Maternity blues e depressione post partum

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Maternity blues e depressione post partum
Maternity blues
e depressione post
partum
Che cos’è il maternity blues?....................................................................................................................................2
Che cos’è la depressione post partum?................................................................................................................4
Come si fa la diagnosi di depressione post partum?
......................................................................................6
Come si tratta la depressione post partum?.......................................................................................................8
E’ possibile prevenire la depressione post partum?......................................................................................11
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Quesiti Clinico-Assistenziali – anno 4, n.7, maggio 2013
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Direttore: Pietro Dri
Redazione:: Nicoletta Scarpa
Autore dossier:: Diego Inghilleri
Aggiornamento 2012: Valeria Veggiato
Maternity blues e depressione post partum
1.
Che cos’è il maternity blues?
Punti chiave
● Sintomi
● Cause
● Trattamento
In sintesi
Subito dopo il parto la donna va incontro a un periodo di vulnerabilità psicologica
durante il quale si alternano momenti di apparente benessere a momenti di
malessere (maternity blues). I sintomi riferiti più di frequente sono facilità al pianto,
ansia, irritabilità, labilità emotiva, disturbi del sonno, affaticabilità e sentimento di
impotenza. Il maternity blues non richiede, in genere, un trattamento farmacologico
ma è utile un approccio rassicurante.
Sintomi
La gestante durante la gravidanza instaura un equilibrio psicofisico con il feto e progressivamente rafforza il
legame con il piccolo. Il parto costituisce una rottura improvvisa e traumatica di questo equilibrio raggiunto
nel corso dei nove mesi e sembra favorire la comparsa di qualche disagio psicologico. La puerpera infatti tra
il terzo e il quinto giorno dopo il parto (meno di una settimana) va incontro a un periodo di vulnerabilità e
può sviluppare il cosiddetto maternity blues (detto anche baby blues), cioè una fase transitoria che usualmente si esaurisce entro la seconda settimana dal parto.
La donna nei giorni dopo la nascita del bambino alterna momenti di malessere a momenti di apparente benessere.1-4 I sintomi compaiono e scompaiono, normalmente, entro due settimane. Solo se i sintomi persistono oltre 10-14 giorni è consigliata una valutazione. 5
I sintomi riferiti più di frequente dalle puerpere sono:
 facilità al pianto;
 ansia;
 irritabilità;
 labilità emotiva;
 disturbi del sonno;
 affaticabilità;
 sentimento di impotenza.
Studi osservazionali stimano una prevalenza di maternity blues tra il 15 e l’85%, differenza dovuta ai diversi
metodi adottati per l’identificazione del disagio (interviste, scale di automisurazione specifiche per la depres sione post partum, questionari specifici).5
Cause
Il maternity blues è una condizione frequente, non sempre riconoscibile, con una maggiore frequenza nelle
primipare. Sembra che ne soffrano meno le donne che partoriscono a casa e quelle che hanno una situazione
familiare positiva e che sono seguite nell’allattamento. Si ipotizza che le cause siano alcuni fattori ampiamen te diffusi come:
 il malessere fisico successivo al parto;
 lo stress emotivo e la tensione determinati dalla gravidanza e dal parto;
 la carenza di sonno che spesso accompagna la nascita di un bambino.1-2
Trattamento
Generalmente il maternity blues non richiede interventi farmacologici specifici, ma un approccio rassicurante, spiegando che il fenomeno è benigno e si risolve da sé. L’ostetrica ha un ruolo molto importante in quanto
è un punto di riferimento per la donna che ha appena partorito. In questa fase bisogna spiegare che la stan chezza e i cambiamenti di umore sono eventi fisiologici che si risolveranno spontaneamente. E’ importante
raccomandare alla donna di riposarsi se si sente stanca e gratificarla per la scelta di allattare al seno e per
l’impegno che dedica al bambino. Bisognerebbe inoltre coinvolgere anche il marito e i familiari perché aiutino sostenendo la propria compagna a superare questa fase delicata.
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Maternity blues e depressione post partum
Il rischio connesso al maternity blues è che possa innescare una depressione successiva o possa evolversi in
una depressione post partum, come accade nel 20% dei casi. Se i sintomi descritti perdurano per più di 10-14
giorni, convenzionalmente viene meno il concetto di transitorietà e ci si trova di fronte a qualcosa di diverso e
più rischioso.1
Per questo motivo è importante affrontarlo senza allarmare eccessivamente la madre e chi si prende cura di
lei ma senza abbassare i livelli di attenzione. E’ consigliabile mantenere la madre in osservazione per intervenire al momento opportuno, valutare il decorso e confermarne la transitorietà tenendo presente che alcune
donne mascherano quella che ritengono una debolezza che potrebbe esporle a critiche, negano la propria sofferenza per non essere private del loro ruolo di madre. Con questi comportamenti molte neomamme rendono
più difficile distinguere l’evento parafisiologico da un quadro patologico caratterizzato da insorgenza più tarda, decorso prolungato e potenzialmente complicato, prognosi ed esiti potenziali meno benigni (depressione
post partum).5
Bibliografia
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7. Hirst K, Moutier C. Postpartum major depression. American Family Physician 2010;82:926-33.
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Maternity blues e depressione post partum
2.
Che cos’è la depressione post partum?
Punti chiave
● Definizione
● Diagnosi
● Frequenza
In sintesi
Nonostante le discussioni riguardo all’opportunità di considerare la depressione post
partum un’entità a sé rispetto alla depressione propriamente detta, si è visto che
nelle settimane dopo il parto tra il 4,5% e il 28% delle donne va incontro a
depressione caratterizzata da: umore depresso, perdita di piacere o di interesse per
le attività che erano considerate piacevoli, alterazione del sonno, affaticabilità,
sentimenti di autosvalutazione. Per fare una diagnosi di depressione post partum i
sintomi devono essere presenti per almeno 15 giorni.
Definizione
Nonostante se ne parli da tempo e sia oggetto di studi, a tutt’oggi non esiste ancora un pieno accordo sul fatto
che la depressione post partum (o postnatale) costituisca un’entità a se stante rispetto alla depressione propriamente detta, che si può presentare in qualsiasi altra fase della vita di una donna. Lo stesso si può dire per
la gravità della condizione e per i sintomi, che sono sostanzialmente i medesimi della depressione propria mente detta.1 Anche sul concetto di post partum non c’è pieno accordo. Non è chiaro quale sia il tempo da
considerare a partire dalla nascita (4 settimane, 3 mesi, oppure 6 mesi) per definire la depressione come post
partum.2,3,4 La tendenza è di considerare l’intervallo più ampio per non lasciare sfuggire casi che, se non rico nosciuti e trattati rapidamente, possono avere ricadute pesanti sulla salute delle madri e sullo sviluppo dei figli.
Diagnosi
La depressione post partum è priva di sintomi psicotici ed è caratterizzata dai classici sintomi di presentazione (sono contrassegnati con l’asterisco i sintomi obbligatori per porre diagnosi):
 umore depresso;*
 perdita di piacere e/o interesse nelle attività in precedenza soggettivamente interessanti e/o piacevoli;*
 alterazioni del sonno;
 agitazione o rallentamento psicomotorio;
 affaticabilità marcata;
 sentimenti di autosvalutazione;
 riduzione di concentrazione e di capacità di prendere decisioni;
 pensieri ricorrenti di morte;
 variazioni del peso corporeo (difficile da definire nel post partum se non valutandolo in maniera indiretta
attraverso il comportamento alimentare).
Per fare una diagnosi di depressione devono esserci almeno 5 dei sintomi elencati e non possono mancare i 2
sintomi obbligatori, contrassegnati nell’elenco con l’asterisco. La sintomatologia deve presentarsi per almeno
2 settimane e con una ricaduta sul livello di funzionamento precedente. 2
In genere, nella donna che ha partorito da poco l’ansia e le paure sono relative alla salute e al benessere del
bambino, la donna ha spesso paura di essere sola con il bambino, ha dubbi sulle proprie capacità di fare fronte ai nuovi problemi potenziali. Inoltre spesso la situazione è aggravata da sentimenti di autosvalutazione e di
inadeguatezza.1
Il riconoscimento e la conoscenza dei sintomi di presentazione è essenziale per una corretta diagnosi, in
quanto la depressione non è l’unico disturbo psicologico che può seguire il parto ed è necessario distinguere
bene e rapidamente le diverse entità nosologiche (ansia, attacchi di panico, disturbo ossessivo-compulsivo)
per valutare la situazione, impostare i trattamenti e lavorare a contrastare la malattia. 5,1,6
Frequenza
A seconda della durata e dei criteri diagnostici utilizzati, la prevalenza della depressione post partum è
compresa tra il 4,5% e il 28%,1,6 con maggiore frequenza nelle adolescenti. Tuttavia, sembra che la prevalenza
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Maternity blues e depressione post partum
complessiva non si discosti sostanzialmente da quella della depressione in altri periodi della vita, anche se il
rischio di ammalarsi è 3 volte più alto nelle prime 5 settimane dopo il parto. 3,7
La depressione post partum tende a risolversi spontaneamente nel giro di 3-6 mesi dall’insorgenza dei
sintomi. Occorre però segnalare che il 25% delle donne affette da depressione post partum lo è ancora
quando il bambino ha 12 mesi. Inoltre nei casi gravi l’esito della malattia può essere il suicidio. Il tasso di
suicidi in seguito a depressione post partum è inferiore rispetto a quello rilevato tra le donne in altri
momenti della vita, ma secondo numerosi studi è comunque la causa di morte più frequente nel periodo post
partum.8,9
I primi mesi di sviluppo del bambino sono fortemente influenzati dal comportamento e dallo stato
psicologico della mamma. La depressione post partum potrebbe rendere difficile la costituzione di un
attaccamento sicuro, con l’insorgenza di problemi nell’interazione madre-figlio e con una compromissione
dello sviluppo cognitivo ed emozionale dei bambini (che peggiora con il prolungarsi della malattia della
madre).10-12
Bibliografia
1. Scottisch Itercollegiate Guidelines Nerwork. Postnatal depression and puerperal psychosis. A national clinical guideline 2002.
2. American Psychiatric Association. Diagnostic and statistical manual of mental disorders, fourth edition. American
Psychiatric Association 1994.
3. Agenzia italiana del Farmaco. Clinical Evidence. Edizione Italiana. Zadig 2006.
4. World Health Organization. Tenth revision of the international classification of diseases and related health
problems. Clinical descriptions and diagnostic guidelines. World Health Organization 1992.
5. National Institute for Health and Clinical Excellence. Antenatal and postnatal mental health. The NICE guidelines on
clinical management and service guidance 2007.
6. The National Institute of Clinical Excellence. The National Collaborating Centre for Primary Care Postnatal care.
Routine postnatal care of women and their babies. National Institute for Health and Clinical Excellence 2006.
http://www.nice.org.uk/CG037
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11. Hay DF, Pawlby S, Sharp D, et al. Intellectual problems shown by 11-year-old children whose mothers had postnatal depression. J Child Psychol Psychiatry 2001;42:871-89.
12. Martins C, Gaffan EA. Effects of early maternal depression on patterns of infant-mother attachment: a metaanalytic investigation. J Child Psychol Psychiatry 2000;41:737-46.
13. Yim IS et al. Risk of postpartum depressive symptoms with elevated corticotropin-releasing hormone in human
pregnancy. Arch Gen Psychiatry. (2009)
14. Hirst K, Moutier C. Postpartum major depression. American Family Physician 2010;82:926-33 .
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Maternity blues e depressione post partum
3.
Come si fa la diagnosi di depressione post partum?
Punti chiave
● Le scale di valutazione
● Depressione e psicosi post partum
In sintesi
L’uso di scale di valutazione, come la Edinburgh Postnatal Depression Scale per la
diagnosi di depressione post partum, non può prescindere dall’esame clinicopsicopatologico diretto. Inoltre la valutazione con la Edinburgh Postnatal
Depression Scale deve essere associata all’uso di altre scale (il General Health
Questionnaire, l’Hospital Anxiety and Depression Scale, la Hamilton Depression
Rating Scale). La depressione post partum non deve essere confusa con la psicosi
post partum, molto più grave e caratterizzata da sintomi depressivi e psicotici.
Le scale di valutazione
In molti paesi si utilizza ancora la Edinburgh Postnatal Depression Scale1-3 ma il suo ruolo nella diagnosi
vera e propria di depressione post partum è stato ridimensionato in quanto la diagnosi non può prescindere
dall’esame clinico-psicopatologico diretto (colloqui e osservazioni). 4 E’ vero però che le scale di valutazione
possono essere utili per individuare le donne a rischio e fare una diagnosi precoce. Secondo uno studio, se le
ostetriche e il personale sanitario utilizzassero ai primi segnali di malessere della donna una scala di valuta zione per la depressione si riuscirebbe a fare una diagnosi precoce di depressione post partum riducendo il
rischio di complicanze.5,6 La Edinburgh Postnatal Depression Scale è indicata nell’ambito di un insieme più
ampio di scale o di test specifici per la depressione somministrati da personale sanitario esperto e addestrato.
Per esempio possono essere utilizzati il General Health Questionnaire, l’Hospital Anxiety and Depression
Scale, la Hamilton Depression Rating Scale. Alcuni manuali come il Diagnostic and Statistical Manual of
Mental Disorders, DSM (ora alla quarta edizione) o l’International Statistical Classification of Disease and
Related Health Problems ICD (ora alla decima) forniscono i criteri diagnostici e le esclusioni. 5,7 Anche se non
c’è sempre un accordo perfetto, le indicazioni costituiscono comunque una buona traccia e soprattutto sono
una traccia sperimentata.11
La diagnosi di depressione post partum dovrebbe essere seriamente considerata in presenza di:
 punteggio alla Edinburgh Postnatal Depression Scale >12;
 sintomi che causano disagio sociale moderato o severo;
 durata dei sintomi >10 giorni.
Il 60% delle donne con depressione post partum ha pensieri ossessivi di aggressione verso il proprio bambino, ciò non indica il desiderio di fargli del male, ma porta le madri ad allontanare il bambino per evitare que sti pensieri. Questo stato d’animo comporta senso di colpa e vergogna che porta la donna a non esternare il
proprio problema. E’ importante quindi fare domane rispetto alla presenza di questa sintomatologia per
esempio spiegando che spesso le donne che soffrono di depressione post partum hanno pensieri aggressivi
verso il proprio bambino e chiedendo se è mai accaduto.
Una delle cause maggiori di morte materna è il suicidio. E’ dunque fondamentale indagare se la donna abbia
una tendenza suicidaria. Le donne con depressione lieve o moderata hanno tendenze passive al suicidio, cioè
hanno il desiderio di morire ma non hanno l’intenzione di pianificarlo davvero. In questo caso una domanda
utile può essere “ha mai desiderato di addormentarsi e non svegliarsi più?”. Nei casi più gravi, ovvero di don ne con tendenza attiva al suicidio e con il pensiero che il proprio bambino e i propri familiari possano beneficiare dalla propria morte, è richiesta una valutazione psichiatrica immediata ed eventualmente il ricovero. 10
Depressione e psicosi post partum
La depressione post partum non va confusa con la meno frequente psicosi post partum (frequenza 1-2‰).
Le donne con psicosi post partum oltre ad avere alterazioni dell’umore, in forma più grave e più complessa
delle donne con depressione, hanno anche sintomi psicotici. 3 Tra le patologie psicotiche la psicosi post partum è una delle più frequenti. Tende a presentarsi precocemente (nel corso del primo mese, ma anche nella
prima settimana dopo il parto), con sintomi talvolta atipici rispetto alle altre psicosi e interessando l’affettivi tà anche con quadri misti: alterazioni del comportamento, della percezione dell’ambiente, dei vissuti relativi
(deliri e allucinazioni) e dello stato di coscienza .5,8,9 Spesso la sintomatologia è costruita intorno alla figura del
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Maternity blues e depressione post partum
bambino o del ruolo di madre, con deliri paranoici che mettono a rischio la salute del bambino (rischio di in fanticidio) o sentimenti deliranti di inadeguatezza e incapacità che lasciano il bambino privo di cure necessarie e adeguate.2
Bibliografia
1. Cox JL, Holden JM, Sagovsky R. Detection of postnatal depression. Development of the 10-item Edinburgh Postna tal Depression Scale. Br J Psychiatry 1987;150:782-6.
2. National Institute for Health and Clinical Excellence. Antenatal and postnatal mental health. The NICE guidelines on
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4. The National Collaborating Centre for Primary Care Postnatal care. Routine postnatal care of women and their
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8. World Health Organization. Tenth revision of the international classification of diseases and related health problems. Clinical descriptions and diagnostic guidelines. World Health Organization 1992.
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10. Hirst K, Moutier C. Postpartum major depression. American Family Physician 2010;82:926-33 .
11. Scahrdosim JM, Heldt E. Postpartum depression screening scales: a systematic review. Rev Gaucha Enferm 2011;
32:159-66.
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Maternity blues e depressione post partum
Come si tratta la depressione post partum?
4.
Punti chiave
●
●
●
●
Trattamenti non farmacologici
Trattamenti farmacologici
Quando bisogna optare per l’elettroshock terapia
Quando è opportuno il ricovero
In sintesi
La somministrazione di farmaci antidepressivi durante il puerperio deve avvenire
con cautela in quanto molti principi attivi sono escreti nel latte materno. La terapia
deve essere somministrata con cautela, valutando con attenzione i rischi e i benefici.
Anche il ricovero di una donna con depressione post partum va valutato
attentamente in quanto la separazione dal bambino potrebbe avere effetti negativi
sulla salute della madre.
Trattamenti non farmacologici
La psicoterapia di gruppo o individuale è un trattamento efficace per la depressione lieve o moderata. Viene
usata in associazione al trattamento farmacologico nelle depressioni più severe.
Sia la terapia interpersonale sia la psicoterapia cognitivo-comportamentale si sono mostrate efficaci. Uno
studio del 2011 ha mostrato la superiorità della terapia interpersonale sulla psicoterapia cognitivo-comporta mentale e sulla terapia individuale rispetto a quella di gruppo, sebbene sottolinei che sono comunque neces sarie ulteriori ricerche per avere prove valide. 7 Una metanalisi del 2008 afferma infatti che non esistono ancora sufficienti prove né su quale sia il trattamento migliore, né su quali siano i vantaggi a lungo termine. 8 Infine una revisione del 2010 ha mostrato l’efficacia della terapia di gruppo nel ridurre i sintomi di depressione,
sottolineando però sempre la necessità di nuove ricerche. 9
L’agopuntura e lo yoga non sono ancora stati studiati a sufficienza per poter trarre valide conclusioni.
Molti medici in associazione ad altri trattamenti consigliano di praticare esercizio fisico, esporsi alla luce del
sole e cercare il sostegno familiare.6
Trattamenti farmacologici
La depressione è generalmente trattata con farmaci antidepressivi (triciclici, inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina – noti come SSRI – e della noradrenalina e serotonina – noti come NSRI). La sommi nistrazione di farmaci antidepressivi nel puerperio deve essere effettuata con cautela in quanto molti principi
attivi sono escreti nel latte materno e possono avere effetti negativi sul neonato (vedi dossier Farmaci in allattamento).
Nei casi in cui la depressione post partum sia preceduta da depressione o sintomi depressivi fin dalla gravidanza occorre tenere sotto controllo la situazione e valutare la possibilità di iniziare una terapia. Bisogna te nere presente però che anche in gravidanza è controindicata la somministrazione di alcuni farmaci per gli ef fetti teratogeni (vedi box).1-3
E’ sempre necessaria una valutazione del rapporto rischi-benefici in base alle caratteristiche di ogni paziente.
Non ci sono prove che un farmaco sia migliore di un altro.6
-8-
Maternity blues e depressione post partum
Farmaci da utilizzare con cautela in gravidanza
Prima di somministrare una terapia con antidepressivi o con antipsicotici a una donna gravida è neces sario ricordare che:2,4
 l’assunzione di inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (SSRI) dopo la ventesima settimana di gestazione espone il nascituro a un incremento del rischio di ipertensione polmonare persistente;
 l’assunzione di paroxetina (un SSRI) nel corso del primo trimestre di gravidanza può esporre il feto al
rischio potenziale di malformazioni cardiache congenite;
 la fluoxetina è il farmaco più sicuro tra gli SSRI;
 l’assunzione di venlafaxina (un NSRI) a dosi elevate espone al rischio potenziale di ipertensione, a difficoltà alla sospensione del trattamento e a una tossicità in caso di sovradosaggio maggiore di quanto
accada con gli SSRI e con alcuni triciclici;
 gli antidepressivi triciclici come l’amitriptilina, l’imipramina e la nortriptilina sembrano causare meno
rischi, pur essendo noto il loro più elevato indice di tossicità rispetto agli SSRI;
 il valproato può aumentare il rischio di malformazioni del tubo neurale (anencefalia e spina bifida) e
ha un’azione negativa sullo sviluppo intellettivo del nascituro con un effetto dose dipendente; la carbamazepina è associato al rischio di malformazioni fetali che interessano tra l’altro il tubo neurale, il
tratto intestinale e il cuore;
 la lamotrigina è associata a labiopalatoschisi;
 il litio è associato al rischio di malformazioni cardiache (anomalia di Ebstein);
 l’olanzapina comporta il rischio di diabete gestazionale e di incremento ponderale;
 la clozapina comporta il rischio teorico di agranulocitosi nel feto;
 gli antipsicotici depot (long-acting) comportano il rischio di sintomi extrapiramidali nel neonato, anche
mesi dopo la somministrazione.2,3
Per questi motivi, tali farmaci vanno sospesi in caso di gravidanza e sostituiti nel caso in cui la sintomatologia
lo richieda per intensità e gravità o quando la valutazione clinica e anamnestica non consenta di confidare nel
perdurare di un periodo libero da sintomi (il litio va sospeso lentamente nel corso di circa un mese). 2,3 E’ necessario chiedere alle donne in terapia se hanno intenzione di avere una gravidanza.2,3
Lo stesso vale per l’uso cronico di benzodiazepine, poiché è alto il rischio di astinenza nel neonato. L’uso
ad alte dosi può causare la floppy baby sindrome.2,3
E’ possibile che alcune donne siano in terapia con antidepressivi prima della gravidanza, in questi casi occor re valutare con attenzione l’opportunità di sospendere il farmaco considerando l’intensità e la gravità attuale
dei sintomi, il rischio di ricaduta o di recidiva alla sospensione del trattamento, le difficoltà che può avere la
donna assumendo il nuovo ruolo di madre, il rischio di compromissione del rapporto madre-figlio con e senza il trattamento e la ricaduta di quel determinato farmaco sulla salute del feto. Occorre valutare anche la
possibilità che la sospensione del farmaco in uso non riduca il rischio teratogeno (o altri rischi potenziali) nel
nascituro pur sospendendone l’assunzione. 2,3
Nel caso in cui l’analisi di questi fattori consentisse o consigliasse la sospensione del trattamento è necessario
prestare attenzione particolare a qualsiasi variazione psicologica o comportamentale nella futura madre. Potrebbero essere indicati in tal caso programmi di controllo che implichino, oltre all’esame psicopatologico ri petuto e all’osservazione costante, la somministrazione di questionari di controllo che diano indicazioni sullo
stato psicologico e psicopatologico della gestante e sulle sue variazioni nel tempo. 2,5
La terapia nel puerperio va valutata con attenzione, prendendo in esame i rischi e i benefici e considerando il
peso che il prosieguo del trattamento può avere sulla decisione di allattare (vedi dossier Farmaci in allatta mento). Prima di iniziare la terapia le ostetriche e gli altri operatori sanitari devono spiegare con attenzione
alla puerpera e/o ai familiari quali sono i rischi e i benefici della terapia. E’ importante che le indicazioni siano precise e facilmente comprensibili a tutti. 2 Bisogna tenere conto che la somministrazione di qualsiasi antidepressivo è associata al rischio di sindrome d’astinenza o di tossicità nei neonati, anche se tali conseguenze
sembrano autolimitarsi nella maggior parte dei casi.2
E’ fondamentale sapere che non tutti i farmaci passano nel latte in uguale proporzione. 3 Per esempio i triciclici imipramina e nortriptilina sono presenti nel latte materno in livelli relativamente bassi. Anche la sertralina
(SSRI) viene escreta in bassa concentrazione, mentre la fluoxetina, il citalopram e il bupropione si ritrovano
in alta concentrazione nel latte.2,6
Tuttavia, se il bambino è sano, la donna in terapia con i triciclici o con gli SSRI può continuare ad allattare,
purché si tenga in osservazione lo sviluppo del bambino. 2 Bisogna prendere precauzioni aggiuntive nel caso
in cui il lattante sia nato pretermine, di basso peso o soffra di qualche malattia. 2,4
Nel corso dell’allattamento dovrebbe essere evitata la somministrazione di litio, perché escreto in alte
concentrazioni nel latte, di lamotrigina, per i rischi dermatologici nel neonato, e di clozapina, per il rischio di
agranulocitosi nel lattante e per i livelli alti del farmaco nel latte materno. 2,3
-9-
Maternity blues e depressione post partum
I neonati di madri in terapia dovrebbero essere monitorati per sintomi come irritabilità persistente, riduzione dell’appetito e scarso incremento di peso.6
Una volta osservata l’inizio della remissione dei sintomi, il trattamento viene solitamente proseguito per 6-9
mesi di stabilità, dopo i quali è possibile la sospensione. 6
L’elettroshock terapia (terapia elettroconvulsivante) è un trattamento efficace della depressione di grado da
moderato a grave resistente o intollerante alla terapia farmacologica. Si può pensare di ricorrere
all’elettroshock se le terapie farmacologiche non hanno avuto successo o in quelle situazioni particolarmente
gravi (alto rischio suicidario) nelle quali sia necessaria una risposta rapida e nei casi in cui le scarse
conoscenze sugli effetti cognitivi a lungo termine dell’elettroshock non costituiscano un rischio eccessivo
rispetto ai benefici.1 L’elettroshock durante la gravidanza non sembra più rischioso rispetto a qualsiasi altra
fase della vita e non sembra avere ricadute provate sul feto. 2
Nelle forme gravi di depressione o nei casi di psicosi post partum può essere necessario ricoverare la donna
ed eventualmente il bambino per assicurare una migliore gestione della donna e una maggiore sicurezza del
bambino.3 Il ricovero della madre, seppur raccomandato nei casi gravi, non è una scelta consigliabile in
quanto separare la madre dal bambino, oppure ricoverare anche il bambino in un reparto psichiatrico, può
aggravare la situazione o causare difficoltà. L’unione tra madre e figlio rafforza un attaccamento positivo e
potenzia la fiducia della madre nelle proprie capacità di gestire il suo ruolo e d’altra parte il ricovero del
bambino in un reparto psichiatrico è poco praticabile perché non garantisce la sicurezza del bambino. Per
questi motivi, laddove possibile, si cerca l’appoggio del partner o di quanti possano dare supporto alla madre,
fornendo a loro volta l’appoggio e l’educazione necessaria. Sarebbero auspicabili i cosiddetti reparti per
madri e figli (mother and baby unit) cui ricorrere nei casi in cui l’ambito familiare-sociale non è
sufficientemente di sostegno da consentire il rientro della madre e finisce addirittura con l’essere causa di
disagio, stress e insicurezza per la donna.3
Bibliografia
1. Agenzia italiana del Farmaco. Clinical Evidence. Edizione Italiana. Zadig 2006.
2. National Institute for Health and Clinical Excellence. Antenatal and postnatal mental health. The NICE guidelines on
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4. Buckley NA, McManus PR. Fatal toxicity of serotoninergic and other antidepressant drugs: analysis of United
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5. The National Collaborating Centre for Primary Care Postnatal care. Routine postnatal care of women and their
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Maternity blues e depressione post partum
5.
E’ possibile prevenire la depressione post partum?
Punti chiave
● Fattori di rischio
● Interventi preventivi
● Comportamenti consigliati in gravidanza
In sintesi
Per prevenire la depressione post partum occorre tenere sotto controllo le donne a
rischio cioè quelle che hanno già avuto episodi depressivi nella vita o dopo parti
precedenti o che stanno attraversando un periodo particolarmente stressante
(problemi di lavoro, rapporto difficile con il partner eccetera). Per valutare il rischio
di depressione post partum si può utilizzare anche la Edinburgh Postnatal
Depression Scale. Le donne a rischio non vanno trattate con i farmaci. La terapia va
presa in considerazione, valutandone i rischi e i benefici, solo quando viene fatta una
diagnosi di depressione.
Fattori di rischio
L’eziologia della depressione post partum risulta ancora incerta. Alcune donne possono risultare più esposte
alle oscillazioni ormonali che caratterizzano gli eventi della vita riproduttiva (mestruazioni, gravidanza, me nopausa).1 La rapida caduta dei livelli ormonali dopo il parto potrebbe avere un ruolo. 1-5
In generale però non ci sono certezze relative alla variazioni ormonali più o meno improvvise che avvengono
nella gravidanza e nel periparto.7-10
E’ stata inoltre riportata un’associazione tra elevati livelli di cortisolo e sintomi depressivi in gravidanza e nel
post partum. 6
L’ipotiroidismo potrebbe essere una causa di depressione. Quindi è consigliabile eseguire controlli regolari
della funzionalità tiroidea nelle donne in cui si sospetta fortemente una depressione post partum.7
Per individuare tra le future madri le donne a rischio di depressione post partum occorre valutare la presenza degli stessi fattori che sono valutati e ricercati nella popolazione generale per identificare il rischio di de pressione.8
In primo luogo bisogna valutare se la donna ha una storia di depressione o se ci sono stati elementi connessi
a condizioni depressive come per esempio:
 episodi depressivi nella vita del soggetto;
 depressione post partum in seguito a precedenti gravidanze (la ricorrenza è stimata tra il 25% e il 50%); 5,6
 insorgenza di maternity blues;
 eventi stressanti recenti;
 problemi di vita come rapporti difficili con il partner o carenza di sostegni sociali. 8-11
Inoltre, sono considerate a rischio le donne con:
 psicopatologia nei familiari;
 gravidanza non pianificata, non desiderata o al contrario lungamente ricercata;
 molti figli (2 o più);
 stress genitoriale (e una eventuale patologia psicologica nel partner, per esempio, depressione);
 problemi sul lavoro (per esempio disoccupazione o lavoro insicuro);
 patologie organiche (per esempio problemi tiroidei);8-11
 bassa età;
 elevato livello di istruzione.
I fattori di rischio elencati definiscono in qualche termine la vulnerabilità della donna; d’altra parte un’anamnesi personale (e familiare) positiva per depressione (nel passato e precedentemente alla gravidanza) e la
presenza di un trattamento antidepressivo precedente la gravidanza o in gravidanza consigliano di impostare
al meglio l’osservazione ed eventualmente il trattamento. 9,10 Le ostetriche hanno un ruolo chiave nel riconoscimento delle donne a rischio di depressione. Nelle visite o negli incontri che precedono e seguono il parto
l’ostetrica dovrebbe chiedere se in passato ci sono stati episodi di depressione e se in famiglia qualcuno soffre
di depressione o di malattie psichiatriche. Inoltre bisognerebbe chiedere alla donna se nell’ultimo mese le è
capitato di sentirsi depressa e se nell’ultimo mese ha perso interesse per le attività che di solito trovava inte-
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Maternity blues e depressione post partum
ressanti. Nel caso risponda in modo affermativo a una delle due domande bisogna chiedere se ritiene di aver
bisogno di aiuto.8
La presenza di un’anamnesi personale positiva per psicosi e psicosi post partum è un fattore di rischio per la
madre che può presentare nuovamente questa patologia nel post partum o in futuro. In questi casi occorre
tenere in considerazione la situazione e impostare il trattamento adeguato. 10,11
Interventi preventivi
Per fare prevenzione bisogna disporre di strumenti che consentano di operare uno screening attendibile nelle
fasi precedenti il periodo in oggetto. La Edinburgh Postnatal Depression Scale,13 ampiamente utilizzata,
sembra dare alcune indicazioni nello screening prenatale per individuare le donne a rischio di depressione
post partum. Inoltre, è necessario un piano per la raccolta dei dati che consenta di raccogliere un’anamnesi
psico-sociale individuale e familiare accurata per individuare la criticità nella vita familiare e di coppia che
possano rendere problematico l’adattamento della madre alla nuova condizione post partum.12
Ciò premesso, è necessario operare dei distinguo in base alle condizioni delle future puerpere. Gli interventi
psicosociali generici e limitati nel tempo non sembrano essere uno strumento preventivo sufficientemente
valido da essere consigliato estesamente a tutte le gravide se non ci sono criticità o fattori di potenziale
vulnerabilità nelle gestanti. Lo stesso vale per le donne che abbiano vissuto in precedenza gravidanze e/o
parti critici: in assenza di segni e sintomi particolari non è consigliato alcun intervento neppure sul modello
del debriefing. Vale tuttavia la pena di sollecitare questi soggetti a parlare e a utilizzare i consueti canali di
comunicazione interamicale e intrafamiliare nel caso in cui ne percepiscano il bisogno. 11,12
Nei soggetti con sintomi psicologici sottosoglia e/o che vivano situazioni stressanti sono efficaci gli interventi
psicologici sul modello della psicoterapia interpersonale o della terapia cognitivo-comportamentale (quando
i soggetti abbiano già sofferto di precedenti episodi depressivi) o sociali (quando non abbiano mai
sperimentato depressione in precedenza). 8-14
Un approccio farmacologico alla prevenzione della depressione post partum, invece, in considerazione
dell’insufficiente disponibilità di prove cliniche, non è ancora consigliabile, perché quando si tratta di
prevenzione in soggetti che non necessariamente diventeranno depressi i rischi sembrano ancora superare i
benefici.5,29
Se si considera come prevenzione anche il trattamento di una depressione già presente in corso di gravidanza,16,17 è necessario fare alcune considerazioni. Non va escluso a priori l’approccio farmacologico ma occorre
valutare con attenzione:
 le possibili ripercussioni sul feto e sul suo sviluppo, a breve e a lungo termine;
 l’intenzione di allattare da parte della madre (vedi dossier Farmaci e allattamento);
 i ritmi imposti dalla gravidanza stessa e dall’approssimarsi del parto, con il rischio di astinenza che porta
con sé per il neonato;
 la non costante e non sempre attendibile disponibilità di dati di sicurezza dei farmaci in questa particolare
fase della vita della donna e del bambino.8
Per questi motivi prima di somministrare una terapia farmacologica è essenziale valutare una serie di fattori
tra cui:
 la gravità dei sintomi e le possibili conseguenze della malattia in atto (esiti);
 le difficoltà che possono esserci all’assunzione del nuovo ruolo e il rischio di compromissione del rapporto
madre-figlio in caso di mancato trattamento;
 la possibilità di utilizzare trattamenti alternativi non farmacologici;
 la ricaduta di un trattamento farmacologico sul feto;
 il peso che il trattamento può avere sulla decisione di allattare e l’importanza dell’allattamento oggettiva e
soggettiva.8
Se si decide di somministrare il farmaco è necessario che:
 sia scelto il principio attivo più sicuro per madre e feto, in base ai dati disponibili;
 sia iniziato il trattamento con il dosaggio efficace più basso seguito da eventuali incrementi lenti e minimi;
 sia utilizzato quando possibile un solo farmaco;
 sia evitato, quando ragionevolmente possibile, l’utilizzo del farmaco nel primo trimestre di gravidanza
(uso peraltro non escluso dalle linee guida);
 siano tenuti sotto controllo il feto e la madre;
 siano considerati i rischi per il feto alla nascita (per esempio, crisi d’astinenza). 8,11
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Maternity blues e depressione post partum
Alcuni studi hanno mostrato l’efficacia di alcune supplementazioni dietetiche nella prevenzione della depres sione post partum, ma si tratta di prove deboli o contrastanti:29
 acidi grassi omega 3;
 ferro;
 calcio;
 vitamina B12;
 riboflavina;
 folati;
 S-adenosil metionina;
 vitamina D.
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