il prurito di moretti
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il prurito di moretti
Nome file 931230GG_GBC3.pdf data 12/1993 Contesto GBC Relatore GB Contri Liv. revisione Pubblicazione Lemmi Eccitamento Malattia Masochismo Moretti, Nanni Sintomo Soluzione Verità-amore 30 GIORNI - N.12/1993 RUBRICA «CINEMA» Dicembre 1993 GIACOMO B. CONTRI IL PRURITO DI MORETTI Occidorientali. O anche: come si può non dirsi giapponesi? Non so tanto bene molte cose, tra le quali la differenza tra seppuku e hara-kiri: mi risulta che il primo sia il nome nobile, e il secondo il nome volgare, della medesima cosa (con traslitterazione ultravolgare: karakiri). Grossolanamente descritto, si tratta del ritualistico taglio autodiretto della pancia, seguito dal non meno ritualistico taglio eterodiretto della testa per mano di uno, possibilmente un amico, che interrompe di netto una faccenda che altrimenti andrebbe per le lunghe. Ho letto un racconto – di avventure giapponesi, ambientato nel ‗600 –, un personaggio del quale dice: «C‘è sempre una soluzione», il seppuku appunto. Che non è un ―semplice‖ caso di suicidio culturalmente legittimato – che volgarità, cose da olandesi –, ma un colto suicidio masochista. Sembra quasi un‘apologetica antieutanasica: cacotanasia. Molto morale, dato che si soffre. Questo l‘Oriente. Ma l‘Occidente, si sa, ha la fissa della verità. E allora, soluzione sì ma con ricerca della verità. Che col tempo è stata un po‘ addomesticata nella domus scientifica, poi medica. È la ricerca del film Caro diario di Nanni Moretti, che indaga, in una progressiva ascesi attraverso una processione di medici, la verità del prurito: infatti il protagonista non fa che grattarsi, è invaso dal prurito. Ciò corrisponde alla terza parte del film: le prime due sono un‘esplorazione pasoliniana di una realtà banale, disperata, idiota, senza uscita, ossia la questione, appunto, di una soluzione. Non seppuku, ma una soluzione con verità: al male reale tipizzato in un penoso prurito. La verità come diagnosi medica. La maggioranza dei medici del film dispensa diagnosi diverse e tutte sbagliate, con le relative terapie farmacologiche. Il terzultimo introduce il sospetto di una causalità psichica del sintomo, ma a buon conto dà anche lui farmaci simili ai precedenti. Il penultimo, finalmente benché ancora penultimamente, si avvicina alla verità: è cancro, un sarcoma polmonare di alta malignità. Ma la verità — una veritas che gioca sarcasticamente alla virtus — sta in medio: in breve e infine, si tratta solo, agrodulcis in fundo, di morbo o linfoma di Hodkin, detto anche linfogranulomatosi maligna benché non tanto (con il che un po‘ di ragione viene data anche al terzultimo medico: infatti già i clinici di tanto tempo fa ammettevano che in questo morbo la psiche fa la sua parte). Insomma, una malattia abbastanza digeribile, quantunque sempre digerente. Ecco la soluzione con verità: la malattia accertata. Certi di niente ma certi di questo. In malo veritas, sorella di quell‘altra che già dicevo, in dolore veritas. Siamo malati, di una malattia compatibile con la vita, anzi che è la vita stessa. O, con una formula che ormai è una sigla da supermercato: l‘uomo è un animale malato. Malato uguale malnato. Romanescamente: arieccoce. Ma non è proprio da qui che gli orientali erano partiti per i loro seppuku? E secondo me anche per quella meta delle non-mete che è stata chiamata nirvana? Dopo un lungo giro — il giro di una temporalità che non riconosco affatto –, evviva il romanesco. La fissa della verità non ha molto a che vedere con la verità, e porta dove abbiamo visto. E per la verità, di amore per la verità in ―giro‖ ce n‘è poco, ed è meglio non insistere altrimenti si rinforza la fissa. Ma c‘è 1 anche, facendo amorosamente intellettualmente attenzione, l‘amore della verità, nel senso, come si dice, del genitivo soggettivo: l‘amore da parte della verità, quello a lei proprio, salvo che sia un lui la verità. Auspichiamo di desiderare di dare credito all‘associazione possibile di amore e verità: un‘associazione che non ci sta, a partire dal pensiero, alla malattia come verità. Il pensiero della verità amorosa è pensiero di beneficio: già il libero pensiero del bambino. Non a caso lo si fa ammalare: è anche peggio delle persecuzioni. «Se non tornerete...» eccetera. Sottolineo libero, con il che i termini sono tre: libertà, verità, amore. Intelletto e ragione vi sono implicati. Ancora una piccola annotazione non da niente: ―prurito‖. Nel film, come ogni medico sa, è un sintomo, tra altri, del morbo di Hodkin, e va bene cioè male. Ma si sa che si dice anche che uno, o una, ―hai pruriti‖. Questa frase è un‘infamia: ―Ho ucciso per molto meno‖ si dice in linguaggio western. Dire a una persona giovane questa espressione è un attentato, un caso di tentato omicidio, psichicidio, come di quella madre che diceva della figlia che ―ha un fidanzatino‖. Ebbene, penso sia questo l‘acuto di Nanni Moretti nel film: lui ha individuato che l‘eccitamento, la causa del moto, è diventato un sintomo e un‘inibizione, il prurito, arresto del moto. Del moto di corpi umani, fatti per il moto. Dico oramai sempre – Aristoteles ait cioè io –che ―eccitamento‖, qualsiasi eccitamento, è eccitamento, dal latino citatorium, ossia chiamata, vocazione. È vero eccitamento, vocazione, quando ammette la sua possibile meta. La pasoliniana catastrofe è che la vocazione è stata tutta usurpata dalla mondana, e ormai più e oltre che protestante, professione. © Studium Cartello – 2007 Vietata la riproduzione anche parziale del presente testo con qualsiasi mezzo e per qualsiasi fine senza previa autorizzazione del proprietario del Copyright 2