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Tracce d’eternità Rivista elettronica di Storia Antica, Archeologia, Mitologia, Esoterismo ed Ufologia Riservata agli utenti del portale Tracce d’eternità Numero 6 (Gennaio 2010) INTERVISTA A SEMIR OSMANAGIC di Gianluca Rampini AVVENTURA NELLA GUYANA FRANCESE di Marco Zagni LE DIVINITÀ DA UNA SOLA GAMBA LA STORIA MILLENARIA DEI CERCHI NEL GRANO IL PILOTA COSMONAUTA RUSSO ALEKSEI LEONOV E GLI UFO di Philip Mantle e Paul Stonehill di Michele Proclamato di Davide Amore LE FIRME DI QUESTO NUMERO IN UNO SCRIGNO DI RAME L’ORIGINE DELL’UMANITÀ? di Jeff Behnke Paul Stonehill Philip Mantle Jeff Behnke Yuri Leveratto Roberto La Paglia Enrico Baccarini Michele Proclamato Marco Zagni Noemi Stefani Antonella Beccaria Giovanna Triolo Isabella Dalla Vecchia David Lombardi Davide Amore Enrico Vincenzi Gianluca Rampini Simone Barcelli Simonetta Santandrea Alateus LA BIBBIA DEL DIAVOLO di Simonetta Santandrea Questa rivista telematica, in formato pdf, non è una testata giornalistica, infatti non ha alcuna periodicità. Non può pertanto considerarsi un prodotto editoriale, ai sensi della legge n. 62/2001. Viene fornita in download gratuito solamente agli utenti registrati del portale e una copia è inviata agli autori e ai collaboratori. Per l’eventuale utilizzo di testi e immagini è necessario contattare i rispettivi autori. Note a margine pag.2 Scambio di sapere Simonetta Santandrea Simonetta Santandrea ha 39 anni ed è la fondatrice del gruppo “Tracce d’eternità” sulla piattaforma Facebook, gruppo di cui tuttora è responsabile. Si occupa di Storia Antica e in rete collabora con Luoghi Misteriosi, Paleoseti ed altri siti tematici. Un mucchietto di fogli scritti fitti fitti sono poggiati davanti a me. Appunti. La pagina bianca del documento word troneggia nel notebook, di un vuoto abbagliante. Mettere le lettere al loro posto, tasselli, a formare un discorso, tradurre un pensiero, parole che tessano un filo per uscire dal bianco buio del mistero dell’essere: mica facile. I fogli sono lì, la pagina diventerà un po’ meno bianca, la strada della ricerca è appena iniziata. Ho già letto tutti i contributi di questa rivista che vede la luce oggi, li ho letti per scrivere queste Note a margine, e correggere quei piccoli refusi che infastidiscono la mia lettura (concedetemi qualche mania): sono privilegiata in questo momento rispetto a voi che ancora non avete avuto l’onore di abbracciare con gli occhi tutte queste pagine di viaggio verso la conoscenza. TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà Ogni volta che un numero della rivista trova la sua stesura definitiva e viene alloggiato per il download, coccolato com’è per essere un “buon lavoro”, sento sempre la stessa emozione: quella che nasce dall’aver arricchito un po’ di più la mia conoscenza, stuzzicando la curiosità, aprendo la mente al ragionamento, e poter, inoltre, godere del lavoro della squadra che cresce, cambia e si conferma dietro Tracce d’eternità. E penso a quando anche voi la leggerete: ci sarà un muto scambio di sapere, i nostri ragionamenti virtualmente andranno a tessere una tela, forte, chiara, scintillante di consapevole rugiada. Ezra Pound, poeta statunitense protagonista del modernismo, disse che “il libro REALE è quello in cui le parole diventano sempre più luminose man mano che la nostra esperienza aumenta o quando siamo guidati e spinti a considerarlo con maggiore attenzione.” Questo significa per me Tracce d’eternità: un insieme di parole che concorrono a formare la mia esperienza, mi portano a ponderare con più consapevolezza i dati che fanno parte del mio bagaglio culturale e a formulare per ognuno un pensiero critico. Aumentandone l’ampiezza e la ricchezza posso arrivare a discernere la buona cultura da quella inutile, quella coerente da quella “pro forma”. E spingermi a condividere questa ulteriore affermazione del poeta Pound: che “la libertà di parola senza la libertà di diffusione è solo un pesce dorato in una vaschetta sferica”. Tracce d’eternità rende libera la mia mente di essere curiosa, edotta, limpida. Non conoscevo, ad esempio, troppo approfonditamente l’argomento delle Piramidi bosniache di Visoko, di cui Gianluca Rampini parla nell’intervista a Semir Osmanagic: un sito tutto da scoprire che porta forte il segno dell’uomo. Simone Barcelli s’interroga sulla fine di uno dei nostri antenati in Neandertal, fine di una specie, uomini evoluti al pari dei fratelli Sapiens, da questi però sopraffatti per diverse ragioni. Mi viene da pensare che assai spesso, di fronte a pari capacità, la bruta natura vince. Chiudo la valigia della fantasia e volo nelle foreste del Mato Grosso: per guida ho Yuri Leveratto che mi racconta l’epopea di Percy Fawcett e i misteri della sierra del Roncador: la ricerca di una civiltà antidiluviana e dei suoi segni nella città perduta dentro la foresta. Altro racconto affascinante è quello di Marco Zagni in avventura nella Guyana francese: l’età dei vent’anni, la misteriosa foresta sudamericana, animali strani dai versi inquietanti… A questo punto ho molte più risposte rispetto all’inizio del mio cercare. Ma queste risposte ingenerano altre domande, che vorranno essere soddisfatte da più risposte… è una ruota che gira, ingranaggi di un ragionamento: chi sono, dove vado, da dove vengo… cosa porto con me, quali segni, quali simboli, cosa sono in grado di comprendere, come mi parla la storia e la realtà che mi ha plasmato... Il linguaggio è formato anche di simboli, che aiutano a comprendere i messaggi più oscuri e rendono tangibile l’ineffabile. EnricoBaccarini, in i “Santi Graal”, alla ricerca di nuove risposte, analizza questo enigmatico simbolo della cristianità, nel tempo e nello spazio. TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà Roberto La Paglia, poi, ricerca le apparizioni della Vergine in relazione alle caratteristiche forme di manifestazione aliena, in Le apparizioni mariane: un miracolo di tecnologia, chiedendosi se questo sia un modo di comunicazione fra entità diverse. Essere altro da noi, lasciare l’egoistica presunzione di essere unici e soli padroni e proprietari del tempo e dello spazio: e se questa “forma d’arroganza” venisse adottata contro di noi? Se già stesse accadendo questo? Gianluca Rampini, per la rubrica Ufologia, racconta in Ciò che non vorremmo sapere – Le mutilazioni umane, casi di ritrovamenti animali e umani che vanno oltre la varia e abominevole casistica di cronaca nera operata dalla mano dell’uomo. Son cose che non si possono dire fino in fondo… potrebbero non essere vere o.. invece sì, ma potrebbe non essere possibile dirle…dire che i nostri cieli non sono solo nostri: Paul Stonehill e Philip Mantle ne Il pilota cosmonauta russo Aleksei Leonov e gli Ufo riportano l’opinione del cosmonauta russo riguardo altre forme di vita intelligente all’interno del nostro sistema solare. Ancora Gianluca Rampini, instancabile, nella rubrica Dreamland, intervista Antonio Urzi, contattista di astronavi extraterrestri. “ La cosa più bella con cui possiamo entrare in contatto è il mistero. E' la sorgente di tutta la vera arte e di tutta la vera scienza”: mica lo dico io, sono parole di Albert Einstein, che qualcosina doveva pur aver capito… Parlando di mistero, dico che Simonetta Santandrea (mi fa strano, mi verrebbe da scrivere “io”) parla, per la rubrica Urbis Historia, del Codice Gigas, anche conosciuto come Bibbia del diavolo, manoscritto boemo che leggenda vuole essere stato scritto in una sola notte grazie ad un patto diabolico… In Librarsi, invece, riporta la recensione di un libro dallo stesso titolo, La bibbia del diavolo, romanzo tedesco che dalla storia misteriosa del codice prende avvio. Michele Proclamato, in La storia millenaria dei Cerchi nel Grano (Ia parte), affronta il mistero di queste formazioni, mettendo attenzione al significato del Tempo che risponde alla “legge dell’Ottava”. Il tempo… un tempo c’era un tempio, il Tempio, quello di re Salomone: dov’era, com’era fatto, cosa si compiva al suo interno e fuori da esso, che ne rimane… lo scrive Alateus, nella rubrica Altre verità. Nasciamo e moriamo: inconfutabile verità. David Lombardi, per Scienze di frontiera, tratta di Telomeri e Telomerasi: nel cuore dell’orologio biologico, e spiega cosa ci rende vivi e soprattutto cosa determina il nostro morire. Nella rubrica Naufraghi delle stelle, Enrico Vincenzi fa il punto sulle Enigmatiche linee di Nazca, mentre Antonella Beccaria (Xaaran) in Archeologia e falsi: alcune motivazioni alla base di un inganno riflette sulla presenza, accertata, di falsi materiali anche all’interno dei nostri musei, che ingenerano di conseguenza falsi ideologici necessari (concedetemi, necessari?) alla coesistenza umana e nazionalistica. Una vera “botta” alle nostre coscienze la dà Jeff Behnke, in Documenti, con In uno scrigno di rame l’origine dell’umanità?. Il ritrovamento in Iraq di una scatola di rame contenente tavolette di lapislazzuli incise in una sorta di “under glass” possono stravolgere le nostre origini (e soprattutto metterci in guardia sul nostro futuro) in quanto a contenuto, sempre che siano vere e che si capisca chi effettivamente tiene “i fili di Pinocchio”. Davide S. Amore, Le divinità da una sola gamba, confronta le chiarissime similitudini presenti nella mitologia delle civiltà delle due TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà sponde dell’Atlantico, retaggio forse dei più antichi “popoli del mare”, che li avrebbero loro trasmessi molto prima di quel tempo che usualmente chiamiamo “storia antica”. Se siamo, nostro malgrado costretti ad accettare verità più o meno “pesanti”, prima o poi dovremo fare i conti con il momento del trapasso… ci toccherà spiegare un po’ di cose di fronte alla bilancia della “pesatura” delle anime: Isabella dalla Vecchia, per Luoghi misteriosi, fa il quadro sulla Psicostasi o pesatura delle anime nella storia dell’arte sacra del cristianesimo, in Italia e nel mondo. Completa questo bel viaggio la rubrica di Giovanna Triolo, Angolo privato, col suo racconto L’inizio di un mondo; Noemi Stefani, per la rubrica Life after life, lascia che i nostri angeli ci parlino di come Insegnare la vita, mentre per Confesso, ho viaggiato, Noemi ascolta cantare le voci della valle di Breguzzo, in Voci dall'altro mondo: gli Standshutzen. “Non si viaggia per viaggiare, ma per aver viaggiato”. Alphonse Karr… A presto. [email protected] Contenuti NOTE A MARGINE UFOLOGIA SCIENZE DI FRONTIERA Simonetta Santandrea Roberto La Paglia David Lombardi *** Le apparizioni mariane: un miracolo di tecnologia Telomeri e Telomerasi. Nel cuore dell’orologio biologico pag.2 pag.42 CARTA STRACCIA pag.84 Gianluca Rampini Simone Barcelli Una magica parola pag.11 LE INTERVISTE DI GIANLUCA RAMPINI Gianluca Rampini Semir Osmanagic pag.12 ARCHEOLOGIA DI CONFINE Simone Barcelli Neandertal, fine di una specie pag.20 Ciò che non vorremmo sapere pag.46 Paul Stonehill e Philip Mantle Il pilota cosmonauta russo Aleksei Leonov e gli Ufo pag.52 FRESCHI DI PORTALE Gianluca Rampini Tracce d’eternità sbarca in Argentina: Huellas de eternidad pag.62 DREAMLAND I NAUFRAGHI DELLE STELLE Enrico Vincenzi Le enigmatiche linee di Nazca pag.88 XAARAN Antonella Beccarla Archeologia e falsi: alcune motivazioni alla base di un inganno pag.91 DOCUMENTI Jeff Behnke Gianluca Rampini Intervista a Antonio Urzi In uno scrigno di rame l’origine dell’umanità? pag.63 pag.93 URBIS HISTORIA Davide Amore Simonetta Santandrea Le divinità da una sola gamba La Bibbia del diavolo pag.113 pag.69 Yuri Leveratto L'epopea di Percy Fawcett e i misteri della Sierra del Roncador LIBRARSI LIFE AFTER LIFE Simonetta Santandrea Noemi Stefani La Bibbia del diavolo pag.73 pag.25 CONFESSO, HO VIAGGIATO Marco Zagni Avventura nella Guyana Francese LUOGHI MISTERIOSI Michele Proclamato Isabella Dalla Vecchia La Storia Millenaria dei Cerchi nel Grano (prima parte) pag.75 Noemi Stefani ANGOLO PRIVATO Voci dall' altro mondo: gli Standshutzen L’inizio di un mondo ENIGMA Giovanna Triolo pag.81 ALTRE VERITA’ Enrico Baccarini I “Santi Graal”, alla ricerca di nuove risposte pag.111 LO SPAZIO DELL’OTTAVA pag.30 pag.122 Insegnare la vita Alateus Il Tempio pag.82 pag.36 TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà La psicostasi o pesatura delle anime pag.127 Tracce d’eternità Rivista elettronica di Storia Antica, Archeologia, Mitologia, Esoterismo ed Ufologia Riservata agli utenti del portale Tracce d’eternità REDAZIONE Simonetta Santandrea [email protected] Gianluca Rampini [email protected] Simone Barcelli [email protected] Traduzioni Sabrina Pasqualetto [email protected] Anna Florio [email protected] Antonio Nicolosi [email protected] Germana Maciocci [email protected] COLLABORATORI ED AUTORI Dall’estero Christopher Dunn [email protected] Michael Seabrook [email protected] Marisol Roldàn Sànchez [email protected] José Antonio Roldàn [email protected] Yuri Leveratto [email protected] Agustìn Valverde [email protected] Philip Mantle [email protected] Paul Stonehill [email protected] Malcolm Robinson [email protected] Dall’Italia Numero 6 (Gennaio 2010) Portale simonebarcelli.org Questa rivista telematica, in formato pdf, non è una testata giornalistica, infatti non ha alcuna periodicità. Non può pertanto considerarsi un prodotto editoriale, ai sensi della legge n. 62/2001. Viene fornita in download gratuito solamente agli utenti registrati del portale e una copia è inviata agli autori e ai collaboratori. Per l’eventuale utilizzo di testi e immagini è necessario contattare i rispettivi autori. This electronic magazine, in pdf format, is not a newspaper, it has no periodicity. It can not be considered an editorial, under Law No. 62/2001. Is provided in a free download only for registered users of the portal and a copy is sent to the authors and collaborators. For the possible use of texts and images please contact the respective authors. Antonella Beccaria [email protected] Simone Barcelli [email protected] Teodoro Di Stasi [email protected] eSQueL [email protected] Enrico Baccarini [email protected] Gianluca Rampini [email protected] Simonetta Santandrea [email protected] Sergio Coppola [email protected] Antonio Crasto [email protected] Maurizio Giudice [email protected] Stefano Panizza [email protected] Giovanna Triolo http://blog.libero.it/Angoloprivato Noemi Stefani [email protected] Ines Curzio [email protected] David Sabiu [email protected] Massimo Pietroselli [email protected] Alessio Margutta urgiddi.wordpress.com Roberto La Paglia [email protected] Isabella Dalla Vecchia www.luoghimisteriosi.it Alessia Maineri [email protected] Michele Proclamato [email protected] Alateus [email protected] Monica Caron [email protected] David Lombardi [email protected] Massimo Bonasorte [email protected] Davide Amore [email protected] Marco Zagni [email protected] Enrico Vincenzi [email protected] TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà In download gratuito sul portale simonebarcelli.org I primi 5 numeri di “Tracce d'eternità” Nr.1 (marzo 2009) Nr.2 (maggio 2009) Nr.3 (luglio 2009) Nr.4 (settembre 2009) Nr.5 (novembre 2009) I primi 2 e-book selezionati dalla nostra redazione David Sabiu “E’ nelle profondità dell’universo…ch e cerco l’impronta divina” (ottobre 2009) Maurizio Martinetti Marco Zagni “APU-AN Il Sole alato ritorna” (dicembre 2009) In libreria E’ fresco di stampa “Tracce d’eternità” - Un incredibile viaggio ai confini della Storia, tra le rovine di alcuni dei più misteriosi siti archeologici (169 pagine, ISBN 978-8887295-66-5, prezzo Euro: 14,80 Edizioni Il Cerchio della Luna www.cerchiodellaluna.it), di Simone Barcelli, webmaster del portale. Disponibile nelle librerie specializzate e in quelle on line. TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà COMITATO GARANTE ANTONELLA BECCARIA ROBERTO LA PAGLIA SIMONE BARCELLI Giornalista Pubblicista Webmaster [email protected] [email protected] [email protected] I REFERENTI DI TRACCE D’ETERNITA’ RESPONSABILE DEI REFERENTI ROBERTO LA PAGLIA REGIONE PROVINCIA ABRUZZO CALABRIA CAMPANIA EMILIA ROMAGNA EMILIA ROMAGNA EMILIA ROMAGNA EMILIA ROMAGNA L’Aquila Cosenza Benevento Ravenna Forlì-Cesena Bologna Bologna Trieste Roma Roma Roma Latina Genova Brescia Milano Novara Torino Olbia Sassari Catania Palermo Carrara Rovigo Treviso Treviso FRIULI VENEZIA GIULIA LAZIO LAZIO LAZIO LAZIO LIGURIA LOMBARDIA LOMBARDIA LOMBARDIA PIEMONTE SARDEGNA SARDEGNA SICILIA SICILIA TOSCANA VENETO VENETO VENETO ESTERO ESTERO ESTERO ESTERO [email protected] REFERENTE INDIRIZZO E-MAIL [email protected] [email protected] [email protected] [email protected] [email protected] [email protected] [email protected] [email protected] ANDREA DELLA VENTURA [email protected] [email protected] ENRICO VINCENZI [email protected] CLAUDIO FOTI LUCA ANDREA LA BROCCA [email protected] [email protected] MATTEO AGOSTI [email protected] eSQueL [email protected] NOEMI STEFANI [email protected] ALESSANDRO MARTINISI [email protected] STEFANIA MELIS [email protected] MAURIZIO GIUDICE PENGO ANTONIO REMIGIO [email protected] [email protected] DAVIDE AMORE VITO PIETRO DI STEFANO [email protected] [email protected] SABRINA PASQUALETTO [email protected] IRENE ANTONIOLI [email protected] MILENA BRESSAN MARIAGRAZIA LONGHINO [email protected] Gran Bretagna ANNA CATERINA FLORIO [email protected] Gran Bretagna MICHAEL SEABROOK [email protected] [email protected] Messico DANIEL MUNOZ [email protected] Colombia YURI LEVERATTO MICHELE PROCLAMATO PAOLO BOZZO ANTONIA TRAVAGLIONE SIMONETTA SANTANDREA CLAUDIO CACCHI ANTONELLA BECCARIA INES CURZIO GIANLUCA RAMPINI Chi ha aderito all’iniziativa, mediante il Gruppo COLLABORA COME REFERENTE PER TRACCE D’ETERNITA’ creato sulla piattaforma Facebook, è stato contattato dalla nostra redazione, al fine di confermare la disponibilità al progetto. Chi lo ha fatto è quindi inserito in elenco. L’impegno richiesto è minimo ma dovrà essere costante. Si tratta, in sostanza, di incentivare, nei modi ritenuti opportuni, quello che la redazione ritiene l’obiettivo primario, cioè la libera divulgazione delle tematiche qui trattate. Ogni collaboratore sarà quindi Referente di zona per ”Tracce d’eternità” nell’ambito della propria Regione e potrà contribuire attivamente alla buona riuscita dell’iniziativa. TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà TERZO NUMERO DELLA RIVISTA ON LINE DEL C.U.T. La rivista on line “Ieri, Oggi, Domani” del CENTRO UFOLOGICO TARANTO centroufologicotaranto.wordpress.com è giunta al terzo numero. Ecco il link per sfogliare come un vero e proprio giornale ed ingrandire la rivista del Centro Ufologico Taranto http://it.calameo.com/read/0000944433650b3f34a68 Per richiedere la rivista in versione Pdf basta inviare una email a [email protected] Per contattare gli articolisti del Centro Ufologico Taranto Vincenzo Puletto [email protected] Antonio De Comite [email protected] Eugenio Palese [email protected] Franco Pavone [email protected] TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà NUMERO ZERO DELLA RIVISTA ON LINE NAUTILUS MAGAZINE 3.0 Auguri al mensile “Nautilus Magazine 3.0”, neonata rivista elettronica che si occupa, in parte, delle tematiche di “Tracce d’eternità”. Dal 4 dicembre 2009 è on line, sulla piattaforma Scribd, il numero zero. Sotto la geniale guida di Maurizio Decollanz, sarà uno spazio di approfondimento di Nautilus Truth Magazine e Nautilus Travel Magazine. Ecco il link per sfogliare la rivista: http://www.scribd.com/doc/23720036/NAUTILUS-MAGAZINE-3-0-NUMERO-ZERO TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà Carta straccia pag.11 Una magica parola Simone Barcelli Simone Barcelli ha 45 anni ed è un ricercatore indipendente di Storia Antica, Mitologia e Archeologia di confine. In rete collabora con Storia in Network, Tuttostoria, Edicolaweb, Acam, Esonet, OOPArt.it, Paleoseti e ArcheoMedia, sui cui portali sono pubblicati i suoi studi tematici. Non poteva essere altrimenti. Di fatto, è iniziato il conto alla rovescia per la fatidica data del 21 (o 22?) dicembre 2012. Ce ne siamo accorti, un po’ tutti, sia in libreria che in edicola, dalla pubblicistica sull’argomento che ha raggiunto, se non superato, livelli di guardia. Un bel calderone, sostanzialmente privo di contenuti, utile semmai per far lievitare i guadagni di quelle case editrici che hanno riversato la loro morbosa attenzione sulle tematiche connesse alla fine del mondo. Già, pare sufficiente accreditare la profezia dei Maya per ottenere un bel lasciapassare a tutta una serie nefasta di altri dubbi pronostici, rispolverando Nostradamus e compagnia cantando. Pescando qua e là, a piene mani, è quindi possibile confezionare un prodotto editoriale che, pur avendo contenuti sciatti (avessi usato l’aggettivo “scadenti” avrei fatto un torto a chi mi legge), può destare attenzione nel consumatore, non solo di nicchia: l’importante è inserire nel titolo, a caratteri cubitali, la parola magica, 2012. Mosso da curiosità, ho acquistato negli ultimi tempi così tante nefandezze cartacee (dovevo pur farlo, TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà altrimenti come avrei potuto scrivere queste brevi note?), che ho anche regolarmente letto, da dover poi scollegare il cervello, anche solo per qualche giorno, al fine di “purificarmi”. Pur scrivendone, non intendo fare nomi né titoli poiché ritengo che anche una citazione certo non positiva possa infine indurre qualcuno di voi all’incauto acquisto. A questo punto, sarei oltremodo curioso di conoscere quante copie in più ha venduto, così facendo, quel mensile o quel libro. Ne è valsa davvero la pena? La credibilità, immagino, seppur raggiunta con sforzi notevoli, è così miseramente naufragata, barattata malamente, ancora una volta, col portafoglio. La fine dei tempi, da quel che mi risulta, è già stata ‘segnalata’ decine di volte, rimanendo addirittura nell’ambito ristretto degli ultimi cinquant’anni di pubblicistica. Regolarmente, e buon per noi, nulla di catastrofico si è mai verificato. Anche stavolta dovremo accontentarci tirando un bel sospiro di sollievo. Scusate ma è ancora una notizia passabile quella della fine del mondo? [email protected] Le interviste di Gianluca Rampini pag.12 Semir Osmanagic © Gianluca Rampini Gianluca Rampini LE PIRAMIDI DI VISOKO Puoi dirci come è iniziata tutta la storia della piramide Bosniaca? E come ne sei rimasto coinvolto? Nell’Aprile del 2005 ho visitato la città di Visoko, 25 km a TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà nordovest dalla capitale, Sarajevo. Ero stato invitato dal direttore del Museo locale per controllare la loro collezione di epoca medioevale. Ma ciò che attirò la mia attenzione fu una collina molto regolare nella forma, con facce triangolari, che torreggiava sulla città simile ad una piramide. Quando raggiunsi la cima notai un’altra collina, anch’essa con facce triangolari. Entrambe avevano lati rivolti verso i punti cardinali, EstOvest, Nord-Sud. Basandomi su questi due elementi (forma e orientamento) ho capito che sotto il suolo e la vegetazione dovevano esserci strutture costruite dall’uomo. Avevo visto le stesse cose in Cina, Messico o Guatemala. Immediatamente chiamai quelle due “colline” Piramide Bosniaca del Sole e Piramide Bosniaca della Luna. Piramide della Luna Panoramica del sito archeologico TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà Buona parte delle persone sapevano di una piramide, ma ci sono tre strutture che tu consideri piramidi costruite dall’uomo, è corretto? Ci puoi descrivere il sito nella sua completezza? Dopo la scoperta e le indagini preliminari, nel 2005 venne scritto un libro e data la notizia. Quindi decisi di istituire la Fondazione no-profit “Parco Archeologico: Piramide Bosniaca del Sole” e iniziammo con l’indagine scientifica globale e interdisciplinare. Abbiamo trascorso oltre 300.000 ore, tra il 2005 e il 2009, in scavi archeologici, a testare campioni e a datarli col radiocarbonio. Ci sono cinque colline dalla forma di piramide e le abbiamo chiamate: Sole, Luna, Terra, Dragone e Amore. Vicino abbiamo scoperto un tumulo complesso. Sotto le piramidi si trova una rete molto estesa di gallerie sotterranee preistoriche; l’intero complesso è chiamato Valle Bosniaca delle Piramidi. orientamento perfetto verso i punti cardinali, l’angolo di riposo è visibile in tutte le piramidi; il calcestruzzo cementato è usato per rivestire la Piramide Bosniaca del Sole e zolle di arenaria per costruire le terrazze della Piramide Bosniaca della Luna; secondo lo screening del satellite radar (esperti statunitensi) e le analisi del geo-radar (geofisici tedeschi e serbi) sappiamo che il lato settentrionale della Piramide Bosniaca del Sole ha parecchi corridoi interni; sotto la Valle Bosniaca delle Piramidi esiste un’enorme rete sotterranea di gallerie e, infine, ci sono collegamenti astronomici visibili durante il solstizio d’estate tra le due maggiori piramidi della Valle. Perciò il complesso delle piramidi è fatto dall’uomo, per l’attenta pianificazione e esecuzione di questo antico progetto. Quali sono le caratteristiche principali per definirlo “costruito dall’uomo”? Secondo Alun Salt dell’Università di Leichester, la cosiddetta “Piramide del Sole” non ha propriamente la forma regolare e non è orientata in modo così esatto verso i punti cardinali. Come rispondi a questa affermazione? Basandomi sulle mie indagini pluridecennali a livello mondiale sulle piramidi, ci sono alcuni elementi comuni: geometria, orientamento, angolo di riposo (stabilità strutturale), materiale di costruzione, corridoi interni, rete di gallerie sotterranee, caratteristiche archeoastronomiche. Le piramidi Bosniache hanno tutto ciò. E’ presente una forma piramidale a tre o quattro lati, i lati triangolari hanno un E’ difficile trovare nel mondo un progetto geo-archeologico di così vasta portata come il nostro. E’ impressionante il numero di istituzioni scientifiche e educative e di singoli ricercatori che vi hanno preso parte. Ogni rapporto è a disposizione del pubblico ed è stato pubblicato (www.piramidasunca.ba o www.icbp.ba). La stessa cosa vale per la topografia e la geodesia della Valle Bosniaca delle Piramidi. TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà L’istituzione più competente del paese, L’Istituto di Stato per la Geodesia, ha eseguito l’analisi del sito e ha riportato i risultati ottenuti nell’articolo: “L’Analisi del Paesaggio e la Topografia” (http://www.icbp.ba/index.php /Reports/Reports). Risultato: perfetto orientamento verso il Nord, l’errore è inferiore a un grado. Inoltre, ognuno può vedere la perfezione della geometria sul videoclip che mostra la vista aerea della Piramide Bosniaca del Sole (http://www.youtube.com/wat ch?v=cmEB5Cfz_pI). Per quanto riguarda Alun Salt e la sua asserzione non ho visto il suo rapporto scientifico, se ce n’è uno, perciò non posso fare commenti. E’ possibile ottenere una datazione piuttosto corretta e come? Lo scenario ideale sarebbe trovare del materiale organico appartenente ai costruttori originali nelle camere interne della piramide, come ossa, utensili di legno o carbone di legna. Dovremmo poter datare col radiocarbonio questo materiale. Nel frattempo abbiamo analizzato campioni del terreno delle due piramidi all’Istituto di agro-pedologia di Sarajevo. Le loro conclusioni: (1) I campioni appartengono a terreni medio antichi cioè oltre 5.000 anni; (2) la copertura media delle piramidi è 40-50 cm e occorrono 250-300 anni perché si formi 1 cm di substrato di argilla. Conclusione: le piramidi possono essere state coperte dal suolo da più di 10.000 anni. Se questa struttura è fatta dall’uomo, chi furono i costruttori? Le principali piramidi nel mondo non hanno risposte su chi le ha costruite: la città di Teotihuacan in Messico (3 piramidi principali e 400 costruzioni piramidali), 34 piramidi Kavachi nel Perù meridionale, 250 piramidi Tukume nel Perù settentrionale, le piramidi Akapena in Bolivia, le piramidi alle Isole Canarie o le sette piramidi alle Mauritius… Duecento anni di Egittologia non sono riusciti a rispondere esaustivamente alla domanda “come furono costruite le più importanti piramidi in Egitto”. Per le Piramidi Bosniache possiamo concludere che furono progettisti e architetti superiori con le conoscenze di astronomia e geometria (sacra), costruttori avanzati che conoscevano le formule del migliore calcestruzzo cementato. Con il procedere della ricerca più risposte saranno disponibili. Sono stati trovati dei manufatti nei dintorni per supportare o smentire questa datazione? Gli archeologi tedeschi di Kiel, che lavorano indipendentemente dalla squadra della nostra Fondazione, hanno scoperto un bel manufatto di ceramica, la piramide a quattro lati nell’estate del 2008. Hanno determinato che la piramide risalisse allo strato culturale antico di 7.500 anni. Se ricordiamo bene, la scomparsa di questa cultura, secondo le tue teorie, è stata causata dallo scioglimento dei ghiacciai. Ma questo dovrebbe essere un fenomeno piuttosto lento, come può una popolazione essere distrutta da ciò? La nostra conoscenza sulle civiltà prima della fine dell’ultima era glaciale è debole. Abbiamo appena scoperto tracce di culture avanzate in Giappone sul fondo del Pacifico (13 città megalitiche a sud dell’isola di Yonaguni), nel Libano (un blocco di 1.200 tonnellate a Baalbek), le Il manufatto a forma di piramide TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà piramidi Peruviane, il sito megalitico a Gobekli Tepe in Turchia di oltre 13.000 anni, ecc. Lo scioglimento dei ghiacci è stato parte di un processo catastrofico globale scatenato probabilmente da un disastro cosmico e seguito da terremoti devastanti, eruzioni vulcaniche e scioglimento improvviso dei ghiacci in vaste aree . L’Atlantico si è innalzato di 120 metri e il Pacifico di 80! Perciò, non è stato un processo lento ma una serie di eventi improvvisi e sconvolgenti. Gran parte della vita è stata spazzata via per sempre dalla faccia del pianeta. Molte piramidi sono state trovate in tutto il mondo, secondo te hanno qualcosa in comune oltre alla forma? Il concetto di piramide è un concetto mondiale. L’orientamento, nella maggior parte dei casi, è verso Nord. Alcuni esempi: le piramidi di Giza, tutte le 250 piramidi cinesi, la maggior parte delle piramidi Peruviane, le piramidi Bosniache. Se questa scoperta sarà mai confermata dalla scienza convenzionale, come cambierà la storia che abbiamo studiato? Le piramidi Bosniache sono là qualunque cosa pensino di ciò certi circoli scientifici, “convenzionali” o “tradizionali” o “conservatori”. Io sono conscio di vari enormi cambiamenti che dovranno essere realizzati nei nostri libri di storia: 1.Le piramidi Bosniache sono le prime piramidi in Europa 2.Le piramidi Bosniache sono le più antiche sul Pianeta 3.Le piramidi Bosniache sono le più grandi sul Pianeta 4.Il calcestruzzo cementato scoperto sulla Piramide Bosniaca del Sole è il calcestruzzo più antico 5.La rete di gallerie è uno dei più estesi labirinti sotterranei 6.I simboli incisi sui megaliti nelle gallerie sotterranee sono alcune tra le tracce più antiche nell’alfabetizzazione in Europa Tra le altre piramidi quali sono quelle più simili alle piramidi di Visoko? Le piramidi di Visoko sono più antiche di altre piramidi conosciute ed è difficile trovare il loro modello. Comunque, la Piramide Rossa a Dahshur (Egitto) sembra una riproduzione minore della Piramide Bosniaca del Sole. La regione in cui si trovano le piramidi, ha qualche caratteristica particolare per essere stata scelta? Come la montagna primordiale sotto la piramide di Khufu, per esempio. La Media Bosnia ha avuto un clima molto piacevole per decine di migliaia di anni. C’erano tutti gli elementi per l’avanzamento della civiltà: abbondanza di foreste (cibo e legno per abitazioni), abbondanza di acqua (sopra e sotto il suolo) e continua presenza di homo sapiens per 40.000 anni (secondo i nuovi risultati dell’antropologia genetica). TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà Puoi parlarci delle sfere di pietra Bosniache e dei loro collegamenti con le sfere messicane e della Costa Rica? Dietro di loro c’è dell’energia esotica? La nostra Fondazione ha scoperto e catalogato venti posizioni differenti in BosniaErzegovina con sfere di pietra. Le misure sono diverse e il materiale vario: granito, roccia vulcanica e arenaria. Alcune di loro sono imperfette, altre rozze. Senza dubbio sono fatte dall’uomo. Abbiamo testato in laboratorio quattro campioni delle sfere di pietra e campioni del materiale pietroso vicino. I risultati hanno mostrato sette elementi comuni nelle pietre e nelle sfere e due elementi in più nelle sfere: il calcio carbonato (materiale adesivo) e il manganese (additivo per durezza). Abbiamo concluso che le sfere di pietra sono state versate nel terriccio e create sul posto. Dato che le sfere di pietra in Bosnia sono state spesso ritrovate in profondità nel terreno, siamo giunti alla conclusione che sono stati fenomeni preistorici. Inoltre, non ci sono testimonianze registrate su questi oggetti. Ci sono collegamenti con le sfere di pietra in Costa Rica fatte di granodiorite, con quelle di pietra vulcanica del Messico occidentale o dell’Isola di Pasqua, è difficile dirlo. Possono appartenere a civiltà provenienti dal passato che conoscevano le correnti d’energia meglio di noi. Le gallerie che avete trovato possono essere state costruite da minatori? Possono essere una prova definitiva? Le gallerie sotterranee a Visoko corrono nel labirinto per decine di chilometri. I condotti laterali sono collegati alla galleria principale a 45 o 90 gradi. Non c’è carbone, minerali, argento o oro nelle gallerie, solo conglomerato senza valore. Questi tunnel possono aver avuto le loro funzioni all’interno del complesso delle piramidi, come le gallerie sotto la Piramide a Gradoni a Saqqara, la Piramide del Sole a Teotihuacan in Messico o le piramidi nella provincia Shaanxi in Cina. Una delle sfere Uno scorcio delle gallerie TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà I simboli incisi sulle pietre trovate nelle gallerie Sono stati trovati dei simboli, conosciamo qualcosa di più sul loro significato e se possono essere confrontati con qualche altro antico linguaggio scritto? Sono state ritrovate delle incisioni ed è troppo presto per dire che rappresentano una scrittura. Abbiamo bisogno di scoprire molti più simboli per arrivare a conclusioni definitive. Fino ad ora, alcune delle incisioni ricordano la scrittura runica. Perchè gli archeologi sono così riluttanti ad accettare questa scoperta? Sono passati alcuni tra gli scienziati più in vista qui a Visoko: l’Egittologo dr. Nabil Swelim che ha dichiarato che “la piramide di Cheope è la più grande, e la Piramide Bosniaca del Sole è la più grande del mondo”; sono stati raggiunti dall’archeologa dr. Mona Haggag dell’Università di Alessandria d’Egitto, lo storico e fondatore della moderna Biblioteca di Alessandria dr. Mostafa Abbadi, il geologo dr. TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà Aly Barakat del Cairo e da altri che non hanno dubbi sul fatto che mani umane abbiano costruito le Piramidi Bosniache. Dall’altro lato alcuni archeologi, che non hanno mai visitato Visoko nè fatto alcuna ricerca scientifica, dichiarano che qui ogni cosa è naturale. Alcuni addirittura hanno firmato due o tre petizioni piene di menzogne chiedendo che la ricerca scientifica a Visoko fosse fermata. Non ho idea di quale sia la loro motivazione o la forza che li spinga. Questo è un progetto scientifico, non la competizione che insulta i più o ride delle nuove scoperte. Gli scavi sono ancora in progresso? Quali sono i tuoi piani per il futuro? L’area di ricerca copre oltre 40 km quadrati. Stiamo lavorando su parecchie zone. Abbiamo intenzione di organizzare un grande Campo Estivo Internazionale per Volontari dal 1 Giugno – 30 Settembre 2010 (122 giorni) che accelererà l’intero lavoro di scavo e preparerà le infrastrutture turistiche a Visoko. Cosa ti aspetti di trovare sul sito tra qualche anno? Vogliamo raggiungere le camere e le gallerie dentro la Piramide Bosniaca del Sole o attraverso la superficie (lato settentrionale della Piramide) o attraverso i condotti che portano sotto la piramide. Possiamo avere più risposte su chi, quando, come e perché. Grazie per la tua gentilezza; per finire una domanda più speculativa. Molte persone credono che l’ampia distribuzione delle piramidi nel globo possa essere legata ai sopravvissuti di Atlantide o in ogni modo a una cultura mondiale dominante sul pianeta prima dell’ultima glaciazione. Come la pensi e secondo te quanto di quello che pensiamo di sapere del nostro passato è sbagliato? Sono talmente tante le cose sbagliate nei nostri libri di storia che sarebbe una perdita di tempo cercare di correggerle tutte. Il tempo remoto, il ciclo preliminare della civiltà umana, deve essere scritto da zero. Già la genetica ci sta dicendo che molto prima di 12.000 anni dovevano esserci umani avanzati nel Sud America e nel Medio Atlantico. Lo confermano innumerevoli scoperte di ruderi. Se ci sarà stata più di una civiltà avanzata prima della fine dell’ultima glaciazione, il tempo lo dimostrerà. [email protected] PUBBLICATI I LAVORI DELLA CONFERENZA SULLE PIRAMIDI DI VISOKO Le piramidi bosniache, o presunte tali, sono un argomento molto accattivante e di considerevole rilevanza storicoarchologica. Lo scorso agosto si è tenuta la prima conferenza scientifica su questo argomento ed ora è disponibile a chi interessasse (e fosse disposto a pagare 90 euro!) il reseconto completo. 50 articoli di scienziati provenienti da tutto il mondo e da diverse discipline scientifiche. Sam Osmanagic, lo scopritore delle piramidi, è un personaggio di difficile definizione ma se la sua scoperta si dimostrasse quella che egli sostiene, ci troveremmo di fronte a qualcosa di realmente importante. [email protected] TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà Archeologia di confine pag.20 Neandertal, fine di una specie © Simone Barcelli http://blogs.sciencemag.org/newsblog/2009/02/neandertal-genome-minority-rep.html Simone Barcelli L’estinzione dell’uomo di Neandertal è una questione mai troppo dibattuta, soprattutto se consideriamo che questo ominide è stato il dominatore incontrastato, sul nostro pianeta, per più di 200.000 anni ed è scomparso all’incirca nel 26.000 a.C. per far posto a quella specie a cui TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà apparteniamo ancor oggi per discendenza: l’Homo sapiens. L’ultima sponda L’ultimo stanziamento importante di una comunità Neandertal è quello di Gibilterra, nelle grotte di Gorham e di Vanguard, e risale a 28.000 anni fa. In quel lembo di terra sul Mediterraneo, questa specie viveva quindi, in pieno isolamento, gli ultimi giorni della propria esistenza, dando la caccia a foche e delfini. Dopo aver attraversato indenne buona parte del Paleolitico, adattandosi così bene da entrare in simbiosi con ogni condizione climatica che potesse presentarsi, comprese le ere glaciali che sappiamo si susseguirono incessantemente, l’arrivo in Europa dell’Homo sapiens, proveniente dall’Africa e dall’Asia, pose fine alla sua millenaria esistenza. Chi era nostro “cugino” Un milione di anni fa la specie indicata come Erectus lasciava tracce del suo passaggio in almeno tre continenti (Africa, Asia ed Europa) ma era Neandertal quella che si adattava meglio al già proibitivo habitat europeo. In quel frangente il ceppo dell’Homo sapiens diveniva invece influente nelle terre vicino dell’equatore, in Africa soprattutto. 100.000 anni fa il sapiens iniziava a peregrinare, arrivando infine nel territorio che da sempre era appannaggio del rivale. Non si comprendono appieno le ragioni che lo indussero ad abbandonare la terra d’origine per un continente tra i più ostili, con la presenza di coltri nevose e temperature costantemente sotto lo zero. Un territorio in cui Neandertal aveva affondato da tempo le radici con esigui gruppi patriarcali che trovavano riparo all’interno degli anfratti naturali: si trattava di comunità ben organizzate, uomini fisicamente forti, senza dubbio esperti nella caccia ai grossi mammiferi. Il nome della razza risale al 1856, quando Johann Fuhlrott rinvenne, in una grotta nella valle di Neander in Germania, alcuni resti fossili di questo uomo preistorico che, stando alle ultime ricerche di biologia molecolare, si contraddistingueva, prevalentemente, per la carnagione bianca ed i capelli rossi. Sostanzialmente si differenziava dalla nostra specie per una costituzione più robusta e per la particolare conformazione facciale (volto molto prominente, base cranica piatta e maggior ampiezza della calotta), mentre non c’è ancora identità di vedute per quel che concerne una presunta minore statura. Le indagini sul DNA mitocondriale di alcuni esemplari, oltre a restituirci una specie soggetta a molteplici mutazioni genetiche nel corso dell’esistenza, indicherebbero differenze così notevoli da poter affermare che questa razza non aveva nulla da spartire con la nostra, escludendo quindi l’ipotesi di ibridazione. Gli ultimi esemplari rinvenuti, soprattutto in Spagna, Portogallo e Francia, indicano che proprio in quest’area geografica avvennero gli ultimi importanti stanziamenti prima dell’estinzione. L’ipotesi della selezione naturale, pur avanzata in ambito scientifico, non chiarisce la scomparsa dell’ominide. Rimane il fatto come il movimento migratorio dei sapiens abbia pesantemente influito sulla sorte dei Neandertaliani, tanto da costringerli ad abbandonare gli insediamenti precostituiti e cercare rifugio in zone sempre più aspre ed inaccessibili. TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà Poche migliaia di individui, il cui destino appariva già segnato, perderanno la battaglia per la sopravvivenza dopo aver abilmente domato, per migliaia d’anni, gli inquieti elementi della natura. Una forzata convivenza All’epoca l’Homo sapiens era già arrivato in Europa, come dimostra il rinvenimento nel 1868 di un nostro progenitore a Cro-Magnon, in Francia, ma di che natura fu l’incontro e come poterono coabitare le due specie per quasi 10.000 anni rimane un enigma. http://commons.wikimedia.org/wiki/File:CroMagnon-male-Skulll.png In Dordogna, a due passi dai Pirenei, gli insediamenti già dei Neandertaliani passarono rapidamente di mano, occupati dalla nuova gente. Il cervello più evoluto dell’Homo sapiens dovrebbe essere stato l’essenziale vantaggio, il punto di partenza di una diversa, decisiva evoluzione che, prima di condurre direttamente all’uomo di oggi, avrebbe consentito la nascita dell’organizzazione sociale e l’articolazione di un linguaggio. Il processo evolutivo si manifesta con la costruzione degli utensili, una semplice manifestazione esteriore che pare prerogativa del Cro-magnon. Gli esempi ricorrenti sono la costruzione di fiocine e l’utilizzo di aghi d’osso per la cucitura degli abiti, segnale di civilizzazione e di progresso. Ma l’uomo di Neandertal non era da meno e ce ne siamo accorti quando si cimentava con successo, anch’egli, nell’ittica, inventandosi pescatore dal nulla pur di sopravvivere. Stupisce, semmai, immaginare questo nostro lontano cugino riuscire bene anche nella cura delle ferite: è quel che traspare evidente da un teschio di 36.000 anni fa, recentemente scoperto in Francia nella località di Saint Cesaire: il malcapitato, con una lesione provocata da un arma da taglio, riuscì a sopravvivere per qualche mese grazie alle sapienti cure ricevute. L’arma che avrebbe provocato la ferita, ben affilata e con un’impugnatura, era identica a quelle in uso al Cro-magnon. Se ci siamo stupiti per questo ritrovamento dobbiamo necessariamente sobbalzare per quanto rinvenuto in un sito tedesco, quello di Königsaue: un fossile di 80.000 anni fa che ci racconta come l’Homo neandertalensis si dilettasse a sciogliere sul fuoco il legno di betulla, tanto da procurarsi una sostanza catramosa, la prima colla che l’umanità abbia mai conosciuto, da impiegare per la costruzione di pur rudimentali utensili denominati “a lama”. Anche l’Homo sapiens utilizzò qualcosa di simile con le cosiddette “scaglie” ma solo 30.000 anni dopo ed entrambe le armi, come dimostrato, avevano la medesima efficienza. Non possiamo sottacere la scoperta in una grotta slovena di Divje Babe di quello che, a prima vista, sembrerebbe un flauto in grado di riprodurre almeno 4 delle note della scala diatonica greca. Desta preoccupazione l’età assegnata a questo frammento di femore d’orso perforato: tra 80.000 e 40.000 anni prima della nostra era. http://musicorigins.wordpress.com Ma come, l’Homo sapiens doveva ancora arrivare in Europa e già Neandertal si dilettava nella musica? Da sempre viene riconosciuto al Sapiens un miglior grado di capacità comunicativa, indispensabile per la vita sociale; peccato che le prove a sostegno di questa ipotesi non siano esaustive. Pur non essendo certi della sua padronanza di linguaggio, oggi sappiamo che il volume celebrale dell’Uomo di Neandertal era superiore al nostro e l’area dell’emisfero sinistro del cervello, quella preposta all’elaborazione e alla comprensione del linguaggio, non era da meno. Il fatto che si adornassero con collane ricavate dai denti degli animali non è forse da annoverare, pur nella sua semplicità, come chiara manifestazione esteriore di un processo evolutivo? Il ritrovamento di questi monili decorativi all’interno di una grotta ad Arcy sur Cure, nei pressi di Auxerre, dovrebbe farci almeno riflettere. Non è poi fuori luogo ipotizzare altre forme, ben più sottili, di espressione artistica, come la musica e la danza, che chiaramente non avrebbero potuto giungere fino ai nostri TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà giorni ma potrebbero aver costituito una potente forma di espressione simbolica, senza dover per forza far ricorso ad una forma di linguaggio. L’ominide onorava i propri defunti con il rito della sepoltura in fosse ovoidali, non prima di averne cosparso il corpo con l’ocra rossa, un pigmento naturale che da sempre simboleggia la vita; non mancava, infine, di deporre all’interno dei sepolcri quel che poteva servire per l’inframondo. Una piccola Venere Il salto di qualità che riflette la maggior consapevolezza dell’essere riguardo il mondo che lo circonda è evidente nel Paleolitico Superiore (dal 40.000 al 10.000 circa a.C.), soprattutto con le prime raffigurazioni sulle pareti delle caverne e con le statuette, poiché si manifesta con evidenza l’elemento artistico, denominatore di cultura e di civiltà. Le immagini parietali sono dedicate per lo più ai mammiferi ma non mancano quelle che cercano di immortalare un ben preciso stereotipo femminino, poi riversato nelle statuette: la cosiddetta “Venere del Paleolitico” o se preferite la “Dea Madre”. Quelle che vengono oggi considerate le migliori produzioni artistiche dell’antichità, si contraddistinguono per le forme prominenti del corpo femminile e rappresentano, nell’immaginario dei nostri predecessori, la natura e la fertilità. Questa forma inconsueta di rappresentazione artistica è la prima espressione di culto che l’umanità riesce a rappresentare, pur nella sua eccentrica stilizzazione. Quando l’anno scorso, nella grotta di Hohle Fels, in Germania, è stata riportata alla luce la Venere (finora) più antica al mondo, che si fa risalire ad un periodo compreso tra 35.000 e 40.000 anni fa, di fronte all’evidenza e in mancanza di resti umani nell’anfratto, l’Homo di Neandertal torna prepotentemente alla ribalta e a lui andrebbe correttamente attribuita la rappresentazione votiva. Un finale a sorpresa http://blog.libero.it/ignotaveritas Se la prima di queste statuette, la celeberrima "Venere di Willendorf”, ritrovata in Austria un secolo fa, poteva essere frutto della Cultura gravettiana e quindi datata approssimativamente a 25.000 anni fa (quando l’Homo di Neandertal era già estinto), abbiamo assistito, con il tempo, al rinvenimento di decine di statuette similari ed ogni volta ci è stata proposta una datazione anteriore di migliaia d’anni rispetto alla prima. Poiché queste datazioni sono attestate nell’arco di tempo in cui i Neandertaliani non erano ancora completamente scomparsi, anche gli studiosi hanno cominciato a nutrire dubbi circa la paternità da assegnare a queste figure pregne di significato. http://storiasoppressa.over-blog.it/article36169282.html L’estinzione del Neandertal potrebbe essere ricondotta ad un cannibalismo di sopravvivenza, cioè l’abbietta pratica del consumo di carne umana. Una ricerca condotta dall’Accademia delle Scienze di Madrid sui resti di Neandertal rinvenuti a El Sidròn, nel settentrione della Spagna, ha evidenziato una marcata denutrizione ma, soprattutto, dei tagli sulle ossa, tali da far pensare a qualche forma di cannibalismo, magari anche di carattere spirituale. Lo psichiatra Volfango Lusetti, recentemente, ha associato questa pratica alla nascita della coscienza nell’Homo sapiens sapiens. TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà La psicopatologia che sta alla base di alcuni fenomeni comportamentali violenti degli esseri umani può trovare spiegazione nel cannibalismo dei nostri antenati, costretti all’infida pratica pur di sopravvivere ad un misterioso e drammatico evento che avrebbe messo in pericolo il genere umano. Se confidiamo nella bontà dell’analisi di Lusetti, non possiamo dubitare della dirompente ipotesi avanzata dal paleontologo Fernando Ramirez Rozzi del Centro Nazionale della Ricerca Scientifica di Parigi che, tra i fossili rinvenuti a Les Rois, in Francia, ha individuato una mandibola appartenente a un Neandertaliano, che risulta chiaramente spolpata e gli artefici dello scempio sarebbero i nostri antenati. Non siamo certo di fronte ad una prova inequivocabile del fatto che l’uomo di Neandertal venisse letteralmente cacciato dalla nostra specie ma innumerevoli sono gli indizi disseminati che propendono per un finale veramente a sorpresa. Ci chiedevamo le ragioni della misteriosa estinzione della razza dei Neandertal, avvenuta, guarda caso, appena 10.000 anni dopo l’arrivo nel continente europeo dell’Homo sapiens, dopo una ininterrotta supremazia ed un continuo adattamento alle variabili condizioni climatiche. Molti siti hanno ospitato prima lui poi il nostro antenato, in un frangente di “convivenza” certo non amichevole. In alcuni di questi siti sono stati rinvenuti resti fossili di Neandertaliani che presentano tracce inequivocabili della pratica del cannibalismo. E’ un dato di fatto il progressivo spostamento di questa razza verso le coste, dove si isolò dedicandosi alla pesca. La migrazione può essere considerata una fuga da un pericolo costante e tangibile, sorto con l’arrivo dell’Homo sapiens. Il Neandertal non era quella specie inferiore che la scienza ci ha sempre descritto e ci siamo meravigliati di come quest’uomo potesse competere, anche intellettualmente, con il nostro avo: il culto della Dea Madre, con ogni probabilità, rientrava a pieno titolo nelle sue usanze religiose, segno di una chiara presa di coscienza del mondo circostante. L’ipotetica conclusione di questa terribile vicenda è che l’Homo sapiens era dedito al cannibalismo e in quest’ottica cacciava il Neandertal poiché lo considerava solamente un animale, null’altro. Il nostro antenato non aveva le stesse capacità di adattamento del cugino più stretto e, pur di sopravvivere in un ambiente a lui ostile, si procurava il cibo nella maniera più semplice che conosceva. L’eredità perduta di Neandertal Al di là di quanto fin qui sostenuto, nella considerazione che siamo nel campo accidentato delle ipotesi (e non potrebbe essere diversamente in un panorama così velocemente mutevole come quello della ricerca tesa alla conoscenza delle nostre origini su questo pianeta), emerge indubbiamente e con una forza straordinaria un ominide che, nonostante tante sofferenze, era riuscito a “connettersi” con gli elementi circostanti grazie alla semplice osservazione, senza intervenire in alcun modo, se non in maniera simbolica, giusto per appropriarsi di quelle forze della natura di cui aveva bisogno. Grazie a questa “magia”, l’uomo di Neandertal dominava gli elementi, nel pieno rispetto dell’ambiente circostante. Il culto della Dea Madre, che può racchiudere metaforicamente in sé l’energia di questo nostro pianeta, rappresentava l’unica fonte di vita da cui attingere nutrimento, anche senza bisogno di parlare. Chissà, forse per comprendere fino in fondo questo messaggio potrebbe essere sufficiente sentirci anche noi un po’ Neandertal. [email protected] I NOSTRI SONDAGGI Nel mesi scorsi abbiamo proposto, sul portale, alcuni sondaggi. Ringraziamo chi ha aderito e diamo quindi conto delle risultanze. 1) Ti piace la rivista elettronica? 41 voti (28 molto, 11 abbastanza, 2 poco). 2) Nel prossimo numero della rivista elettronica vorresti più… 27 voti (11 rubriche, 9 studi tematici, 4 interviste, 3 report conferenze). 3) Quali sono le tematiche che preferisci? 37 voti (12 ufologia, 8 archeologia di confine, 7 mente e paranormale, 5 esoterismo, 3 mitologia, 2 storia antica). 4) Che tipo di informazione preferisci tra quelle che ti offre questo portale? 30 voti (17 approfondimenti, 10 notizie d’attualità, 2 conferenze, 1 recensioni librarie, 0 edicola). In considerazione dei risultati, abbiamo provveduto a reimpostare il contenuto del portale, eliminando i servizi di aggiornamento edicola e conferenze che, a quanto pare, non incontrano il vostro favore. Stesso discorso per i contenuti della rivista elettronica: daremo meno spazio alla mitologia e alla storia antica, tematiche meno votate rispetto alle altre. TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà Archeologia di confine pag.25 L'epopea di Percy Fawcett e i misteri della Sierra del Roncador © Yuri Leveratto Yuri Leveratto, nato a Genova quarantuno anni fa, dopo aver conseguito la laurea in Economia ha iniziato il suo peregrinare per il mondo a bordo di navi da crociera. Ha vissuto a New York, lavorando come guida turistica e dal 2005 si trova in Colombia. Autore di racconti e romanzi, appassionato di Storia e fantascienza, viaggia per venire in contatto con culture autoctone e studiarne cultura e modo di vita. Tra i suoi libri ricordiamo “La ricerca dell’El Dorado” (Infinito Edizioni, 2008); a settembre uscirà “1542 I primi navigatori del Rio delle Amazzoni”. Yuri Leveratto L’uomo che più di tutti si avvicinò alla vera comprensione dei misteri del Sud America fu l’inglese Percy Harrison Fawcett, da molti indicato come il più grande esploratore del XX secolo, la quintessenza dell’avventuriero. Fawcett, che nacque in Inghilterra nel 1867, entrò a far TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà parte dell’esercito del regno molto presto, all’età di 19 anni. Fu subito spedito nell’isola di Ceylon, che in quel tempo apparteneva all’immenso impero britannico. Quindi viaggiò in Africa del Nord, dove fece parte dei servizi segreti imperiali. Durante quegli anni si sviluppò in lui il desiderio di studiare i testi antichi, soprattutto quelli che descrivono il diluvio universale, come la Bibbia o l’epopea di Gilgamesh, in modo da acquisire dati per gettare le basi della sua teoria: l’esistenza di una grande civiltà antidiluviana, che si era estesa in tutto il globo, le cui vestigia erano nascoste da qualche parte nel mondo. Ma dove cercare? Si rese conto che trovare le prove dell’esistenza di una così antica civiltà sarebbe stato complicato e quasi impossibile. Le casualità della vita lo portarono però in Sud America. Nel 1906 prese parte ad un viaggio esplorativo nella zona di frontiera tra Bolivia e Brasile, allo scopo di cartografare l’area per conto della Società Geografica Britannica. Proprio in quegli anni Fawcett venne a conoscenza di un documento risalente al 1743 (oggi denominato manoscritto 512), che descrive il viaggio dell’avventuriero Francisco Raposo nel XVIII secolo, che s’inoltrò nelle foreste del Mato Grosso. Ecco un estratto del documento: Francisco Raposo partì al comando di 18 coloni, e, dopo moltissime avventure, più in là di un’enorme zona pantanosa, dovette attraversare delle aspre montagne. Una volta che riuscirono a passare dall’altra parte videro delle radure e in lontananza la selva vergine. Si inviò un manipolo di nativi in avanscoperta e quando tornarono riferirono di aver trovato le rovine di una città perduta Nel documento 512, che fu scritto dal religioso J.Barbosa, e diretto al Vicerè del Brasile Luis Peregrino de Carvalho Menesez (che tutt’oggi si conserva nella biblioteca nazionale di Rio de Janeiro, sezione manoscritti, opere rare), si narra inoltre che gli avventurieri esplorarono la città perduta il giorno seguente. Entrarono meravigliati in una grande città di pietra, con muri ciclopici similari a quelli di Sacsayhuaman. Nella parte centrale dell’enigmatica città vi era una piazza con al centro un monolito nero molto alto, al culmine del quale vi era una statua di un uomo che indicava il nord. L’intero documento 512 fu pubblicato nella rivista dell’Istituto di Storia e Geografia Brasiliana nel 1893. La relazione di Barbosa fu reale o semplice frutto della fantasia? Per ora non possiamo dare una risposta certa a questa domanda, quel che è certo è che Fawcett ne fu affascinato e iniziò a pensare di esplorare l’area che era stata attraversata inizialmente da Raposo, 163 anni prima. Un altro degli indizi che guidarono Fawcett verso il Brasile centrale fu una statuetta, di basalto nero, raffigurante un sacerdote che mostrava una specie di tavola con dei segni in bassorilievo, forse sillabici. La statuetta, che fu regalata a Fawcett dallo scrittore Rider Haggard (autore de Le miniere del Re Salomone), proveniva dal Brasile e non dal vecchio mondo. Vi sono 22 segni riportati nella tavola, come si vede nella foto. Dal 1906 al 1925 Fawcett compì sei spedizioni nelle foreste boliviane e brasiliane. In una di queste risalì il Rio Heat (zona di confine tra Bolivia e Perù, dipartimento di Puno), riportando anche dettagliate descrizioni della fauna trovata. TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà Descrisse vari canidi pressoché sconosciuti in quel tempo e delle grandi anaconda, una di ben 20 metri. La statuina di basalto nero che fu donata da Haggard a Fawcett Non sappiamo se siano mai esistiti serpenti così enormi (l’anaconda più grande del mondo sembra sia stata misurata 9 metri), certo è che le condizioni ambientali nelle foreste boliviane e brasiliane di un secolo fa erano completamente differenti da quelle di adesso. Durante queste avventurose spedizioni, Fawcett venne in contatto con numerose tribù di nativi e si convinse che la città perduta (che lui denominò Z, forse per brevità), dovesse trovarsi nella Sierra do Roncador, un’immensa zona montagnosa e forestale, quasi del tutto inesplorata, che si estende per circa 300 km da nord a sud tra i fiumi Xingù e Araguaia (affluente del Tocantins). Il nome Roncador (ronzio) deriva dal fatto che il vento produce strani ronzii sibilando nelle rocce della zona. Fawcett decise d’intraprendere una spedizione alla ricerca della città perduta narrata da Barbosa nel documento 512 e insieme a suo figlio Jack (nato nel 1903), e all’amico Raleigh Rimmel s’inoltrò nella selva vergine con una destinazione ignota. L’ultimo segno lasciato da Fawcett fu un messaggio telegrafico inviato il 29 maggio 1925 a sua moglie, avvisandola della partenza. Dopo di ciò non si seppe mai più nulla né di Fawcett, né degli altri due partecipanti alla spedizione. Inizialmente si pensò che gli avventurieri fossero stati uccisi da nativi Kalapalos o dagli autoctoni d’altre tribù che vivono ancora oggi nei pressi del Rio Xingù: Arumas, Suyas, Xavantes. Qualcuno propose che gli esploratori fossero morti di malaria fulminante o uccisi da animali selvaggi (orsi o giaguari), ma la stranezza fu che non si trovarono mai i corpi. La prima vera spedizione nella zona per cercare di svelare il mistero della presunta morte di Fawcett ebbe luogo nel 1928 e fu guidata dallo statunitense George Dyott. Si narra che fu preso prigioniero da alcuni indigeni, riuscendo poi a scappare in modo rocambolesco. Secondo lui Fawcett fu ucciso dal capo della tribù dei Nahukwa, chiamato Aloique. Nel 1930 lo statunitense Albert Winton s’inoltrò nella selva del Roncador, ma non fece mai più ritorno. Nel 1932 lo svizzero Stefan Rattin insieme al giornalista Horacio Fusoni organizzarono una spedizione a capo di 14 uomini, brasiliani e paraguagi. Nessuno fece mai più ritorno. Nel 1937 l’esploratore Willi Aureli riportò che alcuni autoctoni Carajà si riferivano ad un gran capo bianco che viveva con gli Xavantes, nel profondo della selva. Anche il ricercatore Henry Vernes iniziò a raccontare che Percy Fawcett era vivo e aveva deciso di vivere lontano dalla cosiddetta civiltà, a capo di una tribù d’indigeni custodi dei misteri di un’antica civiltà, ora scomparsa. Nel 1951 l’antropologo brasiliano Orlando Villas Boas viaggiò varie volte nella zona del Roncador tentando di ripercorrere il percorso seguito dall’esploratore inglese. Ebbe contatti con molti indigeni e giunse alla conclusione che Fawcett e gli altri due membri della spedizione furono uccisi da alcuni indigeni Kalapalos. Secondo queste testimonianze i corpi del figlio di Percy, Jack Fawcett e di Raleigh Rimmel furono gettati in un fiume, mentre ai resti di Fawcett fu data sepoltura in un luogo segreto. Orlando Villa Boas trovò anche dei resti umani (ossa), che inizialmente furono attribuiti a Fawcett, ma successivamente si rivelarono non appartenenti all’inglese. Nel 1996 Renè Delmotte e James Linch, s’inoltrarono nella selva del Roncador, ma 12 dei 16 partecipanti alla spedizione furono presi prigionieri dai nativi Kalapalos e rilasciati in seguito in cambio d’alcuni beni materiali. Due anni dopo l’esploratore inglese Benedict Allen riuscì ad entrare nel territorio dei Kalapalos e ad intervistare un anziano indigeno detto Vajuvi. Il nativo smentì categoricamente che uomini della sua tribù avessero ucciso Fawcett e sostenne che le ossa TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà ritrovate da Villas Boas non appartenevano all’avventuriero inglese. Anche nei primi anni del secolo attuale ci furono vari tentativi di svelare il mistero della morte di Fawcett, per esempio nel 2005 lo scrittore David Grann visitò la tribù Kalapalos e gli venne assicurato che, secondo le tradizioni orali della zona, Fawcett passò alcuni giorni nel villaggio, ma poi si diresse ad est in una zona ritenuta pericolosa e occupata da autoctoni bellicosi. Fino a qui i fatti. Il mistero di come sia morto l’esploratore inglese e soprattutto cosa celi la Sierra del Roncador rimane insoluto. A mio parere si possono analizzare due teorie principali per tentare di spiegare che cosa cercasse realmente Fawcett e per svelare se ci sia andato vicino. La prima è l'ipotesi mistica e la seconda, più probabile, è la teoria dell'antica civiltà perduta dello Xingú, recentemente scoperta e studiata dall’archeologo statunitense Heckemberger. Indigeni Xingú Secondo la visione mistica ed esoterica, che ebbe inizio con l’altro figlio di Fawcett, Brian (1906-1984) e con il nipote dell’esploratore, Timothy Paterson (1935-2004), la Sierra do Roncador sarebbe uno dei luoghi sacri del mondo, una specie di porta d’accesso ad un mondo sotterraneo sconosciuto agli umani. I cosiddetti intraterrestri vivrebbero nel famoso Tempio di Ibez dove si sarebbero ritirati i discendenti di Atlantide, poco dopo il diluvio universale. Paterson era convinto che suo zio avesse trovato l’entrata segreta che lo avrebbe condotto fino a Ibez, una specie di El Dorado Atlantideo, dove sarebbe racchiuso il mistero del nostro remoto passato e forse la chiave del nostro incerto futuro. Nel 1978, in uno dei suoi viaggi di esplorazione presso le terre attigue al Rio Xingù, venne in contatto con un anziano, che gli assicurò che la città misteriosa cercata da Fawcett (da dove proveniva la statuina di basalto, raccolta da Haggard vicino al cadavere dell’archeologo Marple White, l’unico occidentale che sarebbe mai entrato nella città Z), non era altro che Manoa (anche se molte leggende amazzoniche ubicano la leggendaria Manoa molto più a nord rispetto al Roncador, nell’attuale Stato brasiliano del Roraima). Paterson dichiarò, nell'intervista che rilasciò al ricercatore Marco Zagni, che suo zio visse ad Ibez fino al 1957, la vera data della sua morte. Secondo Paterson i 22 segni sacri che erano incisi nella statuetta che scomparve insieme a Fawcett non erano altro che i caratteri dell’arcaico alfabeto di Atlantide, dal quale sarebbero poi derivati quello dei Fenici e degli Ebrei. Anche lo studioso italiano Pincherle analizzò il disegno del supposto alfabeto che era impresso nella statuina, e giunse alla conclusione che si trattasse realmente di caratteri sconosciuti anti-diluviani. Un particolare dell'alfabeto "atlantideo" inciso nella tavola della statuina Pincherle interpretò anche l’incisione posta ai piedi della statuina come UT NAISFM, molto simile al babilonese UT NAPHISTIM, ossia Noè. Secondo i due studiosi anche il nome Manoa, a lungo indicato come la sede dell’arcaica città individuabile come il vero El Dorado, significherebbe Porto di Noè, ovvero il luogo dove Noè avrebbe approdato dopo il diluvio e da dove avrebbe poi fondato una civiltà prodigiosa. Uno dei più famosi mistici che visse a lungo nella zona della Sierra do Roncador fu il bavarese Udo Oscar Luckner (1925-1986). Sierra do Roncador Secondo lo svedese, che giunse in zona attratto dalle leggende che si erano venute formando sulla fine di Fawcett, nella zona del Roncador esiste una porta segreta, che condurrebbe nel regno dell’inframondo, abitato appunto dagli intraterrestri. Luckner, chiamato anche lo ierofante del Roncador (papa del Roncador), fu il fondatore TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà del Monastero Teurgico del Roncador, ed ebbe molti adepti, adoratori del tempio di Ibez. Nel suo libro mistico-esoterico Misterios do Roncador, narra il suo viaggio nelle caverne sotterranee situate nel sottosuolo della Sierra do Roncador dove sarebbe situato il tempio di Ibez. Secondo alcune leggende diffuse tra gli indigeni Borro e Xavantes in tempi remotissimi giunsero presso la Sierra do Roncador degli Dei dal cielo, esseri di proporzioni minute alti non più di 120 cm, alcuni di essi con 6 dita sia nelle mani che nei piedi e con crani enormi, sproporzionati rispetto all’esile corpo. Ancora oggi si possono ammirare nella Gruta dos Pezinhos (non lontano dalla città di Barra do Garcas), varie impronte di piedi con tre, quattro e sei dita. Sebbene non vi siano prove definitive per fare luce sulle credenze di Paterson e Luckner, a mio parere il mondo mistico di alcuni sensitivi (come anche Daniel Ruzo o Edgar Cayce), deve essere tenuto in considerazione, sia perché le nostre conoscenze sui poteri della mente sono ancora approssimative, sia perché le intuizioni di sensitivi possono rivelare la giusta via da seguire per dipanare alcuni misteri. Analizzando la seconda teoria per spiegare cosa cercasse Fawcett e forse cosa trovò Raposo nel suo viaggio del 1743, si devono considerare gli ultimi studi dell’archeologo statunitense Michael Heckemberger. A partire dal 1993 Heckemberger ha compiuto ricerche e lavoro di campo nel parco nazionale Xingù, presso i villaggi degli Kuikuro. Inizialmente il capo-tribù chiamato Afukaka lo portò in un sito considerato sacro e importante detto Nokugu, dove si ritiene vi sia l’anima di un giaguaro. Nelle vicinanze, dopo vari scavi che si protrassero per mesi, furono trovati i resti di strade e antichi canali. Presto s’iniziarono a delineare i resti di un grande villaggio, costruito in forma circolare dove da una piazza centrale si dipartivano varie strade, che connettevano il centro abitato con altri villaggi, come in una rete. Il nome di questo antico insediamento è Kuhikugu. Villaggio indigeno Xingú Si pensa che furono gli antenati degli Kuikuro a costruire il villaggio pre-colombiano. Probabilmente intorno al XVIII secolo Kuhikugu era in piena attività e la zona forestale circondante era molto più densa e intricata di quella attuale. Heckemberger ha provato che le zone costruite erano enormi, ognuna di circa 250 chilometri quadrati. Si evince pertanto che la popolazione totale dell’area dovesse essere di varie migliaia di persone, se non decine di migliaia. Dopo approfonditi scavi archeologici si è trovato vario materiale ceramico oltre che vari mortai in pietra utilizzati per lavorare la manioca. Dalle datazioni del carbonio 14 si evince che questa antica civiltà amazzonica risale al 500 d.C. Secondo Heckemberger l’esploratore inglese Percy Fawcett potrebbe aver attraversato queste reti di villaggi, che probabilmente un secolo fa erano ancora utilizzati dai nativi. Poi tutto si perse, probabilmente ci furono delle epidemie (vaiolo) portate dai colonizzatori brasiliani e molti villaggi furono abbandonati. L’ultima parola sulla fine di Fawcett e sugli enigmi della Sierra do Roncador non è ancora stata detta. C’è ancora molto da studiare e da verificare sul campo in modo da poterci avvicinare alla verità di uno dei più grandi misteri del XX secolo. Yuri Leveratto 1542 I primi navigatori del Rio delle Amazzoni www.lulu.com E’ un libro storico e d'attualità nello stesso [email protected] tempo. Nella prima parte l'autore racconta l'incredibile E' possibile riprodurre l'articolo avventura di Francisco de citando chiaramente l'autore e la Orellana, il primo europeo fonte www.yurileveratto.com che esplorò il grande Per maggiori informazioni sulla fiume, nel 1542. La seconda cultura degli indigeni dello Xingú parte, la cronaca, è il clicca qui: resoconto del suo viaggio, http://www.yurileveratto.com/it/art terminato nel 2009, icolo.php?Id=64 attraverso seimila chilometri di fiume, navigando da Puerto Ocopa (Perú), fino a Belem do Pará (Brasile). E' una guida particolareggiata, ma anche un'analisi di un mondo spesso dimenticato, ma di fondamentale importanza per il futuro del nostro pianeta. Prefazione di Lorenza Mazzetti, la celebre autrice de “Il cielo cade”. TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà Confesso, ho viaggiato pag.30 Avventura nella Guyana Francese © Marco Zagni Marco Zagni Ricercatore e scrittore; autore de “L’Impero Amazzonico”, MIR Firenze, 2002 e “Archeologi di Himmler. Ricerche, spedizioni e misteri dell'Ahnenerbe”, Editore Ritter, 2004. Marco Zagni Una delle pecche che alcuni dei lettori ed estimatori del mio primo saggio L’Impero Amazzonico1 mi hanno sempre rinfacciato è di non avere mai scritto nei dettagli quella che è stata la mia prima avventura amazzonica in Sud America, compiuta nell’ormai lontano 1984, a 22 anni di età. 1 Marco Zagni, L’Impero Amazzonico, MIR, Firenze, 2002. TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà Gli spunti e gli argomenti sono moltissimi, insieme ad un misterioso avvenimento avvenuto durante la spedizione, segreto che mi sono tenuto dentro per vent’anni e che ora verrà rivelato. Proprio mentre sono impegnato in questi tempi a recuperare con buon successo tempo, energie e preparazione fisica per organizzare un’altra missione in America latina dopo l’ultima in Bolivia (2007), dopo due libri scritti, altri in preparazione, fa piacere fermarsi un attimo e ricordare le mie prime esperienze di avventura durante i mitici anni ’80. Devo tutto al mio “istruttore“, l’esploratore e mio cugino Mario Ghiringhelli, scomparso tragicamente, dopo una vita di avventure in giro per il mondo, in Indonesia nel 1993. Fu una grossa perdita ma, grazie a Dio, aveva già fatto in tempo a consegnarmi metaforicamente gran parte del suo insostituibile bagaglio pratico e soprattutto spirituale su come affrontare situazioni nella foresta che una persona normale non potrebbe nemmeno solo immaginarsi – e non sto esagerando, come leggerete. Alla fine di luglio 1984 eravamo partiti, un gruppo di quattro avventurosi, il capo (Mario Ghiringhelli), il braccio destro e fotografo esperto (Lionello Semprini) e i due – allora – “giovani di studio“ , io (21 anni) e il “bancario“ Pierluigi Martini (24 anni), detto “il gemello“. La missione doveva essere una esperienza fisico – psicologica preparatoria (dopo mesi di allenamenti forsennati e dispendiosissimi dal punto di vista dello stress fisico, ma servirono eccome) in vista di una successiva spedizione da effettuarsi nel Perù Amazzonico – poi parzialmente effettuata nel 1998 e soprattutto nel 2000, ma con Mario ormai deceduto da tempo ed effettuata con l’archeologo di esplorazione statunitense Gregory Deyermenjan ed il caro amico, ora insegnante universitario di diritto internazionale Alessandro Fodella, sulle tracce dell’Impero amazzonico perduto del Paititi e di misteriose, ancora controverse, checchè se ne dica in giro da parte di gente che non ha messo mai il naso neanche fuori di casa, Piramidi2 di tipo egizio. Dobbiamo dirlo subito, in vent’anni la Guyana Francese non è cambiata molto, lo ho saputo da varie fonti e dai frequenti passaggi di documentari sulle televisioni francesi. Pur essendo dal punto di vista giuridico parte integrante del territorio francese d’oltremare ed ex colonia penale fino al 1946 – la moneta di scambio là oggi è l’Euro – la Guyana si trova dall’altra parte dell’Oceano Atlantico – è sede di una base spaziale molto famosa a Kourou, presidiata dagli amici della Legione Straniera, e fa parte geologicamente della zolla del continente sudamericano che comprende il Venezuela e tutto il Brasile del Nord Est. Risulta essere tutta foresta pluviale geologicamente ancora primaria e plurimillenaria dal punto di vista epocale preistorico, una vera miniera per gli scienziati botanici ma anche per i cercatori d’oro francesi ed indigeni, molti di cui di frodo (c’è sempre una tenace lotta da parte della Gendarmeria per fermare questo fenomeno). Comunque è un posto dove non si deve scherzare, né con la natura né con la gente che vive là, soprattutto alla Cayenna, la capitale della Guyana Francese: può essere semplicemente un vero inferno trovarsi là se si prende la giungla sottogamba o se si passa semplicemente la sera nei quartieri della Cayenna meno indicati per i bianchi. Blasone della Cayenna Ricordo l’arrivo con un jet Air France all’aereoporto internazionale (allora la pista era tutta in terra battuta – e ci atterravano anche i Concorde!) della Cayenna, con una umidità vicina al 100% e 35 gradi al pomeriggio-sera. Quell’aeroporto era stato costruito dagli Alleati nel 1943 durante la seconda guerra mondiale come base di bombardieri a lungo raggio, quando gli Americani erano stati allertati dai servizi segreti inglesi e terrorizzati dalle informazioni relative al fatto che la Germania nazista era sul punto di rendere esecutivo un progetto da tempo tenuto in “stand by” per invadere ed attaccare il Brasile, dopo che lo stesso Brasile aveva, di malavoglia e costretto dagli USA , dichiarato guerra alla Germania nel 19423. Ma andiamo avanti: come si presentava la Cayenna? A domanda, risposta. Trentacinquemila abitanti, una cittadina quindi, pioggia di un’ora o due tutti i santi giorni, Questo ed altri argomenti sono stati trattati nel mio secondo saggio: Archeologi di Himmler, Ritter, Milano, 2004. 3 Le “Piramidi di Pantiacolla“ , vedi L’Impero Amazzonico, op. cit., pag.47 e seg. 2 TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà ed eravamo nella loro stagione secca, 4 gradi sud dell’equatore. Il sole sorge praticamente alle 6.00 esatte e tramonta alle 18.00, tutto l’anno. Coste impraticabili, senza spiaggia o arenili, dove la foresta diventa direttamente mare. Di fronte le Isole della Salute, le Isole del Diavolo e Royale, il terribile bagno penale di Papillon e del Colonnello Dreyfus. Il porto fluviale della Cayenna Tutti pensavamo: inizio poco promettente, ci sarà da faticare parecchio. Dopo qualche giorno di ambientamento, grazie alle conoscenze nell’esercito francese e nella Legione da parte di Mario (con i legionari di stanza ad Aubagne presso Marsiglia, in Francia allora compivamo allenamenti e gare di marcia insieme, per puro spirito sportivo) riuscimmo ad avere un appuntamento con l’allora colonnello Jin della Gendarmeria dell’Area della Cayenna, incontro in cui lui allora fu molto gentile, risoluto e franco ed in pratica, dopo averci ascoltato ci disse: “Caro Mario, dagli amici dell’esercito ho sentito parlare molto bene di lei anche come preparatore atletico di sopravvivenza, ed i suoi compagni, lo vedo, sono in gamba. Interessante il suo racconto dell’archeologia amazzonica, delle sue esperienze e dei suoi progetti futuri in Perù, ma anche qui purtroppo siamo in una brutta situazione, ci sono state delle alluvioni proprio di recente nelle zone dove voi volete tracciare una “premiere” (per premiere si intende un percorso nella foresta amazzonica totalmente nuovo, un vero e proprio percorso di allenamento di parecchi giornate di marcia, nda). Alcuni nostri uomini sono rimasti isolati per giorni e siamo dovuti andare a cercarli con gli elicotteri, con parecchio tempo perso e rischi altissimi. Meno male che è finito tutto OK. Il punto è questo: se vi perdete nel mezzo del percorso, dopo aver fatto 50 o 80 chilometri sul tragitto premiere da Saul a Maripasoula (sul fiume Maroni, vedi cartina , luogo da cui avremmo poi fatto 300-400 km in canoa sulle rapide prima di arrivare a San Laurent du Maroni), chi vi viene a cercare? Come facciamo a trovarvi? E se viene un’altra alluvione? La stagione non è questa, però può capitare ancora… Vale la pena rischiare la vita per un allenamento, seppure di tre settimane, e per una giusta causa?”. Questo praticamente ci disse il colonnello Jin in Gendarmeria alla Cayenna. Certo noi tutti, concordammo insieme, non eravamo andati là per prendere farfalle, però con il colonnello si stabilì una serie di percorsi di allenamento tutto intorno a Saul – più umani – testuali parole, dove, se succedeva qualcosa, c’era almeno una possibilità di trovarci con l’elicottero (allora i GPS non c’erano, anche se le mappe militari francesi scala 1/50.000 della Cayenna non erano niente male). TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà Aeroporto di Saul, Guyana francese Dopo aver speso qualche altro giorno per recuperare tutto l’equipaggiamento e i viveri, un traballante aereo dell’Air Guyane ci portava dalla Cayenna alla nostra prima meta, Saul appunto, in piena foresta tropicale. Come ho già detto la foresta tropicale in tutta quella fascia che parte dal Venezuela fino alle tre Guyane ed al Brasile è di tipo primario, cioè è rimasta tale e quale, sostanzialmente, come era milioni di anni fa: l’albero principale, oltre ad un grande numero di felci giganti è la sequoia tropicale, un tipo di albero enorme che facilmente supera i sessanta- settanta metri di altezza (è pauroso) ed ha una incredibile particolarità, e cioè cresce continuamente per secoli e muore quando cade, quando cioè – in proporzione – le deboli radici non lo reggono più. Quando si pernotta in quel tipo di foresta , generalmente si dorme con le amache, così come facemmo noi per tre settimane ininterrotte, ma bisogna stare attenti a piantare il campo dove ci sono sequoie “giovani“, infatti di notte si sente cadere immancabilmente qualche vecchia sequoia, con un rumore tremendo che si espande per chilometri, e non sia mai dover averci messo il campo sotto. A buon intendere… Tutta la zona tropicale della Guyana francese è completamente coperta da questa fascia di foresta irregolare per quanto riguarda la conformazione del terreno: si continua a marciare su è giù per queste piccole colline alte poche centinaia di metri, dove ogni tanto si apre uno spettacolo alla vista prodigioso, di natura sovrana, che solo l’averla vista direttamente può far realmente capire il vero significato del termine. Esercitazione nella giungla della Guyana di un reparto dell'Esercito francese Per esigenze di spazio non potrò certo raccontare interamente il gran numero di episodi incredibili, sia divertenti che pericolosissimi insieme che ci sono capitati in questo viaggio di “prova“ fisica e psicologica ma mi limiterò a raccontare alcuni episodi avvenuti in una marcia di cinque giorni, tra andata e ritorno, nelle zone più intricate ben fuori Saul. L’esperienza, altrettanto fantastica, della pericolosa discesa delle rapide sul fiume Maroni verso Saint Laurent magari potrò raccontarla un’altra volta. Volevamo raggiungere la cima del monte Kalbao (in realtà una grossa collina che arriva a circa 800 metri sul livello del mare), il più alto della Guyana Francese, in direzione Sud rispetto al nostro punto di partenza. La nostra guida George, un “Tarzan” francese biondo e simpatico di 35 anni (purtroppo è morto nel 1995, in seguito ad una malattia presa nella foresta), era stato là diversi anni prima però, al ritorno, aveva perso un suo caro amico, strappato e gettato in acqua da un enorme serpente anaconda sbucato improvvisamente dal fiume e piombato sulla loro canoa – il suo amico non era mai stato più trovato – e pertanto ci aveva avvertito che non sarebbe stata certo una passeggiata. Da quello che avevamo già assaggiato, lì non si “passeggiava” mai da nessuna parte facilmente: da tutte le parti liane enormi grosse come le gambe di un uomo scendevano da sequoie giganti che si susseguivano continuamente. Ogni pomeriggio alle 16.00 si interrompeva la marcia con il machete e si preparava il campo: tutto doveva essere pronto per le 18.00 e si mangiava molto frugalmente e alle 18.30- 19.00 tutti a dormire, con turni di guardia per tenere controllato il fuoco che doveva sempre essere acceso per tenere lontani gli animali. Giaguari e scimmie continuavano tutta la notte a fare il loro coro spacca-timpani intorno al campo. Non c’era certo da stare allegri, ma ci eravamo cacciati noi in questa storia ed il lamentarsi era proibito per legge, nel nostro gruppo. I primi due giorni di marcia verso il monte Kalbao erano andati abbastanza bene, certo, come sempre, non si riusciva a percorrere più di sette-otto chilometri al giorno (circa 8 ore di marcia) per via della difficoltà di attraversare la jungla, ma le cose andavano benone, eravamo nella media di percorrenza. TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà E stavamo bene, sia fisicamente che come morale (certo ognuno di noi aveva già perso 5- 6 chili di peso in due settimane, ma era una cosa normale là per tutti). La terza notte si volle andare a fare un caccia notturna, perché in effetti il cibo scarseggiava un poco. Qualcuno però doveva rimanere al campo e siccome io non avevo nessuna voglia di passare altre due ore in una pozza d’acqua aspettando all’abbeverata chissà quale preda con decine di occhietti lucenti di serpenti acquatici intorno illuminati dalle torce, una cosa normale in quelle zone, secondo la guida, decisi di rimanere io al campo, mentre gli altri scendevano giù per la collina per centinaia di metri verso i ruscelli d’acqua. I campi bisogna sempre farli lontani dalle pozze d’acqua di abbeverata degli animali, è la prassi. Ero così completamente solo: decisi subito, per tenermi impegnato, di ravvivare il fuoco con un po’ di liane robuste tagliate e poi mi misi dentro la mia amaca, coperta da un telo e dalle zanzariere, in riposo ed in attesa, abbastanza tranquillo e con un cigarillo speciale brasiliano acceso. Io non ho mai fumato ma allora quei benedetti sigari ci servivano a tener lontani gli insetti e le zanzare, e alla sera, dopo cena, non erano niente male. Erano le 22,00 circa e il sigaro bruciava velocemente…! All’improvviso mi sveglio di colpo: era mezzanotte circa. Caspita, mi dissi, mi ero addormentato di botto, bella guardia che ho fatto, complimenti Marco, dicevo a me stesso. Degli amici neanche l’ombra, anche se in effetti poco dopo sentii sparare il fucile da caccia di Gorge, ma abbastanza lontano. Avevo ravvivato il fuoco da cinque minuti e mi ero coricato di nuovo nell’amaca di fianco al mio fido coltello da sub, quando all’improvviso sentii come uno strano urlo prolungato lontano, come un potente brontolio, però squillante e forte insieme, ed uno strano calpestare di piante ed erba, lento ma potente deciso, sul terreno. Ma è molto lontano, sentivo io, e in direzione Ovest, diceva la bussola: almeno cinque chilometri. Che strana cosa pensavo, sarà un temporale o il vento, o una sequoia che cade …proprio mentre passava qualche minuto e stavo per riaddormentarmi sentii questo grido lunghissimo, un po’ più vicino e potente, anche se ancora abbastanza fioco però in più, il calpestare lento e regolare su terreno era chiaro, lontano ma potente da trasmettersi nel terreno. Un animale! E grosso! Subito la mia mente fu attraversata da questo pensiero. Un tapiro, no, non può essere nemmeno un elefante, qui non ci sono più da migliaia di anni. E neanche un orso, è impossibile… Guide indigene pescano con le fiocine nelle acque di un fiume della Guyana Francese. Accompagnano naturalisti europei scortati da soldati francesi, nell’esplorazione della foresta pluviale. Disegno della prima metà dell’800. Maledizione, pensai allora, un gruppo di facoceri in arrivo, sono pericolosi, fanno una specie di percorso nella jungla in famiglie di 8-10 per volta, e se sei sulla loro strada prima ti calpestano attaccandoti e poi ti chiedono chi sei. E non ho neanche un fucile. Ma non ero convinto neanche di questa mia intuizione… I compagni non arrivavano ed era quasi l’una di notte: non me la sentivo certo di utilizzare il fischietto da segnalazione per chiamarli né di spegnere il fuoco che, probabilmente, si vedeva da parecchio lontano e serviva proprio da riferimento verso quella “cosa” che si stava dirigendo giusto da questa parte. Fu all’improvviso, fortissimo e vicino, quello che sentii ormai chiaramente come un “ruggito sibilante” (me lo ricorderò per sempre e non saprei come descriverlo meglio) come di un animale veramente grosso che si avvicinava e schiantava le liane. Non c’era dubbio ormai, ed ero molto spaventato anche se controllavo la situazione, i nervi tesissimi: fischiai fortissimo per richiamare l’attenzione dei compagni, fischiai più volte. Passò qualche secondo circa, forse dieci al massimo, e sentii uno sparo. Erano Mario e gli altri che mi davano ad intendere: tranquillo, stiamo tornando. Passarono poi una ventina di minuti veramente tremendi per me e di grande tensione: un paio di volte sentii ancora quell’urlo tremendo che però, grazie al cielo, fu quella la svolta della vicenda, si stava certamente allontanando nella foresta da dove era venuto. Giunti i miei compagni di avventura, saliti su per la TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà collina, raccontai tutto a Mario e a George per filo e per segno. Mario, come sempre, era molto scettico sull’accaduto ma comprendeva che qualcosa era veramente successo. Loro non si erano accorti di nulla, si erano allontanati per circa un chilometro e, francamente, erano stati attenti a non incontrare qualche piccolo caimano nell’acqua. Non avevano preso nulla. Avevano sparato solo un colpo su quello che pareva un maiale selvatico. Ma niente di niente. George divenne invece molto serio e disse: “Nella foresta amazzonica succedono molte cose strane, strani suoni e strane situazioni. La mente gioca anche molti brutti scherzi però, in questo caso e in questa zona, posso dire che altre persone hanno riferito di misteriosi voci e rumori potenti proprio in direzione del Brasile o del Venezuela, dove dici tu. Comunque non poteva essere un grosso felino, perché il giaguaro non lo senti mai, e quando lo vedi improvvisamente piombare su di te sei già morto. Quindi francamente che cos’era, se c’era, non lo so. E’ meglio dormirci sopra, è tardi”. L’episodio non si verificò più e fummo molto presi nei giorni successivi per raggiungere la cima del Kalbao e tornare indietro a Saul con non poche difficoltà, perdendo pure la strada un paio di volte. Ma degli indigeni indiani Aloike ci aiutarono, con dei passaggi in canoa. Ricordo dei passaggi clamorosi sui torrenti sfruttando delle enormi sequoie cadute di traverso e sfruttate da noi come ponti. Fantastico! Un vero Mondo Perduto. Certe esperienze non si dimenticano, nella vita di un uomo, e questa della Guyana senz’altro fu una delle più impressionanti e formative per lo spirito di una persona come chi scrive, allora molto giovane. Ma anche questa esperienza passò, come diverse altre avventure negli anni successivi, ed il tempo contribuisce ora ad alimentare la voglia di conoscenza verso altre imprese, verso quel mondo meraviglioso ed avvincente che è il Sud America , i suoi misteri archeologici e l’Amazzonia. Fu molti anni dopo che lessi diversi resoconti di avventurieri che erano stati in quelle zone, dal Venezuela al Nord Brasile, dove accennavano alla possibilità che esistessero ancora da quelle parti dei grossi animali antidiluviani, non solo grossi rettili preistorici o dinosauri ma anche dei mammiferi enormi ritenuti scomparsi, come il Megaterio una specie di enorme bradipo terrestre sudamericano grosso come un elefante, erbivoro ed estintosi 10.000 anni fa4. A dire la verità, per come la penso io, se di un animale si trattava, e su questo personalmente ne sono sicuro perché sentii chiaramente lo schianto della vegetazione per l’aprirsi di un varco nella giungla utile al passaggio, quella specie di ruggito che sentii non aveva nulla di mammifero, e poteva quindi 4 Ricordo le raffigurazioni di animali estinti (Toxodonti) esistenti in località archeologiche sud americane molto famose come per esempio a Tiahuanaco, da me visitata nel 2007. essere il richiamo di un grosso rettile. Un dinosauro, forse. Ma, anche dopo tanto tempo, una cosa la posso dire con certezza: sarà perché era notte fonda o perché troppo stanchi o per altri motivi, a nessuno di noi venne allora la voglia di andare a cercarlo! [email protected] I LIBRI DI MARCO ZAGNI voluto includere la vita e le scoperte di un archeologo ed esoterista peruviano, il Dr. Daniel Ruzo, i cui studi sono sempre stati tenuti sotto silenzio dalla comunità internazionale. E, primo italiano a farlo, l'autore si è recato nel 1998 nella località dell'altipiano di Marcahuasi, che tanto influì sul lavoro di Ruzo, a 4500 metri sulle Ande, scattando interessanti fotografie. Nella seconda parte del saggio, Zagni prende in considerazione gli studi più recenti descrivendo, oltre alle sue, le spedizioni e le ricerche di esploratori con cui ha avuto anche esperienze comuni, sia sul piano teorico che sul campo. Il testo si conclude con una panoramica riguardante lo stato attuale della ricerca e le future spedizioni, che dovranno necessariamente essere svolte per risolvere definitivamente il mistero dell'esistenza dell'Impero Amazzonico. Ψ L' impero amazzonico. Cento anni di ricerche dal colonnello Fawcett ai giorni nostri Prezzo: € 8,00 Dati: 112 p., ill. Anno: 2002 Editore: MIR Edizioni Partendo dalle ricerche e dalle spedizioni di studiosi legati in modo omogeneo da un medesimo filo conduttore, e cioè la ricerca di un "regno amazzonico", o in senso più allargato, la ricerca di una cultura Madre primigenia del Sud America, forse legata ad Atlantide, Zagni è giunto fino ai giorni nostri includendo le sue personali esperienze derivanti dagli studi e dalle spedizioni effettuate, di cui l'ultima dell'AgostoSettembre 2000. Nella prima parte del saggio, oltre ai capitoli riguardanti il Col. Fawcett ed il Prof. Homet, l'autore, per la prima volta in Italia, ha TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà Archeologi di Himmler. Ricerche, spedizioni e misteri dell'Ahnenerbe Prezzo: € 28,00 Dati: 304 p., ill., brossura Anno: 2004 Curatore: Galli G. Editore: Ritter I nazisti si impegnarono in una serie di ricerche archeologiche, volte a ricostruire l'origine dei popoli germanici, con spedizioni anche in zone molto remote, come il Tibet e l'Amazzonia. Ci si avvicina anche al campo esoterico e ovviamente si parla di figure come Otto Rahn, impegnato addirittura nella ricerca del sacro Graal. Il più completo volume disponibile in italiano su questi specifici temi. Enigma pag.36 I “Santi Graal”, alla ricerca di nuove risposte © Enrico Baccarini Enrico Baccarini Enrico Baccarini è giornalista pubblicista, scrittore e laurendo in Psicologia Sperimentale. Alterna i suoi studi universitari alla profonda passione per i misteri del tempo e dell'uomo interessandosi attivamente di Ufologia, di Enigmi Storici, di Misteri del Passato e degli enigmi della Mente. Da tali interessi è nato il portale che ha voluto appunto chiamare ENIGMA. La ricerca millenaria di una delle più sacre reliquie della cristianità. False rivendicazioni e nuovi aggiornamenti Non si tratta di un errore grammaticale, apparentemente sfuggito al redattore dell’articolo, abbiamo voluto intitolare questo testo volontariamente al plurale per rendere testimonianza ai nostri lettori delle numerose esistenze, oggi rivendicate in tutto il mondo, che si riferiscono al Sacro Calice. Spunto per tale dissertazione è stato un recente fatto di cronaca che ha portato nuovamente alla ribalta un enigma storico quanto religioso che da secoli, se non millenni, si è radicato nei pensieri di fedeli e studiosi. E’ esistito veramente il Sacro Graal? Si è preservato fino ai nostri giorni? Reliquia avvolta nella nebbia del mistero, rincorsa per secoli come simbolo di purezza e conoscenza, ovvero come fonte di potere e di saggezza. Le sacre rappresentazioni giunte fino ai nostri giorni lo raffigurano in molteplici forme. Da semplice calice (molte volte di legno o pietra) a coppa finemente lavorata nell’oro ovvero intarsiata di pietre preziose. Oggi gli studiosi sono quasi unanimemente concordi nel ritenere il Graal un oggetto senza grosse pretese, probabilmente in pietra difficilmente costruito con materiali estremamente preziosi. L’alone di mistero creatosi attorno a tale reliquia trae parte delle proprie origini storiche dagli antichi poemi medievali francesi, e da autori che molto probabilmente codificarono nei propri poemi conoscenze segrete oltre che gesta di pura fantasia. Il mito del Graal ha comunque rinnovato la propria forza nel corso dei secoli, ha attinto dalle più profonde speranze dell’animo umano caricandosi di una magnificenza ed una importanza che nessun’altra reliquia della cristianita, già scoperta o puramente leggendaria, ha fino ad oggi posseduto. Forse risiede proprio in tale forza arcana il valore che il Graal ha acquisto nei suoi secoli di storia. Padre Pio ed il Graal San Pio da Pietrelcina rappresenta, ai primordi del XXI secolo, una delle figure che maggiormente hanno affascinato il mondo cristiano. Figura venerata, ma allo stesso tempo alquanto controversa, ha lasciato nel proprio percorso segni e tracce di una vita dedicata alla santità ma anche enigmi degni del miglior mistero moderno. La figura di quest’uomo, vissuto già dalla vocazione in odore di santità e accompagnato per quasi quaranta anni dalle stigmate, ha lasciato dietro il proprio cammino un nuovo spirito riformatore per una chiesa che si era cristallizzata nel tempo e nelle ideologie. La vicenda umana e religiosa di Padre Pio si arricchisce oggi di un ulteriore tassello delineatosi attorno ad una lettera e ad un vaso venuti alla ribalta lo scorso novembre. Dopo anni di ricerche e studi nel novembre del 2003 Albero Festa, nipote di quel Dr. Giorgio Festa già medico inviato dalla Santa Sede per effettuare le discusse analisi sulle stigmate del frate da Pietrelcina, ha annunciato il ritrovamento di una lettera autografa del Santo redatta, a quanto sembra, pochi mesi prima di morire e accompagnata da un piccolo vaso di terracotta di origine greca ma di provenienza ignota. La lettera, considerata da più come un testamento spirituale, parla in modo molto enigmatico di “… un vaso segreto, appartenuto all’apostolo Pietro, dono di Dio… e testimone dell’immensa luce…” lasciato in eredità a “…tutti i poveri…di fede”. La lettera fu inizialmente indirizzata da Padre Pio a Padre Cristoforo da Vico del Gargano, assistente del defunto Dr. Giorgio Festa, per poi passare definitivamente nelle mani di Alberto Festa. La lettera non lascia molti spiragli di comprensione, soprattutto per ottenere dei dati oggettivi sulla reale natura del calice, ammantando ulteriormente di mistero l’intera vicenda. Non viene fatto esplicito riferimento al calice cui, nell’ultima cena, Gesù bevve e nel quale, sempre secondo la tradizione cristiana, durante la crocifissione Giuseppe di Arimatea (discepolo segreto di Cristo) avrebbe raccolto il sangue del Messia morente. I filoni che da subito si sono delineati all’interno di questa annosa disputa hanno visto primeggiare due ipotesi principali, la prima che vede in questo calice il vero Graal quello raffiguratoci da sempre nella tradizione cristiana e nelle antiche leggende, la seconda che vede nel calice, e nel testo, solo la metafora di un messaggio che il padre di Pietrelcina voleva lasciare ai suoi amici e fedeli. Sempre secondo i sostenitori della prima ipotesi (vaso di Padre Pio = Sacro Graal) leggendo letteralmente la lettera se ne desumerebbe che il calice sarebbe passato dopo la Crocifissione nelle mani di San Pietro (Giuseppe di Arimatea dove era finito?) per poi giungere nelle mani di San Francesco di Assisi (San Francesco, secondo una delle interpretazioni proposte, sarebbe il “padre” citato nella lettera ovvero il padre spirituale dell’Ordine Francescano cui Padre Pio faceva parte e a cui era profondamente devoto) per infine giungere nella mani del Santo di Pietrelcina. Prove a riguardo? Per ora nessuna, se si esclude la lettera stessa che comunque TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà non fornisce dati precisi sulla natura dell’oggetto. Se da una parte mancano prove per compiere collegamenti certi tra il manufatto e il Santo Graal recentemente, attraverso analisi di laboratorio, è curiosamente stato confermato che il vaso, pur se di fattura greca, proviene effettivamente da Gerusalemme. Ciò potrebbe non significare niente, come ovviamente potrebbe comprovare certe attestazioni. Dopo aver reso pubblico il manufatto e la lettera Alberto Festa ha dichiarato attraverso canali multimediali5 di essere stato oggetto di minacce ovvero di intimidazioni. Una storia che sembra un vero rompicapo. Sul versante opposto si sono avute numerose, ed aspre, critiche nei confronti di tali dichiarazioni compiute coram populo senza neanche l’avallo di autorità competenti o con la presenza di riscontri scientifici ed archeologici sul manufatto che non fossero – come è stato più volte affermato - “di parte”. Tra i primi ad aver manifestato delle riserve, velate però da una certa speranza di verifiche positive, vi è stato Padre Florio Tessari (già Postulatore Generale dell’Ordine dei Frati Minori Cappuccini) che, fin dalle prime dichiarazioni pubbliche, ha esortato alla massima prudenza. Al quotidiano La Nazione6 ha prontamente dichiarato “Non ho alcun dubbio sull’autenticità dei due oggetti. La lettera è stata effettivamente scritta da Padre Pio e quel vasetto viene effettivamente da Gerusalemme, ma non mi sento di attribuire alle parole Confronta “Il BLOG D.O.C., http://doc.blog.excite.it, lettera aperta di Alberto Festa del 29/11/2003. 6 Uscito il 27 Novembre 2003. 5 di San Pio un significato reale. Mi spiego: credo che quegli oggetti siano stati da lui descritti in modo simbolico. Cioè non credo che la ciotola che teneva nella sua stanza sia effettivamente quella con cui si bagnò le labbra nostro Signore, né che quella lucerna abbia illuminato la strada dei cristiani al Colosseo”. Dichiarazione alquanto decisa ma, ci sembra, allo stesso tempo avvolta da un alone di speranza per poter suffragare la possibile esistenza del calice di Cristo. La dichiarazione di Padre Tesseri si conclude in quella che, allora come oggi, è l’ipotesi che sembra avere trovato maggiore seguito ovvero che Padre Pio avesse a cuore quei determinati oggetti perché simbolo e parola del calvario subito da Cristo sul Golgota e che San Pio portò sempre nel proprio cuore e nella propria carne, quale simbolo e metafora di tali tribolazioni. A distanza di ormai diversi mesi la storia sembra essere già cascata nel dimenticatoio mediatico. Non sono stati rilasciati ulteriori dati in merito né si conosce se le autorità religiose competenti abbiano compiuto analisi affidabili su tale manufatto. Altri Graal Il Graal di Padre Pio sembra aggiungersi ad un già numeroso stuolo di attribuzioni, compiute prevalentemente nell’ultimo secolo, di calici o coppe che dovrebbero, o vorrebbero, essere il Santo Graal. Si è già cercato di comprendere e rispondere ai molti quesiti sorti dalle leggende sul Graal e dalla sua storia7. Vorremmo ora ripercorrere insieme ai nostri lettori la storia di alcuni “calici” divenuti famosi nell’ultimo secolo. Volendo iniziare dai confini italiani si presentano subito ai nostri occhi due Graal abbastanza conosciuti, uno dislocato a Torino, l’altro sito nella più movimentata Genova. Il mistero del Graal di Torino nacque verso la fine degli anni ’70, precisamente nel 1978, ad opera della giornalista e scrittrice Giuditta Dembech che, nel suo volume “Torino Città Magica”, espose una affascinante ipotesi sulla possibile conservazione del sacro calice entro la città magica. Si propose che il luogo entro cui il sacro bacile fosse conservato potesse essere indicato dalla Statua della Fede sita nel sagrato della Chiesa della Gran Madre di Dio8. Secondo quanto emerso dagli studi della Dembech, osservando nel dettaglio la mano destra della statua ci si accorge che questa tiene un libro aperto appoggiato su un ginocchio mentre, con la sinistra, solleva al cielo un calice. Possibili indizi per risolvere un enigma? Le congetture di alcuni studiosi hanno portato ad ipotizzare che il calice, abbinato alla direzione dello sguardo della statua, potrebbe permettere ad un accorto ricercatore di scoprire l’esatta ubicazione della “Camera del Sacro Graal”. Ma perché proprio Torino dovrebbe custodire il Graal! Si è cercato in questo caso di ricollegare questa reliquia con un’altra, altrettanto nota, conservata sempre in questa città, la Santa Sindone. Con tale aggancio storicoreligioso si è cercato di dare maggiore forza, nonché vigore, a questa ipotesi, anche se la mancanza di prove dell’esistenza di un Graal torinese permane e non permette comunque di risolvere l’enigma. Si tratta ancora oggi di congetture che non sembrano aver trovato raffronti tangibili o prove circostanziali per essere verificate. Il dubbio più importante che assilla i ricercatori viene posto nella domanda “perché prima del ’78 nessuno ha mai fatto menzione ad un Graal torinese?”. Il secondo, ed ultimo, “Sacro Catino” italiano si trova presso il Museo del Tesoro di San Lorenzo nella Cattedrale di San Lorenzo a Genova. Differente nella forma e nell’aspetto dalle raffigurazioni che il mito ci ha tramandato questo catino emana ancora oggi un alone e di mistero e di inviolabilità unici. Lavorato nel vetro per mezzo delle raffinate tecniche artigianali arabe, il catino (di circa 40 cm) venne rinvenuto nel 1101 d.C. a Cesarea durante la prima crociata9. Si ritenne fin da subito che l’oggetto rinvenuto potesse essere stato ricavato da uno smeraldo10 e che costituisse uno A tale riguardo confronta gli articoli di Patrizio Caini nei n° 3 & 4, MaggioGiugno & Luglio-Agosto 2002 di ARCHEOMISTERI. 8 Costruita per ordine dei Savoia dopo la caduta dell’Impero napoleonico tra il 1.818 ed il 1.831 da Ferdinando Monsignore (1.767-1.843). 9 Indetta nel 1.095 al Concilio di Clermont-Ferrand da Papa Urbano II. 10 Una della molteplici tradizioni sul Graal vorrebbe che il calice fosse stato ottenuto dallo smeraldo che Lucifero, durante la cacciata dal paradiso, perse cascando agli inferi. 7 TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà dei doni della regina di Saba a re Salomone. L’identificazione vera e propria del catino di Genova con la sacra coppa avverrà solo nel XIII secolo quando l’arcivescovo Jacopo da Varagine scriverà “…si narra … che in quel piatto Cristo avesse mangiato durante l’ultima cena …che questo sia vero non possiamo saperlo … ma non possiamo però passare sotto silenzio il fatto che in certi libri degli inglesi, si dice che quando Nicodemo tolse il corpo di Cristo dalla croce, egli raccolse il suo sangue in una stovaglia di smeraldo”11. Il calice venne portato in Italia da Guglielmo Embriaco per poi essere trafugato molti secoli dopo, nel 1.806, dai francesi. Il suo ritorno in Italia fu abbastanza traumatico poiché quando finalmente si riuscì a riottenerne il possesso nel 1816 si scoprì che era stato praticamente ridotto in pezzi. Solo le attente cure di una commissione appositamente istituita lo consegneranno al suo antico splendore nel 1950. Anche nel caso del Graal di Genova esistono forti dubbi che possa essere l’originale utilizzato da Cristo. Innanzitutto nel corso dei Vorremmo aprire una piccola parentesi su un argomento che ci sembra estremamente interessante. Secondo quanto affermato dall’arcivescovo Jacopo da Varagine << certi libri degli inglesi >> affermerebbero che fu Nicodemo, e non Giuseppe di Arimatea, a raccogliere il sangue di Cristo nel Graal. Nicodemo e Giuseppe furono entrambi coinvolti nella deposizione di Cristo ma la tradizione ufficiale ci ha sempre presentato Giuseppe come il solo e l’unico ad aver raccolto il sangue sgorgante dalle ferite del Messia. In realtà questa tradizione risale al 1.202 e venne creta da Robert de Boron nel suo Joseph d’Arimathie, Le Roman de l’Estoire dou Graal, per fini, molto probabilmente, letterari. 11 decenni passati diverse analisi compiute sulla composizione chimica del vetro avrebbero permesso di evidenziare una data di creazione ben posteriore a quella del periodo cristico ovvero una totale difformità artisticoarcheologica con le suppellettili utilizzate nel primo secolo dopo Cristo12. Altri Graal, antichi e moderni Dopo una panoramica dei Graal italiani vediamo quali e quanti siano i Calici che diverse tradizioni tendono oggi ad identificare come i veri Graal. - A Rennes le Chateau, nei Pirenei francesi, da ormai oltre tre decenni stuoli di studiosi ritengono possa essere conservato il sacro Graal insieme a documenti comprovanti una discendenza diretta da Cristo. - Presso la cappella di Rosslyn, nei pressi di Edimburgo, il mistero del Graal e degli esuli templari sembra compenetrare ogni singolo anfratto. Nel pilastro conosciuto come la “Colonna dell’Apprendista” recentemente il Conte Sinclair ha rinvenuto una piccola coppa in pietra. Rilevamenti attraverso il georadar hanno altresì identificato, all’interno della colonna, una cavità che la leggenda vorrebbe custodisse il Sacro Graal. - Rocco Zingaro di Sanferdinando (Gran Maestro dell’Ordine del Tempio di Gerusalemme) possiede un 12 Confronta anche articoli di Patrizio Caini nei n° 3 & 4, Maggio-Giugno & Luglio-Agosto 2002 di ARCHEOMISTERI, I Quaderni di Atlantide. TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà calice che afferma essere il vero Graal. - La coppa di Nanteos, narra la leggenda, venne rinvenuta a Glastonbury (la mitica Avalon delle saghe arturiane) e conservata per secoli dai monaci della medesima abbazia. Nei pressi della cattedrale si trova una collina, la Tor Hill (la Collina di Tor, tr.) sul cui percorso si trova una sorgente naturale dalle proprietà curative. La leggenda vuole che in questo pozzo (chiamato Chalice Well, il Pozzo del Calice) Giuseppe di Arimatea gettasse il Sacro Graal per proteggerlo dalla malvagità umana. - Presso il tempio zoroastriano Takht-I-Sulaiman, in Iran, sarebbe custodito il Graal. Tra le innumerevoli ipotesi proposte troviamo quella secondo cui Artù sarebbe stato in realtà un rappresentate dello zoroastrismo. Attraverso innumerevoli comparazioni diversi studiosi hanno evidenziato come il castello del Graal arturiano sia identico a Takht-I-Sulaiman il principale centro di culto per la religione zoroastriana. Il collegamento viene effettuato anche con l’appellativo più importante che il Graal ha da sempre avuto, il Fuoco Reale. E’ da ricordare come per Zoroastro il culto della fiamma fosse la base fondamentale per tutte le ritualità ovvero simbolo della conoscenza. - Presso Montsegur, ultima roccaforte catara nei Pirenei, la tradizione vuole fosse custodito il sacro calice. Prima della sua definitiva disfatta, nel 1244, tre uomini sarebbero riusciti a fuggire dall’incursione dell’inquisizione mettendo in salvo il Graal. - Nella Basilica di San Nicola di Bari, tradizione narra sia conservato il Santo Graal. La leggenda vuole che quando nel 1087 un gruppo di mercanti trasportò dalla Turchia le spoglie di San Nicola in realtà utilizzasse tale traslazione per coprire il trasporto, ben più segreto, del sacro calice di Cristo. Secondo alcune tradizioni i mercanti erano in realtà cavalieri pontifici mandati in missione segreta dal Papa Gregorio VII - Victoria Palmer, un’anziana donna inglese, possiede un calice conosciuto come “La coppa di Hawstone Park”. Lo studioso e scrittore Graham Philips ritiene possa trattarsi del vero Graal o, eventualmente, del calice utilizzato da Maria Maddalena per ungere il corpo di Gesù. - Il Calice di Valencia è probabilmente il Graal più conosciuto in tutta la storia della cristianità. Conservato dalla “Confraternita del Sacro Calice” presso la Cattedrale di Valencia (Spagna) questo bacile attirò anche l’attenzione di Giovanni Paolo II che in ben due occasioni lo andò a venerare (caso unico rispetto a tutti gli altri). Il materiale, la datazione e la fattura sembrano verosimilmente risalire al I secolo d.C. (è da tener presente che la forma attuale del calice è frutto di manipolazioni successive) e a tutt’oggi viene identificato come il più probabile candidato per essere il Graal. Recentemente lo scrittore austriaco Michael Hesemann ha scritto un libro su tale reliquia che, dopo lunghe analisi e verifiche, ritiene possa essere il vero Graal. - Il Calice di Ardagh è stato spesso presentato come il vero Graal irlandese. Analisi recenti hanno dimostrato che in realtà risale all’VIII secolo d.C. - Il Calice di Tassilo venne regalato da Tassilo e sua moglie Luitperga, nel 777 d.C. al Monastero di Kremsmunster, dove è ancora oggi preservato. Nei secoli passati si ritenne potesse trattarsi del vero Graal ma è oggi unanimemente riconosciuta la sua tarda fattura ovvero un’origine probabilmente bizantina. - La Sacra Catina venne rinvenuta durante la prima crociata. Si tratta di un oggetto di vetro di chiara produzione romana collocato tra il II ed il I secolo d.C. Per la sua tarda realizzazione non è probabilmente un buon candidato come Graal, anche se diversi ricercatori tendono oggi a vederlo come tale. Si tratta di un oggetto che faceva parte della produzione di massa per le suppellettili romane, questo dato giustifica in minima parte il suo possibile utilizzo da parte degli ebrei nel periodo di Cristo. - Il Graal di Agrati, apparve per la prima volta sulla copertina del libro “La leggenda del Santo Graal” (Oscar Mondadori, 1995) di Gabriella Agrati e Maria Letizia Magini. Difficilmente può essere identificato con il vero Graal. - Presso l’isola di Oak Island, Canada, esistono un serie di tunnel sotterranei artificiali che sembrano sfidare le TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà migliori tecnologie umane. Scoperto nel 1795 questo pozzo portò alla scoperta di interessanti manufatti oltre che chiari indizi di una sua realizzazione umana (non naturale come molti sostengono ancora oggi). Studiosi come Peter Sora (Il Tesoro perduto dei Templari, ed. PIEMME 1999) ritengono che questa enorme serie di gallerie sotterranee possa conservare il Graal ivi portato da Templari fuggiaschi. - La maestosità e l’imponenza di Castel del Monte da sempre fanno sognare studiosi e viaggiatori che vi si sono recati. Costruito da Federico II Hohenstaufen il maniero si costituì fin dal suo completamento come polo culturale ed esoterico. Diversi autori hanno ipotizzato che tra le mura, o in cripte segrete, possa essere conservato il sacro calice. - Nel 1962 lo scrittore Gerard de Sede pubblica Le Templier sont parmi nous nel quale avanza l’ipotesi (per lui estremamente fondata) che l’ordine dei monaci guerrieri avesse sepolto il Graal, insieme ad altre reliquie e documenti, sotto il castello di Girsors. Tale tradizione vorrebbe che a seguito dei contatti tra i templari e la setta degli Hashishin (Assassini) questi ultimi avessero consegnato all’Ordine il Bafometto, misteriosa figura semidivina dalla natura ignota. Per alcuni il Bafometto non sarebbe altro che il Graal. [email protected] Bibliografia - Le Templier sont parmi nous, Gerard de Sède Editions J’ai Lu 1962. - Il Tesoro perduto dei Templari, Peter Sora ed. PIEMME 1999. - La leggenda del Santo Graal, di Gabriella Agrati e Maria Letizia Magini Oscar Mondadori, 1995. - Patrizio Caini, ARCHEOMISTERI, I Quaderni di Atlantide n° 3 & 4, Maggio-Giugno & Luglio-Agosto 2002. - http://doc.blog.excite.it, lettera aperta di Alberto Festa del 29/11/2003 - Il Graal, la ricerca infinita, di John Matthews ed. Xenia Tascabili 1990 - Il Santo Graal un catena di misteri lunga duemila anni, M. Baigent, R. Leigh, H. Lincoln Oscar Saggi Mondadori 1982. - http://camelot.celtic-twilight.com - http://art.supereva.it/ilsitodelmiste ro/index.html - http://www.lostinn.com/lworld/ind ex.html di Mario la Ferla - La Chiave di Hiram, C. Knight e R. Lomas Arnoldo Mondadori Editore 1997. L’ULTIMO LIBRO DI ENRICO BACCARINI Editoriale Olimpia, 2006, Euro 15,00. www.edolimpia.it Tutti sanno che esiste una Firenze mondialmente riconosciuta come capitale della cultura e dell’arte. Non tutti sanno però che c’è anche una Firenze occulta e misteriosa. La città dello studiolo di Francesco I de’ Medici e dei suoi esperimenti alchemici, della Massoneria medievale e degli spiriti del Salone dei Cinquecento, del tetro Savonarola e del Canto de’ Bischeri. E ancora dei misteri cifrati nei dipinti e nei manoscritti, delle torture atroci e infernali del Bargello, di Dante e degli esoterici Fedeli d’Amore, delle disavventure di Cecco D’Ascoli e di quelle di Pico della Mirandola, delle confraternite e degli eretici. Un itinerario misterioso dove ogni via, ogni casa, ogni androne, mostra ironico al turista la sua ombra e gli nasconde geloso il suo significato. Un viaggio che da Firenze mano a mano si svolge, per gironi danteschi, lungo tutta la Toscana: San Galgano e la sua leggenda, lo sfuggente fiume Diana e la Chimera, le visioni e i visionari, Lazzaretti e i fantasmi vaganti a Montaperti, i labirinti etruschi e l’enigmatica città di Luni. Fatti, paure e sensazioni che impregnano di sé la terra e gli uomini. Foschie o vaghe nebbie che salgono lente alla memoria da questa terra arcana e misteriosa. TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà Ufologia pag.42 Le apparizioni mariane: un miracolo di tecnologia Cronache di fede, scienza, manifestazioni aliene e cover up © Roberto La Paglia Roberto La Paglia Roberto La Paglia, oltre ad essere giornalista freelance, è scrittore e ricercatore. Mente fervida, alimentata da un intenso ed inesauribile desiderio di ricerca, attraverso le sue opere, accompagna i lettori in un viaggio verso l'ignoto, guidandoli nei meandri più nascosti delle dottrine occulte ed esoteriche. Uno dei suoi ultimi libri è “Archeologia Aliena” (Ed. Cerchio della Luna, 2008). Fede, religione e…dintorni Tutto quello che verrà discusso in questo articolo, comprese le opinioni, i dubbi e le risultanze tratte da alcune statistiche, non vuole necessariamente inserirsi nell’eterno dibattito tra fede e razionalismo. La fede è un moto individuale dell’anima, una scelta personale profonda che proprio per questa sua intrinseca caratteristica merita profondo rispetto, qualunque sia la sua ispirazione. Diverso potrebbe essere il discorso sulla religione che va identificata come una razionalizzazione e codificazione della fede stessa ad uso prettamente umano e come tale, spesso lontano da spinte mistiche e più soggetto all’errore dell’uomo. TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà Tutto questo però, come abbiamo già detto, esula dall’argomento trattato, ciò che verrà descritto in seguito è soltanto il frutto di una osservazione asettica, lontana da influenze spirituali o da preconcetti scientifici; i fatti accaduti durante quei particolari fenomeni conosciuti come Apparizioni Mariane sono da sempre stati oggetto di svariati studi e interpretazioni; quella che segue è soltanto una delle tante possibili soluzioni di un misero anche se, tentando di spiegare gli avvenimenti, apre in realtà le porte ad un enigma ancora più grande. I fatti Negli anni che vanno dal 1830 al 1989 si sono registrato ben 165 fenomeni di apparizioni Mariane, con dei picchi significativi in alcuni periodi, e più esattamente: 7 apparizioni nel 1933, 11 nel 19478 nel 1948, 6 nel 1949. Tutti questi fenomeni, alcuni ampiamente accettati dalla Chiesa Cattolica, altri ancora in discussione, altri ancora tollerati ma non acclamati come verità di fede, hanno interessato diverse località del mondo, geograficamente lontane tra loro e sostanzialmente differenti per cultura, credenza e stato politico. Si tratta di sicuro di fenomeni ampiamente documentabili vista l’enorme quantità di testimoni, quasi tutti con una tipologia di avvenimenti molto simile tra loro ma sempre trattati esclusivamente dal punto di vista religioso. Questo “senso unico”, dettato ovviamente dal fatto che le apparizioni Mariane, proprio per lo stesso nome che portano, sembrano essere materia esclusiva della Chiesa, ha portato a distogliere lo sguardo da tutta una serie di fatti, circostanze e coincidenze che potrebbero fornire una ben diversa spiegazione del fenomeno, o almeno, di parte di essi. Questo articolo si occupa proprio del lato meno propagandato delle Apparizioni e, lontano dal volersi schierare dietro una sorta di scetticismo fideistico, tenta di fornire un diverso strumento di verifica rispetto ai fatti accaduti. Miracoli celesti e apparizioni Ufo Paragonare le apparizioni Mariane ai fenomeni UFO potrebbe apparire a molti come un vero e proprio sacrilegio, ma come dicevamo in apertura la fede e la ricerca sono due “materie” molto differenti tra loro, che non necessariamente vanno in contrasto; forti di questo pensiero proviamo quindi ad analizzare e comparare alcuni fenomeni che sicuramente vanno oltre la pura coincidenza e lasciano spazio a diverse congetture. La maggior parte dei “beneficiari” di queste apparizioni sono dei bambini, stessa tipologia di testimoni diretti è riscontrabile nei casi di incontri ravvicinati con entità aliene, in particolare in molti casi di abduction. I messaggi rilasciati durante le apparizioni Mariane trattano in modo particolare di imminenti catastrofi e contengono severi ammonimenti e ancor più severi precetti. Una situazione analoga è riscontrabile nelle testimonianze dei contattati, dove si parla di messaggi che non debbono essere rilevati o che possono esserlo soltanto in parte, dove le rivelazioni sono spesso annunci di imminenti catastrofi, evitabili a patto che l’uomo si penta e freni la propria degenerazione morale. Le modalità di apparizione non si allontanano molto dalle strane somiglianze fin qui riscontrate; una delle TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà coincidenze più interessanti è data dalla costante presenza di nuvole in entrambi i fenomeni: la Vergine si presenta sopra una nuvola o avvolta in essa, ma anche durante gli avvistamenti si riferisce di oggetti nascosti o improvvisamente sbucati dalle nubi, accompagnati da sibili e ronzii che allo stesso modo vengono riferiti durante le apparizioni Mariane. Uno di questi casi, confortato dalle testimonianze di centinaia di persone, è avvenuto a Fatima, dove molti asserirono che l’apparizione della Vergine era preceduta da una sorta di esplosione, e lo stesso accadeva quando la figura spariva; analogamente moltissimi testimoni di avvistamenti UFO riferiscono di strane esplosioni che precedono o chiudono l’avvistamento stesso. Molti fedeli presenti sui luoghi del miracolo hanno descritto la loro esperienza visiva con questi termini: “…..una nave molto luminosa….”, oppure: “…un disco interamente circondato da una luce abbagliante…”; descrizioni tipiche di avvistamenti UFO a distanze molto ravvicinate. Ci troviamo quindi in presenza di avvenimenti che trovano ampia disponibilità di interpretazione in entrambi i sensi e la comparazione delle ricerche effettuate da due studiosi portoghesi, entrambi con scopi diversi e ignari del lavoro che stava svolgendo l’altra persona, lascia perplessi quando viene evidenziato che nello stesso periodo, sia il grafico degli avvistamenti UFO che quello delle apparizioni Mariane, riportano un andamento dei fenomeni pressoché coincidente. Riassumendo le informazioni relative a questi fenomeni e alla loro comparazione con la casistica UFO avremo: • Apparizioni circondate da un alone di luce tale da impedire la corretta visuale di quanto accade realmente. • Luminosità intensa accompagnata da fenomeni uditivi quali suoni, rumori e ronzii. • Testimoni che presentano un forte stato di alterazione emozionale, paura e senso di pace fusi insieme che spesso portano ad un cambiamento radicale della personalità e della propria linea di pensiero. • Apparizioni che si verificano mentre il testimone si trova da solo, lontano da centri abitati e in stato di rilassamento o comunque in atteggiamento di normale quotidianità. • Su una scala temporale, le apparizioni di breve durata non sembrano lasciare alcuna traccia sul testimone, mentre quelle più lunghe o che si protraggono nel tempo ne alterano spesso i comportamenti. Il problema UFO Chiunque si interessi di Ufologia non avrà problemi a riconoscere i tratti tipici di un incontro con entità o mezzi alieni nelle casistiche appena esposte. E’ possibile che forme di vita differenti dalla nostra si mostrino sotto l’apparente aspetto di apparizioni Mariane? Prendendo spunto da questo quesito e cercando di ragionare come probabile entità in cerca di un contatto con una civiltà diversa dalla propria e magari non pronta ad un tale evento, sarebbe logico pensare che l’unico modo per mostrarsi senza effetti collaterali sarebbe quello di usare una immagine visiva già nota e accettata. Questo presupposto è valido in entrambi i sensi, risulta infatti per un testimone molto più semplice attribuire l’oggetto della sua visione a qualcosa di trascendentale ma già noto come l’immagine della Vergine, che non ad una sconosciuta entità che desterebbe paura e timore. Tralasciando un ipotetico campo di studio che coinvolgerebbe una analisi psicologica dei testimoni stessi, le coincidenze tra apparizioni e avvistamenti risultano essere troppe anche per fare un discorso di casualità e non sarebbe da scartare una componente diversa dal tema religioso. TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà Cover Up Abbiamo accennato al fatto che esiste un gran numero documentato di apparizioni, certo si tratta di una quantità che non abbraccia completamente il fenomeno ma che si limita a ricordare gli avvenimenti più conosciuti, più eclatanti o, comunque, quelli che sono stati oggetto di studio e divulgazione anche da parte della chiesa cattolica. Statisticamente, sottraendo il numero di testimonianze ritenute false o comunque frutto di menti agitate e visionarie, gli avvistamenti UFO e le apparizioni sarebbero quasi equivalenti da un punto di vista numerico; lo stesso discorso vale per le indagini svolte in entrambe le situazioni. Il fenomeno dell’insabbiamento delle prove, sia esso materiale che devoluto ad una cosciente cattiva informazione, non risparmia neanche il mondo delle apparizioni Mariane; non dimentichiamo che difficilmente la Chiesa ha dato credito ai presunti testimoni, molte dure inchieste sono state portate avanti nei loro confronti, senza lesinare a volte anche una certa durezza nei modi. Nonostante le apparizioni Mariane, come già detto, abbiano il maggior numero di testimoni mai incontrato in fenomeni del genere, le notizie trapelate in merito allo svolgimento dei fenomeni sono molto controverse, reticenti e spesso incomplete. Esaminando le testimonianze rese pubbliche dopo le varie inchieste si nota subito come la descrizione eclatante del fenomeno sia devoluta soltanto ai diretti interessati, i quali non ricordano o non sanno esattamente descrivere cosa realmente hanno visto. I restanti testimoni, spesso nell’ordine di centinaia di persone, fanno tutti scena muta; molti non hanno visto, alcuni non ricordano, altri tacciono. Non esistono prove visive delle apparizioni, solo testimonianze scritte o ricordi strappati quasi a forza a distanza di molti, troppi anni dall’avvenimento. Soprattutto in merito a questa ultima affermazione, escludendo alcune foto sbiadite di luci più o meno appariscenti e molto più vicine alle riprese UFO di questi ultimi anni, risulta strana l’assenza di materiale fotografico; premesso che sarebbe plausibile in tempi nei quali l’uso della fotografia non esisteva oppure nei casi di apparizioni che si sono risolte in brevissimo tempo, questo atteggiamento è invece inspiegabile quando si era in grado di fotografare e nessuno, stranamente, lo ha fatto. Il riferimento ai fenomeni accaduti a Fatima risulta ovviamente chiaro; i fatti accaduti in Portogallo richiamarono centinaia di persone, compresi molti esponenti del Vaticano, tutti assistettero al famoso fenomeno del sole, eppure le uniche testimonianze ritraggono persone che osservano sbalordite il cielo; cosa stavano osservando? Perché nessuno fotografò, e si era in grado di farlo, ciò che stava accadendo in alto? Ma forse la domanda vera e propria dovrebbe essere un’altra, molto più insidiosa e preoccupante: dove sono finite le riprese in video e foto delle apparizioni di Fatima? Roberto La Paglia Misteri sconosciuti d’Italia [email protected] www.cerchiodellaluna.it Misteri sconosciuti d’Italia si pone come vera e propria guida oltre che per il turista dell’insolito, anche per il ricercatore sempre a caccia di nuovi enigmi. Dopo l’esperienza divulgativa di Archeologia Aliena, Roberto la Paglia continua a mantenere viva l’attenzione su quei misteri poco conosciuti, ma non per questo altrettanto importanti e degni di attenzione da parte dei ricercatori. Inizia così un lungo e affascinante viaggio che tocca tutta Italia, un percorso che non mancherà di stupire il lettore, magari sorpreso nell’apprendere che uno dei tanti misteri descritti si trova proprio nel suo paese, nella sua città. Dalla Porta Alchemica alle case infestate, dalla Pesatura delle Anime al Museo dell’Oltretomba, l’autore ci accompagnerà attraverso notizie, curiosità e fatti storici che non sempre hanno trovato spazio nelle bibliografie ufficiali, rimanendo spesso confinati nelle tradizioni orali. TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà Ufologia pag.46 Ciò che non vorremmo sapere Le mutilazioni umane © Gianluca Rampini Gianluca Rampini Il dibattito che si solleva quando si cerca di dimostrare se gli alieni abbiano un atteggiamento positivo od ostile nei nostri confronti può diventare rapidamente stucchevole e di solito non porta da nessuna parte. Entrambe le fazioni che si creano tendono a tralasciare alcuni argomenti che potrebbero pesare negativamente sulle loro ipotesi. Vi è una questione in particolare che è rimasta, comprensibilmente, relegata ai margini della ricerca e bisogna ammettere che non depone a favore del “buonismo” sotteso ai discorsi di alcuni ricercatori. Mi riferisco alle mutilazioni umane. I casi non sono molti ed il collegamento con il fenomeno ufo non è sempre così evidente, come del resto nel caso delle mutilazioni animali, ma ciò nonostante ne esistono alcuni ben documentati, che andremo ad analizzare e che gettano una luce inquietante sulla considerazione che di noi potrebbe avere almeno una delle razze che visitano il nostro pianeta. Il caso di Jonathan P. Lovette La Holloman Airforce Base Il 3 marzo 1956, il suddetto Lovette, sergente presso la base di Holloman, uscì assieme al maggiore William Cunningham, con l'incarico di ritrovare un missile lanciato a scopo sperimentale. I due militari si diressero verso le colline circostanti l'installazione seguendo la direzione del lancio. Durante il percorso decisero di abbandonare la loro Jeep e di dividersi per coprire un'area maggiore. Il sergente superò una collinetta e scomparve alla vista del maggiore Cunningham, che proseguì in un'altra direzione. Cinque minuti dopo che si erano separati quest'ultimo sentì un urlo che, successivamente, definì come quello di un uomo terrorizzato o quello di un uomo in agonia. Avendo intuito che si trattava del sergente Lovette si precipitò in suo soccorso ma ciò che vide era totalmente inaspettato: Lovette infatti stava per essere risucchiato in un disco volante tramite una specie di serpentina che fuoriusciva dal ventre dell'oggetto e che gli avvolgeva le gambe. Per quanto bizzarro possa sembrare il particolare della serpentina, non è l'unico caso in cui questo fatto è stato riportato anche se era riferito alle mutilazioni animali. Racconta il giornale Farmer’s Advocate di Yates Center il 23 aprile del 1887 Il signor M. Alex Hamilton alle sei di mattina sentendo che il suo cane latrava ferocemente si alza e corre con suo figlio Wall ed un amico Gild Heslip fuori di casa con il fucile. Si sta accorgendo che una strana macchina volante sta calando su una delle sue mucche e dopo averla afferrata con un cavo di color rosso, al collo se la porta in aria mentre la povera bestia urla come una dannata. A nulla servono gli sforzi del contadino per tentare di liberare l’animale che è stato rapito da alcuni esseri bizzarri che si scorgono nella parte illuminata della macchina volante. Alcuni sembrano alti come noi ma ci sono anche degli esseri piccoli come bambini (i grigi? NDA). I resti dell’animale: la coda, parte della testa e del corpo vengono ritrovati il giorno dopo, nel campo di un vicino. Immobilizzato dalla paura, il maggiore Cunningham, non poté fare altro che constatare come l'oggetto si dileguò poi in pochi secondi. Tornato al suo veicolo contattò il comando della base che confermò di aver rilevato del traffico aereo non identificato. Non appena rientrato Cunningham venne posto sotto osservazione e contestualmente TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà vennero lanciate le operazioni di ricerca. Tre giorni dopo, a circa otto chilometri da luogo indicato da Cunningham, vennero ritrovati i resti del sergente Lovette. Le condizioni del cadavere turbarono i militari, esso infatti riportava diverse mutilazioni. Venne riscontrato che erano state asportate la lingua, la parte inferiore della mascella, gli occhi, i genitali, l'ano, il colon e tutto il sangue. Vi era inoltre una profonda incisione che dal mento proseguiva lungo l'esofago. Venne stabilito che la morte risaliva ad un paio di giorni prima. I militari trovarono anche molti uccelli necrofagi deceduti nei dintorni del ritrovamento. La versione del maggiore Cunningham non venne ritenuta credibile e le autorità militari lo incriminarono per l'omicidio del commilitone. In breve tempo però le accuse caddero ed egli venne prosciolto. Il Caso di Guarrapinga Il parco di Guarrapinga Guarrapinga è una riserva naturale che funge da polmone verde alla città di San Paolo in Brasile. Questo parco rigoglioso e poco frequentato si trova al margine meridionale della città. Il 29 settembre del 1988, tre amici ne stavano esplorando una zona piuttosto impervia e ricca di una fitta vegetazione tropicale. Facendosi strada tra il fogliame, i tre ragazzi, incapparono in un cadavere orrendamente mutilato. Terrorizzati dalla macabra scoperta fuggirono alla ricerca di qualcuno da avvisare trovando alla fine un vigile. Le autorità allertate dalla testimonianza dei tre ragazzi isolarono la zona ed iniziarono le indagini. Nonostante le deturpazioni subite dal cadavere riuscirono ad identificarlo abbastanza rapidamente grazie ad alcuni dettagli che coincidevano con quelli di una persona scomparsa. Le indagini concernenti gli autori e le modalità del crimine però non produssero alcun risultato ed il caso venne rapidamente archiviato. I dettagli delle mutilazioni emersero quasi casualmente grazie alla dottoressa Zapata Garcia, ufologa brasiliana, durante le sue ricerche nel campo delle mutilazioni animali. Una persona che era a conoscenza della sua ricerca le consegnò un serie di fotografie che a suo parere potevano interessarla perché ritraevano un cadavere con mutilazioni paragonabili a quelle che occupavano le sue ricerche. Ad essere immortalato in quelle sette immagini non era però un animale, bensì un essere umano. Una delle sette esplicite fotografie recuperate dalla dottoressa Garcia La persona che le consegnò le foto, il Dr. Rubens Goes, le aveva ottenute da un cugino poliziotto, Rubens Sergio, che le aveva duplicate e conservate privatamente per il loro inusuale contenuto. La dottoressa Garcia, cogliendo l'importanza e l'unicità del caso, si mise subito all'opera riuscendo a risalire e a contattare il magistrato che nel 1988 aveva condotto le indagini sul caso. Con notevole caparbietà riuscì a convincerlo a riprendere in mano il fascicolo ed approfondire il caso. Con un po' di fortuna riuscirono anche a recuperare il fascicolo originale dell'epoca, comprese le trascrizioni di tutto il procedimento dalle quali si evinceva che, in un primo momento,le mutilazioni furono attribuite agli urubù, piccoli avvoltoi della regione. Non vi erano segni di colluttazione e quando le analisi si fecero più approfondite l'ipotesi degli avvoltoi perse immediatamente di consistenza. Si scoprì che le viscere erano state asportate tramite un foro del diametro di tre centimetri, perfettamente circolare, aperto all'altezza di un fianco. Il labbro e gran parte della pelle della mascella erano stati asportati con precisione chirurgica, così come la lingua e l'esofago. Stessa sorte aveva subito lo scroto, ma non il pene (!), mentre i muscoli del braccio vennero “aspirati” da due fori del diametro di due centimetri praticati sotto le ascelle. In queste immagini particolarmente crude si può notare l'asportazione dell'ano e come il ventre si afflosci per la mancanza degli organi interni. TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà Il resoconto dell'autopsia aggiungeva altri inquietanti dettagli: non vi era segno di rigor mortis e non vi era alcun segno di putrefazione, nonostante la morte fosse sopraggiunta tra le quarantotto e le settantadue ora precedenti. Nessuno fu quindi in grado di produrre una spiegazione convenzionale accettabile. Paragonato all'altro episodio e alla casistica delle mutilazioni animali è impossibile non stabilire che vi sia tra queste un collegamento. La rilevanza di questo episodio risiede anche nelle fotografie che sono state rese pubbliche e portate all'attenzione della comunità ufologica dal ricercatore brasiliano J.Gevaerd. Il ricercatore brasiliano J.Gevaerd Il caso del 1979, in Idaho. In questo terzo caso è possibile riscontrare un ulteriore elemento che infittisce se possibile il fenomeno che stiamo analizzando. Siamo nel 1979, nello stato dell'Idaho, più precisamente in una remota ed impervia area chiamata Bill and Gerome. Due cacciatori nel corso di una battuta incapparono in un cadavere orrendamente mutilato e quasi completamente nudo. I genitali erano stati rimossi e le labbra erano state asportate chirurgicamente. I cacciatori notarono anche che nonostante l'uomo fosse a piedi nudi su di essi non vi fosse alcun segno o sporcizia il che rendeva impossibile spiegare come fosse giunto sino a lì. Il ricercatore Don Ecker, insieme a Sitchin. Dopo che la polizia venne allertata i suoi indumenti furono ritrovati a diverse miglia di distanza. Non fu possibile determinare come quella persona fosse giunta fino al luogo del ritrovamento né tanto meno cosa gli fosse accaduto, dato che nelle sue vicinanze non venne rilevata alcuna traccia. Un ricercatore ed ex ufficiale di polizia, Don Ecker (che abbiamo contatto per avere conferma di queste informazioni), avendo notato le somiglianze di questo episodio con il fenomeno delle mutilazioni animali, decise di indagare sfruttando la sua esperienza professionale ed i suoi contatti nelle forze dell'ordine. Decise quindi di rivolgersi ad un amico detective anch'esso coinvolto in questo tipo di indagini. Insieme pensarono di utilizzare il NCIC, il database del FBI per cercare di inquadrare il fenomeno su una scala più vasta. Impostarono la ricerca per morti umane in cui fossero coinvolti elementi di mutilazione. Poiché la ricerca copriva diversi stati furono necessari alcuni giorni per ottenere una risposta. Quando questa arrivò l'amico lo chiamò preoccupato e gli disse: “Don, qui c'è qualcosa che non va”. La risposta asseriva che non vi era nemmeno un caso che rientrasse nei parametri stabiliti. Inoltre, allegata ad essa, vi era una raccomandazione che intimava di presentare eventuali richieste future a voce, al telefono, con appropriata autorizzazione. “Qualcuno è seduto su qualcosa grande quanto l'inferno”. Fu un'altra delle frasi colorite con cui l'amico detective commentò quella comunicazione. Don Ecker comprese che qualcosa di sbagliato in effetti ci doveva essere perché tutti, nelle TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà forze dell'ordine, conoscevano il caso del Green River Killer, nello stato di Whashington. A questo serial killer erano stati attribuiti tra i 30 ed i 40 omicidi, all'epoca ancora irrisolti, in alcuni dei quali l'assassino aveva indugiato in mutilazioni post mortem. Quindi qualcuno di questi casi sarebbe dovuto comparire nei risultati della ricerca da loro effettuata. Ecco quindi l'elemento “cospirativo” aggiungersi agli altri, una testimonianza importante che tristemente si intona perfettamente con il quadro generale. I tre casi fin qui presentati sono quelli meglio documentati ed ognuno di essi è importante per un elemento distintivo. Il primo poiché pone in correlazione il fenomeno delle mutilazioni con il fenomeno Ufo. Il secondo per l'attendibilità delle fonti e per il materiale fotografico. Il terzo per la questione del coinvolgimento delle autorità. Non sono però gli unici casi che presentano i medesimi macabri elementi. Nel 1988 nella contea di Westchester, New York, alcuni obitori furono attivati a tarda notte per ricevere i corpi di un certo numero di uomini con particolari e ricorrenti mutilazioni. Parziale rimozione della faccia, rimozione degli occhi, dello stomaco, della tiroide e dei genitali. Un patologo, che ha violato il silenzio imposto sul caso dalle autorità, ha raccontato che inizialmente tali mutilazioni furono attribuite a qualche dipendente degli obitori ma che le accuse caddero e nessuno venne mai accusato. Se l'argomento in sé non è di già sufficientemente inquietante dobbiamo rincarare la dose rilevando che esso non è un fenomeno che riguarda solamente il secolo scorso, ma che continua fino ai giorni nostri se pur sporadicamente. L'episodio più recente è accaduto nel 2002 in Argentina. Un'anziana signora di 72 anni, Sara Margherita Praiano, è stata ritrovata morta nella sua casa, ad Arguello sobborgo ad ovest della città di Cordoba. Allertata dai vicini, la polizia assieme al nipote della donna si è introdotta nella casa dove è stata trovata deceduta, distesa sul pavimento. Il corpo presentava diverse mutilazioni tra cui l'asportazione di una parte del torso, dell'anca e del volto. Anche i suoi due cani vennero ritrovati morti. A questo punto dobbiamo porci una domanda importante : fino a che punto le autorità, o per meglio dire chi sta dietro alle autorità, è coinvolto in questo fenomeno come in quello delle mutilazioni animali? A questo riguardo ci sono due casi da menzionare. Il primo riguarda Bill English, un ex militare dei Berretti Verdi e delle Forze Speciali di servizio in Vietnam. Concluso il suo servizio attivo venne contattato dal NSA affinché si occupasse dell'analisi dei messaggi indirizzati al blocco sovietico, che venivano intercettati presso un punto di ascolto a Chicksands, in Gran Bretagna. Il suo compito era quello di assegnare un grado di plausibilità ai messaggi e di delineare gli scenari conseguenti. Durante la sua permanenza in Vietnam, English e la sua squadra, furono dislocati in Laos, nel punto in cui un B-52 era precipitato a causa di Ufo. Le ultime comunicazioni ricevute dall'aereo furono “...sotto attacco da parte di UFO...” e “...una grande luce...”. Giunti sul luogo scoprirono che la carlinga del velivolo risultava intatta, non c'era nemmeno alcun segno di un atterraggio, ma nonostante questo tutto l'equipaggio risultò morto ed i cadaveri mutilati. Il coinvolgimento di English con questo fenomeno però non finì nelle giungle del sud-est asiatico. Nel 1976, alla fine di giugno, mentre era impiegato come analista alla stazione d'ascolto, gli venne sottoposto un rapporto piuttosto particolare. Non è chiaro se la sua precedente esperienza abbia giocato un ruolo in questo senso. Si trattava di 625 pagine da esaminare e valutare appartenenti al Grudge/Blue Book Report 13. Secondo English, che cercò di memorizzare quante più informazioni possibili, riversandole su nastro successivamente, il rapporto sembrava credibile, anche perché conteneva fotografie di una missione in cui anche lui era stato coinvolto. Una riunione del Progetto Bluebook Uno degli episodi che English trovò menzionati nel rapporto fu l'episodio del rapimento e delle mutilazioni del sergente Lovette. TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà Leonard H. Stringfield, nel suo libro “Ufo Crash/Retrievals, Status Report n.6” racconta che un ufficiale americano di grado molto elevato, che lui conosceva da molti anni, gli aveva confidato che durante la guerra del Vietnam anch'egli era membro di una squadra delle Forze Speciali. Secondo il suo racconto il suo gruppo fu coinvolto in uno scontro a fuoco con degli alieni durante il quale i militari incapparono in parti di corpi umani mutilati. Le conseguenze di questo episodio furono che l'unità venne trattenuta per diversi giorni e interrogata sotto ipnosi. L'ufficiale era convinto che i militari che li interrogarono installarono delle false memorie per coprire l'accaduto e che solamente molti anni dopo i veri ricordi cominciarono a riemergere. L'implicazione di questa storia è tanto evidente quanto disarmante e conferma che qualcuno è al corrente di questa violenta attività e dell'interesse di alcuni alieni per la fisiologia del corpo umano. Quale può essere questo interesse? Rispondere compiutamente è impossibile ma possiamo azzardare delle ipotesi. Quel che è certo è che non vi sono ragioni di studio della nostra fisiologia. Non si spiegherebbe la necessità delle mutilazioni, inoltre il fatto che il fenomeno coinvolga molto più gli animali che gli uomini indica chiaramente che non è questo l'obbiettivo. A nostro parere vi sono due elementi che ricorrono nella maggioranza dei casi. L'interesse per le parti del corpo ricche di ghiandole e l'assenza del sangue nei cadaveri. Quindi l'apparato linfatico, i fluidi corporei sembrano essere di particolare importanza per i perpetratori di queste stragi. Va ricordato infatti che di stragi si tratta. Se i casi di mutilazione umana sono fortunatamente pochi, ve ne sono centinaia di animali, che negli anni hanno documentato lo sterminio di migliaia di capi, tra mucche, cavalli, cani e animali vari. Per dover di cronaca riportiamo l'ultimo caso conosciuto. Il 20 agosto di quest'anno a Saskatoon, Saskatchewan, Canada è stata ritrovata una mucca le cui carni del collo e del capo sono state completamente asportate. A differenza di tutti gli altri casi attorno alla carcasse era sparso molto sangue, come se qualcosa nella procedura non avesse funzionato. povere popolazioni della giungla amazzonica brasiliana. Vengono in mente i riti segreti di cui sono protagonisti politici e nobili, secondo testimonianze di sopravvissuti come Arizona Wilder o Cathy O'Braian, in cui il sangue è spesso centrale, fondamentale per il suo significato simbolico e per la sete delle entità che essi sostengono di veicolare nella nostra realtà. Siano o non siano leggende metropolitane che il sangue sia il simbolo della vita è vero e lo è dai tempi della creazione. Quando Noè uscì dall'arca Dio concesse a lui ed alla sua famiglia, rinforzando il patto con gli uomini, di cibarsi di tutti gli animali ma che il loro sangue, come quello degli uomini, spettava solamente a Lui. Può darsi che questa prelazione sia rimasta valida sino ad oggi. [email protected] Bibliografia La mucca mutilata il 20 agosto in Canada E' anche importante ricordare che mai sino a d'ora è stato accusato nessuno, non è mai stata trovata traccia di attività sataniche o ritualistiche e che se anche fosse successo alcuni dei casi più bizzarri non si sarebbero potuti così spiegare. C'è poi il sangue. Cosa ci può essere nel nostro sangue che lo renda così importante per una razza aliena? Vengono in mente le così dette “luci vampiro” che afflissero le -Notiziario Ufo n. 56 – 2004 -www.bibliotecapleyades.net -Ufo related homice in Brazil, by G.Cope Schellhorn -The human mutilation factor, by Don Ecker -www.think-aboutit.com -www.ufoinfo.com -Human mutilated picture from Brazil, by Karen Lyster -Mutilazioni animali: fenomeno alieno? Di Corrado Malanga NEL PROSSIMO NUMERO DI TRACCE D’ETERNITA’ IN DOWNLOAD A FINE MARZO 2010 DEI, UOMINI E BESTIE di Simone Barcelli TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà Ufologia pag.52 Il pilota cosmonauta russo Aleksei Leonov e gli Ufo © Philip Mantle e Paul Stonehill (Traduzione di Germana Maciocci) Paul Stonehill e Philip Mantle Rapporto dei Servizi Segreti americani Philip Mantle is an international UFO researcher, lecturer and broadcaster. He is the former Director of Investigations for the British UFO research Association and currently lives in West Yorkshire, England. He can be contacted on email [email protected] Paul Stonehill is originally from the Ukraine but he now resides in the USA. An international author, lecturer & broadcaster he can be contacted via e-mail at [email protected] TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà Nel presente articolo, tenteremo di verificare la reale opinione del Pilota Cosmonauta Aleksei Leonov a proposito del fenomeno UFO e, al di là delle sue reali credenze riguardo gli UFO, di rivelare alcune informazioni in precedenza non disponibili ai servizi di informazione occidentali a proposito di questo notevole, coraggioso, intelligente, pieno di doti e anche molto complicato essere umano, uno dei primi cosmonauti sovietici, uno degli ultimi superstiti tra gli esploratori spaziali russi. La nostra ricerca su questo pilota e le sue opinioni riguardanti oggetti volanti non identificati inizia con un rapporto declassificato dei Servizi Segreti del Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti d’America. Il codice del rapporto è 2 723 1209 70, la data 19 agosto 1970. http://www.dia.mil/publicaffai rs/Foia/ufo2.pdf L’informazione contenuta nel rapporto risale al 18 maggio 1970. L'argomento è Sviluppo Spaziale Sovietico, il Paese in questione il Giappone. Qui, a Yokogama, presso l’Università Tokai nella prefettura Kanagawa, l’eminente cosmonauta sovietico Soviet Leonov stava tenendo una lezione nello Shohan Annex, discutendo delle sue esperienze spaziali sovietiche, e dei progetti futuri della Russia riguardanti l’esplorazione dello spazio (inclusa una stazione spaziale di dimensioni enormi, che la Russia aveva in programma di mettere in orbita). Leonov affermò inoltre di non credere agli UFO. Leonov parlò quel giorno di diversi argomenti. Uno di questi fu il miglioramento del sistema di frenaggio delle capsule spaziali sovietiche. Un altro, la conferma dei dati sovietici riguardanti la Luna da parte degli astronauti degli Stati Uniti. Tale conferma interessava i servizi segreti militari americani, e noi crediamo di conoscerne la ragione: come la CIA, erano venuti a conoscenza di precedenti (e documentati) tentativi da parte dei russi di raggiungere la Luna. In ogni caso, è probabile che Leonov fosse stato istruito per fornire informazioni false in occidente a proposito degli avvistamenti di UFO in Russia. Due anni prima della lezione di Leonov in Giappone, un tentativo pianificato da parte degli scienziati e ricercatori militari sovietici di condurre ricerche sugli UFO in modo indipendente (tramite canali televisivi e altri media) era stato bloccato con durezza. Gli UFO continuavano a essere un argomento tabù in Unione Sovietica. Questo affascinante episodio della storia della ricerca sovietica sugli UFO (senza pari in nessun altro luogo del mondo) viene descritto in Mysterious Sky: Soviet UFO Phenomenon. Ecco cosa rivelò Leonov al suo pubblico giapponese a proposito dell’esplorazione sovietica della Luna. L’Unione Sovietica era dotata di un programma ben coordinato per viaggiare verso la Luna e aveva redatto dati completi e dettagliati riguardanti le condizioni di tale satellite TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà attraverso la sua stazione lì localizzata. Era in possesso di foto del lato oscuro della Luna e informazioni esaustive riguardanti la sua superficie e i materiali di cui essa è composta, il suo campo gravitazionale, ecc. “Gli astronauti americani che sono atterrati sulla Luna non hanno fatto che confermare dati già in nostro possesso”, affermò. Quindi, il pubblico giapponese venne indirizzato da Leonov sul discorso UFO. Egli ribadì di non credere all’esistenza di oggetti volanti non identificati. Perché, chiese, i dischi volanti, qualora esistano veramente, dovrebbero essere avvistati solamente negli Stati Uniti, in Francia e in Italia? Disse che gli osservatori russi non riportavano nessuna registrazione di avvistamenti del genere, nonostante fossero gestiti da tecnici altamente qualificati. Fonte di tali informazioni presso i servizi segreti del Pentagono (DIA) fu un ufficiale dell’agenzia di governo giapponese. È sorprendente la cura con la quale i sovietici si dettero da fare per nascondere gli avvistamenti di UFO da parte degli astronomi. In Mysterious Sky: Soviet UFO Phenomenon (l’ultimo libro di Mantle & Stonehill) vi è un capitolo in cui vengono elencati i rapporti e le osservazioni degli astronomi sovietici relativamente agli UFO, scienziati con il più alto livello di istruzione possibile nel loro campo. Alcune delle loro osservazioni sono state pubblicate dai media sovietici, negli anni sessanta, ancora prima che Leonov partisse per il Giappone. Eppure, il quotidiano sovietico PRAVDA affermava, in data 29 febbraio 1968, che gli astronomi che osservavano con attenzione il cielo giorno e notte, non avevano mai avvistato “dischi volanti”. Sia il cosmonauta sia il quotidiano tenevano nascosta la verità; ma la storia della ricerca sovietica riguardante il fenomeno UFO prova che questi interessavano gli astronomi sovietici, che avevano scritto rapporti su quanto avevano avvistato. Si trattava quindi di un mero tentativo volontario di fornire false informazioni? Come funzionario in posizione chiave del servizio spaziale sovietico, Leonov era a conoscenza di quanto stava accadendo negli osservatori oppure stava semplicemente eseguendo degli ordini? Crediamo fermamente che già nel 1970, Leonov fosse a conoscenza degli avvistamenti di UFO riportati da altri cosmonauti. Effettivamente non li ha mai smentiti. Trent’anni dopo: le interviste di Leonov, i suoi giuramenti, e le sue rivelazioni Leonov al giorno d'oggi In data 23 marzo 2005, quattordici anni dopo la caduta dell’Unione Sovietica, Leonov fu intervistato dalla rivista russa Dragoye Vremya (Agenzia RIAN). La conferenza stampa era in onore del 40th anniversario della sua camminata nello spazio. Disse che tutti gli abitanti della Terra sono realmente desiderosi di credere nell’esistenza di altre forme di vita oltre alla loro, ma purtroppo, ai confini del sistema solare non esiste vita intelligente13. Aggiunse quindi: “Dichiaro questo sotto la mia diretta responsabilità”. Continuò: “In qualità di militare, sono stato a capo di una commissione per la ricerca di fenomeni spaziali insoliti, e vi giuro, sono stati tutti soggetti a una spiegazione naturale”. Leonov disse che gli oggetti non identificati osservati dalla Terra, di solito, avevano a che fare con fenomeni meteorologici speciali o lanci di razzi da parte di veicoli spaziali che negli strati superiori creavano con i loro gas forme molto particolari. (Tali razzi sono utilizzati per lanciare veicoli spaziali contenenti astronauti e cosmonauti che vanno in orbita intorno alla Terra e viaggiano nello spazio. Come quelli utilizzati per lanciare sonde e satelliti, sono chiamati dalla NASA veicoli di lancio. In Russo, il loro nome è kosmicheskiye raketi-PM/PS). “Croci circondate da enormi cerchi, possono essere osservate specialmente nei chiari cieli invernali per un prolungato periodo nell’area del Cosmodromo Plesetsk14, nella regione di Saratov, e su Baikonur in seguito alla partenza di veicoli di lancio Soyuz. Li hanno visti diverse persone, e hanno preso gli anelli di fumo per UFO; la leggenda è nata in seguito al passaparola” chiarì il cosmonauta. Leonov aggiunse: “Fino ad oggi, in nessun luogo al mondo è stata scattata alcuna immagine chiara, da poter essere analizzata e affermare senza dubbio di sorta che sì, si tratta di un UFO. Perché vengono scattate simili fotografie oggigiorno, quando ognuno è in possesso di una fotocamera nel proprio cellulare?” Era la prima volta, da quanto abbiamo potuto stabilire, che il pilota cosmonauta Leonov nominava tale “commissione” (altrimenti chiamata “comitato”) della quale era stato a capo. Questa commissione investigava sugli UFO. Da quanto risulta dalle nostre verifiche, tale commissione non faceva parte del programma SETKA (progetto top secret sia universitario che militare per la ricerca sugli UFO. Tale programma è descritto nel seguente articolo di Paul Stonehill e Philip Mantle: Setka: A Secret Soviet UFO Research Program : DAWN OF THE SECRET PROGRAM http://www.ufoinfo.com/news/ setka.shtml) 13 Intendendo proprio oltre gli esseri umani-PM/PS. TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà 14 Base di lancio PM/PS. Che tipo di commissione era guidata da Leonov? Cosa aveva scoperto? Su quali casi aveva investigato? In seguito, Leonov fu intervistato dalla rivista russa Biznes (numero 25, 19 giugno 2006). Cercheremo di riportare la traduzione fedele delle parole di Leonov; crediamo infatti fermamente che ogni sua parola fosse scelta con la massima cura. Affermò di essere stato a lungo responsabile di un comitato che investigava su oggetti non identificati. Leonov disse di essere certo di questo: “…nel sistema solare, non esistono forme di vita intelligenti oltre a quella presente sulla Terra. Ci può essere vita a livello unicellulare (avendo scoperto la presenza di acqua su Marte). Naturalmente da qualche parte nell’Universo esiste la vita. Ma non possiamo verificarlo a causa delle lunghe distanze. La stella più vicina alla nostra galassia si trova a cinque anni luce da noi. Immaginate, viaggiare a tale velocità è fuori dalle nostre capacità, per ora. Ma di sicuro gli extraterrestri hanno visitato la Terra in passato. Tutte le religioni del mondo ne riportano testimonianza: un Essere di Luce arrivò dal cielo, fece seguaci, e quindi risalì, ovvero volò via…” Il 29 aprile del 2009, fu pubblicata sul sito web russo Kaleidoskop un’intervista fatta a Leonov. Si tratta di una documentazione interessante, poiché Leonov cerca qui di screditare apertamente Marina Popovich (famosa pilota collaudatore, autrice, scienziata, e ricercatrice di UFO sovietica), e di contraddire altri cosmonauti sovietici che avevano dichiarato di aver avvistato degli UFO. Ecco le sue dichiarazioni: “Quando lavoravo nel Centro di Addestramento per Cosmonauti (Star City, o Zvyozdny gorodok in russo) una struttura per la ricerca e l’addestramento militare vicino a Shchyolkovo nella provincia di Mosca, a 32 km nord est di tale città (i cosmonauti russi a partire dagli anni sessanta hanno vissuto e sono stati addestrati in questa struttura, il Centro di Addestramento Cosmonautico per la Ricerca Scientifica di Stato Yu.A.Gagarin -PM/PS), ero a capo della Commissione per la ricerca sugli UFO, e raccoglievo tutte le prove. Sfortunatamente, nessuno dei casi era privo di dubbi. Ma a sentire Marina Popovich, si ha la gradevole impressione che non solo siamo circondati da dischi volanti, ma anche da umanoidi che camminano tra di noi con tanto di lanterne rosse e sirene.” Parleremo di Marina Popovich più avanti in questo articolo. Quindi Leonov ribadisce che all’interno del sistema solare non esistono altre forme di vita intelligente. Queste sono le sue esatte parole. Leonov prosegue: dimostrano che qualcuno ha visitato il nostro pianeta in passato. Ma questo accadde molto tempo fa. La lingua scritta è presente sulla Terra da non più di quattromila anni. In precedenza, tutto era riportato oralmente, e ognuno poteva aggiungere qualcosa. A mio parere, la religione, indipendentemente dall’oggetto di venerazione, ha un fondamento comune; parlo di illuminazione, ascensione. Indipendentemente dalla nostra appartenenza all’induismo o alla cristianità ortodossa russa, possiamo tutti verificare che15 ‘arrivò’, ‘atterrò’, ‘disse’, ‘fece accoliti e insegnò’, e ‘ascese con lampi e tuoni’. La soluzione si può trovare da sola: quattro - cinquemila anni fa ricevemmo la visita di qualcuno. La tradizione scritta non ha preservato questo ricordo. Ma rimangono fenomeni e testimonianze che fanno sorgere dubbi sulla presenza o no della visita di esseri intelligenti sulla Terra. Probabilmente, la visitarono. Si è parlato molto a proposito dell’avvistamento da parte di Grechko16, che afferma di essere stato accompagnato dagli UFO durante uno dei suoi voli; che, presumibilmente 15 “Esiste vita intesa come forma elementare, ma per quanto ne sappiamo, non esiste vita intelligente. Ci sono diverse testimonianze, ma senza alcuna prova scientifica. Allo stesso tempo, ci sono diversi artefatti sulla Terra che TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà Qualcuno-PM/PS. Famoso cosmonauta sovieticoPM/PS. 16 Volodya Kovalenok 17 li abbia anche avvistati, e parlato18. Ma di fatto, quando si comincia ad andare a fondo, si scopre che questi oggetti sono umani, fatti a mano. Pali, cilindri di duralluminio lucido volati via dalle stazioni dove erano preservati in modo sbagliato, e che grazie alla loro forma possono essere scambiati per oggetti non identificati. Non si tratta di niente di più e non sono apparsi in nessun altro luogo. Eppure, chi si occupa di questo e ne parla, utilizza i propri privilegi e la propria fama”. A questo punto, Leonov fa diretto riferimento a Marina Popovich. Marina Popovich “Circa dieci anni fa, Marina Popovich, che oggigiorno è presidente del collegio degli ufologi del Kazakistan e dell’Asia Centrale, si svegliò una notte verso l’una, e affermò di avere avvistato un UFO. Corremmo tutti sulla terrazza. Era vero, c’era un disco volante che si muoveva attraverso la foresta. 17 Un altro famoso cosmonauta russo; vedere Mysterious Sky: Soviet UFO Phenomenon per le interessanti osservazioni a lui attribuite durante la Quinta Missione; come altri diversi rapporti e osservazioni riguardanti UFO da parte di altri cosmonauti russi e sovietici-PM/PS). 18 Con loro? O di loro?Le affermazioni di Leonov’ a riguardo sono poco chiare-PM/PS). Dissi a Marina che era in corso la costruzione di un edificio in quella direzione e stavano utilizzando un’ enorme gru orizzontale alta circa settanta metri. Le sue figlie e mia figlia, corsero anche loro a vedere; vennero lì19 la gru. Un mese dopo, ci fu un congresso di ufologia presso20 Pietroburgo. Dopo il congresso, lessi sulla rivista Znaniye: In tali date, a tali coordinate è stato avvistato un UFO. Tutta la nostra famiglia lo ha visto, e anche la famiglia Leonov, che era nostra ospite, ha avuto modo di vedere e confermare. Incontrai21 Marina, e le dissi: Perché? Non è la verità. Lei rispose: Non è la verità, ma è interessante. Ma ora, quando fa un discorso e inizia a parlare di qualsiasi argomento, io sorrido tra me e me e penso: ascoltate pure, ma, se qualcosa mai arriverà, sarà tutto completamente diverso”. Altre domande sorgono in seguito all’intervista di Leonov. Perché lanciare un attacco alla credibilità di Marina? Perché attaccare lei, e non suo marito, Pavel Popovich, uno dei cosmonauti russi più famosi, in precedenza collega di Leonov, e promotore della ricerca sugli UFO che era a capo della SOUYZUFOTSENTR e aveva ottenuto documenti riguardanti gli UFO appartenenti al KGB direttamente dal suo vice presidente, N. Sham, nel 199122; 19 E videro-PM/PS. quello stesso Pavel Popovich che aveva avvistato personalmente un UFO e aveva contribuito al coordinamento di Kosmopoisk, un programma civile indipendente relativo a ricerche e spedizioni, impegnato nello studio e nella ricerca di fenomeni anomali (ufologia, crittofisica), argomenti limite e futuristici? Perché Leonov non si pronuncia a proposito di Pavel Popovich, ma attacca Marina? Ha scoperto qualcosa che lo disturba, e forse a proposito della commissione di cui era responsabile? A quali artefatti si riferisce Leonov nella sua intervista? Crede veramente alla possibilità di una visita remota da parte di astronauti (paleocontatto è il termine che gli ufologi russi utilizzano per descrivere tale fenomeno)? Cosa sa a proposito delle osservazioni di Kovalyonok e Savinikh fatte nel 1981 e cosa a proposito del presunto contatto descritto nel nostro libro (e basato sulle rivelazioni del cosmonauta Beregovoy riportate dai media russi)? E a proposito delle altre osservazioni riportate da Kovalyonok riguardanti l’anno che ha passato nello spazio? Come può Leonov sapere che tutto sarebbe diverso nel caso in cui “arrivassero”, e in che modo? Il 29 maggio 2009, viene pubblicata sul quotidiano russo Izvestiya una intervista a Leonov. Gli chiesero perché gli entusiasti degli UFO cercavano di contattarlo. Ecco la sua risposta: “Non ne posso più! 20 San –PM/PS. Più tardi-PM/PS. 22 Vedere l’articolo di Philip Mantle The Real KGB UFO Files sul sito 21 TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà http://www.ufodigest.com/news/030 8/kgb.html. Oggigiorno, in nessun caso è possibile trovare una spiegazione che non sia logica. Ma nessuno vuole rinunciare all’idea di non essere solo nell’universo. Non escludo la possibilità dell’esistenza di extraterrestri, e inoltre credo che qualcuno abbia visitato un tempo la Terra. Ci sono troppe testimonianze di interferenze con altri esseri, più sviluppati rispetto agli umani. Ma tutte le prove a riguardo23 possono solo essere raccolte solo in modo frammentario, in quanto la scrittura esiste da diversi milioni di anni ma ancora prima ogni informazione veniva trasmessa oralmente”. Il 30 maggio 2009, un’altra intervista venne pubblicata su un quotidiano ucraino, Fakty i kommentarii. Fu chiesto a Leonov se, durante la sua permanenza nello spazio, avesse avvistato degli UFO. Egli di nuovo fece riferimento alla commissione che aveva diretto, e al suo compito di raccogliere tutte le prove. Ripetè che nessun avvenimento era privo di dubbi24. Leonov continuò ripetendo la storia di Marina Popovich e della gru. Aggiunse qualche altro dettaglio Quando le nubi sono basse, le luci vi rimangono riflesse, creando una luminescenza circolare che può essere scambiata per un UFO”. Al termine della storia Leonov chiese di perdonare Marina Popovich. Quindi aggiunse di essere certo che all’interno del sistema solare non esistono altre forme di vita oltre a quella presente sulla Terra. “L’uomo26 costituisce la massima espressione del Creatore. E, naturalmente, il nostro pianeta27”. Leonov venne intervistato da Russia Today il 20 luglio 2009. Quando gli venne chiesto degli UFO, il cosmonauta rispose: “Credere negli UFO è stupido come affermare che gli americani non sono mai sbarcati sulla Luna”. Ma disse anche che per lui esiste ancora un fenomeno che non può essere spiegato, ovvero quello dei cerchi sul grano. Leonov affermò a riguardo “…non si tratta di una bufala, e non possono essere contraffatti. Di cosa si tratta? Nessuno lo può spiegare”. “In realtà, vedemmo una luminescenza che, volendo proprio crederci, poteva essere attribuita a un disco volante... è dotata di un proiettore25 che viene acceso di notte. 23 Interferenze o interventivmeshatel’stvo in russo-PM/PS. 24 Ma Leonov non rispose direttamente alla domanda dell’intervistatore-PM/PS. 25 La gru-PM/PS. Marina Popovich 26 27 Gli essere umani-PM/PS. Anche lo è-PM/PS. TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà Marina Popovich Questa donna coraggiosa è un noto pilota collaudatore, una scienziata laureata in ingegneria aerospaziale presso l’università di Leningrado, un luogotenente colonnello e un aviatore pluridecorato. Al giorno d’oggi Marina Lavrentyevna Popovich è a capo di una compagnia aerea privata. Giornalista, è autrice di sei libri pubblicati. Grazie ai suoi sforzi, gli ufologi russi sono stati capaci di scoprire diversi avvenimenti e incidenti tenuti nascosti e insabbiati riguardanti le ricerche sugli UFO nel loro Paese. Ha avvistato personalmente tre volte degli UFO durante la sua vita, una volta durante una spedizione presso le montagne del Pamir, alla ricerca dello Yeti. La spedizione era formata da quaranta persone, inclusa sua figlia, e tutti quanti avvistarono un UFO dall’alto di 4000 metri sopra le montagne. Un oggetto sferico al di sopra di una gola vicina aveva emesso un raggio. Una seconda volta, lei e suo marito avvistarono un UFO gigantesco sull’area di Mitino. Si trattava di un oggetto enorme di forma allungata, lungo circa 250 metri. Fu difficile notare un aeroplano che volava al di sotto dell’oggetto, che lei stimò volasse a un altitudine di 20 chilometri. L’UFO lasciò dietro di sé una scia vorticosa. Questo è l’avvistamento di UFO a cui fa riferimento Leonov (la notizia ci arrivò dalla Russia anni fa, dall’intervista rilasciata sul quotidiano ANOMALIYA nel 1996). L’ultimo avvistamento di cui siamo a conoscenza (almeno fino al 2007) di UFO da parte di Marina Popovich avvenne nel giugno 1996, alle tre di notte. L’oggetto non emise suoni, ma compì delle manovre piuttosto complesse. Emise inoltre delle luci pulsanti. Marina svegliò suo marito e gli ospiti, e anche loro osservarono l’oggetto. A questo punto, risultano ovvie anomalie rispetto al racconto di Leonov, ma non possiamo confermare quello di Marina Popovich. Parlando di “ospiti”, si riferiva realmente a Leonov e la sua famiglia, i suoi vicini? Non possiamo in nessun modo confermare la veridicità del suo racconto. Marina Popovich è stata sul punto di diplomarsi presso la scuola di addestramento per cosmonauti diversi anni fa. Ma fu destituita dal programma dopo che Pavel Popovich, il generale a cui era sposata, convinse gli alti ufficiali che non era adatta a volare nello spazio. Così facendo, probabilmente salvaguardò la sua salute. Se qualcuno è qualificato nel definire cosa sia un UFO, può esserlo solamente questa notevole donna: ha pilotato qualsiasi aeromobile sovietico, dagli aerei di trasporto AN-22 ai jet supersonici MIG-21. Detiene 90 record di volo. Marina Popovich è una persona estremamente lucida: in base alle sue dichiarazioni, il 90 percento degli avvistamenti non riguarda UFO ma fenomeni facilmente spiegabili. Fa menzione di un laboratorio presso Tver dove vengono inviate e interpretate le immagini degli UFO, dove i ricercatori non sono in grado di spiegare il 10 percento degli avvistamenti, come ha riscontrato anche lei. Marina Popovich ha le idee chiare. È certa che le invenzioni di Leonardo Da Vinci, le opere di Jules Verne, e la fantascienza di Ray Bradbury siano frutto di trasmissioni tecnologiche provenienti dallo spazio. I tre uomini sono stati utilizzati come mezzi. Considera inoltre il primo presidente sovietico Gorbachev un “front man” extraterrestre, in quanto causa di profondi mutamenti storici. Quando Paul Stonehill la incontrò nel 1991, era sicura che i documenti segreti sovietici riguardanti gli UFO sarebbero diventati pubblici. A quel tempo Marina Popovich divenne una sorta di portavoce per i gruppi di studio sovietici riguardanti gli UFO. Suppose che sarebbe passato diverso tempo prima che tali documenti segreti fossero stati resi analizzabili. Marina Popovich era a conoscenza di oltre 14 mila avvistamenti di UFO negli USSR tra il 1966 e il 1991. Quando tenne il suo discorso al Whole Life Expo di Los Angeles nel 1991, rivelò che gli ufologi non ufficiali che negli USSR avevano reso pubbliche le loro opinioni, erano stati licenziati o TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà segregati in ospedali psichiatrici. Ma anche Marina Popovich non era a conoscenza di diversi avvistamenti di UFO e fenomeni che avevano avuto luogo in Unione Sovietica e che vennero alla luce dopo il 1991. Fu così disponibile da dividere le sue informazioni e documentazioni fotografiche con il Centro di Ricerche Russo sugli UFO di Los Angeles. Marina Popovich è inoltre una ecologista attiva, in quanto a conoscenza dei terribili danni inflitti alla Russia e agli altri Paesi che facevano parte dell’USSR. Ha visto fiumi prosciugarsi, laghi e pozze privi di vita, buchi nell’ozono, e fuoriuscite di gas tossici. L’ecosistema della Russia era danneggiato molto prima dell’incidente di Chernobyl. Le condizioni dell’economia russa durante gli anni novanta e la povertà del suo Paese natale la rattristavano molto. Per quanto riguarda gli UFO che non possono essere spiegati da fenomeni naturali, li considera , in veste di pilota addestrato, per quello che sono: velivoli extraterrestri. Marina Popovich è certa che gli esseri umani non costituiscano l’unica forma di vita intelligente nell’Universo e che altre creature possano realmente venire a visitare il nostro pianeta. Nel 1991 Marina Popovich mostrò a Paul Stonehill una foto che Phobos 2 aveva scattato prima di essere dismesso. Raffigurava un oggetto cilindrico enorme lungo circa 25 chilometri. Dopo aver trasmesso tale immagine alla Terra, la sonda sovietica scomparì. L'ultima immagine scattata da Phobos 2, si vedono il satellite di Marte e l'oggetto Ma Marina Popovich disse a Paul Stonehill che il Glavkosmos (Programma spaziale sovietico), era fermamente convinto che qualsiasi cosa avesse distrutto la sonda sovietica nel 1989, fosse stato creato da un’intelligenza artificiale. Abbiamo compiuto una ricerca approfondita riguardo al disastro spaziale della Phobos 2, le circostanze misteriose inerenti la sua missione e le sue conseguenze, e le nostre scoperte sono descritte in Mysterious Sky: Soviet UFO Phenomenon. I misteri dei monoliti di Marte sono di grande interesse per alcuni. In data 6 agosto 2009, durante un’intervista sul canale televisivo via cavo C-SPAN, l’astronauta Buzz Aldrin ha dichiarato: “Dovremmo visitare le lune di Marte. È stato avvistato un monolite, una struttura piuttosto insolita su quell’oggetto a forma di patata che gira intorno a Marte ogni sette ore”. L’oggetto in questione risulta essere Phobos. Per quanto riguarda il mistero del monolite, Marina Popovich ha fatto del suo meglio per attirare l’attenzione pubblica, come hanno fatto altri, ad esempio il Professor Burdakov. Apparentemente, anche gli americani sono in possesso di diverse informazioni; e anche altri, vista la nuova missione russo-cinese in corso d’opera su Phobos. Esiste qualcuno in Ucraina che conosce molto bene sia Marina Popovich sia Aleksei Leonov. Popovich, allora sposata con Pavel Popovich. Erano amici intimi, secondo le sue rivelazioni nell’intervista al quotidiano ucraino Bul’var Gordona del 27 marzo 2009. Secondo lui, Marina era un famoso pilota collaudatore, una donna coraggiosa, volenterosa e di valore. Era arrivata a Yevpatoria in veste di comandante aereo; il suo velivolo era in riparazione in città presso l’aeroporto delle forze aeree navali del Mar Nero (SAM-20). Si era presentata alla famiglia Petukhov con il suo libro e diverse immagini fotografiche. Leggende? Il monolite di Phobos Valentin Vasilyevich Petukhov ha svolto una notevole carriera nel Partito Comunista di Yevpatoria (oggigiorno uno dei porti principali ucraini sui Mar Nero). Dal 1967 al 1980 è stato a capo della sezione del Partito Comunista locale, ottenendo così il controllo della città. Precedentemente, aveva avuto incarico di vice segretario, ovvero di vice capo. I cosmonauti frequentavano la città in quanto durante l’era sovietica, era sede di una struttura segreta speciale di addestramento, e di un centro di controllo per voli e tracciati spaziali presso la baia di Kalamitsky. I cosmonauti avevano soprannominato Petukhov Papa Valya. Questi ha molti ricordi riguardo “Lyosha” Leonov. Allo stesso tempo, la famiglia di Petukhov era amica di Marina TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà Scrivendo il presente articolo, gli autori hanno effettuato ricerche su dozzine di fonti russe e ucraine. La migliore spiegazione per le affermazioni di Leonov sugli UFO (e su Marina Popovich) sono state riscontrate all’interno di un post molto interessante pubblicato su un forum russo di discussione riguardante gli UFO (http://www.ufolog.ru/forum/) L’autore di tale post (di nome Vlad), datato 18 aprile 2008, confessa di avere una preparazione militare e scientifica, e scrive il suo parere in risposta alle dichiarazioni riportate nello stesso forum da terzi riguardanti le opinioni di scienziati e ufficiali militari riguardanti gli UFO. In particolare, riguardo il giuramento di A. Leonov di non aver riscontrato nulla di insolito durante il periodo in cui era a capo della ricerca sui fenomeni UFO... Vlad ha scritto di aver parlato con coloro che avevano prestato servizio nelle Forze Aeree, nella difesa aerea, piloti, personale del KGB, e anche nei sottomarini (sembra avere diversi amici). In pratica, tutti hanno affermato (ufficiosamente) che in un modo o nell’altro, o hanno incontrato degli UFO personalmente, oppure i loro dipartimenti hanno ricevuto informazioni a riguardo. Vlad non scende in dettagli in quanto sarebbero troppo numerosi, e (ad essere onesti), sarebbe troppo noioso per lui discuterne. Ma afferma che un suo contatto nelle forze di difesa aeree gli ha confidato di essere stato addestrato a distinguere sugli schermi dei radar gli UFO rispetto ai velivoli normali. Quindi Vlad ricorda che durante la sua permanenza nelle forze armate, ha ripetutamente e personalmente osservato che l’ufficiale di reggimento in servizio “controllava le orbite di volo dei satelliti”. Vlad si era chiesto quali satelliti potessero essere utilizzati da un reggimento di fanteria, quando l’unico mezzo di osservazione in loro possesso erano dei binocoli. Tali controlli non avevano niente a che fare con i satelliti. In seguito egli parla del giuramento di Leonov (che non considera di importanza rilevante), e fa riferimento a Marina Popovich. Moglie di un cosmonauta, noto pilota collaudatore, eroina del Partito Socialista, detentrice di 101 record di volo. E testimone di tre avvistamenti di UFO, come ha ricordato più di una volta. Pensateci bene, ha scritto Vlad, perché avrebbe dovuto mentire all’intera nazione? Non aveva niente di meglio da fare che inventare una bugia bella e buona? Inoltre, è bene ricordare il nostro famoso ufologo Ajaja, continua Vlad. In qualità di militare, ha iniziato le sue ricerche sugli UFO sotto ordini diretti del Quartier Generale della Marina russa, dove diversi rapporti riguardanti gli UFO venivano effettuati dal personale militare. La sua prima opera si intitola Aspetti del problema UFO nell’idrosfera28. Di certo, il Quartier Generale della Marina è pieno di burloni, o di “vecchiette provinciali”, no? Vlad aggiunge di poter fornire ulteriori noiosi dettagli, ma a quale scopo… In ogni modo, la faccenda è chiara. Vlad termina il suo post, tornando a parlare di Leonov. Senza contare i suoi indubbi meriti, non è che un raccontafavole russo dal sorriso gentile. Ma di sicuro contro la sua volontà, in quanto colpevole di aver parlato troppo in passato senza rifletterci su prima, e ora impegnato a “salvarsi la faccia”. Ecco il perché dei suoi giuramenti, anche se tutti sono a conoscenza del perché egli agisca in questo modo. L’aspetto più fastidioso della faccenda (per Leonov, aggiunge Vlad), è che egli vorrebbe ritrattare, ma è ormai troppo tardi. Vlad afferma che anche a lui è capitato di osservare qualcosa di strano nel cielo. A chi dovrebbe credere dunque, ai suoi occhi o a Leonov? E, in ogni modo, aggiunge, Leonov parla in modo molto poco chiaro e con scaltrezza, 28 Più dettagli riguardanti gli USO, oggetti sommergibili non identificati, Ajaja e le ricerche dei servizi segreti della Marina sono riscontrabili in Mysterious Sky: Soviet UFO Phenomenon-PM/PS. TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà quando afferma di non aver visto personalmente niente di insolito. Ma non parla a nome di terzi. Vlad chiude il suo post con una domanda: “Ho chiarito o no la situazione?” Per gli autori del presente articolo, la risposta è sì. Un uomo leggendario Leonov ha dichiarato sul quotidiano russo Izvestiya in data 29 maggio 2009 di non considerarsi, personalmente, un uomo leggendario. A dispetto della sua carriera illustre e della sua posizione nella gerarchia sovietica, Aleksei Arkhipovich Leonov non può essere definito unicamente un Homo Sovieticus. Egli nacque in Siberia, nel maggio del 1934. Suo padre fu arrestato nel 1937, accusato di essere “un nemico del popolo”. Due anni dopo venne rilasciato, ma quel periodo fu molto duro per Aleksei e la sua famiglia (sua madre e altri sette figli); erano “membri della famiglia del nemico del popolo”, i più disprezzabili, e come egli ricordava, diversi vicini si recavano tranquillamente a casa loro e prendevano qualsiasi cosa volessero, inclusi i suoi vestiti di bambino piccolo. Più tardi, Leonov sembrava destinato a diventare un artista professionista. Ma amava molto anche l’aviazione, e iniziò presto a pilotare jet e studiare ingegneria. Nel 1959, a 25 anni fu scelto per diventare uno dei primi 20 cosmonauti. Fu il primo uomo a uscire da un veicolo spaziale e a effettuare una passeggiata nello spazio (1965). Leonov fu inoltre comandante della navicella Soyuz che prese parte al primo incontro tra veicoli spaziali sovietici e statunitensi (1975). Eroe dell’Unione Sovietica, pilota, cosmonauta, scienziato militare, scrittore, artista e pittore di talento… Una volta, durante l’era sovietica, Leonov acquistò una Ford, ma, in quanto non era appropriato che un cosmonauta sovietico guidasse un’automobile Americana, fu costretto a rivenderla. Una volta, Leonov aiutò la cosmonauta russa Savitskaya a sgattaiolare fuori dall’edificio in cui era in ritiro prima di un volo programmato, e andarono insieme per negozi ad acquistare materiale per cucire una camicetta. Leonov e Savitskaya cucirono dei pesi all’interno delle maniche, così che lei potesse indossarla (nascose la camicetta nel velivolo) e sorprendere i suoi colleghi durante il volo a gravità zero. Avevano mai parlato dell’esperienza della cosmonauta e dei suoi colleghi quando nell’1984 degli “angeli” erano entrati nel velivolo spaziale sovietico (esperienza descritta nel dettaglio in Mysterious Sky: Soviet UFO Phenomenon)? Non lo ha mai detto. Quante altre storie di UFO e alieni Leonov (che ha lavorato 35 anni nel Centro di Addestramento per Cosmonauti) ha ascoltato e non ha mai rivelato? Si narra che prima dei lanci di Baikonur, Leonov fosse solito dare una spinta con il ginocchio “sotto il didietro” dei cosmonauti prima che questi salissero sulla scala che li avrebbe portati sul velivolo spaziale. È quindi un uomo superstizioso, come la maggior parte degli altri cosmonauti. Sono in pochi a sapere che quando morì Sergey Korolyov, tre cosmonauti stipularono il patto segreto di seppellire le sue ceneri sulla Luna. Questi era un progettatore di missili guidati, razzi e velivoli spaziali; prigioniero superstite del Gulag, questa vittima delle purghe staliniste divenne il multi dotato progettista capo dei veicoli di lancio durante i primi anni del programma spaziale sovietico. I cosmonauti sapevano che il Comitato Centrale del Partito Comunista non glielo avrebbe permesso (probabilmente volevano che prima di tutto venissero seppellite sul suolo lunare parte delle ceneri di Lenin). I tre presero possesso delle ceneri, le nascosero in una capsula speciale, custodita da Yuri Gagarin. Gagarin morì poco più tardi, come Komarov, altro famoso cosmonauta sovietico morto prematuramente. Leonov è l’unico superstite. I sovietici non sbarcarono sulla Luna, e la capsula sarebbe andata quindi persa. Yuri Gagarin Il pilota-cosmonauta Leonov rifiuta fermamente l’idea che gli americani avrebbero mentito riguardo la loro missione sulla Luna. È convintissimo che questi sbarcarono sulla Luna; i radar sovietici monitorarono tutto, e Leonov e i suoi colleghi furono TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà in grado di osservare gli americani, e sostenerli. Leonov fu uno dei cosmonauti addestrati per la missione sovietica dell’uomo sulla Luna. In realtà era a capo dell’addestramento, in quanto comandante del team lunare sovietico. Eppure, il programma fu interrotto (dopo la morte di Korolyov) e gli americani furono i primi esseri umani a camminare sulla Luna. L’addestramento era molto duro, e tre cosmonauti sovietici avevano perso la vita durante tale processo. Nel 1992 Leonov, General Maggiore delle Forze Aeree Sovietiche, è stato congedato dalle Forze Armate, cinque anni prima rispetto alla data prevista per il suo pensionamento. Infastidito dall’idea che nessuno avesse più bisogno di lui, aveva deciso di dedicarsi alla pittura. Ma si sbagliava. È stato ingaggiato in qualità di presidente dalla Alfa-Kapital, un fondo di investimenti, dove erano a conoscenza dei suoi legami con il complesso dell’industria militare, e delle sue qualità manageriali. Nel 1998, anno della crisi asiatica e della sconfitta della Russia, Leonov è diventato vice presidente della Alfa-Bank, che ha espanso in modo significativo. Ha viaggiato inoltre diverse volte negli Stati Uniti in veste di uomo d’affari. Leonov vive nella casa da lui progettata, vicino a Star City. Il suo studio da pittore è al terzo piano. È coinvolto in opere filantropiche, e aiuta i bambini affetti da malattie cardiache (i suoi quadri vengono venduti a cifre notevoli). Ha dichiarato in una delle sue interviste che spesso sogna di volare, in aeroplani; o in velivoli spaziali nello spazio profondo…e questi sogni lo rattristano. Ha più di 75 anni, e ha sofferto di un attacco di cuore; ora ha problemi cardiaci. Ma il suo spirito è tenace. Nell’aprile del 2009, durante l’incontro dei cosmonauti con il presidente russo Dmitry Medvedev, Leonov è stato in grado di evitare che il Centro di Addestramento per Cosmonauti venisse convertito dalle Forze Aeree ai fini delle loro necessità di trasporto. Medvedev lo ha trattato con grande rispetto. Leonov considera l’invasione aliena come una minaccia. Ma gli invasori di cui parla lui sono i meteoriti (che lui dichiara colpevoli del fenomeno Tunguska). Cosa accadrebbe se un meteorite cadesse su Mosca o su Londra? Apparentemente nessuno si è preoccupato della questione. Leonov vorrebbe che venisse organizzato un sistema di prevenzione internazionale (Izvestiya, 29 maggio 2009). Sarebbe più importante dei viaggi su Marte, ha dichiarato il pilota-cosmonauta. A dispetto della sua età avanzata, continua a essere un pioniere in diversi campi ed è molto rispettato da quanti lo conoscono o hanno lavorato con lui. È un vero eroe russo nel vero senso della parola, sebbene non siamo d’accordo con lui riguardo Marina Popovich. Se sia o no a conoscenza di maggiori informazioni riguardo il fenomeno UFO rispetto a quanto abbia dichiarato resta da vedere, ma i suoi vari commenti riguardo la possibilità di astronauti dell’antichità rimangono una curiosità e nessuna sua rivelazione potrebbe sorprenderci. [email protected] [email protected] Ψ Freschi di portale Gianluca Rampini Tracce d’eternità sbarca in Argentina: Huellas de eternidad pag.62 Il blog argentino intrusosinvisibles.blogspot.com ha pubblicato recentemente la traduzione della nostra intervista a Corrada Malanga uscita sul numero 3 della rivista. Il blog, gestito da Adriana Gabriela Balbarrey, si occupa di offrire al pubblico di lingua catalana il lavoro del Prof. Malanga sui rapimenti, sulla Programmazione Neuro Linguistica e sul supporto alle persone vittime di rapimenti alieni. Ci è parso orgogliosamente doveroso offrire questa testimonianza che è un piccolo riconoscimento del nostro lavoro e che speriamo sia l’occasione di aprire una canale di collaborazione con il sud america, terra ricca di tradizioni e teatro di innumerevoli episodi “anomali”. Vi riporto qui sotto il link per chi volesse darci un’occhiata. http://intrusosinvisibles.blogspot.com/2009/12 /huellas-de-eternidad-revista.html TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà Dreamland pag.63 Intervista a Antonio Urzi © Gianluca Rampini Il giornalista e conduttore Haime Maussan intervista Antonio e Simona Gianluca Rampini Antonio Urzi è a tutti gli effetti un contattista e questo determina tutte le conseguenze, positive e non, che le figure dei contattisti hanno sempre prodotto. Ci sono però delle differenze tra la sua esperienza e quella dei contattisti del passato. Nei suoi racconti non ci sono incontri con esseri ma solamente contatti visivi con le loro “astronavi” il che non è TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà certo una cosa da poco ma è meno suscettibile di critiche. Una seconda differenza sta nella “trasparenza” delle sue esperienze o per lo meno in molte di esse. Come lui stesso racconta nell'intervista sono spesso condivise con molte altre persone e persino dai mezzi di informazione. Se Billy Meier avesse avuto decine di testimoni e qualche televisione al momento dei suoi avvistamenti la sua storia sarebbe stata ben diversa e di conseguenza la sua credibilità. Inevitabilmente anche Antonio è stato oggetto di critiche che in alcuni casi sono anche degenerate nella canzonatura, come successe a Striscia la notizia. Può anche darsi che in alcuni casi ciò che lui ha filmato non fossero astronavi extraterrestri ma questo non confuta in nessun modo tutto il resto. A mio parere vi è un fondo d'invidia alla base del desiderio di cercare e “smascherare” la truffa ad ogni costo, un' invidia del suo essere testimone di eventi così unici, dell'opportunità che gli è stata offerta di vivere momenti così particolari da rendere la sua vita un'esperienza fuori dall'ordinario. Antonio infatti da molti anni vede e filma, sopratutto dal tetto di casa sua ma non solo, oggetti volanti non identificati di ogni genere e ci riesce perché è in grado di capire quando questi oggetti saranno lì pronti per essere filmati. Una delle cose che mi stupiscono di più non è tanto questo, quanto proprio la varietà degli oggetti che egli filma. Come ho sostenuto in precedenti articoli questa varietà non è giustificabile solamente con la con-presenza di più razze ma si dovrà forse cercare nella natura olografica della realtà che ci circonda in cui le diverse forme non siano strettamente correlate alla struttura fisica e tridimensionale di quegli oggetti ma piuttosto alla manifestazione di qualcosa che è in grado di comprendere e manipolare la trama della realtà. Comunque sia Antonio Urzi è ciò che in un processo legale si definirebbe un testimone fondamentale per l'impianto di difesa, o dell'accusa, a seconda dei casi. Quindi fino a prova contraria deve essere considerato onesto e come tale il materiale che esso ci fornisce è di sempre crescente importanza. Gli oggetti che filmiamo, sono tutti diversi perché appartengono a diverse razze che in questo momento visitano il nostro pianeta. Questo lo sosteniamo anche perché abbiamo alcune conferme a livello personale. Grazie Antonio per avere trovato il tempo da dedicare alla nostra rivista. Occupandoci di Ufologia non potevamo esimerci dall'interessarci alla tua storia. Quando e come ti sei reso conto che stava succedendo qualcosa di fuori dall'ordinario nella tua vita? L'esperienza che vivo oggi è iniziata molti anni fa. Ero molto piccolo, quindi posso dire che sono nato con questa facoltà di avvistare UFO e tengo a precisare che per me sono Astronavi. Una sequenza di un oggetto filmato da Antonio Questa capacità non è legata ad un luogo specifico giusto? Può capitarti dovunque, mi sembra di ricordare un episodio che ha visto Nel corso degli anni come si testimoni anche Maussan e Caria, in un ristorante a è evoluta questa tua Milano, giusto? sensibilità? Possiamo definirla così? Questa mia sensibilità nei confronti del fenomeno c'è sempre stata, ma si è evoluta solo dal 2000, da quando ho conosciuto Simona Sibilla, oggi mia moglie, e ha preso ancora più forza da quando abbiamo conosciuto personalmente lo stigmatizzato Giorgio Bongiovanni, che oggi riconosciamo come nostro padre spirituale. Guardando i tuoi filmati si notano oggetti volanti di diverse forme e dimensioni. Credi che essi abbiano la stessa origine oppure no? TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà Fortunatamente tutto quello che vediamo e documentiamo con le nostre videocamere non è legato solamente ad un luogo specifico, ma può accadere ovunque, e molto spesso con testimoni oculari. E' capitato anche con il giornalista investigativo messicano Jaime Maussan e il documentarista Pier Giorgio Caria appunto, dove hanno potuto costatare che effettivamente, le manifestazioni di Astronavi avvengono dovunque ci spostiamo. Quest'anno è accaduto anche a febbraio negli Stati Uniti e a giugno in Turchia, in occasione di due grandi congressi internazionali sul tema UFO. In altre circostanze ci sono stati molti testimoni ai tuoi avvistamenti. Gli altri vedono la stessa cosa che vedi tu? Questo è uno dei dati che metterebbe maggiormente a tacere gli scettici. Come ho già detto le Astronavi si manifestano anche con la presenza di molti testimoni. La finestra da cui Antonio filma buona parte dei suoi avvistamenti TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà Qual è l'episodio più rimarchevole che ti sia capitato? L'episodio più significativo è accaduto a giugno ad Istanbul, il giorno del congresso ufologico organizzato dal grande ricercatore Aktan Aktogan: durante il convegno, sentivo la necessità di recarmi all'esterno del salone perché avvertivo la presenza delle Astronavi. E così, quel giorno ho potuto filmare per ben 4 volte davanti a circa 400 persone e le telecamere della prima TV di stato turca, venuta appositamente per verificare l'episodio dopo che si era sparsa subito la voce. Come fai a sapere qual è il momento giusto per affacciarti alla finestra e prendere la telecamera? Maussan, dove si vedono oggetti di vario tipo solcare il cielo, ripresi appunto da webcam di sorveglianza. Gli oggetti che riprendi sono secondo te solamente veicoli o possono anche essere forme di vita (come qualcuno suggerisce siano ad esempio gli ebani)? Ci sono molte tipologie come ad esempio gli oggetti di apparenza metallica, per intenderci quelle con la classica forma di astronave che ho saputo essere velivoli spesso guidati da esseri viventi e oggetti simili spesso telecomandati. Alcuni di questi oggetti però, come appunto gli EBANI si suppone che siano "entità intelligenti" tutt'uno con lo stesso velivolo, o anche le stesse sfere molte volte sono delle vere e proprie entità intelligenti. Poco prima della manifestazione, l'ottanta per cento delle volte, avverto una sensazione fisica che mi sta ad indicare la Loro presenza. Però è capitato molte volte dove non avverto niente e trovo l'oggetto sopra di me o nei paraggi. Secondo te, il fenomeno si manifesterebbe anche se tu non l'osservassi? Mettendo una webcam fissa, ad esempio, credi filmerebbe le stesse cose? Ho potuto costatare che queste manifestazioni sono intelligenti ed interattive, quindi questo fa pensare che Loro sanno benissimo tutto quello che facciamo e pensiamo. Penso che se mettessimo una webcam non accadrebbe niente nel mio caso, sempre che questo rientri nei Loro piani, come dimostrano alcuni video divulgati dal giornalista Jaime In un certo senso la tua esperienza ricorda quella dei contattisti. Vedi Meyer o Adamski. La differenza sta nelle esperienze di contatto da loro descritte che tu, che io sappia, invece non hai mai raccontato. Perché non ci sono o perché non ritieni di doverle raccontare? La differenza tra me e i grandi contattisti del passato è questa: loro hanno fallito, si sono lasciati corrompere, hanno dichiarato il falso per paura delle minacce... io ancora no e spero di rimanere integro, incorruttibile, anche se il pericolo è dietro le porte. Del resto abbiamo anche noi le debolezze umane come tutti. Come ha influenzato tutto questo la tua vita? Tutto questo ha influenzato positivamente la mia vita perché è una esperienza grandiosa anche se a volte ti fa soffrire di una sorta di malinconia. Un altro oggetto ripreso da Antonio Credi vi sia un significato e se si quale dietro a questa tua esperienza? Io so per certo che appartengo ad un piano ben preciso. So di essere stato preparato fin da piccolo per essere oggi un Loro strumento. Ricordo comunque che ce ne sono e ce ne saranno altri come me in futuro nel mondo pronti a filmare e divulgare la Verità. TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà Se ti va di parlarne, ci sono stati momenti difficili, gli episodi di Striscia e Il Bivio. Puoi raccontarci come sono andate le cose e cosa ti hanno lasciato? Gli episodi di Striscia e de “Il bivio” mi sono serviti molto perché mi hanno fatto capire quanto siamo superficiali, presuntuosi, arroganti e mafiosi nei confronti di questo fenomeno. Trasmissioni del genere, come possono trattare certi argomenti senza un minimo di metodologia d'indagine e di approccio scientifico? Per il resto non mi pronuncio perché ho una querela in corso nei confronti di Striscia la notizia e molto presto verrà fatta chiarezza ed anche giustizia. Sei stato in giro per il mondo, hai avuto modo di paragonare la sensibilità degli altri paesi nei confronti tuoi e del fenomeno Ufo. Com'è la situazione rispetto all'Italia? L' Italia è vittima di un sistema, a mio avviso, diabolico e nefasto gestito da "qualcuno" che vuole che il popolo rimanga nella totale ignoranza nei confronti di questa realtà. All'estero sono più aperti al dialogo. La gente sa ascoltare con umiltà a prescindere la razza o la religione che sta alla base dei vari paesi. Questo è un fenomeno internazionale, di tutti, e non conosce divisione. In Italia sarà sempre più difficile parlare nel futuro di UFO e di visita extraterrestre. Alcuni banali e disinformati commentatori sostengono che tutto questo assomigli ad una sorta di nuova religione. Puoi chiarire questo argomento dal tuo punto di vista? Il fanatismo regna sovrano nell'essere umano ed è quindi normale che tutto ciò che "può dare speranza" viene "divinizzato" e di conseguenza istituzionalizzato con la nascita di nuove correnti e movimenti religiosi. Così è accaduto nel passato, la storia dell'uomo insegna. I vari Messaggi di carattere Universale portati nelle varie epoche da Esseri Cosmici come Budda , Krisna, Maometto e ultimamente Gesù , per citare i Maestri più conosciuti, sono stati presi e fatti a proprio uso e consumo , dividendo i popoli, formando appunto le religioni che conosciamo, tutto per il volere e il potere. E' finito il tempo della manipolazione e di dare nuovi messaggi all'umanità con la nascita di nuove religioni, si può parlare del continuo nascere di gruppi di preghiera isolati o "sette" di fanatici, ma questo non preoccupa più di tanto, peggio di così non si può andare... Parlando del fenomeno Ufo in generale, a 360° , qual è la tua opinione? La mia opinione è che oggi, siamo visitati come nei tempi antichi, da Esseri provenienti dal Cosmo. In ogni epoca si sono manifestati all'essere umano come meglio ritenevano opportuno, a seconda delle varie epoche storiche e delle tradizioni e costumi che questi Esseri trovavano. Oggi, come migliaia di anni fa, la storia si ripete. Per me, gli Angeli e gli Dei di ieri, sono gli stessi Esseri che ci visitano oggi con i Loro fantastici mezzi volanti. Concludendo ti salutiamo e rivolgiamo anche te , come facciamo con tutti gli ospiti della nostra rivista, una domanda sul 2012. Sappiamo che nessuno ha Molte persone condividono gli una risposta conclusiva, ma avvistamenti con Antonio siano interessati a come le diverse sensibilità Altri invece sono pronti a percepiscano questo puntare il dito sostenendo argomento. che dietro spesso vi sia la Quindi, secondo te, cosa ci ricerca di arricchimento o riserva il futuro ed in mania di protagonismo. Ma l'ufologia non è certo un particolare quel 21 dicembre? campo in cui siano soldi o Non saprei cosa dire sul 2012. fama a muoverne i Sono pienamente cosciente protagonisti. però, che siamo vicini ad una Giusto? svolta epocale visto lo scenario mondiale. Fino ad oggi, nessuno si è mai L'umanità è giunta al limite arricchito con gli UFO, chi sostiene ciò deve dimostrarlo, e della propria esistenza, siamo oramai giunti al punto di non fino ad oggi nessuno a mai ritorno. 34 guerre in corso, ogni dimostrato niente. Nel mio caso non cerco né soldi 3 secondi muore un bambino innocente di fame, pestilenze e né fama... malattie di ogni genere, Forse dovrei iniziare a parlare degenerazione dell'etica e della un po' della mia professione, morale umana, inquinamento che molti non conoscono, e planetario e forze della natura sicuramente farei più bella che stanno aumentando come figura nei confronti di tutti. Potrei diventare famoso nel giro non mai la propria potenza.... Ci sono poi Segni in cielo ed in di niente, ma non mi interessa. terra che aumentano di pari TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà passo agli eventi planetari, manifestazioni UFO e Segni di carattere Mistico e Divino che bisogna essere ciechi e sordi per non vedere e sentire. Solo un intervento dall'alto può arrestare questa corsa matta verso l'auto-distruzione e penso che siamo vicini a qualcosa di grandioso, di inimmaginabile ma anche di scioccante. So per certo che presto ci sarà un contatto di massa con queste Civiltà Cosmiche, evolute nella scienza ma anche nello Spirito. Nessuno sa l'ora ed il giorno. Queste civiltà hanno osservato in silenzio la nostra "evoluzione", se la vogliamo chiamare così, e sono state chiamate ancora una volta oggi a "soccorrere" il pianeta terra, perché esso è vivo ed è in serio pericolo di vita a causa di un essere chiamato uomo, creato per vivere in armonia come un ENZIMA. [email protected] NEL PROSSIMO NUMERO DI TRACCE D’ETERNITA’ IN DOWNLOAD A FINE MARZO 2010 Gianluca Rampini intervista MICHAEL CREMO TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà Urbis Historia pag.69 La Bibbia del diavolo Simonetta Santandrea Il Codex Gigas (o la Bibbia del diavolo) è un importante manoscritto del 13° secolo di provenienza boema. E’ famoso per le sue dimensioni (89 x 49 cm, 75 kg di peso, 310 pagine) e per la rappresentazione a piena pagina del ritratto del diavolo. Ciò che rende straordinario il volume è la sua pretesa di TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà trascrivere, in un solo tomo, non solo le sacre scritture, ma tutta la conoscenza utile ad un uomo del dodicesimo secolo. Il manoscritto, quindi, consta di più parti: i Testamenti (vecchio e nuovo), due opere di Giuseppe Flavio, le Etimologie di Isidoro di Siviglia, il manuale di comune formazione medica medioevale, intitolato Ars Medicinae (L'arte della medicina), la cronaca del 12° secolo (Chronica Boëmorum) di Cosma di Praga, e un calendario. Manca il Libro delle Rivelazioni (Apocalisse). Alla fine del 16° secolo, il Codice è stato integrato nelle collezioni dell’imperatore Rodolfo II. Durante l'assedio svedese di Praga alla fine della Guerra dei Trent'anni (1648), il manoscritto fu preso come bottino di guerra e fu trasferito a Stoccolma. Ora si trova nella biblioteca nazionale di Stoccolma (a questo indirizzo è possibile sfogliare virtualmente il codice Gigas http://www.wdl.org/en/item/3 042/pages.html#volume/1/pag e/1 ) Secondo la leggenda, sarebbe stato scritto in una sola notte da un monaco benedettino di un monastero della Boemia meridionale nei primi anni del XIII secolo. L'aura di mistero che avvolge la vicenda del Codice Gigas è talmente intensa da far pensare che quel monaco abbia composto l'imponente lavoro (per il quale sarebbero serviti circa 25/30 anni) dopo aver venduto la propria anima al diavolo. Il Codex contiene dunque cinque lunghi testi, nonché una Bibbia completa. Il manoscritto inizia con l'Antico Testamento, ed è seguita da due opere storiche di Giuseppe Flavio (vissuto nel primo secolo dopo Cristo), le Antichità e La guerra giudaica. Il Vecchio e il Nuovo Testamento rappresentano circa la metà del Codex Gigas. Le Antichità giudaiche e la Storia della guerra giudaica di Giuseppe Flavio erano considerati, durante il Medioevo e l'inizio dell'era moderna, importanti opere dell'antichità classica. Le Etimologie di Isidoro di Siviglia sono una pietra miliare nella tradizione della scrittura di glosse o commenti e fu la prima enciclopedia ad essere stata compilata da un autore cristiano utilizzando modelli classici. L’Ars medicinae comprende il libro di testo base per l'insegnamento della medicina nell’Europa medioevale. L'ultima delle opere contenute nel Codice Gigas è una cronaca della Boemia di Cosma di Praga (1045-1125 ca). Questa è la prima storia della Boemia ed è considerata quindi un lavoro di grande importanza. Nel manoscritto ci sono anche alcuni brevi testi: il primo, TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà collocato precedentemente all’immagine della città celeste, è un lavoro sulla penitenza. Il secondo, dopo il ritratto del diavolo, è un testo per esorcizzare gli spiriti maligni L'ultimo importante lavoro di questi brevi testi è un calendario, che contiene un elenco di santi e persone note boemi (probabilmente figure storiche di una certa importanza e benefattori del monastero in cui il codice è stato redatto, nonché nomi di monaci e monache) nei giorni della loro commemorazione. Vi è anche un lavoro andato perduto, la Regola di san Benedetto, la guida essenziale alla vita monastica, scritta nel VI secolo. Il libro più importante del cristianesimo è la Bibbia. Gli altri testi del Codex Gigas sono stati accuratamente scelti per accompagnare questo testo perché insieme hanno fornito informazioni sulla storia ebraica (Giuseppe), la conoscenza universale (Isidoro), la medicina e la storia locale (Cosma). l’opera di trascrizione in una sola notte. L'origine della leggenda è nota e, anche se manca di riscontri reali, dimostra come l’enorme dimensione del manoscritto abbia contribuito ad impressionare quelli che l'hanno visto, tanto da attribuire al manoscritto un’origine soprannaturale. L'origine del Codex Gigas è sconosciuta. Una nota scritta nel manoscritto afferma che è stato custodito nel monastero di Sedlec dai suoi proprietari, i monaci di Podlažice, nel 1295. E’ presto passato al monastero di Břevnov nei pressi di Praga. Tutti questi monasteri si trovavano in Boemia (ora nella moderna Repubblica Ceca), ed è certo che il Codex Gigas sia stato fatto da qualche parte in Boemia, ma non necessariamente a Podlažice, in effetti un piccolo e insignificante monastero. Nel 1594 Rodolfo II portò il Codex Gigas nel suo castello di Praga, dove rimase fino a quando non divenne bottino durante la Guerra dei Trent'anni, assieme a molti altri tesori, e portato dall'esercito di Svezia a Stoccolma. Qui è entrato a far parte della raccolta di testi della regina Cristina di Svezia e messo nella Biblioteca Reale del castello di Stoccolma. Lì rimase fino al 1877 quando è entrato nella Biblioteca Nazionale di Svezia, sempre a Stoccolma, che era appena stata terminata. Nel corso degli anni al manoscritto è stata data una varietà di nomi che alludono sia alle sue dimensioni che per via del ritratto del diavolo. A parte la “Bibbia del Diavolo” e il “Codex Gigas”, è stato anche chiamato “Codex giganteus”, “librorum Gigas”, “Fans Bibel”, Hin Hales Bibel e Svartboken (il libro nero). C'è una leggenda relativa alla realizzazione del Codex Gigas, che racconta essere l'opera di uno scriba: di fronte a questo enorme compito l’amanuense fece un patto col diavolo affinchè potesse completare di essere dispensato dal suo patto con il Diavolo. Questa leggenda è una variante di un racconto medioevale molto popolare che racconta di Teofilo il penitente, storia che presenta gli stessi ingredienti di quella della Bibbia del Diavolo: un patto con il Diavolo per ottenere l'impossibile, il rimorso successivo, la compassione della Vergine e la rapida morte del penitente. Gli stessi elementi si ripetono nella storia di Faust, nota fin dal XVI secolo. Il ritratto del Diavolo è l'immagine più famosa del Codex Gigas ed è la causa del soprannome del libro, la Bibbia del Diavolo. Il Diavolo è rappresentato solo, in un paesaggio vuoto, Il Codice ha scatenato all'interno di una cornice l'immaginazione della gente e formata da due grandi torri. ha dato luogo ad ogni sorta di Si presenta accovacciato con le leggende. braccia sollevate (ha solo Una di queste è relativa ad un quattro dita delle mani e dei monaco di Podlažice murato vivo per i suoi peccati, storia che piedi) e indossa un panno di ermellino. circolava già in epoca Solitamente l’ ermellino viene medievale. Il monaco tentò di espiare la sua associato alla regalità, e il suo uso è a sottolineare la colpa scrivendo il libro più caratteristica del Diavolo come grande del mondo in una sola il principe delle tenebre. notte. Realizzò presto che questo compito era, ovviamente, al di là Il ritratto è collocato nel testo dei suoi poteri, ed invocò l'aiuto come monito contro il peccato ed il male. del diavolo. Si trova di fronte alla pagina Il Diavolo venne in suo della rappresentazione della soccorso, ottenne il suo ritratto a piena pagina nel libro nonchè città celeste e le due pagine sono state deliberatamente poste di l'anima del monaco come seguito per mostrare i vantaggi pagamento. di una vita retta e gli svantaggi Il monaco così venne salvato dai di una dedita al peccato. I ritratti del Diavolo sono peccati commessi, ma perdette la lucidità mentale: alla fine, per comuni nelle rappresentazioni artistiche dell’arte medievale, non impazzire, si dice che si sia ma questo del Codex Gigas può rivolto alla Vergine Santa, che essere ritenuto particolare pregava affinchè lo salvasse. poiché mostra solo la sua figura, La Vergine ascoltò le sue preci, la quale occupa una intera ma il penitente morì sul punto pagina. TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà incombenze alle quali un monaco doveva, in ogni caso, Gli esperti che hanno studiato attenersi, e le condizioni di luce con attenzione il manoscritto utilizzabili, il compimento sostengono che sia stato scritto dell'intera opera aveva richiesto da una sola persona e che essa almeno trenta/trenta cinque abbia utilizzato un inchiostro anni. particolare ricavato dagli insetti. La leggenda attribuiva la Secondo alcuni i disegni creazione del codice ad una contenuti nell'imponente notte sola di lavoro, grazie al volume non sarebbero affatto patto sottoscritto fra un monaco conformi ai canoni grafici ed il diavolo. medioevali allora invalsi. Gli studiosi ritengono che, E ciò varrebbe sia per la dietro l'evidente contenuto succitata immagine a tutta favolistico, vi possa essere una pagina di Satana sia per quella parte di verità che è stata del paradiso anch'essa deformata e hanno cercato contenuta nella Bibbia del Diavolo. Una delle sorprese più eclatanti attraverso l'opera stessa, qualche indizio che potesse La città Celeste è rappresentata fatte da una équipe di studiosi su più livelli, ciascuno con che ha lavorato per cinque anni avvalorare la loro tesi: effettivamente l’hanno trovata edifici e torri, dallo sfondo sul codice Gigas, è che l'intera nella parte finale del codice che rosso. opera non è frutto di uno riporta i nomi di una serie di La città è incorniciata da due "scriptorium". abati e monaci del monastero alte torri, così come il ritratto A questa conclusione concorre nel quale il codice è stato del Diavolo sulla pagina l'osservazione che le miniature scritto. Inoltre, la figura del opposta. hanno tutte uno stile ingenuo e diavolo non corrisponde ad La città celeste, anche se non dilettantesco uguale, e non altra figura trovata in nessun rappresenta persone, viene a simile a quello di altre opere di simboleggiare la speranza e la miniatori professionali, nonché libro ed è frutto di una visione che doveva, necessariamente, salvezza, ed è in netto contrasto l'assenza di variazioni nell'uso risalire ad una sola persona. con il ritratto del diavolo. degli inchiostri e della loro Fra i molteplici nomi di abati, La Città celeste e il Ritratto del modalità di composizione. vescovi e monaci di rilievo vi è, diavolo sono le uniche immagini E' bene ricordare che ogni in corrispondenza del plausibile a piena pagina nel Codex Gigas. copista medioevale produceva secondo una miscela individuale anno di composizione, un nome l'inchiostro col quale vergava le con una annotazione: il nome è Hermanus cui è attribuito il pagine e che, di conseguenza titolo di inclusus. ogni codice riporta queste Questa parola in latino aveva differenze. due significati. Inoltre, nel caso del codice Da un lato indicava qualcuno Gigas, i grafologi che che era stato recluso, nel senso componevano l'equipe di condannato, ed a questo concordano nel ritenere che la aveva fatto sicuramente grafia, per i suoi segni riferimento la leggenda; fondamentali quali pressione, dall'altro indicava qualcuno che inclinazione, aderenza al rigo, aveva scelto per propria volontà etc., erano frutti di una sola di starsene ritirato, separato dal mano. resto del mondo, votato ad Un solo creatore, quindi, era un’unica ragione: il l'autore di un'opera tanto compimento di un'opera di imponente, e lo sforzo che gli era costato per compierla aveva saggezza universale che avrebbe dato splendore e lustro al occupato una vita intera. proprio monastero. Considerato, infatti, il tempo necessario per scrivere una riga [email protected] su una pergamena, le TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà Librarsi Simonetta Santandrea pag.73 La Bibbia del diavolo Autore: Richard Dubell Edizioni Piemme Pagine: 456 Anno di pubblicazione: 2009 Titolo originale: Die Teufelsbibel Lingua originale: Tedesco La suggestiva vicenda del Codice Gigas è l'incipit dell'ultimo lavoro di Richard Dubell: romanziere tedesco molto stimato in Germania e tradotto ormai in una dozzina di lingue. TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà L'edizione italiana de La Bibbia del Diavolo è stata tradotta da Helen Verardo e pubblicata dalle Edizioni Piemme. La storia inizia proprio in Boemia dove il piccolo Andrej assiste suo malgrado al massacro attuato da un monaco impazzito che "si scaglia come una furia su un gruppo di donne e bambini" rifugiatisi inconsapevolmente nel monastero dove era conservata la copia originale del Codice Gigas. Esso era stato redatto quattro secoli prima del massacro: fu allora che il monaco benedettino, nel disperato tentativo di redigere un'opera riassuntiva della sua saggezza, si era fatto murare vivo in una cella. Ma cedendo alla disperazione di questa folle impresa egli aveva poi venduto la propria anima al Diavolo per riuscire nell'intento. Satana allora, completando il libro al posto del monaco, in quella notte maledetta, aveva distorto completamente il contenuto del volume, nella speranza di inaugurare il dominio del Maligno sulla terra. Da quella notte, per evitare che il Codice potesse circolare e cadere in mani sbagliate sette monaci benedettini giurarono di tenere nascosto il frutto di quella follia, dicendosi pronti a tutto pur di riuscire nell'intento. E nella storia scritta da Dubell è proprio il piccolo Andrej la figura che diventa centrale: unico superstite del massacro, suo malgrado viene a conoscere il "segreto" di quel monastero legando così nel bene e nel male il suo destino a quello della Bibbia del Diavolo. E a quello di coloro che spinti dal desiderio di modificare il destino del mondo e della propria storia avrebbero di lì a poco cercato di trovare la copia del manoscritto. Le vicende della storia costruita dallo scrittore tedesco muovono dunque i loro primi passi sullo sfondo di uno scenario davvero suggestivo e molto intrigante, proponendo al lettore, come scrive il Die Welt, "un mix perfetto di Storia, suspense e avventura". E Dubell nel tessere la tela della sua narrazione usa rendendone conto al lettore all'inizio del volume - una alternanza di personaggi storici esistiti (Rodolfo II d'Asburgo, Melchior Khlesl, Urbano VII, Gregorio XIV, Innocenzo IX, Clemente VIII, Giovanni Scoto) e non (Agnes Wiegant, Jarmila Andel, Sebastian Wilfing). E tra questi, di sicuro, la figura più suggestiva è proprio quella di Andrej von Langenfels, che i lettori certamente apprezzeranno alla pari della lettura di un libro davvero ben scritto e tradotto con attenzione e precisione. Ringrazio l’autore, Roberto Bonuglia, per avermi permesso l’utilizzo del suo materiale da http://khayyamsblog.blogspot.c om. [email protected] E’ un vero piacere presentare ai nostri lettori il libro d’esordio di Ines CURZIO, collaboratrice di Area di Confine e di Tracce d’eternità. Beninteso, la nostra amica coltiva tanti altri interessi ma qui vogliamo segnalarne l’impegno nel campo di ricerca a noi più congeniale. “Gli anelli mancanti”, edito da La Riflessione Davide Zedda Editore, fresco di stampa, è un viaggio a ritroso nel tempo, alla ricerca delle origini dell’uomo, tra mitologia, scienza e archeologia. Per saperne di più è d’obbligo il rimando al sito www.glianellimancanti.com ove troverete anche un video di presentazione. L’autrice si interroga su diversi argomenti: l’esistenza dei Giganti, la loro asserita provenienza dalla mitica Atlantide, il diluvio universale, le similitudini esistenti nei resoconti mitologici di tutto il mondo. Tematiche controverse, che da sempre fanno discutere studiosi e appassionati. Ben venga, quindi, lo scritto di Ines, se non altro per ridestare l’attenzione ed aprire di nuovo il dibattito, alla ricerca di qualcosa che pare sfuggirci di mano: gli anelli mancanti, appunto. (SB) TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà Lo Spazio dell’OTTAVA pag.75 La storia Millenaria dei Cerchi nel Grano (Parte Prima) Michele Proclamato Ed ora, visto e considerato che del fenomeno Cerchi vi sarete fatti un’idea direi “ufficiale” credo sia giunto il momento di proporvi la “mia” di teoria la quale, vorrete scusarmi, pur dimostrandosi piuttosto eterogenea, credo sia una delle poche a poter inserire il fenomeno in questione in un ambito temporale direi “allargato”. Sì perché ridurre il caso in questione agli ultimi decenni esaminati sarebbe un errore madornale, un errore al quale TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà secondo me l’umanità stessa dovrà porre rimedio volente o no, per capire come la sua storia sia collegata a presunti misteri, oggi, mantenuti tali per ragioni tutto sommato obsolete. Quindi fin da ora ammetterò che non so, per ora, “CHI” crea i Cerchi, pur avendo una minima idea del “COME” del loro apparire, ma aggiungerò con “mia” assoluta certezza che il SISTEMA CONOSCITIVO da essi utilizzato è oggi in qualche modo decifrabile , soprattutto la motivazione del loro apparire non andrà ricercata nelle ultime cronache, spesso inaffidabili, di alcuni media ma negli eventi millenari delle civiltà umane, contestualmente alle loro scelte religiose, costruttive e non ultime tecnologiche. Spero, di conseguenza, abbiate una sana dose di pazienza e curiosità poiché il modo con cui dovrò rendervi partecipi del “perché” delle mie conclusioni sarà sicuramente insolito, penso inatteso, visti i mezzi indagativi utilizzati da alcuni miei “colleghi” per decifrare lo stesso fenomeno. Ma non me ne vogliate e non lasciate che il dubbio vi colga poiché vedrete, qualsiasi cosa scriverò apparterrà infine nel fenomeno Crop, in tutto e per tutto. Permettetemi, di conseguenza, un ultimo inciso, il seguente: quando la nostra Scienza capirà, e lo sta faticosamente facendo, che cosa è il Tempo, allora completamente alzeremo l’ultimo velo che ci separa da un sapere millenario, mai abbandonato dai “costruttori” di Cerchi, mai veramente dimenticato dall’uomo, in grado di dirci e darci il permesso di entrare nel ristretto novero di quelle razze che sanno come DIO CREA, che conoscono il sapere supremo dell’OTTAVA! Infine, la “STORIA” dei Cerchi può iniziare. UN PRISMA FATTO DI TANTI ANNI E’ il 1932 quando una spedizione archeologica inglese condotta dal capitano Weld Blundell giunge nell’attuale Iraq per condurre degli scavi con lo scopo dichiarato di riportare alla luce luoghi fino ad allora ritenuti biblicamente “leggendari” e non storici. La sua campagna, inizialmente non esattamente fortunata grazie come al solito al caso, riesce a portare alla luce nei pressi dell’antica città di Larsa numerosissimi reperti fra i quali spicca inatteso un “prisma in pietra”. (F 1. Il Prisma di Blundell) Il reperto inciso in tutti i suoi lati da caratteri “cuneiformi” dimostrerà subito al primo vaglio interpretativo una spiccata capacità criptica soprattutto a causa della dettagliata descrizione di DUE “LISTE SUMERE DEI RE”, le quali sconcerteranno gli esperti di allora a causa delle interminabili frazioni temporali “concesse” ai periodi regnanti, appannaggio di mitici RE mesopotamici. Sempre gli esperti non avendo elementi altri, ritennero e qualificarono il reperto come la “solita” testimonianza, folcloristica, elaborata da storici locali piuttosto compiacenti verso la regale discendenza. Vero era comunque che uno degli ultimi storici della terra Sumera, il grande Beroso o Berosso, già al tempo della dominazione romana, giunta fin sulle rive dell’Eufrate, decantasse agli storici della città TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà eterna, al seguito delle centurie imperiali, il fatto che la sua nazione avesse avuto diverse Liste di RE, leggendarie per la loro immensa durata. Non solo, egli stesso propose agli increduli “reporter” una “TERZA” lista anche questa contraddistinta da periodi temporali immensi, destinata comunque a cadere nell’ilarità storica generale per millenni. Visti tali presupposti, la scoperta, passata alla storia come “PRISMA DI BLUNDELL” (F1), venne dimentica ad OXFORD dove le “DUE LISTE”, dal legittimo scopritore, vennero contrassegnate come WB 144 e WB 62. Alle “stesse” si aggiunse in seguito la TERZA LISTA del Berosso ricomponendo così la millenaria struttura regnante, per quanto discutibile, del mondo Mesopotamico. Appariva in tale reperto certa sola una cosa, esso datato al carbonio, sembrava rivelare un età esecutiva compresa fra i 4500 e i 5000 anni fa. Volendo essere pignoli delle DUE LISTE, una soprattutto ha continuato a turbare le valenti menti archeologiche che da allora hanno voluto occuparsene: la WB 144. Tale lista, incisa da uno sconosciuto scriba il cui nome è giunto fino a noi come “Nurninsubur”, ancora oggi così riferisce ai posteri: Dopo la discesa della regalità dai cieli, la regalità fu a Eridu, in Eridu Alulim divenne re, egli regnò per 28800 anni. Alalgar regnò per 36000 anni "Due" re; essi regnarono per 64800 anni. Poi Eridu cadde E la regalità fu spostata a BadTibira Divenne re a Bad-Tibira Enmenluanna; egli regnò per 43200 anni. Enmengalanna regnò per 28800 anni. Dumuzi il pastore regnò per 36000anni. "Tre" re essi regnarono 108000 anni. Bad -ti-bira cadde E la regalità fu spostata a Larak. A Larak, Ensipadzidanna regnò 28800 anni. "Un" re ……. Egli regnò per 28800 anni. Larak cadde E la regalità fu spostata a Sippar. A Sippar Enmeduranna divenne re E governò per 21000 anni. Poi Sippar cadde E la regalità fu spostata a Shuruppak. Ubaratutu divenne re, egli governò per 18600 anni. "Un" re …….. egli governò per 18600 anni.. In "Cinque" città “Otto”re, essi regnarono per” 241200” anni, Poi il Diluvio “travolse tutto”. romane ormai da anni abituate a stabilire, fra le mura A questo punto vi prego, anzi vi capitoline, il Santo Padre del mondo cristiano. consiglio, di leggere e rileggere Ora mentre concepite con la tale descrizione perché vi fantasia le corti di tutta Europa assicuro, ogni parola della immobilizzate nelle “loro” WB144 è stata meditata e resa successioni regali, da più di due pregna di una “scienza e un anni, di incertezza pontificia, un sapere” che indifferente al RE francese, Carlo D’Angiò e passare delle epoche vedrete suo figlio Carlo Martello, essere all’interno dei Crop. affrontando un lungo e Per quanto riguarda me dovrò spiegarvi come e cosa mi spinse periglioso viaggio si recheranno, quasi in pellegrinaggio, alle sulle coste perigliose di un falde di uno dei luoghi più reperto discutibile come quello selvaggi e solitari d’Abruzzo, la inglese, per potervi delineare Maiella. lentamente un filo logico Tutto ciò per un unico motivo: conoscitivo a me per primo convincere un Eremita, ormai celato agli inizi, dal caso, come famoso presso tutte le corti dal mio intuito. europee e non solo, Pietro da Morrone, a diventare il futuro UNA CITTA’, UN RE, UN PAPA di un Soglio, in quel EREMITA. momento, ostaggio del potere temporale. Scrivevo da sfollato aquilano La storia vorrà quindi un RE e dalla riviera abruzzese, in quel un futuro RE, “supplicare” un momento, e devo dire che non era affatto piacevole pensare ad recalcitrante Eremita ormai vecchio e sazio della sua pia alcuni personaggi storici, oggi opera religiosa, allo scopo di inesistenti, quasi come la mia superare il “distruttivo” impasse città. Pontificio. Ma conosco abbastanza bene il potere delle parole come la forza La storia non dice però,COME e della storia che esse spesso sono PERCHE’, su un eremo scosceso in grado di sorreggere, quindi il e selvaggio della Maiella, probabilmente presero inizio mio sarà sicuramente uno dei gli eventi che portarono a tanti modi di tenere in vita un diventare l’Aquila la vera “luogo” che oggi lotta custode di un sapere oggi disperatamente per non destinato a diventare sempre “scomparire”. più “scienza”, di quello stesso Utilmente farò quindi sapere, oggi dimenticato, che da riferimento ad un periodo storico in cui il futuro capoluogo decenni ci ha fatto definire i Cerchi nel Grano: un MISTERO. abruzzese, appena nato, già era “Vagheggiate” ora una persona in grado di lasciare qualsiasi come me, che colta da un’indelebile traccia in una un sano interesse storico, storia destinata, a distanza di seguito da un presupposto secoli, a ritornare fra noi inaspettatamente utile e attuale. insano interesse esoterico, comincia a sfogliare e leggere Immaginate quindi la fine del tutto ciò che riguarda questo 1300, in Europa, e futuro Papa cittadino, passato immedesimatevi nei poteri alla storia come Celestino V, il “forti” di allora gettati nel caos quale, comincia a notare delle più totale da un ostinato vuoto strane coincidenze temporali, “papale” dettato dalle gelosie patrizie di quelle poche famiglie storicamente verificabili, ed TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà inizia ad esaminarle, accostarle, unirle. Fino a quando un inaspettato filo logico numerico si profila in tutti gli eventi di un Eremita pressoché ancora oggi sconosciuto ai più. E “probabilmente” sorgerà anche in voi la mia stessa curiosità, quella che mi permise di rendermi conto di come, dal momento in cui Pietro da Morrone decise di accettare la proposta regale, tutto nella sua vita avvenne rispettando un “PIANO TEMPORALE” partorito e seguito secondo canoni che allora non mi erano affatto chiari. Intanto tenacemente ottenne dalla CHIESA stessa, il permesso di diventare Papa, non a San Pietro, ma, unico nel suo genere, nella basilica di Collemaggio a L’AQUILA (F2) da “lui” fortemente voluta e costruita. (F.2 Basilica di Collemaggio) Una tenacia costruttiva sottolineata dalla “lungimirante” data di consacrazione della basilica stessa, decisa, ben al di là del termine dei suoi lavori, di fronte ad OTTO vescovi nel Giugno del “1288”. Data che non mi colse del tutto impreparato poiché stranamente veniva scelta, anche in Francia dove, avevo appreso, era stata nuovamente consacrata e consegnata ai fedeli la cattedrale di AMIENS, dopo che sfortunate vicissitudini, un terribile incendio, avevano indotto i suoi costruttori a rimettere mano in tempi record, per allora, all’iniziale progetto portandolo al temine rispettando l’inaspettata concomitanza temporale italiana. Concomitanza che durante il brevissimo periodo di investitura papale di Pietro da Morrone sembrò ripetersi con una certa ricercata frequenza. Forse non tutti sanno infatti che il vecchio eremita trascorse all’Aquila esattamente “72” giorni papali, ma soprattutto pochi hanno osservato le date da “lui” scelte per la sua investitura. Egli infatti divenne Vicario di Cristo il giorno “28/8” del 1294, non solo, durante la sua investitura vennero eletti “8” vescovi mentre, sempre quella data, venne prescelta per indire l’unica ricorrenza religiosa rispettata dalla città dell’Aquila per secoli fino ad arrivare ai giorni nostri, con il nome di Perdonanza. Se poi si aggiunge che tale ricorrenza religiosa nonchè temporale poteva avvalersi a Collemaggio dell’Apertura della Prima Porta Santa del Mondo, voluta espressamente dal piccolo eremita, credo possiate capire come e quanto Celestino abbia ottenuto in un arco di tempo ben preciso. Quindi fui costretto a domandarmi perché una tale massa di eccelsi eventi rispettassero tempi e date così precise da sembrare numericamente multipli e frazioni di sé stessi. Una domanda che non ebbe chiaramente risposta fino a quando la mia vita non venne travolta dalla bellezza di un Rosone (F3), quello centrale della basilica celestiniana, che diede inizio a quella corsa conoscitiva che ancora oggi perdura con grande amore, corsa destinata ad approdare nei campi di grano Inglesi TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà (F3 Rosone Centrale ) UN ROSONE PARLANTE Per chi non lo sapesse, accanto alla basilica aquilana un tempo vi era la sede di ciò che fino a pochi anni fa era definito manicomio. Ebbene, proprio nell’imminenza della sua chiusura, presi a visitare con una certa frequenza Collemaggio, rapito più dal suddetto rosone che dalle sue meravigliose geometrie interne. Converrete con me come la mia assidua presenza in loco non passasse completamente inosservata, specialmente agli occupanti dell’ospedale psichiatrico, i quali furono tremendamente attratti da un soggetto costantemente in piedi con la testa in su e lo sguardo fisso, rapito, a loro insaputa, da un gioiello costruttivo medievale capace di creare stati d’animo in me, simili probabilmente a quelli prodotti da un “mandala”. Fu così che nel giro di pochi mesi le mie assidue osservazioni divennero meta di molti “pazienti” del luogo a cui non tardarono ad affiancarsi le indulgenti presenze di infermieri e dottori incuriositi anche loro dalla “mia” strana forma di “pazzia”. Sostanzialmente appena potevo trascorrevo ore nell’attenta osservazione di ogni particolare di quel Rosone, il quale, ne ero superbamente sicuro, era in grado di nascondere qualcosa di eccelso, unico, quasi divino. Ancora non sapevo infatti come alcuni processi cognitivi direi “eccezionali” potevano essere attivati da determinate forme geometriche e simboliche, soprattutto non coglievo quale tipo di rapporto poteva esserci fra quel Rosone e le date Celestiniane. Morale: per mesi non oltrepassai, se non raramente, la soglia della basilica poiché “sentivo” che ciò che cercavo era da secoli custodito da quelle Braccia in Pietra. Fino a quando, un mattino d’estate, improvvisamente cominciai a CONTARE. Sì, presi una spuntata matita dalle mie tasche, e dopo aver ripetuto più volte il conteggio, all’inizio stentato, delle braccia di quel testardo rosone, presi nota di tutto sul raffinato opuscolo divulgativo dell’imminente Perdonanza. Era l’Agosto del 2004 e nulla poteva presagire cosa sarebbe successo da lì a poco, nella mia mente, forse più nel mio cuore, sicuramente nella mia vita. Esaminai con molta attenzione i “dati” da me colti e lentamente mi resi conto del progetto, numerico-simbolico, celato ormai da secoli all’interno di quella meravigliosa e sferica opera medioevale. Semplicemente il Rosone risultava suddiviso in 5 parti così ripartite: una “prima” parte centrale, contraddistinta da OTTO PETALI raccolti intorno ad un riferimento sferico (F4), a cui faceva seguito una “seconda” costituita da 12 Braccia. La “terza” parte appariva, chiara, al termine delle Braccia stesse , costituita da dei “buchi” particolari, che allora definii MezziBusti (f 5) per la loro rassomiglianza televisiva. Di seguito, la “quarta” parte era costituita da 24 braccia, mentre la “quinta” sezione nuovamente al termine delle braccia, appariva contrassegnata dai già citati “Mezzibusti”. (F.4 Parte centrale del Rosone) (F.5 I MezziBusti) Numericamente il rosone appariva quindi costituito da 12 + 24 Braccia a cui corrispondevano 24 + 48 Mezzibusti. Appariva quindi chiaro come numericamente l’opera Celestiniana poteva essere riassunta in 36 Braccia e 72 Mezzibusti entrambi suddivisi in 1/3 e 2/3 della loro rispettiva somma. Era quindi ravvisabile nella ”sua” esecuzione un progetto numerico, ma quale poteva essere il fine? Parte della risposta non tardò ad arrivare. Incrociai infatti i dati moltiplicandoli ed ottenni un risultato sinceramente inaspettato. Numericamente le Braccia per i Mezzibusti erano in grado di darmi un riferimento numerico pari a 2592 unità. Fu un attimo, direi una frazione di secondo, quella che mi servì per rendermi conto di come quel Rosone fosse in grado di PARLARE, “pronunciando” attraverso i numeri poche ma incredibili parole: “Precessione degli Equinozi”. I 25920 anni precessionali del nostro pianeta erano stati magnificamente riassunti in modo anche architettonico durante il medioevo e posti sulla facciata centrale della creatura Celestiniana. Perché? Perché la lentissima corsa assiale pari ad un grado celeste ogni 72 anni veniva computato attraverso un’articolata opera architettonica di più di 700 anni fa? Che senso poteva avere tutto ciò alla luce del fatto che nulla per caso il piccolo Eremita aveva voluto e fatto per costruire la “sua” Basilica e portare a termine il “suo” brevissimo incarico papale. Ripensavo ai 72 giorni Celestiniani, inaspettatamente condivisi dal Rosone come dall’Asse Terrestre e mi rendevo conto di come invece di ricevere risposte sempre più affastellavo domande, sul momento irrimediabilmente senza risposte. Vi vedo allibiti, quasi preoccupati, vi state chiedendo se quello che state leggendo è un articolo dedicato ai Cerchi o un’inutile cronaca di “fatti” medioevali intrisi di piccole vicissitudini personali a sfondo esoterico. Benissimo, allora voglio farvi un piccolo esempio. Nel 1999 a Windmill Hill, nello Wilthshire, Inghilterra, appare un Crop definito allora, vista la sua stentata similitudine, Croce Templare ( F.6) . (F.6) TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà Nessuno può o riesce a dare altri significati a quel Crop, e fu un vero peccato poiché le 4 zone in cui era suddivisa la presunta Croce custodivano 288 piccoli cerchi suddivisi in gruppi di 72. Un caso? No cari signori, un fatto, il cui significato parte da molto, molto lontano come vi avevo preannunciato, quindi tranquilli l’articolo è quello giusto, avete fatto un’ottima scelta e probabilmente se avrete pazienza alla fine di Agriglifi ne saprete sicuramente di più. (fine 1a parte - continua) [email protected] “La storia millenaria dei cerchi nel grano” (Editore Melchisedek, pag.180, euro 22, settembre 2009) rappresenta per Michele Proclamato un’ulteriore tappa degli originali studi a cui si dedica ormai da anni. Per chi ha letto la monografia di agosto 2009 de “I Misteri di Hera” (Acacia Edizioni), dedicata a questa tematica, sarà l’occasione per approfondire le proprie conoscenze al riguardo. L’autore non ha la presunzione di individuare chi possano essere gli autori ‘materiali’ dei Crop Circle e nemmeno l’ardire di imporci soluzioni definitive riguardo le modalità di realizzazione: questo lo chiama fuori, energicamente, da ogni sorta di polemica. Egli si occupa di ben altro: ci introduce in un contesto in cui il Tempo assume connotati del tutto differenti, anche perché è proprio tra le sue ‘maglie’ che, infine, potremmo cercare di individuare chi da sempre ci accompagna anche con l’ausilio di queste particolari ‘formazioni’. Insomma, l’interesse di Proclamato per la dibattuta questione è da inserire come un necessario tassello nel suo particolare percorso di ricerca e confluisce in maniera naturale nella costruenda teoria della legge universale dell’OTTAVA, tanto da poter considerare i Crop Circle come un sistema “spirituale-scientifico”, a cui si poteva attingere in ogni epoca. L’autore si occupa quindi della problematica ricostruendone, per la prima volta, un lontanissimo passato in cui i nostri antenati, senza peraltro comprenderne il pieno significato, pare avessero a disposizione questa ancestrale conoscenza, tanto da utilizzarla sovente e non solo nelle espressioni prettamente artistiche. Dalle pagine di questo volume emergeranno anche testimonianze eccellenti: infatti, Leonardo da Vinci e Giordano Bruno avevano già capito tutto di questa scienza dell’armonia, dell’equilibrio e della pace. L’intenzione di Michele Proclamato è far emergere questo misterioso sapere, utilizzando la chiave di lettura a lui più congeniale, quella riscoperta e già illustrata nei precedenti lavori: la LEGGE delle TRE OTTAVE. TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà Angolo privato pag.81 http://blog.libero.it/Angoloprivato L’inizio di un mondo Giovanna Triolo Erano fluttuanti fra densi gas luminescenti, nella dimora preferita di uno del gruppo, l’interno di una rara roccia, su di un mondo sommerso da nebbia spessa, prodotta dai vapori gassosi del pianeta. Erano le menti più eccelse, ma anche più irrequiete che si fossero mai create in quella immensa dimensione, dove tutto aveva la grandezza e il silenzio dell’antimateria. Fu Webxhy, conosciuto in seguito in un'altra dimensione come il Viandante per Eccellenza, telepaticamente a formulare il suo pensiero agli altri Mi sento di dire che bisogna superare i nostri confini, la conoscenza si è spinta fino alla perfezione, nulla si muta più, si vive in assoluta stasi, ritengo che bisogna portare la nostra conoscenza al di là di ciò che conosciamo, che ciò che sappiamo sia passibile di nuovi sviluppi, la conoscenza che consideriamo suprema, e inevitabilmente ferma qui. Sappiamo che esistono dimensioni dove questa conoscenza, il nostro sapere, potrebbe non essere tale. Da un altro essere fluttuante, del colore del grigio perla, alto circa due metri e mezzo, con TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà una sagoma ben precisa nei contorni, anche se apparentemente pareva fatto di nulla, si sentì la domanda telepatica nelle menti degli altri E cosa proponi? Webxhy Propongo di andare via da qui, portandoci dietro tutto il nostro sapere, e inoltrarci nella materia. Lo so, è considerato spaventoso, ma io credo che di là potremmo tornare a sentire la spinta vitale che ci ha condotto alla conquista della perfezione immateriale, è un incentivo per tutto il nostro popolo, la sete del sapere non si è mai spenta in noi. Diamo una nuova spinta a tutto il nostro pensiero, condiviso da tutti, creiamo l’individualità, concetto mai accettato, e proviamo a colonizzare un'altra dimensione , ma questa volta che sia nella materia, una grande sfida per tutti noi. ….e fu così che ebbe inizio l’avventura verso i nuovi mondi. http://blog.libero.it/Angoloprivato Altre verità pag.82 Il Tempio Alateus www.alateus.it Praticamente non esiste nessuna prova storica dell'esistenza del primo Tempio eretto da Salomone; il sospetto che si tratti di uno dei tanti miti è più che giustificato. Alcuni autori hanno ipotizzato che si trattasse di una costruzione precaria in legno o addirittura di un tendone. Quanto all'Arca lo scrittore G. Hancock sostiene la tesi, alquanto fantasiosa, che si trattasse di una specie di pila o di un accumulatore in grado di produrre effetti elettromagnetici che allora potevano essere considerati prodigi divini. Visto che poi nessuno è in grado di dimostrare, documenti o reperti alla mano, che Mosè sia effettivamente esistito, le basi del monoteismo giudaico appaiono quindi alquanto inconsistenti. In quanto al Tempio che egli [Salomone] fece costruire, e che gli Ebrei hanno stimato come la più bella opera del mondo, i Bramante, i Michelangelo e i Palladio, se avessero visto quella costruzione, non l'avrebbero certo ammirata. Era una specie di piccola fortezza quadrata, che rinchiudeva un cortile, e in questo cortile c'era un edificio lungo quaranta cubiti [m. 22], e un altro di venti [m. 11]; e sappiamo soltanto che questo secondo edificio, che era propriamente il tempio, l'oracolo, il Sancta Sanctorum, aveva anche 20 cubiti di larghezza, e venti di altezza. Non c'è oggi architetto in Europa che non considererebbe una tal costruzione come un monumento di barbari29. Nel 308 (a.u.c.30) l'imperatore Ciro consente il ritorno in patria ad alcuni ebrei esiliati a Babilonia, guidati dal principe giudeo Sesbassar, il quale provvede alla ricostruzione del Tempio. TAYLOR R. - The Diegesis. Calendario romano (a.u.c. = ab urbe condita). 29 30 La costruzione, terminata nel 313 (a.u.c.), viene successivamente migliorata, con il consenso di Artaserse II, da Neemia e da Esdra. Nel 734 (a.u.c.) Erode il Grande ordina il rifacimento dell'edificio portandolo al suo massimo livello di splendore. Il locale del Debir, mancando l'Arca, viene lasciato vuoto ma si continua a considerarlo il luogo in terra dove YHWH manifesta la sua presenza; un punto di riferimento per tutti i giudei credenti. Il Tempio venne definitivamente distrutto dai romani nell'822 (a.u.c.); sulla sua area ora sorge una moschea. Il Tempio era ricoperto da lastre d'oro e all'alba rifletteva la luce con tanta intensità da abbagliare coloro che lo ammiravano. Per chi arrivava a Gerusalemme appariva da lontano come una montagna bianca di neve perchè le parti non ricoperte d'oro erano di marmo bianchissimo31. Del Tempio non è rimasto che un muro (Muro del Pianto), meta odierna di pellegrinaggio e di devozione per gli ebrei. Il Tempio, centro del potere sacerdotale, era il simbolo dell'unità del popolo ebraico e meta obbligata di pellegrinaggio, di tutti gli ebrei maschi, durante le principali festività religiose. Il Tempio era una prerogativa di Gerusalemme. Nelle altre località il culto veniva esercitato nelle sinagoghe di costruzione molto più modesta. Questo edificio era, in ultima analisi, una enorme beccheria, dalla quale si diffondevano i miasmi di centinaia di animali sacrificati ogni giorno da un 31 FLAVIO G. - Antichita' Giudaiche. popolo imbecille ad un dio inesistente. Si suppone che la maggior parte degli animali sacrificati fosse destinata al nutrimento della classe sacerdotale mentre il resto era venduto nelle macellerie della città. La sinagoga veniva costruita orientando la porta principale verso Gerusalemme e poteva avere una superficie di 200-300 mq. In questo locale le funzioni, condotte da un anziano (non sacerdote), consistevano principalmente nella lettura delle scritture, il giorno di sabato, nella preghiera collettiva e nella istruzione religiosa. Arredi d'obbligo: un armadio per custodire la Torah, un candeliere a sette bracci e uno scranno di legno ove sedeva il lettore della Torah. Nelle prime sinagoghe era previsto anche un matroneo, cioè una zona separata riservata alle donne. La costruzione del Tempio fu motivo per l'abolizione, forzosa e cruenta, dei culti delle alture largamente praticati dai samaritani sulle sommità di numerosi monti del paese. Mentre ai nostri giorni è perfettamente naturale che politica e religione siano poteri separati (ma non sempre, almeno in Italia), che a volte seguono vie parallele ed altre no, ai tempi di Gesù politica e religione erano in perfetta simbiosi; erano una cosa sola. Per questo il Tempio, oltre a essere il centro religioso, era anche il centro politico che orientava e pilotava le decisioni dei governanti locali (Roma permettendo). Strettamente collegato al Tempio era il Sinedrio, ad un tempo organo giuridico e consiglio supremo di Israele in materia politico-religiosa, TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà agendo s'intende nell'ambito delle libertà concesse dagli occupanti romani. Era composto da due sezioni: - il Gran Sinedrio di natura politica; - il Bet Din di natura religiosa. Il Sinedrio era presieduto dal sommo sacerdote di turno ed era composto da 71 membri comprendenti: - sacerdoti; - anziani; - scribi. Tra gli aspetti meno sacrali del Tempio occorre ricordare che sulla spianata che circondava l'edificio e sotto i porticati si svolgeva il più grande mercato della Palestina. Si poteva comprare di tutto: dal bestiame alle vivande, dagli ornamenti preziosi alle più modeste suppellettili domestiche. La casta sacerdotale gestiva una enorme quantità di denaro, facendo funzioni che oggi potrebbero essere definite di tesoreria pubblica o di banca nazionale. I sacerdoti accettavano in deposito denaro di terzi e lo reinvestivano finanziando imprese commerciali o facendo prestiti ad usura. Quella dei cambiavalute era una funzione affidata ai laici, in quanto il Tempio riconosceva e gestiva unicamente monete in corso e circolanti sul territorio palestinese: le valute estere dovevano essere convertite. Era considerata valuta estera anche la moneta romana! Durante le principali ricorrenze religiose, quando sulla spianata si accalcavano migliaia di persone, l'ordine pubblico era assicurato dal presidio romano che schierava i suoi uomini lungo i porticati che circondavano il complesso Tempio/Mercato. [email protected] Scienza di frontiera pag.84 Telomeri e Telomerasi: nel cuore dell’orologio biologico David Lombardi David Lombardi, 27 anni, si occupa da tempo di archeologia, ufologia e clipeologia. E’ socio del CROP www.croponline.org (Centro di Ricerche Operativo sul Paranormale) diretto dal dottor Giorgio Pastore nonché membro dello staff di Majuro (www.majuro.it). Cosa ci fa vivere? E soprattutto, cosa ci fa morire? Qual è il meccanismo presente nel nostro organismo che regola i due punti cardine della nostra esistenza? Il progresso nel campo della genetica nel corso degli anni si è molto ingrandito e con il tempo ci ha fornito la risposta individuando il possibile elemento che controlla la vita e la morte. Nel libro del ricercatore Alan F. Alford dal titolo “i misteri della genesi delle antiche civiltà” viene accennato a questo elemento: “…ricerche recenti hanno iniziato a fornire indizi sull’esatto processo di invecchiamento delle cellule. Scienziati della Geron Corporation, nel cui consiglio vi è quel James Watson che insieme a Crick scoprì la molecola del DNA, ritengono di aver forse scoperto l’orologio biologico ossia il meccanismo che nelle cellule controlla la vita e la morte. È chiamato Telomero, una sequenza del DNA che si ripete riscontrata nella coda di ogni cromosoma, e spesso paragonata alla punta in TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà plastica protettiva dei lacci da scarpe. Ogni volta che una cellula si divide, e che il DNA nel cromosoma si replica, questa coda si fa un poco più corta. In un neonato è lunga all’incirca 20.000 lettere mentre in una persona di 60 anni le lettere sono meno della metà.” Ora abbiamo un nome: telomero. Che sia veramente lui la chiave di tutto? Vediamo di approfondire la questione descrivendo in modo più dettagliato questo elemento: “Il telomero è la regione terminale del cromosoma, da cui deriva il nome stesso, composta di DNA altamente ripetuto, che non codifica per alcun prodotto proteico. Ha un ruolo determinante nell'evitare la perdita di informazioni durante la duplicazione dei cromosomi. La DNA polimerasi, infatti, non è in grado di replicare il cromosoma fino alla sua terminazione; se non ci fossero i telomeri, che quindi vengono accorciati ad ogni replicazione, la replicazione del DNA comporterebbe in ogni occasione una significativa perdita di informazione genetica. Vi sono prove che questo progressivo accorciamento dei telomeri sia associato all'invecchiamento della cellula e dell'intero organismo” Prima di andare nella parte cruciale dell’argomento ho pensato fosse utile mostrare anche la natura e la funzione del telomero stesso: “Natura e funzione. Il telomero è composto da sequenze ripetute di DNA e da alcune proteine ed ha la funzione di proteggere le terminazioni dei cromosomi. Ciò impedisce da una parte la degradazione progressiva con rischio di perdita di informazione, dall'altra che tale regione, non presentando una corretta struttura a doppia elica, sia processata come estremità di filamento spezzato, con il rischio di fusione tra due regioni telomeriche di cromosomi diversi. I telomeri sono estesi dall'enzima telomerasi, che rappresenta una classe di retrotrascrittasi specializzate, presenti in numerosi organismi (tra cui l'uomo), ma non in tutti (e soprattutto non in tutte le fasi dello sviluppo). In particolare, nell'uomo le telomerasi (così come nella maggior parte degli eucarioti multicellulari) sono attive solo nelle cellule della linea germinale: ciò significa che, ad ogni replicazione, i telomeri umani si accorciano di un certo numero di paia di basi. Esistono teorie che associano il continuo accorciarsi dei telomeri con la senescenza delle cellule della linea somatica e con la prevenzione del cancro. Questo perché i telomeri agirebbero come una sorta di orologio biologico, legato cioè ad un numero massimo di mitosi (e di replicazioni del DNA), al termine del quale la cellula sarebbe troppo vecchia per essere mantenuta in vita e prenderebbe la via dell'apoptosi. Per garantire un efficace ricambio cellulare, in ogni caso, in molti tessuti dell'organismo sono presenti cellule staminali, che mantengono la corretta lunghezza dei telomeri attraverso la presenza di telomerasi attive. Il meccanismo molecolare attraverso cui i telomeri troppo corti possono portare alla morte cellulare sembra essere legato alla perdita del loro corretto ripiegamento naturale (evento legato ad una loro dimensione troppo ristretta). Secondo alcune teorie comunemente accettate, la cellula è infatti in grado di riconoscere questo diverso ripiegamento come danno al DNA, avviando il pathway dell'apoptosi sulla base dell'attività di molecole come p53. Tale processo di morte cellulare può anche essere avviato da una fusione tra cromosomi. Nell'uomo, la sequenza ripetuta nei telomeri è composta di sei nucleotidi TTAGGG, ripetuti per una lunghezza che va da 3 a 20 kilobasi. Sono presenti 100-300 kilobasi addizionali di ripetizioni telomero-associate, che si dispongono tra il telomero ed il resto del cromosoma. La sequenza telomerica varia da specie a specie ma generalmente è ricca in GC.” Secondo questa serie di informazioni i telomeri sarebbero veramente i TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà responsabili della nostra vita e della nostra morte. Ma entriamo di più nel dettaglio esaminando il loro accorciamento: “I telomeri si accorciano a causa del meccanismo di replicazione del filamento lagging del DNA. Dal momento che la replicazione del DNA non ha inizio dalle estremità ma da varie regioni più centrali di ogni cromosoma e che tutte le DNA polimerasi polimerizzano in direzione 5'->3' (spostandosi in direzione 3'->5'), infatti, il DNA in replicazione presenta un filamento leading ed uno lagging. Sul filamento leading, la DNA polimerasi può produrre un filamento complementare senza ostacoli, perché procede da 3' a 5'. Al contrario, c'è un problema riguardo al senso 5'->3' che l'enzima dovrebbe prendere sul lagging. Per risolvere questo problema, piccole sequenze di RNA legano tale filamento e agiscono come primer, favorendo l'attacco della DNA polimerasi e l'avvio della polimerizzazione. Questo processo genera la formazione dei frammenti di Okazaki. I frammenti di Okazaki sono processati infine dalla DNA polimerasi, che sostituisce l'RNA dei primers con DNA, e dalla DNA ligasi, che forma il legame fosfodiesterico tra frammenti consecutivi. Questo accade presso tutti i siti del filamento lagging, ma non dove si appaia l'ultimo primer di RNA. In questa regione, infatti, l'RNA viene distrutto da RNAsi, ma non c'è alcuna sostituzione con DNA. Questo genera un continuo processo di accorciamento di queste regioni, che si trovano appunto presso i telomeri. La presenza di un limite al numero di divisioni cellulari, dovuto all'accorciamento dei telomeri, fu individuato per la prima volta da Leonard Hayflick. Tali osservazioni lo portarono ad ipotizzare un ben preciso numero massimo di mitosi, che fu appunto definito limite di Hayflick. La correlazione tra senescenza e numero di Hayflick, in ogni caso, fu provata solo nel 1998, quando la Geron Corporation mise a punto tecniche in grado di estendere i telomeri, che comportavano un notevole rallentamento della senescenza delle cellule. Numerosi sostenitori delle tecnologie per l'allungamento della durata della vita, infatti, hanno da tempo focalizzato la loro attenzione sul ruolo dei telomeri e sulle possibilità di allungarli. Ciò sarebbe in linea di principio possibile attraverso l'induzione delle telomerasi temporaneamente (per via farmacologica) o permanentemente (attraverso la gene therapy). Tali approcci, in ogni caso, non sono stati confermati da studi indipendenti sull'uomo, sebbene nel 2006 la Geron corporation abbia annunciato lo sviluppo di due possibili farmaci in grado di attivare la telomerasi. Nel 2003 i ricercatori hanno individuato per la prima volta un organismo i cui telomeri si estendono in maniera via via maggiore con l'invecchiamento dell'organismo. Tale organismo è l'uccello delle tempeste codaforcuta (Oceanodroma leucorhoa), che in effetti può vivere molto a lungo. Anche uno studio condotto sul verme nematode Caenorhabditis elegans ha indicato che l'estensione dei telomeri può allungare la vita. Sono infatti stati realizzati due gruppi di vermi, aventi come unica differenza la lunghezza dei telomeri. Il verme con i telomeri più lunghi ha mostrato, in media, una aspettativa di vita superiore del 20% a quello con telomeri non modificati. Un effetto collaterale mostrato da questo approccio in C.elegans è l'incrementata resistenza al calore: le ragioni che spiegano tale aspetto non sono chiare (Joeng, et al., 2004). Le principali perplessità della comunità scientifica riguardo a questo tipo di approccio, comunque, riguardano l'eventuale rischio cancerogeno che tali farmaci potrebbero comportare: l'allungamento della vita di ogni cellula, infatti, è intrinsecamente correlato ad un aumento della vulnerabilità al cancro (Weinstein and Ciszek, 2002). D'altra parte, il mantenimento della lunghezza dei telomeri è un segno distintivo di molti tipi di cancro nei mammiferi. Nell'uomo, ad esempio, numerosi tumori sono in grado di aumentare l'attività della telomerasi, ottenendo una capacità di replicazione pressoché infinita. Altri tipi di carcinoma, invece, sono in grado di avviare pathway alternativi di allungamento dei telomeri (noti come ALT, dall'inglese alternative lengthening of telomeres), che coinvolgono il trasferimento di ripetizioni telomeriche in tandem tra cromatidi fratelli. Il meccanismo di attivazione di ALT, in ogni caso, non è ancora molto ben definito. TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà Tecniche sicure di estensione dei telomeri, in ogni caso, sono e saranno utili soprattutto nel campo dell'ingegneria tissutale, dal momento che permetterebbero di produrre grandi quantità di cellule sane e non cancerogene da utilizzare per sostituzioni di tessuti danneggiati (ad esempio tessuto cutaneo in seguito ad ustioni). C'è però da aggiungere, che secondo altri ricercatori i telomeri non sarebbero un indice del potenziale replicativo cellulare, alcuni di coloro che hanno fornito confutazioni a questa ipotesi sono: Elizabeth Blackbourn (http://en.wikipedia.org/wiki/ Elizabeth_Blackburn, con l'articolo su Nature 408,53,2000), Cristofalo (PNAS,95,10614,1998), Smith, Goyin (Mech.Agein dev 114,69,2000) e H. Rubin (Nature Biotech 16,396,1998). Ad esempio Goyin provò ad allevare topi privati del gene per la telomerasi, notando che nelle due generazioni osservate non vi era invecchiamento precoce nonostante i telomeri corti, inoltre è da notare il fatto che i telomeri dei topi hanno una lunghezza compresa tra 20 e 250 kilobasi, mentre quelli umani, specie che vive mediamente 40 volte di più, i telomeri sono lunghi dalle 15 alle 25 kilobasi. Se la lunghezza dei telomeri fosse una sorta di contatore alla rovescia per la senescenza, e l'Oceanodroma leucorhoa continua ad accrescerli, allora questo organismo dovrebbe tendere all'immortalità” Questo secondo brano ci ha fornito alcuni elementi chiave in base ai quali sarebbe possibile mantenere intatti i telomeri e quindi evitare il loro completo accorciamento. Ci stiamo veramente avvicinando al concetto di immortalità o si tratta solo di vivere di più rispetto a un tempo di vita normale? Prima di rispondere a questa e alle altre domande passiamo in esame l’ultimo elemento della questione e forse il più importante ossia la chiave dell’attività dei telomeri: “la telomerasi”. “La telomerasi è un enzima, che permette la ricostruzione dei telomeri mancanti, in modo da mantenere integri i cromosomi. Si tratta di una vera e propria trascrittasi inversa (o DNA polimerasi RNA-dipendente, numero EC 2.7.7.49), dal momento che utilizza frammenti di RNA come stampo per l'elongazione dei telomeri. I telomeri sono le parti finali di un cromosoma, formati da esameri la cui sequenza nucleotidica è specie specifica, ad esempio TTAGGG nella specie umana. Ogni volta che una cellula si duplica rimette una sequenza di telomeri. Quando ha dato fondo alle sue sequenze muore. La telomerasi può scongiurare questo destino sintetizzando (duplicando) sempre nuove sequenze telomeriche. I telomeri sono le parti finali dei cromosomi eucariotici, sono formati da sequenze oligomeriche ripetute. La necessità di queste strutture terminali è palese quando consideriamo che tutte le DNA polimerasi conosciute allungano le catene di DNA dall'estremità 3' e che tutte richiedono un primer a RNA o (solo per certe DNA-polimerasi eucariotiche) a DNA. Quando la forcella di replicazione si avvicina all'estremità del cromosoma lineare, la sintesi del filamento guida continua regolarmente sino alla fine della catena stampo del DNA; la doppia elica figlia è rilasciata dopo essere stata duplicata interamente. La catena stampo per il filamento tardivo, invece, è copiata in modo discontinuo. Quando l'ultimo innesco a RNA è rimosso, non c'è nessun innesco a monte cui una DNA polimerasi possa legarsi per riempire il vuoto derivante dalla rimozione di tale primer. A causa di ciò, il filamento di DNA che si è formato come filamento tardivo sarebbe accorciato ad ogni divisione cellulare. La telomerasi evita questo progressivo accorciamento del filamento tardivo, agisce come una trascrittasi inversa, è capace di allungare l'estremità 3'-OH del filamento stampo della catena tardiva. La polimerasi contiene un sito catalitico che polimerizza i desossiribonucleotidi complementari ad un RNA stampo, che essa stessa contiene. Una volta che l'estremità 3' del filamento stampo per la catena TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà tardiva è sufficientemente lunga, la sintesi del segmento tardivo può aver luogo a partire da ulteriori inneschi. La telomerasi è espressa nelle cellule della linea germinale, generalmente non è attiva nelle cellule somatiche ma è stato osservato che in diversi tumori può essere attivata” Quest’ultimo elemento ci fornisce altri indizi sul mistero della vita e della morte in relazione al DNA. Quindi in conclusione i telomeri sono i regolatori della nostra vita ma a loro volta vengono regolati dall’enzima telomerasi. Di conseguenza è quest’ultimo il cuore del problema su cui gli esperti devono concentrarsi e sul quale grava la durata della nostra esistenza. Forse un giorno grazie agli sviluppi della ricerca potremmo vivere di più e a tutto e proprio tutto potrà esserci una soluzione. [email protected] Approfondimenti I misteri della genesi delle antiche civiltà – Alan F. Alford http://it.wikipedia.org/wiki/Telomero http://it.wikipedia.org/wiki/Telomerasi I naufraghi delle stelle pag.88 ht t p: // in au fra g h id elles t ell e. b lo gs pot .c o m Le enigmatiche linee di Nazca Enrico Vincenzi Enrico Vincenzi è ricercatore e giornalista free lance. Gestisce il blog “I naufraghi delle stelle”. Altopiano di Nazca, Perù, è qui che si trovano incise nel terreno linee formanti strani disegni, divenuti ben presto autentici rompicapo a cui archeologi, storici, ufologi e appassionati del mistero in genere, da ormai numerosi decenni, cercano di dare una risposta. L’altopiano di Nazca è un sito di natura pressoché desertica, ed è TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà considerato uno dei posti meno piovosi al mondo, è situato tra l’oceano Pacifico e le Ande, e si estende su un’area di 520 kmq. circa. Cronisti spagnoli del 1600 e 1700, furono i primi a parlare dello strano fenomeno, che rimase comunque ignorato fino al 1926, quando l’archeologo peruviano Julio Tello, cominciò ad annotarlo nei suoi studi sulle antiche civiltà andine. Nel 1939, i primi piloti di linea che sorvolarono l’altopiano di Nazca, poterono osservare i singolari geoglifi in tutta la loro globalità dimensionale, e li utilizzarono come punti di riferimento per le rotte aeree. Il 1941, infine, fu l’anno che segnò un’importante svolta per gli studi su Nazca: l’archeologo Paul Kosok visitando il sito e le sue misteriose linee, ne rimase così affascinato da decidere di dedicarsi ad uno studio più approfondito delle stesse. Le linee di Nazca, quindi, sono perfettamente visibili solo a notevoli altezze, inoltre la loro precisione è a dir poco strabiliante, immaginate disegni lunghi diverse centinaia di metri , costituiti da linee perfettamente diritte, con margini di errore di soli 2 metri per ogni chilometro. Il già citato Paul Kosok e Maria Reiche, astronoma e matematica tedesca, sono stati i maggiori studiosi dei geoglifi di Nazca. È grazie al loro attento studio che si è potuto giungere alla catalogazione di numerosi e a dir poco fantastici disegni, la cui grandezza varia dai 25 ai 275 metri. Abbiamo così geoglifi riproducenti 18 tipi di uccelli tra cui l’ormai famoso colibrì, divenuto un po’ il simbolo di Nazca, e il condor. ( fig. 1 Nazca Colibrì) Ma anche una balena, una scimmia, una lucertola, un serpente, un lama ed un fiore. Una citazione a parte merita il disegno di un ragno, che costituisce un’ulteriore enigma per gli studiosi di Nazca. Si tratta della rappresentazione di un aracnide vivente nelle foreste amazzoniche, del tipo “Ricinulei,” il cui apparato genitale maschile è localizzato in una zampa posteriore come una sorta di prolungamento. Questo tipo di ragno raggiunge una dimensione di soli 6 mm, quindi per osservare il suo organo genitale occorrerebbe necessariamente un microscopio. Come poteva, il popolo Nazca avere questo tipo di conoscenze, senza l’ausilio di sofisticati strumenti tecnologici? equinozi, dei solstizi, e per la previsione dei periodi di pioggia o siccità. Però, da prove effettuate tramite computer, si è potuto accertare successivamente che la teoria di Reiche e Kosok non fosse sostenibile. Lo storico peruviano Hans Horkheimer propende invece per l’attribuzione di un significato di tipo religioso, ipotizzando che il mantenimento dei disegni e delle linee fosse curato da diverse famiglie del luogo. Inoltre, secondo Horkheimer, i geoglifi segnavano sul territorio i luoghi sacri dove il popolo Nazca si radunava in occasione di cerimonie religiose. Gli studiosi in base alle ricerche effettuate, hanno potuto determinare che i disegni, di tipo zoomorfo, fossero stati compiuti prima delle linee geometriche, scoprendo che in alcuni casi le stesse linee fossero state sovrapposte ai disegni. (fig. 2 Nazca Ragno) Le ipotesi fatte nel corso degli anni sulle origini e il significato dei geoglifi di Nazca, sono le più svariate. La creazione dei geoglifi, sono attribuiti al popolo Nazca, vissuti in questo territorio prima degli Incas. I Nazca non hanno lasciato né documenti scritti né iscrizioni di qualunque genere. Maria Reiche e Paul Kosok hanno considerato la piana di Nazca come una sorta di enorme mappa astronomica e i vari disegni come punti di riferimento per il calcolo degli TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà (fig 3 intersezioni linee) Un’idea avanzata dagli ufologi e dai cultori della cosiddetta “Archeologia spaziale”, è quella che vede le linee come piste di atterraggio per eventuali astronavi provenienti dallo spazio. Ciò che non regge in questa ipotesi è dato dal fatto che queste linee, dopo essersi sviluppate per centinaia di metri nel deserto, non conducono in alcun luogo, interrompendosi improvvisamente. Purtroppo, negli anni, amministrazioni politiche e uomini d’affari senza scrupoli hanno gravemente deturpato l’altopiano di Nazca con i suoi geoglifi, considerato dagli studiosi un bene storico culturale dal valore inestimabile per l’intera umanità. Infatti oggi la grande autostrada Panamericana, taglia in due Nazca, nonostante la strenua battaglia intrapresa dalla stessa Maria Reiche per la salvaguardia dei misteriosi geoglifi. SITI PARTNERS (fig. 4 Maria Reiche) Forse l’uomo dovrebbe imparare a rispettare di più il proprio passato, perche così imparerebbe a rispettare se stesso. [email protected] TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà Xaaran pag.91 Archeologia e falsi: alcune motivazioni alla base di un inganno Antonella Beccaria Antonella Beccaria scrive e pubblica con la casa editrice Stampa Alternativa/Nuovi Equilibri e con Socialmente Edizioni. Questi i libri disponibili sia in libreria che online: "Il programma di Licio Gelli" (2009), "Pentiti di niente Il sequestro Saronio, la banda Fioroni e le menzogne di un presunto collaboratore di giustizia" (2008), "Uno bianca e trame nere – Cronaca di un periodo di terrore" (2007), "Bambini di Satana – Processo al diavolo: i reati mai commessi di Marco Dimitri" (2006) e "NoSCOpyright – Storie di malaffare nella società dell'informazione" (2004). E’ curatrice dell'antologia "Creative Commons in Noir" (2008, collana Millelire), collabora con le riviste "MilanoNera" e "Thriller Magazine". Spesso lavora come editor e traduttrice e dal 2004 tiene un blog, Xaaraan, su cui racconta storiacce varie. Una delle chiavi basilare per fare ricerca – indipendente o accademica che sia – è quella di difendersi dai falsi. Per ogni disciplina esistono sistemi di contraffazione che possono – o vogliono – indurre in errore il ricercatore e altrettanti che possono tutelare dall'inganno. Brittany Jackson, studentessa di antropologia all'università di Chicagno, e Mark Rose, dell'Arizona Interschool Association, hanno di recente scritto per la rivista Archaeology Online un articolo in tema intitolato Bogus! An Introduction to Dubious Discoveries («Falso! Introduzione alle scoperte dubbie») partendo con un'avvertenza a premessa: non esiste museo che non contenga al suo interno qualche oggetto o elemento ingannevole. Parola di Jane Walsh dello Smithsonian's National Museum of Natural History. E si fa qualche esempio, privilegiando il settore dell'archeologia. Dai teschi di cristallo, sbugiardati già a partire dal TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà diciannovesimo secolo, all'uomo di Piltdown, una presunta specie di ominidi i cui scarni resti ossei vennero scoperti nel 1912 nell'East Sussex, in Gran Bretagna. Ma perché dedicarsi a un progetto che abbia come scopo il trarre in inganno la comunità scientifica? I due autori del saggio parlano in prima istanza di pubblicità e autopromozione. Dopodiché vengono motivi pecuniari, scherzi non meglio motivati o vendetta. «Ma – aggiungono Jackson e Rose – lo si fa anche per supportare le proprie teorie sul passato dell'uomo. I falsi sono talvolta ispirati da ragioni nazionalistiche in base alle quali gli autori dell'inganno vogliono esaltare il proprio Paese usando infondati collegamenti con le civiltà del passato». Un aspetto, questo, che innesca effetti ritenuti secondari solo dal punto di vista cronologico: un buon falso può far rivalutare anche (o, forse, soprattutto) dal punto di vista economico tutto ciò che vi si correla, dalla remunerazione delle competenze di chi effettua o certifica la scoperta ingannevole all'oggettistica da rifilare a sedicenti esperti o semplici appassionati. Ne consegue un altro effetto. Se, come si diceva sopra, dove c'è un museo c'è anche qualcosa di non autentico, allora a maggior ragione «dove c'è un mercato, c'è un falso». E in questo caso non si intende solo lo smercio più o meno legale di reperti, ma addirittura la possibilità di pilotare fondi di ricerca e borse di studio. Sistemi per tutelarsi? Non esisterebbe altra ricetta che quella dettata dal rigore della ricerca, basato su dati fattuali – anche se non per forza di provenienza – a riscontro di una scoperta. Ma – si avverte a conclusione – quello dei falsi non è un fenomeno destinato a scomparire, almeno fino a quando esisteranno collezionisti creduloni e danarosi, faide scientifiche e studiosi dalle ambizioni smodate desiderosi a loro volta di un posto nella storia. Infine, per chi legge l'inglese, è stata pubblicata anche un'interessante lista dal titolo Archaeology's Hoaxes, Fakes, and Strange Sites (l'indirizzo è riportato nell'elenco degli approfondimenti). Una lista utile perché, come detto più volte insieme all'amico e ricercatore Simone Barcelli, per procedere nei proprio studi, anche da indipendenti, il primo passo è quello di escludere ciò che risulta più o meno palesemente infondato. Per approfondire: Bogus! An Introduction to Dubious Discoveries: http://www.archaeology.org/online/f eatures/hoaxes/intro.html Archaeology's Hoaxes, Fakes, and Strange Sites: http://www.archaeology.org/online/f eatures/hoaxes/index.html L'uomo di Piltdown: http://it.wikipedia.org/wiki/Uomo_d i_Piltdown I teschi di cristallo: http://en.wikipedia.org/wiki/Crystal_ skull ATTENTATO IMMINENTE di Antonella Beccaria e Simona Mammano Stampa Alternativa Collana Senza Finzione, novembre 2009 www.stampalternativ a.it Piazza Fontana, una strage che si poteva evitare Pasquale Juliano, il poliziotto che nel 1969 tentò di bloccare la cellula neofascista veneta Nella primavera del 1969 l’ennesima azione terroristica all’Università di Padova fa partire una nuova indagine. A coordinarla è un commissario di polizia, Pasquale Juliano, il capo della squadra mobile, che arriva a individuare un nucleo di estremisti neri che traffica in armi ed esplosivi. Ma i neofascisti gli preparano una trappola: Juliano si vedrà così scippare l’inchiesta, che verrà insabbiata, e finirà sotto processo accusato di aver costruito le prove contro i terroristi. Gli occorreranno dieci anni per dimostrare la sua innocenza, ma nel 1979, quando sarà assolto da tutti i capi d’imputazione, la stagione delle bombe avrà quasi concluso il suo tragico corso. [email protected] TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà Documenti pag.93 In uno scrigno di rame l’origine dell’umanità? © Jeff Behnke (Traduzione di Sabrina Pasqualetto) Jeff Behnke Un’analisi delle tavolette sumere fa trapelare informazioni riguardo le nostre origini Intorno al 12 giugno del 2006, il 260° Battaglione Quartermaster, che stava fornendo supporto di TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà vigilanza intorno alla base di Talil a sud-est di Baghdad, scoprì una scatola di rame contenente una serie di tavolette in lapislazzuli, con incisa una scrittura cuneiforme sumerica. Senza sapere bene con che cosa avessero a che fare, l’NSA, Agenzia per la Sicurezza Nazionale, mise insieme un gruppo di ricerca e spedì il plico al British Museum di Londra, al fine di esaminare i risultati sfruttando le risorse di entrambi i governi, statunitense e britannico. Era stata data loro l’assicurazione che la scoperta sarebbe stata condivisa con il resto del mondo ma, a quanto pare, le forze governative coinvolte negarono l‘accaduto. La cosa non sorprese più di tanto, ma fece arrabbiare i volontari che erano accorsi con tutti i mezzi possibili al Museo per dare il loro contributo al progetto, così spuntarono traduzioni a Parigi, Amsterdam, Madrid, Aleppo, Karachi e Tangeri. O almeno così dice la storia. del testo che è stato scoperto. In seguito al suo intervento, nel luglio del 2008, comparve su You Tube un altro video da parte di un altro utente, ENLILSPEAKS, contenente l’ipotetica e anonima intervista con uno dei linguisti coinvolti nel progetto. Ecco, senza ulteriori indugi, la storia trascritta e, un po’ frammentata, di quanto copiato dalla pubblicazione: PARTE I L'INTERVISTA Io presiedo il Dipartimento di Letteratura semita, egiziana, [Censura] sumerica, accadica e tardo babilonese. [Censura] Che cosa ci può dire riguardo la scoperta in Iraq durante l'estate del 2006? Nel marzo del 2008, venne postato su YouTube un video da un utente, chiamato helvis213, il quale ha dichiarato di aver sentito la notizia della scoperta e del team da un amico che studia presso una prestigiosa università del vicino oriente. Dopo la traduzione delle tavolette cominciò a inviare pop-up in varie località e prese l’iniziativa di mettere insieme un video per animare la storia contenuta nelle tavolette nonché fornire una voce fuori campo Vorrei iniziare dicendo chiaramente che tutto ciò che dirò è basato unicamente sulla mia esperienza personale. Dal momento del mio esonero dal gruppo, dalla cessazione del mio mandato, che, a sua volta, era solo una piccolissima parte di un progetto molto più ampio. Durante il breve periodo in cui sono stato lì, ho imparato alcune cose. Voglio dire, da quello che ho sentito, non penso che abbiano capito con che cosa avessero a che fare realmente e, per la mia esperienza, posso dirvi che non c'era nessuna procedura TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà di protocollo né di sicurezza generale. Quando sono arrivato mi è stata data l’autorizzazione e, con quella, ho avuto accesso a tutta la messa in opera del laboratorio. Questo è il contesto giusto per fare un po’ di storia. Per la cronaca, nell'estate del 2006, un Battaglione dell'esercito degli Stati Uniti ha scoperto manufatti antichi mentre stava pattugliando dei siti antichi. Poco dopo, a Londra, fu creato un team di scienziati mediorientali per esaminare la scoperta. Giusto. Come ha fatto a essere coinvolto nel gruppo? Ho ricevuto una visita da parte di due uomini con credenziali NSA. Hanno cercato di spiegare la posizione del governo con termini piuttosto vaghi. Voglio dire, ricordo che li ascoltavo mentre parlavano ancora e ancora, ma l'unica cosa che mi venne in mente fu: "meglio non rifiutare". Non lo so, è stato tutto molto intimidatorio. Lasciami solo dire che l’argomento era così convincente da indurmi a cooperare e all'improvviso mi sono ricordato di quanto avevo lavorato per la mia posizione. Non voglio dire che sono stato minacciato. Ma sicuramente la sensazione è stata quella. E’ andato a Londra? Sì, quel giorno sono stato prelevato da una macchina a Newburg, New York e imbarcato su un aereo anonimo. Non ho visto nessuna scritta. Non lo so. Io non so chi sbarcò. Uh! sembravano militari. Tutte le persone con cui sono entrato in contatto erano in tenuta da corvè. Ma non riuscivo a capire di quale sezione facessero parte. Non c’era nessun segno di riconoscimento. Erano tutti gentili e nessuno rispondeva a nessuna delle mie domande. Tutto questo quando è successo? Sono arrivato a Londra il 3 luglio del 2006. Lo ricordo perché era il giorno che precedeva le vacanze. Inutile dire che i miei figli non furono entusiasti del viaggio di lavoro di papà. Che cosa è successo dopo? Beh, erano quasi le 2 di notte quando siamo sbarcati e sono stato portato in una residenza in città, credo. Non sono molto sicuro della posizione. I finestrini erano scuri e lo sportello della macchina era stato riparato, quindi non potevo vedere nulla al di fuori della vettura. La residenza era presidiata da personale dell'esercito britannico, questo era chiaro. Mi hanno scortato al British Museum ogni giorno e, su questo non ho dubbi, ho fatto un sacco di lavoro al British Museum. Sono sicuro e, comunque, lo saprei. Cosa le chiesero di fare? I miei primi due giorni sono stati grandi! E 'stata quasi come una convention sul Vicino Oriente. Siamo stati riuniti in questa residenza meravigliosa con questa persona incredibile (?) che stava facendo luce su svariate discipline, e non mi riferisco solo agli studi del Vicino Oriente o alle lingue antiche e alla letteratura. Sto parlando delle scienze. Sono in lingua, così il mio lavoro è stato limitato [censurato] a 2 frammenti nonché alla verifica di 3 altri frammenti. Che cosa ha visto esattamente? Per quanto mi riguarda mi sono occupato di 2 frammenti di tavolette rinvenute all'interno di una scatola di rame. Ha visto la scatola? Certamente. Era molto pesante e molto ben realizzata. Non so, la dimensione sia simile a quella di una cassetta degli attrezzi media. E qui c'è qualcosa di strano, troppo strano. Aveva uno splendore penetrante e uno dei miei colleghi, arrivato tre giorni prima, mi ha detto che la scatola è stata trovata così. TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà Tutto ciò stava causando un clamore minore tra un sacco di scienziati e, il giorno dopo, fu installata una nuova serie di protocolli. Quella fu la fine della nostra discussione, dopodiché non fui più in grado di vagare da una stanza all'altra nel mio tempo libero. Sono stato riportato alla residenza e tenuto lì, sostanzialmente, come un prigioniero fino al giorno successivo, quando ricominciammo a lavorare. Motivo dell'improvviso cambiamento? Penso che abbia a che fare con tutte le discussioni tra i membri del gruppo. Ho avuto un incontro con diversi signori [censura] una specie di èlite (?). Hanno detto che avevano a che fare con un modello che era diverso da ogni altro modello che avevano mai visto e l'idea di benzina o di energia nucleare come valide fonti di energia avrebbe rappresentato una pulce nell’orecchio. Hanno detto che se il modello avesse confermato quanto ipotizzato, la vita sulla terra così come la conosciamo sarebbe cambiata dal giorno alla notte. Come mai? Beh, non ne sono proprio sicuro. Non so quali siano le implicazioni di quello che dicevano, ma alla fine, quello era solo il mio secondo giorno. Il giorno dopo è quando furono cambiati tutti i protocolli di sicurezza. Quindi ogni discussione venne praticamente conclusa, tranne che con i membri di routine. Allora siete stati minacciati. Non voglio dire questo. Ma lo ha appena fatto. Non in quei termini. Pensa che volessero fermare le fughe di notizie? Credo che, appena hanno cominciato a capire l'importanza del ritrovamento, abbiano dato un giro di vite a tutte le informazioni. Voglio dire, guarda quanto successo hanno avuto. Nessun membro del gruppo è uscito dal protocollo. E, guardami bene, sto facendo tutto questo in modo anonimo. Voglio dire che è strano, non ti pare? Considerando tutte le fughe? E’ stato minacciato? Come ho detto prima, non direi minacciato. Tutti quelli che ho incontrato sono stati molto carini, ma, in tutto questo, c’è stato un elemento di freddezza. Voglio dire, sembrava quasi, almeno per me, che la possibilità di dire di no, semplicemente non esistesse nemmeno. Non puoi dire di no a questi uomini. Sono stati molto chiari e, quando mia moglie e i miei bambini furono improvvisamente coinvolti nella conversazione… [incomprensibile] ho cominciato a sentirmi spaventato. Voglio tornare su ciò che ha detto in precedenza circa il suo lavoro su questi frammenti. Ok. Lei ha affermato che sono stati, e sto includendo anche altri membri della vostra squadra, tradotti 2 frammenti per verificare la traduzione, e poi? Ha verificato con gli altri? Giusto. Sono stato membro di una squadra di quattro e ci hanno dato due frammenti da tradurre e altri tre per verificare, e sì, si potrebbe dire controllare. Sono propenso a pensare che i frammenti sui quali ha lavorato il nostro team siano stati inviati ad altri per la verifica. Questo fa cinque frammenti. C'è di più. Mi sta dicendo che lei ha lavorato su tutti e cinque i frammenti, non è vero? Allora cosa? Ho lavorato su un totale di cinque frammenti, ma a parte questo, non posso andare oltre. Ci può dire qualcos'altro? E’ stato pagato per la sua collaborazione? Si. Ho ricevuto 10.000 dollari per la settimana, che, per me, è terminata un giorno prima. Mi ricordo che andai a Londra il martedì e tornai il lunedì seguente. L’assegno era di un conto del governo? Come il Dipartimento del Tesoro o della NSA? Già, questo è un altro punto interessante. I 10.000 dollari erano stati depositati sul mio conto da una fonte anonima. Quando ho cercato di scoprire da dove veniva il denaro, la mia banca ha detto che non erano autorizzati a parlare della questione, citando i loro vincoli di sicurezza. Dissi che ero parte della transazione, ma pare che non avesse rilevanza. Io [censurato] che sarei stato ricompensato per la mia partecipazione, ma anche il deposito anonimo fu scoraggiante. C'è qualcos'altro che può dirci? E’ giusto. Quattro frammenti sono stati resi pubblici. Non posso andare oltre. TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà Beh, io non voglio essere ridondante. Ho visto solo due frammenti di queste tavolette, ma posso dire che abbiamo a che fare con qualcosa di straordinario. Scrittura cuneiforme incassata, non scolpita, in sottili blocchi in lapislazzuli? Voglio dire, questo è incredibile. Abbiamo visto ogni tipo di applicazione innovativa di questa pietra preziosa, ma mai l’abbiamo vista utilizzata in questo modo. E da quello che ho potuto vedere con il mio lavoro è evidente che i sumeri utilizzavano tecnologie di cui noi non sappiamo nulla. Le serie (?) stratificazione di lapislazzuli, lo dimostrano chiaramente. Non sappiamo come erano fatti. Sembravano di vetro scolpito (?) infilati in pochi centimetri di vetro (?)… incassati, davvero. Non so in quale altro modo descriverlo. Può dirci qualcosa sulle caratteristiche artistiche delle cosiddette cianografie ritrovate? Come ho detto, durante i miei primi due giorni del progetto, altri (?) membri erano liberi di gironzolare, ma improvvisamente tutto questo finì. Anche se ho già detto (?) sul modello che è stato trovato, sul concetto di una nuova risorsa per lo sfruttamento dell'energia, non posso dire molto, davvero. Ancora una volta, vorrei precisare che sono stato coinvolto solo per quanto riguarda gli aspetti linguistici del progetto così, appena arrivarono i primi risultati e la sicurezza procedette [censurato], diventammo letteralmente confinati e così anche ogni discussione sul ritrovamento tra i membri del team. PARTE II Testo tradotto in lingua inglese della Tavoletta in lapislazzuli La tavoletta del diluvio in cui è nominato Ziusudra Scoperta sumera: Tavoletta 1 In accordo con i loro desideri Il trono della regalità era stata portato giù dal cielo. Diritti sono stati perfezionati, ordinanze Divine, sono state esaltate. In luoghi incontaminati cinque città sono state fondate: la prima è Eridu, la seconda Badtibira. Larak è stata la terza e la quarta è Sippar. La quinta città era Shuruppak, di cui io, Ziusudra, ero il re. Questi erano i centri di culto. Queste cinque città sono state designate come TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà centri di culto. Venne un clamore dall’interno dei centri di culto. Un clamore che infastidì gli dèi. Dopo che le città furono distrutte, i centri di culto furono distrutti. Dopo il diluvio, la piena inviata per coprire tutta la terra, il distruttore della vita, E io, Ziusudra, sull’alto picco di Nimush, organizzai sette e sette conche per il culto, colme di canne, cedro e mirto e portammo l'offerta al vertice per spargere l'incenso in ogni direzione, e gli dèi sentirono la dolce fragranza. Essi annusarono la dolce fragranza e si raggrupparono attorno all'offerta come mosche. Arrivò Belet-ili. Sollevò in aria il grande ornamento alato che Anu aveva fatto nella sua foga. "Io giuro per questa preziosa collana di lapis, Sarò memore di questi giorni e non li dimenticherò mai, mai! " Quando Enlil arrivò, io e mia moglie partecipammo all'assemblea degli dèi. Egli mi toccò la fronte e quella di mia moglie dicendo: "Fino ad oggi, Ziusudra è stato un essere umano. Ora egli sarà conosciuto come Utnapishtim e lui e sua moglie diventeranno dèi come noi. " Poi siamo stati portati lontano. Alla fonte dei grandi fiumi siamo stati portati. Al Gihon, Pishon, il Tigri e l'Eufrate. In quel luogo lontano dimorammo. Lì, alla fonte dei quattro fiumi possenti noi dimorammo. Al nostro arrivo lì, nel luogo al di là di tutte le terre, Enlil disse a me, a Utnapishtim, egli disse, "Tu, 'Il distante’, dovrai fare il lavoro del tuo Signore EA. Una volta la saggezza venne da una sottile parete di canne, tu farai lo stesso. Prendi le indicazioni per un’altra, una nave del tutto nuova. Incidile su tavolette di lapislazzuli. Incidile sulle tavolette designate. Poi mettile dentro una scatola di rame su canne e rami di cedro e mirto. Trasferisci la conoscenza. Condividi il benessere. Mettile al sicuro, lontano, nella città dell'eroe più potente di tutti, che vide ciò che era segreto e rivelò ciò che era nascosto. Ispeziona le fondamenta, messe in opera dai sette maestri con muratura in mattoni cotti a forno. Vedi com’è abbagliante, come il rame al sole? Sali le scale di pietra. Guarda la terra che racchiude. Ammira i giardini, gli spacci e i templi, tutti i magnifici luoghi! Identifica la pietra angolare. Guarda sotto. " Ora, a quel tempo, in quei giorni, il mondo era ancora nuovo. Quando Enlil portò via le tavolette, le terre si erano appena asciugate. "Rifugio di canne, rifugio di canne. Muro, muro. Il rifugio di canne ascolta, il muro riflette. Demolisci le case. Costruisci navi. Abbandona i possedimenti. Cerca la vita.” Rinnega i beni materiali. Mantieni l'anima viva. Una nuova tempesta si profila, tuttavia la pioggia non scroscia ancora. Cade un altro diluvio. Anche in questo caso si scaglia sulle terre. Fa attenzione agli avvertimenti e prepara la traversata della tua famiglia. Trasferisci gioia nei cuori umani. Rifugiati nell’abbraccio di Nibiru, il ritorno della luce nel firmamento dei cieli. È stato ... (illeggibile) Fine della tavoletta. Nel frattempo gli invasori infuriavano sulle persone testimoni dell'orrore , gli invasori infuriavano (Illeggibile) (Illeggibile) Quando il brutto presagio apparve nel deserto gli usurpatori non vi badarono. (Illeggibile) Lì, nel luogo di Dilmun (Illeggibile) (Illeggibile) I grandi dèi si riunirono I grandi dèi si riunirono a Dilmun (Illeggibile) Ninhursag deteneva la carica prima di Enki (Illeggibile) e il destino del popolo fu definito. Fine del frammento Scoperta sumera: Tavoletta 2 Dal primo assaggio, quando per primo si immerse sotto il manto per il nettare nero del firmamento, era destinato a venire. Secoli più tardi, arrivarono nel modo più violento possibile e distrussero i modi dei vecchi. (Illeggibile) e il popolo e il paese fu confinato nelle sue case. Gli invasori combatterono gli uni con gli altri Gli invasori combatterono per i bottini della terra. Per il nettare nero. Gli dèi guardarono tristemente a ciò che la gente stava facendo e tennero un consiglio tra di loro per il rimedio (Illeggibile) (Illeggibile) TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà Scoperta sumera: Tavoletta 3 Era stato stabilito che le nazioni sarebbero tornate. (Illeggibile) (Illeggibile) Le nazioni degli uomini sarebbero tornate al grembo materno a Nibiru, la dèa madre eterna creatrice (Illeggibile) (Illeggibile) (Illeggibile) Gli Annunaki mandarono via mandarono dal cielo gli Annunaki per la loro creazione. (Illeggibile) An, Enlil, Enki e Ninhursag creatori del popolo dalla testa nera. Fondatori di Eridu, Badtibira, Larsa, Sippar, e Shuruppak. (Illeggibile) Le prime città che fondarono. (Illeggibile) Questi erano i portatori delle nazioni gli uomini potenti e di fama che espulsero i Nephilim e stabilirono le ordinanze del tempio divino, riti e rituali, (Illeggibile) Queste erano le generazioni, le nazioni delle moltitudini. Queste moltitudini di nazioni si riversarono attraverso i cieli (Illeggibile) Gli Annunaki, An, Enlil, Enki e Ninhursag mandarono via i messaggeri divini (Illeggibile) in attesa del ritorno, il ritorno dei loro discendenti, i creatori dell'uomo aspettavano (Illeggibile) con cuori pesanti, carichi di gioia essi aspettavano. Scoperta sumera: Tavoletta 4 Un nuovo diluvio si riversò dai cieli, un nuovo diluvio venne. Con Dilmun alla loro destra e il sacro Eridu alla sinistra Gli Annunaki erano riuniti. Tra i due luoghi puri, la fonte di acque pure Da dove Ghihon, Pishon, Tigri e Eufrate scorrono consacrando la terra e il popolo in un bagno di purificazione. Queste acque pure, forza sostenitrice della vita, si stanno prosciugando. I possenti fiumi sono in secca Ora, è la polvere a scorrere in quei luoghi. Laddove i fiumi possenti, una volta scorrevano, regna la polvere in quei luoghi. Marduk ha aperto il cancello e i figli di Dilmun si riversarono via I figli di Dilmun, I giovani uomini coraggiosi di quella città pura La città più brillante di tutte venne Uscì, mentre i figli di Eridu preparavano la tavola Recitavano gli incantesimi, i riti dimenticati degli antichi. Radiante con le mani pulite c’è Ninhursag prima degli Anunnaki. Con le sue mani pulite si prepara, supervisiona i preparativi per gli incantesimi appropriati, offerte e riti. Nelle sue mani pulite doni di cetrioli, mele e uva. La prole, la creazione degli Dei, l'assemblea, gli Annunaki riuniti, per loro ha preparato tutto(illeggibile). Le nazioni, le tribù della terra si imbarcarono mentre i quattro uomini potenti trattenevano gli incendi e i venti In modo che nulla potesse scuotere la terra. Né il giorno né la notte, il buio o la luce, né il silenzio prevalse. Fino a che le nazioni, le tribù presero il volo. Dalla terra le nazioni e le tribù designate presero il volo Finchè una montagna di fuoco emerse dal mare Pulendo l'impuro, inghiottendo il firmamento. Fine della Tavoletta TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà Scoperta sumera: Tavoletta 5 *La Santa migrazione attraverso i cieli, gli Anunnaki riuniti, gli dèi dell’ Apsu erano riuniti nei luoghi sacri dei vecchi e dei nuovi. Ea, Ninki, Inanna e Utu, Enlil accanto Ninlil, Adad accanto Ninhursag. Dea Madre, (illeggibile) il saggio Mammi somministrarono i diritti divini, alla luce dei fuochi consacrati mentre il grembo della dea , Belet-ili era presente. I fuochi ordinati, resi puri con canne, cedro e mirto ardevano nei luoghi designati. Sotto la vigilanza, la gestione da parte di uomini di fama, i progenitori antichi, gli antichi progenitori di Umal amministravano i fuochi ordinati. Alle tre e due punti (illeggibile) fece il (illeggibile) i saggi fecero un'offerta di farina. Dopo il rituale del cerchio, Umal, i suoi popoli e le sue tribù, presero rifugio. Alle tre e due punti, i luoghi di (illeggibile) sulla strada attraverso i cieli, Umal, i suoi popoli e le tribù, si lavarono le mani, impararono i riti e i rituali in questi luoghi (illeggibile) durante tutta la santa migrazione . Là, in quei luoghi, Umal, le nazioni della terra e le tribù vennero nuovamente purificate. In quei luoghi, Umal fu pulito con un bagno di purificazione, completamente immerso, ne riemerse pulito. Come i giovani di Dilmun (illeggibile) organizzò la nuova nave, le nuove navi, le imbarcazioni stabilite, inscritto da Utnapishtim alla direzione di Enlil, in nome di Ea, furono preparate nei luoghi designati. Alle due e tre punti (illeggibile) i giovani uomini coraggiosi di Dilmun preparavano le navi per il (illeggibile) viaggio attraverso i cieli, la santa migrazione. I giovani uomini coraggiosi di Dilmun amministrarono (illeggibile) La seconda (illeggibile) seguente (illeggibile), il luogo del duro lavoro di Umal preparato. Abbondanza fu concessa sulla terra e nei mari, sementi, cereali e alberi da frutta sono stati concessi sulla terra e pesci di ogni tipo nei mari. Sotto il firmamento Umal dovrebbe (illeggibile…illeggibile...illeg gibile) non andare. Gli dèi dell’ Apsu, gli Anunnaki riuniti hanno decretato: Per i cieli Umal dovrà cercare il suo pane e secondo le ordinanze divine Umal dovrà trovare la sua giustizia. Umal non dovrà più (illeggibile) nei luoghi sacri designati. PARTE III L'ANALISI L'intervista Così come la traduzione dell’intervista, così com’è pubblicata, presenta alcuni errori dovuti alla qualità del video, anche per la trascrizione sarà così. Trovo significativo che lo faccia, tuttavia, quando viene letta, sembra quasi un copione, come se fosse la stessa persona, sia per la domanda che per la risposta, che utilizza una piccola variante tra un tono alto e una tono basso. Si è portati a credere che siano due persone a parlare, poiché è un'intervista, ma non credo che sia così. Potrebbe essere che l'intervista in realtà era trascritta e questo inserzionista di YouTube si è fatto dare una mano per tentare una rievocazione. Oppure no. Sinceramente non riesco a dare altra spiegazione diversa da questa. All'inizio del video, si afferma che le domande sono state fornite da "Tristero" che, casualmente, è il nome dell'utente che ha pubblicato il video per primo, se si guarda sul suo profilo. Inoltre, lo stesso nome “Tristero” sembra provenire da un romanzo di Thomas Pynchon intitolato "The Crying of Lot 49", che parla di un’organizzazione segreta che manipola la psiche del protagonista, riempiendola di idee di cospirazionismo. Durante tutto il corso della storia, il personaggio TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà principale va avanti e indietro tra il credere nell'esistenza di Tristero, e credere che esso sia solo una grande bugia, ma trova sempre prove per entrambe le ipotesi. Nei commenti, quasi come una nota estemporanea (forse per aggiungere un senso di presagio), ENLILSPEAKS dichiara che “l'intervistatore"che ha condotto l'intervista era scomparso per due settimane. Io non capisco perché quello che fornisce le domande è stato libero di scrivere le domande e pubblicare il video su YouTube e l'intervistatore anonimo con la voce camuffata e nessun nome sia stato fatto sparire. Inoltre, se una persona fornisce, consapevolmente, domande a qualcuno che, in seguito, scompare a causa sua, quella persona non si sente responsabile abbastanza da farsi avanti e dichiarare il suo nome e le circostanze misteriose che riguardano l'incidente? Come, "Hey, ho appena intervistato qualcuno su un progetto top secret e adesso non c'è più, io sono probabilmente il prossimo, ecco il suo numero di previdenza sociale, compleanno, ecc, e qui è il mio e i miei contatti... "o qualcosa di simile. All'inizio del video, dopo che è stato rivelato che le domande sono state create da Tristero, si dichiara che l'incidente fa parte di un Progetto di Black Book, e non di un Progetto Black Book. Non so se questo è un errore o meno. Vuol dire, Progetto “Libro Nero”, classificato come un progetto militare/di difesa, disconosciuto da parte del governo? Non riesco a dare un senso, quindi suppongo che sia un errore. Il linguista dice che si ricorda che è arrivato a Londra il 3 luglio e se lo ricorda perché il giorno dopo era festa e i suoi figli erano arrabbiati. Questo è plausibile, ma come è possibile che non si ricordi la data perché è stato portato a Londra in un aereo militare non identificato dopo essere stato circondato da due funzionari della NSA, bensì perché il giorno dopo era festa? Inoltre, se il suo obiettivo è quello di mascherare la sua identità, perché menziona i figli? Concede troppe informazioni, è il presidente di un reparto in una prestigiosa università di letteratura semitica e egiziana, apparentemente vive nella zona di New York, ha figli e moglie, è stato prelevato il 3 Luglio, arrivato a Londra alle due del mattino, ha lavorato per 6 giorni ed è stato pagato 10.000 dollari. Queste sono un sacco di informazioni! Se sta cercando di mascherare la sua identità e salvare la sua carriera e la sua famiglia, farebbe meglio a cercare Bob Lazar e andare ad una stazione tv. Ha la documentazione bancaria e la possibilità di provare il viaggio stesso. Un altro punto, il contenuto del colloquio è stato scritto prima che il contenuto della traduzione sumera del frammento 5 sia trapelato. In quanto tale, durante l'intervista, si fa riferimento al frammento 5, ma il linguista non vuole entrare nel merito di ciò che il frammento contiene. Più che probabile, questo perché l'intero incidente è scritto e, se davvero avesse saputo cosa conteneva il frammento 5, lo avrebbe dichiarato in modo anonimo, proprio lì, per provare veramente di essere l’ipotetico linguista arrabbiato. In un'altra sezione del colloquio, il linguista chiama ’benzina’ una ‘vitale fonte di energia', il che sembra una scelta insolita di parole. Poiché i documenti sumeri in questione contengono riferimenti al 'nettare nero' si potrebbe pensare che si riferisca al petrolio o olio. Egli afferma di essere specializzato, ma la scelta delle parole non torna. Non è di 'benzina' che i documenti sumerici parlano o che si sta esaurendo nel mondo… ma il 'nettare nero.' Avrebbe dovuto pensare a questo durante l'intera intervista se fosse stato legittimato. E se fosse effettivamente stato spalla a spalla con un certo numero di scienziati esperti di energia durante il suo soggiorno a Londra, avrebbe dovuto avere un vocabolario molto più ampio dovuto anche alla sua specializzazione. Sarebbe ragionevole, a TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà questo punto, respingere questa intervista come pura invenzione, ma il riferimento a Thomas Pynchon mi intriga molto, dal momento che sembra essere una sorta di occhiolino a quei creativi specialisti di letteratura, che lo percepiscono. Generalmente, si ritiene che il governo degli Stati Uniti si imbarchi in campagne di disinformazione create da persone intelligenti con una vivida immaginazione che sanno a cosa si attaccheranno le persone come me e cosa cercheranno; come i marketer virali che lavoravano con Trent Reznor al suo album Year Zero quale miglior nome se non Tristero? E’ molto artistico. Anche se ENLILSPEAKS avrebbe potuto trovare un espediente migliore, ha scelto il nome del profilo più calzante per le sue bugie. Un altro colpo d’arte, sia l'intervista che le tavolette sumere sono interrotte l'intervista con un sibilo e la tavoletta come “illeggibile” questo mi porta a pensare che il colloquio è stato progettato in questo modo come una giustapposizione intelligente. Non darei credito al creatore di questo post per questo tipo di giustapposizione… se non fosse, ancora, per il riferimento a Thomas Pynchon. Poi, ancora, gli oscuri riferimenti avrebbero potuto essere fatti da me, quindi, sei il benvenuto, ENLILSPEAKS, per questa forte rappresentazione del tuo lavoro e la pubblicità gratuita. I Frammenti A prescindere da tutto questo, anche se il colloquio fosse stato falsato da qualcuno, come credo che sia, questo non spiega il contenuto effettivo delle tavolette e la storia relativa al personale militare che le ha scoperte, la piccola storia fornita permette di fare numerosi collegamenti che possono essere, almeno, convalidati in qualche modo, come sto per fare. Prima di tutto, il 260° Battaglione Quartermaster era, in parte, dispiegato in Iraq nel 2003 a Camp Cedar I, subito dopo l'invasione e poi trasferito a Camp Cedar II vicino alla Base di Talil in Iraq (secondo Wikipedia e il sito web globalsecurity.org). Generalmente offrono lo stoccaggio, la distribuzione e la sorveglianza dei prodotti petroliferi. Il logo di questa squadra militare è "Il nettare per la vittoria" che è scritto in nero, ed è stato disegnato nel 1967. Lo stemma del 260° Battaglione Quartermaster Logo del 260esimo Battaglione Quartermaster Quando ho guardato il loro logo, la mia prima reazione è stata di stupore, non avevo mai sentito parlare, prima, del petrolio come ‘nettare’, qui, oltre ad essere parte del loro logo, era anche una componente chiave delle tavolette sumere che, presumibilmente, il Battaglione ha personalmente scoperto distruggendo un Humvee in uno Ziggurat, per scoprire la scatola di rame sotto una pietra, o una qualche azione del genere, ancora non è chiaro. Il fatto che abbiano 'scoperto' queste tavolette che menzionano il nettare nero e il nettare nero sia parte del loro stemma colpisce per l’estrema intelligenza e bravura; questo può essere visto come una sorta di messaggio, o segnale, almeno per i più intelligenti, una qualche altra forma di narrazione onnipresente in un universo pervaso da rumore del tutto casuale. Inoltre, tutto considerato, questa tavoletta è considerata una delle più antiche e più intriganti mai scoperte, incisa con qualche tipo di tecnologia soprannaturale, che fa riferimento alla guerra per il nettare nero che provoca TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà distruzione, se la guardiamo, questa volta in modo giusto, in funzione della presunta distruzione della terra nel 2012 o attraverso una guerra per le risorse, ci porta a chiudere il cerchio. La fine è l'inizio e l'inizio è la fine, la nostra occupazione del Medio Oriente, dove tutto ebbe inizio, per trovare qualcosa che ci avrebbe fatto andare avanti, perfetto. Ho difficoltà ad ammettere che è accidentale, causato solo da eventi del tutto casuali. Inoltre, un’organizzazione, che ha il 'nettare' come parte del suo stemma, che scopre l'unico documento sumero che fa riferimento a questo 'nettare' nero è solo… una proiezione, sembrerebbe implicare che la stessa sorte avvenne ad una civiltà precedente, per le stesse ragioni. Sono questi riferimenti nel corso della storia che, personalmente, mi ossessionano perché puntano all’intelligenza in un mondo generalmente considerato troppo stupido e ingarbugliato. Se questa "intelligenza" è accidentalmente sostituita alla realtà da parte di persone che disegnano volti nelle nuvole (io come creatore)… o estratta da essa (io come partecipe)… è solo una questione di 50/50 che ha più di una risposta; essa può fornire un'infinità di pensieri che portano queste persone a girarsi i pollici in continuazione. La serie di eventi che riguardano la scoperta delle tavolette ha, tuttavia, un senso. La guerra in Iraq, istigata da forze statunitensi e britanniche, è generalmente considerata una guerra per il petrolio come opposizione ad una guerra per i terroristi o armi nucleari. Allo stesso tempo, la si considera una guerra per il patrimonio mondiale. L'aspetto sconcertante, che fa perdere la testa alla maggior parte delle persone, è che se si tratta di una guerra per il petrolio, perché le forze americane danneggiano così tanto gli stessi giacimenti petroliferi, e se si trattasse di una guerra per il patrimonio mondiale, perché "Camp Alpha "è stato istituito in cima alle antiche rovine di Babilonia, in pratica distruggendo la Porta di Ishtar, con i soldati americani che riempivano i sacchi per la sabbia con i manufatti, e livellavano altri settori trasformandoli in aree di atterraggio e parcheggi? (Danni a Babilonia Antica). Tutto ciò è stupido e caotico, a meno che il caos non fosse stato un atto intenzionale per mascherare il vero scopo della missione, sollevando polvere e saccheggiando. Così facendo, non sarebbe una forzatura immaginare che una serie di tavolette di lapislazzuli effettivamente venga scoperta e abbia preso il volo per il British Museum. Voglio dire, non è forse una forma di saccheggio, finalizzata alla consegna dei reperti sumeri al British Museum? E poi, non solo hanno preso queste tavolette ma hanno, intenzionalmente, nascosto il fatto che essi abbiano agito così e hanno negato di essere in possesso di qualcosa - un vero e proprio furto! In un rapporto trovato sul sito web del British Museum a Londra dal titolo Una valutazione dei siti archeologici nel giugno 2008: Il progetto angloiracheno, troverete i riferimenti a questo “danno da saccheggio" che il British Museum, prova ad affrontare. Essi lo chiamano precisamente “danno da saccheggio e abbandono”, i siti esposti devono essere protetti da nuovi, invadenti e diaboliche le forze, suppongo. Devono essere costruite nuove recinzioni, gli edifici devono essere riparati a causa delle loro ‘condizioni di deterioramento’. Be', sì ... Tutte le cose così vecchie sarebbero deteriorate e la riparazione dovrebbe essere effettuata dopo che i militari abbiano riempito i loro sacchi di manufatti e reperti. C’è bisogno di fondi per le riparazioni, in quanto le forze interne hanno distrutto i luoghi santi sumerici, oppure sono necessari perché devono essere cancellate le tracce di un finanziamento? L’incontro al Museo per discutere di queste cose è stato presenziato dal Generale Maggiore Barney White-Spunner, che è stato informato della necessità di 'proteggere' i confini della zona appartenente, in passato, ai Sumeri. Tutto ciò mi sconcerta, visto che, verosimilmente, è stato proprio l’esercito a causare i TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà danni maggiori e non i saccheggiatori. Inoltre, è proprio il British Museum che ha la più massiccia collezioni di manufatti sumeri e frequentemente paga ricercatori per rivedere e restaurare i ritrovamenti; per me, questo è un esempio di forze di 'oscuramento', soprattutto quando solo risultati precedentemente e accuratamente selezionati sono condivisi con il pubblico, quelli, cioè, che dicono poco o quasi nulla. Come risultato, si può semplicemente vedere tutto questo in due modi: le intenzioni del British Museum e delle forze militari britanniche e americane sono oneste, sono stati fatti errori e, per rimediare ad essi, hanno bisogno di finanziamenti. Oppure… le loro intenzioni sono dubbie e il danno che è stato commesso è colpa loro, in quanto hanno cercato di fare cose dettate da qualche altra forza maggiore. A me, sembra che i governi dovrebbero proteggere la verità sulle origini dell'uomo a tutti i costi, invece di cercare indizi su tali origini. Tenere le persone nell’ignoranza. Nascondere le armi ancora fumanti. Come? Mandandovi persone che creino confusione, soldatucoli e quindi personale di pulizia - tutto eseguito per conto di una potenza superiore attraverso il denaro di chi paga le tasse, i contribuenti che non ricevono alcun beneficio diretto. Perché? Per quale scopo? Forse le chiavi per scoprire la ragione per cui viene inflitta l’ignoranza alle masse si trovano proprio nei presunti documenti trapelati. (http://en.wikipedia.org/wi ki/Umm_al_Binni_lake). Considerando che i frammenti sembrano denominare "Umal" come il luogo in cui le tribù della terra sono state "purificate" il legame tra questo luogo e, in particolare, le origini dell'uomo, è stupefacente. L'Epopea di Gilgamesh stessa (il cui nome in cuneiforme è rappresentato come una fiamma e una ciotola scavata) inizia con l’ordine di trovare una scatola di rame che contiene la narrazione di quanto accaduto prima del diluvio: Tavoletta contente l'epopea di Gilgamesh La maggior parte dei documenti sembrano essere frammenti dell’Epopea di Gilgamesh e della Lista dei re sumeri, con alcune aggiunte e infiocchettamenti. In fin dei conti, lo studio del suo contenuto non è stato uno spreco di tempo, anche se il modo in cui i frammenti sono stati raccolti può essere o non essere vero. Perché l'Epopea di Gilgamesh è tra le prime opere note di scrittura letteraria, conservata in 12 tavolette, incluso il racconto del diluvio, narrato da Ziusudra. Inoltre, vi sono prove archeologiche che sostengono l'idea che Gilgamesh avrebbe potuto essere un vero regnante nel XXVII secolo a.C. che, più o meno, è lo stesso periodo in cui si presume che un “meteorite " si sia schiantato nelle basse paludi della Mesopotamia nel lago Umm al Binni in Iraq Egli, che ha visto tutto, voglio far conoscere (?) alle terre. Insegnerò (?) su di lui che ha vissuto tutte le cose, ... allo stesso modo, Anu gli concesse la totalità delle conoscenze del tutto. Ha visto il segreto, scoperto il mistero, ha portato informazioni su (il tempo) prima del diluvio. E’ partito per un lungo viaggio, spingendosi all’esaurimento, ma poi è stato portato alla pace. Ha inciso su una stele di pietra tutte le sue fatiche, e costruito il muro di UrukHaven, il muro del sacro tempio di Eanna, il sacro santuario. Guarda la parete che brilla come il rame (?), ispeziona la sua parete interna, il cui calibro nessuno può eguagliare! Prendi in mano la pietra di soglia - che risale a tempi antichi! Vai vicino al Tempio di Eanna, la residenza di TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà Ishtar, che nessun re o uomo ha mai eguagliato! Sali sul muro di Uruk e cammina in tondo, esamina le sue fondamenta, ispeziona accuratamente i suoi mattoni. Non è (anche il nucleo di) una struttura fatta di mattoni cotti al forno e i Sette Saggi non hanno essi stessi esposto i loro piani? Una associazione di città, di giardini di palme, di pianure, l’area aperta (?) del tempio di Ishtar, tre confederazioni e la zona aperta (?) di Uruk (il muro) include. Trova la scatola di rame delle tavolette, apri il ... della sua chiusura in bronzo, sfai il fissaggio della sua apertura segreta. Prendi e leggi sulle tavolette di lapislazzuli come Gilgamesh ha superato ogni difficoltà. Gilgamesh ed Enkidu Leggere questo passaggio dopo aver preso visione dei presunti documenti scoperti di recente ci 'apre gli occhi’. L'idea di una scatola di rame contenente i segreti delle nostre origini non è nuova… infatti, la ritroviamo nel passaggio di apertura di una delle prime opere note all'uomo. Inoltre, il fatto che Uruk (Warka) sia stata nelle liste definitive dei luoghi da visitare dal team che doveva svolgere opere di restauro attraverso il British Museum, è intrigante, in quanto non esclude la possibilità che la scatola sia stata effettivamente trovata e che una pulizia debba essere fatta. Si dovrebbe pensare però che, dopo la scoperta del poema di Gilgamesh a metà del XIX secolo, le indicazioni per trovare la scatola di rame erano già state seguite da un gran numero di aspiranti Indiana Jones, specialmente da quelli con autorità sui siti specificati, così se c'è o non c'è verità nel racconto delle nuove tavolette è ancora da vedere. Inoltre, l'idea di creare una 'capsula temporale' di rame e metterla sotto la pietra angolare degli edifici è una pratica dei liberi massoni (oggi ormai una prassi generale) e si dovrebbe supporre che, poiché si tratta di un rituale che risale a molti anni fa, le persone che sono state portate a far rivivere questo rituale lo hanno fatto per un motivo. I massoni, o uno dei loro predecessori, forse, hanno trovato una di queste scatole di rame molto tempo fa e hanno mantenuto il segreto sul contenuto oppure questa è realmente la scatola di rame che cercano da sempre? Indipendentemente da ciò, molte cose sono spiegate nella Tavoletta 1, la quale è una ricostituzione e una rivelazione dell’inizio dell’Epopea di Gilgamesh riguardante le origini dell'uomo. Ma perché una ‘scatola di rame‘? Perché, al contrario, è il ferro all'interno di una meteora che è considerato come le "ossa" dei Re dello spazio, secondo una ricerca condotta da Adrian Gilbert nel “Mistero di Orione”, ed è un trono di ferro che Osiride stesso usa, non di rame. Il rame è stato considerato un metallo di origine terrestre. Si potrebbe pensare, quindi, che dovrebbe essere una scatola di ferro a racchiudere le informazioni all'interno della capsula del tempo, non di rame, a meno che il fatto che sia di rame stia ad indicare le origini terrestri e non extra-terrestri. L’importanza dell’utilizzo del ‘rame’ si arricchisce ancora di più quando si viene a conoscenza di Tubal-Cain, il presunto nome del primo metallurgo, il suo nome è la parola segreta del maestro massone. Tubal-Cain era un discendente di Caino attraverso Lamech e Zilla che, nella Bibbia, ha inventato la lavorazione sia del ferro che del rame, al fine di perseguire i piaceri del corpo. Il ferro, considerato come le 'ossa', o la storia, degli dèi e il rame considerato come le 'ossa', o la storia, dell'uomo. Poiché Gilgamesh era considerato per 2/3 un dio e per 1/3 uomo, questa potrebbe essere la rivelazione di qualunque cosa esso sia stato o una rivelazione dei suoi tratti genetici condivisi. Ma cosa è successo a questo rame e a questo ferro? TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà Dalla prima tavoletta (ricostituita dall’Epopea di Gilgamesh, per cui abbiamo a che fare con un testo non falsificato): Rifugio di canne, rifugio di canne. Muro, muro. Rifugio di canne ascolta, il muro riflette. Demolisci la casa. Costruisci una nave. Abbandona i possedimenti. Cerca la vita. Rinnega i beni materiali. Mantieni l'anima viva. Se mi è permesso dare una mia interpretazione, le canne (o ancia o strumento munito di ancia), in questo caso, sono utilizzate per scrivere il testo cuneiforme di questa epica. Esse costituiscono, inoltre, la composizione delle case nelle paludi della Mesopotamia. Questo è poetico per me, quando dice ‘vivi la storia della tua vita’. Ascolta il ‘rifugio di canne’ nella stessa frase di 'il muro riflette' sembra dire "ascolta la storia della tua vita e utilizza il muro per registrarla per una riflessione futura "o qualcosa di simile, e, dato che la scatola di rame della 'capsula del tempo' è depositata sotto la pietra angolare del muro, questo assume un senso. La lingua ebraica è scritta in modo che ogni lettera vada a rafforzare il significato della parola, perché le parole codificate qui in cuneiforme non dovrebbero fare lo stesso? Inoltre, abbattere la propria casa e costruire una nave è mentalmente e brutalmente affascinante per me, in quanto si può leggere in modo da creare una fantastica proiezione in così tanti livelli. Demolire la casa e costruire una nave sembra implicare la morte del corpo, la morte del passato lasciando, come unica superstite, solo l‘anima. Si può anche interpretare che qualunque cosa sia stata ad atterrare qui, è stata demolita e utilizzata come materia prima, il che non sarebbe stato possibile senza sopravvissuti che hanno lasciato i loro beni affettivi al passato, cioè al luogo dal quale sono venuti. Se si rimane legati ai beni (beni materiali), l'anima muore, cosicché lasciare andare il passato sembra essere un atto essenziale per la reincarnazione dell'anima dell'uomo. L’interpretazione di ‘nave spaziale’ qui è praticamente inevitabile dal momento che il ferro si dice essere provenuto da Marte e il rame da Venere. Gli dèi vengono da Marte, l’umanità da Venere. Le divinità sono di Marte, l'umanità è di Venere. Gilgamesh è per 2/3 ferro e per 1/3 rame. Per la maggior parte Dio e in parte uomo. In quanto tale, non posso evitare la giustapposizione di un evento reale e di uno potenzialmente accaduto. Si tratta di un crollo dei due, con Gilgamesh al suo centro. La lista dei Re sumeri ha le stesse caratteristiche. Persino gli studiosi di oggi non riuscirebbero a determinare quali aspetti di Gilgamesh sono reali, quale aspetto della Lista dei Re sumeri è reale, quali aspetti del lavoro di Omero sono reali e questo aspetto archeologico della realtà mi attrae per diversi motivi. La confusione è incrementata da questa sequenza nel nuovo testo della Tavoletta n°5: In quei luoghi, Umal è stato pulito in un bagno di purificazione, completamente immerso, è riemerso pulito. Cosi come i giovani di Dilmun (illeggibile) organizzavano la nuova nave, le nuove navi, le imbarcazioni previste, Inscritte dal Utnapishtim sotto la direzione di Enlil, in nome di Ea, sono state preparate in quei luoghi designati. Umal è il luogo di una possibile e inspiegabile 'caduta di un meteorite’ in Iraq, all’incirca durante lo stesso periodo in cui si pensa che l'Epopea di Gilgamesh è stata scritta. E' stato scoperto dopo che le paludi cominciarono ad essere prosciugate da Saddam Hussein a partire dal dicembre del 1992. Quello che un tempo era ricoperto ora è un letto asciutto al quale è stato dato il nome di Lago di Umm al Binni che fece parte di un ampio studio dell’Università di Witwatersrand a Johannesburg (http://www.itc.nl/library/P apers_2004 / tech_rep / woldai_umm.pdf). TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà Nel 2001 trovò notorietà in quanto si credeva che nelle paludi lì vicine si fosse schiantato un meteorite e che ciò potesse dare una spiegazione al diluvio biblico. Tuttavia, da tutto ciò è sorto un mistero, in quanto il cratere del sito stesso ha una 'forma poligonale', la quale differisce notevolmente dalle forme irregolari dei laghi circostanti. Quella del meteorite è solo una teoria, ma ci sono ancora molti misteri. "Le nuove immagini del lago asciutto mostrano un aspetto del lago molto asimmetrico: la metà meridionale ha margini dritti e smussati al lati del poligono, mentre nella metà settentrionale questi sono più irregolari. La parte sud-orientale del cratere è circondata da una serie di zone concentriche dentellate, che, apparentemente, sono simili a una coltre da espulsione provocata da impatti recenti di strutture terrestri e non. Tuttavia, il materiale da espulsione è totalmente assente nella metà settentrionale della struttura di Umm al Binni. Se il suo aspetto è dovuto all’impatto di una meteora, allora dovrebbe essere circondato dalla stessa coltre su tutti i lati, a meno che non sia il risultato di un impatto con un angolo molto basso e obliquo o una parte della coltre sia stata erosa". Quindi, ciò che abbiamo qui sono linee poligonali rette e una coltre di materiale da espulsione, che si estende solo in un'unica direzione invece che in tutte. La spiegazione di tutto ciò potrebbe essere che la meteora (o forse una navicella?) sia arrivata con un angolo estremamente basso e sia sprofondata nelle paludi. Quale spiegazione potrebbe esserci per le linee rette poligonali del cratere se si dovesse considerarla una struttura piuttosto che una meteora? Più avanti nella relazione, "Le immagini ad alta risoluzione mostrano la presenza, in una zona che era paludosa solo fino ad un decennio fa, di un paese o di un possibile insediamento, circa 4 km a est-nord-est della struttura di Umm al Binni, dal quale partono sentieri per tutte le direzioni, probabilmente causate da tracce di animali domestici". Dilmun, forse? E, comunque, che cosa vuol dire la parola 'Dilmun'? Nella cultura mesopotamica, Dilmun è citato come un luogo di 'materie prime e di rame’. In questo contesto, il rame significherebbe la memoria delle passate culture dell'uomo, poiché è questo rame che viene utilizzato per costruire capsule del tempo nelle quali si registra la preistoria dell'uomo sotto le pietre angolari dei templi sacri. Le materie prime potrebbero essere state costituite dai materiali restanti di qualcosa che è atterrato. Perché? Ricordate questa frase: Demolisci la casa. Costruisci una nave. Abbandona i possedimenti. Cerca la vita. Rinnega i beni mondani. Mantieni l'anima viva. Considerate, per esempio, cosa farebbe l'uomo se fosse costretto a fuggire su Marte. La nave verrebbe riciclata e utilizzata come materia prima per vivere nel nuovo ambiente. Sì, sarebbe stato doloroso, ma se la terra fosse distrutta, potete facilmente immaginare il dolore dell'anima che riempie le vostre vene, ma spetterebbe comunque a voi. Distruggereste la vostra nave, con le lacrime che vi rigano il viso, sacrificando quelle merci 'ultraterrene' allo scopo di mantenere viva l'anima dell’uomo. Dilmun è anche descritto come "il luogo dove sorge il sole". Forse un nuovo inizio? L'alba di un nuovo giorno? È anche il luogo in cui, secondo l’Epica di Enki e Ninhursag, è stata fatta la creazione. Tutte queste cose si aggiungono ai tempi di scrittura dell’Epopea di Gilgamesh. La caduta di qualsiasi sia stata la cosa venuta sulla terra con un angolo basso aveva angoli poligonali fortemente marcati e ha fornito le materie prime nel nuovo ambiente estraneo. Così abbiamo un impatto, le tavolette sostengono che è la TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà nascita di una nuova civiltà, le scoperte archeologiche provano la nascita della civiltà, le prime opere letterarie, così come la prima struttura sociale di potere che l'uomo conosca. Ancora più intrigante, abbiamo i fiumi Tigri e Eufrate che sembrano tube di Falloppio e tutta la zona che assomiglia figurativamente all’apparato riproduttivo di una donna. L’area della meteora può facilmente essere immaginata come l'area di incubazione in cui giaceva un uovo, così come si sviluppa nel grembo materno prima di essere espulso. Si tratta di pure coincidenze o qualcosa di più? Come se non bastasse, abbiamo trovato questa frase nelle nuove tavolette: Tra i due luoghi puri, la fonte delle acque pure Da dove Ghihon, Pishon, Tigri e Eufrate scorrono Consacrando la terra e il popolo in un bagno di purificazione. Queste acque pure, forza sostenitrice della vita, si stanno prosciugando. I possenti fiumi sono in secca Ora, è la polvere a scorrere in quei luoghi. Laddove i fiumi possenti una volta scorrevano, regna la polvere in quei luoghi. E adesso abbiamo l'equivalente della vita reale che mi dà i brividi anche adesso che lo leggo per la decima volta, soprattutto perché è stato fatto nella stessa zona citata dalle tavolette: Saddam prosciuga le paludi arabe: gli scienziati temono che le storiche zone umide dell'Iraq troveranno la distruzione nel giro di 10 o 20 anni; dice Andrew North E' stato a causa di questo prosciugamento che è stata scoperta la posizione del Lago Umm al Binni e le sue distinte linee poligonali. Un ritorno alle nostre origini. La vita è un cerchio dal momento che la 'scatola di rame con le tavolette di lapislazzuli' è stata aperta e noi riscopriamo le nostre origini. Per un ulteriore confronto mozzafiato, guardate un disegno sumero di Gilgamesh e la forma e la configurazione del cratere e del terreno circostante: Google Maps Dal momento che un segnale di intelligenza in un 'accidentale e casuale universo' si comincia a costruire uno schema, non riuscite a vedere questo schema che si manifesta in modo propositivo davanti ai vostri occhi? A questo proposito, è necessario chiedersi, perché mai il governo degli uomini, gestito da un gruppo di persone distinto, che non sembrano curare gli interessi del genere umano, tiene una cosa simile solo per sè? Perché nascondere le proprie origini? Anche se pensate che le nuove tavolette siano contraffatte, c'è da chiedersi, e se tutta la nostra storia fosse stata contraffatta in questo stesso modo? Questo 'schianto’ avvenuto nelle paludi della Mesopotamia intorno al 2700 a.C. sembra essere sia un evento immateriale (fittizio) che un evento materiale. Nella meccanica quantistica moderna, come pure nel pensiero new age, questo tipo di cose viene considerato come un collasso della funzione d'onda... ciò che rende un universo possibile, un universo probabile. Ed è stato fatto intenzionalmente. Siamo nati con un’amnesia sia come entità singolari che come popolazione. I custodi dei segreti delle nostre origini sono un club esclusivo. Questi sono i segreti celati (e ora rivelati) degli dèi provenienti dal cielo, come si sono integrati con l'umanità e come hanno lavorato per mantenere la loro linea di sangue pura. Tengono questi segreti per sé. Le loro risorse per fare ciò sono illimitate, in quanto essi sono in grado di produrre quelle risorse, senza conseguenze e non abbiamo la più pallida idea di come fermarli. Noi compriamo le loro merci, usiamo il loro denaro, TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà andiamo nelle loro chiese, preghiamo i loro dèi... e costruiamo i loro canali, nella speranza di poter nutrire la nostra famiglia su terreni che non saranno mai nostri, usando il denaro che è sempre svalutato, con il nostro eterno sudore e le nostre infinite lacrime. Quelli che vedono la vita in questo modo sono considerati i teorici della cospirazione. Non è un segreto che la verità sulle nostre origini ci è stata tenuta nascosta. Cercate di ricordare cosa eravate prima di questa vita in modo da poter affermare personalmente questa verità. E anche se non credete in dèi in carne ed ossa, a livello mitologico, i risultati sono gli stessi. Appena il 'nettare nero' della terra sarà finito, torneremo agli ultimi giacimenti per nutrirci, mentre la nostra civiltà e i nostri corpi crolleranno sotto il peso dell’età e dell‘usura. La rappresentazione frattale di noi stessi è pertanto riflessa all'interno della terra stessa e non esiste una cura per la nostra morte o la morte del nostro pianeta, se non quella di costruire una nave e andare via, perché è la morte stessa che equivale al collasso. Possedere la morte stessa ci permette di chiamare a noi l’artefice stesso della morte. Dovete chiedere a voi stessi: se io fossi Saddam, prosciugherei una zona paludosa? Dovete chiedere a voi stessi: se fossi un militare, riempirei sacchi di sabbia con artefatti e abbatterei muri di una città antica per fare un eliporto? Le vere intenzioni di queste attività sono celate dall’arroganza dell'uomo, ma questi atteggiamenti strafottenti sembrano avere un fine che va oltre il materiale... come se fossero rievocazioni di una storia pianificata, proprio come sono già stabilite le traiettorie delle stelle. Saddam è un attore, così come George Bush era un attore, una marionetta legata ad uno spago. Le persone sono educate a credere che è la reincarnazione il segreto degli dèi; per me, il vero segreto sembra essere come si possa collassare la funzione d'onda in particelle, come rendere puramente fantastici mondi che si fondono in una sostanza. Questo si è verificato nell’epica di Gilgamesh e questo stiamo vivendo ancora oggi. Saddam ha recitato la sua parte nel racconto per completare la storia con il prosciugamento delle paludi e la riscoperta delle nostre origini a Dilmun e il deposito di Umm al Binni. Si tratta di un 'crollo' che rende l'immateriale, materiale sia per le civiltà che per le particelle. Si tratta di un crollo di noi stessi che dobbiamo guardare oltre fino al momento in cui saremo infettati da qualcosa di esterno, dando alla nostra coscienza una forma confusa di infinito nella storia di qualcun altro. I racconti della reincarnazione, delle luci alla fine del tunnel, di ricorsione, sembrano intrappolarci in questa vita così come in quella successiva. Non so come questo posto sia stato costruito, se non attraverso una serie di menzogne e di morti. Non riuscite a vedere questo racconto, immateriale e materiale allo stesso tempo, coincidere sulle mappe dell’Iraq? Questo non è solo il racconto della nostra storia, gente! Esso è stato contagiato da una intelligenza esterna che è per il 50% costruita su un livello molto più elevato. Essi ci forniscono il linguaggio, le verità, i miti, la nostra conoscenza, i nostri soldi. Noi, pertanto, non siamo in grado di avere un pensiero, senza usare ciò che loro ci forniscono. Essi ci forniscono i racconti, le ricompense, gli organi, il nostro sviluppo genetico e tengono le chiavi segrete del collasso per loro. I nostri corpi sembrano essere stati progettati intenzionalmente per riprodursi, per lavorare e per fornire un sistema che ci impedisca di liberarci dalla dipendenza, come se sbattessimo la testa contro i muri della nostra prigione. Essi curano la nostra coscienza per tenerci qui. Inoltre, le lezioni che i nostri corpi tentano di darci hanno lo scopo di confondere e, come un cervo davanti ai fari di un’auto, una volta confusi, non ci rimane scampo. Quindi pensiamo che le persone non siano TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà abbastanza "logiche", abbastanza "emotive", abbastanza pratiche o nonpratiche. Dividiamo i nostri pensieri, da soli, ma non vinciamo. Essi vincono proprio attraverso questa separazione che noi stupidamente cerchiamo di emulare... loro, con i loro incroci di alberi genealogici puri. Questi, ai quali una volta abbiamo cercato di porre fine. Arrivarono inondazioni e, quando tutto fu finito, abbiamo raccolto i cedri del Libano (discendenti dalla genealogia degli uominidèi), li abbiamo portati in cima alle montagne, rivestiti di mirto (richiami per la rinascita), di canne (appartenenti alle storie delle nostre vite passate), bruciati come offerta, mentre pregavamo qualche dio, un qualsiasi dio, di ascoltare le nostre grida e rispondere alle nostre chiamate per la misericordia. Per favore, abbiamo pregato… dacci un altro modo, un'altra terra, un'altra nave, qualsiasi cosa, ma non questo. Salvaci da noi stessi. Qualcuno è venuto. Qualcuno ha risposto. E ancora una volta, ci è stato dato un ordine: costruite una scatola di rame con ciò che rimane, una capsula del tempo di segreti, sotterratela sotto la pietra angolare, tenetela nascosta, proteggete i misteri... e ricominciate da capo, tutti voi, nell’ignoranza, un‘altra volta. Voi, andate a sinistra, voi, andate a destra. Ci deve essere un qualche ordine qui intorno. Io proteggerò i vostri segreti. Li terrò al sicuro. Io solo saprò dove sono sepolti. Io solo terrò le chiavi della connessione che l’uomo ha tra i discendenti rossi ed i discendenti blu, seduti sulle corna di Gilgamesh, attraverso le ruote eterne del tempo intrise di nettare nero costituito da materiale scuro, organico e morto. Importante aggiornamento 13/09/2009 Queste due nuove immagini mi sono state inviate da Chris Darnell, e potrebbero aiutare a capire chi è veramente coinvolto con la costruzione e/o il vero recupero ed il conseguente insabbiamento dei fatti. Vi sottometto le prove in modo da permettervi di analizzarle. Lo stemma del Vaticano: Tutto ciò può essere solo una serie infinita di coincidenze? Non ne ho idea, ma scoprirlo sarà un altro dei miei umili sforzi. Io non sono uno studioso, ma detesto vedere storie come questa, ignorate. Qui c’è un'autorità che sta giocando con gli schemi. Ma chi e perché? Se tutta questa faccenda è ancora un’altra messa in scena, tanto di cappello al ciarlatano! Ha attirato la mia attenzione e, se avete letto tutta questa storia, ha attratto anche la vostra. Notate le chiavi. Perché sono le stesse che si trovano nel logo del 260° Battaglione Quartermaster, che ha presumibilmente scoperto (saccheggiato) gli artefatti che rivelano le nostre origini? E perché San Pietro impugna chiavi simili? Credo che se possiedi entrambe le chiavi del regno, puoi fare tutto ciò che diavolo vuoi. Jeff Behnke, autore di questo studio tematico, oltre che blogger è un ricercatore indipendente; collabora con il sito Paranormalnews. TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà Life after Life pag.111 Insegnare la vita Noemi Stefani Gli Angeli continuano ad insegnarci la vita e qui di seguito trascrivo quello che Loro desiderano portare alla vostra conoscienza. Sono due Serafini che con grande amore e inifinita pazienza si rivolgono a noi che vogliamo imparare e evolvere. Eppure questa vita non sarebbe così difficile da capire. TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà Quando siamo nel dubbio, quando ci troviamo in difficoltà, basterebbe soltanto chiedere il loro aiuto, chiedere di agire secondo la Volontà che tutto regola nell'Universo. Basterebbe leggere queste poche righe, che nella generosità del Padre e nel Loro intento di portarci verso il bene hanno voluto lasciarci. -Bisogna cambiare E' Serafino che si rivolge a noi… “AVE… Amati… Certe volte la vita non è come voi la vorreste. Mentre pensate a questo, noi vi suggeriamo cosa potete fare per far cambiare le cose. Avete mai sentito quella parte di voi sussurrare… Sentite quando vi viene detto ‘Fermati! Saresti perduto, non lo fare perchè costerà tanto caro…’. L'avete sentito? Sentite quando la vita vi propone cambiamenti, come siamo lì a suggerire, come siamo vicini a voi per sollevarvi dalle pene, sempre vi siamo accanto… sempre! Ma sarebbe meglio non vedere, non sapere quello che accade perchè per noi è difficile stare a guardare. Possiamo soltanto tentare di addolcirvi la vita, tentare di sollevarvi il cuore, di mettervi su nuovi orizzonti, per voi servirebbe vedere oltre. Se soltanto il vostro sguardo si potesse irradiare oltre a quei confini limitati, gli errori non accadrebbero. Pensate che sarebbe meglio sapere o meglio ignorare certe realtà? Da parte nostra il conoscere è perdere la possibilità di operare e poter salvare le anime sconfitte. (Infatti gli Angeli non possono interferire con il nostro destino, che rimane il nostro libero arbitrio) Siamo sempre pronti ad accorrere, chiamate e saremo lì, pensateci e sarete sollevati, non ignorate la notra presenza. Se ci escluderete allora anche noi avremo fallito, falliremo insieme. Per questo vi dico AVETE LA POSSIBILITA' DI CAMBIARE, AVETE IL TEMPO PER CAMBIARE, SEMPRE SARETE AL CENTRO DELLA NOSTRA ESISTENZA! METTETEVI AL RIPARO DA QUANTO SI PREANNUNCIA TENETEVI STRETTI A COLUI CHE TUTTO CREA… AVETE POSTO NEL SUO CUORE, AVETE TUTTO E NON LO SAPETE. Sopra di voi è già stato tutto preparato per guarirvi dalla vostra indolenza. State pronti, attivi e non temete il peggio. Nemmeno serpi saranno schiacciate per ora. Portatevi sopra con la mente, noi siamo lì AMEN” Noemi Stefani, sensitiva e ricercatrice della storia delle religioni, indaga da più di 20 anni nel paranormale ricevendo numerose conferme alle sue tesi. Le sue esperienze l’hanno portata a visitare i posti più misteriosi e ricchi di spiritualità della terra. Ha preso parte a convegni con tematiche riguardanti “ la vita oltre la vita “ facendo da tramite per le persone che erano in attesa di risposte e conferme dall’aldilà. Ha tenuto conferenze, intervenendo anche a trasmissioni radio (RTL 102,5) e televisive (Maurizio Costanzo show). Purtroppo questi messaggi serviranno soltanto a quelli che in tutta umiltà saranno disposti ad ascoltare e ad aprire il loro cuore al cambiamento. Cambiate quindi! Non pensate che l'umiltà sia una virtù dei deboli, degli sconfitti. L'umiltà apre tutte le porte, poichè è soltanto ascoltando che si potrà imparare e progredire. Ed è a nome di tutti loro che ti dico GRAZIE Serafino, grazie Angelo del Signore. [email protected] TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà Documenti pag.113 Le divinità da una sola gamba 2010 © David Amore “... per voi e per altri popoli solo recentemente la vita si è arricchita con le lettere e con le altre necessità culturali poiché, ancora una volta, dopo il solito periodo di anni, i torrenti celesti si sono riversati come una pestilenza, lasciando vivi soltanto gli uomini più rozzi e analfabeti. Così, avete dovuto ricominciare come i bambini, ignoranti di tutto quanto esisteva nei tempi antichi, qui o nel vostro paese...” Platone, Timeo Davide S. Amore SULLE TRACCE DEI “POPOLI DEL MARE Introduzione Nel corso dei nostri studi storico-religiosi eravamo più volte incappati in vari indizi che ci facevano ragionevolmente supporre la probabilità sempre più consistente del fatto che, perlomeno, alcuni contatti fra le due sponde dell’Atlantico – o cambiando prospettiva del TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà Pacifico, anche se la prima ipotesi ci sembra la più convincente per le ragioni che esporremo in seguito – si fossero avuti e stabiliti parecchio tempo prima di Colombo. Il testo, per noi fondamentale, che ci aprì gli occhi su tale prospettiva fu Il mulino di Amleto di H. von Dechend e G. de Santillana, dove viene dimostrato – ormai si può dire senza ombra di ragionevole dubbio, tranne che per gli stolti – come il corpus mitologico, specialmente in ambito cosmogonico, delle varie popolazioni del mondo, sottenda e derivi da un vero e proprio codice linguistico veicolante particolari informazioni di carattere astronomico sulle cause di vari sconvolgimenti planetari rimasti, evidentemente, impressi nella memoria collettiva dell’Umanità intera32. Ma presto c’iniziammo a rendere conto che c’era ben altro… Il contributo più importante offerto dal libro della Dechend e de Santillana è la scoperta e la spiegazione di alcune convenzioni tecnico-linguistiche dirette a codificare ed a veicolare nella mitologia le osservazioni astronomiche, in particolare, del moto precessionale della Terra. Le implicazioni derivanti dalla lettura de Il Mulino di Amleto ci portarono subito a investigare fra i vari miti dell’Umanità per constatare di persona ciò che ci veniva offerto, ma l’ipotesi iniziale, e cioè che il linguaggio comune dei miti derivasse semplicemente dall’osservazione di uno stesso fenomeno, ci sembrò quantomeno riduttiva. Tramite opportune comparazioni, peraltro già descritte dai nostri autori, le analogie risultanti mostrano il prodotto di un linguaggio ben preciso, per certi versi anche complesso, che difficilmente sembra il prodotto casuale di diverse comunità giunte alla stessa conclusione, ma, semmai, l’eredità di un’antica e presistente cultura “globale”33. Il grande storico delle religioni rumeno Mircea Eliade, che fra le altre cose ha curato l’introduzione del Mulino, era personalmente convinto della validità dell’impostazione dello studio in questione. 33 Convinzione rafforzata anche dal fatto che nelle stesse mitologie delle popolazioni prese in considerazione vi è quasi sempre uno o più riferimenti 32 Questa ipotesi, che si andava rafforzando sempre più nella nostra mente col trascorrere degli anni e delle ricerche, prese nuovo vigore quando in seguito c’imbattemmo quasi per caso, attraverso riviste del settore, nelle ricerche di “frontiera” del prof. Domenico Raso, il quale partendo da presupposti completamente diversi, di carattere paleograficoarcheologico e filologico, arriva ad ipotizzare l’esistenza, in un lontano passato prediluviano, di una cultura e, conseguentemente, di una civiltà comune dominante le due sponde dell’Atlantico – e forse anche oltre – che egli definisce con il termine di “Popoli del mare”, e li battezza, in onore ad Omero, Pelasgi34. A questo punto pareva che questa proto-cultura da noi ipotizzata stesse finalmente per materializzarsi dopo millenni di oblio, e leggendo le traduzioni offerte dal Raso dei reperti paleografici da lui studiati, sembrava proprio che questi leggendari “popoli del mare” fossero da identificare negli ipotetici autori del “codice nascosto” dei miti: in particolare alcuni schemi astronomici e narrativi ci parevano identici35. Inoltre un altro importante fattore ha attirato la nostra attenzione durante la nostra comparazione storicomitologica, vale a dire il fatto che le diverse divinità, o ad una “patria perduta”, in seguito ad una catastrofe naturale o ad una “punizione divina”, dalla quale provenivano i loro antenati o, in alternativa, i loro “eroi culturali”. 34 V. Odissea, XIX canto: “...όι διόι πελαςγόι...”. 35 Anche se, a dire il vero, questo filone di ricerca è agli inizi e quindi non possiamo dare al momento dettagli più precisi, che comunque saranno oggetto di prossime pubblicazioni TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà presunte tali, descritte nei miti, quasi sempre hanno le stesse caratteristiche fisiche e/o caratteriali e vivono le stesse vicende – fattore peraltro anch’esso già individuato in parte dagli autori de Il Mulino di Amleto. Ed è proprio ad una di queste incredibili somiglianze che il presente contributo è consacrato. Aziza: il Re della foresta Figura 1 Nigeria meridionale La tradizione dell’etnia Urhobo della Nigeria (fig. 1) comprendeva un vario ed affascinante pantheon, comprendente voluttuosi spiriti d’acqua, materne allevatrici, figure d’incomparabile saggezza, compassionevoli guaritori, potenti protettori, cosmiche madri di liberazione e varie forme di divinità femminili. Fra gli Urhobo le divinità presiedevano a nascita, agricoltura, prosperità, longevità, arte, musica, magia d’amore e pratiche occulte. Vi erano divinità che offrivano protezione da epidemie, morsi di serpente, demoni, maledizioni, morti premature ed ogni mortale pericolo, e vi sono persino divinità che offrono aiuto ai praticanti in ricerca di conoscenza, purificazione mentale, rinascita a un livello superiore e pieno risveglio spirituale. Ad ogni modo sarebbe a dir poco semplicistico pensare che tutto ciò fosse solo mero caos. Vi era difatti un ordine ed una struttura dietro a quest’apparente infinita profusione di divinità, più di quanto ogni mente ragionevole potrebbe esigere. Nel remoto passato, ancor prima della creazione del mondo, diverse divinità si scagliarono attraverso il cosmo in una vertiginosa effervescenza di gioia; erano i Signori della Velocità, “i rapidi nel movimento, i falconi di luce, la causa della straordinaria perplessità nella foresta urhobo, agili e brillanti”, come ebbe a puntualizzare una volta un anziano della tribù36. Fra questi spicca la figura di Aziza, una divinità nota per scatenare la sua rabbia e la sua furia su chiunque susciti la sua ira o osi metterlo alla prova. La storia di Aziza mostra uno degli aspetti più enigmatici dell’evoluzione del sentire religioso degli Urhobo, poiché una divinità di tale status ed elevatura, e che sembrava candidata per conservarla, improvvisamente perdeva la sua importanza fra gli uomini fino a non avere quasi più adepti al giorno d’oggi. Ciononostante, ancora in diverse aree del territorio urhobo, infiniti racconti di terrore sono intrecciati attorno a questa potente divinità. In alcune zone si crede che Aziza abbia una sola gamba ed una sola mano, V. O. J. Tonukari, Aziza: King of the Urhobo Forest, in www.urhobowaado.org, Abraka 2000, pag. 2. Ukrobogbowovo o EbereOhwo37, una sorta di goblin che non può essere visto fisicamente tranne quando decide di apparire in forma corporea a chicchessia. Un eroe fra i più rari, una sorta di sapiente mago che può agire decisamente e rapidamente. È descritto come “l’efficace in azione, il potere del movimento, colui che si muove con fierezza sui suoi sentieri”. Egli usa la sua immensa conoscenza non solamente per aiutare se stesso ma anche per alleviare le umane sofferenze. Secondo un altro anziano “noi siamo come un granello di sabbia nelle mani di Aziza. Ciò perché di solito Aziza porta con sè uno specchio con il quale, in un gioco di destrezza, riesce ad attirare la nostra ombra vicino a lui, indifferentemente dalla distanza. A questo punto egli guarda dentro i nostri cuori per vedere se le persone che si trovano a passare attraverso il suo territorio abbiano cattive intenzioni o meno. Se anche uno di essi covasse malevoli intenzioni, allora Aziza spingerà il suo bastone nel terreno e ciò lo porterà nei pressi di quella persona. Difatti egli vaga nella foresta in questa maniera. Egli fa ciò che è bene e ciò che è male. Egli fa del male ai malvagi e fa del bene ai buoni. Se tu ti ostini a tagliare l’albero dov’egli dimora, egli farà in modo che uno dei rami cada su di te…”38. Recenti studi hanno evidenziato che Aziza era un dio sensuale, con mogli e figli. Aziza è l’araldo dell’alba, il signore del fugace stato 36 37 38 Ibid., pag. 3. Cfr., Tonukari, Aziza, pag. 4. TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà transitorio fra la notte e l’alba39, un ulteriore attributo della sua grande velocità. È stato anche fortemente identificato come dio della soglia, guardiano del sacro e delle rare volte che alti livelli di coscienza possono essere raggiunti attraversando i confini che li limitano. Questo peculiare aspetto del suo potente potere è riconosciuto nel folklore urhobo tutte le volte che Aziza viene definito “il re della foresta così come della terra”40. In alcuni racconti è raffigurato come una divinità nera che prende qualsiasi cosa porti quel colore e che detesta ogni cosa che sia rossa41. Era altresì sostenuto che Aziza fosse il dio della gelosia e della difficoltà, che non voleva che la gente andasse a lavorare i campi durante i periodi di festa e i giorni di mercato; in tali giorni egli considera tutti i campi di sua proprietà. In altre zone si crede che Aziza cammini o viaggi in un insieme di luci: appena percepisce o apprende il passaggio di qualcuno nei suoi territori in piena notte, appare e riappare minacciosamente in uno sfavillio di luci multicolorate, dondolando in qualsiasi direzione il malcapitato giri o corra; e questo non per uccidere o infierire ma perché gode immensamente nello spaventare coloro i quali osano passare nel suo territorio di Molto probabilmente identificato nella “Stella del Mattino”, ovvero il pianeta Venere. 40 Cfr., Tonukari, Aziza, pag. 4. 41 Ciò è all’origine del fatto che i cacciatori urhobo ancor’oggi, per scaramanzia, non si azzardano mai a portare un cane nero con sè, pena il fallimento della caccia, o peggio la perdita del cane. 39 notte42. Gli Urhobo della zona di Agbon sostengono tenacemente che Aziza possiede un bastone al posto della gamba monca che, ovviamente, egli porta dappertutto; tale bastone è una delle sedi del suo potere e il suo oggetto più prezioso. Un’altra sede del suo potere giace nei suoi lunghi, intrecciati, filamentosi capelli, Ogberagha, di cui molti sostengono che possano essere usati per diverse cose meravigliose. Questi capelli hanno tre notevoli caratteristiche: rimangono sospesi in aria se gettati via, non affondano in acqua e possono muoversi da soli come serpenti, e difatti a quest’ultimi erano associati. Gli anziani del luogo riportano il fatto che, nonostante Aziza abbia una sola gamba, ha l’abitudine di far sì che il terreno tremi e vibri ogni qualvolta che egli si trovi a passare attraverso un villaggio situato vicino alla foresta. In tutta la loro storia gli Urhobo hanno avuto la tendenza di descrivere Aziza come una torreggiante, imponente figura, una sorta di gigante indossante un indumento bianco ed immacolato; inoltre fino ad oggi è visto come una divinità associata ai venti, in particolar modo alle trombe d’aria, e ciò poiché per mostrare i segni della sua presenza terrificante a chiunque fa in modo che gli alberi inizino a girare vorticosamente accompagnati da suoni assordanti43. Fin qui le caratteristiche della divinità ancora sopravvissute all’opera d’oblio del Cristianesimo, e dei suoi missionari, che attualmente risulta essere la religione di 42 43 Cfr., Tonukari, Aziza, pag. 6. Ibid., pag. 8. maggioranza della popolazione urhobo contemporanea, e tali notizie sarebbero rimaste in un file del nostro computer se non fosse stato per una nota intravista quasi casualmente su Wikipedia alla voce “Urhobo” (e in seguito stranamente fatta sparire44 – tant’è che la ribattezzammo la “nota fantasma”) destinata a fungere da campanellino d’allarme e causa prima dell’impulso a cui deve il presente contributo. Attraverso l’Oceano… La figura di Aziza così come descritta poc’anzi ci sembrava vagamente e stranamente familiare, quasi una sorta di deja-vu, ma non ci facemmo subito caso all’inizio. Fu la “nota fantasma” a ridestare il ricordo sopito in noi: un documentario metereologico sugli uragani, visto sul National Geographic, dove, fra le altre cose, si spiegava anche l’etimo della parola; “uragano” infatti proviene dallo spagnolo huracàn, a sua volta derivante dal nome Hurakan, traslitterazione del termine quiché-maya Jun Raqan. Ma la cosa più singolare, e che spiegava quindi il mio senso di deja-vu, è che questa parola tradotta letteralmente significa “una gamba”45! Ciò a conferma di un sospetto che da tempo chi come noi usa Wikipedia come trampolino di lancio delle proprie ricerce andava covando, e cioè che il portale sia veicolo di un sapere ‘addomesticato’ pronto a censurare qualsiasi nozione considerata ‘eretica’, anche se ben documentata. Ad ogni modo la suddetta nota citava testualmente a proposito di Aziza “...cf. the Aztec Tezcatlipoca, the Maya K’awil or God K, and the Carib Huracàn for similarities...”. 45 Il che veniva spiegato dagli autori del documentario grazie alla caratteristica forma del tornado che 44 TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà Andammo quindi a verificare il perché di questa particolare coincidenza, senza immaginare minimamente che di lì a poco avremmo scoperto che non la si poteva considerare più una semplice coincidenza, o quantomeno non una sola. Nella mitologia maya Jun Raqan era il dio del fuoco, del vento e delle tempeste e, secondo il Popol Vuh46, una delle quattro divinità che parteciparono a tutt’e tre i tentativi di creazione dell’Umanità47. Fu la causa anche della “Grande Inondazione”48 e pare che sembra, appunto, “su una gamba”. Spiegazione che personalmente consideriamo di una banalità sesquipedale e tipica di una visione etnocentrica che vede le popolazioni mesoamericane alla stregua di bambini ritardati. 46 Lett. “Libro della Stuoia”. Per la traduzione ci siamo serviti di A. J. Christenson, ed. Popol Vuh: Literal Poetic Version: Translation and Transcription, Norman 2004; per il commento invece L. Spence, The Popol Vuh: The Mythic and Heroic Sagas of the Kichés of Central America, London 1908. Secondo il Christenson la “stuoia” era una comune metafora maya per indicare la regalità (come da noi il “trono”) e l’unità della nazione. 47 V. M. Miller e K. Taube, An Illustrated Dictionary of the Gods and Symbols of Ancient Mexico and the Maya, London 1993, 2003, pag. 134. Cfr. Spence, The Popol Vuh..., pagg. 218-219, 232. 48 Una sorta di Diluvio Universale mandato per punire la seconda generazione di uomini per la loro mancanza di devozione. Cfr. Spence, op. cit., pag. 219, dove: “...to supply the deficiency the divine beings resolved to create mannikins carved out of wood. But these soon incurred the displeasure of the gods, who, irritated by their lack of reverence, resolved to destroy them. Then by the will of Hurakan, the Heart of Heaven, the waters were swollen, and a great flood came upon the mannikins of wood. They were drowned and a thick resin fell from heaven…”. V. anche abitasse le foschie ventose che aleggiavano sulle acque prima della creazione, in un regno celeste chiamato Cuore del Cielo49. Figura 2 Donna catturata dalla gamba di serpente del ‘Dio K’ (Ceramica Maya, Periodo Classico) Il suo nome, inteso nel senso letterale di “una gamba”, lo pone in relazione con un’altra divinità maya – o forse la stessa? – raffigurata nell’iconografia del periodo classico e postclassico: il “Dio K” (fig. 2), divinità del fulmine rappresentata con una gamba umana e con l’altra a forma di serpente50; e guarda caso in un passo del Popol Vuh Jun Raqan è chiamato “il Serpente Forte” e “Colui che Lancia con Violenza Al di Sotto”, in riferimento alla Popol Vuh, ed. Christenson, pag. 5 e segg. 49 Nel racconto lo stesso termine è usato a volte come una sorta di titolo per Jun Raqan, cfr. Popol Vuh, ed. Christenson, pag. 7. 50 V. D. A, Freidel, L. Schele, J. Parker, Maya Cosmos: Three Thousand Years on the Shaman's Path, New York 1993, pagg. 199-200. “Dio K” è la designazione proposta da SchellhasZimmermann-Taube su base iconografica, v. K. Taube, The Major Gods of Ancient Yucatan, pag. 25. Come attestato dal Codice di Dresda sarebbe da identificarsi, almeno a partire dal XVI sec., con Bolon Tzacab, mentre altri propongono, attraverso una lettura ideo-pittografica dello stesso, il nome di K’awiil, cfr. D. Stuart, Ten Phonetic Syllables, 1987, pagg. 13-16. sua presenza nei fulmini51. Inoltre alcuni studiosi suggeriscono che il nome possa anche tradursi con “gigante”52. Non ci fermeremo in questa sede ad indagare il ruolo di Jun Raqan nel contesto del Popol Vuh, e della mitologia dei Maya in generale, e poiché era stato più che altro il nome della divinità ad attirarci come api sul miele su tale circostanza ci orienteremo quindi ad indagare le origini mito-storiche di tale figura. Figura 3 Caraibi e Mesoamerica L’ipotesi più accreditata è che tale nome derivi dal dio della tempesta delle varie etnie native dei Caraibi (fig. 3), Caribi ed Arauchi in testa, Juracàn53. Ciò implica, ovviamente, non solo che quest’ultima figura sia da considerarsi più antica, e anche di parecchio date le distanze, della quasi omonima divinità quiché-maya, ma sottintende anche, presupposto che tali figure abbiano un’origine comune piuttosto che derivino da una divinità ancor Cfr. Spence, The Popol Vuh…, pag. 248. 52 Ibid., pag. 248, anche se le prove presentate a favore non sono del tutto convincenti. 53 V. K. A. Read e J. Gonzàlez, Handbook of Mesoamerican Mythology, Oxford 2000, pag. 200. Va notato come i Taìno delle Grandi Antille pongano la dimora di questa divinità, al pari degli Urhobo con Aziza, in una foresta pluviale a loro sacra chiamata El Yunque! 51 TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà più antica54, una diffusione a partire dalle coste atlantiche, da Occidente. Un’altra ipotesi, però, darebbe il merito dello sviluppo della mitologia quiché-maya, e più in generale di tutta la loro civiltà, al contatto che quest’ultimi ebbero con i Toltechi55, e ciò sarebbe provato dalle infinite somiglianze e similitudini che si possono ritrovare nel pantheon dei loro più diretti discendenti: 54 Gli indizi per presupporre un’origine del maya Jun Raqan dal caribico Juracàn, o quantomeno un’origine comune dei due, sono diversi: innanzitutto sia il primo che il secondo nome significa, nelle rispettive lingue, come già ricordato, “una gamba” o “su una sola gamba”, in secondo luogo ambedue presiedono alla tempesta o sono associati ad essa, sono raffigurati nell’immaginario delle popolazioni indigene pressappoco alla stessa maniera ed infine entrambi hanno a che fare con un grande diluvio, il quale avrebbe cancellato le antiche genti che popolavano le terre prima delle attuali popolazioni; cfr. Read & Gonzalez, Handbook of…, pag. 200 e segg. 55 Il Payne nel suo History of America, vol. II, pag. 373 e segg., ci ha ampiamente chiarito che il luogo d’origine dei Nahuatlaca (gruppo etnico da cui discendono tanto i Toltechi quanto gli Aztechi) era situato nella Columbia Britannica. Il celebre studioso è convinto che questi occupassero una posizione meridionale a quella occupata dagli Athapasca, e che molto probabilmente furono il primo popolo nordico ad entrare in contatto con le tribù coltivatrici di mais. La notorietà di questo cereale, ne dedusse Payne, si diffuse rapidamente fra le popolazioni settentrionali e li indusse ad affrettare la loro colonizzazione del Meridione d’America, ma a dir la verità non ci sembra sufficiente come incentivo per delle popolazioni nomadi e cannibali avverse ad una vita di agricolo lavoro. Ad ogni modo l’intera questione delle migrazioni americane in epoca preistorica, e della graduale civilizzazione grazie al mais delle popolazioni che si stabilirono nel suo habitat, è pregevolmente discussa in W. J. Magee e C. Thomas, The History of North America, Philadelphia 1908, vol. XIX. gli Aztechi. La figura di Jun Raqan infatti trova un’impressionante parallelismo con la divinità azteca chiamata Tezcatlipoca. Era una figura centrale nella religione di questa civiltà, uno dei quattro figli di Ometeotl, il dio supremo, ed era associata ad un’ampia gamma di concetti fra cui il cielo notturno, il vento notturno, gli uragani, il Nord, la terra, l’ossidiana, l’inimicizia, la discordia, il dominio, la divinazione, la tentazione, i giaguari, la stregoneria, la bellezza, la guerra e il conflitto. Il suo nome in lingua nahuatl è spesso tradotto come “Specchio Fumante”56 e allude all’ossidiana, materiale con cui venivano fatti gli specchi nella Mesoamerica e che era usato per rituali sciamanici. Aveva molti titoli che sottolineavano i diversi aspetti della sua divinità: Titlacauan (Siamo i suoi Schiavi), Ipalnemoani (Colui dal quale abbiamo vita), Necoc Yaotl (Nemico di Entrambe le Parti), Tloque Nahuaque (Signore del Prossimo e del Vicino), Yohualli Èecatl (Notte, Vento), Ome acatl57, Ilhuicahua Tlalticpaque (Padrone del Cielo e della Terra)58. Figura 4 Tezcatlipoca Nell’iconografia azteca (fig. 4) è di solito raffigurato con delle stisce gialle e nere dipinte sulla sua faccia e spesso viene mostrato con la sua gamba destra rimpiazzata da una sorta di bastone sormontato da uno specchio d’ossidiana o da un serpente – un’allusione al mito della creazione azteco in cui si racconta di come egli perda la sua gamba combattendo contro il Mostro della Terra.59 Alcune volte lo specchio è adagiato sul suo petto ed altre volte del fumo uscirebbe da tale specchio. Il nagual di Tezactlipoca, la sua controparte animalesca, era il giaguaro e il suo aspetto “giaguaresco” era la divinità Tepeyollotl (Cuore della Montagna).60 Conclusioni Da quanto potevamo capire, analizzando le sole divinità Per una discussione delle diverse interpretazioni del significato del nome Tezcatlipoca v. G. Olivier, Mockeries and Metamorphosis of an Aztec God – Tezcatlipoca, “Lord of the Smoking Mirror”, Colorado 2003, pagg. 14-15. 57 Questo nome, che deriva dalla sua data di nascita, in azteco “2 Canna”, e che è il primo giorno dell’anno azteco, è talvolta contratto in Omacatl. 58 Per un elenco degli epiteti di Tezcatlipoca e il loro significato v. Olivier, Tezcatlipoca..., Cap. 1. 56 In uno dei resoconti aztechi sulla creazione Quetzalcoatl e Tezcatlipoca unirono le forze per dar vita al mondo. Prima del loro atto c’erano solamente le acque e un coccodrillo mostruoso chiamato Cipactli. Per attirarlo Tezcatlipoca usò la sua gamba come esca e Cipactli la mangiò, quindi le due divinità lo catturarono e lo deformarono in modo da farne terre emerse tramite il suo corpo, cfr. Miller e Taube, Gods and Symbols..., pag. 164. 60 Ibid., pag. 164. 59 TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà mesoamericane di cui sopra, e comparandone figure e ruoli, sembrava di trovarci di fronte ad un caso di diffusione di una figura mito-storica, originatasi in una particolare regione dell’area da una civiltà remota, per poi essere passata di tribù in tribù, di popolazione in popolazione, di civiltà in civiltà che, dal canto loro, vi hanno aggiunto precipue caratteristiche più o meno diverse, forse per meglio identificarla nell’ambito del loro reciproco sistema culturale. O potrebbe valere anche l’ipotesi opposta: in altre parole, utilizzando una metodologia analoga a quella della comparazione linguistica, attraverso il confronto delle diverse peculiarità delle divinità amerindie sovracitate potevamo ricavarne una proto-figura o una proto-divinità, testimonianza di una civiltà scomparsa e a noi sconosciuta – ma che potrebbe aver lasciato traccia di sé nel mito – da cui esse parrebbero esserne derivate. Se poi aggiungevamo a tutto ciò quello che avevamo scoperto a proposito della divinità nigeriana precedentemente trattata, allora la seconda strada ci appariva ai nostri occhi la più sensata61. I personaggi che via via trovavamo conservati nei pantheon di culture e civiltà così distanti nello spazio e nel tempo, rivelavano caratteristiche ed attributi talmente simili che sembravano riferirsi ad una stessa figura. Eravamo partiti dalla figura di Aziza, per poi ritrovare quasi le Senza considerare che se confrontavamo la figura di Tezcatlipoca con quella di Aziza ci pareva di trattare quasi della stessa divinità, tali sono le caratteristiche comuni! 61 stesse caratteristiche dall’altra parte dell’Oceano Atlantico, nei Caraibi, e più ci addentravamo all’interno del continente e più ritrovavamo le stesse peculiarità in Juracàn, Jun Raqan, Hurakan, persino nel “Dio K” della tradizione maya classica; fino a quando, con nostra immensa sorpresa, una volta trovatici al cospetto del dio Tezcatlipoca – che fra le altre è anche la figura più “recente”, e quindi meglio documentata – ci sembrava di esser tornati al principio del nostro cammino, al punto di partenza delle nostre ricerche, un po’ come un serpente che si mangia la coda. Come abbiamo accennato poc’anzi ci sembrava possibile, comparando i vari aspetti delle divinità mesoamericane, ricavarne la figura di una “proto-divinità”, e questo perché credevamo più logico pensare ad un classico fenomeno di diffusione di tale figura primordiale. Le difficoltà, però, erano date dal fatto che più rifacevamo il percorso a ritroso, più ritornavamo a quella che era la nostra supposta zona d’origine, e più le testimonianze e le fonti riguardanti tale divinità si facevano scarse. Ma d’altronde ciò era solo un’apparente contraddizione in quanto la miglior documentazione, di norma, è associata ad un più elevato grado di civiltà e ad una maggior disponibilità di fonti: e il popolo azteco fu indubbiamente il più studiato dai cronisti e missionari spagnoli dall’epoca della Conquista in poi. Nulla di più facile che anche le altre divinità da noi esaminate avessero le stesse caratteristiche di Tezcatlipoca, solo che il tempo e la trasmissione orale fecero in modo che venissero tramandate solo le caratteristiche più “importanti”, con la conseguente perdita dei vari dettagli62. Inoltre più paragonavamo ulteriormente la figura di Aziza a quella del “ProtoTezcatlipoca/Jun Raqan”, da noi ricavato, e più la nostra ipotesi pareva rafforzarsi: entrambi avevano una sola gamba; presiedevano ai medesimi fenomeni ed elementi naturali (notte, velocità, tempesta, fuoco/luce,ecc.) ed agli stessi sentimenti umani (gelosia, discordia, conflitto, competizione, paura, ecc.); erano i custodi delle arti sciamaniche e divinatorie ed entrambi erano dotati di uno specchio, simbolo di tali arti; dimoravano nelle foreste; erano associati più o meno palesemente al serpente; determinavano i destini del genere umano; inoltre erano figure gigantesche63. E questo solo per citare le analogie evidenti! Ricavammo altre somiglianze tramite deduzione, anche se in questo caso si trattava di ragionamenti più che altro sorretti dalla logica e in attesa di essere comprovati da ulteriori documentazioni, ma non ci sentivamo di poterle escludere del tutto. Innanzitutto il fatto Ricordiamo che l’unica altra grande civiltà dell’area paragonabile a qualle azteca, i Maya, erano da tempo scomparsi all’arrivo dei Conquistadores, senza considerare quelle precedenti (Olmechi, Toltechi, ecc.). Se poi aggiungiamo a ciò anche lo scempio che i primi conquistatori spagnoli fecero dei documenti e dei codici dei nativi (lacuna che purtroppo non potremo mai colmare), allora ben si capisce il perché di tale dinamica dei fatti. 63 Ma questa era una caratteristica piuttosto comune fra le divinità antiche. 62 TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà che mentre Aziza era considerato Signore della Velocità, dal canto suo Tezcatlipoca era associato al giaguaro, simbolo per eccellenza della rapidità; inoltre se il primo annunciava se stesso con un fragor di tuono, il secondo era associato al fulmine; infine nei vari resoconti mitici sulla creazione Tezcatlipoca/Jun Raqan sacrifica la sua gamba al fine di creare l’umanita: ebbene una tradizione urhobo ci attesta che “quando Aziza vuol far di una persona un suo accolito la fa cadere in una sorta di trance e in questo stato alla vittima gli vengono offerte una serie di cibarie; a questo punto, se accetta, allora Aziza si taglia la gamba e la mano e gliela offre come segno della sua alleanza, e ciò in ricordo del fatto che così fece per sostentare i primi uomini…”64. Ma com’era possibile che ci stava capitando di trovarsi al cospetto di divinità, aldilà e aldiqua dell’Atlantico, le cui caratteristiche, fermo restando le diverse variabili – poche a dir la verità, sono talmente simili da esser totalmente imbecilli per giudicare il tutto come una mera coincidenza? E ancora, come lo potevamo giustificare considerato il fatto che tali figure sono talmente antiche da precedere di secoli, se non di millenni, la presunta scoperta dell’America? In parole povere, è possibile “interpretare” la storia umana in base ai racconti mitici e ai loro protagonisti? Avevamo piena coscienza di stare per entrare in un campo minato, poiché tale prospettiva non è ancora pienamente riconosciuta da alcuna disciplina accademica: né dall’antropologia né 64 Cfr. Tonukari, Aziza…, pagg. 3-4. dall’archeologia, dalla storia, compresa quella delle religioni, dagli studi umanistici, dalla letteratura comparata, e nemmeno dall’archeoastronomia; e se avessimo continuato a ipotizzare il livello mitologico come un resoconto storico di una o più civiltà perdute, avremmo sfidato le premesse fondamentali di tali discipline. Le maggiori obiezioni metodologiche ci sarebbero provenute da archeologi e antropologi, gli studiosi che si occupano della preistoria. I primi esaminano le tracce fisiche lasciate dalle società umane, mentre i secondi studiano principalmente i popoli di cultura “preistorica”, cioè senza scrittura. Essi cercano di stabilire le leggi e le teorie responsabili dello sviluppo culturale umano. Vari fattori, fra cui la raffinatezza dei modelli linguistici, hanno portato all’idea che lo studio dell’uomo primitivo possa essere una scienza. La metodologia più importante messa a punto per indagare tale prospettiva è il cosiddetto “metodo comparativo”, l’analisi di culture differenti come se si evolvessero isolate l’una dall’altra, che permette di stabilire in seguito le leggi dello sviluppo culturale. Naturalmente, vi sono varie considerazioni storiche, di solito raggruppate come “il problema della diffusione”, che intervengono a intorbidare le acque. Il diffusionismo è la trasmissione di elementi culturali – idee, tecniche e tecnologie – da una società all’altra. Purtroppo, le prove dei contatti verificatisi fra le culture contaminano l’integrità della base comparativa e rendono più arduo individuare le leggi dello sviluppo culturale. È per questo motivo che agli archeologi ed agli antropologi che scoprono prove di contatti culturali significativi, specie se a lunga distanza e quando la tradizione dice diversamente, viene dato il nome di “diffusionisti”, intendendo velatamente “sovversivi”, perché essi studiano i dati grezzi in prospettiva storica. Questo approccio mina alla base l’affidabilità di tali dati al fine di stabilire le leggi dello sviluppo culturale. Ciò non vuol dire che archeologi ed antropologi non si interessino alle questioni storiche, ma che essi enfatizzano la prospettiva teoretica a scapito della peculiarità degli eventi. Gli antropologi cercano di determinare i “modelli diacronici” del mutamento culturale, modelli derivanti dai dati etnografici e archeologici che descrivono tali mutamenti. Lo scopo è quello d’isolare le variabili e le dinamiche presenti, il tutto per giungere a formulare, un giorno, le “leggi” dei cambiamenti nelle culture. Tali modelli tengono conto delle prove della diffusione solo se le si può rintracciare “sul campo”, cioè archeologicamente. A proposito delle teorie, gli archeologi sono molto pragmatici: se un nuovo reperto obbliga all’enunciazione di una nuova teoria, essi si adeguano e tirano avanti65. È anche vero però che se la prova dell’elemento di diffusione è geograficamente distante e di primaria importanza, è assai improbabile che gli archeologi la accettino. Inoltre si è dimostrato empiricamente vero che più la diffusione è ritenuta significativa e di ampio raggio e meno numerose saranno le prove trovate “sul campo”66. Ciò è normale, dato che sulle lunghe distanze le idee viaggiano meglio dei manufatti. Nondimeno l’archeologia ortodossa interpreta la mancanza di reperti sul terreno come prova incntrovertibile della mancanza di contatti. Fin dalle origini lo studio della preistoria è stato fondato sulla premessa per cui il modello sosfisticato e ripetitivo delle civiltà primordiali – con i templi-montagne, le pietreombelico, i mondi sotterranei, gli strani pilastri e mugnai – emerse dalla natura umana e non dalla diffusione delle intuizioni di singoli individui. Secondo tale ottica, la storia dei popoli non rappresenterebbe altro che la manifestazione inconscia delle strutture della mente umana. Le nostre ricerche c’indirizzavano verso conclusioni opposte. Era chiaro, almeno per noi, che anche la divinità urhobo doveva necessariamente provenire dalla stessa matrice da cui provenivano le divinità mesoamericane; conseguentemente ipotizzammo che il punto d’origine di tale matrice doveva per forza di cose trovarsi a metà strada, e questo per una famosa “legge” del fenomeno diffusionistico, che vuole che le idee originarie si Per una maggior trattazione del problema v. D. H. Kelley, Diffusion: Evidence and Process, in Man Across the Sea, a cura di C. L. Riley, J. C. Kelley e al., Austin 1971, pagg. 60-65. 66 V. ad es. gli innumerevoli voltafaccia dell’archeologo Zahi Hawass a proposito delle antichità egizie, in particolare delle piramidi di Giza. 65 TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà conservino meglio alle estremità dell’area di diffusione piuttosto che al centro. Figura 5 Il supposto luogo d’origine dei Pelasgi è forse da qualche parte nell’Atlantico? Ci ritrovammo così nel bel mezzo dell’Oceano Atlantico (fig. 5), l’area d’origine di quei “Sovrani del Mare” pelasgici, tanto cari al professor Raso che così abilmente ce ne aveva dimostrato l’esistenza attraverso i “suoi” reperti paleografici67, e che ci sembrava, a questo punto, di averli rintracciati nei meandri del racconto mitico e dei suoi protagonisti. Questi possenti uomini, che a causa del loro navigare per l’oceano sarebbero stati destinati a scoprire, forse per primi, le leggi astronomiche che regolano il moto del sistema solare, in particolare del nostro pianeta, avrebbero poi condiviso tali conoscenze con le popolazioni con cui vennero in contatto, le quali le tramandarono grazie all’espediente letterario del mito, in un’epoca in cui la scrittura (con falso-figurativi, pittogrammi e simbolismi più o meno stilizzati) stava muovendo i primi passi e non aveva tutta quell’importanza che avrebbe avuto in futuro. I “popoli del mare”, con la loro cultura impregnata di simbolismi geograficoastronomici (“croci”, “serpenti”, “dischi solari” e “fasi lunari”, “sciacalli” e figure più o meno antropomorfizzate), avrebbero quindi trasmesso tutto questo bagaglio alle nascenti civilizzazioni delle due sponde dell’Atlantico; e forse i vari Kukùlcan, Quetzalcoatl, Viracocha, Akpobrisi, gli stessi Orisha della tradizione yoruba, sarebbero tutti provenienti da questa antichissima talassocrazia, e finanche le figure da noi trattate – Aziza, Jun Raqan, Tezcatlipoca – potrebbero aver vantato la stessa origine. E se tutto ciò rispondesse al vero, allora la “preistoria” andrebbe sicuramente retrodatata, e di parecchio. [email protected] 67 Per una più ampia trattazione della problematica dei Pelasgi e delle loro testimonianze paleografiche in falsofigurativo v. D. Raso, La città della porta, ed. Kaleidon 2004; L’ippocampo. Memoria dei Pelasgi delle serre calabresi, ed. Laruffa 2007. TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà Confesso, ho viaggiato pag.122 Voci dall'altro mondo: gli Standshutzen Noemi Stefani TRENTINO - Val RendenaValle di Breguzzo Questa volta vi porto tutti in una valle dove la natura è rimasta selvaggia e incontaminata nella sua estrema bellezza. Qui gli orsi bruni si aggirano ancora indisturbati e la volpe e TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà l'aquila sopravvivono felicemente nonostante ci siano bracconieri e cacciatori tanto agguerriti. Grige rocce sulle cime, boschi di abeti e larici luccicanti al sole del mattino presto, quando ancora il respiro si condensa in una nuvoletta. Vene di acqua limpida scendono scrosciando dai fianchi della montagna per poi disperdersi nei prati. Poi troveranno la strada del torrente e andranno ad arricchirla. Il torrente Arnò è uno di questi e scende a valle a far sentire la sua voce. Se guardi fisso e fai attenzione vedrai le trote in trasparenza che guizzano a nascondersi da un masso all'altro. In una di queste valli, la Valle di Breguzzo, avviene un fenomeno tanto strano e almeno in apparenza inspiegabile. Ma non anticipiamo i tempi. Venite con me… Mentre per ora attraversiamo idealmente questi magnifici posti, il tempo fa un rewind e la memoria mi riporta alla mente una voce cara, quella di mio padre… Negli anni '40, in cerca di lavoro era emigrato dal Trentino per andare a Milano, in bicicletta, altri mezzi non c'erano. Milano non è certo il paradiso per chi viene dalla Val Rendena, ma almeno qui c'era il pane per i suoi cari. Pochi anni dopo, soltanto i benestanti possedevano un televisore. Tutti gli altri per vedere si facevano ospitare portandosi appresso una seggiola. Con occhi divertiti spiavo dalla finestra del terzo piano. Guardavo giù nel cortile. Si chiamavano tra loro quelle strane migrazioni del sabato sera e qualche volta mi aggregavo a loro. Andavamo a casa del vecchio calzolaio che gentilmente teneva sempre la porta aperta per tutti, perchè tutti potevano essere potenzialmente dei nuovi clienti… TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà Noi meno abbienti di solito dopo cena restavamo seduti a tavola ancora un pò a raccontarcela. Qualche volta si giocava a briscola, qualche altra si discorreva di come era andata la giornata. Rivedo mio padre che si teneva mezzo bicchiere di vino in mano, sorseggiava e parlava quasi tra sé... Era bello restare ad ascoltare fatti, misfatti, avvenimenti della sua vita, a volte divertenti, molte altre no. Rimpiango quelle storie che restavano appese nella sua memoria per ripresentarsi soltanto in qualche rara occasione. Era un piacevole crogiolarsi in quella specie di torpore che precede l'ora di dormire. Certe volte l'Angelin era contento e allora partiva con - “Quand che seri un fioulet…(quando ero un ragazzino)…” E via, a rammentare di quando gli abiti erano così pieni di pezze e rammendi da sembrare un arlecchino. Invece di vergognarsi, la sfida era di contarle con i suoi amici per vedere chi ne avesse avute di più. Raccontava come aveva sentito raccontare dai suoi vecchi, l'inverno intorno al fuoco. La stessa cadenza calma, le stesse storie che tenevano seduti i bambini e li facevano restare a bocca aperta ad ascoltare per almeno un'ora finchè qualcuno non crollava addormentato. TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà Spesso erano storie di guerra, della prima, quella grande. Il Sudtirol, ora Trentino Alto Adige, apparteneva all'Austria e quando fu il momento gli austriaci avevano passato il Brennero e invaso il territorio. Gli abitanti delle valli erano contadini e malgari (le malghe sono le stalle di alta montagna che ospitano le bestie nel periodo estivo) e sarebbero sopravissuti abbastanza bene a quella catastrofe se i militari non avessero razziato tutto quello che potevano per nutrire le truppe. Mio padre era un bambino, aveva sei fratelli tutti più piccoli di lui e tutti avevano una fame nera. Gli austriaci si erano accampati nel suo paesino. Avevano costruito una baracca in legno proprio tra il cimitero e la piazza della chiesa e l'avevano stipata di rifornimenti… Certi traffici di casse e materiali non erano sfuggiti agli occhi vigili dei contadini che ne parlavano a bassa voce. Una sera mio padre e un suo amichetto si erano nascosti nel campo e tra l'erba alta spiavano il soldato di guardia. Il fucile a tracolla, l'uomo era arrivato all'angolo della baracca,e si era voltato contro vento per accendere la pipa. La porta della baracca era rimasta aperta. Era arrivato un altro austriaco, e insieme avevano incominciato a bestemmiare in tedesco, a spintonarsi e a litigare tra di loro fino ad allontanarsi di quel tanto che bastava. La fame vera fa sragionare, e detto fatto, i due ragazzini erano corsi dentro la baracca e avevano trovato un tesoro. Molto più che monili d'oro, gioielli e pietre preziose. C'era tanto di quel cibo quanto non avrebbero mai osato immaginare. Senza pensarci un attimo, avevano afferrato qualcosa al volo. Dovevano soltanto riguadagnare l'uscita e tornare a nascondersi per i campi cercando di non essere scoperti e così fecero… Mio padre mise le mani su una cassetta di marmellata e fuggì. Intanto gli austriaci avevano smesso di litigare perchè si erano accorti del furto. Avevano incominciato a sparare in aria. TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà I due bambini ormai avevano raggiunto il prato, il buio era quasi la salvezza, ma sopra di loro fischiavano ancora le pallottole. Si erano accucciati tra il granoturco, fermi immobili per un pò come fanno le lepri quando sentono il cacciatore, finchè quelli non smisero. Papà era riuscito a portare a casa la marmellata e a salvare la pelle, ma non si salvò dagli scapaccioni del nonno quando gli chiese dove fosse andato a prenderla. L'esercito Austroungarico era formato dai soldati della compagnia Bezau del battaglione degli Standshutzen di Bregenz. Non erano truppe giovani. Per lo più si trattava di volontari e gente di una certa età. Spesso venivano utilizzati per servizi di presidio e di vedetta, trasporto a spalla dei rifornimenti per le postazioni situate ad alta quota. Servivano nei pattugliamenti ma spesso in azioni di combattimento vere e proprie difendendo i confini del Tirolo. La guerra del 1915-18 non era quella dell'Enola Gay, quando è bastato schiacciare un pulsante per sganciare l'atomica. Era la guerra "sporca" delle cannonate, e di quando erano finite le pallottole, dei corpo a corpo con la baionetta. Il nemico lo si guardava negli occhi mentre moriva sbudellato. Gli Standshuzen si erano barricati sopra le vette della Valle di Breguzzo. Le immagini sono originali tratte dal libro “Una cronaca di guerra” di Oswald Kaufmann, figlio di un soldato austriaco. Ci furono dei dispersi e tanti morti, tanto che l'Imperatore Francesco Giuseppe stesso fece costruire un cimitero monumentale a ricordo dei caduti nel paese di Bondo nel fondo valle. Contadini insomma carne da cannone. Sono passati tanti anni, loro non ci sono più, nessuno di loro. Oppure non è così? La valle di Breguzzo si può dire che non sia quasi mai abitata. Poche baite dove quasi nessuno si ferma a dormire. Per la strada le automobili sono una rarità. Si ascolta il rumore di sottofondo del torrente Arnò e con meraviglia dopo un pò come per magia si solleveranno delle voci. Sono cori alpini. Un solista canta e tutti gli altri seguono in coro. Bisogna farci l'orecchio. Ho notato che il fenomeno è molto più evidente verso il tramonto. La prima volta immaginavo fosse un coro degli alpini che proveniva da chissà quale parte della montagna. Pensavo, forse ci sarà qualche festa campestre… Ma dove? La mia sorpresa fu ancora più grande quando parlando con uno del posto mi disse …”Ma come? Non lo sai? Sono gli Standshutzen che cantano…”. Sono i ragazzi che a fine guerra non tornarono a casa e ancora cantano tutti insieme. Anche loro ormai sono diventati roccia nella roccia erba nell' erba, e acqua e fiori, anche loro parte di questa selvatica e magnifica Valle di Breguzzo. [email protected] TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà Luoghi Misteriosi pag.127 www.luoghimisteriosi.it La psicostasi o pesatura delle anime Isabella Dalla Vecchia Nel corso della storia i simboli “per eccellenza” della giustizia sono sempre stati la bilancia e la spada. La bilancia, con la sua simmetria e i bracci speculari è l’immagine del perfetto equilibrio e dell’equivalenza assoluta. TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà Con due pesi a confronto, essa non mente mai. A sua difesa interviene la spada, sinonimo di forza e di potere affinché si rispetti la Verità. Nella storia la bilancia è apparsa più volte, mantenendo sempre lo stesso significato: la Giustizia. Troviamo un importantissimo simbolo della bilancia nel Giudizio di Osiride del CULTO EGIZIO con il nome di “psicostasi” presente nell’ultimo momento del cammino nell’aldilà, dove l’anima del defunto viene giudicata al cospetto di Osiride. E’ il momento più incisivo del Libro dei Morti, che descrive le avventure dello spirito dell’uomo nell’oltretomba. Il papiro veniva posto all’interno del sarcofago, a volte le scene più importanti erano dipinte dentro lo stesso sepolcro. Era prerogativa del Faraone o comunque delle famiglie di potere avere un prezioso “Libro dei Morti” senza il quale difficilmente si poteva giungere al cospetto degli dei, a causa delle difficili prove e dei pericoli da superare. Il defunto veniva accompagnato per mano dal dio sciacallo Anubi verso la bilancia sul cui piatto veniva appoggiato il suo cuore mentre sull’altro già si trovava la piuma Maat, la Giustizia. Se il cuore era leggero come la piuma gli venivano spalancate le porte del regno di Osiride che, seduto al trono assieme a Iside e Nephtys, osservava tutta la scena. Se invece risultava più pesante, sarebbe stato divorato dalla bestia Ammit, un mostro somma degli animali più pericolosi allora conosciuti: leone, coccodrillo e ippopotamo. Il dio della saggezza Thot segnava il risultato su di un papiro, con la meticolosità di un notaio. Il Libro dei Morti raccontava sempre esito positivo, come a dimostrare che in vita quella persona si era comportata in maniera corretta. E’ davvero interessante il senso della vita per il popolo egizio che pensava solo a “collezionare” opere giuste e buone che sarebbero servite a oltrepassare il Giudizio finale e a rinascere nella Vera Vita. Purtroppo questo immenso tesoro era privilegio di pochi, solo di chi poteva permettersi una costosa sepoltura e imbalsamazione, perché per i più poveri, ahimè, c’era l’oblio. Anche nello ZOROASTRISMO abbiamo simili giudizi dell’anima. Lo spirito, dopo la morte corporale, deve passare un ponte chiamato “Chinvato Peretu”, sul quale vengono direttamente “pesate” le buone e le cattive azioni. Per i giusti il ponte diviene largo, per gli empi sottile come la lama di un coltello e impossibile da superare. La bilancia poi nel XV secolo la ritroviamo in mano ad una donna nella veste di Virtù e possiamo anche ritrovarla nelle monete romane del I secolo d.C. Nell’Antico Testamento è citata più volte. Nella Bibbia Giobbe esclama: “mi pesi il Signore sulla bilancia della Giustizia!”. Nel banchetto notturno di BALDASSAR (Dn 5) al profeta Daniele appare sulla parete la parola TEKEL ovvero “Sei stato provato sulla bilancia e sei stato trovato mancante”. TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà Nel testamento di Abramo in cui viene descritto il viaggio nell’aldilà, appare un angelo che regge una bilancia con la quale vengono pesate le opere buone da quelle cattive. Ma ciò che interessa la nostra ricerca è l’immagine della psicostasi nel CRISTIANESIMO a partire dal XII secolo. Questa volta è San Michele Arcangelo, incaricato direttamente da Dio a pesare le anime per separare quelle giuste da quelle peccatrici. Su di un piatto vi è lo spirito dell’uomo, nell’altra sé stesso come peso morale di tutte le sue opere durante la vita sulla Terra. Spesso nell’iconografia accade che questo piatto della bilancia venga abbassato di nascosto dal diavolo affinché con l’inganno si possa aggiudicare l’anima, ma interviene San Michele che rettifica la pesata allontanando il demonio con la lancia o con la spada, che interviene a difesa della Giustizia. Non possiamo di certo sfuggire al peso della nostra coscienza e non a caso l’anima è rappresentata con il lato più puro dell’uomo, un piccolo bambino ignudo, affinché nessun abito di re, imperatore, papa o vescovo possa interferire con la decisione finale. Attorno vi è sempre la presenza del paradiso e dell’inferno, nel quale Lucifero o un mostro demoniaco divorano le anime, similitudine incredibile con la bestia egizia AMMIT che ha esattamente lo stesso compito. San Michele, in quanto accompagnatore delle anime nell’aldilà e passaggio obbligato, aveva spesso l’onere di avere cappelle o chiesette dei cimiteri a lui consacrati. In Italia abbiamo purtroppo pochissimi esempi di psicostasi, ma in Francia la si trova quasi ovunque… ad Amiens, Autun, Bourges, Chartres, Parigi e in molte altre città. San Michele resta comunque il difensore dell’Umanità, colui che è a capo dell’esercito degli Angeli contro il Male. Il suo giudizio non ci deve spaventare in quanto lui è “dalla nostra parte”, è ovvio che ci difende quanto può, laddove la situazione è grave, neppure lui può rendere leggeri i piatti della bilancia… Di seguito elencherò le diverse tipologie di psicostasi riscontrate nel nostro paese. Il duomo di Cremona Esterno Psicostasi Si dice che Cremona fu fondata dal mitico Ercole che, tornando dall'Iberia dove recuperò i Pomi delle Esperidi, si riposò sul fiume Po e fondò un borgo che volle dedicare a sua madre, Alcmena. Il monumento più significativo è il Duomo, davvero splendido e unico nella sua particolare struttura che raccoglie un insieme armonico di più stili diversi, dal romanico, al gotico, al rinascimentale. Fu fondato nel 1107, ma fu completamente ricostruito nel 1117 in seguito al terribile terremoto che colpì la Pianura Padana. Interessante è l'interno della cattedrale per le raffigurazioni nelle volte a crociera nel transetto di scene del Vecchio Testamento, tra le quali il Cantico dei Cantici e il sogno di Giuseppe. Ma in un'ala laterale sono stati riscoperti antichi affreschi presenti sotto le mura dell'edificio, dove vengono rappresentate scene come la natività e l'incoronazione della Vergine. Ma un'immagine merita di essere osservata più attentamente delle altre, è la psicostasi o pesatura delle anime. Si vede S. Michele arcangelo con una bilancia in mano mentre pesa le anime dei defunti, per giudicare se l'individuo sia puro o peccatore. Non dev'esserci stato esito positivo, perchè sullo sfondo l'anima del malcapitato viene portata via dal diavolo. Ciò non ci sorprende, negli affreschi si tendeva a mostrare di più una fine tragica, per terrorizzare il credente e ottenere così una corsa redentrice in chiesa. TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà Chiesa di Santa Maria Assunta a Torcello (VE) Torcello, S.Maria Assunta – Giudizio Universale Psicostasi La basilica fu voluta dall'Orseolo nel 1008 circa, la facciata è in cotto e poche finestre consentono l'entrata mirata del sole per creare effetti interni di luci e ombre. Nella struttura di questa chiesa persiste il motivo simbolico fondato sul valore del numero sacro TRE, in rapporto al mistero trinitario. Il giudizio universale, un'opera maestosa a mosaico ricopre tutta la controfacciata, visibile solo se si percorre l'uscita, come monito ai fedeli dopo la messa, a ricordare la fine che attende tutti gli uomini. E' uno dei più grandi esempi di Giudizio figurativo intorno al Mille. La scena è divisa in due parti: nelle prime due fasce in alto è raffigurato il mistero della morte di Cristo e della sua Resurrezione, rappresentato secondo la tradizione bizantina con la Discesa agli inferi. Qui, Gesù vittorioso calpesta il diavolo e conduce Adamo prendendolo per mano; Eva è subito dietro vestita di rosso. Appena sotto nella mandorla, Gesù mostra le piaghe a Maria e al Battista che chiedono perdono per l'umanità, mentre ai lati gli apostoli e gli angeli siedono a giudicare il mondo. Accanto i cherubini con le ali tempestate di occhi, vicini alla sapienza di Dio e dalla mandorla scende un fiume di fuoco ardente che alimenta l'inferno in basso a destra. Ai lati due scene di resurrezione dei morti, a sinistra i defunti nelle bende escono dai sepolcri e a destra risorgono coloro che morirono nel mare. Subito sotto c'è la scena della pesa delle anime (Psicostasìa) dove un angelo pone sulla bilancia il bene e il male commessi dalla persona giudicata, e i diavoli cercano di far pendere la bilancia dalla loro parte A sinistra le anime e un giardino, con S.Pietro in possesso delle chiavi del Paradiso insieme all'Arcangelo Michele, il cui compito è accompagnare le anime nell'Aldilà. C'è anche il buon ladrone, in attesa e la Vergine che intercede per i peccatori. La frase finale dice "O Vergine commuovi con la tua preghiera Colui che è nato da Dio e purifica dal peccato", una sorta di speranza per chi, uscendo dalla chiesa si ritrova in un mondo fatto di tentazioni. Duomo di S.Maria Assunta a Gemona (UD) Vittima del terribile terromoto del 1976, il Duomo di Gemona è stato meticolosamente ricostruito in ogni dettaglio e a vederlo oggi non si direbbe mai che il suo interno conserva un’anima d’acciaio. Splendido il portale romanico del XII secolo, la cui lunetta riporta il Giudizio Universale, dove Gesù, tra i TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà simboli della passione, è accompagnato da Maria Vergine e S. Giovanni Battista. La scena è sovrastata da 9 nicchie che narrano le storie dell’Epifania, dove i protagonisti sono proprio i tre Re Magi. Ma ciò che balza all’occhio è l’imponente statua sulla destra di 7 metri di S.Cristoforo col Bambino, composto da ben 6 blocchi di pietra arenaria. Anche qui sulla facciata abbiamo l’immagine della psicostasi, in cui un diavolo pur di aggiudicarsi l’anima si appende ad uno dei suoi piatti! Ma nonostante questo la bilancia pende dalla parte di S.Michele Arcangelo a dimostrazione che non c’è giustizia che possa essere ingannata. Duomo di Gemona – Psicostasi (foto ACIM) La chiesa sorge all’inizio del XII secolo come tappa intermedia tra Colecchio e il monastero cistercense della Rocchetta, fu attivo fino al XIV secolo e principale punto di sosta per i pellegrini su una strada variante alla Via Francigena. La lunetta sopra il portale d’ingresso rappresenta la PSICOSTASI, ovvero la pesatura delle anime. Il Bene (rappresentato dall’Arcangelo Michele con la spada sguainata) e il Male (rappresentato dal demonio alato) sorreggono la bilancia e si contendono due anime, sottoposte a giudizio al momento del trapasso. Il diavolo però cerca di vincere con l’inganno: un primo demonio spinge la bilancia, mentre un secondo cerca di farla pendere dalla propria parte tirandola con un uncino. L’anima di destra invece è già condannata all’inferno. vie di pellegrinaggio per la circolazione della cultura nel medioevo. Essendo un tema in Italia molto raro è insolito trovarlo in due chiese così vicine l'una all'altra. Infatti lo ritroviamo a S.Thomas Becket a Cabriolo (PR), a pochi chilometri da qui. Chiesa di Thomas Becket a Cabriolo (PR) Esterno Chiesa di S.Biagio a Talignano (PR) Psicostasi Psicostasi Esterno La chiesa di San Biagio, ad aula unica coperta con volta a botte unghiata e presbiterio absidato, sorge su un colle, in un’alternanza tra prati e boschi in un meraviglioso contesto che richiama molto il paesaggio medioevale. La lastra è opera di un artista anonimo attivo nei primi decenni del XIII secolo, forse lo stesso delle Storie di Santa Margherita della vicina pieve di Fornovo (PR). Il tema iconografico della pesatura delle anime, poco frequente in Italia e invece abbastanza comune nelle chiese francesi e in quelle sul cammino di Santiago, testimonia l’importanza delle TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà Questa chiesa è dedicata a Thomas Becket, arcivescovo di Canterbury, che fu martire nel 1170 per volere di Enrico II d’Inghilterra. E’ importante evidenziare che la chiesa in origine era la cappella di una residenza (mansio) dei Cavalieri Templari. Nell’attuale edificio si possono distinguere due fasi costruttive: l’abside, che risale al XII – XIII secolo e la navata con la facciata, realizzate nella prima metà del XV secolo. Nel corso di un restauro sul lato sinistro dell’aula interna è emersa una fascia affrescata databile alla prima metà del Quattrocento. L’affresco, purtroppo rovinato per via di una serie di scalpellature, per favorire l’adesione di uno strato di intonaco steso successivamente (come ahimè è accaduto per molti affreschi divenuti poi irrecuperabili), rappresenta la Trinità e la pesatura delle anime. La Trinità è molto antica ed è raffigurata in una forma rara in Italia, perché rappresentata da tre angeli che consumano un pasto, richiamo all’episodio dell’Antico Testamento, un’iconografia decisamente più diffusa nelle chiese bizantine e ortodosse che in quelle cattoliche. In questo episodio Dio avrebbe fatto visita ad Abramo in sembianza di tre angeli che avrebbero “mangiato” nella sua dimora. L’altra immagine è la psicostasi, momento del giudizio universale in cui l’arcangelo Michele pesa le anime per distinguere quelle giuste da quelle malvagie. Accanto vi è una Crocifissione con S. Pietro e S. Giovanni Battista con i due committenti inginocchiati. Non è un caso che questi antichi e rari simboli si trovino proprio qui, un luogo sacro ai Templari, detentori della conoscenza mistica più profonda. La "Psicostasi" o pesatura delle anime, quel concetto ancora più raro e antico, proveniva direttamente dall’antico culto egizio, al quale i cavalieri templari erano molto legati, perché vero precursore del Cristianesimo, avendo Gesù trascorso la giovinezza in Egitto e essendo stato iniziato agli antichi culti di Iside e Osiride secondo molte fonti. Il Cristianesimo ha infatti molti legami simbolici con l’Egitto, la stessa vita di Osiride, il complotto e l’essere il giudicatore dei vivi e dei morti lo ha sempre messo in correlazione con la figura del Cristo. Duomo di San Giorgio a Ferrara Esterno Inferno – mostro che inghiotte le anime TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà La Cattedrale risale al 1135, è in stile romanico nella parte inferiore della facciata e in stile gotico in quella superiore. Sulla facciata è presente parecchia ricca vegetazione che richiama la vita; il suo intreccio, che ricopre l’intero edificio cristiano, riporta il concetto di Eden sulla Terra. Vi sono rappresentati parecchi animali che si intravedono tra le foglie di vite, simboli del creato. La chiesa è così la metafora di un immenso Albero della Vita. Al contrario, soffermandoci all’entrata della Cattedrale non possiamo non notare quanto spaventose siano le creature mostruose sulla facciata. Perché esseri così immondi si trovavano a guardia di un luogo cristiano? Forse per spaventare ed intimorire il credente oltre che per ricordargli che il male è sempre in agguato, pronto a corromperlo e a rubargli l’anima? Dopotutto le creature, i mostri, gli esseri oscuri e maligni sono concreti, reali, a volte anche più vicini a noi perché in agguato nell’ombra. Sono spesso immagini di un trascorso pagano e ricordano antichi dei distrutti dal Cristianesimo, che ha saputo trasformarli, rendendoli demoniaci e malvagi. Dopotutto per essere degni di entrare nel luogo sacro di una chiesa, bisogna anche essere in grado di sconfiggerli. Ecco che con le sue rappresentazioni della facciata S.Giorgio diviene un immenso espositore di “bene e male”, una cornice estesa attorno al concetto centrale del Giudizio Universale. Infatti proprio sopra il portale centrale si può vedere un'interessante loggia del 1250 ove si sviluppa il Giudizio Universale. Giudizio universale Sui lati del timpano i vegliardi, testimoni di tutto ciò che avviene. Chiesa di Santa Maria in Piano a Loreto Aprutino (PG) Psicostasi Sui pennacchi degli archi è possibile osservare il tema della Resurrezione con i morti che escono dalle proprie tombe e si dirigono verso l’arcangelo Michele con in mano la bilancia per la pesatura delle anime. Anche qui vi è lo spiacevole episodio che un piccolo diavoletto cerchi di far pendere il piatto dalla sua parte tentando di ingannare l’angelo e appropriarsi l’anima. Continuando la lettura, a seconda dell’esito della pesatura, gli eletti si dirigono in Paradiso e i dannati all’Inferno. L’Arcangelo è l’origine di due cortei che si dirigono verso le lunette laterali, le rispettive porte dell’aldilà. A destra vi è quella che conduce all’Inferno dove vi è la figura mostruosa di Lucifero che ingoia le anime dei dannati, scena notevolmente somigliante al mostro egizio Ammit che, sotto la bilancia della psicostasi, inghiotte il cuore impuro che non si è rivelato più leggero della piuma Maat. La porta di sinistra invece conduce al Paradiso con Abramo che accoglie nel suo grembo (seno) le anime dei giusti. Nel timpano soprastante vi è la figura del Cristo nella mandorla con ai due lati due angeli con in mano i simboli della passione e Maria e Giuseppe che inginocchiati chiedono perdono per l’umanità. TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà Foto da depliant Nasce come chiesa romanica anche se risulta purtroppo rimaneggiata nel XVI secolo. Ciò che la rende unica è lo splendido Giudizio Universale di grossissime proporzioni sulla controfacciata. E’ stato realizzato dall’anonimo “Maestro di Loreto”, con una rara tecnica pittorica, ossia l’unione dei colori alla cera calda affinché la consistenza e la lucidità dell’amalgama trasmettano una luminosità surreale all’intera opera. Domina la scena un Cristo nella mandorla tenuta da quattro angeli in volo. Appena sotto vi sono San Francesco, San Domenico, Sant’Agostino in ginocchio di fronte agli strumenti della passione. Ma la parte più interessante è il paesaggio nella fascia inferiore in cui, in un bellissimo e rigoglioso giardino, spicca al centro una rarissima rappresentazione del “PONTE DEL CAPELLO”. Sopra un fiume nero di pece dove si vede un’anima persa e portata via dalla corrente, vi è un ponte dalla struttura anomala, esso alla base è largo e procede con una scalinata per finire al vertice sottile come un capello. Attraversarlo è difficilissimo come si può notare dalle anime che cadono e tentano inutilmente di aggrapparsi. La stranezza di questa rappresentazione, unica nel suo genere, è la somiglianza allo ZOROASTRISMO che vede nell’aldilà questa stessa identica scena. A conclusione del “passaggio” vi è la figura di San Michele Arcangelo che attende le anime che sono riuscite a oltrepassare il ponte per giudicarle infine attraverso la psicostasi o pesatura delle anime. A destra di Gesù, a scendere, gli angeli dell’Apocalisse con le trombe e i cartigli per dividere i giusti dagli empi. In volo un angelo distribuisce le rose ai musicanti. Ai lati degli strumenti le schiere di beati e di Santi. Qui il ponte è identificato anche come “ponte del Purgatorio”, inteso come passaggio per la redenzione, oltre la quale vi è però la seconda decisiva prova affinché si possa raggiungere il giardino fiorito del Paradiso, ove vi è la Torre con all’entrata San Pietro. Attraversata la porta le anime raggiungono la terrazza dove possono danzare beate tra la musica e le rose degli angeli musicanti sopra di loro. Nell’estrema destra, ormai quasi completamente perduta, vi era l’immagine dell’inferno di cui è ben visibile un leone. Esiste un solo altro ponte in Italia simile e da poco scoperto, anche se estremamente rovinato, si trova a Castignano, nella chiesa di San Pietro Apostolo. Anche Alberigo da Settefrati nella sua Visio dal titolo “Viaggio nell’Oltretomba” ha parlato di un ponte specificando però che, se si cade da esso, non si finisce all’inferno, ma vi si rimane immersi fino al nuovo tentativo di superamento, come ad un’espiazione delle colpe, ponte per l’appunto del Purgatorio. Questo scritto è precedente alla Divina Commedia di Dante e presumibilmente ispiratrice di essa. Chiesa di San Pietro fuori le mura a Spoleto Morte del giusto (foto ACIM) TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà Fu fondata nel V secolo dal Vescovo di Spoleto, Achilleo, a ricordo del passaggio verso Roma delle reliquie di San Pietro; le targhe che ricordavano l’evento, oggi sono completamente perdute. Sorge su un’altura a sud della città; fu in parte distrutta per via di una guerra interna della zona, ma venne restaurata nel 1329. La facciata, mai toccata anche da rifacimenti successivi, rimane oggi uno degli esempi più incredibili e integri del romanico umbro. Morte del peccatore (foto ACIM) Essa è ricca di bassorilievi distribuiti a fasce sovrapposte che risalgono al XII e XIII secolo e il tema è il perdono misericordioso nei confronti di chi si pente e la punizione a chi superbamente non ammette la potenza di Dio. Anche in questo caso abbiamo un’autentica psicostasi o pesatura delle anime, per giunta in due scene sovrapposte. Nella prima parte, chiamata “Morte del Giusto”, si vede un uomo nel letto con San Pietro e San Michele al suo capezzale. Al centro la bilancia, con il diavolo che tenta di nascosto di far penderla dalla sua parte. Ma questa volta San Pietro se ne accorge e… gli tira le chiavi in testa! Il diavolo tiene in mano un cartiglio con scritto: “DOLEO QUIA ANTE ERAT MEUS” in questo caso l’uomo è stato salvato perché giusto e meritevole del perdono divino. La scena sottostante invece rappresenta la “Morte del peccatore” impenitente. Qui vi è sempre un uomo sul letto, ma San Michele si allontana lasciando lo sventurato in preda ai diavoli che lo sovrastano e lo gettano in una pentola che divora l’anima dell’empio. La bilancia in questo caso pende evidente dalla parte dei diavoli. Entrambi i bassorilievi sono realizzati con una notevole precisione dei particolari. Volti e panneggi emergono dal fondo rendendo la scena viva e movimentata. Attorno al portale vi è un’esplosione decorativa con colonnine, motivi geometrici e rosette alternati da simboli, quali il lavoro della terra rappresentato dall’uomo che spinge i buoi, i cervi che divorano un serpente, simbolo della sconfitta del male, due pavoni simbolo dell’immortalità e l’Albero della Vita che nasce dalla Croce che circonda il portale, simbolo nel complesso di entrata nel Paradiso. Epilogo A pesare l'anima non è più Ptah ma l'Arcangelo Michele, a giudicare non è più Osiride ma Gesù, a divorare l'anima non è più la bestia Ammit ma direttamente il Diavolo; ciò che è rimasta sempre la stessa nei secoli è l'anima dell'uomo, che in una o nell'altra religione si dovrà trovare di fronte al Giudizio Universale. Dopotutto “Giustizia” e “Giudizio” hanno nomi incredibilmente simili. www.luoghimisteriosi.it TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà