357 Líeleganza di Edgar Degas_Layout 1

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n° 357 - ottobre 2012
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L’eleganza di Edgar Degas
Torino accoglie i capolavori del pittore francese provenienti dal Musée d’Orsay
Mi chiamano il pittore delle ballerine.
Non capiscono che per me la ballerina
è un pretesto per rappresentare il movimento.
Così Edgard Degas commentava la
definizione che già i suoi contemporanei gli avevano attribuito e che lo
avrebbe accompagnato praticamente
fino ai giorni nostri. Del tutto riduttiva, come hanno modo di constatare
i visitatori della mostra che la città di
Torino presenta presso la Palazzina
della Società Promotrice delle Belle
Arti dal 18 ottobre al 7 gennaio prossimo. Sono giunte infatti in Italia per
la prima volta un’ottantina tra le centinaia di opere di Degas custodite
presso il parigino Musée d’Orsay (attualmente in fase di riordino); il criterio che ha improntato la scelta dei
pezzi da presentare nella rassegna torinese, è stato quello di creare un percorso che abbracciasse tutta l’attività
del pittore sia in senso cronologico -
Autoritratto
seguendolo nelle varie fasi, dalle opere
giovanili fino alle più tarde - sia esaminando tutte le tecniche di cui Degas si è avvalso, dal pastello alla pittura a olio, alla serie di sculture.
Apre il percorso espositivo l’Autoritratto dipinto nel 1855, poco prima
del lungo soggiorno italiano del giovane Edgar, che trascorse tre anni nel
nostro paese presso il nonno, trasferitosi in Italia per affari. Questo periodo
costituisce un momento fondamentale nella formazione dell’artista; lo
studio dei grandi capolavori del passato, in primis gli affreschi di Giotto
ad Assisi e quelli di Luca Signorelli a
Orvieto, esercitò un grande fascino su
Degas e rappresenta la fonte primaria di quella “classicità” che caratterizzerà tutto il suo percorso artistico.
«Ah Giotto, lasciami vedere Parigi e
tu, Parigi, lasciami vedere Giotto!».
Così si legge in un taccuino del pittore in riferimento all’estate del 1858,
quando, a venticinque anni, giunge
La famiglia Bellelli
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per la prima volta a Firenze invitato
dalla zia, Laura De Gas, che nel capoluogo toscano viveva con il marito
Gennaro Bellelli e le due figliolette.
Il grande dipinto con la Famiglia Bellelli, capolavoro della giovinezza di
Degas, viene esposto a Torino insieme
con una serie di lavori preparatori che
aiutano a comprendere la lunga e sofferta elaborazione dell’opera, alla quale
l’artista lavorò per un decennio, terminandola solo nel 1869.
A Firenze Degas non si limitò allo studio dei maestri antichi, copiando
dipinti agli Uffizi, ma venne in contatto anche con il fertile ambiente del
Caffè Michelangiolo, frequentato dal
gruppo dei Macchiaioli. Lo stesso
Diego Martelli, critico e teorico dei
Macchiaioli, scrisse a proposito del
soggiorno fiorentino di Edgar che
«quando per ragioni di famiglia, ed
attratto dal desiderio, venne in Toscana, si trovò proprio nel suo centro,
fra i suoi antenati artistici Masaccio,
Botticelli, Gozzoli e il Ghirlandaio.
Il suo culto diventò furore ed una massa
di disegni attesta lo studio coscienzioso fatto da lui, per appropriarsi
tutte le bellezze e gli insegnamenti
dell’arte da loro posseduta».
Figlio di un banchiere e di famiglia
L’orchestra dell’Opéra
aristocratica - i De Gas, cognome che
l’artista modificherà in senso “borghese” quando inizierà a frequentare l’ambiente degli impressionisti
- Edgar trascorse gran parte della giovinezza viaggiando in Italia e oltre,
fino a varcare l’Atlantico per recarsi a
New Orléans, dove risiedeva un ramo
della famiglia impegnato nel commercio del cotone. Ma è soprattutto
a Parigi che Degas trova la fonte della
sua ispirazione ed è qui che inizia ad
esporre le proprie opere, dapprima al
Salon tra il 1865 e il 1870, per trasferirsi poi tra il 1874 e il 1878 alle mostre impressioniste, alla cui organizzazione partecipa attivamente. Al
mondo parigino degli artisti e dello
spettacolo Degas dedicò numerose
opere, affrontandone vari aspetti; sono
spesso immagini colte da un punto di
vista “dietro le quinte”, non solo nel
caso delle ballerine - raffigurate di frequente durante le prove o nei momenti di pausa - ma anche in una tela
come L’orchestra dell’Opéra, che colloca
lo spettatore praticamente fra gli stumentisti, mentre delle ballerine sul
palcoscenico si ha solo una veduta di
scorcio sullo sfondo. Un taglio dell’immagine fortemente “fotografico”
e non convenzionale, che testimonia
Fin d’arabesque (Ballerina con bouquet)
Donna alla toilette che si asciuga il piede
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l’interesse di Degas per la nuova tecnica e per le sue potenzialità nello studio del movimento. La rappresentazione della figura (umana o animale
che sia) in movimento, è il tema che
ispira anche le immagini colte dall’artista negli ippodromi: così in Corsa
di gentlemen. Prima della partenza o nel
Défilé, la sfilata dei cavalli davanti alle
tribune prima della corsa, un’opera
nella quale si coglie tutto il nervosismo dell’attesa, mentre il gioco delle
ombre lunghe sull’erba accentua il
senso di vibrante dinamismo.
L’eleganza del movimento accomuna
i purosangue da corsa e le ballerine
dell’Opéra anche nella serie di sculture che Degas dedicò ai due soggetti.
Punto focale di questo nucleo di opere
è la Piccola danzatrice di quattordici anni,
la sola scultura che l’artista abbia presentato in pubblico, all’Esposizione
impressionista del 1881. Come per
tutti gli altri bronzi di Degas che vediamo oggi, anche la fusione della Piccola danzatrice - che accosta alle superfici patinate in bronzo la materia impalpabile del tutù in tulle e il lucido
nastro in satin a fermare la treccia sulla
schiena - è stata eseguita in anni successivi alla morte dell’artista, avvenuta nel 1917. Degas aveva lasciato
nel suo studio decine di modelli in
cera dipinta, di cui non era prevista
la fusione, ma che testimoniano come
l’artista si applicasse in maniera quasi
ossessiva allo studio del movimento,
fino a realizzare questa sorta di schizzi
tridimensionali che fissano plasticamente ballerine che si esercitano, cavalli in movimento, figure di donna
intente alla toeletta. Quest’ultimo è
un soggetto a cui Degas dedicherà numerosi studi, soprattutto pastelli; si
tratta di una tecnica che con la sua rapidità di esecuzione permette di fissare sulla carta un gesto, una postura,
il movimento di un corpo, cogliendone in pieno l’immediatezza. Anche
Il défilé (Cavalli da corsa davanti alle tribune)
nella rappresentazione dei momenti
di intimità in cui le figure femminili
si muovono completamente libere
dalla costrizione delle vesti e lontane
da occhi estranei, il movimento nella
sua essenzialità mostra sempre una
fluidità e un’armonia che costituiscono una delle caratteristiche fondamentali nell’arte di Degas.
Compagno di viaggio degli impressionisti, dai quali si differenzia profondamente, non foss’altro per lo scarso
interesse verso la pittura en plein air
- pochissimi i suoi paesaggi - attento
e interessato alle nuove tecniche - non
solo la fotografia, sappiamo che fu uno
degli spettatori alla prima proiezione
cinematografica dei fratelli Lumière
- in tutto l’arco della sua vita artistica,
Degas non dimenticherà mai la lezione dei maestri del passato, trasferendo la quotidianitàdel proprio tempo
in una dimensione atemporale di elegante gestualità.
federico poletti