ADDIO KALASHNIKOV

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ADDIO KALASHNIKOV
RICORDIAMOLO
ADDIO KALASHNIKOV
È MORTO A 94 ANNI - IL SUO FUCILE È NELLA STORIA
I RIMORSI NELL'AGONIA:«QUANTI OMICIDI CON IL MIO FUCILE»
Mikhail
kalashnikov,
padre
del
leggendario fucile d'assalto sovietico AK47 al quale aveva dato il nome, è
deceduto a Mosca all'età di 94 anni,
dopo essere stato in servizio permanente
effettivo per il suo Paese dai 18 anni in
poi, prima come soldato (giovanissimo
cadetto russo), poi come collaboratore
dell'azienda che ha diffuso nel mondo
100 milioni di esemplari di AK-47, l'arma
che non sbaglia un colpo. Il suo
«gioiello», come è stato definito, è
passato da tutte le mani: soldati,
terroristi, narcos, milizie rivoluzionarie,
mafiosi, oltre ai guerriglieri di tutte le
latitudini. L'AK-47 è in dotazione,
attualmente, a 80 eserciti.
È un fucile d'assalto perfetto, che ha
attraversato tutto il Novecento. Ancora
oggi ha un «valore» bellico inestimabile: «La sua caratteristica migliore è che non si
inceppa mai». Mikhail Kalashnikov, considerato un eroe di Russia, ha continuato a lavorare
occupandosi di armi e munizioni quattro giorni alla settimana nonostante i suoi 94 anni. Ha
rallentato solo qualche mese fa, quando le sue complicazioni cardiache sono aumentate e si
è reso necessario il ricovero nell'ospedale di Izhevsk (dove ha cessato di vivere il 23 dicembre
2013), Capitale della Repubblica di Udmurtia, dove Kalashnikov viveva. In tutta la sua vita
non è mai stato sfiorato dai rimorsi. Ma pochi mesi prima di morire, a 93 anni, Mikhail
Kalashnikov fu morso da scrupoli di coscienza per l'uso che era stato fatto della propria
invenzione. Lo attesta una lettera da lui scritta al Patriarca della Chiesa Ortodossa russa Kirill lo
scorso aprile. Prima, infatti, disse in un'intervista al QN (Quotidiano Nazionale): «Non ho sensi
di colpa - ho inventato quest'arma nel 1942 per difendere il mio Paese dai nazisti, non
per aggredire. Se oggi la usano terroristi e banditi, non è responsabilità del progettista.
IL FARO - Periodico del Centro Studi "Pier Giorgio Frassati" - Cariati (Cs)
di Cataldo Greco
Al concorso governativo nella Russia
attaccata da Hitler l'allora sergente
Kalashnikov si vide bocciare il primo
prototipo. "Il giovane Mikhail" non si
diede per vinto e insistette più
convinto di prima e sbaragliò i due
esperti anziani, l'ingegnere Degtiarev
e il generale Simonov, due veri miti
di allora. Era il 1945, e da quel
momento il mitra uscì dalle
fabbriche russe per entrare nella
leggenda. «I soldati della guardia
di frontiera a cui mostrai l'arma
- raccontò al quotidiano italiano
- rimasero senza parole quando
aprii l'otturatore, vi gettai dentro una manciata di sabbia e poi sparai. L'arma non
si inceppò e colpiva con precisione».
Il fucile pesa 3,15 kg e nel 1947 venne subito usato
dagli eserciti di oltre 50 Paesi e da fazioni di guerriglieri.
Mikhail Kalashnikov fu nominato Generale e diventò una icona dell'Unione Sovietica, mentre
il suo fucile si spandeva nel mondo, perfino nei filmati autoprodotti di Bin Laden, come nelle
musiche di Goran Bregovic
per il cinema di Emir
Kustarica.
In
occidente
sarebbe divenuto miliardario;
l'ex Sergente russo divenne
solo
Generale:
allora
nell'Unione
Sovietica
lo
sfruttamento dei brevetti non
era possibile. «Ora saremmo
ricchi - dice il figlio Victor come l'americano Eugene
Stoner che ha inventato
l'M16 e che incassa un dollaro
per ogni fucile venduto».
Mikhail Kalashnikov, "ex
contadino Kulako", figlio di
deportati in Siberia, resterà
solo un mito inossidabile con
il suo sguardo severo e la
sfilza di medaglie, che esibiva
in vita sulla sua divisa. La sua
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Sono fiero della mia invenzione».
arma resta nell'immaginario di chiunque voglia imbracciare un mitra, mentre oggi nella
Russia consumistica con lo stesso marchio si commercializzano coltelli, occhiali, vodka e
quant'altro fa mercato, a significare un altro mondo a cui il vecchio generale non appartiene
più in tutti i sensi. Il Patriarca ortodosso Kirill, ha tenuto a far sapere che Mikhail da qualche
tempo, a 91 compiuti, il vecchio "eroe dell'Unione Sovietica" si era infatti, avvicinato alla
religione e alla Chiesa dei suoi antenati. Si era battezzato, aveva fatto la Comunione. E aveva
rinunciato alla costruzione di un museo in suo onore a Izhevsk, la città dei Kalashnikov vicino
agli Urali, a favore di una Chiesa dedicata a San Michele. «Il mio dolore spirituale è
quotidiano vicino al Cremlino - mi faccio sempre la stessa domanda, alla quale non
trovo risposta: se il mio mitra ha tolto la vita a così tante persone, significa che
anche io, figlio di un contadino Cristiano Ortodosso, sono colpevole della morte,
anche se erano nemici?».
Immediata e assolutoria fu la risposta di Kirill, riassunta ora dal
diacono Aleksandr Volkov, portavoce del Patriarca: «La Chiesa ha una posizione molto
precisa: se un'arma serve a difendere la Patria, la Chiesa appoggia sia i suoi artefici
sia i militari che la usano. Lui inventò questo mitra per la difesa del proprio Paese,
non perché lo usassero i terroristi dell'Arabia Saudita».
definisce Kalashnikov «esempio di patriottismo».
Non certo per Al Qaeda. E
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insopportabile - aveva scritto a Kirill nella missiva pubblicata da "Izvestia",