Le vite degli altri SUSAN NATHAN

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Le vite degli altri SUSAN NATHAN
Abita in un villaggio
tra le montagne
della Galilea. Ha scritto
nel 2005 un libro
che è un best-seller
mondiale. Storia
di un’ebrea che vive
fra 30 mila arabi
M. Borraccino
PERSONAGGI
di Manuela BORRACCINO
(24)
l’
autobus lascia la pianura costiera di Haifa e sale lento verso la Galilea. Pochi chilometri
fra campi di ulivi, finché sbuca
in un incrocio ai piedi di una
collina coperta da case grigie
ammassate l’una sull’altra. Tamra Center, annuncia l’autista.
Cavi elettrici a vista, pochi negozi, un’atmosfera di precarietà diffusa in questa cittadina
araba a mezz’ora da Acri. È qui
che ha scelto di vivere Susan
Nathan, una signora inglese
dal viso acqua e sapone che
nel 1999, a cinquant’anni, reduce da un divorzio e dopo
aver lavorato parecchi anni accanto ai malati di Aids, ha deciso di trasferirsi da Londra a
Tel Aviv seguendo la Legge
del ritorno prevista per gli ebrei
della diaspora. Poi, pochi mesi
dopo l’aliya, la scoperta «dell’altro lato» del mito sionista
nel quale era cresciuta: quello
che lei ha chiamato della «divisione etnica» che separa gli
ebrei dagli arabi all’interno di
Terrasanta
SUSAN
NATHAN
Le vite degli altri
Israele, e il prezzo pagato dai
palestinesi, non solo dei Territori o dai profughi ma anche
da quelli che hanno potuto
scegliere la cittadinanza israeliana, perché il sogno di uno
Stato per gli ebrei si realizzasse.
La faccia nascosta. Così
è nato il best-seller del 2005
The Other Side of Israel (malamente intitolato in italiano
Shalom fratello arabo), tradotto in 10 lingue ma, significativamente, non in ebraico. Un
durissimo J’accuse, arrabbiato
e a tratti angosciante, sulla politica discriminatoria perseguita in 60 anni dallo Stato
ebraico verso la minoranza araba, poco più di un milione su
circa sei milioni e mezzo di
israeliani.
«Ammetto che se dovessi scriverlo oggi userei toni più pacati: a distanza di tre anni capisco molto di più la complessità della situazione e non sono
più così indignata con i miei
connazionali. Ma quando l’ho
scritto ero talmente scioccata…
Non riuscivo a credere che i
miei compagni ebrei potessero
vivere in un tale stato di ignoranza sulle condizioni di vita
dei concittadini arabi», dice
mentre serve il caffè turco, forte e speziato, nella bella casa
novembre-dicembre 2008
COPERTINA
C
H
IÈ
Dal Sudafrica
alla Terra Santa
Nata nell’Essex nel 1949, ebrea per parte di padre (una circostanza sulla quale si sono appuntati gli strali dei suoi detrattori
poiché la madre, protestante, si convertì solo dopo il matrimonio all’ebraismo), Susan Nathan è cresciuta fra l’Inghilterra e il Sudafrica, madrepatria del padre. Educata secondo gli ideali del sionismo e con una lunga
militanza giovanile contro l’apartheid, dopo il matrimonio a metà degli anni
Settanta si è stabilita con il marito e i due figli a Londra. Nel 1983, mentre si
diffondeva la psicosi per la sconosciuta sindrome che colpiva gay e tossico- arabi». Al punto che
dipendenti, ha iniziato a lavorare in un’ong contro la discriminazione dei ma- «potrebbe presto
scoppiare una nuolati di Aids. Nel 1999, anni dopo il divorzio, si è trasferita in Israele come inva intifada» se non si
segnante di inglese. Dal 2002 vive a Tamra: un’esperienza che ha ispirato
porrà rimedio al soil racconto autobiografico The Other Side of Israel (in ital. Shalom fratelvraffollamento, alla calo arabo. La voce critica di un'ebrea che ha scelto di vivere in pace
renza cronica di infracon gli arabi, Sperling & Kupfer, Milano, pp. 344, 8,80 euro).
strutture, scuole, parchi,
Oggi scrive per il periodico svedese Aftonbladet, svolge
impianti fognari dei municonferenze all’estero e lavora per l’applicazione
cipi arabi. Per questo, malgrado
della Risoluzione Onu 1325 sul ruolo delle
il male che l’ha colpita e che
donne nel processo di pace.
Terrasanta
ferimento morali che continuano ad alimentare il suo impegno civile.
Paura e ignoranza. Il fatto
è che quando nel 2002 è venuta a vivere tra 30 mila arabi
stretti come sardine su pochi
chilometri quadrati, obbligati
dall’espropriazione delle terre
ad aggiungere piani ai palazzi
esistenti perché non c’è modo
di ottenere nuove licenze edilizie, Susan sperava di dimostrare come la paura che divide
i due popoli «si basi solo su un'ignoranza alimentata da Israele
per tenere la popolazione ebraica separata dai suoi vicini arabi».
Oggi, aldilà della sua comprensione più profonda del
conflitto e a dispetto di tutte le
promesse ascoltate, la scrittrice
rileva «un netto peggioramento della condizione di vita degli
▲
inondata di luce su una delle
colline di Tamra, ristrutturata
per lei dalla famiglia araba che
l’ha adottata.
Alle pareti tele israeliane, palestinesi, sudafricane. Perché è
nel Sudafrica dell’apartheid che
ha vissuto, da universitaria, le
prime esperienze politiche: così ha imparato a riconoscere e
denunciare i segni del diverso
trattamento riservato ad ebrei
e arabi nell’accesso al lavoro,
nel peso in politica, nella distribuzione delle risorse statali
per istruzione, servizi, ordine
pubblico. Sul tavolino le ultime
letture: The Ethnic Cleansing
of Palestine dello storico israeliano Ilan Pappe; Out of Place,
la biografia dell’intellettuale palestinese Edward Said; Violation, saggio su un famoso caso
di razzismo negli Usa, del giornalista David Rose. Punti di ri-
ha ispirato il libro sulle donne
e la malattia che uscirà nel
2009, viaggia spesso sia in Europa che negli Stati Uniti per
dare voce alle richieste dei cittadini arabi di porre fine alla gestione «etnocentrica» della cosa
pubblica in Israele. O anche di
poter raccontare l’altra storia
della guerra del ’48, la nakba,
nelle scuole arabe israeliane.
Il paradosso è che il libro che
l’ha resa famosa, nato per rompere il silenzio sulle vite degli altri cittadini israeliani, non si
può leggere in ebraico. «Israele
preferisce vivere nella negazione del problema», allarga le
braccia Susan. «La maggior parte di quelli che l’hanno letto in
inglese sono rimasti scioccati.
Alcuni nutrono una silenziosa
ammirazione; altri mi considerano un’estremista». Per la
maggior parte, un’inquilina scomoda nel condominio araboisraeliano.
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