4 febbraio Michele Canella - Teatro Comunale di ferrara
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4 febbraio Michele Canella - Teatro Comunale di ferrara
Sabato 4 Febbraio 2012 ore 17 Ridotto del Teatro MICHELE CANELLA pianoforte Franz Schubert Sonata in Sol Maggiore Op. 78 D. 894 Molto moderato e cantabile Andante Minuetto: Allegro moderato Allegretto Johannes Brahms Due Rapsodie Op. 79 Agitato Molto passionato, ma non troppo Allegro Quattro Ballate Op. 10 Andante Andante Intermezzo: Allegro Andante con moto La Sonata n. 18 in Sol Maggiore op. 78 è una delle meno frequentate tra le meraviglie della produzione matura di Franz Schubert; conclusa nell'ottobre 1826, fu l'ultima delle tre Sonate date alle stampe prima della morte dell'Autore. L'appellativo Fantasia fu coniato dall'editore Haslinger di Vienna, ingannevole espediente commerciale che distoglie dal rigoroso impianto sonatistico dell'Op. 78. Sebbene Schubert stesso la definì “la più riuscita di tutte per lo spirito e per la forma”, essa rimase esclusa per oltre un secolo dal grande repertorio concertistico, forse a causa del particolare temperamento intimo e raccolto del pianismo schubertiano, alieno da virtuosismi estremi e spettacolari. Il carattere propulsivo della forma-sonata è occultato, nel movimento di apertura, dal tono estatico del primo tema, cui si affianca il cantabile lirismo del secondo. Contrappuntisticamente assai complesso lo sviluppo, basato sull'elaborazione della prima idea tematica, approfondita da spunti ora eroici e volitivi, ora drammatici ed oscuri, raggiunge il culmine in Do minore dopo un trascinante canone, rivelandosi nella sua inquietante e sinistra grandiosità. Il ritorno all'atmosfera idilliaca in sede di ripresa non è in grado di cancellare la memoria del recente dramma, racchiuso da una cornice di apparente serenità. Segue un Andante in forma di Lied. Energico e capriccioso, il Minuetto accoglie al suo interno l'intimo e sognante Trio, in ossequio alla tradizione viennese. Chiude la Sonata un Allegretto in forma di Rondò libero e fantasioso; conclusione gioiosamente raffinata, affidata a brillanti melodie di tradizione popolare. Il coda, l'accenno ai temi iniziali si dissolve in un soave e limpido pianissimo. Altrettanto riflessive le composizioni per pianoforte di Johannes Brahms, essenziali nell'arco di tutta la sua carriera quale ideale terreno per sperimentazioni poetiche, stilistiche e formali. Alla maturità brahmsiana appartengono le Due Rapsodie op. 79, composte nel 1879 e dedicate ad Elisabeth von Herzogenberg, sua amica e fervente sostenitrice; fu lei stessa a suggerire il titolo, dato il carattere libero e fantasioso dei pezzi, nei quali si rintraccia il temperamento vivace ed appassionato delle opere giovanili. Entrambe sono articolate attorno al conflitto tra temi di colore antitetico: prepotenza contro incertezza nella prima, lirismo versus incalzante vitalità ritmica nella seconda. La sonorità è intensa, edificata su armonie in continuo sviluppo; l'inquietudine ritmica complica la tecnica, portata ad estremi di arditezza che pur non eludono una severa ed ortodossa misura. Nel 1854, in uno dei pochi momenti di lucidità concessigli dalla malattia mentale che lo affliggeva, Robert Schumann tentò di togliersi la vita gettandosi nelle gelide acque del Reno. A quell’anno risalgono le Quattro Ballate op. 10, opera di un Brahms ventunenne, indicato come la “Via nuova” alla Musica proprio dal mentore Schumann, con il quale condivideva uno stretto sodalizio artistico di reciproca e profonda stima come riscontrabile dai carteggi di Clara, nei quali ci è anche testimoniato l’impegno con cui il giovane compositore assistette l’amico gravemente malato fino agli ultimi giorni di vita. Nella prima Ballata, il riferimento è esplicito e resta un unicum nella sua produzione, probabilmente in omaggio all’impegno letterario da sempre profuso dall’amico che non di rado riportava versi poetici sulle proprie partiture: vi è citato l’antico poema in dialetto scozzese “Edward”, salvato fortunosamente dalle fiamme insieme ad altri manoscritti, pubblicati in Inghilterra alla metà del ‘600. Dopo due secoli il poeta Herder ne tradusse e rielaborò alcuni, tra cui “Edward” in Stimmen der Volker. La lirica narra di un parricidio ed era già stata musicata da Schubert e Loewe. (note di Annalisa Lo Piccolo e Michele Canella) Michele Canella debutta nel 1995 come solista in orchestra, avviando un’attività che lo ha portato ad esibirsi in numerosi festival in Italia e all’estero. Nel 1998 ha conseguito il Diploma di pianoforte con il massimo dei voti per poi frequentare i corsi Internazionali di Perfezionamento tenuti da Christa Butzberger presso il Centro Sammarinese, Monterubbiano, Egion (Grecia) e al Festival Internazionale di Godollo/Budapest. Durante questo periodo di formazione, conclusosi nel 2005, ha usufruito dell’ausilio della fenomenologia delineata da Sergiu Celibidache, del quale Christa Butzberger fu allieva per diversi anni. L’attività concertistica l’ha portato ad esibirsi in Grecia, Ungheria, Turchia, Perù, Colombia e Argentina sia in recital solistici che come solista con orchestra e componente di gruppi cameristici presso importanti istituzioni concertistiche. Contemporaneamente agli studi musicali coltiva l’interesse per le discipline filosofiche presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università di Ferrara ove si è laureato nel marzo 2002 con una tesi di Estetica sull'influenza della discografia sulla prassi esecutiva e sulla didattica della musica. Nel febbraio 2007 ha conseguito il Diploma di Laurea di II Livello in pianoforte presso il Conservatorio di Ferrara. Nel 2011, il Diploma di II Livello ad indirizzo Didattico presso il Conservatorio di Adria.