Kabbalah Rivelata - FINALE sino al 4° Capitolo

Transcript

Kabbalah Rivelata - FINALE sino al 4° Capitolo
La Kabbalah Rivelata
La guida personale per una vita più serena
Rav Professor Michael Laitman
Introduzione del Professor Ervin Laszlo
La Kabbalah Rivelata
La guida personale per una vita più serena
Indice
Ringraziamenti ……………………………………………………………………………..
Biografie ……………………………………………………………………………………
Introduzione ……………………………………………………………………………….
CAPITOLO 1 - LA KABBALAH: PASSATO E PRESENTE ………………………….
IL PIANO GENERALE …………………………………………………………………...
LA CULLA DELLA SCIENZA ……………………………………………………………
Altre vie ………………………………………………………………………………...
Le grandi domande ……………………………………………………………………..
L’ARRIVO DELLA KABBALAH …………………………………………………………
Il Motore del cambiamento ……………………………………………………………..
Prendere il comando ……………………………………………………………………
NASCONDERSI, CERCARSI E NON TROVARSI ……………………………………..
Tutto è bene ciò che finisce bene ………………………………………………………
L’egoismo è una trappola ………………………………………………………………
LA NECESSITÀ DELL’ALTRUISMO …………………………………………………...
Una migliore percezione ………………………………………………………….……
Il momento è arrivato …………………………………………………………….…….
RIASSUMENDO ………………………………………………………………………….
CAPITOLO 2 – IL PIÙ GRANDE DESIDERIO DEL MONDO ……………………
UN TRAMPOLINO PER LA CRESCITA ……………………………………………….
Dietro porte chiuse ……………………………………………………………………..
Lo sviluppo dei desideri ………………………………………………………………..
CONTROLLARE I PROPRI DESIDERI ………………………………………………..
Un nuovo desiderio in città …………………………………………………………….
Un nuovo metodo per un nuovo desiderio …………………………………………….
Tikùn – la correzione del desiderio di ricevere …………………………………………
RIASSUMENDO ………………………………………………………………………….
CAPITOLO 3 – L’ORIGINE DELLA CREAZIONE ………………………………….
I MONDI SPIRITUALI ……………………………………………………………………
Il pensiero della Creazione ……………………………………………………………..
Le Quattro Fasi e la loro Radice ………………………………………………………..
Fase Quattro – desidera ardentemente il Pensiero del Creatore …………………………
LA RICERCA DEL PENSIERO DELLA CREAZIONE …………………………………
LA VIA …………………………………………………………………………………….
L’utilizzo del Massàkh …………………………………………………………………..
Desideri utilizzabili ed inutilizzabili ……………………………………………………..
ADAM HA-RISHÒN – L’ANIMA COMPLESSIVA ……………………………………..
La grande caduta ……………………………………………………………………….
RIASSUMENDO …………………………………………………………………………
CAPITOLO 4 – IL NOSTRO UNIVERSO ……………………………………………
LA PIRAMIDE ……………………………………………………………………………
LO SCENARIO DELLA VITA …………………………………………………………..
Ciò che è in alto è come ciò che è in basso ……………………………………………
SALIRE LA SCALA ……………………………………………………………………….
Costruire il Klì …………………………………………………………………………
IL DESIDERIO PER LA SPIRITUALITÀ
…………………………………………………….
Fase Quattro – la Fase dell’evoluzione cosciente ………………………………………
RIASSUMENDO …………………………………………………………………………
CAPITOLO 5 – LA REALTÀ DELLA REALTÀ ……………………………………..
TRE LIMITI NELLO STUDIO DELLA KABBALAH ………………………………….
Primo limite – cosa percepiamo? ………………………………………………………
Secondo limite – dove percepiamo? ……………………………………………………
Terzo limite – chi percepisce? ………………………………………………………….
PERCEZIONE DELLA REALTÀ ………………………………………………………..
Una realtà inesistente …………………………………………………………………..
Il meccanismo di misura ……………………………………………………………….
Il sesto senso …………………………………………………………………………..
Un cammino esiste poiché un desiderio l’ha creato ……………………………………
Il Pensiero della Creazione …………………………………………………………….
Reshimòt – ritorno verso il futuro ……………………………………………………
RIASSUMENDO …………………………………………………………………………
CAPITOLO 6 – IL DIFFICILE CAMMINO VERSO LA LIBERTÀ ………………
L’OSCURITÀ PRIMA DELL’ALBA …………………………………………………….
Il miglioramento dei mondi in quattro tappe ………………………………………….
CONOSCERE I NOSTRI LIMITI ………………………………………………………
Le redini della vita ……………………………………………………………………
Cambiare la società per cambiare me stesso
…………………………………………………….
I QUATTRO FATTORI …………………………………………………………………
SCEGLIERE L’AMBIENTE ADATTO PER LA CORREZIONE ……………………..
Non si tratta di anarchici ……………………………………………………………….
LA MORTE INEVITABILE DELL’EGO ………………………………………………..
Il rimedio ……………………………………………………………………………….
Le condizioni per la libera scelta
……………………………………………………………
REALIZZARE LA LIBERA SCELTA …………………………………………………….
La fede ………………………………………………………………………………….
La ragione ………………………………………………………………………………
RIASSUMENDO …………………………………………………………………………..
APPENDICE …………………………………………………………………………….
(1) La storia della Kabbalah ……………………………………………………………
(2) Domande frequenti …………………………………………………………………
(3) A proposito di Bnei Baruch ……………………………………………………….
Ringraziamenti
Vorrei ringraziare tutti coloro che hanno reso possibile la pubblicazione di questo libro.
Innanzitutto, Myriam Drori per tutto il suo sforzo, la sua dedizione ed il suo immenso amore.
Martina Koldeweyh, Teresa Grieco e Mino Lacitignola che hanno contribuito, con il loro aiuto e la loro reale
devozione, alla realizzazione di questo libro.
Rav Michael Laitman
Biografie
Il Rav Prof. Michael Laitman
I
l Rav Laitman studia la Kabbalah da più di trent’anni. Ha pubblicato più di 25 libri di
Kabbalah e numerosi articoli relativi a scienza e Kabbalah.
Nato nel 1946, consegue la laurea in Filosofia presso l’Accademia delle Scienze di Mosca
e, in seguito, una Specializzazione in Biocibernetica all’Università di San Pietroburgo.
Professore di Ontologia e di Teoria della Conoscenza, è il Fondatore dell’Istituto di Ricerca
Ashlag (ARI). È scienziato e ricercatore.
È stato allievo ed assistente personale del Rav Baruch Ashlag, figlio di Baal ha-Sulàm
(autore del commento al “Libro dello Zohar”), e segue le orme del suo maestro insegnando e
diffondendo la saggezza della Kabbalah.
Nel 2005, diventa membro del World Wisdom Council, un’organizzazione che riunisce
scienziati e personalità pubbliche nello sforzo di risolvere i problemi globali della
civilizzazione moderna.
Prof. Ervin Laszlo
I
l Prof. Ervin Laszlo ci ha fatto il grande onore di scrivere l’introduzione di questo libro.
È un uomo con un ricco percorso. Filosofo delle scienze e teorico dei sistemi, E. Laszlo
è nato nel 1932 a Budapest, in Ungheria. Debutta all’età di 15 anni come pianista a New
York. All’età di 30 anni comincia a studiare scienze e filosofia. È titolare del Dottorato di
Stato dell’Università della Sorbonne a Parigi, conseguito nel 1970. In seguito, ha ricevuto il
titolo di Dottore Honoris Causa in filosofia negli Stati Uniti, in Canada, in Finlandia, in
Russia e in Ungheria.
Fino ad oggi, ha pubblicato circa 75 libri e più di 400 articoli, ed è anche Editore di World
futures: The Journal of General evolution. È stato direttore delle ricerche negli Stati Uniti.
Attualmente è consigliere del direttore generale dell’UNESCO, e presiede il Club di
Budapest che ha come missione quella di aiutare lo sviluppo di una maggiore attenzione nei
valori umani. Come riconoscimento per questa attività ha ricevuto nel 2001 il Trofeo Goi: il
Premio Giapponese per la Pace.
INTRODUZIONE
H
o provato un immenso piacere ed onore quando mi è stato chiesto di scrivere
l’introduzione del libro del Dr. Laitman: «La Kabbalah rivelata: La guida personale per una
vita più serena». L’autore, oltre ad essere un mio caro amico, è ai miei occhi il più importante
Kabbalista contemporaneo, ed è anche l’autentico ambasciatore di una saggezza tenuta
segreta per ben duemila anni. Ora che la saggezza della Kabbalah sta uscendo
completamente allo scoperto, insieme ad altre antiche saggezze, penso che nessun altro
meglio di lui sia in grado di spiegare la sua essenza.
Nel mondo d’oggi, è significativa l’importanza della Kabbalah come metodo
d’insegnamento autentico, per aiutarci a riconquistare la saggezza di cui disponevano i nostri
avi e che noi abbiamo dimenticato.
Antiche “summae” di conoscenze tornano proprio in quest’epoca, poiché il nostro
modo di pensare, convenzionale e meccanico, ha fallito nel portarci la felicità e la stabilità
come un tempo aveva promesso. Un proverbio cinese ci ricorda che: «Se non cambiamo
rotta, andremo a finire esattamente dove ci stiamo dirigendo». Se questa massima fosse
applicata alla società odierna, potrebbe risultarne un disastro.
Le variazioni climatiche minacciano di trasformare intere zone del nostro pianeta in
deserti non adatti all’agricoltura, che diverrebbero inabitati, poiché
non più adatti alla
produzione di generi alimentari.
La maggior parte delle economie mondiali é sempre meno autosufficiente. A questo si
aggiunge l’inquietante diminuzione delle riserve alimentari; inoltre, disponiamo di riserve
d’acqua potabile che non sono sufficienti neanche per la metà della popolazione del pianeta.
In media, più di 6.000 bambini muoiono ogni giorno a causa della dissenteria dovuta
all’inquinamento delle acque potabili.
In molti luoghi del mondo, la violenza ed il terrorismo sembrano diventati i soli mezzi
possibili per risolvere i conflitti. Di conseguenza, l’insicurezza aumenta nei paesi ricchi come
nei paesi poveri. Il fondamentalismo islamico sta dilagando nel mondo musulmano, il neo
nazismo ed altri movimenti estremisti ricompaiono in Europa ed il fanatismo religioso
prolifera in tutto il mondo. Tutto questo mette in pericolo la nostra esistenza sul pianeta. Il
fallimento globale non è una scelta obbligata e, come potrete vedere di seguito nel libro, è
possibile perseguire insieme obiettivi comuni di pace e di stabilità.
Noi possiamo cambiare la situazione cosicché lo scenario che ne deriverà potrebbe
essere molto più ottimistico.
I media internazionali e l’industria del divertimento, come anche Internet, potrebbero
cercare nuove prospettive, far nascere delle innovazioni culturali e sociali. Così un nuovo
criterio del sé e della natura umana emergerebbe anche in Internet, in televisione e nelle
forme di comunicazione delle imprese e della società.
Nella nostra società, una cultura con uno stile di vita differente e valori responsabili,
aiuterebbe ad incoraggiare politiche sociali ed energie alternative. In questo modo verrebbero
adottate le misure necessarie per proteggere l’ambiente e per produrre tutto il necessario al
fabbisogno della popolazione ed ai sistemi di distribuzione delle risorse; sarebbe così
possibile sviluppare ed utilizzare energie alternative e mezzi di trasporto che rispettino
l’ambiente, così come nuove tecnologie agricole che siano in simbiosi con la natura.
Prendendo questa direzione positiva, i fondi verrebbero
utilizzati per sopperire ai
bisogni delle popolazioni civili e non verrebbero più destinati alle strutture militari.
Incoraggiati da tale sviluppo, sia a livello nazionale che internazionale, diminuiranno
notevolmente sia la diffidenza interculturale che i conflitti razziali ed etnici. L’oppressione, le
ineguaglianze economiche e la disparità dei sessi saranno risolte grazie ad un mutuo rispetto
e ad una reciproca fiducia. La gente e le comunità coopereranno senza difficoltà e
formeranno delle società produttive.
Invece di inabissarsi nelle guerre e nei conflitti, all’umanità si aprirebbe una via verso un
mondo di libertà e di aiuto reciproco, verso un futuro che promette pace, serenità e piena
autorealizzazione.
Un mondo pacifico e vivibile ci attende, ma, purtroppo per noi, attualmente non stiamo
percorrendo la strada giusta.
Einstein disse: “I maggiori problemi riscontrati non possono essere risolti allo stesso
livello di pensiero sul quale sono stati creati.” Invece, noi facciamo esattamente il contrario,
tentando di combattere il terrorismo, la povertà, la criminalità, la degradazione dell’ambiente,
le malattie ed altri “Mali della civilizzazione” con gli stessi metodi con i quali sono stati
creati.
Tentiamo di rimediare con la tecnologia oppure di prendere dei provvedimenti
temporanei.
Eppure non abbiamo ancora maturato né la volontà, né la visione necessaria per dar vita
ad un cambiamento radicale e duraturo.
LA COSCIENZA PLANETARIA
Di fronte all’attuale crisi globale, l’umanità è alla ricerca di nuove soluzioni e di nuovi metodi
di riflessione ricavati dalle antiche conoscenze, le quali, nonostante siano passati molti anni,
hanno ancora una forte influenza. Secondo queste conoscenze, la coscienza planetaria non è
una componente puramente secondaria, ma è in realtà la pura essenza della Natura. Quando
studiamo questi metodi, realizziamo che questa “nuova” coscienza planetaria, che
attualmente stiamo riscoprendo, è in effetti un’antica ed inalterabile coscienza.
Siamo abituati a pensare che la coscienza umana classica sia “normale”, ed è quella che
noi percepiamo con i nostri cinque sensi. Tutto il resto non è altro che pura immaginazione.
La nostra percezione viene limitata lì dove finisce la nostra pelle. Tutte le altre correnti
vengono considerate come “New Age”, “Misticismo” o “Esoterismo”. Le idee di
appartenenza ad un tutt’uno, al quale tutti noi apparteniamo, così come l’esistenza di un
unico contesto che unisce tutti, o anche di un insieme più grande, sono del tutto eccezionali
nella storia della civilizzazione.
Quando però andiamo a scavare nella storia, ed analizziamo le idee di un tempo,
scopriamo che è vero esattamente il contrario. Il nostro modo riduttivo, meccanico e
frammentario di pensare, che è stato sviluppato nel mondo occidentale da più di 300 anni,
non è la regola, bensì l’eccezione. Diverse culture non sono d’accordo su questo punto.
L’occidente stesso non si è conformato a questa visione, se non dopo che il pensiero
meccanico si era reso necessario in seguito alla propria applicazione, o meglio, dopo l’errata
applicazione della filosofia Newtoniana sulla natura.
In altre culture, come del resto anche nel mondo occidentale postmodérno, il pensiero
sviluppato era quello dell’appartenenza e dell’unità. La maggior parte delle culture
tradizionali rifiuta il fatto che la gente non abbia niente in comune e che i loro interessi
coincidano solo per caso.
Le fondamenta di tutte le antiche saggezze si basano sul concetto di “Coscienza
planetaria”. Questa espressione definisce la presa di coscienza del nostro destino, non solo
come esseri umani, ma anche come cittadini di questo pianeta. Se vogliamo mantenere la
nostra esistenza e garantire un avvenire migliore e più stabile ai nostri figli ed ai nostri nipoti,
dobbiamo incoraggiare una nuova coscienza planetaria. Per poter avanzare, dobbiamo
coltivare un modo di vedere le cose che ci permetta di formare una sola grande famiglia
universale, attraverso una civilizzazione planetaria. Questa società non dovrebbe avere
un'unica cultura rigida dove tutti seguono le stesse idee, oppure dove una persona o uno
stato impongono le proprie idee agli altri; al contrario dovrebbe essere un luogo dove ogni
persona, in unione con gli altri, contribuisce con le proprie idee allo sviluppo dell’intero
sistema, ed alla creazione di una coscienza planetaria dell’umanità.
Questa diversità è un elemento fondamentale per l’armonia e la pace. Ogni cultura che è
sopravissuta l’ha avuta. Solo l’occidente e le società occidentali l’hanno dimenticata. Il
processo di evoluzione tecnologica ed economica ha frammentato la sua integrità ed il
“tutt’uno” del sistema. È giunto il momento di ricreare la stabilità.
Da quello che ho appreso dagli scritti del Dr. Laitman, la Kabbalah, nella sua forma
autentica, non solo incoraggia il concetto del “tutt’uno”, cioè di un’umanità e di un universo
integri, ma offre anche soluzioni pratiche per ricostruire quanto è andato perduto.
Vi raccomando, con tutto il cuore, di leggere attentamente questo libro, perché, più che
procurarvi una cultura generale su questa antica saggezza, vi fornirà la chiave per garantire il
benessere del genere umano in questo periodo così travagliato. Dobbiamo affrontare una
sfida senza precedenti: accettare un inevitabile peggioramento che condurrà al collasso del
nostro mondo, oppure intraprendere la via del progresso, che potrebbe condurci ad un
mondo di pace, di armonia e di solida felicità.
Ervin Laszlo
1
LA KABBALAH: PASSATO E PRESENTE
IL PIANO GENERALE
N
on è certo un segreto che la Kabbalah non inizi con l’attuale stravaganza moderna dei
divi di Hollywood. Essa risale infatti a circa cinquemila anni fa. Quando è apparsa per
la prima volta, gli uomini, che erano più vicini alla Natura di quanto non lo siano
attualmente, avevano con essa un intimo legame, e tutte le loro relazioni ne erano ispirate.
In quei tempi gli uomini non avevano motivi per distaccarsi dalla Natura. Non erano così
egocentrici, e nemmeno così separati dall’ambiente naturale come lo siamo oggi. In effetti,
l’umanità di una volta era parte integrante della Natura ed intratteneva con essa una
relazione reciproca.
Per di più, l’umanità non conosceva sufficientemente la Natura tanto da sentirsi al sicuro:
ne temeva le forze, e questa paura costringeva gli uomini a trattarla con il rispetto che si
porta ad una forza superiore.
Tuttavia, quelle stesse persone si sentivano interiormente legate alla Natura, e, anche se
ne provavano timore, aspiravano non solo a conoscere meglio il mondo circostante, ma
soprattutto a comprendere cosa o chi li governasse. A quei tempi, la gente non poteva
ignorare gli avvenimenti della Natura come fa abitualmente ora, e non poteva nemmeno
evitare le difficoltà come è possibile fare nel mondo d’oggi.
E, cosa ancor più importante, proprio la paura della Natura, unita a quella vicinanza
innata che l’umanità provava, ha portato numerose persone a ricercare e scoprire qual è il
piano che essa ha per l’umanità intera.
I pionieri delle ricerche compiute sulla Natura volevano sapere se Essa seguiva uno
scopo, se ve ne fosse stato uno, e quale ruolo aveva l’umanità in questo Piano Generale. Gli
individui che avevano raggiunto il livello più alto di conoscenza sul Piano Generale, sono
conosciuti come «Kabbalisti».
Fra questi pionieri Abramo fu un personaggio unico. Dopo aver scoperto il Piano
Generale, egli non fece altro che studiarlo in profondità, e prima di ogni altra cosa voleva
insegnarlo agli altri. Aveva compreso che l’unica garanzia contro la miseria e la paura sarebbe
stata quella di capire completamente i piani della Natura. Una volta realizzato questo, non
risparmiava nessuno sforzo per insegnare a chiunque lo desiderasse. Abramo è stato il primo
Kabbalista ad iniziare una dinastia di maestri di Kabbalah. I più degni fra gli allievi divennero
i maestri della generazione seguente di Kabbalisti, quelli che passavano la saggezza alle
generazioni successive di studenti.
I Kabbalisti chiamano l’architetto del Piano Generale con il termine «Creatore» ed il
Piano stesso con «il Pensiero della Creazione». In altre parole, è importante sapere che,
quando i Kabbalisti parlano della Natura o delle leggi della Natura, si riferiscono al Creatore
e viceversa, la parola Creatore è equivalente alla Natura e alle Sue leggi. I due termini sono
usati come sinonimi.
Una finestra sulla Kabbalah
Il termine «Kabbalisti» proviene dalla parola ebraica Kabbalah
che vuol dire “ricezione”. Il linguaggio originale della Kabbalah
è l’Ebraico, una lingua sviluppatasi specificatamente per i
Kabbalisti, perché potessero comunicare sui temi Spirituali. Molti libri di
Kabbalah furono scritti anche in altre lingue, ma per la maggior parte in
Ebraico.
Per un Kabbalista, il termine «Creatore» non significa un’entità soprannaturale distinta,
ma il prossimo grado che l’individuo deve raggiungere nella sua ricerca della conoscenza
superiore. La parola ebraica per Creatore è Borè, ed è composta da due parole: Bò (vieni) e Rè
(vedi). Cosicché, la parola «Creatore» è un invito personale a sperimentare il Mondo
Spirituale.
LA CULLA DELLA SCIENZA
La conoscenza acquisita dai primi Kabbalisti li ha aiutati a comprendere meglio come le cose
funzionassero dietro le quinte. Grazie ad essa, sono stati in grado di spiegare i fenomeni
naturali accaduti; era dunque naturale che diventassero insegnanti. La conoscenza trasmessa
è il fondamento delle scienze antiche e moderne.
Forse pensiamo che i Kabbalisti furono delle persone recluse, che vivevano al riparo
dagli sguardi, scrivendo libri di magia al lume di una candela. Questo accade perché fino alla
fine del ventesimo secolo, la Kabbalah è stata tenuta segreta. I misteri che circondavano la
Kabbalah hanno suscitato numerose storie e leggende. Malgrado la maggior parte dei
racconti siano inesatti, sconcertano sempre e rendono perplesse anche le persone più
rigorose.
Una finestra sulla Kabbalah
Gottfried Leibniz (1646-1716), grande matematico e filosofo,
aveva espresso apertamente il suo parere circa l’influenza della
Kabbalah e l’alone di mistero che la circondava: «Visto che
l’umanità non possedeva la chiave per scoprire il segreto, la sete di
conoscenza si era soffermata su una sorta di superstizione che aveva
generato una “Kabbalah volgare”. Tale creazione non ha nulla a che
vedere con la vera Kabbalah, perché, sotto falso nome, fu inventata una
magia con l’ausilio di fantasie diverse di cui sono pieni i libri.»
La Kabbalah non è sempre stata tenuta segreta. I primi Kabbalisti permettevano un facile
accesso alle loro conoscenze attraverso l’attività che essi svolgevano nella società. I
Kabbalisti erano spesso capi di stato. Il Re Davide è probabilmente stato uno dei migliori
esempi di grande Kabbalista, ed era anche un grande leader.
Il coinvolgimento dei Kabbalisti nella società aiutava i loro contemporanei a fondare le
basi di quella che oggi chiamiamo la “filosofia occidentale” che, più tardi, era destinata a
diventare il fondamento della scienza moderna. A questo proposito, Johannes Reuchlin
(1455-1522), umanista, proveniente da studi classici ed esperto in lingue antiche e tradizioni,
scriveva nel suo libro: De Arte Cabbalistica: «Il mio maestro Pitagora, padre della filosofia,
acquisì senza ombra di dubbio la propria saggezza dai Kabbalisti, e fu il primo a tradurre il
termine “Kabbalah”, che fino ad allora era sconosciuto ai suoi concittadini, con la parola
greca “filosofia”, infatti la Kabbalah non ci permette di vivere la nostra vita nella polvere ma
eleva il nostro intelletto alla conoscenza».
ALTRE VIE
Tuttavia i filosofi non erano Kabbalisti. Non avendo studiato la Kabbalah, non erano
veramente in grado di comprenderla fino in fondo. Come risultato, una sapienza che era
stata sviluppata e considerata in modo giusto, aveva progredito in maniera sbagliata. Quando
la conoscenza Kabbalistica giunse nel resto del mondo, non essendoci Kabbalisti per poterla
spiegare, prese una direzione diversa.
Così l’umanità subì un’inversione di tendenza. Malgrado la filosofia occidentale
incorporasse i contenuti della conoscenza Kabbalistica, il risultato prese una direzione
completamente differente. La filosofia occidentale dette luogo a scienze che analizzarono il
nostro mondo materiale percepito con i nostri cinque sensi, mentre la Kabbalah è una
scienza che studia tutto ciò che va al di là delle nostre percezioni. Questa importante
distinzione ha fatto sì che l’umanità prendesse una direzione opposta nei confronti della
conoscenza autentica che aveva acquisito dai Kabbalisti. Le conseguenze di questa divisione
saranno esaminate nel prossimo capitolo.
LE GRANDI DOMANDE
La Kabbalah è rimasta nascosta per circa duemila anni per il semplice motivo che nessuno
ne sentiva realmente il bisogno. Da sempre l’umanità è stata impegnata nello sviluppo
delle religioni monoteistiche, ed in seguito della scienza. Tutte e due furono create per
rispondere ai problemi esistenziali dell’uomo: «Che posto occupiamo nel mondo e
nell’universo?», «Quale è il senso della nostra vita?» oppure «Perché siamo venuti al
mondo?». Ora più che mai, numerose persone sentono che quello che ha funzionato per
duemila anni, non risponde più alle attuali esigenze. Le risposte date dalle religioni e dalla
scienza non soddisfano più. Questi individui ricercano altrove le risposte relative ai problemi
fondamentali sullo scopo della vita. Alcuni si rivolgono agli insegnamenti orientali, alla
chiaroveggenza, alla magia ed al misticismo, mentre altri iniziano a studiare la Kabbalah.
La Kabbalah è stata concepita per rispondere a domande fondamentali e per questo le
risposte che può dare sono direttamente collegate alle persone, perché può far scoprire loro
le risposte antiche sul senso della vita. Ci troviamo ora nella fase di correzione della
spaccatura fra l’umanità e la Natura, avvenuta quando abbiamo abbandonato la Kabbalah a
favore della filosofia.
L’ARRIVO DELLA KABBALAH
La Kabbalah venne rivelata per la prima volta circa 5.000 anni fa in Mesopotamia, un’antica
regione dell’attuale Iraq. La Mesopotamia non è stata solo la culla della Kabbalah, ma anche
la culla per tutti gli antichi insegnamenti e misticismi. In quel periodo la gente credeva in
diversi insegnamenti, e spesso ne professava anche più di uno nello stesso momento.
L’astrologia, la chiaroveggenza, la numerologia, la magia, la stregoneria, l’incantesimo ed il
malocchio sono stati sviluppati e poi divulgati nell’antica Mesopotamia, centro culturale del
vecchio mondo.
Finché le persone sono state soddisfatte dalle proprie credenze, non sentivano il bisogno
di cambiamenti. Desideravano allora solo sapere che le loro vite non fossero in pericolo, e
cosa convenisse fare per essere felici. Non cercavano di conoscere le origini della vita, e
ancor meno chi o cosa ne avesse creato le regole.
Non sembra che ci sia una grande differenza, eppure la distinzione fra chiedere una vita
migliore e domandarsi da quali leggi essa è costituita, equivale a quella fra imparare a guidare
una macchina e l’imparare a costruirla. È tutto un altro livello di conoscenza.
IL MOTORE DEL CAMBIAMENTO
I desideri non sorgono dal nulla. I desideri si formano dentro il nostro inconscio ed
appaiono unicamente quando li possiamo definire, come, per esempio: «vorrei una pizza».
All’inizio i desideri non si avvertono ma sono percepiti più come un’agitazione interiore.
Abbiamo tutti provato questa sensazione di volere qualcosa, senza sapere precisamente cosa.
Si tratta di un desiderio non arrivato ancora a maturazione.
Platone disse: «La necessità è la madre dell’invenzione» (La Repubblica II), ed aveva
ragione. Nello stesso modo, la Kabbalah ci insegna che l’unica maniera per apprendere
qualcosa è di volerlo apprendere. La formula è semplice: «volere è potere». A tal fine, noi
investiamo tempo ed energia e sviluppiamo gli strumenti necessari. Concludendo, risulta che
il motore trainante del cambiamento è il desiderio.
Il modo in cui i nostri desideri si evolvono, definisce e delinea tutta la storia dell’umanità.
Lo sviluppo dei desideri umani ha spinto gli uomini a studiare l’ambiente che li circonda, per
poter soddisfare le proprie necessità. Al contrario di minerali, vegetali ed animali, gli uomini
sono in perpetua evoluzione. Ad ogni generazione, e per tutti noi, i desideri diventano
sempre più grandi.
PRENDERE IL COMANDO
Questo motore di cambiamento chiamato “il desiderio” è composto da cinque livelli, da zero
a quattro. I Kabbalisti chiamano questo motore «il desiderio di ricevere piacere» o
semplicemente «il desiderio di ricevere». Quando la Kabbalah è apparsa cinquemila anni fa, il
desiderio di ricevere si trovava a livello zero. Ai giorni nostri, come potete ben capire da soli,
abbiamo raggiunto il livello quattro: il livello più intenso.
Nel passato, quando il desiderio di ricevere era a livello zero, i desideri non erano
sufficientemente forti per separarci dalla Natura e neppure per dividerci fra di noi. Allora,
questa unione con la Natura era un modo del tutto naturale di vivere. La gente non
conosceva nessun’altra via e non si rendeva nemmeno conto che poteva essere separata dalla
Natura, e tanto meno se lo augurava. Oggi molti sono pronti ad investire somme
astronomiche di denaro per partecipare a corsi di meditazione (che non sempre sono
efficaci).
In effetti, all'epoca, la comunicazione fra l’uomo e la Natura, e fra gli individui in
generale, era più che naturale, le parole non erano necessarie e la gente comunicava
attraverso il pensiero, come avviene nella telepatia. Allora gli uomini vivevano molto uniti
come se fossero una sola nazione.
Fu allora che si verificò un cambiamento in Mesopotamia: il desiderio degli individui
cominciava a crescere facendoli diventare sempre più egoisti. Volevano modificare la Natura
per servirsene a proprio beneficio. Invece di tentare di adattarsi ad essa, volevano cambiarla
per soddisfare i loro bisogni. Si evolvevano, ma distaccandosi dalla Natura, così separati e
distanti da essa, si allontanavano anche gli uni dagli altri. Oggi, alcuni secoli più tardi,
scopriamo che non fu una buona idea, perché le cose non funzionano in maniera così
semplice.
Dal momento che la gente aveva iniziato ad essere in opposizione con il proprio
ambiente e con la società, aveva anche cessato di considerare gli altri come il proprio
prossimo, e la Natura come la propria dimora. L'amore ha lasciato lo spazio all'odio e gli
individui si sono separati ancor di più fino a distaccarsi gli uni dagli altri.
In seguito, la nazione dell'antico mondo si suddivise, all’inizio, in due gruppi; uno si
diresse ad est e l'altro ad ovest. Questi due gruppi poi continuarono a dividersi e a
frammentarsi, formando così le molteplici nazioni che abbiamo oggi.
Uno dei sintomi più evidenti di questa divisione è descritto nella Bibbia con «la caduta
della torre di Babele» e la creazione di numerose lingue. Queste ultime separavano la gente e
creavano confusione e disordine. La parola ebraica per confusione è Bilbul e, per
rappresentare la confusione, la capitale della Mesopotamia ha ricevuto il nome di Babele
(Babilonia).
Una finestra sulla Kabbalah
All'epoca, quando tutto questo Qui Pro Quo accadde,
Abramo viveva in Babilonia ed aiutava suo padre a fabbricare
delle piccole statue che vendeva nel negozio di famiglia.
Ovvio che Abramo si trovasse nel bel mezzo di una confusione di correnti di
pensiero che all’epoca prosperavano in Babilonia, la città più moderna dei
tempi antichi. Questa confusione spiega la ripetuta domanda che Abramo
si poneva, e che lo condusse a scoprire il segreto della Natura: «Chi dirige
tutto il mondo?» Quando capì che la confusione e la separazione avevano
uno scopo ben preciso, cominciò rapidamente ad insegnare (la legge
della Natura) a chiunque fosse pronto per impararla.
Da questa separazione, i nostri desideri sono passati dal livello zero al quarto livello e ci
troviamo ora a fare i conti con la Natura. Invece di correggere il nostro egoismo, che si
sviluppa sempre di più, per restare uniti alla Natura, ovvero al Creatore, abbiamo costruito
degli utensili meccanici e tecnologici per proteggerci da essa. La ragione primaria dello
sviluppo della scienza e della tecnologia, infatti, era quella di salvare le nostre vite disastrate
dai fenomeni della natura. Nel frattempo, il risultato raggiunto è stato che, coscientemente o
no, tentiamo di controllare il Creatore e di prendere in mano le redini della situazione.
NASCONDERSI, CERCARSI E NON TROVARSI
Il livello di egoismo dell'umanità ha continuato a crescere incessantemente, ed ogni volta ci
siamo allontanati sempre di più dalla Natura (dal Creatore). Nella Kabbalah, la distanza non
si misura né in centimetri, né in metri, ma con le qualità caratteriali. Le qualità del Creatore
sono l’essere un tutt’uno con l’universo, l’unione, l’amore e la capacità di donare in assoluto,
ma non ci è possibile percepirLo se non abbiamo le Sue stesse qualità. Se siamo concentrati
su noi stessi non abbiamo nessuna possibilità di connetterci al mondo intero e di essere
altruisti come il Creatore. Sarebbe come cercare di guardarsi negli occhi mentre siamo
schiena contro schiena.
Più voltiamo le spalle al Creatore, tentando di controllarLo, più ci sentiremo frustrati.
Evidentemente non possiamo dominare qualcosa di invisibile e di impalpabile. Questo
desiderio non potrà mai essere soddisfatto finché non facciamo un’inversione ad U e
guardiamo nell’altra direzione, solo così Lo scopriremo.
Sono sempre di più le persone ormai stanche delle promesse dell’era tecnologica: i soldi,
la salute e, cosa più importante, un futuro sicuro. Poche sono le persone che hanno
raggiunto queste cose, ma anche loro però non hanno la sicurezza di poterle mantenere nel
futuro. Nel frattempo, il fatto positivo di questa situazione è che ci costringe a riconsiderare
la direzione presa e a chiederci: «È possibile che in tutto questo tempo abbiamo percorso la
strada sbagliata?»
Oggi dobbiamo ammettere che siamo in crisi, ci troviamo in un vicolo cieco e possiamo
quindi ammettere apertamente di percorrere una strada senza via d’uscita. Invece di
enfatizzare, con l'aiuto della tecnologia, il nostro approccio egoista, che è in opposizione alla
Natura, faremmo meglio a cambiare il nostro egoismo in altruismo e, di conseguenza, unirci
alla Natura. Nella Kabbalah, questo cambiamento è chiamato Tikùn (correzione). Realizzare
il nostro occultamento con il Creatore, significa riconoscere la spaccatura che è avvenuta fra
noi esseri umani cinquemila anni fa. Si chiama “Riconoscere il male”. Non è facile, ma è il
primo passo da intraprendere verso una vera vita sana e felice.
TUTTO È BENE CIÒ CHE FINISCE BENE
Nell’arco di più di 5000 anni, ciascuno dei due diversi gruppi (quello che si diresse ad Ovet, e
quello che si diresse ad Est) si è consolidato in Mesopotamia, e così si sono evolute
differenti civilizzazioni da popoli diversi. Per quanto riguarda gli appartenenti al primo
gruppo, essi
provenivano dalla “civilizzazione occidentale”, mentre gli altri dalla
“civilizzazione orientale”.
L'aggravarsi della spaccatura fra le due civilizzazioni riflette il culmine di un processo che
è cominciato allo scoccare della prima divisione. Cinquemila anni fa un’unica nazione si è
divisa perché il crescente egoismo ha separato il suo popolo. Ora è venuto il momento per
questa “nazione”, chiamiamola umanità, di riunirsi e di tornare ad essere una sola nazione.
Tutti noi siamo sempre sul punto di rottura, lo stesso di tanti anni fa, solo che oggi ne siamo
più consapevoli.
Secondo la saggezza della Kabbalah questo collasso delle culture ed il risorgere delle
credenze mistiche, numerose nell’antica Mesopotamia, ha segnato l'inizio del cammino
dell’umanità verso una nuova civilizzazione. Ai giorni nostri cominciamo a realizzare che
siamo tutti connessi e che siamo tenuti a ricostruire lo stato che precedeva questa spaccatura.
Ricostruendo un'umanità unita, noi ristabiliremo allo stesso tempo anche il nostro legame
con la Natura, con il Creatore.
L’EGOISMO È UNA TRAPPOLA
Ai tempi in cui il misticismo fioriva, la saggezza della Kabbalah veniva riscoperta ed era in
grado di spiegare il crescente aumento del nostro egoismo. I Kabbalisti ci insegnano che ogni
cosa esistente serve per soddisfare un desiderio della persona.
Quando i desideri sono egocentrici, non possono essere soddisfatti in modo naturale.
Ciò dipende dal fatto che una volta soddisfatto il desiderio, lo stesso si annulla e dopo che il
desiderio sparisce il piacere fa altrettanto.
Pensate al vostro piatto preferito. Ed ora, immaginatevi dentro ad un bel ristorante da
intenditori, comodamente seduti ad un tavolo con camerieri gentili che vi portano piatti
prelibati. Sembra tutto così buono! E che buon profumo!!! Potete già immaginarvi il sapore,
vero? Il vostro corpo sì, questo è il motivo per il quale vi viene l’acquolina in bocca al solo
pensiero di gustarvi queste squisitezze. Ma dal primo boccone il piacere diminuisce. Prima
l’appetito, e poi il piacere, se ne vanno mangiando e, finalmente, quando siete sazi, non
provando più il piacere iniziale derivante dal cibo, vi fermate. Non smettete di mangiare
perché siete soddisfatti, ma perché il vostro stomaco è pieno, e non è più in grado di gustare
le pietanze. Questa è la trappola dell'egoismo: una volta ottenuto l'oggetto desiderato, non lo
volete più. Tuttavia non possiamo vivere senza il piacere, per cui siamo obbligati a ricercare
sempre nuovi piaceri, e sempre più grandi.
Questa ricerca di piaceri nuovi finirà puntualmente con un’altra delusione e così via. È
un circolo vizioso. È facile, più desideriamo, più ci sentiamo vuoti, e per questo la nostra
frustrazione aumenta. Oggi, poiché ci troviamo di fronte al più alto livello del desiderio, il
più intenso della storia, ci sentiamo ancora più insoddisfatti di prima, nonostante disponiamo
di mezzi maggiori dei nostri genitori e dei nostri nonni. Il contrasto fra quello che abbiamo,
da una parte, e la nostra crescente insoddisfazione, dall'altra, è l'essenza della crisi che
dobbiamo affrontare. Più diventiamo egoisti, più ci sentiamo svuotati e più la nostra
frustrazione peggiora.
LA NECESSITÀ DELL’ALTRUISMO
Una volta eravamo tutti legati interiormente. Sentivamo e pensavamo come un solo essere
umano, e la natura ci trattava nello stesso modo. Questo essere umano “collettivo” si
chiamava Adamo dalla parola ebraica «Domè» (simile), che significa simile al Creatore, che è
Uno ed Intero. Tuttavia, a dispetto di questo nostro legame iniziale, abbiamo perso
progressivamente la sensazione nella misura in cui il nostro egoismo cresceva, e ci siamo
allontanati sempre di più gli uni dagli altri.
I libri della Kabbalah dicono che, secondo il piano della Natura, il nostro egoismo deve
crescere continuamente finché realizzeremo che siamo così separati dagli altri, da arrivare a
provare odio reciproco. La logica dietro questo piano sta nel fatto che dovevamo prima
sperimentare cosa vuol dire essere una sola entità, che in seguito si separa in più individui
egoisti. Solo allora avremmo realizzato di essere in totale opposizione al Creatore, e
completamente egoisti.
Del resto, era l'unico mezzo per noi di comprendere che l’egoismo è negativo, non
appagante e senza speranza. Come abbiamo detto precedentemente, il nostro egoismo ci
separa dagli altri e dalla Natura. Prima di iniziare un cambiamento dobbiamo ammettere che
è necessario. Questo ci porterà a realizzare che vogliamo un cambiamento, e che troveremo
dentro di noi la via per diventare altruisti, ricollegandoci all’intera umanità, alla Natura ed al
Creatore. Dopo tutto, e l’abbiamo già detto, il desiderio è il motore del cambiamento.
Una finestra sulla Kabbalah
Il Kabbalista Yehuda Ashlag ha scritto che l’arrivo e la
scomparsa della «Luce Superiore» all’interno del desiderio
rendono il recipiente adatto alla sua funzione: essere altruista.
In altre parole, se vogliamo percepire l'unione con il Creatore, dobbiamo
prima unirci a Lui e poi sperimentare la perdita di questo legame. La
conoscenza di questi due stati farà sì che saremo in grado di scegliere
tramite la nostra coscienza, e la coscienza è necessaria per una reale
unità.
Possiamo paragonare questo processo ad un bambino che nella sua
infanzia dipende dai genitori, poi nell’adolescenza si ribella ed una volta
adulto li comprende e giustifica la loro educazione.
L’altruismo non è una libera scelta. Ci sembra che possiamo scegliere semplicemente se
essere egoisti o altruisti. Osservando la Natura vediamo che l'altruismo è una legge
fondamentale dell'esistenza. Per esempio, ogni cellula dell'essere umano è nella sua essenza
egoista, per mantenersi in vita però deve rinunciare al proprio nutrimento per il benessere di
tutto il corpo, assicurando così sia la propria sopravvivenza che quella del corpo.
Dobbiamo sviluppare un legame con gli altri: più saremo in grado di essere uniti, e più
saremo in grado di sentire l’eternità della vita del Sistema di Adamo, invece del semplice
passare della nostra esistenza materiale.
Specialmente oggi, l'altruismo è diventato essenziale per la nostra sopravvivenza. È
evidente che siamo tutti in collegamento e reciprocamente dipendenti. Questa dipendenza fa
nascere una nuova e precisa definizione dell'altruismo. Ogni atto ed ogni intenzione
proveniente da un bisogno di collegare l'umanità in una grande entità, è considerato
altruismo; viceversa ogni atto o intenzione che non è diretto verso l’unione dell'umanità,
viene considerato egoismo.
La nostra opposizione alla Natura è la sorgente di tutte le sofferenze esistenti. Tutti gli
organismi della Natura come i minerali, le piante e gli animali, seguono istintivamente le leggi
altruistiche della natura, solo il comportamento umano è contrario alla Natura ed al Creatore.
Per di più, la sofferenza che vediamo intorno a noi non è solo un problema nostro, le
nostre azioni non corrette toccano tutte le altre parti della Natura. Ogni elemento nella
Natura segue istintivamente questa mutua legge, solo l'uomo non lo fa, l’uomo è dunque
l’unico elemento corrotto della Natura. In altri termini, se correggessimo il nostro egoismo in
altruismo, tutto il resto seguirebbe la correzione ed i problemi come l’inquinamento, la fame
nel mondo, le guerre e tutte le difficoltà, sparirebbero dalla società.
UNA MIGLIORE PERCEZIONE
L'altruismo racchiude in sé un prezioso regalo. In apparenza sembrerebbe che il solo
cambiamento consista nel mettere i desideri e le necessità degli altri davanti ai nostri, in realtà
però, per noi si verificherebbe un beneficio ben più importante. Pensando agli altri noi
diventeremmo un tutt’uno con loro e loro con noi.
Provate ad immaginare la cosa in questo modo: vi sono quasi 7 miliardi di persone sulla
faccia della terra. Cosa succederebbe se noi al posto di avere due braccia, due gambe ed un
cervello che li controlla, avessimo quattordici miliardi di braccia e gambe e 7 miliardi di
cervelli? Quest’idea suona piuttosto strana, vero? Beh, non necessariamente, poiché, se tutte
queste membra funzionassero come se fossero un solo organo, l'umanità agirebbe di
conseguenza come un solo corpo le cui capacità sarebbero moltiplicate per 7 miliardi.
Oltre a diventare un super uomo, ogni persona, diventando altruista, riceverebbe il più
grande regalo che si possa immaginare: un’infinita conoscenza delle cose, il ritorno della
memoria arcaica ed una grande saggezza. Poiché l'altruismo è la natura del Creatore,
acquisire questa qualità ci permetterebbe di eguagliare la nostra natura alla Sua e
cominceremmo così a pensare come Lui.
Potremmo acquisire il controllo su tutti i
fenomeni, capire perché essi si verificano e, se necessario, trovare il modo per farli accadere
in maniera differente. Nella Kabbalah questo stato si chiama «L’uguaglianza della forma», e
questo è lo scopo della Creazione. Questo stadio di percezione ottimale, e di armonia della
forma, è la ragione per la quale siamo stati creati, uniti e poi frammentati, per permetterci in
seguito di riunirci nuovamente. Nel momento della riunione noi impariamo per quale motivo
la Natura abbia agito in questo modo, scoprendo così che fu il Pensiero della Creazione a
creare la Natura.
Uniformandoci alla Natura ci sentiremo come Lei: eterni e perfetti. In questo stadio
neppure la morte del corpo sarà in grado di impedirci di continuare a vivere nella natura
eterna. La vita materiale e la morte non ci influenzeranno più, poiché la nostra antica
percezione egocentrica sarà rimpiazzata da una percezione completa ed altruista. Le nostre
vite diverranno le vite dell’intera Natura.
IL MOMENTO È ARRIVATO
Il Libro dello Zohar, “l’opera chiave” della Kabbalah, è stato scritto circa 2.000 anni fa. E già
duemila anni fa l’autore scriveva che, alla fine del ventesimo secolo, l'egoismo dell'umanità
avrebbe raggiunto i suoi massimi livelli.
Come abbiamo già detto precedentemente, più il nostro desiderio diventa grande e più la
sensazione di vuoto interiore cresce. Questo è il motivo per cui alla fine del ventesimo secolo
gli uomini hanno conosciuto un periodo di depressione senza precedenti. Il Libro dello Zohar
dice che, quando tale vuoto arriverà, l'umanità dovrà trovare un metodo per curarlo e per
aiutare tutti ad essere felici. Nello Zohar è scritto che è giunto il tempo per presentare la
Kabbalah all’intera umanità, come soluzione per ottenere la felicità grazie alla fusione con la
Natura.
Il processo per l’ottenimento della gioia, «Tikùn», non avverrà in un batter d’occhio, e di
sicuro non per tutti nello stesso momento. Una persona deve volerlo per fare accadere il
Tikùn. È un processo che si evolve in parallelo alla propria volontà.
La correzione comincia nel momento in cui una persona realizza che la sua natura
egoista è la causa dei suoi mali. È un cammino molto personale ed intenso, ma che porta
inevitabilmente a voler cambiare: a passare dall’egoismo all'altruismo. Come già detto, il
Creatore ci tratta come un unico solo essere. Abbiamo provato a raggiungere i nostri
obiettivi in modo egoistico, ed oggi stiamo scoprendo che i nostri problemi non saranno
risolti se non in modo collettivo e disinteressato. Più diverremo coscienti del nostro
egoismo, e più saremo in grado di servirci del metodo della Kabbalah per cambiare la nostra
natura. Non siamo stati in grado di farlo quando la Kabbalah è apparsa per la prima volta,
ma ora è giunto il momento di farlo perché sappiamo di averne bisogno.
Questi ultimi 5.000 anni dell'evoluzione umana sono stati accompagnati da una serie di
tentativi e di metodi in cui é stato esaminato il processo dei piaceri raggiunti, la disillusione
che essi hanno provocato ed il relativo abbandono per i piaceri successivi.
I metodi vanno e vengono, ma non siamo diventati più felici. Ora che appare il metodo
della Kabbalah, il cui scopo è di correggere il più alto dei livelli dell'egoismo, non dobbiamo
più intraprendere il cammino che ci porta alla disillusione.
Se iniziamo a correggere il nostro egoismo con la Kabbalah, tutte le altre correzioni
seguiranno come in una reazione a catena. Al momento della correzione saremo in grado di
sentire un grande piacere, una grande ispirazione ed una gioia immensa.
RIASSUMENDO
La saggezza della Kabbalah (la saggezza della ricezione) apparve per la prima volta 5.000
anni fa, quando gli uomini cominciarono a domandarsi quale fosse lo scopo della loro vita.
Coloro che la studiavano furono chiamati «Kabbalisti», essi avevano le risposte sulle
domande essenziali e sul ruolo dell'umanità nell'universo. Tuttavia, in quell’epoca i desideri
della maggioranza delle persone erano molto piccoli per potere aspirare ad una maggiore
conoscenza.
Quando i Kabbalisti videro che l'umanità non aveva più bisogno della saggezza,
iniziarono a nasconderla, serbandola in segreto e aspettando il momento in cui tutti fossero
stati pronti per essa. Nel frattempo, l'umanità intraprendeva altre strade come la religione e la
scienza.
Oggigiorno un numero sempre crescente di persone è convinto che la religione e la
scienza non siano in grado di dare delle risposte agli interrogativi più profondi ed hanno
iniziato a cercare altrove. Questa è la ragione per cui (la Kabbalah) appare oggi, essa, infatti,
risponde a tutte le domande essenziali sull’esistenza in questo universo. La Kabbalah ci
insegna che la Natura non è altro che un sinonimo del Creatore: globale, altruista ed
omnicomprensiva. Essa ci spiega che non solo è necessario comprendere la Natura, ma è
anche essenziale fondere questo metodo di esistenza con la nostra vita.
La Kabbalah afferma che, se ci mettessimo in armonia con la Natura, potremmo capire il
Pensiero profondo che si cela dietro ad essa: il Piano Generale. La Kabbalah afferma infine
che la comprensione di questo piano generale ci permetterà di diventare uguali al Creatore e
quindi di realizzare lo scopo della Creazione: diventare un tutt’uno con il Creatore.
2
Il Più Grande Desiderio del Mondo
D
opo aver letto tutto ciò che c’è da sapere sulle origini della Kabbalah, vedremo ora in
che cosa la Kabbalah stessa consiste.
Come molti di noi già sanno, lo studio della Kabbalah comprende molti termini in lingua
straniera. Gran parte delle parole provengono dall’ebraico, alcune sono in aramaico ed altre
in greco. La buona notizia è che sia i principianti che gli studenti di livello più avanzato,
potranno progredire benissimo anche conoscendo solamente alcuni di questi termini.
Malgrado essi rappresentino degli stati Spirituali, sperimentando questi livelli, gli allievi ne
scoprono i nomi corretti.
La Kabbalah parla dei desideri e di come soddisfarli. Essa ha studiato l’anima dell’uomo
e la sua relativa crescita, dal suo modesto inizio arrivando fino allo stato di un seme
Spirituale, per poi giungere al suo apice: l’Albero della Vita. Una volta acquisiti i punti
essenziali, tutto il resto si apprende direttamente con il proprio cuore.
UN TRAMPOLINO PER LA CRESCITA
Riprendiamo ora quello che è stato detto alla fine del primo capitolo. Abbiamo detto che
tutto potrebbe essere meraviglioso se fossimo in grado di usare diversamente il nostro
egoismo, unendoci agli altri per formare una sola entità spirituale. Ma quando ci guardiamo
intorno, possiamo chiaramente vedere che non siamo destinati ad un futuro positivo. Siamo
vicini ad un collasso della peggior specie! Anche se questo per ora non ha influito
direttamente su di noi, nessuno ci garantisce che un domani non ne saremo colpiti. Infatti
questo collasso ha lasciato tracce in tutte le sfere, nella nostra vita personale e nella società
come anche nella natura.
Un collasso del genere non è di per se negativo ma serve per indicare che è stato
raggiunto un punto di non-ritorno e che è ora di passare ad una nuova fase. La democrazia,
la rivoluzione industriale, la liberazione della donna e la fisica quantistica sono le
conseguenze dei vari collassi che hanno toccato le diverse sfere. In verità, tutto quello che
oggi esiste non è altro che la conseguenza di una precedente crisi.
La crisi attuale non è molto differente da quelle precedenti, è solamente molto più
intensa e tocca il mondo intero. Ciò nonostante, come tutte le crisi, può essere
un’opportunità di cambiamento, un trampolino di lancio per la crescita. Optando per la
scelta giusta, le nostre problematiche potrebbero semplicemente sparire. Potremmo senza
difficoltà fornire alimenti, acqua potabile ed una casa alle popolazioni di tutto il mondo.
Potremmo stabilire una pace duratura a livello mondiale e rendere questo pianeta prospero e
dinamico. Ma per far sì che tutto questo avvenga dobbiamo volerlo e scegliere ciò che la
Natura vuole che noi si scelga: l’unione al posto della separazione.
Allora perché non scegliere l’unione? Perché questa distanza fra di noi? Più progrediamo
e arricchiamo le nostre conoscenze e più ci distacchiamo gli uni dagli altri. Sappiamo
costruire navi spaziali, robot invisibili ad occhio nudo ed abbiamo quasi terminato la ricerca
sulla struttura genetica del DNA. Ma, nonostante tutto questo, non abbiamo imparato ad
essere felici, perché?
Studiando la Kabbalah, vediamo che essa ci guida nel riconoscere la causa di tutte le
cose. Prima di darci una qualunque risposta, ci dice perché ci ritroviamo nello stato attuale.
Una volta riconosciuta la causa profonda della nostra situazione, non avremo quasi più
bisogno di essere guidati per avanzare. Con questo spirito, e guardando tutto quello che
abbiamo appreso sinora, forse scopriremo perché non abbiamo ancora trovato la chiave
della felicità.
DIETRO PORTE CHIUSE
L’uomo... se non è stato educato abbastanza oppure se è stato educato
in modo malato, risulta essere la creatura più selvaggia tra gli esseri terreni.
- Platone (Le Leggi)
La conoscenza è sempre stata considerata come un privilegio per pochi. Lo spionaggio non è
un’invenzione dei tempi moderni ma è sempre esistito. La sua esistenza è sempre stata legata
al bisogno di possedere la conoscenza, la sola domanda è: chi aveva bisogno di conoscere?
Nel passato, le persone che detenevano la conoscenza erano chiamate «Saggi», e questa
sapienza riguardava i segreti della Natura. Questi saggi nascondevano ermeticamente le loro
conoscenze, temendo che potessero cadere nelle mani sbagliate.
Come si decide chi merita di sapere? Il fatto di possedere informazioni esclusive dà il
diritto di tenerle nascoste? Nessuno vuole sentirsi dire che non è degno di sapere, siamo tutti
in cerca di informazioni, anche di quelle non accessibili.
Non è sempre stato così. Molti anni fa, prima che l’egoismo avesse raggiunto il suo
livello più alto, la gente si preoccupava del bene altrui prima ancora di pensare alla propria
persona. Le persone si sentivano appartenenti alla Natura e all’intera umanità oltre che vicine
a sé stesse. Questo era il modo più naturale di esistere.
Oggigiorno però le nostre considerazioni sono cambiate radicalmente: pensiamo di avere
il diritto di sapere tutto e di fare tutto. Questo è quanto il nostro livello di egoismo ci ordina
sistematicamente.
In effetti, prima ancora che l’umanità raggiungesse il quarto grado del desiderio, gli
intellettuali avevano cominciato a vendere le loro conoscenze in cambio di profitti materiali
come il danaro, le onorificenze e il potere. Con l’aumento delle tentazioni di carattere
materiale, la gente non era più in grado di conservare un tipo di vita modesto e di consacrarsi
completamente alle ricerche sulla Natura. Gli intellettuali hanno cominciato invece ad
utilizzare la loro conoscenza al solo scopo di raggiungere piaceri materiali.
Oggi, con l’avanzamento della tecnologia e l’intensificazione del nostro egoismo, il
cattivo impiego del sapere è diventato l’unica moneta corrente, a tal punto che più la
tecnologia progredisce e più diventiamo pericolosi per noi stessi e per l’ambiente. Più siamo
potenti e più siamo tentati di servirci del nostro potere per ottenere tutto ciò che vogliamo.
Come detto precedentemente, il desiderio di ricevere ha quattro gradi di intensità, più
diventa forte e più noi scendiamo in basso, sia moralmente che socialmente, ed è per questo
che non ci dobbiamo meravigliare se il mondo peggiora sempre più. Oramai riusciamo a
capire meglio l’intenzione dei saggi quando ritenevano giusto celare la propria saggezza, oggi,
invece, il loro egoismo è cresciuto a tal punto da svelarla.
Senza un cambiamento la nostra conoscenza ed il progresso tecnologico non ci verranno
in aiuto, al contrario, non faranno che produrre sofferenze ancora più grandi di quelle già
esistenti. È veramente ingenuo da parte nostra credere che attraverso le invenzioni
scientifiche si possa avere una vita migliore. Se vogliamo un futuro più promettente,
dobbiamo solamente cambiare noi stessi.
LO SVILUPPO DEI DESIDERI
L’affermazione che la natura umana è egoista non farà di certo apparire grossi titoli sui
giornali. Comunque, poiché siamo naturalmente egoisti, tutti senza eccezione, siamo inclini a
far cattivo uso del sapere. Questo non significa necessariamente che siamo pronti a
commettere un crimine avvalendoci delle nostre competenze, ma può invece accadere che
utilizziamo le nostre conoscenze nella maniera sbagliata, soprattutto nelle piccole cose della
vita quotidiana, come ottenere una promozione professionale immeritata, oppure creare dei
problemi al nostro migliore amico.
La vera novità a proposito dell’egoismo è che non è la natura umana ad essere egoista,
ma «Siamo noi ad esserlo». La prima volta che veniamo a contatto con il nostro egoismo
viviamo un’esperienza che ci fa riflettere molto e che, per di più, non è particolarmente
piacevole.
Esiste un valido motivo alla costante evoluzione del nostro desiderio di ricevere. Tra
poco affronteremo quest’argomento; per il momento, invece, concentriamoci sul ruolo
svolto da questa evoluzione nel processo di acquisizione del sapere.
Quando nasce un nuovo desiderio si creano nuove esigenze e, quando cerchiamo di
soddisfare queste nuove esigenze, sviluppiamo e miglioriamo il nostro intelletto. In altre
parole, è la stessa evoluzione del desiderio di ricevere piacere che poi crea l’evoluzione.
Una finestra sulla Kabbalah
Il primo livello del desiderio comprende i principali
desideri fisici, come i bisogni alimentari, le relazioni
sessuali, la famiglia e la casa. Sono i desideri più
elementari, che accomunano tutti gli esseri viventi.
Ma, a differenza del primo livello del desiderio, tutti i livelli successivi
sono esclusivamente umani e provengono dalla società umana
stessa. Il secondo livello comprende il desiderio di arricchimento, il
terzo comprende il desiderio di ricevere onori, gloria e potere, il
quarto livello invece include il desiderio per la conoscenza.
Uno sguardo alla storia dell’umanità per quanto riguarda l’evoluzione dei desideri,
permette di vedere come questi crescenti desideri abbiano generato ogni concetto, scoperta
ed invenzione. Ogni novità è sempre servita a soddisfare il nostro bisogno ed è sempre nata
dal nostro desiderio.
Felicità o infelicità, piacere o sofferenza, dipendono dal grado di appagamento dei nostri
bisogni, malgrado la soddisfazione esiga degli sforzi. Oggi come oggi siamo guidati a tal
punto dai nostri piaceri che, come dice il Kabbalista Yehuda Ashlag, «Nessuno può
compiere il minimo movimento senza che vi sia una motivazione». Egli fornisce il seguente
esempio: «Quando, per esempio, una persona sposta la propria mano dalla sedia per posarla
sul tavolo, lo fa solo perché pensa che mettendo la mano sul tavolo, proverebbe maggior
piacere. Se non la pensasse in questo modo, lascerebbe la mano sulla sedia per il resto della
sua vita.»
Nel precedente capitolo, abbiamo detto che l’egoismo è un vicolo cieco. In altre parole,
l’intensità del piacere dipende da quella del desiderio. Quando la soddisfazione aumenta, il
desiderio diminuisce esponenzialmente e, se il desiderio viene a mancare del tutto, anche il
piacere sparisce. Sembrerebbe che per godere di una cosa, non dobbiamo solamente volerla,
ma dobbiamo continuare ad aspirare ad essa, altrimenti il piacere scomparirebbe.
Inoltre, il piacere non appartiene all’oggetto del desiderio ma risiede dentro colui che
ricerca il piacere stesso. Per esempio: se amo il tonno, ciò non significa che il tonno mi
arrechi del piacere in se stesso, ma che il piacere, sotto “forma” di tonno, esiste in me.
Domandate dunque ad una mucca se apprezza la propria carne, non credo che vi
risponderebbe in modo affermativo. Potremmo ingenuamente chiederle: «Perché non ti
apprezzi? Quando ti mangio sei talmente buona... e tu sei composta di tanta carne! Al tuo
posto sarei in paradiso.»
Naturalmente sappiamo che si tratta di un dialogo irreale e non giusto, la mucca infatti
non parla, e sappiamo anche per istinto che essa non può apprezzare la propria carne, al
contrario degli esseri umani.
Perchè amiamo mangiare la carne della mucca? Perché la desideriamo. La mucca non prova
il piacere della propria carne poiché non la desidera. Il desiderio di ricevere il piacere da un
oggetto si chiama Klì (recipiente) e la ricezione del piacere dentro il Klì si chiama Ohr (Luce).
Il concetto di Klì e di Ohr è indiscutibilmente il più importante nella saggezza della
Kabbalah. Se sei in grado di costruire un Klì, un recipiente per il Creatore, puoi ricevere la
Sua Luce.
CONTROLLARE I PROPRI DESIDERI
Ora che sappiamo che i desideri generano il progresso, vediamo come ce ne siamo serviti nel
corso della storia. Per lo più abbiamo avuto due modi di manipolare i desideri:
1) Trasformare il desiderio in un’abitudine, “addomesticarlo” e controllarlo facendolo
diventare una routine quotidiana;
2) Sminuire il desiderio e sopprimerlo.
La maggior parte delle religioni si servono del primo metodo, “accentuando” ciascuna
azione con una ricompensa. Per invogliarci a fare ciò che viene considerato come un bene, i
nostri parenti ed il nostro ambiente ci ricompensavano con una reazione positiva ogni
qualvolta agivamo “correttamente”. Crescendo, le ricompense sono progressivamente
venute meno, ma le nostre azioni, ormai diventate un’abitudine, si sono impresse nei nostri
spiriti come “gratificazioni”.
Quando siamo abituati ad una cosa, questa cosa diventa ai nostri occhi una seconda
natura. Quindi, ogni azione intrapresa seguendo la nostra natura genera in noi un senso di
benessere, qualcosa che ci fa sentire bene con noi stessi.
Il secondo modo di gestire i nostri desideri – sminuendoli – viene principalmente
utilizzato dalle filosofie e dagli insegnamenti orientali.
Questo approccio segue una regola molto semplice: è preferibile non volere piuttosto
che volere e non avere, dalle parole di Lao-tzu (604 a.C. – 531 a.C.) in «Manifestare
l’essenziale, abbracciare la semplicità, ridurre l’egoismo, avere pochi desideri» (The Way of
Lao-tzu).
Per anni ci è sembrato di essere riusciti a gestire i desideri grazie a questi due metodi;
anche se non abbiamo veramente ottenuto quello che cercavamo (sempre per la legge della
ricezione: quando hai quello che vuoi, non lo vuoi più), il perseguimento in se stesso è stato
gratificante. Ogni volta che un nuovo desiderio emergeva, credevamo anche che quella
sarebbe stata la volta buona che avrebbe soddisfatto le nostre aspettative. Abbiamo
conservato la speranza finché abbiamo continuato a sognare; dove c'è speranza c'è vita,
malgrado i sogni non vengano realizzati.
Ora che i nostri desideri sono cresciuti, è diventato estremamente difficile soddisfarli con
sogni non realizzati, con un Klì (recipiente) vuoto, privato della soddisfazione alla quale era
stato destinato. E così i due metodi – la manipolazione dei desideri e la loro diminuzione –
vanno ormai incontro solo ad una sconfitta più grande. Se non saremo in grado di diminuire
i nostri desideri, non avremo altra scelta che cercare una via per soddisfarli. Arrivati a questo
punto, possiamo scegliere di abbandonare gli antichi metodi oppure cercare di integrarli con
un nuovo metodo di ricerca.
UN NUOVO DESIDERIO IN CITTÀ
Abbiamo detto che esistono quattro gradi nel desiderio di ricevere: a) i desideri fisici per
nutrirsi, riprodursi e fondare una famiglia; b) il desiderio per la ricchezza; c) il desiderio per il
potere e il rispetto (alcune volte separati in due gruppi); d) il desiderio per la conoscenza.
I quattro gradi sono a loro volta suddivisi in due gruppi: 1) grado uno: i desideri primari,
condivisi da tutte le creature viventi; 2) gradi due, tre e quattro: sono desideri umani, i quali
esistono unicamente nell'uomo. Quest'ultimo gruppo ci ha portato all’attuale situazione.
Tuttavia, ai giorni nostri esiste un nuovo desiderio: il quinto stadio dell'evoluzione del
desiderio di ricevere. Come già detto nel precedente capitolo, Il Libro dello Zohar annunciava
che alla fine del ventesimo secolo sarebbe apparso un nuovo desiderio.
Esso non è semplicemente un nuovo desiderio, bensì rappresenta il culmine di tutti i
livelli dei desideri precedenti. Non è solamente il desiderio più potente, ma incorpora delle
caratteristiche così uniche che lo differenziano da tutti gli altri.
Quando i Kabbalisti parlano del cuore non intendono il cuore fisiologico, ma i desideri
dei primi quattro gradi. Il quinto grado del desiderio ha un’essenza diversa, infatti ottiene
soddisfazione solamente attraverso la Spiritualità e mai dalle cose materiali. Questo desiderio
è la radice della crescita Spirituale che ciascuno di noi dovrà sperimentare. Per questo motivo
i Kabbalisti lo chiamano «il punto nel cuore».
UN NUOVO METODO PER UN NUOVO DESIDERIO
Quando il «punto nel cuore» appare, una persona inizia a sostituire i propri piaceri materiali
(sesso, danaro, potere e conoscenza) con i piaceri Spirituali. Essendoci un nuovo desiderio
da soddisfare, diventa per noi necessario trovare un nuovo metodo per produrre tale effetto:
ovvero “la saggezza della Kabbalah” (la saggezza per imparare a ricevere).
Per comprendere questo nuovo metodo, vediamo la differenza esistente fra la saggezza
della Kabbalah, dove lo scopo principale è soddisfare il desiderio di Spiritualità, e gli altri
metodi, i quali servono solo a soddisfare i desideri più materiali. Per ciò che riguarda i
desideri più terreni possiamo definirli senza difficoltà: se abbiamo fame cerchiamo di
mangiare e se vogliamo essere rispettati ci comportiamo in modo da guadagnarci il rispetto
altrui.
Invece, non sapendo esattamente cosa sia la Spiritualità, né tanto meno come fare per
raggiungerla, spesso, al principio, non realizziamo che quello che veramente vogliamo è
scoprire il Creatore, e di conseguenza non comprendiamo che dovremmo trovare un nuovo
metodo per ricercarLo. Questo desiderio è talmente differente da quelli provati in
precedenza che ci appare poco chiaro, soprattutto perché, quando ne facciamo la scoperta, e
in seguito desideriamo soddisfarlo, abbiamo la necessità di una saggezza che per millenni è
stata occultata.
Finché volevamo solamente il cibo, un buono stato sociale e al massimo un po’ di
conoscenza, non avevamo bisogno della Saggezza occulta, non ci sarebbe stata utile, perciò è
rimasta occulta. Tanto più che la sua dissimulazione non significa che sia stata del tutto
abbandonata; al contrario, per cinquemila anni i Kabbalisti l'hanno raffinata e migliorata in
previsione dell'epoca nella quale la gente avrebbe riscoperto questa necessità. Hanno scritto
libri sempre più semplici per permettere alla Kabbalah di essere sempre più comprensibile ed
accessibile a tutti.
Essi sapevano che nel futuro il mondo intero ne avrebbe avuto bisogno, scrivevano che
tutto questo si sarebbe avverato nel momento in cui il quinto livello del desiderio sarebbe
apparso. D’ora in avanti questo sarà il caso di coloro che si identificano provando il bisogno
della saggezza della Kabbalah.
Secondo la terminologia Kabbalistica, per ricevere il piacere bisogna disporre all’interno
del contenitore «Klì» di un desiderio ben definito per ottenere un particolare piacere.
L’immaginazione di un Klì costringe il nostro spirito a ricercare un mezzo per riempirlo con
la Luce (Ohr). Ora che molti di noi hanno «il punto nel cuore», la saggezza della Kabbalah si
presenta come un metodo per soddisfare il nostro desiderio di Spiritualità.
TIKÙN – LA CORREZIONE
DEL DESIDERIO DI RICEVERE
Abbiamo già visto che il desiderio di ricevere si presenta come un vicolo cieco: quando
ricevo quello a cui tanto aspiravo, perdo quasi immediatamente la voglia di averlo e,
chiaramente senza volerlo, mi accorgo di non poter più ricavare da ciò alcun piacere.
Per evitare questo trabocchetto il desiderio per la Spiritualità arriva con un suo proprio
meccanismo predeterminato. Questo meccanismo unico si chiama Tikùn (correzione). Un
desiderio importante del quinto grado, prima di poter essere usato efficacemente e con
piacere, deve essere prima di tutto “rivestito” del Tikùn.
La comprensione del Tikùn metterà in chiaro numerosi fraintendimenti associati alla
Kabbalah. Il desiderio di ricevere è stato la forza motrice di tutti i progressi e di tutti i
cambiamenti nella storia dell'umanità. Tuttavia il desiderio di ricevere è sempre stato pronto
a ricevere il piacere per pura auto gratificazione. Certamente nulla di male avviene a chi
desidera il piacere, ma l'intenzione di soddisfare i nostri interessi personali per appagare il
nostro ego, ci mette in opposizione alla Natura, al Creatore. Ecco perchè, volendo ricevere
per noi stessi, noi ci separiamo dal Creatore. Questo è il nostro problema, la ragione di tutti i
nostri mali e delle nostre frustrazioni.
Il Tikùn non avviene quando cessiamo di voler ricevere, ma quando cambiamo la ragione
per la quale noi riceviamo, cioè la nostra intenzione. Quando noi riceviamo con fini
strettamente personali parliamo di «egoismo», mentre, quando riceviamo con lo scopo di
unirci al Creatore, parliamo di «altruismo», intendendo in tal caso l’unione con la Natura.
Per esempio, amate mangiare le stesse cose tutti i giorni, tutto l'anno? Certamente no!
Ora, questo è esattamente ciò di cui hanno bisogno i neonati, semplicemente perché non
possono scegliere. Infatti l’unico motivo della loro condiscendenza è che non conoscono
altro. Esistono sicuramente numerosi piaceri derivanti dal cibo e non solo con lo scopo di
riempire i loro stomaci vuoti.
Ora, pensate alla madre del neonato. Immaginate il suo viso raggiante quando lo allatta,
per non parlare di quando lo guarda mangiare con sano appetito, essa si sente come in
paradiso. Quindi accade che, se al massimo il neonato può essere solamente soddisfatto di
mangiare, la madre è completamente estasiata dalla felicità.
In effetti le cose avvengono così: la madre e il neonato traggono piacere dallo stesso
desiderio, ovvero il nutrimento del bambino. Nonostante questo riguardi unicamente il
bambino, mentre egli si concentrerà solamente sul suo stomaco, la madre proverà una gioia
infinitamente superiore in quanto soddisfa il desiderio di dare al suo bambino. La sua
attenzione non è rivolta a se stessa, bensì a suo figlio.
Lo stesso avviene in Natura. Se fossimo in grado di capire cosa la Natura si aspetta da
noi e agissimo di conseguenza, potremmo sentire il piacere di donare; non lo proveremmo
però ad un livello istintivo, come le madri sperimentano in modo naturale con il loro
bambino, ma ad un livello spirituale in unione con la Natura stessa.
In ebraico, la lingua originaria della Kabbalah, l’intenzione si chiama Kavanà. Ecco perché
il Tikùn da fare è quello di ricercare una buona Kavanà per i nostri desideri. La ricompensa
dell'esecuzione di un Tikùn, con la giusta Kavanà, è la soddisfazione di quest'ultima ed anche
il più grande di tutti i desideri: il desiderio per la Spiritualità, per il Creatore. Quando questo
desiderio è soddisfatto, la persona riconosce il sistema che governa la realtà, partecipa alla
sua creazione e finalmente ne riceve le chiavi prendendone il comando. Una persona così
non vivrà più la vita e la morte come facciamo noi, ma volerà con gioia eterna e senza sforzo
in una corrente infinita di felicità e beatitudine perchè è unita al Creatore.
RIASSUMENDO
I cinque livelli dei nostri desideri sono ripartiti in tre gruppi. Il primo gruppo corrisponde ai
desideri animali (nutrirsi, riprodursi, avere una casa), il secondo ai desideri umani (denaro,
rispetto, conoscenza) e il terzo gruppo è il desiderio per la Spiritualità («il punto nel cuore»).
Fintanto che solo i primi due gruppi sono stati attivi, noi ci siamo accontentati di
“addomesticare” i nostri desideri attraverso la routine o addirittura sopprimendoli del tutto.
Ma quando «il punto nel cuore» apparve, i primi due sistemi risultarono non essere più
adeguati, dovemmo quindi scegliere un nuovo metodo. Fu in questo momento che riapparve
la saggezza della Kabbalah (dopo essere stata occultata per millenni, nell’attesa dell'epoca in
cui sarebbe stata riportata alla luce).
La saggezza della Kabbalah è il metodo per il nostro Tikùn (correzione). Applicandola,
possiamo cambiare la nostra Kavanà (intenzione) orientata ai soli fini personali, definiti
egoisti, e trasformarla sino al punto di poter soddisfare sia la Natura che il Creatore. Solo
così potremo definire la nostra intenzione altruistica.
Oggigiorno la crisi globale che conosciamo è in realtà una crisi dei desideri. Se ci
servissimo della saggezza della Kabbalah per soddisfare l'ultimo e il più grande dei desideri –
il desiderio per la Spiritualità – i nostri problemi sarebbero automaticamente risolti, poiché le
radici stesse dei problemi si trovano nell’insoddisfazione spirituale di molti, e sono infatti in
molti a farne l'esperienza.
3
L'origine della Creazione
O
ra che abbiamo constatato quanto sia importante lo studio della saggezza della
Kabbalah, è giunto il momento di conoscerne radici e principi di base. Benché la
portata di questo libro non permetta uno studio esauriente dei Mondi Spirituali, alla fine di
questo capitolo avremo basi sufficientemente solide per decidere se continuare ad
approfondire la nostra conoscenza.
I MONDI SPIRITUALI
La Creazione è composta interamente dal desiderio di ricevere piacere. Questo desiderio si
evolve in quattro fasi, l'ultima di queste si chiama «creatura» (figura 1). Questa figura mostra
la struttura dell'evoluzione dei desideri che è la base di tutto ciò che esiste.
La figura n. 1 descrive le cinque fasi della Creazione della creatura. Se immaginassimo
questo processo come fosse una storia, comprenderemmo meglio che i disegni descrivono i
cambiamenti delle nostre emozioni e non dei luoghi o degli oggetti.
• Il Pensiero della Creazione
Ogni creazione deve essere immaginata e pianificata prima di essere messa in pratica. In
questo caso, parliamo della Creazione e dell’Idea stessa che l'ha generata. Quest’Idea si
chiama «Il Pensiero della Creazione».
Nel primo capitolo, abbiamo detto che Abramo scoprì la saggezza della Kabbalah e fu il
primo a diffonderla. Scoprì che l'universo “ubbidisce” alla forza dell’amore e del Dono
Assoluto. Quando ebbe realizzato che ciascuna vita fu creata da questa forza, egli la chiamò
«il Creatore». Di conseguenza, nella Kabbalah, il termine «Natura» è sinonimo della parola
«Creatore».
Abramo scoprì anche che la volontà del Creatore è quella di farci un dono
particolarmente speciale: divenire come Lui. Egli è il livello più perfetto, possente e
onnisciente che possa esistere, e visto che è una forza d'amore, Egli vuol donarci il meglio:
Se stesso.
Nella figura n. 1 viene descritto il Pensiero della Creazione come il desiderio di donare
piacere (che si chiama «Luce») alle Sue creature. Questa è anche la radice della Creazione,
dove noi e ogni forma di vita, ha avuto inizio.
I Kabbalisti si servono della parola Klì (recipiente) per descrivere il desiderio di ricevere il
piacere, la Luce. Il recipiente è il senso spirituale, lo strumento che percepisce il Creatore.
Ora ci rendiamo conto perché i Kabbalisti abbiano chiamato questa saggezza «la saggezza
della Kabbalah» (la saggezza di come ricevere).
Esiste una buona ragione perché i Kabbalisti hanno chiamato il piacere «Luce». Quando
il Klì – una creatura, una persona – percepisce il Creatore, comincia l'esperienza Spirituale di
una grande saggezza. Proprio in quel momento realizziamo che la saggezza rivelatasi è
sempre stata lì, benché fosse fino a quel momento rimasta nascosta. È come se l'oscurità
della notte si fosse trasformata immediatamente nella luce del giorno e l'invisibile fosse
diventato visibile. Poiché questa Luce è portatrice di conoscenza, i Kabbalisti l'hanno
chiamata «la Luce di Saggezza» e il metodo per riceverla è appunto «la saggezza della
Kabbalah».
• Le Quattro Fasi e la loro Radice
Torniamo ora alla nostra storia sulla Creazione. Perché il Pensiero della Creazione sia
effettivo, il Creatore ha concepito una Creazione che desideri precisamente il piacere d’essere
simile al Creatore. Se avete dei figli, sapete a cosa mi riferisco. Non ci sono parole più
lusinghiere per un padre che sentirsi dire: «Tu e tuo figlio vi somigliate come due gocce
d’acqua!»
Come appunto stavamo dicendo, il Pensiero della Creazione - di Donare piacere alle
proprie creature - è la Radice della creazione stessa. È il motivo per il quale il Pensiero della
Creazione viene denominato “la Fase Radice” o “Fase Zero”. Il desiderio di ricevere piacere
è denominato “Fase Uno”.
Una finestra sulla Kabbalah
La fase zero è rappresentata da una freccia che scende.
Ogni volta che la freccia punta verso il basso significa
che la Luce proviene dal Creatore e va verso la Creazione. Non è
valido però lo stesso ragionamento al contrario: una freccia
ascendente infatti non significa che la creatura dà la Luce al
Creatore, ma che essa desidera a sua volta donare al Creatore. E
cosa succede quando due frecce puntano contemporaneamente
in due direzioni opposte? Proseguite nella lettura e lo scoprirete molto
presto.
I Kabbalisti identificano il Creatore anche come «Desiderio di Donare in assoluto», e la
creatura come «desiderio di ricevere delizie e piaceri» o semplicemente «il desiderio di
ricevere». In seguito affronteremo l’argomento della percezione del Creatore, ma, giunti a
questo punto, è molto importante sapere che i Kabbalisti non parlano spesso di quello che
percepiscono di per sé. Non ci dicono che il Creatore ha un desiderio di donare, ci dicono
invece che essi percepiscono che il Creatore ha un desiderio di donare, perciò essi Lo chiamano
«il desiderio di Donare in assoluto». E poiché hanno scoperto anche in sé stessi il desiderio
di ricevere il piacere che il Creatore vuole donare loro, chiamano sé stessi «il desiderio di
ricevere».
Quindi, il desiderio di ricevere è la prima creazione, la radice di ogni singola creatura.
Quando la Creazione, il desiderio di ricevere, diventa consapevole che il piacere proviene da
un Donatore, percepisce che il vero piacere risiede nel Donare e non nel ricevere. Ne risulta
che il desiderio di ricevere inizia con il voler donare (la freccia che sale dal Klì – il recipiente
nella figura). Questa è una nuova fase, la fase due.
Una finestra sulla Kabbalah
Nella Kabbalah, l’azione di Donare è considerata
come l’elemento maschile mentre l’azione di ricevere
come l’elemento femminile. In ciascun grado, esistono
stati nei quali si agisce sia come “maschile” che come
“femminile”; di conseguenza, ci riferiamo a volte ad un certo
grado in forma maschile e a volte in forma femminile, e qualche
volta ciò avviene anche nello stesso paragrafo. Le due uniche
eccezioni a questa regola sono il Creatore che è sempre maschile
e la Creazione che è sempre femminile, in quanto riceve da Lui.
Esaminiamo ora cosa distingue la Fase Due dalla Fase Uno. Se guardiamo la Figura n. 1,
vediamo che lo stesso Klì non cambia lungo tutte le fasi. Questo significa che il desiderio di
ricevere è immutabile. Di fatto il desiderio di ricevere è stato concepito dal Pensiero della
Creazione, esso è quindi eterno ed invariabile.
Durante la fase due il desiderio di ricevere vuole ricevere piacere Donando e non
ricevendo, questo è un cambiamento fondamentale. La differenza essenziale è che la Fase
Due ha bisogno di qualcuno a cui Donare. Ecco dunque, che per essere donatrice, la Fase
Due deve necessariamente stabilire una relazione con qualcun’altro o con qualcos’altro al di
fuori di se stessa.
La Fase Due ci costringe a Donare nonostante il desiderio intrinseco di ricevere, ciò
rende possibile la vita. Se così non fosse i genitori non si preoccuperebbero per i loro figli e
la vita in società diventerebbe impossibile. Per esempio, se fossi il proprietario di un
ristorante il mio più grande desiderio sarebbe il guadagno, quindi, darei da mangiare a
persone sconosciute alle quali, a dire il vero, non è che desideri proprio dare. Lo stesso vale
per i banchieri, i venditori e gli autisti dei taxi.
Possiamo vedere come la legge dalla Natura sia una legge altruista e non di ricezione,
malgrado il desiderio di ricevere sia la motivazione di base di ciascuna Creatura, in base a
quanto prestabilito nel Pensiero della Creazione stessa. La Creazione è composta dunque da
due desideri, uno di ricevere e uno di Donare tutto quello che in seguito vedremo deriverà
dalla reciprocità, cioè dalla “relazione” fra la fase uno e la fase due.
Una Finestra sulla Kabbalah
Quello che ci distingue e ci separa dal Creatore è il nostro
desiderio di ricevere, che è opposto al desiderio di Donare in
assoluto del Creatore stesso. Tuttavia, Egli non ci ha
semplicemente creati in opposizione a Lui, ma ci ha anche donato un
metodo per riavvicinarci, proprio come ci insegna la saggezza della
Kabbalah.
Come abbiamo appena potuto constatare, il nuovo desiderio di Donare nella fase Due
costringe la Creazione a comunicare, a cercare qualcuno che abbia bisogno di ricevere.
Perciò, la Fase Due inizia ad esaminare cosa e come può Donare al Creatore. Dopo tutto a
chi altro potrebbe Donare?
Ma, quando la fase due tenta di Donare, scopre che il Creatore vuole solo Donare. Egli
non ha nessun desiderio di ricevere, infatti cosa potrebbe Donare la creatura al Creatore?
Tanto più che la Fase Due scopre che nella Fase Uno il suo desiderio più vero è di ricevere.
Si accorge così che dentro la radice esiste essenzialmente il desiderio di ricevere delizie e
piaceri e che non ha il benché minimo desiderio di Donare. Ciò nonostante, poiché il
Creatore vuole solo Donare a lei, il desiderio di ricevere della creatura è precisamente quello
che essa può Donare al Creatore in ritorno, cioè ricevendo. La creatura scopre quindi come
può dare piacere al Creatore dato che il Dono è ciò che Lo fa gioire.
Tutto ciò può confonderci, ma se si pensa al piacere di una madre che allatta il proprio
bambino, realizzeremo che il neonato da piacere alla madre semplicemente ricevendo il suo
latte. Dunque, nella Fase Tre, la creatura - il desiderio di ricevere - sceglie di ricevere, e, a sua
volta, da alla Fase Radice, al Creatore. Ora abbiamo un ciclo completo dove intervengono i
Donatori.
Nella Fase Zero, il Creatore Dona alla creatura (Fase Uno) e la creatura, dopo aver
attraversato le fasi uno, due e tre, dona a sua volta al Creatore ricevendo da Lui.
Nella figura 1, la Fase Tre è rappresentata da un Klì dotato di due frecce, una punta verso
l’alto e l’altra verso il basso. La freccia discendente indica che la Fase Tre riceve, come nella
Fase Uno, e la freccia ascendente indica che la sua intenzione è di dare, come nella Fase Due.
Ancora una volta, le due azioni si servono dello stesso desiderio di ricevere come nella
Fase Uno e Due, quindi non c’è alcun cambiamento. Il cambiamento proviene
dall’intenzione con la quale la Fase Tre riceve: nella Fase Uno riceve senza riflettere, mentre
nella Fase Tre riceve in vista del piacere che arreca al Creatore.
Come abbiamo visto prima, le nostre intenzioni egoistiche sono la sola causa di tutti i
problemi del mondo. Anche qui, nella radice della Creazione, l’intenzione è molto più
importante dell’atto stesso. Per dimostrare questa gerarchia, Baal ha-Sulàm disse
metaforicamente che la Fase Tre riceve il dieci per cento e Dona il novanta per cento.
• Fase Quattro – desidera ardentemente il Pensiero del Creatore
Sembrerebbe a questo punto che abbiamo un quadro completo nel quale il Creatore è
riuscito a rendere la creatura identica a Lui, ovvero un Donatore. Tanto più che la creatura
apprezza questo Dono poiché ne gioisce il Creatore stesso. Ciò perfeziona il Pensiero della
Creazione?
Non proprio. In un certo senso, possiamo dire che la Creazione può seguire i passi del
Creatore e parlare il Suo linguaggio, anche da sola, ma non può pensare i Suoi pensieri.
L’atto di ricezione (Fase Uno) e la comprensione che il solo augurio del Creatore sia quello
di Donare (Fase Due) fanno sì che la creatura voglia essere nella situazione del Creatore, che é
la Fase Tre.
Divenire un Donatore come il Creatore non significa che la creatura abbia raggiunto il
Suo stato. Per adempiere al Pensiero della Creazione, la creatura deve prima raggiungere il
Pensiero e le azioni del Creatore. Giunti a questo stadio, essa (la creatura) comprenderà perché il
Creatore l’abbia creata. In pratica, il desiderio di capire il Pensiero della Creazione è tutta una
nuova fase. L’unica situazione con la quale possiamo fare dei paragoni è quella di un
bambino che vuole essere forte e intelligente quanto i suoi genitori. Sappiamo però che la
cosa sarà possibile solamente quando il bambino crescerà e diverrà a sua volta genitore.
Questo, spesso, è il motivo che porta i genitori a dire ai figli: «Vedrete, quando anche voi
avrete dei figli, allora capirete».
Una finestra sulla Kabbalah
Uno dei termini più usati nella Kabbalah è Sfiròt, un termine che
viene dalla parola ebraica Sapìr (zaffiro); ciascuna Sefirà
(singolare di Sfiròt) ha la propria Luce.
Ciascuna delle Quattro Fasi porta il nome di una o più Sfiròt. La Fase Zero
viene denominata Keter, la fase uno Khokhmà, la fase due Binà, la fase tre
Zeir Anpin e la fase quattro Malkhut.
In realtà esistono dieci Sfiròt poiché Zeir Anpin si compone di sei Sfiròt:
Khessed, Gvurà, Tifferet, Netzakh, Hod, e Yessòd, quindi, l'ordinamento
completo delle Sfiròt è Keter, Khokhmà, Binà, Khessed, Gvurà, Tifferet,
Neztsakh, Hod, Yessòd, e Malkhut.
Secondo la Kabbalah, comprendere il Pensiero della Creazione – il livello più profondo
di percezione – si chiama «conoscenza». Questo è ciò a cui aspira ardentemente il desiderio
di ricevere nella Fase Quattro.
Il desiderio di acquisire il Pensiero della Creazione è la forza più potente della Creazione.
Essa si trova in tutto il processo dell'evoluzione. Che noi ne siamo coscienti oppure no, la
conoscenza estrema alla quale tutti noi aspiriamo è quella di comprendere le ragioni
dell’opera del Creatore. Ed è la stessa motivazione che spingeva i Kabbalisti a scoprire i
segreti della creazione migliaia di anni fa. Finché non lo capiremo non raggiungeremo mai la
vera serenità di spirito.
LA RICERCA DEL PENSIERO DELLA
CREAZIONE
Benché il Creatore desideri che noi riceviamo piacere nel diventare come Lui, Egli non ci ha
dato questo desiderio sin dall'inizio, ma solamente un’infinita aspirazione per il piacere. ö
solo ora che, osservando la sequenza delle Fasi, possiamo constatare che il Creatore, all’atto
della Creazione, non ha infuso in noi il desiderio innato di assomigliare a Lui; questo
desiderio si evolve in maniera autonoma, man mano, nel corso delle fasi.
Nella Terza Fase, la Creazione ha già ricevuto tutto e tenta ora di dare a sua volta al
Creatore. La sequenza avrebbe potuto fermarsi là visto che la Creazione faceva già
esattamente ciò che il Creatore faceva: Donare. In tal caso, il Creatore e la creatura
divengono identici. Comunque, la creatura non si accontenta di Donare, essa vuole capire
che cosa dà il piacere, perché per creare la realtà si è resa necessaria la forza del “Dono”, e
quale Saggezza il Donatore ottiene nel Donare. In altre parole, la creatura vuole conoscere il
Pensiero della Creazione. Questa nuova aspirazione, però, non gli è stata “inculcata” dal
Creatore.
Quando la creatura sviluppa il desiderio di divenire come il Creatore, essa si distingue e si
separa da Lui. Possiamo cercare di capire questo stato con l'esempio seguente: se io aspiro ad
assomigliare a qualcun’altro, ciò implica necessariamente che sono cosciente dell’esistenza di
questa persona e che quest'ultima possiede qualcosa che io voglio. Potrebbe trattarsi della
sua personalità o dei suoi beni, ma, qualunque cosa essa sia, tutto ciò che l'altro possiede,
vorrei possederlo anch'io.
In questo caso, non realizzo solamente che qualcun’altro esiste oltre a me, ma mi
accorgo nello stesso tempo che questa persona non è tanto differente da me, è solo migliore di
me, altrimenti perché vorrei essere come Lei?
Ecco perché Malkhut, la Fase Quattro, è differente dalle prime tre Fasi. Essa vuole
ricevere un piacere molto particolare (da qui la freccia in grassetto): essere come il Creatore.
Dal punto di vista del Creatore, il desiderio di Malkhut è finalizzare il Pensiero della
Creazione, il ciclo che Egli aveva in testa originariamente (Figura n. 2).
Come la figura 2 indica, raggiungere il Pensiero della Creazione eleva Malkhut (creatura)
ad un livello superiore, alla sua Radice, un luogo più alto della Sorgente che l'ha creato,
quindi Malkhut raggiungerà il livello del Creatore e sarà come Lui.
Ma, purtroppo, noi non possiamo vedere le cose nella stessa prospettiva da cui le vede il
Creatore.
Guardando dal basso, con i nostri recipienti Spirituali frammentati, il quadro che
vediamo è lontano dall’essere perfetto. Affinché la creatura, che è l'opposto del Creatore,
possa divenire simile a Lui, essa deve servirsi del suo desiderio di ricevere con l'intenzione di
Dare senza nessun interesse personale. Comportandosi così, non si concentrerà più su se
stessa né sui propri piaceri, ma si focalizzerà sulla gioia di Donare al Creatore. Procedendo in
questo modo potrà arrivare a Donare in assoluto.
In realtà, nella Terza Fase, la creatura riceve per Donare al Creatore. E così, dal punto di
vista del Creatore, la Terza Fase ha già compiuto la sua missione divenendo identica a Lui.
Egli dona senza riserve e la Fase Tre riceve con la prospettiva di Donare in assoluto, così, da
questo punto di vista, essi sono identici.
Tuttavia, il piacere supremo non sta nella conoscenza di quello che fa il Creatore né
tantomeno nell’imitare le Sue azioni. Il piacere estremo consiste nel fatto di sapere perché Egli
agisce in questo modo, acquisire i Suoi stessi Pensieri ed anche la Sua stessa natura. Questa
conoscenza – la Natura del Creatore – non è stata donata alla creatura, ma è quello che essa
deve conquistare da se (Fase Quattro).
Si tratta di un legame sottile. Da un lato sembra che noi (la creatura) e il Creatore, ci
troviamo agli antipodi, poiché riceviamo quello che Egli ci dona. Dall’altro lato, in realtà, il
Suo più grande piacere è di vedere noi divenire come Lui, il nostro piacere infatti è di essere
come Lui. Allo stesso modo, ogni bambino vorrebbe assomigliare ai propri genitori, e
ciascun genitore vorrebbe naturalmente che il proprio figlio ottenga quello che lui non è
riuscito a realizzare.
Di conseguenza, il Creatore e noi perseguiamo lo stesso scopo! La comprensione di
questo concetto renderà le nostre vite ben differenti. Invece di essere confusi e disorientati
come lo siamo ora, noi e il Creatore potremmo procedere insieme sin dall'inizio della
Creazione.
Una finestra sulla Kabbalah
I Kabbalisti utilizzano numerose espressioni per descrivere il
«desiderio di Dare in assoluto»: Creatore, Luce, Colui che
dona, Pensiero della Creazione, Fase Zero, Radice, Fase
Radice, Keter, Binà, e tante altre ancora.
Allo stesso modo usano molte espressioni per la descrizione del
«desiderio di ricevere»: Creazione, creatura, Klì, riceventi, Fase Uno,
Khokhmà, e Malkhut, fra le altre. Queste espressioni si riflettono nella
sottigliezza dei due attributi: il Dono e la ricezione. Se vi ricordate di
questo, non vi potrete più confondere con tutti i nomi.
Per diventare come il Creatore, Colui che dona, il Klì ha bisogno di due cose: prima di
tutto, smettere completamente di ricevere, attraverso un'azione che prende il nome di
Tzimtzùm (restrizione), e poi sbarrare completamente il passo alla Luce non permettendole in
nessun caso di penetrare nel Klì. Per esempio, è più semplice non mangiare qualcosa di
gustoso perché non è sano, piuttosto che lasciare il cibo sul piatto e mangiare di meno. Per
questo praticare un Tzimtzùm è il primo, ed il più facile, passo per diventare come il
Creatore.
La capacità di Operare Un Tzimtzùm si chiama «acquisire un Massàkh (schermo)». La
figura 3 mostra come la Luce del Creatore avvicinandosi al Klì venga respinta dal Massàkh.
In questo schema, nella didascalia finale del testo, va corretta l’ultima frase con le note
che evidenzio in giallo:
Se essa ricevesse la Luce, sarebbe allora meno simile al Creatore;
la creatura preferisce dunque non ricevere la Luce ma restare nell’oscurità
Nel secondo passaggio Malkhut mette in moto un meccanismo che esamina la Luce (il
piacere) e decide se desidera riceverla e, se lo desidera, in quale misura. Questo meccanismo
è uno sviluppo del Massàkh.
La condizione nella quale il Massàkh determina quello che può ricevere si chiama
«Donare con il solo scopo di donare». In alternativa, il Klì non riceve se non in funzione
dell'intenzione di Donare gioia al Creatore, o come dicono i Kabbalisti «Donare con il solo
scopo di donare» (Figura 4).
La Luce che entra nel Klì si chiama la «Luce interiore», mentre la Luce che resta fuori è
«la Luce Circostante».
Alla fine del processo di separazione il Klì riceverà tutta la Luce del Creatore e si unirà a
Lui. Questo è lo scopo della Creazione. Una volta raggiunto questo stato, noi lo percepiremo
come individui accomunati in una sola ed unica società. In effetti, un Klì completo non si compone
solamente dei desideri d'una persona, ma dei desideri di tutta l'umanità. Raggiungendo quest'ultima
correzione, diventeremo simili al Creatore, la Fase Quattro sarà compiuta e la Creazione sarà
ultimata da parte nostra, come del resto anche dalla Sua.
LA VIA
Per portare avanti nella giusta maniera la missione di divenire simile al Creatore, la prima
cosa della quale la creatura deve preoccuparsi è di trovare un ambiente adeguato, e di qui
evolvere e divenire come il Creatore. Questo ambiente si chiama «mondi».
Durante la Quarta Fase, la Creatura si divide in due: una parte superiore e una parte
inferiore (Figura 5). La parte superiore rappresenta i Mondi Superiori (Spirituali), mentre
quella inferiore, la creatura, si compone dei desideri o del Massàkh che non permette alla
Luce di penetrare.
Nella didascalia di questa Figura 5, va tolta la congiunzione CHE, e la frase diventa così:
Nella fase quattro, la creazione (Malkhut) è divisa in due: la zone bianca indica i desideri che
possono funzionare nella prospettiva di donare e quindi riceve la Luce.
Una finestra sulla Kabbalah
Superiore e Inferiore
Sappiamo già che la creatura è costituita da una sola
cosa: il desiderio di ricevere delizie e piaceri. Per cui,
superiore e inferiore non si riferiscono a luoghi fisici, ma ai
desideri che noi qualifichiamo come superiori o inferiori. In pratica, i
desideri superiori sono quelli che apprezziamo di più, mentre definiamo
inferiori tutti gli altri. Nella Fase Quattro, ciascun desiderio che può
essere utilizzato per Donare al Creatore è situato nella parte superiore,
mentre il desiderio situato nella parte inferiore, non potrà essere
utilizzato in questo modo.
•
L’utilizzo del Massàkh
Parliamo ora un po’ meglio della fase quattro e di come essa funzioni con il Massàkh.
Dopo tutto, la Fase Quattro è la nostra radice. Se arriviamo a comprendere il suo
funzionamento, apprenderemo di più su noi stessi.
La Fase Quattro, Malkhut, non nasce dal nulla, ma deriva dalla Fase Tre, che, a sua volta,
proviene dalla Fase Due ecc. È un po’ come la storia di Napoleone Bonaparte, che non è
nato Imperatore. Egli attraversò gli stadi dell'infanzia, dell'adolescenza, dell'età adulta,
l'esercito, la rivoluzione del 1789, il consolato e poi divenne Imperatore.
Nel frattempo, le fasi precedenti della vita di Napoleone non si sono dissolte al
momento della sua incoronazione, anzi, senza queste ultime, Bonaparte non sarebbe mai
divenuto Napoleone. La ragione per la quale non possiamo percepire le varie fasi, è che il
livello più sviluppato domina ed eclissa quelli meno sviluppati. Tuttavia, il livello più elevato
risente dei livelli inferiori, pur funzionando ugualmente. Ecco perché ci sentiamo a volte
come dei bambini, specialmente quando alcuni aspetti della nostra personalità non sono
arrivati a maturazione; tali punti, non essendo ancora ricoperti dalla corazza dell’età adulta, ci
rendono indifesi come bambini.
Tuttavia, questa struttura così complessa ci permette di diventare dei futuri genitori.
Coniughiamo il nostro passato ed il nostro presente nell'educazione dei nostri figli.
Riconosciamo le situazioni vissute dai nostri figli poiché ci siamo passati anche noi, in tal
modo, con la saggezza e l’esperienza accumulati nel corso della nostra vita, possiamo
comprenderli meglio.
Siamo strutturati in questo modo poiché Malkhut (creatura, quarta fase, noi stessi) lo è
altrettanto. Tutte le fasi che precedono Malkhut permangono in essa e l'aiutano a mantenere
la sua stessa struttura.
Nel suo tentativo di assomigliare al Creatore il più possibile, Malkhut, analizza ciascun
livello di desiderio in essa presente e li suddivide in desideri con i quali può o non può
operare e ciò, ricordiamo, avviene a ciascun livello. Ne deriva che i desideri utilizzabili
potranno ricevere al fine di Donare al Creatore, “aiutandoLo” in tal modo a portare a
termine il Suo scopo di rendere Malkhut simile a Lui. Ritornando a qualche pagina indietro,
abbiamo detto che, affinché lo scopo (divenire come il Creatore) possa essere raggiunto, la
creatura deve crearsi un ambiente adatto oppure evolvere e divenire simile al Creatore. Ciò è
esattamente quello che i mondi (i desideri utilizzabili) fanno. Essi “mostrano” ai desideri non
utilizzabili come ricevere per Donare al Creatore, senza ricercare alcun beneficio personale
poiché, facendo ciò, essi aiutano i desideri inutilizzabili a correggersi.
Possiamo immaginarci la relazione tra i mondi e la creatura come un gruppo di falegnami
nei confronti di un operaio che non conosce il mestiere. Così come i mondi insegnano alla
creatura come procedere in ciascuna tappa, così i falegnami insegnano all’operaio come
servirsi di un martello, una spatola, un livellatore e così via.
Nella Spiritualità, i mondi mostrano alla creatura ciò che il Creatore ha dato loro e come
servirsene correttamente. Un po’ alla volta, anche la creatura può cominciare a utilizzare
correttamente i suoi desideri.
Una finestra sulla Kabbalah
Malgrado tutto ciò che stiamo apprendendo, non
sappiamo ancora quali dei cinque mondi descritti
corrisponde al nostro mondo materiale. In effetti,
nessuno di loro lo è. Ricordiamoci che non esistono "luoghi" nella
Spiritualità, ma solamente degli stati. Più il mondo è elevato, più
rappresenta un livello altruistico. Il fatto che il nostro mondo non sia
menzionato in nessuna parte, è perché i Mondi Spirituali sono altruisti,
mentre il nostro mondo è come noi, egoista. Il fatto che l'egoismo sia
opposto all'altruismo, si riflette nel distacco tra il nostro mondo e il
sistema dei Mondi Spirituali. Questo è il motivo per il quale i Kabbalisti
non vi fanno alcun accenno nelle strutture descritte nei loro libri.
•
Desideri utilizzabili ed inutilizzabili
Precedentemente, in questo capitolo, abbiamo detto che il modello delle Quattro Fasi è
alla base di tutta l'esistenza. Nel momento in cui i desideri si dividono, come abbiamo detto,
in quelli che possono ricevere la Luce e quelli che non possono, essi seguono lo stesso
modello delle “Quattro Fasi”. I desideri che possono ricevere la Luce si chiamano «i desideri
utilizzabili», quelli che invece non possono, «i desideri inutilizzabili».
I desideri utilizzabili creano i Mondi Superiori, gli inutilizzabili la creatura e, più tardi, il
nostro mondo (figura 6). I desideri utilizzabili del livello della Fase Radice hanno creato il
mondo di Adam Kadmon, gli inutilizzabili, invece, sono rimasti nell'oscurità (senza Luce),
formando così il livello immobile della Creazione, essi vengono denominati «immobili».
I desideri utilizzabili della Fase Uno hanno creato il mondo di Atzilùt e gli inutilizzabili
sono rimasti nell'oscurità costituendo il livello “vegetale” della Creazione. I desideri
utilizzabili della Fase Due hanno creato il mondo di Brià e gli inutilizzabili invece il livello
“animale” della Creazione. I desideri utilizzabili della Fase Tre hanno creato il mondo di
Yetzirà e gli inutilizzabili sono andati a costituire il livello di “essere parlante” della Creazione.
Concludendo, i desideri utilizzabili della Fase Quattro hanno creato il mondo di Assià e gli
inutilizzabili sono rimasti nell'oscurità costituendo il livello “Spirituale” della Creazione.
L’ultima frase di questa didascalia la cambierei così:
Il ruolo dei Mondi Superiori è quello di “insegnare” alla Creazione come ricevere per
Donare in assoluto.
Notiamo che i desideri più potenti, i più egoisti e quelli a priori più lontani dal Creatore
sono chiamati «spirituali». Vale a dire che, come nella Fase Quattro, il desiderio più intenso
aspira a divenire come il Creatore. Dunque, è solo all'ultimo livello, in apparenza il più
oscuro e il più egoista, che si sviluppa il desiderio di assomigliare al Creatore, al fine di
raggiungere la Spiritualità.
Così la creatura è la sola parte che ha ancora bisogno di essere “raffinata” per poter
ricevere la Luce.
E adesso studiamo come si sia sviluppata la Creazione, come essa sia divenuta il nostro
mondo e come possiamo correggere quest’ultimo.
Una finestra sulla Kabbalah
È molto importante ricordarsi che i Mondi Spirituali
non esistono fin tanto che non li scopriamo,
sviluppando la nostra percezione Spirituale e facendo
sì che diveniamo simili al Creatore. I Kabbalisti parlano di questi
mondi al passato, poiché hanno scritto i loro libri dopo aver
asceso i gradini della scala che conducono dal nostro mondo ai
Mondi Spirituali, e ci forniscono una relazione su tutto ciò che
hanno trovato in essi. Per scoprire i Mondi Superiori anche noi
dobbiamo a nostra volta ascendere. La sola maniera per arrivarvi
è di divenire simili al Creatore, ovvero altruisti.
ADAM HA-RISHÒN –
L’ANIMA COMPLESSIVA
La radice attuale di ciascuna cosa che si produce qui nel nostro mondo si chiama «l'anima
complessiva» o, come la definiscono i Kabbalisti, Adam ha-Rishòn (il Primo Adamo). Adam
ha-Rishòn è una struttura di desideri che emerge una volta terminata la formazione dei Mondi
Spirituali.
Appena i cinque mondi (Adam Kadmon, Atzilùt, Brià, Yetsirà, e Assià) ebbero compiuto il
loro sviluppo nella parte superiore della Fase Quattro, giunse il tempo di sviluppare la parte
inferiore. Adam ha-Rishòn, che noi conosciamo con il nome di «Adamo», è costituito dai
desideri inutilizzabili che non ricevettero la Luce per donarla al Creatore quando furono
creati. Come risultato, pur essendo parte dell’anima di Adamo, tutti noi abbiamo perso il
senso di unità e di appartenenza con il quale eravamo stati creati. Dobbiamo comprendere
dunque come lavora il sistema Spirituale.
Se guardiamo la Figura 6, possiamo vedere come Adamo sia il gradino successivo nello
sviluppo della creazione ed è rappresentato dalla parte grigia della figura. I desideri
inutilizzabili sono la parte che forma il livello immobile, il livello vegetale, il livello animale,
l'essere parlante e lo spirituale. A questo punto, essi devono essere affrontati uno dopo l'altro
per essere corretti, vale a dire trasformati per divenire utilizzabili.
Per arrivare a ciò, questi desideri hanno bisogno dell'aiuto dei mondi, dei desideri
utilizzabili. Perciò Adam ha-Rishòn si sviluppa secondo gli stessi livelli dei mondi e le quattro
fasi fondamentali.
LA GRANDE CADUTA
Con Adamo le cose non sono così semplici come con i Mondi Superiori. Per di più, Adamo
non è cosciente del fatto che i suoi desideri sono egoisti e che hanno solo fini personali;
questo è il motivo per il quale, sin dall'inizio, egli non fu in grado di ricevere la Luce. Quando
egli seguì l'esempio dei Mondi Superiori e tentò di ricevere la Luce, il piacere della Luce fu
irresistibile e volle riceverLa solo per se.
Occorre ricordare che quando la fase quattro realizzò che voleva divenire come il
Creatore, la prima cosa che fece fu di astenersi dal ricevere la Luce per il proprio piacere, con
un atto chiamato «Tzimtzùm» (restrizione). Malgrado lo Tzimtzùm Adamo volle ricevere la
Luce, tentando in questo modo di revocare la decisione presa. Il risultato fu che lo Tzimtzùm
venne rinforzato e il Massàkh respinse immediatamente tutta la Luce che Adamo riceveva.
Il rigetto della Luce nel caso di Adamo è molto differente dallo Tzimtzùm originale.
Quando lo Tzimtzùm si produsse per la prima volta, si trattò di un progresso dello stato di
ricezione senza prendere in considerazione il Donatore, il Creatore. Ora, nel caso di Adamo,
il piacere ha “mascherato” la sua consapevolezza del Creatore, così ha ricevuto la Luce solo
per se stesso senza pensare a donarsi al Creatore. Facendo questo Adamo aumentò la sua
disuguaglianza con il Creatore (la forza d'amore e del dono) rispetto all’inizio, quando ancora
non aveva ricevuto la Luce. Di conseguenza il tentativo di Adamo di ricevere la Luce per se
stesso è considerato come un peccato: questo è ciò che lo ha allontanato dallo scopo della
Creazione.
Il termine kabbalistico che definisce il “peccato” è “Frammentazione”. Adam ha-Rishòn
(l’anima complessiva) fu dunque frammentato. I Kabbalisti spiegano che l'anima di Adamo si
frammentò in 600.000 piccole parti. Ciascun frammento è il risultato di un atto egoistico di
Adamo. Ogni elemento egoista è distaccato dal Creatore poiché Gli è opposto. È così che il
nostro mondo fu creato: i desideri egoistici dominano e il Creatore è occultato alla nostra
percezione a causa del nostro stesso egoismo.
Adamo non è nato opposto al Creatore, egli scopre il suo egoismo quando tenta di
utilizzare i suoi desideri per ricevere la Luce. La sua intenzione è quella di ricevere per
donare, esattamente come i mondi gli hanno mostrato, ma nel suo fallimento apprende di
essere differente da questi mondi, di essere essenzialmente egoista e capisce anche che deve
correggersi prima di poter ricevere allo stesso modo come succede ai mondi stessi.
In realtà, la frammentazione dell'anima di Adamo fu un evento positivo, grazie al quale il
grande desiderio egoistico fu diviso in piccoli desideri, più facili da correggere. Ciascuno di
questi desideri esiste in noi. Quando ciascuno avrà corretto la sua parte nell'anima di Adamo,
tutta l'umanità sarà allora corretta, trasformandosi così in un’anima complessiva che riceve
con lo scopo di Donare senza riserve e che, di conseguenza, si rende simile al Creatore, e si
diletta così di tutta la Luce che, nel Pensiero della Creazione, Egli aveva programmato di
darci.
RIASSUMENDO
Il Pensiero della Creazione è di donare delizie e piaceri rendendo identica a Lui la creatura
che Egli ha creato. Questo Pensiero (Luce) creò quindi un desiderio di ricevere delizie e
piaceri.
In seguito, il desiderio di ricevere comincia a desiderare di donare, poiché donare lo
rende simile al Creatore, cosa quindi ancora più desiderabile. Il desiderio decide allora di
ricevere in quanto questo è il modo nel quale può far gioire il Creatore. Dopo di che, il
desiderio di ricevere vuol conoscere il Pensiero che l'ha creato: esiste infatti una
soddisfazione più grande di quella di conoscere tutto? In conclusione, il desiderio di ricevere
(la creatura) comincia a ricevere con l'intenzione di donare senza ricavarne alcun beneficio
poiché donare lo rende simile al Creatore e gli permette di acquisire i Suoi stessi pensieri.
Questi desideri che ricevono per donare creano i mondi, essi sono considerati come la
parte superiore della Creazione, mentre i desideri che non si possono utilizzare per donare,
rappresentano l'anima complessiva dell'Adam ha-Rishòn. Questi desideri costituiscono la parte
inferiore della Creazione.
I mondi e l'anima sono strutturati in maniera identica, ma con una differente intensità di
desideri. È per questo che i mondi possono mostrare all'anima come operare per Donare e
aiutare così Adam ha-Rishòn a correggersi.
In generale, ogni desiderio viene corretto in un mondo preciso: il livello immobile si
corregge nel mondo di Adam Kadmon, il livello vegetale nel mondo di Atzilùt, il livello
animale nel mondo di Brià, l'essere parlante nel mondo di Yetzirà, mentre il desiderio della
Spiritualità non potrà che correggersi nel mondo dell’Assià, la parte più bassa dove si trova il
nostro universo materiale. Questo argomento ci conduce al soggetto del nostro prossimo
capitolo.
4
Il Nostro Universo
A
ll'inizio del terzo capitolo abbiamo detto che, prima della Creazione di ogni cosa,
esisteva il Pensiero della Creazione. Questo Pensiero ha creato le quattro fasi del
desiderio di ricevere, formando così i mondi, da Adam Kadmon fino ad Assià, dopodiché
l'anima di Adam ha-Rishòn si è frammentata in una miriade di anime.
È importante ricordare questi stadi della Creazione, perché ci rammentano che le cose si
sono evolute dall'alto verso il basso, dallo Spirituale al materiale, e non viceversa. In pratica
questo significa che il nostro mondo è stato creato e governato dai Mondi Spirituali, o,
meglio ancora, che non esiste il benché minimo evento nel nostro mondo che non si
produca prima nelle alte sfere. La sola differenza tra il nostro mondo e i Mondi Spirituali è
che i fenomeni che avvengono nei Mondi Spirituali riflettono intenzioni altruistiche, mentre
quelli del nostro mondo riflettono intenzioni egoistiche.
A causa di questa struttura concatenata dei mondi, il nostro mondo viene chiamato «il
mondo delle conseguenze», dei processi e degli avvenimenti Spirituali. Quello che noi
facciamo non ha effetto sui Mondi Spirituali, per cui, se vogliamo cambiare qualche cosa nel
nostro mondo, dobbiamo prima accedere ai Mondi Spirituali, la “sala di controllo” del
nostro mondo, ed influenzarli.
Esattamente come nei Mondi Spirituali, tutto ciò che esiste nel nostro mondo si evolve
secondo le stesse cinque tappe da Zero a Quattro. La Figura 7 mostra la parte dei desideri di
Malkhut che non possono ricevere al fine di Donare e che per questo rimangono
nell'oscurità. Il desiderio più piccolo crea il livello inanimato della Creazione. Più il desiderio
si intensifica, più i livelli stessi (vegetale, animale, essere parlante ed Essere Spirituale) si
evolvono in corrispondenza.
Tuttavia, è importante ricordare che i desideri della Figura 7 sono inattivi. Essi non
ricevono la Luce, pertanto non sono nocivi. Divengono attivi unicamente quando Adamo
tenta di servirsene per ricevere la Luce. Questo accade quando appare la loro natura egoista e
arriva il momento della loro frammentazione. Dunque, fintanto che sono inattivi, saranno
sempre considerati come dei desideri Spirituali, poiché non esiste un egoismo attivo che
possa separarli dalla qualità del Dono assoluto del Creatore. Essi si distaccano da Lui
unicamente quando vengono attivati.
I diversi livelli, inanimato, vegetale, animale, essere parlante ed essere spirituale, del
nostro mondo, sono in effetti delle manifestazioni che hanno origine nel Mondo Superiore.
Questi livelli sono considerati materiali quando sono attivati in modo sbagliato ovvero in
maniera egoistica. Se potessimo invece utilizzarli correttamente, per il solo piacere del
Creatore, potremmo servircene per ricevere la Luce. Tale è l’essenza della correzione che
dobbiamo iniziare in questo mondo.
Il livello inanimato si compone dei desideri più deboli, il livello vegetale di quelli un po’
più forti fino ad arrivare ai desideri più potenti, raggiungendo il livello Spirituale. Ecco che,
quando i desideri si frammentarono e cominciarono ad operare in modo egoistico, quelli più
deboli lo furono meno, mentre quelli più possenti soffrirono maggiormente a causa della
frammentazione.
Di conseguenza, il livello immobile (inanimato, minerale) del nostro mondo, è meno
frammentato e quindi meno egoista delle piante, che sono meno egoiste degli animali, i quali
a loro volta sono meno egoisti degli uomini. Noi uomini, quindi, risultiamo essere i più
egoisti di tutti.
LA PIRAMIDE
Esattamente come nei Mondi Spirituali, tutto ciò che esiste nel nostro mondo si sviluppa
secondo le stesse cinque tappe da zero a quattro. Il nostro mondo è costruito come una
piramide e alla base vediamo l’inizio della sua evoluzione. È proprio lì che si trova il mondo
inanimato, un livello fatto di milioni e milioni di tonnellate di sassi (vedi Figura 8).
Perduta all’interno di queste tonnellate di pietre, ne esiste una particolarmente
splendente, il pianeta Terra. Sulla Terra si forma il livello vegetativo.
Poiché i desideri Spirituali si suddividono in desideri forti e desideri deboli, possiamo
dire che il mondo è costruito come una piramide. I desideri più deboli sono i meno egoisti e
formano quindi la base della Creazione, l’inanimato (Figura 8), sopra di loro si trova il livello
vegetale. Nel nostro caso, il vegetale sfrutta l’inanimato poiché si alimenta con le sostanze
minerali e l’acqua presenti nel livello inanimato stesso.
Perciò, ogni livello inferiore è controllato da quelli superiori. Questo è il motivo per il
quale la correzione del mondo dipende interamente dalla correzione dell'ultimo e più elevato
livello: quello Spirituale.
In questa figura, alla parola innanimato va tolta una N: inanimato.
La tappa seguente è il livello animale che si nutre essenzialmente di piante, “sfruttandole”
per le loro sostanze. Più in alto, nella scala, si colloca il livello parlante (livello umano) che è
insieme erbivoro e carnivoro e si alimenta anche di certi minerali.
Il grado Spirituale, invece, non è un livello che cambia nella sua manifestazione fisica. Si
tratta piuttosto di un livello di sviluppo distinto, uno stato dove l’anima aspira a ritornare alle
sue radici nei Mondi Superiori, dove, un tempo, si trovava in contatto diretto con il Creatore.
È qui che risiede la particolarità del livello Spirituale: malgrado egli sia il desiderio più
possente e il più egoista, è tuttavia il solo livello che ci permetterà realmente di riunirci al
Creatore, alla forza altruista di vita. Questo è il motivo per il quale il livello Spirituale è
presente in tutti noi. Da un lato è quello che ci da la possibilità di sperimentare la nostra
mediocrità, dall’altro è anche la chiave della trasformazione che ci porta dall’egoismo
all’altruismo.
LO SCENARIO DELLA VITA
Nella sua «Prefazione alla saggezza della Kabbalah», in una delle introduzioni del «Sulàm», il
commento al Libro dello Zohar, il Baal ha-Sulàm spiega la differenza che esiste fra la
Spiritualità e la vita materiale. Egli dice: «Chi ha il desiderio di donare è spirituale come il
Creatore, mentre chi vuole solo ricevere è materiale e quindi opposto al Creatore». Prima
della frammentazione dell’anima comune di Adamo, nessuna aspirazione a ricevere esisteva
ancora. Di fatto questa frammentazione segna la prima apparizione della realtà fisica.
Nel terzo capitolo abbiamo spiegato che tutta la creazione si svolge in una catena di
quattro fasi. Nulla sfugge a questa regola ed il nostro mondo non fa eccezione.
Conseguentemente, la prima sostanza ad apparire sulla Terra è il minerale, la sostanza
inanimata, essa rappresenta il livello più piccolo del desiderio.
Dopo l’inanimato appaiono i vegetali, poi gli animali, che rappresentano il livello animato
dei desideri, e infine gli esseri umani, espressione fisica del grado parlante. L’ultimo desiderio
ad apparire fu il desiderio Spirituale per il Creatore. Sempre nel terzo capitolo, abbiamo già
spiegato come quest’ultimo desiderio (l’altruismo) sia il più forte e l’unico che
possa
raggiungere il Creatore stesso.
È sottinteso che le cose non avvengono con la rapidità con la quale le descriviamo.
Innanzitutto sono apparsi i minerali, miliardi di tonnellate di minerali che progressivamente
sono andati a formare le galassie, le stelle e i pianeti. Poi, perduto tra queste tonnellate di
materia, è apparso un piccolo punto chiamato «pianeta Terra». Su questa Terra in seguito è
apparso il livello vegetale. Naturalmente la vegetazione sulla Terra è ben inferiore,
quantitativamente parlando, alla materia minerale, e ancor di più se paragonata alla materia
inanimata di tutto l’universo. Gli animali sono apparsi dopo i vegetali, e solo in una piccola
quantità in confronto a questi ultimi, e infine, è comparso l’essere parlante, il meno
numeroso rispetto a tutti gli altri.
Il livello Spirituale è apparso solo “recentemente”. Il fatto è che noi qui parliamo di ere
geologiche, e l’uso della parola, risalente a qualche migliaio di anni fa, è da considerarsi
“un’apparizione” relativamente recente.
Una finestra sulla Kabbalah
La dimensione intera della Creazione è insondabile.
Guardando la piramide della Creazione (Figura 8) e
considerando
le
proporzioni
fra
livelli
adiacenti,
cominciamo a comprendere che il desiderio di spiritualità è veramente
recente.
Se confrontiamo “da quanto tempo esiste l’universo” (circa quindici
miliardi di anni) con un giorno di ventiquattro ore, possiamo dedurre
che il desiderio di spiritualità è apparso solo 0.0288 secondi fa. Valutato
su scala geologica, è come dire: ora.
D’altra parte, più il desiderio è elevato, più è raro e recente; ma il fatto che esista ancora
un livello Spirituale al di sopra del livello umano significa che non abbiamo ancora
completato la nostra evoluzione. Lo sviluppo è ancora in corso e, poiché ci troviamo
nell’ultimo livello apparso, pensiamo di essere giunti a un livello superiore. Siamo
probabilmente in cima alla catena, ma non siamo ancora giunti alla fine, perché, come
abbiamo detto, ci troviamo soltanto nell’ultimo livello apparso.
Il livello finale potrà utilizzare il nostro corpo come un ospite, ma si tratterà solo di un
nuovo modo di pensare, di sentire e di vivere. In questa fase percepiremo una realtà diversa.
Questa percezione, sempre crescente in noi, è denominata «il livello Spirituale».
Nessun cambiamento fisico e nessuna nuova specie sono richiesti, ma soltanto una
trasformazione della nostra percezione del mondo. Questo è il motivo per cui la prossima
fase dell’evoluzione è così sfuggente, semplicemente perché è già in noi. Questa fase sarà
sviluppata, con o senza la nostra consapevolezza. Tuttavia, una presa di coscienza ed una
partecipazione attiva ci permetteranno di accelerare la sua apparizione e renderla, in qualche
modo, anche gradevole. La saggezza della Kabbalah ci rivela come essere coscienti del livello
Spirituale presente in noi, partecipando attivamente e positivamente al suo sviluppo per il
nostro bene. Questo è in fondo il motivo per il quale la Kabbalah è stata creata.
• «Ciò che è in alto è come ciò che è in basso»
Confrontando le fasi terrestri e le quattro fasi fondamentali della Luce, la fase inanimata e
minerale corrisponde alla Fase Radice, l’era vegetale alla Fase Uno, l’era animale alla Fase
Due, l’era parlante alla Fase Tre e l’era Spirituale alla Fase Quattro.
L’ardente giovinezza del Pianeta Terra durò numerosi miliardi di anni. Dopo che si fu
raffreddata, apparve la vita vegetale, che regnò sul pianeta per milioni di anni. Essendo la
massa vegetale inferiore a quella minerale, il periodo vegetale sulla Terra fu breve rispetto a
quello minerale.
Una volta che la fase vegetale si concluse, arrivò il periodo animale. Come per i due
precedenti gradi, anche l’era animale fu più breve dell’era vegetale e riuscì ad armonizzare la
proporzione fra le masse vegetali e animali.
La fase umana, ovvero il livello parlante della piramide, esiste solo da circa quarantamila
anni. Quando l’umanità avrà completato la sua evoluzione nella Quarta (ed ultima) Fase,
l’intera evoluzione sarà terminata e l’umanità potrà finalmente ricongiungersi con il Creatore.
La Quarta Fase iniziò circa cinquemila anni fa, quando per la prima volta apparve il
desiderio di Spiritualità. Esaminando la piramide della Figura 8, potete vedere che essa ha
una base molto larga. Ogni parte, rispetto a quella superiore, contiene più sostanza ed è
meno raffinata.
Tuttavia, ciascun livello è sottomesso e controllato dalla parte superiore; questo è il
motivo per cui la correzione del mondo dipende interamente dalla correzione dell'ultimo e
più elevato livello: quello Spirituale.
Una finestra sulla Kabbalah
Il punto nel cuore
Quando i Kabbalisti parlano del cuore, appare ovvio che
non si riferiscono al muscolo cardiaco nella cassa
toracica. Il cuore è la somma dei nostri desideri di ricevere piacere.
L'apparizione del desiderio per la Spiritualità è denominato dai
Kabbalisti il «punto nel cuore». Questo “punto” è molto importante
poiché la sua apparizione proietta una nuova luce sulla nostra vita e
dà un significato più degno, Spirituale. È proprio questo punto che
potrebbe condurci alla Spiritualità.
Il nome della prima persona ad averlo scoperto fu Adamo - Adam ha-Rishòn (il Primo
Uomo). Il nome Adamo viene dal nome ebraico Adamè La Eliòn («Sarò simile all’Altissimo»:
Isaia XIV; 14) e rappresenta il desiderio di Adamo di essere come il Creatore.
Oggi, all’inizio del XXI secolo, l'evoluzione termina lo sviluppo della Quarta Fase – il
desiderio di assomigliare al Creatore; questo è il motivo per cui, in maniera sempre crescente,
le persone ricercano una risposta Spirituale alle loro domande.
SALIRE LA SCALA
Quando i Kabbalisti parlano di progresso Spirituale, essi si riferiscono all'ascensione della
Scala Spirituale. Questa è la ragione per la quale il Kabbalista Yehuda Ashlag ha intitolato il
suo commento del Libro dello Zohar, Perùsh ha-Sulàm (letteralmente “commentario alla Scala”),
dal quale egli prende il suo pseudonimo, Baal ha-Sulàm (il Padrone della Scala). In effetti
«salire la Scala» significa «ritornare alla Radice». La ragione va ricercata nel fatto che la Radice
della nostra Creazione, i Mondi Spirituali, sono una parte di noi, e, anche se non ne siamo
coscienti, di fatto già li possediamo. Ora, dobbiamo solo comprendere come risalire “la
Scala” da noi stessi, consapevolmente.
La Spiritualità può venire esclusivamente dalla Luce, dal Creatore, ma, per diventare
abbastanza forte, necessita di rafforzarsi tramite l’ambiente.
Come per gli atleti, anche se dotati di talento, solo coloro che sono fortemente motivati
arrivano in zona medaglia, così accade che solamente coloro che posseggono un grande
desiderio riescono a raggiungere la Spiritualità. Per capire da dove provenga la maggiore
motivazione degli atleti, dobbiamo osservare sia loro che il loro ambiente. In numerosi Paesi
esistono scuole specializzate per gli sportivi di alto livello, che fanno in modo che tutta la
loro vita ruoti intorno allo sport, permettendo così il mantenimento di uno spirito
competitivo.
Allo stesso modo, per raggiungere la Spiritualità, dobbiamo creare un ambiente che ci
incoraggi ad essere più Spirituali. Un ambiente adatto ci convincerebbe che la Spiritualità è la
cosa più importante nella vita e che, raggiungendoLa, saremo le persone più felici della terra.
I nostri amici ci parlerebbero della grandezza della Spiritualità, dell'unione con il Creatore,
così come gli amici degli atleti parleranno loro di vincere questa o quella competizione, e
della sensazione provata arrivando primi in graduatoria, ecc. Nel linguaggio kabbalistico,
potremmo dire che per gli atleti la «medaglia luccica» solo se colpita dalla «Luce Circostante».
Di conseguenza, per volere la Spiritualità, abbiamo bisogno di ottenere una sorta di Luce
Circostante, che ci permetterà di ricercare i piaceri Spirituali. Più ci raduneremo intorno a
questa Luce e più procederemo rapidamente. Volere la Spiritualità si dice «Elevare MAN»:
noi possiamo servirci della stessa tecnica degli sportivi per accrescere il nostro “desiderio di
medaglie” – immaginando, parlando, leggendo, riflettendo e facendo tutto ciò che è in
nostro potere per realizzarla. Tuttavia, non dimentichiamo che il mezzo più potente per
accrescere tale desiderio resta sempre il nostro ambiente.
Una finestra sulla Kabbalah
Esiste una differenza tra «la Luce Circostante» e la semplice «Luce»?
Le definizioni di «Luce Circostante» e «Luce» si riferiscono
alle due funzioni della Luce stessa. La Luce che non è più
considerata circostante è quella che ci fa conoscere il
piacere, mentre la Luce circostante è la Luce che costruisce il nostro
Klì, il luogo nel quale, alla fine, entrerà la Luce. Tutte e due sono in
effetti una Luce, ma nel momento in cui noi ci correggiamo la
chiamiamo «Luce Circostante», quando invece la sentiamo come un
piacere la chiamiamo «Luce».
Nella sua «Introduzione allo Studio delle Dieci Sfiròt», Baal ha-Sulàm
spiega che, malgrado la Luce sia presente e circondi le nostre anime
costruendo progressivamente il nostro Klì e aumentando il nostro
desiderio di Luce, noi non La riceveremo fintanto che non avremo
sviluppato il Klì stesso.
Più avanti, nel capitolo sei, parleremo dell’ambiente; ora però cerchiamo di
immaginarcelo così: se qualcuno nel mio ambiente volesse parlare sempre della stessa cosa e
se esistesse una cosa sola che fosse “in voga”, finirei per volerla anche io. Più desidero
qualcosa, più saranno grandi i miei sforzi per ottenerla. Più il mio Klì si ingrandisce e più
attirerò la «Luce Circostante».
La crescita del Klì mi incoraggia a sviluppare nuovi mezzi per avere ciò che desidero, per
progredire velocemente verso lo scopo. L'equazione è semplice e diretta: più il Kli è grande
più la Luce è intensa, e più rapide saranno la correzione e la ricezione della Luce nel Klì.
COSTRUIRE IL KLÌ (Vaso)
Ora non ci rimane altro che riuscire a comprendere come la Luce Circostante costruisce il
nostro Klì e perché la chiamiamo Luce. Per comprendere tutto ciò, dobbiamo prima di tutto
assimilare il concetto di Reshimòt.
Non dimentichiamo che i Mondi Spirituali e l'anima di Adam ha-Rishòn si evolvono in un
certo ordine. Nei Mondi troviamo Adam Kadmon, Atsilùt, Brià, Yetsirà e Assià. In Adam haRishòn, l'evoluzione prende il nome del tipo di desiderio che sta emergendo: inanimato,
vegetale, animale, essere parlante, essere spirituale.
Nessuno dei passi compiuti nel processo dell'evoluzione viene dimenticato, ma registrato
nella nostra “memoria spirituale” incosciente; se ci pensiamo bene, infatti, non abbiamo mai
dimenticato la nostra infanzia e ricordiamo il passato nelle esperienze attuali. In altre parole,
in noi risiede l’intera storia della nostra evoluzione spirituale, dall'epoca nella quale eravamo
un tutt'uno con il Pensiero della Creazione fino ad oggi. Ascendere la Scala Spirituale
significa ricordarsi gli stati che abbiamo già vissuto.
Queste memorie vengono appunto chiamate Reshimòt (iscrizioni). Ogni Reshimò
simboleggia uno stato spirituale particolare. La nostra evoluzione spirituale si mostra in un
ordine specifico e le Reshimòt emergono secondo quest'ordine. Ciò significa che i nostri stati
futuri sono già determinati, noi non costruiamo nulla di nuovo, ma ricordiamo e riviviamo
gli avvenimenti quando meno ce lo aspettiamo. La sola cosa che possiamo influenzare, e ne
parleremo nei prossimi capitoli, è la nostra velocità nel risalire la scala. Più lavoriamo con
fatica durante la salita, più velocemente gli stati cambieranno, facendoci avanzare
spiritualmente.
Ciascuna Reshimò termina quando è stata completamente vissuta. Come in una catena, la
fine di una Reshimò determina la nascita di quella seguente. La Reshimò che viviamo
attualmente (la nostra realtà) è collegata alla Reshimò che apparirà più avanti (il nostro livello
futuro latente). La Reshimò attuale è attaccata alla propria Reshimò originaria, la sua “Reshimò
parente”. Quindi, se solo lo volessimo, potremmo risvegliare la nostra prossima Reshimò.
Questa è la ragione per la quale non dobbiamo mai sperare di terminare rapidamente il
nostro stato attuale solo per riposarci, poiché, quando un livello finisce, esso
necessariamente ci conduce al prossimo della lista, fino a che completeremo la nostra
correzione. Raggiunto questo livello, potremo riposarci in uno stato di eterna gioia.
I nostri sforzi per diventare altruisti (Spirituali) ci avvicinano allo stato corretto, poiché la
forza della Luce che attiriamo risveglia rapidamente in noi le Reshimòt. Il fatto che le Reshimòt
siano presenti nelle esperienze Spirituali Superiori, fa sì che le sensazioni che esse creano in
noi siano più Spirituali.
Quando ciò si produce, cominciamo a percepire vagamente la capacità di stare insieme e
l'unità e l'amore presenti in ciascun livello, un po’ come intravedere una timida luce lontana.
Più cerchiamo di raggiungerla e più ci avviciniamo, più essa brilla in intensità. Per chi si
avvicina maggiormente a questo stato, il suo desiderio diviene più intenso in base al fatto che
la Luce che gli arriva è più forte. Di conseguenza possiamo dire che la Luce costruisce il
nostro Klì, il nostro desiderio di Spiritualità.
Abbiamo già detto che la parola «Luce Circostante» descrive perfettamente il nostro
modo di ricevere. Fintanto che non La raggiungiamo, La vediamo come esterna, una Luce
che ci attira con la sua splendente promessa di gioia.
Ogni volta che la Luce costruisce per noi un Klì grande abbastanza da consentirci di
attraversare il prossimo livello, la Reshimò successiva seguirà un nuovo desiderio nato in noi.
Anche se non ce ne rendiamo conto, i nostri desideri cambiano perché appartengono
comunque a delle Reshimòt di un grado superiore al nostro livello attuale, anche se alle volte
ci sembra proprio il contrario.
Nel momento in cui la nostra attuale Reshimò si manifesta ci conduce al nostro stato
attuale, mentre il nuovo desiderio che si avvicina, proveniente da una nuova Reshimò,
produrrà il nostro nuovo stato.
Al momento, chiamiamo la nuova Reshimò il «nostro futuro», ma, poco dopo, quando la
nuova Reshimò sarà completamente emersa, essa diverrà il nostro presente, così come lo è la
nostra Reshimò attuale. L'ascensione della Scala è una spirale verticare di Reshimòt che termina
con la fine della Creazione – la Radice delle nostre anime, quando saremo tutti uniti e quindi
uguali al Creatore.
IL DESIDERIO PER LA SPIRITUALITÀ
Una finestra sulla Kabbalah
Gusti e colori non si discutono
La sola differenza fra le persone è il modo con il quale esse
vogliono vivere il piacere. Il piacere in se stesso è senza
forma, intangibile. Quando noi "lo vestiamo" diversamente,
esso crea l'illusione che esista più di una forma di piacere, mentre, in
effetti, si tratta semplicemente di diverse varietà di abiti.
Il fatto di aspirare a dei piaceri essenzialmente spirituali, spiega perché
abbiamo il desiderio inconscio di sostituire gli abiti superficiali del piacere
con un desiderio che risenta della sua forma più pura: la Luce del
Creatore.
Poiché non siamo coscienti del fatto che la differenza fra la gente è solo
negli abiti del piacere, noi li giudichiamo in funzione agli abiti che essi
preferiscono. Consideriamo legittimi certi tipi di piacere, fra cui l'amore
per i bambini, mentre altri piaceri, come le droghe, li consideriamo
inaccettabili. Quando avvertiamo in noi un tipo di piacere inaccettabile,
siamo portati a occultarlo. Anche se nascondere un desiderio non lo fa di
certo sparire e tanto meno correggere.
Come abbiamo spiegato precedentemente, la parte inferiore della Fase Quattro è la sostanza
dell'anima dell'Adam ha-Rishòn (Figura 6).
Così come i mondi sono costruiti seguendo lo sviluppo dei desideri, allo stesso modo
avviene per l'anima di Adamo (l'umanità), che si evolve in cinque fasi: da Zero (inanimato) a
Quattro (Spirituale).
Quando ciascuna di queste fasi si presenta, l'umanità la vive fino al suo completo
esaurimento. Appare allora un nuovo desiderio, conformemente alla sequenza delle Reshimòt
marcate in noi. Ad oggi, abbiamo vissuto tutte le Reshimòt e tutti i desideri, dall'Inanimato
fino al Parlante. Tutto ciò che resta all'umanità per completare la sua evoluzione è vivere
pienamente i desideri Spirituali. Raggiungeremo così l'unione con il Creatore.
In realtà, l’apparizione dei desideri al quinto livello – lo Spirituale – è iniziata già nel XVI
secolo, come scrisse Ari; oggi, invece, siamo testimoni della comparsa del desiderio più
intenso del quinto livello: lo Spirituale nello Spirituale. Inoltre, siamo testimoni di questo
sviluppo tra le masse, in milioni di individui in tutto il mondo, che cercano risposte spirituali
alle loro domande.
Il fatto è che le Reshimòt che appaiono ai giorni nostri sono più grandi dei desideri
spirituali del passato, perché le domande elementari che la gente si pone sono relative alle
loro origini e alle loro radici! Benché la maggior parte delle persone siano benestanti e
possano quindi far fronte ai propri bisogni e a quelli delle loro famiglie, essi sentono la
necessità di sapere da dove provengono, secondo quale piano e con quale scopo. Quando
non sono soddisfatti delle risposte fornite dalle religioni, essi cercano altre discipline ed
insegnamenti.
• Fase Quattro - la Fase dell'evoluzione cosciente
La principale differenza tra la Fase Quattro e tutte le altre fasi è che in questa dobbiamo
evolvere in maniera cosciente. Nelle fasi precedenti, la Natura ci ha sempre forzato a passare da
una fase all'altra, pressandoci fino a farci sentire a disagio e desiderosi di cambiare la nostra
situazione presente. La Natura ha così agito per lo sviluppo di tutte le sue parti: umano,
animale, vegetale ed anche minerale. Il nostro desiderio fondamentale è passivo, in effetti
siamo considerati i riceventi dei piaceri e non i donatori (al contrario di quello che noi
pensiamo). Di conseguenza, non passiamo da uno stato ad un altro fino a che la pressione
non sia divenuta insopportabile, altrimenti preferiamo restare immobili. La logica è semplice:
se mi trovo bene dove sono, perché muovermi?
Ma la Natura ha un piano di riserva molto diverso dalla nostra intenzione. Invece di
permetterci di compiacerci nel nostro stato attuale, Essa vuole che avanziamo fino a
raggiungere il suo stesso livello, quello del Creatore. Perché questo è, dopo tutto, lo scopo
della Creazione.
Così noi disponiamo di due opzioni: possiamo scegliere di procedere sotto la pressione
della Natura, ma la nostra vita diverrebbe insopportabile, oppure possiamo evolvere senza
dolore, partecipando attivamente e coscientemente al nostro sviluppo. Non possiamo restare
passivi e sottosviluppati, questo modo di agire non può essere considerato una soluzione,
poiché non faceva parte del piano della Natura quando ci ha creati.
Il nostro livello Spirituale comincia a svilupparsi solo se noi lo vogliamo, così da poter
raggiungere la stessa condizione del Creatore. Come nella Fase Quattro, siamo tenuti ora a
cambiare volontariamente il nostro desiderio.
ö per questo motivo che la Natura continua a esercitare la sua pressione su di noi. Noi
continueremo a essere colpiti da uragani, terremoti, epidemie, dal terrorismo e da ogni sorta
di prove naturali e artificiali, fin tanto che non realizzeremo che dobbiamo cambiare, che
dobbiamo tornare coscientemente alla nostra Radice.
Per concludere, la nostra Radice Spirituale si sviluppa lungo la Fase Zero sino ad arrivare
alla Fase Quattro. La Fase Quattro si è frammentata nei Mondi Superiori (la parte alta) e
nell’anima (la parte bassa). Le anime, raggruppate nell’anima comune di Adam ha-Rishòn, si
sono poi frammentate e hanno perso il senso di unità con il Creatore. Questa
frammentazione dell’anima comune di Adam ha-Rishòn ha portato l’umanità allo stato attuale,
con barriere invisibili che separano il nostro mondo da quello Spirituale.
RIASSUMENDO
Il mondo materiale si evolve secondo lo stesso ordine di livelli di quello Spirituale, vale a dire
come una piramide di desideri. Nel Mondo Spirituale, i desideri (minerale, vegetale, animale,
essere parlante e spirituale) creano i mondi Adam Kadmon, Atsilùt, Brià, Yetzirà e Assià. Nel
mondo materiale essi creano i minerali, le piante, gli animali, la gente e le persone con «il
punto nel cuore».
Il mondo fisico è stato creato quando l'anima di Adam ha-Rishòn si è frammentata,
permettendo l'apparizione di tutti i desideri, uno ad uno, dal più leggero al più pesante, dal
minerale allo spirituale, creando così il nostro mondo fase dopo fase.
Oggi, all’inizio del XXI secolo, tutti i livelli sono stati raggiunti, tranne il desiderio per la
Spiritualità che è apparso attualmente. Correggendolo ci troveremo uniti al Creatore, poiché
il nostro desiderio di Spiritualità, in realtà, è il desiderio di unirci a Lui. In questo modo
riusciremo a raggiungere l’apice del processo dell'evoluzione del mondo e dell'umanità.
Aumentando intenzionalmente il desiderio di ritornare alla nostra Radice Spirituale, noi
costruiamo un Klì Spirituale. La Luce Circostante corregge il Klì e lo sviluppa. Ciascun nuovo
livello di sviluppo suscita in noi una nuova Reshimò, un'iscrizione del nostro stato passato, già
vissuto quando eravamo più corretti. Infine, la Luce Circostante corregge tutto il Klì e tutti i
frammenti dell'anima di Adam ha-Rishòn raccolti e riuniti al Creatore.
Tuttavia, questo processo solleva qualche domanda: se la Reshimò è iscritta in me e gli
stati suscitati e vissuti sono ugualmente in me, dove si trova allora la realtà oggettiva in tutto
ciò? Se qualcuno possiede delle Reshimòt differenti, vive in un altro mondo che non è il mio?
Cosa ne è dei Mondi Spirituali, dove si trovano, se tutto ciò che vivo esiste unicamente in
me? E ancora, dov'è la “dimora del Creatore”? Continuando nella lettura, vedrete che il
prossimo capitolo risponderà a tutte queste domande.
5
La realtà della realtà
Tutti i mondi, superiori e inferiori,
sono compresi l'uno nell'altro
- Yehuda Ashlag
T
ra i concetti più inattesi trattati dalla Kabbalah, non ne esistono di più incerti, illogici,
nonché profondi e affascinanti, come il concetto della realtà. Se non fosse stato trattato
da Einstein e dalla fisica quantistica, che hanno rivoluzionato il nostro modo di percepire la
realtà, le idee presentate fino ad ora sarebbero state sicuramente rigettate e ridicolizzate.
Nel capitolo precedente abbiamo detto che si innescò una certa evoluzione perché il
nostro desiderio di ricevere il piacere progrediva dal livello Radice verso il Quarto livello. Se i
nostri desideri sono il motore dell'evoluzione del mondo, il mondo esisterebbe veramente al
di fuori di noi? Potrebbe essere che il mondo circostante sia solo una storia alla quale noi
vogliamo credere?
Abbiamo visto che la Creazione inizia con il Pensiero della Creazione stessa creando poi
le Quattro Fasi fondamentali della Luce. Queste fasi comprendono dieci Sfiròt: Keter (Fase
Zero), Khokhmà (Fase Uno), Binà (Fase Due), Khessed, Gvurà, Tifferet, Netzakh, Hof e Yessòd
(fanno tutte parte della Fase Tre – Zeir Anpìn), e Malkhut (Fase Quattro).
Il Libro dello Zohar, l'opera di riferimento alla Kabbalah – il libro che tutti i Kabbalisti
studiano – dice che tutta la realtà è composta unicamente da dieci Sfiròt. Ogni cosa è
strutturata secondo queste dieci Sfiròt. La sola differenza tra di esse è il loro livello
d'immersione nella nostra sostanza – il desiderio di ricevere.
Per comprendere il significato dato dai Kabbalisti alla frase: «esse sono immerse nella
nostra sostanza», immaginatevi una forma, diciamo una sfera, conficcata in un pezzo di pasta
da modellare, o d'argilla. La forma rappresenta un gruppo di dieci Sfiròt mentre l'argilla
rappresenta noi, cioè rappresenta le nostre anime. Adesso, anche se affondate la sfera
all'interno dell'argilla, la sfera non cambierà, ma più profondamente penetrerà nell'argilla, più
trasformerà quest’ultima.
Come avvengono le cose quando i soggetti sono le dieci Sfiròt e un’anima? Non avete
mai improvvisamente fatto caso al fatto che vi possa essere sfuggito un particolare di un
oggetto che è sempre stato al vostro fianco? Questo assomiglia alla sensazione delle dieci
Sfiròt che affondano un po’ più profondamente nel desiderio di ricevere. Altrimenti detto,
quando realizziamo qualcosa di nuovo, è perché le dieci Sfiròt discendono ancor più in noi.
I Kabbalisti hanno nominato il desiderio di ricevere – Aviùt. Aviùt significa in realtà lo
spessore e non il desiderio. Essi impiegano questo termine poiché più il desiderio di ricevere
è grande, e più gradi di spessore gli saranno aggiunti.
Come ora diremo, il desiderio di ricevere, l'Aviùt, si compone di cinque gradi di base – 0,
1, 2, 3, 4. Nel modo e nella misura in cui le dieci Sfiròt penetrano all'interno dei livelli (strati)
d'Aviùt, esse formano una varietà di combinazioni o miscela di desideri di ricevere con il
desiderio di dare. Queste combinazioni danno vita a tutto ciò che esiste: i Mondi Spirituali, i
mondi fisici e tutto ciò che essi contengono.
Le variazioni della nostra sostanza (desiderio di ricevere) creano i nostri utensili di
percezione, nominati Kelìm (Plurale di Klì). Ciò significa che ciascuna forma, colore, odore,
pensiero – tutto ciò che esiste – è presente, poiché in me si trova un Klì adeguato a riceverlo.
Un po’ come il nostro cervello si serve delle lettere dell'alfabeto per apprendere ciò che il
mondo può offrirgli, i nostri Kelìm utilizzano le dieci Sfiròt per studiare ciò che offrono i
Mondi Spirituali.
Nel nostro mondo apprendiamo certe restrizioni e regole, nello stesso modo, nei Mondi
Spirituali, abbiamo bisogno di conoscere le regole che governano questi mondi.
Quando il nostro oggetto di studio si trova nel mondo fisico, dobbiamo seguire certe
regole. Per esempio, per conoscere la verità su qualche cosa, essa deve essere prima
sperimentata empiricamente. Se gli esperimenti dimostrano una certa teoria, allora sarà
considerata giusta, fino a che qualcuno – attraverso altri esperimenti e non solo a parole –
non dimostri il contrario. Fintanto che una cosa non si è verificata, rimane solo e per
l’appunto ad un livello teorico.
I Mondi Spirituali hanno ugualmente dei limiti, tre per l'esattezza. Se aspiriamo a
raggiungere lo scopo della Creazione e ad assomigliare al Creatore, dobbiamo aderire e
seguire questi mondi.
TRE LIMITI NELLO STUDIO DELLA KABBALAH
PRIMO LIMITE – COSA PERCEPIAMO?
Nella sua Prefazione al Libro dello Zohar, il Kabbalista Yehuda Ashlag scrive che vi sono
«quattro categorie di percezione: la materia, la Forma rivestita dalla materia, la Forma
Astratta e l'Essenza». È nel corso dell'esame della Natura Spirituale che dobbiamo decidere
quale di queste categorie ci procura, o meno, un'informazione solida e affidabile.
Lo Zohar ha scelto di spiegare solo le prime due. Altrimenti detto, ciascuna parola è
scritta sia considerando la prospettiva della materia, sia considerando la Forma rivestita dalla
materia ma non si fa nessun cenno alla Forma Astratta o all’Essenza.
SECONDO LIMITE – DOVE PERCEPIAMO?
Come abbiamo detto precedentemente, la sostanza dei Mondi Spirituali viene denominata:
«l’anima di Adam ha-Rishòn», così furono creati i Mondi Spirituali.
Benché tutto ciò non venga percepito in questo modo, abbiamo già attraversato la
Creazione di questi mondi e stiamo risalendo verso i livelli Superiori. In effetti, l’anima di
Adamo è già frantumata in una miriade di frammenti. Lo Zohar ci insegna che la maggior
parte di essi, il 99 per cento per l’esattezza, si sparsero nel mondo di Brià, Yezirà e Assià
(BYA), il restante un per cento risalì per arrivare al mondo di Azilùt.
Allo stesso modo, l’anima di Adamo è costituita dai contenuti dei mondi di BYA, i quali
si frantumarono tra tutti questi mondi e, visto che noi siamo tutti frammenti di quest’anima,
ne deriva chiaramente che quanto percepiamo, non può che essere parte di questi ultimi.
Tutto ciò che recepiamo, proveniente dai Mondi Superiori a BYA, quali Azilùt e Adam
Kadmon, non sono altro che proiezioni, filtrate dai mondi di BYA.
Il nostro mondo è il grado più basso dei mondi BYA. Infatti, questo grado è totalmente
opposto nella sua Natura agli altri Mondi Spirituali, ecco perché non lo percepiamo. Un
paragone calzante è quello di due persone che si danno reciprocamente il dorso volgendosi
in due opposte direzioni. Essi avranno un giorno l’opportunità di incontrarsi?
Eppure, quando ci correggiamo, scopriamo che viviamo già nei mondi di BYA. Alla fine,
con essi cominceremo a gravitare intorno ai modi di Azilùt e Adam Kadmon.
TERZO LIMITE – CHI PERCEPISCE?
Benché lo Zohar descriva minuziosamente il contenuto di ciascun mondo e di ciò che si
svolge in essi come se si trattassero di luoghi geografici, in realtà esso parla solamente delle
esperienze vissute dalle anime. In altri termini, si parla di come i Kabbalisti percepiscono le
cose, dandoci così la possibilità di percepirle a nostra volta. Di conseguenza, quando leggiamo
nello Zohar di avvenimenti accaduti nei mondi di BYA, apprendiamo, in effetti, come Rabbi
Shimon Bar Yokhai (l’autore del Libro Zohar) percepiva gli stati spirituali.
Succede, dunque, che quando i Kabbalisti parlano dei mondi al di sopra di BYA, non
scrivono su questi mondi in modo particolare, bensì su ciò che essi stessi percepiscono
quando si trovano nei mondi di BYA. Poiché i Kabbalisti raccontano le loro esperienze
personali, possiamo trovare alle volte delle rassomiglianze o delle differenze nei loro scritti.
Parte di questi scritti tratta della struttura generale dei mondi, descrivono ad esempio i nomi
delle Sfiròt e dei mondi stessi, mentre un'altra parte racconta le esperienze personali vissute
dai Kabbalisti in questi mondi.
Se raccontaste a un amico di un vostro viaggio a Roma, potreste parlargli di Piazza di
Spagna o di Castel S. Angelo, oppure potreste parlargli delle sensazioni provate passeggiando
per Via Condotti o le impressioni riportate nella visita dei Fori Romani, inghiottiti da una
folla di visitatori provenienti da tutto il mondo, sentendovi al contempo completamente soli.
La differenza tra questi due esempi è che, mentre nel secondo caso racconto le mie
esperienze personali, nel primo parlo delle impressioni che ogni persona può avere visitando
Roma, benché ciascuno possa viverle in modo differente.
Una finestra sulla Kabbalah
È imperativo non dimenticare che lo Zohar non deve
essere visto come una storia mistica o come una raccolta
di fiabe. Lo Zohar, come tutti gli altri libri di Kabbalah,
deve essere utilizzato come uno strumento di studio. Ciò significa che
il libro non vi aiuterà se non desiderate vivere ciò che in esso vi è
scritto, in questo caso, non solo non vi sarà d'aiuto, ma non riuscirete
neanche a capirlo.
Ricordate: la giusta comprensione dei testi kabbalistici dipende dalle
vostre intenzioni al momento della lettura, dato che voi li leggete, non
dalle vostre capacità intellettuali. Inoltre, solo se desiderate
trasformarvi e vi dotate delle qualità altruistiche di cui parlano i testi
quest'ultimi vi potranno influenzare.
Abbiamo detto in precedenza che passato il primo livello di lettura, lo Zohar parla solo
dal punto di vista della Materia e della Forma rivestita della materia. Per “materia” s’intende
il desiderio di ricevere e per “forma rivestita della materia” s’intende invece l'intenzione con la
quale il desiderio di ricevere vuole ottenere, con il solo scopo di raggiungere propri obiettivi
oppure a beneficio degli altri. In altri termini: la Materia = il desiderio di ricevere; la Forma =
l'intenzione.
La Forma del dono in sé stesso si chiama «il mondo di Atzilùt». La Forma Astratta del
dono è l'attributo del Creatore e non ha alcun rapporto con le creature, che sono per natura
riceventi. Tuttavia, le creature (la gente) possono dotare il loro desiderio di ricevere della Forma
del dono e così Assomigliare al dono stesso. Altrimenti detto, in questo modo possiamo
ricevere ed agire pur essendo in realtà dei donatori.
Esistono due motivi per cui non possiamo donare:
1. Per donare, una persona dovrebbe prima ricevere. Pertanto, eccetto noi (le anime), vi
è solo il Creatore, il Quale non ha bisogno di ricevere poiché la Sua natura è quella di
donare. Questo è il motivo per cui donare non è un'opzione valevole per noi.
2. Non abbiamo nessuna voglia, non possiamo dare perché siamo fatti del desiderio di
ricevere, la ricezione è la nostra sostanza, la nostra materia.
Quest'ultima affermazione è più complicata di quanto appaia. Quando i Kabbalisti
scrivono che tutto ciò che vogliamo è ricevere, essi non intendono dire che tutto ciò che
facciamo è ricevere, ma che le nostre motivazioni sono alla base di tutte le cose che
intraprendiamo. Essi si esprimono molto semplicemente: se non proviamo piacere, non
agiamo. Non si tratta unicamente di non volere, il fatto è che non ne siamo letteralmente
capaci. La causa di ciò è che il Creatore (Natura) ci ha creati con il solo desiderio di ricevere,
mentre Egli non vuole altro che donare. Questo è il motivo per cui non abbiamo bisogno di
cambiare le nostre azioni, ma abbiamo bisogno solamente di aggiungere un'intenzione.
PERCEZIONE DELLA REALTÀ
Per descrivere la comprensione vengono impiegati numerosi termini. Per i Kabbalisti, il
livello più profondo di comprensione si chiama «accesso». I loro studi dei Mondi Spirituali li
portano a voler raggiungere l'«accesso Spirituale». Accedere si riferisce a un sapere
approfondito e minuzioso di ciò che viene percepito, senza lasciare posto alle domande. I
Kabbalisti scrivono che, in termini di evoluzione dell'umanità, noi tutti raggiungeremo il
Creatore in uno stato chiamato «Equivalenza della Forma». Per arrivare a questa meta, i
Kabbalisti hanno definito precisamente quelle parti della realtà che dobbiamo studiare,
seguendo un principio molto semplice: se qualcosa ci aiuta a capire meglio e più in fretta,
questo qualcosa dovrà essere studiato, altrimenti dovrà essere ignorato.
I Kabbalisti in generale, e lo Zohar in particolare, ci incoraggiano a studiare solo quelle
parti nelle quali potremo avere una percezione assolutamente certa. Se ciò dovesse implicare
dei dubbi, non dobbiamo perdere il nostro tempo, in quanto il nostro accesso sarebbe
discutibile.
I Kabbalisti aggiungono, inoltre, che tra le Quattro categorie di percezione – Materia,
Forma rivestita della materia, Forma astratta ed Essenza – possiamo percepirne con certezza
solo due. È per questo motivo che tutto ciò che è scritto nello Zohar parla unicamente del
desiderio (Materia) e di come utilizzare queste due categorie: con dei fini personali o con lo
scopo di aderirsi al Creatore.
Il Kabbalista Yehuda Ashlag scrive che «se il lettore non sa essere prudente con i limiti,
ed esce fuori dal contesto, egli si sentirà immediatamente confuso». Ciò avrà senz’altro luogo
se non limiteremo il nostro studio alla Materia e alla Forma rivestita della materia.
Dobbiamo comprendere che la nozione di “interdizione” non esiste nella Spiritualità.
Quando i Kabbalisti menzionano la parola “interdetto” vogliono semplicemente dire
«impossibile». Ecco perché, quando i Kabbalisti dicono che non dobbiamo studiare la Forma
Astratta e l'Essenza, non significa che saremo colpiti dalla folgore se comunque tenteremo di
farlo, ma, semplicemente, che non possiamo studiare queste categorie, anche se lo
desideriamo veramente.
Yehuda Ashlag si serve dell'esempio dell'elettricità per spiegare l'impercettibilità
dell'Essenza. Dice che elettricità può essere utilizzata in diversi modi: per il riscaldamento,
per la climatizzazione, per far funzionare gli elettrodomestici ecc. Pur rivestendo numerose
Forme, possiamo noi esprimere l'Essenza dell'elettricità stessa?
Prendiamo un esempio per spiegare le quattro categorie: Materia, Forma rivestita della
materia, Forma Astratta, Essenza. Quando diciamo di una persona che è forte, noi ci
riferiamo alla Materia di questa persona – il corpo – e alla Forma (l’attributo) che si riveste di
questa materia – la forza.
Se noi spogliassimo la Forma dalla Materia (la forza dal corpo della persona) ed
esaminassimo la Forma della Forza separatamente, senza la Materia, ciò equivarrebbe ad
esaminare la Forma astratta della forza. La quarta categoria, l’Essenza della persona, è
completamente inaccessibile. Non siamo dotati del senso che può “studiare” l'Essenza e
tracciarne un'immagine nella Forma percettibile. Di conseguenza, non solo al momento
attuale non conosciamo “l’Essenza”, ma non potremo mai giungere a conoscerLa.
Una finestra sulla Kabbalah
La trappola della confusione
Perché è così importante concentrarsi unicamente
sulle prime due categorie? Il problema è che quando il soggetto
presenta una caratteristica spirituale, non sa se si trovi o meno
nella confusione. Perciò, egli tende a continuare sempre nella
stessa direzione, deviando dalla verità.
Nel mondo materiale, se sappiamo ciò che vogliamo, possiamo
verificare se otteniamo l'oggetto desiderato o no, o, per lo meno,
se abbiamo intrapreso il cammino giusto per arrivarci. Non
avviene lo stesso nel caso della Spiritualità. Se abbiamo torto, non
facciamo altro che negare ciò che vogliamo, perdendo anche il
grado Spirituale raggiunto. In questo caso la Luce si ferma e
diventiamo incapaci di dirigere noi stessi senza l'aiuto di una
guida. È dunque molto importante comprendere questi tre limiti e
seguirli alla lettera.
UNA REALTÀ INESISTENTE
Oramai sappiamo ciò che possiamo studiare e cosa no, vediamo ora quello che possiamo
apprendere attraverso i nostri sensi. Prima, però, va detta una cosa a proposito dei
Kabbalisti, e cioè che essi non trascurano nessun dettaglio. Yehuda Ashlag, che ha intrapreso
delle ricerche sulla realtà nel suo insieme al fine di parlarcene, ha scritto che non conosciamo
ciò che esiste all'esterno di noi stessi. Per esempio, non abbiamo alcuna idea di ciò che esiste
all'esterno delle nostre orecchie, ovvero per quale causa i nostri timpani reagiscono. Tutto
ciò che sappiamo è che, sollecitati da uno stimolo esterno, abbiamo una reazione.
Anche i nomi attribuiti a un fenomeno non sono riallacciabili ai fenomeni stessi, ma alle
nostre reazioni nei loro confronti. È molto probabile che non siamo coscienti della maggior
parte delle cose che si accadono nel mondo. Esse passano inosservate ai nostri sensi poiché,
ovviamente, non possiamo reagire ai fenomeni che non possiamo percepire. Ecco dunque il
motivo per cui non è possibile captare l'essenza di una qualunque cosa esterna a noi, non ci
rimane, quindi, che studiare le nostre reazioni rispetto a questi elementi.
Queste regole di percezione non si applicano soltanto ai Mondi Spirituali, ma alla legge di
tutta la Natura. Definire così la nostra relazione nei confronti della realtà, ci permette di
realizzare immediatamente che ciò che noi vediamo, in realtà, non esiste. Per compiere un
progresso Spirituale, è molto importante comprendere ciò.
Osservando la nostra realtà, cominciamo a scoprire delle cose di cui non eravamo
coscienti. Interpretiamo le cose che avvengono in noi come se queste si producessero
all'esterno. Non conosciamo le reali cause degli avvenimenti vissuti, ma sperimentiamo che
essi si sono svolti all’esterno di noi. Non di meno, non possiamo mai esserne sicuri.
Per definire un corretto rapporto con la realtà, non dobbiamo pensare che ciò che
percepiamo è un’immagine “reale”, infatti, si tratta solo del modo in cui gli avvenimenti
(Forme) influiscono sulle nostre percezioni (Materia). Tanto più, che ciò che percepiamo
non è un'immagine esteriore oggettiva, ma la nostra stessa reazione. Non possiamo dire
neanche e in quale misura le Forme percepite siano legate alle Forme astratte, alle quali noi
facciamo riferimento. In altre parole, il fatto di avere una mela rossa non ci garantisce che
essa sia veramente rossa.
Una finestra sulla Kabbalah
Infatti, se voi domandaste a un fisico, egli vi
risponderebbe che la sola vera affermazione da
stabilire a proposito della mela rossa, è che essa non è rossa.
Ricordatevi come funziona il Massàkh (Schermo), egli riceve solo
ciò è che in misura di donare al Creatore, altrimenti lo respinge.
Succede lo stesso con il colore degli oggetti; ogni colore è
determinato dalle onde della luce che l'oggetto non può
assorbire. Noi non vediamo il colore dell'oggetto, bensì la luce
riflessa dall'oggetto stesso. Il colore di un oggetto è la luce che
viene da lui assorbita. L’oggetto, assorbendo questa luce, non
permette dunque al colore di raggiungere il nostro occhio, perciò
non possiamo vederlo. Ecco perché il vero colore della mela rossa
è tutto tranne che rosso.
Yehuda Ashlag, nella Prefazione del Libro dello Zohar, ci spiega la nostra mancanza di
percezione dell'Essenza in questi termini: «È un dato di fatto che ciò che non possiamo
sperimentare, non possiamo neanche immaginarlo. Ne consegue che il pensiero non ha
alcuna percezione dell’Essenza, qualunque essa sia.»
In altri termini, siccome non possiamo sperimentare l’Essenza, non importa quale essa
sia, non possiamo neanche percepirla.
Tuttavia, il concetto che più di altri lascia gli allievi della Kabbalah perplessi, risalta
quando essi leggono per la prima volta la Prefazione di Ashlag relativa alla mancanza della
conoscenza di noi stessi. A questo proposito Ashlag scrive (§12): «E, ancor più, non
conosciamo ancora la nostra stessa Essenza. Io sento e so che mi trovo in un certo posto
sulla terra, che sono solido, che ho freddo e che penso, così come altre manifestazioni
dell'operato della mia Essenza. Tuttavia se voi mi domandaste qual è la mia Essenza... non
saprei cosa rispondervi.»
IL MECCANISMO DI MISURA
Guardiamo ora il nostro problema di percezione sotto un profilo più meccanico. I nostri
sensi sono strumenti di misura, misurano tutto ciò che essi percepiscono. Ascoltando un
suono, determiniamo se è forte o debole, vedendo un oggetto, possiamo (normalmente) dire
qual è il suo colore e, toccando qualche cosa, sappiamo immediatamente se è calda o fredda,
umida o secca.
Tutti gli strumenti di misura funzionano nello stesso modo. Immaginate una bilancia con
il peso di un kilogrammo. Il meccanismo del peso tradizionale é fatto di una molla che è tesa
secondo il peso e di una riga che misura la rigidità della molla stessa. Quando la molla cessa
di estendersi e si ferma ad un certo punto, i numeri sulla riga indicano il peso. In realtà, non
misuriamo il peso, ma l'equilibrio tra la molla e il peso (schema 9).
Figura 9: La bilancia misura la tensione della molla e non il peso stesso.
Questo è il motivo per il quale il Kabbalista Ashlag afferma che non possiamo percepire
la Forma Astratta, dove l'oggetto non esiste in se stesso e neppure a causa di se stesso,
poiché non abbiamo nessun legame con esso. Utilizzando la molla per misurare l'impatto
esteriore dell'oggetto, possiamo ottenere un risultato. Quindi, se non siamo capaci di
misurare tale fenomeno esterno, è come se non si fosse prodotto. Tanto più che, se ci
serviamo di una molla difettosa per misurare lo stimolo esteriore otterremo un risultato
sbagliato. Questo è quello che ci succede invecchiando quando i nostri sensi si alterano.
In termini spirituali, il mondo esteriore ci presenta delle forme astratte, come i pesi.
Utilizzando la molla e il quadrante – il desiderio di ricevere e l'intenzione di dare – noi
misuriamo la quantità di forma astratta che possiamo ricevere. Se fossimo capaci di costruire
un calibratore per “misurare” il Creatore, noi Lo potremmo sperimentare come
sperimentiamo questo mondo. In effetti, un tale strumento di misura esiste e si chiama
«sesto senso».
IL SESTO SENSO
Cominciamo questo paragrafo facendo lavorare un po’ la nostra immaginazione: ci troviamo
in un luogo buio, completamente vuoto. Non vediamo niente, non sentiamo un suono, non
vi sono né odori né profumi e niente che si possa toccare. Ora, pensate di essere in questo
stato da lungo tempo e di aver dimenticato di essere stati dotati di tali sensi, e che queste
sensazioni esistano.
Improvvisamente un vago aroma vi giunge, cresce progressivamente e vi circonda, ma
non riuscite a capirne la provenienza. Poi, altri odori vi giungono, alcuni possenti, altri più
sottili, dolci oppure acri. Utilizzandoli siete ora capaci di trovare il vostro cammino nel
mondo. Seguendo i differenti profumi, provenienti da luoghi diversi, potete cominciare a
trovare il vostro cammino.
Poi, senza nessun preavviso, udiamo dei suoni provenienti da tutte le parti: musica,
parole, rumori. Questi suoni vi forniscono una capacità supplementare per potervi orientare.
Ormai sapete valutare le distanze e le direzioni, sapete indovinare l’origine degli odori e
dei suoni. Non si tratta più di un semplice luogo nel quale voi vivete, è un mondo intero di
suoni e odori.
Dopo di che, quando qualcosa vi tocca, fate una nuova scoperta. Rapidamente vi rendete
conto che potete toccare degli oggetti. Oggetti caldi o freddi, secchi o umidi, morbidi o duri
e, qualche volta, non sapete neanche voi valutarne la consistenza. Poi, realizzate che alcuni di
questi oggetti si possono mettere in bocca e che hanno tutti un gusto particolare.
Ora vivete in un mondo di suoni, di odori, di sensazioni e di gusti. Potete toccare degli
oggetti e studiare il vostro ambiente.
Così è il mondo dei ciechi, sin dalla nascita. Se voi foste al loro posto, pensereste di aver
bisogno di vedere? Sapreste di non vedere? No, a meno che siate stati in grado di vedere in
passato.
La stessa cosa avviene con il sesto senso; abbiamo dimenticato di averlo, sebbene sia in
nostro possesso da prima della frammentazione di Adam ha-Rishòn, da cui tutti proveniamo.
Il sesto senso opera essenzialmente come i cinque sensi, l’unica differenza è che, al
momento della nascita, lo possediamo solo in maniera latente, il nostro compito è quindi
quello di svilupparlo. In effetti, la definizione di «sesto senso» induce in errore poiché in
realtà non sviluppiamo un altro senso, ma un’intenzione.
Sviluppando questa intenzione, apprendiamo le Forme del Creatore, le Forme dei doni
opposte al nostro innato egoismo. Questo è il motivo per cui il sesto senso non ci è stato
dato dalla Natura; poiché, rispetto a noi, è un antagonista.
Costruire un’intenzione su ciascun desiderio da noi provato può renderci coscienti di chi
siamo, chi è il Creatore, e se vogliamo o no assomigliare a Lui.
Noi possiamo realmente scegliere solo se abbiamo a disposizione due opzioni. Il
Creatore non ci forza ad assomigliarGli, ad essere altruisti, ma ci mostra chi siamo noi, e chi
invece Egli è, dandoci l’opportunità di scegliere liberamente. Una volta che la scelta è fatta
diventiamo le persone che aspiriamo essere: simili o non simili al Creatore.
Perché, allora, chiamiamo l’intenzione di dare «sesto senso»? Perché avendo la stessa
intenzione del Creatore diventiamo come Lui. Ciò significa che non solo abbiamo la Sua
stessa intenzione, ma che abbiamo sviluppato un’equivalenza di forma con Lui, vediamo e
percepiamo cose che altrimenti non avremmo potuto vedere e percepire. È come se
cominciassimo a vedere attraverso i Suoi occhi.
UN CAMMINO ESISTE GIACCHÈ UN DESIDERIO L’HA CREATO
Nel primo capitolo abbiamo detto che i concetti di Klì (Recipiente) e di Ohr (Luce) sono,
senza ombra di dubbio, i concetti più importanti nella saggezza della Kabbalah. In realtà, fra
i due concetti, il primo (Klì) è quello che conta di più per noi, malgrado il secondo (Ohr) sia la
nostra vera meta.
Precisiamo meglio il nostro pensiero facendo un esempio. Nel film «What the Bleep Do We
Know!?» - («Cosa sappiamo veramente sulla realtà?!»), il Dr. Candace Pert spiega che se una
certa Forma non esiste a priori in me, non sarei in grado di vederla all’esterno. Per spiegare
questo, egli utilizza la storia degli indigeni radunati sulla spiaggia mentre osservavano l’arrivo
dell’armata di Cristoforo Colombo. Si pensa, infatti, che gli Indiani non sarebbero stati in
grado di vedere le navi, sebbene queste si trovassero di fronte a loro.
Il Dr. Pert spiega inoltre che gli Indigeni non erano in grado di vedere le navi perché non
avevano un modello pre-esistente di nave nella loro mente. Solo lo Sciamano, la cui curiosità
lo ha portato a chiedersi da dove provenissero quelle strane increspature sull’acqua, dopo
aver tentato di immaginare la causa di tutte quelle onde, è riuscito a scoprire le navi.
In termini kabbalistici, egli prende un Klì interiore per distinguere un oggetto esteriore.
In effetti, i Kelìm (plurale di Klì) non fanno altro che scoprire la realtà esteriore, essi la creano!
Di conseguenza, possiamo anche dire che l’armata di Cristoforo Colombo è esistita solo
nella mente degli indigeni, nei Kelìm che l’hanno vista e hanno potuto raccontare di averla
vista.
Una finestra sulla Kabbalah
Se un albero cade nella foresta e nessuno lo sente,
cadendo, fa comunque rumore?
Questo celebre Koan Zen (un genere particolare di
enigma Zen) può anche essere espresso in termini kabbalistici: Se
non ci fosse un Klì a rivelare il suono dell’albero, come potremmo
sapere che esso, cadendo, produce un rumore?
Allo stesso modo potremmo considerare la scoperta di Colombo
secondo un Koan Zen e chiederci: prima che Colombo scoprisse
l’America, l’America stessa esisteva?
Il mondo esteriore non esiste. Vi sono dei desideri, dei Kelìm che creano in funzione delle
loro forme. Al di fuori di noi, vi è solamente la Forma Astratta, il Creatore intangibile e
impercettibile. Noi modelliamo il nostro mondo creando i nostri stessi strumenti di
percezione, i nostri Kelìm.
Questo è il motivo per il quale, pregare il Creatore perché ci aiuti a superare le nostre
sventure, o a migliorare il mondo circostante, non ci aiuterà. Il mondo non è né buono né
cattivo, riflette solo lo stato dei nostri Kelìm. Correggendoli e migliorandoli, il mondo sarà
migliore. Il Tikùn è interiore, come pure il Creatore. Egli è il nostro io corretto.
Lo stesso vale per un gufo, per lui la notte in una foresta oscura rappresenta il miglior
momento di visibilità, mentre per noi, è la cecità completa. La nostra realtà è a proiezione dei
nostri Kelìm interiori, ciò che chiamiamo «mondo reale» è il riflesso della nostra correzione
interiore o della nostra corruzione. Viviamo in un mondo immaginario.
Se vogliamo elevarci al di sopra di questo mondo immaginario e andare verso il mondo
reale, verso la vera percezione, dobbiamo adattarci ai veri modelli. Alla fine dei conti, poco
importa quello che percepiamo perché le nostre percezioni sono determinate solo dalla
nostra composizione interiore, in funzione della quale elaboriamo questi modelli. Non vi è
nulla da scoprire al di fuori di noi, niente da scoprire eccetto la Luce Superiore astratta che
agisce su di noi e rivela in noi una nuova immagine, conformemente al nostro livello di
preparazione.
Ora, quello che ci resta da fare è sapere dove trovare i Kelìm coretti. Esistono in noi?
Dove dobbiamo costruirli? Se è il caso, come fare? Questo soggetto sarà trattato nei
paragrafi seguenti.
IL PENSIERO DELLA CREAZIONE
I Kelìm sono elementi fondamentali dell’anima, abbiamo bisogno di leggere il piano prima
ancora di cominciare i lavori. Sfortunatamente, il Creatore, l’Architetto del Piano è reticente
nel concedercelo. Egli, invece, vuole che noi si apprenda e si esegua il Piano Generale delle
nostre anime in modo indipendente. Solo in questa maniera potremo veramente
comprendere il Suo Pensiero e divenire come Lui.
Per apprendere chi Egli sia, dobbiamo guardare attentamente ciò che Egli fa e dobbiamo
imparare a comprenderlo attraverso le Sue azioni. Su questo punto, la frase dei Kabbalisti è
molto precisa: «Dalle tue azioni, Ti conosceremo».
I nostri desideri, la materia prima dell’anima, esistono già. Egli ce li ha donati, dobbiamo
solo apprendere come servircene correttamente, mettendoci tutta la buona volontà. Così le
nostre anime saranno corrette.
Come abbiamo detto in precedenza, le buone intenzioni sono le intenzioni altruistiche.
Altrimenti detto, abbiamo bisogno di servirci dei nostri desideri per il bene degli altri e non
per il proprio tornaconto. Agendo così, ne trarremo un beneficio poiché facciamo tutti parte
dell’anima di Adam ha-Rishòn.
Che lo vogliamo o no, il fatto di nuocere a qualcuno si ritorce contro di noi, come un
boomerang che ritorna al suo lanciatore con il medesimo vigore.
Facciamo il punto: un Klì corretto è un desiderio utilizzato con intenzioni altruistiche,
viceversa, un Klì corrotto è un desiderio utilizzato con intenzioni egoistiche. Servendoci di
un Klì in modo altruistico, agiamo come il Creatore ed in ciò saremo identici a Lui, se non
altro per quanto concerne questo particolare desiderio. È così che apprendiamo il Suo
Pensiero.
L’unico problema, quindi, è cambiare le intenzioni nel momento in cui usiamo i nostri
desideri. Affinché ciò avvenga, dobbiamo almeno cercare un altro modo di servircene.
Abbiamo bisogno di sapere a cosa queste altre intenzioni possano assomigliare o come le
potremmo sperimentare. In questo modo saremo in grado di decidere se vogliamo o meno
cambiare le nostre intenzioni. Quando non vediamo altre possibilità di servirci dei nostri
desideri, restiamo intrappolati in ciò che già abbiamo. In questo caso, come trovare altre
intenzioni? È una trappola, oppure ci stiamo avvicinando a qualcosa?
I Kabbalisti ci spiegano che niente può sfuggirci. È una trappola, ma non è una
situazione irrisolvibile. Se perseguiamo la via delle nostre Reshimòt, un esempio di un’altra
intenzione apparirà spontaneamente. Ora vediamo cosa sono le Reshimòt e come esse ci
aiutino a venir fuori dalla trappola.
RESHIMÒT – RITORNO VERSO IL FUTURO
Reshimòt - letteralmente significa “registrazioni”, sono delle informazioni dei nostri stati
antecedenti. Ciascuna Reshimò (singolare di Reshimòt) che l’anima vive nel suo percorso
spirituale è composta da una “banca dati” particolare.
Durante la nostra ascensione nella scala Spirituale, queste Reshimòt determinano il nostro
cammino. Esse compaiono una ad una e siamo proprio noi a farle riemergere.
Quanto prima riusciremo a rivivere ciascuna Reshimò, tanto prima la completeremo per
passare a quella successiva. Ogni Reshimò si trova su un gradino più alto nella Scala rispetto a
quella precedente.
Non possiamo cambiare l’ordine delle Reshimòt. Sono state impresse al momento della
nostra discesa, tuttavia possiamo e dobbiamo determinare ciò che avverrà di ciascuna di esse.
Se restiamo passivi, aspettando che passino, impiegheremo molto tempo prima di viverle
interamente e, prima che ciò accada, queste Reshimòt potrebbero causarci una grande
sofferenza. Per questo motivo un approccio passivo è chiamato «la via della sofferenza».
D’altra parte, possiamo scegliere un approccio attivo cercando di considerare ciascuna
Reshimò come “una giornata in più a scuola”, e cercare di vedere cosa il Creatore sta tentando
di insegnarci. Ricordandoci semplicemente che questo mondo è il risultato di avvenimenti
spirituali, sarebbe più confortante accelerare le Reshimòt. Questo approccio attivo viene
denominato «la via della Luce» poiché facciamo degli sforzi per collegarci al Creatore, alla
Luce, invece di restare nello stato attuale, nella passività.
In effetti, i nostri sforzi non devono necessariamente arrivare al successo, ma lo sforzo in
sé stesso è sufficiente. Aumentando i nostri desideri di essere come il Creatore (altruista), ci
connettiamo a dei livelli superiori, più spirituali.
Il processo di progresso spirituale assomiglia moltissimo all’educazione di un bambino; è
un semplice processo d’imitazione. Copiando gli adulti, anche senza comprendere ciò che
fanno, i bambini creano costantemente in sé stessi il desiderio di apprendere.
Notate: non è ciò che sanno che li fa crescere, bensì il solo fatto di voler sapere. Il desiderio
di conoscenza è sufficiente per innescare in essi la Reshimò successiva, ovvero quella nella quale
essi sanno già.
Esaminiamo tutto ciò da un altro punto di vista, sotto un altro profilo: al principio, il
voler sapere non scaturisce da una loro scelta, ma scaturisce dal fatto che la Reshimò attuale si
è consumata, permettendo a quella successiva di uscire allo scoperto. Questo è il motivo per
cui sta al bambino scoprirla, in altre parole, la Reshimò deve evocare in lui il desiderio di
conoscerla.
La Reshimò spirituale agisce precisamente nello stesso modo. Non apprendiamo
veramente delle novità in questo mondo o nel Mondo Spirituale, ma risaliamo
semplicemente il futuro.
Se vogliamo donare sempre di più, come il Creatore, dobbiamo costantemente procedere
ad un’autocritica per vedere se corrispondiamo alla descrizione che a nostro avviso è
spirituale (altruista). Così, il nostro desiderio di essere più altruisti ci aiuterà a sviluppare una
percezione più lucida e dettagliata di noi stessi nel nostro rapporto con il Creatore.
Il fatto di non voler essere egoisti, spingerà i nostri desideri a provocare le Reshimòt, le
quali ci mostreranno il vero significato dell’essere altruisti.
Ogni volta che decidiamo di non servirci in maniera egoistica di tale o tal altro desiderio,
la Reshimò di questo stato è considerata come se avesse terminato il suo ruolo e lascia il posto
alla seguente. È l’unica correzione che dobbiamo intraprendere. Il Kabbalista Yehuda Ashlag
riassume questo principio con le seguenti parole: «... odiando il male (egoismo) con tutto il
suo cuore, egli è corretto».
Egli spiega: «Se due persone arrivano a realizzare che una detesta tutto ciò che il suo
amico detesta ed ama tutto ciò che egli ama, essi si legano l’un l’altro provando un amore
reciproco. Così, considerando il fatto che il Creatore ama dare senza riserve, dobbiamo allo
stesso modo cercare di voler dare senza riserve. Il Creatore detesta altrettanto essere un
ricevente, per il solo fatto di essere Uno, Egli non ha bisogno di nulla. Questo è il motivo
per cui l’uomo, a sua volta, deve detestare aspramente il desiderio di ricevere con fini
personali, poiché tutte le distruzioni di questo mondo avvengono unicamente a causa di
questo desiderio. Così, detestandolo, egli riesce a correggerlo.
In questo modo, semplicemente volendolo, provochiamo le Reshimòt dei desideri più
altruisti che esistono in noi già dall’epoca in cui eravamo collegati all’anima di Adam haRishòn. Queste Reshimòt ci correggono e ci fanno assomigliare maggiormente al Creatore.
Quindi, il desiderio (il Klì) è da una parte il motore del cambiamento, come abbiamo detto
nel primo capitolo, dall’altra il mezzo di correzione. Non abbiamo bisogno di sopprimere i
nostri desideri, ma dobbiamo solamente apprendere a servircene efficacemente per noi stessi
e per gli altri.
RIASSUMENDO
Per percepire correttamente abbiamo bisogno dei limiti:
1. Vi sono quattro categorie di ricezione: A) Materia, B) Forma nella materia, C) Forma
Astratta e D) Essenza. Noi percepiamo solo le prime due.
2. Tutto ciò che percepisco si trova nella mia anima; la mia anima è il mio mondo e il
mondo al di fuori di me è talmente astratto che non posso dire con certezza se esiste
o meno.
3. Ciò che percepisco è totalmente personale, non lo posso trasmettere a qualcun’altro.
Posso raccontare alla gente le mie esperienze, ma quando essi le vivranno a loro
volta, saranno le loro proprie esperienze.
Quando ricevo qualcosa, la misuro e la valuto in funzione delle qualità dei miei strumenti
di misura interiori. Se questi ultimi sono difettosi le mie misurazioni lo saranno altrettanto e
così la mia immagine del mondo sarà sbagliata e incompleta.
Attualmente, valutiamo il mondo con i cinque sensi, tuttavia abbiamo bisogno di un
sesto senso per misurarlo correttamente. Questo è il motivo per cui siamo incapaci di
dirigere efficacemente il nostro mondo e di essere tutti felici.
In effetti, il sesto senso non è un senso fisico, ma è un’intenzione che spiega come
servirci dei nostri desideri. Se utilizziamo la nostra intenzione per donare, invece che per
ricevere, facendolo in maniera altruistica e non egoistica, percepiremo un altro mondo.
Questa nuova intenzione viene chiamata per l’appunto «sesto senso».
Rivestendo i propri desideri con un’intenzione altruistica, essi assomiglieranno a quelli
del Creatore. Questa identità si chiama «equivalenza della forma». Possederla, attribuisce alla
persona la stessa percezione e conoscenza del Creatore. Solo il sesto senso (l’intenzione di
dare senza riserve), quindi, ci permette di sapere veramente quale comportamento adottare in
questo mondo.
Quando un altro desiderio compare, egli non è nuovo in effetti. È un desiderio che
esisteva già in noi e il cui ricordo era stato registrato nella banca dati della nostra anima – le
Reshimòt. La catena delle Reshimòt ci conduce direttamente alla sommità della Scala - il
Pensiero della Creazione - e più velocemente saliremo, prima compieremo piacevolmente il
nostro destino.
Le Reshimòt appaiono una alla volta al ritmo che noi fissiamo con il nostro desiderio di
progredire spiritualmente. Esse infatti provengono dal livello spirituale. Cercando di
apprendere, di sviscerare ciascuna Reshimò, queste si esauriscono più rapidamente e lo stato di
comprensione (già esistente) appare. Una volta capita la Reshimò, emerge quella successiva,
fino a che tutte le Reshimòt studiate e realizzate ci condurranno alla fine della correzione.
6
Il difficile cammino verso la libertà
C
iò potrebbe sorprendervi, ma possedete già solide conoscenze della Kabbalah.
Ricapitoliamo: sapete che la Kabbalah ebbe inizio 5000 anni fa in Mesopotamia
(l’odierno Iraq). Fu scoperta nel momento in cui la gente cercava di dare un senso alla
propria vita. Queste persone scoprirono che la ragione della loro venuta al mondo era
dovuta esclusivamente al fine di ricevere l’estremo piacere, divenire come il Creatore. Fatta
questa scoperta, fondarono gruppi di studenti e iniziarono ad insegnare.
Questi primi Kabbalisti ci dissero che la nostra essenza non è che un desiderio di
ricevere che si scompone in cinque livelli – inanimato, vegetale, animale, essere parlante e
spirituale. Il desiderio di ricevere è molto importante perché è il motore di ogni impresa.
Altrimenti detto, noi cerchiamo sempre di ricevere piacere e più ne abbiamo più lo
ricerchiamo. Ne risulta che progrediamo e cambiamo costantemente.
Poi abbiamo appreso che la Creazione si è formata secondo il processo della Quarta
Fase, dove la Radice (sinonimo di Luce del Creatore) aveva creato il desiderio di ricevere,
questo desiderio volle in seguito donare e decise di ricevere con il proposito di donare per
poi, finalmente, ricevere ancora una volta. Questa volta, però, il desiderio volle sapere com’è
essere come il Creatore, il Donatore.
Dopo le quattro fasi, il desiderio di ricevere si divise in cinque mondi e un'anima,
nominata Adam ha-Rishòn, la quale si frammentò e si materializzò nel nostro mondo. In altri
termini, siamo un'anima ma legati e indipendenti allo stesso tempo, proprio come le cellule
del corpo.
Quando il desiderio di ricevere crebbe, ci trasformammo in egocentrici e
cessammo di sperimentare la nostra unità. Oggi, sperimentiamo solo noi stessi, ed anche
quando ci preoccupiamo degli altri è solo per ricevere piacere, magari proprio sfruttando il
nostro prossimo.
Questo stato egoista si chiama «l'anima frammentata di Adam ha-Rishòn» ed è nostro
compito correggerlo quanto proprio perché facciamo parte di quest'anima. In realtà, non
dobbiamo riparare, ma dobbiamo essere coscienti che non possiamo sperimentare reali
piaceri nello stato attuale, in ragione della legge del desiderio di ricevere: «Quando ottengo
l'oggetto desiderato, non lo voglio più». Realizzando ciò cominceremo a ricercare l'origine
della trappola che tende legge, la trappola dell'egoismo.
Cercare di liberarsi dall'ego porta al manifestarsi del «punto nel cuore», del desiderio di
Spiritualità. Il «punto nel cuore» assomiglia a qualunque altro desiderio, la sua intensità
cresce e diminuisce secondo l’influenza dell'ambiente. Così, se vogliamo accrescere il nostro
desiderio di Spiritualità, dobbiamo costruirci un ambiente che incoraggi la Spiritualità stessa.
Quest'ultimo capitolo, il più importante del libro, parlerà di ciò che occorre fare per avere un
ambiente favorevole alla Spiritualità, sia a livello personale, sia a livello sociale e
internazionale.
L’OSCURITÀ PRIMA DELL’ALBA
Il momento più oscuro della notte si avverte poco prima dello spuntare dell'alba. Allo stesso
modo, gli autori del Libro dello Zohar descrissero, circa duemila anni fa, come il periodo più
oscuro dell'umanità sarebbe giunto appunto prima del risveglio Spirituale. Per la durata di
secoli, a partire dall’Ari, l’autore di «L'Albero della Vita» che visse nel XVI secolo, e tutti i
Kabbalisti che seguirono hanno scritto che il periodo di cui parla lo Zohar, è la fine del XX
secolo. Essi hanno chiamato questo periodo: «l'Ultima Generazione».
Non volevano dire che saremmo morti tutti durante un avvenimento apocalittico e
spettacolare. Nella Kabbalah, l'ultima generazione rappresenta uno stato Spirituale. L'ultima
generazione è l'ultimo stato, il più elevato che possa essere raggiunto. I Kabbalisti dissero
anche che l'epoca nella quale viviamo – inizio del XXI secolo – sarebbe stata l’epoca nella
quale avremmo visto una generazione alla ricerca dell'ascesa Spirituale.
I Kabbalisti aggiunsero, inoltre, che affinché questo cambiamento potesse verificarsi,
non avremmo potuto continuare a svilupparci come abbiamo fatto. Dissero che nei nostri
giorni, sarebbe occorsa una scelta cosciente e libera per garantire la nostra evoluzione.
Come ogni inizio o nascita non è un processo facile, così è anche per l'apparizione
dell'ultima generazione, la generazione del libero arbitrio. Fino ad ora siamo stati presi dai
nostri desideri più bassi – dall'inanimato fino all'essere parlante – trascurando il livello
Spirituale. Oramai, le Reshimòt Spirituali (i nostri geni Spirituali, se preferite) si risvegliano in
milioni di persone e chiedono di essere realizzati nella vita quotidiana.
Quando queste Reshimòt emergono in un individuo appare la frustrazione e poi la
depressione, fintanto che egli apprende a gestire questi nuovi desideri. Ciò succede,
generalmente, nell'applicare la saggezza della Kabbalah, la quale fu concepita per far fronte
alle Reshimòt Spirituali, come abbiamo già detto nel primo capitolo.
Malgrado tutto quello che abbiamo appena detto, se qualcuno non riuscisse a trovare la
soluzione, potrebbe gettarsi a capo fitto in un lavoro appassionato, in dipendenze di vario
genere ed in altre attività solo per sopprimere i problemi causati dai nuovi desideri, tutto
questo per evitare di affrontare un male incurabile.
Al livello personale, una tale situazione è molto penosa, tuttavia, essa non crea un
problema sufficientemente serio che possa destabilizzare la struttura sociale. Mentre, quando
le Reshimòt Spirituali compaiono in milioni di persone, poco alla volta o tutte in un colpo, in
particolare quando ciò si produce simultaneamente in numerosi paesi, abbiamo a che fare
con una crisi globale. Una crisi globale che richiama una soluzione globale.
È evidente che l'umanità, oggi, attraversa una crisi generale. La depressione risale la china
e raggiunge stati senza precedenti in Europa, e l'immagine non è migliore negli Stati Uniti.
Nel 2001, l'Organizzazione Mondiale della Salute (O.M.S.) riportava che «la depressione è la
causa principale d'invalidità negli Stati Uniti e nel mondo».
Un altro e più grande flagello della società moderna è l'inquietante crescita della
consumazione di droghe. L'uso di droghe è sempre esistito, ma, nel passato esisteva solo per
fini terapeutici o riti propiziatori, mentre, ai nostri giorni, le droghe vengono consumate in
età sempre più precoce, essenzialmente per tranquillizzare la vita emozionale sperimentata
dai giovani. L'aumento della depressione ha causato un rialzo della consumazione delle
droghe come anche dei problemi di delinquenza e di traffico legati alla droga.
Neppure la famiglia viene risparmiata. L'istituzione familiare, una volta simbolo di
stabilità e convivialità, non è più un rifugio. Secondo l’Istat una coppia su due divorzia, dato
verificabile in tutto il mondo occidentale.
Oggi come oggi non occorre più che le coppie abbiano delle crisi spaventose per arrivare
al divorzio, anche le coppie tra i 50 e i 60 anni non trovano più una ragione per restare
insieme una volta che i figli hanno abbandonato la casa. Poiché le loro entrate sono
assicurate, non temono di ricominciare una nuova pagina ad una certa età, mentre, fino a
qualche anno fa, iniziare una procedura di divorzio era considerata come inaccettabile.
Questo fenomeno ha un nome abbastanza significativo: «la sindrome del nido vuoto». In fin
dei conti, queste persone divorziano perché i figli non vivono più con loro e non esiste più
niente che possa mantenere insieme la coppia perché l’amore tra di loro è svanito.
Questo è il vero vuoto: l'assenza d'amore. Se ci ricordassimo che siamo stati creati egoisti
da una forza che vuole dare, avremmo forse l'occasione di uscirne. Ciò nonostante, non
sapremmo da che parte cominciare per cercare una soluzione.
La crisi è unica, non soltanto nella sua universalità, ma anche nella sua diversità,
rendendone più estesa e difficile la comprensione. Questa crisi tocca quasi tutti i campi nei
quali l'uomo è impegnato: quello personale, quello sociale, quello internazionale, nella
scienza, nella medicina e nell'ambiente. Per esempio, fino a poco tempo fa, “il clima” era un
soggetto ignoto ai più e nessuno se ne occupava, oggi è l'opposto, oggi siamo tutti tenuti ad
essere degli ecologisti in erba. Tanto per citare alcuni fenomeni abbiamo il cambiamento di
clima, il surriscaldamento del pianeta, l’innalzamento del livello dei mari e un principio di una
nuova serie di uragani.
“Il grande disgelo” è il titolo ironico che Geoffrey Lean ha dato ad un suo articolo nel
giornale «The Independent» del 20 Novembre 2005 per riassumere lo stato del pianeta. Il titolo
completo recita così: «Il grande disgelo: è prevedibile un enorme disastro se la calotta glaciale
della Groenlandia dovesse sciogliersi», e in sottotitolo: «Oramai gli scienziati dicono che
questa calotta si disperderà ancor prima di quanto sia stato previsto».
Il clima non è il solo disastro che si profila all'orizzonte. Il 22 Giugno 2006, l'edizione del
mensile «Nature» ha pubblicato uno studio dell'Università di California che afferma che la
faglia di Sant’Andrea è ora pronta per il “big one”, il terremoto di forte magnitudine che
dovrebbe verificarsi un giorno sulle coste californiane. Secondo Youri Fialko dell'Istituto
Scripps di Oceanografia dell'Università della California, la faglia rappresenta un importante
rischio sismico ed è pronta a provocare un altro grande terremoto.
Se
naturalmente
dovessimo
sopravvivere
alle
varie
tempeste,
ai
terremoti,
all'innalzamento delle acque, ci sarebbe sempre da qualche parte un Bin Laden a ricordarci
che le nostre vite potrebbero essere, in ogni caso, più corte di quello che avevamo previsto.
Anche i problemi di salute richiedono la nostra attenzione: l’AIDS, l'influenza aviaria, la
mucca pazza e, naturalmente, le malattie quali il cancro, le malattie cardiovascolari il diabete,
etc. Potremmo citarne molte altre ma probabilmente abbiamo già capito. Malgrado alcuni di
questi problemi di salute non siano certamente nuovi, li menzioniamo qui perché essi si
propagano in tutto il mondo.
Per concludere: un antico proverbio cinese dice: «Se vuoi maledire qualcuno, digli: “Che
tu possa vivere dei momenti interessanti”.» La nostra epoca è effettivamente molto
interessante, ma non si può considerare come una maledizione. Ciò che il Libro dello Zohar
promette è: «L'oscurità prima dell'alba». Vediamo ora se esiste una soluzione.
IL MIGLIORAMENTO DEI MONDI IN QUATTRO TAPPE
Per cambiare il mondo sono necessarie solo Quattro tappe:
1.
2.
3.
4.
Ammettere che vi è una crisi;
Scoprirne la causa;
Decidere qual è la migliore soluzione;
Concepire un programma per risolvere la crisi.
Concentriamoci su questi Quattro punti, uno alla volta.
1. Ammettere che siamo in crisi.
Esistono numerose ragioni per le quali molti di noi non sono ancora coscienti della crisi.
I governi e le associazioni internazionali dovrebbero essere i primi a proporre una soluzione,
ma conflitti interni impediscono una cooperazione effettiva nella gestione della crisi. Tanto
più che molti di noi non avvertono che vi sia un problema che minaccia la nostra vita
privata, per cui rinunciamo a priori ad affrontarla, malgrado l’impellente necessità per
evitare che la situazione peggiori.
Il più grande ostacolo é che non ci ricordiamo di uno stato così stabile, di conseguenza
siamo incapaci di valutare correttamente la situazione. Questo non vuol dire che non si siano
mai verificate delle catastrofi, ma che la nostra epoca risulta unica perché ciò che accade si
produce su tutti i fronti contemporaneamente, in tutti gli aspetti della vita di tutto il mondo.
2. Scoprirne la causa.
Una crisi si produce quando due elementi entrano in collisione e l'elemento superiore
impone le sue leggi a quello inferiore. La natura umana, ovvero l’egoismo, sta scoprendo fino
a quale punto è opposta alla Natura, ovvero l’altruismo. Questo è il motivo per il quale un
numero sempre maggiore di persone si sentono afflitte e depresse, incerte e deluse. In breve,
la crisi non sta accadendo realmente all’esterno, anche se, indiscutibilmente, può sembrare
che si rivesta di una parte fisica; essa, in effetti, ha luogo in noi. È una lotta titanica tra il
bene (l'altruismo) e il male (l'egoismo). Una lotta nella quale sembriamo avere la peggio, ma
non dobbiamo inquietarci, si tratta di una storia a lieto fine.
3. Decidere qual è la migliore soluzione.
Più ci identifichiamo con le cause nascoste della crisi, cioè il nostro egoismo, più ci
rendiamo conto che esso va trasformato in noi e nella nostra società. Agendo in questo
modo saremo in grado di tamponare la crisi e di condurre la società e l'ecologia a soluzioni
positive e costruttive. Valuteremo meglio questi cambiamenti quando analizzeremo il
concetto del libero arbitrio.
4. Concepire un programma per risolvere la crisi.
Una volta concluse le prime tre tappe del piano, lo potremo presentare più in dettaglio.
Comunque, anche il miglior programma non può riuscire senza il sostegno attivo di
organizzazioni nazionali ufficiali. Il piano deve essere pensato su larga scala, con un sopporto
internazionale di scienziati, pensatori, politici, il supporto delle Nazioni Unite, così pure dei
media e delle organizzazioni sociali.
In realtà, poiché passiamo da un livello di desiderio ad un altro, tutto ciò che avviene ora
si produce per la prima volta nel livello Spirituale del desiderio. Ricordandoci che ci troviamo
in questo livello, potremmo servirci della conoscenza di coloro che hanno già raggiunto la
Spiritualità, così come attualmente utilizziamo le conoscenze scientifiche.
I Kabbalisti che hanno già raggiunto i Mondi Spirituali, la Radice del nostro mondo,
vedono le Reshimòt (la Radice Spirituale). Incontrando questo stato, possono guidarci nel
risolverei problemi nel Mondo Spirituale, già al loro apparire. In questo modo risolveremo
facilmente e velocemente la crisi poiché sapremo il motivo per cui le cose si producono e
sapremo, di conseguenza, come reagire. Potete anche vederla nel seguente modo: se voi
sapeste che esiste gente che può predire il risultato del Superenalotto di domani, non
vorreste forse essere come loro nel momento di compilare la vostra schedina?
Non si tratta di magia, ma della conoscenza delle regole del gioco nel Mondo Spirituale.
Per i Kabbalisti non siamo in crisi, siamo solamente un po’ disorientati, ecco perché
continuiamo a predire numeri sbagliati. Quando finalmente troveremo la nostra via, risolvere
la crisi (inesistente) diventerà un gioco da ragazzi, solo allora vinceremo al gioco del lotto.
Ciò che risulta essere formidabile nella sapienza Kabbalistica è il fatto di non dipendere dai
diritti d'autore, è una sapienza, infatti, che appartiene a tutto il mondo.
CONOSCERE I NOSTRI LIMITI
Una finestra sulla Kabbalah
Un'antica preghiera
Signore, dammi la forza di cambiare ciò che posso
cambiare, il coraggio di accettare ciò che non posso
cambiare, e la Saggezza di discernere tra le due.
Ai nostri occhi, siamo degli esseri unici e indipendenti. È un tratto comune a tutti noi.
Pensate ai secoli di battaglie che abbiamo dovuto attraversare unicamente per ottenere la
libertà individuale, sebbene limitata, che abbiamo oggi.
Non siamo i soli a soffrire quando la nostra libertà ci viene tolta. Nessuna creatura si
lascia catturare senza combattere. È una caratteristica naturale che “protesta” contro ogni
forma d'alienazione. Comprendiamo anche che ciascuna creatura merita di essere libera.
Questo, però, non ci permettere di capire veramente il significato del termine libertà, poiché
esso è legato al processo di correzione dell'egoismo umano.
Se ci chiediamo in tutta onestà a cosa corrisponde la libertà, probabilmente, ancor prima
di aver trovato una spiegazione, scopriremo che molte delle nostre idee in merito al soggetto
non sono pertinenti. Prima ancora di poter discutere di libertà, dobbiamo capire esattamente
di che cosa stiamo parlando.
Per sapere se capiamo il concetto di libertà, dobbiamo intraprendere liberamente e
volontariamente un'introspezione ed esaminare se siamo capaci di eseguirla. Il fatto è che il
nostro desiderio di ricevere si accresce costantemente; siamo continuamente sollecitati a
ricercare un tipo di vita ottimale e più gratificante, infatti, poiché siamo presi in un
ingranaggio nella corsa al successo, non abbiamo scelta su tale soggetto.
Inoltre, se il nostro desiderio di ricevere è la causa di tutto questo malfunzionamento,
può darsi anche che esista un mezzo per controllarlo. Se ci riuscissimo, potremmo forse
controllare questa corsa, altrimenti tutti i giochi saranno fatti prima ancora di averli iniziati.
Inoltre, se siamo i perdenti, chi sono i vincenti? Con chi (o cosa) siamo in competizione?
Noi governiamo le nostre vite come degli avvenimenti dipendenti dalle nostre decisioni, ma
questo è veramente il caso? Non sarebbe preferibile rinunciare a cambiare le nostre vite e
seguire la corrente?
In effetti, tutto questo potrà sembrare paradossale: da una parte abbiamo appena detto
che la Natura non sopporta nessuna alienazione, da un'altra parte essa non ci mostra quale
dei nostri atti è veramente libero, se anche ce ne fosse uno, oppure se siamo diretti da un
Marionettista invisibile che ci fa credere di essere liberi.
Ed ancora, se la Natura funziona secondo un Piano Generale, queste domande e queste
incertezze hanno luogo in tale progetto? Forse esiste una ragione occulta che ci fa sentire
perduti e perplessi? La confusione e la disillusione sono forse la maniera del Marionettista di
dirci: «Attenzione! Guardate che svolta avete preso, se Mi cercate, state guardando nella
direzione sbagliata».
Pochi si oppongono al fatto che siamo effettivamente disorientati. Comunque, per
determinare la nostra direzione, dobbiamo sapere dove cominciare a guardare. Questo ci
risparmierebbe anni di inutili sforzi. La prima cosa che dobbiamo scoprire è se disponiamo o
meno di una libera scelta, solo così sapremo dove dobbiamo concentrare i nostri sforzi.
LE REDINI DELLA VITA
Tutta la Natura non obbedisce che a una sola legge: «La Legge del piacere e della
sofferenza». Se l’unica materia della creazione è il desiderio di ricevere, allora è richiesta una
sola regola di condotta: l’attrazione verso i piaceri e il rifiuto delle sofferenze.
Noi non facciamo eccezione a questa regola. Seguiamo un programma predeterminato
che detta ogni nostro minimo movimento: ricevere di più e lavorare meno e, se possibile,
ottenere gratuitamente ogni cosa desiderata! Quindi, in tutto ciò che facciamo, anche se non
ne siamo coscienti, cerchiamo sempre di scegliere il piacere e di evitare la sofferenza.
Anche se ci sembra di sacrificarci, noi riceviamo in effetti più il piacere che il
“sacrificio”. La ragione che ci spinge a ritenere di possedere motivazioni altruiste è che
risulta più conveniente far credere, che non dire la verità agli altri. Come ha detto Agnès
Repplier (1855-1950): «Ci sono poche nudità altrettanto spiacevoli che la nuda verità».
Nel terzo capitolo abbiamo detto che la Fase Due donava, anche se in realtà essa era
motivata dallo stesso desiderio di ricevere della Fase Uno. Questa è la Radice di
ciascun’azione “altruista” dove “diamo” agli altri.
Vediamo che tutto ciò che facciamo segue un «calcolo di pura convenienza», Come
quando, per esempio, calcolo il prezzo di un prodotto comprato con un eventuale beneficio
di sconto. Se penso che il piacere (o l'assenza di sofferenza) mi proviene dal possesso
dell'oggetto, piacere che sarà più grande del prezzo pagato, dirò al mio “contabile interiore”:
«Compra! Compra! Compra!» Dando al mio schema mentale addetto alle transazioni, il
segnale verde.
Adottando differenti valori del bene e del male, possiamo cambiare le nostre priorità ed
anche “procedere” fino a diventare intrepidi. Inoltre, possiamo anche rendere ai nostri occhi
lo scopo talmente importante, che ogni difficoltà incontrata nel nostro cammino
diventerebbe incorporea e vuota di significato.
Se per esempio aspiro ad uno stato sociale, ad avere un buon salario oppure ad essere un
medico celebre, farò grandi sforzi e mi prenderò la briga di studiare seriamente per anni alla
facoltà di medicina, sarò ugualmente pronto durante lo studio a privarmi di ore di sonno,
sperando nella sola speranza, un giorno, di essere ricompensato dalla gloria e dalla fortuna.
Alle volte il calcolo d'una sofferenza immediata in vista d'un futuro promettente è
talmente naturale che neppure ce ne accorgiamo. Per esempio, se mi ammalassi e scoprissi
che solo un dato intervento chirurgico potrebbe salvarmi, mi farei operare con gioia. In
effetti, anche se l'operazione in sè stessa può essere spiacevole e delicata, essa non è poi così
minacciosa come la mia malattia. In certi casi, sarei anche pronto a pagare somme colossali
pur di essere fuori pericolo.
CAMBIARE LA SOCIETÀ PER CAMBIARMI
La Natura non fa altro che “condannarci” a scappare costantemente dalla sofferenza e
perseguire sempre i piaceri, essa ci toglie anche la capacità di individuare quale genere di
piacere cerchiamo. In altre parole, non possiamo controllare ciò che vogliamo, i desideri
emergono in noi senza preavviso e senza chiedere la nostra opinione in materia.
Inoltre, la Natura non fa altro che creare i nostri desideri, fornendoci anche un mezzo
per controllarli. Se ci ricordassimo di far parte di un'unica anima, quella di Adam ha-Rishòn,
allora sarebbe per noi più facile vedere che l’unico mezzo per controllare i nostri desideri è
quello di influenzare tutta l'anima, cioè l'umanità, o per lo meno, una parte di essa.
Consideriamo la cosa sotto un’altra prospettiva: se una singola cellula vuole andare a
sinistra mentre il resto del corpo vuole andare a destra, la cellula sarà obbligata anche lei ad
andare a destra. Ed è proprio ciò che accadrà, a meno che riesca a convincere tutto il corpo,
vale a dire la maggioranza schiacciante delle cellule, ovvero il “governo” del corpo, che è
preferibile andare a sinistra.
Altrettanto, noi non possiamo controllare i nostri desideri, ma è la società a controllarli,
potendolo, è proprio ciò che fa con noi. Non possiamo neanche controllare scelta della
società in cui viviamo, tuttavia possiamo scegliere che tipo di società ci influenzerà nella
maniera più favorevole. Semplicemente parlando, possiamo servirci delle pressioni sociali per
controllare i nostri desideri. Governando i nostri desideri controlliamo i nostri pensieri e di
conseguenza le nostre azioni.
Il Libro dello Zohar, che ha duemila anni, ha già scritto sull'importanza della società. Con
tutto ciò, dal XX secolo in poi, quando si è reso evidente che dipendiamo tutti gli uni dagli
altri per sopravvivere, l'utilizzazione efficace della nostra dipendenza sociale è divenuta
vitale, in particolare il nostro progresso Spirituale. L'estrema importanza della società è un
argomento che il Kabbalista Yehuda Ashlag ha lungamente trattato nei suoi numerosi scritti,
e se riuscissimo a seguire il suo modo di pensare, comprenderemmo anche il perché.
Ashlag afferma che la più grande aspirazione di una persona, che lo ammetta o meno, è
di essere amato dagli altri e di meritare la loro approvazione. Questo, non solo ci dà fiducia
in noi stessi, ma consolida anche il nostro bene più prezioso: il nostro ego. Senza il consenso
della società, sentiamo che la nostra esistenza viene ignorata e nessun ego può tollerare ciò.
Questo è il motivo per cui, alle volte, certe persone giungono fino all'estremo pur di attirare
l'attenzione degli altri.
Poiché il nostro più grande desiderio è di meritare la considerazione sociale, questo ci
costringe ad adattarci alle leggi del nostro ambiente. Queste leggi non fissano unicamente il
nostro comportamento, ma modellano anche la nostra attitudine nei confronti di tutto ciò
che facciamo e pensiamo.
Questa situazione ci rende incapaci di scegliere qualunque cosa – dal nostro stile di vita,
al nostro centro d’interessi, fino alla gestione del nostro tempo libero, persino la nostra
alimentazione e il nostro abbigliamento. Quando decidiamo di vestirci in maniera
anticonformista, senza preoccuparci di quello che indossiamo, cerchiamo di essere
indifferenti a un certo codice sociale che abbiamo deciso di ignorare. In altre parole, se la moda
che abbiamo scelto di ignorare non fosse esistita, non avremmo dovuto disconoscerla e
avremmo probabilmente scelto un “codice vestiario” differente. In fin dei conti, l'unico
modo di cambiare è di modificare le norme sociali del nostro ambiente.
I QUATTRO FATTORI
Se non fossimo altro che i prodotti del nostro ambiente e se non esistesse la vera libertà in
tutto ciò che facciamo, pensiamo e vogliamo, potremmo noi essere ritenuti responsabili delle
nostre azioni? E se non fossimo ritenuti responsabili, chi invece lo sarebbe?
Per rispondere a tali domande, dobbiamo prima di tutto comprendere i quattro fattori
presenti in noi e come lavorare con tutto ciò per raggiungere la libertà di scelta. Secondo la
Kabbalah siamo tutti controllati da questi quattro fattori:
1.
2.
3.
4.
Il «letto» chiamato anche «materia primordiale»;
Gli attributi immutabili del letto;
Gli attributi che cambiano sotto l'influenza di forze esterne;
I cambiamenti dell'ambiente esterno.
Vediamo i loro significati.
1. Il letto, la materia primordiale.
La nostra essenza non trasformabile si chiama «il letto». Posso essere felice o triste,
gentile o cattivo, solitario o socievole, poco importa qual è il mio umore o in quale società mi
evolvo, il mio io fondamentale non cambierà mai.
Per comprendere il concetto delle Quattro fasi, immaginiamo delle piante morenti,
prendiamo una spiga di grano, quando il seme del grano si decompone, perde la sua forma.
Benché esso abbia perso ogni sua forma, da questo seme potrà apparire solo una nuova
spiga di grano della stessa specie, nient’altro. Questo perché il «letto» non è cambiato,
l'essenza del seme resta sempre e comunque il grano.
2. Gli attributi immutabili del letto.
Il letto è immutabile, il grano produrrà sempre una nuova spiga di grano, il modo in cui
si sviluppano i semi del grano è altrettanto invariabile. Una sola spiga può produrne molte
altre nel suo nuovo ciclo di vita, il numero di queste nuove piante potrà cambiare, ma il
«letto» di per sé, l'essenza della forma interiore del grano resterà immutabile. Per essere più
precisi, nessun’altra pianta a parte il grano crescerà da un seme di grano e tutti i semi
attraverseranno sempre lo stesso ciclo di sviluppo, dal momento in cui faranno spuntare il
primo germoglio fino al loro deterioramento.
Avviene lo stesso anche per lo sviluppo dei bambini che passano attraverso varie fasi.
Ecco perché sappiamo pressappoco quando un bambino deve cominciare a sviluppare certe
attitudini e quando può cominciare a mangiare certi alimenti. Senza questo modello
determinato, saremmo incapaci di stabilire la curva della crescita dei neonati, o di qualunque
altra cosa.
3. Gli attributi che cambiano sotto l'influenza di forze esterne.
Benché il grano resti sempre lo stesso tipo di grano, la sua apparenza può cambiare sotto
l'influenza dei fattori ambientali quali la luminosità, il suolo, i fertilizzanti, l'umidità e la
pioggia. Così, mentre il tipo di pianta resta sempre uguale, il suo “involucro”, ovvero gli
attributi dell'essenza del grano, possono essere modificati attraverso gli elementi esterni.
Così come il nostro umore cambia in compagnia di certe persone oppure in differenti
situazioni, noi («letti») restiamo sempre gli stessi. Alle volte, quando l'influenza dell'ambiente
è prolungata, essa può cambiare non solamente il nostro umore ma anche il nostro carattere.
L'ambiente non crea in noi nuovi tratti del carattere, ma il fatto di essere tra certe persone
incoraggia certi aspetti della nostra natura, fino a renderci ancora più attivi di quanto lo
siamo stati nel passato.
4. I cambiamenti nell'ambiente esterno.
L’ambiente che influenza il grano, è influenzato a sua volta da altri fattori esterni quali i
cambiamenti climatici, la qualità dell'aria e le piante in esso contenute. Questo è il motivo per
cui facciamo crescere le piante nelle serre e fertilizziamo artificialmente il suolo. Cerchiamo
di creare l'ambiente migliore per farle crescere.
Nella nostra società cambiamo costantemente il nostro ambiente: facciamo pubblicità
per nuovi prodotti, eleggiamo governi, andiamo in differenti scuole e passiamo il nostro
tempo tra gli amici. Di conseguenza, per controllare la nostra crescita dovremmo apprendere
a controllare il genere di persone che frequentiamo, ma ancora di più, quelli con cui
vorremmo stare. Sono queste le persone che ci influenzeranno maggiormente.
Se desiderassimo correggerci – essere altruisti – dovremmo sapere quali cambiamenti
sociali incoraggerebbero la nostra correzione per poi seguirli. Utilizzando quest'ultimo
fattore – i cambiamenti dell'ambiente esterno – possiamo modellare la nostra essenza.
Cambiando gli attributi del «letto», di conseguenza, determiniamo il nostro destino. Questo è
il momento preciso in cui disponiamo della libertà di scelta.
SCEGLIERE L’AMBIENTE ADATTO PER LA
CORREZIONE
Di sicuro non possiamo determinare gli attributi del nostro «letto», tuttavia possiamo
influenzare le nostre vite e i nostri destini scegliendo il nostro ambiente sociale. In altre
parole, per il fatto che il nostro ambiente influenza gli attributi del «letto», possiamo definire
il nostro avvenire costruendo il nostro ambiente, il quale promuoverà la meta che ci siamo
prefissi.
Una volta scelta la nostra direzione e dopo aver costruito un ambiente adatto, possiamo
servirci della società come propulsore per accelerare il nostro progresso. Se per esempio
volessi guadagnare del denaro, potrei circondarmi di persone che abbiano lo stesso desiderio,
che parlino in continuazione di soldi e che lavorino sodo per raggiungere quest’obiettivo. Di
conseguenza comincerei a lavorare duramente anch’io, trasformando il mio cervello in una
macchina capace di pianificare il guadagno.
Analogamente, se volessi perdere peso, per ottenere questo risultato più facilmente, mi
contornerei di persone che pensano, parlano e incoraggiano gli altri a dimagrire. In effetti
posso fare ancora meglio, posso circondarmi di persone per creare un certo ambiente, posso
rinforzare l'influenza con dei libri, con dei film e leggendo articoli di giornale. Ogni mezzo,
pur di aumentare e rinforzare il mio desiderio di perdere peso, mi sarà utile.
Una finestra sulla Kabbalah
«Chi si assomiglia si piglia: i simili si aggregano»
Nel primo capitolo, abbiamo parlato del principio
dell’«equivalenza della forma». Lo stesso principio si applica
qui, ma a livello materiale. Le persone identiche si sentono
bene insieme perché hanno gli stessi desideri e gli stessi pensieri. Come
dice il proverbio: «Chi si assomiglia si piglia: i simili si aggregano». Ora
possiamo invertire questo processo, cambiando il nostro ambiente
possiamo decidere che genere di persone vogliamo diventare.
Tutto dipende dall'ambiente. L’associazione alcoolisti anonimi, gli istituti di
disintossicazione, Weight Watchers, tutti utilizzano la forza della società per aiutare le
persone che da sole non ce la fanno. Se ci servissimo del nostro ambiente correttamente,
potremmo raggiungere obiettivi che non oseremmo nemmeno sognare e la cosa più bella è
che non avvertiremmo neanche gli sforzi per arrivarci.
Il desiderio di Spiritualità non fa eccezione. Se voglio la Spiritualità e se voglio far
crescere il mio desiderio, avrò bisogno solo di amici adatti, di libri e di film. La natura umana
farà il resto. Se un gruppo di persone decide di divenire come il Creatore, nessuna cosa può
ostacolare il loro cammino, neppure il Creatore stesso. I Kabbalisti dicono a proposito: «I
Miei Figli Mi hanno vinto».
Allora perché non assistiamo ad una corsa precipitosa verso la Spiritualità? Ebbene, vi è
un piccolo problema: non potete sperimentare la Spiritualità prima ancora di realizzarla. Il problema
è che, senza vedere né sperimentare la meta, è molto difficile decidere di volerla veramente.
Abbiamo già visto, infatti, come sia estremamente difficile ottenere qualche cosa senza
provare prima un grande desiderio.
Consideriamo il caso in questo modo: tutto ciò che vogliamo in questo mondo è solo il
risultato di una certa influenza esterna esercitata su di noi. Se amo la birra è a causa dei miei
amici, i miei parenti, la televisione, qualcosa o qualcuno che in un certo qual modo mi ha
suggerito che la birra è buonissima. Se mi auguro di diventare un avvocato, è perché la
società mi ha trasmesso l’impressione che la professione dell’avvocato è di un certo interesse.
Tuttavia, dove trovare nella società qualcuno o qualcosa che mi dica che essere come il
Creatore è una cosa formidabile? Inoltre, se un tale desiderio non esiste nella società, come è
possibile che sia apparso improvvisamente in me? È sorto dal nulla? No, non dal nulla, esso
proviene dalle Reshimòt - la memoria del futuro.
Spieghiamolo facendo un piccolo passo indietro, fino al quarto capitolo: abbiamo detto
che le Reshimòt sono le registrazioni dei ricordi iscritti in noi quando eravamo su un piano
elevato della Scala Spirituale. Queste Reshimòt riposano nel nostro subcosciente ed emergono
una ad una, ciascuno di noi provoca dei desideri nuovi più possenti rispetto ai precedenti.
Inoltre, poiché noi tutti abbiamo occupato i livelli più elevati della Scala Spirituale, noi tutti
avvertiremo il risveglio del desiderio di ritornare a questi stati Spirituali. Questo è il motivo
per il quale le Reshimòt sono le memorie delle nostre future situazioni.
Di conseguenza la domanda non dovrebbe essere «Come mai provo un desiderio per
qualche cosa che l’ambiente non mi ha trasmesso?» ma, piuttosto, «Una volta che questo
desiderio è in me, cosa ne debbo fare?» La risposta è semplice: consideratelo come qualsiasi
cosa che volete ottenere, pensateci, parlatene, documentatevi, esprimete la vostra gioia. Fate
tutto ciò che potete perché diventi una cosa importante e vedrete come il vostro progresso
accelererà proporzionalmente.
Nel Trattato dei Padri si racconta la storia di un uomo saggio, Rabbi Yossi Ben Kisma,
grande Kabbalista dei suoi tempi. Un giorno, un ricco mercante di una di una città vicina lo
apostrofò proponendogli di venire ad abitare nella sua città per tenere un seminario di studio
per persone in cerca di saggezza.
Il mercante spiegò che nella sua città non si trovavano uomini saggi e che la città aveva
bisogno di guide spirituali. Naturalmente promise al Rabbi Yossi che avrebbe preso carico
dei suoi bisogni personali e pedagogici, retribuendolo generosamente.
Con grande sorpresa del mercante, Rabbi Yossi rifiutò la proposta, affermando che in
nessun caso avrebbe scelto la sua dimora in un luogo dove non si trovavano altri saggi.
Sconcertato, il mercante tentò di discutere e disse a Rabbi Yossi che egli era il più grande
saggio della generazione e che, dunque, non aveva certo bisogno di apprendere da
qualcun’altro.
«Tanto più», aggiunse il mercante, «venendo ad abitare nella nostra città e insegnando
alla gente, renderesti un grande servizio spirituale, dato che nella tua città vi e già un gran
numero di saggi, mentre da noi il caso è diverso. Sarebbe un grande contributo spirituale per
tutta la generazione. Rabbi Yossi vorresti avere l’amabilità di considerare la mia proposta?»
Rabbi Yossi rispose risoluto: «Anche un grande saggio perderebbe rapidamente la sua
saggezza risiedendo tra persone poco istruite.» Non è che Rabbi Yossi non volesse aiutare gli
abitanti della città del mercante, ma sapeva semplicemente che, senza un ambiente adeguato
a sostenerlo, avrebbe presto perso il suo livello spirituale.
NON SI TRATTA DI ANARCHICI
Il suddetto paragrafo potrebbe farvi pensare che i Kabbalisti siano degli anarchici che
vogliono sconvolgere l’ordine sociale incoraggiando la costruzione di una società orientata
verso la Spiritualità. Niente di tutto ciò è più lontano dalla verità!
Yehuda Ashlag spiega molto chiaramente, ed ogni sociologo o antropologo lo potrebbe
confermare, che gli esseri umani son creature sociali. In altre parole, non abbiamo altra scelta
che vivere in società perché siamo i rami di una sola anima. Di conseguenza è evidente che ci
dobbiamo conformare alle regole della società nella quale viviamo preoccupandoci della
qualità della vita. L’unico modo per fare questo è aderire alle leggi della società stessa.
Tuttavia, Ashlag spiega anche che la società non ha il diritto né la legittimità di limitare o
di opprimere la libertà Spirituale dell’individuo che non è legato alla società. Ashlag, andando
oltre, nomina coloro che lo considerano un «criminale», affermando, in materia di progresso
spirituale d’un individuo, che la Natura non obbliga quest’ultimo a seguire la volontà della
maggioranza. Anzi, è proprio il contrario, la crescita spirituale richiede la responsabilità di
tutti. Agendo in questo modo, non facciamo altro che migliorare le nostre vite e quelle degli
altri.
È una cosa innata comprendere la separazione tra gli obblighi sociali e il nostro
personale sviluppo spirituale. Sapere dove fissare la linea di demarcazione e sapere come
contribuire contemporaneamente sia agli obblighi sociali che allo sviluppo spirituale, ci
libererà da molte confusioni e idee sbagliate sulla Spiritualità. La regola di vita dovrebbe
essere semplice e molto chiara: nella nostra vita quotidiana rispettiamo la legge, nella nostra
vita spirituale siamo liberi di evolvere liberamente. Succede dunque che la libertà individuale
può essere ottenuta solo con una nostra scelta di sviluppo spirituale, laddove gli altri non
possono interferire.
LA MORTE INEVITABILE DELL’EGO
Chi ama la libertà ama gli altri.
Chi ama il potere non ama che sé stesso.
- William Hazlitt (1778-1830)
Per ricapitolare le fondamenta della Creazione, prendiamo per un istante in considerazione la
sola cosa che il Creatore abbia creato: il nostro desiderio di ricevere, il nostro egoismo, tale
infatti è la nostra essenza. Imparando a “disattivare” il nostro egoismo, ristabiliamo il nostro
legame con il Creatore, poiché senza l’orgoglio riusciremo a riconquistare l’equivalenza della
forma con Lui, come avviene nei Mondi Spirituali. La disattivazione del nostro egoismo è lo
scopo da perseguire per ascendere nella Scala Spirituale, nel processo di correzione.
È un fattore della Natura: le persone materialiste non possono essere felici. Ciò dipende
da due motivi. 1) Come abbiamo già spiegato nel primo capitolo, l’egoismo è un problema:
se ottenete ciò a cui aspirate, non lo vorrete più. 2) Un desiderio egoista gode solo della
soddisfazione dei propri capricci, e dell’insoddisfazione degli altri.
Per capire meglio il secondo motivo, torniamo al principio di base. La Fase Uno (delle
Quattro fasi fondamentali) vuole solo ricevere piacere. La Fase Due è già più sofisticata, essa
vuole ricevere piacere donando poiché donare è lo stato del Creatore. Se il nostro sviluppo si
fosse arrestato alla Fase Uno, saremmo stati soddisfatti nell’istante stesso in cui i nostri
desideri venivano soddisfatti e non ci saremmo preoccupati di ciò che hanno gli altri.
Tuttavia, la Fase Due - il desiderio di dare - ci costringe a prendere in considerazione gli
atri e a dare loro. Inoltre, il nostro desiderio basilare è quello di ricevere, tutto ciò che
vediamo degli altri è «essi posseggono cose che io non ho». A causa della Fase Due, noi ci
confronteremo sempre con gli altri e, a causa del desiderio di ricevere della Fase Uno,
vorremo sempre essere superiori a loro. Questa è la ragione per cui ricaviamo piacere dai
loro difetti.
A proposito, è per questo motivo che la soglia di povertà cambia da un paese all’altro.
Secondo il dizionario Webster, la soglia di povertà è «il livello di reddito personale o
famigliare che risulti inferiore a quello classificato come povero dagli standard governativi.»
Se qualcuno nel mio ambiente fosse altrettanto povero quanto me, non mi sentirei
povero. Invece, se tutto il mio ambiente fosse ricco ed io fossi il solo a disporre di un reddito
medio, mi sentirei la persona più povera in questo mondo. Altrimenti detto, le nostre norme
sono dettate dalla combinazione della Fase Uno (ciò che vogliamo possedere) e della Fase
Due (determinata da ciò che gli altri posseggono).
Infatti, il nostro desiderio di donare, che doveva essere garanzia perché il nostro mondo
potesse essere un luogo piacevole dove vivere, utilizzato dall’intenzione di ricevere diventa in
realtà la ragione di tutto il male sulla Terra, l’essenza della nostra corruzione.
Sostituire l’intenzione di ricevere con l’intenzione di donare è tutto ciò che dobbiamo
correggere.
IL RIMEDIO
Nessun desiderio né attributo è naturalmente cattivo, è solo che la sua utilizzazione lo rende
tale. I primi Kabbalisti hanno già detto: «l’invidia, gli onori, la passione e ciò che ne consegue
fanno uscire l’uomo dal mondo» volendo significare uscire dal nostro mondo verso un
Mondo Spirituale.
Come? Abbiamo già visto che l’invidia conduce alla competitività, generando il
progresso. L’invidia conduce anche ad altri grandi risultati e vantaggi, sia tecnologici che
materiali. Nell’Introduzione al libro dello Zohar, Ashlag scrive che gli esseri umani, avvertendo gli
altri, possono avvertire la mancanza di ciò che essi posseggono. Ne risulta che siamo pieni
d’invidia e desideriamo tutto ciò che gli altri hanno e più essi hanno, più ci sentiamo svuotati.
Alla fine, il desiderio diventa quello di divorare il mondo intero.
In fin dei conti, l’invidia ci porta a concentrarci su nient’altro che il Creatore stesso.
Proprio qui, il senso dell’umorismo della Natura, ancora una volta, ci gioca un brutto
scherzo. Il Creatore è il desiderio di Dare, l’essenza dell’altruismo.
Sebbene al principio non ne siamo coscienti, volendo prendere i comandi diventando
così come il Creatore, noi in effetti speriamo ardentemente di divenire altruisti. Così,
attraverso l’invidia – la caratteristica più perfida e nociva dell’ego – il nostro egoismo ci
condanna semplicemente a morte, come il cancro distrugge l’organismo nel quale vive, fino a
che egli stesso muore insieme al corpo che ha distrutto.
Una finestra sulla Kabbalah
I Kabbalisti descrivono l’egoismo in questo modo:
L’egoismo è come un uomo con una spada dalla lama
meravigliosamente seducente ma con un veleno
mortale sulla punta. L’uomo sa che il veleno è tossico, ma non può
trattenersi, egli apre la bocca, porta la punta della spada sulla
lingua e ingoia...
Ancora una volta possiamo vedere l’importanza della costruzione di un ambiente sociale
idoneo poiché, se siamo soggetti ad essere invidiosi, dovremmo esserlo per lo meno in
maniera costruttiva, in altre parole, invidiare qualche cosa che ci porti alla correzione.
Una società giusta e felice non può adagiarsi sull’egoismo, anche se quest’ultimo è
sorvegliato o “canalizzato”. Possiamo limitare l’egoismo con delle leggi, ma queste
funzioneranno solo fino a che le circostanze si induriscono come abbiamo visto in
Germania: una Paese che ha eletto democraticamente Adolf Hitler. Ugualmente possiamo
tentare di canalizzare l’egoismo a profitto della società, ma questo tentativo ha già
miseramente fallito nella Russia sovietica.
Anche l’America, la cosiddetta terra della libertà, delle opportunità e del capitalismo, non
è riuscita a rendere felici i suoi cittadini. Secondo il giornale di medicina la «Nuova
Inghilterra» ogni anno più di 46 milioni di americani, tra i 15 e 54 anni, soffrono di
depressione. La rivista «Archivi di Psichiatria Generale» annuncia: «l’uso di droghe possenti
antipsicotiche per trattare i bambini e gli adolescenti è quintuplicato tra il 1993 e il 2002.»
(dalle fonti pubblicate nell’edizione di New York Times del 6 giugno 2006).
Per concludere, fin tanto che l’egoismo è possente, la società sarà sempre ingiusta e
deluderà i suoi membri in una maniera nell’altra. In seguito, tutte le società si stancheranno
di questo egoismo che le ha create. Dobbiamo solo fare in modo che ciò si produca al più
presto e nella maniera più facile, per il bene di tutto il mondo.
Una finestra sulla Kabbalah
Occultamento
Baruch Ashlag, figlio di Yehuda Ashlag e grande
Kabbalista, ha annotato in un taccuino i propositi tenuti
da suo padre. Questo taccuino fu più tardi pubblicato
con il titolo di Shamati (Ho udito). Nelle sue annotazioni egli scriveva:
se siamo stati creati da una Forza Superiore, perché non La
sperimentiamo? Perché Questa si occulta? Se sapessimo ciò che
essa vuole da noi, non faremmo tutti questi errori e non saremmo
tormentati da punizioni.
Come la vita sarebbe semplice e gioiosa se il Creatore si rivelasse!
Non dubiteremmo più della Sua esistenza e potremmo tutti
riconoscere la Sua direzione su di noi e sul mondo intero.
Conosceremmo la ragione e lo scopo della nostra creazione, vedi
le Sue reazioni ai nostri atti, sapremmo come comunicare con Lui e
come chiederGli consigli prima di ogni nostro atto. Come la vita
sarebbe bella e semplice!
Ashlag termina i suoi pensieri con l’inevitabile conclusione: la nostra
sola aspirazione nella vita dovrebbe essere quella di scoprire il
Creatore.
I Kabbalisti identificano l’assenza della sensazione del Creatore come «l’occultamento del
volto del Creatore». Quest’occultamento crea un’illusione di libertà di scelta tra il nostro
mondo e il Mondo (Spirituale) del Creatore. Se fossimo in grado di vedere il Creatore, se
potessimo veramente percepire i benefici dell’altruismo, preferiremmo senza alcun dubbio il
Suo Mondo al nostro, poiché il Suo Mondo è un mondo d’Ashpaà (la qualità del Dono
assoluto) e di piacere.
Tuttavia, poiché non vediamo il Creatore, non seguiamo le Sue regole, anzi, le violiamo
costantemente. In realtà, anche se conoscessimo le leggi del Creatore, ma non conoscessimo
la sofferenza che ci auto-infliggiamo trasgredendole, noi continueremo probabilmente a
violarle lo stesso perchè penseremmo che è più divertente restare egoisti.
Al principio di questo capitolo, nel paragrafo “Le redini della vita”, abbiamo detto che
tutta la Natura obbedisce a una sola legge: la Legge del piacere e della sofferenza. Altrimenti
detto, tutto ciò che facciamo, pensiamo e pianifichiamo è concepito sia per diminuire la
nostra sofferenza, sia per aumentare il nostro piacere. In realtà non abbiamo nessuna libertà
in questo ma, poiché non capiamo di essere diretti da forze, pensiamo di essere liberi.
Per essere veramente liberi dobbiamo prima di tutto liberarci della legge delle redini del
piacere e della sofferenza. Ora, visto che il nostro ego ci dice ciò che è molto piacevole e ciò
che è doloroso, vediamo dunque che, per essere liberi, dobbiamo liberarci prima di tutto del
nostro ego.
LE CONDIZIONI DI LIBERA SCELTA
Ironicamente la vera libertà di scelta non è possibile se il Creatore è occultato. Ciò deriva dal
fatto che, se un’opzione sembra preferibile, il nostro egoismo non ci lascia la scelta di
adottarla. In effetti, anche se scegliamo di donare, ciò sarà sempre con lo scopo di ricevere,
di fare un “dono egoista”. Perché un atto sia veramente altruista e Spirituale, i suoi vantaggi
devono essere nascosti.
Se ci ricordassimo che lo scopo della Creazione è di liberarci, in fin dei conti,
dell’egoismo, le nostre azioni sarebbero sempre orientate verso la direzione ottimale – verso
il Creatore. Questo è il motivo per cui, avendo due scelte e non sapendo quale delle due ci
apporterà maggior piacere o meno sofferenza, avremo allora una vera opportunità di
scegliere liberamente.
Quando il nostro ego non vede qual è la scelta preferibile, noi possiamo scegliere
secondo un eventuale altro valore. Per esempio, potremmo chiederci non se un qualcosa sia
più o meno piacevole per noi, ma se questo qualcosa possa avere una caratteristica più o
meno altruistica. Se il donare è un valore che apprezziamo, sarà più facile per noi mettere in
pratica questo concetto.
Possiamo essere sia egoisti, che altruisti, pensare o meno solo a noi stessi. Non esistono
altre opzioni. La libertà di scelta è possibile unicamente se queste due opzioni diventano
chiaramente visibili, attirandosi o respingendosi l’un l’altra.. Se non vedo che una sola
possibilità, la seguirò sicuramente. D’un colpo, per poter scegliere liberamente, devo poter
vedere sia la mia natura che quella del Creatore. Solo se non riesco a capire quale delle due è
quella piacevole, potrò veramente scegliere liberamente e neutralizzare il mio ego.
REALIZZARE LA LIBERA SCELTA
Il primo principio su cui si basa il lavoro Spirituale è «la fede al di sopra della ragione». Così,
prima di parlare della realizzazione della libera scelta dobbiamo spiegare il significato
kabbalistico della «fede» e della «ragione».
LA FEDE
In quasi tutte le religioni e sistemi di credenza sulla Terra, la fede è usata come mezzo per
compensare ciò che non vediamo o non percepiamo chiaramente. Altrimenti detto, poiché
non possiamo vedere Dio, dobbiamo credere che Egli esista. In questo caso utilizziamo la fede
per soddisfare la nostra incapacità di vedere Dio, ovvero «la fede cieca».
Tuttavia, non solo la religione utilizza la “ricompensa”, anche noi, per così dire,
l’utilizziamo in tutto ciò che facciamo. Come sappiamo ad esempio che la Terra è rotonda?
Siamo forse andati nello spazio per verificarlo? Noi crediamo a quello che ci dicono gli
scienziati poiché pensiamo che essi siano persone serie alle quali possiamo credere. Quando
essi ci dicono che la Terra è rotonda. Noi gli crediamo, questa è fede, fede cieca.
Così, ogni qual volta non possiamo verificare da noi stessi, dobbiamo avere fede per
completare i pezzi mancanti del puzzle, Infatti, non si tratta di informazioni supportate, si
tratta solo di fede cieca.
Nella Kabbalah la fede ha come significato l’esatto opposto di ciò che abbiamo appena
scritto. La fede nella Kabbalah è una percezione tangibile, netta, completa, ineccepibile e
irrefutabile del Creatore – della Legge che dirige la vita. Ecco perché il solo mezzo per
acquisire la fede nel Creatore è di divenire esattamente come Lui. Altrimenti, come sapremo
noi esattamente chi Egli sia, come potremmo sapere che Egli esiste se anche l’ombra d’un
solo dubbio dovesse permanere?
LA RAGIONE
Il dizionario Webster offre due definizioni della parola «ragione». La prima definizione è una
«causa», ma la seconda è quella che ci interessa. La ragione secondo il Webster, ha tre
significati. 1) La facoltà di comprendere, di dedurre e pensare, specialmente in maniera
razionale; 2) Un’utilizzazione corretta della mente; 3) La somma dei poteri intellettuali. Il
dizionario propone ugualmente dei sinonimi: intelligenza, spirito e, tra l’altro, logica.
Ora, leggiamo alcune righe scritte dal Kabbalista Baruch Ashlag in una lettera ad un suo
studente, nella quale egli spiega la «sala dei comandi» della Creazione. Questo ci spiega il
perché abbiamo bisogno di andare al di sopra della ragione.
«Il desiderio di ricevere è stato creato perché lo scopo della Creazione è di fare il
bene alle Sue creature e per questo fine un recipiente per ricevere il piacere deve
esistere. Dopo tutto è impossibile percepire il piacere se non è necessario, poiché
senza la necessità, il piacere non è recepito.
«Questo desiderio di ricevere è l’insieme dell’uomo (Adamo) che il Creatore ha
creato. Quando noi diciamo che all’uomo saranno dati piaceri eterni, ci riferiamo al
desiderio di ricevere, egli riceverà quindi tutto il piacere che il Creatore ha previsto di
donargli.
«Gli sono stati dati dei servitori del desiderio di ricevere per servirlo. Attraverso di
essi, noi riceviamo il piacere. Questi servitori sono le mani, le gambe, gli occhi, le
orecchie ecc. Tutti sono considerati come se fossero nostri servitori. Altrimenti
detto, il desiderio di ricevere è il capo e gli organi sono i suoi servitori.
«Ecco ciò che spesso avviene, i servitori hanno un capo che, osservandoli, verifica
che il loro lavoro sia diretto verso lo scopo desiderato di procurare piacere, come il
capo stesso (desiderio di ricevere) vuole.
«Se uno dei servitori è assente, il piacere procurato da tale servitore sarà anch’egli
assente. Ad esempio, se qualcuno è sordo non può apprezzare la musica, se qualcuno
non ha l’odorato non può sentire un profumo.
«Inoltre, se il cervello viene a mancare (il supervisore dei servitori), essendo come un
soprintendente che sorveglia i lavori, tutto l’affare crollerà e il proprietario ne subirà
le perdite. Se qualcuno possiede un’impresa con molti dipendenti ma senza buoni
dirigenti, quest’impresa subirà delle perdite invece che dei profitti.
«Tuttavia, anche senza il dirigente (la ragione), il padrone (il desiderio di ricevere) è
sempre presente e, se il dirigente dovesse morire , il padrone continuerà a vivere.
Non esiste nessun rapporto tra loro.
Succede che se vogliamo vincere il desiderio di ricevere e divenire altruisti, noi dobbiamo
prima di tutto vincere il “capo del personale” – la nostra ragione. Ecco perché, «la fede al di
sopra della ragione» significa che la fede – diventata esattamente come il Creatore – dovrà
essere superiore ovvero più importante della ragione – il nostro egoismo.
La via per arrivarci è duplice: a livello personale è un gruppo di allievi o un circolo
d’amici che aiuterà a creare un ambiente sociale che incoraggia ai valori spirituali, a livello
collettivo è richiesto uno sforzo da parte di tutta la società per apprendere ad apprezzare i
valori altruistici.
RIASSUMENDO
Tutto ciò che facciamo nella nostra vita è determinato dal principio del piacere e della
sofferenza: evitiamo la sofferenza e rincorriamo i piaceri. In aggiunta, meno abbiamo da
lavorare per ottenere il piacere, e meglio sarà.
Il principio del piacere e della sofferenza è dettato dal desiderio di ricevere, quest’ultimo
controlla tutto ciò che facciamo, poiché esso è la nostra essenza. Quindi, noi pensiamo di
essere degli individui liberi, mentre in effetti siamo incatenati alle redini della vita, piacere e
sofferenza, sotto la frusta del nostro egoismo.
Quattro fattori determinano ciò che siamo: 1) Il letto; 2) Gli attributi immutabili del letto;
3) Gli attributi che cambiano sotto le influenze delle forze esterne e 4) I cambiamenti
nell’ambiente esterno. Noi possiamo influenzare solamente l’ultimo fattore, che, a sua volta,
influenzerà tutti gli altri fattori.
Di conseguenza, l’unico modo di scegliere dove stare (o cosa fare) è di scegliere l’ultimo
fattore, il quale sorveglierà e cambierà il nostro ambiente sociale esterno. Il fatto è che i
cambiamenti dell’ultimo fattore toccano tutti gli altri fattori, modificandoli, in effetti, noi
cambiamo noi stessi. Se vogliamo liberarci dell’egoismo, abbiamo bisogno di trasformare
l’ambiente esterno in un altro ambiente che sia favorevole all’altruismo e non all’egoismo.
Una volta che ci saremo liberati dal desiderio di ricevere e dalle catene dell’egoismo,
potremo avanzare Spiritualmente. Agendo così, seguiremo il principio della fede «al di sopra
della ragione».
La «fede» nella Kabbalah significa la percezione completa del Creatore. Noi possiamo
acquisirla divenendo uguali a Lui nei Suoi attributi, i nostri desideri, le nostre intenzioni e i
nostri pensieri. La parola «ragione» è relativa alla nostra mente, è il “soprintendente” del
nostro egoismo. Per elevarci dobbiamo fare in modo che il valore dell’equivalenza con il
Creatore sia il più importante e il più prezioso ai nostri occhi rispetto a qualsiasi altro piacere
egoista immaginabile.
A livello personale noi aumenteremo l’importanza del Creatore (altruismo) servendoci
dei libri (o qualsiasi altro supporto mediatico), servendoci degli amici e di un maestro che ci
mostrerà quanto sia importante essere altruisti. A livello sociale noi tentiamo di adottare dei
valori più altruistici nella società.
D’altronde, perché il cambiamento possa riuscire, è imperativo adottare dei valori
altruistici, non per rendere le nostre vite più piacevoli nel nostro mondo, ma perché ci sia
armonia tra noi, nella società e con la Natura, che è poi la sola legge della realtà – la legge
dell’altruismo – il Creatore.
Dotandoci di un tale ambiente, come individui e come società, i nostri valori personali
cambieranno progressivamente in valori per il nostro ambiente, trasformando così
naturalmente, facilmente e piacevolmente il nostro egoismo in altruismo.
APPENDICE
(1)
Storia della Kabbalah
I GRANDI MAESTRI DELLA KABBALAH
N
el corso della storia, numerosi Kabbalisti hanno scritto dei libri molti profondi.
Comunque, vorremmo focalizzarci su quattro Kabbalisti molto particolari e sui libri
che essi ci hanno lasciato, libri scritti per aiutare i debuttanti a familiarizzare con la Kabbalah.
Fa eccezione Rabbi Akiva, egli infatti non ci ha lasciato nessun libro. Alcuni dei suoi
importantissimi concetti, però, sono arrivati fino a noi e continuano ad influenzarci.
Rabbi Akiva è l’ispiratore e il modello esemplare per tutti i Kabbalisti. Dopo Rabbi Akiva
venne Rabbi Shimon Bar-Yokhai (Rashbi), egli ci ha fatto il dono del Libro dello Zohar. Poi,
quattordici secoli più tardi, Rabbi Isacc Luria (Ari), colui che ci ha regalato l’Albero della Vita,
e per ultimo il Rav Yehuda Ashlag (Baal ha-Sulàm), il suo libro Lo Studio delle Dieci Sfiròt è il
solo con il quale gli allievi moderni possono raggiungere la Spiritualità.
Questi grandi Kabbalisti hanno adattato i loro testi per le loro generazioni. Ecco quindi
che il linguaggio varia conformandosi al livello di percezione dei loro contemporanei, mentre
il messaggio rimane sempre lo stesso: il detto di Rabbi Akiva, «Ed amerai il tuo amico come
te stesso». Questo messaggio ci riporta indietro al messaggio di Abramo: solo attraverso
l’unità e l’unione potremo vincere l’egoismo, raggiungere il Creatore e avrere una vita fisica e
spirituale eterna.
Scopriamo insieme la storia personale di questi pilastri della Spiritualità.
Rabbi Akiva
Rabbi Akiva visse a cavallo tra il primo secolo e l’inizio del secondo della nostra era; egli
fu il Saggio più conosciuto di quell’epoca. Fu un insegnante eccezionale e un grande
Kabbalista, il quale diede un notevole contributo con gli scritti della Mishnà e la Halakhà. Fu
anche il leader Spirituale della rivolta di Bar-Kokhvà e colui che rivelò al mondo intero la
legge dell’amore.
Rabbi Akiva visse fino all’età di 40 anni come semplice pastore, ebbe in effetti una vita
alquanto ordinaria. Non si distinse in nessun modo dai suoi contemporanei e non immaginò
neppure che un giorno tutto sarebbe cambiato.
•
Il cambiamento
Prima di questi fatti, Rabbi Akiva era il pastore del gregge di Kalba Savua, uno degli
uomini più ricchi di Gerusalemme. Improvvisamente, all’età di 40 anni, Rabbi Akiva fu preso
da un’incontrollabile desiderio di scoprire il senso della vita e di comprendere le leggi del
Mondo Superiore. A quell’epoca, egli frequentava Rachele, la figlia di Kalba Savua. Si
sposarono poco dopo, malgrado il disaccordo del padre di lei.
Secondo il Talmùd (un commentario alla Mishnà), fu proprio Rachele che spinse Rabbi
Akiva a lasciare il suo domicilio per andare a studiare presso i più grandi Kabbalisti
dell’epoca. Rachele non ebbe nessun dubbio che là suo marito avrebbe trovato le risposte
alle sue domande. Si fece promettere di non tornare prima d’aver raggiunto la conoscenza
delle leggi del Mondo Superiore. Rabbi Akiva, incoraggiato dalla propria moglie, iniziò così il
suo percorso Spirituale.
Egli studiò presso i seguenti Kabbalisti: Rabbi Eliezer, Rabbi Yehoshua e Nakùm uomo
di Gamzu. Nel corso degli anni, raggiunse uno ad uno i gradini della Scala Spirituale e superò
i suoi stessi maestri, divenendo un poco alla volta il principale Kabbalista della sua
generazione.
Dopo aver appreso tutto ciò che poteva dai maestri, Rabbi Akiva aprì una propria
scuola. La sua saggezza si propagò rapidamente e 24.000 allievi affluirono da tutto il paese
per seguire i suoi insegnamenti.
•
Scoprire la legge dell’amore
Il metodo d’insegnamento unico di Rabbi Akiva fece sì che l’amore fraterno regnasse tra
i suoi allievi. La realtà fisica ubbidì alla stessa legge dell’Amore, ovvero il Creatore che
governa i Regni Spirituali. Questa Legge si può così riassumere: quando una persona agisce
secondo la legge dell’amore ed è in equilibrio con la Natura, sperimenta allora la completezza
e l’eternità. Mentre quando agiamo contrariamente a questa legge, in maniera puramente
egoista, noi soffriamo, afflitti da tormenti e dolori.
Una finestra sulla Kabbalah
La felicità e l’infelicità non ci pervengono dall’esterno,
sono il risultato diretto della nostra similitudine con la
Natura (il Creatore). Il Creatore non dà altro che cose
buone, poiché Egli è una forza d’amore. Purtuttavia, quando siamo
in contraddizione con Lui, non possiamo riceverle. Tali sono le cause
di ogni sofferenza e malore del mondo.
Rabbi Akiva scoprì che la Legge della Natura, ovvero la Legge dell’Amore, è costante e
immutabile. Egli scoprì che cambiando la sua attitudine verso gli altri, all’improvviso anche
l’intera realtà cambiava intorno a lui. Scoprì che le relazioni egoiste erano la causa di ogni
sofferenza di questo mondo.
L’ego, o come lo chiamavano i Kabbalisti «l’amor proprio», ci rinchiude in una realtà
limitata che non ci permette di entrare nel regno eterno della vita. L’unico modo per
conoscere veramente tutta la realtà è cambiare la nostra attitudine nei confronti della società.
Ciò che Rabbi Akiva scoprì è riassunto nella sua famosa massima: «Ed amerai il tuo amico
come te stesso, questa è la regola complessiva della Toràh.»
•
La rivolta di Bar Kokhvà
Nell’anno 132 della nostra era, il regno della Giudea, guidato da Shimon Bar Kokhvà,
ingaggiò una rivolta vittoriosa contro i Romani, i quali dovettero battere in ritirata e chiedere
rinforzi. Quando sopraggiunsero i soccorsi, l’equilibrio delle forze si ribaltò a favore dei
Romani. Fu così che l’esercito imperiale, distruggendo tutto al suo passaggio, riuscì a
conquistare il regno della Giudea. Decine di migliaia furono gli ebrei trucidati e quelli
catturati furono venduti come schiavi.
La sconfitta della rivolta di Bar Kokhvà fu l’inizio di uno dei periodi più significativi della
storia della Kabbalah. La rovina materiale della Giudea fu una chiara manifestazione del
declino spirituale dei suoi abitanti, ma il segno più impressionante fu la costruzione della città
pagana d’Aelia Capitolina sulle rovine di Gerusalemme.
I Kabbalisti che continuarono ad insegnare, malgrado la rovina e la distruzione, furono
imprigionati e torturati a morte, Rabbi Akiva fu una delle vittime. Fu incarcerato nella
prigione della Cesarea dove fu crudelmente giustiziato dal commissario romano.
•
La percezione dell’egoismo umano all’epoca di Rabbi Akiva
Negli ultimi 5000 anni l’umanità ha conosciuto numerose spinte verso l’egoismo che
hanno cambiato alternativamente il corso della storia. Dopo ciascuno di questi balzi, gli
uomini hanno incrementato i loro desideri e le loro bramosie.
La prima percezione della Spiritualità ebbe luogo nella Babilonia, all’epoca di Abramo. La
seconda all’epoca di Mosè e la terza, la più importante, all’epoca di Rabbi Akiva. L’amore
fraterno tra i suoi allievi fu presto sostituito da un odio gratuito, portando gli allievi stessi al
declino della percezione del Mondo Spirituale fino al punto di avvertire solo questo mondo.
Quest’odio ingiustificato causò la morte dei 24.000 allievi. Solamente cinque ubbidirono
alla Legge Generale dell’Amore ed essi sopravissero. I più celebri tra di loro furono Rabbi
Yehudà Ha Nassì che compilò la Mishnà e Rabbi Shimon Bar Yokhai, autore del Libro dello
Zohar.
Rabbi Shimon Bar Yokhai
Rabbi Shimon Bar Yokhai (Rashbi) ricevette dal suo insegnante, Rabbi Akiva, 3000 anni
di conoscenza spirituale acquisita dai Kabbalisti precedenti. Dopo averla trascritta egli
nascose la sua conoscenza poiché l’umanità non era ancora pronta. Ai giorni nostri, secondo
i grandi Kabbalisti quali Rav Yehuda Ashlag e il Gaon di Vilna (GRA), siamo finalmente in
grado di ricevere le rivelazioni del Libro dello Zohar.
Rashbi, l’autore del Libro dello Zohar (Il Libro dello Splendore) era un Tanà (titolo onorifico
che si dava a un Saggio dell’epoca della Mishnà) della quarta generazione. Era anche il
brillante allievo di Rabbi Akiva, uno dei più grandi Saggi del Talmùd. Numerose leggende
sono circolate intorno al suo nome, menzionate mille volte nel Talmùd stesso e nel Midràsh.
Egli visse a Sidone (oggi una città del Libano) e a Meròn (nel nord di Israele) e creò una
scuola nella Galilea occidentale.
Fin da piccolo non era come tutti gli altri. Delle domande come «Qual è il senso della
vita?»; «Chi sono io?» e «Come il mondo è costruito?» non l’abbandonarono mai,
spingendolo così a trovare delle risposte.
A quell’epoca la vita nella Galilea era praticamente insostenibile: i Romani
perseguitavano gli ebrei, continuando a promulgare severi decreti contro di loro, uno di
questi proibiva proprio lo studio della Kabbalah. Tuttavia, malgrado le interdizioni romane,
Rashbi approfondì la sua conoscenza e tentò di comprenderne il senso interiore. Per trovare
risposta alle sue domande, si immerse notte e giorno nello studio dei testi, presentendo che
al di sotto di queste storie bibliche si trovasse occultato un significato profondo e segreto.
Col passare degli anni, Rashbi realizzò che doveva trovare un maestro che avesse già
percorso il cammino spirituale, e quindi acquisito l’esperienza, che potesse guidare gli altri ad
ascendere la Scala Spirituale. Decise allora di raggiungere il gruppo del più grande Kabbalista
dell’epoca: Rabbi Akiva. Fu l’inizio del periodo più importante della sua vita.
•
Da allievo a fuggitivo
Rashbi era un allievo determinato e imperturbabile. Il suo desiderio di scoprire la Forza
Superiore era insaziabile e divenne rapidamente uno dei migliori allievi di Rabbi Akiva.
Rashbi studiò 13 anni con lui e raggiunse il più alto dei livelli della Scala Spirituale.
La rivolta di Bar Kokhvà fu per lui come un eco dei giorni gloriosi della scuola di Rabbi
Akiva. Rashbi raggiunse allora i rivoltosi diventando uno dei loro leader, e dopo aver appreso
come il suo maestro fu giustiziato (Rabbi Akiva), la sua resistenza non fece altro che divenire
più tenace.
Il Talmùd racconta che una volta, Rashbi protestò contro la legge romana. Qualcuno che
l’aveva inteso, avvertì le autorità imperiali, le quali lo condannarono a morte. L’imperatore
romano dispiegò i suoi uomini per ricercarlo, ma Rashbi sembrava essere scomparso.
•
La grotta di Pqiin
La leggenda racconta che Rashbi e suo figlio fuggirono nella Galilea, in una grotta d’un
villaggio chiamato Pqiin, a nord di Israele, dove si nascosero per ben 13 anni. Durante il loro
soggiorno in questa grotta, essi approfondirono i segreti della Saggezza nascosta e, grazie ai
loro sforzi nello studio dei segreti della Kabbalah, scoprirono il piano intero della Creazione.
Passati 13 anni, Rashbi e suo figlio appresero della morte dell’imperatore e finalmente si
poterono considerare fuori pericolo. Dopo aver lasciato il suo rifugio, Rashbi riunì degli
allievi con i quali egli si era rifugiato nella piccola grotta a Meròn, creando così la grande
assemblea conosciuta come Idra Raba. Questi allievi lo aiutarono a scrivere il Libro dello Zohar,
il più importante libro della Kabbalah.
Nella foto: l’insegna esposta all’entrata della grotta segreta di Rashbi che riporta il suo nome, quello
dell’Assemblea e i nomi degli altri membri del suo gruppo.
Rav Yehuda Ashlag descrisse Rashbi e i suoi allievi come i soli ad aver raggiunto la
perfezione desiderata, ovvero i 125 gradi spirituali che rappresentano la correzione di
un’anima. Dopo aver terminato il suo commentario al Libro dello Zohar, Y. Ashlag, durante un
pranzo per festeggiare la sua conclusione, disse: «... È impossibile che prima dei giorni del
Messia i 125 gradi siano raggiunti... eccetto per Rashbi e gli allievi che hanno scritto il Libro
dello Zohar. I 125 gradi furono da essi conosciuti in tutta la loro complessità, benché avessero
vissuto prima dei giorni del Messia.»
Spesso troviamo scritto nello Zohar che non verrà nessuna generazione che si possa
paragonare a quella di Rashbi fino alla «generazione del Re Messia» (il momento in cui tutta
l’umanità sarà corretta). La ragione per cui la sua opera ebbe una così grande impatto nel
mondo, è che i segreti spirituali che vi sono presenti, rappresentano la totalità dei 125 gradi.
•
Uno tra milioni
Rashbi è l’incarnazione di un’anima particolare che regola e collega la Forza Superiore a
tutte le creazioni. Quest’anima è discesa in questo mondo numerose volte e si è incarnata nei
più grandi Kabbalisti. Ciascuna di queste incarnazioni ha innalzato l’umanità ad un nuovo
grado spirituale lasciando la sua impronta nei libri di Kabbalah che sono serviti alle
generazioni seguenti.
Il Libro dello Zohar è senza dubbio uno dei libri più straordinari e più impressionanti che
siano mai stati scritti. Nessun altro libro nella storia dell’umanità ha suscitato tanta curiosità e
tanto interesse. Dalla sua pubblicazione migliaia di storie sono circolate intorno a questo
libro che, ancora oggi, resta circondato da un alone di mistero. Esso esercita un così grande
fascino che milioni di persone lo leggono, benchè per essi sia praticamente incomprensibile,
mentre milioni di altre persone hanno paura di leggerlo.
Una finestra sulla Kabbalah
«Quest’opera, intitolata Il Libro dello Zohar, assomiglia
all’arca di Noè, nella quale gli uomini, accompagnati dai
loro famigliari e da numerose specie animali sono entrati
per sopravvivere... così i Giusti sono entrati nel segreto della Luce di
quest’opera per vivere. La virtù di quest’opera è tale che,
immediatamente dopo essersi immersi in essa, ci attira come un
amante e noi vi penetriamo
per salvare l’anima e lo spirito,
completando così la nostra correzione.»
Rav Kook, Ohr Yakar
Isacc Luria (Ari HaKadòsh) 1534- 1572
In meno di un anno e mezzo, Isacc Luria (Ari) rivoluzionò la Kabbalah e la rese
accessibile a tutti. Da allora, la “Kabbalah Lurianica” è divenuta l’approccio predominante
nello studio della Kabbalah.
Rabbi Isacc (Ari) fu, nel XVI secolo, il più grande Kabbalista di Safed (una città celebre
per i suoi Kabbalisti nella parte nord di Israele).
•
Un uomo di misteri e di leggende
L’Ari nasce a Gerusalemme nel 1534. Suo padre muore quando lui aveva solo otto anni.
Da quel momento la sua famiglia attraversò enormi difficoltà. Per migliorare la loro
situazione, la madre decise di mandare il giovane Isacc a vivere presso suo zio che risiedeva
in Egitto, là visse gran parte della sua vita.
Ancora bambino, l’Ari si chiuse nella sua camera per giornate intere. Studiò
approfonditamente Il Libro dello Zohar, cercando di scoprirne il sublime e segreto significato.
Secondo una leggenda, egli avrebbe ricevuto “la rivelazione di Elia” e “da lui” avrebbe
appreso lo studio dello Zohar. Per l’Ari, Il Libro dello Zohar rapresentava tutto.
In quest’epoca, Safed era il centro di studi della Kabbalah e attirava allievi da tutti i Paesi.
Inoltre, Safed non era troppo lontana dal monte Meròn dove si trova la tomba di Rashbi.
L’anno in cui l’Ari arrivò a Safed (1570), un terribile inverno si abbatè sull’Egitto. Piogge
torrenziali si riversarono sul Paese, tempeste di vento scoperchiarono i tetti delle case, il Nilo
straripò inondando villaggi interi che furono sommersi da torrenti di fango.
La leggenda racconta che, durante la notte più tempestosa di questo terribile inverno, il
profeta Elia si manifestò ad Ari. Elia gli disse che la sua fine sarebbe stata prossima e che
doveva condurre la sua famiglia a Safed, dove era già atteso. Elia lo informò anche che là
avrebbe trovato Khaim Vital, il suo futuro discepolo e gli comunicò di trasmettergli tutta la
sua saggezza, poichè egli avrebbe successivamente preso il suo posto.
Fu così che nel 1570, a 36 anni, l’Ari partì per la Terra di Israele.
•
Preparare la rivelazione
La saggezza della Kabbalah è stata occultata dai più grandi Kabbalisti durante più di 1500
anni prima dell’Ari. I Kabbalisti si svegliavano a mezza notte, studiando a lume di candela e
con le finestre chiuse al fine di evitare che le loro voci si sentissero all’esterno. È con
immenso rispetto, che essi aprivano i libri di Kabbalah. Da questi libri essi attinsero la Luce
che permise loro di comprendere la realtà nascosta.
A quei tempi, i Kabbalisti erano reticenti a pubblicare i loro lavori perché avrebbero
potuto essere male interpretati. Il Libro dello Zohar previde che la Kabbalah sarebbe riapparsa
quando la generazione sarebbe stata pronta, all’epoca di Ari, invece, i Kabbalisti percepirono
che il momento non era ancora giunto.
L’umanità ha atteso molti anni affinché si aprissero le porte della saggezza della
Kabbalah. L’arrivo dell’Ari a Safed e la pubblicazione del Libro dello Zohar furono dei segnali
premonitori che sarebbe giunta l’ora un giorno di divulgare i segreti della Kabbalah a tutta
l’umanità.
Una finestra sulla Kabbalah
Curiosamente, molta gente all’epoca di Ari, specie
artisti e intellettuali, senza aver avuto un diretto
contatto con lui svilupparono interesse per la
Kabbalah. Tra di essi ci fu Giovanni Pico della Mirandola (14631494), umanista italiano. Il suo libro, Conclusioni filosofiche,
cabalistiche e teologiche contiene la seguente affermazione:
«…quando fu rivelata, per volontà di Dio, la verace
interpretazione della Legge, trasmessa divinamente a Mosè, essa
fu chiamata Cabala (Kabbalah), che presso gli ebrei ha il
significato che presso di noi ha il termine ricezione».
Tra le opere di Ari, la più importante è l’Albero della Vita. In questo libro gli insegnamenti
di Ari sono presentati in maniera scientifica, chiara ed accessibile. L’albero della Vita è
divenuto uno dei testi essenziali della Kabbalah, il secondo in ordine d’importanza dopo il
Libro dello Zohar.
L’Ari morì durante l’estate del 1572 all’età di 38 anni, dopo essersi ammalato in seguito
ad un’epidemia che colpì Safed. La comparsa di Ari nel nostro mondo si lega a quella di un
altro precursore che aprì una nuova era nell’evoluzione umana e spirituale. Anch’egli è uno
dei più grandi Kabbalisti mai esistiti, è uno dei primi ad aver ricevuto “il permesso dall’alto”
di rivelare il metodo della Kabbalah al pubblico. Il suo merito fu di comprendere come
trasformare il metodo della Kabbalah, destinato solo ad una certa élite, in un metodo adatto
ad un gran numero di anime. Le anime che oggi sono pronte all’elevazione Spirituale, per
questo fine, hanno bisogno del suo metodo, la Kabbalah Lurianica.
Rav Yehuda Leib HaLevi Ashlag (Baal ha-Sulàm) (1884-1954)
Il Rav Yehuda Ashlag è più conosciuto con il nome di Baal ha-Sulàm (Proprietario della
Scala) proprio per il suo commentario della Sulam (la Scala) del Libro dello Zohar. Baal haSulàm consacrò la sua intera vita a interpretare la saggezza della Kabbalah, rinnovandola e
diffondendola in Israele e nel mondo. Egli adattò la Kabbalah Lurianica dell’Ari per la nostra
generazione, permettendo ad ognuno di studiare la realtà nella quale viviamo, le sue radici e
conoscere il suo ultimo obbiettivo.
Poiché Baal ha-Sulàm è nato in un epoca in cui il mondo era già pronto a conoscere la
Kabbalah, i suoi scritti ebbero una natura “internazionale”. Egli predisse degli avvenimenti,
quali la caduta del regime comunista sovietico e la globalizzazione, prima ancora che tali
avvenimenti divenissero per noi palesi, presentandoli in un contesto di correzione per tutta
l’umanità.
Baal ha-Sulàm è nato in Polonia. Il suo professore fu il Rabbino Yehoshua di Pursov.
Nel 1921, emigrò con tutta la famiglia in Israele nella Città Vecchia di Gerusalemme.
La notizia del suo arrivo si propagò rapidamente nella città e presto divenne un’autorità
nella saggezza della Kabbalah. Poco a poco, intorno a lui si formò un piccolo gruppo di
allievi che iniziarono ad andare a casa sua durante le ore notturne per studiare la Kabbalah.
Baal ha-Sulàm abbandonò poi la Città Vecchia per andare a risiedere in periferia, più
precisamente a Ghivat Shaul, qui fu Rabbino per molti anni.
Le sue opere
Egli scrisse il commentario di Panim Meirot e Panim Masbirot su L’Albero della Vita dell’Ari
pubblicato nel 1927. Parallelamente, intrattenne un’importante corrispondenza con gli
studenti che fu pubblicata un po’ più tardi con il titolo di Pri Khakhàm (il Frutto del Saggio).
Nel 1933, pubblicò i trattati di Matàn Toràh (il Dono della Toràh), l’Arvùt (La Garanzia
Spirituale )e Ha-Shalòm (La Pace). La pubblicazione delle 16 parti del Talmùd Eser Ha-Sfiròt ha
inizio nel 1937. Nel 1940 fu pubblicato il suo libro Beit Shaar ha Kavanòt (La porta delle
Intenzioni) contenente i commenti scelti tra gli scritti dell’Ari.
Le sue due opere principali, frutto di lunghi anni di lavoro, sono il Talmùd Eser Ha-Sfiròt
(Studio delle Dieci Sfiròt), basato sugli scritti dell’Ari e Il Sulam (La Scala), commentario del
Libro dello Zohar. La pubblicazione delle 18 parti del Talmùd Eser Ha-Sfiròt iniziò nel 1937. Il
Commentario del Sulam del Libro dello Zohar fu pubblicato in 18 volumi tra 1945 e il 1953. In
seguito, Baal ha-Sulàm scrisse tre volumi supplementari nei quali commentò Il Nuovo Zohar.
La pubblicazione dell’ultimo commentario fu completata post mortem nel 1955.
Il Libro dello Zohar con il commentario del Sulam (Scala)
Ecco ciò che egli scrisse nell’introduzione al Libro dello Zohar: «Il mio commentario
s’intitola Il Sulam (La Scala) per mostrare l’analogia tra quest’ultima e qualsiasi altra scala: se
disponete di un granaio pieno di buone cose, avrete solo bisogno di una scala per accedervi e
avrete tutta l’abbondanza di questo mondo nelle vostre mani».
Baal ha-Sulàm riuscì a redigere una serie d’introduzioni che preparano l’allievo a studiare
correttamente gli scritti della Kabbalah e a seguire un giusto percorso nello studio. Queste
introduzioni sono: «La Prefazione del Libro dello Zohar», «Introduzione al Libro dello Zohar», «La
Prefazione alla Saggezza della Kabbalah», «La Prefazione al commentario del Sulam». Nonché una
«Prefazione generale all’Albero della Vita» e una «Introduzione allo Studio delle dieci Sfiròt».
Nel 1940, Baal ha-Sulàm pubblicò un giornale che intitolò «La Nazione». Gli scritti
dell’ultima generazione, invece, che egli scrisse alla fine della sua vita, sono analisi di dottrine
differenti di governo e una rappresentazione di un piano dettagliato che aiuterebbe la
fondazione di una futura società corretta.
La promozione delle sue idee
Baal ha-Sulàm non si è accontentato solamente di mettere le sue idee per iscritto, ma ha
sempre operato ardentemente per promuoverle. Egli ha anche incontrato, seguendo un suo
modo di vedere, i rappresentanti dello Stato di Israele e delle colonizzazioni ebraiche, come
Ben Gurion, Chaim Nachman Bialik, Zalman Shazar, e altri ancora.
David Ben Gurion scrisse di aver incontrato Baal HaSulam più di una volta e che questi
incontri lo sorpresero perché: «Volevo parlare della Kabbalah ed egli mi parlava invece di
socialismo».
Una finestra sulla Kabbalah
In effetti siamo arrivati ad un punto in cui il mondo intero è
considerato come un solo gruppo, un’unica società. Ciò
significa che poiché ciascuno trae la quintessenza della
sua vita e del suo guadagno dall’umanità... di conseguenza, la
possibilità di fare del bene e di ottenere la felicità e la pace in uno
Stato è inconcepibile fin tanto che questo non avvenga
contemporaneamente in tutti gli altri Paesi del mondo.
Baal ha-Sulàm, «La pace nel mondo»
Ecco un estratto da un articolo del giornale Haaretz pubblicato il 17 Dicembre 2004:
«Shlomò Shoam, criminologo e vincitore del Premio Israele, agli inizi degli anni ‘50, prese
l’inziativa di rendere visita al Kabbalista Yehuda Ashlag. All’epoca Ashlag cercava di
stampare Ha Sulam, traduzione in ebraico de «Il Libro dello Zohar» con un commentario...
ogni volta che raccoglieva un po’ di danaro, proveniente da piccole donazioni, egli riusciva a
stampare delle parti del suo libro.
«In un’abitazione quasi in rovina, messa al riparo in questo rudere ho trovato una
vecchia stampatrice”. Mi raccontò che non potendo permettersi di pagare un tipografo,
faceva egli stesso la composizione di stampa, carattere per carattere, restando ore intere
davanti alla sua macchina, benché avesse già raggiunto la sessantina.
«Ashlag era manifestamente un Tzadiki (un Giusto), un uomo umile con un volto
splendente, ma era anche un personaggio marginale e molto povero. Ho saputo più tardi che
aveva trascorso un tale numero di ore a comporre che il piombo dei caratteri aveva
danneggiato la sua salute.»
Solo dopo 60 anni dalla sua morte cominciò ad essere conosciuto. Da qualche anno in
qua, il suo insegnamento attira l’attenzione di centinaia di migliaia di persone di tutto il
mondo, che studiano e ricercano i suoi insegnamenti tradotti in diverse lingue. Oggi, ogni
persona che desideri veramente accedere al Mondo Spirituale lo può fare facilmente.
Baal ha-Sulàm era un uomo affascinante e complicato, tollerante ed istruito. Era
profondamente coinvolto negli avvenimenti generali, e su tutto ciò che avveniva in Israele,
dove risiedeva. Le sue idee sono ancora ai giorni nostri rivoluzionarie e d’avanguardia per la
loro audacia.
Baal ha-Sulàm morì nel 1954, suo figlio maggiore, il Rav Baruch Shalom Ashlag, ha
proseguito il suo cammino.
(2)
Domande frequenti
Cos’è la saggezza della Kabbalah?
Cos’è la saggezza della Kabbalah?
L
a Kabbalah non è una ricerca teorica, è un metodo pratico destinato ad
accompagnarci in tutti i momenti della nostra vita. Grazie alla Kabbalah, un
individuo scopre il suo futuro, il suo passato, le qualità che gli appartengono sin dalla prima
volta in cui è disceso in questo mondo e per tutte le sue vite precedenti ed il percorso che gli
resta ancora da fare.
Vedendo gli abitanti di questo mondo e i risultati delle loro azioni, i Kabbalisti
compresero ciò che conveniva fare per migliorare la loro e la nostra vita.
Di cosa parla la saggezza della Kabbalah?
La saggezza della Kabbalah ingloba tutta la realtà inferiore al Creatore: i mondi, ciò che è
in essi, la discesa dell’anima in questo mondo e il suo ritorno verso l’alto. In altre parole, la
saggezza della Kabbalah contiene tutti gli stati e le situazioni dell’umanità.
Tutti i mondi, compreso il nostro, si mantengono uno al di sotto dell’altro. La Luce che
scaturisce dal Creatore attraversa tutti i mondi arrivando fino al nostro. Perciò, ogni
elemento presente nel mondo di Adam Kadmon è ugualmente presente in tutti gli altri mondi.
I Kabbalisti definiscono questa relazione (causa ed effetto) con i termini di «radice e ramo».
Nel suo articolo «L’Essenza della saggezza dalla Kabbalah» Baal ha-Sulàm definì la
connessione tra la radice e il ramo come segue: «Non v’è nulla nella realtà del mondo
inferiore che non abbia il suo equivalente nel Mondo Superiore, questi mondi sono identici
come due gocce d’aqua e sono chiamati “Radice e Ramo”. Ciò significa che ogni cosa in
questo mondo è considerata come il ramo del suo modello che si trova nel Mondo
Superiore, ovvero la sua radice. Il mondo inferiore è il luogo dove l’impronta della radice, la
sua esistenza, è resa possibile.»
Vediamo di conseguenza che ciascun elemento e dettaglio di questo mondo, con tutte le
relative connessioni, è anche presente in tutti i Mondi Superiori, da Assià fino ad Adam
Kadmon. L’universo, il pianeta Terra, il minerale, il vegetale, l’animale e l’essere parlante sono
ugualmente presenti nei Mondi Superiori a questo mondo. Esiste una sola differenza tra gli
elementi di questo mondo e quelli dei Mondo Superiori: in questi ultimi gli elementi sono
forze mentre nel nostro mondo sono materia.
La saggezza della Kabbalah facilita la nostra ascesa verso i Mondi Superiori e ci permette
di osservare dall’alto le forze che agiscono su ciascun oggetto in questo mondo, facendoci
così comprendere le dinamiche di quanto succede.
Qual è l’origine del nome del Libro dello Zohar
Zohar significa «Splendore», come è scritto in questo libro: «I giusti sono seduti con delle
corone sulle loro teste e si dilettano dello Splendore della Divinità.» Secondo Il Libro dello
Zohar, la sensazione del Creatore (la Luce) si chiama «Divinità». In genere quando viene
detto: «Così fu scritto nel libro...» ci si riferisce sempre al Libro dello Zohar. Tutti gli altri libri
apparentemente non sono presi in considerazione come dei “libri” poiché la parola “libro”
(Sefer in ebraico ) deriva dalla parola Sefirà, che a sua volta proviene dalla parola zaffiro,
ovvero splendore, una rivelazione (della Luce, il Creatore). Non troverete questo che nel
Libro dello Zohar.
Certe persone soffrono tutta la loro vita... perchè avviene questo? Perchè esiste la
sofferenza?
Siamo tutti colpiti, in continuazione. L’umanità ha sempre sofferto nel corso della sua
storia. La gente viveva e moriva senza capire la ragione delle proprie sofferenze. Per arrivare
a comprendere le cause e chi è responsabile di tutto ciò bisogna raggiungere prima una
determinata soglia.
In generale, l’umanità ha accumulato sufficienti pene per cominciare a chiedersi:
«Perché?» In realtà, questo è il motivo per cui i Kabbalisti rivelano ora la saggezza della
Kabbalah a tutti.
Che cos’è la Spiritualità?
Come riconoscere il materiale spirituale?
Lo Spirituale è tutto ciò che non è “per me”, quindi, è tutto ciò che è unicamente “per il
Creatore”. È quando il risultato di un determinato atto non è attribuibile in alcun modo a
colui che l’ha effettuato, anche indirettamente.
Che cos’è il «punto nel cuore»? L’abbiamo tutti?
Ogni persona ha un «punto nel cuore», molti però non lo avvertono poiché non sono
“giunti alla maturità” o non sono ancora pronti per recepirlo.
Se nel corso delle nostre vite, a un certo momento, il punto nel cuore si rivela, allora,
cominceremo a sperimentare un desiderio per la Spiritualità, per qualcosa di superiore.
Questo sentimento è chiamato appunto «punto nel cuore».
Qual è la differenza tra questo mondo e il Mondo Spirituale?
Questo mondo è il punto più basso che raggiunge un Kabbalista. Egli si trova in
opposizione totale al Creatore, in termini kabbalistici si chiama: «l’esilio dall’Egitto». La forza
naturale che agisce su di noi in questo stato è la forza del nostro egoismo, che non ci
permette di fare nulla che non sia solo per noi stessi, questo stato si chiama «lo stato di
Faraone».
Il nostro egoismo non ci permette di percepire lo stato perfetto e sublime. L’egoismo, è
la forza interiore e viziosa dell’uomo, chiamata «Faraone», di cui la Toràh (il Pentateuco)
parla a lungo. La forza che ci libera da questo stato e ci fa accedere al Mondo Spirituale si
chiama «Mosè». Faraone, Mosè, e tutto ciò che è scritto nell’Esodo descrivono stati spirituali
ed emozioni che tutti sperimentiamo, prima o poi, nella loro evoluzione.
La rivelazione del Creatore
Il Creatore esiste?
La Kabbalah viene studiata proprio per comprendere il Creatore. Ciascuno di noi Lo
scoprirà e Lo conoscerà. Solo quando scopriremo il Creatore saremo veramente capaci di
dire che Egli esiste, poiché lo sapremo da noi stessi. Se fossimo capaci di percepire ora il
Creatore saremmo già dei Kabbalisti.
È possibile scoprire il Creatore unicamente misurando l’equivalenza delle qualità con il
Creatore.
Se il Faraone avesse avuto dei sacerdoti capaci di fare ciò che fece Mosè… come
posso sapere se il Creatore è superiore al Faraone?
Esiste una sola forza: il Creatore. Egli esercita un influsso su di noi in vari modi,
servendosi di forze antagoniste. Egli ci plasma toccando numerosi punti, dando luogo a
differenti reazioni. Ne risulta che sviluppiamo una certa attitudine nei riguardi della Luce e
delle tenebre, per riuscire a comprendere finalmente il significato del dono e della ricezione.
Si chiama «Faraone» il desiderio creato nella sua totalità, che è uguale alla grandezza del
Creatore stesso. Alla sua nascita una persona non riceve che un piccolo desiderio, solo dopo,
progressivamente, scopre il suo Faraone interiore. Mano a mano che il Faraone vince, fa la
persona si innalza nella Spiritualità.
La differenza tra il Creatore e Faraone non va ricercata nella loro potenza, bensì nella
meta che essi hanno. Se si tratta di “scopi personali” è Faraone, se invece lo scopo è giungere
al Creatore, si parla di correzione finale.
Cos’è l’amore?
L’amore è una conseguenza dell’equivalenza dei tratti interiori, ovvero degli attributi.
Nella Kabbalah esiste una sola legge: «La Legge dell’Equivalenza della Forma, delle qualità e
dei desideri». Se due oggetti spirituali sono uguali nei loro attributi, si uniscono. Ciò non
significa che da due sono divenuti uno, a, piuttosto, sono come uno. Tutto ciò che accade ad
uno di loro, viene contemporaneamente vissuto anche dal secondo, arricchendolo.
“L’amore” è quella sensazione reciproca che due soggetti separati condividono fra loro,
quando si giunge a un’uguaglianza perfetta tra noi (primo soggetto) e il Creatore (secondo
soggetto) L’amore è la sensazione d’equivalenza degli attributi spirituali.
La lontananza delle qualità e dei desideri distanziano le persone gli uni dagli altri,
provocando addirittura l’odio.
L’affinità dei desideri, dei pensieri e degli attributi (che di fatto sono la stessa cosa poiché
gli attributi determinano i pensieri e i desideri), invece, determina l’avvicinamento, l’amore e
la comprensione reciproci. Quando un individuo raggiunge la somiglianza delle qualità del
Creatore scopre anche l’amore per Lui.
La Kabbalah afferma che il più grande piacere del mondo è la sensazione
dell’equivalenza della forma con il Creatore.
La Kabbalah non è misticismo
Come la Kabbalah spiega i fenomeni soprannaturali come le guarigioni o i viaggi
fuori dal corpo?
La Kabbalah vi permette di vivere nel Mondo Spirituale ed in questo mondo
contemporaneamente. Essa aiuta a provare, vedere e comprendere il vostro sviluppo
spirituale. Studiandola, apprenderete a vedere il passato, il presente e il futuro, e saprete
come dirigere la vostra vita saggiamente.
I fenomeni soprannaturali non sono spirituali, Si tratta invece di fenomeni naturali,
fisiologici, di cui la gente non è cosciente a causa della loro separazione dalla Natura stessa.
La Kabbalah parla solo di Spiritualità e di tutto ciò che concerne l’anima. Altrimenti detto, la
Kabbalah parla della trasformazione personale, da egoista ad altruista (la natura del
Creatore).
Qual è il miglior sortilegio per riuscire nella vita?
La Kabbalah è una scienza dotata di leggi chiare e concise che devono essere studiate.
Non ha niente a che vedere con sortilegi, benedizioni o altri rituali compiuti in suo nome. La
cattiva comprensione della Kabbalah nasce nell’epoca in cui essa fu tenuta nascosta alla
gente, fu così che le si attribuirono poteri magici. I libri di Kabbalah spiegano chiaramente
quali tappe dobbiamo attraversare per acquisire una vera conoscenza spirituale. Questa
conoscenza, una volta conseguita, vi permetterà di sapere quale azione è la migliore per voi
in qualunque situazione.
Esistono numerosi metodi e insegnamenti per raggiungere la Spiritualità. Perchè
scegliere proprio la Kabbalah?
La differenza fra la Kabbalah e gli altri insegnamenti, dal punto di vista kabbalistico, è
che questi ultimi si basano sulla negazione dei desideri, o, per lo meno, sulla loro
soppressione. La Kabbalah afferma che il Creatore può essere percepito perfettamente
esprimendo il desiderio nei Suoi confronti, semplicemente invertendo lo scopo
dell’utilizzazione del desiderio stesso, non certamente modificandolo. Di certo, Egli non può
essere avvertito negando il desiderio di scoprirLo.
La Kabbalah è un’esperienza mistica?
La Kabbalah non è un’esperienza mistica. È un’interpretazione del sistema delle leggi
naturali di cui facciamo tutti parte e che dobbiamo apprendere ad utilizzare nel nostro
interesse. Queste leggi sono attive a tutti i livelli della Natura - minerale, vegetale, animale ed
essere parlante. Per questo motivo, quando scopriremo queste Leggi, riusciremo finalmente a
migliorare tutti gli aspetti del nostro mondo, dai cambiamenti climatici fino alle strutture
sociali.
Studiare la Kabbalah
Lo studio della Kabbalah mi costringe ad isolarmi dalla vita quotidiana?
Non è necessario digiunare o reprimersi. Una persona non deve abbandonare la sua vita
quotidiana e neppure i suoi obblighi familiari, non occorre levitare o praticare esercizi
respiratori per raggiungere la Spiritualità.
È proprio il contrario, gli studenti costruiscono i loro ego e li trasformano in strumenti
che li aiutano a raggiungere la loro meta sublime – percepire il Creatore. Per studiare la
Kabbalah e capire come i Mondi Superiori agiscono, una persona deve essere al centro di
questo mondo ed agire in seno ad esso.
Di conseguenza una persona deve continuare a svolgere al meglio tutte le sue
occupazioni e deve proseguire ad occuparsi delle sue responsabilità. La conoscenza della
realtà spirituale deve essere raggiunta in questa mondo, infatti la Spiritualità è strettamente
connessa con la vita normale.
Dove e come si esprime la libera scelta? Cosa veramente scegliamo e cosa
dovremmo scegliere?
Le scelte a disposizione nelle nostre vite sono limitate alla scoperta che facciamo sui
motivi che ci spingono a studiare la Kabbalah. Al di fuori dello studio della Kabbalah, tutte
le altre domande sono considerate a livello “vivente”, poiché sono effimere e terminano con
la morte del corpo fisico. In quanto essere umano, disponiamo dell’unica libera scelta di
apprendere o meno la Kabbalah. Vi sono tre ragioni che ci costringono a studiare:
-
ricompensa e punizione in questo mondo;
-
ricompensa e punizione nel prossimo mondo;
-
donare al Creatore, quando siamo guidati dal desiderio di assomigliare all’Ashpaà (la
qualità del Dono assoluto) che è la prerogativa del Borè. Studiamo la Kabbalah come
mezzo per raggiungere la suprema meta altruista: Donare in assoluto a Colui che ci
ha creati.
La Spiritualità è superiore a noi per questi tre motivi. Non possiamo convincere il nostro
corpo a Donare al Creatore poiché quest’Ultimo immediatamente risponde: «Cosa posso
guadagnare da tutto ciò?»
Intrinsecamente, il corpo (che nella Kabbalah è definito come il «desiderio di ricevere»)
non può capire che cos’è l’Ashpaà.
Così non abbiamo altra scelta che chiedere al Creatore di darci il desiderio e la voglia di
donare senza riserve, di agire e di pensare senza tener conto di quanto beneficio potremmo
trarne. Se concentriamo tutti i nostri pensieri e i nostri desideri per raggiungere questo stato,
il Creatore cambierà la nostra natura materiale in natura Spirituale.
Allora, in opposizione alla nostra incapacità di capire la possibilità di lavorare per gli altri,
potremo comprendere come lavorare per il Creatore.
Tentando di leggere il Libro dello Zohar, ho trovato il libro molto difficile da
comprendere. È un fatto personale oppure è veramente un libro difficile da capire ?
Il Libro dello Zohar è il più importante libro della Kabbalah ed è stato scritto in maniera
occulta, in modo tale che non è possibile comprenderlo fintanto che la persona non ha
raggiunto il Mondo Spirituale. Per questo motivo, si raccomanda di non cominciare a
studiare direttamente il Libro dello Zohar, Ma di cominciare a leggere i libri di introduzione e i
libri di Baal ha-Sulàm, i quali ci insegnano a comprendere ciò che è scritto nello Zohar.
Il Libro dello Zohar non è il libro col quale potrete raggiungere la Spiritualità, è stato scritto
solo per coloro che vi sono già. Per capirlo correttamente, dobbiamo prima di tutto studiare
numerosi altri testi, come «La prefazione alla Saggezza della Kabbalah», «L’introduzione al
libro dello Zohar» e «La prefazione del Libro dello Zohar». Senza prima acquisire una
conoscenza chiara e corretta, grazie a queste introduzioni, il libro resterà ermetico.
Recentemente sono apparsi diversi gruppi di studio della Kabbalah. Sarebbe utile
verificare chi sono?
È sempre proficuo fare delle verifiche, almeno per quanto riguarda la persona che
insegna come apprendere la Kabbalah. La ricerca vi aiuterà a conoscervi meglio. Questo è il
motivo per cui vi consiglio di verificare e decidere se ciò vi conviene.
Esiste una differenza di studio tra gli uomini e le donne?
Gli uomini, come le donne, dovrebbero svilupparsi Spiritualmente, la sola differenza che
risiede in essi è nel metodo. Lo scopo di questo processo di studio è lo stesso. Questo è il
motivo per il quale i nostri corsi di introduzione presentano lo stesso metodo sia per gli
uomini che per le donne. In seguito, se una persona vuole approfondire lo studio della
Kabbalah, la differenza nel metodo gli diviene chiara. Sia gli uomini che le donne
cominceranno a percepire il mondo differentemente, poiché essi sono mondi differenti e
hanno una percezione differente della Creazione.
Cosa vogliono intendere i Kabbalisti per «Accesso»?
Nella Kabbalah, comprendere il Pensiero della Creazione – il livello più profondo della
comprensione – si chiama «realizzazione» o «raggiungimento», o, se preferite, «l’acquisizione
dell’ultimo grado di comprensione». Raggiungere uno stato (o un grado) significa percepire
ciascun elemento che lo compone.
Che cos’è la preghiera?
Le preghiere sono i sentimenti nei vostri cuori. Tuttavia, la preghiera più potente, come
scrive Baal ha-Sulàm, è la sensazione che il cuore prova quando si studia, il desiderio ardente
di comprendere la materia e di raggiungere le qualità di ciò che si studia.
Poiché tutto Lassù è determinato, dov’è la libertà di scelta?
La sola libertà dell’uomo è la scelta dell’ambiente, della società che ci influenza. Potete
leggerlo nell’articolo «La Libertà» di Baal ha-Sulàm. Il cammino di ciascuno di noi è
interamente predeterminato, la sola maniera di progredire è quella di andare avanti, verso il
Creatore. Dovremmo volerlo noi, coscientemente, ma se ciò non sarà possibile, la Natura ci
forzerà ad avanzare.
Se il Creatore ha creato la Creazione con lo scopo di compiacere le Sue creature,
perché ci ha negato il piacere?
Il Creatore non ci ha negato il piacere. Il motivo delle nostre sofferenze è che siamo
opposti a Lui nella forma. Egli è il bene assoluto e, quando cerchiamo di assomigliarGli,
vediamo che tutto ciò che Egli fa è donarci abbondanza e piaceri. Tuttavia, fintanto che ci
troviamo in opposizione a Lui, non possiamo ricevere questi piaceri.
Chi può studiare questa Saggezza?
Quando veniva chiesto al Rav Kook: «Chi può studiare la Kabbalah?», egli
rispondeva: «Tutti coloro che lo desiderano». Se una persona vuole veramente studiare è
segno che è pronta.
Corpo, anime e reincarnazione
Il Creatore ha un corpo?
Non solo il Creatore non ha corpo, anche noi e la Creazione, non ne abbiamo uno. Una
creatura non è un corpo fisico, biologico, ma un desiderio di essere riempito dalla Luce del
Creatore. Questo desiderio esiste in ciascuno di noi e ciò è quello che i Kabbalisti chiamano
«un’anima».
L’anima è suddivisa in parti che portano il nome degli organi del corpo. Purtuttavia non
v’è un rapporto tra le parti e l’anima che si rifà ai nomi degli organi del corpo umano. I
Kabbalisti hanno semplicemente trovato un modo per esprimere i concetti del Mondo
Spirituale, servendosi delle parole di questo mondo. Essi hanno usato il linguaggio abituale
per descrivere le forze Spirituali, che sono le radici, le origini di questi oggetti. Queste forze
possono essere espresse solo utilizzando il linguaggio delle radici e dei rami.
Qual è il significato della diffusione della Kabbalah?
L’umanità acquisisce la conoscenza di sé stessa e del mondo grazie alla ricerca.
Noi immaginiamo ogni sorta di cose che non possiamo comprendere ma che ci
auspichiamo di raggiungere. Queste fantasie si basano sull’analogia, sulla speculazione e sulle
congetture calcolate, di ciò che già conosciamo. Tuttavia, anche se ci proviamo in tutti i
modi, non possiamo immaginare né tantomeno comprendere una parte dell’universo che
non abbiamo mai percepito. Non ci aiuterà neanche l’uso delle analogie perchè i nostri sensi
non hanno mai sperimentato qualcosa di simile.
La Kabbalah crea, o, più esattamente, sviluppa un nuovo senso in noi. Solo
sviluppandolo noi cominceremo a percepire questo mondo e così sarà per noi evidente che
la sola immaginazione non avrebbe potuto aiutarci a percepirlo.
Una persona non può trasmettere tali emozioni a coloro che non dispongono di questi
sensi. La trasmissione di queste sensazioni spirituali può avvenire solo in relazione al grado
di sviluppo di questo senso negli altri.
Dunque, da una parte, la Kabbalah è una scienza volta a sviluppare un senso nello spazio
che ci circonda ed esamina la realtà utilizzando un metodo strettamente scientifico. Dall’altra
parte, la Kabbalah differisce dagli altri metodi naturali perchè è impossibile analizzare questo
mondo senza prima avere acquisito un senso preposto a questo scopo. È solo nella misura in
cui una persona percepisce questo mondo, che essa comincia a sentire e a percepire le cose
in modo differente.
Coloro che non lo sentono non possono immaginarselo. Il significato e lo scopo della
«diffusione della Kabbalah» sono di condurre tutte le persone a percepire il bisogno di
sviluppare le loro anime e di vivere i Mondi Spirituali giungendo a questo tramite un
percorso personale. Diffondere la Kabbalah è un metodo per giungere a un tale sviluppo,
nello stesso tempo ci insegna come servirci di questo nuovo senso. La Kabbalah è, infatti,
una scienza particolare e non una religione.
È scritto nella Haggadàh (il testo della notte di Pasqua) che Faraone ha fatto in
modo che Israele si avvicinasse al Creatore. Come una forza talmente negativa può
lavorare per il Creatore contro sé stessa?
Faraone è la forza del Creatore. È una forza benefica che ha un’apparenza per noi
negativa, come è scritto : «Due angeli ci conducono verso la meta – il bene e il male».
Tutto ciò che è scritto nella Kabbalah è per acquisire nuove forze d’Ashpaà (la qualità del
Dono assoluto). Se noi avessimo solo buone inclinazioni, non saremmo mai stati capaci di
avanzare. Faraone, l’indole maligna, ci permette di provare grandi desideri di piacere,
correggendo questi desideri abbiamo l’occasione e il modo per innalzarci sempre più in alto.
Di conseguenza è molto importante vedere il Faraone come una forza del Creatore,
inviata per aiutarci. Faraone ci incoraggia da principio ad evocare un desiderio nel nostro ego
per avanzare e svilupparci materialmente. Piano piano comprendiamo, quindi, che
l’avanzamento materiale non ci darà e non ci porterà a niente e che il vero sviluppo è solo
Spirituale.
Quando sotto l’influenza del Faraone cominciamo a sviluppare la Spiritualità, noi
cerchiamo nel Mondo Spirituale un recipiente che si possa colmare del desiderio del piacere.
Così risulta sempre più chiaro come il nostro proprio egoismo, Faraone, è la forza che
motiva ogni cosa. Tutto ciò è dovuto al fatto che non possiamo ricevere la Luce Superiore
nel nostro desiderio di ricevere senza avere un’intenzione di Dare, senza essere come il
Creatore.
Nel nostro mondo non possiamo gioire che di piccolissimi piaceri, i quali, una volta
raggiunti, lasciano in noi una sensazione di vuoto ancora più grande e ancor meno
soddisfacente di prima.
Faraone ci motiva per la Spiritualità, infatti è il nostro egoismo che ci fa desiderare le
delizie Spirituali. Nel nostro mondo Faraone ci incita a ricevere il Piacere servendosi dei
piaceri abituali che possiamo normalmente soddisfare da noi stessi.
Nella Haggadàh di Pasqua, ciò viene chiamato il «vecchio Faraone». In seguito, è detto
che un nuovo re è salito al trono d’Egitto, questo è il Faraone che ci conduce verso la
Spiritualità, desiderandola per sé stesso.
La scienza è già arrivata a clonare dei corpi biologici. Che ne è dell’anima?
L’anima non ha nessun rapporto col corpo fisico. Quest’ultimo può esistere come un
corpo «vivente» biologico con una forza animata, chiamata «l’anima vivente». Comunque, ciò
non ha niente a che vedere con l’Anima Superiore.
Noi non ci chiediamo perchè esistono i buoi, le galline o i gatti e quale genere d’anima è
in essi. In effetti, anche loro hanno delle anime, queste ultime, però, non sono altro che
semplici forze viventi che le mantengono in vita, la stessa forza che mantiene in vita i nostri
corpi.
Questo è il motivo per cui un corpo può essere clonato senza alcun problema. In
avvenire, tutti gli organi o i corpi interi potranno essere clonati. L’anima quindi non dipende
da un corpo. L’uomo riceve un’anima secondo leggi spirituali molto precise, con le quali le
scienze fisiche e biologiche non hanno niente a che vedere Ne risulta, di conseguenza, che
non possiamo clonare un’anima.
Vi sono numerose persone nel nostro mondo la cui Anima Superiore è inesistente.
Quest’anima è l’ormai noto «punto nel cuore». Alcuni lo avvertono già, altri no. A questo
proposito però non possiamo sapere con certezza chi ce l’ha e chi no.
Come un’anima si trasferisce nell’anima collettiva di Adamo?
L’anima in effetti non ha mai abbandonato l’anima universale, essa semplicemente non
ha più questa sensazione di appartenenza da quando ha acquisito i desideri egoisti. Perciò,
nel processo della correzione dei desideri, l’anima corregge questa mancanza di percezione e
riscopre il suo vero stato nell’anima collettiva.
Ritrovare questa sensazione si chiama «l’ascensione dei gradini della Scala Spirituale», dal
nostro mondo fino al mondo di Atzilùt.
In che modo l’anima individuale si è separata dell’anima collettiva?
Quando l’anima consegue dei desideri supplementari, non corretti ed egoisti, essa perde
la sensazione del Mondo Spirituale. L’anima, allora, interpreta questa sensazione come una
separazione dall’anima collettiva. Di conseguenza, essa comincia a sentire un desiderio più
grossolano per se stessa, chiamato «corpo». L’anima percepisce questo desiderio come una
«nascita» dentro un corpo biologico.
In che modo l’anima vive in un corpo ?
Se pensate a un corpo biologico, allora l’anima non ha niente a che vedere con esso.
Tuttavia, se per «corpo» intendete un «desiderio», allora se questo è un desiderio egoistico, si
chiamerà «un corpo di questo mondo», se il desiderio è invece altruistico, si chiamerà «un
corpo Spirituale». Tutte queste domande sono trattate ne «L’introduzione al libro dello
Zohar».
(3)
A proposito di Bnei Baruch
B
nei Baruch è un’associazione a scopo non lucrativo, che si dedica interamente
all’insegnamento e alla divulgazione della saggezza della Kabbalah al fine di accelerare
il processo di Spiritualizzazione dell’umanità.
Le fonti e la loro storia
Nel 1991, dopo il decesso del suo maestro (il Rav Baruch Shalom Ashlag, 1907-1991), il
Rav Dr. Michael Laitman fondò l’istituto di Ricerca e d’Insegnamento della Kabbalah Bnei
Baruch. Bnei Baruch accoglie le persone di ogni età e stili di vita differenti invitandole a
scoprire la Kabbalah.
Il Rav Baruch Ashlag, ha proseguito il cammino tracciato da suo padre, il Rav Yehuda
Ashlag (1884-1954). Il Rav Yehuda Ashlag, altrimenti soprannominato il «Baal ha-Sulàm» è
uno dei più grandi Kabbalisti del XX secolo. Egli è l’autore del commentario in 18 volumi
del Libro dello Zohar, così come altre numerose opere kabbalistiche. Bnei Baruch fonda il suo
metodo di studio e d’insegnamento principalmente su queste due guide spirituali.
Il metodo d’insegnamento
Il metodo d’insegnamento, fondato da Rabash e da Baal ha-Sulàm, è basato sulle opere
tradizionali ed autentiche della Kabbalah: il Libro dello Zohar, gli scritti dell’Ari, Lo studio delle
Dieci Sfiròt, e le opere scritte da Baal ha-Sulàm.
Il messaggio principale
Bnei Baruch accoglie migliaia di studenti in Israele, in Europa e in tutto il mondo, che
sono iniziati allo studio della Kabbalah. Ciascuno sceglie il quadro che a lui si confà di più in
base alle sue capacità personali.
In questi ultimi anni, Bnei Baruch si è sviluppata come corpo dinamico d’insegnamento,
proponendo al suo pubblico le fonti della Kabbalah in un linguaggio chiaro. Il messaggio
principale diffuso da Bnei Baruch è l’importanza dell’amore per il prossimo come valore
essenziale per l’esistenza dell’umanità.
I Kabbalisti, in tutte le generazioni, hanno sempre insegnato che l’amore per il prossimo
è la prima e ultima condizione della realizzazione dell’uomo. La Kabbalah è un metodo che
dà agli individui gli strumenti necessari per intraprendere un cammino alla scoperta di sé
stessi e dell’elevazione Spirituale.
Baal ha-Sulàm ha trasmesso un metodo di studio per la nostra generazione che permette
agli individui di progredire interiormente. Il Kabbalista è infatti un ricercatore che studia la
propria natura grazie a questo metodo.
A proposito di Baal ha-Sulàm
Il Rav Yehuda Ashlag è principalmente conosciuto sotto il nome di Baal ha-Sulàm
(Proprietario della Scala) per il suo commentario del Sulàm (la Scala) sul Libro dello Zohar. Il
Baal ha-Sulàm ha consacrato tutta la sua vita ad interpretare la saggezza della Kabbalah,
rinnovandola e diffondendola a tutta la nazione. Egli sviluppò un metodo unico per
insegnare la Kabbalah permettendo a ciascuno di studiare la realtà nella quale noi viviamo, e
le radici di questa realtà e conoscerne il suo ultimo scopo.
Il Baal ha-Sulàm è nato in Polonia. A 19 anni, fu qualificato rabbino dai più grandi
rabbini di Varsavia e per il periodo di 16 anni, esercitò in qualità di maestro e di giudice,
addetto agli affari religiosi. Il suo maestro fu il rabbino Yehoshua di Pursov.
Nel 1921, egli emigrò in Israele, dove presto divenne un’autorità nella saggezza della
Kabbalah. Poco a poco, un gruppo di studenti si formò intorno a lui, e poco dopo andò a
risiedere a Ghivat Shaùl, quivi fu rabbino per molti anni. Egli scrisse il commentario di Panim
Meirot e Panim Masbirot sul L’Albero della Vita dell’Ari pubblicato nel 1927. Parallelamente,
intratenne un’importante corrispondenza con gli studenti che fu pubblicata un po’ più tardi
con il titolo di Pri Khakhàm (il Frutto del Saggio). In 1933, pubblicò i trattati di Matàn Toràh
(il Dono della Toràh), L’Arvùt (La Garanzia Spirituale) e Ha-Shalòm (La Pace).
A proposito del Rav. Prof. Michael Laitman
Rav Laitman studia la Kabbalah da più di trent’anni. Ha pubblicato più di 30 libri di
Kabbalah e numerosi articoli relativi alla Kabbalah e alla scienza.
Consegue la laurea in Filosofia e Kabbalah presso l’Istituto di Filosofia all’Accademia
delle Scienze di Mosca, e una specializzazione in biocibernetica all’Università Politecnica di
San Pietroburgo.
Il Rav Laitman, oltre ad essere uno scienziato e un ricercatore, fu anche uno studente e
assistente personale del Rav Baruch Ashlag, il figlio di Baal ha-Sulàm, e segue i passi del suo
maestro lavorando, insegnando e diffondendo la saggezza della Kabbalah.
Bnei Baruch in Israele e nel mondo
Bnei Baruch trasmette giornalmente lezioni di Kabbalah e programmi su differenti canali
in tutto il mondo. Le lezioni audio e video trasmesse ogni giorno in diretta attraverso
Internet sono tradotte simultaneamente dall’ebraico in inglese, in russo, in spagnolo in
tedesco, in turco, in francese e in italiano.
L’associazione ha costruito e mantiene un sito internet di Kabbalah tradotto in 30 lingue
e archivi completi di testi e media, il tutto con libero accesso.

Documenti analoghi

BAHIR uno dei più antichi, più importanti e più

BAHIR uno dei più antichi, più importanti e più Il Bahir (Sefer ha-Bahir, Libro dell’Illuminazione) è considerato la prima opera letteraria kabbalistica, scritta alla fine del xii secolo nella Francia meridionale. Ciononostante, essa è ancora po...

Dettagli

329. Il Libro dello Zohar a cura di Michael Laitman

329. Il Libro dello Zohar a cura di Michael Laitman saggezza della verità fu solo per un certo periodo, fino alla fine del 1490. Da quel momento in poi … la decisione è mutata ed è stato concesso il permesso di addentrarsi ne Il Libro dello Zohar ”....

Dettagli