
16 luglio 2007, il presidente Malinconico ha disposto la nomina
dell'avvocato Sergio Fidanzia, quale terzo segretario del collegio
arbitrale; il professor Carlo Malinconico all'epoca dei fatti esercitava
le funzioni di segretario generale della Presidenza del Consiglio dei
ministri; l'ingegner Vito Gamberale all'epoca dei fatti era
21
amministratore delegato di Fondo 2 infrastrutture (F2i), costituito a
cura del Ministro dell'economia e delle finanze, di natura
pubblica; l'avvocato Domenico Condello, all'epoca dei fatti, tra gli
altri incarichi, era docente presso le università di Urbino e di Roma
«La Sapienza» e «Roma tre», nonché giudice costituzionale
aggregato (eletto dal Parlamento in seduta comune il 5 luglio
2006); alla luce dei suddetti elementi, emergono, ad avviso degli
interroganti:
l'incoerenza con quanto dichiarato dal Ministro delle infrastrutture e
dei trasporti pro tempore, nel corso di un'intervista pubblicata
sul Sole 24 ore in data 7 settembre 2007, nonché l'incompatibilità
con la legge finanziaria 2008, di procedere alla definizione delle
controversie interessanti i contratti aventi ad oggetto lavori,
forniture e servizi mediante il collegio arbitrale. Ciò che rileva ancor
di più è: il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti pro
tempore non ha nemmeno atteso che l'organo di difesa dello Stato
potesse – nei 20 giorni previsti dalla legge – così come in concreto
effettuato, declinare la competenza arbitrale. Infatti, l'Avvocatura
generale dello Stato, in data 2 luglio 2007: «DECLINA la
competenza arbitrale in relazione alla controversia introdotta con
domanda notificata il 26 giugno 2007 ed invita la controparte a
proporre le proprie domande e istanze avanti al Giudice Ordinario
secondo le vigenti norme di rito»; l'avventatezza del contenzioso,
promosso da Longarini, è evidenziata dalla circostanza che, nel
1999, il Parlamento ha approvato una norma d'interpretazione
autentica della legge n. 317 del 1993, disponendo: «che per le
concessioni di lavori relativi ai lotti di ricostruzione già affidati con
atti di concessione annullati con decreto del Ministero dei lavori
pubblici del 7 ottobre 1992, resta confermata la perdita di efficacia e
che la loro definizione contabile va effettuata con riferimento allo
stato di avanzamento alla data di emanazione del decreto di
annullamento, data di cessazione dei lavori»: disposizione questa, ad
avviso degli interroganti, giammai presa in considerazione per
contrastare categoricamente la fondatezza delle pretese del
Longarini; inoltre, va considerato che – il Ministro delle
infrastrutture e dei trasporti pro tempore ha espressamente
sottoscritto la nomina del terzo arbitro con funzioni di presidente –
unitamente alla controparte – facendo espressa menzione
dell'accettazione («concordano») di deferire agli arbitri la
controversia, senza attendere che, come sopra visto, l'Avvocatura
22
dello Stato potesse esercitare la facoltà di declinatoria; infine, va
detto che – in un secondo momento, il professor Carlo Malinconico
ha rinunciato all'incarico. La controversia, in data 27 giugno 2008,
veniva trasferita al medesimo collegio arbitrale (presidente avvocato
Vincenzo Nunziata, arbitro l'ingegner Vito Gamberale, arbitro
l'avvocato Ignazio Messina) già costituito per la risoluzione della
vertenza relativa al comune di Ariano Irpino e ciò «in ragione della
suddetta attinenza di questioni giuridiche e tecniche, e pertanto per
ragioni di economicità, speditezza ed efficienza della procedura
arbitrale»;
con il verbale di costituzione del collegio arbitrale (27 giugno 2008),
si è anche proceduto alla nomina dell'ufficio di segreteria, cui sono
stati preposti la dottoressa Maria Caterina Giuffrè e confermati i
signori Rita Ruffini e Guglielmo Marconi già nominati dal
precedente Collegio arbitrale: «Tutti accettano l'incarico e vengono
immediatamente immessi nelle funzioni»;
non può sfuggire agli interroganti la coincidenza che negli stessi
giorni, la legge n. 317 del 1993, viene inserita nell'elenco delle leggi
da sopprimere, come ormai superate e inutili. A tale proposito vale
la pena di citare alcuni brani di un articolo pubblicato sul Corriere
della Sera del 9 luglio 2008, a firma di Gian Antonio Stella, che tra
l'altro afferma: «Ricordate Edoardo Longarini, era famoso negli anni
80. La facilità con cui riusciva ad avere dai protettori politici
«piacerini» incredibili come il riconoscimento di un anno lavorativo
di soli 180 giorni (tre e mezzo a settimana) col risultato che arrivò a
ottenere a 29 anni e un mese di tempo per costruire una strada di 4
chilometri. L'inserimento in un decreto di due righe che, in
contrasto con tre leggi precedenti, toglievano dei lavori all'Anas per
darli a lui. Due righine infilate in un decreto sullo smaltimento delle
arance invendute in Sicilia. Quella volta il regaluccio, scoperto
all'ultimo istante, saltò per un solo voto: 171 a 170. Ma oggi (...),
Edoardo Longarini sta per essere benedetto di nuovo da una nuova
leggina ad hoc. Nel calderone delle norme da «disboscare», infatti,
una misteriosa manina ha inserito la legge n. 317 del 1993»; come è
noto, a seguito della pubblicazione del Corriere della Sera, numerosi
parlamentari protestarono vivamente e il Ministro Calderoli
rimediò, alla definita «svista», evitando la soppressione della legge
anche se nessuno sa ancora chi l'avesse inserita tra le norme da
sopprimere. Si tratta di una legge che era vigente prima e comunque
nel periodo in cui sono stati costituiti i collegi arbitrali;
23
inoltre, come risulta dall'elenco «Pubblicità incarichi conferiti e
autorizzati dal consiglio di presidenza della giustizia amministrativa,
in data 6 novembre 2008, è stato affidato al professor Pasquale De
Lise, l'incarico di presidente del collegio arbitrale per la risoluzione
della controversia tra il signor Edoardo Longarini e il Ministero
delle infrastrutture e dei trasporti, nominato dalle parti per
un petium di euro 300.000.000 (trecento milioni di euro)». Si può
supporre, ad avviso degli interroganti, che l'arbitrato potesse
riguardare il piano di ricostruzione di Ancona, anch'esso soppresso
con la citata legge n. 317 del 1993, al pari di quelli di Ariano Irpino e
Macerata;
oltre al Presidente De Lise, dovrebbero far parte del collegio
arbitrale il professor Aldo Pezzana e l'avvocato Aurelio
Vessichelli; il professor De Lise era presidente aggiunto del
Consiglio di Stato. Nei mesi scorsi il Ministro pro tempore Corrado
Passera l'ha indicato nella terna delle personalità per la carica di
presidente della nascente Autorità indipendente sui trasporti. Terna
che non è stata accolta dalle Camere; l'avvocato Vessichelli fa parte
dell'Avvocatura generale dello Stato; da quanto sopra esposto, ad
avviso degli interroganti, in sostanza risulta che nel periodo 2007 e
2008 (Ministri pro tempore Di Pietro e Matteoli), il signor Longarini
ha dato corso agli arbitrati contro il Ministero delle infrastrutture e
dei trasporti; che sono stati costituiti i collegi i quali,
presumibilmente hanno concluso o si apprestano a concludere i
propri lavori e a stabilire se e quanto spetti alle parti; si conosce solo
parzialmente l'entità del petium:
a) riguardo all'arbitrato sul piano di ricostruzione di Macerata in
base ad un articolo di stampa sul Corriere della Sera del 10 gennaio
2012, dal titolo, rivolto al professor Malinconico, «tutti i super
incarichi del tecnico trasversale», il giornalista Sergio Rizzo scrive:
«il costruttore Edoardo Longarini, nome noto alle cronache di
Tangentopoli, aveva attivato un arbitrato per il vecchio Piano di
ricostruzione di Macerata chiedendo allo Stato 70 milioni di euro.
La clausola era nel contratto e il Ministro Di Pietro era con le spalle
al muro. Nominò come proprio arbitro l'avvocato dipietrista
Domenico Condello. Longarini designò invece l'ex amministratore
di Autostrade Vito Gamberale. I due arbitri di parte nominarono
quindi di comune accordo come presidente del collegio il nostro
Carlo Malinconico. Una scelta si disse «di garanzia». Ma che non
mancò di suscitare polemiche. Anche perché un Segretario Generale
24
di Palazzo Chigi, nelle vesti di arbitro in una controversia privata,
non si era mai visto;
b) riguardo all'arbitrato presieduto dal professor De Lise l'entità è
pubblicata sul sito degli incarichi pubblici ed è di 300 milioni di
euro;
c) non si conosce l'entità della somma richiesta per il piano di
ricostruzione di Ariano Irpino; ad avviso degli interroganti, visti gli
esiti degli arbitrati che hanno visto lo Stato soccombere per oltre il
95 per cento degli stessi, e in innumerevoli casi per somme superiori
a quelle richieste dalle controparti private si può supporre,
ovviamente con ampia facoltà di sbagliare, che la richiesta allo Stato
si potrebbe avvicinare a un miliardo di euro;
e pensare che la legge n. 317 del 1993, è esplicita: «I lavori relativi a
lotti di piani di ricostruzione già affidati con atti di concessione
annullati con decreto del Ministro dei lavori pubblici del 7 ottobre
1992, sono contabilmente definiti con riferimento allo stato di
avanzamento dei lavori esistente alla data di emanazione del decreto
di annullamento. Il comma 3 dell'articolo 2 della legge 12 agosto
1993, n. 317, va interpretato nel senso che per le concessioni di
lavori relativi ai lotti di ricostruzione già affidati con atti di
concessione annullati con decreto del Ministro dei lavori pubblici
del 7 ottobre 1992, resta confermata la perdita di efficacia e che la
loro definizione contabile va effettuata con riferimento allo stato di
avanzamento alla data di emanazione del decreto di annullamento,
data di cessazione dei lavori»;
si tratta di una legge che era vigente prima e comunque nel periodo
in cui sono stati costituiti i collegi arbitrali; appare agli interroganti
non compatibile con il suo ruolo di «giudice costituzionale
aggregato» l'esercizio da parte dell'avvocato Condello di funzioni
retribuite da soggetti privati, in disparte ogni altra considerazione
sulla difficile situazione di incompatibilità con l'esercizio della sua
funzione giudicante della Corte costituzionale, tenuto conto anche
della sua colorazione politica –:
se il Presidente del Consiglio dei ministri e il Ministro interrogato
siano a conoscenza dei fatti suesposti e se risulti agli atti quali siano i
motivi che hanno indotto il Ministro delle infrastrutture e dei
trasporti pro tempore – senza preventivamente richiedere
all'Avvocatura generale dello Stato il proprio parere sulla
declinatoria del collegio arbitrale – a sottoscrivere la nomina dei
componenti ministeriali del collegio stesso, come sopra specificati,
25
per far espressamente deferire agli arbitri la soluzione della
controversia con la nomina congiunta del terzo arbitro con funzioni
di presidente;
se sia stata acquisita preventivamente l'autorizzazione allo
svolgimento dell'incarico da parte del competente organo delle
università di appartenenza a favore dell'avvocato Domenico
Condello;
se non sia inopportuno che il professor Carlo Malinconico, investito
della rilevante funzione di segretario generale della Presidenza del
Consiglio dei ministri, chiamato sovente a risolvere, in veste di
assoluta indipendenza, questioni interessanti soggetti privati abbia
potuto rivestire il suddetto ruolo di presidente del collegio arbitrale;
se, parimenti, il signor Edoardo Longarini potesse nominare, quale
arbitro di parte, l'ingegner Vito Gamberale e se questi potesse
accettare l'incarico, stante il suo ruolo di amministratore pubblico
che impone la massima indipendenza nei confronti di soggetti
privati, specie se operanti nel settore delle opere pubbliche con
conseguente divieto di assumere, a sfavore della pubblica
amministrazione, il ruolo di difensore di interessi privati, ad elevata
incidenza economico-patrimoniale;
se risulti quali siano le ragioni che hanno determinato i contenziosi
riguardanti i rapporti concessori per i piani di ricostruzione delle
città di Ancona, Ariano Irpino e Macerata, che sono state annullati
nel 1992 dal Ministro dei lavori pubblici pro tempore, nonché dalla
legge n. 317 del 1993, precisando l'ammontare dei compensi
comunque erogati a qualsiasi titolo alla Società Adriatica
Costruzioni e alla Società Adriatica Costruzioni di Ancona;
quale sia la consistenza economica dell'attuale contenzioso che sarà
definito dai collegi arbitrali, in relazione al quale non è difficile
prevedere (come avviene nella quasi totalità dei casi), la condanna
dello Stato con correlato arricchimento della controparte privata;
se risulti quali siano le ragioni che hanno indotto alla nomina
nell'ufficio di segreteria del Collegio arbitrale in questione della
signora Rita Ruffini, segretaria del capo di gabinetto, e del signor
Guglielmo Marconi segretario del vice capo di gabinetto del
Ministro delle infrastrutture e dei trasporti pro tempore, e in base a
quale titolo professionale dal momento che successivamente è stato
nominato in qualità di segretario l'avvocato Fidanzia, operante, non
molto tempo addietro, nello studio legale del professor
Malinconico; se risulti quali siano le ragioni che hanno indotto il
26
Ministro delle infrastrutture e dei trasporti pro tempore a non
rispettare e a non far rispettare il disposto dell'articolo 44 della legge
17 maggio 1999, n. 144, che in modo indiscutibile, mette fine ad
ogni pretesa risarcitoria della Società Adriatica Costruzioni del
signor Longarini e che ad avviso degli interroganti inspiegabilmente
il Ministro si avvia ad assecondare;
se risultino le ragioni per le quali il Ministro delle infrastrutture e dei
trasporti pro tempore, che si è proclamato contrario all'istituto
dell'arbitrato – tanto da farsi portatore della corrispondente norma
esistente nella vigente legge finanziaria 2008 – abbia nella fattispecie
espressamente devoluto la soluzione della controversia agli arbitri,
senza nemmeno dare la possibilità all'Avvocatuta dello Stato di
esercitare pienamente la propria funzione;
se risulti quali siano le ragioni della somma urgenza con le quali
dopo la notifica della domanda di arbitrato, si sia, il giorno
successivo, proceduto alla nomina dell'arbitro in rappresentanza
dell'amministrazione (Ministero delle infrastrutture e dei trasporti)
ed alla sottoscrizione dell'accordo di nomina del terzo arbitro con
funzioni di presidente;
se risulti quali siano le ragioni per le quali non sia stato demandato
all'arbitro dell'amministrazione (Ministero delle infrastrutture e dei
trasporti avvocato Condello) la scelta, unitamente con l'arbitro di
parte privata, del presidente ed, in mancanza di accordo, all'organo
istituzionale preposto;
se risulti quali siano le ragioni della successiva rinuncia all'incarico
del professor Carlo Malinconico;
quali siano le conclusioni del collegio arbitrale (pres. Nunziata,
arbitro Gamberale, arbitro Messina) e la consistenza economica
dell'attuale contenzioso, avviato con domanda di arbitrato dal signor
Edoardo Longarini, per la risoluzione della controversia insorta in
ordine al rapporto concessorio di cui ai decreti ministeriali n. 4923
del 13 novembre 1964 (relativo al I e II lotto) e 4370 del 17
dicembre 1975 (III, IV e V lotto) per la realizzazione del piano di
ricostruzione adottato dal comune di Macerata; quali siano le
conclusioni del collegio arbitrale (pres. Nunziata, arbitro
Gamberale, arbitro Messina) e la consistenza economica dell'attuale
contenzioso, avviato con domanda di arbitrato dal signor Edoardo
Longarini) per la risoluzione della controversia insorta in ordine al
rapporto concessorio di cui al decreto ministeriale 6100/6101 del
27
1 dicembre 1972 per la realizzazione del piano di ricostruzione del
comune di Ariano Irpino;
quali siano le conclusioni del collegio arbitrale (pres. De Lise,
professor Pezzana e avvocato Vessichelli);
se lo Stato, ovvero i Ministri interrogati, in proprio, o anche per
mezzo dei propri difensori e dell'Avvocatura dello Stato, intendano
eccepire l'incompetenza degli arbitrati e far rispettare la legge. (400324)”
§ 4. Interrogazione a risposta scritta nr. 4/008574
Atto Camera - Interrogazione a risposta scritta 4-00857, presentato
da AGOSTINELLI Donatella, testo di Giovedì 13 giugno 2013,
seduta n. 10:
BALDASSARRE, BECHIS, CIPRINI, COMINARDI,
RIZZETTO, ROSTELLATO, TRIPIEDI.
Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e
delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per
sapere – premesso che:
l'ISTAT ha pubblicato il Report annuale 2013 «La situazione del
Paese», nel quale emerge che nel 2012, in presenza di una flessione
del prodotto interno lordoreale del 2,4 per cento, il potere
d'acquisto delle famiglie è diminuito del 4,8 per cento;
la situazione risulta preoccupante se si considera che il reddito
disponibile delle famiglie, al netto dell'inflazione, è ritornato a un
livello pari a quello di venti anni fa;
l'incidenza delle imposte correnti sul reddito disponibile alle
famiglie è salita al 16,1 per cento: si tratta del livello più alto dal
1990;
l'aumento dell'aliquota Iva dal 20 al 21 per cento applicato a
settembre 2011 e le variazioni delle accise sui carburanti intervenute
a partire dal 2011 hanno prodotto un costo maggiore per le famiglie
con livelli di spesa medi di circa lo 0,9 per cento, rispetto a quelle
con livelli di spesa più elevati; la notevole diminuzione del reddito
4http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=2318&stile=
7&highLight=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRIT
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28
disponibile delle famiglie ha portato ad un forte calo della spesa per
i consumi (-1,9) e che allo stesso tempo si è avuta una riduzione
della propensione al risparmio, fino a toccare il minimo storico
dell'8,2 per cento;
tutto questo porta ad un generico impoverimento con notevoli
effetti negativi anche sulla dimensione psicologica della
popolazione, creando elementi di frattura nel tessuto sociale e
sfiducia verso qualsiasi azione di politica economica e del lavoro;
ad avviso dell'interrogante, le politiche a favore della famiglia,
dovrebbero porre rimedio al fenomeno messo in evidenza dal
Rapporto ISTAT 2013 attraverso riforme organiche e complessive
in grado di intervenire «prima» che la situazione dell'individuo o del
nucleo familiare raggiunga un livello di criticità elevato –:
quali urgenti e calibrati interventi il Governo intenda assumere per
affrontare, in una dimensione complessiva e organica e non
semplicemente frammentaria e dovuta alle situazioni imposte dalle
emergenze, il problema della povertà che sta colpendo sempre più
cittadini e famiglie italiane;
quali interventi il governo intenda assumere per restituire fiducia e
dignità ai cittadini, per quanto concerne il mondo del lavoro, la
congruità del lavoro che viene intrapreso e il sostegno dell'individuo
stesso nei periodi di transizione da un lavoro all'altro. (4-00857)
§ 5. Interrogazione a risposta scritta nr. 4/013355
Atto Camera - Interrogazione a risposta scritta 4-01335, presentato
da AGOSTINELLI Donatella, testo di Venerdì 19 luglio 2013,
seduta n. 56:
BARBANTI, CANCELLERI, MANNINO, LOREFICE,
SILVIA GIORDANO, DE ROSA, D'UVA,
MASSIMILIANO BERNINI,
DELLA VALLE, CECCONI, LOMBARDI,RUOCCO e NESCI.
Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al
Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
5http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=4228&stile=
7&highLight=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRIT
TA%27
29
venerdì 12 luglio 2013 presso la rinomata città turistica di Scalea, i
Carabinieri del comando provinciale di Cosenza, guidati dal
colonnello Francesco Ferace, unitamente ai ROS, hanno fatto
scattare l'operazione Plinius che ha prodotto l'arresto di 38 persone
con altre 21 denunciate a piede libero; i Carabinieri hanno
provveduto all'arresto del sindaco di Scalea, Pasquale Basile, di
cinque dei sei assessori componenti la giunta, di diversi tecnici
comunali e delcomandante della polizia municipale;
tra i reati contestati, con l'aggravante mafiosa, sono ricompresi:
l'associazione a delinquere, il concorso esterno, la corruzione,
la turbativa d'asta, le minacce e il sequestro di persona;
per quanto riportato dal Quotidiano della Calabria del 13 luglio
2013, gli inquirenti sostengono che il sindaco sia il perno sul quale
ruota tutta l'attività criminale avente ad oggetto i grandi appalti:
rifiuti, porto, aree demaniali, parcheggi a pagamento;
sembrerebbe che una serie di atti amministrativi comunali seguivano
una logica criminale fatta di autorizzazioni compiacenti, appalti
truccati e/o turbative d'asta; il procuratore capo della Dda di
Catanzaro, Antonio Vincenzo Lombardo, ha messo in risalto come
al centro dell'indagine (cosa ribadita anche dal procuratore aggiunto
Borrelli) non ci sia lo scambio di voti ma l'amministrazione del
comune di Scalea da parte della ’ndrangheta; contro chi provava a
svolgere con correttezza il proprio incarico si scaricavano violenze
e/o pesanti intimidazioni; risulta all'interrogante che da più di due
anni sia stata completata ma non risulta utilizzata la nuova sede della
caserma dei Carabinieri nel comune di Cetraro, nonostante
l'intervento del Consiglio regionale della Calabria, che nella seduta
del 25 marzo 2013, mediante un apposito ordine del giorno in
merito alla sua mancata operatività, ha invitato «la Giunta Regionale
a mettere in atto tutte le azioni necessarie per superare gli
impedimenti in essere e di rappresentare al Ministro dell'interno
l'urgente necessità delle popolazioni del Tirreno cosentino ad avere
in tempi brevi un presidio di legalità certo ed efficiente –:
quali mezzi si intendano predisporre per combattere queste
commistioni tra politica e criminalità organizzata, visto che
la spending review ha portato alla chiusura di molti tribunali;
se e come intenda rafforzare i presidi delle forze di pubblica
sicurezza visto che tra Tortora e Campora San Giovanni (120
chilometri di costa) sono presenti solo un commissariato e due
compagnie di carabinieri; quali misure intenda assumere per
30
provvedere alla tempestiva apertura della suddetta sede della
Caserma dei Carabinieri. (4-01335)
§ 6. Interrogazione a risposta scritta nr. 4/005956
Atto Camera - Interrogazione a risposta scritta 4-00595, presentato
da BECHIS Eleonora, testo di Lunedì 27 maggio 2013, seduta n.
23:
BECHIS, LABRIOLA, ROSTELLATO, BALDASSARRE,
CIPRINI, COMINARDI, TRIPIEDI, RIZZETTO, CASTELLI,
CHIMIENTI, DELLA VALLE, CRIPPA, DADONE.
Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e
delle politiche sociali, al Ministro per la pubblica amministrazione e
la semplificazione. — Per sapere – premesso che:
al fine di porre in essere misure che rispondessero al problema
persistente del precariato nella pubblica amministrazione, con legge
n. 296 del 2006 (finanziaria per il 2007), articolo 1, comma 560, si
disponeva che le singole pubbliche amministrazioni potessero
avviare dei processi di stabilizzazione per il proprio personale
precario non dirigenziale rispondendo sia ai principi costituzionali,
di cui all'articolo 97 Costituzione, comma 3 (Agli impieghi nelle
pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso, salvo i casi
stabiliti dalla legge») sia legislativi (l'articolo 35, del decreto
legislativo n. 165 del 2001, in tema di accesso al pubblico impiego
tramite concorso pubblico, riconosce una riserva al personale da
tempo impiegato con contratti precari nel pubblico impiego); la
regione Piemonte recepiva quanto disposto a livello statale con la
legge regionale n. 9 del 2007 (legge finanziaria 2007), prevedendo,
all'articolo 36, che la regione attivasse un processo di stabilizzazione
del personale precario nei limiti e nelle modalità previste dalla legge
296 del 2006, e che la giunta regionale, attraverso un confronto con
le organizzazioni sindacali, e sentita la commissione consiliare
competente, predisponesse un piano per dare attuazione alla
stabilizzazione del personale di cui è caso;
6http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=2056&stile=
7&highLight=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRIT
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31
con D.G.R. n. 25-6653 del 3 agosto 2007 veniva istituita una
commissione bilaterale al fine di affrontare la problematica e
proporre criteri per attuare il piano di stabilizzazione del personale
di cui è caso, sui cui rilievi, in data 27 dicembre 2007, veniva siglato
un protocollo d'intesa tra la giunta regionale e le organizzazioni
sindacali con il quale si prevedeva l'attivazione, entro marzo 2008, di
3 selezioni pubbliche per titoli ed esami per le assunzioni a tempo
determinato per personale di categorie D1, C1 e B1, ai sensi
dell'articolo 1, comma 560, della legge n. 296 del 2006 (finanziaria
per il 2007); con determina dirigenziale n. 550 del 30 aprile 2008
venivano bandite le selezioni pubbliche di cui al paragrafo
precedente, in conformità a quanto disposto all'articolo 1, comma
560, della legge n. 296 del 2006 (finanziaria per il 2007) nella quale si
prevedeva l'applicazione di una riserva del 60 per cento dei posti,
sempre ai sensi della citata legge; con determinazioni dirigenziali n.
34 del 26 gennaio 2009, n. 411 dell'8 aprile 2009, e n. 673 del 9
giugno 2009, venivano approvate rispettivamente le graduatorie
delle selezioni di cui al paragrafo precedente, rispettivamente per n.
7 posti per personale di categoria B1, 53 posti per personale di
categoria C1 e n. 180 posti per personale di categoria D1, dove, su
un totale di 240 posti, solamente 55 furono quelli che usufruirono
di riserva, mentre 185 vincitori risultavano esterni
all'amministrazione, a ragione del principio di pubblico accesso nella
pubblica amministrazione; tale personale veniva da prima assunto
con contratto triennale, e poi prorogato, mese di luglio 2012, fino al
31 dicembre 2013, in quanto inserito in un regolare processo di
stabilizzazione che ne permetteva la proroga; ad oggi, tale personale,
ormai ridotto a 198 unità, non ha ancora visto terminare il percorso
di stabilizzazione iniziato nel 2007, e questo a causa di ripetuti
ritardi di due diverse giunte regionali che, negli anni, hanno visto
mutare lo scenario normativo nazionale; l'allora selezione pubblica
venne bandita a tempo determinato in quanto la pianta organica
della regione Piemonte non permetteva la stabilizzazione di un
numero congruo, di personale entro i limiti temporali stabiliti
dall'articolo 1, comma 560, della legge n. 296 del 2006 (finanziaria
per il 2007), ma gli atti pubblici a monte, e gli stessi bandi di
concorso, richiamavano esplicitamente alla legge sopra menzionata,
e pertanto al percorso di stabilizzazione di cui trattasi; tale personale
è stato formato dalla regione Piemonte con notevole dispendio di
risorse, e le direzioni e i singoli settori in cui operano, con note
32
inviate al presidente della regione e al presidente del Consiglio
regionale a firma dei relativi responsabili (9 direttori e 77 dirigenti)
ne sottolineano la professionalità e l'indispensabilità, riportando
testualmente che «la mancata trasformazione di questi rapporti
lavorativi in contratto a tempo indeterminato comporterebbe per le
strutture regionali unvulnus irreparabile, con conseguente
impossibilità di svolgimento di importanti funzioni fondamentali
per il territorio piemontese»; la situazione venutasi a creare presso la
regione Piemonte è unica su tutto il territorio nazionale e le evidenti
criticità nel percorso seguito dall'amministrazione hanno generato
una situazione di danno a carico dei lavoratori vincitori di regolare
concorso pubblico nell'ottica di un percorso di stabilizzazione
peraltro sancito dalla legge statale –:
quali iniziative, anche normative intendano adottare, nell'ambito
delle loro competenze, in ordine alle problematiche che ha dato
origine alla situazione dei 198 precari a tempo determinato della
regione Piemonte, affinché sia pienamente riconosciuto il loro
affermato diritto alla trasformazione del rapporto di lavoro in
contratto a tempo indeterminato, considerando altresì che la
mancata stabilizzazione, oltre al vulnus giuridico verso i lavoratori,
comporterebbe grave nocumento alla regione stessa, impossibilitata
ad erogare regolarmente i servizi dovuti alla collettività, nei settori in
cui detto personale opera. (4-00595)
§ 7. Interrogazione a risposta scritta nr. 4/012077
Atto Camera - Interrogazione a risposta scritta 4-01207, presentato
da BECHIS Eleonora, testo di Mercoledì 10 luglio 2013, seduta n.
50:
BECHIS, BALDASSARRE, COMINARDI, ROSTELLATO, TRI
PIEDI, CIPRINI.
Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e
delle finanze, al Ministro della salute, al Ministro del lavoro e delle
politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
7http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=2668&stile=
7&highLight=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRIT
TA%27
33
da quanto denunciato dal comune di Cavagnolo (Torino) si
apprende che:
nel 1946 si è insediata a Cavagnolo un'azienda denominata SACA
(Società anonima cemento amianto) successivamente diventata
succursale della ETERNIT di Casale Monferrato;
le organizzazioni sindacali con la camera del lavoro di Casale
Monferrato si sono fatte promotrici di più iniziative legali nei
confronti dei principali azionisti di riferimento per ottenere i giusti
risarcimenti dovuti alle malattie contratte correlate all'esposizione
all'amianto (asbestosi, mesotelioma pleurici e altro);
il comune di Cavagnolo si è costituito parte civile in tutti i
procedimenti avviati in quanto sede di una filiale dell'Eternit che nel
massimo regime di lavorazioni ha raggiunto i 300 dipendenti circa;
il processo più importante si è svolto a Torino ed è terminato l'11
febbraio 2012 con la sentenza di 1o grado che ha riconosciuto
colpevoli i due imputati Stephan Schmidheiny e Louis de Cartier de
Marchienne. Il processo di 2o grado, con sentenza pronunciata
lunedì 3 giugno 2013, ha confermato la sentenza di 1o grado nella
quale è stato riconosciuto a circa 300 cittadini cavagnolesi, che si
erano costituiti parte civile al processo, «il danno da esposizione»
poiché residenti nel comune di Cavagnolo negli anni dal 1960 al
1982 e quindi potenzialmente a rischio di contrarre malattie
correlate all'amianto;
il comune di Cavagnolo ha accettato, con delibera della giunta
comunale n. 48 del 30 maggio 2011 l'accordo transattivo proposto
dalla BECON A.G. di 2.000.000 di euro finalizzati ad iniziative e
progetti per la comunità nel comune di Cavagnolo;
il comune di Cavagnolo ha programmato, a novembre 2012, con
l'utilizzo della suddetta somma importanti interventi di bonifica da
amianto nel territorio comunale;
le suddette opere di bonifica non sono realizzabili in quanto il
comune, contando circa 2.350 abitanti, non può disporre dei fondi a
causa di impedimenti normativi derivanti dal patto di stabilità –:
se il Governo sia a conoscenza di quanto esposto; se sia possibile ad
oggi rendere disponibili i fondi destinati alle opere di bonifica da
amianto ed in caso contrario quali iniziative, anche normative,
intenda assumere il Governo al fine di rendere possibili tali opere.
(4-01207).
34
§ 8. Interrogazione a risposta scritta nr. 4/014558
Atto Camera - Interrogazione a risposta scritta 4-01455, presentato
da BERNINI Massimiliano, testo di Mercoledì 24 luglio 2013,
seduta n. 59:
M.BERNINI, BUSTO, DAGA, BENEDETTI, GAGNARLI,
TOFALO, PARENTELA, C.IANNUZZI, N.BIANCHI, LUPO.
Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della difesa, al
Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al
Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
il bacino del lago di Vico è un importante complesso naturalistico e
ambientale, costituito riserva naturale parziale dal 1982 con la legge
regionale n. 47 del 28 settembre 1982;
sulle sponde del lago si trova la cosiddetta Chemical City, un
magazzino di materiali difesa NBC (nucleare, batteriologico e
chimico) oggetto di fuga di elementi nocivi nonché di diverse
bonifiche; in passato, infatti, si sono verificati incidenti che hanno
causato la dispersione di alcune delle sostanze chimiche contenute
nel sito militare;
l'esistenza della Chemical City è rimasta per decenni nascosta,
mentre, di fatto si tratta di uno dei più importanti bunker risalente
addirittura al periodo fascista di conservazione, caricamento e
scaricamento di armi chimiche: iprite mescolata ad arsenico,
fosgene;
le acque del lago sono utilizzate dagli abitanti dei comuni limitrofi
per l'uso potabile e sanitario e associazioni quali ISDE e
Legambiente hanno più volte segnalato agli enti preposti lo stato di
degrado in cui versa attualmente il lago;
è evidente che tale situazione potrebbe determinare (se non ha già
determinato), nel medio e lungo periodo, gravi problemi sia per la
salute umana che per l'ambiente;
diversi studi sulle acque del lago hanno dimostrato che la
concentrazione di metalli pesanti e altre sostanze chimiche nelle
acque e nel terreno del sito del lago di Vico è al di sopra del livello
di guardia –:
8http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=4575&stile=
7&highLight=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRIT
TA%27
35
se intendano fornire l'elenco completo di tutte le bonifiche fino ad
oggi effettuate nell'area dell'oasi ecologica del lago di Vico,
completo dei bandi di gara laddove ce ne siano stati e dei capitoli di
spesa riguardanti costi sostenuti e stanziamenti totali, le bonifiche
ancora da effettuare e come si intende procedere;
se intendano fornire l'elenco completo di tutte le sostanze chimiche
presenti, non più presenti e che hanno transitato anche per un
periodo limitato all'interno della così detta Chemical City e il loro
grado di pericolosità per la salute umana e per l'ambiente, nonché i
dati completi circa le incidenze di malattie e patologie causate
dall'esposizione umana alle sostanze presenti all'interno
della Chemical City, degli abitanti dei comuni limitrofi e che
usufruiscono delle acque del lago di Vico per uso potabile e
sanitario ed una comparazione di questi dati con l'incidenza media
nazionale delle stesse malattie e patologie;
se siano a conoscenza di episodi relativi a versamenti di una
qualunque delle sostanze contenute all'interno del sito militare;
se vi siano o vi siano stati canali di scolo che dal sito militare
immettevano o immettono acque di scarico di qualunque tipo
all'interno del lago e se in qualche caso fortuito queste acque siano
state contaminate da una qualunque delle sostanze contenute
all'interno del sito militare;
se siano in grado di valutare il grado di incidenza che abbia avuto il
ruolo del magazzino materiali difesa NBC nei valori di metalli
pesanti presenti nel sito del lago di Vico e come si intenda
procedere per una bonifica dell'intera area naturalistica;
se siano in grado di valutare il rischio per la salute umana non in
base alla pericolosità singola di ogni sostanza chimica dispersa nella
zona, ma tenendo in considerazione più recenti studi internazionali
riguardo l'effetto cocktail di sostanze chimiche che, anche se
assunte singolarmente in quantità entro i limiti, risultino nocive per
la salute umana a causa del suddetto effetto;
se intendano mettere gli interroganti a conoscenza dei risultati per
quel che riguarda i possibili danni alla fauna o alla flora causati dalla
possibile dispersione nella zona di sostanze chimiche o radioattive e
qualora suddetti studi non siano mai stati effettuati, di programmare
ricerche urgenti in tal senso;
se esistano segreti di Stato o militari riguardo le attività svolte
all'interno della Chemical City ed eventualmente se intendano
36
rimuovere quelli che riguardano possibili conflitti con l'articolo 32
della Costituzione. (4-01455)
§ 9. Interrogazione a risposta scritta nr. 4/018059
Atto Camera - Interrogazione a risposta scritta 4-01805, presentato
da BERNINI Paolo, testo di Giovedì 12 settembre 2013, seduta n.
76:
P.BERNINI, SIBILIA, CORDA, BASILIO, PESCO,
CHIMIENTI, CANCELLERI, PISANO.
Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e
delle finanze. — Per sapere – premesso che:
la Banca d'Italia è un istituto di diritto pubblico, è parte integrante
del Sistema europeo di banche centrali ed agisce secondo gli
indirizzi e le istruzioni della Banca centrale europea;
la Banca d'Italia, nell'esercizio delle proprie funzioni e con
particolare riferimento a quelle di vigilanza, opera nel rispetto del
principio della trasparenza, riferendo del suo operato al Parlamento
e al Governo con relazioni semestrali;
il Governatore della Banca d'Italia è nominato con decreto del
Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del
Consiglio dei ministri, previa deliberazione del Consiglio dei
ministri, sentito il parere del Consiglio superiore della Banca
d'Italia;
il capitale della Banca d'Italia ammonta a 156.000 euro ed è
costituito da 300.000 quote di partecipazione nominative di 0,52
euro ciascuna;
le quote della Banca d'Italia sono possedute al 94,4 per cento da
banche private ed assicurazioni tra cui si vedono in testa Unicredit
s.p.a., Intesa s.p.a. e Assicurazioni Generali, e il restante 5,6 per
cento da INPS e INAIL per un totale di 60 soggetti;
il fenomeno della «vicinanza» che si potrebbe anche definire
«sovrapposizione» dei controllati e dei controllori potrebbe aver
determinato il fenomeno del risparmio tradito con i crack finanziari
9http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=6538&stile=
7&highLight=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRIT
TA%27
37
e industriali che hanno colpito un milione di famiglie, bruciando
almeno 50 miliardi di euro di sudato risparmio con i casi Cirio,
Parmalat, Tango Bond, Lehman Brothers, le cui obbligazioni
venivano pubblicizzate come sicure sul sito dell'Abi Patti Chiari,
assieme ad altri 50 titoli tossici, come ricordato dal presidente
dell'ADUSBEF, Elio Lannutti, in un intervista al Fatto
Quotidiano del 20 giugno 2013;
la legge n. 262 del 2005 all'articolo 19, comma 10, prevedeva la
ridefinizione dell'assetto proprietario della Banca d'Italia, dove
veniva sancito il trasferimento delle quote detenute dai soggetti
privati o enti pubblici precedentemente citati entro tre anni dalla
data di entrata in vigore della presente legge, ovvero nel 2008 –:
quali siano le motivazioni per le quali dal 2008 ad oggi non è stata
applicata la suddetta legge n. 262 del 2005, che prevedeva la
cessione delle quote della Banca d'Italia da parte degli istituti privati
come banche e assicurazioni, di fatto impedendo la riappropriazione
pubblica, ovvero dei cittadini, della Banca d'Italia stessa. (4-01805)
§ 10. Interrogazione a risposta in commissione nr. 5/0029910
Atto Camera - Interrogazione a risposta scritta 5-00299, presentato
da BIANCHI Nicola, testo di Martedì 11 giugno 2013, seduta n. 31:
NICOLA BIANCHI, DI VITA.
Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo
economico. — Per sapere – premesso che:
a seguito dell'entrata in vigore del decreto-legge n. 134 del 2008
(convertito, con modificazioni, dalla legge n. 166 del 2008), con il
decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 agosto 2008
Alitalia linee aeree italiane spa è stata ammessa alla procedura di
amministrazione straordinaria ed è stato nominato quale
commissario straordinario il professor Augusto Fantozzi;
con successivi decreti del Ministro dello sviluppo economico in data
15 e 16 settembre 2008 sono state ammesse alla procedura di
amministrazione straordinaria, con individuazione del commissario
10http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=2981&stile
=7&highLight=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+IN+C
OMMISSIONE%27
38
straordinario nel medesimo professor Fantozzi, anche le società del
gruppo Alitalia servizi spa; Alitalia express spa; Alitalia airport spa;
Volare spa;
l'articolo 15, comma 5, del decreto-legge n. 98 del 2011, convertito,
con modificazioni, dalla legge n. 111 del 2011, ha previsto, «al fine
di contenere i tempi di svolgimento delle procedure di
amministrazione straordinaria» che nelle grandi imprese in stato di
insolvenza il commissario monocratico sia affiancato da due
ulteriori commissari;
conseguentemente all'entrata in vigore del decreto-legge, il 19 luglio
2011 il commissario straordinario Fantozzi ha presentato le sue
dimissioni, ritenendo fosse «venuta meno la fiducia del Governo nei
suoi
confronti»
(comunicato
del
19
luglio
2011
in www.alitaliaamministrazionestraordinaria.it);
il Consiglio dei ministri ha quindi provveduto, con i decreti del
Presidente del Consiglio dei ministri del 3 ed 8 agosto 2011 alla
nomina a commissari straordinari del professor Stefano Ambrosini,
del professor Gianluca Brancadoro e del professor Giovanni Fiori
(comunicato
del
1 settembre
2011
in www.alitaliaamministrazionestraordinaria.it);
in data 18 luglio 2011 (il giorno prima delle dimissioni, quindi) il
commissario straordinario Fantozzi aveva depositato presso il
Ministero dello sviluppo economico e il Comitato di sorveglianza
istanza di autorizzazione ai fini della preposizione dell'azione di
responsabilità nei confronti degli amministratori e dei sindaci nella
procedura di amministrazione straordinaria relativa ad Alitalia;
in base a notizie di stampa l'azione di responsabilità sarebbe stata
rivolta, per tre miliardi di euro, nei confronti di quarantatré persone,
tra amministratori e sindaci, per la gestione del periodo 2003-2008;
peraltro nell'ultima relazione depositata dal commissario Fantozzi,
nel febbraio 2011, ci si esprimeva ancora in senso dubitativo
sull'opportunità di avviare un'azione di responsabilità poiché «non
poteva escludersi che i costi necessari all'istruzione ed all'esercizio
delle azioni di responsabilità eccedano, in concreto, l'importo che
potrebbe eventualmente recuperarsi a seguito del vittorioso
esperimento delle azioni e dell'esecuzione delle relativa condanne»
(paragrafo 8.4.2 pagina 246);
al riguardo, la prima relazione presentata dai nuovi commissari, nel
dicembre 2011, segnala che sull'istanza presentata dal precedente
commissario il comitato di sorveglianza, nel corso della seduta del
39
27 luglio 2011, «al fine di evitare che la proponenda azione di
responsabilità non sia esposta a possibili eccezioni di genericità e
indeterminatezza [...] ha [...] rilevato la necessità di adeguati
approfondimenti» con riferimento alla «consumazione o meno dei
relativi termini prescrizionali»;
«all'individuazione degli specifici fatti dnnosi riferibili a ciascuno»;
alla «verifica del criterio di determinazione del danno in relazione al
contributo causale apportato da ciascuno dei convenuti» (p. 107);
nel frattempo, come segnalato dall'ultima relazione semestrale
relativa ad Alitalia linee aeree italiane spa, aggiornata al 31 dicembre
2012, il procedimento penale per bancarotta fraudolenta avviato fin
dal 2008 dalla procura della Repubblica di Roma ha concluso la fase
delle indagini preliminari con la decisione del 19 febbraio 2013 del
giudice per l'udienza preliminare di rinviare a giudizio, fissando per
il 18 giugno 2013 la prima udienza dibattimentale innanzi alla IV
sezione penale del Tribunale di Roma, in qualità di precedenti
amministratori o dirigenti apicali del gruppo Alitalia, Giancarlo
Cimoli, Francesco Mengozzi, Gabriele Spazzadeschi, Pierluigi
Ceschia, Gennaro Tocci; in tale procedimento i commissari
straordinari si sono costituiti parte civile, avanzando una richiesta di
risarcimento per 745.274.342,30 euro (paragrafo VI.1 pagine 2729);
la medesima relazione annuncia il deposito presso il Ministero dello
sviluppo economico e il comitato di sorveglianza di una nuova
azione civile di responsabilità contro i medesimi amministratori e
dirigenti per un valore di 82.200.000 euro, relativa alla sola società
Alitalia linee aeree italiane spa (paragrafo VI.2, pagine 29-31),
mentre non si è ritenuto esistessero gli estremi per avanzare eguale
istanza con riferimento ad Alitalia servizi (cfr. la relativa relazione,
paragrafo VI.2, pagine 22-24); Alitalia Airport (cfr. la relativa
relazione, paragrafo V1.2, pagine 16-17); Alitalia Express (cfr. la
relativa relazione, paragrafo VI.2, pagina 16) e Volare (paragrafo
VI.2, pagine 16-17); l'azione di responsabilità sarebbe prossima alla
prescrizione (fra 4 mesi) –:
quali siano le differenze tra l'azione di responsabilità prospettata dal
precedente commissario Fantozzi e quella avviata dai commissari
Ambrosini, Brancadoro e Fiori;
quali siano le motivazioni di tali differenze e se il lasso di tempo
intercorso tra le due iniziative sia giustificato da ragioni oggettive,
anche nell'ottica del rispetto di quel «contenimento dei tempi delle
40
procedure di amministrazione straordinaria delle imprese» che la
riforma della gestione commissariale operata con il decreto-legge n.
98 del 2011 intendeva garantire. (5-00299).
§ 11. Interrogazione a risposta scritta nr. 4/0156911
Atto Camera - Interrogazione a risposta scritta 4-01569, presentato
da BONAFEDE Alfonso, testo di Venerdì 2 agosto 2013, seduta n.
64:
BONAFEDE.
Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della difesa, al
Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze, al
Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere –
premesso che:
l'Aero Club d'Italia è un Ente pubblico non economico finanziato
con contributi del CONI, dei Ministeri vigilanti in intestazione (oggi
interrogati) e con l'imposizione di tariffe a carico di titolari di
attestati e proprietari di apparecchi per il volo da diporto sportivo,
quote a carico di affiliati e altri utenti dell'Ente;
in data 6 luglio 2013 si sono tenute le elezioni degli organi dell'ente
e del suo presidente; tra candidati alla carica di Presidente vi era
l'architetto Giuseppe Leoni già senatore della Lega Nord e già
commissario dell'AeCI dal 17 dicembre 2010 al 6 luglio 2013.
L'incarico avrebbe dovuto avere la durata di soli sei mesi con il
compito di procedere soltanto all'adeguamento dello statuto alla
cosiddetta legge Brunetta mediante riduzione del numero dei
consiglieri federali. L'incarico è durato non sei mesi ma a seguito di
ulteriori proroghe ben due anni e mezzo;
è opportuno evidenziare che in data anteriore alla nomina del 17
dicembre 2010 l'architetto Leoni ebbe già a ricoprire, a far data
dall'anno 2002, le cariche, nell'ordine, di commissario straordinario
di AeCI e di successivo presidente di AeCI per due mandati;
per quanto sopra detto è appena il caso di accennare che
dell'operato del commissario straordinario, architetto senatore
11http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=5377&stile
=7&highLight=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRI
TTA%27
41
Giuseppe Leoni la precedente legislatura ha già avuto modo di
occuparsi in occasione di circa tredici interrogazioni parlamentari ad
opera di quasi tutte le forze politiche e di quattro question time nei
quali furono denunziate, apertamente, alcune criticità nella gestione
dell'Ente da parte del commissario straordinario;
inspiegabilmente alcun provvedimento fu mai preso dai Ministeri
controllanti nei confronti dell'architetto Leoni al quale, invece, in
occasione dell'emanazione della legge cosiddetta spending
review con un emendamento all'articolo 26-bis introdotto in
sessione notturna da due esponenti della lega nord, fu rinnovata,
addirittura per un ulteriore anno, la carica di commissario e furono
conferiti ulteriori poteri;
di tale «azione politica» ebbe ad occuparsi la stampa nazionale che,
peraltro, già aveva avuto modo di diffusamente dar notizia dei fatti
denunciati in Parlamento e di cui sopra;
con atto di citazione, recentemente notificato all'esito della
procedura istruttoria di rito, la Procura generale presso la Corte dei
conti del Lazio ha convenuto in giudizio l'architetto Leoni per
danno erariale motivandolo sotto due distinti profili (provati
documentalmente) e riservandone un terzo all'esito di ulteriori
indagini ad oggi in corso da parte anche della procura della
Repubblica di Roma;
in tale procedimento la cui prima udienza è fissata per il 17 ottobre
2013, le Federazioni aeronautiche nazionali: Federazione italiana
volo ultraleggero, Federazione italiana volo libero, Federazione
italiana paracadutismo sportivo, Federazione italiana aero
modellismo, Federazione italiana club aviazione popolare sono
intervenutead adiuvandum le ragioni della procura presso la Corte
dei conti;
alcuna iniziativa in tal senso risulta ad oggi da parte di AeCI ente,
senz'altro, qualificabile quale dedotto danneggiato dell'operato del
convenuto commissario straordinario, architetto Giuseppe Leoni;
alla recente tornata elettorale del 6 luglio tenutasi in esecuzione del
nuovo statuto dell'Aero Club d'Italia, statuto adottato dal Governo
l'architetto Leoni, nuovamente candidatosi è stato rieletto
presidente; il direttore generale dell'Aero Club d'Italia avuto
conoscenza del fatto che le Federazioni aeronautiche nazionali con
proprio comunicato stampa avevano comunicato di essere
intervenute nella procedura giudiziaria in essere presso la Corte dei
conti, sezione giurisdizionale del Lazio con propria mail del 4 luglio
42
2013 ha definito, testualmente, «pretestuose tutte le denunce
presentate dalle Federazioni Aeronautiche Nazionali» asserendo,
inoltre, «Si evidenzia, infine, che gli ispettori delle finanze non
hanno evidenziato nulla di rilevante nella loro recente ispezione»;
tale affermazione appare singolare sotto duplice profilo:
proviene dal direttore generale dell'ente danneggiato il quale,
anziché notiziare i Ministeri controllanti dell'iniziativa giudiziaria
della Corte dei conti invocando le iniziative del caso, tace ogni fatto
e apertamente, rivolgendosi agli Aero Clubs federati (elettori alle
tornata elettorale del successivo 6 giugno 2013), si schiera
apertamente dalla parte del commissario candidato alle elezioni
dimenticando che costui e il soggetto che la procura presso la Corte
dei conti deduce aver danneggiato l'ente pubblico che egli
rappresenta ed i cui interessi anche finanziari dovrebbe tutelare;
con tali affermazioni, atteso che ad oggi non vi è notizia alcuna del
dedotto esito positivo della citata ispezione delle «finanze», egli di
fatto smentisce con argomentazioni suggestive ma del tutto
apodittiche le indagini svolte dalla procura della Corte dei conti che,
invero, ha fondato l'atto di citazione su riscontri assolutamente
documentali. Con ciò sviando il libero convincimento degli elettori
cui avrebbe dovuto comunicare fatti oggettivi e non personali
considerazioni che, oltretutto, non sono nemmeno pertinenti ai
compiti ed alle mansioni del direttore generale;
va precisato che la vigente normativa prevede che la nomina del
presidente di AeCI e delle altre cariche elette alla tornata del 6 luglio
debba essere «ratificata» dai Ministeri controllanti e dalla Presidenza
del Consiglio dei ministri –:
se la Presidenza del Consiglio dei ministri e gli altri Ministeri
interrogati fossero a conoscenza delle indagini in essere ad iniziativa
della procura della Corte dei conti del Lazio nei confronti del
Commissario straordinario, architetto Giuseppe Leoni, per danno
erariale arrecato nel periodo in cui egli ha svolto le funzioni di
Commissario straordinario dell'ente pubblico Aero Club d'Italia;
se la Presidenza del Consiglio dei ministri e gli altri Ministeri
interrogati siano a conoscenza del procedimento per danno erariale
incardinato dalla procura della Corte dei conti presso la Corte dei
conti, sezione giurisdizionale del Lazio recante il numero di ruolo
73020; se la Presidenza del Consiglio dei ministri e gli altri Ministeri
interrogati siano stati notiziati dall'architetto Giuseppe Leoni e/o
dal direttore generale dell'Aero club d'Italia, generale AM Giulio
43
Cacciatore (nominato direttore generale direttamente con propria
delibera dal commissario straordinario, architetto Giuseppe Leoni)
delle iniziative giudiziarie in essere; se la Presidenza del Consiglio
dei ministri e gli altri Ministeri interrogati intendano costituirsi nel
citato procedimento al fine prendere formalmente parte, quali
soggetti controllanti l'ente pubblico Aero Club d'Italia,
all'accertamento della dedotta responsabilità contabile per danno
erariale dell'architetto Giuseppe Leoni; se la Presidenza del
Consiglio dei ministri e gli altri Ministeri vigilanti avuto riguardo alla
evidente gravità dei fatti ascritti all'architetto Giuseppe Leoni quale
commissario straordinario intendano ratificare o meno la nomina di
cui alla votazione assembleare, valutata, anche, la circostanza che
l'improvvido intervento del direttore generale dell'ente e di cui in
premessa ha certamente sviato il libero convincimento degli elettori
in alcun modo messi nella condizione di valutare compiutamente,
sotto ogni profilo, la figura del candidato architetto Giuseppe
Leoni; se la Presidenza del Consiglio dei ministri e gli altri Ministeri
vigilanti più propriamente, attesa l'inadeguatezza dell'architetto
Giuseppe Leoni alla carica di Presidente intendano, invece,
procedere con la nomina di un commissario che regga l'ente Aero
Club d'Italia per gli incombenti di ordinaria e straordinaria
amministrazione, per l'esecuzione di tutti gli adempimenti
amministrativi connessi con l'emanazione di un nuovo statuto
adottato in ottemperanza alla corretta procedura normativa e di cui
in premessa, nonché per convocare a tal fine tutti gli organismi, gli
enti e le associazioni di riferimento del settore al fine di concordare,
finalmente in contraddittorio, le necessarie operazioni idonee ad
addivenire a nuove elezioni degli organi dell'ente con procedura che
veda rappresentati, quali elettori, tutti i delegati dell'aviazione
popolare e diportistica italiana. (4-01569)
§ 12. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-0184912
Interrogazione a risposta scritta 4-01849 presentato da COLLETTI
Andrea testo di Martedì 17 settembre 2013, seduta n. 78:
12http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=6657&stile
=7&highLight=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRI
TTA%27
44
COLLETTI, VACCA e DEL GROSSO.
Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per le riforme
costituzionali. — Per sapere – premesso che:
il professor Marco Olivetti, docente di diritto costituzionale presso
la facoltà di giurisprudenza dell'università di Foggia, è uno dei
«saggi» componenti della Commissione per le riforme costituzionali
istituita dal Presidente del Consiglio Enrico Letta; già nel periodo
1999-2001, Antonio Maccanico, allora Ministro delle riforme
istituzionali, aveva incaricato il professor Olivetti di redigere alcuni
studi sui temi della stabilità di governo (1999), delle nuove frontiere
della democrazia diretta (2000), del riparto di competenze tra Stato
e regioni (2000) e sui metodi di cambiamento della Costituzione
(2001); lo stesso professor Olivetti risulta socio fondatore, assieme
all'onorevole Luigi Bobba, deputato del Partito democratico,
dell'associazione «Persone e reti» ed è stato – e non si sa se lo sia
ancora – consulente del gruppo parlamentare del Partito
Democratico nella scorsa legislatura. Appare pertanto evidente in
che quota sia stato chiamato dal Governo a far parte della
Commissione dei saggi; la Commissione si è riunita domenica 15
settembre 2013 presso l'Hotel a quattro stelle «Villa Maria» di
Francavilla al Mare (Chieti) per ultimare la relazione finale da
consegnare al Governo per la consultazione delle Camere; alla
riunione ha partecipato anche il professor Olivetti che, alla vigilia
dei lavori, ha aggiornato il proprio profilo Facebook con le seguenti
parole: «Ecco che arrivando a Francavilla mi appare un corteo dei
pirla a 5 stelle» –:
se il Governo, ed in particolare il Ministro per le riforme
costituzionali, sia al corrente dell'espressione utilizzata dal professor
Olivetti per descrivere i manifestanti del Movimento 5 Stelle; se il
Ministro per le riforme costituzionali, che presiede la Commissione
di saggi attualmente in ritiro presso il lussuoso albergo di Francavilla
intenda chiedere al professor Olivetti spiegazioni circa le ragioni del
proprio comportamento; se il Presidente del Consiglio intenda
meglio specificare le motivazioni che hanno portato alla nomina del
professor Olivetti a componente della Commissione, fugando il
dubbio che si sia perpetuata la prassi di affidare incarichi e
consulenze ai soliti noti anziché privilegiare il merito e l'assoluta
imparzialità; se il Governo ritenga infine opportuna la prosecuzione
dell'incarico da parte del professor Olivetti alla luce delle sue parole
45
che vanno a squalificare la credibilità dell'intera Commissione voluta
dalla maggioranza che appoggia il Governo. (4-01849)
§ 13. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-0087113
Interrogazione a risposta scritta 4-00871 presentato da CORDA
Emanuela testo di Giovedì 13 giugno 2013, seduta n. 33:
CORDA, FRUSONE, BASILIO, ALBERTI, RIZZO e ARTINI.
Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. —
Per sapere – premesso che:
da fonti di stampa risulta che cento agenti segreti sono impiegati
nella scorta di esponenti politici per un costo annuo di 15 milioni
all'anno; non si capisce per quale motivo i servizi segreti italiani
debbano svolgere mansioni che spettano alle forze di polizia,
distolti di fatto dal proprio compito istituzionale, ovvero la
sicurezza dello Stato, per provvedere a fare da scorta agli esponenti
politici (ormai inaccettabile nota dolente della politica italiana) fra i
quali il premier; il Copasir, infatti, ha più volte espresso l'indicazione
che le scorte siano svolte dalle forze dell'ordine proprio in ragione
degli organici dei servizi segreti ridotti all'osso; tra l'altro, fu l'ex
premier Berlusconi, quando si insediò al Governo nel 2001, a volere
che la propria sicurezza fosse gestita non più dalle forze dell'ordine,
ma dagli 007, operazione che gli consentì di «arruolare» le sue
personali guardie del corpo private, dipendenti delle sue aziende, tra
le file dell’intelligence; per poterlo fare, fu addirittura adottato il
decreto-legge 6 maggio 2002, n. 83, recante Disposizioni urgenti in
materia di sicurezza personale e ulteriori misure per assicurare la
funzionalità degli uffici dell'Amministrazione dell'interno, il quale, al
comma 3 dell'articolo 1, recita: «Per specifiche circostanze e casi
determinati il Presidente del Consiglio dei Ministri, d'intesa con il
Ministro dell'interno, può definire modalità differenziate in ordine
alla tutela e alla protezione (...)», un comma che, a parere degli
interroganti, ha giustificato per anni sprechi e abusi; come previsto
dalle disposizioni in materia, tutti i premier avrebbero diritto alla
13http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=2332&stile
=7&highLight=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRI
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protezione personale per i 12 mesi successivi alla fine del loro
mandato; per l'ex premier Berlusconi, questo termine è scaduto nel
novembre del 2012, ma il Governo Monti ha disposto che gli 007
proseguissero ancora la sua tutela, (seppur in collaborazione con i
carabinieri); le scorte dei servizi segreti, rispetto a quelle delle forze
dell'ordine, sono molto più costose in quanto il personale beneficia
dei trattamenti riservati al controspionaggio, quasi doppi rispetto a
quelli degli uomini in divisa. Solo i quaranta agenti che scortavano
l'ex premier Berlusconi costavano 200.000 euro al mese, due milioni
di euro all'anno –: di quali ulteriori informazioni disponga in ordine
a quanto già evidenziato in premessa e se risulti che agenti dei
servizi siano ancora impegnati per la scorta dell'ex premier
Berlusconi; se non ritenga, anche nel solco della cosiddetta spending
review, di voler accogliere l'appello del Copasir nel senso di
restituire alla security di Palazzo Chigi, ovvero al Viminale, il
compito di scortare il presidente del Consiglio e tutti gli altri
eventuali destinatari del provvedimento. (4-00871)
§ 14. Interrogazione a risposta in commissione nr. 5-0100814
Interrogazione a risposta in commissione 5-01008 presentato da
DA VILLA Marco testo di Venerdì 13 settembre 2013, seduta n. 77
DA VILLA.
Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e
della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute, al
Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro
delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
il territorio del comune di Casale sul Sile in provincia di Treviso,
nella frazione di Lughignano in via delle Grazie, è attualmente
interessato dal procedimento di approvazione del «Progetto per
impianto di discarica per rifiuti non pericolosi e non putrescibili per
lo smaltimento dei rifiuti prodotti dalle imprese consorziate nei
rispettivi impianti produttivi e di recupero» (categoria ex 2B) in area
agricola di tipo E2A – ambiti di rilevante integrità territoriale – per
14http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=6624&stile
=7&highLight=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+IN+C
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una superficie totale di 52.210 metri quadri, come richiesto
dall'impresa CO.VE.RI. s.c.a.r.l.; l'area in questione è già stata
utilizzata come cava per l'estrazione di argilla e dal 1990 sono in
corso vari procedimenti amministrativi, prima di autorizzazione di
attività di ripristino ambientale e poi di coltivazione a discarica; il
progetto della discarica prevedrebbe 315 mila tonnellate di materiali
in cinque anni, portati da una media di quindici camion al giorno.
La viabilità di accesso alla discarica per il conferimento dei rifiuti si
sovrapporrebbe parzialmente ad alcuni tratti degli itinerari del
«GiraSile, la greenway del Parco del Sile», che rappresenta la
principale rete di mobilità ciclopedonale del parco, in corso di
completamento con fondi europei POR-FESR (Programma
operativo regionale – Fondo europeo di sviluppo regionale) asse 4,
azione 4.3.1. «piste ciclabili in aree di pregio ambientale»; la stampa
locale e le numerose assemblee pubbliche, organizzate dalla
cittadinanza, hanno posto in rilievo che «una montagna di rifiuti» da
più di una decina di metri si staglierebbe su un territorio destinato
invece a produzioni ortofrutticole di pregio, quali il radicchio rosso
di Treviso IGP, e vitivinicole di qualità;
la discarica prevista verrebbe inoltre a trovarsi a brevissima distanza,
poche centinaia di metri, dal corso del fiume Sile il quale è
interessato da siti ecologici della rete Natura 2000, siti di interesse
comunitario (SIC) e zone di protezione speciale (ZPS). Una parte di
quel territorio è tutelata poi dall'ente parco regionale del fiume Sile,
istituito con legge regionale 28 gennaio 1991, n. 8, al fine di tutelare
i caratteri naturalistici, storici ed ambientali del territorio del fiume
Sile. Tra le finalità del parco si annoverano: a) la protezione del
suolo e del sottosuolo, della flora, della fauna e dell'acqua; b) la
protezione e la valorizzazione del bacino idrografico nella sua
funzione di risorsa idropotabile; c) la tutela delle specifiche
particolarità antropologiche, idrogeologiche, geomorfologiche,
vegetazionali e zoologiche; il piano ambientale del parco non tutela
solamente le aree incluse nel perimetro amministrativo dell'area
protetta, ma, «ai fini della tutela paesaggistico-ambientale (...)
enuncia gli indirizzi in ordine alla pianificazione territoriale con
riferimento alle parti limitrofe all'area del Parco» (articolo 3, comma
4, della citata legge regionale n. 8 del 1991). Infatti, all'articolo 19
delle norme di attuazione del piano ambientale sono definite le aree
limitrofe al parco, quali porzioni di territorio non comprese nello
stesso, come ad esempio i corpi idrici di prima classe; l'ente di
48
protezione, con una nota del 19 febbraio 2013, ha sottolineato
come «il progetto della discarica CO.VE.RI., ipotizzata a poche
centinaia di metri dal confine ovest e perimetro amministrativo del
parco, non ha mai considerato e valutato le pesanti interferenze
ecosistemiche con il parco naturale regionale del fiume Sile, causate
sia da carenze progettuali generali che da immissioni dirette della
rete idraulica interna alla discarica nella rete idrologica di campagna
afferente il fiume Sile». L’iter amministrativo della VIA poi, sempre
secondo l'ente, «non ha mai considerato la presenza di un'area
fragile e significativa come quella del parco del Sile, disciplinata da
un apposito piano ambientale che governa un ampio territorio
composto da 11 comuni e 3 province. Le carenze progettuali e le
interferenze osservate vengono puntualmente descritte e
restituiscono un quadro generale di potenziale e grave alterazione
delle principali componenti naturali del parco, istituito con legge
regionale 28 gennaio 1991, n. 8, per tutelare il suolo, il sottosuolo, la
flora, la fauna e l'acqua oltre a proteggere e valorizzare il bacino
idrografico del Sile nella sua funzione di risorsa idropotabile»; con
delibera di indirizzo n. 6, approvata dalla giunta esecutiva del parco
il 6 marzo 2013 a titolo di protezione e valorizzazione del bacino
idrografico del Sile, successivamente ratificata in data 27 marzo
2013 dal consiglio direttivo, l'Ente parco, in attuazione del piano
ambientale, ha: avviato un apposito programma biennale in materia
idrologica e idrogeologica esteso a tutto il bacino idrografico,
avviato un coordinamento istituzionale per la tutela dell'ecosistema
e dei corsi d'acqua tra le autorità competenti in materia di acque e di
ambiente a livello statale, regionale, provinciale e locale e deliberato
di verificare, mediante i propri uffici, la compatibilità – rispetto al
piano ambientale – dei progetti di elevato impatto e incidenza
ambientale previsti all'interno del bacino idrografico; anche l'unità di
progetto foreste e parchi della regione Veneto ha presentato alla
commissione VIA e alla direzione tutela ambiente delle osservazioni
(prot. n. 164265 del 17 aprile 2013) in merito al progetto di discarica
osservando che esso, «mediante le complesse ed articolate
interferenze sull'ambiente analizzate finora, altera in maniera
irreversibile l'ecosistema fluviale del Parco – inteso come bene di
speciale interesse naturalistico-ambientale ove attuare una rigorosa
protezione di suolo, sottosuolo, flora, fauna ed acqua – incidendo
significativamente sull'acqua, risorsa idropotabile di primario valore
e fondamento dell'ampio bacino idrografico del Sile nonché bene
49
prioritario del parco naturale regionale del fiume Sile. Ravvisa
inoltre la totale incompatibilità con l'immissione nei fossati di
campagna delle acque provenienti dalla prevista discarica»;
i terreni circostanti al fiume Sile, compreso quello da adibire a
discarica, sono soggetti poi ad elevato rischio idrogeologico: infatti,
anche di recente, con le abbondanti precipitazioni di fine maggio, il
territorio di Casale sul Sile è stato interessato dalla piena del relativo
fiume il quale ha allagato campi e aree golenali: è proprio in ragione
di quegli eventi meteorologici, il presidente della regione, Luca Zaia,
ha dichiarato, con decreto n. 68 del 29 maggio 2013, «lo “stato di
crisi” per le eccezionali avversità atmosferiche verificatesi dal 16 al
24 maggio 2013 per l'intero territorio regionale». Nel decreto si
legge, ad esempio, che «Nel Trevigiano l'innalzamento dei livelli dei
fiumi e torrenti sopra il livello di guardia, quali il Sile, Piave,
Livenza, Monticano, Muson e Brenton, hanno portato, in alcune
zone, a tracimazioni ed esondazioni, allagando campagne,
coinvolgendo i piani terra di edifici abitativi, comportando la
chiusura di strade e sottopassi. Anche a Casale sul Sile l'esondazione
del fiume Bigonzo e del Canal Serva hanno provocato allagamenti
diffusi investendo strade e abitazioni. Nel comune di Silea
l'esondazione del fiume Nerbon e del fiume Sile hanno causato
allagamenti nella zona artigianale con gravi danni alle attività
produttive, alle colture, investendo altresì le abitazioni della zona»;
la discarica della CO.VE.RI., essendo una discarica di rifiuti non
pericolosi (ex 2B), ossia che tratta rifiuti costituiti da residui del
trattamento di rifiuti, materiali provenienti dalla bonifica di siti
contaminati e fanghi di depurazione, produce biogas, ovvero una
miscela di gas, per la maggior parte metano (CH4, dal 50 all'80 per
cento), prodotta dalla fermentazione anaerobica batterica dei residui
organici di varia provenienza (da rifiuti, vegetali in decomposizione,
carcasse in putrescenza, liquami zootecnici o fanghi di depurazione,
scarti agro-industriali).
Non è chiaro se, tra le specie e i ceppi batterici, necessariamente
presenti in situ poiché direttamente responsabili del processo di
produzione del biogas, vi siano anche o meno agenti patogeni per
l'uomo e/o altre componenti ambientali. Ne consegue dunque, per
il principio di precauzione e data la connessione dimostrata tra il
sito della discarica e il fiume Sile, un serio pericolo in ordine alla
possibile diffusione di malattie a flora e fauna, nonché alla
contaminazione delle falde acquifere e di tutta la catena alimentare
50
connessa al fiume; gli abitanti della zona evidenziano infine che, a
valle del punto di immissione delle acque provenienti dalla discarica,
è ubicato un punto di prelievo idrico per uso potabile (impianto di
VERITAS S.p.A. – Servizio idrico integrato a Quarto d'Altino),
collegato in rete diretta a Cà Solaro (comune di Venezia, località
Favaro Veneto) e successivamente connesso alla rete acquedottistica
della terraferma veneziana, la cui sicurezza idrica potrebbe essere
messa dunque in pericolo dal progetto in esame;
nel medesimo territorio comunale di Casale sul Sile esiste già una
discarica, riferibile all’ex Dinamica Costruzioni, con un deposito
temporaneo di rifiuti protrattosi per ben oltre l'anno previsto
dall'articolo 2, comma 1, lettera g), del decreto legislativo n. 36 del
2003. Essa è giuridicamente ancora in attività ai sensi dell'articolo
32, comma 4, lettera b), della legge regionale Veneto n. 3 del 2000
perché non è stato mai ultimato l'intervento di copertura finale, ex
pronuncia TAR Veneto, III sezione, 17 marzo 2006, n. 608 e
Consiglio di Stato, V sezione, 15 febbraio 2007, n. 572;
l'articolo 32 comma 3, della legge regionale Veneto 21 gennaio
2000, n. 3 «Nuove norme in materia di gestione dei rifiuti» stabilisce
che «Non possono essere approvati progetti di nuove discariche per
rifiuti speciali, con esclusione delle discariche di seconda categoria
tipo A, di cui alla deliberazione del Comitato Interministeriale del
27 luglio 1984, nel territorio dei comuni in cui sono in attività altre
discariche per rifiuti speciali o rifiuti urbani, salvo espresso parere
favorevole del comune.
Detto parere, in assenza di diversa previsione statutaria, è di
competenza del consiglio comunale». Ebbene tale parere, ad oggi,
non è mai stato concesso; nel corso del 2012 il comune di Casale sul
Sile e la provincia di Treviso si sono espressi negativamente rispetto
al progetto qui trattato;
tutto ciò nonostante la commissione VIA regionale ha espresso
parere favorevole al progetto di discarica in data 24 aprile 2013 e
contro tale parere il comune interessato ha subito opposto ricorso
dinnanzi al giudice amministrativo;
nel consorzio CO.VE.RI. figura pure la Mestrinaro spa, attualmente
al centro di un'inchiesta della magistratura su un traffico illecito di
rifiuti «secondo le accuse che gli muovono i due pubblici ministeri
veneziani, sulla base di due anni di indagini dei carabinieri del Noe –
hanno impiegato un vecchio, reiterato, lucrosissimo maneggio:
51
invece di trattare (a caro prezzo, 45 euro a tonnellata) i rifiuti
inquinati che le aziende edili gli conferivano per renderli inerti, li
miscelavano tali e quali a calce e cemento, per poi venderli a 39 euro
a tonnellata a questo o quel cantiere edile (...) 4.145 tonnellate di
Rilcem contaminato sono state utilizzate per realizzare il parcheggio
dell'aeroporto Marco Polo di Venezia; 34.157 tonnellate sono finite
nel tratto della nuova terza corsia dell'A4, all'altezza del casello di
Roncade di Treviso» – La Tribuna di Treviso, 2 giugno 2013.
Sussistendo dunque un procedimento penale in corso ogni
decisione dell'autorità regionale avrebbe forse dovuto, per
precauzione, essere assunta solo dopo la fine delle indagini.
Quest'atteggiamento cautelativo pare ancor più necessario se si
considera che, nel mese di giugno 2007, uno dei titolari della
Mestrinaro ha patteggiato una pena per reati simili a quelli
dell'attuale indagine –:
quali strumenti di controllo intenda porre in essere il Governo per
verificare la compatibilità o meno della discarica con la tutela
preminente degli habitat protetti della rete Natura 2000 (siti SIC nn.
IT3240028, IT3240031 e ZPS nn. IT3240011, IT3240019) presenti
in quel territorio, specie alla luce delle molteplici procedure di
infrazione in materia ambientale aperte nei confronti del nostro
Paese;
se si intendano acquisire elementi circa la più totale assenza di
pericoli e/o interferenze da parte della progettata discarica rispetto
al patrimonio idrico esistente (utilizzato, come descritto, anche per
uso potabile) nonché, in generale, alla salute di flora, fauna e
persone. (5-01008)
§ 15. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-0040215
Interrogazione a risposta scritta 4-00402 presentato da DADONE
Fabiana testo di Martedì 14 maggio 2013, seduta n. 15
DADONE, DIENI, COZZOLINO, TONINELLI, FRACCARO,
LOMBARDI e NUTI.
15http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=1730&stile
=7&highLight=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRI
TTA%27
52
Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e
delle finanze. — Per sapere – premesso che:
da ultimo, dopo precedenti proroghe, l'articolo 1, commi 388 e 394,
della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (legge di stabilità 2013), ha
fissato al 30 giugno 2013 il termine di efficacia delle graduatorie dei
concorsi pubblici approvate successivamente al 30 settembre 2003,
prevedendo espressamente la possibilità di un'ulteriore proroga al
31 dicembre 2013, da disporsi con decreto del Presidente del
Consiglio dei ministri di concerto con il Ministro dell'economia e
delle finanze; nella presente congiuntura economica appare
opportuno procedere alla proroga dell'efficacia delle citate
graduatorie, almeno sino al 31 dicembre 2013, onde evitare costi
ulteriori connessi all'indizione di nuove procedure concorsuali per
fronteggiare eventuali vacanze organiche da parte delle
amministrazioni pubbliche –:
se non ritengano di adottare l'atto richiamato per estendere la
proroga di cui all'articolo 1, comma 388, della legge 24 dicembre
2012, n. 228, almeno sino al 31 dicembre 2013, onde consentire alle
amministrazioni pubbliche di poter usufruire dello scorrimento
delle medesime graduatorie in presenza della legittima possibilità di
procedere all'assunzione di personale. (4-00402)
§ 16. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-0142316
Interrogazione a risposta scritta 4-01423 presentato da
DALL'OSSO Matteo testo di Mercoledì 24 luglio 2013, seduta n. 59
DALL'OSSO, TACCONI, LOREFICE, CECCONI, LOMBARDI,
BARONI, DI VITA, SILVIA GIORDANO, MANTERO,
D'AMBROSIO, DIENI, COZZOLINO, DI BENEDETTO e
MANLIO DI STEFANO.
Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari
esteri, al Ministro per gli affari europei. — Per sapere – premesso
che:
16http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=4543&stile
=7&highLight=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRI
TTA%27
53
la crisi occupazionale ed economica che interessa il nostro Paese ha
creato non solo nuova disoccupazione ma ha anche negato
eventuali prospettive alle nuove generazioni intese tra i 18 ed i 40
anni di età; si è appresa notizia di numerosi giovani che, in assenza
di prospettive hanno preferito sia acquisire una maggiore
formazione recandosi a studiare all'estero, sia hanno preferito altri
luoghi per finalizzare la ricerca di un impiego soddisfacente,
affrontando tutte le problematiche relative a quel fenomeno che il
nostro Paese ha già vissuto ampiamente nel dopoguerra detto
emigrazione; le Associazioni riconosciute a livello regionale che si
occupano di corregionali all'estero hanno avuto notizia di gruppi
giovanili che si stanno organizzando, anche attraverso le nuove
modalità via web, al fine di aiutarsi a vicenda e reperire il know how
dai soggetti che sono emigrati nel Paese antecedentemente al fine
ultimo di evitare di incappare in situazioni di impasse; è compito di
ogni Paese cercare di evitare l'emigrazione o per lo meno favorire il
rientro dei soggetti che abbiano deciso di operare scelte di distacco
dai propri affetti e dalle proprie radici –:
se il Governo abbia monitorato i flussi migratori giovanili degli
ultimi ventiquattro mesi; come il Governo intenda operare, di
concerto con le associazioni dell'emigrazioni delle singole regioni,
per far sì che il legame, non solo affettivo, dei giovani e non solo,
emigranti venga rinsaldato. (4-01423)
§ 17. Interrogazione a risposta in commissione nr. 5-0092817
Interrogazione a risposta in commissione 5-00928 presentato da
DE ROSA Massimo Felice testo di Venerdì 9 agosto 2013, seduta
n. 69
DE ROSA, BARBANTI, BUSTO, DAGA, MANNINO,
SEGONI, TERZONI, TOFALO e ZOLEZZI.
Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e
della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle politiche
agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
17http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=6181&stile
=7&highLight=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+IN+C
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il 25 giugno 2013 a Capo Figari, area protetta della Gallura, a Golfo
Aranci, un incendio – probabilmente di origine dolosa – protrattosi
per 22 ore, ha distrutto oltre 600 ettari di ginepri secolari e macchia
mediterranea; dopo un pomeriggio di fiamme, l'evacuazione di
cinquanta bagnanti e alcune famiglie, non si è riusciti comunque a
domare il rogo; in piena notte i focolai hanno ripreso vita, il
maestrale si è trasformato in libeccio e in tanti, inermi, hanno
assistito alla distruzione dell'altro versante di Capo Figari;
a causa dell'area così impervia che limita inevitabilmente l'intervento
delle squadre a terra di vigili del fuoco, protezione civile, forestale e
volontari è imprescindibile l'utilizzo dei cosiddetti Canadair; a Olbia
ce ne dovrebbero essere due, ma uno era a Nuoro ed è arrivato
un'ora e mezza dopo e l'altro era fermo per un guasto;
nei dintorni di Ghilarza, in provincia di Oristano, in data 8 agosto
2013, sono state evacuate decine di case e in ospedale c’è un uomo
di 52 anni in condizioni disperate per aver sfidato il rogo che stava
divorando il suo ovile; a Laconi, un altro paese dell'Oristanese, la
protezione civile ha ordinato lo sgombero di una casa di riposo: un
incendio minaccia dal giorno 7 agosto 2013 la zona di Bingixedda e
quaranta anziani sono stati portati via d'urgenza;
si segnalano emergenze a Burgos, nella periferia di Sassari e nella
provincia di Cagliari: tra Isili e Nurallao le campagne ardono da
giorni e i quaranta detenuti di una colonia penale sono stati trasferiti
in tutta fretta; quella del 7 agosto 2013 era considerata una giornata
a rischio e le previsioni sono state rispettate: i piromani hanno fatto
scattare l'assedio soprattutto nei piccoli centri dell'Alto Oristanese,
dove è stata incenerita una fetta di territorio di quasi duemila ettari;
uno dei soli due Canadair disponibili ha subito un'avaria quasi
subito: il secondo è arrivato poco prima delle 20 ed è dovuto
tornare alla base per il sopraggiungere della notte; per la regione
Sardegna, infatti, sono previsti, in dotazione solamente due
Canadair, essendo stato tagliato il terzo precedentemente previsto,
secondo le riduzioni al bilancio della protezione civile; a supporto
dei due Canadair ci sono solo 11 elicotteri, acquistati peraltro con
risorse regionali; i due Canadair risultano spesso fuori uso, a causa
delle troppe ore trascorse in volo, o impegnati altrove, a centinaia di
chilometri di distanza, o peggio ancora oltre Tirreno;
l'area di Capo Figari era completamente priva della fascia
antincendio: i terreni – sia di proprietà privata che pubblica –
avrebbero dovuto essere ripuliti proprio per togliere miccia e
55
combustibile agli incendiari, ma non è stato fatto, mancava inoltre il
colonnino per le autobotti, ed è stato solo un caso o la provvidenza
che ha fatto sì che fossero scongiurati danni più gravi anche alla
popolazione; nel 2012 i dati del Corpo forestale dello Stato
testimoniano che nella sola regione Sardegna ci sono stati 805
incendi che hanno interessato un'area complessiva di 3.314 ettari,
mentre in tutta la Penisola si sono registrati 8.699 incendi per
un'area complessiva di 99.331 ettari;
la flotta aerea, trasferita ai vigili del fuoco dal dipartimento della
protezione civile, è composta da 15 Canadair a cui se ne aggiungerà
uno per il mese di agosto, più restanti quattro, posti in rotazione
tecnica –:
quali iniziative di competenza il Governo intenda adottare per
riuscire a potenziare e a razionalizzare le risorse e i mezzi a
disposizione al fine di prevenire in modo concreto ed efficace la
distruzione della macchia mediterranea, flagello che continua a
ripetersi, sistematicamente, ogni estate, mettendo seriamente a
repentaglio tutto il territorio italiano con gravissime ripercussioni
sociali, ambientali, paesaggistiche, ed economiche, penalizzando e
depauperando il patrimonio turistico, che dovrebbe invece essere
incentivato, sostenuto e favorito. (5-00928)
§ 18. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-0017018
Interrogazione a risposta scritta 4-00170 presentato da
DELL'ORCO Michele testo di Martedì 9 aprile 2013, seduta n. 8
DELL'ORCO, MUCCI, LIUZZI, DE LORENZIS, NICOLA
BIANCHI, FERRARESI, PAOLO BERNINI e SPADONI.
Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo
economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere
– premesso che:
ci sono stati pesantissimi danni economici e strutturali provocati dal
terremoto del 20 e 29 maggio 2012 nelle province di Modena,
Reggio Emilia, Bologna e Ferrara;
18http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=1266&stile
=7&highLight=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRI
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la zona del sisma è stata dichiarata in stato di emergenza nazionale
una prima volta il giorno 23 maggio 2012 per un periodo di sessanta
giorni; il decreto-legge n. 74 del 6 giugno 2012 (poi convertito in
legge) ha prorogato tale stato di emergenza sino al 31 maggio 2013;
lo stesso decreto-legge ha creato un fondo di sostegno al reddito
per il lavoratore autonomo delle zone terremotate;
tale fondo non è mai stato finanziato, lasciando di fatto senza aiuti i
lavoratori autonomi e le «partite IVA» che operavano nella zona; il
sistema bancario non sta erogando con la dovuta solerzia i
contributi per la ricostruzione, rallentando di fatto le operazioni di
ripresa;
le associazioni di categoria Cna, Lapam, Confartigianato, Fam,
Confcommercio, Confesercenti, Apmi, Coldiretti, Confagricoltura,
Cia, Copagri e l'Alleanza coop italiane hanno richiesto che venissero
presi provvedimenti per finanziare il fondo e per prorogare lo stato
di emergenza;
le suddette associazioni e qualche amministratore locale lamentano
l'atteggiamento non collaborativo degli istituti di credito –: cosa il
Governo intenda fare affinché lo stato di emergenza nazionale sia
prorogato fino al 31 dicembre 2013; se non ritenga opportuno
finanziare il fondo per il sostegno ai lavoratori autonomi, che risulta
privo di fondi;
se non ritenga opportuno assumere iniziative, anche attraverso le
opportune intese con l'ABI, per l'erogazione dei fondi necessari alla
ricostruzione. (4-00170)
§ 19. Interpellanza urgente nr. 2-0009019
Interpellanza urgente 2-00090 presentato da DI BATTISTA
Alessandro testo di Giovedì 13 giugno 2013, seduta n. 33
I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei
ministri, il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro dello
sviluppo economico, il Ministro degli affari esteri, il Ministro per gli
affari europei, per sapere – premesso che:
19http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=456&stile=
7&highLight=1&paroleContenute=%27INTERPELLANZA+URGENTE%27
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Eni spa è una società per azioni quotata in borsa il cui azionista di
maggioranza è il Governo, tramite il Ministero dell'economia e delle
finanze e la Cassa depositi e prestiti (anche questa controllata dallo
stesso Ministero dell'economia e delle finanze); il 7 dicembre 2011,
l'agenzia di stampa Reuters ha riportato la notizia dell'acquisto da
parte di Eni spa e dell'anglo-olandese Royal Dutch Shell della
concessione OPL 245 situata al largo del delta del fiume Niger, in
Nigeria, per l'ammontare di oltre 1 miliardo di dollari. Secondo
l'agenzia di stampa, Eni e Royal Dutch Shell avrebbero acquistato la
licenza al 50 per cento ed Eni sarebbe l'operatore; secondo lo stesso
articolo, la proprietà della licenza sarebbe della società nigeriana
Malabu Oil and Gas, di proprietà dell'ex Ministro del petrolio
nigeriano del Governo militare di Sani Abacha, Dan Etete; tuttavia
Eni e Shell avrebbero pagato il Governo nigeriano;
il 23 giugno 2011, il quotidiano La Repubblica riporta in un articolo
degli stralci delle testimonianze di Luigi Bisignani e Gianluca Di
Nardo che fanno riferimento all'acquisto della suddetta licenza. In
particolare, l'articolo riporta che Gianluca Di Nardo avrebbe
affermato: «Conosco Bisignani da 15 anni – parlai con lui di un
potenziale investimento in centro Africa: seppi che il mio contatto
africano Dan Etete (quello che chiamiamo «il ciccione»), già
ministro del petrolio in Nigeria, voleva cedere una concessione
petrolifera, e si era già rivolto a Eni, a Total e a Shell. Mi rivolsi
proprio a Bisignani perché era noto che era legato ai vertici
dell'Eni»; e ancora: «I dirigenti locali dell'Eni in Nigeria si erano
messi in contatto direttamente con Etete, avevano scavalcato me e
la banca d'affari. Ribadisco che non se ne è fatto più nulla»; il 12
novembre 2012, l'agenzia di stampa Reuters ha riportato che alcuni
quotidiani nigeriani avrebbero ripreso la dichiarazione del Ministro
della giustizia nigeriano Mohammed Adoke nel maggio 2012
secondo cui «Shell e Eni si sarebbero accordate per pagare la società
Malabu per il blocco OPL 245, con l'intermediazione del governo
nigeriano»; lo stesso articolo ha riportato una dichiarazione
dell'organizzazione inglese anti-corruzione Global Witness secondo
cui «se Shell e Eni sapevano che il destinatario ultimo del
pagamento sarebbe stata la società Malabu e Dan Etete, allora
questa transazione potrebbe essere stata fatta in violazione della
normativa anti-corruzione del Regno Unito»;
l'11 maggio 2013, il quotidiano La Repubblica riprende alcuni dei
punti sollevati da Simon Taylor, direttore di Global Witness,
58
intervenuto durante l'assemblea degli azionisti dell'Eni svoltasi a
Roma il 10 maggio 2013. In particolare, l'articolo riporta che
secondo Global Witness «Eni e Shell si accordarono per ottenere la
concessione di sfruttamento di un campo petrolifero al largo dei
Delta del Niger, sapendo che questo avrebbe portato a un
pagamento a ex funzionari del governo nigeriano.
Le corporation avrebbero dovuto sapere che un pagamento del
genere era illegale»;
secondo lo stesso articolo, due intermediari esclusi dalla ripartizione
del compenso da Dan Etete avrebbero fatto causa alla società
Malabu Oil and Gas a New York e a Londra, arrivando a ottenere il
congelamento di 215 milioni di dollari fermi per mesi su un conto
del Governo nigeriano alla JP Morgan. Questa somma sarebbe
spettata alla società Evp, il cui titolare è il nigeriano Emeka Obi,
«oltre il prezzo di acquisto». Come segnalato nell'articolo: «La
percentuale dovuta a Obi era dunque un ammontare inconsueto (19
per cento circa, ndr) persino per questo genere di affari, che
secondo Etete doveva essere spartito anche con alcuni dirigenti
della compagnia petrolifera italiana»;
il 17 maggio 2013, il mensile Altreconomia riporta sul proprio sito
web che l'amministratore delegato dell'Eni Paolo Scaroni avrebbe
risposto in modo evasivo alle domande poste da Simon Taylor in
merito ai diversi incontri avvenuti tra il top manager dell'azienda e
Dan Etete prima della firma del contratto, come anche sull'altissima
commissione richiesta da uno dei due intermediari, Emeka Obi; nel
luglio 2010, il Dipartimento di Giustizia e la Security and exchange
commission del Governo degli Stati Uniti hanno dichiarato che
l'allora Snamprogetti (oggi Saipem, controllata da Eni) e altre tre
aziende partner nel consorzio TSKJ avrebbero pagato tangenti per
182 milioni di dollari al Governo nigeriano per aggiudicarsi il
contratto per la costruzione dell'impianto di liquefazione del gas di
Bonny Island, in Nigeria. L'Eni ha dovuto pagare una multa di 365
milioni di dollari alle autorità statunitensi e, nell'ambito dello stesso
patteggiamento, ha firmato un accordo («deferred prosecution
agreement») in base al quale l'Eni sostanzialmente riconosceva la
propria colpevolezza nell'aver violato la legge statunitense anticorruzione (Foreign Corrupt Practices Act, FCPA) e si impegnava
ad adottare e implementare entro i due anni successivi un adeguato
sistema anti-corruzione per prevenire future violazioni della stessa
normativa; come segnalato nel dossier presentato dalla Fondazione
59
culturale responsabilità etica all'Eni, in vista dell'assemblea degli
azionisti del 10 maggio 2013, nel corso della precedente assemblea
degli azionisti, in data 8 maggio 2012, l'amministratore delegato
dell'Eni Paolo Scaroni avrebbe dichiarato che «lo strumento
principale dell'Eni per gestire gli scandali è un adeguato ed efficace
sistema interno di controllo e gestione del rischio, basato sulle
migliori pratiche internazionali e valutato su base annua dal Board
sulla base dei rapporti degli organi competenti. Speciale attenzione
viene dedicata al sistema per la prevenzione dei crimini in violazione
della legge n. 231, anti-corruzione, e al rispetto dei codice etico
aziendale»; la procura di Milano negli ultimi anni ha aperto diverse
indagini su eventuali reati di corruzione associati ad attività
specifiche di Eni o sue controllate in Kazakihstan, Iraq, Nigeria e
Algeria –:
se il Governo, in qualità di principale azionista dell'Eni spa intenda
chiarire: se i Ministri interpellati siano informati dei numerosi
incontri intercorsi nel periodo 2009-2011 tra Claudio Descalzi,
Vincenzo Armanna e Roberto Casula, per conto di Eni, e Dan
Etete, titolare della società Malabu Oil and Gas già condannato per
riciclaggio in Francia nel 2007, e quali siano la natura, l'obiettivo e i
contenuti di tali incontri;
se i Ministri interpellati siano informati della relazione tra Luigi
Bisignani, Gianluca Di Nardo e gli alti dirigenti Eni in riferimento al
caso in questione, e quali provvedimenti abbiano messo in atto per
verificare se vi siano stati rapporti diretti tra Eni e Dan Etete in
seguito alla pubblicazione della testimonianza di Di Nardo;
quale sia la posizione del Governo riguardo ai recenti scandali di
corruzione internazionale in cui è coinvolta l'azienda per fatti
avvenuti tra il 2010 ed oggi, in particolare nel periodo di pendenza
coperto dal «deferred prosecution agreement» firmato con le
autorità statunitensi, date le responsabilità dirette al riguardo del
Governo in seguito agli accordi internazionali anti-corruzione
firmati in sede Ocse;
quali iniziative il Governo intenda porre in essere con urgenza
perché sia fatta chiarezza rispetto al caso Malabu Oil and Gas OPL
245, vista la probabile inadeguatezza del codice di condotta interno
o della sua implementazione da parte del management dell'Eni;
fino a che punto la dirigenza Eni fosse a conoscenza del fatto che il
beneficiario ultimo del pagamento per l'acquisto della concessione
OPL 245 sarebbe stata la società Malabu Oil and Gas e Dan Etete,
60
già condannato per riciclaggio, anche visto che lo stesso accordo di
acquisto dice che «per il pagamento (...) della somma di USD
1.092.040.000 in un escrow account finalizzato a permettere al
Governo Federale della Nigeria di risolvere tutte le controversie in
essere sulla concessione 245»;
se risulti per quali ragioni il pagamento sia avvenuto in un conto
escrow a Londra e non sul conto del Governo federale nigeriano
titolato a gestire la compravendita di concessioni petrolifere; se il
Governo, in quanto maggiore azionista di Eni spa, fosse a
conoscenza di queste operazioni dell'azienda e, nel caso non lo
fosse stato, che cosa abbia intenzione di fare a riguardo. (200090) «Di Battista, Lupo, L'Abbate, Massimiliano Bernini, Battelli,
Marzana, Barbanti, Vacca, Dall'Osso, Scagliusi, Sibilia, Parentela,
Cristian Iannuzzi, Nicola Bianchi, De Rosa, Daga, Liuzzi, De
Lorenzis, Brugnerotto, Artini, Alberti, Currò, Pisano, Vignaroli,
Zolezzi, Cariello, Della Valle, Nuti, Spessotto, Corda».
§ 20. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-01826 20
Testo presentato, in data Venerdì 13 settembre 2013, seduta n. 77,
da:
GALLINELLA, BENEDETTI, MASSIMILIANO
BERNINI,
GAGNARLI, L'ABBATE, LUPO, PARENTELLA, CIPRINI.
Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso
che:
un articolo pubblicato da La Repubblica l'11 settembre 2013, a
firma del giornalista Goffredo De Marchis, riporta i dettagli del
cosiddetto «Conclave dei saggi» che avrà il compito di ultimare la
proposta di modifica della Costituzione;
nell'articolo si legge che le circa 60 persone che parteciperanno alla
riunione alloggeranno, dal 15 al 17 settembre, nell'albergo «Villa
Maria», a Francavilla, un hotel a 4 stelle superior situato in un parco
di 6 ettari su una collina che affaccia sul mare Adriatico;
i partecipanti – i 33 saggi originari, due funzionari parlamentari
distaccati presso il Governo, i sette relatori, gli addetti alla segreteria
20http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=6613&stile=7&highLi
ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27
61
– saranno circa 60 e il costo previsto, sempre secondo quanto si
legge nell'articolo, si aggira intorno ai 20 mila euro;
questa cifra non sarà però a carico dei partecipanti, come fu per il
primo incontro dei saggi a Sarteano, bensì a carico di Palazzo Chigi;
a parere degli interroganti, se tutto ciò fosse vero, si tratterebbe di
un inutile quanto disonorevole spreco di risorse pubbliche, che
potrebbero essere utilizzate per ben altri scopi, e che appare un
controsenso nella filosofia della spending review messa in atto dagli
ultimi Governi; sia la Camera che il Senato, nonché lo stesso
Palazzo Chigi, hanno a disposizione dei locali adatti ad ospitare una
tale importante riunione, il cui utilizzo non inciderebbe in alcun
modo sulle risorse di Stato –:
se quanto riportato nell'articolo de La Repubblica corrisponda al
vero e se, in caso sia effettivamente così, non ritenga opportuno ed
urgente ripensare le modalità di organizzazione della riunione dei
«saggi», utilizzando, più opportunamente, i locali già a disposizione
delle istituzioni, senza intaccare ulteriormente le risorse pubbliche.
(4-01826)
§ 21. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-0010821
Testo presentato, in data Martedì 26 marzo 2013, seduta n. 4, da:
GRILLO.
Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso
che:
a seguito delle notizie di stampa cartacea e ai servizi di telegiornali
regionali e nazionali, si apprende dell'intensa attività parossistica
verificatasi nei giorni scorsi sul vulcano Etna;
la violenta eruzione, così come descritta da alcuni organi di stampa,
tra cui il «Corriere del Mezzogiorno», da «Livesicilia.it», dall'agenzia
di stampa «Agi», prodottasi nel cratere siciliano è avvenuta a partire
da sabato sera 16 marzo 2013, letteralmente sommergendo di sabbia
vulcanica i paesi etnei del versante orientale, che adesso si trovano
alle prese con l'ennesima «emergenza cenere»; anche il dipartimento
regionale della Sicilia dell'Istituto nazionale di geofisica e
21http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=1142&stile=7&highLi
ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27
62
vulcanologia (INGV) ha dato ampio risalto alla pericolosità
dell'evento;
infatti dalla relazione che si può leggere sullo stesso sito dell'Ingv
risulta che la grande fontana di lava del nuovo cratere di sud-est,
durante la manifestazione effusiva del 16 marzo 2013, ha prodotto
l'ottavo episodio di attività parossistica nell'arco di meno di quattro
settimane, dopo un intervallo di calma di dieci giorni;
questo evento, secondo la relazione dell'istituto, è «uno dei più
violenti nell'attuale serie di parossismi»; è stato preceduto da una
lunga fase di «preludio», inteso come attività stromboliana.
Quest'ultima è caratterizzata da espulsione, con cadenza spesso
ritmica, di brandelli di magma incandescente (bombe, lapilli e
ceneri) ad altezze da pochi fino a centinaia di metri, o anche alcuni
chilometri. A quel punto cenere e lapilli, sospinti lateralmente dai
venti dominanti formano una specie di ombrello dal quale iniziano a
cadere depositandosi a terra;
questa volta la quantità di scorie emesse dal «pit crater» di sud-est è
stata particolarmente ingente e per i sindaci la conta dei danni è
quanto mai amara;
tra i centri più colpiti, occorre menzionare Zafferana etnea, insieme
al triangolo di territorio che ha ai suoi vertici Santa Venerina,
Acireale e le cittadine di Giarre e Riposto. In media si calcola che, a
Zafferana, la densità di materiale piroclastico versatosi ammonta a
circa 12 chilogrammi al metro quadro, contro gli 800 grammi della
scorsa volta;
già dieci giorni prima, tra il 5 e il 6 marzo, l'attività di espulsione di
ceneri aveva interessato lo stesso territorio. E l'attività parossistica
era continuata con un progressione sempre minore all'interno della
voragine del cratere fino al quasi totale silenzio dello scorso 14
marzo. Nel pomeriggio del 15 invece, i sismografi hanno iniziato a
registrare «numerosi segnali di attività esplosiva», e si è osservato un
«aumento dell'ampiezza del tremore vulcanico, continuato in
maniera graduale», fino a raggiungere le esplosioni della notte del 16
marzo, con annessi trabocchi frequenti di lava, e «fontane alte fino a
2 chilometri sopra l'orlo craterico». A quel punto gli agenti
atmosferici hanno contribuito a sospingere le ceneri sulle abitazioni
dei centri sul lato est del vulcano;
nella città di Zafferana, secondo le dichiarazioni del sindaco Alfio
Russo, raccolte dal Corriere del Mezzogiorno, «la comunità è in
ginocchio e ci vorranno almeno due mesi per riportare la situazione
63
alla normalità». Dall'esperienza del primo cittadino del comune
etneo si ricava pure che tra le ultime «trenta emergenze di sabbia
vulcanica degli ultimi anni, questa rappresenta un evento
eccezionale»; si calcola che lo spessore del deposito di lapilli
scoriacei abbia raggiunto in codesto comune «circa 10 centimetri», e
molti frammenti avevano un diametro «fra i 5 e 8 centimetri», fino a
10, che hanno determinato anche danni a numerose autovetture.
Fino al pomeriggio del 17 marzo, a fasi alterne, l'attività esplosiva è
continuata; l'amministrazione comunale ha diramato un comunicato
con il quale ha sancito la chiusura dei plessi scolastici del centro
urbano e delle frazioni per due giorni, 18 e 19 marzo, «al fine di
consentirne la pulizia, riscontrare eventuali danni e prevenire
potenziali pericoli per la viabilità e (...) l'incolumità» delle persone in
caso di pioggia. È stato chiesto l'aiuto della Protezione civile e,
sebbene nei primi giorni si è avuto scarso riscontro, Russo ha
riconosciuto che negli ultimi giorni l'impegno della direzione
regionale del dipartimento di protezione civile è stato avviato «con
forza»; sempre il comune di Zafferana ha inoltrato alle istituzioni
regionali e statali la richiesta dello stato di calamità poiché, «a causa
delle eccezionali proporzioni dell'evento calamitoso, non è in
condizioni di fronteggiare, questa volta, detta emergenza con
proprie risorse, uomini e mezzi, né di assicurare il giusto ristoro al
gravissimo pregiudizio sofferto dalla popolazione» per la
«riparazione dei veicoli», nonché per «gli ingenti costi occorrenti per
la pulizia dei tetti e delle grondaie»; un'altra conseguenza negativa
sul paese etneo è quella relativa ai «danni incalcolabili al turismo ed
allo sviluppo economico» di Zafferana, denominata «Centro
turistico estivo ed invernale per l'Etna»;
a Santa Venerina, città più volte colpita in passato da eventi tellurici,
l'amministrazione comunale ha diramato l'ennesimo comunicato
con cui invita i cittadini a tenersi al chiuso nelle abitazioni e, laddove
necessario, a circolare a moderata velocità «al fine di evitare il
sollevamento di sabbie e polveri sottili»; ha disposto la chiusura
degli istituti scolastici per un paio di giorni e degli stessi cimiteri;
nel paese di Acireale, ha dichiarato negli scorsi giorni il sindaco di
Acireale Nino Garozzo alla stampa, mentre ruspe
e bobcat lavoravano senza sosta per ripulire le strade, «i residenti
hanno dovuto rimboccarsi le maniche e cavarsela da soli,
ammucchiando i sacchi con la cenere lungo i marciapiedi e
liberando le grondaie prima dell'arrivo delle piogge». Rivolgendo
64
anche un rimprovero alle istituzioni regionali e statali per
«l'imbarazzante assenza, anche solo di conforto»; dal
portale internet del comune di Acireale si ricava un comunicato
stampa dal sapore amaro. In cui si legge che «a seguito della copiosa
caduta di cenere e lapilli vulcanici (...) tra le frazioni di S.M.
Ammalati, Guardia, Mangano, S. Giovanni Bosco, Pozzillo, Stazzo,
S. Tecla, si è tenuta una riunione» con i maggiori responsabili
istituzionali del settore di protezione civile. E, dopo una
ricognizione dei danni, oltre alla richiesta dello «stato di calamità,
sono stati assunti alcuni provvedimenti immediati»; l'apertura delle
scuole delle su menzionate frazioni acesi è stata resa possibile grazie
all'intervento dei volontari. E ancora oggi è in atto la raccolta dei
sacchetti di cenere, attività che si protrarrà fino al prossimo 3 aprile.
Il comune ha iniziato ad intervenire «secondo quanto previsto dal
Piano di protezione civile, a partire dal centro delle frazioni, fino ad
allargarsi sui perimetri stradali»; anche a Giarre la situazione non è
migliore. È iniziata la pulizia delle arterie viarie, tra polemiche tra le
fazioni politiche per presunti «ritardi e rimbalzi responsabilità tra
enti locali» comunali, provinciali e regionali; la situazione è tale
infatti che alla prossima seduta del consiglio comunale è stato
aggiunto un punto integrativo che ha come obiettivo la
«riapprovazione della delibera consiliare» già emanata qualche
settimana fa per un evento simile, in modo da disporre della
dichiarazione dello stato di emergenza e di «somme per iniziative
necessarie in conseguenza dell'intensa e ricorrente attività vulcanica»
sulla zona; tutti i comuni su citati, del resto, hanno invitato i propri
cittadini ad armarsi di buona volontà per porsi a disposizione e
coadiuvare le istituzioni nella raccolta delle ceneri e disporle in
appositi sacchetti;i comuni sono impossibilitati ad intervenire
economicamente per non sforare il patto di stabilità, così come dai
loro rappresentanti dichiarato ai vari tavoli di coordinamento
dell'attività di intervento; anche il prefetto di Catania si è attivato
per convocare nei giorni scorsi un tavolo straordinario,
promettendo che si sarebbe rivolto direttamente alle istituzioni
regionali; la sera del 20 marzo 2013, infatti, si è riunito il vertice per
l'emergenza cenere dell'etneo, convocato dal Presidente della
regione. Sotto la coordinazione dell'assessore regionale Nicolò
Marino e la partecipazione dei dirigenti generali regionali della
protezione civile e del dipartimento di acqua e rifiuti, oltre al
commissario della provincia catanese, dall'incontro è scaturito
65
l'impegno del dipartimento regionale della protezione civile a
proporre alla giunta del presidente Crocetta la dichiarazione dello
stato di calamità e di avanzare al Governo nazionale la dichiarazione
dello stato di emergenza per i comuni che hanno subìto i danni.
Sarà definito, inoltre, un piano di interventi del sistema di
protezione civile, «da attuare in modo automatico e strutturato per
affrontare tempestivamente ed efficacemente un fenomeno che
ormai si ripete con una frequenza sempre crescente, che contempli
una dotazione di mezzi ed attrezzature»; lo stato d'emergenza è
necessitato, secondo quanto risulta da fonti di stampa che hanno
ripreso il dibattito dei vari tavoli istituzionali e la relazione
dell'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia, è necessitato dal
fatto che l'intensa attività esplosiva del vulcano Etna avrebbe
colpito oltre tutto in maniera grave le colture, in particolare delle
zone intorno al comune di Zafferana etnea; gli agricoltori della zona
ricadente nel comune di Zafferana etnea e di quelli limitrofi, che in
passato si erano costituiti in una cooperativa agricola, hanno
diramato un comunicato in cui specificano i danni subiti dalle
attività produttive. In particolare, secondo la cooperativa
«Zaufanah», «l'evento del 16 marzo è stato quello più violento
verificatosi negli ultimi sessant'anni, sia per il quantitativo di lapilli
che per le dimensioni»; se nel centro urbano sono ricaduti tra gli 11
e i 12 chilogrammi di sabbia e cenere vulcanica, invece «nella zona
montana coltivata a frutteti, e distante dal cratere di sud-est
solamente 5 chilometri», la densità di materiale piroclastico
ammonta a circa «30 chilogrammi al metro quadrato». Ciò ha
provocato negli alberi da frutto, come i meli, «rotture e fessurazioni
alle branche primarie, secondarie e terziarie e sulle gemme a frutto».
Le conseguenze si riverbereranno non solo sulla mancata
produzione fruttifera dell'annata in corso, ma «anche su quelle
successive»; gli agricoltori dell'est etneo ribadiscono che «gli eventi
vulcanici degli ultimi tre anni, per il loro susseguirsi con cadenza e
periodicità spesso ravvicinata, assumono carattere di continuità e
non di eccezionalità». Tanto da rendere non più procrastinabile
«l'adozione di provvedimenti anche di natura legislativa per dotare
la Protezione civile e i comuni di strumenti e mezzi idonei a
fronteggiare l'emergenza»; si tratta, invero, di una circostanza di
gravissima crisi in un'area determinata del territorio, che deve essere
fronteggiata con mezzi e poteri straordinari. E, così come previsto
dalla legge n. 225 del 1992, lo stato di emergenza è finalizzato a
66
consentire l'adozione dei provvedimenti straordinari idonei al suo
superamento (e all'avvio della ripresa) –:
se non ritenga di dover adoperarsi per approntare un adeguato
piano di aiuti in termini di mezzi, risorse umane ed economiche;
se non ritenga di disporre l'immediata convocazione del Consiglio
dei ministri per approvare la dichiarazione dello stato di emergenza
non appena giunga la richiesta da parte della regione siciliana; se
non ritenga opportuno assumere iniziative dirette a consentire ai
comuni sopra menzionati lo sforamento del patto di stabilità,
proprio al fine di tutelare la salute pubblica e la circolazione piena di
persone, mezzi e merci. (4-00108)
§ 22. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-0082722
Testo presentato, in data Mercoledì 12 giugno 2013, seduta n. 32,
da:
LIUZZI, CATALANO, DE LORENZIS, TONINELLI,
COZZOLINO, SCAGLIUSI,BIANCHI, DELL'ORCO, SARTI,
DEL GROSSO, TACCONI, PAOLO BERNINI,CARINELLI,
SPESSOTTO, VIGNAROLI, DIENI, DADONE, BARONI,
CECCONI, MUCCI e CASTELLI.
Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari
esteri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
in seguito alle rilevazioni apparse sui quotidiani The
Guardian e Washington Post nella scorsa settimana è emerso che il
Governo americano per il tramite dellaNational Security
Agency (NSA) ha messo in atto, a partire dal novembre 2007, un
progetto denominato Prism al fine di contrastare il terrorismo
interno ed internazionale attraverso un capillare controllo delle
informazioni veicolate attraverso la rete internet; da quanto è
emerso sugli organi di stampa tale programma ha consentito alla
NSA ed al Governo americano, senza un preventivo controllo
giurisdizionale,
di
accedere
ai
tabulati
telefonici
del provider Verizon nonché di accedere direttamente ad
informazioni personali (quali mail, video, foto, chat vocali, notifiche
22http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=2288&stile=7&highLi
ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27
67
di accesso e ad altre informazioni) di utenti americani e non
custodite sui server dei maggiori provider internet quali: Google,
Facebook, Microsoft, Yahoo, PalTalk, AOL, Skype, YouTube e
Apple; da quanto è emerso dagli articoli di stampa non è possibile
escludere che tale attività controllo abbia coinvolto cittadini italiani
ed europei che utilizzano i servizi dei suddetti provider;
tali attività, ove verificate, costituirebbero una profonda lesione dei
diritti fondamentali dei cittadini italiani, quali la privacy e la libertà
di espressione in rete; il Garante italiano per la protezione dei dati
personali Antonello Soro in data 6 giugno 2013 ha dichiarato in un
comunicato a mezzo internet che «Preoccupa l'azione della National
Security Agency statunitense, che a quanto si apprende avrebbe
raccolto tabulati telefonici di milioni di cittadini, probabilmente non
solo statunitensi. Preoccupa poi il fatto che tra i soggetti intercettati
possano esservi anche cittadini europei, ai quali le discipline interne
garantirebbero un livello di tutela ben più elevato. La difesa della
democrazia passa sempre attraverso il consolidamento delle libertà e
non deve essere affidata alle scorciatoie di una sorveglianza
generalizzata della vita dei cittadini. Come lo stesso Presidente
Obama ha più volte riconosciuto»; in data 10 giugno 2013 il
Garante europeo per la protezione dei dati personali Peter Hustinx
ha espresso viva preoccupazione per le possibili implicazioni
negative per la privacy e altri diritti fondamentali dei cittadini
europei derivanti dal programma Prism, sostenendo la richiesta del
presidente dell’article 29 Working Party Jacob Kohnstamm rivolta
alla Commissione europea di chiedere chiarimenti al Governo
americano in occasione del summit UE-USA in programma per il
14 giugno 2013; in data 11 giugno nell'ambito della sessione plenaria
del parlamento europeo, la Commissione europea ha espresso la
propria preoccupazione in relazione al trattamento massivo di dati
personali di cittadini europei che sarebbe avvenuto per il tramite
programma Prism ed ha annunciato che chiederà chiarimenti alle
autorità statunitensi nell'ambito del vertice ministeriale UE-USA in
programma il 14 giugno –:
quali iniziative di competenza il Governo intenda adottare al fine di
verificare se l'attività di controllo esercitata attraverso il programma
Prism abbia riguardato dati ed informazioni afferenti a cittadini
italiani e se tale attività sia stata conforme a quanto previsto dalle
vigenti norme comunitarie e nazionali in materia di protezione dei
68
dati personali nel rispetto degli accordi internazionali vigenti in
materia. (4-00827)
§ 23. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-0042623
Testo presentato, in data Martedì 14 maggio 2013, seduta n. 15, da:
LIUZZI, DE LORENZIS, CATALANO,
IANNUZZI, ROMANO, NICOLA BIANCHI.
Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo
economico, al Ministro per la pubblica amministrazione e la
semplificazione. — Per sapere – premesso che:
il 12 agosto 2012 è entrata in vigore la legge 7 agosto 2012, n. 134
che ha convertito, con modificazioni, il decreto legge 22 giugno
2012, n. 83 recante «Misure urgenti per la crescita del Paese»
cosiddetto «decreto crescita 2.0»;
nel decreto succitato viene istituita l'Agenzia digitale italiana alla
quale sono affidati interventi previsti nei settori quali: identità
digitale, pubblica amministrazione digitale/open data, istruzione
digitale, sanità digitale, divario digitale, pagamenti elettronici e
giustizia digitale;
nell'articolo 22 del decreto-legge n. 83 del 2012 vengono trasferite
all'Agenzia per l'Italia digitale il personale e le funzioni della DigitPa
e il personale e le funzioni di quello dell'Agenzia per la diffusione
delle tecnologie per l'innovazione;
il personale della DigitPa conta 120 unità, in base alla tabella A del
decreto legislativo 177 del 2009, prevista dall'articolo 12, comma 1;
l'8 marzo 2013 il Presidente del Consiglio pro tempore Mario
Monti, su iniziativa dei Ministri pro tempore Passera, Patroni Griffi,
Profumo e Grilli, ha firmato il decreto che approva lo statuto
dell'Agenzia per l'Italia digitale e in seguito all'approvazione, lo
Statuto è stato inviato alla Corte dei conti per il controllo consueto;
il ministro pro tempore Corrado Passera ha pubblicamente
commentato, dicendo che si trattava di un «altro passo avanti per
l'Agenda digitale per dotare i cittadini di servizi più efficienti»,
permettendo al nuovo organismo operatività per svolgere «gli
23
Inserisci nota (link al documento della Camera dei Deputati) …………….
69
importanti compiti sul fronte dell'innovazione che le sono stati
assegnati»;
tuttavia, le organizzazioni sindacali Fp Cgil, Fp Cisl, Falbi, Ugl,
Fialp Cisal e la Rsu Agenzia per l'Italia digitale, tramite una missiva
inviata al direttore Agostino Ragosa reputavano che l'approvazione
dello statuto non rientrava nei poteri di «ordinaria amministrazione
del Governo dimissionario» accusando lo statuto di contenere
«previsioni in assoluto contrasto con la stessa normativa di
risparmio e contenimento della spesa pubblica che ha ispirato la
riforma e soppresso i vari enti che sono poi confluiti nella nuova
Agenzia»;
durante il discorso di fiducia alla Camera dei deputati, l'attuale
Presidente del Consiglio Enrico Letta ha dichiarato che tra i pilastri
del piano pluriennale di ricerca e innovazione vi sono l'Agenda
digitale e l'economia verde, insieme all'aerospazio e alle
nanotecnologie;
ciononostante, in data 8 maggio 2013 si apprendeva dagli organi di
stampa che il Governo aveva ritirato lo statuto dell'Agenzia per
l'Italia digitale, inviato a metà marzo 2013 alla Corte dei conti per la
registrazione
–:
quali siano le motivazioni in base alle quali sia stato disposto il ritiro
dello statuto dell'Agenzia digitale per l'Italia; quali azioni si
intendano porre in essere affinché l'Agenzia per l'Italia digitale
possa al più presto attivare gli interventi per i quali è stata istituita.
(4-00426)
§24. Interpellanza urgente nr. 2-0003124
Testo presentato, in data Giovedì 16 maggio 2013, seduta n. 17, da:
LOMBARDI e LUIGI GALLO.
I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei
ministri, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere –
premesso che:
il tribunale civile di Torre Annunziata ha dichiarato il fallimento
della società Deiulemar Compagnia di Navigazione spa con
24http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=376&stile=7&highLig
ht=1&paroleContenute=%27INTERPELLANZA%27
70
sentenza n. 25 del 2 maggio 2012 per aver emesso obbligazioni, in
violazione di quanto disposto dall'articolo 2412 del codice civile, per
un valore di circa 858 milioni di euro; nel 1997 l'ufficio italiano dei
cambi, oggi confluito in Banca d'Italia, aveva rifiutato la richiesta di
iscrizione della società nell'elenco generale degli intermediari
finanziari, di cui all'articolo 106 del Testo unico bancario (decreto
legislativo n. 385 del 1993 e successive modifiche), per mancanza
dei presupposti di legge;
nel 2002 la Banca d'Italia, sulle vicende in questione, ha segnalato la
società alla competente procura della Repubblica a norma
dell'articolo 331 del codice di procedura penale; il decreto legislativo
n. 231 del 2007, in attuazione della direttiva 2005/60/CE,
conferisce all'Unità di informazione finanziaria, istituita presso la
Banca d'Italia, l'analisi dei flussi finanziari al fine di individuare e
prevenire fenomeni di riciclaggio di denaro, nonché l'analisi
finanziaria delle operazioni sospette segnalate;
l'articolo 41 del decreto legislativo n. 231 del 2007 introduce una
procedura per la segnalazione, obbligatoria, delle operazioni
sospette;
non si ha conoscenza delle segnalazioni effettuate dai soggetti di cui
al decreto legislativo n. 231 del 2007 operanti con la predetta
società, (i relativi soci ed amministratori), effettivamente pervenute
all'Unità di informazione finanziaria; non si ha conoscenza di quali
inadempienze l'Unità di informazione finanziaria abbia riscontrato
in relazione alle operazioni poste in essere dalla società; non si
comprende se sia stata o meno effettuata un'analisi dei flussi
finanziari riconducibili alla società, così come previsto dal decreto
legislativo n. 231 del 2007 e dal regolamento per l'organizzazione e
il funzionamento dell'Unità di informazione finanziaria;
non si comprende se le autorità preposte al controllo abbiano
adempiuto alle proprie prerogative –:
se non si ritenga opportuno assumere ogni iniziativa di competenza
affinché si possa pervenire all'individuazione degli eventuali
responsabili degli omessi controlli e delle omesse segnalazioni;
quali iniziative di competenza si intendano assumere al fine di
evitare che, in futuro, possano verificarsi nuovamente simili
violazioni a danno dei risparmiatori e della stabilità del sistema
finanziario. (2-00031)
71
§ 25. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-0148325
Testo presentato, in data Lunedì 29 luglio 2013, seduta n. 60, da:
LOMBARDI e D'AMBROSIO.
Al Presidente del Consiglio dei ministri — Per sapere – premesso
che:
la corte Costituzionale ha dichiarato illegittimo il decreto-legge
contenente un dispositivo normativo finalizzato all'abolizione delle
Province previsto nel decreto Salva-Italia del dicembre 2011 con la
corretta motivazione sostanziale in base alla quale il decreto-legge,
atto destinato a fronteggiare casi straordinari di necessità ed
urgenza, è strumento normativo non utilizzabile per realizzare una
riforma organica e di sistema quale quella prevista dalle norme
censurate nel presente giudizio; considerato che tale decreto-legge è
il frutto del lavoro – tra gli altri – dell'ufficio legislativo del
Ministero dell'interno (in particolare la parte riguardante le
Province); oltretutto va osservato che qualunque dirigente e/o
funzionario della pubblica amministrazione non può non sapere che
un decreto-legge non ha (e mai potrebbe essere così) la forza
normativa per modificare la Carta Costituzionale –:
chi sia il capo dell'ufficio legislativo del Ministero dell'interno
responsabile dell'istruttoria normativa confluita poi nel decretolegge dichiarato incostituzionale, se sia tuttora in carica ovvero quali
funzioni svolga, se risulti sulla base di quali competenze sia stato
scelto, nonché quali iniziative il Presidente del Consiglio dei ministri
– tenuto conto dell'evidenza – intenda avviare per rivedere i criteri
di scelta ed assegnazione per i delicati compiti che quotidianamente
sono chiamati a svolgere i capi degli uffici legislativi dei vari
ministeri. (4-01483)
§ 26. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-0105226
Testo presentato, in data Giovedì 27 giugno 2013, seduta n. 42, da:
LOMBARDI.
25http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=4911&stile=7&highLi
ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27
26http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=2513&stile=7&highLi
ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27
72
Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per i rapporti
con il Parlamento ed il coordinamento delle attività di Governo. —
Per sapere – premesso che: in data 21 giugno 2013, sul sito della
Presidenza del Consiglio è apparso il seguente comunicato: «La
Presidenza del Consiglio dei Ministri, in relazione alla notizia della
nomina di Antonio Colini a presidente pro tempore dell'Istat,
precisa quanto segue: Golini reggerà l'Istat per consentire che le
funzioni monocratiche del presidente siano assolte e i poteri
precipui del presidente siano esercitati;
la nomina ha carattere temporaneo ed è legata all'avvio dell’iter di
nomina del nuovo presidente; l'ultimo presidente, Enrico
Giovannini, si è dimesso.
Attualmente è Ministro del lavoro» –: quali siano le ragioni per le
quali il Governo abbia provveduto alla nomina del presidente pro
tempore dell'Istat, che come noto è un ente di diritto pubblico non
economico, senza aver previamente sottoposto la designazione
all'esame delle competenti commissioni parlamentari per
l'acquisizione del parere obbligatorio a maggioranza qualificata dei
due terzi, siccome previsto dall'articolo 3 della legge n. 400 del 1988
dall'articolo 5 della legge n. 196 del 2009. (4-01052)
§ 27. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-0188427
Testo presentato, in data Giovedì 19 settembre 2013, seduta n. 80,
da:
MANNINO, BUSTO, DAGA, DE ROSA, SEGONI, TERZONI,
TOFALO e ZOLEZZI.
Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle
infrastrutture e dei trasporti.
— Per sapere – premesso che:
in base all'articolo 19, comma 6-ter, della legge n. 241 del 1990, la
segnalazione certificata di inizio attività non costituisce un
provvedimento tacito direttamente impugnabile;
l'interessato può, dunque, sollecitare l'amministrazione a compiere
le verifiche di competenza e – solo in caso di inerzia – può chiedere
27http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=6780&stile=7&highLi
ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27
73
al
giudice
amministrativo
l'accertamento
dell'obbligo
dell'amministrazione di provvedere in base all'articolo 31, commi 1,
2 e 3 del decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104; in base al citato
articolo 31 del decreto legislativo n. 104 del 2012, il giudice può
pronunciarsi sulla fondatezza della richiesta solo quando si tratta di
attività vincolata o quando risulta che non residuano ulteriori
margini di esercizio della discrezionalità e non sono necessari
adempimenti
istruttori
che
debbano essere
compiuti
dall'amministrazione;
con il decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito con
modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, all'articolo 30, sono
state apportate delle modifiche al testo unico delle disposizioni
legislative e regolamentari in materia edilizia, e in particolare alla
definizione delle categoria di intervento edilizio «ristrutturazione
edilizia», di cui all'articolo 3 del testo unico, includendo in detta
categoria anche gli interventi di demolizione e ricostruzione che
comportano la realizzazione di un edificio con la stessa volumetria,
ma con una sagoma diversa da quella dell'edificio preesistente;
con la modifica apportata dal decreto-legge 21 giugno 2013 n. 69,
convertito, con modificazioni dalla legge 9 agosto 2013, n. 98,
all'articolo 10 del testo unico delle disposizioni legislative e
regolamentari in materia edilizia, viene stabilito che sono soggetti al
rilascio del permesso di costruire gli interventi di ristrutturazione
edilizia comportanti la demolizione e la ricostruzione di un edificio
con una sagoma diversa rispetto a quello preesistente, soltanto nel
caso in cui abbiano come oggetto un edificio vincolato in base al
codice dei beni culturali e del paesaggio ovvero limitatamente agli
edifici all'interno delle zone territoriali omogenee «A», rispetto ai
quali i comuni – con la delibera di cui all'articolo 23-bis dello stesso
Testo Unico – escluderanno la possibilità di realizzare detti
interventi mediante segnalazione certificata di inizio attività;
con la modifica apportata dal decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69,
convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98,
all'articolo 22 del testo unico delle disposizioni legislative e
regolamentari in materia edilizia, viene stabilito che sono realizzabili
mediante denuncia di inizio attività le varianti a permessi di
costruire che non incidono sui parametri urbanistici e sulle
volumetrie, che non modificano la destinazione d'uso e la categoria
edilizia, e non alterano la sagoma dell'edificio soltanto nel caso in
cui abbiano come oggetto un edificio vincolato in base al codice dei
74
beni culturali e del paesaggio ovvero limitatamente agli edifici
all'interno delle zone territoriali omogenee «A», rispetto ai quali i
comuni – con la delibera di cui all'articolo 23-bis dello stesso testo
Unico – escluderanno la possibilità di presentare dette varianti
mediante segnalazione certificata di inizio attività;
con il decreto-legge 21 giugno 2013 n. 69, convertito con
modificazioni dalla legge 9 agosto 2013 n. 98, è stato inserito
l'articolo 23-bis del testo unico delle disposizioni legislative e
regolamentari in materia edilizia, con il quale è stato, altresì, stabilito
che all'interno delle zone omogenee «A» per gli interventi o le
varianti a permessi di costruire ai quali è applicabile la segnalazione
certificata di inizio attività comportanti modifiche della sagoma
rispetto all'edificio preesistente o già assentito, i lavori non possono
in ogni caso avere inizio prima che siano decorsi trenta giorni dalla
data di presentazione della segnalazione;
in seguito alle modifiche elencate in premessa, rientrano nel campo
di applicazione della segnalazione certificata di inizio attività
interventi di demolizione e ricostruzione che non comportano una
«fedele ricostruzione» dell'edificio preesistente, ma che portano alla
realizzazione di un edificio nuovo sia per caratteristiche tipologiche,
sia per la sua collocazione all'interno del lotto;
rientrano, allo stesso modo, nel campo di applicazione della
segnalazione certificata di inizio attività anche le varianti ai permessi
di costruire di cui all'articolo 22 del testo unico delle disposizioni
legislative e regolamentari in materia edilizia;
dette modifiche comportano l'inclusione all'interno del campo di
applicazione della cosiddetta segnalazione certificata di inizio attività
di interventi, la procedibilità dei quali comporta, per
l'amministrazione, un'attività di verifica dei requisiti e dei
presupposti del tutto analoga a quella da svolgere con riferimento
agli interventi di «nuova costruzione» ovvero soggetti al rilascio del
permesso di costruire;
rispetto agli interventi di demolizione e ricostruzione finalizzati alla
realizzazione di un edificio nuovo sia per caratteristiche tipologiche,
sia per la sua collocazione all'interno del lotto – eseguibili in base
alle modifiche al testo unico mediante la presentazione di una
segnalazione certificata di inizio attività – deve essere assicurato un
trattamento dei diritti, che spettano ai soggetti a diverso titolo
interessati all'intervento, analogo a quello previsto per gli interventi
75
di nuova costruzione che lo stesso testo unico assoggetta al rilascio
del permesso di costruire;
alla luce di questa esigenza, con riferimento agli interventi di
demolizione e ricostruzione da eseguire all'interno delle zone «A»
l'articolo 23-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 380
del 2001 prevede espressamente che i lavori non possono essere
avviati – come ordinariamente stabilito – il giorno successivo, ma
trenta giorni dopo la presentazione della segnalazione;
la fissazione del termine sospensivo di trenta giorni, di cui
all'articolo 23-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 380
del 2001, non associata all'obbligo di dare pubblicità dell'avvenuta
presentazione della segnalazione, non contribuisce in modo
apprezzabile alla piena ponderazione degli interessi eventualmente
presenti e al tempestivo coinvolgimento dei diversi soggetti
coinvolti –:
se e quali iniziative intendano assumere – nelle more
dell'approvazione, da parte dei comuni, della delibera di cui
all'articolo 23-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 380
del 2001 – affinché venga data notizia al pubblico, mediante
affissione all'albo pretorio, della presentazione di una segnalazione
certificata di inizio attività che ha come oggetto la realizzazione di
interventi di demolizione e ricostruzione comportanti la modifica
della sagoma ovvero la presentazione di varianti ai permessi di
costruire, e dell'avvenuto decorso del termine di 30 giorni, di cui
all'articolo 23-bis del decreto del Presidente della Repubblica 6
giugno 2001, n. 380, per gli interventi da eseguire su immobili
ricadenti all'interno delle zone A;
se e quali iniziative intendano assumere affinché sia stabilito
l'obbligo di pubblicare l'avvenuta presentazione di una segnalazione
certificata di inizio attività, che ha come oggetto la realizzazione di
interventi di demolizione e ricostruzione comportanti la modifica
della sagoma ovvero la presentazione di varianti ai permessi di
costruire, anche nei casi rispetto ai quali non è stato stabilito il citato
termine sospensivo di trenta giorni per iniziare i lavori e dunque
quest'ultimi possono essere avviati il giorno dopo la presentazione
della segnalazione;
se non ritengano necessario assumere iniziative normative urgenti al
fine di correggere e integrare la disciplina della segnalazione
certificata di inizio attività, di cui all'articolo 19 della legge 7 agosto
1990, n. 241, stabilendo che le segnalazioni certificate di inizio
76
attività – se hanno ad oggetto la realizzazione di interventi di
demolizione e ricostruzione, con modifica della sagoma, nonché la
presentazione di varianti ai permessi di costruire – costituiscono
provvedimenti direttamente impugnabili, e che i comuni hanno
l'obbligo di dare notizia, mediante affissione all'albo pretorio, della
presentazione delle stesse segnalazioni certificate, al pari di quanto
disposto dall'articolo 20, comma 6, del decreto del Presidente della
Repubblica n. 380 del 2001 relativamente al rilascio dei permessi di
costruire. (4-01884)
§ 28. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-0188328
Testo presentato, in data Giovedì 19 settembre 2013, seduta n. 80,
da:
MANNINO, BUSTO, DAGA, DE ROSA, SEGONI, TERZONI,
TOFALO e ZOLEZZI.
Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle
infrastrutture e dei trasporti — Per sapere – premesso che:
l'articolo 28 della legge n. 1150 del 1942, al comma 5, stabilisce che
l'autorizzazione comunale alla lottizzazione del terreno a scopo
edilizio è subordinata alla stipula di una convenzione tra il
proprietario delle aree e l'amministrazione comunale;
lo stesso articolo 28 stabilisce che la convenzione deve disciplinare
le obbligazioni a carico del proprietario concernenti la cessione delle
aree necessarie per le opere di urbanizzazione primaria e secondaria,
ovvero l'esecuzione delle opere di urbanizzazione primaria e di una
quota parte delle opere di urbanizzazione secondaria relative alla
lottizzazione o di quelle opere che siano necessarie per allacciare la
zona ai pubblici servizi;
in base allo stesso articolo 28, la convenzione deve indicare i termini
non superiori a dieci anni entro i quali deve essere ultimata
l'esecuzione delle opere di urbanizzazione e di una quota parte delle
opere di urbanizzazione secondaria relative alla lottizzazione o di
quelle opere che siano necessarie per allacciare la zona ai pubblici
servizi; in attuazione di quanto previsto dall'articolo 28 della legge n.
28http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=6779&stile=7&highLi
ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27
77
1150 del 1942, i comuni adottano schemi di convenzione in base ai
quali le modalità e la tempistica per il rilascio delle autorizzazioni
necessarie alla realizzazione degli interventi edificatori privati sono
strettamente correlate all'adempimento, da parte dei proprietari
delle aree, degli obblighi convenzionali concernenti la cessione delle
aree e la realizzazione delle opere di urbanizzazione;
nelle convenzioni che i proprietari delle aree sottoscrivono con i
comuni viene, altresì, quantificato, in funzione dell'edificabilità
determinata dal piano urbanistico, l'importo dei contributi dovuti
per il rilascio dei permessi di costruire, a scomputo totale o parziale
del quale i proprietari si assumono l'onere di eseguire le opere di
urbanizzazione primaria e di quota parte di quelle secondarie
ovvero di quelle che siano necessarie per allacciare la zona ai
pubblici servizi;
detta quantificazione avviene sulla base delle tabelle parametriche
definite a livello regionale ovvero sulla base dei parametri per il
calcolo degli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria vigenti,
che i comuni, in base all'articolo 16 del decreto del Presidente della
Repubblica n. 380 del 2001, sono tenuti ad aggiornare, con una
apposita
deliberazione consiliare,
ogni
cinque
anno;
le opere di urbanizzazione primaria e secondaria e quelle necessarie
per allacciare le aree da trasformare ai pubblici servizi — oggetto di
obblighi convenzionali e finanziate integralmente o in parte dai
proprietari delle stesse aree — risultano comunque inserite nella
programmazione delle opere pubbliche dei comuni;
il decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con
modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, all'articolo 30,
comma 3-bis, stabilisce che il termine di validità nonché i termini di
inizio e fine lavori nell'ambito delle convenzioni di lottizzazione di
cui all'articolo 28 della legge 17 agosto 1942, n. 1150, ovvero degli
accordi similari comunque nominati dalla legislazione regionale,
stipulati sino al 31 dicembre 2012, sono prorogati di tre anni;
la dilazione dei termini di efficacia delle convenzioni urbanistiche si
concretizza in una rimodulazione delle obbligazioni a carico dei
proprietari delle aree che hanno sottoscritto una convenzione
urbanistica prima del 31 dicembre 2012, e dunque in un rinvio, fino
a tre anni, dei termini entro i quali i proprietari delle aree si sono
obbligati ad avviare ovvero a completare i lavori per la realizzazione
di opere di urbanizzazione;
78
il rinvio dei termini previsti dalle convenzioni urbanistiche
comporta una inevitabile lievitazione dei costi, rispetto ai quadri
tecnico-economici già approvati, di quelle opere di urbanizzazione
che, con la sottoscrizione delle stesse convenzioni, i proprietari delle
aree si sono impegnati a realizzare e successivamente a cedere alle
amministrazioni comunali, a scomputo totale o parziale dei
contributi dovuti, così come quantificati sulla base delle tabelle di
calcolo vigenti al momento della stipula della convenzione;
il rinvio dei termini previsti dalle convenzioni urbanistiche per
l'ultimazione delle opere può comportare la sospensione ovvero il
rallentamento dei lavori in corso per l'esecuzione di opere di
urbanizzazione primaria, di quelle secondarie ovvero di altre opere
pubbliche –:
se siano a conoscenza degli impatti prevedibili di questa
disposizione, e in particolare del numero delle convenzioni
urbanistiche rispetto alle quali quest'ultima troverà applicazione, e
del numero e del valore economico complessivo delle opere di
urbanizzazione — già programmate dai comuni e affidate in
esecuzione ai proprietari delle aree che hanno sottoscritto le relative
convenzioni — delle quali si rinvia l'avvio ovvero l'ultimazione dei
lavori;
se dispongano di una stima attendibile della lievitazione dei costi,
rispetto a quelli stabiliti nei quadri tecnico-economici già approvati,
delle opere di urbanizzazione oggetto delle convenzioni
urbanistiche stipulate prima del 31 dicembre 2012, che la dilazione,
fino a tre anni, dei termini per l'avvio e l'ultimazione dei lavori può
determinare;
se non ritengano necessario promuovere iniziative urgenti volte a
rivedere la norma in questione, al fine di prevenire e/o ridurre i
contenziosi che si potranno verificare tra le amministrazioni locali e
i soggetti convenzionati a causa dell'automatico rinvio dei termini
previsti per l'adempimento degli obblighi convenzionali e per la
realizzazione di opere pubbliche già inserite nella programmazione
dei comuni, a causa del disallineamento tra i quadri tecnicoeconomici delle opere convenzionate già approvate e i costi delle
stesse opere al momento nel quale verranno eseguite, nonché a
causa del possibile rallentamento e/o sospensione dei lavori in
corso per la realizzazione di opere di urbanizzazione primaria, di
quelle opere secondarie e delle altre opere pubbliche oggetto delle
convenzioni. (4-01883)
79
§ 29. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-0115429
Interrogazione a risposta scritta 4-01154 presentato da PINNA
Paola testo di Giovedì 4 luglio 2013, seduta n. 46.
PINNA, NICOLA BIANCHI, PIRAS e CORDA.
Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al
Ministro per gli affari regionali e le autonomie. — Per sapere –
premesso che:
il consiglio regionale della Sardegna, su proposta del presidente della
giunta regionale Ugo Cappellacci, ha approvato una legge regionale
con cui si prevede di far decadere i consigli e le giunte provinciali di
cinque degli otto enti presenti sul territorio dell'isola; la legge n. 15
del 28 giugno 2013, recante «Disposizioni transitorie in materia di
riordino delle province», al comma 3 dell'articolo 1, prevede: «Al
fine di assicurare la continuità dell'espletamento delle funzioni già
svolte dalle province, nelle more dell'approvazione della legge di cui
al comma 2, per le province, in relazione alle quali sono stati
proposti i quesiti abrogativi, di Carbonia-Iglesias, Medio
Campidano, Ogliastra e Olbia-Tempio, soppresse a seguito dei
referendum svoltisi il 6 maggio 2012, e del relativo decreto del
Presidente della Regione n. 73 del 25 maggio 2012, sono nominati,
con delibera della Giunta regionale, su proposta del Presidente della
Regione, commissari straordinari che assicurano la continuità delle
funzioni già svolte dalle province e predispongono entro sessanta
giorni dall'insediamento gli atti contabili, finanziari e patrimoniali
ricognitivi e liquidatori necessari per le procedure conseguenti alla
riforma di cui al comma 2, con particolare riferimento a:
a)lo stato di consistenza dei beni immobili e mobili;
b)la ricognizione di tutti i rapporti giuridici attivi e passivi;
c)la situazione di bilancio;
d)l'elenco dei procedimenti in corso;
e)le tabelle organiche, la composizione degli organici, l'elenco del
personale per qualifiche e ogni altra indicazione utile a definirne la
posizione giuridica.
29http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=2615&stile=7&highLi
ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27
80
I commissari straordinari provvedono inoltre all'amministrazione
ordinaria dell'ente e garantiscono il proseguimento dell'esercizio
delle funzioni e dell'erogazione dei servizi alla data di entrata in
vigore della presente legge, anche attraverso l'affidamento diretto ad
organismi a totale partecipazione pubblica, nel rispetto della
normativa comunitaria»; interpretando in maniera estensiva la
lettera b) dell'articolo 3 dello Statuto speciale per la Sardegna (legge
costituzionale n. 3 del 1948), che recita: «In armonia con la
Costituzione e i principi dell'ordinamento giuridico della Repubblica
(...) la Regione ha potestà legislativa nelle seguenti materie: (...) b)
ordinamento degli enti locali e delle relative circoscrizioni», la
suddetta legge, «Disposizioni transitorie in materia di riordino delle
province», prevede addirittura di rivedere le competenze, e
conseguentemente decidere una loro radicale modifica, delle
province di Cagliari, Sassari, Nuoro ed Oristano; le prime tre
previste all'articolo 43 dallo Statuto speciale e l'ultima istituita
tramite una legge ordinaria dello Stato. Nelle more della paventata
riforma, continuerà a trovare applicazione la legge regionale n. 11
del 25 maggio 2012, «Norme sul riordino generale delle autonomie
locali e modifiche alla legge regionale n. 10 del 2011», così come
previsto al comma 4 dell'articolo 1 della legge n. 15 del 28 giugno
2013; gli articoli in argomento ad avviso degli interroganti
presentano evidenti vizi di legittimità costituzionale in quanto
impediscono il normale svolgimento delle dinamiche democratiche
previste dal TUEL, testo unico degli enti locali di cui al decreto
legislativo n. 267 del 18 agosto 2000, e prevedono la fine anticipata
di un mandato conferito tramite elezioni. Gli enti provinciali istituiti
tramite legge regionale continuerebbero ad esistere e sarebbero
amministrati da commissari sciolti dal controllo dei rappresentanti
del corpo elettorale, ossia da organi monocratici che avrebbero
anche il compito – così come riportato testé – di occuparsi della
«amministrazione ordinaria». Un indizio a giudizio degli interroganti
in grado di svelare uno sviamento di potere del legislatore regionale;
la notizia relativa al commissariamento degli enti provinciali ha
creato notevole preoccupazione tra gli oltre duemila dipendenti
delle quattro province coinvolte, tra i sindaci e in seno alle comunità
amministrate, con una situazione particolarmente critica per quanto
concerne il territorio di Olbia-Tempio; in base all'ordinamento
nazionale, il commissario straordinario per la gestione degli enti
locali è nominato tramite decreto del Presidente della Repubblica su
81
proposta del Ministro dell'interno e previa deliberazione del
Consiglio dei ministri, in esito ad una procedura avviata dal prefetto
competente per territorio; tale provvedimento di rimozione
dell'organo democraticamente eletto è adottabile solo qualora si
ricada nel numerus clausus di fattispecie previsto dall'articolo 141
del TUEL –: quali eventuali iniziative di competenza, alla luce della
legislazione vigente, ritengano opportuno assumere in relazione a
quanto indicato in premessa e, in particolare, se ritengano che
sussistano i presupposti per impugnare la legge regionale n. 15 del
28 giugno 2013, una volta pubblicata, al fine di impedire che organi
democraticamente eletti vengano sostituiti arbitrariamente da figure
commissariali. (4-01154)
§ 30. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-0030330
Interrogazione a risposta scritta 4-00303 presentato da RIZZETTO
Walter testo di Lunedì 29 aprile 2013, seduta n. 10
RIZZETTO e PRODANI.
Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle
infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
con ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3702 del 5
settembre 2008 è stato nominato il commissario delegato per la
realizzazione della terza corsia della A4 nella tratta Quarto d'AltinoTrieste e l'adeguamento a sezione autostradale del raccordo Villesse
Gorizia (Gazzetta Ufficiale 11 settembre 2008, n. 213, S.O.,
Gazzetta Ufficiale 4 dicembre 2008, n. 284, S.O., Gazzetta Ufficiale
12 maggio 2009, n. 108, S.O., Gazzetta Ufficiale 4 gennaio 2010, n.
2, S.O., Gazzetta Ufficiale 5 gennaio 2011, n. 3, S.O., Gazzetta
Ufficiale 10 agosto 2011, n. 185, S.O., e Gazzetta Ufficiale 27
dicembre 2011, n. 300, S.O.); la predetta decisione era stata assunta
con il presupposto che vi fosse una situazione di emergenza
determinatasi sulla tratta medesima e «al fine di assumere tutte le
iniziative di carattere urgente per il superamento dell'emergenza e
per il ritorno delle normali condizioni di vita»; la funzione
30http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=1532&stile=7&highLi
ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27
82
commissariale nella sua eccezionalità è apparsa tuttavia ridondante
rispetto alle reali necessità di una semplice terza corsia di pianura,
specie se raffrontata con le ben più difficoltose terze corsie della
Roma-Napoli e della Roma-Firenze realizzate senza ricorrere
all'istituto commissariale; nonostante la dichiarata emergenza e la
eccezionalità degli strumenti a disposizione della funzione
commissariale, gli anni sono trascorsi invano e, mentre ad oggi i
lavori dovevano ritenersi completati, della terza corsia non si è
realizzato un solo metro, preferendo dare vita a lavori e tratte
collaterali come la Villesse-Gorizia che non urgono affatto,
caratterizzate come sono da una mole di traffico ben poco
significativa; né si può tacere il fatto che nel volgere degli anni la
stessa A4 ha subito una vistosa diminuzione del traffico, tanto da
rendere problematico il reperimento dei fondi attraverso il pedaggio
e da non rappresentare più quella asserita situazione di emergenza
che ha suscitato una gestione a carattere eccezionale quale si
sarebbe attesa da parte del commissario delegato; ciò nonostante, il
commissario delegato e la stessa giunta regionale hanno profittato
dell'ennesima reiterazione del mandato commissariale per utilizzare
una interpretazione, ad avviso degli interroganti strumentale,
dell'ordinanza 3764 del 6 marzo 2009, la quale prevedeva si potesse
provvedere alla realizzazione delle opere di competenza di enti
diversi dalla concessionaria Autovie Venete spa sempre che fossero
funzionali al decongestionamento del traffico nell'area interessata
dallo stato di emergenza; in esito a quanto sopra, la giunta della
regione Friuli Venezia Giulia, con propria delibera n. 1471 del 24
giugno 2009 e, a quanto consta agli interroganti, senza darne
acconcia notizia alla Presidenza del Consiglio ha incluso nell'attività
commissariale il «Collegamento stradale veloce fra l'Autostrada A4 e
l'area del triangolo della sedia in Comune di Manzano»; a tal fine il
commissario delegato ha deciso di avvalersi del supporto tecnico,
operativo e logistico della concessionaria Autovie Venete spa, sia
pure consapevole che il triangolo della sedia era soggetto ad una
crisi irreversibile e che il traffico veicolare era assolutamente
irrisorio e tale da non rappresentare quelle condizioni di emergenza
cui la giunta si è autonomamente appellata;
né può essere ignorato il fatto che il nuovo asse viario, quale risulta
dal progetto realizzato, ancorché superfluo ed incompatibile con la
attuale crisi economica, comporta una spesa di novanta milioni di
euro circa e al contempo devasta i territori fertili del comune di
83
Palmanova sino a stravolgere gli evidenti orientamenti dell'agro
aquileiese e diventare perciò possibile motivo di negazione di quella
tutela Unesco che l'intera regione auspica per la città fortezza unica
al mondo; un siffatto onerosissimo scempio suscita scandalizzate
reazioni persino da parte degli stessi industriali della zona cui non
sfugge come l'abnorme impegno finanziario debba destinarsi a ben
altre emergenze (vedasi Messaggero Veneto del 13 aprile «Lo
striscione in fabbrica: quella strada non serve»);
tutto ciò premesso, non può nemmeno tacersi il fatto che, una volta
approvato il progetto definitivo l'autorità commissariale ha subito
mandato in gara i lavori a base d'asta, prevedendo la scadenza delle
offerte durante la vacatio amministrativa derivante dalla tornata
elettorale
–:
quali iniziative si intendano assumere rispetto ai fatti in premessa
che ad avviso degli interroganti sono tanto gravi da richiedere la
immediata soppressione della funzione commissariale, essendo del
tutto evidenti a giudizio degli interroganti l'assenza di quelle
condizioni di eccezionalità che all'epoca furono invocate, la
manifesta inazione del commissario delegato, nonché l'impropria
estensione del suo mandato nei confronti di opere e inutili che
appaiono che nulla hanno a che vedere né con l'emergenza né con
la terza corsia. (4-00303)
§ 31. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-0043031
Interrogazione a risposta scritta 4-00430 presentato da NESCI
Dalila testo di Mercoledì 15 maggio 2013, seduta n. 16
NESCI, MASSIMILIANO BERNINI, NICOLA BIANCHI,
BONAFEDE,
BRESCIA,
BUSINAROLO,
CECCONI,
CHIMIENTI, COLLETTI, COZZOLINO, D'AMBROSIO, DE
LORENZIS, DI BENEDETTO, LUIGI DI MAIO, DIENI,
FICO, GAGNARLI, GALLINELLA, SILVIA GIORDANO,
GRILLO, L'ABBATE, LOREFICE, MICILLO, MUCCI, NUTI,
31http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=1786&stile
=7&highLight=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRI
TTA%27
84
PARENTELA,
SARTI,
TOFALO,
TURCO,
VACCA,
VILLAROSA.
Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. —
Per sapere – premesso che:
il 10 maggio 2013 il giornalista Roberto Galullo, del quotidiano
economico Il Sole 24 Ore, ha scritto sul suo blog che ad Angela
Napoli, già membro della Commissione parlamentare antimafia, è
stato ridotto il livello di tutela da parte dello Stato, passato da 2 a 4
con conseguente perdita della macchina blindata, dell'autista e
dell'agente di cui disponeva per gli spostamenti; come si evince dalle
cronache, la ex parlamentare è stata più volte minacciata dalla
criminalità organizzata per causa delle sue denunce e attività di
contrasto, sia istituzionali che politiche, le quali hanno avuto effetti
importanti nella lotta dello Stato all'antistato; il lungo lavoro
istituzionale dell'onorevole Napoli, per tre mandati in Commissione
Antimafia, ha comportato, unitamente al fatto di essere donna e
calabrese, una obiettiva e fisiologica esposizione della medesima,
anche per l'attenzione di vari media italiani rispetto alle vicende
della ’ndrangheta e alle azioni e dichiarazioni della ex parlamentare,
indipendenti – come è riscontrabile, per esempio, dagli archivi dei
giornali Il Corriere della Sera o La Repubblica – dall'appartenenza a un
partito o a uno schieramento politico; nello scorso gennaio è
emerso da una captazione nel carcere di Tolmezzo (Udine) – figura
nel medesimo post del suddetto giornalista di Il Sole 24 Ore – che il
presunto boss Pantaleone Mancuso confidò di orditure per
l'uccisione dell'onorevole Napoli, che vive prevalentemente in
Calabria, lì continuando a svolgere attività politica centrata sulla
legalità e sulla giustizia; con la riduzione in argomento passa,
secondo l'interrogante, un messaggio di debolezza dello Stato e,
addirittura, di palmare dissuasione del contrasto politico,
istituzionale e culturale della ’ndrangheta calabrese –:
quali siano le ragioni per cui all'onorevole Angela Napoli è stato
recentemente assegnato un livello di vigilanza corrispondente a 4,
che non prevede l'auto blindata, l'agente di tutela e l'autista di
servizio, nonostante l'episodio relativo alla riportata captazione;
quali siano le misure adottate per tutelare la ex parlamentare, anche
in considerazione della recente minaccia pronunciata dal predetto
Mancuso; se non ritengano opportuno potenziare la vigilanza e la
tutela nei confronti dell'onorevole Napoli, anche per consentirle, nel
rispetto della Costituzione, di partecipare alla vita democratica
85
attraverso la rimozione di situazioni di potenziale rischio per la sua
incolumità, che ostacolerebbero la prosecuzione della sua attività
politica.
§ 32. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-0029432
Atto Camera Interrogazione a risposta scritta 4-00294 presentato
da NESCI Dalila testo di Lunedì 29 aprile 2013, seduta n. 10
NESCI e DIENI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al
Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della
tutela del territorio e del mare, al Ministro per gli affari regionali e le
autonomie, al Ministro dell'interno, al Ministro per i beni e le attività
culturali. — Per sapere – premesso che:
in data 19 giugno 2008 la società SEI SpA ha presentato domanda
di pronuncia di compatibilità ambientale e di autorizzazione
integrata ambientale ai sensi del decreto legislativo n. 152 del 2006,
come modificato e integrato dal decreto legislativo 16 gennaio 2008
n. 4 relativamente al progetto di centrale termoelettrica alimentata a
carbone, di potenza elettrica di 1320 megawatteletric e localizzata
nel comune di Montebello Jonico (RC), all'interno dell'agglomerato
industriale di Saline Joniche e relativo elettrodotto di
interconnessione alla rete localizzato nei comuni di Montebello
Jonico (RC), Motta San Giovanni (RC), Melito di Porto Salvo (RC),
Badalaghi (RC), Roghudi (RC), Condofuri (RC), San Lorenzo (RC)
Calanna (RC) e Reggio Calabria; con nota del 18 agosto 2008 la
regione Calabria ha espresso parere negativo in merito alla
realizzazione dell'opera; in data 8 giugno 2010 il Ministero per i
beni e le attività culturali ha espresso anch'esso parere negativo
ribadendo la contrarietà al progetto in data 28 marzo 2011, a fronte
della richiesta del 15 luglio 2010 da parte della società SEI SpA di
riesaminare il suddetto parere negativo; la Commissione tecnica di
verifica dell'impatto ambientale VIA-VAS, a seguito dello
svolgimento dell'istruttoria congiunta VIA-AIA n. 559 del 21
32http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=1550&stile
=7&highLight=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRI
TTA%27
86
ottobre 2010, ha espresso parere positivo con prescrizioni in merito
alla realizzazione dell'opera valutando le motivazioni negative della
regione Calabria non ostative all'espressione di detto parere di
compatibilità ambientale; con nota del 18 aprile 2011 il Ministero
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, preso atto del
contrasto fra il parere negativo del Ministero per i beni e le attività
culturali e della regione Calabria ed il parere positivo della
commissione tecnica di verifica dell'impatto ambientale VIA-VAS,
ha chiesto l'attivazione della procedura prevista dall'articolo 5,
comma 2, lettera c-bis della legge n. 400 del 1988;
a conclusione dell'istruttoria di cui alla sopra citata legge n. 400 del
1988, il Consiglio dei ministri, nella riunione del 5 maggio 2011 ha
ritenuto di condividere la posizione espressa dal Ministero
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare in merito alla
questione della compatibilità ambientale del progetto in questione
ed ha espresso parere favorevole all'ulteriore corso del medesimo
con le prescrizioni espresse dalla Commissione tecnica di verifica
dell'impatto ambientale nell'assemblea del 21 ottobre 2010;
con nota del 2 febbraio 2012 il Ministero dell'ambiente e della tutela
del territorio e del mare confermò la validità delle determinazioni
espresse, in seguito a richiesta – del 24 gennaio 2012 – del
Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri;
in data 15 giugno 2012, il Presidente del Consiglio dei ministri ha
decretato la compatibilità ambientale e l'autorizzazione al successivo
esercizio relativamente al progetto proposto dalla Società SEI SpA;
con nota n. 32169 del 19 settembre 2012, la Corte dei conti,
esercitando controllo preventivo sul decreto del Presidente del
Consiglio dei ministri sopra citato, ha restituito l'atto in parola non
registrato, poiché privo di documentazione ritenuta indispensabile
per l'esercizio della funzione di controllo intestata alla medesima
Corte, precisando altresì che nell'ipotesi in cui l'amministrazione
intenda ripresentare il provvedimento è opportuno che la stessa
fornisca chiarimenti in ordine alla mancata intesa fra Stato e regioni,
da esercitarsi in sede di Conferenza Stato-regioni, la
contraddittorietà del parere della Commissione VIA e altre
questioni di procedura da risolvere; in data 5 aprile 2013 il
Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha
decretato la compatibilità ambientale e l'autorizzazione integrata
ambientale al successivo esercizio relativamente al progetto
proposto dalla Società SEI SpA concernente la realizzazione della
87
predetta centrale termoelettrica alimentata a carbone a condizione
che vengano ottemperate le prescrizioni, condizioni e disposizioni
indicate negli allegati 1 e 2 del suddetto decreto del 5 aprile 2013;
da quanto riportato da Il Quotidiano della Calabria, il procuratore
aggiunto Nicola Gratteri della DDA di Reggio Calabria ha
dichiarato nel febbraio 2013 che, per quanto emerso da
intercettazioni, «la ’ndrangheta di Melito Porto Salvo e
dell'hinterland è d'accordo per la realizzazione della centrale a
carbone» –:
se ritengano superati, allo stato della procedura, i rilievi espressi
dalla Corte dei conti di cui alla nota in premessa;
se e come intendano provvedere rispetto alla mancata fase della
concertazione con la regione Calabria, dalla Corte dei conti
espressamente indicata come necessaria, nella propria nota già
richiamata; di quali informazioni dispongano in ordine all'interesse
della ’ndrangheta per la realizzazione del progetto, desumibile dalle
citate dichiarazioni del procuratore aggiunto Nicola Gratteri.
§ 33. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-01099 33
Atto Camera Interrogazione a risposta scritta 4-01099 presentato da
NESCI Dalila testo di Martedì 2 luglio 2013, seduta n. 44
NESCI, LUIGI DI MAIO, PARENTELA, DIENI, NUTI,
COLONNESE, COZZOLINO, D'AMBROSIO, BUSINAROLO,
AGOSTINELLI, FERRARESI, SARTI, MICILLO, CURRÒ,
CASO, CARIELLO, D'INCÀ, CASTELLI, SORIAL, BARONI,
DI
VITA,
DALL'OSSO,
FRACCARO,
CARINELLI,
SPESSOTTO, VIGNAROLI, TONINELLI, MANLIO DI
STEFANO, DI BATTISTA, GAGNARLI, L'ABBATE,
GALLINELLA,
LUPO,
MASSIMILIANO
BERNINI,
BENEDETTI,
D'UVA,
RUOCCO,
CHIMIENTI,
CANCELLERI, FRUSONE, RIZZO, BRUGNEROTTO,
LOMBARDI, DI BENEDETTO, DE LORENZIS, SIBILIA,
33http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=2560&stile
=7&highLight=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRI
TTA%27
88
SCAGLIUSI, LIUZZI, PAOLO NICOLÒ ROMANO,
CRISTIAN IANNUZZI, NICOLA BIANCHI, TOFALO,
DAGA, SEGONI, ZOLEZZI, DE ROSA, ARTINI, FICO,
VILLAROSA, BASILIO e ALBERTI.
Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e
delle finanze, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso
che:
la Corte di Cassazione ha chiarito che la tutela del risparmio è
interesse pubblico, riconosciuto in Costituzione all'articolo 47,
sicché l'attività bancaria nel suo complesso è soggetta a «tipiche
forme di autorizzazione, vigilanza e trasparenza» (Cass., sezione I,
civile,
sentenza
n.
2058
del
23 febbraio
2000);
la procura generale di Torino ha sottolineato, con propria circolare
del 12 maggio 2008, il rilievo «pubblicistico» delle azioni intraprese
da privati a tutela del risparmio; nell'ambito del procedimento
cosiddetto «Brontos», già pendente a Milano, la banca Unicredit
risulta sotto accusa per frode ed evasione fiscale, con i manager
consapevoli – secondo il giudice per le indagini preliminari – delle
responsabilità penali derivanti dalle loro azioni; a proposito della
cosiddetta «scalata di Antonveneta» (poi acquisita da Monte dei
Paschi di Siena), dalle ricostruzioni della magistratura scaturì che la
Banca popolare di Lodi addebitò ai suoi clienti una somma
prossima a 50 euro allo scopo di incamerare le risorse necessarie alla
predetta operazione finanziaria, poi prelevando importi da rapporti
intestati a correntisti deceduti; in quanto alla non remota scalata di
Bnl da parte di Unipol, il tribunale di Milano ebbe a rappresentare
che si trattò di «manipolazione di tipo sistemico», con l'aggiunta che
«a mettere in piedi una cordata raccogliticcia fu il Governatore di
Bankitalia», il quale «non era un organismo di vigilanza ma uno dei
giocatori in campo»; a questo ultimo riguardo si ricorda che il
suddetto Governatore fu destinatario, riporta la sentenza di
condanna, depositata il 28 maggio 2011, di pena «ben al di sopra del
minimo edittale», «in considerazione della gravità dei fatti
addebitati» e «del ruolo rivestito dall'imputato, soggetto apicale
all'interno di Banca d'Italia»; la Banca d'Italia è – secondo la legge
bancaria del 1936 – istituto di diritto pubblico, il che è ripetuto nella
sentenza n. 16751/2006 della Corte di Cassazione; la predetta
condizione si riferisce in sostanza a un mero ambito operativo, visto
che le quote di partecipazione al capitale della Banca d'Italia sono
89
per il 94,33 per cento di banche e assicurazioni private e, per il
restante 5,66 per cento, di enti pubblici; a parere dell'interrogante,
la riferita ripartizione delle quote pone alla base un reale problema
di fondo, insuperabile nonostante la legge e il diritto, rispetto alla
concreta autonomia dell'Istituto nella vigilanza che gli compete; il
24 ottobre 2011 iniziò la cosiddetta «truffa del Madoff dei Parioli»,
di valore superiore a 300 milioni di euro, dopo di che – nel febbraio
scorso – le parti civili appellarono la sentenza penale di condanna
per l'esclusione di responsabilità in capo a Banca d'Italia e Consob,
in relazione ai controlli previsti; è riconosciuto dalla magistratura
che istituti di credito applichino spese e commissioni ritenuti illegali,
modificando poi le condizioni contrattuali con il cosiddetto «ius
variandi», sicché il contraente privato risulta, anche a giudizio
dell'Autorità Garante della concorrenza, la parte più debole;
recenti, disponibili statistiche sull'arbitrato bancario rappresentano
che le vertenze trattate si concludono con il riconoscimento delle
ragioni del cliente e il rimborso delle somme illegalmente sottratte,
in oltre il 60 per cento dei casi; la predetta Autorità, per esempio
nella AS496 del 2 febbraio 2009, ha ribadito che l'obiettivo da
perseguire è l'esistenza di mercati correttamente regolati, nei quali
deve essere rigoroso il rispetto della legalità, poiché un ristretto
gruppo di persone ha finora condizionato le scelte e imposto le
strategie del sistema bancario; la legge n. 108 del 1996 ha in parte
riformato l'articolo 644 del codice penale, disponendo che «la legge
stabilisce il limite oltre il quale gli interessi sono sempre usurai» e
che per la determinazione del tasso soglia (TEG, tasso effettivo
globale) si tiene conto «delle commissioni, remunerazioni a qualsiasi
titolo e delle spese, escluse quelle per imposte e tasse, collegate alla
erogazione del credito»; contrariamente al dettato della legge e
informandosi alle circolari della Banca d'Italia, le banche hanno
spesso escluso dal calcolo del TEG le commissioni di massimo
scoperto e altre spese, senza considerare l'effetto dell'anatocismo e
dell'interrogazione e postergazione delle valute; in Italia vi sono 85
milioni di rapporti bancari, secondo la dottoressa Anna Maria
Tarantola, vicedirettore di Banca d'Italia, nell'intervento alla
Ventennale dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato,
tenuto il 19 marzo 2010; se, anche in apparente buona fede, si
addebitassero 10 euro a trimestre per ogni rapporto, si avrebbe un
trasferimento di ricchezza di 3,4 miliardi di euro per anno;
visto che nel sistema quattro banche detengono il 50 per cento di
90
tali rapporti, con un semplice errore di 10 euro si trasferirebbero
nelle casse – e conseguentemente nelle tasche di qualcuno, presto
individuabile – 1,7 miliardi di euro per anno; l'uso di software
gestionali per la rilevazione delle operazioni di versamento e
prelievo, per l'annotazione di spese e valute e per la rendicontazione
trimestrale del saldo è sovente programmato, secondo denunciaquerela penale visionata dagli odierni interroganti, in modo da
applicare forme di anatocismo vietate dalla legge e trarre in errore i
clienti; le rammentate circolari della Banca d'Italia hanno soltanto
fini statistici, come chiarito dallo stesso ente in una nota di risposta
a un privato (prot. n. 0849617/11 del 14 ottobre 2011) e
confermato dal tribunale di Alba nella sentenza del 18 dicembre
2010, estensore magistrato dottor Luca Martinat, per cui «al fine
dell'individuazione elemento oggettivo del reato di usura, le
istruzioni della Banca d'Italia non assumono carattere vincolante per
il giudicante, il quale conserva sempre il potere di sindacare la
correttezza e la conformità delle predette istruzioni al dettato
legislativo»; la Corte di cassazione, nella pronuncia n. 12028 del 19
febbraio 2010 – e in maniera analoga nella sentenza del 14 maggio
2010, n. 28743 – ha esplicitato che «il tenore letterale del comma 4
dell'articolo 644 del codice penale impone di considerare rilevanti, ai
fini della determinazione della fattispecie di usura, tutti gli oneri che
un utente sopporti in connessione con il suo uso del credito»;
con pronuncia a Sezioni Unite n. 24418 del 2 dicembre 2010, la
Corte di cassazione ha stabilito la definitiva nullità di ogni forma di
capitalizzazione degli interessi per contrasto con l'articolo 1283 del
codice civile, quindi, con sentenza n. 9695/2011, ha ribadito che è
«illegittima la capitalizzazione trimestrale degli interessi sui saldi di
conto corrente bancario passivo per il cliente»; in ordine alle
cosiddette «valute fittizie», esse possono qualificarsi come
espediente per allungare i giorni di prestito di somme e ridurre
quelli di deposito, per quanto desumibile dalla sentenza di
Cassazione n. 13143 del 10 settembre 2002, in cui, in materia di
revocatoria fallimentare, è scritto che «la copertura o meno del
conto va accertata con riferimento al saldo disponibile, quanto agli
addebiti degli assegni tratti sul conto corrente, in ragione delle
epoche della loro registrazione da parte della banca, e non al saldo
per valuta»; le aziende dell'imprenditore calabrese Antonino De
Masi, impegnato nella promozione della legalità anche con
l'associazione «Libera» di don Luigi Ciotti, hanno patito condotta
91
usuraia da Banca di Roma, Bnl e Banca Antonveneta;
quanto appena sopra riassunto è giudizio della Corte di cassazione,
decisione n. 46669/11 del 23 novembre 2011, che ha stabilito la
presenza del riferito reato, ritenendo presidenti e consigli di
amministrazione coinvolti negli sforamenti nell'usura e stabilendo,
ai fini risarcitori, che l'azione civile potrà essere espletata contro gli
istituti di credito, benché non accertato il responsabile penale della
condotta illecita; lo stesso imprenditore De Masi ha denunciato alla
magistratura quanto capitatogli, utilizzando l'espressione «disegno
criminale»;
resa pubblica dall'inviato Moreno Morello della
trasmissione Mediaset Striscia la notizia nella puntata del 4 giugno
2013, in una comunicazione delle associazioni sindacali dei
dipendenti di un noto istituto di credito, trattando di utile il
banchiere estensore fa riferimento a dati positivi e poi a «manovre
che daranno i loro frutti nei trimestri successivi, nella misura in cui»
«i colleghi delle filiali riusciranno a limitare i rimborsi, contenere le
riduzioni ed evitare la chiusure dei conti»; il suddetto Morello ha
affrontato i temi degli illeciti bancari in altre puntate della medesima
trasmissione televisiva, precisamente il 29 aprile 2013, il 27 maggio
2013 e l'undici giugno 2013, nell'ultimo caso trattando della
variabilità, ex abrupto e arbitraria, delle condizioni di conto correnti
in relazione al cliente; nella puntata del 2 giugno 2013 della
trasmissione Mediaset Le Iene, l'autore Luigi Pelazza ha trattato
l'usura bancaria nei mutui, peraltro intervistando il direttore centrale
di Banca d'Italia, Carmelo Barbagallo, il quale non ha risposto circa
la nullità – ex articolo 1815 del codice civile, modificato dalla Legge
n. 108 del 1996 – dei contratti con interessi usurari; i riferiti filmati
costituiscono obiettivamente documenti di prassi bancarie
spregiudicate, senza corrispondenti rimedi, sanzioni e correttivi
delle Autorità; il cosiddetto «ius variandi» è pratica dichiarata
illegittima dalla giurisprudenza, per esempio nella sentenza del
tribunale di Rimini del 22 agosto 2011, che ha inibito alla banca
l'applicazione del tasso d'interesse da questa cambiato
unilateralmente; circa il procedimento per frode fiscale di Unicredit,
il quale vide il sequestro da parte del giudice per le indagini
preliminari di Milano di 245 milioni di euro, nell'atto relativo vi
sono passaggi sulla consapevolezza delle proprie azioni da parte
degli imputati; in quanto ai rapporti di istituti di credito con il
Fisco, Il Corriere della Sera del 3 dicembre 2011 riportò che Monte
dei Paschi di Siena sanò la propria posizione versando 260 milioni
92
di euro, mentre Il Sole 24 Ore del 13 dicembre 2011 rese noto un
contenzioso definito da Intesa San Paolo per 270 milioni di euro e,
nel numero del 3 febbraio 2012, informò di ulteriori vertenze delle
banche, per un importo di 3 miliardi di euro; il costo dei servizi
bancari italiani è il più caro d'Europa, secondo rilevazione del
Centro studi dell'associazione artigiani Cgia di Mestre, pubblicata da
Il Corriere della Sera del 31 maggio 2009; secondo un'analisi di Il Sole
24 Ore, pubblicata nel numero del 18 febbraio 2008, i servizi bancari
sono aumentati in Italia del 101,2 per cento negli ultimi anni; il
quotidiano Il Corriere della Sera del 7 ottobre 2010 riportò la notizia
che «negli ultimi dieci anni le banche hanno erogato ai propri
azionisti circa 90 miliardi di euro», a distanza di qualche mese, nel
numero del 10 gennaio 2011, ammonendo, riguardo all'estratto
conto, di stare «attenti alle voci nascoste»; la testata economica
Italia Oggi, nel numero del 1o maggio 2011, sottolineò che «i costi
bancari affossano le piccole e medie imprese»; il Garante per la
sorveglianza dei prezzi dichiarò il 9 marzo 2011 d'aver ricevuto
numerose segnalazioni circa disservizi, opacità, mancanza di
trasparenza e chiarezza, moltiplicazione sovente incomprensibile
delle voci di costo per i conti correnti; l'utilizzo della commissione
di massimo scoperto (CMS), a cui le banche fecero largo ricorso, fu
riconosciuto in giudizi penali – la medesima Commissione
dissociata dal calcolo degli interessi – quale espediente per aggirare
la legge e ottenere maggiori profitti a danno dei clienti;
nei bilanci bancari, la CMS ha rappresentato nel 1997 il 4,48 per
cento dei ricavi complessivi degli istituti di credito, arrivando nel
2005 al 13,52 per cento (rilevazione Banca d'Italia, in atti
parlamentari del Senato della Repubblica, n. 1123), per raggiungere,
secondo le associazioni dei consumatori, valori intorno ai 40
miliardi di euro annui, cioè il 25-30 per cento dei ricavi totali delle
banche; nelle istruzioni di Vigilanza per le Banche (circolare della
Banca d'Italia n. 229 del 21 aprile 1999 e successivi aggiornamenti) è
articolato il sistema dei controlli interni, che prevede la funzione
(compliance) di conformità alle leggi dello Stato (circolare n. 688006
del 10 luglio 2007), il sistema informatico «ALMs» per controllare la
variabile tassi e margini di intermediazione bancaria, compresi gli
utili presunti, una proiezione nell'anno e la possibilità per consiglio
di amministrazione e presidente di agire immediatamente sulle
politiche dei prezzi; si aggiungono ai detti controlli il «risk
management» per valutare i rischi operativi e il «D.I.P.O.» (database
93
italiano delle perdite operative), con la distinzione della tipologia
delle perdite per tipo di evento; emerge, da un'analisi dei dati
raccolti e pubblicati sul sito dell'ABI, che nel periodo gennaio 2003giugno 2008 il 25 per cento del numero delle perdite, causa del 44
per cento del totale delle perdite operative, è stato dato dalle
inadempienze relative a obblighi professionali verso i clienti, che
includono comportamenti attuati con l'animo di frodare, aggirare la
normativa o le policy aziendali da soggetti che operano per sé o per
vantaggio della banca; in un'informativa del Nucleo di Polizia
Tributaria di Matera, è precisato, in ordine a fattispecie concrete,
che «il controllo informatico delle banche, come emerge dai casi che
vedono coinvolti gli istituti di credito, è artatamente manipolato»;
l'indagine conoscitiva IC36 dell'Autorità garante della concorrenza e
del mercato, pubblicata nel marzo 2009, ha rimarcato il peso degli
«intrecci personali e azionari fra concorrenti senza paragoni in
Europa» e dei gravi conflitti di interesse tra istituti di credito, che
comportano un «affievolimento delle dinamiche competitive»,
rendendo conto dello squilibrio nel mercato del Paese;
con la AS496 del 2 febbraio 2009, l'Autorità garante della
concorrenza e del mercato ha richiesto – ai Presidenti del Senato e
della Camera, al Presidente del Consiglio dei Ministri, al Ministro
dell'economia e delle finanze, al Governatore di Banca d'Italia e al
Presidente della Consob – interventi contro le distorsioni del
mercato, in modo da assicurare il recupero della reputazione del
sistema bancario; nella segnalazione n. 57 del 29 dicembre 2009, la
suddetta Autorità ha dedotto un aumento dei costi di 15 volte, per i
conti in rosso, rispetto alla commissione di massimo scoperto;
nell'audizione alla Commissione finanze della Camera dei deputati
del 7 maggio 2009 e nella successiva del 21 aprile 2010, il Presidente
della summenzionata Autorità ha riferito di una serie di criticità, tra
cui l'aumento delle spese trimestrali con differenze, fra vecchio e
nuovo sistema, variabili dal 37 per cento al 1600 per cento;
sempre la predetta Autorità ha, nella lettera del 16 aprile 2010 (prot.
n. 0026896) – indirizzata al direttore centrale dell'area vigilanza
bancaria e finanziaria della Banca d'Italia – ha cristallizzato il livello
del costo del denaro in Calabria, in sostanza pari al 25-30 per cento
e senza eguali nel mondo occidentale, certificando l'usura nei
confronti del gruppo aziendale del già citato Antonino De Masi;
la Commissione di massimo scoperto fu eliminata nel 2009,
sostituita con altre e più pesanti forme di addebito, come già
94
rappresentato 15 volte più onerose; secondo rapporto della Banca
d'Italia del 2009, gli esposti, negli ultimi cinque anni, ammontano a
29.000, su violazioni della norme del testo unico bancario,
commissioni e spese sproporzionate, applicazione di tassi non
pattuiti o superiori a quelli reclamati tramite fogli informativi; il
tribunale di Lanciano, sentenza n. 804/09, ha condannato una
banca a un rimborso di 1.390.000 euro; con la sentenza n. 77/2010
del tribunale di Ortona, sezione staccata di Chieti, una banca è stata
condannata alla restituzione di circa 530.000 euro;
la sentenza n. 246/10 del tribunale di Lecce, sezione di Maglie, ha
disposto un risarcimento di oltre 270.000 euro a favore di un
cliente; con la sentenza n. 252/10, il tribunale di Chieti ha
condannato una banca al rimborso di 146.000 euro verso un cliente;
nel 2010, il tribunale di Lecce ha condannato un istituto di credito a
rimborsare a un imprenditore la cifra di circa 3 milioni di euro;
il tribunale di Sassari, con sentenza del 6 luglio 2011, ha
riconosciuto a un imprenditore un rimborso di un milione di euro
contro Bnl, sicché l'analisi complessiva smentisce che si tratti di casi
isolati; la nota vicenda del buco del Monte dei Paschi di Siena ha
portato al sequestro di 1,8 miliardi di euro nei confronti della banca
giapponese Nomura e la procura senese ha ipotizzato per gli ex
vertici dell'istituto toscano i reati di truffa e usura aggravata in
relazione al derivato Alexandria, ai medesimi sequestrando circa 14
milioni e mezzo di euro, ha riportato la stampa italiana;
si rammenta che un post del 16 dicembre 2010 pubblicato sul blog di
Beppe Grillo diede contezza della situazione del Banco Emiliano
Romagnolo, con congelamento in entrata e in uscita dei conti
correnti – che, si precisa, non sono di proprietà della banca – per
effetto un provvedimento di Banca d'Italia del 7 dicembre 2010;
su Il Corriere della Sera del 21 giugno 2013, in un articolo è affrontato
l'argomento del costo del conto corrente, ma ad oggi non risulta
compiutamente accertata dallo Stato la legalità delle voci correlate;
la storia repubblicana è segnata da gravissime vicende riguardo alle
banche, con opacità dei rapporti tra i vertici e poteri esterni (crack
finanziario del Banco Ambrosiano), e da omissione di controlli
rispetto allo stato reale di imprese (crack Parmalat), con pesanti
ricadute, gravemente lesive della vita umana, nei confronti di piccoli
risparmiatori e investitori; all'interrogante non appare peregrino
avvertire che a un eventuale reato di usura nell'esercizio
dell'intermediazione bancaria potrebbero legarsi, in svariati casi,
95
ulteriori gravi reati, per esempio riciclaggio, falso in bilancio, false
comunicazioni societarie, appropriazione indebita, turbativa del
libero mercato, estorsione, false attestazioni et coetera;
il suddetto imprenditore calabrese Antonino De Masi è da tempo
nel mirino della ’ndrangheta (si veda altro atto di sindacato
ispettivo, n. 4-00294 del 29 aprile 2013) e, come raccontato dalla
stampa, è stato persuaso dai tutori dell'ordine a continuare
l'esercizio d'impresa in Calabria quale simbolo di resistenza alle
pressioni mafiose, sul presupposto che lo Stato in quanto legge,
giustizia e forza pubblica possa sconfiggere l'antistato criminale;
all'interrogante la storia dell'imprenditore De Masi appare come
paradigmatica della gravità della situazione in tema di lavoro, credito
bancario e depressione economica del Mezzogiorno, nonché
dell'urgenza di tutelare in Italia il risparmio come interesse pubblico,
secondo l'articolo 47 della Costituzione, a partire dall'istituzione di
una apposita Commissione parlamentare d'inchiesta che accerti i
comportamenti delle banche nella loro attività di intermediazione;
l'attività di tale Commissione dovrebbe unire le forze politiche,
stante la gravità e delicatezza dei problemi posti, pure rispetto
all'attuale scenario economico e finanziario; occorre assolutamente
ricondurre ad un quadro di normalità la prosecuzione dell'attività di
intermediazione bancaria che potrebbe rivelarsi, in caso di mancate
verifiche, di indifferenza del Governo e del Parlamento, la più
grande truffa di tutti i tempi, anche a stima della situazione
economica e finanziaria in cui attualmente si trova il Paese nel
quadro globale –: se, anche in virtù dell'alta sorveglianza sul sistema
bancario, risulti come e con quali risultati gli organi preposti alla
vigilanza sono intervenuti in ordine alle articolate questioni della
determinazione dei tassi contra legem, dell'anatocismo, delle valute,
dello ius variandi, della trattenuta (illecita) dei rimborsi raccomandata
dai sindacati, della variabilità, ex abrupto e arbitraria, delle condizioni
di conto corrente in relazione al cliente (segnalazione di Striscia la
notizia, puntata dell'undici giugno 2013), della nullità dei contratti di
mutuo con interessi usurari (di cui alla citata puntata del 2 giugno
2013 della trasmissione Mediaset Le Iene, autore Luigi Pelazza);
quali iniziative, nell'ambito delle rispettive competenze, i Ministri
interrogati intendano intraprendere a tutela del risparmio come
interesse pubblico, secondo Costituzione, e per rimuovere tutte le
possibilità, ampiamente descritte in premessa, di sottrazione di
denaro
in
danno
dei
titolari
di
conti
correnti;
96
quale sia l'orientamento del Governo in ordine alle ripartizione delle
quote della Banca d'Italia, di cui sono proprietarie le banche che la
medesima controlla; quali misure ritengano necessarie in favore
delle vittime di usura bancaria, in particolare laddove queste abbiano
responsabilità d'impresa e quindi di lavoratori e salari.
97
98
Capitolo 2
Al Ministero per gli Affari Esteri
premesso che …....... per sapere se ……….
§ 1. Breve sommario
In questo capitolo, sono raccolti solo 5 atti di sindacato ispettivo
(interrogazioni a risposta scritta, question time in aula,
interrogazioni a risposta immediata in commissione, etc.), che
pongono domande e quesiti al Ministro degli Esteri. Molti di questi
– alla data di pubblicazione della presente raccolta – non hanno
ancora risposta.
§ 2. Interrogazione a risposta scritta nr. 4/0194934
Atto Camera - Interrogazione a risposta scritta 4-01949, presentato
da CARINELLI Paola, testo di Mercoledì 25 settembre 2013,
seduta n. 84:
CARINELLI, SPESSOTTO, PINNA, VIGNAROLI,
SPADONI, DE LORENZIS, DI BATTISTA,
M.DI STEFANO, TACCONI, NESCI, COLONNESE.
Al Ministro degli affari esteri, al Ministro dell'economia e delle
finanze. —Per sapere – premesso che:
la legge n. 148 del settembre 2011, in materia di stabilizzazione
finanziaria e di sviluppo, individua nel suo primo articolo «la
riorganizzazione della rete diplomatico-consolare» tra le misure
essenziali della spending review; la rete diplomatica italiana con 319
sedi estere tra ambasciate, rappresentanze permanenti, uffici
consolari e istituti di cultura necessita di una seria riorganizzazione
per renderla più rispondente non solo alle esigenze di spending
34http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=7106&stile
=7&highLight=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRI
TTA%27
99
review, ma anche ai cambiamenti geopolitici per rispondere ai nuovi
scenari internazionali. Sotto questo profilo va rilevato che delle 127
ambasciate, il 34 per cento si concentra ancora nell'area europea; la
legge n. 135 del 2012 ha indicato alla Farnesina di riorganizzare la
propria rete attuando una riduzione del 20 per cento del personale
diplomatico e dirigenziale e il 10 per cento del restante personale di
ruolo, appartenente alle aree funzionali; il programma di
razionalizzazione della rete diplomatico-consolare e culturale è
strettamente collegato al miglior utilizzo del patrimonio immobiliare
di cui il Paese dispone all'estero;
il patrimonio immobiliare ubicato all'estero è stato recentemente
censito in attuazione del «Piano di razionalizzazione del patrimonio
immobiliare all'estero», di cui ai commi 1311 e seguenti dell'articolo
1 della legge n. 296 del 2006 (legge finanziaria 2007). Sono stati
individuati 296 immobili ricomprendenti una vasta tipologia: alcuni
destinati a un utilizzo puramente istituzionale (ambasciate,
consolati, istituti italiani di cultura, scuole), altri strumentali a tali
attività istituzionali (residenze di titolari, alloggi di servizio del
personale, e altro), altri ancora con differenti destinazioni d'uso
(concessioni a enti gestori, scuole, chiese, biblioteche, circoli degli
italiani); i canoni di locazione (uffici delle sedi; residenze dei capi
missione; alloggi di servizio del personale) quantificabili in circa 30
milioni di euro annui, costituiscono la spesa maggiore dei costi di
funzionamento delle strutture che formano la rete diplomaticoconsolare, circa il 50 per cento dei costi complessivi di
funzionamento della rete; il conseguimento dell'obiettivo, indicato
nel piano della performance 2012 del Ministero degli affari esteri,
della riduzione dei canoni locativi residenziali del 9,82 per cento
rispetto a giugno 2010 rappresenta una percentuale ancora troppo
bassa di riduzione di spesa; la riorganizzazione della rete procede,
tuttavia, con estrema lentezza –:
in generale, come l'amministrazione si stia adoperando per
raggiungere gli obiettivi di riduzione dei canoni di locazione;
in particolare, quando sarà possibile rinnovare i contratti in essere
privilegiando soluzioni meno onerose;
quali urgenti iniziative intendano intraprendere, nell'ambito delle
rispettive competenze, per ricollocare sedi, residenze, alloggi
riducendo sensibilmente le spese di affitto per impedire che siano
sempre i cittadini a pagare i costi della crisi, quando secondo gli
100
interroganti ci sono categorie privilegiate a cui sembra sia tutto
dovuto. (4-01949)
§ 3. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-0186135
Interrogazione a risposta scritta 4-01861 presentato da CORDA
Emanuela testo di Mercoledì 18 settembre 2013, seduta n. 79
CORDA, ALBERTI, RIZZO, BASILIO, FRUSONE, TOFALO e
NESCI.
Al Ministro degli affari esteri, al Ministro della giustizia. — Per
sapere – premesso che:
destano preoccupazione le condizioni del cittadino italiano Enrico
Forti detto Chico, detenuto negli Stati Uniti in seguito a un
controverso processo che ha destato molto clamore anche per i
supposti limiti dati alle garanzie di difesa dell'imputato; lo stesso
Ministro Bonino ha dichiarato l'attenzione attiva del Governo su
questa vicenda oltre ad essersi, in tempi precedenti all'assunzione
del suo incarico governativo, sempre battuta per la revisione del
processo –: quali iniziative il Governo abbia assunto o reputi
necessario assumere nei confronti dell'amministrazione giudiziaria e
del Governo degli Stati Uniti al fine di ottenere la revisione del
processo per Chico Forti; se siano state assunte iniziative per
verificare quanto denunciato da associazioni e familiari sulla critica
situazione psicofisica del Forti e se sulle stesse non reputi necessario
fornire ogni utile elemento di riscontro. (4-01861)
§ 4. Interrogazione a risposta immediata in commissione nr.
5-0025336
Interrogazione a risposta immediata in commissione 5-00253
presentato da DEL GROSSO Daniele testo di Martedì 4 giugno
2013, seduta n. 28.
35http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=6731&stile=7&highLi
ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27
36http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=2935&stile=7&highLi
ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+IMMEDIATA+IN+COM
MISSIONE%27
101
DEL GROSSO e MANLIO DI STEFANO.
Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
da fonti del Governo Monti si è appreso che la notizia della
chiusura dell'Istituto per il commercio estero attuato dal precedente
Governo Berlusconi aveva costituito una sorta di shock per le
piccole imprese che da un momento all'altro si sono ritrovate a non
sapere più a chi rivolgersi per commerciare con l'estero. Inoltre,
l'idea del Governo di abolire l'ICE per risparmiare sulle spese si è
rivelata un vero boomerang: si stima che le perdite causate dal
provvedimento si aggirino sui 52 milioni di euro. Questa cifra
rappresenta il denaro che le aziende avrebbero pagato per
partecipare alle fiere internazionali e alle iniziative proposte dall'ente
(55 sono stati gli eventi annullati);
le società italiane, soprattutto quelle con forte vocazione all’export,
non sono rimaste a guardare e repentinamente si sono sollevate
contro la decisione dell'Esecutivo, spingendo affinché il nuovo
Governo Monti invertisse la rotta del Governo precedente e
decidesse per il riassetto dell'Istituto, avvenuto successivamente
grazie al decreto «Salva Italia» come Agenzia per il commercio
estero. L'internazionalizzazione delle imprese italiane è stata affidata
in gestione transitoria e sotto il controllo incrociato dei Ministeri
dello sviluppo economico, degli affari esteri e dell'economia e delle
finanze. Il Ministro dello sviluppo economico pro tempore,
Corrado Passera, ha affidato alla McKinsey il difficile compito di
delineare una riorganizzazione totale degli enti statali che si
occupano di internazionalizzazione. Allo stesso tempo, l'ex
amministratore delegato di Intesa SanPaolo ha nominato Riccardo
Monti (bocconiano e direttore di Value Partners) presidente della
nuova ACE (Agenzia per il commercio estero); il sostegno
finanziario sarà garantito dalla Cassa depositi e prestiti e dalla SACE
(gruppo assicurativo-finanziario attivo nell’export credit); l'idea che
si profila è quella di integrare le unità in servizio fuori dai confini
nazionali nell'ambito delle rappresentanze diplomatiche e consolari.
Le ambasciate diverranno così una sorta di «front office» per le
aziende italiane, nell'ottica di ridurre le spese ed aumentarne
l'efficienza. Non poche però sono le critiche che si sono levate
contro la scelta di tale accorpamento. C’è chi sostiene che così
facendo si perderà l'autonomia di iniziativa all'estero considerato
che ogni decisione dovrà essere vagliata dall'ambasciatore di turno
(con le lungaggini e le complicanze burocratiche del caso);
102
ancor più grave è il rischio che in questo modo
l'internazionalizzazione delle imprese resti un miraggio, a meno che
non si intervenga in maniera mirata mediante il potenziamento di
alcuni strumenti messi a disposizione delle imprese; nei primi
quattro mesi del 2013 le esportazioni italiane in Cina sono cresciute
del 7 per cento, mentre le importazioni hanno mostrato una
tendenza alla diminuzione. Il presidente dell'Istituto per il
commercio estero (ICE), Riccardo Monti, ha affermato che la Cina
è un mercato prioritario per il nostro Paese e che l'attività di
promozione del made in Italy è necessaria, dato che si tratta di un
mercato «difficile, complicato, competitivo».
Inoltre il presidente dell'Istituto per il commercio estero sostiene
che è necessario un «piano straordinario» per l'agroalimentare, con
l'obiettivo di raggiungere una ventina di città cinesi della cosiddetta
«seconda fascia», luoghi chiave per lo sviluppo del mercato interno
che è nei programmi della dirigenza cinese; considerando quanto in
un contesto di congiuntura economica negativa per il nostro Paese,
le esportazioni stiano tenendo in piedi l'economia reale, rendendo
palese l'utilità di investimenti in aziende orientate all’export, il
budget che si profila per la nuova Agenzia per il commercio estero
– contenuto nel fondo per gli scambi e l'internazionalizzazione – si
aggirerà sui 33 milioni di euro. Tale cifra sembra essere irrisoria
rispetto al budget messo a disposizione delle aziende competitrici
straniere da parte dei loro Governi. Basti pensare che gli istituti
analoghi di Francia e Germania hanno a disposizione
rispettivamente 252 e 105 milioni di euro, pur disponendo di molte
sedi all'estero –:
quali siano gli strumenti diplomatici che il Ministero degli affari
esteri intende adottare, rafforzare e più di tutto mettere in atto al
fine di contribuire a colmare il gap di assistenza nelle procedure di
internazionalizzazione che le aziende italiane hanno rispetto ai loro
competitor europei, con il fine di conoscere e farsi conoscere nel
mondo. (5-00253)
Risposta scritta pubblicata Mercoledì 5 giugno 2013
nell'allegato al bollettino in Commissione III (Affari esteri)
5-00253
Come indicato dall'onorevole interrogante, la materia della
promozione all'estero del sistema economico nazionale – su
103
impulso del Governo e con il pieno concorso del Parlamento – ha
fatto l'oggetto di significative innovazioni, a partire dalla fine del
2011.
A seguito della soppressione dell'Istituto per il Commercio Estero è
stata infatti istituita la nuova Agenzia per la promozione all'estero e
l'internazionalizzazione delle imprese italiane, secondo una
impostazione intesa a coniugare esigenze di razionalizzazione della
spesa pubblica, con la valorizzazione delle competenze e delle
risorse disponibili.
Tutto questo naturalmente in un quadro di coordinamento tra
Amministrazioni ed altri soggetti preposti all'internazionalizzazione
del sistema economico. In questo contesto s'inserisce l'integrazione
delle Unità dell'Agenzia ICE e dell'ENIT nelle sedi delle
rappresentanze diplomatiche e consolari all'estero (con il cd.
«Decreto Salva Italia»), con una funzione di direzione,
coordinamento e vigilanza sulle attività del personale dell'Agenzia
attribuita ai Capi Missione (Ambasciatori).
A seguito della nuova disciplina introdotta, la rete dell'Agenzia-ICE
all'estero ha quindi subito una «rimodulazione» degli Uffici e Punti
di Corrispondenza e oggi conta 79 Unità operative all'estero (65
Uffici e 14 Punti di Corrispondenza), a fronte di una rete
precedentemente composta da 92 presidi all'estero (61 Uffici e 31
Punti di corrispondenza). Giova osservare che il numero degli uffici
è salito, mentre si è ridotto il numero dei Punti di Corrispondenza.
Tale razionalizzazione sarà compiuta entro i primi mesi del 2014,
mirando in particolare ad assicurare una efficace distribuzione delle
Unità operative nei mercati maggiormente promettenti.
Nel rispetto di tale impostazione, il nuovo assetto ha previsto
l'attribuzione al Ministero dello Sviluppo Economico e al Ministero
degli Affari Esteri dei poteri di indirizzo in materia di promozione e
internazionalizzazione delle imprese, mentre le linee guida e di
indirizzo
strategico
in
materia
di
promozione
e
internazionalizzazione delle imprese, anche per quanto riguarda la
programmazione delle risorse, sono state, come noto, attribuite allo
strumento operativo della Cabina di Regia.
Co-presieduta dal Ministro degli Affari Esteri e dal Ministro dello
Sviluppo Economico, la Cabina di Regia per l'Italia Internazionale
vede anche la partecipazione dei principali attori governativi ed
economici nazionali e regionali nel settore, quali il Ministro per gli
Affari Regionali, il Turismo e lo Sport, il Ministro per le Politiche
104
Agricole e Forestali, il Presidente della Regione Marche in
rappresentanza della Conferenza delle Regioni e delle Province
Autonome, i Presidenti di Confindustria, Unioncamere, ABI, Rete
Imprese Italia e Alleanza delle Cooperative Italiane.
La Cabina di Regia rappresenta l'impegno concreto di Governo,
istituzioni territoriali e mondo delle imprese per coordinare al
meglio le politiche e le strategie di internazionalizzazione del Paese,
mettendo a sistema iniziative per la promozione, strumenti di analisi
e penetrazione sui mercati e concentrando l'uso delle risorse
finanziarie verso obbiettivi specifici e condivisi.
In tale contesto sono inoltre previsti degli strumenti di sostegno
economico finalizzati all'internazionalizzazione, i quali sono gestiti
dal Ministero dello Sviluppo Economico, cui compete anche la
definizione delle iniziative di accompagnamento delle imprese nei
mercati esteri e di promozione di accordi commerciali con Paesi
terzi.
Ricordo al riguardo che sono disponibili per le nostre imprese i
finanziamenti agevolati per l'apertura di sedi all'estero, per il lancio
di nuovi prodotti o servizi e per l'acquisizione di nuovi mercati.
Sono inoltre disponibili dei finanziamenti per la realizzazione di
studi di fattibilità, per programmi di assistenza tecnica collegati ad
investimenti italiani all'estero, nonché il fondo rotativo di Venture
Capital e quello per le Start Up, che è stato recentemente avviato.
Nel complesso, la nuova normativa – che riconosce il ruolo
primario del Ministero degli Affari Esteri nella gestione condivisa di
strategie e strumenti per l'internazionalizzazione e la promozione
del sistema produttivo – attua un considerevole sforzo di
razionalizzazione, riconducendo nell'ambito delle Rappresentanze
diplomatiche e consolari tutte le attività nei Paesi di intervento.
Tale impostazione appare cruciale in questa fase in cui la domanda
estera costituisce un fattore decisivo per la ripresa e la crescita
economica del nostro Paese.
Una ripresa ed una crescita cui la Farnesina attribuisce massima
priorità, come lo stesso Ministro Bonino ha molto chiaramente
indicato nel corso della sua audizione programmatica, quando ha
sottolineato come la prima priorità del Governo sia il rilancio del
consolidamento economico del nostro Paese.
105
§ 5. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-0186137
Interrogazione a risposta scritta 4-01861 presentato da CORDA
Emanuela testo di Mercoledì 18 settembre 2013, seduta n. 79
CORDA, ALBERTI, RIZZO, BASILIO, FRUSONE, TOFALO e
NESCI.
Al Ministro degli affari esteri, al Ministro della giustizia. — Per
sapere – premesso che:
destano preoccupazione le condizioni del cittadino italiano Enrico
Forti detto Chico, detenuto negli Stati Uniti in seguito a un
controverso processo che ha destato molto clamore anche per i
supposti limiti dati alle garanzie di difesa dell'imputato; lo stesso
Ministro Bonino ha dichiarato l'attenzione attiva del Governo su
questa vicenda oltre ad essersi, in tempi precedenti all'assunzione
del suo incarico governativo, sempre battuta per la revisione del
processo –:
quali iniziative il Governo abbia assunto o reputi necessario
assumere nei confronti dell'amministrazione giudiziaria e del
Governo degli Stati Uniti al fine di ottenere la revisione del
processo per Chico Forti; se siano state assunte iniziative per
verificare quanto denunciato da associazioni e familiari sulla critica
situazione psicofisica del Forti e se sulle stesse non reputi necessario
fornire ogni utile elemento di riscontro. (4-01861)
§ 6. Interrogazione a risposta immediata in commissione nr.
5-0025338
Interrogazione a risposta immediata in commissione 5-00253
presentato da DEL GROSSO Daniele testo di Martedì 4 giugno
2013, seduta n. 28
DEL GROSSO e MANLIO DI STEFANO.
37http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=6731&stile=7&highLi
ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27
38http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=2935&stile=7&highLi
ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+IMMEDIATA+IN+COM
MISSIONE%27
106
Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
da fonti del Governo Monti si è appreso che la notizia della
chiusura dell'Istituto per il commercio estero attuato dal precedente
Governo Berlusconi aveva costituito una sorta di shock per le
piccole imprese che da un momento all'altro si sono ritrovate a non
sapere più a chi rivolgersi per commerciare con l'estero. Inoltre,
l'idea del Governo di abolire l'ICE per risparmiare sulle spese si è
rivelata un vero boomerang: si stima che le perdite causate dal
provvedimento si aggirino sui 52 milioni di euro. Questa cifra
rappresenta il denaro che le aziende avrebbero pagato per
partecipare alle fiere internazionali e alle iniziative proposte dall'ente
(55 sono stati gli eventi annullati);
le società italiane, soprattutto quelle con forte vocazione all’export,
non sono rimaste a guardare e repentinamente si sono sollevate
contro la decisione dell'Esecutivo, spingendo affinché il nuovo
Governo Monti invertisse la rotta del Governo precedente e
decidesse per il riassetto dell'Istituto, avvenuto successivamente
grazie al decreto «Salva Italia» come Agenzia per il commercio
estero. L'internazionalizzazione delle imprese italiane è stata affidata
in gestione transitoria e sotto il controllo incrociato dei Ministeri
dello sviluppo economico, degli affari esteri e dell'economia e delle
finanze. Il Ministro dello sviluppo economico pro tempore,
Corrado Passera, ha affidato alla McKinsey il difficile compito di
delineare una riorganizzazione totale degli enti statali che si
occupano di internazionalizzazione. Allo stesso tempo, l'ex
amministratore delegato di Intesa SanPaolo ha nominato Riccardo
Monti (bocconiano e direttore di Value Partners) presidente della
nuova ACE (Agenzia per il commercio estero); il sostegno
finanziario sarà garantito dalla Cassa depositi e prestiti e dalla SACE
(gruppo assicurativo-finanziario attivo nell’export credit); l'idea che
si profila è quella di integrare le unità in servizio fuori dai confini
nazionali nell'ambito delle rappresentanze diplomatiche e consolari.
Le ambasciate diverranno così una sorta di «front office» per le
aziende italiane, nell'ottica di ridurre le spese ed aumentarne
l'efficienza. Non poche però sono le critiche che si sono levate
contro la scelta di tale accorpamento. C’è chi sostiene che così
facendo si perderà l'autonomia di iniziativa all'estero considerato
che ogni decisione dovrà essere vagliata dall'ambasciatore di turno
(con le lungaggini e le complicanze burocratiche del caso); ancor più
grave è il rischio che in questo modo l'internazionalizzazione delle
107
imprese resti un miraggio, a meno che non si intervenga in maniera
mirata mediante il potenziamento di alcuni strumenti messi a
disposizione delle imprese; nei primi quattro mesi del 2013 le
esportazioni italiane in Cina sono cresciute del 7 per cento, mentre
le importazioni hanno mostrato una tendenza alla diminuzione. Il
presidente dell'Istituto per il commercio estero (ICE), Riccardo
Monti, ha affermato che la Cina è un mercato prioritario per il
nostro Paese e che l'attività di promozione del made in Italy è
necessaria, dato che si tratta di un mercato «difficile, complicato,
competitivo». Inoltre il presidente dell'Istituto per il commercio
estero sostiene che è necessario un «piano straordinario» per
l'agroalimentare, con l'obiettivo di raggiungere una ventina di città
cinesi della cosiddetta «seconda fascia», luoghi chiave per lo
sviluppo del mercato interno che è nei programmi della dirigenza
cinese; considerando quanto in un contesto di congiuntura
economica negativa per il nostro Paese, le esportazioni stiano
tenendo in piedi l'economia reale, rendendo palese l'utilità di
investimenti in aziende orientate all’export, il budget che si profila
per la nuova Agenzia per il commercio estero – contenuto nel
fondo per gli scambi e l'internazionalizzazione – si aggirerà sui 33
milioni di euro. Tale cifra sembra essere irrisoria rispetto al budget
messo a disposizione delle aziende competitrici straniere da parte
dei loro Governi. Basti pensare che gli istituti analoghi di Francia e
Germania hanno a disposizione rispettivamente 252 e 105 milioni di
euro, pur disponendo di molte sedi all'estero –:
quali siano gli strumenti diplomatici che il Ministero degli affari
esteri intende adottare, rafforzare e più di tutto mettere in atto al
fine di contribuire a colmare il gap di assistenza nelle procedure di
internazionalizzazione che le aziende italiane hanno rispetto ai loro
competitor europei, con il fine di conoscere e farsi conoscere nel
mondo. (5-00253)
Risposta scritta pubblicata Mercoledì 5 giugno 2013
nell'allegato al bollettino in Commissione III (Affari esteri)
5-00253
Come indicato dall'onorevole interrogante, la materia della
promozione all'estero del sistema economico nazionale – su
impulso del Governo e con il pieno concorso del Parlamento – ha
108
fatto l'oggetto di significative innovazioni, a partire dalla fine del
2011.
A seguito della soppressione dell'Istituto per il Commercio Estero è
stata infatti istituita la nuova Agenzia per la promozione all'estero e
l'internazionalizzazione delle imprese italiane, secondo una
impostazione intesa a coniugare esigenze di razionalizzazione della
spesa pubblica, con la valorizzazione delle competenze e delle
risorse disponibili. Tutto questo naturalmente in un quadro di
coordinamento tra Amministrazioni ed altri soggetti preposti
all'internazionalizzazione del sistema economico. In questo contesto
s'inserisce l'integrazione delle Unità dell'Agenzia ICE e dell'ENIT
nelle sedi delle rappresentanze diplomatiche e consolari all'estero
(con il cd. «Decreto Salva Italia»), con una funzione di direzione,
coordinamento e vigilanza sulle attività del personale dell'Agenzia
attribuita ai Capi Missione (Ambasciatori).
A seguito della nuova disciplina introdotta, la rete dell'Agenzia-ICE
all'estero ha quindi subito una «rimodulazione» degli Uffici e Punti
di Corrispondenza e oggi conta 79 Unità operative all'estero (65
Uffici e 14 Punti di Corrispondenza), a fronte di una rete
precedentemente composta da 92 presidi all'estero (61 Uffici e 31
Punti di corrispondenza). Giova osservare che il numero degli uffici
è salito, mentre si è ridotto il numero dei Punti di Corrispondenza.
Tale razionalizzazione sarà compiuta entro i primi mesi del 2014,
mirando in particolare ad assicurare una efficace distribuzione delle
Unità operative nei mercati maggiormente promettenti.
Nel rispetto di tale impostazione, il nuovo assetto ha previsto
l'attribuzione al Ministero dello Sviluppo Economico e al Ministero
degli Affari Esteri dei poteri di indirizzo in materia di promozione e
internazionalizzazione delle imprese, mentre le linee guida e di
indirizzo
strategico
in
materia
di
promozione
e
internazionalizzazione delle imprese, anche per quanto riguarda la
programmazione delle risorse, sono state, come noto, attribuite allo
strumento operativo della Cabina di Regia.
Co-presieduta dal Ministro degli Affari Esteri e dal Ministro dello
Sviluppo Economico, la Cabina di Regia per l'Italia Internazionale
vede anche la partecipazione dei principali attori governativi ed
economici nazionali e regionali nel settore, quali il Ministro per gli
Affari Regionali, il Turismo e lo Sport, il Ministro per le Politiche
Agricole e Forestali, il Presidente della Regione Marche in
rappresentanza della Conferenza delle Regioni e delle Province
109
Autonome, i Presidenti di Confindustria, Unioncamere, ABI, Rete
Imprese Italia e Alleanza delle Cooperative Italiane.
La Cabina di Regia rappresenta l'impegno concreto di Governo,
istituzioni territoriali e mondo delle imprese per coordinare al
meglio le politiche e le strategie di internazionalizzazione del Paese,
mettendo a sistema iniziative per la promozione, strumenti di analisi
e penetrazione sui mercati e concentrando l'uso delle risorse
finanziarie verso obbiettivi specifici e condivisi.
In tale contesto sono inoltre previsti degli strumenti di sostegno
economico finalizzati all'internazionalizzazione, i quali sono gestiti
dal Ministero dello Sviluppo Economico, cui compete anche la
definizione delle iniziative di accompagnamento delle imprese nei
mercati esteri e di promozione di accordi commerciali con Paesi
terzi. Ricordo al riguardo che sono disponibili per le nostre imprese
i finanziamenti agevolati per l'apertura di sedi all'estero, per il lancio
di nuovi prodotti o servizi e per l'acquisizione di nuovi mercati.
Sono inoltre disponibili dei finanziamenti per la realizzazione di
studi di fattibilità, per programmi di assistenza tecnica collegati ad
investimenti italiani all'estero, nonché il fondo rotativo di Venture
Capital e quello per le Start Up, che è stato recentemente avviato.
Nel complesso, la nuova normativa – che riconosce il ruolo
primario del Ministero degli Affari Esteri nella gestione condivisa di
strategie e strumenti per l'internazionalizzazione e la promozione
del sistema produttivo – attua un considerevole sforzo di
razionalizzazione, riconducendo nell'ambito delle Rappresentanze
diplomatiche e consolari tutte le attività nei Paesi di intervento. Tale
impostazione appare cruciale in questa fase in cui la domanda estera
costituisce un fattore decisivo per la ripresa e la crescita economica
del nostro Paese. Una ripresa ed una crescita cui la Farnesina
attribuisce massima priorità, come lo stesso Ministro Bonino ha
molto chiaramente indicato nel corso della sua audizione
programmatica, quando ha sottolineato come la prima priorità del
Governo sia il rilancio del consolidamento economico del nostro
Paese.
110
Capitolo 3
Al Ministero dell’Interno
premesso che …....... per sapere se ……….
§ 1. Breve sommario
In questo capitolo, sono raccolti solo 35 atti di sindacato ispettivo
(interrogazioni a risposta scritta, question time in aula,
interrogazioni a risposta immediata in commissione, etc.), che
pongono domande e quesiti al Ministro degli Esteri. Molti di questi
– alla data di pubblicazione della presente raccolta – non hanno
ancora risposta.
§ 2. Interrogazione a risposta scritta nr. 4/0084439
Atto Camera - Interrogazione a risposta scritta 4-00844, presentato
da AGOSTINELLI Donatella, testo di Giovedì 13 giugno 2013,
seduta n. 33:
AGOSTINELLO, TERZONI, MICILLO, BUSINAROLO,
MANNINO, D’INCA’, D’AMBROSIO, BONAFEDE.
Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
alla fine di aprile 2013, si apprendeva dalla stampa che il centro
operativo della direzione investigativa antimafia di Milano si
apprestava a sopprimere a partire dal primo maggio il nucleo
informativo della direzione investigativa antimafia presso
l'aeroporto di Milano Malpensa ufficialmente per esigenze di
ottimizzazione delle risorse; il 12 gennaio 2012, tuttavia, una nota
del direttore della direzione investigativa antimafia sosteneva al
contrario proprio l'importanza del mantenimento di quel presidio in
vista di Expo 2015 per contrastare eventuali infiltrazioni della
39http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.asp?highLight=0&idAtt
o=2305&stile=7
111
criminalità organizzata e che, addirittura, le spese di missione per i
servizi da svolgere comunque in locosarebbero state maggiori
rispetto ai risparmi ipotizzati; il Presidente del Consiglio Enrico
Letta, lunedì 6 maggio 2013, recatosi a Milano per parlare di Expo
2015 aveva ribadito con forza che «le organizzazioni criminali non
ci metteranno piede»; per il Silp CGIL, come si apprende da
dichiarazioni ufficiali rilasciate da Daniele Tissone, segretario
generale del Silp stesso, il sindacato di polizia della CGIL: «decidere
di sopprimere un presidio indispensabile per un riscontro diretto di
così delicate attività investigative, oltre a suscitare la nostra assoluta
contrarietà, comunica un preoccupante segnale che di certo non
incoraggia la lotta contro la criminalità organizzata»; occorre
ricordare allora la funzione essenziale del nucleo informativo di
Malpensa, istituito nel 2000 in attuazione dell'articolo 5 del decreto
ministeriale 30 marzo 1994, che è quella di raccogliere elementi per
la prevenzione e l'analisi dei fenomeni criminali legati alla malavita
organizzata e di svolgere una funzione di assistenza alle indagini più
complesse di polizia giudiziaria; ci risulta poi che in realtà i costi di
gestione del presidio siano contenuti e che il canone sia da
considerarsi meramente retributivo, tale quindi da non giustificarne
assolutamente la soppressione per finalità di tipo economico –: per
quali motivi, nonostante le parole del Governo, siano seguite poi
scelte contrarie; in base a quali ulteriori valutazioni economiche (in
relazione alle quali gli interroganti ritengono opportuno siano
comunicati dati certi) e strategiche il Governo abbia cambiato la sua
posizione; se si intenda valutare l'opportunità di revocare la
decisione di chiusura alla luce della suddetta centralità del presidio e
del concreto pericolo di infiltrazioni mafiose legate all'Expo 2015.
(4-00844)
§ 3. Interrogazione a risposta scritta nr. 4/0165940
Atto Camera - Interrogazione a risposta scritta 4/01659, presentato
da BASILIO Tatiana, testo di Giovedì 8 agosto 2013, seduta n. 68:
40http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=5959&stile
=7&highLight=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRI
TTA%27
112
BASILIO, ARTINI, CORDA, ALBERTI, FRUSONE,
PAOLO BERNINI e RIZZO.
Al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa. — Per sapere –
premesso che:
risulta evidente che componenti del precedente Governo e persone
che hanno rivestito in passato cariche istituzionali, ma che
attualmente non ricoprono nessun ruolo, abbiano tuttora la
possibilità di usufruire di auto blu e servizio di scorta senza che
risultino particolari esigenze di tutela e senza l'esistenza di elementi
di rischio conclamati così gravi e probanti tali da disporre di servizi
di scorta;
tale procedura, ritenuta dall'interrogante ingiustificata, costa ai
contribuenti palesemente grandi sacrifici, un costo che si aggira
intorno a svariati milioni di euro l'anno e impegna migliaia di agenti
delle forze dell'ordine sottraendoli di conseguenza alla tutela della
sicurezza dei cittadini;
come si evince dalle dichiarazioni del Sindacato autonomo di polizia
«Con la crisi e i tagli siamo arrivati al punto che il sistema sicurezza
non può più permettersi di garantire 585 scorte con un enorme
impiego di uomini delle forze dell'ordine impegnati a garantire la
sicurezza di pochi». «Solo a Roma sono mille al giorno – spiega
Nicola Tanzi, segretario nazionale del Sap –, finora mi risulta siano
state tagliate 70 scorte di quarto livello, delle 174 scorte assegnate a
parlamentari ed ex ministri, credo che queste debbano essere
azzerate per andare, se necessario, a rafforzare, invece, quelle
garantite alle più alte cariche dello Stato. La modulazione delle
misure di tutela va da quelle di primo livello, indicato come rischio
imminente ed elevato, che impiega fino a tre auto blindate e sei
agenti, fino al quarto livello, di basso rischio, che prevede un'auto
non blindata e un autista»;
il disagio sociale nel Paese è forte, ed è giusto garantire sicurezza a
chi è più esposto, ma l'attuale situazione appare incompatibile con
l'esigenza di un rigoroso contenimento delle spese ed eliminazione
di ogni spreco e contribuisce ulteriormente al discredito della classe
politica, apparendo all'opinione pubblica come un privilegio
ingiustificato
–:
quanto costi al contribuente il servizio di suddetta protezione e
come si articoli;
se sia disponibile un elenco delle personalità appartenenti ai
precedenti Governi o a personalità che hanno ricoperto in passato
113
alte cariche istituzionali che godono tuttora di un servizio di scorta
o usufruiscono di mezzi e personale della pubblica
amministrazione;
quali siano i motivi che hanno finora consentito il perdurare di un
servizio che appare agli interroganti ingiustificato; quali
provvedimenti i Ministri interrogati intendano urgentemente
assumere perché questa situazione sia il più possibile limitata,
ovvero se possano essere resi pubblici i motivi per l'eventuale
prosecuzione. (4-01659)
§ 4. Interrogazione a risposta scritta nr. 4/0107541
Atto Camera - Interrogazione a risposta scritta 4-01075, presentato
da BECHIS Eleonora, testo di Lunedì 1 luglio 2013, seduta n. 43:
BECHIS, BALDASSARRE, CIPRINI, COMINARDI,
RIZZETTO, ROSTELLATO e TRIPIEDI.
Al Ministro dell'interno, al Ministro per la pubblica amministrazione
e la semplificazione. — Per sapere – premesso che:
il «comitato idonei 184 Vigili Permanenti» ha più volte sollevato la
questione afferente al concorso per 184 posti di vigili del fuoco
bandito nel mese di marzo 1998, lamentando la mancata assunzione
degli idonei di quel concorso;
la graduatoria, in oggetto, è stata via via prorogata fino al 30 giugno
2013, al fine di consentire all'amministrazione di assumere, oltre ai
vincitori, anche piccoli contingenti di idonei in numero pari a quello
che, di volta in volta, viene autorizzato o dalla funzione pubblica
per supplire al turn over o dalla legge finanziaria quale
potenziamento;
il comitato denuncia che già nel primo dei tre anni di validità della
graduatoria, così come stabilito dal decreto-legge n. 512 del 1996,
invece di continuare ad assumere gli idonei del concorso 184 vigili
permanenti fu indetto un altro concorso, quello a 173 posti da
discontinuo indetto nel 2001, a cui fecero seguito altri 3 quello a 40
posti riservato ai volontari isole minori del 2004, quello a 55 posti
41http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=2536&stile
=7&highLight=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRI
TTA%27
114
riservato ad ex ausiliari 2004-2005, quello a 814 posti del 2009 oltre
all'assunzione del personale di una ditta privata di Lavadigi (Cuneo)
–:
se il Governo sia a conoscenza della situazione sopra esposta e quali
siano le determinazioni dell'amministrazione in merito alla
stabilizzazione degli idonei facenti parte la detta graduatoria.
(4-01075)
§ 5. Interrogazione a risposta scritta nr. 4/0145842
Atto Camera - Interrogazione a risposta scritta 4-01458, presentato
da BENEDETTI Silvia, testo di Mercoledì 25 settembre 2013,
seduta n. 84:
BENEDETTI, M.BERNINI, GAGNARLI, GALLINELLA,
L'ABBATE, LUPO, PARENTELA.
Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'ambiente e della tutela del
territorio e del mare, al Ministro della salute. — Per sapere –
premesso che:
il 6 luglio 2013 la Direzione distrettuale antimafia di Venezia ha
inviato 27 avvisi di garanzia nell'ambito dell'inchiesta sulla presunta
presenza di materiali non inertizzati (rifiuti di acciaieria molto
inquinanti) interrati nel sottofondo dell'A31 Valdastico Sud. I reati
contestati sono quelli di falso ideologico e traffico illegale di rifiuti
in forma organizzata;
dalle analisi effettuate in soli tre lotti della Valdastico Sud, tra
Longare e Agugliaro, dal 2009 sarebbero infatti sversati al di sotto
del fondo stradale 155.836 metri cubi di scorie di acciaieria non
bonificati e quindi potenzialmente nocivi;
tra gli indagati Attilio Schneck, presidente della A4 holding, società
che controlla la Serenissima ed ex presidente della Brescia-Padova
spa, Flavio Orlandi, presidente del consiglio di amministrazione,
nonché amministratore delegato della Spa Serenissima Costruzioni,
Valeria Caltana, presidente del consiglio di Amministrazione
nonché amministratore delegato della Mestrinaro spa di Zero
42http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=4578&stile
=7&highLight=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRI
TTA%27
115
Branco, Antonio Beltrame presidente del Cda e amministratore
delegato della società Acciaierie Beltrame spa di Vicenza, il
costruttore Pierluca Locatelli, oggetto di inchieste analoghe in
Lombardia, nonché Luigi Persegato amministratore della Coseco
movimento terra SRL;
molte delle persone coinvolte nell'inchiesta risultano essere titolari o
responsabili del comparto tecnico relativo alle ditte che gestivano
lavori, progetti, analisi dell'autostrada A31, parte sud;
questo è solo l'ultimo episodio di una indagine che parte dal 2011 a
seguito di un dettagliato esposto presentato dall'Associazione
italiana esposti amianto e Medicina democratica alla Procura di
Brescia, già titolare di un'inchiesta sui rifiuti interrati sotto il manto
stradale della superstrada Brescia-Bergamo-Milano, che ha inviato,
per competenza, il materiale relativo all'inchiesta, alla procura
antimafia di Venezia;
il problema sollevato dalle associazioni di cui sopra è principalmente
quello dell'inquinamento delle falde sottostanti i comuni tagliati
dalla grande opera; inquinamento aggravato nei periodi di pioggia
intensa, riscontrato in più di un'occasione dai residenti e che può
avere, in un arco di tempo relativamente lungo della vita umana,
effetti altamente nocivi;
durante i lavori di costruzione della Valdastico, infatti, le ruspe
spianarono gli scarti di lavorazione industriale in mezzo alle
coltivazioni, riversando, di fatto, sostanze pericolose nei canali di
irrigazione del granoturco;
il rischio, quindi, è che l'acqua sia stata contaminata in maniera
consistente da diverse sostanze tossiche; dalle analisi realizzate,
infatti, è emerso che l'arsenico e il piombo presenti nel terreno sono
ben superiori ai limiti consentiti dalla legge e che anche altri metalli
nocivi sforano i limiti di tollerabilità (il nichel, il cobalto, il cadmio, il
cromo totale, il selenio, il mercurio e l'amianto);
il 31 luglio 2012 la Commissione Europea è stata informata del
rischio rifiuti sotto la cosiddetta Valdastico Sud, in quanto sotto il
manto stradale dell'autostrada che collega Vicenza e Rovigo
potrebbero essere presenti rifiuti tossici che metterebbero a rischio
la salute di migliaia di persone: se siano a conoscenza dei fatti
esposti in premessa;
quali iniziative intendano adottare, in base alle proprie competenze,
al fine di avviare una seria e costante attività di controllo
nell'affidamento degli appalti di tali imponenti ed invasive
116
infrastrutture che, se gestiti in maniera irresponsabile ed anomala
come appare per il caso Valdastico rischiano di compromettere
l'incolumità della popolazione italiana;
se non ritengano urgente avviare un'attività di monitoraggio della
zona circostante l'infrastruttura così da verificare il reale impatto
che la cattiva gestione dei lavori di costruzione dell'infrastruttura ha
avuto sull'ambiente e, di conseguenza sulla salute dei cittadini della
zona. (4-01458)
§ 6. Interrogazione a risposta scritta nr. 4/0187643
Atto Camera - Interrogazione a risposta scritta 4-01876, presentato
da BENEDETTI Silvia, testo di Mercoledì 25 settembre 2013,
seduta n. 84:
BENEDETTI, M.BERNINI, GAGNARLI, GALLINELLA,
L'ABBATE, LUPO, PARENTELA.
Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'ambiente e della tutela del
territorio e del mare, al Ministro della salute, al Ministro delle
infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
in un articolo apparso il 30 luglio 2013 nel quotidiano on line
Nuova Venezia, il giornalista ricostruisce il legame tra alcune figure
istituzionali e Adria Infrastrutture spa e Mantovani spa, le due
società i cui vertici sono finiti nel mirino della procura veneziana
con l'arresto dei rispettivi amministratore delegato Claudia Minitullo
e presidente Piergiorgio Baita. La procura ha inoltre acceso i
riflettori sul Consorzio Venezia Nuova ottenendo l'arresto (tra gli
altri) dell'ex presidente Giovanni Mazzacurati. Si tratta di inchieste
distinte, ma che hanno alcuni punti in comune. Primo fra tutti
l'obiettivo di far luce su un comparto in cui il finanziamento
pubblico
è
uno
degli
elementi
più
consistenti;
a dimostrare il legame, il giornalista di Nuova Venezia parte da
Margherita srl, società padovana riconducibile a tale Sandra
Persegato e che ha come oggetto sociale anche l'assunzione di
partecipazioni di altre società sia in Italia che all'estero; seguendo la
43http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=6746&stile
=7&highLight=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRI
TTA%27
117
traccia di quote e azioni delle società di cui sopra si perviene, alla
fine, direttamente in Adria Infrastrutture spa, passando attraverso
Arianna spa, società specializzata nella produzione di led per
l'illuminazione pubblica e di cui Margherita srl ha posseduto il 10
per cento, e arrivando a Pvp srl, società che ha domicilio fiscale in
Passaggio Corner Piscopia 10 a Padova, stesso indirizzo di
Margherita Srl e dello Studio Penso-Venuti e associati, e quindi in
Adria Infrastrutture, controllata anche da Mantovani spa;
il giornalista definisce «scomodo» tale intreccio in quanto Claudia
Minutino, consigliere delegato di Adria Infrastrutture, e Piergiorgio
Baita, ex presidente di Mantovani spa e vice presidente di Adria
Infrastrutture, nella primavera scorsa sono stati arrestati con
l'accusa di aver creato un sistema di fatture false per milioni di euro,
per vicende connesse alla sanmarinese Bmc Consulting del
faccendiere bergamasco William Ambrogio Colombelli nonché ex
consigliere della Nuova Garelli, società partecipata da tale Paolo
Berlusconi;
Margherita srl è stata fondata nel 2008 da due persone fisiche e due
giuridiche: la società Frasseneto, azienda agricola di Sandra
Persegato e la Comunità Incontro Onlus di don Pietro Gelmini;
Margherita ha un capitale sociale di 20 mila euro interamente
versato e amministratore unico è Sandra Persegato che nel 2011 ha
ricevuto parte delle quote in dono;
Margherita srl fino al 2011 è stata socia di Arianna spa, nata nel
2009 e avviata grazie al sostegno di Pvp srl. Tra i soci di Arianna spa
si trovano, oltre alla società Margherita srl, anche la Carel di
Brugine, di proprietà di Luigi Rossi Luciani, (ex presidente
Confindustria Veneto, ora presidente del Parco Scientifico Galileo),
la Finpiave, (riconducibile a Bepi Stefanel), la Pvp srl e l'ingegner
Alberto Giovanni Gerli, inventore di un sistema di illuminazione a
led innovativo, che riveste il ruolo di amministratore delegato. Tra i
consiglieri della Arianna spa troviamo Paolo Venuti e Christian
Penso entrambi soci di Pvp srl; Pvp srl fa capo a noti professionisti
padovani: Guido Penso, il figlio Christian (che detengono quote
paritarie), e Paolo Venuti. Ed ha in portafoglio, tra le altre, anche
quote di Adria Infrastrutture (300 mila euro circa su un capitale
sociale di 4,5 milioni di euro) e di Arianna spa (circa il 30 per cento).
Guido e Christian Penso e Paolo Venuti sono anche amministratori
allo stesso tempo –:
118
se le società siano state o siano ancora destinatarie di fondi statali e
se tale destinazione non debba essere revocata ed eventualmente
segnalata alla procura della Corte dei Conti. (4-01876)
§ 7. Interrogazione a risposta scritta nr. 4/0192644
Atto Camera - Interrogazione a risposta scritta 4-01926, presentato
da BRESCIA Giuseppe, testo di Martedì 24 settembre 2013, seduta
n. 83:
BRESCIA.
Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
il 28 agosto 2013 in un quartiere estremamente popolato della città
di Bari, si è consumato, in mezzo ai passanti, l'ennesimo omicidio di
mafia nel quale ha trovato la morte il boss Felice Campanale. Tale
evento ha scatenato l'ennesima guerra di mala per le strade del
capoluogo pugliese mettendo in pericolo la sicurezza dei cittadini;
in data 19 settembre nel quartiere San Girolamo di Bari è avvenuta
l'ennesima sparatoria all'interno di una palazzina, nel quale un
67enne pregiudicato è stato vittima di un attentato utilizzando a sua
volta una pistola illecitamente detenuta;
nel nord barese i clan criminali oramai operano quotidianamente
indisturbati arrecando danni alla popolazione e soprattutto agli
agricoltori: alberi tagliati, coltivazioni incendiate, continui furti di
mezzi agricoli e addirittura rapine a mano armata, così come
appreso da una denuncia dell'organizzazione «Oliveti Terra di
Bari»;
il Ministro dell'interno Alfano, in occasione della sua visita a Bari di
fine maggio, si era impegnato pubblicamente ad aumentare le unità
di sicurezza, con altri 146 uomini, più specificatamente «con 60
nuove unità subito e a settembre con altri 86 uomini della polizia»,
assicurando l'applicazione del «modello Caserta per affrontare la
criminalità organizzata, su tre direttrici: rafforzamento del
dispositivo di vigilanza e controllo del territorio, potenziamento
44http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=6955&stile
=7&highLight=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRI
TTA%27
119
delle strutture organizzative e desk interforze per aggredire i
patrimoni criminali».
Impegno che tuttavia non è stato ancora mantenuto –:
se e quando il Ministro interrogato ritenga di dover corrispondere
alla pressante richiesta di adeguamento dell'organico di forze
dell'ordine nella città di Bari e su tutto il territorio pugliese così da
assicurare il contrasto dei fenomeni criminali e la sicurezza dei
cittadini. (4-01926)
§ 8. Interrogazione a risposta scritta nr. 4/0125145
Atto Camera - Interrogazione a risposta scritta 4-01251, presentato
da CARIELLO Francesco, testo di Venerdì 12 luglio 2013, seduta
n. 52:
CARIELLO.
Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
il commissariato di pubblica sicurezza di Bitonto ha attualmente in
organico 38 operatori in servizio di polizia; la pianta organica
prevista nelle tabelle del decreto ministeriale 1989 è di 47 unità di
personale che espleta servizio di polizia; questi uomini e donne
operano su un territorio, urbano ed agricolo, fra i più vasti e
popolati della provincia di Bari e con un indice di criminosità fra i
più alti della regione intera; la popolazione residente nel comune di
Bitonto è di circa 64.000 abitanti e risulta distribuita in tre centri
abitati includendo le due frazioni di Palombaio e Mariotto distanti
rispettivamente circa 10 e 15 chilometri dal centro città; a
fronteggiare continui eventi delittuosi, che spaziano dai furti di auto
e furti in abitazione, ai più gravi scontri a mano armata tra
diversi clan malavitosi, vi sono, oltre agli uomini e donne del
commissariato di pubblica sicurezza, circa 12 militari della locale
stazione carabinieri e circa 16 finanzieri della locale tenenza della
guardia di finanza (che operano anche su altre città limitrofe);
è evidente che pur essendo possibile e realizzabile garantire la
presenza di una pattuglia addetta al controllo del territorio nell'arco
45http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=3937&stile
=7&highLight=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRI
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120
delle 24 ore, è anche vero che un così esiguo dispiegamento di forze
non è sufficiente ad assicurare un livello ottimale di presenza su
tutto il territorio comunale ed un adeguato e duraturo contrasto
degli eventi criminosi oltre che una profonda azione preventiva che
soffocano l'economia ed il vivere civile della città di Bitonto;
ciò nonostante, il locale commissariato ha condotto negli ultimi
giorni una operazione di polizia giudiziaria che ha attenuato
una escalation di violenza tra pregiudicati che non disdegnano il
confronto armato fra loro allo scopo di controllare il territorio e le
«piazze di spaccio» di sostanze stupefacenti, culminata il giorno 2
luglio 2013 in una sparatoria in pieno centro urbano frequentato da
numerosi cittadini esposti al rischio di ferimento da arma da fuoco;
ne sono testimonianza i video diffusi dalla questura di Bari il giorno
11 luglio 2013 a seguito del fermo dei relativi protagonisti;
è tuttavia probabile che quest'ultimo episodio possa determinare un
notevole incremento della guerriglia armata nel territorio della città
di Bitonto e frazioni;
è altresì vero che i sistemi di videosorveglianza recentemente attivati
hanno contribuito a portare a buon esito le indagini sull'episodio
sopra citato, tanto che è stato richiesto al Ministero dell'interno
(dipartimento della pubblica sicurezza), un incremento del numero
di apparati da installare in altre zone al momento non servite da tale
utile sistema di sicurezza e vigilanza elettronica;
è fuori di dubbio che un adeguamento di organico e mezzi, anche ai
livelli di quanto previsto dalla non recente decretazione ministeriale
del 1989, gioverebbe al miglioramento della tutela dell'ordine e della
sicurezza pubblica ed alla «copertura» ottimale di tutto il territorio di
Bitonto e frazioni –:
se il Ministro sia stato messo a conoscenza dell'intensificarsi di
fenomeni criminosi nel comune di Bitonto e della provincia di Bari
che hanno riguardato, nel recente passato, anche il tentativo di
intimidazione di funzionari della pubblica amministrazione e di
amministratori pubblici;
quali provvedimenti intenda assumere a partire dal potenziamento
dell'organico, dall'auspicabile insediamento di un avamposto di
forze dell'ordine (nelle piazze principali delle due frazioni) e per il
potenziamento del servizio di videosorveglianza in tutte le aree non
ancora coperte da tale servizio;
quali provvedimenti si intendano assumere al fine di intensificare le
azioni di prevenzione e repressione condotte dalle forze di polizia
121
nel centro urbano di Bitonto, di concerto con le amministrazioni
locali ed in sinergia con tutte le forze dell'ordine presenti sul
territorio. (4-01251)
§ 9. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-0115546
Interrogazione a risposta scritta 4-01155 presentato da COLLETTI
Andrea testo di Giovedì 4 luglio 2013, seduta n. 46
COLLETTI.
Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al
Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
da anni si assiste in tutta la zona del Sud Pontino (Formia, Fondi,
Sabaudia, Gaeta e dintorni) al dilagare di fenomeni speculativi che
hanno consentito una cementificazione selvaggia e frequenti
fenomeni di abusivismo agevolati dalle connessioni tra politica ed
imprenditoria locale;
in questo intreccio hanno trovato e trovano terreno fertile le
organizzazioni affaristico/malavitose campane e calabresi
interessate ad investire ingenti capitali di provenienza illecita nel
settore edile ed in quello turistico/commerciale; in particolare, il
territorio pontino è infestato da pericolosi clan criminali come i
Bardellino, Esposito/Giuliano, Mallardo, Moccia, Casalesi,
Bidognetti e Fabbrocino a Formia, il clan Nuvoletta di Cosa Nostra
nella zona portuale di Gaeta, il clan Schiavone/Mallardo della
’Ndrangheta a Fondi, i clan Mallardo, Fabbrocino e Schiavone a Itri
e il clan Cava/Schiavone a Sabaudia; si è dimostrata priva di
efficacia l'opera di contrasto da parte delle forze dell'ordine locali,
mal distribuite sul territorio ed impreparate a svolgere indagini
patrimoniali per aggredire i capitali di origine illecita; l'esistenza di
due commissariati di polizia tra Formia e Gaeta, ad esempio, ha
portato ad uno spreco di uomini e risorse che si potrebbero evitare
istituendo – come proposto dall'Associazione Caponnetto – un
unico distretto dotato di un'apposita squadra di polizia giudiziaria
che consenta di aumentare i controlli sul territorio e contrastare il
46
http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=2616&stile=7&highLigh
t=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27
122
traffico di capitali illeciti; sarebbe anche utile affiancare alla
direzione distrettuale Antimafia (DDA) di Roma le procedure di
Latina e Cassino dotandole della delega alle indagini ex articolo 51
comma 3-bis del Codice di procedura penale per la persecuzione dei
reati di cui all'articolo 416-bis del Codice penale («Associazione di
tipo mafioso»);
vi sono infatti i presupposti perché si scateni a Formia una guerra di
camorra tra i clan Esposito/Giuliano o Bardellino, entrati in
conflitto per motivi legati ad interessi economici concorrenti ed al
massiccio traffico di stupefacenti praticato da entrambi nel Sud
Pontino; il rischio di una escalation di atti di violenza è molto
elevato, come lasciano presagire le risse e gli avvertimenti di stile
camorristico susseguitisi nelle ultime settimane di fronte ad alcuni
bar della città, come riportato dalla stampa locale –:
se i Ministri, per quanto di propria competenza, intendono adottare
con urgenza ogni misura di polizia idonea a prevenire un'eventuale
guerra di camorra nella città di Formia e, più in generale, nel Sud
Pontino, anche attraverso l'avvio di verifiche patrimoniali a tappeto
e con l'ausilio di reparti specializzati quali i gruppi di investigazione
sulla Criminalità organizzata (GICO) della Guardia di finanza;
se il Ministro dell'interno ritenga di approfondire la proposta
dell'associazione Caponnetto circa la creazione di un unico distretto
di polizia nel Golfo di Gaeta che unifichi le funzioni dei due
commissariati attualmente esistenti per contrastare più
efficacemente la criminalità organizzata;
se siano state avviate indagini in merito alle concessioni edilizie
rilasciate dal comune di Itri e di quelle relative alla fascia costiera del
comune di Fondi dagli anni 90 ad oggi, con riferimento di reati di
riciclaggio e di intestazione fittizia di beni messi in passato sotto
sequestro;
se sia nelle intenzioni del Ministro della giustizia sostenere con
vigore l'estensione della delega alle procure di Latina e Cassino, ex
articolo 51 comma 3-bis del codice di procedura penale, per la
persecuzione dei reati di mafia. (4-01155)
123
§ 10. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-0036347
Interrogazione a risposta scritta 4-00363 presentato da COLLETTI
Andrea testo di Lunedì 6 maggio 2013, seduta n. 12
COLLETTI, VACCA e DEL GROSSO.
Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
l'8 dicembre del 2011 la polizia municipale di Pescara elevava un
verbale di contravvenzione a carico del questore Paolo Passamonti
la cui autovettura era posteggiata nello spazio riservato alla fermata
dell'autobus in una via del centro della città; la vettura di proprietà
del questore veniva rimossa assieme ad altre tre parcheggiate in
divieto nella stessa via e veniva trasportata presso il deposito della
polizia municipale pescarese; successivamente, però, lo stesso
questore veniva autorizzato a riprendere possesso della propria
vettura senza corrispondere alcun importo né a titolo di sanzione
amministrativa né per le spese di rimozione e custodia/deposito del
mezzo. La contravvenzione a suo carico, peraltro, non risulterebbe
ad oggi essere mai stata riportata nel libro mastro dei verbali dei
vigili urbani di Pescara; anche ponendo il caso che la violazione del
codice della strada fosse avvenuta per ragioni di servizio, ben
avrebbe potuto il questore presentare ricorso al prefetto contro il
verbale di accertamento – così come è nella facoltà di tutti i cittadini
– e vederselo accogliere con ogni probabilità; vi è il grave sospetto
che al questore Passamonti sia stato invece riservato un trattamento
di ingiustificato privilegio (i proprietari delle altre tre vetture in
contravvenzione hanno pagato tutti la multa e le spese accessorie,
come da verbale) che ha suscitato l'indignazione dei cittadini
pescaresi i quali hanno presentato nel marzo del 2013 un espostodenuncia ai carabinieri censurando l'operato della polizia municipale
e del questore; la presentazione dell'esposto ha indotto il sindaco di
Pescara Luigi Albore Mascia e l'assessore con delega alla polizia
municipale Giovanni Santilli a richiedere un chiarimento ufficiale al
comandante dei vigili urbani, colonnello Carlo Maggitti; detto
chiarimento, ad oggi, non è stato ancora formalizzato e, mentre il
questore Passamonti tace, le istituzioni (tanto la polizia municipale
47
http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=1652&stile=7&highLigh
t=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27
124
quanto il comune di Pescara) sembrano essere inerti a dispetto dei
diritti dei cittadini e del principio di uguaglianza costituzionalmente
garantito; per di più – e qui si arriva all'epilogo più assurdo della
vicenda – in data 4 aprile 2013 la procura della Repubblica di
Pescara ha disposto la perquisizione dell'abitazione e dell'ufficio di
Marco Patricelli, giornalista del quotidiano Il Tempo ed autore
dell'inchiesta sulla «multa fantasma» di cui sopra. A suo carico la
procura ha ipotizzato il reato di violazione del segreto investigativo
(articoli 114 e 329 del codice di procedura penale); agli interroganti
tale iniziativa appare assolutamente impropria considerata la
necessità di garantire adeguatamente la piena manifestazione della
libertà di stampa, della libertà di espressione e del diritto di cronaca;
le istituzioni, che appaiono poco operative quando si tratta di
tutelare i diritti dei cittadini tutti uguali di fronte alla legge, ad avviso
degli interroganti hanno di fatto finito per limitare la libertà di
stampa e la ricerca della verità, imprescindibili baluardi della nostra
democrazia
–:
se il Ministro dell'interno intenda convocare il questore di Pescara
Paolo Passamonti per ottenere un formale e definitivo chiarimento
dei fatti sopra esposti. (4-00363)
§ 11. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-0147148
Interrogazione a risposta scritta 4-01471 presentato da
COZZOLINO Emanuele testo di Mercoledì 24 luglio 2013, seduta
n. 59.
COZZOLINO, DIENI, FRACCARO e TONINELLI.
Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
il 18 luglio 2013, il sindaco di Labico ha trasmesso agli esercizi
commerciali situati nel territorio comunale un atto – la cui forma
non è meglio specificata – regolarmente registrato al protocollo
generale, ma non pubblicato sull'albo pretorio on line, così come
stabilisce la normativa vigente – legge n. 69 del 2009 – in materia di
obbligo di pubblicazione degli atti e provvedimenti amministrativi
48http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=4591&stile=7&highLi
ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27
125
aventi effetto di pubblicità legale; nell'atto del sindaco di Labico,
dopo una breve premessa in cui si afferma che «in alcuni esercizi
commerciali sono stati trovati in grande quantità giornali che non
sono risultati a norma di legge, mancando qualsiasi autorizzazione e
registrazione», si invitano «i titolari di tutti gli esercizi di Labico a
non accettare ed esporre qualsiasi giornalino periodico o no
stampato in modo non conforme alla attuale legge vigente,
precisando che ogni violazione è punita secondo la legge n. 47 del
1948»;
l'atto amministrativo conclude affermando che «in caso di accertata
violazione, il comune sarà costretto a disporre ordinanza di confisca
del materiale e ad applicare le sanzioni di legge»; ad una sommaria
lettura dell'atto e al netto di una sintassi non esattamente
impeccabile si ha l'impressione che si tratti di una comunicazione
priva di qualsivoglia valore giuridico-amministrativo, ma dotata di
un'indubitabile efficacia sul piano della «deterrenza» nei confronti
degli esercizi commerciali, per i quali – onde scongiurare problemi
di carattere legale – diventa molto più semplice evitare l'esposizione
di materiale informativo;
il sindaco di Labico non è nuovo a comportamenti finalizzati alla
compressione dei diritti democratici dei cittadini e dell'opposizione
consiliare, la quale, in diverse circostanze si è trovata costretta a
chiedere l'intervento della prefettura per chiedere il rispetto della
normativa vigente;
l'atto ricordato può, ad avviso degli interroganti, costituire una
forma di intimidazione nei confronti dei commercianti per impedire
loro l'esposizione di materiale informativo di carattere politico, in
piena violazione dell'articolo 21 del dettato costituzionale; risulta
peraltro che l'atto sia stato portato a conoscenza degli interessati
tramite, una forma irrituale e utilizzando personale non idoneo;
ad avviso degli interroganti, il sindaco di Labico ha posto in essere
un comportamento che esula dai suoi poteri e dalle sue competenze
–:
di quali elementi disponga sulla vicenda e, in particolare, se risultino
iniziative della prefettura conseguenti alle istanze richiamate in
premessa. (4-01471)
126
§ 12. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-0020949
Interrogazione a risposta scritta 4-00209 presentato da DADONE
Fabiana testo di Martedì 16 aprile 2013, seduta n. 9
DADONE, COZZOLINO, DIENI, FRACCARO, LOMBARDI,
NUTI e TONINELLI.
Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
le guide spirituali di religioni non cattolica, presenti sul territorio
dello Stato italiano, per ottenere il riconoscimento di «Ministri di
culto acattolico» da parte dello Stato stesso devono farne opportuna
richiesta;
le richieste di cui sopra, effettuate nell'ultimo anno da parte dei
Pastori di Chiese Evangeliche sono state di fatto rigettate in massa
limitando la libertà di professare ed esercitare la propria fede
religiosa come garantito da Costituzione;
la mancanza di
riconoscimento formale del ruolo di «ministro di culto acattolico»,
oltre a tutti gli altri inconvenienti può anche essere adoperata dalle
amministrazioni pubbliche per impedire ad un pastore o ad un
responsabile religioso in generale di aprire un locale di culto o di
continuare a tenerlo aperto, con la conseguenza di impedire
effettivamente alle persone di fede non cattolica di riunirsi a pregare
e celebrare il culto nella loro libertà di fede; gli interroganti sono
venuti a conoscenza del fatto che nel gennaio del 2012 il Consiglio
di Stato emetteva un parere in materia (su richiesta del precedente
Ministro dell'interno, Maroni) in particolar modo relativamente alla
questione del numero minimo di membri di chiesa sufficiente al fine
di concedere da parte dello Stato alla «guida religiosa» di un culto
non-cattolico il riconoscimento ministeriale (introdotto dalle leggi
fasciste del 1929/1930) di «ministro di culto»; il Consiglio di Stato
in detto parere indicava la cifra di 500 persone quale soglia minima
necessaria per concedere il riconoscimento ministeriale di «ministro
di culto» alle guide religiose non cattoliche, motivando
l'individuazione della citata soglia sulla base del fatto che non
esistano chiese di culto cattolico con numero inferiore ai 500 fedeli;
i 500 membri di cui sopra non vengono calcolati tenendo conto
49http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=1344&stile=7&highLi
ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27
127
soltanto di coloro che effettivamente frequentino il luogo di culto,
bensì calcolando territorialmente i battezzati presso una specifica
chiesa, basandosi sugli elenchi comunali di pura residenza anagrafica
nel territorio della parrocchia; le comunità religiose non-cattoliche,
invece, non essendo mai (ad esclusione, in Italia, soltanto delle Valli
Valdesi) comunità (di fatto) «territoriali» ma sempre e soltanto
comunità «libere» (cioè Comunità «volontarie» di fede), a differenza
delle parrocchie cattoliche non inglobano mai più di quanti vi si
riconoscano effettivamente ed attivamente;
il parere del Consiglio di Stato, una volta formulato avrebbe dovuto
essere accettato o rifiutato dal Ministro competente entro 90 giorni
dalla sua emissione ma il Ministro dell'interno Cancellieri di fatto
non ha provveduto né in un senso né nell'altro; fino ad ora questo
non era quasi mai successo (quantomeno negli ultimi 30/40 anni)
perché l'amministrazione pubblica si è quasi sempre resa conto, lei
stessa per prima, della mancanza di legittimità costituzionale delle
normative fasciste che prevedono tali limitazioni ad avviso degli
interroganti incostituzionali al diritto delle persone di riunirsi
liberamente anche per fini religiosi, e ha dunque il più delle volte lei
stessa per prima disapplicato dette normative; il personale
ministeriale, decorsi i tre mesi di cui sopra, ha ritenuto in via del
tutto discrezionale di doversi attenere al parere del Consiglio di
Stato; il personale ministeriale ha rifiutato a partire dallo scorso
aprile tutte le richieste di riconoscimento del ruolo di «ministro di
culto» e rigettato in massa tutte le richieste inoltrate; nonostante
moltissime unioni ecclesiali lo richiedano ormai da decenni,
prendendo l'esempio della città come Cuneo, su 14 comunità
evangeliche presenti con sala di culto aperta al pubblico nel
territorio comunale, soltanto 2 sono membri di unioni ecclesiali che
hanno avuto il privilegio di vedersi concedere dallo Stato un'intesa;
la mancanza di riconoscimento formale del ruolo di «ministro di
culto acattolico» rende molto difficile ai rappresentanti di comunità
religiose non cattoliche di accedere a quelle convenzioni con le
amministrazioni e istituzioni pubbliche locali necessarie ad esempio
per poter visitare gli ammalati negli ospedali e effettuare cura
pastorale dei propri membri di chiesa nelle carceri, nelle caserme ed
in luoghi analoghi; detta mancanza, oltre a tutti gli altri
inconvenienti, può anche essere adoperata dalle amministrazioni
pubbliche per impedire ad un pastore o ad un responsabile religioso
in generale di aprire un locale di culto o di continuare a tenerlo
128
aperto, con la conseguenza di impedire effettivamente alle persone
di fede non cattolica di riunirsi a pregare e celebrare il culto nella
loro libertà di fede, tutte le volte che si tratti di una comunità locale
inferiore alle 500 persone; in una parrocchia cattolica frequentano
con regolarità l'espletamento della funzione religiosa dalle 20 alle 70
persone circa (molto raramente più di 150 persone), e questo sia per
quanto riguarda il Protestantesimo, come anche, grosso modo, per
le altre comunità religiose; molte persone non hanno mai chiesto la
loro cancellazione dall'elenco dei battezzati presso la parrocchia
cattolica in cui vennero battezzati da bambini a partire da 30, 40 o
50 anni fa, una cancellazione che di fatto non chiede mai nessuno, e
quand'anche venisse richiesta, viene spesso negata o ottenuta
intraprendendo le vie legali –: se sia a conoscenza dei fatti sopra
esposti, quali siano i criteri adottati per stabilire in 500 unità la soglia
di fedeli necessaria al fine di concedere da parte dello Stato alla
«guida religiosa» di un culto non-cattolico il riconoscimento
ministeriale di «ministro di culto» e se non ritenga inidonea la scelta
di utilizzare il battesimo quale parametro in luogo della frequenza
effettiva dei luoghi di culto cattolico, considerato che il battesimo è
rito tipicamente cattolico e non può essere assunto quale parametro
universale per tutte le confessioni o le associazioni religiose. (400209)
Risposta scritta pubblicata Venerdì 9 agosto 2013
nell'allegato B della seduta n. 69 4-00209 presentata da
DADONE Fabiana
Risposta. — La questione sollevata con l'interrogazione in esame
sulla presunta violazione della libertà di religione e di culto attuata
nei confronti delle chiese evangeliche, va contestualizzata nel
quadro
delineato
dal
vigente
assetto
normativo.
La nomina dei ministri di culto viene fatta in assoluta libertà e
autonomia delle singole chiese, o dalle confessioni religiose, sulla
base dei propri ordinamenti interni. Il ministro di culto, così
nominato, può esercitare tutte le attività inerenti il pieno esercizio
della libertà di religione e di culto, come previsto dall'articolo 19
della Costituzione.
Solo per taluni atti del ministro di culto, affinché possano produrre
effetti giuridici validi per l'ordinamento statale, la chiesa o la
129
confessione a cui il ministro appartiene può richiedere
l'approvazione governativa della nomina.
Tale ipotesi trova la propria regolamentazione nella legge 24 giugno
1929, n. 1159, recante «disposizioni sull'esercizio dei culti ammessi
nello Stato e sul matrimonio davanti ai ministri di culto medesimi».
Pertanto, il potere di nomina del ministro di culto spetta alla chiesa
di appartenenza che vi provvede in attuazione delle norme
statutarie.
Diversa invece la natura dell'approvazione governativa della nomina
– di competenza statale – finalizzata soltanto a consentire che
particolari atti come la celebrazione del matrimonio producano
effetti giuridici.
L'assenza dell'approvazione governativa della nomina a ministro di
culto, così come il diniego della stessa, non configura una
limitazione della funzione. Negli ultimi anni va ricordato che con
l'espansione dei nuovi culti, ancorata ad un forte aumento
migratorio, si è registrata una frequente presentazione di domande
di approvazione di nomine di ministri culto appartenenti alle più
diversificate associazioni religiose formate, in alcuni casi, anche da
uno sparuto numero di aderenti. Tale circostanza ha indotto questa
amministrazione a riflettere sul concetto giurisprudenziale di
«comunità di fedeli qualitativamente e quantitativamente
consistente».
A tal riguardo l'amministrazione ha ritenuto di ancorare le proprie
decisioni a quanto espresso dal Consiglio di Stato sul riscontro
concreto del concetto di «consistenza numerica di fedeli».
In particolare si è recepito il parere n. 1834 del 2011 con il quale è
stato definito che la soglia minima di fedeli necessaria per
l'approvazione governativa vada individuata nel collegamento
quantitativo del ministro di culto ad «un gruppo sociale nel quale gli
eventi legati ad atti di culto produttivi di effetti giuridici per il nostro
ordinamento abbiano una frequenza apprezzabile su base annuale».
Il Supremo Consesso ha ritenuto, inoltre, che il criterio di nomina
dei ministri di culto, per garantire la giusta attuazione del principio
costituzionale, vada coniugato con la distribuzione sul territorio dei
gruppi di fedeli della stessa confessione religiosa.
A tal fine, ha indicato la soglia di cinquecento persone per un
ambito territoriale ristretto e di cinquemila unità per l'intero
territorio nazionale.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Domenico Manzione.
130
§ 13. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-0103350
Interrogazione a risposta scritta 4-01033 presentato da DADONE
Fabiana testo di Giovedì 27 giugno 2013, seduta n. 42
DADONE.
Al Ministro dell'interno, al Ministro del lavoro e delle politiche
sociali. — Per sapere – premesso che:
da anni la città di Saluzzo, in particolare, e altri comuni della
provincia di Cuneo, sono meta di flussi sempre più cospicui di
braccianti africani che raggiungono queste zone in occasione della
stagione di raccolta della frutta. Territori questi che rappresentano
uno tra i più importanti distretti frutticoli non solo in Piemonte, ma
anche in tutta Italia;
tale raccolta, che si concentra nei soli mesi estivi, negli anni ha
assistito all'arrivo di lavoratori provenienti da diverse parti, prima
dal sud Italia, e poi dal Nord Africa, dall'Albania, dall'est Europa, e,
ora dalla Cina;
detto fenomeno ha registrato un lieve miglioramento nel corso del
2009 quando molti dei lavoratori si stabilizzarono ed integrarono
grazie all'aiuto e alla collaborazione di enti, associazioni laiche,
associazioni cattoliche, nonché alle più adeguate soluzioni logistiche
rese dalla struttura della stazione ferroviaria di Saluzzo, attraverso la
direzione territoriale di Torino, la quale aveva messo a disposizione
locali e servizi igienici, seppur provvisori;
nel 2012, invece, il fenomeno in questione è diventato così
drammatico da non essere più gestibile dalle pur volenterose ed
accoglienti comunità locali, (comune di Saluzzo e comuni limitrofi,
associazioni dei produttori agricoli e associazioni di volontariato),
tanto che oggi, anche a causa di numerosi soggetti provenienti dalla
cosiddetta «emergenza nord Africa», sono già presenti nel territorio
comunale oltre 220 migranti e mancano ancora alcune settimane
all'inizio della raccolta; quest'anno, per via della primavera fredda e
piovosa, oltre al ritardo di cui sopra si prevedono conseguenze
anche sui raccolti senza calcolare la situazione delle piantagioni di
kiwi di cui è ricco il territorio italiano, che patiscono ormai da tre
50
http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=2494&stile=7&highLigh
t=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27
131
anni un'epidemia letale che costringe le aziende all'espianto
progressivo; oltre alla difficoltà di ospitare queste persone (a regime
con l'inizio della raccolta saranno disponibili 200 posti letto offerti
da comuni, Coldiretti, Caritas, Papa Giovanni XXIII in aggiunta ai
posti offerti dalle aziende presso cui gli stessi lavorano, ma non
basteranno comunque), quasi sicuramente quest'anno non ci sarà
bisogno del loro lavoro, neanche nei giorni di punta della raccolta in
cui solitamente questi hanno lavorato gli anni scorsi; a codesti
lavoratori che soggiornavano, negli anni trascorsi, presso la stazione
ferroviaria, a causa della indisponibilità delle Ferrovie a lasciar
utilizzare i servizi igienici della stazione, è stato imposto
l'allontanamento e la collocazione in strutture messe a disposizione
da alcuni comuni e dalle parrocchie; il comune di Saluzzo aveva
assunto ruolo centrale nell'organizzazione di un vero e proprio
accampamento autogestito per l'accoglienza dei tanti immigrati
sprovvisti di ospitalità in altre strutture, oramai chiuse dall'inizio di
novembre. Oggi a tal riguardo le amministrazioni locali hanno
vietato gli accampamenti spontanei e non controllati sul territorio
comunale, adottando sin da aprile 2013, un'ordinanza che impone il
divieto di campeggio o di pernottamento al di fuori degli spazi
appositamente allestiti; altresì è stato incentivato l'intervento della
forza pubblica in caso di violazione, per tutelare l'aiuto delle
associazioni di volontariato e delle associazioni di categoria e fornire
una congrua ospitalità che sia limitata soltanto a coloro che
effettivamente saranno assunti dalle aziende frutticole; a tal
proposito le amministrazioni locali hanno incentivato il
collegamento tra domanda e offerta di lavoro, coinvolgendo il
centro per l'impiego di Saluzzo, al fine di una maggiore regolazione
di questi settori e di una maggiore legalità contro fenomeni illeciti
quali il caporalato; le comunità che se ne occupano da anni sono
ormai stremate ed esauste anche perché si vedono abbandonate da
provincia e regione che nulla sono in grado di fare se non sostenerle
a parole; alcune realtà associative locali infine si sono viste negare la
possibilità di allestire un campo di emergenza sul territorio
comunale di Saluzzo, che avrebbe dato risposta ai bisogni dei
soggetti coinvolti; si deve partire dal presupposto che si parla pur
sempre di persone, si parla pur sempre di esseri umani con bisogni
basilari: tetto, cibo e salute in primis –: se non si ritenga doveroso
adottare iniziative umanitarie ed economiche per risollevare le sorti
di queste persone, di questi lavoratori, di questi immigrati, ed
132
attivare immediatamente delle procedure al fine di offrire non solo
una risposta ma un aiuto effettivo considerato che l'intransigenza
degli enti territoriali – attraverso la suddetta ordinanza di divieto di
campeggio e di pernottamento – non ha tenuto conto delle
tempistiche e delle modalità che numerose volte rendono la
regolarità dei percorsi istituzionali incompatibile con le reali
esigenze dei territori, delle persone e con gli stessi principi fondanti
degli enti; quali politiche, a livello nazionale, si intendano mettere in
atto per arginare il fenomeno dello sfruttamento dei braccianti
agricoli, in particolare, ed in generale per garantire i diritti a
immigrati privi di qualsivoglia forma di diritto e dignità. (4-01033)
§ 14. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-0113451
Interrogazione a risposta scritta 4-01134 presentato da DAGA
Federica testo di Mercoledì 3 luglio 2013, seduta n. 45
DAGA.
Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
nel territorio di Nettuno (comune di Roma) risultano importanti
presenze di consorterie criminali come testimoniato dai processi
«Appia» e «Mithos» pendenti innanzi al tribunale di Velletri per il
delitto di cui all'articolo 416-bis del codice penale, in tale territorio
infatti, secondo quanto emerso nella relazione della commissione
parlamentare antimafia sulla ’ndrangheta XV legislatura, da anni
opera il clan Gallace; nel territorio risulta attivo, altresì, il clan dei
Casalesi come attestano le indagini della direzione distrettuale
antimafia di Roma nonché numerose sentenze emesse dall'autorità
giudiziaria a carico di Pasquale Noviello ed altri, per reati che vanno
dall'associazione a delinquere di stampo camorristico al tentato
omicidio; il 24 luglio del 2012 veniva assassinato da un commando
Modestino Pellino ritenuto vicino al clan Moccia; nella città di
Nettuno negli ultimi sei mesi sono stati commessi due gravi
attentati: nell'ottobre 2012 è stato incendiato lo stabilimento
balneare «Il Belvedere» gestito dalla Società Turistico Marinara e nel
51http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=2595&stile=7&highLi
ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27
133
maggio del 2013 un'abitazione in località Santa Barbara è stata fatta
oggetto del lancio di una molotov; nel dicembre del 2005 il
consiglio comunale di Nettuno è stato sciolto per gravi
condizionamenti da parte della criminalità organizzata, decisione
confermata in tutti i gradi di giudizio dalla giustizia amministrativa;
la sentenza del TAR di Roma del 7 giugno del 2006 che conferma lo
scioglimento del consiglio comunale affermava tra l'altro che in
relazione al settore dell'urbanistica e dell'edilizia «il controllo sul
territorio per l'attività di contrasto all'abusivismo edilizio si svolge
quasi esclusivamente sulla base degli esposti», evidenzia: a) che
l'amministrazione aveva «rilasciato titoli concessori prevalentemente
in variante al piano regolatore», apparendo la concessione «in alcuni
casi [...] strumentale a favorire operazioni di lievitazione del prezzo
dell'immobile o ad incrementare l'attività di società di costruzione
vicine ad esponenti della criminalità organizzata locale»; b) in altri
casi, che «i passaggi di proprietà dei terreni oggetto di concessioni
edilizie e le conseguenti volture del titolo concessorio [apparivano]
unicamente finalizzati ad evitare il decorso del termine di scadenza
della concessione o ad aspettare l'approvazione delle varianti al
piano regolatore generale per sanare eventuali abusi edilizi. Anche in
tali casi, beneficiari delle procedure dilatorie figurano soggetti
contigui ad ambienti criminali»; c) che in relazione a «titoli
concessori rilasciati a seguito di lottizzazioni di aree site in diverse
località del territorio comunale, [erano] presenti quali diretti
intestatari, quali amministratori, rappresentanti o soci delle imprese
titolari, esponenti della malavita locale, alcuni dei quali gravati da
diversi precedenti e di recente indagati anche per il reato di
associazione illecita per traffico di sostanze stupefacenti»;
nel corso della campagna elettorale per il rinnovo del consiglio
comunale di Nettuno e del sindaco, il candidado del PdL Carlo
Eufemi ha denunciato il clima «intimidatorio» creato da Fernando
Mancini, imprenditore locale già coinvolto in indagini giudiziarie e
nei lavori della commissione d'accesso che portò allo scioglimento
del consiglio comunale di Nettuno; il Mancini infatti (come si
evince da un video postato su You Tube) avrebbe stigmatizzato la
presentazione nelle liste di Eufemi di personaggi come Claudio
Dell'Uomo, Stefano Proietto, Piero Ballerini. Sembrerebbe che il
Mancini (o altri) abbia realizzato tale campagna in conseguenza
dell'esclusione dalle liste del PDL della sua compagna Cristina
Vasconi;
134
in conseguenza dei comportamento del Mancini il PdL ha
organizzato una manifestazione per la legalità; successivamente il
candidato del PdL Eufemi ha denunciato il clima torbido della
campagna elettorale; dopo le elezioni lo stesso Eufemi ha
richiamato l'attenzione del Ministro interrogato affinché ci sia un
intervento a tutela del territorio dove vige un sistema di illegalità e
sfrontatezza che sta condizionando i cittadini e rendendo invivibile
la città –: se il Ministro interrogato sia al corrente dei fatti illustrati
in premessa; quali iniziative di competenza intenda intraprendere
per rafforzare il contrasto alle mafie nel litorale romano; se intenda
verificare quali eventuali iniziative abbia intrapreso il prefetto di
Roma in ordine alla situazione sopra esposta. (4-01134)
§ 15. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-0100752
Interrogazione a risposta scritta 4-01007 presentato da DI MAIO
Luigi testo di Mercoledì 26 giugno 2013, seduta n. 41
LUIGI DI MAIO, COLONNESE, FICO, LUIGI GALLO,
SILVIA GIORDANO, MICILLO, PISANO, SIBILIA e
TOFALO.
Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'ambiente e della tutela del
territorio e del mare, al Ministro della salute, al Ministro delle
infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
quotidianamente le cronache dell'agro aversano presentano quali
sono le condizioni complessive di quel vasto territorio e le
condizioni della vivibilità, della salute e dei trasporti; a questo
proposito, molto significativa è la video-intervista al giornalista
Antonio Graziano realizzata dalla web tv Livio Tv dal titolo «Agro
aversano:
la periferia del mondo»; nella zona dell'agro aversano, infatti, non
esistono piani di trasporto pubblico per cui diventa faticoso
raggiungere i centri abitati dell'agro aversano casertano a causa di un
sistema totalmente sregolato; negli ultimi anni è letteralmente
esplosa una realtà fatta di costruzioni abusive in mancanza di
definiti piani regolatori territoriali, che, anche se esistenti, sono
52http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=2468&stile=7&highLi
ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27
135
apertamente violati, nonostante la che le istituzioni, le forze
dell'ordine e le autorità siano presenti come in tutto il territorio
nazionale;
poco nulla è stato realizzato per lo smaltimento virtuoso dei rifiuti
tossici; in molte abitazioni manca l'acqua o è inquinata in modo tale
da aver costretto le famiglie di cittadini statunitensi a cambiare
residenza in seguito ai risultati di accurate analisi; le malattie alla
tiroide e le patologie oncologiche producono morte, come
documentato da studi e ricerche;
nonostante tutto questo la regione Campania non ha di fatto
realizzato il registro tumori nelle aziende sanitarie locali;
la camorra influisce sulla vita di ogni cittadino e, a fronte di ciò, le
istituzioni non danno adeguate risposte e sono anche condizionate
dalla criminalità come risulta dallo scioglimento diffuso dei consigli
comunali;
le ricchezze ambientali sono deturpate e lo stesso accesso al mare è
impedito dalla chiusura abusiva delle spiagge ad opera di soggetti
che hanno costruito barriere con ogni materiale disponibile
(cancellate e muretti);
i Regi Lagni, finalizzati ad irrigare le campagne fin dai tempi del
regno borbonico oggi sono inquinati e pericolosi; i cittadini di
quella zona sono penalizzati e anche i giovani risentono del disagio
complessivo che influisce sui comportamenti e sull'educazione,
ingenerando nelle nuove generazioni un pericoloso deficit di cultura
della legalità –:
se i Ministri interrogati non ritengano di assumere, per quanto di
competenza, un impegno complessivo programmatorio ed
operativo che coinvolga ogni soggetto responsabile per individuare
«metro per metro» le violazioni ad un corretto vivere civile, al fine
di restituire il territorio e il paesaggio ai cittadini mediante il rispetto
delle regole e la repressione di chi infrange le leggi ed ogni altra
norma;
se i Ministri interrogati non ritengano, altresì, di sperimentare nuove
ed eccezionali forme di controllo quotidiano del territorio attraverso
l'istituzione di un organismo operativo che, coinvolgendo anche le
migliori realtà associative della zona rappresentative delle fasce più
sensibili della cittadinanza, si attivi per restituire vivibilità alle aree
oggetto dell'interrogazione. (4-01007)
136
§ 16. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-0018053
Interrogazione a risposta scritta 4-00180 presentato da D'UVA
Francesco testo di Martedì 9 aprile 2013, seduta n. 8
D'UVA, COMINARDI, TRIPIEDI, CIPRINI, BECHIS,
FRUSONE, DAGA, DE ROSA, VACCA, DE LORENZIS,
NESCI, CARIELLO, BARONI, CARINELLI, BUSTO,
PRODANI, LOREFICE, LUIGI DI MAIO, SPESSOTTO,
TERZONI, ARTINI, COLONNESE, SPADONI, DELL'ORCO,
DALL'OSSO, PESCO, D'INCÀ, PAOLO NICOLÒ ROMANO,
CRIPPA, BRESCIA, SIMONE VALENTE, ALBERTI,
GAGNARLI,
MANLIO
DI
STEFANO,
CASO,
BRUGNEROTTO, ZACCAGNINI, L'ABBATE, GALLINELLA,
DADONE, COZZOLINO, DEL GROSSO, BATTELLI,
TURCO, FERRARESI, PARENTELA, MARZANA, CASTELLI,
VILLAROSA, DI BENEDETTO, MASSIMILIANO BERNINI,
CANCELLERI, BASILIO, TOFALO, CECCONI, BENEDETTI,
FICO, MANTERO, CHIMIENTI, PAOLO BERNINI, LUPO,
LIUZZI, SORIAL, D'AMBROSIO, NICOLA BIANCHI,
VALLASCAS, CORDA, BONAFEDE, AGOSTINELLI, DIENI,
RUOCCO,
CURRÒ,
LOMBARDI,
NUTI,
GRILLO,
RIZZETTO, BALDASSARRE e SILVIA GIORDANO.
Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
stando alle notizie pervenute, attraverso la lettura delle pagine
online del portale nazionale del «MoVimento 5 Stelle» della
Gazzetta ufficiale della Repubblica Italiana del 18 novembre 2008,
dalla lettura della pagina online de Il Fatto Quotidiano del 24
novembre 2010 e, stando alle informazioni riferite al primo
firmatario del presente atto dal rappresentante di una delegazione di
manifestanti radunatisi presso piazza Montecitorio in Roma il 25
marzo 2013, il 18 novembre 2008 migliaia di persone prendevano
visione del bando di concorso per l'assunzione di n. 814 vigili del
fuoco permanenti, che veniva pubblicato sulla Gazzetta ufficiale 4a
Serie Speciale Concorsi n. 90 e, contestualmente anche sul sito
istituzionale www.vigilfuoco.it, in cui si fissava il termine di
53http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=1286&stile=7&highLi
ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27
137
scadenza per la presentazione della domanda al 18 Dicembre 2008;
il concorso pubblico, per titolo ed esami, veniva bandito dopo che
nell'anno 2006, per carenza di fondi da stanziare per l'assunzione di
personale a titolo permanente, si avviava una procedura
straordinaria per l'assunzione di personale volontario, ovvero di
vigili del fuoco discontinui;
questi andarono a formare una graduatoria di personale da
stabilizzare di circa 6000 unità di vigili discontinui, e tra questi, circa
2000 venivano assunti a titolo permanente, mentre la stessa
graduatoria veniva chiusa nell'anno 2010;
nel mese di luglio 2009 iniziavano le prove preselettive del bando di
concorso per l'accesso al ruolo di n. 814 vigili del fuoco a titolo
permanente, nel rispetto dell'articolo 97 primo comma dell'articolo
97 della Costituzione italiana, mentre nei mesi successivi si
articolavano, nelle modalità previste dalla disciplina dello stesso
bando, le conseguenti prove previste dal concorso; le prove
concorsuali terminavano nel maggio del 2010, e consistevano in
prove di tipo motorio ed orale; le commissioni iniziavano quindi la
valutazione dei titoli, (preferenze, riserve, patenti) e stilavano la
relativa graduatoria finale di merito che veniva pubblicata all'interno
del Bollettino Ufficiale del 16 Luglio 2010; la graduatoria finale
veniva accompagnata da ulteriori allegati, tra i quali erano presenti la
Graduatoria B1 relativa ai militari che rientravano nella riserva
prevista del 45 per cento dalla normativa del bando di concorso, la
graduatoria B2 relativa al personale discontinuo da stabilizzare dei
vigili del fuoco con riserva del 25 per cento, la graduatoria B3
relativa a coloro che avessero prestato servizio civile, per non meno
di un anno, presso il Corpo nazionale dei vigili del fuoco con riserva
del 20 per cento, la graduatoria B4 relativa a coloro che non
rientravano in nessuna delle precedenti riserve, l'allegato C
consistente nell'elenco degli 814 nominativi dei soggetti risultati
vincitori del concorso, infine l'allegato A, graduatoria generale di
merito composta da 7600 persone, che venivano valutate come
idonee ad essere assunte in via permanente all'interno del corpo dei
vigili del fuoco;
si evidenzia inoltre come a fronte di una graduatoria finale di circa
7600 unità, 3000 di queste venivano chiamate a sostenere la visita
medica, condicio necessaria per la successiva assunzione, divenendo
così idonee sia dal punto di vista concorsuale, sia dal punto di vista
della integrità psicofisica, a svolgere in via permanente l'attività di
138
vigile del fuoco; ad aprile 2011 prendeva il via il corso denominato
«70o corso AVP», che vedeva al suo interno la presenza delle 814
unità vincitrici di concorso, ed aveva una durata complessiva di
circa 6 mesi;
successivamente, al fine di reintegrare il personale che aveva
ottenuto il pensionamento tra gli anni 2009, 2010, furono chiamati a
far parte di un secondo corso, denominato «71o corso AVP», circa
740 unità a dicembre del 2011, con un sistema che prevedeva
l'applicazione del 100 per cento del cosiddetto turn over, dove per
ogni unità in uscita dal Corpo dei vigili del fuoco, avveniva una
contemporanea assunzione di un'altra unità che fosse presente
all'interno della graduatoria finale di merito, benché il numero di
unità chiamate al servizio erano comunque insufficienti a colmare la
carenza di personale del Corpo dei vigili del fuoco; veniva quindi
chiamato nel «71o corso AVP» parte del personale da stabilizzare
grazie alle riserve previste delle graduatorie allegate, lasciando in
attesa di assunzione le unità che avevano regolarmente sostenuto la
procedura concorsuale, dal momento che il limitato numero di
assunzioni venivano già coperte dal personale che presentava i
requisiti per accedervi tramite riserva; seguiva nei mesi successivi,
l'approvazione da parte del Governo presieduto dal Presidente del
Consiglio Mario Monti, del decreto-legge n. 92 del 2012 e sua
successiva conversione in legge, di revisione della spesa pubblica
italiana, la cosiddetta spending review, che prevedeva un importante
taglio economico al comparto della sicurezza ed un contemporaneo
abbassamento della percentuale applicativa del meccanismo del turn
over dal 100 per cento al 20 per cento per l'intero anno 2011,
arrivando fino al 50 per cento per l'anno 2012, al 70 per cento per
gli anni 2013 e 2014, ed infine al 100 per cento dal 2015 in poi,
andando così ad aumentare il deficit di personale all'interno del
Corpo dei vigili del fuoco;
veniva approvato il 20 giugno del 2012 il decreto-legge n. 79 del
2012, convertito con modificazioni dalla legge del 7 agosto 2012, n.
131 in cui si prorogavano i termini di validità delle graduatorie
relative a due procedure selettive indette per le assunzioni nel
Corpo dei vigili del fuoco, la graduatoria del personale volontario da
stabilizzare dell'anno 2006, graduatoria che era stata soggetta a
chiusura, e della graduatoria finale del concorso pubblico per
l'assunzione di n. 814 dei vigili del fuoco permanenti, che venivano
entrambe rinnovate sino al 31 dicembre 2014; veniva così riaperta
139
la graduatoria del personale discontinuo del 2006, che entrava in
conflitto con la graduatoria relativa al concorso pubblico del 2008, e
che vedeva ulteriormente ridotte da parte degli appartenenti a
quest'ultima, possibilità di assunzione all'interno del Corpo;
nel mese di gennaio 2013 arrivava infine da parte della funzione
pubblica l'autorizzazione ad assumere, ai sensi dell'articolo 66,
comma 9-bis, del decreto-legge 25 giugno 2008 n. 112, in favore del
Corpo nazionale dei vigili del fuoco, autorizzazione che prevedeva
di considerare ai fini dell'assunzione, anche la graduatoria del
personale discontinuo, benché la procedura di stabilizzazione del
personale Volontario presenta caratteri di specialità in deroga al
principio di accesso alle pubbliche amministrazioni tramite pubblica
selezione; nel 2012 iniziava parallelamente un meccanismo che
prevedeva cicliche assunzioni di personale precario, che fossero in
grado di ovviare in via temporanea alle carenze di personale
all'interno del Corpo dei vigili del fuoco, andando ad utilizzare
risorse che non venivano così destinate alle assunzioni di personale
Permanente, che avrebbero invece consentito un tempestivo
ripristino del numero di vigili del fuoco necessari per le esigenze del
Corpo, e allo stesso tempo, andando ad utilizzare il personale
qualificato presente all'interno della graduatoria finale pubblicata
nell'anno 2010, valutato come immediatamente idoneo a svolgere
l'attività di vigile del fuoco e già sottoposto a visite mediche, visite
che lo stesso personale si vede costretto a sostenere annualmente,
dal momento che queste hanno una validità temporanea –: se non
intenda adottare tempestivamente le iniziative necessarie allo
sblocco del turn over, ripristinando la misura del 100 per cento, a
fronte di quella attualmente prevista del 70 per cento, per non
aggravare ulteriormente il deficit di personale già elevato all'interno
del Corpo dei vigili del fuoco;
se non ritenga necessario prendere gli adeguati provvedimenti
finalizzati a dirimere i conflitti nascenti tra le diverse graduatorie
dalle quali attingere per l'assunzione del personale, attraverso una
rimodulazione delle percentuali di accesso al Corpo dei vigili del
fuoco delle stesse graduatorie, percentuali che attualmente mettono
sullo stesso piano ciò che deve essere ordinario e ciò che dovrebbe
avere invece carattere di eccezionalità, e quindi, nel pieno rispetto
del precetto Costituzionale di cui all'articolo 97; se non ritenga
opportuno disporre la sostituzione del personale permanente
ricorrendo non solamente alla stabilizzazione del personale
140
discontinuo, ma altresì attraverso l'assunzione di personale
qualificato ed idoneo a ricoprire tale ruolo; se e con quali strumenti
intenda stanziare fondi ulteriori per l'assunzione di vigili del fuoco
permanenti, attingendo dalla già presente graduatoria finale di
merito relativa al concorso per l'assunzione di n. 814 vigili del fuoco
permanenti, andando così ad utilizzare personale già qualificato
come idoneo a ricoprire tale incarico, e da affiancare al personale
discontinuo della graduatoria di stabilizzazione, si necessario ma
non sufficiente alle attuali esigenze del Corpo, esigenze acuite
dall'imminente arrivo della stagione estiva che troppe volte ha visto
impreparato il nostro Paese con danni incalcolabili al suo
patrimonio ambientale. (4-00180)
Risposta scritta pubblicata Venerdì 9 agosto 2013 nell'allegato
B della seduta n. 69 4-00180 presentata da D'UVA Francesco
Risposta. — La stabilizzazione del personale volontario dei vigili del
fuoco costituisce una procedura speciale derogatoria alla norma
generale che prevede l'accesso agli impieghi nelle pubbliche
amministrazioni
mediante
concorso.
Tale procedura è stata disciplinata con decreto del Ministro
dell'interno del 30 luglio 2007 e ha consentito di immettere
personale già qualificato nei ruoli operativi del Corpo e, al
contempo, di non disperdere le professionalità acquisite in anni di
servizio volontario.
La relativa graduatoria, riguardante 6.080 candidati, approvata nel
2008, è stata chiusa il 31 dicembre 2010. Sulla base delle risorse
disponibili, sono state stabilizzate 1.943 persone.
Ai fini dell'assunzione di nuovo personale, il Ministero ha bandito,
nel corso del 2008, anche un concorso per 814 vigili del fuoco,
prevedendo comunque una riserva del 25 per cento dei posti al
personale volontario iscritto in appositi elenchi da almeno 3 anni e
con almeno 120 giorni di servizio. La procedura concorsuale,
conclusa nel 2010, ha coinvolto circa 11 mila candidati e la relativa
graduatoria ha costituito, negli anni successivi, l'unica fonte per
sopperire alle carenze di personale. Successivamente, per far fronte
alle evidenti conseguenze derivanti dall'esaurimento dell'efficacia
delle graduatorie del procedimento di stabilizzazione e del concorso
a 814 posti, con il decreto-legge 20 giugno 2012, n. 79, sono stati
141
prorogati i termini di validità delle medesime fino al 31 dicembre
2014.
L'intervento normativo ha, pertanto, delineato un doppio e parallelo
bacino di approvvigionamento da cui attingere le nuove risorse,
garantendo pari rilievo ad entrambe le graduatorie.
Nel silenzio della norma circa le quote da riservare alla procedura di
stabilizzazione, l'amministrazione ha ritenuto di attingere personale
in misura pari al 50 per cento da ciascuna graduatoria, in modo da
assicurare l'uniformità di trattamento rispetto agli interessi coinvolti,
in linea anche con pregresse disposizioni normative in materia di
assunzioni di personale dei vigili del fuoco.
In particolare nel 2013, in base alle predette graduatorie, sono state
assunte e avviate al 72o corso di formazione 136 unità, già
sottoposte a visita medica e alle prove di selezione motoria.
Riguardo alla possibilità di stanziare ulteriori fondi per l'assunzione
di vigili del fuoco permanenti, si precisa che l'articolo 1, comma 90,
della legge 228 del 2012, al fine di incrementare le assunzioni da
turn over (nel limite del 50 per cento per ciascuno degli anni 2013 e
2014 e fino al 70 per cento per l'anno 2015) ha autorizzato una
spesa annua complessiva per i comparti sicurezza-difesa e soccorso
pubblico di 70 milioni di euro per l'anno 2013 e di 120 milioni di
euro a decorrere dall'anno 2014. Al di fuori della predetta
autorizzazione di spesa, il bilancio del dipartimento dei vigili del
fuoco non consente di reperire risorse aggiuntive, operando le
rimodulazioni e riprogrammazioni della spesa previste dallo stesso
articolo 1, comma 89, della richiamata legge n. 228 del 2012, da
destinare
all'aumento
delle
facoltà
assunzionali
dell'Amministrazione.
Si specifica, infatti, che il quadro normativo non permette il
finanziamento di assunzioni di personale di ruolo mediante la
contestuale riduzione dell'autorizzazione di spesa per i richiami del
personale volontario del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, in
ordine al quale sarebbe necessario uno specifico intervento
legislativo.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Gianpiero Bocci.
142
§ 17. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-0153854
Testo presentato, in data Giovedì 1 agosto 2013, seduta n. 63, da:
FERRARESI.
Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
il decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 «Testo unico delle leggi
sull'ordinamento degli enti locali» all'articolo 38 comma 6 recita:
«quando lo statuto lo preveda, il consiglio si avvale di commissioni
costituite nel proprio seno con criterio proporzionale»;
le commissioni sono pertanto organi interni, espressione del
consiglio comunale;
il comma 7 del medesimo (articolo 38) recita: «le sedute del
consiglio comunale e delle commissioni sono pubbliche salvi i casi
previsti dal regolamento»;
il decreto legislativo n. 82 del 2005 (Codice dell'amministrazione
digitale) all'articolo 9,
«Partecipazione democratica elettronica», dice espressamente: «lo
Stato favorisce ogni forma di uso delle nuove tecnologie per
promuovere una maggiore partecipazione dei cittadini, anche
residenti all'estero, al processo democratico e per facilitare
l'esercizio dei diritti politici e civili sia individuali che collettivi»;
l'Ufficio del garante per la protezione dei dati personali (nota
pervenuta il 10 gennaio 2008), ha osservato che «gli articoli 10 e 38
del TUEL garantiscono espressamente la pubblicità degli atti e delle
sedute del consiglio comunale, rinviando ad uno specifico
regolamento l'introduzione di eventuali limiti a detto regime di
pubblicità»;
il parere espresso dal Ministero dell'interno, in materia di enti locali,
come in data 26 giugno 2013, «Riprese video del consiglio
comunale», a riguardo afferma: «si evidenzia come nell'ambito
dell'attribuzione al consiglio comunale dell'autonomia funzionale ed
organizzativa (articolo 38, comma 3, TUEL) si riconduce quella
potestà di regolare opportunamente, con apposite norme, ogni
aspetto attinente al funzionamento dell'assemblea, tra cui anche
quello della registrazione del dibattito e delle votazioni con mezzi
audiovisivi, sia da parte degli uffici di supporto all'attività di
54http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=5303&stile=7&highLi
ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27
143
verbalizzazione del segretario comunale, sia da parte dei consiglieri,
degli organi di informazione e dei cittadini che assistono alla sedute
pubbliche»;
sussiste il diritto alla ripresa, tale diritto va regolamentato, ma il
regolamento non può impedire, può solo porre limiti, alle riprese
del consiglio comunale e delle commissioni, a tutela della privacy –:
in presenza di un regolamento che permette le riprese video del
consiglio comunale, se tale diritto si possa intendere esteso di fatto
anche alle riprese delle sedute delle commissioni. (4-01538)
§ 18. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-0140355
Testo presentato, in data Mercoledì 24 luglio 2013, seduta n. 59, da:
FRUSONE.
Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'ambiente e della tutela del
territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
in data 23 luglio 2013 è scoppiato un incendio, verso le 7:15, nel sito
dell'inceneritore di Colleferro con il conseguente innalzamento di
una densa colonna di fumo dovuta, almeno dalle prime
indiscrezioni, all'incendio di uno dei nastri trasportatori;
l'inceneritore di Colleferro era già salito agli onori di cronaca nei
primi mesi del 2009 quando vennero arrestati 13 persone compresi i
dirigenti della società che gestiva l'impianto che all'epoca si
chiamava GAIA;
in data 19 giugno 2013 in località Castellaccio, poco distante
dall'inceneritore di Colleferro, è scoppiato un altro incendio nello
stabilimento ACEA ARIA UL 2 (ex Snia) di Paliano in cui viene
prodotto CDR;
questi incendi che insistono entrambi su una medesima area
geografica sembrano collegarsi l'uno all'altro quasi come una regia
atta a condizionare la politica del ciclo dei rifiuti della zona –:
cosa risulta ai Ministri interrogati sulle cause che hanno portato
all'incendio presso l'inceneritore di Colleferro e presso lo
stabilimento ACEA sito in Paliano; se risulta una presenza in quella
55http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=4523&stile=7&highLi
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144
zona di organizzazioni legate alle eco-mafie e segnatamente al
traffico dei rifiuti;
quali iniziative sono state assunte per monitorare i danni ambientali
derivanti dagli incendi in questione e quali iniziative si intenda
assumere per evitare che tali episodi possano ripetersi. (4-01403)
§ 19. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-0181056
Testo presentato, in data Giovedì 12 settembre 2013, seduta n. 76,
da:
GIORDANO, MANTERO, LOREFICE,
DI VITA, DALL'OSSO,
BARONI, CECCONI, COZZOLINO, TONINELLI,
LOMBARDI, DIENI, COLONNESE e TOFALO.
Al Ministro dell'interno, al Ministro per l'integrazione.
— Per sapere – premesso che:
il 20 aprile del 1989 il comune di Salerno, con deliberazione della
giunta, affidava ad uso gratuito dei locali in cui l'A.I.G. sezione di
Salerno, avrebbe potuto svolgere attività di ostello per la gioventù,
con l'affidamento ad una cooperativa sociale di tipo B denominata
Livingstone; visti gli enormi flussi di giovani che frequentavano
l'ostello, la suddetta cooperativa, fin dai primi anni, evidenziò la
necessità di intervento, da parte dell'amministrazione comunale,
verso una nuova localizzazione della struttura per dare dignità alla
città in termini di sensibilità verso i giovani turisti al fine di porre
delle basi per una crescita di possibilità lavorative legate
all'incremento delle presenze. La giunta, in primo momento, recepì
tale richiesta (Del. giunta n. 850 del 23 giugno 1999);
in seguito, con deliberazione di giunta n. 669 del 5 giugno 2002, il
comune destinava i suddetti locali per l'accoglienza di persone in
stato di indigenza di nazionalità sia italiana che straniera ivi
compresi persone di passaggio con gravi stati di disagio;
nel corso degli anni l'ostello accoglieva flussi turistici sociali che
vedevano intere comunità straniere integrarsi perfettamente con il
tessuto sociale cittadino; oggi la cooperativa sociale Livingstone
56http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=6543&stile=7&highLi
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145
continua il suo operato attraverso il lavoro di 7 dipendenti. La
prima accoglienza e l'integrazione tra le comunità rappresentano i
punti di forza che, in una città come Salerno, non trovano alcun
altro esempio. Anche la Caritas sezione di Salerno, l'organismo
pastorale della Cei per la promozione della carità, affida la prima
accoglienza di persone indigenti proprio all'ostello in questione;
ultimamente, purtroppo, il comune di Salerno ha improvvisamente
cambiato rotta rispetto alla solidarietà nei confronti dell'ostello. Nel
recepire le disposizioni volte al contenimento dei costi della
pubblica amministrazione, intende dismettere i fitti passivi senza
ricercare, sembra stranamente solo in questo caso, alcuna soluzione
che possa portare ad una soluzione soddisfacente per le parti;
trasferire l'ostello in locali di proprietà del comune o tentare una
trattativa con il proprietario degli attuali locali per una riduzione del
costo di fitto, sarebbero i primi due passaggi obbligatori dettati dalla
norma e soprattutto dal buon senso. Chiedere un impegno ancora
maggiore, in termini di riservatezza di posti letto da destinare alla
prima accoglienza, potrebbe costituire un equilibrio tra costi e
benefici per la collettività; queste ed altre soluzioni sono proposte
dalla cooperativa Sociale che chiede solo di poter mantenere i posti
di lavoro e garantire i livelli minimi di accoglienza per le persone
disagiate ancor più numerose in questo periodo di enorme crisi –:
se non ritengano opportuno attivarsi, per le parti di propria
competenza valutando se tra gli immobili confiscati alla criminalità
organizzata ne sussistano di idonei a consentire alla citata
cooperativa di continuare ad operare per una attività di prima
accoglienza che è stata base positiva per creare integrazione attiva e
sodale, tanto più importante in una fase di gravissima crisi
economica. (4-01810)
§ 20. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-0168357
Testo presentato, in data Venerdì 9 agosto 2013, seduta n. 69, da:
GIORDANO, BARONI, CECCONI, DALL'OSSO, DI VITA,
GRILLO, LOREFICE e MANTERO.
57http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=6163&stile=7&highLi
ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27
146
Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
sarebbe morto per asfissia, in seguito a una procedura di arresto
troppo violenta da parte dei carabinieri: Bohli Kayes, l'immigrato
tunisino di 35 anni, che ha perso la vita, il 6 giugno 2013, a Riva
Ligure, poco dopo la sua cattura, avvenuta al culmine di
un'operazione antidroga; il referto dell'autopsia, eseguita dalla
dottoressa Simona Del Vecchio, responsabile del servizio di
medicina legale di Imperia, parla di: «arresto cardiocircolatorio
neurogenico, secondario ad un asfissia violenta da inibizione
dell'espansione della gabbia toracica»; l'ipotesi che fa il medico
legale è che nel momento dell'arresto o del trasporto in auto, dal
luogo dell'arresto alla caserma, sia stato in qualche modo impedito a
Bohli Kayes di respirare e di espandere la cassa toracica e questo ha
determinato, in un individuo che già era in carenza di ossigeno
perché proveniva da una violenta colluttazione, un debito di
ossigeno notevole questo il commento del procuratore di Sanremo,
Roberto Cavallone, titolare delle indagini; i tre carabinieri che
procedettero all'arresto di Kayes rimangono indagati per omicidio
colposo; a detta del procuratore di Sanremo, Roberto Cavallaro, in
questa vicenda c’è una grossa responsabilità delle istituzioni dello
Stato per la morte di questo cittadino tunisino, perché al di là di
quello che poteva aver commesso, la vita è sacra e quando un
cittadino, italiano o straniero, è nella disponibilità delle istituzioni, la
sua integrità fisica deve essere assolutamente tutelata; il consolato
tunisino in Italia ha chiesto copia del referto medico –:
quali siano gli orientamenti del Ministro interrogato per quanto di
competenza, in merito ai fatti citati in premessa; quali iniziative
intenda intraprendere affinché come affermato dal Procuratore di
Sanremo Roberto Cavallaro, sia garantita e tutelata l'integrità fisica
di qualsiasi cittadino italiano o straniero, che sia nelle disponibilità
delle istituzioni. (4-01683)
§ 21. Interrogazione a risposta in commissione nr. 5-0070358
Testo presentato, in data Martedì 23 luglio 2013, seduta n. 58, da:
58http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=4366&stile=7&highLi
ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+IN+COMMISSIONE%27
147
GRILLO, LOREFICE, DI VITA, RIZZO, MARZANA,
D'UVA, COZZOLINO, DI BENEDETTO, VILLAROSA,
NUTI e MANNINO.
Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
si parla sempre più spesso di allarme sociale ed in modo vieppiù
crescente con rischio di atti violenti;
quotidianamente, nel degrado economico e civico di Catania,
sempre più pressante vi è una giusta richiesta di «sicurezza» da parte
di cittadini impauriti e disillusi che hanno fame di certezze
istituzionali, di maggiore presenza delle forze dell'ordine sul
territorio catanese;
in un territorio dove il lavoro latita, pur avendo un'enorme
potenziale turistico da sfruttare per la sua storia millenaria e bellezze
paesaggistiche uniche al mondo, come il nostro vulcano dichiarato
recentemente patrimonio UNESCO;
le organizzazioni sindacali di categoria da alcuni mesi stanno
denunciando la grave situazione in cui versa la sicurezza dei cittadini
a Catania e da tempo vi è un ristretto numero di pattuglie su strada
per una realtà complessa ed articolata come quella di Catania;
ad avviso dell'interpellante, il personale stanco e disincentivato per il
costante supplire a carenze ataviche per un'opinabile distribuzione
del personale stesso, in quanto troppi agenti sono distolti dal
servizio su strada per favorire una burocrazia prevalentemente
cartacea che nell'era dell'informatizzazione digitale globale sembra
preistoria;
i tagli e le limitazioni imposte dai vari Governi che si sono
succeduti, incidono direttamente sull'operatività delle Forze di
Polizia che garantiscono l'ordine e la sicurezza pubblica;
vi è la necessità di realizzare in tempi brevi i nuovi locali della
questura di Catania, poiché, attualmente, tutti gli uffici sono
dislocati in varie parti della città con notevole dispendio di risorse
umane ed economiche che potrebbero certamente essere più
proficuamente utilizzate per la lotta alla criminalità;
viceversa, la «spending review» – che non significa «taglio» della
spesa tout court, ma allocazione ottimale delle risorse – ad avviso
dell'interpellante riguarda solo i lavoratori, quegli stessi che hanno
derogato ai contratti collettivi, ai riposi, alle ferie, anche espletando
doppi turni; per i locali della Polizia di Stato, per altro nemmeno
idonei, la riorganizzazione non è mai arrivata: nella sola città di
148
Catania si continuano a spendere ogni anno 2.238.000 di euro, le
strutture sono fatiscenti, 5 Commissariati Sezionali e 3
Commissariati distaccati sono nelle medesime condizioni strutturali
e dei 50 operatori previsti per commissariato ci sono oggi solo 20
unità; il piano coordinato del territorio istituito nel 2003, che aveva
un senso con le prerogative di allora – sei Volanti della Polizia e tre
Gazzelle dei Carabinieri che si dividono il controllo del territorio a
metà – crea ora confusione e uno squilibrio di unità che, specie nel
fine settimana, non riescono a garantire interventi sufficienti e
immediati; le pattuglie vincolate territorialmente non possono
garantire gli stessi interventi ai richiedenti e la città ha bisogno di
unità d'intervento a prescindere dalla zona o dalla competenza;
nella pianta organica del Ministero, risalente al 1989, i circa 1200
operatori della questura di Catania erano distribuiti in solo tre
edifici, mentre adesso l'organico di 1170 vede sprecate almeno 70
unità per la vigilanza degli edifici della stessa Questura spalmati sul
tutto il territorio; attualmente, con gli organici depotenziati e con
età anagrafica consistente, oltre che senza mezzi sufficienti, diventa
sempre più difficile far fronte a tutte le esigenze operando in
maniera autonoma –:
se non intenda incrementare gli organici, prevedendo l'aumento di
almeno 100 unità della polizia e dei carabinieri per far fronte ai
problemi della sicurezza del territorio;
se non intenda adottare iniziative finalizzate ad unificare le strutture,
ad esempio utilizzando a tal fine la caserma «Sommaruga» –
un'immensa area nel centro cittadino, che l'esercito sta dismettendo
con una procedura che dovrebbe concretizzarsi entro il 2014 –
struttura che per effetto della legge di stabilità potrebbe essere
ceduta, a costo zero, per creare la città della sicurezza ed inglobare
tutte le strutture della Polizia di Stato. (5-00703)
§ 22. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-0191759
Testo presentato, in data Venerdì 20 settembre 2013, seduta n. 81, da:
IANNUZZI, SEGONI, NICOLÒ ROMANO, SCAGLIUSI,
59http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=6879&stile=7&highLi
ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27
149
LOMBARDI, LIUZZI,
DE LORENZIS, GAGNARLI, ZOLEZZI,
TOFALO, DAGA, NICOLA BIANCHI, TERZONI,
VIGNAROLI, DE ROSA, BUSTO, PARENTELA.
Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'ambiente e della tutela del
territorio e del mare, al Ministro della salute.
— Per sapere – premesso che:
la discarica di Borgo Montello, ubicata nella frazione omonima del
comune di Latina, ha iniziato la sua attività nel 1971 e ad oggi risulta
essere la seconda discarica più grande del Lazio dopo quella di
Malagrotta con un'estensione di circa 50 ettari;
la discarica è costituita dagli invasi S0, S1, S2, S3 49 per cento da
Ecolatina impianti srl (al 23 luglio 2010 posseduta a metà tra Ponteg
srl ed Edil Trigoria srl) e per il 51 per cento da Latina Ambiente
spa, a sua volta controllata per il 51 per cento dal comune di Latina,
per il 48,99525 per cento da Unendo Energia spa e per lo 0,00475
per cento da Ecosesto srl; e dagli invasi S4, S5, S6 e B2 gestiti dalla
Ind.eco srl, azienda della Green Holding spa, a sua volta
interamente posseduta da due società lussemburghesi la Adami s.a.
e la Doublé Green s.a.;
il sito S0, in esercizio dal 1970 al 1986, è stato costruito senza alcuna
protezione ambientale e gestito in epoca precedente al regime
normativo definito dal decreto del Presidente della Repubblica n.
915 del 1982, che poneva limiti alla gestione delle discariche di
rifiuti solidi urbani;
il sito S0 ed il sito S1 sono stati realizzati senza alcuna barriera di
fondo;
il sito B2 della discarica, attiva dal 1992 al 1994, è stata l'unica
discarica nel Lazio in quegli anni ad accogliere rifiuti industriali;
secondo i dati del rapporto «gestione dei rifiuti urbani 2013» redatto
dall'ISPRA, la provincia di Latina nel 2012 ha prodotto 309.371
tonnellate di rifiuti di cui 253.213 tonnellate sono state smaltite nei
due impianti della discarica di Borgo Montello;
la capacità residua dei due impianti, al 31 dicembre 2012, è
complessivamente di 155.994 mc;
nel 2012 la raccolta differenziata nella provincia di Latina si ferma al
23,30 per cento ed i rifiuti urbani smaltiti senza nessun trattamento
nella discarica, ovvero il cosiddetto «tal quale», sono 194.830
tonnellate, corrispondenti al 76,9 per cento del totale smaltito; nel
testo unico ambientale, di cui al decreto legislativo n. 152 del 2006,
150
si prevede che in ogni ambito territoriale ottimale debba essere
assicurata almeno il 65 per cento di raccolta differenziata entro il 31
dicembre 2012;
negli anni l'attività della discarica è stata caratterizzata da molteplici
ordinanze contingibili ed urgenti con le quali, per fronteggiare le
cosiddette emergenze, si sono concesse autorizzazioni alle aziende
che avevano in gestione la discarica senza seguire le procedure
ordinarie previste dalla legge e senza la predisposizione di un
concreto piano pluriennale di programmazione del ciclo dei rifiuti,
si sono riscontrati inoltre periodi di attività con autorizzazioni
scadute;
il decreto legislativo del 13 gennaio 2003 n. 36, in attuazione della
direttiva 1999/31/CE relativa alle discariche di rifiuti, al l'articolo 7,
comma 1, dispone «i rifiuti possono essere collocati in discarica solo
dopo trattamento»;
la Commissione europea ha affermato che le autorità italiane hanno
dato un'interpretazione restrittiva del concetto di sufficiente
trattamento dei rifiuti, in particolare riempiendo la discarica di
Malagrotta a Roma e altre nel Lazio con rifiuti che non hanno
subito il trattamento prescritto, infatti, con nota del 17 giugno 2011,
ha inviato alla Repubblica italiana una lettera di costituzione in mora
[SG(2011)D/9693 C(2011)4113] per violazione della direttiva
1999/31/CE e della direttiva 2008/98/CE, nell'ambito della
procedura di infrazione n. 2011/4021, la stessa Commissione, con il
parere motivato prot. 9026 del 1o giugno 2012, ha fornito dei
chiarimenti sui contenuti minimi essenziali che le attività di
trattamento devono osservare per essere conformi al dettato
comunitario precisando che: «il trattamento dei rifiuti destinati a
discarica deve consistere in processi che, oltre a modificare le
caratteristiche dei rifiuti allo scopo di ridurre il volume o la natura
pericolosa e di facilitarne il trasporto o favorirne il recupero,
abbiano altresì l'effetto [articolo 1 – Direttiva 1999/31/CE] di
evitare o ridurre il più possibile le ripercussioni negative
sull'ambiente nonché i rischi per la salute umana. Un trattamento
che consiste nella mera compressione e/o triturazione di rifiuti
indifferenziati da destinare a discarica, e che non includa
un'adeguata selezione delle diverse frazioni dei rifiuti e una qualche
forma di stabilizzazione della frazione organica dei rifiuti stessi, non
è tale da evitare o ridurre il più possibile le ripercussioni negative
sull'ambiente e i rischi sulla salute umana»;
151
il fiume Astura attraversa un bacino industriale di rilievo dal quale
riceve notevoli quantità di reflui poco o per nulla depurati e,
confinando direttamente con il sito della discarica di Borgo
Montello, ha negli anni ricevuto, anche a causa della carenza di una
adeguata copertura sulla discarica, i ruscellamenti delle acque
meteoriche che hanno contribuito alla contaminazione dello stesso;
il fiume, dal suo alveo fino al mare, incontra zone abitative piuttosto
vaste ed alimenta il territorio a vocazione prevalentemente agricola
dove vivono, nel raggio di 3 chilometri di distanza dalla discarica,
circa 2500 persone con le prime case a meno di 200 metri;
la popolazione della zona non è stata mai adeguatamente informata
sui rischi dall'esposizione a polveri, cattivi odori, falde inquinate, ed
elementi nocivi nel territorio;
il degrado, l'inquinamento e anche perdita di valore economico delle
proprietà adiacenti, o in vicinanza alla discarica, è evidente ed
inoltre confermata dal comune di Latina nella relazione sui lavori
preparatori e di approvazione della delibera di variante urbanistica
del consiglio n. 169/2012;
l'8 marzo 2013 sul quotidiano Repubblica Corrado Zunino
nell'inchiesta «Il business miliardario dei signori delle discariche»
scrive «dalla fine degli Ottanta i cinquanta ettari di Borgo Montello
sono stati gestiti dai fratelli Pisante, i padroni del gruppo Acqua
spazzati da Tangentopoli. Poi è arrivata la Green Holding, dove due
storici avversari, il nostro Manlio Cerroni e Giuseppe Grossi, si
sono spartiti il tesoro. Negli ultimi 15 anni l'avvocato ha investito
sui terreni attorno alla discarica: punta ad allargarla. Non è l'unico»;
già nella relazione territoriale sulle attività illecite connesse al ciclo
dei rifiuti nella regione Lazio approvata dalla Commissione
parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei
rifiuti, presieduta da Gaetano Pecorella nella seduta del 2 marzo
2011, si scrive in merito ai reati specifici relativi al ciclo dei rifiuti in
audizione con il procuratore aggiunto della Repubblica di Latina:
«Uno dei primi procedimenti risale al 2005 e riguarda un reato di
interessi privati in atti d'ufficio, collegato anche a una frode nelle
forniture. In pratica, si trattava di contratti stipulati tra la società
Latina Ambiente ed altre società private, relativamente all'affitto di
mezzi per il trasporto di rifiuti. Il fatto criminoso è stato individuato
nella concessione di appalti senza passare per la procedura di
evidenza pubblica, senza termine finale e soprattutto per cifre
superiori ai valori dei mezzi locati. Il dato più interessante,
152
evidenziato dal procuratore, è che in questo procedimento, come in
altri, le società interessate ai contratti svantaggiosi per il pubblico
sono sempre le stesse, così come sono le stesse le persone fisiche
che si occupano di questa materia sulla provincia di Latina, sia pure
rappresentate attraverso società di tipo diverso»;
nel dossier discarica di Borgo Montello (Latina) di Legambiente
Lazio pubblicato il 30 marzo 2012 vengono elaborati i dati delle
analisi chimiche delle acque sotterranee dell'Arpa per gli anni 2005,
2006, 2007, 2008, in relazione al superamento del limite per la
concentrazione di alcuni elementi inquinanti pericolosi per il
territorio e per la salute di cui al decreto legislativo n. 152 del 2006:
il valore limite dell'arsenico, 10 ~g/l, è stato superato nelle
rilevazioni 102 volte con un valore massimo di 106 ~g/l, il valore
limite del benzene, 1 ~g/l, è stato superato nelle rilevazioni 15 volte
con un valore massimo di 17,4 ~g/l, il valore limite del cadmio, 5
~g/l, è stato superato nelle rilevazioni 12 volte con un valore
massimo di 21 ~g/l, il valore limite del cromo totale, 50 ~g/l, è
stato superato nelle rilevazioni 2 volte con un valore massimo di
64,7 ~g/l, il valore limite del nichel, 20 ~g/l, è stato superato nelle
rilevazioni 22 volte con un valore massimo di 42,6 ~g/l, il valore
limite del piombo, 10 ~g/l, è stato superato nelle rilevazioni 38
volte con un valore massimo di 76,7 ~g/l. Ed inoltre
nel dossier viene specificato anche che: «per un grande
appezzamento, quello che dovrebbe essere maggiormente
interessato dall'inquinamento della falda non esiste alcun pozzo
piezometrico. Si tratta esattamente del terreno dove è stato
realizzato il nuovo invaso Indeco, autorizzato dalla Giunta della
Regione Lazio Marrazzo. Questo nuovo invaso, dunque,
attualmente in funzione, è stato realizzato sulla proprietà «Coppola
2». Si tratta dei terreni intestati a Michele Coppola di 46 anni,
originario di Casal di Principe ma residente a Latina, cognato di
Walter Schiavone, fratello di Francesco detto «Sandokan», si
sottolinei come nella medesima strada c’è anche un'altra azienda
contrassegnata «Coppola Schiavone»;
in data 5 giugno 2013, la sezione provinciale di Latina dell'ARPA
Lazio e la provincia di Latina hanno stabilito di effettuare un
monitoraggio della durata di venti giorni sulla discarica di Borgo
Montello che ha evidenziato presso i bacini S1, S2 e S3 della
discarica, gestiti dalla società Ecoambiente, alcuni problemi inerenti
alla gestione dei pozzi di captazione del percolato da cui si
153
libererebbero esalazioni di biogas non intercettate nelle rilevazioni;
nonostante le indagini dell'ARPA abbiano rivelato un significativo
inquinamento di tutto il territorio e contaminazione delle falda
acquifera dell'intero corpo discarica e nonostante siano evidenti i
numerosi casi di malattie gravi, cancro e morti nella zona
interessata, non è mai stato avviato uno studio epidemiologico;
Achille Cester, ex direttore della discarica di Borgo Montello che è
stato ai vertici dell'Ind.Eco fino al 1999 quando, per divergenze
sulla gestione della discarica, ha lasciato l'azienda, il 13 giugno 2012
in un'intervista a Il Fatto Quotidiano racconta «Quando arrivai nel
1997 Borgo Montello era un vero Far West, era in gestione l'invaso
S4 che galleggiava sul percolato mai recuperato, mentre quel poco
che prelevavano si diceva che lo facessero buttare direttamente nel
fiume Astura. L'estrazione e produzione del biogas, pur altamente
remunerativa ed ecologicamente indispensabile, era abbandonata.
L'invaso S4 era il grande contenitore dove tutte le aziende della
zona, oltre ai comuni, sversavano i loro rifiuti. Spesso questi rifiuti
erano assimilabili ai rifiuti urbani ma più spesso era necessario
controllare ogni automezzo in ingresso per evitare abusi,
specialmente da parte dei cosiddetti terzisti. Dovevo controllare
personalmente tutti i camion per verificare che non continuassero
ad entrare i rifiuti industriali». Il sito di Borgo Montello non avrebbe
mai potuto ricevere le scorie pericolose: «La regola veniva però
aggirata mediante i centri di stoccaggio presenti sul territorio. Di
fatto avrebbero dovuto soltanto ritirare rifiuti recuperabili ma più
volte mi era capitato di respingere melme maleodoranti e fusti che
di assimilabile avevano proprio poco. Per evitare i controlli e la
facile identificazione i fusti, a partire da metà degli anni Novanta,
non venivano più smaltiti tal quali ma triturati e mischiati con
plastica, carta e legno, tant’è che tra gli addetti ai lavori era stato
coniato un neologismo con il suo prezzo di riferimento, il triturato
misto»;
Achille Cester il 17 luglio 2012 nella audizione sugli scavi alla ex
discarica di Borgo Montello-Latina alla regione Lazio, sotto la
presidenza del presidente della commissione speciale «sicurezza e
lotta alla criminalità» Filiberto Zaratti, conferma la linea
dell'intervista a Il Fatto Quotidiano;
nel Basso Lazio la malavita organizzata è stabilmente presente,
continua ad acquisire potere, si è infiltrata nelle istituzioni e nelle
154
imprese, episodi criminosi omicidi ed intimidazioni subite da
uomini dello stato ne sono l'esempio;
il 25 agosto del 2012 il noto pentito della camorra casalese Carmine
Schiavone, in riferimento ai nuovi equilibri degli scissionisti e
all'omicidio di Marino, dichiara al quotidiano Il Tempo: «Terracino
è zona di camorra, come Latina, Formia, il Lazio e anche Roma»;
nella relazione annuale 2012 del Distretto Nazionale Antimafia, a
pag. 713, nella parte riguardante «le attività di collegamento
investigativo con riferimento ai distretti della corte di appello di
Roma», redatta a cura del consigliere Diana de Martino, si scrive: «la
provincia di Latina ha da sempre subito le infiltrazioni dei gruppi
criminali organizzati, soprattutto di matrice campana, invogliati –
per la vicinanza geografica e per la minore pressione investigativa
rispetto ai territori di origine – ad estendere la loro operatività nel
Basso Lazio, come accertato da vari procedimenti penali».
Continuando, nel paragrafo «ecomafia» redatto dal magistrato
delegato consigliere Roberto Pennisi, a pag. 333, si scrive in
riferimento alla camorra campana «che quest'ultima ha sempre
prediletto e continua, in parte, a prediligere l'inserimento nella fase
esecutiva del traffico illecito dei rifiuti, specie in quella finale
attraverso la messa a disposizione del territorio controllato. Così
determinando quello sfacelo del territorio ormai noto al mondo
intero. E, dicesi «in parte» perché da un certo momento storico,
quella importante fetta della camorra campana che va sotto il nome
di «clan dei casalesi», ha optato per forme più sofisticate di
intromissione nel detto fenomeno, che hanno visto la instaurazione
di rapporti col mondo politico ed economico-imprenditoriale, un
vero e proprio nodo non da sciogliere ma da recidere nettamente;
a dimostrazione di quanto suesposto preme ricordare che il 30
marzo 1995, a Borgo Montello fu assassinato il parroco Don Cesare
Boschin, uomo conosciuto e stimato per il grande impegno profuso
nel contrasto alla criminalità organizzata nonché per le sue denuncie
riguardanti i traffici di rifiuti nel territorio. Ad oggi purtroppo non
sono stati individuati né il movente né tantomeno i mandanti e gli
esecutori materiali del delitto. Il cadavere del prelato venne ritrovato
nella sua camera incaprettato, con mani e piedi legati e una corda
stretta intorno al collo. Dalla sua camera sparirono solo due agende
nelle quali il parroco annotava le informazioni raccolte sulla
discarica.
Associazioni
locali
e
movimenti
nazionali
come Libera ritengono che sia stato ucciso perché si oppose alle
155
infiltrazioni della camorra nel Lazio Ed infatti le modalità della
morte, tipiche degli omicidi mafiosi, sarebbero secondo Libera una
conferma della pista camorristica;
il 13 marzo del 1996 Carmine Schiavone negli uffici del comando
provinciale carabinieri di Latina dichiarò: «La provincia di Latina
non può definirsi immune dal problema dei rifiuti smaltiti
illecitamente. Mi diceva Salzillo Antonio, ai tempi in cui faceva
ancora parte del nostro gruppo, che lui operava con la discarica
ufficiale di Borgo Montello. Da tale struttura lui prendeva una
percentuale sui rifiuti smaltiti lecitamente e in tale struttura lui
faceva occultare bidoni di rifiuti tossici o nocivi per ognuno dei
quali mi diceva che pendeva lire 500.000. Il Salzillo mi diceva pure
che smaltiva rifiuti tossici anche sul lungomare di Latina in delle
buche dalle quali era stata estratta sabbia od in altri luoghi adibiti ad
allevamento di animali. Non mi diceva quale sistema usava per
falsificare la documentazione dei rifiuti o come riuscivano gli
imprenditori del settore a dimostrare l'avvenuto smaltimento. Il
Chianese (Cipriano) era per noi il referente per gli affari che
riguardavano lo smaltimento lecito e illecito di ogni tipo di rifiuti,
anche tossici e nocivi (...). Il Chianese è persona ben introdotta negli
ambienti imprenditoriali, politici e giurisdizionali. So per certo che
lui è un massone. So che Chianese ha introdotto Cerci Gaetano,
nipote acquisito di Bidognetti Francesco, conosciuto come cicciotto
e mezzanotte, negli ambienti della p2 di Lido Celli. Mi risulta che il
Cerci frequentava casa di Geli, al pari dell'avvocato
Chianese....l'azienda agricola acquisita qui a Borgo Montello, di cui
ho già parlato, era intestata a mio cugino Antonio Schiavone fu
Giovanni, persona incensurata e dalla quale mi rivolsi io per
chiedere di intestarsi il bene che comunque consideravo mio e di
mio cugino Sandokan. So che dopo il mio pentimento il gruppo ha
minacciato lo Schiavone Antonio che fu costretto a cedere la
proprietà alla società dei Coppola, denominata Enogea. Tali
Coppola, cognati di Walter Schiavone, fratello di Sandokan, erano
in realtà i fattori»;
il 4 settembre 2011 Schiavone al quotidiano Il Tempo dichiara «I
rifiuti tossici portati dalla camorra dei Casalesi hanno inquinato
anche il ventre di Latina, avvelenando pure il Basso Lazio, lo non
ero d'accordo coi miei del clan, rovinavano la vita dei nostri figli. E
mi sono pentito. Rifiuti tossici e fanghi inquinanti provenienti dalle
società del Nord, ma anche da Svizzera, Francia e Germania. Nei
156
primi del ’90 seppi che i miei uomini e mio cugino Sandokan si
erano buttati in questo affare sciagurato, sia in Campania, a Casal di
Principe, che in altre zone, per esempio il Basso Lazio. Come teste
di ponte dei loro traffici usavano le famiglie Nuvoletta, i Maliardo,
mentre gli intermediari delle ditte erano teste di legno e soprattutto
un esponente della massoneria targata P2». Queste cose le ha mai
dette agli inquirenti? «Certo, sin dal ’93: ai magistrati, alla
Commisione parlamentare ecomafia, alla Scuola superiore di polizia.
Ho fornito il nome della società colluse e anche il numero di targa
dei camion. Andammo sul posto con un elicottero partito da Pratica
di Mare. Cerano anche tecnici dell'Enea per verificare la
radioattività. Mostrai i luoghi e alla fine dovemmo scappare: gli
strumenti antinquinamento erano impazziti. In seguito gli esperti
dissero che per bonificare le aree servivano 26 miliardi delle vecchie
lire. E visto che non erano a disposizione allora era meglio che lo
scandalo non uscisse fuori»;
nella relazione territoriale sulle attività illecite connesse al ciclo dei
rifiuti nella regione Lazio della commissione parlamentare di
inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti presieduta
da Gaetano Pecorella nella seduta del 2 marzo 2011 si scrive: «Il
questore di Latina, su richiesta dei membri della Commissione, ha
fornito inoltre alcuni chiarimenti circa il presunto interramento nella
discarica di Borgo Montello di fusti di sostanze tossiche o
radioattive scaricate negli anni ’80 dalle navi Karen B e Zenobia. Il
questore ha richiamato in proposito le dichiarazioni di Schiavone,
confortate, più recentemente anche da un pentito di ’ndrangheta,
Fonti, riguardanti il territorio pontino, nel periodo della cosiddetta
“guerra di camorra”, che ha interessato anche l'area di Minturno,
Scauri, eccetera; fino ad arrivare alle porte di Latina. In quel periodo
era in corso anche una grossa speculazione edilizia da parte della
camorra, in particolare della famiglia dei Nuvoletta, il cosiddetto
clan di Marano. In questo stesso periodo Schiavone colloco
l'episodio della vecchia nave Zenobia, affermando che molti di quei
rifiuti tossici erano stati interrati nella discarica di Borgo Montello.
Nell'area interessata fu eseguito uno studio da parte dell'ENEA;
il 29 agosto 2013 sull'emittente televisiva Sky Tg24 Schiavone
dichiara «Interravamo rifiuti tossici e fanghi nucleari a Latina e in
Campania da ditte che venivano da Pisa, Milano, Germania, Austria
e Francia. I rifiuti tossici uccideranno in basso Lazio»; il 31 agosto
2013 Schiavone a Il Fatto Quotidiano dichiara a proposito del
157
traffico di rifiuti in Campania e Lazio «Licio Gelli gestiva, attraverso
delle società che stavano a Milano, a Santa Croce sull'Arno, nella
zona di Padova, (...) sia l'immondizia, sia i trasporti che portavano
tutta sta roba tossica e nucleare... Siamo andati in commissione
ecomafia, io con i documenti che ritrovai. Quando io sono andato
in commissione gliel'ho detto, in commissione Scalia, ho detto,
sentite ma vui tenite tutt ’i cart, potete lasciar morire 5 milioni di
persone, così, ma queste carte voi le tenete dal 1993. Loro hanno
detto: – dove mettiamo tutta questa roba? E chi c'ha 26.000 miliardi
per poter fare le prime bonifiche? – , perché ci volevano 26000
miliardi per fare quelle bonifiche. La ragione distato è una sola, soldi
e voti. Lo sanno, lo tengono scritto. Tengono ’i perizie perché
l'hanno secretato ? Perché?»;
i verbali redatti dalla commissione parlamentare d'inchiesta sul ciclo
dei rifiuti e sulle attività illecite ad esso connesse, presieduta
dall'allora presidente Massimo Scalia ed operante nella XIII
legislatura, sono tuttora secretate nonostante siano passati molti
anni e le informazioni ivi contenute siano di fondamentale
importanza per la salute dei cittadini;
nella relazione «studio di caratterizzazione discarica di B.go
Montello Latina» del 16 maggio 1996 a cura del C.C.R., Unichim ed
Enea si sono analizzate le diverse componenti del sito S0. Lo studio
constata che non è ben nota la composizione del materiale
depositato nella discarica e non si può escludere la presenza di rifiuti
speciali e tossico/nocivi mescolati ai r.s.u., si rileva la presenza di tre
diverse masse metalliche due di 10 metri per 20 e una di 50 per 50
all'interno del corpo della discarica, ad una profondità compresa tra
i 5 e 10m, che potrebbero indicare la presenza di bidoni contenente
materiale tossico/nocivo;
il 17 luglio 2012, nella audizione sugli scavi alla ex discarica di b.go
Montello-Latina alla regione Lazio sotto la presidenza del presidente
della commissione speciale «sicurezza e lotta alla criminalità» Filippo
Zaratti, il commissario straordinario di ARPA Lazio Corrado
Carruba afferma che: «in realtà è ormai dal 2005 che abbiamo dei
dati analitici storici delle acque sotterranee di b.go Montella, perché
nella regione Lazio, nel 2005, quando autorizzò in chiave moderna
le due discariche di cui discutiamo, pose a carico delle aziende
gestrici l'obbligo dei monitoraggi straordinari dell'Arpa sul sito, fatti
da noi e pagati da loro. Noi quindi dal 2005 abbiamo sei o sette anni
158
di dati storici, su questo fatto, che sostanzialmente confermano il
tema di cui oggi parliamo»;
nel 2009 anche Arpa Lazio, in uno studio finanziato dalla regione e
commissionato all'Istituto di geofisica e vulcanologi sotto la
supervisione della sezione di Latina di ARPA, ha affermato la
presenza di alcune anomalie magnetiche localizzate in precisi settori
del Bacino S0, ad una profondità tra i 2 ed i 6 metri;
la discarica di Borgo Montello, costituitasi in un contesto di
infrazioni ed ambiguità normative, è un sito ad alto impatto
inquinante, nocivo per gli abitanti e per il territorio a vocazione
quasi esclusivamente agricola;
la salute degli abitanti del luogo è stata sempre messa in secondo
piano e gli stessi non sono mai stati adeguatamente informati sullo
stato del loro territorio e dei rischi per la loro salute;
l'articolo 32 della Costituzione dispone: «la Repubblica tutela la
salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della
collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti»;
dalle prime dichiarazioni di Schiavone agli atti da oltre un decennio
e dalle prime testimonianze ad oggi non mai stata effettuata una
indagine approfondita con degli scavi profondi su tutti i siti della
discarica; la presenza della malavita organizzata nel basso Lazio è
molto forte e ad alcuni terreni adiacenti alla discarica sono
riconducibili a questa; le aziende che hanno gestito e che gestiscono
la discarica, il pretrattamento, la progettazione e la supervisione
degli scavi sono sempre riconducibili agli stessi due gruppi, avendo
di fatto monopolizzato il settore concludendo contratti svantaggiosi
per il pubblico e trasformando gare d'appalto in mere formalità –:
se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti sopra esposti e
se come intendano intervenire, per quanto di loro rispettiva
competenza, al fine di tutelare la salute dei cittadini;
se e come si intendano informare adeguatamente gli abitanti sullo
stato del loro territorio e dei rischi per la loro salute;
se si intendano richiedere approfondite ispezioni nell'area in
questione al Comando dei carabinieri per la tutela dell'ambiente;
se e come intendano contrastare le infiltrazioni della criminalità
organizzata nella gestione del ciclo dei rifiuti del Lazio e di molte
regioni italiane. (4-01917)
159
§ 23. Interpellanza nr. 2-00164 60
Testo presentato, in data Martedì 30 luglio 2013, seduta n. 61, da:
LOMBARDI.
La sottoscritta chiede di interpellare il Ministro dell'interno, il
Ministro degli affari esteri, il Ministro della giustizia, per sapere –
premesso che:
in data 16 giugno 2013 è stato arrestato in attesa di essere estradato
dal Centro nazionale anticrimine informatico (Cnaipic) della Polizia
delle comunicazioni, NOORI Ahmad, cittadino afgano, ritenuto
responsabile dell'omicidio della moglie, Fahezeh Ahmad; il signor
NOORI Ahmed si è allontanato, dopo la morte della moglie, ed ha
portato con sé la figlia di due anni Noora Asma nata il 13 giugno
2011, in Iran, cittadina afghana, residente in Norvegia;
il giorno 16 giugno 2013 alle ore 20.00, presso l'Istituto «Linda
Penotti» Suore Calsanziane Via Casalotti n. 73 Roma, la squadra
mobile della questura di Roma, su disposizione orale della procura
della Repubblica presso il tribunale per i minorenni, dottoressa Di
Stasio, si è proceduto all'affidamento della minore a Scolastica
Rosso nata a Giulianova (Teramo) l'8 gennaio 1943 residente a
Roma in via Casalotti 73;
in data 18 giugno 2013 la procura della Repubblica nella persona del
sostituto procuratore della Repubblica dottoressa Anna Di Stasio
pregava con puntualità gli uffici della questura di Roma squadra
mobile CNAIPIC, e la direzione centrale della polizia criminale
SIRENE di acquisire con urgenza informazioni in ordine alla
cittadinanza ed alla residenza della minore, all'esistenza di parenti
entro il quarto grado con la massima sollecitudine;
in data 19 giugno 2013 il signor Ahmed NOORI ha negato il
consenso all'estradizione, al solo fine espresso di poter attendere il
rimpatrio della figlia mediante consegna ad uno dei suoi familiari
residenti in Norvegia; in data 1o luglio 2013 la dottoressa Capranica,
giudice del tribunale per i minorenni, proc. 1203/13 VG, ha
depositato ed inviato in data 2 luglio 2013 copia del decreto con il
quale il lo stesso tribunale composto dalla dottoressa Angela
60http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=4946&stile=7&highLi
ght=1&paroleContenute=%27INTERPELLANZA%27
160
Rivellese (presidente), dottoressa Cristina Capranica (giudice
relatore), dottor Christian Veronesi (giudice onorario), dottoressa
Benedetta Biancalana (giudice onorario) ha ritenuto: «che, allo stato,
devono essere emessi solamente provvedimenti urgenti di tutela ed
assistenza della bambina per disporre contemporaneamente
approfondimenti istruttori relativi alla cittadinanza e residenza
abituale della minore – che si trova in Roma solo casualmente
perché illecitamente condotta dal padre, in fuga dai provvedimenti
delle Autorità norvegesi di restrizione della libertà personale per
l'omicidio della moglie... – fermo restando che non risultano
elementi per opporsi al rimpatrio della minore in Norvegia –
territorio dove la minore risiedeva stabilmente da alcuni mesi
insieme alla famiglia – dove l'Ufficio preposto potrà individuare
l'esistenza di familiari o parenti che potranno prendersi cura della
minore ovvero reperire altra sistemazione collocativa idonea alla sua
protezione». Per questi motivi a tutela della minore il tribunale
richiedeva «alla direzione centrale della Polizia Criminale del
Ministero dell'Interno l'invio di nota di aggiornamento con
l'indicazione della cittadinanza della minore e del luogo di residenza
abituale prima della breve permanenza in Roma e dell'arresto del
padre, Noori Ahmad, con il quale la bambina è stata trovata» e
contestualmente dichiarava: «che, allo stato non risultano al
tribunale elementi per opporsi alla richiesta di rimpatrio della
minore formulata dalle autorità della Norvegia e richiede[va] alla
direzione centrale della polizia criminale del Ministero dell'interno
di aggiornare con urgenza il tribunale in merito all'esito della
procedura di estradizione del padre del padre della minore e
rimpatrio della bambina»;
in data 2 luglio 2013 il Ministero dell'interno, dipartimento della
pubblica sicurezza direzione centrale della polizia criminale inviava
comunicazione a mezzo fax alla procura della repubblica presso il
tribunale per i minorenni alla cortese attenzione del sostituto
procuratore della Repubblica dottoressa Di Stasio, il cui contenuto
segnalato come urgentissimo è del seguente tenore: «Il S.I.R.E.N.E
norvegese ha comunicato di aver ricevuto da parte dell'ambasciata
norvegese a Roma la copia del provvedimento emesso da codesta
A.G. riguardante il rimpatrio della minore in argomento ed ha
richiesto determinazioni circa l'attivazione delle modalità del
suddetto rimpatrio. Premesso quanto sopra si rappresenta la
dipendente DIVISIONE S.I.R.E.N.E. non ha ricevuto alcuna
161
comunicazione in merito pertanto si invita codesta A.G. di voler far
pervenire copia del provvedimento riguardante la decisione circa il
rimpatrio della minore al fine di interessare per le previste
procedure il collaterale ufficio norvegese». Si restava anche in quel
caso in attesa di un «cortese urgente riscontro»;
in data 9 luglio 2013 il Ministero dell'interno, dipartimento della
pubblica sicurezza direzione centrale della polizia criminale, inviava
comunicazione a mezzo fax al tribunale per i minorenni, sezione
civile 2o collegio, all'attenzione della dottoressa Capranica il
seguente urgentissimo testo: «Si comunica che il collaterale organo
norvegese ha ricevuto per il tramite dall'ambasciata di Norvegia a
Roma copia del provvedimento n. 1203/2013 relativo alla minore
NOORI Asma nata il 13 giugno 2011 ed ha sollecitato
determinazioni circa l'eventuale rimpatrio. Si precisa inoltre che le
informazioni richieste nel suddetto provvedimento circa la
cittadinanza e la sua residenza abituale antecedente la sua
permanenza a Roma sono state già trasmesse il 17 giugno 2013 alla
dottoressa Di Stasio (Sostituto Procuratore della Repubblica) che in
precedenza aveva in carico il caso»;
prosegue il testo a firma del F.to II direttore del servizio: «Ciò posto
si rappresenta che a tutt'oggi non risulta pervenuto alcuna
comunicazione da codesta AG circa il rimpatrio della minore e si
resta in attesa di conoscere le decisioni adottate in merito al fine di
poter informare il collaterale organo norvegese per l'eventuale
attivazione previste procedure di rimpatrio». Si precisava di essere
«in attesa di cortese urgente riscontro».
In data 15 luglio 2013 il Ministero dell'interno, dipartimento della
pubblica sicurezza, direzione centrale polizia criminale, direzione
centrale polizia criminale Prot. MI-123-U-B-5-4-2013-1263 si
rivolge nuovamente al tribunale per i minorenni di Roma sezione
civile II collegio, alla cortese attenzione della dottoressa Capranica
nonché alla questura di Roma squadra mobile IV Sezione
trasmettendo nota prevenuta dal collaterale organo norvegese si
chiedeva «con preghiera di voler aderire a quanto richiesto»;
la decisione dell'autorità norvegese è stata, vista la situazione della
bambina, attualmente senza genitori, di dare in affidamento la
minore Asma NOORI nata il 13 giugno 2011 al Servizio per la Cura
e la Tutela dei bambini di Lister in Norvegia; la stessa minore,
riferiscono le autorità norvegesi, è residente nel Municipio di
LYNGDAL in Norvegia. La bimba va rimpatriata in Norvegia ed i
162
responsabili dei servizi sociali di Lister hanno il dovere di affidare la
stessa minore ad una struttura temporanea adeguata. Il personale
addetto sarebbe stato pronto a mettersi in viaggio immediatamente
su un volo diretto a Roma;
le autorità norvegesi infatti (Norvegia S.I.R.E.N.E.) una volta avuta
notizia della «conferma» del rimpatrio, avevano poi inviato una
proposta di piano di viaggio del seguente tenore: «I rappresentanti
del Lister Child Welfare Service si sarebbero rec[ati] in Italia: 1)
signora Linn Gunhad SINOGBAKKEN, data di nascita 27 giugno
1965 telefono +4748511290/+4794532659 e 2) la signora Sedil
Waager GLOMSER nata il 25 agosto 1971 avendo programmato di
tornare in Norvegia con la minore venerdì 19 luglio 2013 con volo
DY3731 (norvegese) da Roma Fiumicino alle ore 11:50 con arrivo a
Copenaghen. Alle ore 14:10 da Copenaghen con volo WE207.
Arrivo a Ktskareand Kjevik alle ore 17:25;
in alternativa il giovedì 18 luglio 2013 con gli stessi voli». Quindi si
pregava «di comunicare con urgenza se l'autorità competente
p[oteva] accettare il questo viaggio.» Si chiedeva che venissero
informate le autorità interessate e «Si prega[va] di inviare il nome di
una persona di contatto con i recapiti che l'ambasciata/Lister Child
Welfare Service era in grado di contattare in Italia. Si ringrazia[va]
nuovamente «per la gentile collaborazione»;
in data 16 luglio 2013 il Ministero dell'interno, dipartimento della
pubblica sicurezza, direzione centrale polizia criminale protocollo
MI-123-U-B-5-4-2013-1275 (Oggetto: NOORI ASMA nata il 13
giugno 2011 inserita in SIS II dalla Norvegia come Minore
scomparsa) scrive – al tribunale per i minorenni sezione civile 2°
Collegio in specie alla cortese attenzione della dottoressa
CAPRANICA (Rif.to 1203/13VG), alla questura di Roma squadra
Mobile IV sezione, alla direzione centrale per la polizia stradale
ferroviaria e per i reparti speciali della Polizia di Stato servizio
polizia postale e delle comunicazioni, centro nazionale anticrimine
informatico per protezione delle infrastrutture critiche –
rappresentando con urgenza che «quest'Ufficio è costantemente
sollecitato dagli organi di polizia giudiziari norvegesi (compresa
anche l'ambasciata di Norvegia a Roma) al fine di comunicargli la
soluzione della vicenda. A tutt'oggi non abbiamo ricevuto
determinazioni utili per la riconsegna della minore in oggetto
indicata.» Conclude la nota con la formula di cortesia di comunicare
ogni utile notizia da inoltrare alle autorità della Norvegia;
163
in data 17 luglio 2013 il tribunale per i minorenni nella persona del
giudice dottoressa Capranica così risponde: «Si comunichi alla
Direzione scrivente che questa Autorità Giudiziaria, trattandosi di
minore con residenza abituale in altro Stato, non è attribuita la
funzione di assumere determinazioni sulle modalità di “riconsegna”
della bambina, se non quella di verificare che non vi siano ostacoli
giuridici al suo rimpatrio reclamato dal Paese di provenienza. Tale
provvedimento è stato da tempo (28 giugno 2013) emesso, sicché si
è fatta contestuale richiesta di conoscere quando il rimpatrio sia
avvenuto; nessuna altra determinazione è rimessa a questo
Tribunale. Alla Cancelleria per l'invio urgente con fax»;
in data 25 luglio 2013 II Giudice dottoressa Capranica del tribunale
per i minori in risposta all'ennesima istanza depositata dal
procuratore del padre della bambina nella quale una volta
evidenziata l'incompetenza espressa dallo stesso tribunale ad
effettuare la «consegna» della minore, si sollecitava l'affidamento
presso l'ambasciata norvegese è contestualmente si chiedevano
aggiornamenti in merito alle richieste istruttorie a suo tempo
formulate dal collegio preso atto dei tempi lunghissimi oramai
decorsi. Il giudice ribadiva per iscritto quasi contestualmente al
deposito di aver adottato un provvedimento di natura provvisoria
«in attesa del rimpatrio della bambina» e contestualmente si
chiedeva la trasmissione via fax di quanto scritto al Ministero
dell'interno polizia criminale IV sezione al fine di acquisire
informazioni sull'avvenuto rimpatrio della bambina;
in data 24 luglio 2013 l'avvocato del padre della piccola Asma
informava la segreteria generale del Ministro dell'interno, Angelino
Alfano, l'ufficio VII D.G.I.T. del Ministero degli affari esteri e
l'ambasciata norvegese del quadro venutosi a creare attorno alla
piccola Asma Noori: un tribunale per i minorenni incompetente
come espressamente dichiarato dalla stessa A.G. a «riconsegnare» la
piccola, un Ministero dell'interno che è costantemente e
giustamente pressato dalle autorità norvegesi, ma che continua
domandare informazioni all'autorità giudiziaria, ora alla procura per
i minorenni, ora al II Collegio civile del tribunale per i Minorenni ed
infine un Ministero degli esteri all'oscuro di tutta quanta la vicenda;
il legale ha altresì inviato copie dei documenti degli zii che vivono in
Norvegia presso il campo destinato ai rifugiati collocato in
prossimità di Oslo. Lì vivono la sorella ed il cugino di Ahmed
NOORI, sposato con la sorelle dell'arrestato: il primo si chiama
164
Nazir TAJIK nato il 29 aprile 1989 in Afghanistan, la seconda con
Aeida Noori. Si sono allegati i documenti di identità, il certificato di
matrimonio rilasciato dall'ambasciata dell'Afghanistan in Teheran
trasmessi al difensore dallo zio della piccola, il quale ha manifestato
la propria volontà ad accudire la piccola Asma unitamente alla
moglie –:
se alla luce di quanto esposto in premessa i Ministri interpellati non
ritengano necessario e opportuno fornire spiegazioni sulla vicenda,
chiarendo in primis se alla data odierna si è proceduto al rimpatrio
della bambina; per quali motivi non si sia proceduto alla consegna
della minore i giorni 18 e del 19 luglio 2013 così come richiesto
dalle autorità norvegesi, le quali avevano altresì indicato il numero
di volo; perché una volta intervenuto il decreto del tribunale per i
minorenni attestante la mancanza di ragioni ostative, non si sia
provveduto immediatamente alla consegna della bambina
adducendo la necessità di ulteriori accertamenti in merito alla
residenza abituale ed alla nazionalità, informazioni già note al
Tribunale a far data dal 20 giugno 2013; per quali ragioni il
Ministero dell'interno una volta espressa l'incompetenza del
tribunale per i minorenni, non abbia proceduto al rimpatrio della
bambina, e per quali ragioni non ne fosse a conoscenza
antecedentemente; per le quali motivi, pertanto, non si sia
proceduto alla rimpatrio della bambina per il tramite degli zii; per
quali ragioni non si sia ritenuto opportuno informare il Ministero
degli affari esteri e se, a far data dal 24 luglio 2013, ricevuta l'istanza
del difensore lo stesso dicastero abbia posto in essere qualche
attività in merito;
se, il Ministero della giustizia non intenda verificare se sussistano i
presupposti per avviare iniziative ispettive presso il Tribunale per i
minorenni. (2-00164)
§ 24. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-0163161
Testo presentato, in data Mercoledì 7 agosto 2013, seduta n. 67, da:
LOMBARDI.
61http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=5642&stile=7&highLi
ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27
165
Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
in data 26 maggio 1994, è apparsa sull'agenzia Adnkronos la notizia
relativa ad una dichiarazione del Ministro dell'interno pro tempore,
Roberto Maroni in cui lo stesso affermava che aveva dovuto far uso
«... dei fondi riservati del Ministero di sua spettanza: per acquistare
computer per l'ufficio legislativo ...», proseguendo che si sarebbe
impegnato «... ad aprire gli armadi e tirar fuori gli scheletri dal
Viminale ...»; nel 1993 scoppiò lo scandalo SISDE (oggi AISI),
relativo alla gestione di fondi riservati. Partita dalla bancarotta
fraudolenta di un'agenzia di viaggi i cui titolari erano funzionari del
servizio segreto del Viminale, un'inchiesta della magistratura fece
emergere fondi neri per circa 14 miliardi di lire depositati a favore di
altri 5 funzionari. Ci furono l'intervento del Consiglio superiore
della magistratura per dissidi fra il magistrato che indagava e il suo
procuratore capo, quello della commissione parlamentare
d'inchiesta sui servizi segreti, presieduta da Ugo Pecchioli, e quello
del Ministro dell'interno Nicola Mancino, e tutti si misero a indagare
sull'operato del servizio, mentre a San Marino venivano individuati
altri 35 miliardi di uguale sospetta provenienza; la storia del
Viminale è costellata – come si evince da un'approfondita lettura del
saggio (ben documentato) «Il cuore occulto del potere» di Giacomo
Pacini – dell'uso di «fondi riservati»; i recenti fatti di cronaca di
quest'anno hanno ulteriormente confermato un «cattivo» uso dei
soldi pubblici (in carico al Viminale), come si evince dal caso del
recentissimo arresto del prefetto Francesco La Motta (oltreché da
quelli relativi all'arresto dell'ex prefetto Oscar Fioriolli nonché dalle
vicende riguardanti il prefetto Izzo e il prefetto Iurato e altro); il
recente articolo pubblicato sul Fatto Quotidiano online – nel quale
viene sottolineato che «... la Corte dei Conti, nelle sue relazioni al
Parlamento, chiede di far luce da anni ...» sul «... mare magno degli
appalti da centinaia di milioni di euro ...» del Ministero dell'interno –
segnala un'anomalia dilagante per cui le amministrazioni centrali
dello Stato (nel caso specifico il Ministero dell'interno) «secretano»
anche quelle gare che non avrebbero i requisiti (la legge che lo
consente ammette la classificazione solo per casi specifici, la tutela
degli interessi essenziali dello Stato e speciali misure di sicurezza),
non consentendo (neppure a posteriori) di poter accertare la
regolarità delle procedure e la congruità effettiva delle spese
sostenute, creando – di fatto – «...una sorta di camera oscura dello
166
Stato in cui si spendono...» centinaia di milioni di euro di soldi
pubblici –:
quali iniziative il Ministro interrogato intenda avviare per rendere
finalmente trasparente la gestione contabile del Ministero
dell'interno, chiarendo – anche alla luce delle dichiarazioni in
premessa del Ministro pro tempore Roberto Maroni – se, sotto la
gestione attuale del Ministero dell'interno, esistono ancora «fondi
riservati» al Viminale in generale e, in particolare, al dipartimento
della pubblica sicurezza, indicando se questi vengano ancora oggi
utilizzati per attività «estranee» a previsioni di legge (pagamento
informatori) ovvero se – come nel richiamato caso dichiarato del
Ministro pro tempore Maroni – vengono «distratti» per acquisti vari
o per spese che nulla hanno a che vedere con la «sicurezza
nazionale»; se il Ministro intenda fornire comunque informazioni
minime relative all'ammontare annuo di tali fondi e se gli stessi –
anche se con un sistema «riservato» – vengano comunque
rendicontati
punto
per
punto
(e
non
genericamente/complessivamente) al Ministero dell'economia e
delle finanze, al COPASIR e alla Commissione parlamentare
antimafia (dato che si tratta di soldi pubblici finalizzati alla sicurezza
nazionale nel suo complesso), nonché attraverso quali criteri
oggettivi e pubblici di selezione del personale (oltre quelli
«fiduciari») vengano scelti i funzionari e/o dirigenti chiamati a
gestire un capitolo economico così delicato e complesso, indicando
anche quale sia il range temporale di turn over di tali funzionari e/o
dirigenti; se il Ministro interrogato intenda anche far conoscere se
sia invalso nel «costume» del Ministero dell'interno (e nelle sue
articolazioni centrali e periferiche) il pagamento (con l'uso di fondi
riservati) di «fuori busta» per i funzionari e/o dirigenti appartenenti
a quella struttura e se tali «fuori busta» vengano dichiarati al «fisco».
(4-01631)
§ 25. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-01631 62
Testo presentato, in data Mercoledì 7 agosto 2013, seduta n. 67, da:
62http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=5642&stile=7&highLi
ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27
167
LOMBARDI.
Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
in data 26 maggio 1994, è apparsa sull'agenzia Adnkronos la notizia
relativa ad una dichiarazione del Ministro dell'interno pro tempore,
Roberto Maroni in cui lo stesso affermava che aveva dovuto far uso
«... dei fondi riservati del Ministero di sua spettanza: per acquistare
computer per l'ufficio legislativo ...», proseguendo che si sarebbe
impegnato «... ad aprire gli armadi e tirar fuori gli scheletri dal
Viminale ...»; nel 1993 scoppiò lo scandalo SISDE (oggi AISI),
relativo alla gestione di fondi riservati. Partita dalla bancarotta
fraudolenta di un'agenzia di viaggi i cui titolari erano funzionari del
servizio segreto del Viminale, un'inchiesta della magistratura fece
emergere fondi neri per circa 14 miliardi di lire depositati a favore di
altri 5 funzionari. Ci furono l'intervento del Consiglio superiore
della magistratura per dissidi fra il magistrato che indagava e il suo
procuratore capo, quello della commissione parlamentare
d'inchiesta sui servizi segreti, presieduta da Ugo Pecchioli, e quello
del Ministro dell'interno Nicola Mancino, e tutti si misero a indagare
sull'operato del servizio, mentre a San Marino venivano individuati
altri 35 miliardi di uguale sospetta provenienza; la storia del
Viminale è costellata – come si evince da un'approfondita lettura del
saggio (ben documentato) «Il cuore occulto del potere» di Giacomo
Pacini – dell'uso di «fondi riservati»; i recenti fatti di cronaca di
quest'anno hanno ulteriormente confermato un «cattivo» uso dei
soldi pubblici (in carico al Viminale), come si evince dal caso del
recentissimo arresto del prefetto Francesco La Motta (oltreché da
quelli relativi all'arresto dell'ex prefetto Oscar Fioriolli nonché dalle
vicende riguardanti il prefetto Izzo e il prefetto Iurato e altro); il
recente articolo pubblicato sul Fatto Quotidiano online – nel quale
viene sottolineato che «... la Corte dei Conti, nelle sue relazioni al
Parlamento, chiede di far luce da anni ...» sul «... mare magno degli
appalti da centinaia di milioni di euro ...» del Ministero dell'interno –
segnala un'anomalia dilagante per cui le amministrazioni centrali
dello Stato (nel caso specifico il Ministero dell'interno) «secretano»
anche quelle gare che non avrebbero i requisiti (la legge che lo
consente ammette la classificazione solo per casi specifici, la tutela
degli interessi essenziali dello Stato e speciali misure di sicurezza),
non consentendo (neppure a posteriori) di poter accertare la
regolarità delle procedure e la congruità effettiva delle spese
sostenute, creando – di fatto – «...una sorta di camera oscura dello
168
Stato in cui si spendono...» centinaia di milioni di euro di soldi
pubblici –:
quali iniziative il Ministro interrogato intenda avviare per rendere
finalmente trasparente la gestione contabile del Ministero
dell'interno, chiarendo – anche alla luce delle dichiarazioni in
premessa del Ministro pro tempore Roberto Maroni – se, sotto la
gestione attuale del Ministero dell'interno, esistono ancora «fondi
riservati» al Viminale in generale e, in particolare, al dipartimento
della pubblica sicurezza, indicando se questi vengano ancora oggi
utilizzati per attività «estranee» a previsioni di legge (pagamento
informatori) ovvero se – come nel richiamato caso dichiarato del
Ministro pro tempore Maroni – vengono «distratti» per acquisti vari
o per spese che nulla hanno a che vedere con la «sicurezza
nazionale»; se il Ministro intenda fornire comunque informazioni
minime relative all'ammontare annuo di tali fondi e se gli stessi –
anche se con un sistema «riservato» – vengano comunque
rendicontati
punto
per
punto
(e
non
genericamente/complessivamente) al Ministero dell'economia e
delle finanze, al COPASIR e alla Commissione parlamentare
antimafia (dato che si tratta di soldi pubblici finalizzati alla sicurezza
nazionale nel suo complesso), nonché attraverso quali criteri
oggettivi e pubblici di selezione del personale (oltre quelli
«fiduciari») vengano scelti i funzionari e/o dirigenti chiamati a
gestire un capitolo economico così delicato e complesso, indicando
anche quale sia il range temporale di turn over di tali funzionari e/o
dirigenti; se il Ministro interrogato intenda anche far conoscere se
sia invalso nel «costume» del Ministero dell'interno (e nelle sue
articolazioni centrali e periferiche) il pagamento (con l'uso di fondi
riservati) di «fuori busta» per i funzionari e/o dirigenti appartenenti
a quella struttura e se tali «fuori busta» vengano dichiarati al «fisco».
(4-01631)
§ 26. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-01551 63
Testo presentato, in data Giovedì 1 agosto 2013, seduta n. 63, da:
63http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=5316&stile=7&highLi
ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27
169
LOMBARDI, COZZOLINO e D'AMBROSIO.
Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
in data 26 luglio 2013 il Consiglio dei Ministri – su proposta del
Ministro dell'interno, Angelino Alfano, ha disposto – nell'ambito dei
movimenti di prefetti – l'incarico con funzioni di capo del
dipartimento per gli affari interni e territoriali del Ministero
dell'interno, al prefetto Umberto Postiglione; da un riscontro sulla
«rete» è stato acclarato che il prefetto Postiglione ha ricoperto la
carica di sindaco presso il comune di Angri (Salerno) come
candidato della formazione politica PPI (La Margherita) per ben
due mandati (quindi con una connotazione politica dichiarata): il
primo dal 7 maggio del 1995 al 24 gennaio 1999, ed il secondo – a
seguire – dal 27 giugno 1999 al 27 maggio 2004; l'incarico di capo
dipartimento per gli affari interni e territoriali del Ministero
dell'interno assume un'importanza «politico-tecnica» strategica nella
gestione dei Comuni e degli Enti locali in genere, avendo tra le
attribuzioni quelle di: a) amministrazione generale e supporto dei
compiti di rappresentanza generale e di governo sul
territorio;b) garanzia della regolare costituzione degli organi elettivi
e del loro funzionamento e attività di collaborazione con gli enti
locali; c) finanza locale; d) servizi elettorali; e)vigilanza sullo stato
civile e sull'anagrafe; nel periodo di «interregno» tra i due mandati
(in particolare dal 25 gennaio 1999 al 26 giugno 1999) il comune di
Angri è stato «sciolto» anticipatamente per dimissioni della
maggioranza in consiglio comunale; attualmente il prefetto
Postiglione ricopre ancora l'incarico di «Commissario straordinario»
dell'amministrazione provinciale di Roma (dopo le dimissioni di
Zingaretti), con deleghe a: avvocatura provinciale-Segretariato
generale e ufficio del consiglio provinciale-cultura-turismo-sport –:
sulla base di quali criteri oggettivi e soggettivi sia stato scelto il
prefetto Umberto Postiglione – personaggio con evidente
connotazione politica e se nei criteri di scelta sia stato valutato il
fattore «potenziale conflitto d'interessi», tenuto conto delle
attribuzioni derivanti dall'incarico assegnatogli e del richiamato (e
storicizzato) passato «politico» dello stesso alto funzionario dello
Stato, nonché del «doppio incarico» (politico e tecnico) che ancora
oggi egli riveste. (4-01551)
170
§ 27. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-01550 64
Testo presentato, in data Giovedì 1 agosto 2013, seduta n. 63, da:
LOMBARDI e D'AMBROSIO.
Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. —
Per sapere – premesso che:
il consiglio di amministrazione della Polizia di Stato nella seduta del
28 giugno 2013 ha provveduto ad effettuare lo scrutinio per merito
comparativo per la promozione a dirigente superiore e per
l'ammissione al corso di formazione dirigenziale per la nomina a
primo dirigente (tra i quali il dottor Maurizio Improta e il dottor
Lamberto Giannini, i responsabili degli uffici che hanno partecipato
alla rendition di Alma Shalabayeva e della figlia di anni sei). Con il
sistema normativo e regolamentare specifico si sta provvedendo, già
da diversi anni, alla selezione della classe dirigente della Polizia di
Stato. Da un esame attento della normativa e soprattutto dei «criteri
di massima», adottati con il consenso delle organizzazioni sindacali
maggiormente rappresentative, si evince con estrema chiarezza che
è il consiglio di amministrazione stesso, che approvando l'operato
della commissione (di avanzamento) all'uopo preposta composta da
alti dirigenti della Polizia di Stato, che in definitiva decide
discrezionalmente, quali candidati debbano essere promossi. Infatti,
il punteggio discrezionale (oltre il 60 per cento), molto elevato, a
disposizione del consiglio di amministrazione finisce per creare
potenziali possibilità di stravolgimento delle graduatorie di merito e
rendere vani tutti i titoli oggettivi in possesso dei candidati, con
grave nocumento per i principi della meritocrazia reale; tra gli altri,
si segnala la situazione del dottor Maurizio Improta che, se pure
sembrerebbe aver svolto, «sulla carta», il corso di formazione per
vice commissari, risulta in un solo anno aver compiuto «un balzo»
di cinquantadue posizioni, dalla settantatreesima alla ventunesima,
nella graduatoria che consente di accedere al corso di
questore; molti dei funzionari promossi nell'ultimo consiglio di
amministrazione (ma anche in precedenti) appartengono ad uffici
centrali (spesso con funzioni di segreteria dei prefetti e/o direttori
64http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=5315&stile=7&highLi
ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27
171
centrali), e alcuni di loro con pochissima esperienza di territorio
(ovvero questure); l'articolo 1 (Assunzione di personale nei ruoli
della Polizia di Stato) del decreto del Presidente della Repubblica 23
dicembre 1983, n. 903, prevede che: «... l'accesso ai ruoli del
personale della Polizia di Stato che espleta funzioni di polizia
avviene mediante pubblico concorso per esami...»; l'articolo 28
(Nomina) del decreto del Presidente della Repubblica 23 dicembre
1983, n. 903, prevede che «... i vincitori del concorso sono nominati
vice commissari in prova del ruolo dei commissari della Polizia di
Stato e sono inviati a frequentare il corso di formazione di cui
all'articolo 56 della legge 1o aprile 1981, n. 121...»;
l'articolo 56 (Corsi per la nomina a commissario di polizia) della
legge n. 121 del 1981, prevede che «... ottenuta la nomina, i
commissari in prova frequentano un corso di formazione teoricopratico della durata di nove mesi presso l'apposita sezione
dell'Istituto superiore di polizia, di cui all'articolo 58 (legge n. 121
del 1981); l'articolo 57, lettera d), (Dimissioni dal corso per la
nomina a commissario di polizia) della legge n. 121 del 1981
prevede che «... sono dimessi dal corso i commissari in prova che:
.... omissis... d) sono stati per qualsiasi motivo assenti dal corso per
più di trenta giorni, anche se non consecutivi, e di novanta giorni
per infermità contratta durante il corso, salvo che essa sia stata
contratta a causa delle esercitazioni pratiche, nel qual caso il
commissario in prova è ammesso a partecipare al primo corso
successivo al riconoscimento della sua idoneità psico-fisica...» –:
quali verifiche urgenti il Ministro dell'interno intenda adottare in
relazione a casi quali quelli del dottor Maurizio Improta, nonché più
in generale quali iniziative intenda assumere per definire – una volta
per tutte – criteri oggettivi che assicurino il merito reale (così come
prevedrebbero le norme vigenti), riducendo a «zero» (nella griglia di
valutazione per gli avanzamenti dei dipendenti della Polizia di Stato)
la discrezionalità in modo tale da cominciare, da un lato, a ridefinire
una classe dirigente realmente meritevole e più competente e,
dall'altro, a scongiurare una sempre più tangibile e pericolosa
«demotivazione» di quei poliziotti che non hanno la fortuna di
appartenere alle cosiddette «cordate vincenti». (4-01550)
172
§ 28. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-01501 65
Testo presentato, in data Martedì 30 luglio 2013, seduta n. 61, da:
LOMBARDI.
Al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa.
Per sapere – premesso che:
su internet è stata pubblicata una notizia (con relativo video) in cui
si parla di un comportamento oltre i limiti di alcuni componenti
dell'Arma dei Carabinieri (il titolo dell'articolo è «Carabiniere salta a
gambe unite su un ragazzo»). Aprendo il link è possibile verificare,
aldilà di ogni ragionevole ed inequivocabile dubbio il
comportamento «non deontologicamente apprezzabile» dei
«carabinieri» protagonisti della vicenda (che potenzialmente, oltre a
risvolti disciplinari, potrebbe averne anche di penali – nel video
sono ben udibili gli epiteti razzisti – soprattutto se esistesse in Italia
il reato di «tortura») –:
quali iniziative i Ministri intendano adottare per contrastare in
futuro il ripetersi di simili episodi e quali direttive intendano
impartire al comandante generale dell'Arma dei carabinieri e al Capo
della Polizia (responsabile direttore generale della pubblica
sicurezza) per ripristinare la legalità comportamentale in simili
circostanze. (4-01501)
§ 29. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-0148466
Testo presentato, in data Lunedì 29 luglio 2013, seduta n. 60, da:
LOMBARDI e D'AMBROSIO.
Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
lo scorso gennaio 2013 il tribunale ordinario di Napoli ha proceduto
all'arresto di alcuni alti dirigenti della Polizia di Stato e
all'interdizione dai pubblici uffici di altri alti dirigenti della Polizia di
Stato (tra i quali il prefetto Fioriolli, il prefetto Izzo e il prefetto
Iurato);
65http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=4978&stile=7&highLi
ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27
66http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=4912&stile=7&highLi
ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27
173
dall'analisi della nutrita rassegna stampa sulla questione di cui al
punto precedente e da notizie collegate (ordinanza del tribunale di
Napoli, n. 2/2013 O.C.C., procedimento penale n. 44783/09
R.G.N.R.) emerge anche il coinvolgimento di altri alti funzionari
dello Stato (sebbene non destinatari nel provvedimento
giudiziario de qua, di misure giudiziarie) tra i quali anche l'ex
Prefetto di Siracusa, dottor Renato Franceschelli (al momento
direttore centrale della direzione per i Servizi tecnico-logistici del
dipartimento della pubblica. Sicurezza del Ministero dell'interno);
il Titolo primo, Capo III (Trasparenza e rendicontazione
della performance) articolo 11 (Trasparenza) del decreto legislativo
n. 150 del 2009 (attuativo della legge n. 15 del 4 marzo 2009) recita:
«1) La trasparenza è intesa come accessibilità totale, anche
attraverso lo strumento della pubblicazione sui siti istituzionali delle
amministrazioni pubbliche, delle informazioni concernenti ogni
aspetto dell'organizzazione ...»;
il decreto del Presidente della Repubblica 16 aprile 2013, n. 62
(Regolamento recante codice di comportamento dei dipendenti
pubblici, a norma dell'articolo 54 del decreto legislativo 30 marzo
2001, n. 165) articolo 9, così recita: «... (Trasparenza e tracciabilità).
1) Il dipendente assicura l'adempimento degli obblighi di
trasparenza previsti in capo alle pubbliche amministrazioni secondo
le disposizioni normative vigenti, prestando la massima
collaborazione nell'elaborazione, reperimento e trasmissione dei dati
sottoposti all'obbligo di pubblicazione sul sito istituzionale...»;
il Titolo quarto, capo II (Dirigenza Pubblica), articolo 40 del
decreto legislativo n. 150 del 2000 (attuativo della Legge n. 15 del 4
marzo 2009) recita: «(Modifica all'articolo 19 del decreto legislativo
30 marzo 2001, n. 165) – 1) All'articolo 19 del decreto legislativo 30
marzo 2001, n. 165, sono apportate le seguenti modificazioni:a) il
comma 1 è sostituito dal seguente: «1. Ai fini del conferimento di
ciascun incarico di funzione dirigenziale si tiene conto, in relazione
alla natura e alle caratteristiche degli obiettivi prefissati ed alla
complessità della struttura interessata, delle attitudini e delle capacità
professionali del singolo dirigente ...»;
il Titolo quarto, capo V (Disposizioni relative al procedimento
disciplinare), articolo 69 del decreto legislativo n. 150 del 2009
(attuativo della Legge n. 15 del 4 marzo 2009) recita: «... Art. 55sexies (Responsabilità disciplinare per condotte pregiudizievoli per
l'amministrazione e limitazione della responsabilità per l'esercizio
174
dell'azione
disciplinare). 1) La
condanna
della
pubblica
amministrazione al risarcimento del danno derivante dalla
violazione, da parte del lavoratore dipendente, degli obblighi
concernenti la prestazione lavorativa, stabiliti da norme legislative o
regolamentari, dal contratto collettivo o individuale, da atti e
provvedimenti dell'amministrazione di appartenenza o dai codici di
comportamento di cui all'articolo 54, comporta applicazione nei
suoi confronti, ove già non ricorrano i presupposti per
l'applicazione di un'altra sanzione disciplinare, della sospensione dal
servizio...»; che il decreto del Presidente della Repubblica 16 aprile
2013, n. 62 (Regolamento recante codice di comportamento dei
dipendenti pubblici, a norma dell'articolo 54 del decreto legislativo
30 marzo 2001, n. 165), articolo 13, comma 8, così recita:
«...(Disposizioni particolari per i dirigenti). » ... il dirigente
intraprende con tempestività le iniziative necessarie ove venga a
conoscenza di un illecito, attiva e conclude, se competente, il
procedimento disciplinare, ovvero segnala (...)» –:
se e quali provvedimenti disciplinari siano stati presi nei confronti
dei funzionari e/o dirigenti coinvolti nelle inchieste ricordate in
premessa, volendo indicare chi di tali funzionari e/o dirigenti
coinvolti – a vario titolo – nelle inchieste di cui alla presente
interrogazione siano ancora titolari di incarichi presso il Ministero
dell'interno e con quale retribuzione, specificando – anche – se gli
stessi, in relazione ai nuovi (o vecchi incarichi) siano – ancora oggi –
titolari di «alloggi di servizio» o abbiano ancora ilbenefit di «autista»
e «auto di servizio», e a quale titolo;
in base a quali criteri sia stato scelto proprio il Prefetto Renato
Franceschelli – coinvolto (sebbene non raggiunto da provvedimenti
giudiziari) nell'inchiesta che ha condotto all'arresto dell'ex Prefetto
Fioriolli e altri – per dirigere la direzione Centrale dei servizi
tecnico-logistici che, a quanto risulta, è una delle direzioni del
Ministero dell'interno con grande capacità di spesa;
se il Ministero dell'interno – oltre ad avviare un'approfondita
inchiesta interna sulla gestione dei fondi del Viminale per
scongiurare ulteriori nicchie di «malaffare» – non intenda costituirsi
parte civile nei procedimenti riguardanti tutti i funzionari e/o
dirigenti coinvolti nelle indagini della magistratura napoletana, dove
l'immagine e il prestigio di un Ministero, così importante, sono
scalfiti irreversibilmente dall'infedeltà di pochi.
(4-01484)
175
§ 30. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-0197267
Testo presentato, in data Giovedì 26 settembre 2013, seduta n. 85,
da: LOREFICE, GRILLO, MARZANA, D'UVA, DI VITA,
BARONI, CECCONI, MANTERO, SCAGLIUSI, SPADONI,
CANCELLERI, SILVIA GIORDANO e DALL'OSSO.
Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
nella provincia di Ragusa ed in particolar modo della zona urbana,
sub urbana e marittima si sta assistendo ad un fenomeno di
criminalità sempre più dilagante; l’escalation di atti vandalici, anche
nei cimiteri, di rapine in stazioni di servizio, bar, panifici, banche
hanno ormai superato i limiti di guardia, e si ripetono anche negli
stessi posti a distanza di poche ore; grande allarme, sconcerto e
paura si sta diffondendo nella comunità per i ripetuti furti e tentati
furti nelle scuole e in aziende, in danno di esercizi commerciali
soprattutto sul territorio di Modica e Ispica, l'ultimo dei quali
culminato in una sparatoria tra i malviventi e una guardia giurata;
questi atti delinquenziali stanno mettendo in ginocchio i vari settori
produttivi a causa dell'azione di malviventi che si introducono
nottetempo nelle aziende e sottraggono ingenti, quantità di materie
prime e macchine utensili determinando, in alcuni casi, anche la
chiusura immediata delle aziende colpite; non indifferente è
l'emergenza immigrazione clandestina a causa della quale è
impiegato un numero considerevole di forze dell'ordine, soprattutto
per la sorveglianza del centro di prima accoglienza di Pozzallo; i
sistemi passivi di protezione, telecamere e sistemi di allarme, sono
un aiuto e dissuadono in molti casi, ma sono ancora poco diffusi e
al contempo è impossibile pensare ad una militarizzazione del
territorio anche perché non ci sono le risorse necessarie;
è divenuto necessario rafforzare immediatamente in città, nelle
campagne e nel comprensorio adiacente le misure di vigilanza e
prevenzione per stroncare sul nascere una deriva che potrebbe
rivelarsi dannosissima per tutto il territorio, evitando il rischio che
un insieme di fatti delinquenziali possa trasformarsi in un fenomeno
di criminalità cronica, già radicata in altre aree della
67http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=7186&stile=7&highLi
ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27
176
provincia; sussiste la seria possibilità che liberi cittadini possano
riunirsi in «ronde metropolitane» tentando di ripianare la notevole
carenza di forze dell'ordine generata dal taglio ai fondi per la
pubblica sicurezza –:
se il Ministro interrogato intenda avviare un protocollo di
coordinamento con le forze dell'ordine per intensificare l'attività di
prevenzione e repressione dei fenomeni criminali o come altrimenti
intenda affrontare tale delicata situazione emergenziale anche alla
luce delle riduzioni previste per le forze dell'ordine, già in numero
inferiore a quello previsto, nella provincia di Ragusa. (4-01972)
§ 31. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-0165368
Testo presentato, in data Giovedì 8 agosto 2013, seduta n. 68, da:
LOREFICE, SILVIA GIORDANO, MANTERO, DALL'OSSO,
FRACCARO, COLONNESE, CORDA,
DI STEFANO, SPADONI,
GRANDE, DI BENEDETTO, CASTELLI, DA VILLA,
GALLINELLA,PARENTELA, BENEDETTI, GRILLO,
DIENI, DADONE, MARZANA, D'UVA e CANCELLERI.
Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
negli uffici di Polizia di Stato ormai da anni si assiste da un lato ad
una lenta diminuzione delle risorse, in termini di uomini, mezzi e
assegnazioni di fondi, mentre dall'altro all'aumento in quantità e
qualità degli obiettivi da raggiungere in ambito sia centrale che
periferico; in particolare in provincia di Ragusa l'attuale dotazione
organica si rivela deficitaria per fronteggiare le esigenze dell'attività
ordinaria, con la conseguenza che si attinge con una certa regolarità
al personale addetto ad altre mansioni pur di assicurare i normali
servizi di controllo del territorio e di ordine pubblico; alle ordinarie
esigenze operative si aggiungono inoltre altre incombenze, come la
presenza del centro di primo soccorso ed assistenza sito nell'area
portuale di Pozzallo. Tale struttura, realizzata nel corso della
cosiddetta «emergenza immigrazione dal nord Africa» per la
68http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=5953&stile=7&highLi
ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27
177
primissima sistemazione dei migranti sbarcati clandestinamente, in
attesa del loro trasferimento presso altri centri, ospita oggi gruppi di
migranti trasferiti da altre province, in attesa del rimpatrio con voli
charter dagli aeroporti di Catania e Palermo. È evidente come ciò
possa comportare notevoli difficoltà operative e logistiche per il
personale addetto alla vigilanza, poiché la struttura è stata realizzata
con criteri riconducibili a tutt'altra tipologia di soggetti ospitati. I
servizi di vigilanza, attivati con poche ore di preavviso, vengono
assicurati interamente dal personale territoriale della questura e dei
commissariati, spesso con inevitabili conseguenze negative sul
controllo del territorio e sull'attività degli uffici. Il personale della
questura assicura altresì anche i servizi di accompagnamento degli
stranieri, che soprattutto nel periodo primavera-estate sbarcano
numerosi clandestinamente lungo le coste di questa provincia, verso
altre strutture; altra incombenza che grava sulle forze di polizia è
sorta a seguito dell'apertura dell'aeroporto civile di Comiso, presso il
quale i servizi di sicurezza aeroportuale e di polizia di frontiera sono
attualmente assicurati da personale della questura e del
commissariato p.s. di Comiso. Quest'ultimo, insieme a quello di
Vittoria, è già oberato da tanto lavoro e può contare solo su 3
ispettori e 2 sovrintendenti nonostante il territorio sia considerato
ad alta densità criminale; anche la sezione polizia stradale registra
una preoccupante carenza di personale e non è possibile garantire
una pattuglia in tutti i quadranti, nonostante la totalità delle merci
venga trasportata su gomma date le carenze infrastrutturali della
zona; la polizia postale e delle comunicazioni consta di un organico
minimo, nonostante la crescita esponenziale dell'attività di polizia
giudiziaria strettamente collegata con l'aumento dei reati commessi
con l'utilizzo di internet e di tecnologie informatiche; negli ultimi
anni i trasferimenti di personale verso la provincia di Ragusa si sono
realizzati in quantità irrisoria rispetto i numerosi pensionamenti e
trasferimenti verso altre sedi; la situazione dell'organico dei
funzionari è emblematica data la mancanza di un primo dirigente (la
divisione anticrimine ne è priva da tempo) e di numerosi direttivi –:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto riportato in
premessa in merito alle vicende descritte e se intenda assumere
iniziative volte ad assegnare a questa provincia un adeguato numero
di operatori appartenenti a tutti i ruoli per poter soddisfare la
sempre crescente richiesta di sicurezza dei cittadini e per poter
178
garantire i servizi ordinari così come le emergenze in un territorio in
cui la criminalità è elevata. (4-01653)
§ 32. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-0082569
Interrogazione a risposta scritta 4-00825 presentato da RIZZETTO
Walter testo di Mercoledì 12 giugno 2013, seduta n. 32
RIZZETTO e PRODANI.
Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
la legge istitutiva dei Centri di identificazione ed espulsione, varata
durante l'ultimo Governo Berlusconi, allunga a 18 mesi i tempi di
permanenza. Già nel corso della sua visita in Italia, il commissario
per i diritti umani del Consiglio d'Europa, Muiznieks, ha denunciato
queste strutture come «violazione dei diritti umani»; anche l'Unione
europea proprio in questi giorni ha criticato fortemente il nostro
Paese sulle condizioni dei nostri Centri di identificazione ed
espulsione e delle nostre prigioni; il centro situato in Gradisca
d'Isonzo è in fase di ristrutturazione, ergo anche il personale
ospitato è numericamente inferiore rispetto al solito a causa della
ristrettezza dello spazio disponibile;
le difficoltà legate
all'identificazione dei soggetti sono dovute anche ad un
atteggiamento di lasseiz faire da parte di alcune ambasciate dei Paesi
del Maghreb in particolare di quella marocchina, etnia che vede un
numero copioso di ospiti presso il centro di identificazione ed
espulsione, con conseguente allungamento dei tempi di detenzione
e di esborso di risorse da parte dell'amministrazione dell'Interno; vi
sono 13 richieste di rinvio a giudizio nell'inchiesta giudiziaria sugli
appalti al Cie e al Cara che vedono tra gli altri Giuseppe Scozzari
presidente del consiglio di amministrazione e legale rappresentante
della Connecting people, Ettore Orazio Micalizzi vice presidente del
consiglio di amministrazione, Vittorio Isoldi direttore della
Connecting people, il consorzio siciliano che gestisce dal 2008 i due
centri immigrati, i quali devono rispondere di associazione a
delinquere finalizzata alla truffa ai danni dello Stato e a
69http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=2286&stile=7&highLi
ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27
179
inadempienze di pubbliche forniture. La gestione dello stesso Cie è
stata data in appalto ad un'associazione esterna con conseguenti
costi per la pubblica amministrazione –: se sia intenzione di codesto
Governo sottoscrivere un Protocollo d'intesa con il Regno del
Marocco al fine di sviluppare maggiore cooperazione nell'ambito
dell'identificazione degli ospiti dei CIE; se sia intenzione di codesto
Esecutivo valutare con urgenza la possibilità di revocare l'appalto
vinto dall'Associazione Connecting people e di affidare le attività
che ne sono oggetto al personale militare di stanza presso la
Caserma «Ugo Polonio» al fine di evitare qualsiasi intromissione
sino a pronunzia definitiva da parte della Magistratura a tutti i livelli.
(4-00825).
§ 33. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-0184770
Atto Camera Interrogazione a risposta scritta 4-01847 presentato da
NUTI Riccardo testo di Martedì 17 settembre 2013, seduta n. 78
NUTI, DI VITA e MANNINO.
Al Ministro dell'interno, al Ministro dello sviluppo economico, al
Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso
che:
pochi mesi fa è stata inaugurata la «posa della prima pietra» del
progetto «Ciliegino» relativo all'istallazione di pannelli fotovoltaici
nei pressi di Gela, in Sicilia, per costruire quello che dovrebbe
divenire il più grande impianto fotovoltaico d'Europa, alla presenza
del presidente della regione siciliana, Rosario Crocetta, dell'ex
presidente della Commissione bicamerale antimafia, Giuseppe
Lumia, assieme a membri della giunta siciliana e al sindaco di Gela,
Angelo Fasullo; in quell'occasione, oltre a fornire quelle che agli
interroganti appaiono improbabili cifre sulle ricadute occupazionali
che tale progetto dovrebbe comportare, tutti si dichiararono
soddisfatti e compiaciuti per l'inizio dei lavori e assicurarono che si
sarebbe fatto di tutto per contrastare eventuali infiltrazioni mafiose
nel progetto; tuttavia, si apprende da alcuni organi di informazione
70http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=6655&stile
=7&highLight=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRI
TTA%27
180
che nel progetto sarebbero coinvolte società legate a soggetti noti
per i loro legami con la mafia. In particolare, la cooperativa
Agroverde legata a Stefano Italiano e la Mondello S.p.A. legata a
Emanuele Mondello; il primo, dopo essere stato celebrato come
«eroe anti-racket», è stato indagato nel dicembre del 2008 dalla
direzione distrettuale antimafia di Caltanissetta con l'accusa di
riciclaggio e di favoreggiamento di alcune cosche mafiose. Le
indagini si sono fermate nel luglio 2010, quando Italiano è stato
prosciolto con formula piena perché «il fatto non sussiste», ma
successivamente la procura ha impugnato tale atto riaprendo le
indagini; il secondo, invece, è ben più famoso. Già indagato nel
2009 per i subappalti relativi alla ricostruzione delle zone colpite dal
terremoto in Abruzzo, secondo articoli di stampa risulta essere
ancora legato ad alcune famiglie mafiose, precisamente gli
Emanuello e i Rinzivillo, così come alcuni lavoratori dipendenti
della sua società; nel progetto è coinvolto anche lo Stato italiano
per mezzo del Comitato interministeriale per la programmazione
economica, il quale, tramite delibera n. 108 del 29 luglio 2005 in
Gazzetta Ufficiale n. 94 del 22 aprile 2006, ha approvato un cospicuo
finanziamento, ammontante a più di 48 milioni di euro a carico delle
finanze pubbliche –:
se il Governo, alla luce dei fatti esposti in premessa, intenda
procedere ad una sospensione del finanziamento al fine di verificare
eventuali infiltrazioni mafiose nel progetto «Ciliegino»;
in alternativa, se ritenga opportuno revocare il finanziamento, nel
caso in cui non sia possibile chiarire la posizione delle società
coinvolte nel progetto in merito ad eventuali legami con la
criminalità organizzata; quali siano stati i criteri impiegati in seno al
CIPE per autorizzare questo finanziamento.
§ 34. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-0204471
Atto Camera Interrogazione a risposta scritta 4-02044 presentato da
NUTI Riccardo testo di Mercoledì 2 ottobre 2013, seduta n. 89
71http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=7373&stile
=7&highLight=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRI
TTA%27
181
NUTI, D'UVA, DADONE, DI BENEDETTO, DI VITA, LUPO,
MANNINO e SARTI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere –
premesso che:
l'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni
sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata (ANBSC), è una
agenzia autonoma del Governo posta sotto la vigilanza del
Ministero dell'interno, istituita tramite il decreto-legge 4 febbraio
2010, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 marzo 2010,
n. 50; l'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione
dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata svolge
un ruolo delicato e di fondamentale importanza nella gestione dei
beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, in
particolare alla criminalità di stampo mafioso che in alcune aree del
Meridione è particolarmente attiva e dannosa per il Paese intero;
secondo alcuni articoli di stampa datati 1o ottobre 2013, sarebbe
stata decisa la nomina all'interno dell'Agenzia nazionale per
l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati
alla criminalità organizzata di Diego Cammarata, ex sindaco di
Palermo, con effetto a partire dal giorno 3 ottobre 2013, in qualità
di «dipendente pubblico», senza peraltro specificare in quale ruolo;
Cammarata durante il suo mandato a sindaco di Palermo è stato
aspramente contestato da tutte le forze politiche per la pessima
gestione della cosa pubblica che ha portato il comune di Palermo al
dissesto finanziario, ed è stato costretto alle dimissioni anticipate
lasciando ai suoi successori il problema di risanare i conti pubblici;
a marzo del 2013, il giudice dell'udienza preliminare di Palermo
aveva accolto la richiesta di rinvio a giudizio di Cammarata per i
reati ipotizzati di disastro doloso, avvelenamento delle acque,
inquinamento del sottosuolo e traffico illecito di rifiuti, legati alla
gestione illegale della discarica di Bellolampo che sorge alle spalle
della città di Palermo; ad aprile 2013 Cammarata è stato condannato
in primo grado dai giudici della terza sezione del tribunale di
Palermo a 3 anni di reclusione per abuso d'ufficio e falso nel
cosiddetto processo Skipper; inoltre, durante il suo mandato, il
comune di Palermo per anni ha assegnato i beni confiscati alla mafia
ad associazioni a scopo di lucro, e, in particolare, ad un'associazione
il cui direttore generale e stato consulente dell'ex sindaco
Cammarata: questo è un fatto gravissimo se considerato alla luce
della recente nomina, in quanto Cammarata, trovandosi a lavorare
all'interno dell'Agenzia gestirà direttamente il patrimonio mobiliare
182
e immobiliare confiscato alla criminalità organizzata; secondo
quanto stabilito dalla legge istitutiva dell'Agenzia, possono ricoprire
un ruolo negli organi interni di autogoverno solo persone con
specifiche qualifiche – in particolare il direttore deve essere un
prefetto, i membri del consiglio direttivo devono essere magistrati,
esperti in materia di gestioni aziendali e patrimoniali, i membri del
collegio dei revisori devono essere revisori contabili iscritti al
relativo albo – che Diego Cammarata non sembra possedere,
avendo dimostrato, anzi, ad avviso degli interroganti un chiaro e
spiccato spregio della cosa pubblica; infine, in considerazione delle
delicate funzioni che l'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la
destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità
organizzata ha il compito di svolgere, i suoi dipendenti devono
comunque avere particolari qualifiche e, soprattutto, si ritiene che
una delle pre-condizioni fondamentali per svolgere qualsiasi
mansione al suo interno a qualunque titolo sia il non aver
commesso reati –:
se il Ministro, alla luce dei fatti e delle considerazioni espresse in
premessa, intenda verificare la posizione Diego Cammarata
all'interno dell'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la
destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità
organizzata e procedere alla revoca della sua nomina;
quale ruolo ricopra effettivamente all'interno dell'Agenzia;
quali siano stati i criteri utilizzati e le motivazioni addotte per
proporre la nomina di Diego Cammarata all'Agenzia nazionale per
l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati
alla criminalità organizzata.
§ 35. Interrogazione a risposta scritta nr. scritta 4-0168872
Atto Camera Interrogazione a risposta scritta 4-01688, testo
presentato da D'AMBROSIO Giuseppe testo di Venerdì 9 agosto
2013, seduta n. 69.
72http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=6168&stile
=7&highLight=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRI
TTA%27
183
D'AMBROSIO.
Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
il Ministro dell'interno, con proprio decreto del 12 novembre 2012,
disponeva l'istituzione di una commissione, affidandole il mandato
di procedere ad una verifica amministrativa finalizzata ad accertare
la regolarità di alcune procedure di appalto gestite dal dipartimento
della pubblica sicurezza e dal dipartimento dei vigili del fuoco, del
soccorso pubblico e della difesa civile, ed in particolare:
a) le procedure di affidamento gestite dal dipartimento della
pubblica sicurezza comprese nel P.O.N. «Sicurezza per lo sviluppo
del Mezzogiorno», denominato «PON Sicurezza», ed evocate in un
esposto anonimo del 26 luglio 2012;
b) le procedure di affidamento relative a opere e contratti pubblici
segretati o caratterizzati da particolari misure di sicurezza, gestite da
entrambi i dipartimenti sopra menzionati; veniva inoltre affidato
alla commissione il compito di approfondire il tema del ricorso alla
segretazione dei contratti poiché tale istituto consente
all'amministrazione procedente di derogare alle procedure ordinarie
di affidamento degli appalti pubblici; all'interno della relazione di
questa commissione, datata 21 febbraio 2013, si evidenziano
criticità in relazione alle quali già precedentemente la Corte dei
Conti, scrutinando alcune procedure di gara, aveva riscontrato e
segnalato frequenti scelte amministrative non collimanti con i
precetti posti dalla legislazione vigente, individuando, in particolare:
a) il ricorso troppo generalizzato alla segretazione;
b) l'assenza, in molti casi, dei presupposti di fatto che legittimano il
ricorso alla segregazione;
c) la competenza all'adozione del provvedimento;
d) il carattere assolutamente generico della dichiarazione di
segregazione;
e) una non sempre efficace funzione di programmazione dei lavori;
nel rassegnare le osservazioni conclusive circa l'analisi delle
procedure contrattuali verificate, la commissione evidenziava un
sensibile scostamento da alcune fondamentali regole poste a
presidio degli obiettivi di trasparenza e di apertura al mercato, di
reiterate violazioni delle regole che disciplinano le procedure di
scelta del contraente, risultando così compromessi i principi di
libertà di libera concorrenza, parità di trattamento, non
discriminazione e trasparenza; a conferma di quanto più volte
segnalato dalla Corte dei Conti, anche la commissione, pur avendo
184
lavorato su un numero esiguo di procedimenti e per un arco
temporale breve, sostanzialmente è giunta alle stesse conclusioni –:
se si intenda avviare una verifica completa di tutti gli appalti
segretati e quali iniziative si intendano adottare per il futuro, in
modo tale da restituire completa trasparenza alle procedure di gara
utilizzate nell'ambito del dipartimento della pubblica sicurezza e dal
dipartimento dei vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della
difesa civile.
§ 36. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-0159773
Atto Camera Interrogazione a risposta scritta 4-01597 presentato da
NESCI Dalila testo di Martedì 6 agosto 2013, seduta n. 66.
NESCI.
Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
a metà luglio del 2013 il giornalista Alberto Nerazzini ha subito un
anomalo furto da parte di ignoti, nella sua casa sulle colline
bolognesi; l'anomalia del furto è consentito nell'asportazione solo
dei personal computer e di materiali per il montaggio video di interviste
e servizi, mentre altri beni di valore non sono stati prelevati e
analoga attrezzatura video del coinquilino non risulta sottratta
dall'abitazione; l'anomalia di detto furto sembra apparire piuttosto
come una grave forma di intimidazione; già nel 2002 Alberto
Nerazzini aveva subito un anomalo incendio della propria
abitazione a Roma; da anni Nerazzini è noto come giornalista
coraggioso nella denuncia di misfatti del crimine organizzato;
di recente Nerazzini è stato in Calabria, a Locri, a seguire un
delicato processo di ’ndrangheta, effettuando interviste e riprese
anche in aula; negli ultimi giorni di giugno, in prima serata la
televisione pubblica canadese (trasmissione «Enquete») aveva
mandato un'inchiesta sulle ramificazioni della ’ndrangheta in
73http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=5546&stile
=7&highLight=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRI
TTA%27
185
Canada, realizzata da un pool di giornalisti canadesi in collaborazione
con Nerazzini; il suddetto lavoro giornalistico aveva avuto vasto
risalto su giornali nazionali, come il Toronto Star, e sui telegiornali,
suscitando largo scalpore a Toronto; uno degli obiettivi della
suddetta inchiesta era quello di sottolineare il radicamento della
’ndrangheta nella regione di Toronto, sottovalutato dai media e
dagli inquirenti, a differenza del Québec dove il Governo ha
recentemente creato la Commissione d'inchiesta Charbonneau
sull'infiltrazione della mafia italiana negli appalti pubblici; sul
Toronto News, il 28 giugno 2013 si è data a Nerazzini notorietà per la
ricostruzione della carriera di Giuseppe Bruzzese, arrestato nel 2011
per associazione mafiosa, tanto che il sottotitolo del giornale era,
testualmente: «Trial of Thunder Bay's Giuseppe Bruzzese for alleged “Mafia
association” highlights reach of ’Ndrangheta organized crime clan»;
l'insediamento della ’ndrangheta in Canada è documentato da anni
dagli inquirenti locali e, proprio agli inizi di luglio del 2013, sono
tornate in auge le lotte di sangue tra bande malavitose calabresi, con
l'omicidio di Salvatore Calautti, di cui hanno parlato a lungo tutti i
giornali e le televisioni canadesi –:
se il Ministro intenda dare luogo ad attività volte a garantire
l'incolumità del giornalista Nerazzini e la sua possibilità di
continuare a lavorare in una materia così delicata come il
giornalismo d'inchiesta sul crimine organizzato anche
transnazionale; se il Ministro intenda disporre monitoraggi più
efficaci del territorio della provincia bolognese, dove di anno in
anno la ’ndrangheta sta acquisendo spazi sempre più rilevanti
nell'economia e nel controllo del territorio.
186
Capitolo 4
Al Ministero della Giustizia
premesso che …....... per sapere se ……….
§ 1. Breve sommario
In questo capitolo, sono raccolti solo 14 atti di sindacato ispettivo
(interrogazioni a risposta scritta, question time in aula,
interrogazioni a risposta immediata in commissione, etc.), che
pongono domande e quesiti al Ministro degli Esteri. Molti di questi
– alla data di pubblicazione della presente raccolta – non hanno
ancora risposta.
§ 2. Interrogazione a risposta scritta nr. 4/0170774
Atto Camera - Interrogazione a risposta scritta 4-01707, presentato
da BUSINAROLO Francesca, testo di Giovedì 5 stemmbre 2013,
seduta n. 71:
BUSINAROLO.
Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
l'articolo 1 della legge n. 148 del 2011 delega al Governo
l'emanazione di uno o più decreti legislativi per riorganizzare la
distribuzione
sul
territorio
degli
uffici
giudiziari;
in particolare l'articolo 1 del decreto legislativo 155/12 attuativo
della predetta delega, ha disposto la soppressione, tra gli altri, della
Sezione distaccata di Chioggia del tribunale di Venezia a decorrere
dal 13 settembre 2013;
la sede del tribunale di Chioggia non comporta oneri economici per
lo Stato, poiché ubicata in un edificio di proprietà comunale la cui
gestione è già a carico del comune di Chioggia, che intende farsi
74http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=5149&stile
=7&highLight=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRI
TTA%27
187
carico di tutte le spese di gestione e manutenzione, dalla data di
soppressione e per tutto il suo successivo utilizzo;
la sede del tribunale di Venezia non è in grado di accogliere il carico
di lavoro e disporre attualmente di spazi sufficienti e adeguati ad
accogliere tutte le sezioni distaccate soppresse;
è previsto nell'arco di alcuni anni un ulteriore trasloco interno nel
comune di Venezia degli uffici ora sparsi tra centro storico e terra
ferma dovuto al completamento della cittadella della giustizia;
la soppressione dell'ufficio giudiziario di Chioggia comporterà gravi
disagi e spese per i cittadini, gli operatori in genere del diritto,
rendendo più gravosa l'accesso alla giustizia per la popolazione della
seconda città, per grandezza e numero di abitanti, della provincia di
Venezia;
l'unica strada che collega Chioggia a Venezia è la S.S.Romea n. 309,
già intensamente trafficata e una tra le più pericolose in Italia per
incidenti stradali, per cui lo spostamento della sede del Tribunale
comporterebbe un ulteriore aggravamento delle condizioni di
traffico e dei suoi rischi tale da lasciar presumere altre conseguenze
negative per la città;
i tempi di percorrenza da Chioggia a Venezia con i mezzi pubblici
sono oltre due ore, per raggiungere le varie sedi giudiziarie;
da non trascurare i rischi di smarrimento dei corpi di reato e dei
fascicoli a causa del trasloco e della giacenza in locali del tutto
fatiscenti tanto che attualmente risulta all'interrogante che molti
fascicoli sono «archiviati» nei pavimenti dei corridoi del Tribunale di
Rialto a contatto con il pubblico;
la competenza della sede distaccata di Chioggia ricomprende anche i
comuni di Cavarzere e Cona, distanti oltre 70 chilometri dalla sede
centrale di Venezia, con ulteriore allargamento del bacino di utenza
della sede giudiziaria di Chioggia di altri 25.000 abitanti e giungendo
così ad una utenza complessiva di oltre 75.000 cittadini, che nel
periodo estivo diventano, a seguito delle presenze turistiche, oltre
200.000;
a Chioggia sono presenti diversi altri uffici periferici dello stato, tra
cui l'Agenzia delle entrate, l'Agenzia del territorio, la tenenza
terrestre e navale della Guardia di finanza, il commissariato di P.S.
con dirigente un vicequestore, il comando compagnia dei carabinieri
terrestre e navale, con competenza su buona parte della Riviera del
Brenta, gli uffici doganali, la capitaneria di porto, la compagnia dei
vigili del fuoco, con diverse funzioni ed impegni di polizia
188
giudiziaria che verrebbero inevitabilmente spostati sulla sede
centrale con dispendio di risorse e di tempo –:
quali atti intenda adottare il Ministro interrogato al fine di procedere
ad una più attenta e puntuale analisi delle conseguenze negative, in
termini di economicità e funzionamento della macchina giudiziaria,
che la soppressione della sezione distaccata di Chioggia del tribunale
di Venezia comporterebbe, alla luce delle peculiari caratteristiche
legate alla specificità territoriale e alle evidenti criticità di
accorpamento;
se intenda, al fine di prevenire una serie di disservizi a catena, che
pregiudicherebbero irrimediabilmente il diritto alla giustizia di molti
cittadini veneti, in attesa di una riorganizzazione più equa su base
nazionale, prevedere la proroga di cinque anni di cui all'articolo 8
decreto legislativo n. 155 del 2012;
quali iniziative di carattere normativo intenda assumere al fine di
rivedere la normativa vigente prevedendo l'esclusione della sezione
distaccata di Chioggia del tribunale di Venezia dal procedimento di
accorpamento e se non intenda valutare l'opportunità di disporre
una proroga del termine di entrata in vigore del decreto legislativo
n. 155 del 2012, considerando anche il parere unanime in tal senso
espresso dalla Commissione giustizia del Senato. (4-01707)
§ 3. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-0190775
Interrogazione a risposta scritta 4-01907 presentato da DAGA
Federica testo di Venerdì 20 settembre 2013, seduta n. 81
DAGA.
Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
il signor Bardhi Elton, nato a Tirana (Albania) il 22 gennaio 1976,
attualmente detenuto presso il carcere di Durazzo, è stato tratto in
arresto il 7 febbraio 2009 in Albania per l'esecuzione di una
sentenza di condanna definitiva pronunciata dal tribunale di Milano
in data 10 luglio 2001;
75http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=6869&stile=7&highLi
ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27
189
immediatamente lo stesso proponeva incidente di esecuzione
sostenendo di non aver mai ricevuto avviso circa il procedimento a
suo carico e chiedendo la restituzione nel termine per proporre
appello; in data 6 giugno 2013 il tribunale di Milano, quale giudice
dell'esecuzione, dopo oltre quattro anni dall'inizio dell'esecuzione
della pena e due annullamenti con rinvio operati dalla Suprema
Corte, restituiva il Bardhi nel termine per impugnare la sentenza
disponendone l'immediata liberazione; in data 7 giugno 2013 la
procura della Repubblica di Milano revocava l'ordine di esecuzione
della pena trasmettendo la revoca al Ministero della giustizia per le
comunicazioni all'Albania; dopo numerosi solleciti, a fine giugno
2013 il Ministero finalmente trasmetteva l'ordine di scarcerazione,
ma a tutt'oggi l'Albania non ha ancora provveduto alla liberazione
del detenuto sostenendo che la documentazione inviata dalle
autorità italiane non è sufficientemente chiara; nel mese di luglio
2013 il difensore trasmetteva all'avvocato albanese del Bardhi, che a
sua volta inoltrava alle autorità albanesi, copia autentica (con
apostilla ai sensi della convenzione dell'Aia 5 ottobre 1961) del
provvedimento del tribunale di Milano di restituzione nel termine
per impugnare con contestuale ordine di liberazione nonché del
provvedimento di scarcerazione disposto dalla procura della
Repubblica presso il tribunale di Milano, ma tuttavia l'Albania non
ottemperava alla scarcerazione sostenendo che tali documenti
dovevano essere trasmessi dal Ministero della giustizia italiano che
non aveva provveduto in merito; Bardhi Elton, dopo aver atteso in
stato di detenzione quattro anni e mezzo per ottenere il diritto a
proporre appello, avverso una sentenza contumaciale in cui sono
stati negati i più elementari diritti di difesa, è ora detenuto di fatto
illegittimamente da tre mesi e mezzo nonostante un tribunale dello
Stato italiano ne abbia disposto la liberazione il 6 giugno 2013; tutto
ciò perché, a quanto pare, il Ministero della giustizia non ha
trasmesso tutta la documentazione necessaria né si è accertato che il
cittadino albanese (detenuto in Albania esclusivamente per una
condanna inflitta in Italia e successivamente annullata) venisse
effettivamente rimesso in libertà –: se il Ministro sia a conoscenza
dei fatti riportati; se non ritenga opportuno trasmettere tutta la
documentazione necessaria affinché il diritto del detenuto Bardhi a
riacquistare la libertà sia reso effettivo per porre fine nel più breve
tempo possibile a una detenzione che prosegue da oltre 100 giorni
in assenza di alcun titolo esecutivo; se non ritenga opportuno
190
intervenire per sollecitare il ripristino della legalità mettendo in
campo tutte le iniziative necessarie perché il Governo albanese
ottemperi all'ordine di liberazione di un detenuto che invece da
mesi aveva diritto alla libertà. (4-01907)
§ 4. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-0142276
Interrogazione a risposta scritta 4-01422 presentato da
DALL'OSSO Matteo testo di Mercoledì 24 luglio 2013, seduta n. 59
DALL'OSSO, LOREFICE, CECCONI, BARONI, DI VITA,
SILVIA GIORDANO, MANTERO, D'AMBROSIO, DIENI,
COZZOLINO, LOMBARDI, DI BENEDETTO e MANLIO DI
STEFANO.
Al Ministro della giustizia, Al Ministro per la pubblica
amministrazione e la semplificazione, al Ministro per le pari
opportunità, lo sport e le politiche giovanili. — Per sapere –
premesso che:
l'articolo 24 della legge n. 183 del 2010 in materia di trasferimenti
vede spesso difficoltà nell'applicazione e lo stesso accade per quanto
riguarda l'ex articolo 42-bis decreto legislativo n. 151 del 2001, in
materia di distacchi per ricongiungimenti familiari; la mancanza di
tutela dei diritti in favore dei disabili e dei loro congiunti da parte
dell'amministrazione penitenziaria rappresenta un danno non solo
agli utenti ma all'immagine stessa della giustizia e
dell'amministrazione di questo Paese e si trova in aperto contrasto
con le normative vigenti; i soggetti sofferenti da questa situazione, al
fine di vedere tutelati i propri diritti, come da normative vigenti, si
vedono costretti ad adire al giudizio da parte di un soggetto terzo
deputato dalla legge a svolgere tale compito e, nel più delle
occasioni, si vedono vincenti con conseguente indennizzo delle
spese processuali oltreché del compimento dei trasferimenti e/o i
distacchi con notevole esborso da parte della pubblica
amministrazione, ovvero dei cittadini tutti –:
se sia intenzione di codesto Governo verificare quanto prima tale
situazione e come lo stesso esecutivo intenda operare alfine di
76http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=4542&stile=7&highLi
ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27
191
risolvere lo status quo nel minor tempo possibile anche al fine
ulteriore di scongiurare eventuali esborsi da parte delle casse
dell'erario. (4-01422)
§ 5. Interrogazione a risposta immediata in assemblea nr. 30029377
Interrogazione a risposta immediata in Assemblea 3-00293
presentato da DELLA VALLE Ivan testo di Mercoledì 11
settembre 2013, seduta n. 75
DELLA VALLE e CASTELLI.
Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
in data 26 giugno 2013 è stata disposta la perquisizione
dell'appartamento del dottor Pierpaolo Pittavino, consulente tecnico
sin dal giugno 2012 per l'avvocato Claudio Novaro, uno dei
difensori nei processi per i fatti del 3 luglio 2011 e del 27 giugno
2011 accaduti in località Chiomonte (Torino) durante
manifestazioni di protesta del Movimento NoTav. La perquisizione
è stata disposta a seguito di accusa di stalking ai danni di un operaio
del cantiere del cunicolo esplorativo per il progetto della nuova linea
Torino-Lione, tale Adelmo Tessa, persona la cui identità risulta
essere tuttora ignota al dottor Paolo Pittavino; in data 29 luglio
2013 sono state disposte perquisizioni per dodici cittadini italiani
accusati per i reati di cui all'articolo 280, comma 1, n. 3, del codice
penale e agli articoli 10 e 121 della legge n. 497 del 1974 per i fatti
del 10 luglio 2013, sempre in Chiomonte (Torino) e tra i perquisiti
figura la dottoressa Dana Lauriola, parimenti consulente tecnico, sin
dal giugno 2012, di avvocati difensori nel processo per i fatti del 3
luglio 2011 e del 27 giugno 2011; a seguito delle suddette
perquisizioni non sono state rinvenute né «armi micidiali», né
elementi che possano supportare la gravissima accusa di terrorismo,
sono invece stati sequestrati indumenti, zaini, effetti personali,
telefoni cellulari e computer; i computer sequestrati al dottor
Pierpaolo Pittavino e alla dottoressa Dana Lauriola contengono
informazioni riservate e legalmente privilegiate, legate alla loro
77http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=6400&stile=7&highLi
ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+IMMEDIATA+IN+ASSE
MBLEA%27
192
attività professionale di consulenza tecnica nei processi per i fatti
del 3 luglio 2011 e del 27 giugno 2011, svolte dai consulenti sin dal
mese di giugno del 2012; tale processo con 53 imputati si svolge a
Torino nell'aula bunker del carcere delle Vallette ed è entrato da
poche settimane nella fase dell'istruttoria dibattimentale; i dottori
Pittavino e Lauriola, insieme ad ulteriori consulenti, da più di un
anno hanno creato diversi database di informazioni, la replicazione
informatica delle produzioni della procura della Repubblica in tale
processo (ammontanti queste ultime a svariate decine di migliaia di
pagine e migliaia di documenti cartacei, oltre a più di 100 dvd
contenenti centinaia di ore di video della polizia scientifica o digos),
oltre ad avere curato un'imponente raccolta di materiale probatorio
documentale, fotografico e video, da differenti fonti informative,
finalizzata a costituire supporto alle linee difensive di tutti gli
avvocati della difesa dei 53 imputati, costituitisi in un
coordinamento di più di 40 legali dal mese di giugno del 2012; fra
gli strumenti utilizzati dal coordinamento dei legali impegnati nella
difesa nel processo per i fatti del 3 luglio 2011 e del 27 giugno 2011
rientra una mailing list, estesa ai consulenti, inclusi pertanto i dottori
Pittavino e Lauriola, e da questi amministrata. Sulla mailing list in
oggetto, a partire dal mese di giugno 2012, sono transitate, e
transitano, tutte le più importanti comunicazioni che i 40 e più
difensori, anche per ragioni logistiche dettate dal numero e dalle
rispettive localizzazioni geografiche in diverse e numerose regioni
d'Italia, scambiano fra di loro nell'ideazione e gestione delle strategie
difensive relative al processo citato. A titolo esemplificativo della
delicatezza e strategicità dello strumento informatico, sul flusso
della mailing list in oggetto si è discorso di identità di testimoni da
indicare in lista, scelta di video e/o fotografie da produrre,
discussioni circa la selezione di riti alternativi; fra i titolari del più
volte citato processo per i fatti del 3 luglio 2011 e del 27 giugno
2011, nei quali prestano consulenza tecnica a favore della difesa i
medesimi dottori Pittavino e Lauriola, vi sono i pubblici ministeri
Antonio Rinaudo ed Andrea Padalino, ovverosia i medesimi
pubblici ministeri che hanno disposto le suddette perquisizioni a
carico dei dottori Pittavino e Lauriola per diversi fatti avvenuti
nell'anno 2013; cittadini, amministratori locali, membri del
Parlamento italiano e giuristi indipendenti hanno espresso forti
criticità nel merito della validità dei capi di imputazione iscritti a
carico della Dr.ssa Lauriola e di altri come lei, che risulterebbero
193
non contestualizzabili nelle vicende legate all'opposizione alla
realizzazione del cunicolo esplorativo della Maddalena; va
considerata la possibile violazione, a parere degli interroganti:
a) dell'articolo 111 della Costituzione e dell'articolo 6, comma 1,
della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti e delle
libertà, che prevedono che il processo si svolga nel contraddittorio
tra difesa e accusa in condizioni di parità, posto che, se una delle
parti conosce in anticipo le strategie e le tattiche difensive dell'altra
(in questo caso, se così fosse, di ben 53 imputati), ciò integra
svantaggio sostanziale ed irreparabile e come tale in contrasto con il
sistema costituzionale che regola i diritti degli imputati;
b) dell'articolo 103, comma 2, del codice di procedura penale
relativo alle garanzie di libertà del difensore e dei suoi consulenti,
posto che il sequestro presso il consulente è vietato, di modo che la
polizia giudiziaria avrebbe dovuto astenersi dal procedere a
sequestrare e poi copiare materiali e strumenti utilizzati per fornire
la consulenza, appena ricevutane la notizia dai perquisendi;
c) dell'articolo 103, comma 5, del codice di procedura penale
qualora la procura della Repubblica di Torino fosse entrata in
possesso, in tutto o in parte, del flusso informativo costituito sulla
mailing list di cui si è detto, giacché in tale modo essa avrebbe avuto
accesso a comunicazioni riservate tra difensori, nonché a
comunicazioni riservate tra difensori e loro consulenti, protette a
norma del comma 5. In tale evenienza, fermo quanto sopra in
merito all'ipotesi di violazione dell'articolo 111 della Costituzione, ci
si troverebbe, di fatto, in presenza di intercettazioni di
comunicazioni ex articolo 266 e 266-bis del codice di procedura
penale, del tutto vietate se a carico di difensori e consulenti;
d) dell'articolo 256 del codice di procedura penale in merito alla
procedura prevista, e alle relative garanzie, quando si debba reperire
documentazione detenuta per ragioni di ufficio e si formuli
opposizione del segreto professionale da parte dei consulenti, i quali
sono equiparati, secondo la previsione dell'articolo 200 del codice di
procedura penale, ai difensori, e cioè a soggetti che non possono
essere obbligati a deporre sui fatti conosciuti per la loro professione.
Secondo tale disciplina i pubblici ministeri non possono procedere
al sequestro nei confronti dei consulenti di quei documenti detenuti
per ragioni del loro ufficio, se non a fronte dell'infondatezza della
dichiarazione fatta dal consulente circa le ragioni della detenzione
dei medesimi documenti. Nel caso di specie risulta, invece, dai
194
verbali di perquisizione che la dottoressa Lauriola abbia
prontamente esibito le nomine a consulente da parte delle difese,
circostanza peraltro già ampiamente nota ai pubblici ministeri
procedenti, ed indicato che i supporti informatici su cui si stava
operando il sequestro contenevano materiale elaborato su incarico
dei difensori che la avevano nominata. Analogamente ha dichiarato
il dottor Pittavino, come appare dal verbale di perquisizione –:
se il Ministro interrogato, nell'ambito delle sue competenze, intenda
verificare gli elementi esposti in premessa, adottando, qualora una
delle ipotesi qui svolte si rilevasse fondata, le iniziative disciplinari
che gli competono, oltre ad ogni più opportuna iniziativa a termine
di legge che si rivelasse necessaria. (3-00293)
§ 6. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-0083878
Interrogazione a risposta scritta 4-00838 presentato da DIENI
Federica testo di Mercoledì 12 giugno 2013, seduta n. 32.
DIENI, NESCI, PARENTELA, GALLINELLA, L'ABBATE,
GAGNARLI, BARBANTI, DADONE, COZZOLINO, SIMONE
VALENTE, BATTELLI e TONINELLI.
Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
la recente cronaca della città di Reggio Calabria ha messo in luce
minacce e irruzioni ai danni della procura; nel mese di marzo 2013 il
pubblico ministero Giuseppe Lombardo, che a Reggio Calabria sta
cercando di sventrare il sistema criminale calabrese conducendo
inchieste scomode, è stato destinatario dell'ennesima minaccia,
avendo ricevuto una missiva accompagnata da cinquanta grammi di
polvere da sparo con allegato il seguente messaggio: «Fermati.
Perché se non ti fermi da solo lo facciamo noi con altri 200 chili»; il
20 marzo 2013 dentro il palazzo della procura è pervenuta una
busta con proiettile destinata al sostituto procuratore Francesco
Mollace e al pubblico ministero dell'antimafia Antonio de Bernardo;
a pochi giorni dalla nomina a Reggio Calabria del nuovo
procuratore della Repubblica Federico Cafiero De Raho, c’è stata
un'irruzione da parte di ignoti negli uffici della direzione distrettuale
78http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=2299&stile=7&highLi
ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27
195
antimafia siti al quinto piano del palazzo del Cedir, sede della stanza
riservata in cui sono custoditi l'archivio dell'ex procuratore capo
Giuseppe Pignatone e fascicoli archiviati di intercettazioni
preventive su personaggi politici e magistrati, fascicoli di inchieste
importanti; negli ultimi anni lo strumento delle intercettazioni
preventive è stato utilizzato per ascoltare avvocati, commercialisti,
politici, giornalisti e la maggior parte dei magistrati reggini, tanto
che nel novembre 2011 la camera penale G. Sardiello di Reggio
Calabria ha organizzato un'assemblea degli avvocati penalisti
precisando in una nota che «le conversazioni tra avvocato e assistito
vengono intercettate nonostante l'esistenza di un chiaro divieto
normativo»; è di questi giorni, infine, la notizia della scomparsa del
collaboratore di giustizia Antonino Lo Giudice che, prima di far
perdere le sue tracce, ha inviato un memoriale e un video attraverso
cui ha descritto la procura di Reggio come caratterizzata da molte
ombre e ha spiegato di essere stato indotto a rendere dichiarazioni
false per accontentare quei magistrati che gli chiedevano sempre
nuove «verità» che inventava per accontentarli –:
di quali informazioni si disponga in merito ai fatti riportati in
premessa e quali iniziative di competenza il Governo intenda
adottare;
se dispongano di informazioni in merito all'irruzione da parte di
ignoti negli uffici della direzione distrettuale antimafia del Cedir
avvenuta pochi giorni prima dell'arrivo a Reggio Calabria del nuovo
procuratore capo Federico Cafiero De Raho;
se non intenda disporre iniziative ispettive presso la procura di
Reggio Calabria alla luce dei fatti descritti in premessa. (4-00838)
§ 7. Interrogazione a risposta immediata in assemblea nr.
3/0022879
Testo presentato, in data Mercoledì 24 luglio 2013, seduta n. 59, da:
FERRARESI, AGOSTINELLI, BONAFEDE, BUSINAROLO,
COLLETTI, MICILLO, SARTI, PETRAROLI e TURCO.
Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
79http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=4339&stile=7&highLi
ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+IMMEDIATA+IN+ASSE
MBLEA%27
196
nella notte tra il 13 e il 14 giugno 2008, Giuseppe Uva e Alberto
Biggiogero venivano condotti nella caserma dei carabinieri di
Varese, senza alcuna formale attività di polizia e nessun verbale
d'arresto, da un'autovettura dei carabinieri sopraggiunta in seguito
alla chiamata da parte di alcuni cittadini in merito al disturbo che
Uva e Biggiogero stavano arrecando loro per lo spostamento di
alcune transenne a seguito dei festeggiamenti per la vittoria
dell'Italia;
in data 14 giugno 2008, successivamente all'intervento dei
carabinieri e al ricovero in regime di trattamento sanitario
obbligatorio, decedeva a soli 43 anni presso il reparto di psichiatria
dell'ospedale di circolo di Varese Giuseppe Uva;
la procura della Repubblica di Varese iscriveva nel registro
delle notizie di reato i medici che avevano preso in cura Giuseppe
Uva prima del decesso, dottor Fraticelli e dottor Catenazzi, e ne
chiedeva successivamente il rinvio a giudizio per il reato di cui
all'articolo 589 del codice penale, omicidio colposo, per errata
somministrazione di psicofarmaci;
a seguito della celebrazione dell'udienza preliminare di cui al
suddetto procedimento, su indicazione del giudice, la procura della
Repubblica di Varese iscriveva pure, per il medesimo reato, altro
medico che era intervenuto nella cura di Giuseppe Uva, dottoressa
Finazzi;
circa il primo procedimento menzionato, il giudice per l'udienza
preliminare pronunciava sentenza ex articolo 425 del codice
di procedura penale, poi annullata dalla Corte di cassazione, nei
confronti del dottor Catenazzi e rinviava a giudizio il dottor
Fraticelli;
il dottor Fraticelli veniva processato dal tribunale di Varese, che, in
data 23 aprile 2012, nella persona del giudice, dottor Orazio
Muscato, pronunciava la sentenza n. 498 del 2012, con la quale
assolveva il dottor Fraticelli con la formula «perché il fatto non
sussiste» e ordinava «la trasmissione degli atti al pubblico ministero
in sede con riferimento agli accadimenti occorsi tra l'intervento dei
carabinieri e l'ingresso di Giuseppe Uva al pronto soccorso
dell'ospedale di Varese», con ciò escludendo che la causa della
morte di Giuseppe Uva potesse ravvisarsi nelle condotte dei medici
che lo avevano preso in cura dopo il suo ingresso in ospedale e
ritenendo che si dovessero, invece, vagliare le condotte di tutti i
197
soggetti che erano intervenuti dopo il suo arresto e fino al suo
ingresso in ospedale;
già dal settembre 2009, la procura della Repubblica di Varese aveva
aperto un ulteriore fascicolo rubricato al n. 5509/2009, che
dovrebbe avere ad oggetto le circostanze che hanno condotto alla
morte di Giuseppe Uva, con particolare riferimento a quanto
occorso prima del suo ingresso in ospedale;
secondo il tribunale di Varese: «Va rimarcato con chiarezza come
costituisca un legittimo diritto dei congiunti di Uva Giuseppe –
innanzitutto sul piano dei più elementari sentimenti propri della
specie umana – conoscere, dopo quasi quattro anni, se negli
accadimenti intervenuti antecedentemente all'ingresso del loro
congiunto in ospedale siano ravvisabili profili di reato; e ciò tenuto
conto che permangono ad oggi ignote le ragioni per le quali Uva
Giuseppe – nei cui confronti non risulta essere stato redatto un
verbale di arresto o di fermo, mentre sarebbe stata operata una
semplice denuncia per la contravvenzione di cui all'articolo 659 del
codice penale – è stato prelevato e portato in caserma, così come
tuttora sconosciuti rimangono gli accadimenti intervenuti all'interno
della stazione dei carabinieri di Varese (certamente concitati, se è
vero che sul posto confluirono anche alcune volanti della polizia) ed
al cui esito Uva – che mai in precedenza aveva manifestato
problemi di natura psichiatrica – verrà ritenuto necessitare di un
intervento particolarmente invasivo quale il trattamento sanitario
obbligatorio»;
nel suddetto procedimento non è stato mai ascoltato dal pubblico
ministero titolare dell'indagine, dottor Agostino Abate, Alberto
Biggiogero, condotto in caserma insieme a Giuseppe Uva, il quale
ha, fin dal giorno successivo alla morte di Giuseppe, formalmente
denunciato di aver sentito le sue grida atroci provenire dalla stanza
dove era stato rinchiuso, tanto da chiamare dalla stessa caserma il
118 per chiedere un intervento, successivamente negato, per ordine
proveniente dalla stessa caserma dei carabinieri;
senz'altro, a tutt'oggi, i congiunti di Giuseppe Uva non hanno
ricevuto alcun avviso di richiesta di archiviazione del pubblico
ministero dottor Abate che consenta di sottoporre ad un giudice per
le indagini preliminari, come da disposizioni di codice, la fondatezza
di una sua richiesta di archiviazione per le notizie di reato in ordine
al trattenimento in caserma;
198
per converso, nell'ambito del fascicolo 5509/09, a fine marzo 2013,
il dottor Abate ha comunicato la conclusione delle sue indagini per
reati di diffamazione a carico di Lucia Uva, nonché di responsabili
della trasmissione televisiva «Le Iene»;
la nipote di Giuseppe Uva, Angela De Milato, ha successivamente
sporto una denuncia innanzi alla procura di Brescia nei confronti
del dottor Abate per le condotte tenute in relazione al fascicolo
5509/09, denunciando un'illecita «cestinazione» delle notizie di
reato inerenti quanto occorso in caserma, senza la dovuta
sottoposizione al giudice per le indagini preliminari degli esiti delle
indagini compiute sul punto dalla procura, così di fatto integrando
condotte di abuso d'ufficio e favoreggiamento nei confronti dei
soggetti che potenzialmente potrebbero essere sottoposti ad
indagini; in data 16 giugno 2014, interverrà la prescrizione dei reati,
inerenti la fase di trattenimento di Giuseppe Uva prima dell'ingresso
in pronto soccorso, ipotizzati nella denuncia delle sorelle di
Giuseppe Uva: arresto illegale ex articolo 606 del codice
penale, omicidio colposo, lesioni personali aggravate dalla qualifica
di pubblico ufficiale, violenza privata; la procura generale della
Repubblica presso la corte d'appello di Milano ha respinto l'istanza
di avocazione presentata dall'avvocato Fabio Anselmo nell'interesse
delle signore Angela De Milito, Lucia Uva, Carmela Uva e Maria
Altomare Uva nell'ambito del procedimento penale n. 5509/2009, a
fronte dell'iscrizione nel registro degli indagati della signora Lucia
Uva e dei responsabili della trasmissione «Le Iene»; la morte di
Giuseppe Uva resta tuttora senza colpevoli, in quanto il giudice per
l'udienza preliminare di Varese, Giuseppe Fazio, il 16 aprile 2013 ha
prosciolto il dottor Matteo Catenazzi e assolto la dottoressa Enrica
Finazzi dall'accusa di omicidio colposo; il giudice per le indagini
preliminari Giuseppe Battarino, in data 20 luglio 2013, non ha
accolto la richiesta di archiviazione depositata dal pubblico
ministero Abate in data 29 giugno 2013, rilevando altresì all'interno
del decreto che:
a) la richiesta del pubblico ministero risulta ricca di rilievi
pesantemente critici dell'operato del giudice nella sentenza 498 del
23 aprile 2012, ma non è assistita «dal supporto di indagini diverse e
successive rispetto a quelle compiute nel procedimento che ha dato
luogo all'assoluzione citata e alla trasmissione di notizia di reato alla
procura della Repubblica di Varese»;
199
b) «l'iscrizione delle persone asseritamente presenti all'interno della
caserma dei carabinieri, per le quali ora si chiede l'archiviazione, è
avvenuta solo il 7 maggio 2013», ovvero dopo 5 anni dalla morte di
Giuseppe Uva, e ricorda che «l'iscrizione degli indagati nel registro
delle notizie di reato è dovere ineludibile e immediato imposto
dall'articolo 335 del codice di procedura penale»;
c) «la stessa qualificazione giuridica dei fatti, risultante dall'iscrizione
delle persone asseritamente presenti all'interno della caserma dei
carabinieri come indagati per mere lesioni personali semplici,
contraddice gli esiti argomentativi della sentenza n. 498/2012»
(dove si assolve il medico Fraticelli, sentenza confermata anche
dalla sentenza della corte d'appello) e risulta, quindi, «apodittica, a
fronte di un evento – la morte di Giuseppe Uva – da ritenersi allo
stato privo di spiegazione giudizialmente accertata» –:
se non reputi necessario assumere iniziative ispettive presso la
procura di Varese ai fini dell'esercizio di tutti i poteri di competenza,
ivi compresa la promozione dell'azione disciplinare. (3-00228)
§ 8. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-0188580
Testo presentato, in data Giovedì 19 settembre 2013, seduta n. 80,
da: GAGNARLI e BALDASSARRE.
Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
il decreto legislativo n. 155 del 2012 (articolo 11) recante
disposizioni attuative sulla soppressione dei tribunali e
riorganizzazione della distribuzione sul territorio degli uffici
giudiziari a causa di misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria,
ha previsto la soppressione di 31 sedi di Fori e delle relative procure
della Repubblica, la soppressione di 220 sezioni distaccate, ed è
entrato in vigore il 13 settembre 2013;
tra le misure contenute nel decreto legislativo n. 155 del 2012,
l'articolo 1, alla tabella A allegata, prevede la soppressione del
tribunale
di
Montepulciano,
che
è
già
avvenuta;
gli avvocati dell'ordine di Montepulciano si sono fatti promotori di
una proposta di legge di iniziativa popolare tesa a bloccare l’iter del
80http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=6781&stile=7&highLi
ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27
200
provvedimento, in quanto persuasi che «non si raggiungerebbe né
l'obiettivo della riduzione dei tempi di giustizia né quello del
risparmio. Anzi, su entrambi i fronti, si registrerebbe un
peggioramento rispetto alla situazione attuale»; l'ordine sta anche
lavorando ad un esposto alla Corte dei Conti e ad un ricorso a
Strasburgo;
il sindaco di Montepulciano ha recentemente dichiarato: «sappiamo
che il trasferimento a Siena del Tribunale di Montepulciano avrà un
costo, a regime, di circa 800.000 euro all'anno contro i circa 200.000
che aveva nel nostro Comune: dunque un incremento iperbolico
della spesa che graverà sul bilancio pubblico e quindi sui cittadini.
Quanto al funzionamento della macchina giudiziaria, basti ricordare
che a Montepulciano mai nessun procedimento penale è finito in
prescrizione per scadenza dei termini»;
da ricerche effettuate dall'interrogante sono emersi una serie di dati,
in accordo con le dichiarazioni dell'ordine degli avvocati e del
sindaco di Montepulciano, che dimostrerebbero la consistente
riduzione del servizio reso ai cittadini e l'aggravio dei costi che
comporterebbe la chiusura del tribunale e della procura di
Montepulciano, ed il loro conseguente accorpamento presso il foro
di Siena in viale Franci;
in particolare, il tribunale e la procura di Montepulciano,
asservivano un circondario di 14 comuni (Chianciano, Pienza,
Torrita di Siena, Sinalunga, Sarteano, San Casciano, Piancastagnaio,
Abbadia San Salvatore, San Quirico, Radicofani, Castiglion d'Orcia,
Chiusi, Cetona e lo stesso Montepulciano), su un territorio di circa
1.200 chilometri quadrati; pertanto i cittadini residenti in questi
comuni ed i pubblici dipendenti, saranno costretti a percorrere
distanze da 2 a 7 volte maggiori di quelle che percorrevano per
raggiungere gli uffici giudiziari di Montepulciano;
analogamente ai cittadini, anche i testimoni indotti dal pubblico
ministero o ammessi direttamente dai giudici, dovranno percorrere
maggiori distanze per raggiungere gli uffici giudiziari di Siena,
comportando un aumento dei costi di indennità;
il palazzo di giustizia di Montepulciano, posto in un fabbricato
ristrutturato di recente, si è sempre mostrato perfettamente idoneo
a fronteggiare le esigenze del bacino di utenza ed, inoltre, è una
struttura i cui costi sono già stati ammortizzati, mentre il tribunale
accorpante, che già a fatica smaltisce l'attuale carico, avrà un
aumento del bacino di utenza di oltre il doppio, con ovvia ed
201
intuibile paralisi delle attività, situazione ancor più grave se si
considera che il tribunale di Siena dovrebbe ricevere anche la
sezione distaccata di Poggibonsi;
l'aumento dell'utenza nel tribunale di Siena, che diventa la
circoscrizione più estesa della Toscana, a giudizio dell'interrogante,
implicherebbe la necessità di apportare modifiche delle strutture
lavorative, anche nell'ottica dell'adeguamento agli obblighi previsti
dal decreto legislativo n. 81 del 2008 (sicurezza sui luoghi di lavoro);
ciò comporterebbe un ulteriore aggravio di spese o, addirittura, la
necessità di locare dei nuovi immobili, opzione che appare in
contrasto con il divieto di concludere nuove locazioni passive da
parte delle amministrazioni pubbliche, sancita dall'articolo 3 del
decreto-legge n. 95 del 6 luglio 2012, convertito dalla legge n. 135
del 7 agosto 2012;
il presidente ordinario del tribunale di Siena, come risulta da recenti
lettere (del 27 agosto 2013 e del 2 settembre 2013) indirizzate al
Ministero della giustizia, in cui si fa riferimento al decreto
ministeriale 9 agosto 2013, in applicazione dell'articolo 8 del decreto
legislativo n. 155 del 2012, chiede ed ottiene la proroga dell'utilizzo
dei soppressi locali del tribunale di Montepulciano, non avendo il
comune di Siena provveduto alla messa a disposizione dei locali
necessari al recepimento di personale e materiali provenienti dalle
sedi di Montepulciano e Poggibonsi;
la commissione istituita dalla legge valuterà gli effetti della riforma
della geografia giudiziaria sui singoli casi in un anno di tempo e
potrà anche decidere, in presenza di condizioni particolari, di
rivedere la decisione di chiusura –:
come intenda il Ministro interrogato far fronte all'attuale inidoneità
strutturale e funzionale del tribunale centrale di Siena ad ospitare
l'enorme contenzioso, civile e penale, rinveniente dalle soppresse
sedi di Montepulciano e Poggibonsi;
dove il Ministro interrogato ritenga di poter reperire le risorse
economiche per fronteggiare le maggiori spese per l'affitto dei nuovi
locali necessari e/o per l'adeguamento/ampliamento dell'attuale
stabile del tribunale centrale di Siena;
se gli uffici giudiziari di Montepulciano possano essere utilizzati in
regime di prorogatio nel limite massimo dei cinque anni così come
previsto dal decreto e come concesso per alcuni fori in Italia
interessati dalla riforma della geografia giudiziaria. (4-01885)
202
§ 9. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-01566 81
Testo presentato, in data Venerdì 2 agosto 2013, seduta n. 64, da:
GIORDANO, DALL'OSSO, BARONI, CECCONI, DIVITA,
GRILLO, LOREFICE e MANTERO.
Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
una bimba di due mesi, da circa un mese, alla data di presentazione
della presente interrogazione parlamentare, è rinchiusa nel carcere
della Dozza, a Bologna. La sua mamma è una giovanissima donna
di 19 anni che non può ottenere i domiciliari perché «ha precedenti
importanti» così la piccola bimba è costretta a vivere dietro le
sbarre; sarebbe necessario mettere in atto tutte le iniziative per
evitare che bambini come nel caso della piccola, siano costretti a
trascorrere tempo in cella insieme alla madre;
in questi casi, dal carcere si sollecita l'autorità giudiziaria competente
affinché la madre possa essere trasferita assieme al figlio in una
struttura alternativa richiesta che risulta all'interrogante essere stata
presentata dal carcere della Dozza; nel caso della bimba «detenuta»
nel carcere della Dozza di Bologna da una parte sembra non
possibile procedere a misure alternative alla custodia in carcere per i
precedenti della giovane madre e dall'altra la ragazza ha la famiglia
fuori dall'Italia e non ha parenti ai quali affidare temporaneamente
la bambina; in questi casi sarebbe necessario poter offrire una casa
famiglia o una struttura alternativa almeno nel primo anno di vita
dei bambini interessati; la Convenzione di Istanbul recentemente
ratificata dall'Italia prevede che i Paesi aderenti sviluppino azioni per
la salvaguardia dei minori con madri in carcere;
la legge 21 aprile 2011, n 62, istituisce gli ICAM (istituti a custodia
attenuata per madri) proprio per rendere la detenzione meno dura
per i bambini, ma gli ICAM presenti sul territorio nazionale sono
solo due, quello di Milano e quello di Venezia;
la questione dei bambini «detenuti» sta diventando sempre più
attuale e le cronache dei giornali spesso riportano casi simili a quello
citato in questa premessa relativo a Bologna –: se sia a conoscenza
del caso citato in premessa;
81http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=5374&stile=7&highLi
ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27
203
quali azioni intenda intraprendere o abbia già avviato per affrontare
la questione dei bambini detenuti; se non ritenga necessario
procedere alla istituzione di strutture alternative, del resto già
previste dalla legge 21 aprile 2011, n 62, al carcere per detenute che
hanno bambini, in particolare di età inferiore ai tre anni, senza che
questo pregiudichi la effettiva applicazione della pena ma
contestualmente prevedendo il rispetto dei diritti del bambino
anche tenendo conto degli impegni presi dall'Italia ratificando
trattati e convenzioni internazionali. (4-01566)
§ 10. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-0063582
Testo presentato, in data Mercoledì 29 maggio 2013, seduta n. 25,
da:
LIUZZI, SCAGLIUSI, DE LORENZIS, VIGNAROLI,
BIANCHI, COLLETTI, BUSINAROLO, AGOSTINELLI e
BONAFEDE.
Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
le misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo
(ex decreto legislativo del 13 agosto 2011 n. 138 convertito, con
modificazioni, legge n. 148 del 14 settembre 2011) prevedono la
riorganizzazione della distribuzione di una pluralità di Uffici
Giudiziari su tutto il territorio nazionale;
il Governo – come appreso dalla Gazzetta Ufficiale n. 216 del 16
settembre 2011 ha il compito di «ridefinire, anche mediante
attribuzione di porzioni di territori a circondari limitrofi, l'assetto
territoriale degli uffici giudiziari secondo criteri oggettivi e
omogenei che tengano conto dell'estensione del territorio, del
numero degli abitanti, dei carichi di lavoro e dell'indice delle
sopravvenienze, della specificità territoriale del bacino di utenza,
anche con riguardo alla situazione infrastrutturale, e del tasso
d'impatto della criminalità organizzata, nonché della necessità di
razionalizzare il servizio giustizia nelle grandi aree metropolitane»;
i successivi decreti legislativi n. 155 del 2012 e n. 156 del 2012
recanti le disposizioni attuative sull'accorpamento dei tribunali
82http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=2096&stile=7&highLi
ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27
204
prevedono la soppressione di trentuno sedi di fori e delle relative
procure della Repubblica quali Acqui Terme, Alba, Ariano Irpino,
Avezzano, Bassano del Grappa, Camerino, Casale Monferrato,
Chiavari, Crema, Lanciano, Lucera, Melfi, Mistretta, Modica,
Mondovì, Montepulciano, Nicosia, Orvieto, Pinerolo, Rossano, Sala
Consilina, Saluzzo, Sanremo, Sant'Angelo dei Lombardi, Sulmona,
Tolmezzo, Tortona, Urbino, Vasto, Vigevano e Voghera
l'istituzione del nuovo Tribunale di Napoli Nord (nuova
denominazione del Tribunale di Giugliano in Campania, già
previsto e non attuato), la soppressione di duecentoventi sezioni
distaccate di Tribunale;
la soppressione di seicentosessantasette sedi di giudice di pace; per
le sedi di Tribunale delle sezioni distaccate di tribunale, l'entrata in
vigore è fissata per il 13 settembre 2013 (articolo 11 decreto
legislativo n. 155 del 2012);
per le sedi dei giudici di pace, l'articolo 3 del decreto legislativo n.
156 del 2012 prevede la facoltà, per gli enti locali interessati, di
chiedere il mantenimento degli uffici, anche con accorpamenti,
«facendosi integralmente carico delle spese di funzionamento e di
erogazione del servizio giustizia nelle relative sedi, ivi incluso il
fabbisogno di personale amministrativo che sarà messo a
disposizione dagli enti medesimi»;
nella regione Basilicata – che si estende per 10.000 chilometri
quadrati con 577.562 abitanti (Istat 2012) – attualmente esistono
quattro tribunali di cui due provinciali, Potenza e Matera, e due subprovinciali, Melfi e Lagonegro, a presidio dell'area Nord e Sud della
Basilicata;
grazie alla collocazione strategica i quattro tribunali hanno permesso
sino ad oggi di svolgere un'efficace azione di contrasto alla
criminalità organizzata calabrese (tribunale di Lagonegro situato a
sud della regione) e campana (tribunale di Melfi a nord della
Basilicata) impedendo con il loro esercizio di saldare un'asse
criminale tra ’ndrangheta-camorra-sacra corona unita;
la relazione ministeriale di Luigi Birritteri, capo dipartimento
organizzazione giudiziaria, sviluppata nell'arco di 10 mesi e poi
depositata a maggio 2012 ha evidenziato la necessità di mantenere
tre tribunali sui quattro presenti in Basilicata, chiarendo che, pur
non essendo espressamente vietata la modifica degli attuali ambiti
distrettuali, per convenzione interpretativa si è scelto di non
205
modificare i confini delle corti di appello prima dell'individuazione
del tribunale da eliminare sul territorio;
il 25 gennaio 2012 nel discorso durante l'audizione alla Camera della
Commissione giustizia, Luigi Birritteri relazionava affermando che
«il plafond astratto dei tribunali sopprimibili, che è pari a 57
tribunali su 165, scende a 46-47 in base a quella che è stata
efficacemente definita la ”regola del tre”; vi sono, cioè, tribunali
non provinciali, quindi astrattamente sopprimibili, che, però,
diventano insopprimibili: non si sa quali siano, ma si sa che in ogni
corte d'appello bisogna mantenere almeno tre tribunali. Pertanto, si
adotta una norma di favore rispetto alle corti d'appello di
dimensioni più piccole. E il caso della Basilicata o del Molise,
diverso da quello del Piemonte, dove ci sono 17 tribunali
astrattamente tutti sopprimibili, o di alcune sedi di corte d'appello,
come Messina, dove ci sono 4 tribunali, di cui 3 molto piccoli, ma
dove se ne potrà sopprimere solo uno. Non sappiamo quale sarà
soppresso (Barcellona, Patti o Mistretta), ma 2 su 3, per obbligo di
legge, dovranno necessariamente salvarsi”»;
la legge delega 14 settembre n. 148 del 2011 suggerisce il
mantenimento di tutti e quattro tribunali lucani, necessari per la
situazione oro-geografica nella quale sono collocati, per grave
carenza di infrastrutture (stradali e ferroviarie) idonee ad assicurare
spostamenti in tempi ragionevoli tra le varie zone della Basilicata;
il tribunale di Melfi, secondo i dati trimestrali (anno 2012) di cui il
Ministero della giustizia è in possesso, risultava intangibile per
garantire il funzionamento di almeno tre tribunali per corte
d'appello presenti sul territorio lucano. Inoltre Melfi, vanta un
maggior numero di organico contando 10 magistrati in tribunale e 4
in procura rispetto a quello di Lagonegro che conta 8 magistrati in
tribunale e 3 in procura;
i decreti legislativi prima citati (155 del 2012 e 156 del 2012)
prevedono la soppressione del tribunale di Melfi, salvaguardando il
tribunale di Lagonegro (previo accorpamento, a quest'ultimo, del
tribunale di Sala Consilina);
secondo la relazione di Luigi Birritteri, che analizza i criteri adottati
dal decreto legislativo, è stata violata la convenzione interpretativa
che impone di non modificare gli ambiti territoriali dei distretti della
corte di appello; e la logica di accorpare il tribunale più grande (Sala
Consilina) a quello più piccolo (Lagonegro);
206
l'accorpamento del tribunale di Sala Consilina (appartenente alla
Campania) al tribunale di Lagonegro (Basilicata), distanti fra loro
solo 30 chilometri, produrrebbe ulteriori costi attribuibili alla
necessità dell'utilizzo di un'altra struttura che a sua volta costerebbe
di lavori di manutenzione;
il tribunale di Melfi è già di proprietà di Stato e sotto gestione del
Ministero della giustizia il cui costo è di soli circa 450.000 euro
l'anno e non richiede lavori di intervento e di adeguamento e
manutenzione;
dai dati statistici elaborati dal Ministero della giustizia a seguito delle
relazioni trimestrali del presidente del tribunale, Melfi è risultato il
terzo tribunale della Basilicata e si trova in un'area strategica a forte
presenza industrializzata. Infatti nella zona è presente il complesso
SATA-FIAT – tra i più grandi d'Europa – e un indotto di piccole e
medie imprese, dove è prossima la costituzione del CAFI (Centro di
alta formazione ingegneristica) FIAT per ingegneri e tecnici di
eccellenza; gli stessi dati presentano altresì un notevole contenzioso
dovuto alla presenza del termodistruttore Fenice – EDF Spa
avvalorandone di fatto un intensa attività giudiziaria;
il tribunale di Melfi ha svolto e svolge un ruolo fondamentale per
contrastare la criminalità organizzata. La città di Melfi, infatti
possiede un carcere di terzo livello. Non ci sono detenuti legati al
regime 41-bis, anche se – come appreso dalla stampa – Savinuccio
Parisi (boss barese) è stato trasferito proprio a Melfi. La chiusura del
tribunale di Melfi, e il suo accorpamento presso il tribunale di
Potenza comporterebbe lo spostamento dei detenuti che
dovrebbero essere scortati a Potenza in caso di udienza o
interrogatorio, con un probabile aumento di costi, tra magistrati,
avvocati e polizia penitenziaria di scorta;
Melfi dista da Potenza circa 60 chilometri e non dispone di mezzi di
trasporto (alternativi ai trasporti su gomma) tali da rendere più
agevole la connessione. La S.S. 658 Melfi-Potenza risulta essere il
percorso con il più alto tasso di mortalità per incidenti stradali. Per
questa ragione il Cipe ha deliberato un piano nel 2011 per interventi
in messa di sicurezza della SS658 di 200 milioni di euro di cui
finanziamenti disponibili 45,1, di cui Fondi Fas 35,1. L'arteria si
presenta infatti a una sola carreggiata e, rappresentando l'unica
strada che collega l'intera regione allo stabilimento Fiat di Melfi,
risulta essere totalmente inadeguata all'elevato volume di traffico
pesante e pendolare circolante su di essa. Il termine dei lavori è
207
previsto non prima di sei anni. Attualmente non esistono modalità
alternative alla SS658 per raggiungere da Melfi la città di Potenza, se
non attraverso piccole strade provinciali e comunali che allungano
notevolmente il tragitto di percorrenza di circa un'ora e mezza; a
Palazzo San Gervasio, esiste un Centro di identificazione e
espulsione (CIE) di immigrati che ha come riferimento giudiziario
nel tribunale di Melfi;
secondo una relazione tecnica il tribunale di Potenza non è stato
reso idoneo ad ospitare il tribunale di Melfi (Relazione ingegner
Totaro 31 ottobre 2012 richiesta dal Presidente del tribunale e dal
presidente della Corte d'Appello di Potenza e dal presidente del
tribunale di Melfi e relazione ingegner Lisi protocollo 10967/2013
del 6 febbraio 2013 depositata presso l'ufficio del sindaco di
Potenza, ingegner Vito Santarsiero) poiché lo stesso palazzo di
giustizia potentino richiederebbe un adeguamento dei suoi uffici,
per lavori stimati intorno ai quattro milioni di euro e con un tempo
minimo tre anni per il completamento delle opere atte
all'assorbimento di tutto il personale di Melfi e del suo archivio
cartaceo; la stessa struttura attuale del tribunale di Potenza non
risponde ai criteri del disegno di legge 81 del 2008 sulla sicurezza e
sulla salute nei luoghi di lavoro;
i pareri richiesti ed inviati tra gli altri al Presidente del Consiglio pro
tempore Monti, al Ministro della giustizia pro tempore Severino, ai
presidenti e componenti delle Commissioni giustizia della Camera e
del Senato, dal Prof. Verde (ordinario di diritto costituzionale della
facoltà di giurisprudenza dell'università di Palermo e direttore del
dipartimento Iura nel luglio 2012) e successivamente dal Prof.
Fabrizio Parisi (docente ordinario di diritto costituzionale
dell'università dell'Aquila del luglio 2012 –addendum a parere già
espresso nel giugno 2012) avevano rilevato l'incostituzionalità e
illegittimità dello schema di decreto legislativo recante «Nuova
organizzazione dei tribunali ordinari e degli uffici del pubblico
ministero, in attuazione dell'articolo 1, comma 2 della Legge 14
settembre 2011 n. 148 approvato dal consiglio dei ministri in
attuazione della delega per la riorganizzazione degli uffici giudiziari
e dei successivi Ddl»;
il TAR della Basilicata, su una vicenda analoga riguardante
l'accorpamento del tribunale di Pisticci al tribunale di Matera, con
sentenza n. 00401/2012 REG.RIC. si è espresso in senso
favorevole al ricorso, sospendendo di fatto l'anticipazione
208
all'accorpamento dei due organi giudiziari richiesta dal presidente
del tribunale di Matera;
vanno considerate le peculiarità funzionali e territoriali del tribunale
di Melfi e l'imminente accorpamento di quest'ultimo al tribunale di
Potenza previsto per il 13 settembre 2013 (articolo 11 decreto
legislativo n. 155 del 2012) –:
se il Ministro interrogato intenda assumere iniziative, anche
normative di propria competenza che tengano conto di criteri
oggettivi, dell'estensione del territorio, dei carichi di lavoro e
dell'indice delle sopravvenienze, della specificità territoriale e del
bacino di utenza (anche con riguardo alla situazione infrastrutturale)
e del tasso d'impatto della criminalità organizzata ai fini della
riorganizzazione territoriale della giustizia a differenza di quanto
disposto dai decreti legislativi n. 155 e 156 del 2012. (4-00635)
§ 11. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-0051183
Testo presentato, in data Lunedì 20 maggio 2013, seduta n. 19, da:
MUCCI e DALL'OSSO.
Al Ministro della giustizia, al Ministro del lavoro e delle politiche
sociali. — Per sapere – premesso che:
in data 26 febbraio 2013, il consigliere regionale Alberto Vecchi,
vice presidente della commissione politiche per la salute e politiche
sociali, ha presentato un'interrogazione regionale in cui esponeva
quanto di seguito:
il signor Flavio Amico, che gestisce insieme alla moglie la «casa
famiglia» legata all'Associazione onlus «We are here – Noi siamo
qui» – struttura nella quale bambini e adolescenti, allontanati da
genitori giudicati inadeguati ad occuparsi di loro, vengono accolti e
aiutati a ritrovare un ambiente sereno per ricostruire il loro
equilibrio – è imputato dei reati di maltrattamento di minori e abuso
di mezzi di correzione in un processo in corso nel tribunale di
Parma sede distaccata di Fidenza;
la denuncia, sporta da un educatore che all'epoca dei fatti lavorava
nella struttura fidentina, si riferisce a due episodi, uno avvenuto nel
83http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=1948&stile=7&highLig
ht=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27.
209
2008 e uno nel 2009, ai danni di due ragazzi allora ospiti dalla
comunità sopra indicata;
nel frattempo il Flavio Amico continua a gestire la comunità
familiare a Fidenza e a lavorare come educatore anche nella
comunità educativa per minori Cà degli Angelidi Tabiano Terme,
aperta nel 2009 e recentemente trasferita all'interno di una struttura
di accoglienza più ampia, Casa, Viburno, nata lo scorso anno
sempre per mano dell'Associazione «We are here – Noi siamo qui»,
di cui la moglie dello stesso signor Amico è presidente;
il signor Amico, inoltre, secondo l'avvocato Francesco Miraglia del
foro di Modena, legale di fiducia dei genitori di un ragazzino
ospitato nel 2010 nella comunità Cà degli Angeli di Tabiano e
autore del libro sui diritti violati dell'infanzia «Mai più un bambino»,
avrebbe un passato da brigatista e sarebbe stato coinvolto nel
sequestro Moro e per questo condannato a 18 anni di carcere per
associazione sovversiva;
in una lettera molto circostanziata l'avvocato Miraglia, infatti,
riporta che nel 1978 il signor Flavio Amico era stato arrestato
insieme ad altri esponenti delle Brigate Rosse in via Montenevoso 8,
a Milano, nella cosiddetta «prigione del popolo» e, al momento
dell'arresto, si era dichiarato «combattente comunista» e, in un'altra
occasione, «prigioniero di guerra». Per il suo coinvolgimento nel
sequestro Moro, inoltre, il signor Amico, appartenente alla colonna
brigatista «Walter Alasia», che si autodefiniva «irriducibile», fu
condannato a 18 anni di carcere per associazione sovversiva. Dal
1978 al 1998 lo stesso Amico risulta, inoltre, aver collezionato
numerose condanne anche per reati contro la persona;
sulla vicenda sembra che anche il Garante per l'infanzia e
l'adolescenza, organo istituito nel 2011 presso la regione Emilia
Romagna,
stia
compiendo
verifiche
e
accertamenti;
l'assessore alle politiche, sociali, dottoressa Teresa Maoicchi, nella
sua risposta del 26 marzo 2013, ha affermato che: «in seguito
all'iniziativa degli uffici regionali, orientata – secondo quanto
previsto dalla D.G.R. 1904/2011 – a disporre controlli e verifiche
sulle strutture autorizzate, sono pervenute:
resoconto di visita ispettiva compiuta dalla competente
Commissione in data 21 febbraio 2013 presso la Comunità familiare
«Noi siamo qui – we are here» sita in Fidenza;
resoconto di visita ispettiva compiuta dalla competente
Commissione in data 19 febbraio 2013 presso la Comunità
210
educativa «Cà degli Angeli», sita in Tabiano-Salsomaggiore;
le visite ispettive che sono state fatte prima dell'interrogazione non
hanno evidenziato criticità a carico del soggetto gestore; le relazioni
fin qui pervenute dai servizi sociali invianti evidenziano un positivo
rapporto dei ragazzi con le figure educative di riferimento e la
direzione delle strutture ma non chiariscono come una persona
attualmente imputata di reati di maltrattamento di minori e abuso di
mezzi di correzione e già condannata a 18 anni di carcere per
associazione sovversiva e per reati contro la persona (sebbene abbia
pagato il suo debito con la giustizia e sebbene sia solo indagato)
possa continuare a gestire una comunità familiare e a lavorare come
educatore anche in una comunità educativa per minori;
secondo la Gazzetta di Parma del 15 febbraio 2013, un'altra famiglia
avrebbe presentato una denuncia contro la casa famiglia in oggetto
per i maltrattamenti subiti dai loro due bambini che ora hanno 17 e
18 anni –:
se i Ministri interrogati siano a conoscenza di quanto sopra
riportato e se il Governo non ritenga di intervenire nell'ambito delle
proprie competenze, in particolare adottando iniziative normative
volte ad evitare che persone incorse in condanne per reati quali
quelli indicati in premessa possano essere titolari di autorizzazioni
per gestire strutture socio assistenziali e socio sanitarie, che si
occupano di minori. (4-00511)
§ 12. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-0128884
Interrogazione a risposta scritta 4-01288 presentato da PINNA
Paola testo di Mercoledì 17 luglio 2013, seduta n. 55.
PINNA, GRANDE, CURRÒ e VALLASCAS.
Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che: i diritti
umani sono un prodotto storico, frutto della sovrapposizione fra
teorie, fatti e norme e sono stati generati da cambiamenti ed
evoluzioni di natura economica, politica e culturale. La loro
affermazione ha presupposto il rovesciamento di un ordine
84http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=4047&stile=7&highLi
ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27
211
concettuale e sociale e il fondamento degli stessi è da ricercare nel
loro riconoscimento da parte della società come valori in sé.
Tuttavia, come affermava Norberto Bobbio ne L'età dei diritti,
«nonostante la loro desiderabilità non sono ancora stati tutti,
dappertutto, e in egual misura, riconosciuti»; il divieto di tortura
costituisce uno dei valori fondamentali delle società democratiche
ed ha natura assoluta e inderogabile; la condanna della tortura, sia
come prassi sia attraverso il divieto esplicito sancito da specifiche
leggi, rappresenta una della maggiori sfide della comunità
internazionale e del nostro Paese. Tuttavia, nell'ordinamento
italiano tale reato non è ancora riconosciuto e perseguito, infatti,
nonostante i vari governi succedutisi abbiano manifestato buone
intenzioni non si è mai giunti a una codificazione definitiva;
l'immobilismo italiano lascia perplessi in quanto il divieto di tortura,
oltre a essere previsto da numerose convenzioni e trattati
sottoscritti dall'Italia, è espressamente sancito dalla Costituzione,
che all'articolo 13 afferma: «è punita ogni violenza fisica e morale
sulle persone comunque sottoposte a restrizioni di libertà», e trova
fondamento negli articoli 2 e 10, del testo costituzionale, in cui
rispettivamente si afferma che «la Repubblica riconosce e garantisce
i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo sia nelle formazioni
sociali ove si svolge la sua personalità» e che «l'ordinamento
giuridico italiano si conforma alle norme del diritto internazionale
generalmente riconosciute»; in ambito internazionale, con l'articolo
5 della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, adottata
dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite il 10 dicembre 1948, la
comunità internazionale si è espressa per la prima volta contro il
perpetrarsi di gravi violazioni: «nessuno può essere sottoposto a
tortura e a pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti». Nel
1966 il divieto della pratica della tortura fu inserito nell'articolo 7 del
Patto internazionale sui diritti civili e politici, ratificato in Italia ai
sensi della legge n. 881 del 1977, che riporta il dettato dell'articolo 5
sopracitato; inoltre, l'articolo 1, comma 1, della Convenzione delle
Nazioni Unite – approvata dall'Assemblea generale il 10 dicembre
1984 e ratificata dall'Italia con la legge 3 novembre 1988, n. 498 –
definisce come tortura «qualsiasi atto mediante il quale sono
intenzionalmente inflitti ad una persona dolore o sofferenze forti,
fisiche o mentali, al fine segnatamente di ottenere da essa o da una
terza persona informazioni o confessioni, di punirla per un atto che
essa o una terza persona ha commesso o è sospettata aver
212
commesso, di intimorirla o di far pressione su di lei o di intimorire
o di far pressione su una terza persona, o per qualsiasi altro motivo
fondato su qualsiasi forma di discriminazione, qualora tale dolore o
sofferenze siano inflitte da un agente della funzione pubblica o da
ogni altra persona che agisca a titolo ufficiale, o su sua istigazione, o
con il suo consenso espresso o tacito». Inoltre, all'articolo 4 la citata
Convenzione prevede che ogni Stato consideri tali atti quali
trasgressioni nei confronti del proprio diritto penale, pertanto,
l'introduzione del reato di tortura nel codice penale corrisponde ad
un obbligo giuridico internazionale, come più volte sollecitato dal
Comitato istituito dalla Convenzione europea per la prevenzione
della tortura – adottata a Strasburgo il 26 novembre 1987, di cui alla
legge 2 gennaio 1989, n. 7 – il quale ha sottolineato reiteratamente
come sia necessario supplire a tale lacuna normativa; a livello
europeo la proibizione della tortura è prevista all'articolo 3 della
Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle
libertà fondamentali – firmata a Roma il 4 novembre 1950 e
ratificata dall'Italia con legge 4 agosto 1955, n. 848 – tale articolo,
che richiama letteralmente l'articolo 5 della Dichiarazione del 1948,
contempla tre tipi di condotte: tortura, trattamenti o pene inumane
e trattamenti o pene degradanti, senza fornire alcuna indicazione
per distinguere le diverse situazioni con il preciso fine di evitare che
rimangano prive di copertura altre eventuali forme di patimento.
Tale carattere di essenzialità ha permesso di sviluppare una
piuttosto ampia discrezionalità interpretativa e la Corte europea ha
fatto discendere dalla disposizione anche una serie di obblighi,
negativi e positivi, a carico degli Stati membri, fra cui l'obbligo
positivo che concerne il trattamento penitenziario da riservare alle
persone sottoposte a misure privative della libertà personale. Infatti,
secondo il giudice di Strasburgo lo stato di detenzione «non fa
perdere al detenuto il beneficio dei diritti sanciti dalla Convenzione.
Al contrario, in alcuni casi, la persona incarcerata può avere bisogno
di una maggiore tutela proprio per la vulnerabilità della sua
situazione e per il fatto di trovarsi totalmente sotto la responsabilità
dello Stato»; sempre in ambito europeo, l'esigenza dell'Unione
europea di sganciarsi dagli angusti confini di una dimensione
meramente economica per avviarsi verso la meta dell'integrazione
politica ha portato alla stesura la Carta dei diritti fondamentali
dell'Unione europea, coronamento di un percorso anticipato dalle
sentenze della Corte di Lussemburgo: un corpus di norme non
213
scritte che ha introdotto la tutela dei diritti umani in una situazione
di quasi totale silenzio dei testi normativi comunitari. La Carta al
Capo I articolo 4 recita: «nessuno può essere sottoposto a tortura,
né a pene o trattamenti inumani o degradanti»; infine, il 3 aprile
2013 l'Italia ha depositato lo strumento di ratifica del protocollo
opzionale alla Convenzione ONU contro la tortura ed altre pene o
trattamenti crudeli, inumani e degradanti. Esso istituisce un sistema
a «doppio pilastro» di ispezione e monitoraggio dei luoghi di
detenzione volto a prevenire la tortura e altri trattamenti o pene
crudeli, inumani o degradanti: a livello internazionale viene istituito
il Sottocomitato delle Nazioni Unite sulla prevenzione della tortura,
mentre a livello nazionale gli Stati parte hanno l'obbligo di creare,
entro un anno dalla ratifica del Protocollo, un apposito organismo
indipendente, il cosiddetto meccanismo nazionale di prevenzione;
tuttavia, come anticipato, nonostante le nostre istituzioni e la nostra
classe politica dichiarino di essere a favore dell'introduzione del
reato di tortura nell'ordinamento italiano non si riesce a portare a
termine tale processo. Introducendo leggi chiare contro la tortura,
anche a carico dei pubblici ufficiali, si tutelerebbero non solo gli
individui vittime dei delitti ma, sul piano della prevenzione e della
repressione, si agevolerebbe l'accertamento delle responsabilità
personali dei colpevoli proteggendo la reputazione complessiva
delle forze di polizia spesso oggetto di una indiscriminata e ingiusta
criminalizzazione; l'8 gennaio 2013, la Corte europea dei diritti
dell'uomo ha condannato l'Italia per violazione dell'articolo 3 Cedu
– Torreggiani e altri c. Italia, ric. nn. 43517/09, 46882/09,
55400/09, 57875/09, 61535/09, 35315/10 e 37818/10 – rigettando
la richiesta per il riesame del caso. La ragione che ha determinato
tale condanna per il nostro Paese trae origine dal numero di
detenuti presenti all'interno delle strutture carcerarie italiane che è di
molto superiore a quello che le stesse sono programmate ad
ospitare. Secondo i dati del portale del Ministero della giustizia, al
30 giugno 2013, la popolazione carceraria presente negli istituti è
pari a 66.028 persone, mentre la capienza regolamentare è di 47.022.
A questi numeri si aggiungono altri tristi dati: nell'ultimo anno e
mezzo, nei penitenziari italiani, vi sono stati 84 suicidi e 150 morti
per altre cause; non è la prima occasione in cui l'Italia riceve una
condanna per tali ragioni, infatti, il 16 luglio 2009 i giudici di
Strasburgo avevano accertato la violazione del suddetto articolo 3 a
carico dell'Italia. Ma rispetto ad allora la sentenza di gennaio 2013 si
214
inserisce nella procedura delle cosiddette «sentenze pilota». Infatti,
tale decisione porta con sé un'inevitabile forza cogente volta ad
assicurare esecuzione alle sentenze della Corte, secondo quanto
previsto dall'articolo 46 Cedu, per cui lo Stato membro responsabile
della violazione non può limitarsi al risarcimento economico a titolo
di equa soddisfazione, ma deve trovare mezzi e misure atti a
rimuovere la violazione accertata; infatti, la Corte di Strasburgo ha
ingiunto allo Stato italiano di introdurre, entro il termine di un anno
dal momento in cui la sentenza della Corte sarà divenuta definitiva,
«un ricorso o un insieme di ricorsi interni idonei ad offrire un
ristoro adeguato e sufficiente per i casi di sovraffollamento
carcerario, in conformità ai principi stabiliti dalla giurisprudenza
della Corte». In tale lasso di tempo la Corte sospenderà le procedure
relative a tutti gli altri ricorsi analoghi attualmente pendenti e che
allo stato attuale superano la soglia dei cinquecento –: quale sia la
sua posizione in merito all'introduzione del reato di tortura nel
nostro ordinamento e quali decisioni intenda adottare a riguardo, al
fine di adempiere – nel rispetto della Costituzione e nello specifico
degli articoli 2, 10 e 13 – gli impegni assunti in ambito
internazionale concernenti il divieto di «tortura, pene o trattamenti
inumani o degradanti» e la tutela dei diritti umani, humus di un
Paese democratico; quali rimedi, preventivi e compensativi, intenda
utilizzare per rimuovere la violazione accertata nella sentenza della
Corte europea dei diritti dell'uomo dell'8 gennaio 2013, Causa
Torreggiani e altri c. Italia. (4-01288)
§ 13. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-0170985
Atto Camera Interrogazione a risposta scritta 4-01709 presentato da
NUTI Riccardo testo di Giovedì 5 settembre 2013, seduta n. 71
NUTI, DI BENEDETTO, DI VITA, LUPO e MANNINO.
Al Ministro della Giustizia - Per sapere – premesso che:
85http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=6231&stile
=7&highLight=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRI
TTA%27
215
la casa circondariale «Pagliarelli» è un importante istituto
penitenziario di Palermo, il quale presenta una preoccupante
situazione di sovraffollamento; nell'ottobre del 2009 alcuni articoli
di stampa riportavano notizie secondo le quali il direttore della casa
circondariale «Pagliarelli», tale dott.ssa Laura Brancato, spiava i
dipendenti della struttura penitenziaria, usava apparecchi telefonici
della struttura penitenziaria a fini privati e addirittura fingeva nei
referti medici di essere una detenuta per ottenere gratuitamente
prestazioni sanitarie; le indagini erano iniziate a seguito di un
esposto da parte di funzionari della Polizia Penitenziaria dipendenti
della struttura carceraria palermitana, in particolare appartenenti al
Sindacato di categoria «SINAPPE», che in seguito ricevettero
provvedimenti disciplinari e di distaccamento; tramite il decreto n.
0397382/2009 del 9 dicembre 2009, il Dipartimento
Amministrazione Penitenziaria sospese la dott.ssa Brancato in via
cautelare. Nel frattempo la Procura di Palermo ottenne nel febbraio
del 2010 il suo rinvio a giudizio; nel giugno del 2012 la dott.ssa
Brancato fu condannata in primo grado dai giudici della quarta
sezione del tribunale di Palermo ad un anno per peculato con
sospensione della pena; nel gennaio del 2013, tramite decreto n.
0002814/2013 del 23 gennaio 2013 firmato dal Capo del
Dipartimento Amministrazione Penitenziaria, venne revocata la
sospensione dal servizio della Brancato che fu poi assegnata alla
Direzione della casa circondariale di Contrada Balate, Gela; nel
giugno del 2013, su ricorso della dott.ssa Brancato, l'ordinanza
cautelare n. 00611/2013 del 21 giugno 2013 del Consiglio di
Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana sospese in via
cautelare il provvedimento del Dipartimento Amministrazione
Penitenziaria sopracitato; secondo quanto si apprende da organi di
informazione, la dott.ssa Brancato «si è presentata in servizio» il
giorno 2 luglio 2013 presso la casa circondariale «Pagliarelli»,
nonostante fosse già in servizio la Dott.ssa Francesca Vazzano,
facente le funzioni di Direttore; se la dott.ssa Brancato fosse
nuovamente destinata alla Direzione del «Pagliarelli», vi è il fondato
rischio di ritorsioni ai danni dei dipendenti dell'istituto
penitenziario, che la denunciarono a suo tempo, oltre alla necessità
di valutare le conseguenze di immagine legate alla nomina alla
Direzione di una casa circondariale di un soggetto condannato,
seppur in primo grado; tali preoccupazioni sono rese ancor più
concrete dal profilo psicologico e comportamentale della Brancato,
216
dal quale emerge, come si può leggere nelle sentenza n. 01202/2011
della Sezione Prima del TAR di Palermo, «una preoccupante
inclinazione a ricorrere ad inganni e falsificazioni per ottenere dei
profitti privati, un utilizzo di beni pubblici per fini privati ed una
gestione assolutamente personalistica dell'istituto» – se il Ministro
interrogato, alla luce dei fatti esposti in premessa, ritenga opportuna
la nomina della Dott.ssa Brancato alla Direzione di una casa
circondariale; dove presti servizio e quale posizione ricopra
attualmente la dott.ssa Laura Brancato.
§ 14. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-0128986
Atto Camera Interrogazione a risposta scritta 4-01289 presentato da
VILLAROSA Alessio Mattia testo di Mercoledì 17 luglio 2013,
seduta n. 55
VILLAROSA, PESCO, CANCELLERI, RUOCCO e D'UVA. —
Al Ministro della giustizia, al Ministro del lavoro e delle politiche
sociali. — Per sapere – premesso che:
all'articolo 47 decreto del Presidente della Repubblica 639 del 1970 I
e II comma si prevede che: «Esauriti i ricorsi in via amministrativa,
può essere proposta l'azione dinanzi l'autorità giudiziaria ai sensi
degli articoli 459 e seguenti del codice di procedura civile. Per le
controversie in materia di trattamenti pensionistici l'azione
giudiziaria può essere proposta, a pena di decadenza, entro il
termine di tre anni dalla data di comunicazione della decisione del
ricorso pronunziata dai competenti organi dell'Istituto o dalla data
di scadenza del termine stabilito per la pronunzia della predetta
decisione, ovvero dalla data di scadenza dei termini prescritti per
l'esaurimento del procedimento amministrativo, computati a
decorrere dalla data di presentazione della richiesta di prestazione»;
il decorso del termine triennale incide soltanto sull'azione giudiziaria
volta al conseguimento delle prestazione, che, in tal caso diviene
inammissibile per l'avvenuta decadenza; tuttavia, in materia
86http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=4048&stile
=7&highLight=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRI
TTA%27
217
previdenziale, al lavoratore viene riconosciuta la facoltà di poter
ripresentare una nuova domanda amministrativa finalizzata ad
ottenere la prestazione previdenziale, e, nell'ipotesi di mancato
accoglimento, ricorrere, nuovamente, in giudizio sempre nel rispetto
del termine triennale; l'articolo 47 del decreto del Presidente della
Repubblica 639 del 1970 è stato modificato ed interpretato
dall'articolo 6 del decreto-legge 29 marzo 1991 n. 103, convertito
con modificazioni, dalla legge 1o giugno 1991 n. 166, e dall'articolo
4 del decreto-legge 19 settembre 1992 n. 384, convertito con
modificazioni, dalla legge 14 novembre 1992 n. 438; le modifiche
legislative hanno previsto che il decorso del termine triennale
comporti oltre alla decadenza della domanda processuale anche la
perdita dei ratei pregressi, ossia delle somme maturate prima della
domanda giudiziale. In ogni caso, persiste la facoltà di ottenere i
ratei successivi conseguibili per effetto di nuova domanda
amministrativa; per i lavoratori esposti all'amianto, nell'applicazione
della norma, la giurisprudenza ha perseguito una via restrittiva con
l'introduzione di una decadenza tombale non prevista dal nostro
ordinamento; attraverso l'articolo 47 decreto del Presidente della
Repubblica 639 del 70 come successivamente modificato, che ha
risvolti meramente processuali, è inciso su un diritto sostanziale e
costituzionalmente garantito dei lavoratori i quali, decorso il termine
decadenziale di tre anni, perderanno definitivamente il diritto alla
contribuzione per esposizione all'amianto (ratei pregressi e ratei
futuri). Non potranno ripresentare ulteriore domanda in via
amministrativa, ed in tal caso, il ricorso in sede giudiziale gli verrà
inevitabilmente rigettato; l'articolo 38, comma 1, lettera d), del
decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito in legge 15 luglio 2011,
n. 111, disposizioni urgenti per la stabilizzazione economica
(manovra economica 2) aggiunge all'articolo 47 del decreto del
Presidente della Repubblica 30 aprile 1970, n. 639, un sesto comma:
«Le decadenze previste dai commi che precedono si applicano
anche alle azioni giudiziarie aventi ad oggetto l'adempimento di
prestazioni riconosciute solo in parte o il pagamento di accessori del
credito. In tal caso il termine di decadenza decorre dal
riconoscimento parziale della prestazione ovvero dal pagamento
della sorte»; anche con l'introduzione di questa norma non sono
cessate le dispute interpretative sulla disciplina della decadenza
amianto; la giurisprudenza delle sezioni unite dal 2006 al 2009,
concordava nel ritenere che i benefici per l'amianto non erano
218
soggetti a decadenza alcuna in quanto costituivano un adeguamento
successivo della liquidazione della pensione; nel corso degli anni,
tuttavia, l'orientamento prevalente della Cassazione (Sezioni
semplici), pur in contrasto con la giurisprudenza delle sezioni unite
(sent. n. 12720/09), a partire dalla sentenza n. 12685/08 tende
all'applicazione di un regime ad hoc non previsto da alcuna norma
(Gfr. Cass. n. 14475/2012: Cass. n. 6382/2012, Cass. N.
4695/2012, Cass. n. 3605/2012, Cass. n. 1629/2012, Cass. n.
12052/2011, Cass. n. 8926/2011, Cass. n. 7138/2011), secondo tali
decisioni poiché non si tratta di rivalutare l'ammontare di singoli
ratei, bensì i contributi previdenziali necessari a calcolare la
pensione originaria, non vi è ragione alcuna che giustifichi la non
applicabilità delle disposizioni legislative sulla decadenza;
esistono, alla luce di ciò, posizioni e trattamenti differenti per i
lavoratori che hanno introdotto un ricorso per il riconoscimento dei
benefici previdenziali conseguenti all'esposizione ultradecennale
all'amianto, facendo così sospettare una lesione di un diritto
costituzionalmente garantito (articolo 4 e 38 della Costituzione), a
tutela della posizione previdenziale dei lavoratori come diritto
irrinunciabile, imprescrittibile e non suscettibile a decadenza; si ha il
forte sospetto che attraverso un escamotage si finisca per tutelare la
posizione dell'ente previdenziale, INPS, anziché quella dei lavoratori
che esercitano un loro diritto –:
se i Ministri interrogati:
a) ritengano necessaria la predisposizione di una norma di
interpretazione autentica dell'articolo 47 del decreto del Presidente
della Repubblica 639 del 1970 (come modificato) che permetta di
individuare in modo chiaro e definitivo la questione della decadenza
dai benefici previdenziali per la categoria dei lavoratori esposti
all'amianto;
b) ritengano necessari interventi innovativi e/o correttivi della
normativa stessa.
219
§ 15. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-0163487
Atto Camera Interrogazione a risposta scritta 4-01634 presentato da
VILLAROSA Alessio Mattia testo di Giovedì 8 agosto 2013, seduta
n. 68
VILLAROSA, CORDA, PAOLO BERNINI, BATTELLI, FICO,
BUSTO, TOFALO e D'UVA. — Al Ministro della giustizia. — Per
sapere – premesso che: il Si.P.Pe (sindacato polizia penitenziaria) ha
più volte denunciato diverse aggressioni ai danni di donne e uomini
della polizia penitenziaria consumatesi all'interno degli spazi
contenutivi sia carceri che ospedali psichiatrici giudiziari (OPG).
Tali atti offendono un corpo di polizia dello Stato che cerca di
espletare al meglio un difficile e delicatissimo compito volto a
contenere ed a rieducare il detenuto, nel caso del carcere, e a dare
un aiuto all'internato nel caso degli ospedali psichiatrici giudiziari;
l'intero sistema penitenziario italiano appare impotente nel gestire
questi eventi che possono pregiudicare l'integrità fisica nonché
mentale dei poliziotti penitenziari. Numerosi sono gli eventi critici
verificatisi negli istituti detentivi e negli ospedali psichiatrici
giudiziari che denotano un allarmante fenomeno riportato da
diverse testate giornalistiche; 2012, un internato dell'ospedale
psichiatrico giudiziario di Barcellona P.G. stacca con un morso la
falange della mano destra di un ispettore di polizia penitenziaria;
2012, un detenuto nel carcere di Parma prende a pugni un agente di
polizia penitenziaria colpendolo al volto, prognosi di 10 giorni;
2012, un detenuto nel carcere di Spoleto procura la frattura del naso
e dello zigomo ad un agente di polizia penitenziaria, prognosi di ben
75 giorni; 2013, un detenuto nel carcere di Napoli Poggioreale
aggredisce due agenti di polizia penitenziaria che necessitano di
ricovero in ospedale, trauma cranico uno e frattura di un polso
l'altro; 2013, un giovane detenuto nel carcere di Udine aggredisce un
agente di polizia penitenziaria con calci e pugni, anche in questo
caso è necessario il trasferimento in ospedale; 2013, un detenuto nel
carcere di Torino colpisce con un violento pugno al volto un
87http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=5934&stile
=7&highLight=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRI
TTA%27
220
agente; 2013, un detenuto e i suoi familiari durante un colloquio
nell'area verde del carcere di Roma Rebibbia aggrediscono un
agente di polizia penitenziaria; 2013, nel carcere di Vigevano un
agente di polizia penitenziaria subisce l'aggressione di un detenuto
che ha utilizzato una caffettiera posta all'interno di un calzino,
l'agente viene colpito alla testa ed anche in questo caso è necessario
il trasferimento in ospedale per le cure mediche; 2013, nel carcere di
Sanremo, durante una protesta collettiva dei detenuti volta
all'ottenimento dell'amnistia, un agente di polizia penitenziaria
subisce una aggressione riportando ferite guaribili in 15 giorni; i
detenuti, autori e responsabili di tali atti, subiscono un processo
penale ma, frequentemente, non sono in grado di risarcire il danno
causato poiché nullatenenti. L'agente di polizia penitenziaria, invece,
porterà con se il ricordo e le cicatrici di tali atti violenti, così come è
accaduto all'ispettore di polizia penitenziaria dell'ospedale
psichiatrico giudiziario di Barcellona Pozzo di Gotto che ha perso la
falange della mano destra; c’è da riflettere sul fatto che reparti
detentivi contenenti oltre 300 detenuti debbano essere gestiti da un
solo agente di polizia penitenziaria che oltre a non avere strumenti
di prevenzione spesso non è nemmeno a conoscenza di piani
strategici atti a garantire l'ordine e la sicurezza all'interno degli
istituti; l'amministrazione penitenziaria è tenuta – previa
elaborazione di protocolli operativi dal contenuto normativo e
tecnico – ad attuare una o più specifiche azioni tese a prevenire gli
effetti dannosi sulle persone. Gli agenti di polizia penitenziaria
operano quasi sempre in una condizione di emergenza e spesso le
criticità, potenzialmente pericolose, vengono contenute grazie
all'esperienza degli agenti stessi divenuti ormai abili professionisti
della sicurezza sociale all'interno delle strutture carcerarie;
formalmente esiste un protocollo operativo, però, nella realtà dei
fatti, in molti istituti penitenziari non si conoscono i programmi che
individuano preventivamente le risorse umane, le apparecchiature,
gli strumenti, i materiali, i ruoli, le competenze e i tempi per
organizzare una strategia di reazione che sia immediata ed efficace;
va oltretutto segnalato che il datore di lavoro ha l'obbligo di
adottare le misure necessarie a tutelare l'integrità fisica e la
personalità morale dei lavoratori e deve porre in essere tutte quelle
procedure che di volta in volta si rivelino necessarie per tutelare
l'integrità fisica e morale del lavoratore –: se il Ministro interrogato,
nell'ambito delle sue competenze, intenda assumere iniziative al fine
221
di tutelare l'integrità fisica e la personalità morale degli agenti di
polizia penitenziaria, spesso vittime del sistema penitenziario stesso
che forse non riesce più a proteggere nemmeno i suoi operatori; se
sia a conoscenza del livello di attuazione dei «criteri di massima per
la predisposizione di piani operativi di intervento locali e regionali»,
indicati specificatamente nella lettera circolare del D.A.P, n.
0312188 del 17 agosto 2011 e se tali criteri siano stati portati a
conoscenza delle Direzioni degli istituti e degli operatori
penitenziari.
222
Capitolo 5
Al Ministero della Difesa
premesso che …....... per sapere se ……….
§ 1. Breve sommario
In questo capitolo, sono raccolti solo 20 atti di sindacato ispettivo
(interrogazioni a risposta scritta, question time in aula,
interrogazioni a risposta immediata in commissione, etc.), che
pongono domande e quesiti alla Presidenza del Consiglio. Molti di
questi – alla data di pubblicazione della presente raccolta – non
hanno ancora risposta.
§ 2. Interrogazione a risposta scritta nr. 4/0151088
Atto Camera - Interrogazione a risposta scritta 4-01510, presentato
da ALBERTI Ferdinando, testo di Mercoledì 31 luglio 2013, seduta
n. 62:
ALBERTI, BASILIO, PAOLO BERNINI, RIZZO, FRUSONE,
ARTINI, CORDA.
Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
presso la direzione generale dei lavori e del demanio del Ministero
della difesa è stato istituito con decreto ministeriale 5 marzo 2010 il
Gruppo di lavoro permanente sulla ottimizzazione energetica dei
siti del Ministero della difesa;
tale gruppo di lavoro denominato GLOE costituisce il referente
unico del comitato di indirizzo strategico sulla ottimizzazione
energetica dei siti del Ministero della difesa in materia di energia;
il comitato di indirizzo strategico, secondo gli indirizzi del Ministro
della difesa, concorre alla definizione della strategia di base e del
88http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=5149&stile
=7&highLight=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRI
TTA%27
223
quadro programmatico delle iniziative relative all'ottimizzazione
energetica nel comparto difesa, promuove attività di
armonizzazione per l'individuazione delle aree cui destinare le opere
di approvvigionamento strategico dell'energia, fornisce consulenza
sulle proposte di adeguamento delle normative regolamentari di
settore;
il gruppo di lavoro permanente rappresenta lo strumento operativo
di cui si è dotato il Comitato di indirizzo strategico per perseguire lo
sviluppo del settore della produzione di energia elettrica da fonti
rinnovabili mediante utilizzo razionale ed efficace delle risorse
immobiliari disponibili. Esso fornisce supporto tecnico per la
definizione del quadro strategico e programmatico relativo
all'acquisto e alla produzione nonché per tutte le attività connesse al
contenimento dei consumi;
individua le soluzioni più economiche ed efficaci per la stipula e
l'aggiornamento dei canoni di approvvigionamento di energia da
parte di enti, comandi e unità della difesa;
elabora ed aggiorna compatibilmente con le esigenze operative degli
Stati maggiori delle forze armate la mappatura delle aree e dei siti
idonei alla realizzazione di impianti di produzione, definendo per
ciascuno di essi la tipologia e le potenzialità produttive degli
impianti stessi;
promuove lo sviluppo di specifici progetti di impianti di produzione
da realizzare attraverso l'individuazione di promotori ovvero in
forma diretta;
promuove lo sviluppo di attività di audit energetico degli edifici in
uso alla difesa e dei relativi progetti di efficientamento;
fornisce consulenza sulle proposte di adeguamento delle normative
regolamentari di settore, nonché per le esigenze ed i compiti
connessi all'attività del comitato;
propone gli schemi tipo di intese, accordi e altri atti negoziali di
interesse con operatori pubblici o privati;
vigila sullo svolgimento degli iter procedimentali degli atti negoziali
in corso di perfezionamento;
fornisce al Comitato un servizio specialistico in campo energetico
relativamente ai meccanismi di incentivazione per la produzione di
energia elettrica da fonti rinnovabili e da impianti di cogenerazione,
ivi incluse le modalità e le condizioni di accesso agli stessi;
la legge n. 99 del 23 luglio 2009 «Disposizioni per lo sviluppo e
l'internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia»,
224
ha individuato per il Ministero della difesa una serie di opportunità
per agevolare gli interventi di riqualificazione e valorizzazione
energetica degli immobili militari. Nello specifico, all'articolo 27
della citata legge n. 99 del 2009: il Ministero della difesa (ovvero un
soggetto terzo mandatario dello stesso) può usufruire dello scambio
sul posto per impianti alimentati da fonti rinnovabili di qualsiasi
potenza (anche superiore a 200 kWp), senza tener conto
dell'obbligo di coincidenza tra il punto di immissione dell'energia
prodotta ed il punto di prelievo dell'energia consumata. Tale
opportunità è prevista unicamente per il Ministero della difesa;
in merito all'attività di consulenza sulle proposte di adeguamento
delle normative regolamentari di settore, il gruppo di lavoro ha
proposto un emendamento, tramite l'ufficio legislativo del gabinetto
del Ministro, sul Nuovo conto energia 2011 (decreto ministeriale 6
agosto 2010), che disciplina l'incentivazione sulla produzione di
energia elettrica mediante impianti fotovoltaici, al fine di prevedere
un incremento dell'incentivo per la realizzazione di impianti
fotovoltaici in sostituzione di coperture contenenti amianto: tale
emendamento è stato approvato ed inserito nel Nuovo conto
energia; dal resoconto del Gruppo di lavoro permanente
sull'ottimizzazione energetica «GLOE» pubblicato sul sito del
Ministero della difesa si evince che tra le attività future dello stesso
saranno predisposti:
il supporto tecnico gare impianti fotovoltaici su coperture e su
superfici a terra; sopralluoghi congiunti presso fabbricati oggetto di
valorizzazione;
individuazione coperture e superfici a terra idonee all'installazione
di impianti fotovoltaici; richieste agli enti dell'AD disponibilità di
coperture ed aree a terra; effettuazione convenzione impianti FV
lotto 2 –:
quali siano gli esiti prodotti dal GLOE con particolare attenzione a:
risultati ottenuti in termini di energia (termica e/o elettrica)
risparmiata a fronte di interventi di efficientamento energetico, quali
ad esempio l'isolamento delle facciate, la sostituzione di centrali
termiche o la sostituzione di corpi illuminanti, e quindi al netto degli
interventi di realizzazione di impianti da fonte rinnovabile;
il costo di investimento e il bilancio economico di ciascun
intervento svolto; risparmio economico ottenuto a fronte
dell'attività di individuazione di soluzioni economiche per
l'approvvigionamento energetico;
225
se l'incarico al sopracitato gruppo di lavoro GLOE che come
statuito dal decreto ministeriale 5 marzo 2010 avrebbe dovuto
concludere le proprie attività il 31 dicembre 2010, sia stato
successivamente prorogato;
per quale ragione sia prevista unicamente per il Ministero della
difesa l'opportunità di non dover tener conto dell'obbligo di
coincidenza tra il punto di immissione dell'energia prodotta ed il
punto di prelievo dell'energia consumata, in quale misura si sia fatto
ricorso a tale trattamento e che benefici abbia prodotto. (4-01510)”
§ 3. Interrogazione a risposta scritta nr. 4/0133089
Atto Camera - Interrogazione a risposta scritta 4-01330, presentato
da ARTINI Massimo, testo di Venerdì 19 luglio 2013, seduta n. 56:
ALBERTI, BASILIO, PAOLO BERNINI, RIZZO, FRUSONE,
ARTINI, CORDA.
Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
il Ministro della difesa dispone di una Scuola di formazione e
perfezionamento
del
personale
civile
(indicata
come
CivilScuolaDife) ed ubicata in Roma, Via Mattia Battistini, n. 113117, per lo svolgimento di corsi di aggiornamento e formazione per
i dipendenti civili del predetto dicastero;
la scelta di docenti dotati di adeguati titoli culturali e scientifici al
fine della formazione di dipendenti pubblici deve costituire un
obiettivo imprescindibile dell'intera pubblica amministrazione, onde
assicurare l'aggiornamento professionale del personale, ivi
compreso quello ad ordinamento civile incardinato presso il
Ministero della difesa e deputato a coadiuvare, nel suo complesso, il
sistema della difesa nazionale;
il comitato direttivo costituito con decreto ministeriale 11 agosto
1970, deputato a fissare le direttive per il funzionamento della
scuola nonché i criteri per l'organizzazione dei corsi, nel corso degli
anni non si è mai più riunito, essendo venute meno parte delle
figure che lo componevano con ovvia conseguenza che la tenuta di
89http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=4223&stile
=7&highLight=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRI
TTA%27
226
un albo docenti non ha avuto più, negli anni a seguire, il necessario
e costante aggiornamento e attualmente l'attività dell'ex comitato
direttivo, in via meramente surrogatoria, ma di fatto ormai costante,
è svolta dalla divisione corsi e dall'ufficio corsi militari che
provvedono all'acquisizione di personale docente, sulla base di
curricula presentati dagli interessati e vagliati dai componenti uffici;
nel corso degli anni le docenze sono state peraltro in massima parte
attribuite a personale militare, a sua volta non sempre con titoli di
docenze esterne all'amministrazione difesa, e ciò anche nel caso di
docenti per corsi destinati al personale civile dipendente del
Ministero della difesa;
sulla scorta di quanto sopra: la scuola risulta non avere una
struttura ad hoc deputata alla selezione dei docenti cui affidare lo
svolgimento dei corsi di formazione per il personale civile, quale era
l'ex comitato direttivo, organo del tutto distinto dagli uffici interni
della scuola di formazione quali sono invece la divisione corsi e
l'ufficio corsi militari che ora adempiono il suo ruolo;
l'albo della scuola non solo non risulta più essere stato aggiornato
costantemente, ma vieppiù risulta difettare di qualsivoglia forma di
ufficializzazione, anche attraverso la sua ostensione pubblica;
la scelta dei docenti risulta dunque avvenire in assenza di
qualsivoglia procedura pubblica che garantisca la trasparenza ed
imparzialità nell’iter attraverso la pubblicità di un bando di
candidature, con relativa garanzia di pubblicità dei soggetti
destinatari delle docenze attraverso la pubblicazione per via
telematica del relativo albo docenti come avviene per altre scuole di
formazione ministeriale, fra cui, per esempio, quelle del personale
del personale dell'amministrazione dell'interno e del dipartimento
dell'amministrazione penitenziaria e del Ministero della giustizia –:
se il Ministro interrogato intenda o meno provvedere alla
ricostituzione del comitato direttivo della scuola di formazione e
perfezionamento del personale civile del Ministro della difesa
(CivilScuolaDife), già istituito con decreto ministeriale 11 agosto
1970 e successivamente non più riunitosi, o comunque di altro
organo collegiale, al fine di garantire che la scelta dei docenti
affidatari di corsi avvenga da parte di corpo terzo ed indipendente
dagli uffici interni della scuola medesima al fine di garantire la
massima imparzialità nel vaglio delle candidature;
se e quali iniziative intenda assumere ai fine di assicurare la
costituzione di un formale ed aggiornato albo dei docenti della
227
predetta scuola, anche attraverso la pubblicazione di un avviso
pubblico per la presentazione di candidature, onde garantire la
relativa massima partecipazione di candidature e la relativa selezione
e scelta di docenti in possesso di adeguati curricula scientificoprofessionali in relazione ai corsi formativi da somministrare al
personale;
se e quali iniziative intenda assumere al fine di garantire la massima
trasparenza in sede di scelta dei docenti per la predetta scuola, in
conformità con il possesso di adeguati titoli culturali e scientifici
degli affidatari ed anche al fine della pubblicazione per via
telematica sulle pagine del sito della scuola del relativo albo docenti,
ufficiale ed aggiornato. (4-01330)”
§ 4. Interrogazione a risposta in commissione nr. 5/0094590
Atto Camera - Interrogazione a risposta in commissione 5/00945,
presentato da ARTINI Massimo, testo di Venerdì 6 settembre 2013,
seduta n. 72:
ALBERTI, BASILIO, PAOLO BERNINI, RIZZO, FRUSONE,
ARTINI, CORDA.
Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
sul sito internet dell’Huffington Post in data 7 agosto 2013 è stato
pubblicato un articolo dal titolo «Elicotteri delle forze armate pieni
di amianto: in esclusiva il carteggio tra la Difesa e Agusta Westland».
Nell'articolo si legge: «La flotta di elicotteri delle nostre forze armate
è a rischio contaminazione: innumerevoli modelli attualmente in
dotazione a Esercito, Marina, Aviazione e Carabinieri sarebbero in
pratica
scatole
volanti
piene
di
amianto»;
questa situazione andrebbe avanti da oltre quindici anni, nel
sostanziale silenzio delle autorità coinvolte. L'articolo parla di un
vivace scambio di lettere tra il Ministero della difesa e l'azienda che
li ha fabbricati, l'Agusta Westland. Compagnia che, per prima, li
definisce testualmente «inquinati»; il carteggio sarebbe adesso in
possesso dei magistrati delle procure militari di Roma e Napoli,
90http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=6338&stile
=7&highLight=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+IN+C
OMMISSIONE%27
228
anche in seguito alla opportuna segnalazione del «Partito per la
Tutela dei Diritti dei Militari»;
dopo il ’92 (anno della legge che bandisce l'impiego dell'amianto) la
controllata di Finmeccanica ha provveduto a informare la difesa su
quali e quanti modelli di velivoli da loro prodotti contenessero
asbesto, in quali e quante parti delle rispettive carlinghe. «Sin dal
1996 abbiamo trasmesso l'elenco di tutti i materiali pericolosi
presenti sui nostri elicotteri», scrivono dall'Agusta Westland nella
loro lettera del 6 giugno scorso al Segretariato generale della difesa e
direzione nazionale degli armamenti. Secondo l'azienda il Ministero
era stato debitamente informato del problema come dimostrerebbe
un dossier di oltre cinquanta pagine ricco di tabelle ed informazioni
inviate alla difesa;
secondo tali tabelle – su tutte citiamo quella datata 6 aprile 2006 – si
legge che per quanto riguarda i modelli AB 206, AB 205, AB 212,
AB 212 AS, AB 412: «L'amianto può essere contenuto in
guarnizioni, condotti, tubi, nonché pastiglie dei freni». Negli
elicotteri SH-3D; HH-3F: «L'amianto può essere contenuto nelle
pastiglie dei freni, ruote e rotore, nella frizione e nell'APU». Nel
CH47: «L'amianto può essere contenuto nelle pastiglie dei freni».
Così per l'A129: «L'amianto è presente nelle guarnizioni delle paratie
parafiamma», mentre per l'A109: «L'amianto può essere contenuto
in guarnizioni, condotti, tubi, nonché pastiglie dei freni, rotore e
ruote»;
in un'altra tabella del 13 febbraio 1996 (dieci anni prima) viene
indicata la presenza di amianto anche a bordo dell'AB204, dell'SH3DTS e dell'HH 500;
l'Agusta Westland avrebbe intrapreso sua sponte una prima bonifica
su 14 di queste macchine in un cantiere presso la base di
Grazzanise, in provincia di Caserta; gli equipaggi, non sarebbero
stati informati della presenza dell'amianto a bordo di quello che è il
loro luogo di lavoro: né dei rischi di salute nell'operarvi a stretto
contatto, né delle misure di sicurezza che avrebbero dovuto
prendere a titolo di prevenzione e a tutela della loro salute;
l'articolo dell’Huffington Post riporta frasi virgolettate di due
elicotteristi appartenenti a corpi diversi. «Sugli elicotteri è la prima
volta che sento parlare di problematiche simili – racconta uno
specialista della Marina Militare – noi non ne siamo certo stati
informati. Qualche guarnizione la si sostituisce. Ma se il problema
riguarda anche le tubazioni, queste non vengono cambiate quasi
229
mai, e alcune si trovano in punti praticamente inaccessibili».
«Neanche noi abbiamo mai avuto informazioni su questi rischi, né
sulle precauzioni da adoperare nel maneggio e nell'ispezione di
questi mezzi – conferma un elicotterista dell'Esercito – il pilota fa
l'ispezione al mezzo, prima di salire a bordo. Ma lo specialista mette
mano ai componenti, smonta e rimonta. E in tanti anni nessuno si è
mai raccomandato perché usassimo cautela o precauzioni, entrando
in contatto con questo materiale che sappiamo benissimo essere
dannoso»; la legge 27 marzo 1992, n. 257, ha fissato le norme
relative alla cessazione dell'impiego dell'amianto –:
se le notizie riportate nell'articolo citato in premessa corrispondano
al vero e in caso affermativo quale sia la ragione per la quale non
sono state assunte iniziative organiche di bonifica dall'amianto degli
elicotteri e non si sia informato il personale dei rischi concernenti la
presenza di asbesto su molte parti di materiale a bordo;
se quali e quanti siano i velivoli che risultino ancora non
completamente bonificati, se siano ancora impiegati, per quali
attività e quali siano le misure di prevenzione adottate per tutelare la
salute degli equipaggi di volo e del personale militare comunque
imbarcato a bordo nonché dei meccanici adibiti alla manutenzione
degli stessi;
se il Ministero abbia provveduto, a partire dal marzo 1992, a
monitorare i casi di malattia del personale civile e militare tipici da
avvelenamento o contaminazione da amianto e quanti casi risultino
tra il personale impiegato intorno agli elicotteri in questione;
se il conclamarsi di diversi casi di malattie asbesto correlate tra il
personale delle Forze amate ha comportato risarcimenti per gli
stessi e le loro famiglie e se comunque intenda assumere iniziative in
questa direzione per i casi che si dovessero conclamare in futuro. (500945)”
Risposta scritta pubblicata Venerdì 20 settembre 2013
nell'allegato al bollettino in Commissione IV (Difesa) 5-00945
“L'atto in discussione verte sui contenuti di un articolo pubblicato
sul sito dell’Huffington Post lo scorso mese di agosto che riguarda,
tra l'altro, anche vicende per le quali sono state avviate indagini dalla
magistratura ordinaria. Tale circostanza, come è intuibile, non può
non essere considerata nel contesto della mia odierna risposta
all'onorevole interrogante, essendo anche io tenuto al rispetto del
230
riserbo – ove ne ricorrano gli estremi – ai sensi delle vigenti
disposizioni del codice di procedura penale. Ciò posto, desidero
iniziare partendo da quello che considero un punto fermo, il
principale di tutta questa vicenda: la salute del personale della
difesa. Lungi dal voler fare retorica, posso dare assicurazione sulla
mia massima attenzione riguardo alla necessaria tutela della salute
del personale militare e civile della difesa, nonché di tutti gli
ambienti di lavoro, in cui esso è chiamato ad operare. Questa
attenzione evidentemente non si limita soltanto, come in questo
caso, agli elicotteri, ma riguarda necessariamente anche tutti gli altri
mezzi, caserme ed infrastrutture delle Forze armate ove il personale
svolge le proprie attività. Questa è per me una priorità assoluta e
posso assicurare che l'azione dell'Amministrazione va proprio in
questa direzione.
In tale ottica, non sono mancati né l'attenzione e la sensibilità, né il
costante e determinato impegno del Dicastero nei confronti della
delicata e complessa problematica della tutela della salute del
personale nei confronti di qualsiasi agente patogeno, compreso
l'amianto. Rammento, in proposito, che prima dell'emanazione della
legge n. 257 del 1992 recante le «Norme relative alla cessazione
dell'impiego dell'amianto», tale materiale veniva utilizzato in campo
aerospaziale, assieme ad altri materiali, così come in moltissimi altri
settori, in particolare per la protezione dal fuoco, nell'edilizia (vedasi
coperture in eternit) e nel settore automobilistico, per la costruzione
di particolari che dovevano operare in condizioni di elevata
temperatura, come per esempio nelle cosiddette «baie» motore o
nelle pastiglie dei freni. Tutti gli elicotteri, aerei, navi e mezzi di terra
costruiti prima del 1992 avevano al loro interno un certo numero di
componenti che contenevano fibre di amianto. Solo con
l'introduzione della legge 27 marzo 1992, n. 257, l'amianto è stato
messo al bando per la prima volta in Italia, prevedendo soluzioni
per tutte le problematiche ad esso connesse: limiti e controllo della
dispersione di fibre, imballaggio, etichettatura e smaltimento dei
rifiuti contenenti il citato minerale. Tuttavia, le norme in vigore non
ne prevedevano l'obbligo della rimozione, ma solo il mantenimento
in buono stato di conservazione. La legge, inoltre, prevedeva
l'obbligo di smaltimento solo se ciò non poteva avvenire o nei casi
in cui l'amianto dovesse essere rimosso comunque, come nel caso di
ristrutturazioni e demolizioni. Nell'ambito dell'ampio quadro
normativo vigente in materia, è altresì opportuno citare il decreto
231
legislativo 1o aprile 2008, n. 81 – Testo unico sulla salute e sicurezza
dei luoghi di lavoro – che prevede forme di tutela dei lavoratori nei
vari possibili ambienti di lavoro e dai vari agenti, compreso
l'amianto. In particolare, l'articolo 254 stabilisce che il valore limite
di esposizione all'amianto deve essere pari «a 0.1 fibre per
centimetro cubo di aria, misurato come media ponderata nel tempo
di riferimento di otto ore», ponendo a carico dei datori di lavoro il
controllo, affinché nessun lavoratore sia esposto ad una
contaminazione di amianto nell'aria, superiore al valore limite. Il
datore di lavoro, conseguentemente, (ex articolo 249) è tenuto a
valutare i rischi dovuti alla polvere proveniente dall'amianto e dai
materiali che lo contengono, al fine di stabilire la natura e il grado
dell'esposizione e le misure preventive da attuare, affinché non
venga superato il prescritto valore limite di esposizione, di cui al
predetto articolo 254. Ai fini del rispetto di questo valore limite, il
datore di lavoro ha, altresì, l'obbligo di effettuare periodicamente la
misurazione della concentrazione di fibre di amianto nell'aria del
luogo di lavoro (ex articolo 253). I campionamenti che vengono
effettuati a tale fine devono avvenire sempre previa consultazione
dei
lavoratori
ovvero
dei
loro
rappresentanti.
Alla luce delle previsioni normative vigenti in materia,
l'Amministrazione, quindi, ha affrontato la questione dell'amianto,
sviluppando a tutto campo un complesso di molteplici attività
necessarie: all'individuazione dei materiali e della componentistica
contenente tracce di amianto; alla rimozione di ogni fonte di
potenziale pericolo per la salute del personale, anche in relazione ai
livelli di esposizione alle fibre aerodisperse; all'adozione di tutte le
più efficaci misure di prevenzione per il personale eventualmente
esposto; all'effettuazione di analisi e misurazioni ambientali, ai fini
della necessaria verifica dei valori rilevati, sulla base dei limiti
previsti dalla normativa vigente; al sostegno e all'attribuzione dei
benefici previdenziali e assistenziali previsti dalle norme vigenti a
favore del personale e dei rispettivi familiari; all'attuazione di
iniziative nei confronti delle ditte costruttrici, affinché si evitasse la
presenza di sostanze nocive per la salute e l'ambiente nei sistemi di
nuova generazione. Con particolare riferimento alla presenza di
tracce di amianto sugli elicotteri delle Forze armate, alcune delle
suddette aree di intervento, come ho precedentemente ricordato,
sono attualmente oggetto di verifiche da parte della magistratura,
alla cui attività il Dicastero guarda con piena fiducia e alla quale non
232
farà mancare la massima collaborazione e disponibilità, proprio nel
precipuo interesse della salvaguardia della salute del personale. A
tale riguardo, mi limito a fare presente che i competenti organi
tecnici dell'Amministrazione, in esito alle numerose comunicazioni
nel tempo intercorse con Agusta Westland, hanno provveduto
inizialmente ad un laborioso e puntuale processo di identificazione
degli elementi dei velivoli che – costruiti prima del 1992, anno,
come detto, di messa al bando dell'amianto – potevano presentarne
delle tracce. Gli stessi organi tecnici, successivamente, pur avendo
riscontrato, nelle analisi sulla presenza di fibre di amianto, una
densità ben al di sotto dei limiti previsti dalla legge negli ambienti di
lavoro (sia manutentivo che operativo), sulla base delle priorità
individuate in relazione al grado di pericolosità dei vari componenti,
hanno posto in essere senza soluzione di continuità le azioni,
tuttora in corso, necessarie alla progressiva sostituzione dei
componenti stessi, al fine di eliminare ogni fonte di potenziale
pericolo per garantire la massima tutela della salute del personale
che opera sugli stessi elicotteri. A ulteriore conferma di quanto
sopra, l’Agusta Westland recentemente ha reso noto con lettera del
suo Amministratore delegato al Ministro della difesa, che «allo stato
attuale, gli elicotteri delle Forze armate e dei Corpi dello Stato sono
stati “bonificati”, in accordo a prescrizioni tecniche emesse da
Agusta e con piani di intervento coordinati con i vari enti, per
quanto riguarda i componenti che rappresentavano un pericolo
maggiore per il personale e per l'ambiente, ovvero le pastiglie dei
freni delle ruote del carrello di atterraggio (di gran lunga le più
pericolose) e quelle del freno rotore (per le quali si sta operando
sugli ultimi elicotteri)». È evidente che tutte le attività condotte sino
ad ora hanno tenuto conto del fatto che la pericolosità dell'amianto
permane nella possibilità che vengano rilasciate nell'aria fibre
(aerodisperse) in misura superiore al previsto valore limite. Nel
contempo, per ogni intervento di sostituzione, sono state adottate,
altresì, specifiche misure informative e protettive nei riguardi del
personale utilizzatore. Anche per quanto riguarda la questione degli
indennizzi i vertici dell'Amministrazione hanno attivamente
operato, sin dalla comparsa dei primi casi di malattie asbestocorrelate tra il personale delle Forze armate, per assicurare ad esso
un adeguato sostegno e una sollecita e accurata trattazione sia delle
richieste di benefici previdenziali che di indennizzo per gli stessi e
per le loro famiglie. Con riferimento, in particolare, agli indennizzi
233
previsti per il personale che contrae infermità permanentemente
invalidanti o alle quali consegue il decesso a causa dell'esposizione a
particolari condizioni ambientali o operative, di cui all'articolo 1,
comma 564, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, preciso che non
risultano mai pervenute, per malattie asbesto-correlate domande di
riconoscimento dei relativi benefici sia da parte di personale
elicotteristico,
sia
da
parte
di
personale
civile
dell'Amministrazione. Le domande presentate alla competente
articolazione del Dicastero dai soggetti interessati o dai loro
familiari (se trattasi di personale deceduto), volte ad ottenere i
benefici di cui alla citata legge, per patologie correlate all'amianto,
risultano pari, allo stato attuale, a 346, tutte riguardanti
esclusivamente il personale della Marina militare così per i quali
sono in corso da anni indagini da parte della magistratura. All'esito
del procedimento per il riconoscimento delle infermità come
dipendenti da causa di servizio e riconducibili alle particolari
condizioni ambientali od operative, al personale, ovvero ai loro
superstiti, secondo quanto previsto dal decreto del Presidente della
Repubblica 7 luglio 2006, n. 243, sono corrisposte le seguenti,
principali, provvidenze: la speciale elargizione di euro 2.000, per
punto percentuale di invalidità, soggetta a rivalutazione, in favore
degli ammalati; la speciale elargizione di euro 200.000, soggetta a
rivalutazione automatica, per i superstiti aventi diritto; lo speciale
assegno vitalizio di circa euro 1.033 mensili soggetto a perequazione
automatica; un ulteriore assegno vitalizio di circa 250 euro mensili,
soggetto a perequazione automatica; due annualità di pensione,
comprensive di tredicesima mensilità, a favore dei familiari
superstiti aventi diritto alla pensione di reversibilità.
A quanto sopra deve aggiungersi l'esenzione dal pagamento
del ticket per ogni prestazione sanitaria, il riconoscimento del diritto
all'assistenza psicologica a carico dello Stato e il diritto al
collocamento obbligatorio del coniuge e dei figli superstiti, ovvero
dei fratelli conviventi a carico, qualora siano gli unici superstiti dei
soggetti deceduti o resi permanentemente invalidi.
Faccio notare, infine, che sempre nell'ambito del mio impegno a
tutela della salute del personale, come ho avuto già modo di rendere
noto anche all'onorevole Artini nella recente visita al
1o Reggimento Sostegno Aviazione dell'Esercito, che non appena
ho appreso le notizie così come sono state riportate dall’Huffington
Post, ho ritenuto necessario, stante anche la notevole complessità e
234
le diverse implicazioni della questione, dare disposizioni alle
competenti articolazioni della Difesa, nonostante quanto già posto
in essere in materia, per effettuare ulteriori approfondimenti al fine
di verificare la necessità di predisporre aggiuntive azioni e misure di
protezione per il personale dell'Amministrazione.
Concludo ribadendo ancora una volta che l'attenzione
dell'Amministrazione alla tutela della salute del personale rispetto
all'esposizione all'amianto non soltanto è al massimo livello
possibile, ma si sviluppa a trecentosessanta gradi. Finora, infatti,
l'impegno finalizzato a garantire che il personale non venisse
sottoposto ad esposizioni all'amianto oltre il prescritto valore limite,
non si è limitato soltanto ai componenti degli elicotteri, ma ha
riguardato, fin dalla sua messa al bando, tutti i mezzi e tutte le
strutture delle Forze armate. Non è realistica, tuttavia, la
prospettiva di una rimozione integrale della presenza di amianto,
che, peraltro, possiamo trovare ancora in grandi quantità anche
nelle fabbriche, negli edifici privati e pubblici e
nell'ambiente. L'attività dell'Amministrazione, infatti, in linea con le
disposizioni vigenti, è costantemente indirizzata a individuare la
sussistenza di situazioni di rischio per esposizione ad amianto per il
proprio personale ed intraprendere, nei casi in cui tali esposizioni
siano superiori al valore fissato per legge, le azioni necessarie a
perseguire la tutela della salute e della sicurezza del personale stesso.
§ 5. Interrogazione a risposta in commissione nr. 5/0071791
Atto Camera - Interrogazione a risposta in commissione 5/00945,
presentato da ARTINI Massimo, testo di Mercoledì 24 luglio 2013,
seduta n. 59:
ALBERTI, BASILIO, PAOLO BERNINI, RIZZO, FRUSONE,
ARTINI, CORDA.
Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
il Ministro della difesa dispone di una Scuola di formazione e
perfezionamento
del
personale
civile
(indicata
come
91http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=4592&stile
=7&highLight=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+IN+C
OMMISSIONE%27
235
CivilScuolaDife) ed ubicata in Roma, Via Mattia Battistini, n. 113117, per lo svolgimento di corsi di aggiornamento e formazione per
i dipendenti civili del predetto dicastero; la scelta di docenti dotati di
adeguati titoli culturali e scientifici al fine della formazione di
dipendenti pubblici deve costituire un obiettivo imprescindibile
dell'intera
pubblica
amministrazione,
onde
assicurare
l'aggiornamento professionale del personale, ivi compreso quello ad
ordinamento civile incardinato presso il Ministero della difesa e
deputato a coadiuvare, nel suo complesso, il sistema della difesa
nazionale; il comitato direttivo costituito con decreto ministeriale
11 agosto 1970, deputato a fissare le direttive per il funzionamento
della scuola nonché i criteri per l'organizzazione dei corsi, nel corso
degli anni non si è mai più riunito, essendo venute meno parte delle
figure che lo componevano con ovvia conseguenza che la tenuta di
un albo docenti non ha avuto più, negli anni a seguire, il necessario
e costante aggiornamento e attualmente l'attività dell'ex comitato
direttivo, in via meramente surrogatoria, ma di fatto ormai costante,
è svolta dalla divisione corsi e dall'ufficio corsi militari che
provvedono all'acquisizione di personale docente, sulla base di
curricula presentati dagli interessati e vagliati dai componenti uffici;
nel corso degli anni le docenze sono state peraltro in massima parte
attribuite a personale militare, a sua volta non sempre con titoli di
docenze esterne all'amministrazione difesa, e ciò anche nel caso di
docenti per corsi destinati al personale civile dipendente del
Ministero della difesa;
sulla scorta di quanto sopra: la scuola risulta non avere una
struttura ad hoc deputata alla selezione dei docenti cui affidare lo
svolgimento dei corsi di formazione per il personale civile, quale era
l'ex comitato direttivo, organo del tutto distinto dagli uffici interni
della scuola di formazione quali sono invece la divisione corsi e
l'ufficio corsi militari che ora adempiono il suo ruolo;
l'albo della scuola non solo non risulta più essere stato aggiornato
costantemente, ma vieppiù risulta difettare di qualsivoglia forma di
ufficializzazione, anche attraverso la sua ostensione pubblica;
la scelta dei docenti risulta dunque avvenire in assenza di
qualsivoglia procedura pubblica che garantisca la trasparenza ed
imparzialità nell’iter attraverso la pubblicità di un bando di
candidature, con relativa garanzia di pubblicità dei soggetti
destinatari delle docenze attraverso la pubblicazione per via
telematica del relativo albo docenti come avviene per altre scuole di
236
formazione ministeriale, fra cui, per esempio, quelle del personale
del personale dell'amministrazione dell'interno e del dipartimento
dell'amministrazione penitenziaria e del Ministero della giustizia –:
se il Ministro interrogato intenda o meno provvedere alla
ricostituzione del comitato direttivo della scuola di formazione e
perfezionamento del personale civile del Ministro della difesa
(CivilScuolaDife), già istituito con decreto ministeriale 11 agosto
1970 e successivamente non più riunitosi, o comunque di altro
organo collegiale, al fine di garantire che la scelta dei docenti
affidatari di corsi avvenga da parte di corpo terzo ed indipendente
dagli uffici interni della scuola medesima al fine di garantire la
massima imparzialità nel vaglio delle candidature;
se e quali iniziative intenda assumere ai fine di assicurare la
costituzione di un formale ed aggiornato albo dei docenti della
predetta scuola, anche attraverso la pubblicazione di un avviso
pubblico per la presentazione di candidature, onde garantire la
relativa massima partecipazione di candidature e la relativa selezione
e scelta di docenti in possesso di adeguati curricula scientificoprofessionali in relazione ai corsi formativi da somministrare al
personale; se e quali iniziative intenda assumere al fine di garantire
la massima trasparenza in sede di scelta dei docenti per la predetta
scuola, in conformità con il possesso di adeguati titoli culturali e
scientifici degli affidatari ed anche al fine della pubblicazione per via
telematica sulle pagine del sito della scuola del relativo albo docenti,
ufficiale ed aggiornato. (5-00717)”
Risposta scritta pubblicata Giovedì 1 agosto 2013 nell'allegato
al bollettino in Commissione IV (Difesa) 5-00717
“Nell'ambito della formazione del personale civile e militare,
l'Amministrazione Difesa ha una esperienza cinquantennale in
quanto la Scuola di Formazione e Perfezionamento dei Personale
Civile della Difesa è stata istituita con determinazione ministeriale
del 22 marzo 1963. Con decreto ministeriale 11 agosto 1970,
concernente il regolamento interno della scuola, è stato istituito il
Comitato direttivo, tra i cui compiti rientra, tra gli altri, quello di
determinare i criteri generali per l'organizzazione dei corsi e di
approvare, su proposta del Direttore della Scuola, l'albo dei
docenti. Tale Comitato Direttivo, ai sensi del successivo decreto
ministeriale 21 maggio 1983, risultava composto da diversi membri
237
tra i quali il Direttore Generale della Direzione Generale per gli
impiegati civili ed il Direttore Generale della Direzione Generale
degli operai. Nel 1998, a seguito della unificazione delle due
Direzioni Generali in un'unica Direzione Generale (attualmente
denominata Persociv), sono venute meno alcune delle figure che
componevano detto Comitato, impedendo di fatto allo stesso lo
svolgimento delle relative funzioni. Nell'ottica di un processo di
innovazione e di adeguamento alle attuali esigenze del Segretariato
Generale della difesa (Segredifesa), è stato istituito, con decreto del
Ministro della difesa del 16 gennaio 2013, il Centro di Formazione
della Difesa, ponendolo alle dipendenze del Direttore del
1o Reparto di Segredifesa. Il Centro, per il raggiungimento degli
obiettivi sopra indicati, basa la propria attività su un piano
formativo, che è approvato dal Capo di Stato Maggiore della difesa
e dai Segretario Generale, comunicato al Ministro e inviato alla
Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento della funzione
pubblica – e al Ministero dell'economia e delle finanze. Detto piano
formativo, viene valutato da un apposito Comitato Scientifico,
istituito con il citato decreto del 16 gennaio 2013, mentre i suoi
attuali membri sono stati designati con decreto del Ministro della
difesa del 19 marzo 2013. Tale Comitato scientifico ha previsto, a
cura del Segretario Generale della difesa, la revisione ed
aggiornamento dei curricula dei docenti utilizzati dal Centro, allo
scopo di garantire sia la maggiore trasparenza ed imparzialità
nell'individuazione delle professionalità del personale formatore, sia
per la costituzione del previsto albo. Si precisa, al riguardo, che
l'attività di docenza è svolta da personale civile e militare della
pubblica amministrazione in possesso di elevata qualificazione
professionale, iscritto in apposito albo costituito e custodito dal
Direttore del Centro. Gli incarichi di docenza all'interno del Centro
verranno affidati nel pieno rispetto dei principi di cui all'articolo 14,
comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica n. 70 del 16
aprile 2013, recante il regolamento di riordino del sistema di
reclutamento e formazione dei dipendenti pubblici e delle Scuole
pubbliche di formazione e, cioè, «a seguito di valutazione delle
professionalità meglio rispondenti alle caratteristiche da coprire e
nel rispetto del principio di trasparenza». Il piano di formazione del
personale, ora triennale, in cui sono rappresentate le esigenze
formative dell'amministrazione, deve essere elaborato con le
modalità e la tempistica di cui all'articolo 8 del citato decreto del
238
Presidente della Repubblica n. 70 del 2013. Nel 2012 la scuola ha
svolto 399 procedimenti formativi, su tutto il territorio nazionale,
frequentati da oltre 6400 militari e 3300 civili. Gli incarichi di
docenza, in considerazione delle peculiarità della Difesa, sono
attribuiti in via prevalente al personale interno all'amministrazione e,
tra questi, al personale militare. Nell'ottica di garantire il
raggiungimento di elevati standard qualitativi, infine, il centro di
formazione si avvale anche di Avvocati dello Stato, Magistrati
ordinari, amministrativi e contabili, oltre che di un considerevole
numero di professionisti iscritti ai rispettivi albi (ingegneri, avvocati,
architetti eccetera).
§ 6. Interrogazione a risposta scritta nr. 4/0102992
Atto Camera - Interrogazione a risposta scritta nr.4/0102993,
presentato da BARONI Massimo Enrico, testo di Mercoledì 26
giugno 2013, seduta n. 41:
BARONI.
Al Ministro della difesa, al Ministro della salute. — Per sapere –
premesso che:
risulta all'interrogante che il maresciallo Marco Diana, nel 1998, si è
ammalato di neoplasia al fegato, una forma tumorale chiamata
carcinoide neuroendocrino dell'ileo metastatico, dopo avere
prestato servizio militare in missione all'estero ed essere stato a
contatto con sostanze pericolose; la sentenza del Consiglio di Stato,
Sezione Terza, adunanza di sezione del 15 giugno 2010, numero
affare 02984/2009, ha accolto il ricorso presentato dal maresciallo
Marco Diana in data 16 ottobre 2006, nella quale egli chiedeva di
accedere ai benefici di cui al decreto del Presidente della Repubblica
7 luglio 2006, n. 243; al maresciallo Diana è stato riconosciuto il
diritto all'erogazione di una pensione privilegiata e all'accompagno,
ancorché insufficiente sia in relazione al danno globale sia per la
92http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=2490&stile
=7&highLight=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRI
TTA%27
93
… testo presentato anche al Ministero della Salute.
239
copertura delle ingenti spese mediche costantemente sostenute,
circostanza che ha costretto, il maresciallo Diana a indebitarsi per
provvedere alle cure mediche necessarie; l'argomento è stato
oggetto di una lettera del Ministro della difesa, pro
tempore Antonio Martino nella quale si dichiara e si garantisce
l'impegno a spesare al cento per cento le spese di assistenza
attraverso un atto dispositivo permanente nel quale si afferma che la
ASL non dovrà sopportare alcun carico né economico né
amministrativo sulla spesa per gli integratori sanitari in quanto tali
spese saranno a carico del ministero stesso, ovvero come citato
nella lettera: «l'Amministrazione ha posto in essere ogni azione di
natura assistenziale e previdenziale prevista dalle normative
vigenti»; sulla vicenda del maresciallo Diana, sono state presentate,
nel corso di diverse legislature, numerose interrogazioni in entrambi
i rami del Parlamento che, tuttavia, non hanno prodotto alcun esito
concreto ed efficace; in questi giorni è stata inviata al maresciallo
Diana, una raccomandata contenente due lettere datate 5 giugno
2013, a firma della dottoressa Isabella Cimmino dirigente della
divisione del Ministero della difesa – direzione generale della
previdenza militare e della leva e ricevuta dal maresciallo il 12
giugno 2013; nella prima, protocollo 054016, si chiede un parere
competente tecnico-sanitario all'ispettorato (SMD IGESAN) per
poter procedere al rilascio dell'autorizzazione in titolo. Il citato
ispettorato ha chiesto un'integrazione alla documentazione
trasmessa di prescrizioni mediche giustificative dell'acquisto di
farmaci, visite specialistiche ed esami strutturali effettuate,
rimanendo in attesa di riscontro; nella seconda, protocollo 054028,
indirizzata al Dipartimento Militare di Medicina Legale di Cagliari e
per conoscenza al maresciallo, viene scritto, tra le altre, quanto
segue: «... in esito alla richiesta formulata in titolo, intesa ad ottenere
l'autorizzazione al rimborso delle spese sanitarie per infermità
riconosciuta dipendente da causa di servizio, acquisito il parere
dell'Ispettorato Generale della Sanità Militare, si prega il D.M.M.L
di Cagliari di voler sottoporre il sottoufficiale a visita specialistica, al
fine di poter aggiornare le condizioni di salute dei predetto e di
voler inviare alla scrivente la relazione prevista, della circolare dell'ex
Difesa protocollo n. M–D GSAN 0013127 in data 21 luglio 2009,
lettera inviata al Dipartimento Militare di Medicina Legale e per
conoscenza al sottoufficiale Marco Diana»; a parere degli
interroganti, tali richieste devono considerarsi vergognose e
240
offensive della dignità umana, dato che vi è stata una sentenza del
Consiglio di Stato e una pronuncia della Corte dei conti; il
maresciallo Diana attende con urgenza che vengano soddisfatte e
garantite le seguenti richieste:
a) accesso gratuito alle strutture sanitarie pubbliche o private
convenzionate su tutto il territorio nazionale, per l'assistenza
continuativa di cui necessita quotidianamente e per l'eventuale
ricovero;
b) rimborso integrale dietro presentazione della documentazione
giustificativa delle spese relative a visite mediche specialistiche,
spese di degenza ospedaliera, analisi di laboratorio, trattamenti, ivi
comprese terapie sperimentali, medicinali, integratori alimentari,
prodotti specifici per la cura del corpo, attrezzature sanitarie e
fisioterapiche, altro qui non indicato per sintesi, che si dovesse
rendere necessario;
c) rimborso integrale del personale parasanitario necessario
(l'assistenza risulta necessaria h24);
d) rimborso integrale di tutti i costi di viaggio, vitto e alloggio nel
comune dove verrà ricoverato, ivi compresi i costi degli
accompagnatori;
e) la conferma dell'impegno del Ministero della difesa a provvedere,
nell'ipotesi di ritardo e omissione, presso tutti gli enti preposti,
affinché gli stessi immediatamente avviino le procedure e le
autorizzazioni necessarie per le cure e i trattamenti e la consegna dei
rimborsi necessari, impegnandosi all'anticipazione delle spese,
laddove questo, per sua impossibilità o difficoltà, dovesse rendersi
necessario;
f) tutto ciò, anche nell'ipotesi in cui le visite, le cure, i ricoveri, i
trattamenti dovessero essere svolti all'estero;
g) disponibilità di interlocutori attenti e sensibili alla sua
problematica sanitaria, in modo tale che non vengano a mancare
quei contatti costanti e continui che sono alla base del sostegno
morale nei confronti del maresciallo Diana;
h) conferma dell'impegno preso in occasione della visita di cortesia
di autorità ministeriali presso la sua abitazione, della concessione a
favore del maresciallo Diana di un'onorificenza al merito della
Repubblica italiana e che questo impegno venga onorato anche nella
forma del motu proprio; il caso del maresciallo Diana rischia di
creare, al di là del caso personale, una situazione di estremo disagio
tra le nostre forze armate e tra i nostri soldati impegnati in missioni
241
all'estero e in Italia; nella conferenza stampa (riportata dal
quotidiano l'Unione Sarda in data 30 giugno 2002), tenuta dallo
stesso maresciallo, sono venute alla luce alcune situazioni in cui i
nostri soldati sono costretti a operare, le quali, qualora dovessero
corrispondere al vero, porrebbero numerosi e inquietanti
interrogativi a cui bisognerebbe dare immediata risposta; non
bisogna dimenticare, infine, i casi di melanoma che si sono verificati
anche tra i civili che hanno operato in Bosnia, così come destano
preoccupazione e allarme i casi di figli nati con malformazioni
genetiche, tra i militari e i civili che hanno operato in missioni
all'estero –:
se sia a conoscenza delle inadempienze nei confronti del
sottufficiale Maresciallo Marco Diana; se, date le gravi condizioni
del maresciallo Marco Diana, intenda rispettare gli impegni presi dai
suoi predecessori per rendere giustizia all'uomo nonché al militare,
prima che sia troppo tardi; se non ritenga necessario verificare
quanto denunciato dal maresciallo Diana sulla non applicazione
delle misure di sicurezza sia durante le missioni all'estero, sia
durante le esercitazioni e come intenda affrontare questa situazione
tenuto conto, oltretutto, che i nostri militari continuano a operare in
zone di guerra; nell'ambito delle rispettive competenze, se non
ritengano necessario e urgente la costituzione di una commissione
che affronti, in maniera seria e scientifica, tutta la materia in
questione e sappia dare una risposta reale e veritiera sulle cause di
tante patologie che hanno colpito sia i militari sia i civili operanti
all'estero, e, in alcuni casi, anche i loro figli. (4-01029)
§ 7. Interrogazione a risposta in commissione nr. 5/0065694
Atto Camera - Interrogazione a risposta in commissione 5/00656,
presentato da BASILIO Tatiana, testo di Venerdì 19 luglio 2013,
seduta n. 56:
BASILIO, CORDA,
PAOLO BERNINI, RIZZO, ARTINI, FRUSONE e ALBERTI.
94http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=4251&stile
=7&highLight=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+IN+C
OMMISSIONE%27
242
Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
il sottocapo Nocchiere di 3a classe della Marina militare Alessandro
Nasta è morto tragicamente il 24 maggio 2012 sulla nave Amerigo
Vespucci precipitando dall'albero di maestra, il più alto. Aveva solo
29 anni e cadde da una altezza di circa 15 metri urtando la testa
sul ponte di coperta;
al momento dell'incidente, la nave era in navigazione isolata al largo
dell'Argentario, 40 miglia a Nord di Civitavecchia. Il giovane,
trasportato in elicottero, morì all'ospedale di Civitavecchia a seguito
dell'aggravarsi delle condizioni cliniche e per le numerose fratture
riportate;
sui fatti che hanno portato alla tragica morte del giovane militare è
ancora in corso un'indagine della procura della Repubblica di
Civitavecchia;
con decreto n. 115 del Ministero della difesa — Direzione
generale della previdenza militare e della leva I Reparto 4a Divisione
— Servizi Speciali Benefici si rigettava l'istanza presentata in data 19
luglio 2012 dal signor Pietro Nasta, padre del militare deceduto, che
chiedeva che suo figlio venisse equiparato alle vittime del dovere;
nel decreto sopracitato si legge «per l'evento traumatico in esame
non può ravvisarsi alcuna delle situazioni di cui all'articolo 1,
comma 563, non ricoprendo l'incidente gli estremi né del contrasto
ad ogni tipo di criminalità, né dell'ordine pubblico, né
dell'operazione di soccorso, né della vigilanza ad infrastrutture civili
o militari, né dell'attività di tutela della pubblica incolumità, né tanto
meno di azione recata in un contesto internazionale non avente
necessariamente la caratteristica dell'ostilità» e che «l'evento lesivo
non può neanche inquadrarsi nel comma 564 attesa l'origine
violenta dell'evento e non da infermità dello stesso»;
il comitato di verifica per le cause di servizio ha risolto la questione
in modo assai contraddittorio sostenendo la violenta emorragia
cerebrale per gravissimo trauma cranio facciale con fratture cranio
facciali multiple sarebbero «sì dipendenti da causa di servizio» ma
«non riconducibili alle particolari condizioni ambientali ed operative
comunque implicanti l'esistenza od il sopravvenire di circostanze di
servizio straordinarie» –:
se il Ministro non ritenga di promuovere la revisione della decisione
assunta dalla direzione generale della previdenza militare e della
leva, anche alla luce del fatto che è innegabile che il sottocapo
Nocchiere Alessandro Nasta abbia perso la propria vita durante
243
l'orario di servizio e mentre svolgeva le proprie mansioni in mare
aperto a bordo della Vespucci e ad una altezza molto pericolosa;
quali provvedimenti siano stati assunti per impedire il ripetersi di
incidenti mortali come quello in oggetto e segnatamente se il
personale abilitato a salire sugli alberi della Vespucci sia dotato di
tutta l'attrezzatura antinfortunistica del caso, vista l'altezza in cui il
personale opera con nave per di più in movimento. (5-00656)
Risposta scritta pubblicata Giovedì 26 settembre 2013
nell'allegato al bollettino in Commissione IV (Difesa)
5-00656
Le norme sulla sicurezza dei luoghi di lavoro previste dal decreto
legislativo n. 81/2008 vengono applicate alle Forze armate, ai sensi
dell'articolo 3, comma 2, dello stesso decreto legislativo a partire
dall'ottobre 2010, con l'entrata in vigore del decreto del Presidente
della Repubblica n. 90/2010 (articoli 244 e seguenti).
In particolare, la Marina Militare italiana ha integrato tali
disposizioni con apposita circolare – entrata formalmente in vigore
nel febbraio 2012 – dove è prevista l'elaborazione, da parte di
imprese specializzate, di una Relazione Tecnica sulla Valutazione
dei Rischi (RTVR) che costituisce il documento base per procedere,
poi, alla redazione del Documento di Valutazione dei Rischi (DVR)
delle unità navali esistenti.
Per quanto concerne nave Vespucci, con riferimento al tragico
incidente che ha portato al decesso del Sottocapo di 2a classe
Nocchiere Alessandro Nasta, la trasmissione della Relazione
Tecnica sulla Valutazione dei Rischi risulta avvenuta in data 29
ottobre 2011, a cura dell'Arsenale della Marina Militare di La Spezia,
mentre per il medico competente, già nel 2009, la Direzione di
Sanità di La Spezia ha provveduto a designare l'ufficiale medico che
ha il compito di collaborare con il comando di bordo («datore di
lavoro») alla valutazione dei rischi e alla predisposizione del relativo
documento, oltre a esercitare la sorveglianza sanitaria sul personale
appartenente ai Nuclei di pronto intervento di bordo.
A seguito della trasmissione della citata Relazione, il medico
competente ha preso i primi contatti con nave Vespucci per
concordare le azioni dirette alla redazione del DVR, ancorché al
momento del tragico evento non fossero ancora del tutto
completate le formalità previste dalla menzionata circolare.
244
È il caso di evidenziare che, al momento dell'evento, la nave non
solo era – come già detto – in possesso della prevista RTVR, ma nel
documento era stato valutato anche lo specifico rischio concernente
le mansioni alle quali era addetto il militare (con particolare riguardo
alla fase della manovra alle vele).
Successivamente, il Comando di bordo ha provveduto a
perfezionare il documento di valutazione dei rischi (DVR) che
conferma le valutazioni e le predisposizioni di sicurezza contenute
nella richiamata Relazione Tecnica (RTVR), dove il rischio del
ripetersi di eventi dannosi similari è stato valutato tenendo nella
debita considerazione, oltre le peculiari esigenze tecnico-operative
dell'unità, anche la necessità di tutelare la sicurezza della navigazione
dell'intero equipaggio, in relazione alle particolari caratteristiche di
manovra di un'unità a propulsione velica.
Nello specifico, il grado di rischio era risultato «accettabile» (grado
4) dalle metodologie di calcolo definite nella sezione «metodologia»
della RTVR, in base alle quali, pur in presenza di possibili danni
«gravissimi», il grado di rischio era ritenuto mitigato mediante
l'utilizzo dei dispositivi di protezione individuale.
Tali dispositivi, previsti, più in generale, su tutte le unità navali per i
«lavori in quota», sono: imbracature di sicurezza omologate e di tipo
paracadutistico, apposite scarpe tecniche da vela, tuta da vela con
inserti catarifrangenti.
Tenuto, altresì, conto che in navigazione è sempre presente
personale sanitario, è possibile (da parte dell'operatore e/o del
Comando) la notifica e/o la verifica di eventuali condizioni di salute
ostative al corretto utilizzo dei dispositivi di protezione
individuale/sistemi d'imbracatura e/o allo svolgimento in sicurezza
delle attività in alberata.
Con particolare riguardo alle imbracature di sicurezza, fermo
restando il criterio di applicare i migliori ritrovati tecnici in materia
di sicurezza del lavoro esistenti in un determinato momento storico,
sono stati recentemente adottati nuovi modelli per un migliore e più
rapido aggancio alle strutture di sicurezza predisposte sull'unità.
Ulteriori strumenti di riduzione del rischio risiedono nella
intensificazione delle esercitazioni – così da mantenere un elevato
livello di addestramento – e nell'indottrinamento continuo circa le
modalità di salita «a riva» e i possibili rischi intrinsechi all'attività
stessa.
245
Peraltro, tutto il personale viene regolarmente sottoposto ai previsti
controlli sanitari e svolge i propri servizi in turnazioni giornaliere,
allo scopo di garantire un adeguato periodo di riposo.
Inoltre, per ogni attività da svolgere in alberata, nel corso del
«briefing» operativo, il Nostromo di servizio chiede al militare
designato se ha compreso l'attività che deve effettuare e se è nelle
condizioni psicofisiche per assolvere i propri compiti: il personale
imbarcato, senza alcuna eccezione, è professionalmente preparato
per il compito tecnico da svolgere.
Le lavorazioni in alberata vengono eseguite soltanto dal personale
della categoria «Nocchiere», nella cui formazione e addestramento
rientra anche il corretto utilizzo dei dispositivi di protezione
individuale.
Il personale di Nave Vespucci è organizzato in tre squadre e i
relativi servizi di guardia in navigazione prevedono una turnazione
di 4 ore di guardia (Squadra di guardia), 4 ore a disposizione su
chiamata, per lavorazioni che richiedono un maggior numero di
personale per l'esecuzione delle stesse (Squadra di comandata) e 4
ore di riposo (Squadra franca). Per il tipo di attività in corso, al
momento dell'incidente, erano state impiegate la Squadra di guardia
e quella di comandata, della quale faceva parte il Nocchiere
Alessandro Nasta. Prima del proprio servizio di guardia e
successiva comandata il militare aveva avuto 8 ore di riposo/libero
da servizi e indossava i dispositivi di protezione previsti, di cui si è
già detto: precisamente, cintura di sicurezza ad imbracatura con
spalline per salita a riva, tuta da lavoro e scarpe tecniche da vela.
Chiariti tali aspetti in ordine alla sicurezza, mi preme sottolineare
che, a fronte della tragedia che ha colpito la famiglia del giovane
militare, sono state attivate dalla Marina Militare tutte le iniziative
possibili per assicurare adeguato supporto, anche sotto l'aspetto
amministrativo/burocratico, ai familiari.
Nello specifico, sono state concesse:
spese di soggiorno (vitto e alloggio) nella località dove si trovava il
militare al momento del decesso;
spese di trasporto (andata e ritorno) dei familiari dalla località di
residenza
a
quella
dove
si
trovava
il
militare;
le spese sostenute per le onoranze funebri, la traslazione della salma,
l'acquisto di corone di fiori e la pubblicazione di necrologi.
È stata, inoltre, concessa l'elargizione del sussidio di «particolare
assistenza», che viene corrisposto a fronte delle spese sostenute e da
246
sostenere connesse all'evento, ottenuto in caso di decesso causato
da ferite o lesioni riportate nel corso di attività addestrativa,
operativa o logistica/funzionale. Quanto, invece, alla richiesta di
rivedere «la decisione assunta dalla direzione generale della
previdenza militare e della leva», devo osservare che il Comitato di
Verifica per le cause di servizio, con parere reso in data 19 marzo
2013, ha riconosciuto le fratture causa del decesso dipendenti da
fatti di servizio, ma non riconducibili alle particolari condizioni
ambientali od operative di missione. Stante l'obbligatorietà, per
l'Amministrazione della Difesa e, quindi, anche per il Ministro
stesso, di attenersi al parere del Comitato di Verifica, non si è potuta
accogliere l'istanza del Signor Nasta, padre di Alessandro, volta ad
ottenere per il figlio il riconoscimento della qualifica di «equiparato
alle vittime del dovere». Nel merito, la legge 23 dicembre 2005, n.
266, all'articolo 1, comma 562, ha stabilito la progressiva estensione
dei benefici già previsti per le vittime del terrorismo e della
criminalità organizzata anche alle «vittime del dovere» (di cui
all'articolo 1, comma 563 della citata legge) e agli «equiparati alle
vittime del dovere». Gli «equiparati alle vittime del dovere» –
individuati in relazione alle particolari condizioni ambientali od
operative in cui il militare ha operato – sono, ai sensi dell'articolo 1,
comma 564, della medesima legge n. 266/2005, coloro che «abbiano
contratto infermità permanentemente invalidanti o alle quali
consegua il decesso, in occasione o a seguito di missioni di
qualunque natura, effettuate dentro e fuori dai confini nazionali e
che siano riconosciute dipendenti da causa di servizio per le
particolari condizioni ambientali od operative di missione». In
buona sostanza, con tale norma e con il successivo regolamento
applicativo, di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 243
del 2006, si è inteso garantire una maggiore tutela agli «equiparati
alle vittime del dovere», in relazione alla straordinarietà delle
circostanze – che debbono essere fuori dal comune, eccezionali – e
ai fatti di servizio che debbono aver esposto il militare a maggiori
rischi o fatiche nel corso di missioni autorizzate da un'autorità
gerarchicamente o funzionalmente sopra ordinata al dipendente,
causandone la malattia e/o il decesso. La normativa in questione
(articolo 1, commi 563 e 564 della legge n. 266 del 2005) ha,
dunque, diversamente considerato (con una misura diversa della
speciale elargizione e con l'attribuzione di ulteriori benefici
assistenziali) gli eventi luttuosi che si verificano in relazione a
247
situazioni specifiche e ad alto rischio rispetto a quelli che possono
verificarsi, occasionalmente, nell'adempimento delle ordinarie
attività istituzionali del militare. Conseguentemente, in qualità di
«vittima del servizio», essendo il giovane deceduto in attività di
servizio, per diretto effetto di lesioni causate da un evento di natura
violenta riportate nell'adempimento del servizio, ovvero di
un'attività ordinaria e programmata correlata ai precipui compiti
istituzionali, spetta ai genitori la speciale elargizione, di cui
all'articolo 1896 del decreto legislativo n. 66 del 2010.
§ 8. Interrogazione a risposta scritta nr. 4/0118895
Atto Camera - Interrogazione a risposta scritta 4/01188, presentato
da BASILIO Tatiana, testo di Venerdì 19 luglio 2013, seduta n. 56:
BASILIO, ALBERTI, CORDA, SORIAL, DALL'OSSO, SPADO
NI, ARTINI, RIZZO, COMINARDI, PAOLO
BERNINI, FRUSONE.
Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
il trattato di non proliferazione nucleare sancisce l'obbligo per
l'Italia di non ospitare ordigni nucleari e per gli Stati nucleari, di non
dispiegare tali armamenti al di fuori del proprio territorio, nello
specifico l'articolo 1 recita: «Ciascuno degli Stati militarmente
nucleari, che sia Parte del Trattato, si impegna a non trasferire a
chicchessia armi nucleari o altri congegni nucleari esplosivi, ovvero
il controllo su tali armi e congegni esplosivi, direttamente o
indirettamente; si impegna inoltre a non assistere, né incoraggiare,
né spingere in alcun modo uno Stato militarmente non nucleare a
produrre o altrimenti procurarsi armi nucleari o altri congegni
nucleari esplosivi, ovvero il controllo su tali armi o congegni
esplosivi»;
secondo
quanto
affermato
dall'Istituto affari
internazionali nel documento «Il dibattito sulle armi nucleari tattiche
in Italia» nonostante l'esplicito impegno a «creare le condizioni per
un mondo senza armi nucleari», il nuovo Concetto strategico della
Nato adottato a Lisbona il 19 novembre 2010 ribadisce che
95http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=2649&stile
=7&highLight=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRI
TTA%27
248
«fintanto che ci sono armi nucleari nel mondo, la Nato rimarrà una
Alleanza nucleare». Ultimo caso di dispiegamento avanzato
(forward deployment), cinque paesi dell'Alleanza atlantica – Belgio,
Germania, Italia, Olanda e Turchia – continuano ad ospitare armi
nucleari tattiche (Ant) statunitensi all'interno dei propri confini. Il
tipo di arma nucleare a disposizione della Nato attualmente ospitata
sul territorio europeo è la bomba gravitazionale B-61, che è
comunemente classificata come tattica. Attualmente sono in
servizio le versioni B61-3, B61-4 e B61-10, costruite tra il 1979 e il
1989, con varie opzioni di potenza da 0.3 a 170 chilotoni. Le bombe
possono essere trasportate dagli aerei statunitensi F-15E e F-16C/D
e dagli aerei delle forze europee come gli F-16 belgi, olandesi, turchi
e i Tornado italiani e tedeschi. Le bombe sono custodite sotto il
controllo
americano
dagli US
Munitions
Support
Squadrons (Munss); svariati organi di stampa parlano di atomiche
americane presenti in Italia nelle basi di Aviano e Ghedi, di
esercitazioni svoltesi nelle stesse per valutare la sicurezza delle armi
nucleari e di addestramento specifico rivolto al personale militare
per fronteggiare emergenze di carattere nucleare in caso di incidenti
con queste stesse armi; i siti Internet ufficiali dell'Aeronautica
militare statunitense affermano che nella base di Aviano esistono
apparecchiature specifiche per il controllo e la manutenzione di
questo genere di armamenti; come affermato dalla Corte
internazionale di giustizia mantenere una minaccia nucleare nei
confronti di altri Paesi è un illecito, per di più le armi nucleari in
territorio italiano rappresentano un pericolo per la salute e la vita di
chi vive nei pressi di una installazione nucleare militare; tra gli
Accordi bilaterali USA-Italia, l’air technical Agreement (Accordo
tecnico aereo Italia-Usa) del 30 giugno 1954 definisce i limiti delle
attività operative, addestrative, logistiche e di supporto che i velivoli
americani possono effettuare sul territorio italiano mentre
il Bilateral Infrastructure Agreeement Accordo bilaterale italoamericano (BIA) sulle infrastrutture stipulato il 20 ottobre 1954
regola le modalità per l'utilizzo delle basi concesse in uso alle Forze
USA sul territorio nazionale, generalmente conosciuto come
«Accordo Ombrello», in conformità al BIA, sono stati approvati,
nel corso degli anni, vari Memorandum d'intesa, tecnici e locali per
regolamentare diversi aspetti connessi all'uso delle singole basi;
tali accordi tecnici confermano che le basi militari utilizzate dagli
Stati Uniti nel nostro Paese sono finora state soggette a una duplice
249
forma di controllo operata dalle autorità militari statunitensi e
italiane. I comandanti delle basi sono militari italiani ma essi non
hanno poteri di controllo sostanziale sulle attività poste in essere
dagli Stati Uniti, poiché si limitano a decidere in materia di numero
dei voli, orari dei voli, responsabilità di assistenza al traffico aereo. Il
controllo di carattere militare sul personale, l'equipaggiamento, i tipi
di attività che vengono posti in essere dagli Stati Uniti ricadono
nella competenza del comandante statunitense. Quanto al
trattamento del personale delle basi, gli schemi di accordi tecnici
rinviano alle disposizioni contenute nel Trattato di Londra;
si segnala che tali due ultimi Agreement, come ha anche sottolineato
il ministro Martino nel corso della comunicazione alle Commissioni
Difesa di Camera e Senato del 21 gennaio 2003, hanno una elevata
classifica di segretezza e non possono essere declassificati
unilateralmente; la dottrina nettamente maggioritaria (Mortati,
Cassese, Barbera, Barile) non ritiene compatibile con il sistema
l'esistenza di Trattati segreti ritenendoli illegittimi. Alcuni autori
(Fois) giungono addirittura a chiedersi se un Trattato segreto, in
quanto tale, abbia effetti giuridicamente vincolanti. La tesi
dominante, ossia quella dell'illegittimità dei Trattati segreti poggia
sulla ricostruzione dei principi costituzionali in materia, su quella dei
rapporti tra organi costituzionali (in particolare tra Governo,
Presidenza della Repubblica e Camere) e normativamente fa fulcro
sull'articolo 80 della Costituzione; secondo quanto affermato dal
sottosegretario di Stato per gli affari esteri, pro tempore Scotti, la
determinazione dell'Italia a sostenere il processo di disarmo
nucleare è stata confermata anche nel Vertice di Lisbona, dove è
stato approvato un nuovo concetto strategico della NATO,
indirizzato verso un'ulteriore riduzione in Europa degli arsenali
nucleari dell'Alleanza atlantica, la cui capacità di deterrenza dovrà
dipendere sempre meno dal fattore nucleare –:
se le informazioni riportate in premessa corrispondano al vero,
quante siano le bombe nucleari stoccate nel nostro Paese e in quali
siti si trovino; se corrisponda al vero che le bombe atomiche
tattiche stoccate in Italia siano state recentemente ammodernate su
disposizioni del Governo degli Stati Uniti per consentirne l'utilizzo
anche a bordo degli F35; come il Governo reputi compatibile lo
stoccaggio di armi nucleari in Italia con il trattato di non
proliferazione nucleare sottoscritto dal nostro Paese: se in base al
decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230 il Governo intenda
250
mettere a conoscenza la popolazione sui rischi alla salute, sulla
radioattività ambientale e sui piani di evacuazione dei civili in caso
di emergenza nucleare, dato che i suddetti piani di evacuazione non
risultano ad oggi conosciuti dalle autorità civili. (4-01188)
§ 9. Interrogazione a risposta scritta nr. 4/0158496
Atto Camera - Interrogazione a risposta scritta 4/01584, presentato
da BASILIO Tatiana, testo di Lunedì 5 agosto 2013, seduta n. 65:
BASILIO, CORDA, PAOLO BERNINI e ALBERTI.
Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
con la legge 11 luglio 1978, n. 382 — oggi confluita nel codice
dell'ordinamento militare di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010,
n. 66 — venivano istituiti per l'Esercito, la Marina, l'Aeronautica, i
carabinieri e la guardia di finanza degli organi di rappresentanza di
militari suddivisi, a seconda delle competenze, in organo centrale
detto COCER, organo intermedio detto COIR e organo di base
detto COBAR; nel medesimo corpo normativo venivano previste
tutta una serie di garanzie e tutele per i delegati dei predetti
organismi al fine di vietare tutti quegli atti diretti comunque a
condizionare o limitare l'esercizio del mandato dei componenti degli
organi della rappresentanza; risulta agli interroganti che lo Stato
Maggiore della difesa, con lettera prot. n. 1/533 del 19 luglio 2013 a
firma del Capo di Stato Maggiore della difesa, ammiraglio Luigi
Binelli Mantelli, abbia richiamato l'intero Consiglio centrale di
rappresentanza interforze sia sull'uso dell'abito civile durante i lavori
sia all'estesa «discrezionalità» nella partecipazione ad incontri
istituzionali, ma anche nell'ordinario esercizio delle funzioni,
definendo addirittura «disdicevoli» tali comportamenti; a parere
degli interroganti, l'iniziativa del Capo di Stato Maggiore della difesa
si configura come un chiaro richiamo disciplinare collettivo volto a
creare nei delegati un evidente condizionamento gerarchico
nell'esercizio del mandato. L'uso degli abiti civili, in particolare per i
delegati COCER delle sezioni carabinieri e guardia di finanza, si
96http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=5465&stile
=7&highLight=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRI
TTA%27
251
rende necessario per evitare che gli stessi portino l'arma individuale
al seguito, sia all'interno del Consiglio centrale di rappresentanza
interforze sia nelle sedi istituzionali a cui i delegati intervengono.
Inoltre, è noto che l'accesso di personale militare armato è vietato in
Parlamento e in molti ambiti istituzionali; dalla lettura del
documento in esame, oltre alla questione relativa all'uso
dell'uniforme, gli interroganti ritengono che tale lettera può
configurare una indebita ingerenza nell'esercizio del mandato della
rappresentanza militare da parte del Capo di Stato Maggiore della
difesa e sul funzionamento dei consigli stessi, in quanto il richiamo
alla «discrezionalità» nella partecipazione ai lavori da parte dei
delegati, contemplato dall'articolo n. 913 del decreto del Presidente
15 marzo 2010, n. 90, agirebbe sull'autonomia dei Consigli e degli
stessi delegati –:
se intenda il Ministro interrogato assumere iniziative per revocare
quanto previsto nella lettera prot. n. 1/533 del 19 luglio 2013 a
firma del Capo di Stato Maggiore della difesa ammiraglio Luigi
Binelli Mantelli; se intenda procedere celermente ad una modifica
delle eventuali disposizioni che regolano l'uso dell'uniforme e la
libera partecipazione ad incontri/riunioni da parte dei delegati al
fine di lasciare libera «discrezionalità» ai delegati nell'ambito delle
proprie funzioni; quali iniziative intenda intraprendere il Ministro
nei confronti del Capo di Stato Maggiore della difesa e di chiunque
agisca in tal senso, al fine di evitare in futuro ogni possibile
condizionamento e limitazione, diretta e indiretta, nell'esercizio delle
proprie funzioni ai delegati della rappresentanza militare. (4-01584)
§ 10. Interrogazione a risposta scritta nr. 4/0165497
Atto Camera - Interrogazione a risposta scritta 4/01654, presentato
da BASILIO Tatiana, testo di Giovedì 8 agosto 2013, seduta n. 68:
BASILIO, RIZZO, FRUSONE, ALBERTI, CORDA, ARTINI e
PAOLO BERNINI.
97http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=5954&stile
=7&highLight=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRI
TTA%27
252
Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
sul sito internet dell’Huffington Post in data 7 agosto 2013 è stato
pubblicato un articolo dal titolo «Elicotteri delle forze armate pieni
di amianto: in esclusiva il carteggio tra la Difesa e Agusta Westland».
Nell'articolo si legge: «La flotta di elicotteri delle nostre forze armate
è a rischio contaminazione: innumerevoli modelli attualmente in
dotazione a Esercito, Marina, Aviazione e Carabinieri sarebbero in
pratica scatole volanti piene di amianto»;
questa situazione andrebbe avanti da oltre quindici anni, nel
sostanziale silenzio delle autorità coinvolte. L'articolo parla di un
vivace scambio di lettere tra il Ministero della difesa e l'azienda che
li ha fabbricati, l'Agusta Westland. Compagnia che, per prima, li
definisce testualmente «inquinati»; il carteggio sarebbe adesso in
possesso dei magistrati delle procure militari di Roma e Napoli,
anche in seguito alla opportuna segnalazione del «Partito per la
Tutela dei Diritti dei Militari»;
dopo il ’92 (anno della legge che bandisce l'impiego dell'amianto) la
controllata di Finmeccanica ha provveduto a informare la difesa su
quali e quanti modelli di velivoli da loro prodotti contenessero
asbesto, in quali e quante parti delle rispettive carlinghe. «Sin dal
1996 abbiamo trasmesso l'elenco di tutti i materiali
pericolosi presenti sui nostri elicotteri», scrivono dall'Agusta
Westland nella loro lettera del 6 giugno scorso al Segretariato
generale della difesa e direzione nazionale degli armamenti. Secondo
l'azienda il Ministero era stato debitamente informato del problema
come dimostrerebbe un dossier di oltre cinquanta pagine ricco di
tabelle ed informazioni inviate alla difesa; secondo tali tabelle – su
tutte citiamo quella datata 6 aprile 2006 – si legge che per quanto
riguarda i modelli AB 206, AB 205, AB 212, AB 212 AS, AB 412:
«L'amianto può essere contenuto in guarnizioni, condotti, tubi,
nonché pastiglie dei freni». Negli elicotteri SH-3D; HH-3F:
«L'amianto può essere contenuto nelle pastiglie dei freni, ruote e
rotore, nella frizione e nell'APU». Nel CH47: «L'amianto può essere
contenuto nelle pastiglie dei freni». Così per l'A129: «L'amianto è
presente nelle guarnizioni delle paratie parafiamma», mentre per
l'A109: «L'amianto può essere contenuto in guarnizioni, condotti,
tubi, nonché pastiglie dei freni, rotore e ruote»;
in un'altra tabella del 13 febbraio 1996 (dieci anni prima) viene
indicata la presenza di amianto anche a bordo dell'AB204, dell'SH3DTS e dell'HH 500;
253
l'Agusta Westland avrebbe intrapreso sua sponte una prima bonifica
su 14 di queste macchine in un cantiere presso la base di
Grazzanise, in provincia di Caserta; gli equipaggi, non sarebbero
stati informati della presenza dell'amianto a bordo di quello che è il
loro luogo di lavoro: né dei rischi di salute nell'operarvi a stretto
contatto, né delle misure di sicurezza che avrebbero dovuto
prendere a titolo di prevenzione e a tutela della loro salute;
l'articolo dell’Huffington Post riporta frasi virgolettate di due
elicotteristi appartenenti a corpi diversi. «Sugli elicotteri è la prima
volta che sento parlare di problematiche simili – racconta uno
specialista della Marina Militare – noi non ne siamo certo stati
informati. Qualche guarnizione la si sostituisce. Ma se il problema
riguarda anche le tubazioni, queste non vengono cambiate quasi
mai, e alcune si trovano in punti praticamente inaccessibili».
«Neanche noi abbiamo mai avuto informazioni su questi rischi, né
sulle precauzioni da adoperare nel maneggio e nell'ispezione di
questi mezzi – conferma un elicotterista dell'Esercito – il pilota fa
l'ispezione al mezzo, prima di salire a bordo. Ma lo specialista mette
mano ai componenti, smonta e rimonta. E in tanti anni nessuno si è
mai raccomandato perché usassimo cautela o precauzioni, entrando
in contatto con questo materiale che sappiamo benissimo essere
dannoso»; la legge 27 marzo 1992, n. 257, ha fissato le norme
relative alla cessazione dell'impiego dell'amianto –:
se le notizie riportate nell'articolo citato in premessa corrispondano
al vero e in caso affermativo quale sia la ragione per la quale non
sono state assunte iniziative organiche di bonifica dall'amianto degli
elicotteri e non si sia informato il personale dei rischi concernenti la
presenza di asbesto su molte parti di materiale a bordo;
se quali e quanti siano i velivoli che risultino ancora non
completamente bonificati, se siano ancora impiegati, per quali
attività e quali siano le misure di prevenzione adottate per tutelare la
salute degli equipaggi di volo e del personale militare comunque
imbarcato a bordo nonché dei meccanici adibiti alla manutenzione
degli stessi; se il Ministero abbia provveduto, a partire dal marzo
1992, a monitorare i casi di malattia del personale civile e militare
tipici da avvelenamento o contaminazione da amianto e quanti casi
risultino tra il personale impiegato intorno agli elicotteri in
questione; se il conclamarsi di diversi casi di malattie asbesto
correlate tra il personale delle Forze amate ha comportato
risarcimenti per gli stessi e le loro famiglie e se comunque intenda
254
assumere iniziative in questa direzione per i casi che si dovessero
conclamare in futuro. (4-01654)
§ 11. Interrogazione a risposta scritta nr. 4/0179198
Atto Camera - Interrogazione a risposta scritta 4-01791, presentato
da BERNINI Massimiliano, testo di Mercoledì 11 settembre 2013,
seduta n. 75:
M.BERNINI, ARTINI, ALBERTI, RIZZO, L'ABBATE,
PARENTELA, GALLINELLA, BASILIO, P.BERNINI,
FRUSONE.
Al Ministro della difesa, al Ministro per la pubblica
amministrazione e la semplificazione, al Ministro dell'economia e
delle finanze. – Per sapere — premesso che:
attualmente sono circa 282 i vincitori e gli idonei di concorsi
pubblici banditi dall'Amministrazione civile della difesa negli anni
2008-2009 e che risultano essere in attesa di assunzione. Le
procedure concorsuali in parola sono quelle di seguito
specificate:
a) concorso su base circoscrizionale per 111 posti di funzionario
di amministrazione, area funzionale C, posizione economica C1.
Bandito con Gazzetta Ufficiale 4aSerie Speciale n. 59 del 27 luglio
2007, graduatoria di merito pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 24
del 25 marzo 2011. Tale procedura si è conclusa nel 2009 e i
relativi cittadini risultati vincitori/idonei sono in attesa da 4 anni;
b) concorso su base circoscrizionale per 9 posti di collaboratore
bibliotecario, area funzionale C, posizione economica C1 bandito
con Gazzetta Ufficiale 4a Serie Speciale n. 59 del 27 luglio 2007,
graduatoria di merito pubblicata in data 8 aprile 2009, con i
vincitori in attesa da 4 anni;
c) concorso su base circoscrizionale per 63 posti di collaboratore
tecnico, elettrotecnico ed elettromeccanico area funzionale C,
posizione economica C1. Bandito con Gazzetta Ufficiale 4a Serie
98http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=6464&stile
=7&highLight=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRI
TTA%27
255
Speciale n. 59 del 27 luglio 2007, graduatoria di merito pubblicata
in data 14 novembre 2008, con i vincitori in attesa da 5 anni;
d) concorso su base circoscrizionale per 4 posti di funzionario
tecnico, settore elettronico, optoelettronico e delle
telecomunicazioni area funzionale C, posizione economica C2.
Bandito con Gazzetta Ufficiale, 4a Serie Speciale n. 59 del 27 luglio
2007, graduatoria di merito pubblicata in data 15 dicembre 2008,
con i vincitori in attesa da 5 anni;
e) concorso su base circoscrizionale per 5 posti di ingegnere del
settore elettrotecnico ed elettromeccanico, area funzionale C,
posizione economica C2. Bandito in data 16 luglio 2007,
graduatoria di merito pubblicata in data 28 novembre 2008 con
un'attesa di 5 anni;
f) concorso su base circoscrizionale per 30 posti di assistente
tecnico del settore motoristico e meccanico, area funzionale B,
posizione economica B3. Bandito con Gazzetta Ufficiale 4a Serie
Speciale n. 59 del 27 luglio 2007, graduatoria di merito pubblicata
in data 15 dicembre 2008 in attesa da 5 anni;
considerato che la direzione generale del personale civile
(Persociv) ha inoltrato alla funzione pubblica, già dal 2011 la
richiesta di autorizzazione alla assunzione del personale risultato
vincitore che, successivamente rimodulata sulla base delle risorse
disponibili, riguarda:
a) n. 208 assunzioni complessive, di cui n. 175 per la cosiddetta
area 3a (riferite alla copertura dei posti messi a bando delle
procedure da punti 1 a 4 specificati in premessa) per la copertura,
nel numero esatto, di carenze nell'area risultanti alla data del 31
ottobre 2012 per effetto della rideterminazione delle dotazioni
organiche avvenuta a seguito dei tagli imposti dallo spending
review (decreto-legge n. 95 del 2012);
b) n. 24 per la cosiddetta area 2a (riferite alla copertura dei posti
messi a bando di cui al punto 6 specificato in premessa);
c) n. 7 ripartite tra dirigenti, professori, vittime del terrorismo, e
altri;
sussistono gravissimi problemi dovuti allo progressiva perdita di
professionalità a causo delle cessazioni dal servizio di personale
civile della difesa e del mancato ripianamento delle carenze per
effetto del blocco del turnover; tale situazione critica è avvertita, in
particolare, negli arsenali e altri enti della cosiddetta area
industriale, la cui presenza è stato ripetutamente giudicata come
256
strategica ai fini della stessa missione istituzionale; il progressivo
invecchiamento della forza lavoro civile dell'Amministrazione
dello difesa (età media intorno ai 56 anni) lo rende ogni giorno
sempre meno efficiente; gli elevati oneri sostenuti dalla pubblica
amministrazione per esperire le citate procedure concorsuali
potrebbero essere dispersi se non finalizzati al reclutamento dei
vincitori/idonei dei relativi concorsi parte dei quali, a causa del
lungo tempo di atteso delle assunzioni ormai trascorso,
potrebbero aver rinunciato alle stesse –:
quali iniziative nell'immediato si intendano porre in essere, o
siano già state poste in essere, per ottenere da parte della
funzione pubblica l'autorizzazione richiesta da Persociv ai fini
dell'assunzione dei candidati risultati vincitori delle procedure in
argomento. (4-01791)
§ 12. Interpellanza urgente nr. 2-0011299
Interpellanza urgente 2-00112 presentato da CORDA Emanuela
testo di Venerdì 5 luglio 2013, seduta n. 47
I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della difesa, per
sapere – premesso che:
Forza NEC, programma avviato nel 2007, ha come obiettivo quello
di formare una forza terrestre integrata digitalizzata, basata su tre
brigate medie dell'esercito e su una brigata anfibia interforze
composta da elementi del reggimento «Serenissima» e del
reggimento di fanteria di marina «San Marco»; secondo il
cronoprogramma stabilito dall'azienda fornitrice Selex ES – impresa
di Finmeccanica – sono previste tre tappe per la realizzazione di
questa forza: con la prima, prevista entro il 2018, sarà digitalizzata la
brigata meccanizzata «Pinerolo» e la forza di proiezione dal mare,
mentre con la seconda e la terza, da concludersi rispettivamente
entro il 2026 e il 2031, terminerà il programma di digitalizzazione
delle brigate restanti e si concluderà anche la fornitura di tutte le
apparecchiature richieste; ad oggi il programma è in fase di
concetto, sviluppo e sperimentazione (Concept development &
99http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=478&stile=7&highLig
ht=1&paroleContenute=%27INTERPELLANZA+URGENTE%27
257
experimentation-CD&E), che rientra nella prima tappa della
tempistica sopra citata, per la quale è prevista una spesa di circa 800
milioni di euro, di cui ne sono stati assegnati già 324,2 milioni; per la
validazione dei nuovi sistemi informatici, optronici e di battaglia
sono stati attivati circa sei centri nazionali sperimentali che
rientrano nella struttura di Integration test bed (Ibt), mentre sono in
fase di realizzazione ulteriori siti per la verifica di queste tecnologie;
nell'ambito di Forza NEC è confluito anche il progetto «Soldato
futuro», dal costo stimato di circa 18 milioni di euro, avviato nel
2002 con l'obiettivo di incrementare le capacità letali e di
sopravvivenza della fanteria con la fornitura di 558 lotti che
comprendono vestiario, equipaggiamento di protezione, sistemi
d'arma, sensori e apparati di telecomunicazioni; attualmente sono
stati consegnati 92 sistemi di pre-serie di «Soldato futuro» ed è stata
svolta una sperimentazione di alcune componenti nel teatro
afghano, come nel caso del nuovo fucile d'assalto ARX-160; il
progetto in esame è stato voluto fortemente dal Ministro pro
tempore della difesa Di Paola e sarà gestito, senza gare né
confronto dei prezzi, da Selex Es, società di Finmeccanica; il
programma Sicral (Sistema italiano per comunicazioni riservate e
allarmi) è il primo del suo genere nel nostro Paese, che prevede il
lancio in orbita di tre satelliti finalizzati a garantire l'interoperabilità
tra le reti della difesa, della sicurezza pubblica, dell'emergenza civile
e della gestione e controllo delle infrastrutture strategiche;
il progetto, dal costo stimato in circa 250 milioni di euro, è
articolato in tre fasi: la prima si è conclusa nel 2001 con il lancio del
satellite Sicral 1, ancora in esercizio e con una vita residua di circa
tre anni; la seconda avviata nel 2009 con il lancio di Sicral 1B,
satellite che ha una vita operativa di 13 anni; la terza in via di
esecuzione, in cooperazione con la Francia, con il lancio nel 2014
del Sicral 2, che avrà una vita stimata di 15 anni; oltre al Sicral, la
difesa ha avviato nel 2004 anche il programma Cosmo Skymed
composto da quattro satelliti per un sistema duale (civile e militare)
di osservazione terrestre dal costo complessivo di circa 890 milioni
di euro. Dei quattro satelliti previsti, tre sono già stati lanciati in
orbita e sono operativi; il 19 luglio 2012 il Governo italiano e quello
israeliano hanno sottoscritto un accordo di cooperazione nel settore
della tecnologia militare, che prevede, tra l'altro, l'acquisto del
sistema satellitare ottico ad alta risoluzione per l'osservazione della
terra Optsat-3000 per un costo stimato di 200 milioni di dollari;
258
tutto ciò mentre l'Italia sta attraversando una terribile crisi
economica e occupazionale, senza più finanziamenti adeguati
nemmeno per il rinnovo della cassa integrazione –: se non ritenga
opportuno, vista la grave crisi economica in corso, sospendere,
ovvero rimodulare, il programma Forza NEC e comunque ridurre il
numero dei siti Ibt e bloccare l'attivazione degli ulteriori previsti di
cui in premessa; se non ritenga, sempre in considerazione del
periodo di grave crisi economica del nostro Paese, di riconsiderare
la necessità dell'acquisto del satellite israeliano Optsat-3000, essendo
comunque garantita la funzione di osservazione e allerta dai sistemi
già in funzione. (2-00112) «Corda, Frusone, Artini, Rizzo, Basilio,
Alberti, Paolo Bernini, Nuti, Lombardi».
§ 13. Interrogazione a risposta scritta nr. 5-00140100
Interrogazione a risposta in commissione 5-00140
presentato da CORDA Emanuela testo di Giovedì 16 maggio 2013,
seduta n. 17
CORDA, ALBERTI, RIZZO, FRUSONE, PAOLO BERNINI,
BASILIO e ARTINI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere –
premesso che:
da diverse fonti di stampa si apprende che cinquecento marines
sono stati trasferiti nei giorni scorsi in Sicilia dalla base di Rota in
Spagna. Gli uomini fanno parte della Marine Air Ground Task
Force (MAGTF), la forza speciale costituita nel 1989 per garantire
al Corpo dei Marines flessibilità e rapidità d'azione nei differenti
scacchieri di guerra internazionali; l'unità di Rota è stata attivata dal
Pentagono da un paio di mesi per sostenere il Comando Usa in
Africa (Africom) nell'addestramento e la formazione delle forze
armate dei partner continentali e intervenire rapidamente in Africa
in caso di crisi. La decisione di dar vita alla nuova task force è stata
presa nel settembre 2012 dopo l'attentato terroristico contro il
consolato Usa di Bengasi in cui persero la vita quattro funzionari tra
cui l'ambasciatore in Libia, Christopher Stevens; secondo il
portavoce del Pentagono George Little, i marines potranno
100http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=2822&stile=7&highLi
ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+IN+COMMISSIONE%27
259
intervenire da Sigonella in tempi rapidissimi nel caso di nuovi
attacchi al personale diplomatico o ai cittadini Usa presenti in Libia
per «effettuarne eventualmente l'evacuazione»; al seguito dei
marines sono giunti a Sigonella otto velivoli da trasporto e assalto
anfibio Bell Boeing CV-22 «Osprey» (falco pescatore). Si tratta dei
controversi «convertiplani» (bi-turboelica in grado di atterrare e
decollare come un elicottero e volare come un normale aereo),
capaci di trasportare fino a 24 soldati del tutto equipaggiati, alla
velocità di 509 chilometri all'ora; l'Osprey è oggetto di forte
discussione a cause delle sue scarse condizioni di sicurezza in volo.
Da quando è divenuto operativo, il velivolo è stato al centro di
numerosi incidenti e una trentina tra contractor e militari sono
morti durante test ed esercitazioni. Nella primavera dello scorso
anno due «Osprey» si sono schiantati al suolo, il primo durante
un'esercitazione militare in Marocco (morti due marines) e il
secondo in Florida. Per l'alto rischio di incidenti e l'insostenibile
rumore emesso dal velivolo durante le operazioni di decollo e
atterraggio, migliaia di cittadini giapponesi hanno dato vita a
numerose manifestazioni di protesta contro la decisione di dislocare
12 convertiplani nella grande base aerea Usa di Okinawa; i risultati
della guerra di Libia, lungi dall'aver portato stabilizzazione e
democrazia nel Paese, ci consegnano una Nazione divisa per eserciti
tribali, in preda a ripetute operazioni terroristiche (a Bengasi e non
solo) e con una forte penetrazione delle componenti più estreme e
pericolose del fondamentalismo islamico. Si ha l'impressione che
alle forze occidentali che a diversi livelli sono intervenute nel
conflitto armato contro Gheddafi, interessi non tanto il ripristino
dei diritti umani e delle libertà democratiche fondamentali, quanto
la messa in sicurezza degli approvvigionamenti petroliferi come
dimostrano gli innumerevoli contratti estrattivi stipulati dalle
multinazionali del petrolio, Eni tra queste, e il precario nuovo
governo di Tripoli –:
se il Governo italiano sia stato informato della decisione del
Pentagono di spostare dalla base di Rota la task force di 500
marines per meglio intervenire nello scenario libico e in che misura,
in questa operazione, siano coinvolte le Forze Armate italiane; se
questo non configuri uno spostamento definitivo dei marines dalla
Spagna alla base siciliana, con ulteriore impatto del processo di
militarizzazione di questa area che aumenta così il rischio di
diventare bersaglio di ritorsioni terroristiche; se sia stato valutato
260
l'impatto che l'ulteriore appesantimento del traffico aeronavale avrà
sull'attività dell'aeroporto civile di Fontarossa e segnatamente se
l'attività degli otto velivoli da trasporto e assalto anfibio Bell Boeing
CV-22 «Osprey» possa pregiudicare l'incolumità della popolazione
ed innalzare il già grave inquinamento acustico nelle zona. (5-00140)
§ 14. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-00754101
Interrogazione a risposta scritta 4-00754 presentato da
CURRÒ Tommaso testo di Giovedì 6 giugno 2013, seduta n. 30
CURRÒ, CANCELLERI, TURCO, D'UVA, GRILLO, NESCI,
RIZZETTO, TACCONI, PRODANI, BARONI e MARZANA.
Al Ministro della difesa, al Ministro della giustizia, al Ministro
dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'interno. — Per sapere
– premesso che:
il 14 maggio 2013, nel corso di una conferenza stampa, i legali dei
sottufficiali dell'Arma Salvatore Fiducia e Saverio Masi
denunciavano agli organi d'informazione gli ostacoli e le omissioni
frapposte fra il 2001 ed il 2004 prima alla caccia al capomafia
Bernardo Provenzano e poi, circa due anni fa, in relazione ad
«un'indicazione affidabile» che faceva ritenere che si trovasse in
Sicilia quello che viene considerato l'attuale reggente di Cosa nostra
Matteo Messina Denaro; queste circostanze sono state oggetto di
denuncia alla Guardia di finanza di Palermo da parte del
luogotenente Salvatore Fiducia, tale denuncia ha fatto seguito ad un
esposto del maresciallo Saverio Masi; i due militari dell'Arma hanno
dichiarato che nell'eseguire le loro rispettive indagini, in servizio al
comando provinciale di Palermo, le relazioni di servizio con le quali
riferivano ai loro superiori siano state «ignorate e talvolta corrette,
con sottrazioni di alcune parti»; inoltre sia Masi che Fiducia
riferiscono, per tramite dei loro legali, «di aver individuato casolari
dove avrebbero potuto rifugiarsi i latitanti e anziché essere
incoraggiati, sono stati stroncati»; se quanto denunciato in
premessa fosse vero si sarebbero verificati, nell'ambito dell'Arma,
101http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=2215&stile=7&highLi
ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27
261
comportamenti che avrebbero contribuito alla compromissione di
importanti indagini contro la criminalità organizzata, ivi compresa la
cattura
di
pericolosissimi
latitanti
–:
se siano state avviate indagini in relazione ai fatti in premessa alla
luce dell'esposto e della denuncia presentati;
quali iniziative intenda intraprendere, nel rispetto ed
indipendentemente da eventuali indagini della magistratura, per
accertare se nella catena di comando si siano verificate anomalie e
per chiarire quanto descritto in premessa. (4-00754)
Risposta scritta pubblicata Venerdì 13 settembre 2013
nell'allegato B della seduta n. 77 presentata da
CURRÒ Tommaso
Risposta. — In relazione alla vicenda esposta dall'interrogante,
faccio presente che nel corso della conferenza stampa tenutasi il 14
maggio 2013, i legali dei Sottufficiali menzionati nell'atto in titolo
hanno riproposto il contenuto di alcune denunce presentate – lo
scorso mese di maggio – dai loro assistiti presso gli Uffici della
Polizia di Stato e della Guardia di Finanza, in merito ad asserite
omissioni e a presunti comportamenti illeciti tenuti dai loro
superiori, dal 2001 al 2010 (quando erano effettivi al reparto
operativo di Palermo), finalizzati ad ostacolare la cattura di
Bernardo Provenzano e di Matteo Messina Denaro.
Il 4 giugno 2013, alcune agenzie di stampa hanno pubblicato le
dichiarazioni dell'ufficiale superiore che comandava in quel periodo
il reparto operativo di Palermo, con le quali ha smentito le versioni
dei Sottufficiali, preannunciando iniziative legali a tutela.Nel periodo
tra l'11 giugno e il 22 luglio 2013, l'allora Comandante del reparto
operativo di Palermo e un altro Ufficiale, all'epoca dei fatti anch'egli
in forza allo stesso reparto operativo, hanno depositato –
direttamente presso le procure della Repubblica competenti – delle
querele per diffamazione a mezzo stampa e calunnia nei confronti
dei due sottufficiali, nonché degli autori degli articoli di stampa e dei
direttori delle testate giornalistiche, responsabili, a vario titolo, di
aver divulgato e/o commentato le informazioni diffuse nella
conferenza stampa in questione. Rendo noto, in ultimo, che
l'Amministrazione non è in grado di fornire utili elementi sullo stato
delle relative indagini, in quanto non sono state delegate attività
investigative a reparti dell'Arma dei Carabinieri, tantomeno è stato
262
possibile, attesa l'attualità dei procedimenti penali, avviare autonomi
accertamenti sul piano amministrativo.
Il Ministro della difesa: Mario Mauro.
§ 15. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-00859102
Interrogazione a risposta scritta 4-00859 presentato da DEL
GROSSO Daniele testo di Giovedì 13 giugno 2013, seduta n. 33.
DEL GROSSO, DI BATTISTA, GRANDE, SPADONI,
SCAGLIUSI, MANLIO DI STEFANO, TACCONI e SIBILIA. —
Al Ministro della difesa, al Ministro dell'interno, al Ministro delle
infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
si fa riferimento ad una delle vicende più oscure e nebulose della
storia italiana: la vicenda dei due Marò, Massimiliano La Torre e
Salvatore Girone; in questo caso la pessima gestione della vicenda
dei due marò da parte del Governo italiano ad avviso degli
interroganti conferma la pessima qualità della gestione politica e
tecnico-amministrativa del nostro Paese; sussiste una esigenza
pratica di protezione dei navigli mercantili dalla pirateria e dal
terrorismo, fenomeno complesso che va contrastato in vario modo
incluso l'uso della forza armata in conformità agli accordi
internazionali esistenti; per far fronte a tale esigenza, base della
vicenda dei due marò, c’è una pessima legge che coniuga tutti i
difetti del «patriottismo» di bassa lega con quelli della galoppante
tendenza alla privatizzazione della sicurezza. Ci si riferisce al
decreto-legge n. 107 del 12 luglio 2011, convertito, con
modificazioni, dalla legge 2 agosto 2011, n. 130, il cui articolo 5
istituisce per l'appunto i nuclei militari di protezione. In sostanza,
tale legge prevede di imbarcare militari italiani su navi mercantili
private per assicurarne la difesa contro eventuali attacchi dei pirati o
simili; tale normativa si configura, secondo gli interroganti, come
una palese violazione dei principi costituzionali e delle funzioni
costituzionalmente previste per le forze armate, il cui compito, ai
sensi e per gli effetti dell'articolo 52 della Costituzione, dovrebbe
essere quello della difesa della patria; comunque la predetta esigenza
102http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=2320&stile=7&highLi
ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27
263
va soddisfatta mediante l'impiego di personale specializzato e non
già coinvolgendo le forze armate nazionali; la predetta norma,
inoltre, è tendenzialmente farraginosa e poco comprensibile nella
sua utilità confondendo la natura pubblicistica con quella privatista
del servizio; con il decreto del Ministro dell'interno del 28 dicembre
2012, n. 266, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale al n. 75 del 29
marzo 2013, si è cercato di regolamentare le modalità attuative
dell'articolo 5, commi 5 e 5-bis, del decreto-legge 12 luglio 2011, n.
107, solo dopo un anno dall'accaduto dei due marò con evidente
ritardo; infatti tale decreto regolamenta:
a) l'impiego di guardie giurate a bordo delle navi mercantili battenti
bandiera italiana che transitano in acque internazionali a rischio
pirateria;
b) le modalità per l'acquisto, l'imbarco, lo sbarco, il porto, il
trasporto e l'utilizzo delle armi e del relativo munizionamento;
c) i rapporti tra guardie giurate e il comandante della nave;
tuttavia tale decreto all'articolo 3, comma 1, recita che «nei casi in
cui il Ministero della difesa abbia reso noto all'armatore che non è
previsto l'impiego dei Nuclei Militari di protezione, possono essere
svolti da guardie giurate, dipendenti direttamente dagli armatori» i
servizi di protezione delle merci e dei valori, senza definire con
regole certe l'alveo di discrezionalità che lo stesso Ministero ha nel
prevedere o meno l'impiego del nucleo militare di protezione –:
se a bordo della stessa nave vi fossero solo i due fucilieri della
Marina La Torre e Girone o se invece la scorta fosse composta da
altri uomini, funzionari pubblici o scorte armate private; quale sia la
linea di confine che delimita la natura pubblicista da quella
privatistica del servizio al fine di chiarire meglio la posizione dei due
marò per invocare decisamente, alla luce della prassi internazionale
in materia, l'immunità funzionale degli stessi marò. (4-00859)
§ 16. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-01105103
Interrogazione a risposta scritta 4-01105 presentato da DI
BATTISTA Alessandro testo di Martedì 2 luglio 2013, seduta n. 44
103http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=2566&stile=7&highLi
ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27
264
DI BATTISTA, FRUSONE, RIZZO, CORDA, ALBERTI,
MANLIO DI STEFANO, ARTINI e SPADONI.
Al Ministro della difesa, al Ministro degli affari esteri. — Per sapere
– premesso che:
l'Italia con il decreto-legge n. 227 del 2012 del 28 dicembre 2012
(convertito, con modificazioni, dalla legge 10 febbraio 2013, n. 12)
ha provveduto alla «proroga delle missioni internazionali delle Forze
armate e di polizia»;
con riferimento all'intervento italiano in Afghanistan il predetto
provvedimento, al comma 19 dell'articolo 1, autorizza la spesa di
euro 5.635.000,00 «al fine di sopperire a esigenze di prima necessità
della popolazione locale, compreso il ripristino dei servizi essenziali»
relativamente al periodo 1o gennaio 2013 – 30 settembre 2013;
la somma di cui sopra è stanziata per interventi urgenti, acquisti e
lavori, anche in deroga alla contabilità generale, disposti dal
comandante del contingente militare impegnato nella Repubblica
Islamica dell'Afghanistan;
nella relazione tecnica sottoposta al Parlamento al momento della
conversione in legge del decreto-legge n. 227 del 2012 viene chiarito
che gli interventi urgenti in Afghanistan sono da riferirsi alla
cosiddetta attività CIMIC (civil-military cooperation); la medesima
relazione, nel provvedere alla quantificazione degli effetti finanziari
circa le missioni di cui al citato articolo 1, comma 19, del decreto de
quo, lungi dall'indicare le singole voci di spesa, identifica l'intera
somma stanziata come onere una tantum;
le modalità di gestione delle somme, in deroga alla contabilità di
Stato, così come autorizzate dal decreto legge, appaiono dunque,
assolutamente al di fuori di qualsivoglia controllo essendo rimessa,
la discrezionalità degli interventi, ai comandanti delle missioni; di
conseguenza, a giudizio degli interroganti, non è garantita la benché
minima trasparenza: in particolare, non è dato sapere quante somme
sono state ad oggi investite, a quali aziende sono state erogate e con
quali finalità, nonché quali importi dovranno essere utilizzati sino al
30 settembre 2013;
gli stanziamenti finalizzati a soddisfare esigenze umanitarie della
popolazione afghana sono di certo auspicabili nonché necessari al
superamento della fase post bellica, ma ciò non significa che l'Italia
debba venir meno alla possibilità di controllare come vengono spesi
soldi della collettività –:
265
se si intendano fornire, relativamente all'Afghanistan, tutti i dati e le
formazioni relative alla gestione delle somme di cui al comma 19
dell'articolo 1 del decreto-legge n. 227 del 2012 (convertito dalla
legge n. 12 del 2013. (4-01105)
Risposta scritta pubblicata Venerdì 13 settembre 2013
nell'allegato B della seduta n. 77 4-01105 presentata da DI
BATTISTA Alessandro
Risposta. — La cooperazione civile militare (Cimic) oltre ad
assolvere funzioni di natura «operativa» a supporto delle operazioni
militari, presuppone, nel contempo, lo svolgimento di variegate
attività a favore delle popolazioni locali per il sostegno dei processi
di pacificazione e stabilizzazione nelle aree di crisi. Quest'ultime si
esplicano sulla base di molteplici modalità, tra le quali assumono
particolare rilevanza quelle che si attuano prevalentemente nella
realizzazione di infrastrutture o nell'acquisizione di beni e servizi a
favore delle istituzioni locali.
Si va quindi dalla costruzione di edifici per servizi pubblici (scuole,
infermerie, caserme per vigili del fuoco e polizia, governo locale,
eccetera) a quella di tratte di reti (elettriche, idriche, fognarie), al
sostegno alle attività produttive (pozzi e impianti di irrigazione,
laboratori e officine, eccetera), cui si aggiungono gli interventi in
specifici e rilevanti settori quali sicurezza, educazione, agricoltura,
protezione
sociale,
ed
altri
ancora.
Ogni intervento Cimic in Afghanistan, finanziato con i fondi
rinvenienti dal decreto-legge n. 227 del 2012, è riconducibile a
specifiche aree/macroaree/settori di intervento ed è realizzato dopo
aver ricevuto dalle varie autorità istituzionali e locali specifica
richiesta e approvazione, ad eccezione delle eventuali ulteriori
attività di cooperazione a cui lo stesso Comandante italiano decide
sul territorio di ricorrere avendone rilevate preventivamente sia la
necessità che l'utilità, in relazione alla concreta situazione del
momento. A tal riguardo, appare opportuno aprire una parentesi
per descrivere il particolare e complesso contesto nel quale i
Comandanti si trovano ad operare. Non si può sottacere che esiste
una stretta interdipendenza tra la sostenibilità delle operazioni
militari e dei programmi di sviluppo e l'assistenza umanitaria ed il
tessuto etnico e tribale del Paese. La forte instabilità politica
dell'Afghanistan impone, infatti, la necessità per i Comandanti
266
nazionali di individuare interlocutori locali affidabili in un ambiente
caratterizzato da una governance particolare, organizzata in
province, distretti e soprattutto comunità locali. I Comandanti
italiani, a tutti i livelli, attraverso i propri assetti Cimic, sono
chiamati a gestire direttamente i rapporti con i governatori
provinciali, con tutti i district managers e, non in ultimo, con tutte le
varie autorità municipali, tribali, religiose, insistenti della propria
area di operazioni, anche in concorso e con il supporto dei
rappresentanti nazionali del Ministero degli affari esteri. Ciò
evidentemente impone grande attenzione e sensibilità, pieno
rispetto degli usi e dei costumi locali, senza alterarne gli equilibri
etnici tradizionali, in modo da ottenere la fiducia delle varie autorità
e popolazioni locali. Va da sé che la costruzione ed il mantenimento
di «buoni rapporti» con le autorità e le popolazioni locali
costituiscono alcune delle precondizioni indispensabili per garantirsi
quella necessaria cornice di sicurezza nell'ambito delle operazioni
cui è chiamato il contingente.
In tale contesto, la deroga alle disposizioni di contabilità generale
dello Stato di cui all'articolo 1, comma 19 del citato decreto-legge n.
227 del 2012, risulta motivata dal carattere eccezionale delle
situazioni (scenari di crisi) in cui gli interventi Cimic vengono
realizzati e, conseguentemente, dall'impossibilità di ottemperare
integralmente alle procedure previste dalla normativa nazionale ed
europea in tema di appalti pubblici (esempio certificazione
antimafia, conformità ISO, eccetera).
È di tutta evidenza, infatti, che non sarebbe possibile perseguire
l'obiettivo di sostenere adeguatamente e tempestivamente la
popolazione locale se si dovessero attuare le stesse procedure
previste per i lavori pubblici da effettuare in Patria. Tuttavia, ciò
non esime il contingente dal porre in essere tutte le azioni necessarie
per garantire la massima trasparenza ed imparzialità, come per
esempio l'effettuazione di indagini di mercato tra più ditte
concorrenti. In effetti, il comma 19 dell'articolo 1 del decreto-legge
in argomento (come del resto tutte le corrispondenti norme dei
precedenti decreti di autorizzazione e proroga di missioni
internazionali), contempla sì una deroga alle disposizioni di
contabilità generale dello Stato, ma tale deroga non è da intendere in
senso assoluto, ossia come possibilità di spendere sic et simpliciter
le somme stanziate senza l'osservanza delle ordinarie procedure
prescritte dalla legge per l'acquisizione di beni e servizi, bensì come
267
riferita alla possibilità di far ricorso alle procedure in economia
anche al di là dei limiti di importo posti dal legislatore per il loro
utilizzo. Infatti la lettura del testo integrale della norma evidenzia
che le somme stanziate possono essere spese dai comandanti dei
contingenti impegnati nelle missioni per interventi urgenti o acquisti
e lavori da eseguire in economia, anche in deroga alle disposizioni di
contabilità generale dello Stato, e purché sussistano i requisiti della
necessità e dell'urgenza.
Dunque, è da ritenere che il legislatore non abbia affatto inteso
sottrarre a qualsivoglia controllo la gestione di quelle somme,
consentendo ai comandanti dei contingenti di agire secondo la
propria personale discrezionalità al di fuori di ogni regola, ma
semplicemente che esso, nella consapevolezza della cennata
impossibilità di ottemperare integralmente alle disposizioni del
codice degli appalti, abbia consentito di soddisfare tutte le esigenze
di approvvigionamento nei teatri operativi, quale che ne sia
l'ammontare e sempre che ricorrano i presupposti della necessità e
dell'urgenza, servendosi di procedure snelle e semplificate, come
appunto quelle in economia.
Le regole per lo svolgimento di tali procedure esistono, e vengono
osservate. Esse sono fissate in generale dall'articolo 125 del codice
degli appalti, che impone di affidare lavori, servizi e forniture nel
rispetto dei princìpi di trasparenza, rotazione e parità di trattamento,
previa consultazione di almeno cinque operatori economici, e la
loro applicabilità alle acquisizioni del Ministero della difesa da
eseguire fuori dal territorio nazionale, come quelle finanziate dal
decreto-legge in esame e oggetto dell'interrogazione in esame, viene
sancita dal combinato disposto del decreto del Presidente della
Repubblica 15 novembre 2012, n. 236, e del decreto del Presidente
della Repubblica 13 marzo 2013, n. 49. Entrambi tali regolamenti
confermano sostanzialmente le disposizioni del codice, imponendo
lo svolgimento di vere e proprie procedure competitive, seppur
semplificate, da espletare con il concorso di almeno cinque
operatori economici, e addirittura imponendo, in relazione a servizi
e forniture, un secondo esperimento di gara qualora nel primo non
siano stati acquisiti almeno tre preventivi.
Ne discende che il ricorso, in deroga alle disposizioni di contabilità
generale dello Stato, alle procedure in economia per interventi
urgenti, acquisti e lavori nei teatri operativi in genere, e in
Afghanistan in particolare, si risolve non in una gestione arbitraria
268
del pubblico denaro da parte dei comandanti dei contingenti, tenuti
comunque al rispetto di principi e regole normativamente imposti,
ma nella disponibilità di uno strumento flessibile ed idoneo a
soddisfare, in modo efficace e tempestivo, le esigenze di
approvvigionamento nella difficile e del tutto peculiare realtà dei
teatri operativi.
Per quanto riguarda, più in particolare, le «modalità di gestione delle
somme», occorre fare due precisazioni.
In primo luogo, esse sono sottoposte ad un duplice controllo sulla
linea: operativa, al fine di valutare, sia ex-ante che ex-post, l'impatto
sulla missione militare degli interventi pianificati/realizzati, la
fattibilità, la coerenza degli stessi rispetto agli scenari operativi e agli
ordini della catena di comando e controllo, nonché la sostenibilità
nel tempo da parte delle varie autorità locali;
amministrativa per verificare, tra l'altro, la congruità di spesa e
l'aderenza ai princìpi contabili.
In secondo luogo, le stesse sono correlate anche alle valutazioni
tecnico-operative dei vari Comandanti in teatro, in quanto detti
interventi, essendo finalizzati al successo della missione militare,
devono, inevitabilmente, essere aderenti alle scelte/valutazioni dei
contingenti militari.
Con riferimento, infine, allo specifico quesito riguardante i dati
concernenti le somme in argomento, si indicano di seguito i progetti
avviati/da avviare riconducibili all'articolo 1 comma 19 del decretolegge n. 227 del 2012:
costruzione di infrastrutture nel settore della sicurezza, tra cui la
realizzazione di un distretto e di un comando per la Polizia;
realizzazione di infrastrutture nel settore dell'istruzione, tra cui la
costruzione di due scuole e la ristrutturazione di altre due scuole;
realizzazione di infrastrutture a favore dell'Autorità centrale locale,
tra cui la costruzione di un edificio da adibire a dipartimento
dell'economia; realizzazione di infrastrutture nel settore della sanità,
tra cui la costruzione di un comprehensive health center, una
struttura di degenza ospedaliera, due poliambulatori, due ambulatori
e l'ingrandimento di una public clinic and training center; acquisto
di beni e servizi per il supporto umanitario; approvvigionamento di
uno stabilizzatore di tensione e 6 pompe idrovore;
asfaltatura di un 1 chilometro di strada; servizi essenziali nel settore
della tutela ambientale e della protezione civile.
Il Ministro della difesa: Mario Mauro.
269
§ 17. Interrogazione a risposta immediata in commissione nr.
5-00569 104
Testo presentato, in data Mercoledì 10 luglio 2013, seduta n. 50, da:
FRUSONE, CORDA, ARTINI, ALBERTI, BASILIO,
PAOLO BERNINI e RIZZO.
Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
la situazione abitativa nell'area del cassinate è ormai arrivata al
collasso, con una politica della casa che invece di aumentare l'offerta
di alloggi di edilizia residenziale pubblica a canone sociale svende a
privati, tanto da costringere 18 famiglie con 14 bambini, alcuni
neonati, ad occupare, persino autodenunciandosi, delle palazzine
adiacenti all'80o Reggimento «Roma» di via Vaglie precedentemente
utilizzate come alloggi per i militari ed ora completamente
inutilizzate per poter trovare una sistemazione dignitosa, tenendo
conto che molti erano già in graduatoria per ricevere un alloggio,
alcuni da decenni;
recentemente il generale Ranucci, della scuola sottufficiali di Viterbo
ha precisato che gli edifici adiacenti all'80o Reggimento «Roma» di
via Vaglie rientrano in un riassetto del sistema logistico militare
della zona;
è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale, con il supplemento
ordinario n. 80 in data 26 marzo 2011, che le palazzine A e B site in
via Vaglie Cassino sono state individuate tra gli alloggi da alienare;
gli occupanti hanno trovato le utenze luce e gas attive nonostante
da anni questi alloggi siano disabitati;
in tale contesto, appare opportuno che il Ministero interrogato
voglia depositare alle competenti commissioni parlamentari una
relazione aggiornata in merito alle dismissioni e/o valorizzazioni di
immobili del demanio militare –:
quali chiarimenti il Governo intenda fornire in merito alla situazione
di cui alla premessa e alla destinazione attuale degli immobili siti in
via Vaglie in Cassino per valutare, di concerto con il comune e
l'Ater, il riutilizzo degli stessi immobili ad uso di abitazioni a canone
sociale. (5-00569)
104http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=3251&stile=7&highLi
ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+IMMEDIATA+IN+COM
MISSIONE%27
270
§ 18. Interrogazione a risposta immediata in commissione nr.
5-00204 105
Testo presentato, in data Mercoledì 29 maggio 2013, seduta n. 25,
da:
FRUSONE, ALBERTI, ARTINI, BASILIO, CORDA e RIZZO.
Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
ai sensi della legge n. 185 del 1990 che regolamenta l'esportazione,
importazione e il transito dei materiali di armamento, il Governo
Monti avrebbe già dovuto rendere nota, entro il 31 marzo, la
relazione annuale sulle esportazioni di sistemi militari;
a questo punto, la responsabilità della ritardata pubblicazione della
relazione, completa di tutte le sue parti, e dell'invio al Parlamento
spetta al Governo Letta ma non è dato sapere se, a parziale
giustificazione della mancata trasmissione degli atti dovuti, si stiano
apportando alla relazione già predisposta dal precedente Governo le
necessarie integrazioni per adeguarla alle recenti modifiche della
normativa;
infatti, il Governo Monti con un decreto legislativo ha modificato la
legge n. 185 che dal 1990 regolamenta l'esportazione dei materiali di
armamento. La modifica si era resa necessaria per recepire una
direttiva europea che «semplifica le modalità e le condizioni dei
trasferimenti all'interno delle Comunità di prodotti per la difesa»,
ma non è ancora chiaro quali materiali di armamento siano stati fatti
rientrare in questa categoria e, soprattutto, come verranno riportati
nella relazione governativa;
le attese e le preoccupazioni delle tante associazioni della società
civile che si occupano della materia sono molteplici. Infatti, secondo
gli analisti di Rete Disarmo, la relazione resa nota nel 2012 dal
Governo Monti, a fronte di un volume di affari in crescita (nel 2011
le autorizzazioni all'esortazione hanno superato i 3 miliardi di euro
di cui oltre 2 miliardi, il 67 per cento sono stati diretti a Paesi non
UE-Nato a cui vanno sommati gli oltre 2,2 miliardi per i programmi
intergovernativi), è risultata mancante di numerose informazioni di
primaria importanza per poter valutare la conformità dell'attività del
Governo al dettato legislativo; innanzitutto non è stata resa nota la
105http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=2886&stile=7&highLi
ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+IMMEDIATA+IN+COM
MISSIONE%27
271
tabella che dettagliava le autorizzazioni all'esportazione a ogni
singolo Paese destinatario per ammontare e tipologia di sistemi
militari (la Tabella 15) ed è risultato mancante anche l'allegato che
per diversi anni ha riportato «l'Elenco dei Paesi ritenuti dall'ONU
responsabili di gravi violazioni dei diritti umani o che destano
preoccupazione sotto tale profilo»;
inoltre, lo scorso anno è risultata ancora mancante dalla sezione
della relazione curata dal Ministero dell'economia e della finanze
(dipartimento del tesoro), l'importante «Riepilogo in dettaglio
suddiviso per Istituti di Credito», un elenco che manca dalle
relazioni dall'avvento dell'ultimo Governo Berlusconi, ma che è
indispensabile per conoscere i dettagli delle singole operazioni di
incassi per esportazioni di armamenti autorizzate agli istituti di
credito, tra cui i compensi di intermediazione;
a fronte di indagini per corruzione che hanno investito
l'esportazione di armamenti negli ultimi anni (come il recente caso
dei 12 elicotteri Agusta all'India) appare quanto mai urgente e
opportuno che il Governo ripristini quell'elenco presente nelle
relazioni ministeriali indispensabile anche per valutare l'effettiva
applicazione delle direttive che numerosi istituti di credito hanno
messo in atto su pressione delle campagne della società civile;
le cifre che l'Italia ha comunicato all'Unione europea per
esportazioni di armamenti (cioè per le consegne realmente
effettuate) negli ultimi due anni sono ampiamente differenti rispetto
a quelle riportate nelle relazioni inviate al Parlamento italiano: la
relazione consegnata al Parlamento il 31 marzo 2011 riporta,
relativamente all'anno 2010, un ammontare di «operazioni
effettuate» (consegne) di oltre 2.754 milioni di euro, mentre nella
relazione dell'Unione europea è segnalata una cifra di esportazioni
(export) dall'Italia solamente di circa 615 milioni di euro; invece,
quella depositata il 23 aprile 2012 riporta, per l'anno 2011, un
ammontare di «operazioni effettuate» (consegne) di oltre 2.664
milioni di euro, mentre nella relazione dell'Unione europea è
segnalata una cifra di esportazioni (export) dall'Italia di poco più di
1.022 milioni di euro;
occorre, insomma, che il Parlamento abbia la possibilità di valutare
attentamente la relazione nelle Commissioni di riferimento per non
far mancare il necessario controllo sull'esportazione di materiali
d'armamento e per valutare anche la politica estera e di sicurezza del
nostro Paese; la presentazione dei dati, infatti, potrebbe fornire
272
l'occasione per discutere la problematica relativa all'applicazione
della citata legge sull’export armato: infine, a parere degli
interroganti, sarebbe quanto mai opportuno, alla luce di quanto
dichiarato nelle relazioni precedenti e della recente normativa
internazionale dell'ATT (trattato internazionale sul commercio delle
armi), che nella relazione fossero documentate con criteri analoghi
ai materiali militari anche le forniture all'estero di armi leggere a uso
civile –:
per quanto di propria competenza, quali siano gli intendimenti del
Ministro della difesa in relazione a quanto esposto in premessa e
come intenda fare chiarezza su diverse altre anomalie che
riguardano le esportazioni italiane di armamenti per una più
puntuale e trasparente informazione sui temi riguardanti
l'esportazione di armamenti. (5-00204)
§ 19. Interrogazione a risposta in commissione nr. 5-01015 106
Testo presentato, in data Martedì 17 settembre 2013, seduta n. 78,
da: GRANDE.
Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
Civitavecchia, sulla base di studi scientifici dettagliati, risulta essere,
in Italia, tra le città in assoluto più colpite da problemi ambientali;
la valutazione epidemiologica delle stato di salute dei cittadini
residenti nei comuni di Civitavecchia, Allumiere, Tarquinia, Tolfa e
Santa Marinella redatto dal dipartimento di epidemiologia del
servizio sanitario regionale risalente a febbraio 2012 (nel quale si
riportano i dati relativi allo stato di salute della popolazione
civitavecchiese e di quella del restante comprensorio tra 1o febbraio
2006 e il 31 dicembre 2010), dimostra chiaramente quanto i territori
interessati registrino un eccesso di rischio di tumori maligni sia per
la popolazione maschile che femminile soprattutto nel comune di
Civitavecchia (specificatamente tumore al polmone, pleura e fegato
per gli uomini e tumore al rene, malattie dell'apparato genitourinario per le donne) e per ambo i sessi si osserva un allarmante
aumento di mortalità per infezioni acute alle vie respiratorie;
106http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=6664&stile=7&highLi
ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+IN+COMMISSIONE%27
273
Civitavecchia risulta essere stata già fin troppo danneggiata dal
punto di vista ambientale per la presenza di impianti di proprietà di
«Enel SPA» di recente riconvertiti a carbone e dal continuo traffico
di navi da crociera, che hanno innescato, nel tempo, reiterati
contrasti con i gruppi ambientalisti locali in virtù di un costante
peggioramento della qualità dell'aria.
Non da ultimo va sottolineata la presenza di acque potabili con
valori arsenicali assai elevati;
tutti questi elementi contribuiscono a definire con chiarezza un
quadro da cui emerge la realtà di un territorio fortemente
compromesso, con conseguenze disastrose per la salute della
popolazione della città e delle aree limitrofe –:
se sia previsto, ai fini della attuazione delle disposizioni contemplate
dalla convenzione di Parigi del 1993, che, presso il centro tecnico
logistico interforze NBC di Civitavecchia, venga costruito un
ossidatore termico configurabile di fatto come un inceneritore di
armi chimiche il quale, a seguito di processo termico, pur in
presenza di filtri, emetta nell'atmosfera fumi e prodotti gassosi
conseguenti;
se il suddetto impianto sostituisca in tutto od in parte quelli
attualmente in funzione oppure di converso ne costituisca una
integrazione;
quali siano le motivazioni che hanno originato l'eventuale
acquisizione;
se la tecnologia adottata sia quella più avanzata reperibile sul
mercato nazionale/internazionale e se esistano al mondo impianti
simili già installati ed ampiamente testati;
se il supposto impianto garantirà (e con quali dispositivi) che le
emissioni nell'atmosfera ed eventualmente nel terreno e nelle acque
siano completamente esenti da rischi per i lavoratori coinvolti nel
processo e per le popolazioni delle aree urbane circostanti
(Civitavecchia, Allumiere, Tolfa, Santa Marinella,Tarquinia e altre);
se sia stata o sarà redatta un'analisi dei rischi ed un piano delle
emergenze;
se sia previsto un programma di smaltimento degli attuali impianti
esistenti e quale sarebbe, in questo caso, la durata dello stesso;
se si intendano fornire elementi sostanziali che, vista la gravissima
situazione economica del Paese, motivino dettagliatamente e
giustifichino i costi che verranno sostenuti dalla pubblica
amministrazione. (5-01015)
274
§ 20. Interrogazione a risposta orale nr. 3-00253107
Testo presentato, in data Mercoledì 31 luglio 2013, seduta n. 62, da:
LIUZZI, DE LORENZIS, TERZONI, TOFALO, BUSTO,
DAGA, SEGONI, GAGNARLI, L'ABBATE, LUPO,
BERNINI, BENEDETTI, BRESCIA,D'AMBROSIO, ALBERTI,
SCAGLIUSI, CARIELLO, CASO, D'INCÀ, CASTELLI,
FRUSONE, RIZZO, BASILIO, PESCO e ARTINI.
Al Ministro della difesa, al Ministro dell'interno, al Ministro dello
sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
in seguito alla denuncia del blog Toghe lucane dei giornalisti Nicola
Piccenna e Ivano Farina e successivamente alle dichiarazioni degli
aderenti dell'associazione No Scorie Trisaia, i quali hanno visto
transitare sulla SS106 Jonica il convoglio con al seguito blindati delle
forze dell'ordine, un tir motrice e due mezzi dei vigili del fuoco «di
cui uno particolare», si apprende di un presunto trasporto di
materiale radioattivo dal Centro Itrec di Trisaia di Rotondella verso
l'aeroporto militare di Gioia del Colle con destinazione finale ignota
avvenuta alle 3,10 della notte tra il 28 ed il 29 luglio 2013, con un
imponente schieramento di forze dell'ordine, circa 300 tra poliziotti,
carabinieri e finanzieri; a detta dell'interrogante, si tratterebbe
dell'ennesimo allarme sociale generato in Basilicata dalla presenza
del centro Itrec della Sogin, sito all'interno del centro di ricerca
Enea di Rotondella in Basilicata, che contiene materiali radioattivi di
seconda e terza categoria. La terza categoria è il livello più
pericoloso nella gestione sia per lo stoccaggio che, in caso di
contaminazione, per fuoriuscita di materiale radioattivo. Per le
scorie di terza categoria, nessun Paese al mondo è ancora riuscito a
trovare una soluzione definitiva e l'unico progetto di deposito
geologico in profondità, studiato per molti decenni e Yucca
Mountain, nel Nevada, è stato abbandonato. Neppure la strategia
ipotizzata negli anni novanta, limitata ad un deposito superficiale
temporaneo, si è rivelata realizzabile finora; nel centro di Rotondella
sono presenti 84 barre di uranio-torio che, negli anni tra il 1969 e il
1971, ai sensi di un accordo mai ratificato dal Parlamento italiano,
107http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=5134&stile=7&highLi
ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+ORALE%27
275
giunsero dal reattore di Elk River, nel Minnesota (Stati Uniti
d'America) all'allora Cnen, oggi Itrec. Occorre ricordare che la
presenza delle barre americane ha, fra l'altro, impedito ogni ipotesi
di trasformazione della struttura in un centro universitario di studi e
di ricerca; l'impianto Itrec, ormai inattivo da molti anni, ha svolto
attività di ritrattamento di combustibile nucleare irraggiato e presso
di esso vengono attualmente svolte, oltre alle operazioni di
mantenimento in sicurezza, operazioni propedeutiche alla
disattivazione e alla sistemazione dei rifiuti radioattivi.
Tra tali attività rientra il condizionamento di una soluzione acida di
nitrati di uranio e torio (prodotto finito) fortemente radioattiva,
risultante dal trattamento di 20 elementi di Elk River e di una
soluzione nitrica di uranio-torio non irraggiata derivante da prove
nucleari; i menzionati 64 elementi di combustibile irraggiato (ciclo
uranio-torio) Elk River, constatata la non disponibilità da parte degli
USA a riacquisirne la proprietà e la mancanza di impianti industriali
adatti al riprocessamento di questo tipo di combustibile (come
riferito nella risposta all'atto di sindacato ispettivo n. 4/04942,
presentato nella XVI legislatura, il 5 aprile 2011, presso il Senato
della Repubblica) sono contenuti in una piscina all'interno dell'Itrec
e raffreddate con acqua; a detta dell'interrogante, se il trasferimento
non previsto di materiali ha riguardato sostanze radioattive, non
può essere ignorato il rischio grave che sia avvenuta una perdita
importante di acque contaminate delle piscine che raffreddano le
barre di Elk River; la cittadinanza lucana e calabrese da tempo
chiede di essere informata circa i rischi che la struttura di stoccaggio
può generare soprattutto in relazione alla facilità con cui si
propagherebbe un'eventuale contaminazione radioattiva; ai sensi
dell'articolo 130 del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230,
recante
«Attuazione
delle
direttive
89/618/Euratom,
90/641/Euratom, 96/29/Euratom e 2006/117/Euratom in materia
di radiazioni ionizzanti», la popolazione che rischia di essere
interessata dall'emergenza radiologica viene informata e
regolarmente aggiornata sulle misure di protezione sanitaria ad essa
applicabili nei vari casi di emergenza prevedibili, nonché sul
comportamento da adottare in caso di emergenza radiologica. Ai
sensi del comma 3 del medesimo articolo, si prevede che
informazioni dettagliate siano rivolte a particolari gruppi di
popolazione in relazione alla loro attività, funzione e responsabilità
nei riguardi della collettività nonché al ruolo che eventualmente
276
debbano assumere in caso di emergenza; secondo l'interrogante,
sulla base di quanto precedentemente riportato, è evidente che le
norme sopra citate non siano state assolutamente rispettate nel
contesto della pianificazione dei trasferimenti di materiali avvenuti
nel centro Itrec –:
quali iniziative urgenti i Ministri interrogati intendano assumere
riguardo ai fatti di cui in premessa, alla luce dell'allarme che si sta
diffondendo presso la popolazione a causa della mancanza di
chiarezza ed informazione su quanto accaduto nella notte tra il 28
ed il 29 luglio 2013; se siano stati rispettati tutti i protocolli di
sicurezza a tutela dell'ambiente e del territorio, qualora un carico di
materiali sia stato effettivamente trasferito dal centro Itrec verso
l'aeroporto militare di Gioia del Colle; quali iniziative si intenda
intraprendere per assicurare la piena informazione e
documentazione sul materiale presente, stoccato e trattato
nell'impianto, ivi compresa la situazione e il destino delle barre di
Elk River, al fine di garantire che la struttura non generi rischi per la
salute e per l'ambiente; se i Ministri interrogati non ritengano di
dover urgentemente valutare la possibilità di restituzione agli Stati
Uniti d'America delle barre provenienti dalla centrale di Elk River,
come già avvenuto in passato per i centri Itrec di Trino Vercellese e
di Saluggia. (3-00253)
§ 21. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-00220 108
Testo presentato, in data Martedì 16 aprile 2013, seduta n. 9, da:
LIUZZI.
Al Ministro della difesa, al Ministro dell'economia e delle
finanze. — Per sapere – premesso che:
nel novembre 2012 il Cocer marina ha chiesto al Ministro della
difesa, con delibera n. 21/XI, di prendere atto delle osservazioni e
delle proposte che ha redatto e allegato allo stesso documento nel
quale, tra l'altro, viene evidenziato l'oggetto: «...inerenti
provvedimenti legislativi altamente demotivanti sia dal punto di
108http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=1366&stile=7&highLi
ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27
277
vista etico che economico»; con successiva delibera n. 38/XI del 5
marzo 2013 il Cocer marina ha chiesto al Capo dello stato maggiore
spiegazioni circa il blocco delle retribuzioni; in particolare, nella
citata delibera, si sottolineano gli effetti dannosi della legge
finanziaria del 2010 sulle retribuzioni del personale militare, solo in
parte mitigate dalla «una tantum»; la mancata corresponsione degli
effetti economici correlati alle promozioni ha minato nelle
fondamenta il senso stesso delle progressioni di carriera connesse
allostatus di militare; i mancati adeguamenti stipendiali connessi
all'anzianità hanno fatto venire meno una progressione economica
sulla quale il personale basa spesso la possibilità di contrarre un
mutuo per l'acquisto della prima casa; l’una tantum corrisposta per il
2012 ha coperto solo il 46 per cento delle mancate attribuzioni
economiche e quanto previsto per il 2013 coprirà soltanto il 16 per
cento; già il decreto-legge n. 78 del 2010, convertito, con
modificazioni, dalla legge n. 122 del 30 luglio 2010, prevedeva
pesanti nuovi tagli agli organici; per il 2014 esiste già una previsione
di
estensione
del
blocco
retributivo
del
pubblico
impiego (ex articolo 16, comma 1, del decreto-legge n. 98 del 2011,
convertito, con modificazioni, dalla legge n. 111 del 16 luglio 2011,
n. 164); esistono numerosi ricorsi pendenti presso la Corte
costituzionale circa il provvedimento di cui trattasi nella citata
delibera 38/XI del 5 marzo 2013, dei quali si è in attesa di esito; in
data 5 marzo 2013 il Capo dello stato maggiore risponde,
prendendo atto di quanto rappresentato dalla delibera succitata,
impegnandosi a promuovere «ogni possibile azione finalizzata al
superamento del blocco stipendiale, nei confronti dei militari in
difficoltà finanziarie con un intervento concertato del Ministero
dell'economia e delle finanze, per il ripristino del trattamento
economico». Nella risposta si evidenzia anche la necessità di un
intervento concertato per il quale però «non è possibile formulare
una previsione sui tempi di risoluzione della problematica» –:
quali provvedimenti intendano adottare, ciascuno nell'ambito delle
rispettive competenze, per conseguire il superamento del blocco
stipendiale in atto, e quali siano i tempi di attuazione dei relativi
interventi. (4-00220)
278
Capitolo 6
Al Ministero dell’Economia e delle Finanze
premesso che …....... per sapere se ……….
§ 1. Breve sommario
In questo capitolo, sono raccolti solo 21 atti di sindacato ispettivo
(interrogazioni a risposta scritta, question time in aula,
interrogazioni a risposta immediata in commissione, etc.), che
pongono domande e quesiti alla Presidenza del Consiglio. Molti di
questi – alla data di pubblicazione della presente raccolta – non
hanno ancora risposta.
§ 2. Interrogazione a risposta scritta nr. 4/01936109
Atto Camera – Interrogazione a risposta scritta 4/01936, presentato
da BARBANTI Sebastiano, testo di Martedì 24 settembre 2013,
seduta n. 83:
BARBANTI, TOFALO,
DE LORENZIS, LOREFICE e SPESSOTTO.
Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo
economico, al Ministro per gli affari europei. — Per sapere –
premesso che:
la regione Calabria tramite la stazione unica appaltante (S.U.A.) ha
pubblicato una gara avente ad oggetto la progettazione esecutiva,
realizzazione del «Sistema di collegamento metropolitano tra
Cosenza-Rende e Università della Calabria» e fornitura e messa in
esercizio del relativo materiale rotabile (CIG: 501253176E);
dopo una sospensione dei termini, con decreto del dipartimento dei
lavori pubblici della regione Calabria del 12 agosto 2013, n. 11726,
109http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=6965&stile
=7&highLight=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRI
TTA%27
279
sono state disposte modifiche e integrazioni al capitolato speciale di
leasing e al disciplinare di gara, recepite dalla stazione unica
appaltante con decreto del 27 agosto 2013, n. 12095, unitamente al
riavvio della procedura disposta il 28 agosto 2013 (data di invio del
bando alla GUUE);
il nuovo termine di scadenza per la presentazione delle offerte è
dunque fissato per il 29 ottobre 2013, ore 12:00 (giusta nota del
dipartimento dei lavori pubblici del 28 agosto 2013, n. 273955);
l'opera dovrà essere realizzata, oltre che su terreni pubblici,
su terreni privati per i quali non sono state neppure avviate le
procedure espropriative;
l'importo a base della gara è di 160 milioni di euro, in gran parte
derivante dall'utilizzo di fondi FESR sui quali il Ministero
dell'economia e delle finanze e dello sviluppo economico ha
l'obbligo di vigilare;
gli stati membri, al fine di poter usufruire dei fondi di cui sopra,
devono rispettare quanto previsto dal regolamento (CE) n.
1080/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 luglio
2006, relativo al fondo europeo di sviluppo regionale e recante
abrogazione del regolamento (CE) n. 1783/1999:
nell'espletamento di queste attività sono coinvolti vari organi facenti
capo al Ministero dell'economia e delle finanze e dello sviluppo
economico: il dipartimento per lo sviluppo economico (DPS –
servizio fondi strutturali), l'ispettorato generale per i rapporti
finanziari con l'Unione europea (IGRUE) della ragioneria generale
ed altri ancora;
occorrerebbe riesaminare l'effettiva sostenibilità economicogestionale dell'opera, basandosi la sua fattibilità economica sulla
previsione progettuale di 49.000 passeggeri al giorno, ovvero circa la
metà dei cittadini cosentini e rendesi messi assieme, e se è vero che
per altre città (Firenze, Venezia, Bergamo, Cagliari, Padova, e altre)
l'utenza giornaliera si aggira fra il 2 e il 6 per cento della
popolazione, è facile intuire con somma probabilità le conseguenze
dannose di un errore previsionale di tale portata;
dal punto di vista della sostenibilità urbanistico-ambientale,
ripristinare i binari rimossi non molto tempo fa renderà il viale
Parco una stretta e lunga aiuola spartitraffico, separata dal contesto
circostante dalla barriera ferrata, producendo danni in termini di
qualità ambientale e di vivibilità generale della città, si procederà in
controtendenza rispetto a quella scelta urbanistica che voleva
280
individuare nel Viale una funzione di ricucitura tra centro città e
periferia, dov’è previsto uno sviluppo ed una riqualificazione
urbanistica;
per l'analoga esperienza di Messina, il sindaco Giuseppe Buzzanca
ha dichiarato, lo scorso anno : «...Il tram è stato un fallimento, una
scelta sbagliata. È inutile prendersi in giro, dobbiamo dire la verità.
Una città è stata devastata, alcune zone hanno subito un danno
notevole e non ci sono stati grandi vantaggi per il trasporto
pubblico. Per non parlare dei costi: un bagno di sangue per le casse
del Comune...», e ancora «...Al posto del tram ci sarebbe voluto il
filobus che non avendo bisogno di rotaie non avrebbe intaccato la
fisionomia delle strade...»;
negli anni ’90, quando l'opera è stata pensata, a detta degli
interroganti, aveva un senso ipotizzare una linea su rotaia, a trazione
elettrica, visto che i mezzi su gomma funzionavano a gasolio (molto
inquinante), mentre oggi il trasporto pubblico si orienta verso mezzi
su gomma, a trazione elettrica o a metano, nella ricerca della
massima flessibilità d'uso e di un veloce ritorno delle risorse
impiegate;
Cosenza ha già implementato un servizio di circolare veloce,
aderente a questi principi, e basterebbe sperimentarlo sull'intera
porzione di territorio dell'area urbana che dovrebbe essere servita
dalla metropolitana leggera, per verificare i reali flussi di passeggeri
giornalieri;
nel bando modificato è previsto che l'offerente dovrà prevedere una
ripartizione dei costi tra la programmazione 2007/2013 e la
programmazione successiva, 2014-2020, come testualmente
riportato: «...ai sensi del paragrafo 3.3 degli Orientamenti sulla
chiusura della Programmazione 2007/2013 (Decisione CE n. 1573
del 20 marzo 2013) e nel rispetto delle modalità che saranno
indicate dall'amministrazione regionale, al fine di assicurarne il
completamento con risorse del ciclo di programmazione
comunitaria 2014/2020, nell'eventualità che, per cause non previste,
non possa essere rispettato il crono-programma di realizzazione
contemplato dall'appalto...»;
la citata decisione CE n.1573 di cui al citato paragrafo 3.3 dispone
testualmente: «...La Commissione può accogliere le richieste di
suddivisione di grandi progetti su due periodi se sono soddisfatte le
seguenti condizioni:
281
il progetto prevede due fasi chiaramente identificabili per quanto
riguarda i suoi obiettivi materiali e finanziari;
la prima fase del grande progetto è pronta a essere utilizzata per lo
scopo o la funzione precisati nella decisione della Commissione
entro il termine di presentazione dei documenti di chiusura;
la seconda fase del progetto è ammissibile al finanziamento dei
fondi strutturali e/o del Fondo di coesione nell'ambito del periodo
2014-2020;
la domanda di modifica di un grande progetto riduce la dotazione
finanziaria nel periodo 2007-2013 (prima fase) mantenendo al
contempo l'obiettivo generale originario da realizzare entro il
periodo 2014-2020 e fa riferimento alla seconda fase del
progetto...»
la citata decisione CE n. 1573 stabilisce di identificare con due fasi
«chiaramente identificabili» gli obiettivi materiali e finanziari del
progetto che, invece, a detta dell'interrogante, non sono in alcun
modo identificati nel crono-programma del progetto;
la procedura, avviata con grave ritardo dalla regione Calabria,
potrebbe comportare il mancato rispetto di queste norme e
potrebbe comportare il mancato riconoscimento delle spese
sostenute, con conseguente disimpegno di fondi FESR e obbligo di
restituzione da parte dell'Italia all'Unione europea –:
se i Ministri interrogati siano conoscenza dei fatti esposti in
premessa e se intendano assumere ogni iniziativa di competenza
volta a:
a) verificare la legittimità del bando attraverso gli organi e le
procedure di sorveglianza demandate agli stati membri dalle norme
comunitarie (Regolamento (CE) n. 1083/2006 del Consiglio, 11
luglio 2006; regolamento (CE) n. 1828/2006 della Commissione;
regolamento (CE) n. 1080/2006 del Parlamento europeo);
b) verificare il rispetto di tutte le norme statali e comunitarie, in
tema di utilizzo dei fondi strutturali;
c) verificare il rispetto della decisione CE n. 1573 del 20 marzo
2013;
se la modifica al «grande progetto» sia stata notificata alla Unione
europea, se sia stata accolta ed, in caso affermativo, di quanto sia
stata ridotta la dotazione finanziaria 2007/2013 ai sensi del citato
paragrafo 3.3 della decisione CE 1573/213. (4-01936)
282
§ 3. Interrogazione a risposta immediata in commissione nr.
5/00161110
Atto Camera – Interrogazione a risposta immediata in commissione
nr.5/00161, presentato da BARBANTI Sebastiano, testo di Martedì
21 maggio 2013, seduta n. 20:
BARBANTI, RUOCCO, PISANO, VILLAROSA, PESCO,
CANCELLERI.
Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso
che:
diverse esternazioni recenti del Presidente della BCE hanno posto
in evidenza il fatto che le banche non stanno finanziando le piccole
e medie imprese in misura adeguata ad avviare e spingere la ripresa;
le analisi apparse su organi di stampa hanno ripreso e approfondito
questo fatto, alludendo spesso ad una responsabilità colposa delle
banche, più inclini in questi tempi a migliorare il proprio conto
economico, ad esempio attraverso il trading su titoli di
Stato piuttosto che finanziando investimenti produttivi;
senza per nulla eludere o aggirare la responsabilità delle banche, si
richiama un aspetto che sembra destare poca attenzione e però di
grandissima rilevanza per il futuro del sistema produttivo del paese,
nella misura in cui esso dipende dal finanziamento bancario: nello
specifico, si stanno cambiando le condizioni strutturali alle quali le
stesse banche raccolgono risorse sul medio lungo termine e dunque,
in prospettiva, la loro capacità di continuare a prestare sostegno alla
piccola e media impresa per i suoi bisogni d'investimenti; il
cambiamento che si paventa si annida nell'impatto congiunto di
diverse normative europee, ultima delle quali è rappresentata dalla
futura direttiva sulla gestione e risoluzione delle crisi;
in merito alla citata direttiva, la riunione dell'Ecofin dello scorso 14
maggio aveva, fra altri temi all'ordine del giorno, le scelte da
compiere sulle questioni di maggior rilievo per il varo entro l'anno
in corso; a questo riguardo, giova ricordare i seguenti aspetti:
a) la futura direttiva si prefigge come scopo l'armonizzazione delle
norme comunitarie per quanto riguarda la gestione dei dissesti
110http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=2843&stile
=7&highLight=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+IMM
EDIATA+IN+COMMISSIONE%27
283
bancari, con la doppia esigenza di evitare il ricorso ai salvataggi
pubblici di cui siamo stati tutti testimoni e l'insorgere di fenomeni
d'instabilità sistemica di cui alla fine, l'economia reale paga il prezzo
più grande;
b) la futura direttiva si applicherà a tutti gli intermediari, a
prescindere dalle loro dimensioni, dal loro modello di business e dal
rischio al quale concretamente espongono il sistema nel suo insieme
in caso di fallimento;
c) la futura direttiva introdurrà come innovazione assoluta
nell'ordinamento italiano, lo strumento del bail-in, noto come
conversione forzosa degli strumenti di debito emessi dalle banche in
strumenti di capitale di rischio o, in alternativa, decurtazione
forzosa del valore dei titoli di debito di una banca che versi in
condizione di crisi, col fine di evitare il ricorso al salvataggio della
stessa banca col denaro pubblico;
d) il disegno dello strumento del bail-in va letto unitamente alle
norme appena varate della direttiva CRD IV/CRR sui requisiti di
capitale e di liquidità per l'esercizio dell'attività bancaria, tenuto
conto anche dei vincoli della direttive MifiD/Mifir per quanto
riguarda gli obblighi in capo agli emittenti di strumenti finanziari
presso il pubblico dei risparmiatori: ciò pone chiaramente il
problema, cruciale per il nostro sistema bancario, di raccogliere a
condizioni sostenibili per poter finanziare l'economia reale e gli
investimenti di medio-lungo termine della piccola e media impresa
italiana; si tratta di un tema di grande rilevanza, anche in
considerazione della ripresa dell'economia che tarda a manifestarsi;
e) nella scorsa legislatura, il Parlamento italiano, tramite le
Commissioni competenti, nel dare il proprio assenso agli indirizzi
generali che andavano maturando nel contesto più ampio del
progetto d'Unione bancaria, individuò precisi orientamenti affinché
il futuro regime di gestione delle crisi non pregiudicasse
ulteriormente la capacità di quella parte sana del sistema bancario di
continuare a stare a fianco del sistema produttivo del Paese, per lo
sviluppo e la salvaguardia della coesione sociale;
il bail-in introdurrà un meccanismo di salvataggio forzoso delle
banche a carico degli investitori, ed è necessario che il piccolo
risparmiatore non sia equiparato all'investitore istituzionale o
comunque sofisticato –:
se il Governo intenda farsi promotore presso l'Unione europea di
una modifica nell'applicazione dell'istituto del bail-in, previsto dalla
284
direttiva succitata, che preveda l'esclusione dell'applicazione
automatica del suddetto istituto nei confronti dei piccoli
risparmiatori, anche oltre i livelli minimi previsti dalla garanzia sui
depositi bancari, al fine di scongiurare che la suddetta direttiva
appesantisca ulteriormente le condizioni di raccolta delle banche –
anche alla luce di vincoli posti da altre normative come la MifiD o la
CRUIV/CRR – soprattutto delle piccole banche locali – banche
popolari e di credito cooperativo – così preziose per le nostre
piccole e medie imprese, nonché per le famiglie, poiché
maggiormente propense agli investimenti nell'economia reale. (500161)
Risposta scritta pubblicata Mercoledì 22 maggio 2013
nell'allegato al bollettino in Commissione VI (Finanze)
5-00161
Con
l'interrogazione a risposta immediata in Commissione l'onorevole
Barbanti ed altri, nel far riferimento al previsto meccanismo di
partecipazione alle perdite subite dalle banche da parte dei
sottoscrittori e dei detentori dei titoli di debito (cosiddetto bailin), chiede al Governo di impegnarsi nel negoziato comunitario per
escludere dal campo di applicazione di questo istituto i piccoli
risparmiatori.
Al riguardo, la Segreteria del Comitato Interministeriale per il
Credito ed il Risparmio, sentita la Banca d'Italia, ha comunicato che
l'esperienza acquisita in questi ultimi anni ha messo in luce
l'importanza per gli Ordinamenti nazionali di dotarsi di strumenti
che, come il bail-in, assicurino che le perdite derivanti dal dissesto di
un intermediario bancario siano sopportate dai suoi creditori (oltre
che dai suoi azionisti) senza il ricorso all'intervento pubblico. In
questo senso, il bail-in è stato incluso fra gli strumenti di risoluzione
indicati dal Financial Stability Board nelle proprie raccomandazioni
sui Key Attributes of Effective Resolution Regimes for Financial
Institutions, che sono stati approvati dai paesi del G20 nel
novembre del 2011.
Il bail-in rappresenta un elemento centrale nella proposta di
direttiva sul risanamento e la risoluzione delle crisi bancarie adottata
dalla Commissione nel giugno del 2012 che prevede, in presenza di
situazioni di instabilità sistemica, il potere delle Autorità di dispone
285
la svalutazione o la conversione in azioni delle passività, imponendo
perdite agli azionisti e ad alcune categorie di creditori.
La direttiva è attualmente in discussione presso le competenti
Istituzioni Europee. Nel contesto del negoziato in corso, il
Governo italiano si è espresso favorevolmente nei confronti di un
sistema armonizzato al bail-in in ambito europeo al fine di ridurre
l'incertezza per gli investitori, limitare i rischi legali per l'Autorità ed
evitare effetti di spillover fra i diversi Stati membri legati al possibile
trattamento non uniforme dei creditori in Europa.
Tenuto conto delle implicazioni sui diritti dei creditori delle banche
in difficoltà la proposta di direttiva prevede che nell'attivazione
dello strumento del bail-in debba applicarsi il principio di
proporzionalità. Tale principio verrà opportunamente graduato nel
recepimento della direttiva nell'Ordinamento nazionale.
§ 4. Interrogazione a risposta immediata in commissione nr.
5/00190111
Atto Camera – Interrogazione a risposta immediata in commissione
nr.5/00190, presentato da BARBANTI Sebastiano, testo di Martedì
28 maggio 2013, seduta n. 24:
BARBANTI, PESCO, RUOCCO, PISANO, CANCELLERI, VIL
LAROSA e CHIMIENTI.
Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso
che:
nelle date 9 e 23 maggio 2013 si è riunito il consiglio di
amministrazione di Telecom Italia per l'approvazione dei dati
trimestrali e per esaminare l'ipotesi di aggregazione con 3 Italia e il
progetto di separazione della rete;
i dati del resoconto di gestione al 31 marzo 2013 esaminati dal
Consiglio di amministrazione evidenziano un quadro societario
caratterizzato da un indebitamento finanziario netto di quasi 29
miliardi di euro, in aumento di 493 milioni di euro rispetto al 31
dicembre 2012, e con un trend negativo di tutti gli indicatori
111http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=2872&stile
=7&highLight=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+IMM
EDIATA+IN+COMMISSIONE%27
286
diperformance finanziari tra cui il flusso di cassa della gestione
operativa, precipitati in un solo anno da 626 milioni di euro a 137
milioni di euro;
il problema dei conti è talmente grave che è in atto una politica di
contenimento dei costi che sta incidendo notevolmente sui livelli
occupazionali e gli investimenti, con tagli già previsti, nel piano
industriale del triennio 2013-2015, di 1,3 miliardi di euro e la messa
in mobilità di 2.750 lavoratori tra il 2013 e il 2014: tagli che in
questa fase di recessione aggravano ulteriormente il già difficile
quadro economico del nostro Paese;
il Consiglio di amministrazione di Telecom, nelle riunioni sopra
ricordate del 9 e 23 maggio 2013, ha deciso la prosecuzione degli
approfondimenti in merito alla possibile operazione con
la Hutchison Whampoa di Li Ka Shing, in particolare «per accertare
l'esistenza di margini di negoziazione realistici ed idonei ad
addivenire a un contemperamento delle rispettive posizioni sui
valori delle due società», negoziazione che sarà determinante ai fini
del controllo della stessa Telecom, mentre, in merito al progetto di
separazione della rete di accesso, ha rinviato al 27 maggio 2013 la
decisione finale, considerata ineluttabile per il destino stesso della
società: da numerose notizie di stampa si evince l'intenzione
del management di scorporare l’asset infrastrutturale dai servizi
costituendo una newco, con la prospettiva di cedere una quota alla
Cassa depositi e prestiti, probabilmente nell'ambito di una Ipo
(offerta pubblica iniziale), comunque mantenendo la maggioranza
assoluta. Secondo i pareri avanzati da Telecom lo scorporo farebbe
ottenere vantaggi sotto il profilo del debito e del rating per i benefici
regolamentati promessi da Bruxelles in presenza di una soluzione
che assicuri l’equivalence of input, cioè il trattamento paritario di
tutti gli operatori nell'utilizzo dell'infrastruttura (Telecom è stata
recentemente multata dall'Antitrust per ostacoli alla concorrenza); la
riorganizzazione che consentirebbe un meccanismo di
remunerazione «da utility»; la maggiore prevedibilità dei ricavi e
flessibilità operativa che oggi è ostacolata dal suo ruolo
di incumbent;
tale scorporo dell'infrastruttura dai servizi non convince i sindacati e
molti analisti indipendenti, perché non risolverebbe il problema del
debito e perché determina pesanti ricadute sul piano occupazionale:
il problema del debito infatti verrebbe solo in parte risolto sia se
l’incumbent cedesse la maggioranza della società della rete alla Cassa
287
depositi e prestiti – valutata non meno di 15 miliardi, quindi,
incassando almeno 8 miliardi, ma Cassa depositi e prestiti ha già
prospettato di stanziare risorse non per il rimborso del debito del
gruppo, bensì per gli investimenti nello sviluppo della fibra ottica –
sia trasferendolo in toto alla newco, ipotesi non realizzabile dato che
l'indicatore Ebitda della rete è stimabile in 2,5 miliardi e quindi non
potrebbe superare gli 8-10 miliardi di debito; anche optando per
questa ipotesi non è immaginabile, in un mercato altamente
competitivo come quello dei servizi di telefonia, la presenza di una
società con una ventina di miliardi di euro di indebitamento netto
residuo, priva di un asset strategico come la rete infrastrutturale
d'accesso;
molteplici sono gli aspetti ancora poco chiari relativi al futuro della
più importante compagnia telefonica del Paese, in particolare
sorgono dubbi sulla posizione che la newco avrà nei confronti degli
ingenti debiti di Telecom, sul margine di gestione che vi sarà, sulla
programmazione e sul controllo che lo Stato si riserverà nei
confronti della newco, sul destino degli 82 mila dipendenti
all'indomani della cessione, sull'utilizzo futuro delle «centrali» di
proprietà Pirelli RE, a giudizio degli interroganti, svenduti da
Telecom a Tronchetti Provera durante la sua fallimentare gestione e
riaffittati dalla stessa a caro prezzo e, infine, sulla titolarità degli 80
brevetti dei IT-lab e dei circa 600 brevetti registrati che hanno
permesso al Paese di ritagliarsi comunque un ruolo di avanguardia
nel settore delle telecomunicazioni e che, nel caso di ingresso del
colosso cinese nel board del gruppo, rischiano di essere «sfruttati»
da una potenza economica straniera impoverendo la capacità di
innovazione italiana con contraccolpi durissimi all'intero sistema
Paese;
la Cassa depositi e prestiti, nello specifico il FSI (Fondo strategico
italiano), attraverso il suo presidente Gorno Tempini ha confermato
interesse all'operazione dopo attenta visione ad inizio aprile
dei term sheet ricevuti da Telecom;
la Cassa depositi e prestiti per effettuare gli investimenti si avvale
del risparmio postale, e svolge una rilevante funzione creditizia a
favore del settore produttivo;
ad oggi non è ancora stata istituita la Commissione parlamentare
bicamerale sulla vigilanza della Cassa depositi e prestiti –:
se non ritenga opportuno che l'operazione in premessa debba essere
rinviata, al fine di poter consentire al Parlamento, nelle sedi
288
opportune, di valutare l'impatto che un'operazione di investimento
di tale portata avrà sulla capacità creditizia di Cassa depositi e
prestiti e sulla tutela dei risparmiatori considerata la sua importante
e delicata funzione di raccolta e gestione del risparmio nazionale
attraverso il risparmio postale. (5-00190)
Risposta scritta pubblicata Giovedì 30 maggio 2013
nell'allegato al bollettino in Commissione VI (Finanze)
5-00190
Con
l'interrogazione a risposta immediata in Commissione l'onorevole
Barbanti ed altri, premesso che il Consiglio di Amministrazione di
Telecom Italia avrebbe esaminato l'ipotesi di aggregazione con 3
Italia e il progetto di separazione della rete e che Cassa Depositi e
Prestiti avrebbe manifestato interesse all'investimento attraverso il
Fondo Strategico Italiano, chiedono se non si ritenga opportuno di
rinviare la citata operazione, per consentire al Parlamento un'attenta
valutazione della questione.
Al riguardo, l'Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, tramite
il Ministero dello sviluppo economico, ha comunicato che Telecom
Italia, in qualità di significativo operatore di mercato, è soggetto ad
una serie di obblighi regolamentari stabiliti dall'Autorità stessa con
delibere n. 731/09/CONS e n. 1/12/CONS, attualmente in fase di
revisione. Le nuove regole saranno stabilite nei prossimi mesi
all'esito delle risultanze della consultazione pubblica nazionale
(attualmente in corso, delibera n. 238/13/CONS del 21 marzo
2013) e comunitaria.
In tale contesto, assume particolare rilevanza la possibilità che
Telecom Italia proceda ad una separazione funzionale o strutturale
della propria rete di accesso, ipotesi prevista e disciplinata dal
quadro regolamentare vigente. L'articolo 50-ter del Codice delle
comunicazioni elettroniche, infatti, disciplina l'ipotesi di
«Separazione volontaria da parte di un'impresa verticalmente
integrata», stabilendo che le imprese designate quali detentrici di
significativo potere di mercato devono informare l'Autorità nel caso
in cui intendano:
1) trasferire i loro beni relativi alle reti di accesso, o una parte
significativa degli stessi, a un soggetto giuridico separato sotto
controllo di terzi;
289
2) istituire un'entità commerciale separata per fornire a tutti i
fornitori al dettaglio, comprese le sue divisioni al dettaglio, prodotti
di accesso pienamente equivalenti, al fine di consentire all'Autorità
di valutare l'effetto dell'auspicata transazione.
Peraltro, il tema delle misure di separazione della rete di accesso
degli operatori dotati di significativo potere di mercato è oggetto di
discussione anche a livello europeo e, in particolare, la bozza di
Raccomandazione in materia di obblighi di non discriminazione e
metodologie di costo per l'accesso all'ingresso di rete fissa,
pubblicata recentemente dalla Commissione Europea, dovrebbe
essere approvata nel prossimo mese di luglio.
Con riferimento agli aspetti di competenza di Cassa Depositi e
Prestiti, quest'ultima ha rappresentato il proprio interesse nel
promuovere lo sviluppo e l'ammodernamento dell'infrastruttura
digitale nell'ambito dell'Agenda Digitale Europea 2020.
In particolare, il settore delle infrastrutture di telecomunicazioni
rientra nelle priorità di Cassa Depositi e Prestiti, pertanto, la stessa
ha promosso, tramite il Fondo Strategico Italiano S.p.A.,
l'investimento in Metroweb S.p.A, azienda proprietaria della rete in
fibra ottica di ultima generazione nell'area metropolitana di Milano.
Tale rete è, attualmente, la più grande rete metropolitana in Europa.
L'investimento di euro 200 milioni nel capitale di Metroweb da
parte di Fondo Strategico Italiano è finalizzato a finanziare il piano
di costruzione delle reti di nuova generazione nelle principali città
italiane.
Per quanto riguarda Telecom, Cassa Depositi e Prestiti ha
comunicato di avere fornito la propria disponibilità, anche tramite il
Fondo Strategico Italiano, a valutare un investimento in una società
della rete di Telecom Italia S.p.A., finalizzato al finanziamento degli
interventi di ammodernamento necessari.
In tale ambito, eventuali sinergie tra Metroweb ed una eventuale
società della rete di Telecom permetterebbero di ottimizzare gli
investimenti nel settore, minimizzare le sovrapposizioni possibili
nella costruzione di più reti nelle stesse città, promuovere una
tempistica accelerata e ridurre i costi della costruzione
dell'infrastruttura.
Per valutare concretamente un possibile investimento in tale società
di nuova costituzione di Telecom, sarebbe propedeutica una
«societarizzazione» degli assetinfrastrutturali da parte di Telecom
stessa, con la conseguente individuazione degli attivi e passivi, che
290
consentano un'analisi e la valutazione di tale opportunità, nonché
degli eventuali impatti su Fondo Strategico Italiano e Cassa Depositi
e Prestiti.
Queste informazioni sono necessarie a Fondo Strategico Italiano
per completare la propria istruttoria sul possibile investimento in
tale nuova società, nell'ambito dei criteri privatistici di valutazione
dell'intervento contenuti nel proprio Statuto. Questi stessi criteri
sono stati utilizzati anche nell'istruttoria dell'investimento nel
capitale di Metroweb.
Cassa Depositi e Prestiti ha, infine, precisato che alla data odierna
non risulta che Telecom abbia deliberato nel senso sopra indicato.
§ 5. Interrogazione a risposta immediata in commissione nr.
5/00240112
Atto Camera – Interrogazione a risposta immediata in commissione
nr.5/00240, presentato da BARBANTI Sebastiano, testo di Martedì
4 giugno 2013, seduta n. 28:
BARBANTI e PESCO.
Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso
che:
lo studio elaborato dal rapporto Cresme-Cna ed Enea sugli effetti
economici degli sgravi sulle ristrutturazioni edilizie evidenzia tra
1998 e 2012 l'ammontare di 6.909.729 di domande, di cui 5.475.729
per gli interventi di recupero edilizio e 1.434.000 per gli incentivi di
efficientamento energetico;
il valore complessivo di lavori effettuati è stato pari 111,4 miliardi di
euro, di cui 94,2 miliardi per il recupero edilizio e 17,2 miliardi per
l'efficientamento e il risparmio energetico;
gli importi dei lavori detraibili sono stati pari a 44,6 miliardi di euro,
di cui 35,1 miliardi per il recupero edilizio e 9,5 miliardi per
l'efficientamento;
lo Stato ha registrato quindi una perdita complessiva di 44,6
miliardi, che va però integrata anche da minori incassi derivanti dalla
112http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=2922&stile
=7&highLight=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+IMM
EDIATA+IN+COMMISSIONE%27
291
riduzione dei consumi energeticigenerati dagli interventi di
riqualificazione;
Cresme li ha stimati in circa 8 miliardi e ne consegue che il
contributo dello Stato al settore è misurato, dal 1998 al 2012, in
circa 53 miliardi di euro;
per i lavori realizzati si sono incassati oneri e tasse sui 111,4 miliardi
di euro di lavori incentivati;
i suddetti rapporti stimano una ricaduta economica, in termini di
gettito tributario derivante dalle attività in oggetto (IVA di imprese
edili, istallatori, impiantisti e progettisti; IRES, IRPEF e Oneri
sociali) pari a 49,5 miliardi di euro e minori oneri fiscali per un
ammontare di 53 miliardi di euro;
il saldo complessivo sulle attività effettuate dal 1998 al 2012 è, a
valori correnti, negativo, per 3,5 miliardi di euro, in quanto la
distribuzione della detrazione avviene in un periodo di dieci anni;
infatti le entrate per lo Stato, pari a 17,8 miliardi di euro sono
immediate, mentre la restituzione dell'incentivo, pari a 21,3 miliardi
di euro, avverrà fino al 2021, senza dimenticarsi dell'inflazione,
poiché, se si prende in considerazione come deflattore il tasso
medio dei BOT, anche il saldo economico deflazionato
diventerebbe positivo, con un guadagno di 2,2 miliardi di euro, visto
che lo Stato si sarebbe dovuto finanziare attraverso
l'indebitamento a breve termine per reperire importi analoghi a
quelli generati dagli incentivi per l'edilizia;
lo strumento dell'agevolazione fiscale risulta quindi essere molto
utile, per generare flussi di denaro preposti a stimolare il mercato
interno fortemente depresso e, per tal motivo, sarebbe vantaggioso
estendere il sistema della detrazione agli altri settori connessi allo
sviluppo sostenibile –:
per quale motivo si ritenga che la maggiore spesa erariale, per la
proroga delle agevolazioni fiscali per gli interventi di recupero
edilizio ed efficientamento energetico, pari a 200 milioni di euro
annui, (secondo notizie della stampa), debba essere coperta da un
aumento, dell'IVA, che grava maggiormente sui piccoli contribuenti,
e non da una maggiore tassazione delle attività altamente inquinanti,
che sarebbe più compatibile con i valori posti a fondamento del
meccanismo delle detrazioni per le ristrutturazioni edilizie e
l'efficientamento energetico. (5-00240)
292
Risposta scritta pubblicata Mercoledì 5 giugno 2013
nell'allegato al bollettino in Commissione VI (Finanze)
5-00240
Con il documento in esame, gli onorevoli interroganti, tenuto conto
del rapporto Cresme-Cna ed Enea sugli effetti economici indotti
dagli sgravi previsti per gli interventi di recupero edilizio e di
efficientamento energetico, chiedono al Governo per quale motivo
la maggiore spesa erariale debba essere coperta da un aumento
dell'Iva e non da una maggiore tassazione delle attività altamente
inquinanti. Sul punto, il Dipartimento delle finanze evidenzia che il
Governo, in data 31 maggio 2013, ha approvato un decreto-legge,
in corso di pubblicazione, con il quale ha disposto la proroga al 31
dicembre 2013 e l'innalzamento al 65 per cento delle detrazioni per
gli interventi di riqualificazione energetica. Tale agevolazione,
sempre nella misura del 65 per cento, è applicata alle spese relative a
parti comuni degli edifici condominiali sostenute dal primo luglio
2013 fino al 30 giugno 2014. Lo stesso Consiglio dei ministri ha
varato, inoltre, la proroga al 31 dicembre 2013 delle detrazioni
fiscali per interventi di ristrutturazione edilizia e ha riconosciuto
un'ulteriore detrazione nella misura del 50 per cento delle spese
documentate per l'acquisto di mobili finalizzati all'arredo
dell'immobile oggetto di ristrutturazione. Ciò premesso, il
Dipartimento, per quanto di competenza, indica, nella tabella che
segue, gli effetti finanziari derivanti dalle suddette disposizioni
finalizzate a dare impulso alla ripresa economica e a sostenere gli
investimenti in tali settori: in milioni di euro. Le stime indicate si
basano sui dati contenuti nelle ultime dichiarazioni disponibili
relative all'anno d'imposta 2011 e considerano un effetto incentivo
derivante dalle norme. A copertura del minor gettito derivante dalle
predette agevolazioni fiscali, il provvedimento di cui trattasi ha
previsto a partire dal 2014, l'incremento dal 4 per cento al 21 per
cento dell'aliquota Iva sui prodotti editoriali venduti insieme alle
pubblicazioni, nonché l'aumento dal 4 per cento al 10 per cento
dell'aliquota Iva sulle bevande e alimenti venduti nei distributori. Il
Dipartimento evidenzia, infine, che la scelta di eventuali altre forme
di copertura delle disposizioni in esame che siano alternative agli
interventi in materia di Iva, potrà essere valutata nel corso
dell'esame parlamentare del provvedimento.
293
§ 6. Interrogazione a risposta immediata in commissione nr.
5/00442113
Atto Camera – Interrogazione a risposta immediata in commissione
nr.5/00442, presentato da BARBANTI Sebastiano, testo di Martedì
25 giugno 2013, seduta n. 40:
BARBANTI, PESCO, PISANO, RUOCCO, VILLAROSA,
CANCELLERI e CHIMIENTI.
Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso
che:
Equitalia è una società di capitali totalmente pubblica, sotto forma
di società per azioni, i cui azionisti sono l'Agenzia delle entrate, per
il 51 per cento del pacchetto azionario, e l'INPS per il restante 49
per cento, preposta alla riscossione nazionale dei tributi;
Equitalia appare detenere quote azionarie in numerose società e
consorzi, che hanno poco o punto a che fare con la mission di
Equitalia, cioè la riscossione pubblica dei tributi;
non tutte le partecipazioni azionarie, anche in piccole società, da
parte di Equitalia vengono pubblicizzate con trasparenza sul
sito web di Equitalia, che investe notoriamente quote non
secondarie del proprio budget in attività di comunicazione;
alcune delle partecipazioni societarie di Equitalia possono trovare
una motivazione in ragione di un pignoramento a garanzia di crediti
fiscali maturati;
tra le partecipazioni societarie, al 40 per cento del capitale, appare
comunque anomala quella in GO.VAR Srl di Como, che si dedica al
commercio all'ingrosso di elettrodomestici, elettronica di consumo,
audio e video;
tra le partecipazioni societarie, al 10 per cento del capitale, appare
altresì anomala quella nella fallita SOGESI Srl, società palermitana
che si occupa di costruzione di edifici residenziali;
sempre tra le partecipazioni societarie, al 9,2 per cento del capitale,
risalta quella in STOÀ, istituto di studi per la direzione e gestione di
impresa società consortile, la cui mission sono i corsi di istruzione
universitaria e post-universitaria; STOÀ ha organizzato negli ultimi
113http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=3124&stile
=7&highLight=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+IMM
EDIATA+IN+COMMISSIONE%27
294
anni, per Equitalia e/o per l'Agenzia delle entrate una serie di
convegni e seminari di rilevante entità economica, apparentemente
senza sottostare a una selezione tra concorrenti mediante gara o
avviso pubblico;
STOÀ avrebbe agito a quel che pare in questi ambiti di
organizzazione di eventi in regime di affidamento in house;
condizione necessaria ma non sufficiente per l'affidamento
pubblico in house è il possesso della maggioranza qualificata ovvero
del 100 per cento del pacchetto azionario della società beneficiaria
dell'affidamento laddove la quota di Equitalia è invece di estrema
minoranza; altro principio da rispettare per l'affidamento in house è
quello del controllo analogo, ben difficile da implementare per una
società come STOÀ posseduta solo per il 9,2 per cento –:
se non intenda operare per dismettere al più presto le quote
azionarie delle società possedute da Equitalia al di fuori
della mission della stessa, anche al fine di evitare eventuali
affidamenti in house in maniera anomala così come avvenuti nel
passato soprattutto onde assicurare una corretta gestione del
servizio di riscossione dei tributi. (5-00442)
Risposta scritta pubblicata Mercoledì 26 giugno 2013
nell'allegato al bollettino in Commissione VI (Finanze)
5-00442
Con riferimento al documento in esame, per gli aspetti di
competenza di Equitalia S.p.A., si forniscono i seguenti elementi
istruttori. Per quanto riguarda la GO.VAR Srl di Como, si segnala
che Equitalia non ha alcun partecipazione nella società. In passato
(7 luglio 2010) Equitalia Esatri, oggi Equitalia Nord, nello
svolgimento delle attività di riscossione ha proceduto al
pignoramento delle quote societarie detenute dalla VARGO Srl,
pari al 40 per cento del capitale sociale. Con riguardo alla SOGESI
Srl, operante nella costruzione di edifici residenziali, si precisa che
Equitalia non ha partecipazioni dirette o indirette nella società. La
partecipata Equitalia Sud possiede invece una partecipazione del 10
per cento in Sogesi S.p.A. (Società di gestioni Esattoriali in Sicilia) in
liquidazione (con sede legale in Palermo, Via Imperatore Federico,
46), avente come oggetto sociale la gestione in concessione del
servizio di riscossione disciplinato in applicazioni della legge 4
ottobre 1986, n. 657 e del decreto del Presidente della Repubblica
295
28 gennaio 1988, n. 43, e successive modificazioni ed in conformità
alle norme della regione siciliana sulla materia...». La Società,
sottoposta all'attività di direzione e coordinamento della
«UNICREDIT S.P.A.», è in liquidazione volontaria da 28 dicembre
1990. È stato rappresentato che Equitalia Sud S.p.A. ha acquisito
indirettamente la relativa partecipazione da Banca Intesa S.p.A. in
seguito all'acquisto della ex GestLine S.p.A – titolare originario della
partecipazione in SO.G.E.SJ S.p.A in liquidazione – in seguito
denominata Equitalia Polis e incorporata in Equitalia Sud, con
effetto dal 1o luglio 2011, per provvedere alla riscossione anche
negli ambiti già di competenza di GestLine. In relazione alla
partecipazione nella Stoà, si evidenzia che ad aprile 2009 sono state
avviate le attività propedeutiche alla cessione della partecipazione,
che si sarebbe dovuta perfezionare nel primo semestre 2011 ed è
stata sospesa per il cambio di amministrazione nel comune di
Napoli, socio di maggioranza di Stoà Spa, che aveva espresso
interesse per rilevare le quote. Nelle more della vendita della
partecipazione, Equitalia non si è più avvalsa della collaborazione di
Stoà. Tutti i dati delle partecipazioni, detenute direttamente o
indirettamente, sono comunque, come precisa Equitalia S.p.A.,
reperibili
sul
sito
istituzionale
all'indirizzo
web:
http://www.gruppoequitalia.it/equitalia/export/.content/it.gov.eq
uitalia.ca-pogruppo/files/it_2013/ORGANIGRAMMASOCIETARIO-31-05-2013.pdf.
§ 7. Interrogazione a risposta immediata in commissione nr.
5/00871114
Atto Camera – Interrogazione a risposta immediata in commissione
nr.5/00871, presentato da BARBANTI Sebastiano, testo di Martedì
6 agosto 2013, seduta n. 66:
BARBANTI, CANCELLERI, PESCO, PISANO, RUOCCO,
VILLAROSA.
114http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=2922&stile
=7&highLight=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+IMM
EDIATA+IN+COMMISSIONE%27
296
Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso
che:
il 18 febbraio 2009 è stato costituito un comitato promotore per la
costituzione di una banca di garanzia, costituito dal presidente
della provincia di Cosenza, dal presidente della camera di
commercio di Cosenza, dal sindaco di Cosenza, dal presidente
dell'ANCI e dal presidente della fondazione; la provincia e la
camera di commercio di Cosenza ha stanziato 8 milioni di euro; il
comitato promotore ha raccolto, altresì, circa mille sottoscrizioni
di quote azionarie; a distanza di quattro anni dalla costituzione del
comitato promotore, così come si apprende da fonti giornalistiche,
sembrerebbe che il presidente della camera di commercio abbia
dichiarato, all'esito di una recente riunione del consiglio direttivo,
che la banca di garanzia non verrà più costituita; dalle stesse fonti
giornalistiche si apprende che la Banca d'Italia abbia inviato un
missiva al presidente della camera di commercio, Gaglioti, con la
quale sembrerebbe abbia richiesto un ulteriore versamento pari a 2
milioni di euro ed ulteriori adempimenti, al momento, non resi
pubblici; la provincia di Cosenza sembrerebbe abbia ritirato le
quote, pari a 4 milioni di euro, per necessità di bilancio, approvato a
fine luglio; oltre al comitato promotore è stato istituito un consiglio
di amministrazione e sono stati nominati dei revisori dei conti;
la costituzione della banca di garanzia risulta ormai estremamente
complicata; non c’è trasparenza sui costi sostenuti dal consiglio di
amministrazione e dai revisori dei conti –:
quali siano i tempi e le modalità per la restituzione delle quote
azionarie sottoscritte dai piccoli risparmiatori e se reputi necessario
intervenire, nell'ambito delle proprie competenze, anche in sede di
CICR, in particolare segnalando la questione all'Autorità di
vigilanza, la Banca d'Italia, al fine di garantire la suddetta
restituzione. (5-00871)
Risposta scritta pubblicata Mercoledì 7 agosto 2013
nell'allegato al bollettino in Commissione VI (Finanze)
5-00871
Con
l'interrogazione a risposta immediata in Commissione l'onorevole
Barbanti ed altri pongono quesiti in ordine alla costituzione di una
«Banca di Garanzia Collettiva dei Fidi di Cosenza». In particolare gli
297
interroganti, nel rilevare che l'iniziativa di costituzione del
richiamato soggetto sotto l'egida di vari enti pubblici della provincia
di Cosenza risulta ormai abbandonata, chiede al Governo di
conoscere i tempi e le modalità di restituzione dei conferimenti
effettuati dai sottoscrittori privati nonché di interessare la Banca
d'Italia affinché garantisca tale restituzione.
Al riguardo, sentita la Banca d'Italia, tramite la Segreteria del
comitato interministeriale per il credito ed il risparmio, si fa
presente che il Testo unico bancario (decreto legislativo n. 385 del
1993) riserva l'esercizio dell'attività bancaria alle banche: il rilascio
della relativa autorizzazione è di competenza della Banca d'Italia.
L'intervento della Banca d'Italia è finalizzato a verificare l'esistenza
delle condizioni previste dal Testo unico bancario e dalla
regolamentazione d'attuazione affinché sia assicurata la sana e
prudente gestione della banca.
La Banca d'Italia nega l'autorizzazione in assenza di tali condizioni.
L'iscrizione nel registro delle imprese non è consentita in mancanza
della prescritta autorizzazione.
Nel caso di specie, la costituenda Banca di garanzia collettiva dei fidi
di Cosenza ha avanzato istanza di autorizzazione all'esercizio
dell'attività bancaria, ai sensi dell'articolo 14 del decreto legislativo n.
385 del 1993 nel febbraio 2012. L'istruttoria avviata dalla Banca
d'Italia sull'iniziativa proposta, valutata alla luce dei criteri fissati
dalla legge, ha messo in luce motivi ostativi all'accoglimento
dell'istanza.
Tali motivi ostativi sono stati debitamente portati a conoscenza del
Comitato promotore della «Banca di Garanzia» ai sensi dell'articolo
10-bis della legge 241 del 1990. Il provvedimento definitivo di
diniego all'accoglimento dell'istanza di autorizzazione richiesta dalla
«Banca di Garanzia» è stato adottato dal Direttorio della Banca
d'Italia in data 25 giugno 2013.
Con specifico riguardo alla questione posta dall'interrogante, si fa
presente che le norme che regolano i rapporti tra il Comitato
promotore della banca costituenda e i sottoscrittori sono di tipo
privatistico e pertanto non soggette a supervisione da parte della
Banca d'Italia.
Le somme versate a norma dell'articolo 2342, comma 2, del codice
civile, dovranno pertanto essere restituite ai sottoscrittori secondo
quanto previsto dall'articolo 2331, comma 4, del codice civile.
298
§ 8. Interrogazione a risposta immediata in commissione nr.
5/01056115
Atto Camera – Interrogazione a risposta immediata in commissione
nr.5/01056, presentato da BARBANTI Sebastiano, testo di Martedì
24 settembre 2013, seduta n. 83:
BARBANTI, PISANO e CANCELLERI.
Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere quale sia la
ripartizione, per scaglione, dei redditi da pensione, sia pubblici sia
privati, al fine di individuare il gettito dell'imposta Irpef correlato
alle diverse aliquote, di cui all'articolo 11 del decreto del Presidente
della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917. (5-01056)
§ 9. Interrogazione a risposta immediata in commissione nr.
5/00394116
Atto Camera – Interrogazione a risposta immediata in commissione
5/00394, presentato da CASTELLI Laura, testo di Mercoledì 19
giugno 2013, seduta n. 36:
CASTELLI e FRACCARO.
Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso
che:
l'articolo 68 del Codice dell'amministrazione digitale di cui al
decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, al comma 1, come da ultimo
modificato dal decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, dispone che le
«pubbliche amministrazioni acquisiscono programmi informatici o
parti di essi nel rispetto dei principi di economicità e di efficienza,
tutela degli investimenti, riuso e neutralità tecnologica, a seguito di
una valutazione comparativa di tipo tecnico ed economico» tra una
115http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=6971&stile
=7&highLight=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+IMM
EDIATA+IN+COMMISSIONE%27
116http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=3076&stile
=7&highLight=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+IMM
EDIATA+IN+COMMISSIONE%27
299
serie di soluzioni disponibili sul mercato, tra cui software liberi o a
codice sorgente aperto;
il successivo comma 1-ter, dispone che solo ove dalla valutazione
comparativa di tipo tecnico ed economico risulti motivatamente
l'impossibilità di accedere a soluzioni già disponibili all'interno della
pubblica amministrazione, o a software liberi o a codice sorgente
aperto, adeguati alle esigenze da soddisfare, è consentita
l'acquisizione di programmi informatici di tipo proprietario
mediante ricorso a licenza d'uso;
la dismissione di programmi informatici di tipo proprietario
mediante ricorso a licenza d'uso, al fine del passaggio
a software liberi o a codice sorgente aperto, rappresenta un
importante strumento di razionalizzazione della spesa pubblica;
allo stato, non risulta disponibile una esatta quantificazione delle
risorse destinate all'acquisto dei richiamati programmi informatici di
tipo proprietario mediante ricorso a licenza d'uso e dei risparmi di
spesa che si potrebbero conseguire dall'applicazione del citato
articolo 68 del Codice dell'amministrazione digitale, che non sembra
essere stato pienamente attuato –:
a quanto ammontino e su quali capitoli, o piani di gestione,
insistano le risorse iscritte in bilancio destinate all'acquisto di
programmi informatici di tipo proprietario mediante ricorso a
licenza. (5-00394)
§ 10. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-00943117
Interrogazione a risposta scritta 4-00943 presentato da CIPRINI
Tiziana testo di Giovedì 20 giugno 2013, seduta n. 37
CIPRINI, GALLINELLA, CANCELLERI, RUOCCO, D'UVA,
COMINARDI, BECHIS, BALDASSARRE, RIZZETTO e
TRIPIEDI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al
Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. —
Per sapere – premesso che:
117
http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=2404&stile=7&highLigh
t=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27
300
con bando del 16 novembre 2011 protocollo 146312/RU è stato
indetto dall'Agenzia delle dogane il concorso per 69 posti di
dirigente di seconda fascia. La prova preselettiva si è tenuta a Roma
il 19 dicembre 2012;
nelle more della assunzione dei dirigenti l'Agenzia delle dogane
ricorre nel contempo all'affidamento di incarichi a «reggenti»
funzionari di terza area; nel passato (2005, 2009 e 2011) sono state
rivolte al Ministro dell'economia e delle finanze ed al Ministro della
pubblica amministrazione numerose interrogazioni parlamentari
con le quali si chiedevano spiegazioni rispetto alla circostanza per la
quale incarichi di provvisoria reggenza di uffici dirigenziali
dell'Agenzia delle dogane fossero stati assegnati a funzionari privi
del requisito della laurea e i criteri di valutazione per l'assegnazione
e la nomina di tali incarichi di reggenza; in una specifica circostanza,
l'amministrazione doganale, citata in giudizio davanti al tribunale di
Salerno per aver attribuito funzioni dirigenziali a funzionari privi di
laurea, è stata condannata sia in primo grado che in appello e la
sentenza è stata confermata in Cassazione;
recentemente, in particolare, per quanto consta agli interroganti, vi
sarebbero anomalie in ordine all'assegnazione della reggenza
dell'ufficio delle dogane di Bergamo e dell'ufficio doganale di
Frosinone a funzionari che risulterebbero privi del requisito della
laurea;
è noto il principio in forza del quale l'accesso ai pubblici impieghi –
e segnatamente il reclutamento dei dirigenti delle amministrazioni
dello Stato – è soggetto al principio della stretta legalità, con la
conseguenza che è solo nella legge che la relativa disciplina deve
trovare fondamento ed attuazione, di modo tale da avvenire in
condizioni di effettiva e sostanziale uguaglianza, in stretta
osservanza degli indefettibili principi costituzionali di buon
andamento ed imparzialità dell'amministrazione. È stata ritenuta
illegittima la procedura concorsuale a posti di qualifica dirigenziale
indetta in violazione della disciplina minima e inderogabile stabilita
– per tutte le amministrazioni statali e gli enti pubblici non
economici – per l'accesso alla dirigenza dalla legislazione di
riferimento (articolo 28 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.
165 e regolamento attuativo emanato con decreto del Presidente
della Repubblica n. 324 del 2000); anche la Corte costituzionale, con
le sentenze n. 103 e n. 104 del 2007, n. 161 del 2008 e n. 69 del
2011, ha negato la costituzionalità di una dirigenza di fiducia e
301
ribadito la necessità di selezionare i dirigenti sulla base di criteri
selettivi imparziali e trasparenti, evidenziando i parametri di scelta e
selezione dei dirigenti –: se i Ministri siano a conoscenza della
descritta situazione; se sia vero che sono stati assegnati incarichi di
reggenza a funzionari privi del requisito della laurea e quale sia
l'orientamento
del
Governo;
se i Ministri, ciascuno per quanto di competenza, intendano attivare
misure di verifica e controllo delle procedure di assegnazione di
incarichi dirigenziali ai funzionari dell'amministrazione doganale; se
i Ministri, ciascuno per quanto di competenza, ritengano opportuno
assumere provvedimenti volti ad assicurare la trasparenza delle
procedure di assegnazione degli incarichi di reggenza dell'Agenzia
delle dogane nel rispetto dei criteri indicati dagli articoli 19 e 19-bis
del decreto legislativo n. 165 del 2001. (4-00943)
§ 11. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-01630118
Interrogazione a risposta scritta 4-01630 presentato da COLLETTI
Andrea testo di Mercoledì 7 agosto 2013, seduta n. 67.
COLLETTI.
Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso
che:
Marco Milanese, ex deputato del Popolo della Libertà, rinviato a
giudizio dal Gip del Tribunale di Napoli con l'accusa di associazione
a delinquere, corruzione e rivelazione di atti d'ufficio e condannato
dal Tribunale di Roma ad 8 mesi di reclusione (pena sospesa) per
finanziamento illecito a un singolo parlamentare, già consigliere di
Giulio Tremonti durante il suo incarico da Ministro, pare avere
ripreso servizio presso la scuola superiore dell'economia e delle
finanze, direttamente controllata dal Ministero dell'economia e delle
finanze;
la lista aggiornata dei docenti di ruolo della scuola riporta il suo
nome e l'ammontare del suo compenso annuo lordo pari ad euro
194.332,00; fanno parte del corpo insegnante dell'istituto anche
118
http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=5641&stile=7&highLigh
t=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27
302
Vincenzo Fortunato e Marco Pinto, rispettivamente ex capo ed ex
vice-capo di gabinetto dello stesso Ministero dell'economia e delle
finanze; sia Fortunato sia Pinto percepiscono dalla scuola uno
stipendio annuo lordo di oltre 300.000 euro che, nel caso di
Fortunato, si aggiunge ai compensi derivanti dagli incarichi di
liquidatore della Società «Stretto di Messina» e di presidente di
Invimit, la società del Tesoro per la valorizzazione del patrimonio
immobiliare pubblico –:
se il Ministro dell'economia e delle finanze sia a conoscenza
dell'entità dei compensi erogati ai docenti della scuola superiore
dell'economia e delle finanze e se sia nelle sue intenzioni adottare un
provvedimento per ridurre tali emolumenti che appaiono del tutto
incoerenti con la situazione economica generale e le necessità di
risanamento del bilancio dello Stato; se sia coerente con la lotta al
malaffare ed all'etica pubblica avere all'interno di una scuola di alta
specializzazione appartenente allo stesso Ministero una persona
condannata in primo grado ed imputata per molti e gravi reati
connessi alla pubblica amministrazione. (4-01630)
§ 12. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-00176119
Interrogazione a risposta scritta 4-00176 presentato da DAGA
Federica testo di Martedì 9 aprile 2013, seduta n. 8
DAGA e PESCO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. —
Per sapere – premesso che:
Cassa depositi e prestiti è nata nel 1850 come ente dello Stato e fino
al 2003 ha raccolto il risparmio postale dei cittadini utilizzandolo,
svolgendo quindi una tipica funzione pubblica, per il finanziamento
a tassi agevolati degli investimenti in opere pubbliche da parte degli
enti locali; il 12 dicembre 2003 la Cassa depositi e prestiti è
trasformata in società per azioni (decreto-legge n. 269 del 2003 e
decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 5 dicembre 2003),
il cui unico scopo è di produrre utili per gli azionisti, con il 70 per
cento del capitale detenuto dal Ministero dell'economia e delle
119http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=1278&stile=7&highLi
ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27
303
finanze e il 30 per cento detenuto da 66 fondazioni bancarie
attraverso l'assegnazione di azioni privilegiate con diritto a dividendi
annuali extra pari al 3 per cento più inflazione del valore nominale;
all'atto della costituzione di Cassa depositi e prestiti spa, le
fondazioni bancarie versano 1 miliardo e 50 milioni di euro
detenendo il 30 per cento in azioni privilegiate da convertire in
azioni ordinarie entro il 2009; dopo una prima proroga rispetto alla
scadenza del 2009, entro dicembre 2012 le fondazioni bancarie
avrebbero dovuto convertire le proprie azioni privilegiate in azioni
ordinarie raggiungendo attraverso il versamento di un conguaglio la
quota del capitale azionario in loro possesso; nel contenzioso in
atto nell'autunno 2012 tra il Ministero dell'economia e delle finanze
e le fondazioni bancarie in quota a Cassa depositi e prestiti spa, su
disposizione del Governo sono richieste perizie giurate di stima per
definire il valore di Cassa depositi e prestiti spa alla data di
trasformazione in società per azioni e alla data del 31 dicembre
2012, come riportato dall'articolo 36, comma 3-bis, lettera a), del
decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con
modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221; in data 18
dicembre 2012 è pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 294 –
supplemento ordinario n. 208 la legge 17 dicembre 2012, n. 221 di
conversione, con modificazioni, del decreto-legge 18 ottobre 2012,
n. 179, recante ulteriori misure urgenti per la crescita del Paese, nel
quale attraverso l'articolo 36, commi 3-bis-3-decies, il Governo
indica le modalità che Cassa depositi e prestiti dovrà seguire rispetto
all'ipotesi di conversione in azioni ordinarie delle azioni privilegiate
in circolazione; dal 1o aprile 2013 fino alla data dell'assemblea dei
soci per l'approvazione del bilancio d'esercizio al 31 dicembre 2012,
prevista per il 17 aprile 2013, Cassa depositi e prestiti spa, su
disposizioni del Governo, dà facoltà alle fondazioni bancarie di
rateizzare in 5 anni l'acquisto di azioni ordinarie fino al
raggiungimento complessivo del numero di azioni privilegiate da
queste posseduto fino al 31 marzo 2013 (articolo 36, comma 3octies-3-decies, del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179,
convertito con modificazioni dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221);
dal comunicato stampa n. 84/2012 emesso in data 19 dicembre
2012, si evince che in sede di assemblea straordinaria di Cassa
depositi e prestiti, tenutasi in medesima data, sono state approvate
alcune modifiche riguardanti la governance societaria, in particolare
viene ridotta dal 15 per cento al 10 per cento la percentuale di
304
partecipazione necessaria per la presentazione delle liste di candidati
alla carica di amministratore e di sindaco e viene introdotta la
previsione per cui l'amministratore delegato è tratto dalla lista di
maggioranza, mentre il presidente del consiglio di amministrazione
è tratto dalla lista risultata seconda per numero di voti; sul suo sito
ufficiale alla voce azionariato (http://www.cassaddpp.it/chisiamo/fatti-numeri/azionariato.html) Cassa depositi e prestiti spa
dichiara di essere «una Società per azioni controllata dallo Stato
italiano» –: se il Ministro interrogato, per quanto di sua competenza,
intenda fare in modo che vengano rese pubbliche le perizie di
valutazione di Cassa depositi e prestiti spa effettuate dalla società
Deloitte Financial Advisory Srl relative alla data di trasformazione
in società per azioni e alla data del 31 dicembre 2012; se intenda
fornire una relazione circa le ragioni che hanno portato l'azionista di
maggioranza di Cassa depositi e prestiti, cioè il Governo, che
dovrebbe operare nell'interesse della collettività: a concedere alle
fondazioni bancarie la facoltà di convertire alla pari il valore delle
azioni privilegiate in ordinarie, causando una perdita per l'erario di
circa 2 miliardi di euro, ad accordare alle fondazioni bancarie la
restituzione del solo 50 per cento dei maggiori dividendi delle azioni
privilegiate da convertire corrisposti loro dal Cassa depositi e
prestiti dal 2003, data di costituzione della Cassa depositi e prestiti
spa e ad accordare alle fondazioni bancarie la possibilità di restituire
in 5 rate annuali la quota del 50 per cento dei maggiori dividendi
delle azioni privilegiate da convertire corrisposti loro da Cassa
depositi e prestiti dal 2003 e la possibilità di versare in 5 rate annuali
il valore in euro pari al numero di azioni ordinarie che le fondazioni
bancarie potrebbero acquistare dal 1o aprile al 17 aprile 2013; quali
ragioni portino il Governo, che dovrebbe operare nell'interesse della
collettività, a perseguire l'obiettivo di consolidare la permanenza di
soci privati nell'azionariato di Cassa depositi e prestiti; nello
specifico, secondo quali motivazioni in data 19 dicembre 2012 si sia
dato corso alla modifica dello statuto di Cassa depositi e prestiti spa
che, rispetto alla governance societaria, prevede che la nomina della
figura di presidente del consiglio di amministrazione venga
demandata alla minoranza in quota a Cassa depositi e prestiti; se
ritenga opportuno rinviare la nomina del presidente del consiglio di
amministrazione in occasione dell'assemblea per l'approvazione del
bilancio 2012, prevista per il prossimo 17 aprile 2013, essendo il
Governo in carica dimissionario. (4-00176)
305
§ 13. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-01343 120
Testo presentato, in data Venerdì 19 luglio 2013, seduta n. 56, da:
GALLINELLA e CIPRINI.
Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e
delle finanze. — Per sapere – premesso che:
il 15 dicembre 2009 un terremoto di magnitudo 4.2 ha gravemente
lesionato la frazione di Spina nel comune di Marsciano (Perugia);
purtroppo si sta ripetendo un fatto simile a quanto già accaduto per
l'esenzione dell'IMU a carico dei fabbricati resi inagibili dal sisma
suddetto; infatti mentre tale esenzione era stata concessa per
l'Abruzzo e successivamente per l'Emilia Romagna, per il terremoto
di Marsciano, solo dopo molteplici sollecitazioni, gli organi deputati
hanno previsto con un provvedimento normativo apposito, inserito
nel decreto-legge denominato «Mille Proroghe», che ponesse
uguaglianza di trattamento fra il terremoto di Marsciano e gli altri;
gli interventi di ricostruzione da realizzare da parte dei soggetti
privati all'interno del PIR di Spina, saranno assoggettati,
permanendo la legislazione vigente e qualora l'importo dei lavori
superi un milione di euro, alle previsioni di cui all'articolo 32,
comma 1, lettere d) ed e), del codice dei contratti 12 aprile 2006, n.
163, che prevede, per l'affidamento dei lavori, l'applicazione delle
complesse procedure valide per i lavori pubblici mentre quelli già
autorizzati per l'Abruzzo e l'Emilia Romagna da realizzare sugli
immobili privati all'interno del Progetto integrato di recupero (PIR)
in questione saranno svolti con atti di natura privatistica;
trattandosi di contributi in conto dei lavori necessari per le
abitazioni danneggiate per portarle ad un livello di sicurezza di
almeno il 60 per cento e che i proprietari dovranno comunque
sostenere, con propri mezzi, il maggior costo necessario per il
completamento degli stessi lavori, è quindi evidente che solo con
contratti di natura privatistica sarà possibile garantire l'efficiente ed
utile impiego di risorse pubbliche e si potrà garantire un rientro
nelle proprie abitazioni in tempi accettabili e celeri;
a parere degli interroganti, sarebbe più agevole che per cittadini
120http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=4236&stile=7&highLi
ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27
306
residenti in Umbria, colpiti dal sisma, che hanno subito lo stesso
evento calamitoso non debbano sistematicamente richiedere
appositi trattamenti in deroga alle leggi già vigenti –:
quali iniziative anche di tipo normativo in analogia a quanto già
attuato per le altre aree colpite da analoghi eventi calamitosi, intenda
adottare il Ministro interrogato per favorire e agevolare celermente i
processi di ricostruzione e di rinascita delle zone del comune di
Marsciano colpite dal recente sisma del 2009. (4-01343)
§ 14. Interrogazione a risposta in commissione nr. 5-00930121
Testo presentato, in data Venerdì 9 agosto 2013, seduta n. 69, da:
LUIGI GALLO.
Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso
che:
dalla relazione sulla gestione 2012 della Cassa depositi e prestiti spa
(CDP), pagina 80, si evince che al 31 dicembre 2012 il saldo del
conto corrente presso la Tesoreria centrale dello Stato, su cui
vengono depositate le somme raccolte da Cassa depositi e prestiti
nell'ambito della sua gestione separata, si è attestato a quota 132,7
miliardi di euro circa, in incremento del 9 per cento rispetto al dato
di fine 2011 (pari a 122 miliardi di euro); allo stesso giorno la Cassa
depositi e prestiti aveva crediti in essere verso clientela e banche per
un totale di 100,5 miliardi di euro a fronte di una raccolta postale di
233,6 miliardi di euro; Cassa depositi e prestiti, a partire da marzo
2012, è inoltre entrata a far parte delle controparti ammesse alle
operazioni di gestione della liquidità del Ministero dell'economia e
delle finanze (OPTES); nel corso del 2012 tale operatività ha fatto
registrare una provvista media di 14 miliardi di euro (con saldo
nullo alla data del 31 dicembre 2012) che, al fine di garantire
l'equilibrio economico-finanziario, è stata impiegata: a) per assolvere
gli obblighi di riserva obbligatoria, b) in titoli di Stato italiani a
brevissima scadenza e c) in operazioni di pronti contro termine di
impiego di liquidità a breve termine con collaterale titoli di Stato
italiani; dalla lettura della relazione annuale 2011 della Banca d'Italia,
121http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=6183&stile=7&highLi
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307
tabella 13.11 sulla consistenza del debito delle amministrazioni
pubbliche, si evince inoltre che tra le «altre passività» vi sono prestiti
di istituzioni finanziarie monetarie (IFM) residenti pari a 128
miliardi di euro circa; secondo quanto reso esplicito in una nota
della tabella della relazione (pagina 111), dal settembre 2006 la Cassa
depositi e prestiti spa è inclusa tra le istituzioni finanziarie
monetarie; dalla stessa data i prestiti erogati dalla Cassa in favore
delle amministrazioni pubbliche confluiscono nella voce «prestiti di
IFM»; in seguito all'inasprirsi dei vincoli del patto di stabilità interno
per la spesa, in particolare per investimenti, degli enti locali, questi
accedono con sempre maggiore difficoltà ai mutui della Casa
depositi e prestiti (3,3 miliardi di euro di nuovi mutui erogati nel
2012, a fronte di 6,2 miliardi di euro nel 2011, e a fronte di impegni
in essere complessivi della Cassa depositi e prestiti verso gli enti
locali di 84 miliardi di euro circa) –:
quale parte dei 132,7 miliardi di euro della gestione separata della
Cassa depositi e prestiti depositati presso il conto corrente della
tesoreria dello Stato finanzia il fabbisogno delle amministrazioni
pubbliche nel breve termine; sotto che forma di prestiti la Cassa
depositi e prestiti finanzia regolarmente il fabbisogno dello Stato, a
quali tassi, con quali scadenze, e con quale profitto ogni anno;
perché la Cassa depositi e prestiti non usi questa liquidità per
aumentare il suo portfolio di prestiti a breve termine in favore delle
amministrazioni locali con tassi più favorevoli di quelli di mercato
permettendo così un'erogazione maggiore di mutui pur
ottemperando ai vincoli del patto di stabilità interno per quel che
concerne la spesa per investimenti. (5-00930)
§ 15. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-00849122
Testo presentato, in data Giovedì 13 giugno 2013, seduta n. 33, da:
GRILLO.
Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso
che:
122http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=2310&stile=7&highLi
ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27
308
l'articolo 3 della legge 6 marzo 1992, n. 216, si prefiggeva lo scopo
di equiordinare, sulla base di criteri funzionali, il trattamento
economico del personale non dirigente e non direttivo delle forze di
polizia dello Stato con l'emanazione di decreti legislativi concernenti
le necessarie modificazioni agli ordinamenti per il riordino delle
carriere, delle attribuzioni e dei trattamenti economici allo scopo di
conseguire una disciplina omogenea, fermi restando i rispettivi
compiti istituzionali, le norme fondamentali di stato e le attribuzioni
dell'autorità di pubblica sicurezza; considerate le iniquità emerse nel
corso dell'attuazione dei relativi decreti legislativi, è stato adottato
l'articolo 9 della legge 31 marzo 2000, n. 78, al fine di equiordinare
le disposizioni integrative e correttive e con previsione espressa di
attenersi ai principi, ai criteri direttivi e alle procedure dell'articolo 3
della legge n. 216 del 1992, ma gli ulteriori interventi non hanno
completamente definito la problematica, in parte ancora pendente; il
dettato degli articoli 58 e 65 del decreto legislativo 12 maggio 1995,
n. 199, a differenza di quanto attuato con il corrispondente decreto
legislativo n. 197 del 1995 (articoli 13 e 14), peraltro, ha escluso
l'adozione dei decreti del Presidente della Repubblica cosicché è
venuta meno, anche agli effetti equitativi e sostanziali, la legiferata
omogeneità prescritta dal suddetto articolo 3 della legge n. 216 del
1992 ed è l'amministrazione delegata dal decreto legislativo n. 199
del 1995, con modalità atipiche che si discostano dallo spirito
normativo primario, a stabilire un ordinamento che, ad avviso della
interrogante, risulta reiteratamente penalizzante per taluni e
opportunistico per altri, ma anche un sistema basato su una
invalicabile anzianità, escludendo sostanzialmente un sistema basato
su un criterio meritocratico anche la legiferata e mai attuata
concertazione oggettiva nell'ambito interforze avrebbe dovuto
invece, non solo formulata ma anche attuata dal Ministro
dell'interno, sia in fase di riordino che in fase di interventi correttivi
(articolo 3 legge n. 216 del 1992); lo stesso articolo 51 del decreto
legislativo n. 198 del 1995, sulle eccedenze organiche dei ruoli non
dirigenti e non direttivi dell'Arma dei carabinieri, nelle sue
disposizioni transitorie e finali, ha testualmente rappresentato che:
«1. Le eventuali eccedenze organiche che si dovessero determinare
in applicazione delle norme istitutive dei nuovi ruoli potranno
sussistere, anche in sovrannumero, fino al riassorbimento con le
vacanze che avranno luogo nei ruoli stessi, lasciando altrettanti posti
liberi nel ruolo degli appuntati e carabinieri», e che, se da un lato,
309
detto disposto legislativo tenderebbe a determinare il
conseguimento di una disciplina omogenea, da un altro lato, lascia
all'amministrazione le più ampie facoltà nella rideterminazione delle
vacanze, non dettando dei parametri obiettivi con criteri
predeterminati sulla base di unici criteri direttivi; nessuna analoga
previsione avviene, invece, in via transitoria, nemmeno
astrattamente, per i marescialli capo e ordinari (esclusi) della
Guardia di finanza, non prevedendo il disposto degli articoli 65, 58
e 58-quater del decreto legislativo 12 maggio 1995, n. 199 (Guardia
di finanza), così come integrato dall'articolo 6 del decreto legislativo
28 febbraio 2001, n. 67, alcuna disposizione equitativa al fine di non
escludere ulteriori disparità di trattamento; vi è il rischio, ad avviso
della interrogante, che si profilino criticità, in ordine alla legittimità e
alla costituzionalità dell'articolo 6, comma 8, e dell'articolo 8
(Disposizioni integrative e correttive riguardanti l'avanzamento del
personale del ruolo degli Ispettori e le Norme transitorie) del
decreto legislativo 28 febbraio 2001, n. 67, non avendo mai adottato
con il disposto dell'articolo 58-quater del decreto legislativo 12
maggio 1995, n. 199, tutti i previsti interventi correttivi e integrativi
al riguardo; ad avviso dell'interrogante, invece, correttamente, fin
dall'origine, sono gli articoli 13 e 14 del decreto legislativo 12
maggio 1995, n. 197 (Polizia di Stato) a stabilire, tassativamente e
senza riserve, gli inquadramenti e gli avanzamenti transitori
quadriennali in sovrannumero fin dall'atto dell'emanazione degli
stessi decreti legislativi e in tal senso si ispirano, inequivocabilmente,
gli articoli 8 e 9 del corrispondente decreto legislativo n. 200 del
1995, per gli ispettori della polizia penitenziaria nonché l'articolo 53
del decreto legislativo n. 201 del 1995, per gli ispettori, già
marescialli del Corpo forestale dello Stato considerata l'esiguità
organica di questi ultimi – così come i marescialli dei tre gradi della
Guardia di finanza al 10 settembre 1995 – tutti assorbiti in fase di
inquadramento; ad avviso della interrogante, nel riordino del
1o settembre 1995 (articolo 65 comma 1 di lettera b) decreto
legislativo n. 199 del 1995) vengono sproporzionatamente
inquadrati nel neo-grado di maresciallo capo, così come i marescialli
capo e ordinari in organico ai 31 agosto 1995, tutti «... i brigadieri
utilmente iscritti, ai fini della promozione al grado superiore, nei
quadri di avanzamento formati alla suddetta data, ai sensi della legge
10 maggio 1983, n. 212, e del presente decreto; ...» e non solo dei
corsi ordinari biennali, quindi una rilevantissima aliquota di soggetti
310
ancora da valutare dei quali, ai sensi dell'articolo 38 legge n. 212 del
1983, solo il primo terzo dei promossi aveva ottenuto la
promozione a maresciallo ordinario causando sostanziali
scavalcamenti e creando nuove disparità di trattamento, in contrasto
con i superiori dettati della Corte costituzionale (Corte Cost. Sent.
188/1974, 217/1977, 133/1985, 158/1995, 331/1988, 187/1990,
277/1991, 133/1996, 65/1997, 63/1998, 126/2000 – Ord.
189/1999 e ancora con i principi e criteri direttivi che devono
servire a circoscrivere il campo della delega legislativa Sentenza n.
158/1985 esuli assetto delle fonti normative Sent.
171/2007); l'interrogante segnala il contesto collegiale nel quale
deve esprimersi la potestà normativa, ai sensi dell'articolo 3 comma
1, della legge n. 216 del 1992, ove recita che: «per il personale delle
Forze di polizia i decreti legislativi sono adottati sempre su proposta
dei Ministri interessati e con la concertazione del Ministro
dell'interno»; dal riordino del 1995 i criteri predeterminati, con i
parametri obiettivi al fine di conseguire una disciplina omogenea,
risultano stabiliti con gli stessi decreti legislativi n. 197 del 1995
(articoli 13-14), n. 200 del 1995 (articoli 8-9) e n. 201 del 1995
(articolo 53), mentre le necessarie correzioni e integrazioni
avverranno solamente con i decreti legislativi n. 53 del 2001
(articolo 19), n. 76 del 2001 (articolo 15), n. 193 del 2003 (articolo 8
comma 7 e 12) nonché con il decreto-legge 10 settembre 2004, n.
238 (articolo 1) convertito con modificazioni dalla legge 5
novembre 2004, n. 263 sull'eliminazione delle situazioni di squilibrio
nelle relative posizioni di carriera e non anche per il corrispondente
e identico segnalato contesto; l'interrogante ritiene che sia urgente
l'adozione di misure transitorie, al fine di ripristinare la necessaria
equità ed escludere ulteriori disparità di trattamento, a rischio di
violazione degli articoli 3, 35 comma 1-2, 52 comma 3, 76 e 97 della
Costituzione: il dettato costituzionale viene leso non solo da un
«riordino» atipico effettuato nell'ambito ordinamentale di una forza
di polizia dello Stato ma anche in considerazione dello status tipico
strutturale di «parte integrante delle forze armate» discostandosi i
parametri di riferimento adottati in danno degli ex marescialli capo e
ordinari esclusi della Guardia di finanza, nelle fasi d'inquadramento
e d'avanzamento transitorio quadriennale, anche dall'informazione
dello spirito democratico dell'ordinamento delle forze armate
(articolo 52, comma 3 Costituzione) e che tale principio non
influenza e né disconosce l'equo riconoscimento di corrispondenti
311
diritti legiferati per altri corrispondenti ruoli in posizioni intermedie,
non essendo soggetto il potere legislativo – nel caso in esame – alla
adozione di alcuna limitazione di diritti come invece,
inverosimilmente, l'Esecutivo delegato pone in essere con azioni
restrittive e non oggettivamente condivise –:
quali iniziative intenda adottare, in rapporto con il varato
ordinamento sui corrispondenti ruoli paritetici delle altre forze di
polizia dello Stato, al fine di rimuovere delle norme che risultano
secondo l'interrogante vessatorie e lesive della dignità nonché dei
principi giuridici del conseguimento di una disciplina omogenea per
l'esigua consistenza degli ex marescialli capo e ordinari (ruolo
esaurimento) della Guardia di finanza in organico al 10 settembre
1995, la cui posizione è stata iniquamente rideterminata per effetto
degli articoli 65, 58 e 58-quater del decreto legislativo 2 maggio
1995, n. 199. (4-00849)
§ 16. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-00729123
Testo presentato, in data Mercoledì 5 giugno 2013, seduta n. 29, da:
CRISTIAN IANNUZZI e CANCELLERI.
Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso
che:
la legge 7 marzo 1996, n. 108, attribuisce al Ministro dell'economia e
delle finanze la funzione di rilevare trimestralmente il tasso effettivo
globale medio, comprensivo di commissioni, di remunerazioni a
qualsiasi titolo e spese, escluse quelle per imposte e tasse, riferito ad
anno, degli interessi praticati dalle banche e dagli intermediari
finanziari nel corso del trimestre precedente per operazioni della
stessa natura. I valori medi derivanti da tale rilevazione, corretti in
ragione delle eventuali variazioni del tasso ufficiale di sconto
successive al trimestre di riferimento, sono pubblicati nella Gazzetta
Ufficiale; i rilievi in questione sono classificati per categorie
omogenee di operazioni, tenuto conto della natura, dell'oggetto,
dell'importo, della durata, dei rischi e delle garanzie; fino al 31
123http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=2190&stile=7&highLi
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312
dicembre 2012 gli intermediari finanziari che hanno effettuato le
comunicazioni alla Banca d'Italia sono 197, mentre gli istituti
bancari sono 32.881; il limite, di cui al terzo comma dell'articolo
644, oltre il quale gli interessi sono qualificati usurai, è dato dal tasso
medio risultante dall'ultima rilevazione pubblicata nellaGazzetta
Ufficiale, relativo alla categoria di operazioni in cui il credito è
compreso, aumentato di un quarto, cui si aggiunge un margine di
ulteriori quattro punti percentuali; nonostante i rilievi vengano
effettuati da numerose banche ed intermediari finanziari e
considerata anche l'estrema volatilità dei mercati in questo periodo
di crisi, si rileva che per alcune categorie di operazioni sono stati
rilevati i medesimi valori in relazione a più trimestri distanziati nel
tempo; ad esempio nel 2005, per la categoria dei tassi variabili a
distanza di due trimestri, si ripresentano gli stessi valori al centesimo
(3,86); lo stesso dicasi nel 2007 per la categoria dei tassi fissi, dove il
tasso rimane praticamente del 6,630 per ben due trimestri; in data
27 marzo 2013, il Ministero dello sviluppo economico ha inviato
una nota al governatore della Banca d'Italia, professor Ignazio
Visco, con la quale ha chiesto chiarimenti sulla stabilità del valore
del tasso medio e sui controlli effettuati dalla Banca d'Italia in
merito alle comunicazioni degli intermediari dei tassi medi ai fini
della legge 7 marzo 1996, n. 108; nella suddetta nota si riteneva
infatti quanto meno bizzarro, da un punto di vista matematico e
statistico, che il tasso calcolato dalla Banca d'Italia sulla media di
cinquanta comunicazioni, risulti identico al centesimo, nella stessa
categoria di credito per più di due, tre trimestri consecutivi –:
se il Ministro interrogato ritenga opportuno assumere iniziative per
valutare, per quanto di competenza, la congruità e l'attendibilità dei
tassi medi comunicati dalle banche e dagli intermediari. (4-00729)
§ 17. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-00760124
Interrogazione a risposta scritta 4-00760 presentato da PISANO
Girolamo testo di Giovedì 6 giugno 2013, seduta n. 30
124http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=2221&stile=7&highLi
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313
PISANO e TOFALO.
Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso
che:
il decreto-legge 6 luglio 2012 n. 95 (S.O. n. 141 Gazzetta Ufficiale 6
luglio 2012 n. 156), recante «Disposizioni urgenti per la revisione
della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini nonché
misure di rafforzamento patrimoniale delle imprese del settore
bancario», dispone che «Nei confronti delle società controllate
direttamente o indirettamente dalle pubbliche amministrazioni di
cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001,
che abbiano conseguito nell'anno 2011 un fatturato da prestazione
di servizi a favore di pubbliche amministrazioni superiore al 90 per
cento dell'intero fatturato, si procede, alternativamente:
a) allo scioglimento della società entro il 31 dicembre 2013;
b) all'alienazione, con procedure di evidenza pubblica, delle
partecipazioni detenute alla data di entrata in vigore del presente
decreto entro il 30 giugno 2013 ed alla contestuale assegnazione del
servizio per cinque anni, non rinnovabili, (3) a decorrere dal 1o
gennaio 2014»;
in conformità a tale disposizione, il comune di Salerno, sulla base
della delibera di giunta n. 49 dell'8 marzo 2013, ha avviato, mediante
avviso pubblico del 12 marzo 2013, la raccolta di manifestazioni di
interesse da parte di soggetti pubblici e privati all'acquisto delle
quote di capitale di società partecipate, elencandole per ragione o
denominazione sociale, partita IVA, REA, capitale posseduto e
oggetto sociale; tra le società ricomprese nell'avviso pubblico, le cui
partecipazioni il Comune intende alienare, figura anche la «Centrale
del Latte di Salerno Spa», azienda di produzione e
commercializzazione di latte fresco e derivati, che, per difetto della
qualità di ente strumentale del comune di Salerno, di oggetto sociale
(cessioni di beni e non prestazioni di servizi) nonché di fatturato,
non risulta destinataria passiva delle disposizioni portate dal
decreto-legge n. 95 del 2012; l'inclusione della «Centrale del Latte di
Salerno Spa» nell'avviso pubblico costituisce l'esito, incongruo e
non motivato, di un processo decisionale sottratto alla competenza
istituzionale del consiglio comunale in violazione dell'articolo 42,
lettera e), decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (TUEL); la
«Centrale del Latte di Salerno Spa», la sola ad aver ricevuto
manifestazioni di interesse, è altresì l'unica società partecipata ad
essere in attivo ed a rappresentare, in completa contrapposizione
314
rispetto a tutte le altre aziende partecipate – i cui bilanci espongono
allarmanti situazioni finanziarie – una fonte continua di
finanziamento per il comune di Salerno, così come dimostrato dalla
annuale percezione di utili da parte dello stesso ente subregionale;
il procuratore generale aggiunto presso la Corte dei conti, nel
giudizio sul Rendiconto generale dello Stato (esercizio 2010) in data
28 giugno 2011 ha testualmente affermato che occorre sottoporre a
severo scrutinio i rapporti «... tra le autonomie locali e gli organismi
da esse partecipati, che possono nascondere situazioni debitorie o
modalità di indebitamento in funzione del patto di stabilità, i cui
effetti possono produrre squilibri di bilancio nascosti» –:
se, a preminente tutela degli interessi pubblici nonché dei lavoratori
della «Centrale del Latte di Salerno Spa», non intenda acquisire
elementi di conoscenza con riferimento a quanto rappresentato in
premessa, anche per il tramite dei servizi ispettivi di finanza
pubblica, considerata la gravissima situazione di bilancio del
comune di Salerno e della quasi totalità delle sue partecipate. (400760)
§ 18. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-00155125
Interrogazione a risposta scritta 4-00155 presentato da RUOCCO
Carla testo di Martedì 9 aprile 2013, seduta n. 8
RUOCCO.
Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso
che:
un'azienda italiana, specie se partecipata dallo Stato, non dovrebbe
soltanto assolvere il dovere di produrre utili per gli azionisti, ma
anche quello di garantire ai cittadini italiani ricadute positive sul
piano economico, occupazionale o su quello dei servizi; appare per
questo doveroso che si richieda una trasparente e completa
rendicontazione non soltanto della situazione finanziaria di
un'azienda partecipata, ma anche della strategia che essa intende
attuare nei confronti del mercato, dei concorrenti e delle aziende da
125http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=1236&stile=7&highLi
ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27
315
essa controllate; a quanto risulta da un articolo dal titolo «La nuova
strategia di Eads parte da Avio Spazio», pubblicato sito
Formiche.net, «Dopo il tentativo, fallito, di fusione con il colosso
dell'aerospazio britannico Bae Systems, il gruppo franco-tedesco
Eads» studierebbe «un'offerta per Avio Spazio, società controllata al
14 per cento da Finmeccanica e all'81 per cento da Cinven», uno dei
più importanti private equity d'Europa; Avio spa è oggi una società
italiana, con sede a Rivalta Torinese (Torino), con una storia di più
di 100 anni connessa per la gran parte col gruppo Fiat; Avio si
colloca oggi, anche dopo la cessione delle attività aeronautiche a
General Eletric nel dicembre scorso, tra i maggiori protagonisti
mondiali nel campo della progettazione e produzione di
componenti e moduli per la propulsione aerospaziale e da lavoro,
nei suoi 10 stabilimenti, secondo quanto dichiarato nel suo sito a
5200 dipendenti dei quali 4500 circa sono italiani; secondo
informazioni raccolte dal quotidiano Milano Finanza «altri
potenziali compratori potrebbero essere le francesi Safran e Thales,
ma pare che ormai sia proprio il colosso dell'aeronautica guidato da
Tom Enders ad aver aperto ufficialmente il dossier Avio Spazio che
potrebbe valere tra i 300 e i 400 milioni di euro. Finmeccanica
avrebbe scelto come consulenti Bnp Paribas e Unicredit, mentre il
private equity Cinven avrebbe optato per Rothscild»;
secondo lo stesso articolo, Finmeccanica potrebbe ricavare
dall'operazione tra i 40 e i 60 milioni di euro una cifra «considerata
molto limitata se paragonato all'iniziale obiettivo di liquidità pari a 1
miliardo, previsto da questo tipo di cessione»; secondo gli esperti,
Avio Space ha un valore strategico che potrebbe innescare, in caso
di vendita, l'intervento del Fondo strategico italiano, il «braccio
pubblico della Cassa Depositi e Prestiti», e rendere più complessa la
cessione degli asset come già ipotizzato da un articolo de il Sole 24
Ore del 1o giugno 2012; appare quantomai necessario fare chiarezza
sulle intenzioni del Governo, sia nell'ipotesi che quest'operazione
serva a finanziare direttamente le sofferenze del gruppo
Fiameccanica, operazione di cui è necessario vagliare l'opportunità,
sia relativamente ai particolari di una possibile operazione di
dismissione che rischia di avere ricadute occupazionali sul territorio
italiano senza rilevanti benefici per le finanze pubbliche –: quale sia
la posizione del Governo circa la possibile decisione della
partecipata Finmeccanica Spa di dismettere Avio spa ad un'altra
società e quali benefici si attenda dal punto di vista economico ed
316
occupazionale a fronte di tale strategia; se sia volontà del Fondo
strategico italiano, holding posseduta per il 90 per cento dalla Cassa
depositi e prestiti, rilevare Avio spa, quale sia il costo preventivabile
per tale intervento, e quali siano i benefici derivanti da questa
operazione per le casse dello Stato e per il mantenimento degli
attuali livelli occupazionali. (4-00155)
§ 19. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-01503126
Interrogazione a risposta scritta 4-01503 presentato da RUOCCO
Carla testo di Martedì 30 luglio 2013, seduta n. 61
RUOCCO. —Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per
sapere – premesso che:
il 7 giugno del 2013 è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 132
la legge 6 giugno 2013, n. 64 recante «Conversione in legge, con
modificazioni, del decreto-legge 8 aprile 2013, n. 35, recante
disposizioni urgenti per il pagamento dei debiti scaduti della
pubblica amministrazione, per il riequilibrio finanziario degli enti
territoriali, nonché in materia di versamento di tributi degli enti
locali. Disposizioni per il rinnovo del Consiglio di presidenza della
giustizia tributaria»; questo provvedimento era divenuto ormai
indispensabile, non solo per l'intollerabile e crescente asimmetria
che porta lo Stato a richiedere con inflessibile puntualità il saldo
delle imposte mentre provvede al pagamento dei propri debiti in
tempi del tutto incerti, ma anche per il l'entità insostenibile degli
arretrati che ad oggi, anche al netto dei pagamenti previsti dalla
legge 6 giugno 2013, n.64, non risulta ancora correttamente
quantificata; secondo una stima della CGIA di Mestre, risalente al
13 luglio, sarebbe verosimile ritenere che i debiti della pubblica
amministrazione italiana nei confronti delle imprese ammontino a
circa 120 miliardi di euro, cifra di molto superiore rispetto ai dati
forniti da Banca d'Italia nel marzo scorso, secondo i quali il debito
della Pubblica amministrazione sarebbe pari a 91 miliardi di euro.
126http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=4980&stile=7&highLi
ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27
317
sempre secondo la CGIA questo spaventoso cumulo di debiti
avrebbe contribuito in modo consistente al forte incremento nel
numero dei fallimenti delle imprese vittime dei ritardi o dei mancati
pagamenti da parte dei committenti pubblici e privati che con un
aumento del 114 per cento, tra il 2008 ed il 2012, sarebbe più che
raddoppiato; per questa ragione il decreto-legge 8 aprile 2013, n.
35, così come modificato dal Parlamento, andava incontro alle
aspettative del Paese per rilanciare la crescita, attraverso una
consistente iniezione di liquidità nel sistema, che contribuiva a
sanare parzialmente una situazione debitoria verso le imprese che si
era fatta, col tempo, intollerabile; tale speranza, a quanto emerge da
preoccupanti notizie pervenute dagli organi di stampa, sembrerebbe
tuttavia destinata ad essere frustrata;
nella sopracitata legge viene disposto che entro il 5 luglio 2013, le
pubbliche amministrazioni avrebbero dovuto sul proprio sito
internet l'elenco completo, per ordine cronologico di emissione
della fattura o della richiesta equivalente di pagamento, dei debiti
per i quali è stata effettuata comunicazione indicando l'importo e la
data prevista di pagamento comunicata al creditore;
tale era l'importanza della scadenza che viene previsto che la
mancata pubblicazione è rilevante ai fini della misurazione e della
valutazione della performance individuale dei dirigenti responsabili
e comporta responsabilità dirigenziale e disciplinare ai sensi del
decreto legislativo 165/2001; i dirigenti responsabili sono
assoggettati altresì ad una sanzione pecuniaria pari a 100 euro per
ogni giorno di ritardo nella certificazione del credito;
secondo il Sole 24 Ore, tuttavia, al 5 luglio 2013 solo sei Ministeri di
spesa, nove regioni e 10 capoluoghi di regione avrebbero pubblicato
online l'elenco dettagliato delle fatture per le quali è stata
comunicata ai creditori la data di pagamento prevista; più
specificamente in quella data si sarebbero trovati in regola solo la
metà dei venti comuni capoluogo di regione interessati; tra le
regioni, invece, sarebbero in regola con i tempi soltanto Piemonte,
Liguria, Toscana, Abruzzo, Molise, Basilicata e Sardegna; tra i
Ministeri di spesa, al 5 luglio, sviluppo economico, infrastrutture,
salute, istruzione, politiche agricole erano quelli in regola con la
comunicazione online che deve contenere codice identificativo della
fattura, importo e data di pagamento comunicata al creditore;
paradossale risulterebbe a questo proposito proprio l'assenza del
Ministero dell'economia; inoltre, secondo il Corriere della Sera
318
dell'11 luglio 2013, l'Ance avrebbe citato «una circolare della
Ragioneria generale dello Stato, secondo cui i crediti a valere sui
cosiddetti residui passivi “perenti”, cioè le somme non spese in via
di eliminazione dal bilancio pubblico, vanno pagati a un anno (un
anno!) dalla presentazione dell'istanza»; secondo lo stesso articolo, la
ragioneria, alle prese con le comunicazioni da inviare entro il 30
giugno alle imprese sulla data di pagamento prevista per gli arretrati,
ha stabilito che «in caso di dubbio sulla data è meglio non effettuare
alcuna comunicazione»; sebbene il Ministro dell'economia abbia
comunicato il 22 luglio che sono già stati messi a disposizione delle
amministrazioni 15,692 miliardi di euro su un totale di 20 miliardi, la
stampa e le associazioni di categoria avrebbero più volte lasciato
trasparire dubbi circa la capacità del complesso delle
amministrazioni di rispettare le scadenze previste dal decreto –: se
sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa, se corrispondano al
vero le notizie di stampa riportate in premessa circa i ritardi nella
pubblicazione dei debiti della pubblica amministrazione e quale sia
lo stato dell'attuazione delle misure previste dal decreto-legge 8
aprile 2013, n. 35, recante disposizioni urgenti per il pagamento dei
debiti scaduti della pubblica amministrazione, per il riequilibrio
finanziario degli enti territoriali, nonché in materia di versamento di
tributi degli enti locali. Disposizioni per il rinnovo del Consiglio di
presidenza della giustizia tributaria», come convertito dalla legge n.
64 del 6 giugno 2013. (4-01503)
§ 20. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-01621127
Atto Camera Interrogazione a risposta scritta presentato da NUTI
Riccardo testo di Mercoledì 7 agosto 2013, seduta n. 67
NUTI.
Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso
che:
127http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=5632&stile
=7&highLight=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRI
TTA%27
319
Equitalia s.p.a. è una società di capitali totalmente pubblica, sotto
forma di società per azioni, i cui azionisti sono l'Agenzia delle
entrate e l'INPS, preposta alla riscossione dei tributi sul territorio
nazionale, ad esclusione della regione Sicilia; Riscossione Sicilia
s.p.a. è una società di capitali totalmente pubblica, sotto forma di
società per azioni, i cui azionisti sono la regione Sicilia e Equitalia
s.p.a., preposta alla riscossione dei tributi sul territorio regionale
della Sicilia; secondo quanto si apprende da un articolo di stampa
comparso sul Il Fatto Quotidiano di venerdì 12 luglio 2013, Equitalia
s.p.a. (e le sue controllate) e Riscossione Sicilia s.p.a. hanno
complessivamente personale dipendente per quasi 9.000 unità.
Nonostante questi numeri, Equitalia s.p.a. e Riscossione Sicilia s.p.a.
impiegano più di 6.100 consulenti esterni, in maggioranza avvocati,
e non valorizzano adeguatamente il personale dipendente interno
iscritto all'ordine degli avvocati, che potrebbe potenzialmente
sostituire almeno parzialmente i numerosi consulenti esterni;
la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 4283 del 21 febbraio
2013, ha affermato che il manager pubblico che affida un incarico ad
un consulente esterno risponde di danni erariali se non dimostra
che vi è una «impossibilità oggettiva [...] di far fronte all'esigenza
richiesta con personale interno all'organizzazione (Sezioni Unite 25
gennaio 2006, n. 1376), la cui qualificazione professionale
l'amministrazione ha infatti l'obbligo di verificare periodicamente ed
incrementare»; i vari interventi normativi negli ultimi anni in
materia di spending review (tra cui si cita a titolo esemplificativo la
legge 7 agosto 2012, n. 135, di conversione, con modificazioni, del
decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95) hanno limitato fortemente la
discrezionalità della pubblica amministrazione di potersi avvalere di
consulenze affidate a soggetti esterni; recentemente, il Ministro per
la pubblica amministrazione e la semplificazione, Gianpiero D'Alia,
commentando i dati sulle consulenze 2011 rese pubbliche il 17
giugno 2013, ha dichiarato che «le consulenze esterne nelle
pubbliche amministrazioni sono decisamente troppe e ingiustificate
[...] se pensiamo alle tante grandi professionalità già presenti nelle
strutture pubbliche in grado di svolgere perfettamente quegli
incarichi. Stiamo monitorando attentamente la situazione per capire
in che modo intervenire per contenere il fenomeno. [...] Serve un
giro di vite, con strumenti nuovi per combattere sperperi e cattive
abitudini» –:
320
se il Ministro non ritenga necessario verificare la gestione delle
consulenze esterne di Equitalia s.p.a. e Riscossione Sicilia s.p.a. e la
loro conformità alla legge vigente e alla giurisprudenza in materia;
se non ritenga opportuno adottare iniziative al fine di ridurre il
numero dei consulenti esterni in favore di una maggiore
valorizzazione del personale dipendente, ovvero se non ritenga
opportuno, ai fini della riduzione della spesa per il personale e per
evitare una eventuale gestione clientelare delle consulenze esterne,
esclusivamente nel caso in cui il personale interno sia insufficiente e
non abbia le adeguate competenze e la necessaria formazione,
adottare provvedimenti volti ad assumere un esiguo numero di
avvocati, tramite bando pubblico informato ai principi di
trasparenza, in sostituzione delle consulenze esterne.
§ 21. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-01838 128
Atto Camera Interrogazione a risposta scritta 4-01838 presentato da
VILLAROSA Alessio Mattia testo di Martedì 17 settembre 2013,
seduta n. 78
VILLAROSA, D'UVA, LUPO, CANCELLERI, RIZZO, NUTI,
DI VITA, GRILLO, MARZANA, LOREFICE, CURRÒ, DI
BENEDETTO e MANNINO.
Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso
che:
l'articolo 36 dello statuto della regione siciliana dispone che: «Al
fabbisogno finanziario della Regione si provvede con i redditi
patrimoniali della Regione e a mezzo di tributi, deliberati dalla
medesima. Sono però riservate allo Stato le imposte di produzione e
le entrate dei tabacchi e del lotto»; l'articolo 37 dello statuto della
regione siciliana dispone che: «Per le imprese industriali e
commerciali, che hanno la sede centrale fuori del territorio della
regione, ma che in essa hanno stabilimenti ed impianti,
128http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=6646&stile
=7&highLight=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRI
TTA%27
321
nell'accertamento dei redditi viene determinata la quota del reddito
da attribuire agli stabilimenti ed impianti medesimi. L'imposta,
relativa a detta quota, compete alla regione ed è riscossa dagli organi
di riscossione della medesima»; l'articolo 38 dello statuto della
regione siciliana dispone che: «Lo Stato verserà annualmente alla
Regione, a titolo di solidarietà nazionale, una somma da impiegarsi,
in base ad un piano economico, nell'esecuzione di lavori pubblici.
Questa somma tenderà a bilanciare il minore ammontare dei redditi
da lavoro nella Regione in confronto della media nazionale. Si
procederà ad una revisione quinquennale della detta assegnazione
con riferimento alle variazioni dei dati assunti per il precedente
computo»; lo Stato non ha mai consentito che la regione istituisse
propri tributi, sostitutivi di quelli erariali come la lettera e lo spirito
dell'articolo 36 prevedono, ma ha consentito che, in cambio, la
regione introitasse il gettito delle principali imposte dirette e
indirette riscosse nell'isola, dapprima come disposizione provvisoria
e poi, dal decreto del Presidente della Repubblica n. 1074 del 1965,
a tempo indeterminato; lo Stato, a tale titolo, ogni anno ha sempre
trasferito le risorse relative al disposto dell'articolo 36, come
parzialmente applicato dal decreto del Presidente della Repubblica
n. 1074 del 1965, alla regione siciliana, senza mai fornire una
documentazione analitica sulle risorse effettivamente incassate dallo
Stato in Sicilia e senza mai quadrare questo gettito con quello
derivante dalla somma dei gettiti delle dichiarazioni fiscali dei
soggetti passivi residenti in Sicilia oltre alla sommatoria dei gettiti
dei redditi ed altri presupposti d'imposta soggetti a tassazione
sostitutiva; il disposto dell'articolo 37 è evidentemente connesso a
quello dell'articolo precedente, stante il fatto che, potendo in teoria
la regione disporre un ordinamento tributario parzialmente distinto
da quello vigente nel resto del territorio nazionale, è conseguente
che a tale ordinamento e a tale tassazione siano assorbiti i
presupposti d'imposta che si manifestano nel suo territorio a
prescindere dal luogo in cui ha domicilio fiscale il soggetto passivo,
e manifestamente ed espressamente i redditi d'impresa conseguiti
dalle società che, più di altri, sono soggetti a differenze sensibili tra
luogo di maturazione e luogo di riscossione; la regione siciliana non
ha ancora ottenuto la riscossione delle imposte di cui all'articolo 37
dello statuto speciale della regione stessa, nonostante un'espressa
previsione del decreto del Presidente della Repubblica n. 1074 del
1965, restato lettera morta, e nonostante il decreto legislativo n. 241
322
del 2005, anch'esso restato inattuato; la regione siciliana, a fronte
del maggior gettito derivante dall'introito di tutte le imposte riscosse
nel suo territorio, ivi comprese le entrate doganali, e derivante
dall'introito delle imposte maturate nel suo territorio ancorché il
domicilio fiscale del soggetto passivo sia posto altrove, dovrebbe
farsi carico, ai sensi dell'articolo 20, primo comma, di tutte le
funzioni «proprie», ovvero di tutte quelle funzioni sulle quali
l'assemblea regionale, anche per effetto delle norme comuni
disposte dalla riforma costituzionale derivante dalla legge
costituzionale n. 3 del 2001, vanta potestà legislativa concorrente o
esclusiva, fatta salva l'eventuale perequazione di cui all'articolo 119
della Costituzione per le regioni a minore capacità contributiva;
la regione siciliana, altresì, dovrebbe farsi carico, questa volta ai
sensi del secondo comma dell'articolo 20, di tutte le funzioni statali
«delegate», ovvero delle restanti funzioni pubbliche, con la sola
esclusione implicita di quelle che attengono alla personalità giuridica
di diritto internazionale (esteri e difesa) dell'Italia, e che, a tale titolo,
lo Stato già trattiene le entrate di cui al secondo comma dell'articolo
36, e pertanto, anche su tali entrate, lo Stato dovrebbe garantire alla
regione una adeguata compartecipazione, ai sensi dell'articolo 119,
che consenta a quest'ultima di potersi far carico anche di queste
funzioni; la regione, ai sensi dell'articolo 38 dello Statuto, affida la
perequazione infrastrutturale con il resto del Paese ad un unico
trasferimento in conto capitale, il cosiddetto fondo di solidarietà
nazionale, che nel tempo è stato sostanzialmente azzerato,
perdendo ogni propria funzionalità, ed è stato affidato alla mera
discrezionalità dello Stato nella determinazione del suo gettito,
ignorando quanto espressamente previsto nel dettato letterale
dell'articolo 38 medesimo; per poter effettuare uno studio volto a
valutare l'effettivo gettito che deriverebbe alle finanze regionali
siciliane da una piena attuazione dello statuto speciale in tutti i suoi
articoli aventi effetti finanziari, con la sola esclusione di quelli
relativi al demanio e al patrimonio regionale (articoli 32, 33 e 34) per
i quali servirebbe apposito e distinto studio è necessario acquisire
alcuni dati –:
se il Ministro interrogato disponga e intenda fornire, con
riferimento al triennio 2009/2010/2011, e distintamente per ogni
anno, i seguenti dati:
a) volume dei redditi imponibili prodotti e delle imposte dirette
realizzate, relativi ai redditi di lavoro dipendente ed assimilati, di
323
persone fisiche residenti nella regione, come da modelli 770
presentati da sostituti di imposta (anche non residenti nell'isola)
relative a percipienti residenti in Sicilia, intendendo per gettito
quello IRPEF, comprese le addizionali regionali e comunali, e
quello delle imposte sostitutive;
b) volume delle basi imponibili e delle imposte nette dovute, relativi
ad imprese e ad esercizi di arti e professioni, per imposte dirette sul
reddito, comunque denominate, ivi comprese addizionali e imposte
sostitutive, nonché per imposte sul valore aggiunto da parte di
residenti in Sicilia, come dai relativi modelli «Unico» sia di persone
fisiche (UNICO PF), sia di società di persone (UNICO SP), sia di
società di capitali (UNICO SC), sia di enti non commerciali
(UNICO ENC), comunicando in questo ambito i redditi e le
relative imposte dovute a seguito di adeguamento da studi di
settore;
c) dati dei volumi della base imponibile da DICHIARAZIONE
IRAP e dell'imposta IRAP di riferimento del triennio (ANNO DI
IMPOSTA) 2009/2010/2011 riferite esclusivamente alla regione 16
(SICILIA), da reddito di impresa, arti e professioni dichiarati da
persone fisiche, società di persone, società di capitali ed enti non
commerciali la cui sede è situata fuori dal territorio della regione
Sicilia ed inoltre anche nel caso in cui abbiano sede e/o residenza in
Sicilia;
d) dati dei volumi della base imponibile e delle imposte nette
dovute, comunque denominate, ivi comprese addizionali ed imposte
sostitutive, rilevate in UNICO PF, UNICO SP, UNICO SC,
UNICO ENC del triennio (ANNO DI IMPOSTA)
2009/2010/2011 relative all'esercizio di attività di impresa, arte e/o
professione di cui al punto c), dichiarati da persone fisiche, società
di persone, società di capitali ed enti non commerciali la cui sede è
situata fuori dal territorio della regione Sicilia;
e) importi di tutte le accise pagate, distinte per anno, tipo e codice di
tributo, da soggetti passivi residenti in Sicilia, con la sola esclusione
delle accise sui tabacchi;
f) imposte dovute da controlli ex articoli 36-bis e 36-ter (anche se
inerenti a periodi di imposta precedenti al triennio richiesto) riferite
ai soggetti contribuenti, persone fisiche e non, con residenza nel
territorio siciliano;
g) maggiori imposte accertate da verifiche e/o controlli già liquidati
poiché conclusi e/o «transati», per il triennio 2009/2010/2011,
324
ancorché relative ad anni di imposta differenti relativi riferite ai
soggetti contribuenti, persone fisiche e non, con residenza nel
territorio siciliano;
h) maggiori imposte accertate ma non riscosse (ancorché iscritte a
ruolo), in quanto oggetto di contenzioso relative anche ad anni
precedenti, relative a verifiche ed accertamenti effettuati nel triennio
2009/2010/2011 riferite ai soggetti contribuenti, persone fisiche e
non, con residenza nel territorio siciliano;
i) imposta di registro su atti pubblici e/o privati, pagati da soggetti
(persone fisiche e non), residenti nella regione siciliana;
l) sempre del triennio di riferimento 2009/2010/2011, i dati dei beni
e servizi consumati in Sicilia comparati con il volume del totale
nazionale;
m) ammontare delle entrate doganali di ogni tipo riferite alla regione
Sicilia;
n) spese e trasferimenti correnti dello Stato, con riferimento alla
Sicilia, regionalizzate per categoria di spesa, con separata
indicazione dei tributi devoluti ai sensi dell'articolo 36 dello statuto
della regione siciliana;
o) comparazione tra il reddito pro capite da lavoro (dipendente e
autonomo) siciliano rispetto alla media nazionale e totale del gettito
IRPEF su reddito da lavoro dipendente e autonomo percepito da
residenti in Sicilia, dovunque abbia sede il sostituto d'imposta, come
da documenti di cui al punto a).
§ 22. Interrogazione a risposta scritta nr. 129
Atto Camera Interrogazione a risposta scritta 4-01934 presentato da
SPESSOTTO Arianna testo di Martedì 24 settembre 2013, seduta
n. 83
SPESSOTTO, TOFALO, SEGONI, DE LORENZIS, NICOLA
BIANCHI, TERZONI e PARENTELA.
129http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=6963&stile
=7&highLight=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRI
TTA%27
325
Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso
che:
la guardia di finanza sta sperimentando, nei reparti del Triveneto, un
nuovo sistema informativo denominato «NSI-SAP», della società
SAP Italia spa; l'iniziativa dovrebbe essere volta a gestire, in via
informatica e centralizzata, la produzione di documenti relativi al
funzionamento dell'organizzazione e le informazioni sugli impieghi,
sulla produzione e sulla qualità; in realtà questa piattaforma
informatica, a seguito dell'uso sperimentato da parte degli stessi
militari appartenenti ai reparti delle regioni interessate, ha
evidenziato una serie di lacune e problematiche relative al suo
utilizzo, che ne determinano l'eccessiva rigidità strutturale nonché la
completa inadeguatezza alle esigenze del Corpo; in particolare,
diversi finanzieri coinvolti nelle rilevazioni hanno lamentato, sia al
Comando generale che alla ditta fornitrice del software, come il
sistema assorba molto più tempo e molti più militari di quelli
necessari con le attuali procedure. L'applicativo è stato infatti
progettato per funzionare attraverso i «badge» ma, dal momento che
si ritiene che i cartellini segnatempo non siano applicabili ad un
organismo di polizia, per la guardia di finanza viene impiegata una
maschera a formazione manuale molto più pesante e costosa in
termini di rilevazione ed inserimento; il risultato è che la versione in
via di sperimentazione sembra richiedere l'impiego di un numero
elevato di «militari tornello», addirittura in proporzione di uno a
cinquanta, incaricati di inserire, per tutto il giorno, uno ad uno, gli
orari svolti e le informazioni relative a ogni singolo collega. Una
procedura, quindi, non soltanto molto costosa, ma anche altamente
alienante per il personale coinvolto; i militari della guardia di
finanza hanno anche sottolineato l'assoluta contro-intuitività
dell'interfaccia di sistema, ormai vecchia, che ne complica
notevolmente l'utilizzo, nonché la dilatazione dei tempi durante le
operazioni di data entry, rispetto ai sistemi attualmente utilizzati; il
sistema appare inoltre molto disarticolato, dal momento che la
procedura di inserimento ed implementazione dei dati risulta priva
di una visione d'insieme ed altamente insicura, dal momento che
permette di visionare sia le informazioni che le rendicontazioni
riferibili ad altri reparti; la piattaforma NSI-SAP era già in uso ad
altri forze militari che l'hanno abbandonata poiché risultata non
aderente alle esigenze operative di un Corpo militare; è attualmente
in uso presso la guardia di finanza, il sistema Ge. Serv.,
326
autoprodotto e sviluppato in proprio dallo stesso personale interno
della guardia di finanza di Trieste; questo sistema, utilizzato da oltre
tredici anni da tutti i militari del Corpo e dallo stesso Comando
Generale, risponde pienamente, sotto il profilo qualitativo, alle
esigenze di velocità ed interazione e può essere opportunamente
modificato adattando la piattaforma stessa ad eventuali esigenze
future, attraverso l'uso di risorse interne; inoltre, a differenza della
piattaforma NSI SAP, il sistema Ge. Serv. risulta praticamente privo
di costi di gestione e di qualsiasi onere di acquisto e essendo già da
anni in uso presso la guardia di finanza, non richiede una
formazione specifica da parte del personale per il suo corretto
utilizzo –:
se sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e degli oneri
conseguenti all'introduzione e all'adattamento del nuovo sistema
informativo NSI-SAP;
per quale motivo si sia proceduto
all'acquisto per la guardia di finanza dell'applicativo NSI-SAP,
sistema creato per una struttura privata e nativamente progettato
per funzionare con i badge e si ritenga che i cartellini segnatempo
non siano applicabili ad un organismo di polizia; se non ritenga
opportuno prendere in debita considerazione le lettere di lamentela
inviate dai militari che stanno sperimentando il nuovo applicativo,
essendo il sistema NSI SAP un «cluster pilota» ancora in fase di
sperimentazione nei Comandi del Triveneto; come si giustifichino i
costi cui la guardia di finanza dovrà far fronte per acquisire,
attraverso l'impiego di soldi pubblici, una nuova piattaforma
informatica, rivelatasi lenta, antiquata e di difficile utilizzo, nonché
altamente onerosa data la previa esistenza del Ge.Serv, un sistema
informativo perfettamente funzionante, molto più veloce, molto più
facile, molto più moderno e già sperimentato dai militari del Corpo;
se non ritenga pertanto possibile implementare la piattaforma
attualmente in uso presso la guardia di finanza, abbattendo in tal
modo i costi di acquisto e gestione della piattaforma NSI-SAP,
prodotto ancora alla sua fase iniziale di sviluppo e che richiederà
ancora un lungo periodo di adattamento e sperimentazione, oltre ad
un impegno maggiore per svolgere le stesse funzioni di un
programma già in funzione; se intenda altresì attuare meccanismi di
controllo per verificare la reale necessità da parte della guardia di
finanza di acquistare un nuovo sistema informativo che si è rivelato
inefficiente, obsoleto ed inutile, ciò per sostituire un prodotto, il
Ge.Serv., perfettamente funzionante, apprezzato da tutti gli
327
appartenenti al Corpo e soprattutto privo di oneri di acquisto e di
gestione.
328
Capitolo 7
Al Ministero dello Sviluppo Economico
premesso che …....... per sapere se ……….
§ 1. Breve sommario
In questo capitolo, sono raccolti solo 21 atti di sindacato ispettivo
(interrogazioni a risposta scritta, question time in aula,
interrogazioni a risposta immediata in commissione, etc.), che
pongono domande e quesiti al Ministro degli Esteri. Molti di questi
– alla data di pubblicazione della presente raccolta – non hanno
ancora risposta.
§ 2. Interrogazione a risposta scritta nr. 4/01841130
Atto Camera - Interrogazione a risposta scritta 4-01841, presentato
da ARTINI Massimo, testo di Martedì 17 settembre 2013, seduta n.
78:
ARTINI e SEGONI.
Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso
che:
lo stabilimento Pirelli è presente a Figline Valdarno dagli anni ’60 e
produce cordicelle metalliche per pneumatici, con quasi 400
lavoratori; il settore cordicella metallica («Steel Cord») del Gruppo
Pirelli ha il centro direzionale a Figline Valdarno e la produzione
suddivisa in cinque stabilimenti fra Italia, Turchia, Germania, Brasile
e Romania (lo stabilimento più recente); la cordicella metallica viene
venduta anche ad importanti concorrenti come Goodyear e
Continental; la Pirelli rappresenta storicamente il volano
dell'economia Valdarnese e uno degli stabilimenti produttivi più
130http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=6649&stile
=7&highLight=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRI
TTA%27
329
importanti della provincia di Firenze; nel 2010 è stata aperta una
procedura di mobilità per 44 addetti, poi modificata per 38
lavoratori, con priorità per i dipendenti pensionabili; a metà maggio
2013 la direzione Pirelli ha comunicato alle organizzazioni sindacali
che la produzione di steelcord non rientra più nei piani aziendali,
annunciando la ricerca di nuovi partner commerciali e produttivi;
da notizie di stampa estera emerge come sia in atto una trattativa
con l'azienda sud-coreana Hyosung, interessata (a rilevare proprio)
alla divisione dei materiali di rinforzo, Pirelli Steel Cord; secondo
fonti sindacali, ci sarebbero altri tre interessamenti da parte di
concorrenti europei e di fondi di investimento; il tavolo aperto in
regione Toscana ha dato «esiti negativi» come ha sottolineato
l'assessore regionale alle attività produttive Gianfranco Simoncini; la
provincia di Firenze ha annunciato a giugno che «si attiverà
congiuntamente alla Regione e al Comune di Figline per la
creazione di un Tavolo presso il Ministero dello sviluppo
economico e per monitorare gli sviluppi in merito al futuro dello
stabilimento di Figline e dei 390 lavoratori impiegati nel sito» –:
se sia stato attivato un tavolo di trattativa presso il Ministero e con
quali risultati; se siano stati incontrati i vertici aziendali, le
organizzazioni sindacali e i rappresentanti istituzionali del
territorio; se risultino veritiere le notizie riportate dalla stampa in
merito ad una trattativa in atto con Hyosung; se risultino veritieri gli
altri tre interessamenti, che riguarderebbero anche realtà
concorrenti europee; quali azioni intenda intraprendere per la
salvaguardia dello stabilimento produttivo di Figline Valdarno e
degli attuali livelli occupazionali. (4-01841)
§ 3. Interrogazione a risposta scritta nr. 4/01840131
Atto Camera - Interrogazione a risposta scritta 4-01840, presentato
da ARTINI Massimo, testo di Martedì 17 settembre 2013, seduta n.
78132:
131http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=6649&stile
=7&highLight=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRI
TTA%27
132
... presentata anche a: Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali
330
ARTINI e SEGONI.
Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle
politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
Gruppo Alimentare in Toscana spa è nato nel 2005 dalla fusione del
Salumificio Bechelli spa e di AmiataSalumi srl, due storiche aziende
nel panorama toscano;
Grandi Salumifici Italiani (GSI), gruppo di Modena leader nella
produzione e vendita di prodotti tipici della tradizione gastronomica
italiana, nel 2009 è entrato come socio di maggioranza al 60 per
cento nel Gruppo Alimentare in Toscana (GAIT), che ha sede a
Ruota al Mandò, nel comune di Reggello (Firenze); Gruppo
Alimentare in Toscana è un'azienda conosciuta in tutta Italia e una
delle realtà produttive toscane più importanti nel settore agroalimentare. Produce nei due stabilimenti di Reggello e di Fornacina
(Santa Fiora sull'Amiata); a fine giugno 2013 Grandi Salumifici
Italiani ha presentato alle organizzazioni sindacali il piano
industriale 2013-15. Secondo quanto riferito dai sindacati il piano
prevedrebbe tra i 5 e i 6 milioni di euro di investimenti sullo
stabilimento di Reggello entro il 2014, con la produzione che
rimarrebbe articolata sempre su quattro linee; GSI avrebbe
contestualmente previsto entro il 2014 l'esubero di 90 dei 252
dipendenti, che attualmente lavorano a Reggello; una trentina dei
252 lavoratori di Reggello sono attualmente interessati da contratti
di solidarietà e lavorano a rotazione;
allo stesso tempo GSI ha previsto di trasferire i volumi prodotti
nello stabilimento di Fornacina nello stabilimento di Bagnore, con i
lavoratori che verrebbero riassorbiti nel nuovo sito produttivo –:
se i Ministri interrogati siano stati informati della vertenza in atto;
se le notizie riportate in premessa corrispondano a verità;
se piani industriali analoghi siano stati presentati da GSI negli altri
stabilimenti presenti in Italia;
se sia stata chiesta dalle organizzazioni sindacali e/o dalla regione
l'attivazione di un tavolo ministeriale per la vertenza del Gruppo
Alimentare in Toscana e, in caso di risposta negativa, se il Ministro
dello sviluppo economico non ne reputi necessaria l'attivazione;
quali azioni intendano intraprendere i Ministri a salvaguardia degli
attuali livelli occupazionali e per scongiurare l'ennesimo dramma
sociale nella provincia di Firenze. (4-01840)
331
§ 4. Interrogazione a risposta scritta nr 4-01974133
Interrogazione a risposta scritta 4-01974, presentato da Ciprini
Tiziana, testo di Giovedi’ 26 settembre 2013, seduta n. 85
CIPRINI,
TERZONI,
GALLINELLA,
TRIPIEDI,
COMINARDI, ROSTELLATO, BECHIS e BALDASSARRE.
Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere–premesso
che:
il 27 dicembre 2011 la Antonio Merloni spa in amministrazione
straordinaria, in persona dei commissari straordinari, ha ceduto con
effetto dal 1° gennaio 2012, alla J.P. Industries il ramo di azienda
destinato allo svolgimento dell'attività di design, produzione e
commercializzazione di elettrodomestici; con il suddetto atto la J.P.
Industries Spa acquisiva al prezzo di 10 milioni di euro la proprietà
degli stabilimenti della Merloni e subentrava nei contratti di lavoro
con 700 dipendenti in forza presso la società cedente, impegnandosi
al mantenimento dell'effettivo livello occupazionale, della
prosecuzione dell'attività delle banche MPS Gestione Crediti Banca
Spa, Unicrediti Credit Management Bank spa, Banca delle Marche,
Banca Popolare di Ancona, Cassa di Risparmio di Fabriano e
Cupramontana, Banca CR di Firenze e Banca dell'Adriatico,
creditori ipotecari ammessi allo stato passivo, unitamente al
Comitato Metalmeccanici Umbri, hanno chiesto ed ottenuto dal
tribunale di Ancona la nullità dell'atto di cessione del 27 dicembre
2011 nonché del contratto preliminare di trasferimento di azienda,
rilevando la macroscopica violazione dei criteri legali di
determinazione del prezzo del complesso aziendale che ha
determinato una sottovalutazione dei cespiti patrimoniali
componenti l'attivo che ha condotto a determinare il prezzo di
cessione di un'intera azienda in 10 milioni di euro, pur in presenza
di un compendio immobiliare gravato da un debito ipotecario di
oltre 130 milioni di euro; il Comitato operaio Metalmeccanici
Umbri ha lamentato altresì il mancato rispetto dell'impegno assunto
al mantenimento dei posti di lavoro e all'effettiva prosecuzione
dell'attività lavorativa;
133http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.asp?highLight=0&idAtt
o=7188&stile=8
332
il collegio giudicante del tribunale di Ancona – con sentenza
depositata il 20 settembre 2013 – ha accolto le richieste delle banche
stabilendo che «deve ritenersi dimostrato che l'Antonio Merloni Spa
alla data di presentazione del piano e della stipula del contratto di
cessione rispondeva ai requisiti di un'impresa sostanzialmente e non
solo formalmente in esercizio, ciò in ragione dei volumi dei ricavi,
degli ordini evasi, delle ore di lavoro effettivamente svolte, del
numero dei dipendenti effettivamente impiegati nel ciclo
produttivo, dei contratti conclusi;» (pagina 19 della sentenza) e che
«deve ritenersi riscontrato ed accertato che il valore dei beni alienati
è stato sottostimato, in ragione di una non corretta applicazione dei
criteri normativi di determinazione del prezzo, addivenendo alla
determinazione di un prezzo di cessione pari a un quinto del reale
valore di stima. A fronte di un valore dell'azienda già
prudenzialmente indicato in 54 milioni di euro, la cessione è
avvenuta al prezzo di 10 milioni di euro, così che il valore di
cessione si trova in un rapporto di 1 a 5,4 rispetto al valore di
stima.» (pagina 20); l'azienda è stata venduta al prezzo di 10 milioni
di euro, era stata stimata dal professor Laghi – a seguito dell'incarico
conferito dai commissari straordinari ex articolo 62, terzo comma,
decreto legislativo n. 270 del 1999, in euro 12.257.940,00,
considerando un badwill (il valore della redditività negativa) con
riferimento ad un periodo di quattro anni anziché con riferimento
all'epoca della stima ed al biennio successivo al pari di quanto
disposto dalla legge con l'articolo 63, primo comma, del decreto
legislativo n. 270 del 1999; infatti il consulente nominato dal
tribunale professor Mandrioli ha stimato il valore economico del
complesso aziendale, oggetto del contratto di trasferimento, in
complessivi euro 54.306.000, tenendo correttamente conto del
badwill rapportato al periodo del biennio in conformità alla legge; in
buona sostanza la cessione intrapresa dai commissari straordinari è
avvenuta al prezzo di 10 milioni di euro, il tutto a fronte di un
valore stimato dal consulente tecnico d'ufficio professor Mandrioli
in 54 milioni di euro, ove fosse stato correttamente applicato il
criterio normativo del badwill a due anni; il tribunale afferma che
«La determinazione del valore, considerando una correzione
reddituale a quattro anni, a scapito dei diritti dei creditori in palese
violazione delle disposizioni che disciplinano la vendita dell'azienda
in esercizio di cui all'articolo n. 63 decreto legislativo n. 270 del
1999, realizza un'ipotesi di nullità del contratto per violazione di
333
legge» (pagina 27); infine, il collegio conclude che «La pubblica
amministrazione non poteva autorizzare la vendita di un complesso
aziendale in ragione di un prezzo determinato applicando un
badwill calcolato su di un periodo temporale di quattro anni, in
violazione di una precisa disposizione di legge che lo delimita al
biennio successivo, con il conseguente effetto di determinare il
prezzo di cessione ad un valore rappresentativo un quinto di quello
corrente ove fosse stata correttamente applicata la percentuale di
sconto, con evidente danno per i creditori che hanno visto azzerata
la garanzia patrimoniale del debitore e preclusa ogni possibilità di
vedere soddisfatto il credito» (pagina 32); in pendenza della suddetta
controversia giudiziaria e in previsione di un eventuale accoglimento
della dichiarazione di nullità, in data 12 giugno 2013 veniva
presentata una interrogazione a risposta scritta (4/00822) con la
quale si chiedeva al Ministro del lavoro e delle politiche sociali e al
Ministro dello sviluppo economico, tra l'altro, quali misure urgenti
«intendessero assumere per promuovere il dialogo con la proprietà
allo scopo di predisporre un piano industriale efficace per
salvaguardare la produzione e i livelli occupazionali, anche
nell'ipotesi in cui si dovesse pervenire all'annullamento della
cessione per effetto dell'accoglimento dell'impugnativa pendente
innanzi al tribunale di Ancona; con successiva interrogazione a
risposta immediata in XI Commissione lavoro (5/00857)
l'interrogante sollecitava il Ministero del lavoro e delle politiche
sociali su «quali iniziative e/o misure intenda assumere al fine di
salvaguardare la produzione e i livelli occupazionali in vista della
scadenza della cassa integrazione guadagni straordinaria in capo ai
lavoratori non assunti anche in considerazione della gravità della
situazione oggetto di esame dell'autorità giudiziaria»; con entrambe
le interrogazioni parlamentari si rappresentava, inoltre, il
progressivo «depauperamento» delle lavorazioni e «smantellamento»
e «trasferimento» dei macchinari dei reparti di stampaggio plastica in
altri siti (Turchia) con conseguente drastica riduzione dell'attività
lavorativa, nonostante la pendenza del ricorso delle banche
creditrici; il Sottosegretario di Stato delegato a rispondere
intervenuto in XI Commissione (Lavoro pubblico e privato) il 7
agosto 2013, si limitava ad elencare una serie di iniziative, interventi
e proposte volti alla ricollocazione dei lavoratori ma senza nulla
precisare in merito all'adozione di eventuali misure di precauzione a
salvaguardia dell'occupazione e della produzione volte a
334
fronteggiare le conseguenze economiche e sociali nel caso di
accoglimento della prospettata nullità della cessione alla J.P.
Industries; oggi la nullità dell'atto di cessione del complesso
aziendale – per effetto della sentenza del tribunale – ha aggravato il
quadro di incertezza e precarietà; rimane fortissima la
preoccupazione delle sorti degli stabilimenti e la prospettiva del
rilancio dell'attività industriale nell'area umbro marchigiana appare
lontana anche a causa della mancata adozione – a suo tempo – di
misure precauzionali idonee a scongiurare le ricadute economiche e
sociali derivanti dalla sopravvenuta nullità dell'atto di cessione del
complesso aziendale ex Merloni; tuttavia, si rende necessaria una
forte azione di rilancio del territorio e della produzione anche in
considerazione delle risorse economiche messe a disposizione dallo
Stato e, se del caso, con la ricerca di nuovi investitori –: quali
iniziative urgenti il Ministro intenda adottare per promuovere un
piano industriale efficace – anche sollecitando l'intervento di nuovi
investitori – per il rilancio dell'area industriale umbro marchigiana,
salvaguardare la prosecuzione dell'attività produttiva e l'occupazione
e scongiurare le pesanti ricadute economiche e sociali sul territorio
derivanti dalla sopravvenuta nullità dell'atto di cessione aziendale; se
sia intenzione del Ministro procedere ad una indagine e/o verifica
dell'operato dei commissari e dell'operazione di cessione del 27
dicembre 2011 intrapresa dai commissari straordinari della Merloni
spa in amministrazione straordinaria con la J.P. Industries, valutare
profili di responsabilità professionale in capo agli stessi e, se del
caso, provvedere alla revoca dell'incarico loro conferito; se risulti
per quale motivo il Governo – a suo tempo – non abbia ritenuto
opportuno assumere iniziative a tutela della produzione degli
stabilimenti e dell'occupazione accettando il rischio di pesanti
ricadute economiche e sociali poi concretizzatesi per effetto della
intervenuta sentenza di nullità della cessione aziendale; per quale
motivo il Governo non abbia ritenuto opportuno adottare iniziative
e/o controlli sulla corretta esecuzione del contratto di cessione a
fronte di uno «smantellamento» dei beni aziendali, mobili e
immobili, venduti dalla J.P. Industries ad altri siti, nonostante la
pendenza del ricorso innanzi alla autorità giudiziaria. (4-01974)
335
§ 5. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-01801134
Interrogazione a risposta scritta 4-01801 presentato da CIPRINI
Tiziana testo di Giovedì 12 settembre 2013, seduta n. 76
CIPRINI e GALLINELLA.
Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso
che:
ha suscitato preoccupazione e un certo allarme la notizia
recentemente anticipata da fonti giornalistiche locali, secondo la
quale nello stabilimento «storico» di San Sisto (Perugia) si stanno
producendo i famosi e noti cioccolatini «Baci» destinati al mercato
francese senza lo storico marchio «Perugina» e senza qualsiasi
riferimento allo stabilimento di San Sisto di Perugia. Infatti,
secondo quanto riferito, sulle confezioni non viene neppure
riportato come luogo di produzione Perugia, ma viene riportata
solamente la dicitura «importati da Nestlé»; la commercializzazione
dei «Baci», divenuti famosi in tutto il mondo con la denominazione
e l'appellativo di «Baci Perugina» in omaggio alla città di Perugia alla
quale i «Baci» sono indissolubilmente legati, avviene in Francia con
il marchio Lanvin in forza di un accordo con Nestlé Francia; la
notizia ha destato legittimo stupore poiché parrebbe che a fronte
della nuova commessa per la vendita e la distribuzione dei «Baci» in
Francia, nessuna informazione precisa ha riguardato la modifica del
marchio «Perugina» – sostituito dal suddetto marchio «Lanvin» – sui
cioccolatini «Baci», prodotti nello stabilimento di San Sisto di
Perugia che è stato interessato nel recente passato da periodi di
cassa integrazione ordinaria e dalla stipula di cosiddetti contratti di
solidarietà difensiva; la Nestlé si è affrettata a chiarire che lo
stabilimento Perugina di San Sisto ha avviato la produzione in
esclusiva per la consociata Nestlé Francia, che venderà i Baci o più
precisamente i cosiddetti «Bacetti» a marchio Lanvin – a detta della
Nestlé – noto brand di pasticceria di alto livello; tuttavia tale scelta
appare difficilmente comprensibile atteso che i «Baci Perugina»
costituiscono marchio strategico conosciuto ed affermato in tutto il
mondo; tale scelta commerciale è fonte di preoccupazione per la
134http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=6534&stile=7&highLi
ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27
336
cittadinanza con riguardo alla difesa della specificità della
produzione del cioccolato «Baci Perugina» nello stabilimento
perugino di San Sisto nonché del marchio «Perugina» che
rappresenta la storia della città nonché il made in Italy nel settore
della produzione del cioccolato in tutto il mondo –: se il Ministro
sia a conoscenza della situazione descritta; quali iniziative di
competenza – anche di tipo normativo – intenda adottare il
Governo per tutelare e preservare il prestigio e la specificità di
marchi (come «Baci Perugina») e di produzioni commerciali italiane
che hanno segnato la peculiarità e il successo del made in Italy. (401801)
§ 6. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-01300135
Interrogazione a risposta scritta 4-01300 presentato da CIPRINI
Tiziana testo di Mercoledì 17 luglio 2013, seduta n. 55
CIPRINI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dei
beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso
che:
la recente legge n. 4 del 2013 disciplina le professioni non
organizzate in ordini o collegi; accanto alle professioni
«ordinistiche» (o «protette») si sono sviluppate, anche nel nostro
Paese e con intensità crescente nel corso degli ultimi anni, numerose
professioni che non hanno ottenuto il riconoscimento legislativo e
che nella quasi totalità dei casi hanno dato vita ad autonome
associazioni professionali rappresentative di tipo privatistico; tra le
professioni non regolamentate rientra senz'altro quella degli
archeologi;
la legge n. 4 del 2013 presenta tuttavia dei punti poco chiari che
sono fonte di preoccupazione per alcune associazioni professionali
in particolare per la Associazione nazionale archeologi; l'articolo 1,
comma 2, della predetta legge prevede che «Ai fini della presente
legge, per professione non organizzata in ordini o collegi, di seguito
denominata professione, si intende l'attività economica, anche
135http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=4059&stile=7&highLi
ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27
337
organizzata, volta alla prestazione di servizi o di opere a favore di
terzi, esercitata abitualmente e prevalentemente mediante lavoro
intellettuale, o comunque con il concorso di questo, con esclusione
delle attività riservate per legge a soggetti iscritti in albi o elenchi ai
sensi dell'articolo 2229 del codice civile, delle professioni sanitarie e
delle attività e dei mestieri artigianali, commerciali e di pubblico
esercizio disciplinati da specifiche normative; l'articolo 95, comma
2, del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, ha previsto
l'istituzione presso il Ministero per i beni e le attività culturali di un
apposito elenco degli istituti e dei dipartimenti archeologici
universitari nonché dei soggetti in possesso della necessaria
qualificazione per lo svolgimento delle attività di indagine
archeologica preliminare (cosiddetta «Verifica preventiva
dell'interesse archeologico di aree ed immobili»); l'aspetto
innovativo della suddetta disciplina normativa è dato
dall'anticipazione delle indagini archeologiche preventive, volte a
evidenziare la potenzialità archeologica dell'area oggetto di
intervento, alla fase di progettazione preliminare invece che a quella
esecutiva; tra i soggetti abilitati a svolgere le indagini la legge
individua i «dipartimenti archeologici delle università» e i «soggetti
in possesso di diploma di laurea e specializzazione in archeologia o
di dottorato di ricerca in archeologia», specificando al comma 2 che
l'elenco di tali soggetti è tenuto presso la direzione generale del
Ministero per i beni e le attività culturali»; l'elenco è tenuto dalla
direzione generale per i beni archeologici e il decreto del Ministero
per i beni e le attività culturali n. 60 del 2009 ha stabilito
caratteristiche e requisiti dell'istituzione di tale elenco. In particolare
ha inserito nell'elenco dei soggetti qualificati alle indagini
archeologiche «i soggetti in possesso del diploma di laurea e del
diploma di specializzazione in archeologia o di dottorato di ricerca
in archeologia»; la Circolare ministeriale n. 10 del 15 giugno 2012
chiarisce che l'unico elenco valido a norma di legge a raccogliere i
nomi dei soggetti abilitati è quello tenuto presso la direzione
generale; l'articolo 10, commi 1, 2 e 3 del suddetto decreto
ministeriale sembra dare alla direzione generale per i beni
archeologici il potere di verifica del possesso dei requisiti del
soggetto incaricato di redigere una relazione di verifica archeologica
preventiva; in tale contesto è intervenuta la legge n. 4 del 2013 sulla
regolamentazione delle professioni non organizzate in ordini o
collegi e ha previsto l'istituzione di un elenco delle associazioni
338
professionali che raccoglie i professionisti di una determinata
categoria e pubblicato dal Ministero dello sviluppo economico; le
associazioni professionali contenute in tale elenco sono deputate
anche al rilascio dell'eventuale possesso da parte del professionista
iscritto della qualificazione e certificazione relativa alla conformità
alla norma tecnica UNI; dunque dalla normativa vigente
sembrerebbe che solo i soggetti iscritti ed abilitati secondo quanto
prescritto nell'elenco di cui al decreto n. 60 del 2009 istituito presso
il Ministero per i beni e le attività culturali possono svolgere
incarichi di archeologia preventiva laddove invece la recente legge n.
4 del 2013 in tema di professioni non regolamentate conferisce alle
associazioni professionali iscritte nell'elenco pubblicato presso il
Ministero dello sviluppo economico la qualificazione e la
certificazione di conformità UNI del professionista; la creazione di
due elenchi (uno istituito presso il Ministero per i beni e le attività
culturali ai sensi dell'articolo 95 del decreto legislativo n. 163 del
2006 e del conseguente Decreto ministeriale n. 60 del 2009 e l'altro
istituito presso il Ministero per lo sviluppo economico ai sensi
dell'articolo 2 della legge n. 4 del 2013) è fonte di incertezza non
solo per gli archeologi il cui ruolo e la cui professionalità è
fondamentale per la tutela dei nostri numerosissimi beni
archeologici ma anche per gli utenti e, in particolare, i soggetti
appaltanti (pubblici e privati) che si avvalgono e ricercano tali
professionisti ai fini del conferimento di incarichi per l'esecuzione
delle cosiddette indagini preliminari archeologiche. Infatti
nell'elenco istituito presso il Ministero per i beni e le attività culturali
al professionista archeologo sono richiesti determinati requisiti
previsti dall'articolo 95 decreto legislativo n. 163 del 2006 laddove la
legge n. 4 del 2013 affida alle associazioni professionali iscritte
nell'elenco tenuto dal Ministero per lo sviluppo economico la
qualificazione e la certificazione della preparazione del
professionista; l'incertezza e l'ambiguità normativa descritta
potrebbe configurare un danno al riconoscimento del ruolo e della
professionalità di tutti gli archeologi dal momento che sono le
figure professionalmente deputate al delicato compito della
partecipazione alla procedure per la verifica preventiva dell'interesse
archeologico; l'esistenza di due elenchi genera margini di incertezza
sulla natura ricognitiva o vincolante dell'elenco degli archeologi
iscritti presso l'elenco tenuto dal Ministero per i beni e le attività
culturali e a quali archeologi e con quali requisiti spetta la facoltà di
339
eseguire relazioni di indagine archeologica preventiva. Tale
situazione necessiterebbe di chiarimenti da parte degli organi
interessati; a ciò si aggiunga che la recente legge n. 4 del 2013 sulle
professioni non regolamentate introduce una procedura di
certificazione della professionalità e qualificazione del professionista
archeologo basato in buona sostanza su un sistema di certificazione
della qualità da parte di organismi di natura privatistica tale da
generare il rischio che la procedura di certificazione per l'attività si
traduca in un balzello a carico dei professionisti laddove – di fatto –
i professionisti archeologi svolgono una funzione fondamentale
direttamente connessa a un interesse pubblico costituzionalmente
garantito, ovvero la tutela del patrimonio archeologico –: se
intendano assumere iniziative di tipo normativo/regolamentare per
eliminare la descritta incertezza in ordine alla natura dell'iscrizione
del professionista nell'elenco di cui all'articolo 95 del decreto
legislativo n. 163 del 2006 ai fini dell'assegnazione di incarichi di
indagine archeologica preventiva anche alla luce della legge n. 4 del
2013; quali iniziative di tipo normativo/regolamentare intendano
adottare per rafforzare e normare in maniera chiara il ruolo e la
figura dell'archeologo quale professionista che svolge funzioni
direttamente connesse a un interesse costituzionalmente garantito e
che è chiamato a svolgere la valutazione del rischio di impatto
archeologico nella realizzazione di opere pubbliche o private; se il
Ministro intende chiarire se il professionista non iscritto ad alcuna
associazione debba procedere ad una certificazione UNI ai sensi
della legge n. 4 del 2013. (4-01300)
§ 7. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-00249136
Interrogazione a risposta scritta 4-00249 presentato da CORDA
Emanuela testo di Martedì 16 aprile 2013, seduta n. 9
CORDA, VALLASCAS, NICOLA BIANCHI, LOMBARDI,
PINNA, TOFALO, TERZONI, D'AMBROSIO, DE ROSA,
BUSTO, SEGONI, RIZZO, MASSIMILIANO BERNINI,
136http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=1424&stile=7&highLi
ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27
340
MUCCI, ARTINI, DI BATTISTA, BONAFEDE, ZOLEZZI,
PRODANI, CURRÒ, PETRAROLI, MARZANA, FICO,
CRISTIAN IANNUZZI, DIENI, TONINELLI e DE
LORENZIS.
Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e
della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute, al
Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. — Per sapere
– premesso che:
è in atto in tutta Italia una corsa alle trivellazioni per la ricerca di
giacimenti di idrocarburi; in Sardegna le attività di ricerca della
società privata Saras spa interessano quasi 40 comuni e in
particolare i comuni di Assemini, Decimomannu, Decimoputzu,
Cagliari, Capoterra, Elmas, Monastir, Nuraminis, San Sperate, Sestu,
Uta, Villasor, Villaspeciosa, Oristano, Cabras, Riola Sardo, Nurachi
e Baratili San Pietro, Zeddiani, Tramatza, Siamaggiore, Solarussa,
Arborea, Palmas Arborea, Santa Giusta, Marrubiu, Terralba, San
Nicolò Arcidano, Uras, Guspini, Mogoro, San Gavino Monreale,
Villacidro, Samassi, Sanluri, Serramanna, Serrenti; il rilascio di
decine di concessioni per la ricerca di idrocarburi sia in mare che in
terraferma, da parte del Ministero dello sviluppo economico, ha
fatto della Sardegna un territorio assai ambito per l'avviamento di
attività di ricerca di giacimenti di gas naturali e idrocarburi;
tra le numerose istanze presentate al Ministero dello sviluppo
economico, i due permessi a mare richiesti da Saras Spa
sembrerebbero essere stati respinti, mentre, invece, non risulta
essere stato respinto il Progetto Eleonora, previsto nel Comune di
Arborea (provincia di Oristano), che prevedrebbe svariate attività a
forte rischio ambientale tra le quali perforazioni esplorative che
potrebbero raggiungere i 3.000 metri di profondità, innescando un
processo di irreversibile salinizzazione dei terreni agricoli; il sito di
Arborea è conosciuto in tutta Europa per l'elevata qualità della sua
produzione agricola e zootecnica, e costituisce un insieme di realtà
economiche tra le più floride dell'Isola, con importanti ricadute
economiche e occupazionali; le attività invasive del Progetto
Eleonora sarebbero effettuate in una zona che, come già denunciato
da esperti e associazioni ambientaliste, è prossima ad aree tutelate
dalla convenzione internazionale di Ramsar (2 febbraio 1971) sulle
zone umide d'importanza internazionale (decreto del Presidente
della Repubblica n. 448 del 1976), dal vincolo paesaggistico (decreto
legislativo n. 42 del 2004 e successive modifiche e integrazioni), da
341
vincolo di conservazione integrale (legge regionale n. 23 del 1993),
dal Piano paesaggistico regionale (decreto del Presidente della
Regione n. 82 del 7 settembre 2006), sito che rientra nella rete
Natura 2000, tutelato per la presenza di uccelli palustri, destinato a
riserva naturale regionale (Legge regionale n. 31 del 1989, allegato
A), oltre che essere Sito di Importanza comunitaria (SIC) e Zona di
protezione speciale (ZPS) (Direttiva n. 92/43/CEE); in caso di
scoperta di giacimenti, i diritti di produzione, le cosiddette royalties,
sarebbero riconosciute alla regione Sardegna (si parla del 10 per
cento dei ricavi, cioè, a seconda delle stime, tra 1 e 3 milioni di euro
l'anno), mentre nulla sembra previsto per comune e provincia;
analoghi miraggi di ricadute positive, per i territori locali, in termini
di ricavi e posti di lavoro, si sono rivelati, nei decenni passati,
amarissime disillusioni, avendo questo tipo di iniziative industriali
lasciato dietro di sé solo disoccupazione, inquinamento e fondati
sospetti di malattie anche genetiche; grazie all'azione del comitato
popolare «No al progetto Eleonora», impegnato nella mobilitazione
dei cittadini contro il progetto, la regione Sardegna ha avviato una
procedura di VIA;
oltre al progetto Eleonora la società privata Sargas (sotto il diretto
controllo della Saras spa) intende avviare nel comune di Arbus un
progetto denominato Igia, che prevede attività di ricerca di
idrocarburi in un'area di circa 187 chilometri quadrati nel Medio
Campidano; anche contro la realizzazione di questo progetto, come
di tutti gli altri, si è registrata una forte presa di posizione da parte
delle popolazioni interessate e degli stessi consigli comunali, fra cui
Marrubiu (26 aprile 2012), Arborea (7 maggio 2012), San Nicolò
Arcidano (11 giugno 2012), Solarussa (27 giugno 2012), Terralba (23
agosto 2012), Uras (28 settembre 2012), Santa Giusta (30 gennaio
2013) i quali hanno formalizzato la totale contrarietà a ogni ipotesi
di trivellazione per ricerca di idrocarburi liquidi o gassosi;
il consiglio provinciale di Oristano in data 19 luglio 2012 ha
espresso la sua totale contrarietà nei confronti del progetto
Eleonora e quindi alle perforazioni finalizzate alla ricerca di gas
naturale nel territorio –: nell'ambito delle rispettive competenze, se
siano a conoscenza di quanto evidenziato nella premessa, se risulti
corrispondente al vero e con quali atti e quali finalità siano
intervenuti o intendano intervenire; se non ritengano di voler
promuovere l'avvio di una conferenza di servizio e/o un tavolo di
confronto tra tutte le istituzioni interessate a livello nazionale,
342
regionale e locale, sospendendo nel frattempo ogni autorizzazione
già concessa e ogni procedura di concessione tuttora in corso
relativa a progetti di ricerca di giacimenti di idrocarburi nel territorio
della Sardegna, con particolare riferimento a quelli denunciati in
premessa; in quale modo ritengano di intervenire per la tutela
dell'ambiente, della salute, dello sviluppo economico e delle
politiche agricole, essendo tali progetti (e gli sfruttamenti industriali
di eventuali giacimenti) potenzialmente disastrosi per gli ecosistemi
della zona, per la salute delle popolazioni e per le attività
economiche attualmente esistenti anche intervenendo ove ne
ricorrono i presupposti alle procedure di valutazione di impatto
ambientale avviata dalla regione autonoma Sardegna. (4-00249)
§ 8. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-01093137
Interrogazione a risposta scritta 4-01093 presentato da CRIPPA
Davide, testo di Lunedì 1 luglio 2013, seduta n. 43
CRIPPA.
Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso
che:
con decreto-legge n. 1 del 2012 sulle liberalizzazioni (convertito con
modificazioni dalla legge n. 27 del 2012) è stato introdotto di fatto
nel sistema energetico italiano il cosiddetto «Capacity Payment»,
meccanismo finalizzato a remunerare i «servizi di flessibilità» delle
fonti energetiche termoelettriche; questa novità normativa è stata
accolta con riserva da Confindustria che nel luglio 2012 espresse
«forte preoccupazione per la misura introdotta, che può innalzare
ulteriormente il costo della bolletta energetica italiana per un valore
compreso tra i 500 e gli 800 milioni di euro»; tra gli scopi impliciti
del Capacity Payment figura quello di «contribuire» a ripagare gli
investimenti di circa 25 miliardi di euro che le lobby elettriche
hanno effettuato su nuovi impianti dall'anno 2000, nonostante,
come cita la relazione 2005 di Assoelettrica, gli stessi produttori
fossero già a conoscenza delle probabili difficoltà a rientrare dei
137http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=2554&stile=7&highLi
ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27
343
costi sostenuti a causa del prevedibile eccesso di offerta. Enel
inoltre, secondo l'associazione di settore, con questo nuovo
meccanismo difficilmente riuscirebbe a ridurre il proprio debito su
cui paga fior di interessi, frutto in particolar modo dell'acquisizione
della spagnola Endesa, che, secondo il rapporto imprese di
Mediobanca, al momento ammonta a circa 63,9 miliardi di euro;
si apprende dalla stampa che proprio in quest'ottica, il 22 giugno
2013 Paolo Scaroni e Fulvio Conti, amministratori delegati di Eni
ed Enel, si sono recati a Bruxelles, con i loro omologhi
internazionali, per sostenere a livello europeo l'affermazione del
«Capacity Payment», rinominato «Capacity Market» per fugare l'idea
che si tratti di un sussidio statale; il taglio di circa 500 milioni di euro
sulle bollette, previsto dal Governo, con la riduzione degli incentivi
alle energie assimilate (CIP 6) e a quelle rinnovabili può trasformarsi
in una misura inutile per gli utenti finali, in quanto proprio come
sostegno al comparto energetico termoelettrico è prevista una spesa
da parte dello Stato di circa 1,5 miliardi di euro nei prossimi 3 anni e
di 1,5-2 miliardi di euro all'anno dal 2017; parte di queste somme,
infatti, potrebbe essere scaricata dal Ministero dello sviluppo
economico e dall'Autorità garante per l'energia elettrica e il gas di
nuovo sulle bollette dei consumatori, come previsto dall'articolo 34,
comma 7-bis, del decreto-legge n. 83 del 2012 sulla crescita,
convertito con modificazioni dalla legge n. 134 del 2012 –:
di quali informazioni disponga il Ministro interrogato in relazione a
quanto esposto in premessa e quali iniziative di competenza, anche
normative, intenda assumere per evitare gli aspetti critici connessi al
capacity payment; se esso possa costituire un sussidio e se, come
aiuto di Stato, possa violare la normativa europea in merito;
se vi siano elementi per ritenere che questa novità normativa possa
determinare un ulteriore rincaro delle bollette. (4-01093)
§ 9. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-01554138
Interrogazione a risposta scritta 4-01554 presentato da CRIPPA
Davide testo di Venerdì 2 agosto 2013, seduta n. 64.
138http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=5362&stile=7&highLi
ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27
344
CRIPPA.
Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e
della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
come segnalato sempre più frequentemente dagli organi di
informazione e dalle locali amministrazioni, le operazioni di
trivellazione per ricerche petrolifere in tutto il territorio nazionale
suscitano notevoli e giustificate preoccupazioni, in ragione della
vicinanza di importanti sorgenti idriche, falde, bacini principali e
secondari da sempre utilizzati come approvvigionamento idrico dei
comuni italiani;
le perforazioni in prossimità dei pozzi rischiano di creare danni
incalcolabili sia per la diminuzione di portata delle sorgenti — a
causa di ulteriori abbassamenti delle falde — sia per il possibile
inquinamento delle stesse con i materiali usati per tali operazioni di
trivellazione; richiamando il rispetto delle Convenzioni
internazionali in materia di diritti ed ambiente con lo specifico
riguardo alla consultazione della società civile e all'espressione della
volontà territoriale, a cui lo Stato italiano si è legato mediante
ratifica, con effetto garantito dalla Costituzione italiana, fra cui si
ricorda: la Dichiarazione di Stoccolma. (Principio 1) che stabilisce
una connessione diretta fra diritti umani e protezione dell'ambiente
e quindi il diritto per i cittadini a vivere ad un ambiente sano e
produttivo;
la risoluzione 45/94 dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite,
che stabilisce che ogni individuo ha diritto ad un ambiente adeguato
a salute e benessere e chiama gli Stati a promuovere un ambiente
migliore; la Convenzione di Rio del 1992 (Capitolo 23 – Agenda 21)
che prevede che i gruppi di cittadini e le associazioni nonché la
comunità scientifica debbano partecipare al processo decisionale in
materia di scelte ambientali (come le valutazioni di impatto
ambientale); la Convenzione sull'accesso all'informazione pubblica
ed accesso alla giustizia in affari ambientali (Aarhus, 25 giugno,
1998), in cui si sottolinea l'obbligo per gli Stati ed il diritto dei
cittadini di essere pienamente informati e partecipare al processo
decisionale in materia ambientale, nonché di avere accesso alla
Giustizia in materia di ambiente; la direttiva del Consiglio europeo
sulla valutazione degli effetti di progetti pubblici e privati
sull'ambiente; la Convenzione sui Diritti del fanciullo (New York,
20 novembre, 1989) in cui si lega indissolubilmente il diritto alla
345
salute dell'infanzia e la prevenzione dei rischi legati all'inquinamento
ambientale; si ricorda altresì la Convenzione per la responsabilità
civile per danni causati da attività dannose all'ambiente
(Convenzione di Lugano del 26 giugno 1991) che, lascia un periodo
di trent'anni per accertare e chiedere i danni subiti per attività lesive
all'ambiente; i principi ispiratori del Global Compact delle Nazioni
Unite, rappresentano linee guida per il corretto rapporto impresaambiente e impresa-popolazione;
le ricadute negative di trivellazioni sulle economie locali e sulla
perdita di posti di lavoro nei settori vitivinicolo, zootecnico,
agricolo e turistico delle zone in esame sono evidenti; nelle
immediate vicinanze di alcuni dei territori devastati a cui si è fatto
riferimento, vi sono aree inserite nel progetto MAB (Man-Biosfera)
dell'UNESCO, come per esempio il sito di istanza di permesso
ricerca in terraferma «AGNONE», situato a pochi chilometri di
distanza dalla riserva della biosfera Collemeluccio-Montedimezzo
che sorge nei pressi della città di Isernia; si auspica l'applicazione di
un principio altamente precauzionale nei processi decisionali –:
quali siano i dati a disposizione del Governo con riferimento alle
possibili conseguenze delle suddette attività di trivellazione sulle
falde acquifere utilizzate per l'approvvigionamento idrico dei
comuni del territorio italiano; quali strumenti emergenziali, sia
economici che strutturali, siano previsti dagli organi competenti al
fine di intervenire in caso di emergenze ambientali e sanitarie
causate da incidenti dovuti ai processi di perforazione ed estrazione
di idrocarburi e se questi siano totalmente o parzialmente a spese
dello Stato o delle società titolari del progetto; quali strumenti siano
previsti dal nostro ordinamento al fine di rendere partecipi i
cittadini nel processo decisionale riguardo la fattibilità o meno di siti
di ricerca e coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi. (4-01554)
§ 10. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-01028139
Interrogazione a risposta scritta 4-01028 presentato da DAGA
Federica testo di Martedì 2 luglio 2013, seduta n. 44
139http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=2489&stile=7&highLi
ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27
346
DAGA, BUSTO, DE ROSA, MANNINO, SEGONI, TERZONI,
TOFALO e ZOLEZZI.
Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e
della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'economia e
delle finanze. — Per sapere – premesso che:
tra il Gestore dei servizi energetici, GSE, ed il Consorzio Co.E.Ma.
(Consorzio ecologico Massimetta, Pontina Ambiente srl del
monopolista dei rifiuti Manlio Cerroni, Acea ed Ama) è stata
stipulata, nel giugno del 2009, una «convenzione preliminare»
avente come presupposto la cantierizzazione di un lotto di terreno
interno alla discarica intercomunale per rifiuti indifferenziati di
Roncigliano (Cecchina di Albano Laziale) per la costruzione di un
gassificatore/inceneritore; la cantierizzazione è stata autorizzata
sulla base di una ordinanza regionale rilasciata dal presidente della
regione Lazio pro tempore dottor Marrazzo, con provvedimento n.
Z-0003 del 22 ottobre 2008, che è stata annullata, senza appello,
con decisione passata in giudicato, dal Tar del Lazio e dal Consiglio
di Stato con sentenze n. 36740 del 15 dicembre 2010 (Tar del Lazio)
e n. 1640 del 22 marzo 2012 (Consiglio di Stato);
l'avvio del cantiere era previsto in data 13 agosto 2009, secondo
quanto previsto all'AIA n. B-3694;
l'ultimazione dei lavori per la costruzione della centrale di
gassificazione/incenerimento, secondo la «convenzione preliminare
Coema-GSE» del giugno 2009, avrebbe dovuto aver luogo entro e
non oltre il mese di febbraio 2011, fatto salvo il beneficio della
proroga di 12 mesi previsto dall'articolo 4 della convenzione
medesima. La prima sentenza del Tar Lazio, però, interveniva, come
noto, il 15 dicembre 2010 con sentenza n.36740 del Tar del Lazio, e
notificata dal Tar al consorzio Coema solo nei mesi successivi:
quindi i 12 mesi di «causa di forza maggiore» previsti dall'articolo 4
della convenzione, erano già ampiamente «scaduti» a dicembre
2010; la cantierizzazione dell'area interessata alla costruzione della
centrale di gassificazione/incenerimento di Cecchina di Albano
Laziale, non solo non ha mai avuto inizio entro il limite del 31
dicembre 2008, ma, di fatto, non ha mai avuto luogo ancor oggi,
come dimostrano, oltre ogni ragionevole dubbio, sia i due verbali
della polizia municipale della città di Albano Laziale dell'aprile 2009
e ottobre 2010 sia, ancor di più, lo stato attuale del sito interessato;
l'impianto di gassificazione/incenerimento è osteggiato da sei anni
347
da associazioni, comitati, movimenti locali, nonché dalle dieci
amministrazioni comunali di bacino; il 19 aprile 2013 il GSE ha
inviato una lettera al Ministero dello sviluppo economico
«protocollata con numero GSEPE/P20130000672» i avente per
oggetto Convenzione preliminare CIP 6 del 29 aprile 2009 nella
titolarità del Consorzio Ecologico Massimetta, nella quale il GSE
affermava quanto segue: «COEMA ha richiesto al GSE nella citata
comunicazione del 12 febbraio 2013 (al. 9) e, da ultimo, con nota
del 4 aprile 2013 (al. 10) di procedere all'aggiornamento della
Convenzione preliminare alla luce del quadro autorizzativo
delineato dalla determinazione regionale n. B00266 del 28 gennaio
2013. In relazione a tanto si richiede a codesto Ministero se
considerare ancora operativa o meno con riferimento all'iniziativa in
oggetto, la deroga di cui al combinato disposto del comma 1117
della legge 244 del 2007 e dell'articolo 9 del decreto-legge 6
novembre 2008, n. 172 convertito dalla legge 30 dicembre 2008, n.
210, visto in particolare ulteriore procrastinarsi del termine di
conclusione dei lavori e se, conseguentemente, il GSE possa
procedere all'aggiornamento della Convenzione preliminare, così
come richiesto dalla stessa COEMA»;
in ragione dei prevedibili costi complessivi dell'operazione
«inceneritore», appare agli interroganti irrazionale la scelta di
sprecare risorse economiche, al solo fine di bruciare materie prime
quali sono plastica, carta, legno e derivati, che potrebbero e
dovrebbero, viceversa, essere recuperate con processi industriali a
freddo, con impatto minore sulla salute umana e sull'ambiente, pari
secondo i calcoli di esperti interessati dai comitati e dalle
associazioni ambientaliste ad una cifra superiore ad euro 400 milioni
–: se siano a conoscenza dei fatti riportati; se siano a conoscenza
dell'entità esatta dei contributi che sarebbero erogati a favore del
consorzio Co.E.Ma. attraverso i fondi pubblici chiamati CIP-6/92,
per la realizzazione del gassificatore/inceneritore di Albano e a
quanto ammonti il sovrapprezzo per la produzione di energia che il
Co.E.Ma. percepirà immettendo per i prossimi anni, nel circuito
nazionale,
energia
elettrica
da
fonte
«assimilata»;
se non ritengano, in via generale, di assumere iniziative, anche
normative, volte a promuovere la predisposizione di mezzi e
strutture da destinare alla raccolta differenziata porta a porta e alla
filiera della riduzione del riciclo e del riuso; in che modo il
Ministero dello sviluppo economico intenda dare seguito alla lettera
348
del GSE di cui in premessa e se «COEMA GSE di giugno 2009,
relativa in modo particolare ai fondi pubblici denominati CIP» 6/92
destinati alla centrale di incenerimento di Albano località Cecchina.
(4-01028)
§ 11. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-01418140
Interrogazione a risposta scritta 4-01418 presentato da DE
LORENZIS Diego testo di Mercoledì 24 luglio 2013, seduta n. 59
DE LORENZIS, D'INCÀ, DALL'OSSO, GRILLO, NICOLA
BIANCHI, DA VILLA, PAOLO NICOLÒ ROMANO, DE
ROSA, LIUZZI, TERZONI, AGOSTINELLI, COZZOLINO e
CECCONI.
Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso
che:
il decreto-legge 3 dicembre 2012 n. 207, cosiddetto Salva-Ilva,
convertito con modificazioni nella legge il 24 dicembre 2012, n. 231
e pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 3 gennaio 2013, all'articolo 3
comma 1-bis prevede che «entro centottanta giorni dalla data di
entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, il
Governo adotta una strategia industriale per la filiera produttiva
dell'acciaio»;
i centottanta giorni sono ormai passati –: per quale motivo, il
Governo non abbia ancora adottato una strategia per la filiera
industriale dell'acciaio. (4-01418)
§ 12. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-00121141
Interrogazione a risposta scritta 4-00121 presentato da
DELL'ORCO Michele testo di Martedì 2 aprile 2013, seduta n. 6.
140http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=4538&stile=7&highLi
ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27
141http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=1168&stile=7&highLi
ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27
349
DELL'ORCO e LIUZZI.
Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro delle
infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
il trasporto pubblico locale e i treni per i pendolari sono stati
pesantemente danneggiati dalle manovre ultimi anni. I tagli nei
trasferimenti alle regioni e agli ente locali che nel 2012 sono stati
pari a 4,2 miliardi di euro infatti, hanno influenzato decisamente
alcuni settori chiave, tra cui trasporti, difesa del suolo ed edilizia,
politiche di sviluppo (energia, formazione e altro), sommandosi
anche ai tagli già decisi gli scorsi anni; nel 2012 in molte regioni
sono stati effettuati tagli nei collegamenti ed è aumentato il costo di
biglietti e abbonamenti; la BredaMenarinibus (uno dei primi
produttori italiani di autobus), attualmente di proprietà di
Finmeccanica spa, rappresenta una realtà produttiva importante del
territorio bolognese che attualmente impiega circa 290 persone e
che ne ha coinvolte fino a un migliaio negli anni 90;
la proprietà ha dichiarato nel 2011 la volontà di alienare la
BredaMenariniBus. A seguito della notizia l'azienda ha registrato un
drastico calo delle quote di mercato nazionale; da gennaio 2011 è
attivata la cassa integrazione (prima ordinaria, poi straordinaria) per
i lavoratori della Breda Menarini; l'attuale situazione di
BredaMenarinibus è critica ed è a serio rischio l'esistenza stessa di
una realtà che opera ininterrottamente da oltre 90 anni nel territorio
bolognese; la BredaMenarinibus rappresenta una realtà d'eccellenza
i cui automezzi sono attualmente in circolazione in molte città
d'Europa con una filiera di progettazione e produzione
completamente italiana;
la BredaMenarinibus è l'ultima azienda italiana che opera e presidia
un settore produttivo e progettuale strategico per il futuro del
trasporto pubblico e per le politiche ambientali legate al trasporto
sia locali che nazionali;
è di fondamentale importanza l'offerta occupazionale offerta dalla
BredaMenariniBus in un momento di eccezionale crisi che colpisce
il nostro territorio;
l'importanza strategica del prezioso know how costruito in tanti
anni di ricerca e sviluppo a cui BredaMenarinibus sta dando
continuità rischia di andare dispersa; va tenuto conto
dell'importanza delle politiche del trasporto pubblico locale in
relazione alle politiche europee in campo energetico/ambientale e
della mobilità sostenibile; l'età media dei mezzi di trasporto
350
pubblico in circolazione in Italia è nettamente superiore a quella di
Francia e Germania ed è molto minore il tasso di sostituzione dei
mezzi in circolazione –: cosa il Ministro interrogato intenda fare
affinché venga garantita continuità ed operatività ad una azienda
che da oltre 90 anni rappresenta un'eccellenza in un settore
strategico; se il Governo non ritenga di doversi adoperare per
l'apertura di un tavolo nazionale di confronto con le organizzazioni
sindacali e l'azienda al fine di ricercare soluzioni che garantiscano lo
sviluppo e il rilancio nel mercato italiano della BredaMenariniBus e
la salvaguardia delle centinaia di posti di lavoro dell'unica realtà
italiana rimasta nella costruzione di autobus. (4-00121)
§ 13. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-00275142
Interrogazione a risposta scritta 4-00275 presentato da
DELL'ORCO Michele testo di Lunedì 29 aprile 2013, seduta n. 10
DELL'ORCO.
Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso
che:
la Terim spa, attiva sin dagli anni ’60, è stata una delle aziende leader
in Italia nella produzione di piani cottura, forni e cucine, sia con
proprio marchio. Fratelli Onofri, sia come fornitore principale di
altre più famose case di elettrodomestici come Gruppo Rex
(Elettrolux) o Bosch; l'azienda che ha quattro stabilimenti produttivi
ubicati in Emilia, a Baggiovara e Rubiera e 380 dipendenti, è da
tempo in crisi e, già nel 2011, per circa 99 dipendenti si ottenne il
ricorso agli ammortizzatori sociali. I problemi si sono accentuati
nell'ultimo anno e la proprietà ha chiesto al tribunale l'avvio della
procedura di concordato preventivo per evitare il fallimento; il
provvedimento di messa in liquidazione è stato firmato il 7 giugno
2012 e il tribunale di Modena ha autorizzato una fase di esercizio
provvisorio dell'impresa, anche al fine di tutelare l'avviamento
aziendale, in vista di una probabile cessione d'azienda e al Ministero
dello sviluppo economico si è cominciato a lavorare per cercare un
partner industriale cui cedere l'azienda;
142http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=1476&stile=7&highLi
ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27
351
il 27 novembre 2012 si è tenuta presso il tribunale di Modena
l'udienza dei creditori, dopo che il tribunale stesso aveva dato parere
favorevole all'affitto di un ramo di azienda con piano di acquisto da
parte di un investitore egiziano, che opera nel settore del gas a uso
domestico sui mercati maghebrini e mediorientali, interessato ad
ampliare la sua presenza sui mercati europei; gli accordi con
l'acquirente egiziano prevedevano però di proseguire l'attività solo a
Rubiera per uno solo dei due stabilimenti e con un impiego a
regime di solo la metà dei lavoratori; la soluzione non fu gradita a
lavoratori e sindacati che chiedevano di esplorare fino in fondo la
possibilità di cedere l'intera azienda ad un acquirente unico senza
lasciare lavoratori a casa. La preoccupazione di lavoratori e
sindacati, di cui l'interrogante si fa portavoce, era quella di evitare di
cedere l'azienda ad imprenditori interessati a delocalizzare,
acquisendo marchi per aumentare i loro profitti e svuotando le
aziende del territorio di forza lavoro, impianti, professionalità
industriale; dopo mesi di trattative e di ricerca di un acquirente per
entrambi gli stabilimenti di Baggiovara di Modena e di Rubiera, il 23
ottobre 2012 è stato sottoscritto in regione un accordo per cassa
integrazione guadagni straordinaria per procedura concorsuale di un
anno, per un massimo di 371 dipendenti (182 dello stabilimento di
Baggiovara, 189 di Rubiera), decisione presa dal tavolo di crisi cui
hanno preso parte regione, provincia di Modena, Provincia di
Reggio, i sindacati Fiom Cgil, Fim Cisl e Uilm Uil con le
rappresentanze sindacali unitarie aziendali, e il liquidatore di Terim;
i lavoratori, da mesi in agitazione, stanno chiedendo a tutte le
istituzioni di non essere lasciati soli e di procedere velocemente ad
una ricerca di una soluzione in quanto i sindacati segnalano che, se
all'inizio della crisi si era scesi ad un livello dell'80 per cento di
clienti, ad oggi, il livello è sceso al 40 per cento;
è necessario comunque inquadrare il caso della Terim all'interno di
un piano di azione più vasto; a tal fine risulta all'interrogante che il 7
maggio 2012 i sindacati con delega all'Industria abbiano avuto un
incontro presso il Ministero dello sviluppo economico per un
confronto in merito alle crisi aziendali e territoriali e più in generale
sulla definizione di politiche industriali. Nel corso della riunione è
stata avviata una prima ricognizione delle principali situazioni di
criticità, raggruppate, seppur sommariamente, per settori di
appartenenza e, per quanto riguarda l'elettrodomestico, si è deciso
352
di procedere ad un preliminare approfondimento sugli obiettivi che
si intende perseguire –:
quali iniziative di competenza il Ministro intenda intraprendere per
salvaguardare un'azienda importante per il tessuto produttivo
emiliano dando garanzie sulla sostenibilità del concordato
preventivo nonché sulla continuità produttiva e sul mantenimento
occupazionale dell'azienda; se presso il Ministero al momento siano
ancora in corso trattative finalizzate alle cessione dell'azienda Terim;
se il Ministro intenda attivare un tavolo di confronto specifico per il
settore dell'elettrodomestico presso il Ministero. (4-00275)
§ 14. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-01702143
Interrogazione a risposta scritta 4-01702 presentato da
DELL'ORCO Michele testo di Martedì 20 agosto 2013, seduta n.
70.
DELL'ORCO, SPADONI, SARTI e RICHETTI.
Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso
che: la Firem srl, attiva e presente a Formigine (Modena) sin dagli
anni ’60, è una delle aziende leader in Italia nella progettazione e
costruzione di resistenze elettriche e sistemi riscaldanti utilizzate in
un ampia gamma di settori, dalla ristorazione alla chimica, passando
dall'automotive al biomedicale e impiega complessivamente 40
dipendenti; i dipendenti sono al momento in stato di agitazione in
quanto non solo non risulterebbero corrisposte del tutto le
spettanze relative alla mensilità di luglio ma, al rientro dalla chiusura
estiva, avrebbero constatato il quasi totale smantellamento della
parte produttiva che è stata trasferita in Polonia; secondo quanto
comunicato dal segretario Fiom Modena Cesare Pizzolla non
risulterebbe rispettata l'ordinaria procedura di trasferimento
aziendale in quanto non risulterebbe pervenuta nessuna
comunicazione di avviso della volontà di trasferimento d'azienda, né
tanto meno sono state comunicate date, motivi, conseguenze
giuridiche, economiche e sociali per i lavoratori e le eventuali misure
143http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=6193&stile=7&highLi
ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27
353
previste nei confronti di questi ultimi in base all'articolo 47 della
legge n. 428 del 1990; la proprietà ha dichiarato alla stampa:
«Mancano le condizioni per un sereno e costruttivo incontro per la
soluzione delle problematiche del nostro personale. Non abbiamo
mai nascosto ai sindacati e all'Rsu le nostre difficoltà anche rispetto
alla concorrenza di altre aziende italiane che producono in Polonia e
Romania, con costi che sono della metà». La comprensibile
necessità di sopravvivere alla crisi che, sempre più negli ultimi anni,
attanaglia gli imprenditori, massacrati oltre che dalla concorrenza
dei paesi emergenti, anche dall'insostenibile tassazione e burocrazia
italiana, non è però sufficiente, a parere dell'interrogante, a
giustificare un simile comportamento –: quali iniziative di
competenza il Ministro intenda intraprendere per salvaguardare e
tutelare i lavoratori della Firem srl e nel contempo quali misure
attuare per bloccare questa emorragia di imprese che delocalizzano
all'estero, impoverendo il tessuto sociale ed economico e produttivo
del nostro Paese; se al Ministro risulta che per la Firem sia stata
rispettata la procedura di trasferimento prevista dalla legge n. 428
del 1990 ricordata in premessa e quali provvedimenti di competenza
intende prendere in caso contrario. (4-01702)
§ 15. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-01238144
Interrogazione a risposta scritta 4-01238 presentato da DIENI
Federica testo di Giovedì 11 luglio 2013, seduta n. 51
DIENI, NESCI e PARENTELA.
Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle
politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
a seguito del fallimento dell'azienda GDM, leader fino alla metà del
2011 e per circa trent'anni nel settore della grande distribuzione a
Reggio Calabria e provincia, Vibo Valentia e Messina con sedici
floridi punti vendita, tale azienda è in amministrazione straordinaria
da oltre un anno e circa 600 dipendenti si trovano in cassa
integrazione; la magistratura reggina e milanese sta indagando sul
fallimento della sopra citata azienda e su sospette collusioni di tipo
144http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=3834&stile=7&highLi
ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27
354
mafioso e dovrà accertare le eventuali responsabilità di una parte del
gruppo dirigente che, attraverso una serie di azioni commerciali
sospette, avrebbe causato lo svuotamento di capitale della GDM
portandola alla bancarotta; per i dipendenti della ex GDM perdere il
proprio lavoro significherebbe non avere altre possibilità per la
grave mancanza di aziende in un Sud già martoriato da altri
problemi; per questo motivo hanno intrapreso una battaglia a tutela
del loro diritto al lavoro e della loro dignità e in una nota stampa si
son detti «stanchi, delusi ed esasperati dalla loro precaria situazione,
ma decisi più che mai a lottare per la propria dignità, a seguito
dell'ennesima assenza delle sigle sindacali alla protesta dei
lavoratori»; i lavoratori della ex GDM hanno più volte palesato i
loro dubbi circa la procedura di acquisto e circa i continui rinvii per
la discussione della loro vertenza che lasciano spazio a «dietrologie»
sulle future spartizioni di mercato a livello cittadino e, nella letteraappello rivolta all'interrogato Ministro dello sviluppo economico,
dopo aver precisato che «Il bando di gara per affitto e successiva
vendita dell'azienda stranamente è andato deserto, perché il nostro è
un territorio difficile», hanno espresso criticità circa le offerte
pervenute fuori bando per parti dell'azienda, che si tradurrebbero
nel riassorbimento di una minima parte (solo il 30 per cento) del
personale, e hanno proposto l'attuazione di una gestione diretta
dell'azienda per poi metterla in vendita appena risanata, invitando
direttamente grosse aziende della grande distribuzione ordinaria in
espansione –: anche alla luce dei fatti esposti in premessa, quali
iniziative intendano assumere i Ministri interrogati per far fronte alle
istanze dei lavoratori ex GDM; quali iniziative di competenza i
Ministri interrogati intendano assumere per far luce su questa
vicenda. (4-01238)
§ 16. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-01644145
Testo presentato, in data Giovedì 8 agosto 2013, seduta n. 68 da:
VITTORIO FERRARESI, PAOLO BERNINI, DALL’OSSO,
MUCCI, SARTI e STADONI.
145http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=5944&stile=7&highLi
ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27
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Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e
della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
la società Exploenergy S.r.l con sede a San Donato Milanese
(Milano) ha presentato, al Ministero dello sviluppo economico,
istanza di permesso di ricerca in terraferma, denominata Reno
Centese, su di un'area di 646,9 chilometri quadrati, che interessa i
comuni della regione Emilia Romagna di: Ferrara, Poggio Renatico,
Mirabello, Sant'Agostino, San Giovanni in Persiceto, Bondeno,
Cento, Vigarano Mainarda, Galliera, Crevalcore, Pieve di Cento,
Finale Emilia, Camposanto, Ravarino, Medolla, San Felice sul
Panaro, Mirandola, Bomporto;
come si legge in rete, al sito dell'UNMIG, ufficio nazionale
minerario per gli idrocarburi e le georisorse del Ministero dello
sviluppo economico – direzione generale per le risorse minerarie ed
energetiche, la fase del procedimento è attualmente: «In corso
presentazione VIA dal parere CIRM alla presentazione della VIA
(Operatore)»;
in data 1o marzo 2013, nell'interlocutoria si legge che: «In
precedenza la presente comunicazione era stata erroneamente
classificata come «Comunicazione (da Operatore) avvenuta
presentazione VIA»; la comunicazione della società riguarda invece
l'invio alle regioni interessate di copia dell'istanza. Nella stessa nota
la società ha inoltre comunicato di aver avviato gli studi di verifica
ambientale. Si precisa comunque che la documentazione VIA non è
stata ancora presentata»;
questa erronea classificazione ingenera difficoltà nel seguire lo
svolgimento regolare della procedura, anche in riferimento a quanto
stabilito nell'ambito del disciplinare tipo (decreto ministeriale 26
aprile 2010 «Approvazione disciplinare tipo per i permessi di
prospezione e di ricerca e per le concessioni di coltivazione di
idrocarburi liquidi e gassosi in terraferma, nel mare territoriale e
nella piattaforma continentale») dove sono definiti i termini ed i
tempi di presentazione delle richieste di pronuncia di compatibilità
ambientale;
dal medesimo sito si legge peraltro, nei principali eventi
dell’iter amministrativo, che in data 28 giugno 2013 si entra in una
fase interlocutoria in quanto risulta esservi una richiesta di
sospensione della procedura di VIA;
la regione Emilia Romagna, con propria delibera di Giunta n.
706/2013, del 3 giugno 2013, ha scelto di sospendere qualsiasi
356
decisione in merito ai permessi di ricerca e coltivazione idrocarburi,
che riguardino i territori colpiti dal sisma del maggio 2012, fino a
che non sarà noto l'esito degli studi della commissione tecnicoscientifica istituita per la «valutazione delle possibili relazioni tra
attività di esplorazione per gli idrocarburi e aumento di attività
sismica nell'area colpita dal terremoto dell'Emilia-Romagna nel
mese di maggio 2012»;
i comuni interessati nella ipotesi di ricerca di idrocarburi proposta
dalla società Exploenergy Srl rientrano nel territorio interessato dal
sisma di maggio 2012 –:
se la società Exploenergy srl stia rispettando i tempi e le modalità di
presentazione della richiesta di verifica di assoggettabilità alla
procedura di valutazione di impatto ambientale e più in generale di
richiesta del rilascio del permesso di ricerca;
se la sospensiva di qualsiasi decisione in merito ai permessi di
ricerca e coltivazione idrocarburi decisa dalla regione Emilia
Romagna abbia influenza anche sulle scelte che vengono prese dai
Ministeri interessati dalla procedura e se sì in che misura;
se quanto si legge nell’iter amministrativo, e cioè che in data 28
giugno 2013 risulta: «Interlocutoria – da Soc: richiesta sospensione
procedura di VIA», sia da riferisti o meno alla decisione della
regione Emilia Romagna del 3 giugno 2013 di sospensione di
qualsiasi decisione in merito ai permessi di ricerca e coltivazione
idrocarburi. (4-01644)
§ 17. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-01411146
Testo presentato, in data Mercoledì 24 luglio 2013, seduta n. 59, da:
GALLO, BATTELLI, SIBILIA, TOFALO, FICO, COLONNESE
DAGA, ZOLEZZI, MANNINO, SEGONI, BUSTO e MICILLO.
Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e
della tutela del territorio e del mare, al Ministro dei beni e delle
attività culturali e del turismo — Per sapere – premesso che:
146http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=4531&stile=7&highLi
ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27
357
la centrale termoelettrica di Napoli Levante, sita in via Stradone
Vigliena n. 9, Napoli, di proprietà della Tirreno Power, è entrata in
funzione, secondo quando dichiarato dal promotore, in data 9
settembre 2008. Nel punto dove ora sorge la centrale il piano
regolatore generale in discussione in quella fase prevedeva di
«realizzare una struttura dedicata ai giovani e alla musica». La
variante fu poi stravolta nella fase «di adozione delle
controdeduzioni alle osservazioni». Venne accolta dal consiglio
comunale di Napoli l'osservazione n. 76 alla variante, presentata da
Interpower (oggi Tirreno Power S.p.a.), che reclamava di continuare
a mantenere, l'uso del sito. Di conseguenza si deliberò che a
Vigliena doveva essere costruita una nuova centrale termoelettrica a
ciclo combinato (delibera del consiglio comunale n. 137 del 22
luglio 2003). L’iter del piano regolatore generale vigente si è
concluso con l'approvazione del DPGRC n. 323 dell'11 giugno
2004;
la procedura nella fase di adozione del piano regolatore generale
non consentì ai residenti nessuna opportunità di intervento rispetto
alla novità rappresentata
dall'osservazione n. 76 che di fatto cambiava le carte in tavola;
la «Tirreno Power s.p.a.», nel giugno del 2004, ha attivato le
procedure per costruire la nuova centrale turbogas di Vigliena,
chiedendo – ed ottenendo – la non assoggettabilità alla procedura di
VIA, ai sensi dell'articolo 1, comma 3, del decreto del Presidente del
Consiglio dei ministri n. 377 del 10 agosto 1988, che testualmente
recita: «Il comma 2 non si applica ad eventuali interventi di
risanamento ambientale di centrali termoelettriche esistenti,
anche accompagnati da interventi di ripotenziamento, da cui derivi
un miglioramento dello stato di qualità dell'ambiente connesso alla
riduzione delle emissioni».
Il richiamato comma 2, che si è chiesto di non utilizzare, stabilisce,
in ogni caso, che la VIA «... si applica altresì agli interventi su opere
già esistenti ... qualora da tali interventi derivi un'opera con
caratteristiche sostanzialmente diverse dalla precedente ...». Essendo
l'impianto effettivamente realizzato sostanzialmente diverso da
quello a giudizio degli interroganti, si doveva, e si deve, procedere
all'adempimento della VIA. Che quella costruita sia una centrale ex
novo, lo si evince dal fatto che la vecchia centrale è stata
completamente demolita e quella nuova è stata realizzata su uno
spazio adiacente;
358
gli stessi elaborati resi noti dalla «Tirreno Power spa» evidenziano
che l'impianto è radicalmente diverso da quello precedente.
Un'ulteriore conferma emerge anche dalla comparazione dei dati
tecnici contenuti nel decreto di autorizzazione del Ministero
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare del 12 aprile
2005 dal quale si evidenzia che nel nuovo impianto sono state
montate nuove e diverse apparecchiature;
altra dimostrazione di quanto qui si sostiene può essere rinvenuta
dalla lettura del verbale della seduta del 25 maggio 2002 tenutasi
nella ex circoscrizione di San Giovanni a Teduccio;
in tale riunione un dirigente dell'allora «Interpower S.p.A.» – poi
divenuta «Tirreno Power S.p.A.» – in riferimento alla nuova opera
dichiarò: «... si tratta di costruire una centrale ex novo perché
l'intendimento di Interpower è quello di abbandonare i gruppi
esistenti (tranne le opere minori) e costruire radicalmente un
impianto a ciclo combinato»; ed ancora: «... la valutazione di
impatto ambientale è prevista dalla legge. Lei può realizzare la
centrale più pulita di questo mondo però, se fa un impianto di
generazione, deve assoggettarsi ad una VIA regionale o nazionale.
Dunque, noi lo dobbiamo fare perché lo prevede la norma»;
una ulteriore conferma che quello costruito a Vigliena è a tutti gli
effetti un impianto ex novo, soggetto quindi alla procedura di VIA,
venne confermata dal direttore generale della Tirreno Power
ingegnere Giovanni Gosio, che in data 18 luglio 2007 nel corso di
una audizione della 13a Commissione Ambiente del Senato tenuta
«a seguito dell'indagine conoscitiva sui cambiamenti climatici»
(resoconto sommario della seduta n. 100 del 18 luglio 2007),
dichiarò: «In data 18 maggio 2005 l'allora Ministero delle Attività
produttive ha autorizzato la trasformazione in ciclo combinato della
centrale, originariamente costituita da tre gruppi termoelettrici
tradizionali alimentati ad olio combustibile ed a gas naturale, tramite
la realizzazione di una nuova unità, da 400 MW, alimentata
esclusivamente a gas naturale»;
considerate quindi le caratteristiche dell'installazione di Vigliena – il
cui progetto già prevedeva che l'impianto fosse ricostruito di sana
pianta –, si ritiene che non poteva essere accolta la richiesta di
esclusione della procedura di VIA che, al contrario, doveva e deve
essere obbligatoriamente fatta;
il punto in questione non è marginale poiché la VIA potrebbe
mettere in luce una sicura incompatibilità della struttura con il
359
territorio. Si aggiunga poi che, trattandosi di un nuovo impianto, la
Tirreno Power dovrebbe versare i contributi previsti dalla legge 23
agosto 2004, n. 239, articolo 1, comma 36; invece la proprietà,
spacciando la nuova opera per pseudo riconversione della vecchia
centrale, a giudizio degli interroganti riesce ad eludere tale
consistente onere economico. Infatti, nella delibera della giunta
comunale di Napoli n. 2328 del 20 aprile 2006, avente per oggetto:
«Presa d'atto della convenzione del 6 aprile 2006 tra la Regione, la
Provincia, il Comune e la Tirreno Power S.p.a., ai sensi di quanto
previsto dalla legge del 23 agosto 2004 n. 239 – misure di
compensazione e riequilibrio ambientale» si prevede che la Tirreno
Power verserà (solo) un milione di euro al Comune «per la
realizzazione di iniziative e progetti tesi a migliorare la qualità
dell'aria, promuovere il risparmio energetico e l'utilizzo di fonti
rinnovabili nella Città di Napoli ed in particolare nell'area interessata
dalla centrale»;
tutto ciò è avvenuto ed avviene senza dare seguito alle procedure
previste dalle leggi e dalle direttive dell'Unione europea per quanto
concerne l'informazione e la partecipazione del pubblico al
procedimento (cfr. direttiva 96/61/CE del Consiglio del 24
settembre 1996 – prevenzione e riduzione integrate
dell'inquinamento – IPPC – accesso all'informazione e
partecipazione del pubblico alla procedura di autorizzazione;
direttiva 2001/42/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del
27 giugno 2001; decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152; legge 7
agosto 1990, n. 241; convenzione di Aarhus, Danimarca, del 25
giugno 1998 ratificata dall'Unione europea il 17 febbraio 2005 –
2005/370/CE – relativa alla conclusione, a nome della Unione
europea, della convenzione sull'accesso alle informazioni, la
partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l'accesso alla
giustizia in materia ambientale);
da una relazione del Ministero dello sviluppo economico del 30
aprile 2008, protocollo 1676 (dipartimento per la competitività –
direzione generale per l'energia e le risorse minerarie), avente per
oggetto le autorizzazioni di quattro centrali termoelettriche per il
«riesame ai sensi degli articoli 9, comma 4, e 17, comma 4, del
decreto legislativo n. 59 del 2005», figura l'autorizzazione n.
55/01/2005 del 18 maggio 2005 rilasciata alla Tirreno Power s.p.a
per l'impianto di Vigliena. Nel paragrafo «Iter del procedimento
Amministrativo» si legge che: «In data 27 giugno 2007, il Ministero
360
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, onorevole
Pecoraro Scanio, ha sottoposto all'attenzione del Ministro dello
sviluppo economico, onorevole Bersani, la richiesta di verificare la
necessità di procedere all'esame delle autorizzazioni alla
realizzazione di centrali termoelettriche, adottate ai sensi sia del
previgente decreto del Presidente della Repubblica n. 53 del 1998
sia della legge n.55 del 2002 rilasciate da questa amministrazione
precedentemente all'entrata in vigore del citato decreto legislativo
n.59 del 2005, ivi comprese le centrali di cui all'oggetto». Tale
richiesta veniva avanzata ai sensi del combinato disposto degli
articoli 9, comma 4, e 17, comma 4, del medesimo decreto
legislativo;
secondo quanto prospettato dal Ministro dell'ambiente e della tutela
del territorio e del mare, le autorizzazioni rilasciate dall'allora
Ministro delle attività produttive «non contenevano tutti gli elementi
essenziali richiesti dalla normativa comunitaria di IPPC, con
riferimento, ad esempio, ai profili riguardanti l'individuazione delle
migliori tecnologie disponibili, la gestione dalle situazioni diverse dal
normale esercizio, la programmazione di monitoraggi e controlli, la
partecipazione del pubblico al procedimento di AIA»;
in data 8 giugno 2004, la regione Campania, il comune e la provincia
di Napoli, sottoscrissero un protocollo d'intesa con la Tirreno
Power. Gli enti pubblici, nel dare il loro consenso alla realizzazione
della centrale, disposero un'indagine epidemiologica (per il
particolare degrado dell'area che è compresa nei siti di interesse
nazionale). Durante la convocazione in seduta straordinaria del
Consiglio della VI municipalità (SAN GIOVANNI, BARRA E
PONTICELLI) fu ufficialmente consegnato dal presidente della
commissione, nel mese di giugno del 2008, un indagine redatta
direttamente dalla Tirreno Power; nella variante al piano regolatore
generale (centro storico, zona orientale, zona nord-occidentale)
approvata con decreto del presidente della giunta regionale della
Campania n. 323 dell'11 giugno 2004 – norme d'attuazione – testo
coordinato –, parte I, disciplina generale –, all'articolo 29 (sottozona
Ac – porto storico), al punto 5, lettera a), si era stabilita «la
dismissione di tutte le attrezzature e gli impianti riguardanti il
traffico petrolifero per le quali si prevede una nuova localizzazione
al di fuori del golfo di Napoli, previo accordo con la regione
Campania e le altre amministrazioni competenti. Nelle more della
nuova localizzazione e per il tempo, a tal fine strettamente
361
necessario, sono consentite trasformazioni orientate esclusivamente
al miglioramento della sicurezza e dell'impatto ambientale». Tale
determinazione è stata modificata l'11 dicembre del 2006 con la
sottoscrizione di un protocollo d'intesa tra regione Campania,
comune di Napoli, Napoli Orientale S.c.p.a., Kuwait Raffinazione e
Chimica. S.p.A.. L'accordo in questione prevede la permanenza di
dette attività per almeno altri venti anni. Ciò significa che la darsena
petroli, ubicata a Vigliena, resterà in funzione per analogo periodo e
nel sito si continueranno a scaricare tonnellate di carburanti;
il nuovo terminal di Levante, attualmente in costruzione, costituirà,
di fatto, un unicum con l'area della centrale termoelettrica. Si tratta
di una infrastruttura invasiva che presenta molteplici fattori di
criticità come pure si evince dalla lettura del relativo decreto di VIA,
rilasciato dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del
mare, protocollo n. 5 del 9 gennaio 2008, parere numero 966 del 24
luglio 2007, avente per oggetto: «Adeguamento darsena di levante
a terminal contenitori mediante colmata e conseguenti opere di
collegamento nel Comune di Napoli per la costruzione del nuovo
Terminale Contenitori di Napoli Levante»; «adeguamento della
Darsena di Levante a terminal contenitori, mediante colmata e
conseguenti opere di collegamento»;
dai progetti resi noti dall'autorità portuale di Napoli si dà notizia che
sono già in costruzione mega portacontainer, che dovranno
scaricare sui moli di Vigliena le loro merci. Per effetto di questo
progetto la centrale si ritroverà ad essere incastonata tra le banchine
del porto. Le stesse condotte atte a prelevare e ad immettere acqua
del mare, indispensabili per il raffreddamento della centrale, saranno
collocate nel punto in cui dovranno essere ormeggiate le navi;
dal sito del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del
mare risulta che in data 15 gennaio 2009 (protocollo DSA-20090000073), la Tirreno Power ha inoltrato la domanda per ottenere il
rinnovo dell'autorizzazione integrata ambientale (AIA). La domanda
sta seguendo l’iter previsto. Sempre dal sito del Ministero risulta che
dal 13 dicembre 2012 la richiesta è in fase istruttoria presso la
Conferenza dei servizi;
in pratica si rileva, purtroppo, che anche in questo caso la procedura
sinora attuata, nelle diverse fasi espletate, si basa ancora sugli stessi
presupposti che consentirono nel 2005 alla Tirreno Power
l'autorizzazione per realizzare l'impianto di Vigliena. Cioè, senza
assumere le molteplici criticità dell'area, che inducono, invece, a
362
desistere dal riconfermare la permanenza in loco di un simile
impianto;
la Conferenza dei servizi che sta vagliando la richiesta dovrebbe
recepire che sul sito della protezione civile è stata pubblicata l'11
gennaio 2013 la mappa della nuova delimitazione del Piano
nazionale di emergenza per il Vesuvio. La zona di San Giovanni a
Teduccio viene ricompresa, dal nuovo piano, nella zona rossa
ponendo ulteriori vincoli al tema indifferibile della sicurezza;
i recenti drammatici fatti di Genova dovrebbero indurre ad elevare
la soglia della sicurezza che in condizioni come quella descritta deve
essere molto elevata;
altresì non possono essere rimossi i rischi di esplosione insiti in una
centrale termoelettrica. Si ricorderà, infatti, che nella città di
Middletown (Connecticut, USA), il 7 febbraio 2010 esplose la locale
centrale turbogas;
l'esplosione fu udita a 50 chilometri di distanza, causò la morte di 5
operai e decine di feriti, radendo al suolo edifici ed alberi nel raggio
di 1 chilometro;
la Tirreno Power, sempre nella documentazione acclusa alla
domanda per ottenere il rinnovo dell'Autorizzazione integrata
ambientale (Allegato A24, relazione sui vincoli territoriali,
urbanistici ed ambientali, al punto 2.3 pianificazione di livello
comunale), insiste sullo scarso valore dei luoghi in cui è ubicata la
centrale. Scrive, infatti, nel suo elaborato: «Infine è stata consultata
la cartografia di piano al fine di verificare la presenza di eventuali
vincoli (tavole n. 12, 13 e 14 del piano regolatore generale), da cui si
evince che l'Area di studio non è classificata come area di interesse
archeologico né è assoggettata a vincoli geomorfologici o
paesaggistici ...»;
con queste sue affermazioni la Tirreno Power continua ad ignorare
le prescrizioni contenute nel decreto Map n. 55-01-2005 con il quale
si autorizzava a realizzare la centrale. Le prescrizione definite dal
Ministero per i beni e le attività culturali restano inapplicate. Se mai
le autorità preposte dovessero decidere la loro piena attuazione,
l'intero progetto dell'area dovrà essere riscritto;
lo stesso decreto di Via, rilasciato dal Ministero dell'ambiente e della
tutela del territorio e del mare, protocollo n. 5 del 9 gennaio 2008,
parere numero 966 del 24 luglio 2007, avente per oggetto
«Adeguamento darsena di levante a terminal contenitori mediante
colmata e conseguenti opere di collegamento nel Comune di Napoli
363
per la costruzione del nuovo Terminale Contenitori di Napoli
Levante», precisa che: «Si richiama, inoltre, l'attenzione di codesto
Ministero sulla presenza, a breve distanza, di talune emergenze,
quali lo storico Fortino di Vigliena e l'edificio della Cirio, anch'esso
sottoposto a tutela ai sensi del decreto legislativo 42 del 2004 parte
II Titolo I per il suo particolare interesse culturale ...» (...) questo
Ufficio, esaminati gli elaborati presentati, fa rilevare che l'area
oggetto dell'intervento è posta tra quello che era l'antico territorio di
Neapolis e quello delle città distrutte dall'eruzione del Vesuvio del
79 dopo Cristo, con attestazione di insediamenti relativi a ville di
epoca romana–:
se e come sia disposta, ai sensi dell'articolo 9, comma 4, del decreto
legislativo n. 59 del 2005, la verifica dell’iter seguito per il riesame
del rilascio dell'autorizzazione integrata ambientale (AIA), richiesta
dalla Tirreno Power il 15 gennaio 2009 per la centrale turbogas di
Vigliena, in considerazione dell'impatto ambientale costituito
dall'insieme dei progetti previsti, considerato anche che l’iter per il
rilascio del rinnovo dell'AIA non è ancora concluso, e che è
intervenuta una significativa novità costituita dal nuovo Piano
nazionale di emergenza per il Vesuvio;
se e come il tema delle partecipazioni del pubblico al procedimento
per il rilascio della nuova autorizzazione dell'Aia, si ritenga assolto
dalla pubblicazione di un trafiletto nelle pagine di un giornale così
come chiesto dalla Tirreno Power con una raccomandata del 2009,
protocollata presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del
territorio e del mare (E. prot. DSA – 2009 – 0004111 del 20
febbraio 2009), il quale replicava che: «... Tirreno Power
(provvederà), entro 15 giorni ... alla pubblicazione su un quotidiano
a diffusione nazionale dell'allegato avviso al pubblico relativo
all'avvio
della
procedura
di
riesame
in
oggetto»;
se e come il Ministero dell'ambiente del territorio e del mare intenda
far partecipare il comitato civico di San Giovanni a Teduccio al
procedimento riguardante le determinazioni sulla centrale di
Vigliena, considerato che «Nella Commissione Ambiente tenutasi il
giorno 6 agosto 2008 presso la sede del Consiglio Comunale di
Napoli in via Verdi, il Comitato Civico San Giovanni ha chiesto di
essere inserito nelle conferenze di servizio relative alla Centrale
Turbogas di Vigliena, al fine di garantire la maggior trasparenza
delle procedure e la partecipazione dei cittadini nell'ambito del
rispetto delle normative vigenti (legge 241 del 1990);
364
se e come, alla luce dell'insieme dei progetti presenti nell'area, siano
disposte l'effettuazione della Via e della Vas; se e come si sia
verificata l'applicazione delle prescrizioni del Ministero per i beni e
le attività culturali contenute nel decreto Map n. 55-01-2005, e se sia
stata sanzionata la loro eventuale inosservanza; se ci si appresti
realmente a raddoppiare l'impianto di Vigliena, stante quanto
riportato nell'articolo «Repovvering di Napoli levante» apparso sulla
rivista Power Generation News – Ansaldo energia, anno XII,
trimestrale 2010, posto che nell'articolo si afferma che: «La nuova
configurazione della centrale e i serbatoi dell'acqua sono stati
progettati in previsione della possibilità di collocare un'altra unità a
ciclo combinato in futuro», anche perché, considerato che l'Ansaldo
ha costruito l'impianto, la notizia appare più che fondata;
se il rumore emesso dall'impianto rispetti i limiti definiti dalla
normativa, tenuto conto che, nelle abitazioni circostanti la centrale,
il rumore prodotto costringe i residenti a vivere barricati in casa;
se e quali sostanze siano state scaricate in mare nel mese di agosto
2012, considerato che nella relazione allegata alla richiesta della
Tirreno Power di rinnovo dell'autorizzazione integrata ambientale
del 15 gennaio 2009, si evince – allegato B.18 –, che il trattamento
previsto per le acque oleose, al punto 1.2.6.1, prevederebbe che:
«Tali reflui provengono essenzialmente dai drenaggi dell'area
trasformatori, dalle apparecchiature lubrificate con olio, dal lavaggio
dei pavimenti, dagli scrubbersdel gas naturale e dalle acque
meteoriche potenzialmente oleose» e la documentazione Arpac in
merito afferma: «I risultati del campionamento di acqua di mare del
23 agosto hanno evidenziato odore di idrocarburi presenti in
notevole quantità, un colore giallo chiaro con assenza di schiuma
nel campione»;
perché nel caso di specie non sembra sia osservato l'articolo 142,
comma 1, lettera a) del decreto legislativo n. 42 del 22 gennaio 2004,
«aree tutelate per legge», che include «i territori costieri compresi in
una fascia della profondità di 300 metri dalla linea di battigia, anche
per i terreni elevati sul mare» –, come territori da salvaguardare e
tutelare;
se e come si intendano raccogliere informazioni per conoscere la
natura degli allarmi emessi dalle sirene della centrale in diverse
occasioni, affinché sia garantita la sicurezza per la popolazione che
vive nell'area. (4-01411)
365
§ 18. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-01367147
Interrogazione a risposta scritta 4-01367 presentato da PINNA
Paola testo di Martedì 23 luglio 2013, seduta n. 58
PINNA, VALLASCAS, NICOLA BIANCHI, CORDA,
SPESSOTTO,
CARINELLI,
COLONNESE,
NESCI,
FRACCARO, DIENI, COZZOLINO, DALL'OSSO e SILVIA
GIORDANO.
Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro per la coesione
territoriale, al Ministro per gli affari europei, al Ministro del lavoro e
delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
la Carbosulcis SpA società della regine autonoma della Sardegna, è
titolare della concessione mineraria «Monte Sinni» per la
coltivazione del giacimento carbonifero del Sulcis. L'attività
mineraria legata all'estrazione del carbone di questa zona della
Sardegna ha origini lontane nel tempo e la Carbosulcis rappresenta
ad oggi l'unica realtà italiana nella coltivazione del carbone. Tale
attività di estrazione è diventata parte integrante del tessuto sociale
del territorio, mutando nel tempo alla continua ricerca
dell'innovazione nella sicurezza e nelle tecnologie volte a ridurre al
minimo l'impatto ambientale; tuttavia, il 20 novembre 2012 la
Commissione europea ha avviato, in base all'articolo 108 del trattato
sul funzionamento dell'Unione europea in materia di aiuti di Stato,
due indagini approfondite e distinte riguardanti misure di sostegno
pubblico nel territorio sardo del Sulcis Iglesiente. L'indagine
inerente la Carbosulcis, SA.20867, evidenzia le perplessità da parte
della Commissione europea in merito alla conformità delle norme in
materia di aiuti con le misure a sostegno delle società della regione
Sardegna. Infatti, tra il 1998 e il 2010 Carbosulcis spa ha ricevuto
almeno 405 milioni di euro di sostegno pubblico sotto forma di
aiuti all'investimento e al funzionamento nonché un sostegno in
principio destinato ad obiettivi di formazione, ricerca e sviluppo e
protezione ambientale. Tutte le misure sovraesposte sono state
concesse senza notifica preliminare alla Commissione e non è stato
dimostrato che l'aiuto fosse lo strumento più adeguato, né che fosse
147http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=4347&stile=7&highLi
ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27
366
necessario e proporzionale per la realizzare la sua finalità; nel
concreto, le attività della miniera si reggono economicamente
attraverso un continuo afflusso di finanziamento pubblico. Il 27
marzo 2013 il consiglio regionale ha dato il via libera allo
stanziamento di 10 milioni di euro di residui per le attività di messa
in sicurezza e custodia della miniera di Nuraxi Figus, nonostante le
risorse indirizzate alla Carbosulcis spa siano bloccate a seguito
dell'apertura della suddetta indagine;
la crisi interessa le zone del sud ovest sardo ha indubbiamente
un'origine nelle concomitanti difficoltà delle principali aziende
industriali che hanno caratterizzato e influenzato lo sviluppo
economico dell'area. Tra le principali conseguenze di tale grave
situazione economica vi è certamente la disoccupazione, generata
sia dalla chiusura di attività industriali sia dal mancato insediamento
di nuove attività. Secondo i dati Istat nel 2012 i disoccupati sardi
superano le 126 mila unità, con un tasso di disoccupazione pari al
18,5 per cento, rispetto al 12,8 per cento nazionale, e i dati relativi
alla disoccupazione giovanile sono ancora più preoccupanti, infatti,
quella dei giovani è la categoria sociale più a rischio per mancanza di
prospettive. Nell'ottica di un rilancio produttivo è necessario un
impegno volto alla riqualificazione e al sostegno dei settori nei quali
si intravedono motivi di recupero produttivo; si osserva che finora
le problematiche industriali e occupazionali in Sardegna, e nel caso
in questione nel territorio del Sulcis Iglesiente, sono state affrontate
con provvedimenti «tampone», interventi di tipo prevalentemente
assistenzialistico che, trascinando situazioni già compromesse, non
hanno rivelato una volontà di soluzione improntata a criteri di
sostenibilità e competitività;
pertanto risulta urgente e
imprescindibile perseguire l'obiettivo di una risposta concreta al
disagio sociale che deriva da tale grave scenario. Alla luce di ciò ci si
domanda se sia opportuno continuare a sovvenzionare le attività di
quei settori strutturalmente colpiti dalla crisi (come la miniera del
«Monte Sinni») senza mai giungere a una soluzione o se, piuttosto,
non sia conveniente utilizzare i fondi messi a disposizione per
rinnovare e riqualificare il tessuto economico, nel rispetto della
vocazione naturale del territorio, valorizzando i patrimoni naturale e
storico-archeologico, le attività tradizionali e le potenzialità
innovative, favorendo la ricerca, lo sviluppo e l'innovazione e
costruendo un nuovo futuro per i cittadini del Sulcis;
a tal proposito, il 13 novembre 2012, il Ministero dello sviluppo
367
economico, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, il
Ministro per la coesione territoriale, la regione autonoma della
Sardegna, la provincia Carbonia Iglesias e i comuni del Sulcis
Iglesiente hanno siglato il protocollo d'intesa (ai sensi dell'articolo
15 della legge 7 agosto 1990, n. 241) sul cosiddetto «Piano Sulcis».
Si tratta dello strumento che individua gli obiettivi e i relativi
programmi per lo sviluppo del territorio. Il progetto dovrebbe
essere sovvenzionato con: i fondi regionali e locali, il fondo
sviluppo e coesione (sulla base di un accordo tra regione sarda e
Governo), i fondi del piano operativo nazionale sviluppo
imprenditoriale locale. Fra le linee guida del progetto «Piano Sulcis»
è presente «la realizzazione di un centro di eccellenza “carbone
pulito” nel quadro di un polo tecnologico di ricerca e produzione di
energia eco-compatibile»; nel medesimo protocollo di intesa è
previsto il concorso internazionale di idee «Un'idea per lo sviluppo
sostenibile del Sulcis», si tratta di una modalità innovativa –
sperimentata, oltre che nella zona sarda in questione, a Pompei e a
Reggio Calabria – tesa al coinvolgimento dei centri di competenza
privati e al superamento della forte immaturità progettuale,
sfruttando la potenziale vitalità del territorio.
Le idee dovranno essere in linea con la progettualità locale e
dovranno essere orientate a recuperare, valorizzare ed integrare le
potenzialità, le abilità, le tradizioni del territorio, in una visione
strategica di sviluppo sostenibile. Entro settembre saranno
pubblicati i risultati del bando, da allora le aziende avranno novanta
giorni per avanzare i progetti; il «Piano Sulcis», prevedendo l'avvio
di importanti programmi di politica attiva del lavoro, collegati sia
con le principali crisi aziendali e settoriali, sia con le nuove
prospettive di sviluppo, ha l'obiettivo di dare soluzioni concrete di
crescita al Sulcis.
Il processo di valorizzazione del territorio, favorito e coordinato
dalla pianificazione strategica, è indubbiamente una possibile
risposta alle problematiche esposte, tuttavia, vi è preoccupazione
circa la concretezza di tali proposte, il tempo necessario per la loro
attuazione, l'effettiva presenza delle risorse economiche necessarie e
la fattibilità rispetto alla normativa europea; inoltre, l'idea iniziale è
lodevole così come risulta rilevante e degno di apprezzamento il
dialogo instauratosi fra i vari livelli istituzionali e le parti sociali ma,
come spesso accade, si registra un ritardo nell'attuazione del lavoro
che, sebbene concepito come atto straordinario teso a dare risposte
368
a una grave situazione emergenziale, non ha ancora presentato le
soluzioni promesse né tantomeno gli attesi provvedimenti
straordinari. Il Sulcis e i suoi abitanti aspettano risposte concrete:
l'apertura dei cantieri, la realizzazione di progetti, opere
infrastrutturali e bonifiche; nell'impiego di fondi pubblici ci si
augura un cambiamento di rotta che introduca un sistema
omogeneo di regole e procedure certe, concordato e chiaro
dall'inizio del periodo di programmazione e non in corso d'opera; si
auspica, inoltre, che i Ministeri interessati assumano un ruolo di
garanzia e controllo costante al fine di definire in modo puntuale gli
obiettivi, i contenuti e i tempi di realizzazione dei programmi,
collocando gli interventi all'interno di un sistema integrato di
relazioni economiche e sociali funzionali allo sviluppo coordinato
del territorio e quindi esplicitando sin dal principio quali siano i
risultati attesi e i mezzi mediante i quali ottenerli –:
se intendano confermare la volontà e l'impegno, espressi dal
precedente Governo, di sostenere il territorio del Sulcis con
l'attivazione di nuove iniziative imprenditoriali che diano attuazione
al Piano Sulcis e se nell'attuazione di tale Piano saranno adottati i
nuovi criteri tesi a un uso efficace ed efficiente dei fondi comunitari
2014-2020, elaborati al fine di superare i risultati insoddisfacenti del
precedente ciclo; se ritengano che il «Piano Sulcis» sia compatibile
con l'indagine approfondita avviata dalla Commissione in materia di
aiuti di Stato alla Carbosulcis e, in merito a ciò, quale sia lo stato di
avanzamento di tale indagine; con quali risorse si intendano
finanziare gli interventi previsti nel Piano Sulcis, al fine di
confermare o smentire le affermazioni riportate dalla stampa
secondo cui ci sarebbero a disposizione 124 milioni di euro
provenienti dalle sanzioni che hanno pagato le aziende del Sulcis,
nello specifico fondi derivanti «dalla multa dell'Unione europea
inflitta all'Alcoa e ad altre industrie di Portovesme per aver
usufruito di aiuti economici sull'energia dallo Stato»; come
intendano inserire all'interno del piano di interventi le agevolazioni
previste dal «bando per potere usufruire dei benefici fiscali da parte
delle piccole imprese del Sulcis Iglesiente» (fiscalità di vantaggio)
che «sarà pubblicato entro l'estate», secondo quanto riportato
nell'articolo pubblicato sul sito del quotidiano La Nuova Sardegna
in data 13 luglio 2013. (4-01367)
369
§ 19. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-00207148
Interrogazione a risposta scritta 4-00207 presentato da PRODANI
Aris testo di Martedì 16 aprile 2013, seduta n. 9.
PRODANI e RIZZETTO.
Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso
che: nel primo incontro del tavolo di crisi del gruppo Lucchini,
svoltosi il 22 gennaio 2013 a Roma presso il Ministero dello
sviluppo economico, il Governo ha preso l'impegno per una rapida
apertura del confronto con i territori in cui sono presenti gli
stabilimenti Lucchini di maggiore dimensione (impianto di
Piombino e la Ferriera di Servola a Trieste), affinché venga
riconosciuto il caso di crisi industriale complessa e l'avvio della
discussione
sui
processi
di
riconversione
produttiva;
è stato espresso il parere favorevole del 24 gennaio 2013 da parte
della Conferenza Stato-regioni, ai sensi dell'articolo 27, comma 8,
del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con
modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, sullo schema di
decreto del Ministro dello sviluppo economico recante: «Riordino
della disciplina in materia di riconversione e riqualificazione
produttiva delle aree di crisi industriale complessa»;
è prossimo il varo dell’action plan sulla siderurgia della
Commissione europea previsto per il 5 giugno a Bruxelles, cui è
interessato il gruppo Lucchini –:
quali iniziative intenda adottare al fine di dare attuazione al percorso
scaturito dall'ultimo tavolo sopracitato del 24 gennaio 2013; se
intenda attivarsi al fine di avviare le procedure in corso per
l'effettivo inserimento dello stabilimento Ferriera di Servola di
Trieste del gruppo Lucchini nell'area di crisi complessa, quali siano i
criteri di attuazione e se sia stata formulata la bozza di programma
che avrebbe dovuto essere inviata dalla Regione autonoma Friuli
Venezia Giulia. (4-00207)
148http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=1340&stile=7&highL
ight=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27
370
§ 20. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-00518149
Interrogazione a risposta scritta 4-00518 presentato da PRODANI
Aris testo di Martedì 21 maggio 2013, seduta n. 20
PRODANI e RIZZETTO.
Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso
che:
la Ferriera di Servola (Trieste) è uno degli stabilimenti industriali del
gruppo Lucchini per il quale il Governo ha avviato un tavolo di crisi
il 22 gennaio 2013 a Roma, presso il Ministero dello sviluppo
economico; l'Esecutivo si è impegnato ad avviare il confronto con i
territori in cui sono presenti gli stabilimenti Lucchini maggiori,
Trieste inclusa, in modo da riconoscere lo stato di crisi industriale
complessa e avviare il processo di riconversione produttiva; il 24
gennaio 2013 la Conferenza Stato-regioni ha espresso il proprio
parere favorevole sullo schema di decreto del Ministro dello
sviluppo economico di «Riordino della disciplina in materia di
riconversione e riqualificazione produttiva delle aree di crisi
industriale complessa»; secondo quanto riportato dal quotidiano
triestino Il Piccolo del 17 maggio 2013, il vicepresidente della
Commissione dell'Unione europea Antonio Tajani – al termine della
tavola rotonda di alto livello sull'acciaio tenutasi a Bruxelles il 16
maggio 2013 – ha assicurato che la Ferriera di Servola (Trieste) sarà
inclusa nel prossimo Piano dell'Unione europea per la siderurgia.
«La ristrutturazione può sostenere il progresso economico e sociale,
ma – ha dichiarato Tajani alla stampa – si devono anticipare i
cambiamenti strutturali», e questo è fattibile «se le aziende prendono
misure correttive e se le autorità pubbliche aiutano a creare le
condizioni giuste»; alla tavola rotonda ha partecipato, come
rappresentante italiano, il sottosegretario di Stato allo sviluppo pro
tempore economico Claudio De Vincenti; il presidente della regione
Friuli Venezia Giulia Debora Serracchiani ha commentato le
esternazioni di Tajani auspicando che «soluzioni per la Ferriera di
Servola sono possibili solo con l'impegno congiunto a livello
149http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=1962&stile=7&highL
ight=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27
371
europeo, nazionale e locale»; il 5 giugno 2013 la Commissione
europea approverà l’action plan sulla siderurgia che interessa anche
il gruppo Lucchini e la Ferriera di Servola –: se il Ministro
interrogato intenda fornire ogni utile informazione sull'esito della
tavola rotonda di alto livello sull'acciaio tenutasi a Bruxelles; se
intenda attivarsi al fine di avviare le procedure in corso per
l'effettivo inserimento dello stabilimento Ferriera di Servola nell'area
di crisi complessa, favorendo così la soluzione ad una grave crisi
lavorativa ed occupazionale in grado di minare il tessuto produttivo
di Trieste. (4-00518)
§ 21. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-00410150
Interrogazione a risposta scritta 4-00410 presentato da RIZZETTO
Walter testo di Martedì 14 maggio 2013, seduta n. 15.
RIZZETTO e PRODANI.
Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e
delle finanze. — Per sapere – premesso che:
i «titoli di efficienza energetica» (TEE), noti come certificati bianchi,
costituiscono un sistema di incentivazione introdotto con la
liberalizzazione del mercato dell'energia (decreto legislativo n. 79 del
1999 di attuazione della direttiva comunitaria 96/92/CE) che, prima
emessi dall'Autorità per l'energia elettrica e il gas (AEEG) e ora dal
Gestore del mercato energetico (GME), consentono di certificare il
conseguimento di risparmi energetici negli usi finali attraverso
interventi e progetti di incremento dell'efficienza energetica. I
certificati sono dei veri e propri titoli di efficienza, scambiabili sul
mercato gestito dal GME; il Ministero dello sviluppo economico, di
concerto con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e
del mare ha adottato una serie di decreti attuativi che
regolamentano questi certificati di cui l'ultimo il decreto ministeriale
del 28 dicembre 2012, ha stabilito gli obiettivi quantitativi nazionali
di incremento dell'efficienza energetica per il quadriennio 20132016; sono ammessi agli incentivi sia soggetti privati (aziende del
settore industriale, civile, terziario e trasporti) che amministrazioni
150http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=1746&stile=7&highLi
ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27
372
pubbliche, autorizzati ad avvalersi delle energy service company
(ESCO), società che effettuano interventi finalizzati al
miglioramento dell'efficienza energetica, sottoscrivendo un
contratto finanziario tramite terzi di servizio energia o di
rendimento energetico; secondo l'attuale sistema di certificazione,
stabilito dall'articolo 10 del decreto ministeriale 28 dicembre 2012,
questi benefici «non sono cumulabili con altri incentivi, comunque
denominati, a carico delle tariffe dell'energia elettrica e del gas e con
altri incentivi statali, fatto salvo, nel rispetto delle rispettive norme
operative, l'accesso a: a) fondi di garanzia e fondi di rotazione; b)
contributi in conto interesse; c) detassazione del reddito d'impresa
riguardante l'acquisto di macchinari e attrezzature»; la normativa
vigente, infatti, consente solo il cumulo con incentivi regionali e
comunitari, oltre ad agevolazioni fiscali nella forma del credito
d'imposta a favore del teleriscaldamento alimentato con biomassa o
con energia geotermica –:
se il Governo intenda assumere iniziative per rendere cumulabili per
le aziende i «certificati bianchi» con un sistema di detrazioni fiscali,
in modo da favorire interventi di efficienza energetica e di
produzione da fonti rinnovabili in grado di ridurre costi e sprechi,
agevolando le imprese del settore già provate dalla crisi economica e
dall'incertezza legata alla direzione altalenante che il sistema di
incentivi ha vissuto negli ultimi tre anni. (4-00410).
§ 22. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-01689151
Atto Camera Interrogazione a risposta scritta 4-01689 presentato
da D'AMBROSIO Giuseppe testo di Venerdì 9 agosto 2013,
seduta n. 69
151
http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=6169&stile=
7&highLight=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRIT
TA%27
373
D'AMBROSIO.
Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle
politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
sono 380, in Basilicata, i lavoratori del settore del mobile imbottito,
dipendenti delle aziende Doimo, Incanto e Mid, che attendono il
decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali per la
fruizione della cassa integrazione; nello specifico, l'attesa dura dal
febbraio scorso per i 150 dipendenti della Manifattura italiana divani
(Mid) la cui cassa integrazione straordinaria dovrebbe avere una
durata biennale. Alla Incanto sono 180 i lavoratori per una cassa
integrazione in proroga della durata di sei mesi avviata il 6 maggio
scorso, mentre alla Doimo la cassa integrazione straordinaria, che
riguarda 50 lavoratori, è stata avviata il 15 giugno 2013 e avrà la
durata di un anno; recentemente anche la Natuzzi aveva manifestato
l'intenzione di chiudere gli stabilimenti di Matera e Ginosa avviando
procedure di mobilità per 1726 lavoratori; per sostenere e rilanciare
il distretto del mobile imbottito era stato previsto appena a febbraio
2013 uno stanziamento di 101 milioni di euro, grazie a un accordo
di programma tra il Ministero dello sviluppo economico, la regione
Puglia, la regione Basilicata e Invitalia. L'intesa aveva molteplici
obiettivi, tra cui la salvaguardia e il consolidamento delle imprese
murgiane che operano nel settore del mobile imbottito, l'attrazione
di nuove iniziative imprenditoriali, il sostegno – finalizzato al
reimpiego – dei lavoratori espulsi dalla filiera produttiva, in una
zona pesantemente colpita dalla crisi delle imprese del comparto;
le risorse finanziarie stanziate erano state così ripartite: il Mise 40
milioni di euro, la regione Puglia 40 milioni di euro, la regione
Basilicata 21 milioni di euro; è stato costituito un comitato di
coordinamento (sotto la regia di Ministero dello sviluppo
economico) per assicurare l'organicità degli interventi –:
quali siano le motivazioni per cui, nonostante il predetto recente e
significativo, dal punto di vista finanziario, intervento pubblico nel
distretto del mobile imbottito di quell'area, proprio in quel contesto
si assiste ad una significativa perdita di posti di lavoro.
374
Capitolo 8
Al Ministero delle Politiche Agricole,
Alimentari e Forestali
premesso che …....... per sapere se ……….
§ 1. Breve sommario
In questo capitolo, sono raccolti solo 8 atti di sindacato ispettivo
(interrogazioni a risposta scritta, question time in aula,
interrogazioni a risposta immediata in commissione, etc.), che
pongono domande e quesiti al Ministro degli Esteri. Molti di questi
– alla data di pubblicazione della presente raccolta – non hanno
ancora risposta.
§ 2. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-00478152
Interrogazione a risposta scritta 4-00478 presentato da DIENI
Federica testo di Giovedì 16 maggio 2013, seduta n. 17
DIENI, NESCI, PARENTELA e BARBANTI.
Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle politiche
agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
la Calabria produce il 30 per cento dell'intera produzione nazionale
di arance di cui è seconda produttrice dopo la Sicilia ed è prima
produttrice nazionale di clementine e mandarini che rappresentano
il perno economico dell'agrumicoltura della piana di Gioia Tauro,
una zona in cui ancora oggi per incidenza occupazionale
l'agricoltura rappresenta il primo settore economico; l'economia
agrumaria di tutta la Calabria vive ormai da decenni un processo di
impoverimento e di progressiva scomparsa, che riguarda anche le
152http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=1882&stile=7&highLi
ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27
375
colture più fortunate e che fonda le sue radici nelle speculazioni del
mercato, nell'aumento dei costi di produzione e in lunghe storie di
cooperative e finanziamenti pubblici che si sono resi terreno fertile
per i traffici della malavita organizzata; nella piana di Gioia Tauro
esiste una comunità che vive una situazione di degrado e di
abbandono: le clementine vengono vendute a 0,20 cent/Kg a fronte
di costi di 0,12 cent/Kg, le arance sono vendute a 10 cent/Kg a
fronte di costi di raccolta di 0,7 cent/Kg, le arance destinate alla
trasformazione dei succhi sono vendute a 0,6 cent/Kg, ma il prezzo
di raccolta supera gli stessi ricavi; la grande distribuzione e le
industrie acquistano le arance a prezzi più bassi rispetto ai costi di
raccolta e di lavorazione di tali frutti, generando un sistema che
impedisce al piccolo produttore non solo di avere un ricavo
dignitoso dal proprio lavoro ma anche soltanto di sostenerne le
spese se non ricorrendo allo sfruttamento di manodopera a basso
costo; nel quadro della generale crisi e della particolare crisi
agrumaria, nelle campagne intorno a Rosarno centinaia di aranceti
sono rimasti abbandonati e conseguentemente è stato drasticamente
ridotto il numero degli immigrati, in maggioranza africani,
impegnati nel lavoro di raccolta, immigrati che oggi versano in una
situazione drammatica riuscendo ad essere occupati solamente unodue giorni a settimana e che non solo lavorano in nero, senza
contratto di lavoro e protezione sindacale, ma ricevono una paga di
circa 25 euro al giorno rispetto alla tariffa che dovrebbe essere di 45
euro; gli agricoltori della piana di Gioia Tauro chiedono di
aumentare i prezzi minimi di vendita dei loro prodotti che
dovrebbero quindi essere adeguati e di ricevere un supporto
pubblicitario dalla regione affinché i prodotti della piana siano
meglio commercializzati sui mercati nazionali ed esteri, allo stesso
modo di quanto da decenni viene fatto in Sicilia, e lamentano
l'insufficienza degli aiuti comunitari, limitati a circa 1700 euro per
ettaro coltivato ad agrumi, appena sufficienti a coprire i costi delle
tasse per il Consorzio di bonifica e l'IMU; come emerge dal quadro
territoriale regionale paesaggistico 2012 «la Regione Calabria è
chiamata ad intervenire per supportare una generalizzata e
prioritaria politica di riduzione dei costi di produzione, anche
attraverso la modernizzazione dell'intera struttura aziendale. La
valorizzazione di prodotti di largo consumo (olio di oliva, agrumi) e
dei prodotti di alto profilo (salumi, formaggi, vini, cedro e
bergamotto, liquirizia, cipolla di Tropea eccetera), indispensabile per
376
sviluppare economicamente il settore, non può non essere
incentrata su attività di caratterizzazione geografica e marketing
territoriale che abbiano la Regione Calabria come attore principale.
Prioritario è dare il giusto supporto per superare la debolezza
strutturale del settore agro-industriale calabrese, per aumentare
l'efficienza delle imprese agricole e agroindustriali migliorandone le
capacità imprenditoriali e professionali. Si punterà inoltre, verso una
diversificazione e rigenerazione delle produzioni ed una maggiore
adesione ai sistemi di qualità (biologico, integrato e produzioni
tipiche). Rimane cruciale, il potenziamento delle dotazioni
infrastrutturali, in particolare quelle collettive volte all'aggregazione,
alla promozione ed alla commercializzazione del prodotto.» –:
di quali notizie dispongano in merito i Ministri interrogati e quali
misure si intendano assumere per risanare e rilanciare l'economia
agrumaria della piana di Gioia Tauro e far fronte alle istanze degli
agricoltori calabresi. (4-00478)
§ 3. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-01935 153
Testo presentato, in data Martedì 24 settembre 2013, seduta n. 83,
da:
GAGNARLI, GALLINELLA, BENEDETTI, MASSIMILIANO
BERNINI, L'ABBATE, LUPO e PARENTELA.
Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali – Per
sapere – premesso che:
ai fini della programmazione dei fondi strutturali per il periodo
2014-2020 l'accordo di partenariato – AP è un documento
strategico di estrema rilevanza in quanto definisce precisi risultati da
conseguire a livello nazionale attraverso la definizione di 11 obiettivi
tematici; le criticità che si ravvisano in merito alla gestione dei fondi
europei sono purtroppo note e vanno dalla incapacità delle
istituzioni coinvolte di fare sistema, alla inefficienza delle strutture
pubbliche preposte alla gestione dei programmi, dalle difficoltà dei
programmatori pubblici di assicurare la fattibilità e la prevedibilità
dei procedimenti competitivi per l'accesso a benefici ed incentivi
153http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=6964&stile=7&highLi
ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27
377
fino alle enormi lacune nelle capacità tecniche dei soggetti
ammissibili ai contributi; è evidente che per sfruttare al meglio i
fondi messi a disposizione dall'Unione europea è necessaria
un'azione sinergica da parte di tutte le istituzioni nazionali, affinché
si concentrino le risorse su pochi ma strategici interventi e si
predispongano, nel contesto delle politiche ordinarie, misure
adeguate a massimizzare l'impatto delle azioni realizzate con il
supporto dei finanziamenti europei per la coesione; tra le azioni
previste per il conseguimento dell'obiettivo tematico 9, relativo
all'inclusione sociale, è prevista la promozione, presso le aziende
agricole, di progetti di agricoltura sociale, rivolti alla formazione e
all'inserimento lavorativo e alla creazione di servizi alla
popolazione; nel corso di questa legislatura la Commissione
agricoltura ha avviato la discussione di diversi progetti di legge in
materia di agricoltura sociale volti a regolamentare tale attività,
senza che si sia ancora giunti all'approvazione di un testo condiviso;
a parere degli interroganti, è assolutamente urgente l'approvazione
di un testo normativo considerato che le azioni a sostegno
dell'agricoltura sociale sono incluse nell'accordo di partenariato e
che sono perciò considerate prioritarie dal Governo ed incluse nella
strategia complessiva di utilizzo dei fondi europei –:
se non intenda promuovere iniziative per definire, un quadro
normativo chiaro indispensabile a programmare gli interventi di
promozione dell'agricoltura sociale a valere sul FEASR. (4-01935)
§ 4. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-01930154
Testo presentato, in data Martedì 24 settembre 2013, seduta n. 83,
da:
GAGNARLI, BENEDETTI, BERNINI,GALLINELLA,
L’ABBATE, LUPO e PARENTELA.
Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro
della salute. — Per sapere – premesso che:
il riconoscimento degli animali quali esseri senzienti, e quindi
portatori di diritto, è uno dei capisaldi della politica dell'Unione
europea; le fasi di trasporto e scarico degli animali, rappresentano
154http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=6959&stile=7&highLi
ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27
378
uno dei maggiori fattori di stress per gli animali avviati al macello,
influenzando in maniera significativa la qualità delle carni da esse
derivate; in osservanza del Regolamento (CE) 853/2004 (Norme
specifiche in materia di igiene degli alimenti di O.A.) allegato III,
sezione I cap. I, chi effettua il trasporto degli animali vivi al macello
deve accertarci che durante la raccolta e il trasporto, gli animali
vengano manipolati con cura evitando inutili sofferenze; in
osservanza del regolamento (CE) 1099/2009, applicativo dal 1°
gennaio 2013 «gli animali feriti o malati devono essere macellati e
abbattuti sul posto; il veterinario ufficiale può tuttavia, autorizzare il
loro trasporto per la macellazione o l'abbattimento, purché non
comporti ulteriori sofferenze»; lo stesso regolamento comunitario
stabilisce che le condizioni relative al benessere degli animali di ogni
partita devono essere valutate sistematicamente al momento
dell'arrivo del responsabile della tutela del benessere animale o da
una persona che renda conto direttamente al responsabile della
tutela del benessere animale, al fine di individuare le priorità
definendo in particolare quali animali hanno specifiche esigenze di
benessere e le relative misure da adottare; secondo quanto si
apprende da diverse fonti stampa e a seguito della denuncia della
Lega Anti Vivisezione, dopo 56 giorni di controlli, effettuati
dalla task force della polizia stradale, in collaborazione con Lav e
Animals’ Angels, sulle strade e autostrade italiane di Lombardia,
Veneto, Piemonte, Emilia Romagna, Marche, Toscana, Lazio e
Calabria, sono state riscontrate 534 violazioni su 650 veicoli
controllati (8 veicoli su 10), per un totale di 345 mila euro di
sanzioni; altre migliaia sarebbero le violazioni riscontrate, durante
controlli di routine, dagli agenti formati dalla Lav; il trasporto degli
animali vivi verso i mattatoi, si legge in una nota della stessa LAV,
coinvolge ogni anno, solo in Italia, 500 milioni di animali, 5 milioni
dei quali affrontano distanze incredibili, con viaggi che durano
diversi giorni, in condizioni drammatiche, a temperature che d'estate
superano i 40° C, a volte senza soste o cibo e acqua adeguati;
condizioni che portano alla morte prematura molti animali, quasi
sempre dopo una terribile agonia, e che configurano molte delle
illegalità riscontrate nei controlli della task force; la Lav si batte da
anni per portare alla luce la sofferenza degli animali trasportati,
chiedendo, sia in sede nazionale che comunitaria, normative che
mettano fine a queste inutili sofferenze –:
379
se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se non
intenda intervenire, nell'ambito delle proprie competenze, sia in
sede nazionale che comunitaria, per migliorare la normativa sul
trasporto animale introducendo limiti temporali massimi al
trasporto degli animali su lunga distanza; se il Governo non intenda
porre in essere iniziative volte all'adozione di politiche che non
prevedano la sovvenzione, attraverso fondi pubblici, per l'apertura
di grandi macelli industriali che richiedano la movimentazione di
decine di migliaia di animali. (4-01930)
§ 5. Interrogazione a risposta in commissione nr. 5-00807 155
Testo presentato, in data Mercoledì 31 luglio 2013, seduta n. 62, da:
L'ABBATE, GAGNARLI, M.BERNINI, GALLINELLA,
PARENTELA, LUPO e BENEDETTI.
Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali — Per
sapere – premesso che:
la crisi del settore cunicolo non si attenua e tende invece ad
aggravarsi, nonostante l'attivazione del piano anticrisi che si è
rivelato complessivamente inefficace; le quotazioni al ribasso
segnalate dalle associazioni di produttori indicano una scarsa
efficacia e trasparenza del nuovo strumento CUN, individuato
nell'ambito del piano di settore, a fronte di una rarefazione degli
allevamenti italiani e di una domanda pressoché stabile che in
alcune regioni appare addirittura inevasa per carenza di prodotto;
l'istituzione della commissione unica nazionale CUN è nata da un
protocollo d'intesa tra tutti i principali operatori di mercato
interessati e dall'esigenza di monitorare, tutelare e rendere
trasparente il mercato nazionale, sotto l'egida del Ministero delle
politiche agricole alimentari e forestali; i prezzi all'origine sono
ormai da diverse settimane cinquanta centesimi sotto il livello di
costo medio (euro 1,9-2,0/chilogrammo), al fine di trasferire un
costo ingiustificato sugli allevatori dovuto alle promozioni dei
macellatori; tale indebita pretesa avviene mediante la diffusione di
155http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=5185&stile=7&highLi
ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+IN+COMMISSIONE%27
380
notizie false, esagerate e fuorvianti e con l'utilizzo strategico della
leva import-export, così da alterare fraudolentemente il mercato
cagionando danni al patrimonio zootecnico nazionale e ai
consumatori; l'esigenza di tutela non vede ancora applicate le
disposizioni al divieto di vendita sottocosto sancite dall'articolo 62
del decreto-legge n. 1 del 24 gennaio 2012 «Disposizioni urgenti per
la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività»
che l'Italia ha esteso ai prodotti agricoli, e che trovano
una ratio anche nelle sentenze della Corte di giustizia europea la
quale ha stabilito, per le vendite al dettaglio, che il divieto è
contenuto nel concetto di «modalità di vendita» e non rientra nel
campo di applicazione dell'articolo 34 TFUE se vale nei confronti
di tutti gli operatori interessati e se incide in egual misura sullo
smercio dei prodotti sia nazionali sia provenienti da altri Stati
membri; i patti del protocollo sottoscritti tra tutti gli operatori
interessati della filiera e dal coordinatore del Ministero delle
politiche agricole alimentari e forestali non vengono pertanto
rispettati, compresa l'effettiva applicazione nei contratti dei prezzi
indicati dalla CUN, senza che sinora l'attività di vigilanza abbia
adottato alcuna misura; questa situazione di pratiche sleali si
aggiunge al mancato rispetto dei pronunciamenti dell'Autorità
garante della concorrenza e del mercato che ha inviato un parere
alle Camere e al Governo con il quale ha rilevato, tra l'altro, come
«la formazione dei prezzi alla produzione, basata ancora su
regolamenti che riposano su logiche di decentramento delle
contrattazioni (borse merci locali)», non sono più «compatibili con i
princìpi della concorrenza», senza che siano stati sinora disapplicati i
loro regolamenti; si assiste così ad un progressivo passaggio dei
commissari delle borse merci locali di Verona e Padova nella CUN,
che invece deve essere rappresentativa dell'intero mercato
nazionale, che palesa una situazione di incompatibilità gravemente
tollerata dal regolamento della CUN –:
quali urgenti iniziative si intendano adottare per assicurare un rapido
e dettagliato adeguamento del regolamento CUN ai principi di
neutralità e trasparenza sanciti dall'antitrust; quali urgenti iniziative
si intendano adottare per assicurare la «disapplicazione» obbligatoria
dei regolamenti delle borse merci di Verona e Padova ed il divieto
per i commissari di partecipare contestualmente sia alla borsa merci
locale che alla CUN o, in subordine, demandare tale obbligo
all'Autorità garante della concorrenza e del mercato; quali urgenti
381
iniziative si intendano adottare per verificare se vi siano
responsabilità nella mancata attuazione ed efficacia del piano e nel
ritardo di avvio della CUN rispetto alla programmazione; per
quanto di propria competenza, se non si ritenga necessario
addivenire ad un ridisegno organico del settore cunicolo anche
attraverso l'emanazione di norme cogenti da parte dello Stato e
l'istituzione di un'autorità amministrativa indipendente, dotata di
personalità giuridica e piena autonomia la cui attività di vigilanza sia
rivolta alla tutela dei commissari delle CUN, all'efficienza, alla
trasparenza e allo sviluppo del mercato delle merci agricole italiano;
per quanto di propria competenza, se non si ritenga necessario
addivenire, mediante una circolare del Ministero che asserisca anche
se il divieto rientri tra le modalità di vendita dei prodotti agricoli,
alla definizione di un indicatore di costo medio cui i commissari
CUN non possono derogare nelle loro trattative, nel rispetto dei
principi di buone prassi sancito dalla Commissione europea. (500807)
§ 6. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-01014156
Testo presentato, in data Mercoledì 26 giugno 2013, seduta n. 41,
da:
LUPO, BENEDETTI,BERNINI, GAGNARLI, GALLINELLA,
L'ABBATE e PARENTELA.
Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali — Per
sapere – premesso che:
la Commissione europea ha appena ritirato la proposta di
Regolamento volta ad introdurre il divieto per i pubblici esercizi di
proporre oli di oliva vergini in confezioni prive di idoneo
dispositivo di chiusura «antirabocco», tale che il contenuto non
possa essere modificato senza che la confezione sia aperta o
alterata, ovvero non adeguatamente etichettate in modo che sia
indicata l'origine del prodotto e il lotto di produzione a cui
appartiene; tale normativa, già adottata da alcuni Paesi membri tra i
156http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=2475&stile=7&highLi
ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27
382
quali l'Italia, è indispensabile a garantire la salute e la sicurezza del
consumatore, posto che evita manipolazioni difendendo l'olio di
qualità, e consente una più efficace azione di contrasto alla
contraffazione, fenomeno assai rilevante nel settore dell'olio vergine
ed extravergine di oliva e che danneggia in modo particolare il
nostro Paese, in cui il sistema olivicolo-oleario rappresenta una
grande biodiversità con una propensione all'eccellenza che ne fa un
unicum nel panorama mondiale; l'Italia è il secondo produttore
mondiale di olio di oliva con circa 250 milioni di piante e una
produzione di oltre mezzo milione di tonnellate e vanta oltre 40 oli
extravergine d'oliva certificati Dop e Igp con un fatturato stimato in
2 miliardi di euro e un impiego di manodopera per 50 milioni di
giornate lavorative; è indispensabile una normativa europea a tutela
del settore oleario mediterraneo ed italiano in particolare, a garanzia
dei consumatori e dei produttori nazionali costretti a sostenere
elevatissimi costi di produzione e danneggiati dalla concorrenza di
operatori stranieri che contano su una organizzazione produttiva e
commerciale basata su una olivicoltura meccanizzata che sacrifica la
qualità del prodotto finale a vantaggio di una maggior economicità;
l'applicazione della legge 14 gennaio 2013, n. 9, recante norme sulla
qualità e la trasparenza della filiera degli oli di oliva vergini, è
attualmente sospesa a causa di alcuni rilievi posti dalla Commissione
europea –: di quali ulteriori elementi disponga il Ministro in
relazione a quanto espresso in premessa, quali iniziative intenda
intraprendere presso l'esecutivo comunitario per consentire
l'immediata applicazione della legge citata e se non ritenga urgente
intervenire, presso le competenti sedi comunitarie, al fine di tutelare
il sistema olivicolo-oleario nazionale. (4-01014)
§ 7. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-00977157
Testo presentato, in data Venerdì 21 giugno 2013, seduta n. 38, da:
LUPO, BENEDETTI,M.BERNINI, GAGNARLI,
GALLINELLA,L'ABBATE, PARENTELA e ZACCAGNINI.
157http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=2438&stile=7&highLi
ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27
383
Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro
della salute. — Per sapere – premesso che:
si sta ingenerando nei consumatori italiani una notevole
preoccupazione circa la pericolosità del latte nazionale e dei suoi
derivati; già pochi giorni orsono si era acclarato il caso di latte
contaminato dal batterio patogeno Brucella in alcune filiere bufaline
del Casertano, dove alcuni allevatori avevano mascherato
fraudolentemente l'evenienza dell'infezione bufalina; il giorno 20
giugno 2013 i carabinieri del NAS di Udine hanno arrestato
il manager del Cospalat del Friuli Venezia Giulia, Renato Zampa,
nell'ambito dell'indagine sulla messa in commercio di latte
contaminato con sostanze tossiche; nell'operazione sono indagate
in tutto 24 persone, tra cui anche autisti di mezzi del trasporto
incaricati di commerciare latte con Paesi balcanici, per i reati di
associazione per delinquere finalizzata alla frode in commercio,
all'adulterazione di sostanze alimentari e al commercio di alimenti
potenzialmente nocivi; per altri cui è pervenuto l'avviso di garanzia,
si è ravvisato anche il reato di furto di latte; la contaminazione del
latte di Udine consiste nella presenza di residui di antibiotici e di
aflatossine; la presenza delle aflatossine, agenti accertati
scientificamente come cancerogeni, è un fattore di tossicità
particolarmente insidioso per l'infanzia; non è nota nel caso di
specie l'esposizione dei consumatori del latte e dei suoi derivati per
la contaminazione in questione –: quale sia l'orientamento del
Governo, per quanto di competenza, in merito alla questione al fine
di rassicurare la popolazione italiana e i produttori onesti circa la
repressione e soprattutto la prevenzione delle frodi tossiche sul
latte, anche in relazione all’import di latte «triangolato», in modo
che comunque la presenza delle afiatossine sia limitata, all'interno
dei parametri internazionali di tollerabilità, in tutte le matrici
alimentari. (4-00977)
§ 8. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-00782158
Testo presentato, in data Martedì 11 giugno 2013, seduta n. 31, da:
158http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=2243&stile=7&highLi
ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27
384
LUPO, BENEDETTI,
M.BERNINI, GAGNARLI, GALLINELLA,
L'ABBATE, PARENTELA, ZACCAGNINI, BARONI, CECCO
NI, DI VITA, DALL'OSSO,LOREFICE, SILVIA GIORDANO,
GRILLO e MANTERO.
Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro
della salute, al Ministro dell'interno.
— Per sapere – premesso che:
nella mattinata del 31 maggio 2013 da tutti i quotidiani on line si è
appreso di un'indagine in provincia di Caserta del Corpo forestale
dello Stato come polizia giudiziaria, delegata dalla procura della
Repubblica di Santa Maria Capua Vetere, in materia di salubrità
della filiera bufalina;
già l'11 settembre 2008 l'opinione pubblica italiana venne informata
da un dettagliato e lungo articolo del settimanale l'Espresso firmato
da Fittipaldi delle connessioni tra Camorra e alcuni settori
zootecnici casertani bufalini anche nell'attività di occultare i casi di
brucellosi in taluni allevamenti di bufali; Fittipaldi testualmente
scriveva «I padrini della nuova mafia campana non temono nulla:
figuriamoci i veterinari. L'unico nemico che non riescono a fermare
è la brucellosi. Quando l'epidemia diventa inarrestabile e le autorità
non possono più chiudere gli occhi, loro trovano comunque una
soluzione. Importano clandestinamente bufale dalla Romania,
animali non utili per la produzione di mozzarella e di costo basso, e
le sostituiscono ai capi infetti da eliminare. In questo modo
intascano i rimborsi pubblici per gli abbattimenti e continuano a
mungere i bovini ammalati per confezionare mozzarella. Francesco
Schiavone mi rispose che quelle dei paesi dell'est non erano idonee
alla produzione del latte ma solo per la carne. Mi spiegò tuttavia che
le bufale della Romania potevano essere utilizzate per sostituire dei
capi infettati destinati all'eliminazione, che dovevano essere
occultati e sottratti agli abbattimenti disposti dall'autorità, al fine di
continuare a usarle per fare la mozzarella di bufala. Mi disse che
alcuni allevatori di Casale già stavano acquistando degli animali in
Romania per sostituire le bufale infette (...)» Le dichiarazioni del
«pentito» riguardano fatti recentissimi: dal 2002 al 2007. Nel suo
racconto però gli inganni sulla mozzarella sono prassi antica.
«Ricordo ancora che nel 1988-89 vi fu un'epidemia di una malattia
che colpiva le bufale alla bocca al punto che gli animali morivano
perché non riuscivano più a mangiare. Dopo di questa malattia
385
intervenne l'Asl competente che procedette a fare dei controlli
finalizzati ad accertare focolai di brucellosi. All'epoca i pubblici
veterinari che intervenivano avevano ottimi rapporti con noi
casalesi... Allora decidemmo di mandare un fiancheggiatore del clan
ad acquistare delle giovenche piccole esenti da brucellosi da
un'azienda di Latina che noi sapevamo essere a norma. Comprate
queste otto giovenche, ovvero giovani capi bufalini, ce li siamo
passati azienda per azienda sottoponendo sempre quest'ultimi e non
gli altri capi ai controlli veterinari allo scopo di falsarne le risultanze
di laboratorio. Questa procedura era al corrente del personale
sanitario che interveniva per fare i controlli, i quali tuttavia
soprassedevano agli evidenti illeciti intimoriti dal fatto che potevano
essere sottoposti ad azioni violente»;
il procuratore aggiunto Raffaella Capasso a proposito dell'indagine
di Caserta del Corpo forestale ha dichiarato «Si è scoperto un
ingegnoso e illegale sistema di mascheramento della brucellosi ai
danni della salute pubblica e del consumatore»; il sistema criminale
consiste appunto nel fatto che alcuni capi bufalini erano stati
sottoposti alla somministrazione di dosi massicce di vaccino, servito
a mascherare e occultare la presenza della brucellosi durante i
controlli sanitari;
l'espediente criminale della vaccinazione sui capi bufalini infetti è
servito in un primo momento a evitare l'abbattimento obbligatorio
dell'animale infetto, come previsto dal programma europeo contro
la brucellosi, al fine di sfruttarlo fino allo stremo per ricavarne
quanto più latte possibile; i capi alla fine venivano abbattuti per
percepire comunque i contributi previsti dall'Unione europea; la
mozzarella di bufala è uno dei più importanti prodotti del made in
Italy agroalimentare conosciuto in Europa e nel mondo e deve esser
assolutamente tutelato da ogni tentativo di pirateria e di azione
criminale fraudolenta che ne svilisca l'immagine;
la brucellosi è una patologia presente sia nei bovini che negli ovini
ed è trasmissibile all'uomo da ferita o microferita da animale infetto,
da utensili infetti per inalazione o da ingestione di prodotti caseari
contaminati;
la brucellosi è ritenuta una malattia professionale di allevatori e
veterinari, ma è anche, e soprattutto, come evidenziato dalla
letteratura scientifica concorde, compresa quella italiana, una
patologia umana connessa al consumo di alimenti infetti da
Brucella; l'incidenza della brucellosi è passata nel nostro Paese negli
386
ultimi 15 anni da svariate centinaia di casi a poche decine di casi
l'anno;
la brucellosi è una patologia che ha una mortalità poco sotto il 2 per
cento rispetto all'evenienza della malattia e comunque
l'Organizzazione mondiale della sanità stima un'incidenza reale della
brucellosi almeno 10 volte superiore alle denunce ufficiali –:
se siano a conoscenza dei fatti citati in premessa e quali iniziative
urgenti, nell'ambito delle rispettive competenze, i Ministri
interrogati intendano adottare per fronteggiare sia l'infiltrazione del
crimine organizzato nella zootecnia bufalina sia l'allarme causato
dall'occultamento criminale di episodi di brucellosi in alcuni
allevamenti bufalini in Campania, allarme che crea apprensione su
un prodotto di pregio del made in Italy come la mozzarella di
bufala, in relazione alla tutela del controllo della patologia in
questione sugli animali di allevamento e sull'uomo, anche attraverso
un monitoraggio più efficace dell'incidenza della brucellosi sulle
popolazioni. (4-00782)
§ 9. Interrogazione a risposta scritta nr.4-01502 159
Interrogazione a risposta scritta 4-01502 presentato da RIZZO
Gianluca testo di Martedì 30 luglio 2013, seduta n. 61.
RIZZO.
Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per
sapere – premesso che:
in data 20 aprile 2006 la società agricola «Dirillo», in persona della
legale rappresentante pro tempore, signora Carmela Cassarino, ha
avanzato all'Ismea domanda di acquisto terreni siti in agro del
Comune di Licodia EuBea (Catania), della complessiva estensione
di ha 39.36.93, per avvalersi del regime di aiuti Ismea 11.110/2001;
nonostante la predetta società avesse tutti i requisiti richiesti dalla
normativa vigente al momento della domanda, la Ismea comunicava
alla «Dirillo» il cosiddetto preavviso di rigetto; a tale preavviso la
signora Cassarino rispondeva fornendo alla Ismea tutti i chiarimenti
necessari; ciò nonostante in data 25 settembre 2007 l'Ismea
159http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=4979&stile=7&highLi
ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27
387
comunicava alla «Dirillo» il rigetto della domanda di acquisto dei
suddetti terreni sulla base degli stessi motivi del preavviso di rigetto;
la «Dirillo» pertanto proponeva ricorso al TAR di Catania, il quale
annullava il provvedimento di rigetto, in quanto assolutamente
infondato ed immotivato, con sentenza n. 1444/09;
successivamente l'Ismea presentava appello dinanzi il Consiglio di
giustizia amministrativa per la Regione Siciliana, il quale annullava la
sentenza del Tar di Catania;
a seguito di tale ultima statuizione giudiziaria la «Dirillo» versa in
uno stato di gravissima crisi economica;
tale domanda era finalizzata all'acquisizione di terreni per la
creazione di attività di impresa che avrebbe avuto una positiva
ricaduta economica ed occupazionale in una zona della Sicilia
particolarmente depressa; la questione in oggetto appare fondata sul
tipo di regime normativo da applicare alla domanda avanzata dalla
«Dirillo»;
se non ritenga necessario intervenire, per verificare quali siano le
motivazioni che hanno indotto l'Ismea a rigettare la domanda
avanzata dalla «Dirillo» anche in considerazione del fatto che per
suoi fini istituzionali «l'ISMEA affianca le Regioni nelle attività di
riordino fondiario, attraverso la formazione e l'ampliamento della
proprietà agricola, e favorisce il ricambio generazionale in
agricoltura in base ad uno specifico regime di aiuto approvato dalla
Commissione europea» –: quali eventuali iniziative di competenza
intenda adottare per salvaguardare la predetta società dallo stato di
gravissima crisi in cui versa a seguito del rigetto della predetta
istanza. (4-01502)
388
Capitolo 9
Al Ministero dell’Ambiente e delle Tutela
del Territorio e del Mare
premesso che …....... per sapere se ……….
§ 1. Breve sommario
In questo capitolo, sono raccolti solo 27 atti di sindacato ispettivo
(interrogazioni a risposta scritta, question time in aula,
interrogazioni a risposta immediata in commissione, etc.), che
pongono domande e quesiti al Ministro degli Esteri. Molti di questi
– alla data di pubblicazione della presente raccolta – non hanno
ancora risposta.
§ 2. Interrogazione a risposta scritta nr. 4/01843160
Atto Camera - Interrogazione a risposta scritta 4-01843, presentato
da ARTINI Massimo, testo di Martedì 17 settembre 2013, seduta n.
78161:
ARTINI e SEGONI.
Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al
Ministro per gli affari regionali e le autonomie, al Ministro per la
coesione territoriale, al Ministro dell'economia e delle finanze. —
Per sapere – premesso che:
la società belga Solvay è presente in Val di Cecina dal 1919 e da
allora estrae salgemma nelle località di Querceto e Buriano; dal
160http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=6648&stile
=7&highLight=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRI
TTA%27
161 … presentata anche a: Ministero per gli Affari Regionali e le Autonomia, Ministero per
la Coesione Territoriale, Ministero dell’Economia e delle Finanze.
389
1996, a seguito del contratto di collaborazione industriale stipulato
con l'azienda Monopoli di Stato-A.T.I. Sale spa (titolare delle
concessioni per l'estrazione del salgemma), Solvay ha il diritto di
estrarre nelle concessioni di «Volterra», «Cecina» e «Poppiano», nei
comuni rispettivamente di Volterra, Montecatini Val di Cecina e
Pomarance;
dal salgemma, Solvay ricava la materia prima per produrre nello
stabilimento di Rosignano carbonato sodico, bicarbonato di sodio e
soda caustica;
l'estrazione del sale avviene attraverso dissoluzione con acqua dolce,
ottenendo così salamoia che viene poi trasportata allo stabilimento
Solvay di Rosignano (Livorno);
l'abitato di Saline di Volterra (Frazione di Volterra, Comune in
provincia di Pisa) è accerchiato dalle concessioni minerarie;
come ha sottolineato il sindaco Marco Buselli in una lettera datata
31 maggio 2012 inviata, tra l'altro, al Ministero dell'ambiente e della
tutela del territorio e del mare, «mentre i vicini Comuni geotermici
ricevono un indennizzo proporzionato da parte di Enel, anche
sottoforma di posti di lavoro riservati, come compensazione per
l'impatto della geotermia, Volterra non gode di criteri perequativi
(...) oltre a non avere ritorno occupazionale pressoché rivolto al
Comune di Rosignano, dove risiede lo stabilimento Solvay e dove
sono occupate un migliaio di persone»;
circa due milioni di euro, secondo gli accordi in vigore, verrebbero
versati annualmente dalla multinazionale belga a Stato e regione;
il salgemma non è una risorsa rinnovabile e secondo studi
attendibili, con gli attuali livelli estrattivi, è destinato ad esaurirsi
nell'arco di 30 anni;
gli impatti sul territorio dell'estrazione di salgemma riguardano:
subsidenza causata dall'estrazione del sale, lo sfruttamento di una
risorsa non rinnovabile e i prelievi idrici;
in particolare, la subsidenza determina crolli nelle vicinanze dei
pozzi di estrazione. I vari enti competenti hanno dato negli anni
pareri tra loro contrastanti;
l'università degli studi di Pisa, dipartimento di statistica e
matematica applicata all'economia, nel rapporto finale di ricerca
«Ricadute economiche, sociali e ambientali della presenza della
Solvay nella Val di Cecina» ha fatto notare che: «la commissione
comunale ad hoc nel 1997 ha evidenziato “problematiche connesse
ad instabilità dei terreni”. L'impatto più evidente è l'abbassamento
390
del terreno». E ancora: «Gli effetti paesaggistici dell'estrazione non
si limitano a fenomeni di subsidenza e frane ma sono anche legati a
mutamenti chimici, causati dall'inquinamento dei terreni e delle
falde con i residui della produzione»;
a Saline di Volterra si sarebbero verificati in questi anni cedimenti
strutturali di alcune abitazioni, crolli di terreno e creazione di
enormi pozze d'acqua;
l'estrazione mette a serio rischio l'equilibrio idrogeologico del fiume
Cecina; la salinizzazione dei corsi d'acqua legata a emergenze di
salamoia è molto frequente come ha sottolineato Arpat Toscana:
«Nei documenti relativi agli inconvenienti ambientali verificati negli
ultimi 20 anni nell'area di Saline di Volterra, si riscontrano
frequentemente situazioni di criticità legate ad improvvisi picchi di
salinità sui corsi d'acqua della zona. La mancanza di misurazioni
tempestive nei casi citati e in generale di misure sistematiche sia in
posizioni di monte che di valle rispetto alle aree minerarie ha
sempre impedito di relazionare queste ultime con gli effetti cronici e
di picco della salvazione dei corsi d'acqua; il problema più
pressante, fin da quando opera la Solvay, è quello degli
approvvigionamenti idrici dal fiume Cecina e non solo. Il consumo
di acqua da parte dell'azienda, sempre secondo lo studio
dell'università di Pisa, supera in un anno l'utilizzo idropotabile di
tutti i comuni della Val di Cecina, tanto che in estate i problemi di
secca sono all'ordine del giorno. Ci sono rilevanti aggravi sugli usi
civili e agricoli; un utilizzo così selvaggio della risorsa idrica e del
territorio contrasta in maniera evidente con l'esito refendario
sull'acqua pubblica; dal rilascio delle concessioni Volterra e il
territorio limitrofo non possiede di fatto più garanzie e potere
decisionale per la tutela del proprio territorio così tartassato dalle
estrazioni del salgemma; nelle scorse settimane il sindaco Buselli ha
incontrato il nuovo direttore dello stabilimento Solvay, Davide
Papavero chiedendo all'azienda di considerare «ambiente e sicurezza
per i cittadini al primo posto, assieme alla tutela della risorsa idrica e
al corretto uso del salgemma. Ma anche la questione lavoro e quella
spinosa delleroyalties, i cui benefìci non ricadono sui territori dove
insistono le concessioni minerarie; gli effetti delle lavorazioni
Solvay rappresentano un caso nazionale, considerati anche i recenti
articoli di stampa che hanno messo in luce i terribili effetti sul
territorio toscano; ormai da anni le istituzioni locali, il comune di
391
Volterra e i cittadini hanno fatto sentire il loro senso di impotenza
per quanto sta avvenendo ormai decenni nella Val di Cecina –:
se quanto riportato in premessa corrisponda a verità; se il Governo
abbia incontrato o abbia l'intenzione di incontrare i sindaci della Val
di Cecina e in particolare il primo cittadino di Volterra per
affrontare le problematiche relative all'estrazione del salgemma da
parte di Atisale-Solvay; quale siano le politiche che il Governo, per
quanto di competenza, intende mettere in atto per tutelare dal
punto di vista ambientale la Val di Cecina e le Saline di Volterra in
particolare; se il Governo reputi il problema Solvay un'emergenza
nazionale a livello ambientale, sociale ed economico, e ciò interessi
in particolar modo Volterra e i comuni limitrofi della Val di
Cecina; se il Governo abbia intenzione, e in che modo, di
intervenire per risolvere la questione delle Royalty; se il Governo sia
stato coinvolto nell’iter del nuovo accordo di programma sulla
Solvay; se risulti quali accordi economici e con quali importi siano
in vigore per l'estrazione del salgemma e per l'utilizzo della risorsa
idrica da parte di Atisale, Solvay ed enti pubblici; se risulti quale sia
l'importo economico delle concessioni minerarie di Solvay e come
sia variato dal 1996 ad oggi; se siano previste opere compensative
per quei territori che stanno subendo così enormi disagi causati
dall'estrazione del salgemma. (4-01843)
§ 3. Interrogazione a risposta scritta nr. 4/01956162
Atto Camera - Interrogazione a risposta scritta 4-01956, presentato
da BENEDETTI Silvia, testo di Mercoledì 25 settembre 2013,
seduta n. 84:
BENEDETTI.
Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al
Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro
della salute. —Per sapere – premesso che:
tra le attività antropiche con rilascio di inquinanti in atmosfera si
annoverano le combustioni in genere (dai motori a scoppio degli
162http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=7113&stile
=7&highLight=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRI
TTA%27
392
autoveicoli alle centrali termoelettriche), le lavorazioni meccaniche
(ad esempio le laminazioni), i processi di evaporazione (esempio le
verniciature) e i processi chimici;
il principio di conservazione della massa, comunemente conosciuta
come legge di Lavoiser, prevede in parole semplici che «in una
reazione chimica nulla si crea, nulla si distrugge, ma tutto si
trasforma»;
i principali inquinanti prodotti dalla combustione sono:
CO2, NOx, SO2, CO, metalli pesanti, polveri sottili (PM10, 2, 5, 1 e
0,1), composti complessi come IPA, diossine, e altro;
i sistemi naturali si basano su un continuo riciclo della materia senza
produzione di rifiuti e senza combustioni;
con sentenza del 19 dicembre 2012 (causa C-68/11) la Corte di
giustizia dell'Unione europea ha rilevato che la Repubblica italiana è
venuta meno agli obblighi ad essa incombenti avendo omesso di
provvedere affinché le concentrazioni di PM10 nell'aria ambiente
non superassero i valori limite fissati dalla normativa dell'Unione
europea sulla qualità dell'aria. Questa sentenza riguarda 55 zone e
agglomerati, tra cui diverse zone nel nord-est dell'Italia dove l'aria è
tra le più inquinate d'Europa;
nel 2011 nella pianura padana, in città come Milano, Brescia,
Verona, Padova, Treviso e Ferrara, l'inquinamento è stato così
consistente da produrre in gennaio il fenomeno della «neve
chimica», una pioggia di ghiaccio causata dalla condensazione del
vapore acqueo sul particolato presente nell'aria;
nel mese di gennaio 2013 la Commissione europea ha inviato una
nuova lettera al Governo italiano, chiedendo di mettersi in regola
con le norme europee sulla qualità dell'aria;
sulla rivista Lancet Oncology sono stati pubblicati gli esiti della
maxiricerca condotta su 300 mila persone in 9 Paesi europei, seguite
nel corso di ben tredici anni: la presenza delle polveri sottili tossiche
nell'aria delle città fa aumentare drammaticamente il rischio di
cancro polmonare;
l'Unione europea stima che l'aria avvelenata è causa di circa 500
mila morti premature ogni anno;
molte sostanze inquinanti atmosferiche in Veneto si trovano in
concentrazioni sovrabbondanti e pericolose, con un trend stabile o
incerto e non in via di miglioramento;
ricerche dell'Istituto sull'inquinamento atmosferico del Consiglio
nazionale delle ricerche hanno rilevato che la combustione
393
domestica di legna da ardere arriva a costituire fino al 60 per cento
della concentrazione di massa del materiale particellare (particolato
organico) sospeso in atmosfera e che la combustione di legna
produce notevoli quantità di specie tossiche, quali, ma non solo, gli
idrocarburi policiclici aromatici;
nella campagna veneta si rilevano di frequente roghi di scarti agricoli
(ramaglie, sterpaglie, frasche, cumuli di foglie, e altro) effettuati per
liberarsi dei rifiuti agricoli, senza alcun legame con la produzione di
energia o calore; i fuochi vengono altresì appiccati per sgomberare
argini, sentieri e campi agricoli da piante erbacee ed arbustive,
spesso dopo aver effettuato uno sfalcio grossolano;
interpellando le forze dell'ordine emergono pareri discordanti circa
la gravità di bruciare materiali di ogni sorta, e ciò, il più delle volte,
vanifica le segnalazioni dei cittadini che avvistano un fuoco in
campo agricolo;
secondo la procura di Avellino bruciare residui agricoli è reato di
smaltimento illegale di rifiuti e violazione dell'articolo 674 del codice
penale;
le «linee guida dell'attività operativa 2013 dell'Ispettorato generale
del Corpo forestale dello Stato» dispongono che «...paglia, sfalci e
potature nonché altro materiale agricolo o forestale naturale non
pericoloso, se non utilizzato in agricoltura o per la produzione di
energia mediante processi o metodi che non danneggiano
l'ambiente né mettono in pericolo la salute umana, devono essere
considerati rifiuti e come tali devono essere trattati: pertanto la
combustione sul campo dei residui vegetali configura il reato di
illecito smaltimento dei rifiuti, sanzionato penalmente dall'articolo
256, comma 1, del decreto legislativo n. 152 del 2006»;
principi esposti in pronunce della Corte costituzionale sottolineano
che: «la disciplina ambientale, che scaturisce dall'esercizio di una
competenza esclusiva dello Stato ...viene a funzionare come un
limite alla disciplina che le regioni e le province autonome dettano
in altre materie di loro competenza, per cui queste ultime non
possono in alcun modo derogare o peggiorare il livello di tutela
ambientale stabilito dallo Stato»;
la corte di Cassazione penale, sezione III, con sentenza del 4 aprile
2013, n. 15641 dice che l'abbruciamento a terra di rifiuti – anche
occasionale – integra un'attività di «smaltimento illecito di
rifiuti» ex articolo 256, comma 1, del decreto legislativo n. 152 del
2006 che può essere commesso anche da soggetto privato; ai fini
394
dell'applicazione della disciplina dettata dalla parte quarta del
decreto legislativo n. 152 del 2006 si intende per «rifiuto»: qualsiasi
sostanza od oggetto di cui il detentore si disfi o abbia intenzione o
abbia l'obbligo di disfarsi (articolo 183, comma 1, lettera a)).
Premesso ciò si può sostenere che il comportamento di bruciare i
residui vegetali manifesti la volontà di «disfarsi» di detto materiale,
che per effetto di tale azione deve essere necessariamente
considerato un «rifiuto» –:
quali iniziative intendano adottare i Ministri interrogati, ciascuno
nell'ambito delle rispettive competenze, per contrastare il fenomeno
dei roghi in ambiente agricolo, come l'abbruciamento di stoppie e
altri vegetali residui da parte di agricoltori e altri soggetti, nell'ottica
della tutela della salute pubblica, del contrasto all'inquinamento
atmosferico e della preservazione ambientale e climatica;
quali siano le ragioni per le quali lo Stato italiano non abbia ancora
provveduto a mettersi in regola con la normativa comunitaria in
materia di qualità dell'aria e se non intenda avviare tutte le iniziative
di propria competenza in questa direzione;
per fugare ogni dubbio ed eliminare le dispute, se si intendano
assumere iniziative volte a fare chiarezza sulla normativa vigente in
materia di smaltimento dei rifiuti agricoli agevolando la conoscenza
delle relative disposizioni da parte degli enti nazionali e locali, delle
organizzazioni degli imprenditori agricoli, delle forze dell'ordine e
dei cittadini. (4-01956)
§ 4. Interrogazione a risposta scritta nr. 4/01617163
Atto Camera - Interrogazione a risposta scritta 4-01617, presentato
da BERNINI Massimiliano, testo di Mercoledì 7 agosto 2013,
seduta n. 67:
M.BERNINI, GAGNARLI, BENEDETTI, GALLINELLA,
L'ABBATE, LUPO e PARENTELA.
163http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=5628&stile
=7&highLight=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRI
TTA%27
395
Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al
Ministro per gli affari europei, al Ministro delle politiche agricole
alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
il 2 luglio 2013, la direzione generale ambiente della Commissione
europea ha scritto alla Presidenza del Consiglio dei ministri in
relazione alla procedura di infrazione 2004/4926 riguardante la
caccia in deroga nella regione Veneto, evidenziando che se l'Italia
non smette di autorizzare, in deroga alle leggi comunitarie,
l'uccisione di milioni di piccoli uccelli protetti «la Commissione
europea non avrà altra scelta che presentare un secondo ricorso
dinanzi alla Corte di Giustizia UE proponendo l'imposizione di
sanzioni
pecuniarie
contro
la
Repubblica
italiana»;
nella stessa lettera, la Commissione europea offriva al Ministro
Moavero tutte le indicazioni per superare i punti problematici al fine
di risolvere la procedura d'infrazione ed evitare pesanti conseguenze
all'Italia; il 31 luglio 2013 la Camera dei deputati ha approvato, in
via definitiva, la legge europea 2013 che, pur modificando la legge n.
157 del 1992 proprio in relazione alla caccia in deroga, non ha
tuttavia ed evidentemente recepito tutte le puntuali indicazioni
comunitarie; la Commissione ha ribadito, infatti, che «qualunque
provvedimento di deroga, per essere compatibile con l'articolo 9,
paragrafo 1, lettera c) della cosiddetta direttiva Uccelli, deve
contenere una motivazione adeguata e dimostrare l'assenza di altre
soluzioni soddisfacenti», le deroghe adottate dal Veneto fino al 2011
hanno, al contrario, consentito la deroga al divieto di caccia
esclusivamente con la necessità di mantenere una tradizione
culturale fortemente radicata sul territorio; allo stesso tempo,
sempre nella lettera della Commissione, si evince l'obbligo di
registrazione dei capi immediatamente dopo l'abbattimento, unico
modo per verificare che il cacciatore esercitante la deroga non
superi il massimale di capi giornalieri previsti dalla deroga stessa;
l'Europa ribadisce inoltre che l'esercizio della deroga di cui alla
lettera c) possa avvenire in un periodo di tempo brevissimo, per un
numero limitato di cacciatori e in un numero altrettanto limitato di
luoghi e, allo stesso tempo, ribadisce la fondamentale importanza
del parere dell'istituto superiore per la sicurezza e la protezione
ambientale, nel rilascio delle deroghe; diverse associazioni
ambientaliste – CABS, ENPA, LAV, LEGAMBIENTE, LIPU e
WWF – hanno segnalato il mancato recepimento delle indicazioni
della Commissione europea da parte del nostro Paese e «il risultato
396
è che oggi ci ritroviamo una riforma della legge sulla caccia in
deroga che non soddisfa se non una piccola parte delle precise
richieste comunitarie e, soprattutto, lascia pericolosamente aperta
una serie di finestre perché le infrazioni possano continuare, con il
rischio più che concreto che si giunga alla seconda e definitiva
condanna per l'Italia»; gli ambientalisti denunciano, inoltre, una
mancanza di chiarezza da parte del Governo circa il non aver
comunicato chiaramente ciò che l'Europa stava chiedendo al Paese
in merito alla questione della caccia in deroga; il Veneto non è
l'unica regione a trovarsi in queste condizioni e il sopraggiungere di
un secondo discorso della Commissione europea di fronte alla
Corte dell'Unione europea non è affatto da escludere, per la palese e
ripetuta violazione della sentenza dell'11 novembre 2010, causa C164/09 –:
quali siano le ragioni della mancata comunicazione al Parlamento
relativamente alle richieste della Commissione europea sull'annosa
questione della caccia in deroga nel nostro Paese, posto che nella
legge europea 2013, appena approvata in via definitiva dal
Parlamento italiano, avrebbero potuto essere inserite norme per
chiudere definitivamente la questione della caccia in deroga in Italia
e non solamente; se il Governo intenda realmente promuovere una
revisione della normativa in materia di attività venatoria, anche
attraverso la modifica della legge n. 157 del 1992. (4-01617)
§ 5. Interrogazione a risposta scritta nr. 4/01719164
Atto Camera - Interrogazione a risposta scritta 4-01719, presentato
da BUSINAROLO Francesca, testo di Giovedì 5 stemmbre 2013,
seduta n. 71:
BUSINAROLO, D'INCÀ, BRUGNEROTTO, D'UVA, MICILL
N.BIANCHI, CATALANO, C.IANNUZZI, COZZOLINO,
BENEDETTI, AGOSTINELLI,GALLINELLA, DEROSA,
LOREFICE, DE LORENZIS, D'AMBROSIO, BECHIS.
164http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=6241&stile
=7&highLight=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRI
TTA%27
397
Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al
Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro
dell'economia e delle finanze, al Ministro per gli affari europei. —
Per sapere – premesso che:
la regione Veneto ha deciso di sostenere la costruzione di impianti a
biogas per il trattamento dei reflui zootecnici e
contemporaneamente la produzione di energia da fonte rinnovabile,
anche al fine di sostenere economicamente le aziende agricole e
zootecniche in un periodo di particolare difficoltà del settore,
questo in linea con quanto accade già in altri Paesi e regioni;
in questi impianti vengono introdotti, oltre ai reflui zootecnici come
detto sopra, anche sottoprodotti e scarti derivanti dalla lavorazione
agricola delle colture. Non solo, sempre più frequentemente viene
introdotto l'insilato di mais (detto anche ceroso), ovvero il mais,
non ancora arrivato a maturazione, il quale viene trinciato e
introdotto negli impianti. Questo insilato non è di fatto un
sottoprodotto ma bensì un prodotto che viene coltivato
appositamente per essere usato come «combustibile» da digerire;
nella Pianura Padana, come altre zone dell'Italia, vengono prodotte
diverse colture poi introdotte negli impianti a biogas, con un
conseguente vero e proprio stravolgimento dell'agricoltura
tradizionale. Com’è noto, le colture di mais richiedono una costante
irrigazione e quindi un continuo ed enorme consumo di acqua,
risorsa sempre più preziosa e purtroppo sempre più inquinata. Va
da sé che togliere derrate alimentari, sia per il consumo umano che
per il consumo animale per introdurle nei digestori degli impianti a
biogas il tutto per ricavarne energia, è quantomai paradossale e
costringe l'approvvigionamento presso altri Paesi i quali, spesso,
hanno norme sanitarie e di controllo ben diverse e meno rigide delle
nostre; un altro aspetto, non meno importante, da non sottovalutare
è il problema del «digestato», ovvero quello che rimane dopo la
digestione. Un esempio su tutti è quello della regione EmiliaRomagna la quale, nelle linee guida per la localizzazione delle aree
idonee all'installazione di impianti a biogas (Deliberazione
Regionale n. 51 del 26 luglio 2011), ha vietato l'installazione di tali
impianti, con conseguente spargimento di digestato, nelle zone di
produzione di Parmigiano Reggiano. In Germania il professor
Boehnel dell'università di Gottinga ha da tempo messo in relazione
il botulismo nei bovini con la diffusione delle centrali a biogas; nel
maggio del 2011 la più importante rivista tedesca di fauna, caccia e
398
cinofilia ha pubblicato un'inchiesta dal titolo: Tod aus der
biogasanlage, che tradotto letteralmente significa «Morte da
impianto a biogas». Il 18 maggio 2013 il quotidiano online Venezia
Today pubblica un articolo dal titolo: Epidemia di botulino tra le
mucche, chiuso il distributore di latte a Martellago. Nell'articolo si
legge «Strage di vacche da latte nel Veneziano; durante la prima
settimana di maggio a Martellago e Trebaseleghe si è verificata una
vera e propria morìa di mucche a causa di un avvelenamento da
botulino. Cinquanta capi sono rimasti contagiati, alcune rivendite di
latte crudo sono state chiuse e un allevamento è finito sotto
sequestro da parte dell'Asl 15;
secondo quanto scritto da Michele Corti – docente di sistemi
zootecnici presso l'università di Milano nonché Presidente del
Coordinamento Nazionale Terre Nostre No biogas e No biomasse
– «Nel raggio di 3-4 chilometri dall'azienda vi sono 4 biogas: 3 sul
territorio di Trebaseleghe, una su quello di Piombino Dese (...). Va
ricordato che il botulismo (malattia legata ad un batterio anaerobico
Clostridium botulinum che è stato trovato nei digestori delle
centrali a biogas) è mortale anche per l'uomo (...). La tossina che
esso produce è la più potente al mondo» –:
se i Ministri interrogati siano a conoscenza di quanti siano e dove
siano localizzati gli impianti a biogas già autorizzati ed in corso di
autorizzazione al 1o gennaio 2013 e quanta biomassa lavoreranno
nonché quanta energia produrranno annualmente una volta entrati
in esercizio; se e per quanto si intenda ancora incentivare un'energia,
cosiddetta rinnovabile ma che di rinnovabile ha ben poco, visto
l'eccessivo consumo di un bene vitale e primario qual è l'acqua; se si
sia a conoscenza del fatto che nelle aree agricole di coltivazione per
la produzione del Parmigiano Reggiano è vietata la costruzione e
l'attività di impianti di biogas nonché lo spargimento del
digestato; se il Governo non ritenga opportuno prendere a modello
la deliberazione regionale n. 51 del 26 luglio 2011 della regione
Emilia-Romagna e pertanto assumere iniziative anche normative
per vietare l'installazione di impianti in zone di produzioni di
prodotti a marchio DOP, IGP, IGT, DOC, DOCG, STG nonché
Produzioni Biologiche su tutto il territorio nazionale; se non si
ritenga utile avviare, per quanto di competenza, con gli istituti di
ricerca più accreditati a livello nazionale, una serie di studi
ambientali e sanitari nonché qualitativi della materie conferite negli
impianti per la produzione di biogas, sul digestato che ne risulta, sui
399
terreni dove questo viene usato come fertilizzante e sugli effetti che
questo provoca sulle specie vegetali ed animali, nonché sulle acque
superficiali e di falda. (4-01719)
§ 6. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-01607165
Interrogazione a risposta scritta 4-01607 presentato da
COLONNESE Vega testo di Martedì 6 agosto 2013, seduta n. 66
COLONNESE.
Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al
Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al Ministro
delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle
finanze. — Per sapere – premesso che:
risulta agli interroganti che l'amministrazione comunale di Bacoli
(Napoli), nell'attuazione della gestione di sua competenza, abbia
causato una lesione dei diritti dei cittadini, ai quali viene negato il
«corretto equilibrio tra aree concesse a soggetti privati e gli arenili
liberamente fruibili» di cui articolo 1, comma 254, legge finanziaria
per il 2007; con decreto legislativo n. 85 del 28 maggio 2010 sul
cosiddetto «federalismo demaniale», è stata attribuita la titolarità di
gran parte dei beni del demanio dello Stato alle regioni, province,
comuni e città metropolitane, ma detto decreto non ha cambiato
nulla della disciplina delle concessioni demaniali marittime e dei
canoni che vengono pagati per esse, in quanto il comma 1,
dell'articolo 4 stabilisce che i beni del demanio marittimo non
entrano a far parte del patrimonio disponibile delle regioni e che
essi restano assoggettati al regime stabilito dal codice civile, dal
codice della navigazione, dalle leggi statali e regionali comprese la
legge n. 296 del 2006 (legge finanziaria per il 2007), che prevede gli
attuali canoni di concessione, e tutte le leggi regionali che
disciplinano il rilascio delle concessioni demaniali marittime;
l'articolo 4 del regolamento comunale 2005 stabilisce la quota del
«20 per cento della superficie complessiva della spiaggia esistente
destinata alla finalità turistico-ricreative riservata alla libera e gratuita
balneazione» e soddisfa quindi sulla carta la necessità di
165http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=5556&stile=7&highLi
ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27
400
raggiungimento di quel «corretto equilibrio» prescritto dallo Stato
(articolo 1, comma 254, della legge finanziaria 2007), mentre di fatto
ciò non avverrebbe negando il diritto di libera fruizione della zona
costiera –: quali iniziative concrete, per quanto di competenza,
intendano assumere i Ministri interrogati al fine di avviare un
monitoraggio con il coinvolgimento degli enti territoriali, sul
rispetto del corretto equilibrio tra aree concesse a privati e arenili
liberamente fruibili affinché non siano lesi i diritti dei cittadini. (401607)
§ 7. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-00779166
Interrogazione a risposta scritta 4-00779 presentato da CURRÒ
Tommaso testo di Martedì 11 giugno 2013, seduta n. 31
CURRÒ, GRILLO, BARONI, DI VITA, SILVIA GIORDANO,
DALL'OSSO, LOREFICE, DI BENEDETTO, CANCELLERI,
D'UVA, LUPO, ZACCAGNINI e MANNINO.
Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al
Ministro dello sviluppo economico, al Ministro della salute. — Per
sapere – premesso che:
in data 4 giugno 2013 in seguito ad un guasto all'impianto topping 1
allo stabilimento petrolchimico Eni di Gela (CL) si registrava una
consistente fuoriuscita di greggio per non meno di una tonnellata
che ha raggiunto la foce dello stesso fiume Gela per poi spandersi in
mare aperto e nel tratto di costa antistante la foce medesima; il
procuratore della Repubblica presso il tribunale di Gela, Lucia Lotti,
ha disposto il «sequestro per esigenze probatorie e di cautela»
dell'impianto «Topping 1», presso la raffineria in premessa e le
indagini, avviate dalla direzione aziendale e dalla capitaneria di
porto, hanno permesso di accertare una serie di concause all'origine
del disservizio; gli stessi sindacati confederali della chimica e
dell'energia in una nota hanno affermato che: «non è ammissibile
una perdita di prodotto da uno scambiatore che, dalle prime notizie
in nostro possesso pare sia stato sottoposto a manutenzione
durante il periodo della recente fermata»; il presidente della regione
166http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=2240&stile=7&highLi
ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27
401
siciliana Rosario Crocetta nell'immediatezza degli eventi sì è sentito
in dovere di dichiarare: «da tempo, per Gela, sono state concesse le
autorizzazioni ambientali, regionali e nazionali, necessarie per
rafforzare la sicurezza degli impianti, l'Eni ha sempre assicurato che
tali investimenti sarebbero stati realizzati al più presto possibile,
mentre non si riesce ad avere un cronoprogramma preciso. I gruppi
industriali petroliferi dovrebbero cominciare a dirci con chiarezza
cosa intendono fare rispetto a impianti che hanno bisogno di tanti
investimenti e manutenzioni straordinarie, per renderli compatibili
con il rispetto dell'ambiente e la sicurezza e la salute dei cittadini» –:
se i Ministri interrogati intendano assumere iniziative rapide e solerti
per verificare, per quanto di competenza, che vengano assicurati
tutti i monitoraggi per la salute della cittadinanza, la sicurezza dei
lavoratori dell'impianto e la salubrità del patrimonio ambientale
locale;
quali iniziative intendano adottare per evitare che si possano
ripetere ulteriori tragedie ambientali di questa portata nelle aree
petrolchimiche nazionali;
quali iniziative intendano intraprendere per obbligare le società
operanti nelle aree a destinazione petrolchimica ai dovuti
investimenti in sicurezza ambientale e per la salvaguardia dei
lavoratori e della salubrità delle popolazioni che insistono nelle
rispettive aree circostanti le attività industriali inquinanti. (4-00779)
§ 8. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-00578167
Interrogazione a risposta scritta 4-00578 presentato da DE
LORENZIS Diego testo di Giovedì 23 maggio 2013, seduta n. 22
DE LORENZIS, DI BATTISTA, COMINARDI, TRIPIEDI,
FICO, LUIGI GALLO, BONAFEDE, ALBERTI, BARONI,
BATTELLI, MASSIMILIANO BERNINI, PAOLO BERNINI,
NICOLA
BIANCHI,
BRUGNEROTTO,
CARINELLI,
CASTELLI, CATALANO, CECCONI, COLONNESE, CURRÒ,
DA VILLA, DALL'OSSO, D'AMBROSIO, DEL GROSSO,
167http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=2039&stile=7&highLi
ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27
402
DELLA VALLE, DELL'ORCO, DI BENEDETTO, MANLIO
DI STEFANO, DI VITA, D'UVA, FRACCARO, FURNARI,
GAGNARLI,
GALLINELLA,
SILVIA
GIORDANO,
L'ABBATE, LIUZZI, LOREFICE, MANTERO, NESCI,
PARENTELA, PESCO, PRODANI, RIZZETTO, SCAGLIUSI,
SEGONI, SIBILIA, SORIAL, SPADONI, TERZONI, TOFALO,
SIMONE
VALENTE, VALLASCAS, VIGNAROLI e
ZACCAGNINI.
Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al
Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'interno. — Per
sapere – premesso che:
il 26 luglio 2012, su richiesta della procura di Taranto, il GIP
Patrizia Todisco dispone il sequestro preventivo, senza facoltà
d'uso, degli impianti dell'area a caldo dell'Ilva parlando di disastro
ambientale. Nell'ordinanza viene inoltre affermato che «chi gestiva e
gestisce l'Ilva ha continuato in tale attività inquinante con coscienza
e volontà per la logica del profitto, calpestando le più elementari
regole di sicurezza» e, con specifico riferimento al problema delle
polveri, che, con precedenti sentenze del tribunale, «è stato
chiaramente ribadito che tutte le misure introdotte si sono rivelate, a
tutto concedere, un'abile opera di maquillage, verosimilmente
dettata dall'intento di lanciare un segnale per allentare la pressione
sociale e/o delle autorità locali ed ambientali – ma non possono
essere considerati il massimo in termini di rimedi che si potevano
esigere, nel caso concreto, al cospetto della conclamata inefficacia
dei presidi in atto ad eliminare drasticamente il fenomeno dello
spolverio»; il 26 novembre 2012, in concomitanza con una seconda
ondata di arresti sulla base dell'inchiesta per disastro ambientale e di
un'altra parallela chiamata «ambiente svenduto», il GIP dispone il
sequestro del prodotto finito e semilavorato giacente sulle banchine
perché ottenuto utilizzando gli impianti che erano sotto sequestro
per un totale, da quanto appreso a mezzo stampa, di 1,8 milioni di
tonnellate di acciaio, per un valore di un miliardo di euro; il 3
dicembre 2012, il Governo Monti ha emanato il decreto n. 207,
convertito dalla legge il 24 dicembre 2012, recante «Disposizioni
urgenti a tutela della salute, dell'ambiente e dei livelli di
occupazione, in caso di crisi stabilimenti industriali di interesse
strategico nazionale», pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 3 gennaio
2013, n. 2, dove viene stabilito che «in presenza di stabilimenti
industriali di interesse strategico nazionale, qualora vi sia una
403
assoluta necessità di salvaguardia dell'occupazione e della
produzione, il Ministro dell'ambiente possa autorizzare mediante
autorizzazione integrata ambientale la prosecuzione dell'attività
produttiva di uno o più stabilimenti per un periodo di tempo
determinato non superiore a 36 mesi e a condizione che vengano
adempiute le prescrizioni contenute nella medesima autorizzazione,
secondo le procedure e i termini ivi indicati, al fine di assicurare la
più adeguata tutela dell'ambiente e della salute secondo le migliori
tecniche disponibili», autorizzando, così, di fatto, l'Ilva a produrre e
restituendo all'azienda il possesso dei beni, nonostante i decreti di
sequestro; il comma 3 dell'articolo 3 di suddetto decreto, infatti,
stabilisce che «a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente
decreto, per un periodo di trentasei mesi, la società ILVA SpA di
Taranto è immessa nel possesso dei beni dell'impresa ed è in ogni
caso autorizzata, nei limiti consentiti dal provvedimento di cui al
comma 2, alla prosecuzione dell'attività produttiva nello
stabilimento e alla commercializzazione dei prodotti, ivi compresi
quelli realizzati antecedentemente alla data di entrata in vigore del
presente decreto, ferma restando l'applicazione di tutte le
disposizioni contenute nel medesimo decreto»; la sopracitata
azienda privata, dunque, a differenza di altre aziende, gode di un
riconoscimento particolare poiché considerata di interesse strategico
nazionale; l'articolo 1, comma 2, prevede che «nei casi di cui al
comma 1 – ovvero in presenza di stabilimenti strategici nazionali –
le misure volte ad assicurare la prosecuzione dell'attività produttiva
sono esclusivamente e ad ogni effetto quelle contenute nel
provvedimento di autorizzazione integrata ambientale, nonché le
prescrizioni contenute nel provvedimento di riesame»; l'articolo 1,
comma 3, dello stesso decreto-legge dispone che: «la mancata
osservanza delle prescrizioni contenute nel provvedimento di
prosecuzione dell'attività produttiva è punita con sanzione
amministrativa pecuniaria fino al 10 per cento del fatturato della
società risultante dall'ultimo bilancio approvato» e che la sanzione
viene irrogata dal prefetto competente per territorio; all'articolo 3
comma 4 viene disciplinata la nomina di un garante che, avvalendosi
dell'ISPRA, con il supporto dell'agenzie regionali e provinciali per la
protezione dell'ambiente, viene incaricato di vigilare sull'attuazione
delle disposizioni contenute in suddetto decreto; tale garante
«acquisisce le informazioni e gli atti ritenuti necessari che l'azienda,
le amministrazioni e gli enti interessati devono tempestivamente
404
fornire, segnalando al Presidente del Consiglio dei ministri, al
Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e al
Ministro della salute eventuali criticità riscontrate nell'attuazione
della predetta autorizzazione e proponendo le idonee misure»; in
data 12 marzo 2012 l'ISPRA redigeva la relazione trimestrale che
accertava il mancato rispetto delle prescrizioni contenute nel
decreto del riesame del 26 ottobre 2012, numerando 22 prescrizioni
relative ad «interventi parzialmente completati, ovvero per i quali è
stato riscontrato l'inizio dell'adeguamento, ma il cui completamento
risulta prevedibilmente differito rispetto alle previsioni»; nella stessa
nota l'ISPRA segnala anche l'accertamento di talune violazioni dei
limiti emissivi prescritti, in particolare alle prescrizioni 41, 42 e 49;
il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare pro
tempore Corrado Clini, nel primo trimestre 2013, dando riscontro
all'interrogazione dei parlamentari Bratti, Mariani e Ferranti ha
affermato che «in data 21 marzo 2013 ISPRA ha successivamente
segnalato alcune non conformità rispetto al provvedimento di AIA,
indicando le azioni correttive da intraprendere. Di conseguenza, il
Ministero ha prontamente diffidato ILVA a porre in essere le azioni
correttive al fine eliminare le difformità riscontrate» e che «si è
attualmente in attesa dei riscontri da parte di ILVA in merito alla
realizzazione delle misure indicate»; il 26 marzo 2013 il garante
segnalava le criticità riscontrate al signor prefetto di Taranto; il
prefetto di Taranto, in risposta ad una richiesta del 20 aprile 2013
protocollata dal Meet Up 192 – Amici di Beppe Grillo Taranto,
affermava che «si ribadisce che quest'Ufficio procederà ad istruire e
perfezionare i procedimenti sanzionatori previsti dall'articolo 1 del
decreto-legge n. 207 del 3 dicembre 2012, come convertito nella
legge n. 231 del 24 dicembre 2012, non appena perverrà, da parte
dell'organo di accertamento, il rapporto di cui all'articolo 17 della
legge 24 novembre 1981, n. 689»; il garante, in data 30 aprile 2013, a
seguito della richiesta inviatagli dal «Meet Up 192 – Amici di Beppe
Grillo Taranto», ha risposto scrivendo che il Ministero dell'ambiente
e della tutela del territorio e del mare (Direzione Generale
Valutazioni Ambientali prot. DVA – 2013 – 0009754 – del 29
marzo 2013), con nota del 29 aprile 2013, ha chiarito che nel
procedimento previsto dal terzo comma dell'articolo 1 del decreto
legge n. 207 del 2012, la competenza alla contestazione
dell'infrazione appartiene all'ISPRA, mentre spetta al Prefetto
l'irrogazione della sanzione; il 3 maggio 2013, il «Meet Up 192 –
405
Amici di Beppe Grillo Taranto» via PEC chiedeva all'ISPRA di
inviare entro e non oltre la data del 15 maggio 2013, la
contestazione dell'infrazione e tutto quanto necessario al fine di
irrogare le sanzioni previste dal comma 3, dell'articolo 1 del decretolegge n. 207 del 2012, nella misura massima del 10 per cento del
fatturato della società, risultante dall'ultimo bilancio approvato, in
considerazione di quanto sopra esposto; da quanto si apprende a
mezzo stampa, e denunciato dal Legambiente, l'Ilva avrebbe chiesto
numerose proroghe, anche rilevanti dal punto di vista dei tempi di
adempimento di alcune importanti prescrizioni, che intervengono
su aspetti particolarmente inquinanti della produzione, come ad
esempio la prescrizione «6» – relativa alla chiusura nastri e cadute di
materiali sfusi che l'Aia imponeva entro gennaio 2013 e l'Ilva
pospone al 2015 – e la prescrizione «12 in merito alla
nebulizzazione di acqua (fog cannon) al fine di ridurre le emissioni
diffuse dei parchi minerali posposta ad ottobre del 2013 in luogo
della prevista scadenza di ottobre 2012; qualora il Governo
concedesse ulteriori proroghe si rischierebbe, a detta degli
interroganti, di sacrificare, per l'ennesima volta, la salute dei cittadini
di Taranto e l'ambiente limitrofo agli impianti dell'ILVA; ad oggi,
nonostante le numerose criticità riscontrate, non sono state ancora
irrogate le sanzioni previste; l'ILVA, sempre a detta degli
interroganti, non avrebbe ancora predisposto un piano industriale e
non risulta essere stato redatto neanche un piano finanziario a
garanzia della copertura degli stessi interventi necessari ai fini
dell'adempimento delle prescrizioni dell'Aia; l'azienda, dopo aver
subito la scissione del «gruppo Riva» in «RIVA Forni elettrici» e
«ILVA SpA» ha dichiarato più volte, nei mesi scorsi anche a mezzo
stampa, di avere dei problemi finanziari e di riscontrare, dunque,
difficoltà nel pagamento gli stipendi –:
quali siano le motivazioni che ad oggi hanno impedito l'irrogazione
delle sanzioni previste dal decreto; se i Ministri interrogati
intendano concedere le proroghe richieste dall'Ilva; quali siano le
intenzioni del Governo e se non si ritenga necessario intervenire
con fermezza e decisione nel richiedere all'azienda le motivazioni
che hanno impedito, tutt'oggi l'adozione da parte dell'Ilva del piano
industriale e del piano finanziario degli investimenti, così come
richiesti nell'Aia; quali provvedimenti si intendano adottare nel caso
in cui l'Ilva non rispettasse quanto disposto nell'Aia; se il Governo
abbia già previsto soluzioni alternative al fine di salvaguardare la
406
salute e l'ambiente dei cittadini di Taranto da una parte e il reddito
dei lavoratori impiegati nello stabilimento, dall'altra. (4-00578)
§ 9. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-01337168
Interrogazione a risposta scritta 4-01337 presentato da DE
LORENZIS Diego testo di Mercoledì 24 luglio 2013, seduta n. 59
DE LORENZIS, D'INCÀ, DALL'OSSO, GRILLO, NICOLA
BIANCHI, DA VILLA, PAOLO NICOLÒ ROMANO, DE
ROSA, LIUZZI, TERZONI, AGOSTINELLI, COZZOLINO,
CECCONI, MUCCI.
Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. —
Per sapere – premesso che:
il decreto-legge 3 dicembre 2012 n. 207, cosiddetto Salva-Ilva,
convertito con modificazioni dalla legge il 24 dicembre 2012, n. 231,
e modificato dal decreto-legge 61/2013, all'articolo 1, comma 3,
stabilisce che «Fermo restando quanta previsto dagli articoli 29decies e 29-quattuordecies del decreto legislativo n. 152 del 2006 e
dalle altre disposizioni di carattere sanzionatorio penali e
amministrative contenute nelle normative di settore, la mancata
osservanza delle prescrizioni contenute nel provvedimento di cui al
comma 1 è punita con sanzione amministrativa pecuniaria, esclusa
l'oblazione, da euro 50.000 fino al 10 per cento del fatturato della
società risultante dall'ultimo bilancio approvato. La sanzione è
irrogata, ai sensi della legge 24 novembre 1981, n. 689, dal prefetto
competente per territorio. Le attività di accertamento, contestazione
e notificazione delle violazioni sono svolte dall'ISPRA. I proventi
delle sanzioni irrogate sono versati ad apposito capitolo dell'entrata
del bilancio dello Stato per essere riassegnati al pertinente capitolo
dello stato di previsione del Ministero dell'ambiente e della tutela
del territorio e del mare per il finanziamento degli interventi di
messa in sicurezza, bonifica e risanamento ambientale del territorio
interessato; l'Ispra ha accertato la violazione delle prescrizioni sia
nella visita ispettiva presso l'Ilva del 5-6-7 marzo, sia nella seconda
168http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=4230&stile=7&highLi
ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27
407
visita ispettiva del 28-29-30 maggio dove sono state riscontrate il
protrarsi di alcune violazioni alle prescrizioni AIA e se ne sono
aggiunte delle nuove; l'articolo 29-decies al comma 9 del decreto
legislativo n. 152 del 2006, a cui fa riferimento il decreto citato
stabilisce che «9. In caso di inosservanza delle prescrizioni
autorizzatorie, o di esercizio in assenza di autorizzazione, l'autorità
competente procede secondo la gravità delle infrazioni:
a) alla diffida, assegnando un termine entro il quale devono essere
eliminate le irregolarità;
b) alla diffida e contestuale sospensione dell'attività autorizzata per
un tempo determinato, ove si manifestino situazioni di pericolo per
l'ambiente;
c) alla revoca dell'autorizzazione integrata ambientale e alla chiusura
dell'impianto, in caso di mancato adeguamento alle prescrizioni
imposte con la diffida e in caso di reiterate violazioni che
determinino situazioni di pericolo e di danno per l'ambiente»; una
prima diffida è già avvenuta; inoltre l'articolo 29-decies al comma 10
del decreto legislativo n. 152 del 2006, a cui fa riferimento il decreto
citato stabilisce che «10. In caso di inosservanza delle prescrizioni
autorizzatorie, l'autorità competente, ove si manifestino situazioni di
pericolo o dì danno per la salute, ne dà comunicazione al sindaco ai
fini dell'assunzione delle eventuali misure ai sensi dell'articolo 217
del regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265 –:
per quale motivo non si sia ancora irrogate le sanzioni e quando
verranno irrogate in merito alle violazioni delle prescrizioni AIA
riscontrate prima del commissariamento dello stabilimento; per
quale motivo, nonostante l'accertato pericolo per l'ambiente e la
salute, pericolo accertato sia dalle perizie chimiche ed
epidemiologiche utilizzate in sede di incidente probatorio dalla
procura di Taranto e sia dai dati della valutazione del piano
Sanitario dell'Arpa Puglia, alla quale non giunta, ne prima né dopo
questi lavori, alcuna prova o studio scientifico di cessazione del
péricolo, non si procede alla sospensione dell'attività prevista dalla
lettera b, comma nove dell'articolo 29-decies del decreto legislativo
n. 152 del 2006 e con quanto previsto dalla lettera c del suddetto
comma; per quale motivo, non si sia dato seguito a quanto previsto
al comma 10 dell'articolo 29-decies del decreto legislativo n. 152 del
2006. (4-01337)
408
§ 10. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-01470169
Interrogazione a risposta scritta 4-01470 presentato da DE
LORENZIS Diego testo di Mercoledì 24 luglio 2013, seduta n. 59
DE LORENZIS, COZZOLINO, LOREFICE, NICOLA
BIANCHI,
AGOSTINELLI,
BUSINAROLO,
SILVIA
GIORDANO, CRISTIAN IANNUZZI, CECCONI, LIUZZI,
D'INCÀ, MUCCI e SCAGLIUSI.
Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. —
Per sapere – premesso che:
da documentazione pervenuta alla conferenza stampa del 22 luglio
2013 del Comitato «Cittadini e lavoratori Liberi e Pensanti» di
Taranto, comitato formato da lavoratori Ilva e cittadini di Taranto e
provincia, si viene a sapere che in merito alla visita dei Senatori delle
Commissioni ambiente e industria effettuata nello stabilimento Ilva
di Taranto della medesima giornata, da giorni un documento
distribuito dall'Ilva ai propri dipendenti, impone ai lavoratori e ai
capi-area di non usare, durante la visita della commissione, mezzi,
sollevatori, camion e si prevede di fermare gli impianti, per poi
riprendere dopo la visita delle commissioni parlamentari; il
comitato sopracitato afferma anche che la visita dei senatori
all'interno dell'Ilva non sarà effettuata nei luoghi e nei reparti dove
saranno previsti i lavori per l'ottemperanza dell'AIA e per questo si
dicono disponibili ad accompagnare i parlamentari della Repubblica
nelle aree dove le prescrizioni dell'AIA dovrebbero essere effettuate
e nei quali tra l'altro non sono ancora stati rilevati i lavori in merito
contravvenendo alle prescrizioni stesse; lo stabilimento Ilva spa di
Taranto è uno stabilimento di interesse strategico nazionale
commissariato dallo Stato a seguito del decreto-legge n. 61 del 2013;
la notte tra il 21 e il 22 luglio 2013 nel quartiere Tamburi di Taranto
si è avvertito un forte boato tale da indurre gli abitanti del quartiere
sopracitato che fosse esplosa un ordigno di grosse dimensioni,
creando sconcerto e preoccupazione negli abitanti e da quanto
riferito da fonti di Taranto e da operai dell'Ilva, il boato è si è creato
con la messa in funzione dei Fog-Cannon all'interno dello
169http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=4590&stile=7&highLi
ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27
409
stabilimento Ilva spa –: se e quando il Ministro interrogato intende
riferire al Parlamento dello stato di attuazione dell'ottemperanza
delle prescrizioni dell'AIA, ricordando che avrebbe dovuto già
riferire entro fine giugno 2013 come stabilito dall'articolo 1, il
comma 5 della legge 231 del 2012; se corrisponda al vero la
sospensione delle attività sopracitate in occasione della visita dei
senatori allo stabilimento Ilva; se il Ministro sia disponibile a
svolgere un sopralluogo insieme ai parlamentari della Repubblica o
a consentire ai parlamentari della Repubblica di visitare lo
stabilimento Ilva di Taranto, commissariato dallo Stato Italiano in
quanto stabilimento d'interesse strategico nazionale, accompagnati
dagli operai del Comitato dei «Cittadini e lavoratori liberi e
pensanti» di Taranto che cortesemente si sono offerti di mostrare le
incongruenze in merito alle prescrizioni AIA; se le apparecchiature
Fog-Cannon in dotazione all'Ilva di Taranto siano a norma di legge
e se il forte boato non corrisponda ad un'anomalia di
funzionamento e se il Ministro interrogato ritenga opportuno
consentire l'accensione di queste macchine, anche nel caso in cui
non fossero a norma e che il boato corrispondesse ad un'attività
regolare delle macchine in oggetto, provocando sconcerto e
preoccupazione negli abitanti del quartiere Tamburi quando
azionate nel cuore della notte. (4-01470)
§ 11. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-00868170
Interrogazione a risposta scritta 4-00868 presentato da DE ROSA
Massimo Felice testo di Giovedì 13 giugno 2013, seduta n. 33
DE ROSA, BARBANTI, BUSTO, DAGA, MANNINO,
SEGONI, TERZONI, TOFALO e ZOLEZZI.
Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. —
Per sapere – premesso che: la ditta Bieco srl, in data 3 dicembre
2008, proponeva domanda alla regione Calabria al fine di ottenere il
rilascio dell'autorizzazione integrata ambientale (AIA) ai sensi
170http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=2329&stile=7&highL
ight=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27
410
dell'articolo 5 del decreto legislativo n. 59 del 2005, e della
valutazione di impatto ambientale (VIA) ai sensi del decreto
legislativo n. 152 del 2006 in relazione alla realizzazione di un
impianto di discarica per rifiuti speciali non pericolosi sito in località
Pipino, nel comune di Scala Coeli (CS); la discarica veniva prima
autorizzata dalla regione Calabria, con il D.D.G. n. 4180/10, in
violazione della normativa nazionale e comunitaria (decreto
legislativo n. 36 del 2003 Capo 2.1 «Ubicazione»), poi costruita con
gravi difformità rispetto a quanto previsto dall'autorizzazione
integrata ambientale, difformità documentate da: 1) nota della
provincia di Cosenza – settore difesa del suolo e protezione civile
(prot. 59955/12); 2) parere sfavorevole del dipartimento 6 –
agricoltura foreste e forestazione della regione Calabria (prot.
1103/12); 3) dalla relazione di ispezione ARPACAL prot. 3148 del
7 maggio 2012; in data 25 gennaio 2013, il dipartimento ambiente
della regione Calabria decideva di sanare le contestazioni mosse a
vario titolo alla ditta Bieco Srl revocando la sospensione dei lavori;
con nota 44/13 del 17 maggio 2013, la ditta Bieco Srl comunicava al
comune di Scala Coeli l'avvio delle operazioni di gestione della
discarica in oggetto, a partire dal giorno 20 maggio 2013, asserendo
di rispettare tutte le prescrizioni di legge; l'apertura della discarica
veniva tempestivamente impedita dall'ordinanza n. 5 del 19 maggio
2013 del sindaco di Scala Coeli; i mezzi della ditta, carichi,
transitavano comunque nella giornata del 20 maggio, lungo la strada
provinciale n. 6 di competenza dell'ufficio provinciale territoriale di
Crotone, sulla quale vige un'ordinanza di divieto di transito totale
dal chilometro 0+000 al chilometro 14+500, ordinanza n. 9 del
2004; i mezzi della ditta, per stessa dichiarazione pubblica della
ditta, trasportavano scarti della lavorazione dell'impianto di
trattamento di Bucita (Rossano), impianto inserito nel sistema
«Calabria Sud» dal piano dei rifiuti vigente; il 27 maggio 2013 il
dipartimento ambiente della regione Calabria comunicava che gli
esiti delle verifiche sulle condizioni dell'autorizzazione integrata
ambientale (AIA) erano tutti positivi e che quindi la discarica poteva
entrare in funzione; al punto (h) delle prescrizioni
dell'autorizzazione integrata ambientale si legge: «La viabilità di
accesso deve garantire la percorribilità in ogni periodo dell'anno e
devono essere adottati tutti gli accorgimenti per limitare la
polverosità e le molestie derivante dal traffico di mezzi in ingresso
ed uscita della discarica...»; l'unica viabilità di accesso alla discarica è
411
in realtà costituita dal tratto di strada comunale
Capoferro/Cordarella che dalla strada provinciale n. 6 dopo 1200
metri circa porta al cancello della discarica, un sentiero di campagna
trasformato in una pista mediante l'esecuzione di lavori abusivi e, di
conseguenza, non collaudati; pertanto il transito di camion pieni di
rifiuti e di autocisterne piene di percolato non può avvenire di certo
in condizioni di sicurezza; la circolazione su tale pista diviene ancora
più pericolosa in caso di pioggia, infatti, in tali condizioni, aumenta
sia la quantità di percolato prodotto sia la pericolosità al transito
delle autocisterne piene di percolato, sulla pista in condizioni di
bagnato, con serio pericolo per l'incolumità pubblica e privata e per
il probabile disastro ambientale che si potrebbe arrecare; il tutto
avviene a soli 4 chilometri dal mare Jonio; la discarica si inserisce in
un contesto agricolo di pregio (DOP Bruzio per l'olio e DOC Cirò
per il vino, coltivazioni biologiche) ad avviso degli interroganti in
dispregio alle leggi nazionali e comunitarie (decreto legislativo n. 36
del 2003 Capo 2.1 «Ubicazione») e trova la ferma opposizione degli
agricoltori e delle popolazioni del luogo –:
se il Ministro sia a conoscenza dei fatti narrati alla luce di eventuali
verifiche tecniche effettuate sullo stato di inquinamento
dell'atmosfera, delle acque e del suolo e sullo stato di conservazione
di ambienti naturali disposte ai sensi dell'articolo 8, comma 2, della
legge n. 349 del 1986, in particolare, disponendo verifiche e
controlli da parte del personale appartenente al comando carabinieri
tutela ambiente (CCTA), in relazione all'oggettivo pericolo che si
verifichi un danno ambientale, ai sensi dell'articolo 197, comma 4,
del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152. (4-00868)
§ 12. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-01466171
Interrogazione a risposta scritta 4-01466 presentato da DE ROSA
Massimo Felice testo di Mercoledì 24 luglio 2013, seduta n. 59.
DE ROSA.
171http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=4586&stile=7&highL
ight=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27
412
Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. —
Per sapere – premesso che:
con deliberazione della giunta regionale n. VIII/4215 del 28
febbraio 2007 la giunta della regione Lombardia ha promosso
l'accordo di programma finalizzato alla realizzazione di un nuovo
polo sanitario di ricerca e di didattica attraverso la localizzazione
delle nuove sedi dell'Istituto nazionale neurologico «Carlo Besta» e
dell'Istituto nazionale dei tumori di Milano in un'area adiacente
all'azienda ospedaliera Sacco; il 7 aprile 2009 regione Lombardia,
Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, comune di
Milano, comune di Novate Milanese, fondazione IRCCS – istituto
neurologico Carlo Besta, fondazione IRCCS – istituto nazionale dei
tumori, azienda ospedaliera Sacco e università degli studi di Milano
hanno sottoscritto l'accordo di programma finalizzato alla
realizzazione della nuova città della salute e della ricerca in
adiacenza all'ospedale Luigi Sacco di Milano; in data 20 dicembre
2011 l'assemblea dei consorziati ha deliberato lo scioglimento del
consorzio Città della salute e della ricerca e nel collegio di vigilanza
del 22 dicembre 2011 sono state evidenziate criticità legate alla
localizzazione della città della salute e della ricerca nell'area di
Vialba, ovvero alla necessità di realizzare nuovi interventi per il
potenziamento dell'accessibilità pubblica e privata, per la protezione
idrogeologica dell'area e per l'acquisizione delle aree di proprietà
dell'INPS, implicando risorse aggiuntive rispetto a quanto già
stanziato, pari a 80 milioni di euro e non oltremodo sostenibile dalla
regione; nel collegio di vigilanza del 22 marzo 2012, sulla base delle
risultanze degli incontri tecnici effettuati, finalizzati a verificare la
possibilità di superare le criticità di cui al punto precedente, si è
preso atto dell'impossibilità di realizzare la città della salute
nell'attuale localizzazione di Vialba, concordando di risolvere
l'accordo di programma sottoscritto nel 2009 relativamente
all'ambito di localizzazione di Vialba e di approfondire nuove
possibili localizzazioni alternative avanzate dalle amministrazioni
locali quali, la piazza d'armi della caserma Perrucchetti di Milano
proposta dal comune di Milano e le aree proposte dal comune di
Sesto San Giovanni situate all'interno del progetto di
riqualificazione delle aree dismesse dagli stabilimenti ex Falck; in
data 28 maggio 2012 il sindaco del comune di Sesto ha trasmesso
alla regione una lettera della Sesto Immobiliare spa (soggetto
attuatore degli interventi previsti nel PII «Aree Ex Falck e Scalo
413
Ferroviario), quale impegno unilaterale della società proprietaria
dell'area a cedere gratuitamente le aree ove ubicare la città della
salute all'interno delle aree già previste in cessione dal PII; a
provvedere alla bonifica dei sedimi delle aree oggetto di cessione in
tempo utile a consentire l'apertura del cantiere per la realizzazione
della città della salute; ad assumere a proprio esclusivo carico tutti
gli oneri correlati alle attività di implementazione progettuale del PII
conseguenti alla scelta della regione Lombardia di allocare la città
della salute nelle aree oggetto del PII; a valutare le potenziali
sinergie tra le strutture private e le strutture pubbliche;
in data 8 giugno 2007, è stato stipulato un accordo di programma
tra Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare,
regione Lombardia e comune di Sesto San Giovanni finalizzato
all'utilizzo dei fondi messi a disposizione con legge 18 novembre
1996, n. 582, pari a circa a 12.911.422,47 euro, per la realizzazione
di interventi di riqualificazione ambientale delle aree incluse nel sito
di interesse nazionale e nelle aree pubbliche del comune di Sesto
San Giovanni (sito di interesse nazionale Sesto San Giovanni) –
legge 23 dicembre 2000, n. 388 – perimetrazione sito: decreto del
Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio del 31 agosto
2001. Le indagini di caratterizzazione hanno evidenziato una
rilevante situazione di compromissione ambientale dovuta a un
diffuso inquinamento dei suoli da metalli pesanti, PCB, diossina e
composti organici, mentre in riferimento alle acque di falda sussiste
uno stato di contaminazione da nitrati, metalli (cromo totale, cromo
esavalente, alluminio, ferro, nichel, piombo), toluene, idrocarburi e
composti organo clorurati (cloroformio, 1,1-dicloroetilene, 1,2dicloropropano,
1,
1,2-tricloroetano,
tricloroetilene,
tetracloroetilene); in data 21 gennaio 2013 è stato redatto da
infrastrutture Lombarde per conto della regione Lombardia il
rapporto ambientale ai fini della valutazione ambientale strategica e
si suppone sia stato trasmesso per l'approvazione al Ministero
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare - direzione
generale per le valutazioni ambientali; nel rapporto si evidenzia
come l'area oggetto della valutazione ambientale strategica sia
inserita totalmente nell'area definita come SIN; nel rapporto emerge
che: la principale sorgente di rumore che influenza il clima acustico
dell'area in cui sorgerà la CDSR è costituita dal traffico ferroviario
della linea Milano-Chiasso e dal traffico veicolare lungo la nuova
strada prevista dal PII Aree ex Falck che si sviluppa parallelamente
414
alla ferrovia (via Acciaierie) e da via Gramsci. Il contributo
principale all'emissione di CO, PTS, PM10, PM2.5 e NOx è dato
dal trasporto su strada, mentre, per quanto riguarda gli NOx, è
molto importante anche la produzione d'energia e trasformazione
dei combustibili; i principali responsabili della formazione di SO2 in
atmosfera, invece, sono il trattamento e smaltimento dei rifiuti e la
combustione nell'industria.
Nel macrosettore del trattamento e smaltimento rifiuti, un
contributo importante d'emissione di inquinanti è dato
dall'incenerimento dei rifiuti; si evidenzia, in merito, l'esistenza sul
territorio di Sesto San Giovanni di un impianto per la
termovalorizzazione degli RSU finalizzato alla produzione di
energia elettrica.
La falda, sia superficiale che profonda, è interessata dalla rilevata
presenza di alcuni composti alifaticiclorurati cancerogeni in
concentrazioni superiori ai limiti di riferimento normativi peraltro
spesso presenti in misura maggiore nelle stazioni di rilevamento,
poste a monte dell'area in oggetto, e minore in quelle a valle della
medesima.
Per tale motivo nello Studio d'impatto ambientale redatto a corredo
del PII considerato anche la quasi totale assenza nel terreno
dell'area in oggetto dei composti rilevati nella falda, si afferma che la
presenza dei suddetti composti nelle falde non sia da ascrivere alle
attività svolte in passato sul sito, ma bensì sia attribuibile alla
generale compromissione, nota da tempo, delle acque sotterranee
del territorio di Sesto San Giovanni e, in generale, dell'area del
milanese; la bonifica dell'area interessata dal PII in cui è insita l'area
destinata alla costruzione della Città della salute sarà possibile in
circa 6 anni; da vari articoli di stampa apparsi nel maggio/giugno
2013 (Il giorno 5 maggio 2013) si è potuto apprendere che: «Il
Ministero dell'ambiente chiede una bonifica più radicale dei terreni
ex industriali e dell'acqua di prima falda di Sesto San Giovanni. Ma i
conti potrebbero non tornare: tanto da rimettere in discussione la
sostenibilità dell'intero piano Falck (...);
dopo una serie di consultazioni con gli interessati ed in particolare
con l'amministratore delegato della società Sesto Immobiliare il
presidente della regione Lombardia, Roberto Maroni, ritiene di
avere avuto tutte le assicurazioni possibili per procedere alla
costruzione nell'area nel sito di interesse nazionale di Sesto San
Giovanni e il 25 luglio intende procedere alla stesura dell'accordo di
415
programma con le parti già citate tra cui si ricorda il Ministero della
salute come parte in causa posto che le due fondazioni (istituto
Besta ed Istituto Tumori) sono istituti di cura e ricerca (IRCCS) di
diritto pubblico e in quanto tali debbono rispondere dei risultati
ottenuti a fronte degli stanziamenti a loro erogati per la ricerca
biomedica di base e finalizzata, nonché in quanto erogatore a suo
tempo dei finanziamenti destinati dal decreto ministeriale del 7
luglio 2006 a beneficio dei due Istituti per complessivi 40 milioni –:
se sia al corrente dei fatti sopracitati, se sia in grado di fornire
un'evidenza effettiva dell'avvenuta opposizione alla procedura
valutazione ambientale strategica in relazione a quanto evidenziato
dall'esame del rapporto redatto dalla Regione Lombardia e quali
misure intenda adottare per prevenire eventuali onerosità relative
alle criticità sopravvenute. (4-01466)
§ 13. Interrogazione a risposta in commissione nr. 5-00806172
Interrogazione a risposta in commissione 5-00806 presentato da
DE ROSA Massimo Felice testo di Mercoledì 31 luglio 2013, seduta
n. 62.
DE ROSA, TERZONI, ZOLEZZI, DAGA, MANNINO,
BUSTO, SEGONI e TOFALO.
Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al
Ministro della salute, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti.
— Per sapere – premesso che: più di 70 fusti tossici contenenti
nichel e molibdeno non sono stati recuperati a fronte degli oltre 200
dispersi il 17 dicembre 2012, dalla portacontainer Venezia della
Grimaldi al largo di Gorgona, nel cosiddetto santuario dei cetacei;
nei fusti dispersi e non ancora recuperati sono contenute oltre 12
tonnellate di nichel e molibdeno. Si tratta di metalli altamente tossici
che – se rilasciati nell'ambiente e trasportati dalle correnti –
inquinerebbero, se già non lo stanno facendo, un vastissimo tratto
172http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=5184&stile=7&highL
ight=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+IN+COMMISSIONE%27
416
di mare, causando un disastro di proporzioni inimmaginabili,
destinato a fare sentire i propri effetti per molti anni.
Con conseguenze economiche altrettanto devastanti; nichel e
molibdeno finirebbero inevitabilmente nella catena alimentare di
uomini e animali, con ulteriori costi dal punto di vista sanitario e
sociale;
tali fusti tossici sembrerebbero, però, destinati a restare in mare,
lasciando quindi in grave pericolo di disastro ambientale i fondali
del Tirreno centrale, una delle aree marine protette più importanti
d'Europa, innescando una vera bomba ad orologeria che potrebbe
avere effetti devastanti sia per la sopravvivenza degli abitanti del
mare, sia per la salute dei cittadini;
all'ex Ministro Clini sono state consegnate oltre 4000 firme di
cittadini che richiedono che i fusti siano rimossi; i timori espressi
dai cittadini sono da considerarsi più che legittimi oltre che
condivisibili;
i danni causati alla biodiversità marina avrebbero ripercussioni
anche sulle attività turistiche e sulla balneazione; esistono sofisticati
sistemi di indagine subacquea con strumentazioni idonee che
consentono di identificare e recuperare oggetti a profondità
superiori a quelle che si riscontrano nelle acque circostanti la
Gorgona;
la navigazione in pieno santuario dei cetacei dovrebbe essere
maggiormente controllata, soprattutto se si trasportano sostanze
tossiche, considerando gli obblighi previsti dagli accordi
internazionali dei 3 Paesi contraenti che hanno istituito il santuario
–:
se il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare,
così come appreso dai mezzi stampa, non intenda proseguire le
ricerche, in quale modo intenda intervenire per evitare una
catastrofe ambientale e garantire con ogni strumento il prosieguo
della ricerca dei fusti per quanto complessa essa possa essere; se si
intenda provvedere immediatamente a regolamentare in modo più
rigido i trasporti di sostanze potenzialmente tossiche e dannose per
l'ambiente, prevedendo rigidi protocolli tesi a garantire la sicurezza
di tutto l'ecosistema e della biodiversità. (5-00806)
417
§ 14. Interrogazione a risposta in commissione nr. 5-00821173
Interrogazione a risposta in commissione 5-00821 presentato da
DE ROSA Massimo Felice testo di Giovedì 26 settembre 2013,
seduta n. 85
DE ROSA, DE LORENZIS, TERZONI, D'INCÀ,
PARENTELA, BECHIS, NICOLA BIANCHI, AGOSTINELLI,
D'UVA, SCAGLIUSI, CATALANO, CARINELLI.
Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. —
Per sapere – premesso che:
sono stati riscontrati numerosi casi di depositi di eternit deteriorato
in via Campazzino, già censiti ai n. 12, 40, 41, 46, 68 (coperture che
disperdono fibre) ed attualmente inseriti nelle procedure del
protocollo di gestione amianto del 2008, siglato tra il comune di
Milano, la polizia locale, l'Asl e l'Arpa; sono stati censiti diversi
scarichi abusivi in Roggia (Cavo Ticinello) perpetrati da molti anni,
ad esempio in corrispondenza del n. civico 12, anche questo
accertato da verbali della polizia provinciale (ultimo intervento del
22 novembre 2012) e segnalati in molte occasioni; la sorveglianza
risulta essere minima: non ci sono videocamere né un sufficiente
numero di guardie ecologiche o pattuglie della polizia locale per
impedire sospetti scarichi idrici abusivi in tutta l'area e nelle rogge;
i rifiuti appaiono visibili nei fossati della parte di via Campazzino del
parco agricolo sud e di recente, il 26 marzo 2013, è stata posta in
essere un altra azione di sequestro della polizia provinciale per
accumulo di rifiuti speciali, plastiche e lastre eternit al civico n. 74
della stessa via; da anni e con estrema frequenza vengono reiterati
accumuli abusivi di rifiuti in tutta la zona del parco tra via
Selvanesco e via Campazzino, con continui interventi di Amsa;
esiste da molti anni, in via Selvanesco (circa 10 mila metri quadrati)
all'altezza del n. 57, una grande discarica abusiva comprendente
materiali come lastre eternit, rifiuti farmaceutici, gomme, plastiche,
granulato veicolare detto «fluff» ed altre sostanze nocive; tale
discarica viene spesso incendiata, dando origine a nubi tossiche che
173http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=5325&stile=7&highL
ight=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+IN+COMMISSIONE%27
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invadono soprattutto gli spazi dei quartieri attigui «Le Terrazze e
Gratosoglio», come abbondantemente segnalato dai giornali. Tali
nubi con tutta probabilità formano diossina, favorendo il deposito
di veleni anche sui terreni circostanti, agricoli e non agricoli –:
se il Ministro interrogato sia al corrente della forte concentrazione
di sostanze potenzialmente nocive per l'ambiente nel suolo e nel
sottosuolo della zona interessata; se intenda acquisire elementi in
merito alle sostanze inquinanti con campionature dei terreni agricoli
e delle acque presenti in questa sezione di territorio, principalmente
delle acque del Cavo/Roggia Ticinello e anche della Roggia della
Costa, della Roggia Scarpogna, della Roggia Triulza, della Roggia
Grande, del Cavo Selvanesco e del Cavo Gaggiolo. (5-00821)
§ 15. Interrogazione a risposta in commissione nr. 5-01095174
Interrogazione a risposta in commissione 5-01095 presentato da
DE ROSA Massimo Felice testo di Venerdì 27 settembre 2013,
seduta n. 86
DE ROSA, DE LORENZIS, TERZONI, D'INCÀ,
PARENTELA, BECHIS, NICOLA BIANCHI, AGOSTINELLI,
D'UVA, SCAGLIUSI, CATALANO e LOREFICE.
Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. —
Per sapere – premesso che:
sono stati riscontrati numerosi casi di depositi di eternit deteriorato
in presso alcuni civici di via Campazzino, (coperture che disperdono
fibre) ed attualmente inseriti nelle procedure del protocollo di
gestione amianto del 2008, siglato tra il comune di Milano, la polizia
locale, l'asl e l'arpa; sono stati censiti diversi scarichi abusivi in
Roggia (Cavo Ticinello) perpetrati da molti anni, anche questi
accertati da verbali della polizia provinciale (ultimo intervento del
22 novembre 2012) e segnalati in molte occasioni; la sorveglianza
risulta essere minima: non ci sono videocamere né un sufficiente
numero di guardie ecologiche o pattuglie delle polizia locale per
174http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=7254&stile=7&highL
ight=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+IN+COMMISSIONE%27
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impedire sospetti scarichi idrici abusivi in tutta l'area e nelle rogge;
i rifiuti appaiono visibili nei fossati della parte di via Campazzino del
parco agricolo sud e di recente, il 26 marzo 2013, è stata posta in
essere un altra azione di sequestro della polizia provinciale per
accumulo di rifiuti speciali, plastiche e lastre eternit della stessa via;
da anni e con estrema frequenza vengono reiterati accumuli abusivi
di rifiuti in tutta la zona del parco tra via Selvanesco e Via
Campazzino, con continui interventi di Amsa; esiste da molti anni,
in via Selvanesco (circa 10mila metri quadrati, una grande discarica
abusiva comprendente materiali come lastre di eternit, rifiuti
farmaceutici, gomme, plastiche, granulato veicolare detto «fluff» ed
altre sostanze nocive; tale discarica viene spesso incendiata, dando
origine a nubi tossiche che invadono soprattutto gli spazi dei
quartieri attigui «Le Terrazze e Gratosoglio», come
abbondantemente segnalato dai giornali. Tali nubi con tutta
probabilità formano diossina, favorendo il deposito di veleni anche
sui
terreni
circostanti,
agricoli
e
non
agricoli –:
se il Ministro interrogato sia al corrente della forte concentrazione
di sostanze potenzialmente nocive per l'ambiente nel suolo e nel
sottosuolo della zona interessata e di quali elementi disponga in
merito all'effettuazione delle bonifiche necessarie al recupero
dell'area; se intenda predisporre, anche per il tramite del comando
carabinieri per la tutela dell'ambiente, una verifica e un'analisi
complessiva e distinta delle sostanze inquinanti con campionature
dei terreni agricoli e delle acque presenti in questa sezione di
territorio, principalmente delle acque del Cavo/Roggia Ticinello e
anche della Roggia della Costa, della Roggia Scarpogna, della Roggia
Triulza, della Roggia Grande, del Cavo Selvanesco e del Cavo
Gaggiolo. (5-01095)
§ 16. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-01021175
Interrogazione a risposta scritta 4-01021 presentato da DI MAIO
Luigi testo di Mercoledì 26 giugno 2013, seduta n. 41.
175http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=2482&stile=7&highLi
ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27
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LUIGI DI MAIO, COLONNESE, FICO, LUIGI GALLO,
SILVIA GIORDANO, MICILLO, PISANO, SIBILIA e
TOFALO.
Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al
Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
lo studio «Sentieri» (studio epidemiologico nazionale dei territori e
degli insediamenti esposti a rischio da inquinamento finanziato dal
Ministero della salute e svoltosi tra il 2007 e il 2010) inserisce ben 77
comuni del litorale domizio flegreo e agro aversano (Acerra,
Arienzo, Aversa, Bacoli, Brusciano, Caivano, Camposano, Cancello
ed Arnone, Capodrise, Capua, Carinaro, Carinola, Casagiove, Casal
di Principe, Casaluce, Casamarciano, Casapesenna, Casapulla,
Caserta, Castel Volturno, Castello di Cisterna, Cellole, Cervino,
Cesa, Cicciano, Cimitile, Comiziano, Curti, Falciano del Massico,
Francolise, Frignano, Giugliano in Campania, Grazzanise,
Gricignano di Aversa, Lusciano, Macerata Campania, Maddaloni,
Marcianise, Mariglianella, Marigliano, Melito di Napoli,
Mondragone, Monte di Procida, Nola, Orta di Atella, Parete,
Pomigliano d'Arco, Portico di Caserta, Pozzuoli, Qualiano, Quarto,
Recale, Roccarainola, San Cipriano d'Aversa, San Felice a Cancello,
San Marcellino, San Marco Evangelista, San Nicola la Strada, San
Paolo Bel Sito, San Prisco, San Tammaro, San Vitaliano, Santa
Maria a Vico, Santa Maria Capua Vetere, Santa Maria la Fossa,
Sant'Arpino, Saviano, Scisciano, Sessa Aurunca, Succivo, Teverola,
Trentola-Ducenta, Tufino, Villa di Briano, Villa Litemo, Villaricca,
Visciano) e ben 11 comuni dell'area del litorale vesuviano
(Boscoreale, Boscotrecase, Castellammare di Stabia, Ercolano,
Pompei, Portici, San Giorgio a Cremano, Terzigno, Torre
Annunziata, Torre del Greco, Trecase) tra i SIN, ovvero siti di
interesse nazionale che necessitano con urgenza di un piano di
bonifica; gli abitanti dell'intera area, una delle più densamente
popolate d'Europa, in molti casi senza percepire il reale pericolo,
sono costretti a vivere in un luogo altamente inquinato da sostanze
molto tossiche (diossine, pcb, pcbdl e altri) e ad altissime
percentuali; tali sostanze procurano una serie di malattie a partire
dalla semplice «depressione» fino a quelle più gravi e serie, come le
malattie tumorali, SLA, sclerosi, lupus e altro. L'inquinamento
ambientale, infatti, procura uno stress ossidativo cellulare e
mitocondriale che a sua volta produce una serie di danni seri ed
irreversibili all'organismo umano; recenti studi statunitensi del
421
professor Martin Pall della Washington State University, avrebbero
accertato che gli agenti inquinanti innestano un circolo vizioso in
cui le sostanze tossiche con le quali si viene in contatto a livello
«locale» (attraverso la cute, gli occhi, nel tratto delle alte vie
respiratorie o anche di quello gastrico-intestinale), e cioè molte
sostanze chimiche o anche altri fattori stressogeni di tipo «naturale»
come i virus o i batteri e le muffe, attivando a più livelli i recettori
NMDA (N-Metil-D-Aspartato), molecole presenti in diversi organi,
portano alla trasformazione continua di NO (Ossido nitrico) in
ONOO (perossinitrito). Tale trasformazione – sempre secondo il
professor Pall – una volta «cronicizzatasi», genera, poi, processi di
tipo infiammatorio e ossidativo e la diminuzione delle capacità
«detossificante» negli organi deputati allo smaltimento delle scorie
metaboliche, processi difficili da fermare e che scatenano
meccanismi di sensibilizzazione locale che agiscono, di fatto,
«aprendo la porta» a pesanti patologie di tipo sistemico; in altre
parole, tali reazioni – denominate ciclo NO-ONOO –
rovinerebbero la membrana cellulare che da impermeabile diventa
permeabile permettendo, in questo modo, di far entrare nella cellula
sostanze che non dovrebbero esserci, alterando il funzionamento
della cellula stessa, formando mutazioni epigenetiche e bloccando il
funzionamento di alcuni geni. Tali mutazioni epigenetiche si
trasformerebbero in mutazioni genetiche per le future generazioni
causando nascite di bambini già ammalati o predisposti ad una serie
di terribili malattie; sono pochissime le famiglie della zona
risparmiate da malattie e soprattutto le percentuali di tumori, cancri,
leucemie e linfomi sono aumentate in maniera considerevole: è
sufficiente controllare le percentuali di casi in tutto il territorio per
rendersi conto che nella zona c’è il più alto tasso di questi tipi di
malattie e una riduzione della vita media rispetto al resto dell'Italia;
alla luce di quanto esposto, è di tutta evidenza come sia
urgentissimo procedere ad interventi di bonifica del territorio, anche
perché la situazione dei danni genetici, che aumenteranno di padre
in figlio, causerà un «genocidio»: è stato infatti stimato che rebus sic
stantibus restano circa 5 generazioni prima che il «genocidio» si
compia; peraltro, l'ultima stima sui tempi di eventuali bonifiche fatta
dal Ministro della salute pro tempore Renato Balduzzi ha rilevato
che, partendo subito, ci vorranno circa 50 anni per decontaminare il
territorio in questione e che comunque il carico tossico maggiore,
pur eliminando da subito tutte le cause, ci sarà nei prossimi 25-35
422
anni: un'intera generazione, pur non colpevole, dovrà pagare un
conto salatissimo per gli errori fatti dalle istituzioni e da chi ha
permesso questo orribile scempio; a conferma di quanto esposto, si
segnalano gli studi che la NATO di prassi svolge sulla condizione
ambientale dei luoghi dove risiedono e lavorano i suoi dipendenti
civili e militari.
Da tali studi, che rappresentano uno dei pochi rapporti pubblici
sulla condizione ambientale campana, emerge che molti comuni
della zona sono indicati come luoghi nei quali è assolutamente
sconsigliabile vivere e che il famoso «triangolo della morte» è
diventato una figura geometrica molto più complessa.
Le zone altamente tossiche sono aumentate a dismisura negli ultimi
decenni e sono molto vicine tra di loro: tutta la provincia di Napoli,
la zona del vesuviano, il casertano fino al confine con il Lazio
risultano essere territori fortemente contaminati da sostanze
tossiche –:
quali iniziative di competenza intenda assumere il Governo in
merito; quali siano gli orientamenti dei Ministri interrogati in merito;
se il Governo, alla luce dell'atroce situazione delineata in premessa,
non ritenga di dover al più presto e con la massima urgenza:
a) porre in essere tutte le forme di controllo incisivo del territorio
campano atte a far cessare il criminale e illecito sversamento di
rifiuti tossici in zone agricole e ad alta densità abitativa;
b) intraprendere, per quanto di competenza, gli improrogabili
interventi di bonifica del territorio campano, al fine di cercare
almeno di limitare i danni di decenni di scellerate politiche di
gestione ambientale del territorio;
c) istituire un tavolo tecnico permanente presso il Ministero
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare nel quale siano
coinvolte le associazioni e i comitati di cittadini da anni impegnati
nelle lotte a difesa del territorio, personalità del mondo scientifico
competenti in materia e rappresentanti di regione ed enti locali, al
fine di monitorare la ingravescente situazione sopra illustrata e
valutare le soluzioni più adatte alla risoluzione dei disastrosi
problemi. (4-01021)
423
§ 17. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-01979 176
Testo presentato, in data Giovedì 26 settembre 2013, seduta n. 85,
da: GAGNARLI, L'ABBATE, LUPO, GALLINELLA,
M.BERNINI, PARENTELA, SILVIA BENEDETTI e DE ROSA.
Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. —
Per sapere – premesso che:
il SISTRI – Sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti – è il
sistema informativo voluto dal Ministero dell'ambiente e della tutela
del territorio e del mare, sin dal lontano 2007, per monitorare i
rifiuti pericolosi tramite la tracciabilità degli stessi, trasferendo in
formato digitale i documenti precedentemente svolti in forma
cartacea, con l'ambizioso obiettivo di diventare l'arma definitiva
nella lotta alle eco-mafie; l'Italia, anche senza SISTRI, avendo già un
pregresso sistema di tracciabilità, non era affatto inadempiente
rispetto alle direttive comunitarie, pur dovendo riconoscere come il
sistema di tracciabilità preesistente – quello del decreto Ronchi del
’97 – fosse «migliorabile» e dotabile di maggiore efficienza, anche
grazie ad un processo di informatizzazione; il progetto SISTRI
comincia a prendere forma dal 2007 ma viene ufficialmente istituito
soltanto il 17 dicembre 2009, con decreto del Ministro ambiente e
della tutela del territorio e del mare, ai sensi dell'articolo 189 del
decreto legislativo n. 152 del 2006 e dell'articolo 14-bis del decretolegge n. 78 del 2009, convertito, con modificazioni, dalla legge n.
102 del 2009; la partenza ufficiale del sistema è prevista nel marzo
2011, ma da quel momento iniziano ad essere emesse una serie di
proroghe (ad oggi se ne contano ben sette), principalmente dovute a
malfunzionamenti delle apparecchiature elettroniche e carenze del
sistema informativo centrale che non è in grado di garantire
l'accesso a tutti gli operatori, come in occasione del «click-day»
organizzato da Confindustria nel maggio 2011; nel 2012, come
riportato in una inchiesta di Carlo Bonini su Repubblica del 10
maggio 2012, l'Ente nazionale per la digitalizzazione della pubblica
amministrazione, incaricato di eseguire una «spending review» sul
contratto con Finmeccanica, conclude che le scelte seguite per il
176http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=7193&stile=7&highLi
ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27
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SISTRI non sono compatibili con i principi di trasparenza. I vertici
di Selex, intanto, vengono iscritti al registro degli indagati della
procura di Napoli per associazione a delinquere finalizzata a truffa,
abuso di ufficio e false fatturazioni;
il 20 marzo 2013 il decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela
del territorio e del mare, Corrado Clini, fissa il nuovo avvio del
SISTRI, differenziando le categorie obbligate in due gruppi: i primi
operativi dal giorno 1o ottobre 2013, i secondi dal 3 marzo 2014;
il 17 aprile 2013 l'inchiesta della procura di Napoli produce 22
misure cautelari in carcere, 19 con la concessione dei domiciliari, e 4
obblighi di presentazione alla polizia giudiziaria, con l'accusa di
progettazione ed esecuzione dell'infrastruttura relativa gestione del
SISTRI, in violazione della normativa sui contratti pubblici;
a giugno 2013 l'attuale Ministro dell'ambiente e della tutela del
territorio e del mare, Andrea Orlando, indice una «consultazione
delle organizzazioni delle imprese interessate dal SISTRI» al fine di
acquisire il loro punto di vista; dalla consultazione emergono: la
necessità di un sistema di tracciabilità che renda trasparenti sia la
gestione che la movimentazione dei rifiuti, ma a condizione che
sia fruibile dalle imprese, senza eccessivi sovraccarichi organizzativi;
la considerazione che il SISTRI è stato avviato come modello unico,
senza comparazioni con altri sistemi più semplici, oltre che flessibili
e meno onerosi; il continuo rinvio della operatività del SISTRI è
prova della sua non funzionalità operativa; l'operatività del SISTRI
dal 1o ottobre 2013 comporterebbe notevoli disagi, oltre che costi
economici ed organizzativi insostenibili, per diverse decine di
migliaia di imprese e di operatori che «producono» e «gestiscono»
rifiuti pericolosi; la presa d'atto che per i motivi citati il SISTRI non
è idoneo e va quindi abolito con un intervento legislativo,
abrogando le norme che lo prevedono e sostituendolo con nuovi
criteri – da affidare poi a normativa secondaria – mantenendo nel
frattempo il sistema preesistente con eventuali piccole integrazioni
che ne garantiscano una maggiore efficacia, compreso l'aspetto
sanzionatorio; vengono, infine, indicati i punti principali di un
nuovo sistema di tracciabilità informatizzata;
il Ministro Orlando ha inoltre precisato che l'accordo con Selex
Service Management spa, attualmente ancora aggiudicataria
dell'appalto per la fornitura del sistema SISTRI, è di partire con un
numero ridotto di gestori di rifiuti pericolosi, 17 mila in tutto, per
poi rimodulare il sistema secondo i presupposti dalla relazione di
425
un team di esperti, guidati dal professore Edo Ronchi, da egli
incaricato;
l'accordo prevede, inoltre, la costituzione di una Commissione di
esperti che dovrà collaudare il sistema, prima del termine iniziale di
operatività del 1o ottobre: un eventuale esito negativo sancirebbe
uno stop al Sistri, in caso contrario la partenza sarebbe confermata
per i suddetti 17 mila soggetti e successivamente, la platea sarebbe
estesa, ma solo dopo le semplificazioni richieste dalle imprese;
allo stato attuale, il sistema di tracciabilità SISTRI presenterebbe le
solite carenze da tempo ormai emerse: l'inadeguatezza delle
chiavette USB, l'impossibilità da parte delle imprese di inviare i dati
in momenti di minor carico informatico, salvo dotarsi di
costosi software gestionali, le carenze di varia natura nel nuovo
manuale operativo SISTRI, pubblicato il 12 agosto 2013, l'assenza
di interoperabilità del SISTRI con i software gestionali aziendali, la
scopertura della linea dati ADSL in tantissime zone del Paese, come
ribadito dal direttore generale di Confindustria, Marcella Panucci
durante l'audizione tenuta al Senato in Commissione territorio,
ambiente e beni ambientali, il 18 settembre 2013;
il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare,
nella risposta alla interrogazione n. 5-00913 dell'onorevole Realacci,
ha manifestato la volontà di non rescindere il contratto con Selex
Service Management spa, per via dell'avanzato stadio di esecuzione
dello stesso, la cui invalidazione comporterebbe il pagamento di
penali, nonché per l'ineludibile esigenza di avere un sistema efficace
di trattamento dei rifiuti –:
in che modo il Ministro interrogato preveda che il SISTRI possa
contrastare le ecomafie, dal momento che queste ultime potrebbero
tranquillamente non iscriversi come trasportatori di rifiuti speciali
pericolosi nell'apposito Albo gestori ambientali, ma come semplici
trasportatori di altro materiale, o di rifiuti non pericolosi, e quindi
non essere obbligati all'iscrizione al SISTRI, posto che il sistema di
monitoraggio non risulta debba essere effettuato su strada ma
soltanto a livello telematico;
se il Ministro interrogato non ritenga opportuno, nell'ipotesi
tutt'altro che vana dovesse fallire il prossimo collaudo del SISTRI,
intraprendere con la massima urgenza la reintroduzione del sistema
preesistente, con le integrazioni che garantiscano una maggiore
efficacia, compreso l'aspetto sanzionatorio, seguendo le proposte
426
emerse durante la consultazione di giugno con le organizzazioni
delle imprese interessate al sistema;
se il Ministro interrogato, preso atto della sua volontà di non
rescindere il contratto con Selex Service Management spa, possa
quantomeno rassicurare sul fatto che il pagamento del contributo di
iscrizione e l'apparato sanzionatorio, siano attualmente sospesi fino
alla effettiva entrata in esercizio del SISTRI e siano riattivati
solamente a collaudo eseguito e con esito positivo;
se il Ministro interrogato non ritenga opportuno definire con la
massima urgenza indicazioni ministeriali chiare ed univoche che
consentano alle aziende di adempiere correttamente agli obblighi
del Sistema, evitando così anche la diffusione sul mercato di fatidici
corsi di semplificazione/preparazione al SISTRI, proposte ai soli
fini di ottenere profitti ai danni delle imprese obbligate all'iscrizione.
(4-01979)
§ 18. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-01609177
Testo presentato, in data Martedì 6 agosto 2013, seduta n. 66, da:
GAGNARLI e BALDASSARRE.
Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al
Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere
– premesso che:
la normativa vigente non regolamenta e non fornisce parametri per
l'utilizzazione agronomica del digestato, sottoprodotto delle centrali
a biogas che, in via cautelativa, viene equiparato agli effluenti
zootecnici ed utilizzato nelle quantità massime di 170
chilogrammi/anno di azoto per ettaro, attraverso un piano di
utilizzazione agronomica (PUA); mentre, la quantità eccedente
l'utilizzo agronomico ammesso, deve trovare altre destinazioni
coerenti con la vigente legislazione in materia di rifiuti;
secondo diversi studi in materia, lo spandimento del digestato
presenta delle criticità legata alle emissioni di ammoniaca in
atmosfera, qualora lo spandimento non sia effettuato con le migliori
177http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=5558&stile=7&highLi
ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27
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tecniche disponibili, ed alla perdita di nitrati nelle acque di falda,
qualora si ecceda negli apporti e si applichi in periodi non
opportuni; l'applicazione al terreno agricolo del digestato deve
corrispondere esattamente al fabbisogno di azoto della coltura, pena
la perdita di azoto nelle acque superficiali e profonde; ma in realtà i
digestati vengono normalmente sparsi, più volte l'anno, anche
quando il terreno è nudo e le condizioni climatiche rallentano
l'attività vegetativa delle piante e quella di trasformazione microbica
nel terreno, che favoriscono la trasformazione dell'azoto
ammoniacale (85 per cento di quello contenuto nei digestati) in
nitrati, ed il loro assorbimento radicale; tale prassi comporta un
grave rischio di depauperamento dei suoli agricoli che accolgono i
digestati (ricchi di azoto e poveri di carbonio) e di eutrofizzazione
delle falde acquifere; non vanno sottovalutati i rischi igienicosanitari legati all'uso dei digestati: diversi lavori mettono in luce
come il Clostridium perfringens (causa di tossinfezioni oltre che di
aborti) non subisce alcuna riduzione nei digestati; gli enterococci
risultano molto resistenti alla digestione anaerobica; Salmonella
ssp. (causa della maggior parte delle tossinfezioni alimentari
segnalate) è stata rilevata in un campione su quattro della frazione
solida e in uno su tre di quella liquida del digestato, mentre Lysteria
monocytogenes (causa di listeriosi, con esiti a volte mortali) in
quattro su quattro e tre su tre campioni rispettivamente della
frazione solida e liquida (Bonetta et al. «Rischio igienico associato
all'impiego di digerito in agricoltura»); a Serboli (Subbiano), in
provincia di Arezzo, un impianto di produzione di energia elettrica
da biogas regolarmente realizzato nella azienda agricola San Luigi è
stato sospeso da una ordinanza del sindaco (7–2013 del 17 giugno)
a causa di quattro diversi sversamenti nel torrente Talla, da febbraio
a giugno 2013, l'ultimo dei quali ha provocato una ingente moria di
pesci; considerata la data di inizio attività dell'impianto, si presume
che il digestato-concime prodotto e sparso nei campi delle località
di Poggio D'Acona, Calbenzano, S. Mama, non sia stato sottoposto
al ciclo di maturazione di 160 giorni, necessario per abbattere la
carica microbica, Clostridi, E. Coli, Botulino, con conseguente
rischio di epidemia di animali domestici e non, pesci nei torrenti
contaminati, ed anche per l'uomo; i tecnici di ARPAT affermano
che l'impianto non è in sicurezza e non è gestito correttamente ma,
ciò nonostante, di recente si sta paventando la riapertura di tale
impianto, senza che siano state fornite garanzie sui provvedimenti
428
da adottare; il comitato civico per Subbiano, a tutela del territorio,
della salute delle persone e degli animali, ha chiesto al sindaco che la
riapertura della centrale di Serboli a Calbenzano non sia concessa
fino a quanto una commissione di esperti non abbia accertato che
l'ordinanza sindacale n. 7–2013 sia stata soddisfatta nei punti 2-3-45, provvedendo ad una verifica dell'impianto; in data 11 luglio 2013
l'interrogante ha presentato una interrogazione a risposta scritta (n.
5-00585) per sollecitare l'emanazione del decreto del Ministero delle
politiche agricole alimentari e forestali, di concerto con il Ministero
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, previsto
dall'articolo 52, comma 2-bis del decreto-legge n. 83 del 2012
convertito, con modificazioni dalla legge n. 134 del 2012, che dovrà
finalmente definire le caratteristiche e le modalità di impiego del
digestato equiparabile, per quanto attiene gli effetti fertilizzanti –:
se i Ministri interrogati, al fine di evitare le criticità ambientali legate
alla gestione del digestato, intendano emanare l'apposito decreto di
cui in premessa, con cui si definiscono le caratteristiche e le
modalità di impiego del digestato equiparabile, per quanto attiene
agli effetti fertilizzanti ed all'efficienza di uso, ai concimi di origine
chimica, nonché le modalità di classificazione delle operazioni di
disidratazione, sedimentazione, chiarificazione, centrifugazione ed
essiccatura, in modo da evitare casi di sversamenti e di utilizzo
prematuro del digestato ad uso ammendante, come avviene
nell'impianto a biogas di Serboli a Carbenzano di cui si paventa la
riapertura. (4-01609)
§ 19. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-01958178
Testo presentato, in data Mercoledì 25 settembre 2013, seduta n. 84,
da: GALLINELLA e CIPRINI.
Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. —
Per sapere – premesso che:
la regione Umbria è suddivisa in quattro ambiti territoriali integrati
(ATI) delegati alla gestione di sanità, politiche sociali, rifiuti, ciclo
178http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=7115&stile=7&highLi
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429
idrico integrato e turismo, che fanno riferimento alle quattro ASL
della regione; nei primi di gennaio del 2013 all'interno dell'ATI 2 si è
rischiata una grave emergenza relativamente alla gestione dei rifiuti;
una comunicazione ufficiale dell'azienda che gestisce il servizio di
raccolta dei rifiuti nell'ambito territoriale 2 annunciava, infatti, che
«in mancanza di provvedimenti normativi che permettano lo
smaltimento di rifiuti, ad oggi non siamo in grado di garantire il
ritiro dei rifiuti indifferenziati, pertanto si invitano tutti i cittadini a
non esporre i bidoncini grigi a ciò destinati, fino a nuova
comunicazione»; nell'ambito del cosiddetto ATI 2 si trova la
discarica di Borgogiglione, che, nata nel 1995 per 200.000 metri
cubi, ha raggiunto oggi i 600.000 metri cubi, e raccoglie anche rifiuti
con elevato potere calorifico; il blocco del conferimento di rifiuti
con elevato potere calorifico, previsto dal decreto legislativo 36 del
2003, che avrebbe dovuto essere in vigore dal 1° gennaio 2007, è
stato infatti derogato di anno in anno; nel 2013, in forza del decreto
suddetto, è avvenuto il blocco temporaneo dell'attività nella
discarica di Borgogiglione, che ha però ripreso quasi
immediatamente l'attività grazie ad una delibera urgente del
presidente della regione Umbria; è importante sottolineare che
l'ATI 2, il 12 ottobre 2012, ha siglato un accordo «di solidarietà» che
prevedeva lo smaltimento dei rifiuti dell'ATI 3 nella discarica di
Borgogiglione. Tale accordo avrebbe dovuto essere temporaneo, ma
ne è già stata richiesta la proroga fino al 30 giugno del 2014 a causa
dei ritardi dei lavori nella discarica di Sant'Orsola di Spoleto; l'ATI 2
ha siglato, inoltre, un analogo accordo «di solidarietà» anche con
l'ATI 1 in quanto anche la discarica di Belladanza è afflitta da
cronici problemi strutturali; nel 2012 le tonnellate di rifiuti
conferita Borgogiglione sono state 79.520 (comprese 17.775
tonnellate di rifiuti speciali), circa il 10 per cento in meno rispetto al
2011; per il 2013 sono previste in arrivo 188mila tonnellate (cfr.
informativa sulla gestione dei conferimenti, ATI 2 giugno 2013), di
cui 19mila di rifiuti speciali; è evidente che la situazione della
discarica di Borgogiglione (di sicuro non l'unico caso in Italia) sta
oltrepassando i livelli minimi di sostenibilità, sia da un punto di vista
di impatto e gestione ambientale, sia di vivibilità degli abitanti della
zona, che, oltre alla difficoltà di smaltire i propri rifiuti, lamentano
anche grossi problemi di viabilità a causa del via vai dei camion
provenienti da altri ambiti territoriali; bisogna infine considerare
che con la nuova legge regionale 17 maggio 2013, n. 11 Norme di
430
organizzazione territoriale del servizio idrico integrato e del servizio
di gestione integrata dei rifiuti, che sopprime gli ATI riunendo la
gestione dei rifiuti sotto un unico organismo denominato AURI, la
regione tenta, di fatto, di porre rimedio ad una situazione di
gestione dei rifiuti inaccettabile, contravvenendo, a parere degli
interroganti, al principio di prossimità stabilito dal decreto
legislativo n. 152 del 2006 e dalla direttiva 2008/98/CE in materia
di rifiuti, e senza tener conto delle diverse realtà territoriali (comuni
o interi ambiti territoriali che si sono dimostrati virtuosi ed
efficienti); l'11 settembre 2013, nel corso dell'audizione sulle
procedure di infrazione in materia-ambientale presso l'VIII
commissione della Camera, il Ministro dell'ambiente e della tutela
del territorio e del mare ha citato – tra le numerose procedure
avviate nei confronti dell'Italia – la procedura n. 2011/2215 con cui
la Commissione europea contesta il mancato rispetto degli obblighi
di cui alla direttiva 1999/31/CE in materia di discariche di rifiuti –:
se il Governo intenda avviare le necessarie iniziative di competenza
per evitare il possibile avvio di ulteriori procedure di infrazione. (401958)
§ 20. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-01522179
Testo presentato, in data Mercoledì 31 luglio 2013, seduta n. 62, da:
LUIGI GALLO, ALBERTI, D'INCÀ, SIBILIA, SILVIA
GIORDANO, DE LORENZIS, TOFALO, TERZONI,
SPESSOTTO PARENTELA, BECHIS, NICOLA BIANCHI,
BRUGNEROTTO e AGOSTINELLI.
Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. —
Per sapere – premesso che:
il comune di Terzigno (NA) è ricompreso all'interno del territorio
del Parco nazionale del Vesuvio-Riserva MAB-UNESCO dal 1997
(dunque area destinata a presentare la conservazione delle specie
animali e vegetali, di associazioni vegetali o forestali, di singolarità
geologiche di formazioni paleontologiche di comunità biologiche, di
179http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=5161&stile=7&highLi
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431
biotopi, di valori scenici e panoramici di processi naturali, di
equilibri idraulici ed idrogeologici, di equilibri ecologici, nonché allo
scopo di promuovere tutta una serie di attività di educazione,
formazione, ricerca, restauro, e altro);
nel 2008, proprio quest'area a mezzo della legge n. 123, veniva
individuata come sede «ideale» di una discarica, sita in località
Pozzelle, successivamente tristemente nota quale «Cava Sari»,
inaugurata nel maggio 2009 e chiusa perché stracolma, soltanto tre
anni dopo, nel maggio 2012;
nel corso degli anni, nonostante comitati cittadini e consiglieri
comunali abbiano più volte richiesto informazioni circa la natura dei
rifiuti interrati nella «Cava Sari», nessuna chiara e ufficiale risposta e
giunta né dal commissariato gestione rifiuti, né dalla società
affidataria della discarica, la ASIA Napoli spa, né tantomeno dal
comune di Terzigno;
la Asia Napoli spa in una nota del 12 luglio 2010, relativa ai
monitoraggi effettuati ex decreto legislativo 36 del 2003 dei
pedometri presso l'impianto di discarica Cava Sari, rendeva noto agli
enti preposti il superamento delle concentrazioni superiori ai limiti
consentiti dalla legge nella falda acquifera di elementi quali nichel,
zinco, PCB, cadmio, aldrin, benzo(a)pirene ed altri, che avrebbero
comportato un gravissimo e palese inquinamento della falda
acquifera;
con nota prot. N. 2415/SP del 25 ottobre 2010, la regione
Campania convocava un tavolo tecnico presso la prefettura di
Napoli per l'avvio di un piano di monitoraggio ambientale della
discarica;
sulla scorta di tale convocazione il comune di Terzigno incaricava
un proprio tecnico di fiducia di assistere al prelievo di campioni di
acqua tratte dai pozzi «spia» posti a monte e a valle della discarica
Sari e, altresì, di relazionare sui risultati delle analisi effettuate dai
tecnici dell'ARPAC;
da tali analisi emergevano, nella falda acquifera, il superamento delle
concentrazioni superiori ai limiti massimi consentiti di sostanze
quali ferro, manganese, fluoruri, nichel, zinco, PCB e cadmio,
diossine, prodotti derivanti da idrocarburi, pesticidi, cadmio, nichel
ed altri;
poche di queste sostanze possono essere riconducibili ed attribuibili
alla natura geomorfologica vulcanica, tutte le altre sono di certo
frutto di contaminazione causata dallo smaltimento scellerato dei
432
rifiuti, scellerato sia nella scelta del luogo (Parco nazionale del
Vesuvio) sia nelle modalità di trattamento dei rifiuti;
con nota del 1o febbraio 2011, la Direzione Generale per la tutela
del territorio e delle risorse idriche del Ministero dell'ambiente e
della tutela del territorio e del mare richiedeva ai gestori della
discarica di adottare entro 20 giorni idonei interventi di messa in
sicurezza d'emergenza delle acque di falda contaminate a valle della
discarica Cava SARI, sita nel comune di Terzigno, in località
Pozzelle;
da ciò si evince che le falde acquifere di Terzigno sono contaminate
e che ciò è già noto al Ministero dell'ambiente e della tutela del
territorio e del mare;
vale la pena ricordare i disastrosi effetti che dette sostanze,
accumulandosi nei terreni coltivati e nelle falde acquifere destinate
all'irrigazione ed al consumo, possono avere sulla salute delle
persone: patologie dei reni, ossa e sangue, disturbi della crescita,
danni allo scheletro, carenze riproduttive, tumori al fegato, alla
prostata ed ai polmoni, disturbi permanenti se si è fortunati,
altrimenti mortali;
a ciò si aggiunga che la discarica, allo stato, viene gestita dalla società
Ecodeco srl, gruppo A2A, che ne cura la captazione dei biogas, ma
la popolazione locale lamenta la cattiva gestione di tale impianto dal
quale provengono continui miasmi, che costringono i residenti a
rifugiarsi in casa, ben serrando porte e finestre, in ragione della
presenza di una coltre di vapori sulla discarica;
i danni causati dalla «Cava Sari» sono molteplici: la presenza di oltre
500 mila tonnellate di rifiuti indifferenziati all'interno del Parco
nazionale del Vesuvio, l'inquinamento di acqua, terreno e aria,
l'aumento concreto di patologie tumorali tra la popolazione
residente nella zona;
ad oggi, l'unico «provvedimento» che è stato preso per tutelare la
salute della popolazione residente nella zona consta all'interrogante
che sia stato l'invito da parte del comune di Terzigno a non
utilizzare l'acqua proveniente da detta falda né per il consumo
quotidiano né per l'irrigazione delle colture;
è evidente come si renda necessario, stante la gravità e l'emergenza
della questione, un intervento diretto da parte del Ministero
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare affinché si faccia
chiarezza sulla corretta gestione della discarica Cava Sari sita in
Località Pozzelle, sul rispetto delle norme vigenti in materia di
433
smaltimento dei rifiuti da parte dei gestori, anche a mezzo
dell'ausilio del Nucleo Operativo Ecologico (NOE) per la vigilanza
e repressione delle violazioni compiute in danno dell'ambiente;
è, altresì, evidente come si renda necessario, stante la gravità e
l'emergenza della questione, un intervento diretto da parte del
Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare
affinché si prenda contezza dello stato dei luoghi e del reale
inquinamento dei terreni, delle acque e dell'aria e, soprattutto,
affinché nei luoghi suddetti vengano adottati tutti gli idonei e
necessari interventi di messa in sicurezza delle aree inquinate per la
tutela del salute delle popolazioni residenti –:
Se e quali urgenti e improrogabili controlli del Ministero
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare intenderà
disporre per accertare i suesposti fatti e le eventuali condotte tenute
in violazione delle leggi e in danno della salute della popolazione
locale ed anche se e quali misure d'emergenza finalizzate alla messa
in sicurezza e/o bonifica delle aree contaminate il Ministero
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare intenderà
prendere per salvaguardare la salute dei cittadini e degli abitanti delle
zone limitrofe a Cava Sari a tutela della salubrità dell'acqua, del
terreno e dell'aria. (4-01522)
§ 21. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-01694180
Testo presentato, in data Venerdì 9 agosto 2013, seduta n. 69, da:
CRISTIAN IANNUZZI, BRESCIA e LOREFICE.
Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al
Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per
sapere – premesso che:
il Parco nazionale del Circeo viene istituito nel 1934 (regio decretolegge n. 285 del 1934) «allo scopo di conservare, tutelare e
valorizzare il patrimonio naturalistico e per la promozione e lo
sviluppo del turismo e delle attività compatibili»;
il parco vanta una delle più straordinarie collezioni di beni
180http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=6174&stile=7&highLi
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434
archeologici della nostra nazione con una grande quantità di
testimonianze paleoecologiche e preistoriche. La presenza umana
nel territorio è attestata a partire dal paleolitico medio, con grotte e
ripari sotto roccia presenti lungo tutto il perimetro del monte
Circeo e molti sono i resti degli insediamenti di età romana attorno
al promontorio di Circe; il 17 luglio 2013 le organizzazioni Water
Life Lake Club, ASD Fiume Cavata, Azienda Vallicola Lago di
Paola, Fondazione Marcello Zei onlus, Istituto Pangea onlus, Italia
Nostra, Teli Cultura Ambiente e Territorio, A.G.A.L., Ravenala –
Parco Culturale Letterario «Omero», Rinascita Civile, Rosa del
Deserto, Slow Food Condotta di Latina, Agenzia Talamata Viaggi,
Il Sentiero e Borghinbici, hanno inviato una lettera aperta alle
istituzioni locali per lanciare l'allarme sullo stato dei siti archeologici
e turistici dell'area del Circeo e sull'immenso patrimonio del
territorio che sta lentamente scomparendo; la possibilità di accesso
a queste aree e la fruizione del parco contribuiscono in maniera
significativa a valorizzare le funzioni pedagogiche e turistiche del
territorio; inoltre, la loro messa in sicurezza è da considerarsi di
fondamentale importanza per evitare spiacevoli incidenti come
successo in passato; le grotte del promontorio del Circeo sono da
considerarsi tra i maggiori poli di interesse speleomarino e
paleoantropologico d'Italia nonché eccezionali testimonianze dei
cambiamenti climatici nel tempo. Le cavità sono rimaste in stato di
totale abbandono, prive di un adeguato piano di tutela ed esposte a
spoliazioni e vandalismi; a seguito di alcuni crolli, l'ordinanza n. 85
del 2010 dell'ufficio circondariale marittimo di Terracina, tuttora
vigente, all'articolo 1, ha interdetto «la balneazione, la navigazione,
la sosta, l'ancoraggio, la pesca ed ogni altra attività che ne comporti
la fruizione, fino all'avvenuto ripristino delle condizioni di sicurezza,
della parete rocciosa del promontorio del Circeo del comune di San
Felice Circeo e più precisamente nel tratto compreso tra la grotta
delle Capre e la grotta della Maga Circe ed il relativo specchio
acqueo adiacente la scogliera e/o costa rocciosa fino a 50 metri dalla
stessa»; anche la grotta Guattari, che testimonia la presenza dei
primi uomini stanziatisi al Circeo tra i 70.000 e 55.000 anni fa, ed è
stata il luogo di ritrovamento di alcuni manufatti e del cranio fossile
di un uomo di Neanderthal al centro di un ovale formato da pietre,
è stata chiusa per infiltrazioni di acqua anni fa ed il problema non è
mai stato affrontato; altri siti archeologici di grande interesse del
territorio sono del tutto inaccessibili, in stato di abbandono o in
435
pericolo di crollo: Torre Paola, Piscina di Lucullo, Fonte di Lucullo
ed il sito romano nei pressi di Rio Martino; è urgente rendere
fruibile grotta Guattari, grotta delle Capre, e tutte le meraviglie che
il territorio del Circeo offre. Necessitano interventi strutturali che
non possono essere più rimandati; l'articolo 9 della Costituzione
della Repubblica italiana dispone: «la Repubblica promuove lo
sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il
paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione» –:
se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti espressi in
premessa e quali iniziative intendano porre in essere per
salvaguardare, valorizzare e rendere fruibili le aree in questione. (401694)
§ 22. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-00762181
Testo presentato, in data Giovedì 6 giugno 2013, seduta n. 30, da:
L'ABBATE, SCAGLIUSI, D'AMBROSIO, TERZONI,
PARENTELA, ZOLEZZI, BRESCIA, ZACCAGNINI, LUPO,
GALLINELLA, SEGONI, GAGNARLI, MASSIMILIANO
BERNINI, DE ROSA, FURNARI, PETRAROLI, CARIELLO,
PINNA, SPADONI, BIANCHI, SIBILIA, DI VITA,
BARONI, LIUZZI, DE
DORENZIS, LABRIOLA, DAGA,TOFALO,
BENEDETTI, CRIPPA, PRODANI, DA VILLA,
FANTINATI, MUCCI, RIZZETTO, CIPRINI, TRIPIEDI,
COMINARDI, ROSTELLATO, BECHIS, BALDASSARRE,
COLLETTI, COLONNESE, CARINELLI, SPESSOTTO,
VIGNAROLI, DEL GROSSO, TACCONI,
DI BATTISTA, MANLIO
DI STEFANO, CRISTIAN IANNUZZI,CATALANO, DIENI,
COZZOLINO, TONINELLI, BRUGNEROTTO, MANTERO,
LOREFICE, GRILLO e DALL'OSSO.
Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al
Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro
della salute. — Per sapere – premesso che:
181http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=2223&stile=7&highLi
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436
la discarica sita in Contrada Martucci, in agro di Conversano (Bari),
nella zona denominata un tempo «Conca d'Oro» per la fertilità delle
terre nonché nel territorio della «Denominazione di Origine
Protetta dell'Olio extravergine di oliva Terra di Bari», è sorta nel
1982 sanando la propria posizione di «abusiva» o «incontrollata»
grazie al decreto del Presidente della Repubblica n. 915 del 10
settembre 1982 ed alla contestuale attestazione del 5 agosto 1983
dell'allora sindaco di Conversano, l'onorevole Giuseppe Di Vagno,
del suo esercizio in data antecedente all'entrata in vigore del
suddetto decreto. L’iter autorizzativo si è concluso il 14 ottobre
1986 con l'intestazione della discarica alla neonata «Lombardi
Ecologia S.r.l.». Nel novembre 1990 il sindaco di Conversano Luigi
Fanelli emise ordinanza di chiusura della discarica, dopo
accertamenti dell'UTC, a causa del completo esaurimento dei
quattro ettari autorizzati, i cui ricorsi dei gestori furono rigettati dal
TAR Puglia (sentenze del 21 novembre 1990 e del 6 marzo 1991) e
dal Consiglio di Stato. Nonostante la protesta dell'intera cittadina,
nel 1994 venne concessa l'apertura provvisoria della discarica
Martucci (I lotto), gestita dalla suddetta Lombardi, concedendo
l'apertura due anni dopo di un altro lotto (il III) a causa
dell'emergenza del «ciclo dei rifiuti». Sino al marzo 2011, la discarica
Martucci vedrà passare da 12 a 21 i comuni autorizzati al
conferimento e gli iniziali 145.000 metri cubi («quanti ne può
contenere il III Lotto Settore D» come recitava l'ordinanza del
Governatore Raffaele Fitto) si moltiplicheranno grazie a sopralzi
(fino a 10 metri sul livello di campagna, con assenza di capisaldi di
riferimento...) e proroghe; complessivamente la discarica interessa
oltre 20 ettari e finora ha ricevuto milioni di tonnellate di rifiuti
provenienti da ogni dove (ad esempio, dalla Toscana, dall'Emilia
Romagna, dalla Campania e altre) superando anche 1.000 tonnellate
al giorno senza le dovute precauzioni previste dalla legge per lo
smaltimento dei rifiuti in discarica;
la «Lombardi Ecologia S.r.l.» ha acquisito, negli anni, la proprietà dei
suoli limitrofi alla discarica, dando il compito alla azienda «Fi.Lom.
S.r.l.» (Fondiaria Immobiliare Lombardi) di realizzare o coltivare
(sui campi non destinati nell'immediato ad accogliere i rifiuti)
vigneti, ciliegeti, oliveti, campi di carciofi, patata, rape, peperoni e
ortaggi vari. Dalle indagini della procura di Bari in corso,
ampiamente riprese dalla stampa locale e nazionale, è emerso tra
l'altro che sotto alcuni dei suddetti vigneti sono stati interrati
437
illegalmente rifiuti di ogni genere, come anche in cave abusive e
abbandonate dell'agro della confinante Mola di Bari. Dalle stesse
indagini e dal racconto di alcuni ex dipendenti della Lombardi
Ecologia è emerso inoltre che i campi limitrofi alla discarica
venivano innaffiati attraverso un sistema di pompe sommerse e
tubature, come testimoniano documenti fotografici e video, con
l'enorme quantità di percolato che si accumulava durante l'esercizio
della discarica, tanto da aver creato due «laghi» ai lati del I lotto di
esercizio. I prodotti ortofrutticoli ottenuti, nonché l'olio
extravergine di oliva, venivano poi immessi sul mercato o regalati;
i comuni di Mola e Conversano hanno emanato ordinanza per la
caratterizzazione e la bonifica dei siti utilizzati dalla Lombardi
Ecologia per lo smaltimento illegale di rifiuti solidi urbani e speciali,
nonché pericolosi, ma la stessa ditta non ha provveduto ed ha
presentato ricorso al TAR;
la sentenza del TAR Puglia, depositata il 7 ottobre 2010, ha dato
ragione ai comuni di Conversano e Mola annullando l'ordinanza del
presidente della provincia di Bari n. 1 del 29 giugno 2010,
l'ordinanza del presidente della provincia di Bari n. 1 del 6 agosto
2010, nonché i pareri dell'ARPA Puglia e della A.S.L. Bari da essa
presupposti e richiamati e condannando alle spese processuali
regione, provincia, ASL Bari, ARPA Puglia e Lombardi Ecologia.
Per l'organo della giustizia amministrativa regionale, infatti, è
evidente che «la scelta di consentire ulteriori conferimenti nella già
satura discarica di Conversano abbia costituito non la scelta
obbligata sibbene la scelta più comoda, quella più semplice da
seguire, ma anche la conseguenza di una imprudente
sottovalutazione dei rischi connessi al contenzioso pendente». E il
parere reso da ASL e ARPA alla provincia di Bari, e che ha portato
al sopralzo, è stato sommario e nel caso della ASL addirittura
immotivato. Il 14 ottobre 2010, il Consiglio di Stato ha disposto la
sospensiva della sentenza fino al 26 ottobre 2010 perché la regione
Puglia aveva impugnato la sentenza del TAR. Il 26 ottobre 2010, il
Consiglio di Stato confermò la sospensione della sentenza del TAR
sulla chiusura del III Lotto e, quindi, ne confermò la riapertura,
fissando la trattazione del merito al 31 maggio 2011, in pubblica
udienza: udienza che non fu mai tenuta perché, intanto, il 31 marzo
2011 il III lotto fu chiuso perché ricolmo oltre il possibile, portando
i rifiuti a raggiungere circa 10 metri di altezza oltre il livello di
campagna; il decreto n. 53 del Commissario delegato per
438
l'emergenza in materia di rifiuti in Puglia Nichi Vendola del 26
maggio 2011 avente per oggetto «Affidamento del servizio di
gestione del Sistema pubblico impiantistico complesso per RSU a
servizio del bacino di utenza BA5 in agro di Conversano.
Aggiudicazione definitiva. CIG 0860966B9B» (composto da centro
per il materiale proveniente da raccolta differenziata,
biostabilizzazione, produzione di CDR e discarica di serviziosoccorso), così come già avvenuto nel luglio 2006, e sempre «in
considerazione dell'emergenza rifiuti», ha decretato che il servizio
fosse aggiudicato definitivamente per una durata di 15 anni alla RTI
«Lombardi Ecologia S.r.l.» e «CO.GE.AM. S.r.l.» (oggi Progetto
Gestione Bacino Bari 5) nonché il corrispettivo economico del
servizio; il 30 maggio 2012, un anno dopo l'aggiudicazione della
gara d'appalto, il commissario delegato Nichi Vendola e il RTI
Lombardi Ecologia e Progetto Gestione Bacino Bari 5 hanno
firmato il «contratto di affidamento del pubblico servizio»
dell'impianto complesso di trattamento dei RSU. Il contratto
prevede che «La tariffa di conferimento presso il Centro di Raccolta
Differenziata verrà invece corrisposta dai Comuni conferenti in via
esclusiva al Soggetto Gestore, e determinata tramite specifici
accordi tra il soggetto gestore e i comuni conferenti medesimi»
(articolo 6.4), mentre prima, nella bozza di contratto allegata alla
gara d'appalto, l'attività del Centro (finanziato nel 1997, realizzato
nel 2001 e mai entrato in funzione) era prevista «senza oneri per i
Comuni», poiché la tariffa di 125,75 euro per tonnellata di rifiuti,
alla quale è stata aggiudicata la gara, comprende tutti le fasi di
trattamento dei rifiuti; il giudice per le indagini preliminari del
tribunale di Bari, Annachiara Mastrorilli, ha disposto il sequestro
preventivo senza facoltà d'uso delle vasche della suddetta discarica
di servizio-soccorso dell'impianto complesso presente sempre in
contrada Martucci. Il sito era già stato sottoposto a sequestro
probatorio nell'ottobre 2012 con facoltà d'uso a una delle due
vasche. L'esecuzione del decreto di sequestro penale preventivo ha
condotti i carabinieri del NOE, i Carabinieri della stazione di
Conversano, la guardia costiera sezione di PG ad apporre i sigilli.
Nel fascicolo della procura di Bari risultano indagate 11 persone, tra
tecnici e imprenditori delle aziende della RTI e funzionari della
regione Puglia, a cui vengono contestati i reati di omissione di atti di
ufficio, falso, frode nelle pubbliche forniture, truffa aggravata,
diverse violazioni dell'articolo 256 decreto legislativo n. 152 del
439
2006 nonché del decreto legislativo n. 231 del 2001 inerente la
responsabilità amministrativa delle persone giuridiche; risulta,
tramite la testimonianza di un ex-dipendente della società di
gestione della suddetta discarica, attraverso un'ampia
documentazione audio/foto/video, intercettazioni telefoniche e
riscontri documentali, la strutturale inidoneità morfologica del sito
in contrada Martucci; la fraudolenta realizzazione delle vasche di
soccorso all'impianto realizzate senza il previsto strato di argilla, le
gravi lesioni al manto in HDPE della vecchia discarica; gli omessi
controlli durante, le procedure di collaudo della nuova discarica
nonché predisposizioni di campionatura ad hoc per ottenere
risultati scientifici corrispondenti alla normativa; il conferimento di
tipologie di rifiuti non autorizzati anche pericolosi e considerati
«speciali» come batterie d'auto, pneumatici, reti frangivento e rifiuti
ospedalieri e altro; la non corretta biostabilizzazione del rifiuto; la
grave ed illecita situazione della vecchia discarica (contigua alla
nuova) nella quale vi sono stati illeciti abbancamenti e dalla quale vi
sono pericolose percolazioni ed emissione gassose derivante da
fermentazioni tossiche; l'azione di denuncia è stata condotta
attraverso testate giornalistiche locali che hanno raccolto la
testimonianza di un ex-dipendente della discarica e tramite l'azione
dei comitati di cittadini nati spontaneamente sul territorio
(«Riprendiamoci il Futuro» e «Chiudiamo la Discarica Martucci»); la
soluzione per tutelare la salute dei cittadini e l'ambiente, nonostante
la bassa percentuale di raccolta differenziata raggiunta in Puglia, non
è tanto meno riscontrabile nella creazione di ulteriori inceneritori
bensì è quella di incentivare le iniziative per promuovere la
riduzione della produzione dei rifiuti e la raccolta differenziata
sull'esempio dei comuni di Rutigliano e Cellamare (Bari), comuni
dell'ex-ATO Bari 5, che hanno superato il 70 per cento di raccolta
differenziata –:
se i Ministri interrogati intendano, nell'ambito delle proprie
funzioni, far inserire d'urgenza la megadiscarica di Contrada
Martucci fra i siti da bonificare di interesse nazionale sotto la
responsabilità del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio
e del mare, soprattutto per quel che concerne il primo lotto chiuso
nel 1996 ed il terzo lotto chiuso nel 2011 e da allora non più
competenza della regione Puglia che ne ha declinato le
responsabilità; se il Ministero competente possa riscontrare, qualora
la Magistratura accertasse i reati di cui al sequestro preventivo
440
ordinato dal gip del tribunale di Bari Annachiara Mastrorilli,
attraverso i dovuti controlli degli organi di vigilanza, la possibilità di
procedere ai sensi dell'articolo 311 del decreto legislativo 3 aprile
2006, n. 152, sia per i reati al vaglio della magistratura sia per
l'avvelenamento comprovato dall'utilizzo del percolato per la
coltivazione dei prodotti agroalimentari sui suoli contigui alla
medesima discarica; se i Ministri interrogati intendano, nell'ambito
delle proprie funzioni ed ai sensi dell'articolo 304 del decreto
legislativo 3 aprile 2006, n. 152, dare disposizioni al fine di mettere
in sicurezza i campi coltivati nelle aree interessate dallo smaltimento
illegale e incontrollato avvenuto in passato in agro di Conversano e
Mola di Bari; se i Ministri interrogati intendono, nell'ambito delle
proprie funzioni, ordinare alla società di gestione della discarica, ai
sensi dell'articolo 304 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, di
dare corso agli adempimenti previsti dall'AIA per la gestione postchiusura del III lotto della discarica di contrada Martucci,
nonostante essa sia stata chiusa oltre due anni fa; se i Ministri
interrogati intendano, nell'ambito delle proprie funzioni, attivarsi
presso l'Istituto Superiore della Sanità, rendendone partecipi i
cittadini, affinché vi siano definite, brevi e certe tempistiche per
ottenere l'aggiornamento dei dati epidemiologici fermi al periodo
2000-2005 pubblicati nel 2006 dall'OER (Osservatorio
epidemiologico regionale) della Puglia ed utilizzati dall'ARPA
Puglia, nella missiva inviata ai sindaci dei comuni di Conversano e
Mola di Bari (Bari) l'11 gennaio 2013, per dichiarare che «non c’è,
allo stato, evidenza che la situazione epidemiologica [...] sia
conseguenza della presenza del sito di smaltimento», con obiettivo
ultimo quello di dare avvio ad uno studio epidemiologico
approfondito e dettagliato; se risulta al Ministero competente che i
lotti già chiusi della discarica Martucci siano stati oggetto di
interventi di bonifica e ripristino ambientale previsti dal testo unico
ambientale di cui al decreto legislativo n. 152 del 3 aprile 2006; se i
Ministri interrogati intendano, nell'ambito delle proprie funzioni, al
fine di tutelare la salute degli agricoltori e dei cittadini, assumere
iniziative per un dettagliato studio idrogeologico di settore,
propedeutico alla individuazione dei pozzi spia per il prelevamento
dei campioni da esaminare delle falde acquifere visti i dubbi emersi,
dalla medesima indagine, condotti dall'ARPA e per delimitare i suoli
agricoli così da tutelare l'intero comparto agricolo della zona,
motore dell'economia locale. (4-00762)
441
§ 23. Interrogazione a risposta in commissione nr. 5-00813182
Testo presentato, in data Giovedì 1 agosto 2013, seduta n. 63, da:
L'ABBATE, SCAGLIUSI, D'AMBROSIO, TERZONI,
PARENTELA, ZOLEZZI, BRESCIA, ZACCAGNINI, LUPO, G
ALLINELLA, SEGONI, GAGNARLI, BERNINI,
DE ROSA, FURNARI,
PETRAROLI, CARIELLO, PINNA, SPADONI, BIANCHI,
SIBILIA, DI VITA, BARONI, LIUZZI, DE LORENZIS,
LABRIOLA, DAGA,TOFALO, BENEDETTI, CRIPPA, PRODA
NI, DA VILLA, FANTINATI, MUCCI, RIZZETTO, CIPRINI,
TRIPIEDI, COMINARDI, ROSTELLATO, BECHIS,
BALDASSARRE,COLLETTI, COLONNESE, CARINELLI,
SPESSOTTO, VIGNAROLI, DEL GROSSO, TACCONI,
DI BATTISTA, MANLIO DI STEFANO, IANNUZZI,
CATALANO, DIENI, COZZOLINO, TONINELLI,
BRUGNEROTTO, MANTERO, LOREFICE, GRILLO e
DALL'OSSO.
Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al
Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro
della salute. — Per sapere – premesso che:
la discarica sita in Contrada Martucci, in agro di Conversano (Bari),
nella zona denominata un tempo «Conca d'Oro» per la fertilità delle
terre nonché nel territorio della «Denominazione di Origine
Protetta dell'Olio extravergine di oliva Terra di Bari», è sorta nel
1982 sanando la propria posizione di «abusiva» o «incontrollata»
grazie al decreto del Presidente della Repubblica n. 915 del 10
settembre 1982 ed alla contestuale attestazione del 5 agosto 1983
dell'allora sindaco di Conversano, l'onorevole Giuseppe Di Vagno,
del suo esercizio in data antecedente all'entrata in vigore del
suddetto decreto. L’iter autorizzativo si è concluso il 14 ottobre
1986 con l'intestazione della discarica alla neonata «Lombardi
Ecologia S.r.l.». Nel novembre 1990 il sindaco di Conversano Luigi
Fanelli emise ordinanza di chiusura della discarica, dopo
accertamenti dell'UTC, a causa del completo esaurimento dei
182http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=5317&stile=7&highLi
ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+IN+COMMISSIONE%27
442
quattro ettari autorizzati, i cui ricorsi dei gestori furono rigettati dal
TAR Puglia (sentenze del 21 novembre 1990 e del 6 marzo 1991) e
dal Consiglio di Stato. Nonostante la protesta dell'intera cittadina,
nel 1994 venne concessa l'apertura provvisoria della discarica
Martucci (I lotto), gestita dalla suddetta Lombardi, concedendo
l'apertura due anni dopo di un altro lotto (il III) a causa
dell'emergenza del «ciclo dei rifiuti». Sino al marzo 2011, la discarica
Martucci vedrà passare da 12 a 21 i comuni autorizzati al
conferimento e gli iniziali 145.000 metri cubi («quanti ne può
contenere il III Lotto Settore D» come recitava l'ordinanza del
Governatore Raffaele Fitto) si moltiplicheranno grazie a sopralzi
(fino a 10 metri sul livello di campagna, con assenza di capisaldi di
riferimento...) e proroghe; complessivamente la discarica interessa
oltre 20 ettari e finora ha ricevuto milioni di tonnellate di rifiuti
provenienti da ogni dove (ad esempio, dalla Toscana, dall'Emilia
Romagna, dalla Campania e altre) superando anche 1.000 tonnellate
al giorno senza le dovute precauzioni previste dalla legge per lo
smaltimento dei rifiuti in discarica; la «Lombardi Ecologia S.r.l.» ha
acquisito, negli anni, la proprietà dei suoli limitrofi alla discarica,
dando il compito alla azienda «Fi.Lom. S.r.l.» (Fondiaria
Immobiliare Lombardi) di realizzare o coltivare (sui campi non
destinati nell'immediato ad accogliere i rifiuti) vigneti, ciliegeti,
oliveti, campi di carciofi, patata, rape, peperoni e ortaggi vari. Dalle
indagini della procura di Bari in corso, ampiamente riprese dalla
stampa locale e nazionale, è emerso tra l'altro che sotto alcuni dei
suddetti vigneti sono stati interrati illegalmente rifiuti di ogni genere,
come anche in cave abusive e abbandonate dell'agro della
confinante Mola di Bari. Dalle stesse indagini e dal racconto di
alcuni ex dipendenti della Lombardi Ecologia è emerso inoltre che i
campi limitrofi alla discarica venivano innaffiati attraverso un
sistema di pompe sommerse e tubature, come testimoniano
documenti fotografici e video, con l'enorme quantità di percolato
che si accumulava durante l'esercizio della discarica, tanto da aver
creato due «laghi» ai lati del I lotto di esercizio. I prodotti
ortofrutticoli ottenuti, nonché l'olio extravergine di oliva, venivano
poi immessi sul mercato o regalati; i comuni di Mola e Conversano
hanno emanato ordinanza per la caratterizzazione e la bonifica dei
siti utilizzati dalla Lombardi Ecologia per lo smaltimento illegale di
rifiuti solidi urbani e speciali, nonché pericolosi, ma la stessa ditta
non ha provveduto ed ha presentato ricorso al TAR; la sentenza
443
del TAR Puglia, depositata il 7 ottobre 2010, ha dato ragione ai
comuni di Conversano e Mola annullando l'ordinanza del presidente
della provincia di Bari n. 1 del 29 giugno 2010, l'ordinanza del
presidente della provincia di Bari n. 1 del 6 agosto 2010, nonché i
pareri dell'ARPA Puglia e della A.S.L. Bari da essa presupposti e
richiamati e condannando alle spese processuali regione, provincia,
ASL Bari, ARPA Puglia e Lombardi Ecologia. Per l'organo della
giustizia amministrativa regionale, infatti, è evidente che «la scelta di
consentire ulteriori conferimenti nella già satura discarica di
Conversano abbia costituito non la scelta obbligata sibbene la scelta
più comoda, quella più semplice da seguire, ma anche la
conseguenza di una imprudente sottovalutazione dei rischi connessi
al contenzioso pendente». E il parere reso da ASL e ARPA alla
provincia di Bari, e che ha portato al sopralzo, è stato sommario e
nel caso della ASL addirittura immotivato. Il 14 ottobre 2010, il
Consiglio di Stato ha disposto la sospensiva della sentenza fino al 26
ottobre 2010 perché la regione Puglia aveva impugnato la sentenza
del TAR. Il 26 ottobre 2010, il Consiglio di Stato confermò la
sospensione della sentenza del TAR sulla chiusura del III Lotto e,
quindi, ne confermò la riapertura, fissando la trattazione del merito
al 31 maggio 2011, in pubblica udienza: udienza che non fu mai
tenuta perché, intanto, il 31 marzo 2011 il III lotto fu chiuso perché
ricolmo oltre il possibile, portando i rifiuti a raggiungere circa 10
metri di altezza oltre il livello di campagna; il decreto n. 53 del
Commissario delegato per l'emergenza in materia di rifiuti in Puglia
Nichi Vendola del 26 maggio 2011 avente per oggetto
«Affidamento del servizio di gestione del Sistema pubblico
impiantistico complesso per RSU a servizio del bacino di utenza
BA5 in agro di Conversano. Aggiudicazione definitiva. CIG
0860966B9B» (composto da centro per il materiale proveniente da
raccolta differenziata, biostabilizzazione, produzione di CDR e
discarica di servizio-soccorso), così come già avvenuto nel luglio
2006, e sempre «in considerazione dell'emergenza rifiuti», ha
decretato che il servizio fosse aggiudicato definitivamente per una
durata di 15 anni alla RTI «Lombardi Ecologia S.r.l.» e
«CO.GE.AM. S.r.l.» (oggi Progetto Gestione Bacino Bari 5) nonché
il corrispettivo economico del servizio; il 30 maggio 2012, un anno
dopo l'aggiudicazione della gara d'appalto, il commissario delegato
Nichi Vendola e il RTI Lombardi Ecologia e Progetto Gestione
Bacino Bari 5 hanno firmato il «contratto di affidamento del
444
pubblico servizio» dell'impianto complesso di trattamento dei RSU.
Il contratto prevede che «La tariffa di conferimento presso il Centro
di Raccolta Differenziata verrà invece corrisposta dai Comuni
conferenti in via esclusiva al Soggetto Gestore, e determinata
tramite specifici accordi tra il soggetto gestore e i comuni conferenti
medesimi» (articolo 6.4), mentre prima, nella bozza di contratto
allegata alla gara d'appalto, l'attività del Centro (finanziato nel 1997,
realizzato nel 2001 e mai entrato in funzione) era prevista «senza
oneri per i Comuni», poiché la tariffa di 125,75 euro per tonnellata
di rifiuti, alla quale è stata aggiudicata la gara, comprende tutti le fasi
di trattamento dei rifiuti; il giudice per le indagini preliminari del
tribunale di Bari, Annachiara Mastrorilli, ha disposto il sequestro
preventivo senza facoltà d'uso delle vasche della suddetta discarica
di servizio-soccorso dell'impianto complesso presente sempre in
contrada Martucci. Il sito era già stato sottoposto a sequestro
probatorio nell'ottobre 2012 con facoltà d'uso a una delle due
vasche. L'esecuzione del decreto di sequestro penale preventivo ha
condotti i carabinieri del NOE, i Carabinieri della stazione di
Conversano, la guardia costiera sezione di PG ad apporre i sigilli.
Nel fascicolo della procura di Bari risultano indagate 11 persone, tra
tecnici e imprenditori delle aziende della RTI e funzionari della
regione Puglia, a cui vengono contestati i reati di omissione di atti di
ufficio, falso, frode nelle pubbliche forniture, truffa aggravata,
diverse violazioni dell'articolo 256 decreto legislativo n. 152 del
2006 nonché del decreto legislativo n. 231 del 2001 inerente la
responsabilità amministrativa delle persone giuridiche; risulta,
tramite la testimonianza di un ex-dipendente della società di
gestione della suddetta discarica, attraverso un'ampia
documentazione audio/foto/video, intercettazioni telefoniche e
riscontri documentali, la strutturale inidoneità morfologica del sito
in contrada Martucci; la fraudolenta realizzazione delle vasche di
soccorso all'impianto realizzate senza il previsto strato di argilla, le
gravi lesioni al manto in HDPE della vecchia discarica; gli omessi
controlli durante, le procedure di collaudo della nuova discarica
nonché predisposizioni di campionatura ad hoc per ottenere
risultati scientifici corrispondenti alla normativa; il conferimento di
tipologie di rifiuti non autorizzati anche pericolosi e considerati
«speciali» come batterie d'auto, pneumatici, reti frangivento e rifiuti
ospedalieri e altro; la non corretta biostabilizzazione del rifiuto; la
grave ed illecita situazione della vecchia discarica (contigua alla
445
nuova) nella quale vi sono stati illeciti abbancamenti e dalla quale vi
sono pericolose percolazioni ed emissione gassose derivante da
fermentazioni tossiche; l'azione di denuncia è stata condotta
attraverso testate giornalistiche locali che hanno raccolto la
testimonianza di un ex-dipendente della discarica e tramite l'azione
dei comitati di cittadini nati spontaneamente sul territorio
(«Riprendiamoci il Futuro» e «Chiudiamo la Discarica Martucci»);
la soluzione per tutelare la salute dei cittadini e l'ambiente,
nonostante la bassa percentuale di raccolta differenziata raggiunta in
Puglia, non è tanto meno riscontrabile nella creazione di ulteriori
inceneritori bensì è quella di incentivare le iniziative per
promuovere la riduzione della produzione dei rifiuti e la raccolta
differenziata sull'esempio dei comuni di Rutigliano e Cellamare
(Bari), comuni dell'ex-ATO Bari 5, che hanno superato il 70 per
cento di raccolta differenziata –:
se i Ministri interrogati intendano, nell'ambito delle proprie
funzioni, far inserire d'urgenza la megadiscarica di Contrada
Martucci fra i siti da bonificare di interesse nazionale sotto la
responsabilità del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio
e del mare, soprattutto per quel che concerne il primo lotto chiuso
nel 1996 ed il terzo lotto chiuso nel 2011 e da allora non più
competenza della regione Puglia che ne ha declinato le
responsabilità; se il Ministero competente possa riscontrare, qualora
la Magistratura accertasse i reati di cui al sequestro preventivo
ordinato dal gip del tribunale di Bari Annachiara Mastrorilli,
attraverso i dovuti controlli degli organi di vigilanza, la possibilità di
procedere ai sensi dell'articolo 311 del decreto legislativo 3 aprile
2006, n. 152, sia per i reati al vaglio della magistratura sia per
l'avvelenamento comprovato dall'utilizzo del percolato per la
coltivazione dei prodotti agroalimentari sui suoli contigui alla
medesima discarica; se i Ministri interrogati intendano, nell'ambito
delle proprie funzioni ed ai sensi dell'articolo 304 del decreto
legislativo 3 aprile 2006, n. 152, dare disposizioni al fine di mettere
in sicurezza i campi coltivati nelle aree interessate dallo smaltimento
illegale e incontrollato avvenuto in passato in agro di Conversano e
Mola di Bari; se i Ministri interrogati intendono, nell'ambito delle
proprie funzioni, ordinare alla società di gestione della discarica, ai
sensi dell'articolo 304 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, di
dare corso agli adempimenti previsti dall'AIA per la gestione postchiusura del III lotto della discarica di contrada Martucci,
446
nonostante essa sia stata chiusa oltre due anni fa; se i Ministri
interrogati intendano, nell'ambito delle proprie funzioni, attivarsi
presso l'Istituto Superiore della Sanità, rendendone partecipi i
cittadini, affinché vi siano definite, brevi e certe tempistiche per
ottenere l'aggiornamento dei dati epidemiologici fermi al periodo
2000-2005 pubblicati nel 2006 dall'OER (Osservatorio
epidemiologico regionale) della Puglia ed utilizzati dall'ARPA
Puglia, nella missiva inviata ai sindaci dei comuni di Conversano e
Mola di Bari (Bari) l'11 gennaio 2013, per dichiarare che «non c’è,
allo stato, evidenza che la situazione epidemiologica [...] sia
conseguenza della presenza del sito di smaltimento», con obiettivo
ultimo quello di dare avvio ad uno studio epidemiologico
approfondito e dettagliato; se risulta al Ministero competente che i
lotti già chiusi della discarica Martucci siano stati oggetto di
interventi di bonifica e ripristino ambientale previsti dal testo unico
ambientale di cui al decreto legislativo n. 152 del 3 aprile 2006; se i
Ministri interrogati intendano, nell'ambito delle proprie funzioni, al
fine di tutelare la salute degli agricoltori e dei cittadini, assumere
iniziative per un dettagliato studio idrogeologico di settore,
propedeutico alla individuazione dei pozzi spia per il prelevamento
dei campioni da esaminare delle falde acquifere visti i dubbi emersi,
dalla medesima indagine, condotti dall'ARPA e per delimitare i suoli
agricoli così da tutelare l'intero comparto agricolo della zona,
motore dell'economia locale. (5-00813)
Risposta scritta pubblicata Martedì 17 settembre 2013
nell'allegato al bollettino in Commissione VIII (Ambiente) nr.
5-00813
Con riferimento alle problematiche ambientali segnalate dagli
Onorevoli interroganti, si rappresenta quanto segue.
Il territorio comunale di Conversano nella vasta area della Contrada
Martucci è caratterizzato dalla presenza di diversi impianti di
smaltimento e trattamento dei rifiuti. In particolare, così come
relazionato dalla Regione Puglia, vi è: la vecchia discarica comunale,
che è stata in esercizio dal 1975 al 1982 e successivamente dalla fine
degli anni ’80 e fino al 1996; il I lotto della discarica della Società
Lombardi Ecologia, chiuso negli anni 90 e il III lotto, attualmente
chiuso; l'impianto complesso gestito dalla Società Progetto
Gestione Bacino Bari 5 s.r.l. Per quanto riguarda il I lotto della
447
discarica gestita dalla Società Lombardi Ecologia, la chiusura e la
post-gestione erano assoggettati alla disciplina del decreto del
Presidente della Repubblica n. 915 del 1982 e dalla Legge regionale
di Delega n. 30/1986.
Per il III lotto, invece, i cui conferimenti sono cessati nel marzo
2011, a seguito di Ordinanza del Commissario Delegato per
l'Emergenza Ambientale n. 98/2011, è in corso presso l'Assessorato
il procedimento integrato di VIA/AIA all'interno del quale è stato
già richiesto uno studio idrogeologico finalizzato al monitoraggio
della falda acquifera, con la previsione che, a valle del
provvedimento di Valutazione di Impatto Ambientale, si procederà
all'adozione dell'atto formale di chiusura della discarica ai sensi
dell'articolo 12, comma 3 del decreto legislativo n. 36 del 2003.
Con riguardo, invece, all'impianto complesso, gestito dalla Società
Progetto gestione bacino Bari 5, dagli atti della Regione, risulta che
la Società ha avviato le procedure per la messa in sicurezza, ai sensi
dell'articolo 245 del decreto legislativo n. 152 del 2006 e s.m.i., a
seguito del sequestro operato dal GIP su tre pozzi, peraltro comuni
ai sopra richiamati impianti, e sulle due vasche, presentando il
Documento «Analisi storica ed elaborazione dei dati esistenti»
finalizzato alla elaborazione di un Piano di indagine preliminare.
La situazione del sito, come delle aree agricole limitrofe, è altresì
oggetto di una approfondita indagine dell'Arpa Puglia.
Nel gennaio 2013, infatti, la suddetta Agenzia ha condotto uno
studio di tipo descrittivo con l'obiettivo di fornire, separatamente
per causa e genere, un profilo di mortalità della popolazione
residente nei Comuni di Mola di Bari e Conversano e di evidenziare
eventuali eccessi negli indicatori di mortalità specifici per causa di
morte rispetto agli indicatori regionali e provinciali.
La Procura della Repubblica presso il Tribunale di Bari ha
promosso un procedimento penale a carico dei responsabili della
società Lombardi Ecologica Srl, successivamente ricostituita nella
società Progetto Gestione Bari Cinque Srl, nonché di alcuni pubblici
funzionari, per gravi reati, quali, la gestione illecita di rifiuti, il
disastro, la truffa, il falso e l'omissione di atti di ufficio.
Nel corso delle indagini preliminari, è stato disposto il sequestro
preventivo di alcune vasche di soccorso della discarica in questione
(già oggetto di sequestro probatorio), della cd. vecchia discarica,
nonché di alcuni pozzi posti a valle dell'impianto suddetto. I
provvedimenti sono stati assunti al fine di evitare che le attività in
448
corso di esecuzione presso i siti indicati possano aggravare le
conseguenze dei reati, ai danni dell'ambiente e della collettività.
Il Tribunale di Bari, con ordinanza del 3 luglio 2013, ha accolto la
richiesta formulata dalla società Progetto Gestione Bacino Bari 5 di
procedere con incidente probatorio al fine di accertare, nel
contraddittorio delle parti, alcune caratteristiche tecniche
dell'impianto in questione. Il caso segnalato dagli Onorevoli
interroganti è all'attenzione del Ministero. Infatti, nell'ambito del
suddetto procedimento penale, questa Amministrazione, seppure
erroneamente non ancora individuata quale persona offesa, ha
interesse alla costituzione di parte civile nel processo in quanto
titolare del diritto al risarcimento del danno ambientale cagionato.
Pertanto, al fine di poter partecipare attivamente alle disposte
operazioni peritali, attraverso la nomina di un consulente tecnico di
parte, con nota del 4 settembre 2013 ha richiesto ad ISPRA di
indicare i riferimenti di un funzionario che possa assumere il
suddetto incarico. Sarà, quindi, cura del Ministero procedere, in
coordinamento con il Commissario delegato nonché con il
supporto dell'Avvocatura dello Stato, ad ogni utile iniziativa per la
salvaguardia dell'interesse erariale.
§ 24. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-00152183
Testo presentato, in data Mercoledì 3 aprile 2013, seduta n. 7, da:
LIUZZI, DE ROSA, TOFALO, TERZONI, MANNINO,
ZOLEZZI e BUSTO.
Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e
della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute, al
Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
l'inceneritore Fenice di Melfi tratta 65.000 tonnellate annue di rifiuti
di cui 30.000 di rifiuti solidi assimilati agli urbani e 35.000 di rifiuti
industriali; l'inceneritore Fenice di Melfi è stato posto al centro di
indagini giudiziarie da parte della procura della Repubblica di
Potenza, che ipotizza il reato di disastro ambientale, per il quale
183http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=1230&stile=7&highLi
ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27
449
risultano essere stati indagati responsabili di dipartimento regionale,
responsabili aziendali e dell'ex-direttore generale dell'ARPAB,
nonché del suo responsabile per la provincia di Potenza, Agenzia
regionale per l'ambiente della Basilicata, nei confronti dei quali, l'11
ottobre 2011, sono state emesse ordinanze di custodia cautelare ai
domiciliari; il CTU, il professor Francesco Fracassi del dipartimento
di chimica dell'università degli studi di Bari, nominato dalla procura
di Melfi, nella sua relazione del 24 maggio 2010 evidenziava un
inquinamento, conosciuto dai proprietari dell'impianto Fenice già
dal 29 giugno 2000 (o dal maggio 2002) e dall'ARPA Basilicata
(Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente Basilicata) dal 10
gennaio 2002; dalla relazione del professor Fracassi, è emersa
quindi la condotta omissiva dell'impianto Fenice srl – EDF e
dell'ARPA Basilicata i quali erano già a conoscenza di un disastro
ambientale a partire dalle date prima citate. Tuttavia dagli atti risulta
che l'ARPA Basilicata non ha inviato alcuna comunicazione alla
procura di Melfi (ai sensi dell'articolo 244 del Testo unico
ambientale) se non prima del 3 marzo 2009; solo dal 2009, è in atto
la procedura di messa in sicurezza di emergenza (M.I.S.E)
dell'impianto Fenice, secondo quanto stabilito dal decreto legislativo
n. 153 del 2006; a distanza di quattro anni dal provvedimento di
messa in sicurezza di emergenza, dai monitoraggi bimestrali
dell'ARPA Basilicata sulle falde acquifere, l'emergenza non risulta
essere rientrata, ma sono certificati (sempre dall'ARPAB) la
prosecuzione e l'aggravamento dell'inquinamento della falda
acquifera e di conseguenza del territorio. Nello specifico risultano
essere presenti ferro, nickel, manganese, composti organici Volatili
(VOC) e fluoruri ben oltre la soglia dei parametri consentiti;
l'ARPA Basilicata, nella sua nota – Al 2 – n. 0008981 class.ne
26/03/2001 del 14 ottobre 2011 inviata a vari enti, ha sostenuto che
gli interventi di messa in sicurezza di emergenza (peraltro non
ancora completati a 4 anni dall'inizio dei primi) avessero
sensibilmente ridotto i livelli di contaminazione delle acque
sotterranee in attesa degli interventi di bonifica, questi ultimi non
ancora concordati operativamente; il dottor geol. Giampiero
D'Ecclesiis, dopo un'ampia relazione redatta su iniziativa del
Comitato di «Diritto alla Salute» di Lavello, ebbe a dichiarare nel
penultimo capoverso della predetta relazione, citando testualmente
«Appare quindi necessario richiedere gli indispensabili
approfondimenti numerici e, laddove non fossero stati eseguiti, gli
450
accertamenti in situ necessari per determinare tutte le principali
grandezze idrogeologiche indispensabili per procedere ad una
modellizzazione del fenomeno esaminato tale da validare l'ipotesi di
genesi, propagazione e diffusione dell'inquinamento e sulla base del
quale procedere ad un mirato piano di bonifica dell'area»
(Giampiero D'Eclessiis, 26 aprile 2012); si ipotizza che
l'inquinamento dell'inceneritore potrebbe far si che si rilevino anche
molti altri valori ben oltre la soglia consentita, quali ad esempio
diossine, furani e PCB dei camini;
l'impianto continua ad operare in base ad autorizzazioni provvisorie
rilasciate dalla provincia di Potenza nelle more del rilascio
dell'Autorizzazione integrata ambientale da parte della regione
Basilicata da tempo scaduta; fatto che ha contribuito a far
condannare l'Italia dalla Corte europea per violazione della direttiva
200/1/CE (sentenza del 31 marzo 2011 causa C-50/10);
la Commissione d'inchiesta istituita dalla regione Basilicata
sull'impianto Fenice di Melfi, istituita dal consiglio regionale il 4
ottobre 2011, ha concluso il 20 marzo 2012 i propri lavori
denunciando gravi responsabilità sottolineati da una corposa
relazione finale con inadempienze, omissioni, ritardi con cui gli
organi di controllo regionali hanno adempiuto ed adempiono ai loro
compiti istituzionali, al di là dei precisi profili di responsabilità
giuridica dei singoli responsabili, la definizione dei quali è compito
della magistratura approfondire. Tale situazione evidenzia inoltre
responsabilità degli uffici regionali e provinciali che avrebbero
dovuto esercitare i controlli, oltre che dei vertici passati ed attuali
dell'Agenzia di protezione ambientale della Basilicata;
con ordinanza sindacale a seguito della conferenza di servizi di
giugno 2012, alla quale la società non si è presentata si intima a
Fenice Ambiente srl entro 15 giorni di presentare il progetto della
barriera idraulica realizzata e nel contempo essa dovrà fornire anche
una relazione tecnica giustificativa del persistente superamento dei
contaminanti nei pozzi di monitoraggio. L'ordinanza prescrive
inderogabilmente l'obbligo di presentare una relazione descrittiva
dei metodi proposti per l'introduzione dei fluidi traccianti al fine di
verificare l'integrità dell'impianto sul quale si nutrono
preoccupazioni circa il suo corretto funzionamento. Le attività di
monitoraggio delle acque sotterranee dovranno essere svolte per un
trimestre, con cadenza mensile, all'esito delle quali saranno adottate
conseguenti ulteriori prescrizioni. A Fenice è stato prescritto anche
451
di fornire una relazione specialistica contenente tutti i chiarimenti,
gli approfondimenti tecnici, la raccolta sistematica dei dati acquisiti
ed ogni altra integrazione, utile a risolvere tutte le criticità e le
osservazioni rilevate dal documento ISPRA, dal parere espresso
dalla Conferenza di servizi nella seduta del giugno 2012 e dalle
integrazioni richieste dalla delibera del Commissario straordinario
nel 2011. In caso di inottemperanza del soggetto obbligato si
procederà a termini di legge denunciando quanto dovuto
all'Autorità Giudiziaria ed assumendo tutti gli opportuni
provvedimenti a tutela della salute e della pubblica incolumità;
l'ordinanza succitata ha prolungato i tempi di intervento non
garantendo la salvaguardia ambientale tant’è vero che le istituzioni
territoriali e strumentali della Basilicata regione, provincia di
Potenza, comune di Melfi, ARPA Basilicata, azienda sanitaria del
potentino, non sono sembrate capaci di individuare le cause
dell'inquinamento oltre a far ricondurre i valori al di sotto della
concentrazione della soglia di contaminazione (C.S.C);
nonostante quanto affermato nella nota ARPA Basilicata del 14
ottobre 2011, dai controlli della stessa istituzione strumentale, è
emerso il 25 settembre 2012 che al camino del forno rotante i valori
di emissione del mercurio immesso in atmosfera sono risultati
essere oltre tre volte la soglia massima consentita: 0,177 mg/Nm3
rispetto allo 0.05 tollerato;
nelle falde acquifere continua a verificarsi il superamento dei valori
limite di concentrazione di sostanze inquinanti; il soggetto
attualmente gestore «Fenice Ambiente srl» che ha rilevato l'impianto
da EDF Fenice spa, a quanto consta agli interroganti, non
ottempera ai piani di bonifica ed alle prescrizioni del comune di
Melfi circa il piano di bonifica che comprenda anche le aree a valle
delle barriere idrauliche a ridosso dell'impianto, nella piana di San
Nicola di Melfi. Detta società a responsabilità limitata non sembra a
giudizio degli interroganti offrire garanzie non solo economiche ma
anche tecniche per assolvere alla bonifica, ricorrendo alla giustizia
amministrativa contro i provvedimenti e le ordinanze sindacali del
comune di Melfi;
è in atto un ricorso al TAR della Basilicata da parte della società che
gestisce l'impianto, la quale considera insostenibile il sequestro
dell'impianto di sua proprietà e la nomina di custodi giudiziari atti a
garantire l'eliminazione del sequestro in atto; le istituzioni locali si
sono dimostrate, a giudizio degli interroganti, inadeguate e poco
452
trasparenti nella gestione virtuosa della riduzione, riciclo e riuso dei
rifiuti prodotti dai residenti della Basilicata; dalle diverse
interrogazioni parlamentari rivolte negli ultimi anni al Ministero
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare su queste
problematiche, sulla base anche delle audizioni svoltesi in
Commissione ambiente è sempre emersa, oltre alle problematiche
legate all'inquinamento pluriennale delle falde idriche, anche
l'assenza di un monitoraggio della matrice ambientale aria, fatto
salvo uno studio dell'Istituto superiore di sanità autonomamente
realizzato; il Governo Monti ed i Ministri interrogati, hanno
approvato l'8 marzo 2013 una strategia energetica nazionale (SeN)
in cui si ipotizza la prosecuzione del pagamento dei CIP6 e il
recupero energetico dai rifiuti; si è consapevoli che quanto
enunciato nella strategia energetica nazionale è dissonante con
l'indirizzo della risoluzione del Parlamento europeo del 24 maggio
2012 nel quale si determina che si mira alla realizzazione di
«Un'Europa efficiente nell'impiego delle risorse». Tale risoluzione,
pur non essendo una direttiva, costituisce un documento
preparatorio da un lato per il settimo programma europeo d'azione
per l'ambiente e dall'altra per la nuova direttiva quadro sui rifiuti
prevista per il 2014; il trattato di Maastricht, recepito dalla
normativa italiana nel «codice dell'ambiente» (decreto legislativo n.
152 del 2006), all'articolo 301, recita: «In applicazione del principio
di precauzione del Trattato CE, in caso di pericoli, anche solo
potenziali, per la salute umana e per l'ambiente, deve essere
assicurato un alto livello di protezione». Tale concetto è stato
ulteriormente precisato con l'articolo 3-ter del decreto legislativo n.
4 del 2008 (integrativo del decreto legislativo n. 152 del 2006): «La
tutela dell'ambiente e degli ecosistemi naturali e del patrimonio
culturale deve essere garantita da tutti gli enti pubblici e privati e
dalle persone fisiche e giuridiche pubbliche o private, mediante una
adeguata azione che sia informata ai principi della precauzione,
dell'azione preventiva...»; il Ministero dell'ambiente e della tutela del
territorio e del mare in ottemperanza dell'articolo 132 del decreto
legislativo n. 152 del 2006, può esercitare interventi sostitutivi «per
mancata effettuazione dei controlli previsti dalla parte terza» del
decreto legislativo n. 152 del 2006, diffidando la regione Basilicata a
provvedere ad attuare le azioni di bonifica entro il termine massimo
di centottanta giorni, ovvero entro il minor termine imposto dalle
esigenze di tutela ambientale e, in caso di persistente inadempienza
453
da parte della società Fenice Ambiente srl; nell'esercizio dei poteri
sostitutivi, di cui al comma 1 dell'articolo 132 del decreto legislativo
n. 152 del 2006, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio
nomina un commissario ad acta per la gestione delle aree
contaminate che pone in essere gli atti necessari agli adempimenti
previsti dalla normativa vigente a carico della regione, anche al fine
dell'organizzazione di un efficace sistema dei controlli –:quali
iniziative i Ministri interroganti intendano assumere, per quanto di
propria responsabilità, nel rispetto dei profili di competenza della
magistratura; quali iniziative per quanto di competenza, intendano
porre in essere per verificare in modo estensivo ed esaustivo l'entità
dei possibili danni all'ambiente prodottisi nel tempo e per
monitorare e tutelare la salute della popolazione locale dagli effetti
delle emissioni inquinanti; se non si ritenga doveroso un intervento
tempestivo e diretto ai sensi dell'articolo 132 del decreto legislativo
n. 152 del 2006, in particolare con la nomina di un commissario ad
acta, affinché, sulla base di un piano di caratterizzazione dell'intera
area sottesa all'inceneritore Fenice, venga attuata la bonifica dell'area
con oneri a carico dell'ente inadempiente; se intendano assumere
iniziative, alla luce di quanto esposto ed in relazione a circostanze
analoghe registrate in altre parti del territorio nazionale, per
rafforzare con urgenza e con decisione i parametri di tutela
ambientale e le conseguenti azioni in caso di superamento dei valori
limite, con particolare riferimento alle emissioni di diossina. (400152)
§ 25. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-01852184
Testo presentato, in data Mercoledì 18 settembre 2013, seduta n. 79,
da:
MANTERO, BECHIS, VALENTE, BATTELLI, BUSINAROLO,
LOREFICE, SPADONI e D'INCÀ.
Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. —
Per sapere – premesso che:
184http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=6722&stile=7&highLi
ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27
454
a seguito della Conferenza di servizi svoltasi presso il Ministero
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare l'8 novembre
2006, è stata richiesta dalla regione Liguria la dichiarazione dello
stato di emergenza per risolvere, con i necessari provvedimenti
straordinari, la grave situazione di inquinamento in cui versa l'area
industriale dello stabilimento Stoppani nel comune di Cogoleto
(Genova); tale richiesta è stata accolta e ratificata con decreto del
Presidente del Consiglio dei ministri del 23 novembre 2006 recante
«Modifiche all'organizzazione interna del Dipartimento della
protezione civile»; con successiva ordinanza della Presidenza del
Consiglio dei ministri 3554 del 5 dicembre 2006 recante
«Disposizioni urgenti di protezione civile per fronteggiare la grave
situazione di emergenza, determinatasi nello stabilimento Stoppani
sito nel comune di Cogoleto» è stato nominato il commissario
delegato per il superamento dello stato di emergenza al quale sono
stati attribuiti poteri straordinari; con successive ordinanze della
Presidenza del Consiglio del ministri (ordinanza del Presidente del
Consiglio dei ministri 3559 del 27 dicembre 2006, ordinanza del
Presidente del Consiglio dei ministri 2580 del 3 aprile 2007,
ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri 3660 del 6 marzo
2008, ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri 3721 del
19 dicembre 2008 e ordinanza del Presidente del Consiglio dei
ministri 3742 del 18 febbraio 2009) sono state apportate modifiche
ed integrazioni; successivamente con decreto del Presidente del
Consiglio dei ministri del 21 dicembre 2007 e decreto del Presidente
del Consiglio dei ministri del 16 gennaio 2009 è stato prorogato lo
stato di emergenza fino al 31 dicembre 2009; per far fronte a tali
situazioni emergenziali, sono stati stanziati, in passato, circa 40
milioni di euro, gestiti dal commissario delegato, che hanno
permesso di eseguire una parziale bonifica dei siti inquinati; ad oggi,
la disponibilità di tali fondi è stata esaurita e le opere di bonifica
degli impianti e la completa messa in sicurezza del sito sono ancora
da terminare; tale situazione di indeterminatezza e incompletezza
crea allarme nella comunità locale per le possibili ricadute negative
sull'ambiente, sulla salute e sul turismo; la struttura commissariale è
ancora in essere e, ad oggi, l'area Stoppani è ancora annoverata tra i
siti di interesse nazionale (SIN), per le relative opere di bonifica e
messa in sicurezza –:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza della situazione riferita in
premessa; quali provvedimenti concreti intenda prendere il
455
Governo in merito all'attività di bonifica e di messa in sicurezza
ambientale del sito Stoppani; se il Governo intenda stabilire una
tempistica degli interventi che verranno avviati, individuando, per
ognuno di essi, le risorse finanziarie che saranno stanziate; se il
Governo intenda assumere l'impegno di stanziare ulteriori fondi per
l'ultimazione dei previsti lavori di bonifica e messa in sicurezza;
quali risorse pubbliche il Governo intenda complessivamente
stanziare per gli esercizi finanziari 2013 e 2014. (4-01852)
§ 26. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-01648 185
Testo presentato, in data , Giovedì 8 agosto 2013, seduta n. 68, da:
MICILLO, LUIGI DI MAIO, NUTI,
DE ROSA, ZOLEZZI, SEGONI,
TOFALO, MANNINO, GAGNARLI, L'ABBATE, NICOLA
BIANCHI, NICOLÒ
ROMANO, LIUZZI,SCAGLIUSI, SIBILIA,
CATALANO, DI BATTISTA, SPADONI,
MANLIO DI STEFANO, MANTERO, GALLO, PESCO,
DI BENEDETTO, DE LORENZIS,
IANNUZZI, RUOCCO, CANCELLERI, CHIMIENTI,
BATTELLI, COLONNESE, NESCI, CARINELLI, SPESSOTTO
PINNA, VIGNAROLI, LOMBARDI,
GIORDANO,COZZOLINO, DADONE,
LOREFICE, GRILLO, DALL'OSSO, DI VITA, BARONI,
CECCONI, SIMONE VALENTE, BRESCIA, VACCA,
DELL'ORCO,CURRÒ,CASO,CARIELLO, SORIAL,
BUSINAROLOAGOSTINELLI, FERRARESI, BONAFEDE,
SARTI, ROSTELLATO, COMINARDI, BECHIS,
BALDASSARRE, COLLETTI,D'AMBROSIO, FANTINATI,
MUCCI, BRUGNEROTTO, RIZZETTO, CIPRINI, TRIPIEDI,
PISANO e VILLAROSA.
Al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del
territorio e del mare.
— Per sapere – premesso che:
185http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=5948&stile=7&highLi
ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27
456
gli inceneritori sono impianti utilizzati per lo smaltimento dei rifiuti
mediante un processo di combustione ad alta temperatura
(incenerimento) che dà come prodotto finale un effluente gassoso,
ceneri e polveri; gli impianti che consentono il recupero energetico
del
calore
prodotto
vengono
comunemente
definiti
termovalorizzatori, termine del tutto assente nella normativa
europea di riferimento, in si parla esclusivamente di «impianti di
incenerimento»; Taverna del Re è una frazione di Giugliano in
Campania in provincia di Napoli dove sono depositate circa 7
milioni di eco balle occupanti una superficie equivalente quasi a 360
campi di calcio; il 1 agosto 2013 il sito regioni.it informa che
l'assessore regionale all'ambiente in Campania Giovanni Romano ha
detto: «Il sopralluogo di oggi ha confermato, caso mai ce fosse
ancora bisogno, la assoluta necessità di eliminare i rifiuti imballati
durante il periodo emergenziale che, lo ricordo, sono di circa 6
milioni di tonnellate allocati su tutto il territorio regionale. I due
terzi sono stoccati tra Villa Literno e Giugliano. Resta quindi una
priorità la realizzazione dell'impianto di incenerimento previsto
dalle leggi statali e dal Piano Regionale. Il commissario straordinario
Alberto Carotenuto pubblicherà il bando di gara entro questo
mese»;
in
data
18
gennaio
2012
il
quotidiano Repubblica nell'edizione Napoli a firma di Conchita
Sannino scriveva: «la Protezione civile ha comprato quei suoli
(Taverna del Re – Giugliano) per 2 milioni (di euro), a emergenza
già chiusa. Perché, visto che sarebbe intervenuto il capitale del
futuro impianto? Non è tutto: i 4 milioni di balle sono ancora
“patrimonio” di Impregilo. Vanno riscattate. Con quale denaro? Un
impianto che costerà non meno di 500 milioni. Un inceneritore che,
stando alle buone intenzioni, dovrebbe essere pronto entro il 2015
per cominciare ad abbattere i primi 4 milioni di ecoballe che, pure,
insistono al momento nel “patrimonio” della vecchia proprietà
Impregilo»; l'Unione europea (UE) dispone misure intese a
prevenire o ridurre l'inquinamento dell'atmosfera, dell'acqua e del
terreno provocato dall'incenerimento e dal coincenerimento dei
rifiuti e i relativi rischi per la salute umana. Tali misure impongono
in particolare l'ottenimento di un'autorizzazione per gli impianti di
incenerimento o di coincenerimento e limiti per le emissioni di
taluni inquinanti scaricati nell'atmosfera e nell'acqua;
con la direttiva 2000/76/CE del Parlamento europeo e del
Consiglio del 4 dicembre 2000 sull'incenerimento dei rifiuti si
457
stabilisce che «Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni
legislative, regolamentari e amministrative necessarie per
conformarsi alla presente direttiva entro un termine di due anni a
decorrere dalla data della sua entrata in vigore. Essi ne informano
immediatamente la Commissione. Quando gli Stati membri
adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla
presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all'atto
della pubblicazione ufficiale. Le modalità del riferimento sono
decise dagli Stati membri; gli Stati membri comunicano alla
Commissione il testo delle disposizioni di diritto interno che essi
adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva»; nel 2012 il
Parlamento europeo approva due rapporti su ambiente e
biodiversità. Si tratta della relazione «sulla revisione del sesto
programma d'azione in materia di ambiente e la definizione delle
priorità per il settimo programma» (stragrande maggioranza) e di
quella sulla «Strategia europea per la biodiversità 2020» (414
favorevoli, 55 contrari e 64 astenuti); il 24 maggio 2012 tra gli
indirizzi della risoluzione del Parlamento europeo «un'Europa
efficiente nell'impiego delle risorse» nel punto 33 si legge che:
«invita la Commissione Europea a razionalizzare l'acquis in materia
di rifiuti, tenendo conto della gerarchia dei rifiuti e della necessità di
ridurre i rifiuti residui fino a raggiungere livelli prossimi allo zero;
chiede pertanto alla Commissione di presentare proposte entro il
2014, allo scopo di introdurre gradualmente un divieto generale
dello smaltimento in discarica a livello europeo e di abolire
progressivamente, entro la fine di questo decennio, l'incenerimento
dei rifiuti riciclabili e compostabili; ritiene che queste iniziative
debbano essere accompagnate da idonee misure transitorie, tra cui
l'ulteriore sviluppo di norme comuni basate sul concetto di ciclo di
vita; invita la Commissione a rivedere gli obiettivi per il riciclaggio
per il 2020 della direttiva quadro sui rifiuti»; esiste una mirata
quanto copiosa bibliografia italiana ed internazionale di testi e studi
che mettono in guardia dagli effetti dannosi provocati sulla
popolazione residente vicina alla zona di realizzazione di impianti di
incenerimento; la letteratura medica segnala circa un centinaio di
lavori scientifici a testimonianza dell'interesse che l'argomento
riveste. Fra questi, diverse decine sono costituiti da studi
epidemiologici condotti per indagare lo stato di salute delle
popolazioni residenti intorno a tali impianti e/o dei lavoratori
addetti e, nonostante le diverse metodologie di studio applicate ed i
458
numerosi fattori di confondimento, sono segnalati numerosi effetti
avversi sulla salute, sia neoplastici che non; sono stati descritti:
alterazione nel metabolismo degli estrogeni, incremento dei parti
gemellari incremento di malformazioni congenite, ipofunzione
tiroidea, disturbi nella pubertà ed anche diabete, patologie
cerebrovascolari, ischemiche cardiache, problemi comportamentali,
tosse persistente, bronchiti, allergie. Un ampio studio, condotto in
Giappone ha analizzato lo stato di salute di 450.807 bambini da 6 a
12 anni della prefettura di Osaka – ove sono attivi 37 impianti di
incenerimento per rifiuti solidi urbani (RSU) – ed ha evidenziato
una relazione statisticamente significativa fra vicinanza della scuola
all'impianto di incenerimento e sintomi quali: difficoltà di respiro,
mal di testa, disturbi di stomaco, stanchezza; l'indagine
francese «Etude d'incidence des cancers à proximité des usines
d'incenèration d'ordures ménagerer» dell'Invs – Department Santè
Environnement 2006 (32) ha esaminato 135.567 casi di cancro
insorti negli anni 1990-99 su 25.000.000 persone/anno residenti in
prossimità di inceneritori. In questo studio è stato considerato come
indicatore l'esposizione alle diossine e passando dal minor al
maggior grado di esposizione si registra un aumento statisticamente
significativo (p=h0.05) di rischio per: tutti i cancri nelle donne dal
+2,8 per cento al +4 per cento, cancro alla mammella dal +4,8 per
cento al +6,9 per cento, linfomi dal +1,9 per cento al +8,4, tumori
al fegato dal +6,8 per cento al +9,7 per cento; per i sarcomi il
rischio passa dal +9,1 per cento al +13 per cento (p=0.1). Le
neoplasie che più appaiono correlate all'esposizione ad inquinanti
emessi da inceneritori sono i linfomi non Hodgkin (LNH), i tumori
polmonari, le neoplasie infantili ed i sarcomi; la soluzione per lo
smaltimento delle eco balle a Giugliano in Campania è stata
ravvisata nella costruzione di un impianto di incenerimento il cui
bando di assegnazione dei lavori partirà a ridosso del periodo
ferragostano; gran parte del mondo scientifico afferma in modo
unanime che gli inceneritori creano danni enormi alla salute ed
all'ambiente; l'inceneritore rappresenterà un danno all'immagine di
Giugliano già gravemente compromessa dalla presenza in questi
anni delle piramidi di ecoballe; esistono soluzioni alternative
all'inceneritore che consentirebbero di trasformare i rifiuti da
problema a risorsa; alla notizia dell'assessore regionale all'ambiente
della Campania circa l'imminente partenza del bando dei lavori
stanno costituendosi sul territorio giuglianese numerosi comitati
459
spontanei e le civili proteste dei cittadini si stanno manifestando in
diverse forme, compresi i social network;
la normativa europea prevede una scala di priorità strategica che
non vede con favore la costruzione di tali impianti e favorisce e
promuove invece soluzioni quali la raccolta