3) reverse logistics

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3) reverse logistics
CAPITOLO 3
IL PROBLEMA DEL RECUPERO DEI PRODOTTI:
LA REVERSE LOGISTICS
Negli ultimi anni è cresciuto l’interesse per il recupero dei prodotti a fine vita e di materiale
già usato, e questo sembra essere la chiave per sostenere una crescita continua della
popolazione e il conseguente aumento del livello di consumo, in un mondo in cui le risorse
sono limitate così come le capacità di smaltimento dei rifiuti. Da questo interesse si è
sviluppato il concetto di Logistica Inversa che sta gradualmente rimpiazzando quello di
economia a senso unico e il cui obiettivo è la gestione integrata dei prodotti a fine vita, in un
approccio ottimizzato del problema, evidenziando come spesso non sia corretto dare
preferenza alla discarica come miglior soluzione, sia dal punto di vista tecnico sia da quello
economico.
Inoltre, la politica ambientale dei principali Stati industrializzati sta aumentando le
responsabilità dei produttori verso l’ambiente e la sua salvaguardia. Molti Paesi, in
particolare quelli europei, hanno introdotto nella legislazione regole che responsabilizzano
le imprese verso l’intero ciclo di vita del prodotto. Nello stesso tempo, anche le aziende
stanno cominciando a cogliere le opportunità che questo flusso inverso di materiale può
creare, in termini di riduzione dei costi di produzione e accesso a nuovi segmenti di
mercato.
Poiché l’evoluzione del campo delle logistica inversa è avvenuta negli ultimi decenni, si può
notare come ci sia una mancanza di terminologia consolidata.
Nel caso specifico del termine “logistica inversa”, si può osservare che questo assume
diversi significati a seconda degli autori, dal momento che ogni autore ha avuto l’intenzione
di porre l’accento su un particolare aspetto di questa nuova disciplina.
In una delle prime pubblicazioni sull’argomento, ad opera del Council of Logistics
Management (CLM), la logistica inversa veniva considerata come:
“[…] il termine spesso usato per riferirsi al ruolo della logistica nel riciclaggio, nella
rimozione e nella gestione dei materiali pericolosi; una più ampia prospettiva include tutti i
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problemi relativi alle attività logistiche che derivano dalla riduzione, dal riciclo, dalla
sostituzione, dalla rimozione e dal riuso dei materiali”(Stoch, 1992).
Una definizione simile è stata data anche da Kopicki nel 1993. Stock e Kopicki sottolineano
quindi in particolare la riduzione dello spreco del materiale e indirizzano la logistica inversa
principalmente nel contesto della gestione delle attività riguardanti la problematica
ambientale.
In una pubblicazione precedente la logistica inversa veniva invece definita come:
“[…] il movimento di merce dal consumatore verso il produttore attraverso un canale di
distribuzione” (Pohlen and Farris, 1992).
Contrariamente alla prima definizione, Pohlen e Farris intendono porre in evidenza la
direzione del flusso dei materiali dal consumatore al ricevitore.
Negli ultimi anni la definizione del CLM è stata presa come modello e la definizione di
logistica inversa è stata modificata in:
“[…] il processo di pianificazione, di implementazione, di controllo dell’efficienza e dei
costi del flusso di materiale grezzo, dell’immagazzinamento di prodotti finiti e di tutte le
informazioni relative ad essi dal punto di consumo finale all’origine del prodotto con lo
scopo di recuperare il valore e la rimozione” (Rogers e Tibben-Lemke, 1999).
Nell’ultima definizione gli autori focalizzano l’attenzione sulla gestione del flusso di ritorno
che si configura, unitamente alla tradizionale catena logistica, come un ciclo chiuso (figura
3.1).
Nonostante le differenze che si possono individuare tra le definizioni, c’è anche un elemento
in comune tra esse: tutte e tre includono la nozione di flusso di materiale o di prodotti usati
che ritorna indietro dal consumatore finale al produttore iniziale.
Grazie alle definizioni che questi autori hanno dato, si può estende il concetto di logistica
inversa e utilizzare la definizione che Mortitz Fleishmann ha dato nel 2000. Questi sostiene
che: “la logistica inversa è il processo di pianificazione, di implementazione e di controllo
dell’efficiente ed effettivo flusso di ritorno e immagazzinamento di merce secondaria e delle
informazioni relative al flusso opposto alla direzione della tradizionale filiera logistica allo
scopo di recuperare il valore o di effettuare un corretto smaltimento” (Fleishmann, 2000).
Alla luce di questa definizione si possono individuare tre aspetti fondamentali:
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1. Non si possono considerare i sistemi logistici alla stregua di flussi monodirezionali e
la distinzione netta che ora sussiste tra flusso “in avanti” (forward) e quello “di
ritorno” (reverse) sarà destinata a scomparire e al suo posto prenderà piede una
visione olistica del problema;
2. La logistica inversa è riferita principalmente al flusso di materiale caratterizzato dai
cosiddetti beni secondari, ossia prodotti che hanno già terminato la loro vita utile
oppure il cui utilizzo originale si è reso impossibile, il cui ciclo di vita era però già
stato programmato. L’obiettivo è quello della massimizzazione del valore economico
che si riesce ad ottenere da questi prodotti, grazie a particolari tipi di recupero.
3. Il termine logistica inversa esprime in maniera molto efficace la prospettiva della
parte ricevente; proprio per questo motivo essa può essere considerata come una
specie di logistica “in ingresso” (inbound logistics)
Inoltre, come Stock e Kopicki, Fleishmann si riferisce alla gestione della logistica in un
contesto di recupero e/o rimozione; si può però notare che Fleishmann amplia il concetto di
merce secondaria, introducendo nella definizione, oltre ai prodotti già alla fine del ciclo di
vita, anche quei prodotti che non sono mai stati usati e che per questo, possono essere
considerati nuovi ma obsoleti. Rispetto a Pohlen e Farris, Fleishmann condivide la nozione
di direzione del flusso, anche se questa assume una eccezione un po’ più larga.
Infatti il flusso di ritorno non è considerato rispetto al solo consumatore e al produttore
originario, ma è esteso ad una qualsiasi altra azienda che cerchi di recuperare il valore del
prodotto: il flusso di ritorno può andare dal consumatore al produttore originale ma anche ad
un produttore concorrente o entrare in una catena logistica alternativa.
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Figura 3.1: Logistica inversa nel sistema logistico
Quest’ultimo aspetto lo troviamo anche nella definizione, sempre nel 2000, dell’European
Working Group on Reverse Logistics (Revlog): “…il processo di pianificazione,
implementazione e controllo dei flussi di materiali grezzi, semilavorati e prodotti finiti dalla
produzione, dalla distribuzione o dal punto d’uso al punto di recupero o al punto di
raccolta e distribuzione”.
Il punto di origine del processo non necessariamente deve coincidere con il consumo, come
anche la destinazione non è identificata con il produttore, ma coi vari punti della catena
logistica diretta. I due estremi diventano il punto di uso e quello di raccolta, selezione e
lavorazione. Inoltre la Logistica Inversa comprende il recupero, trasporto, sistemazione dei
beni, ma anche i dati finanziari e le informazioni sulla tracciabilità dei prodotti.
Infine nel 2006 la Reverse Logistics Association include nel processo inverso oltre alla
gestione dei ritorni, la riparazione, il servizio al cliente, la gestione del “fine vita” del
prodotto e l’esecuzione degli ordini.
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3.1 LA REVERSE LOGISTICS COME PARTE DELLO SVILUPPO SOSTENIBILE
Nel tracciare il quadro dello sviluppo della Reverse Logistics (RL), bisogna considerare
alcuni termini che erroneamente vengono spesso definiti come sinonimi della RL: Ecoefficienza, Eco-logistica, Waste Management, Green Logistics.
Si definisce impresa Eco-efficiente: “…quell’organizzazione economica che crea beni e
fornisce servizi a un livello competitivo di prezzo che soddisfi i bisogni umani e assicuri un
adeguato livello di qualità della vita, riducendo progressivamente l’impatto sull’ambiente e
l’intensità di utilizzo delle risorse nell’intero ciclo di vita del prodotto, assicurandone lo
sfruttamento alle generazioni successive, secondo il principio della sostenibilità
ambientale”.
Poiché questa definizione include tutti i processi e le attività aziendali, in primo luogo la
logistica, è nato il termine Green Logistics per indicare l’insieme delle attività volte
all’individuazione e alla minimizzazione dell’impatto ambientale di tutto il processo
logistico, anche se finora si è principalmente focalizzata sulla forward logistics.
Alla luce di ciò si può notare che c’è una differenza fra RL e Eco-logistica, dal momento
che la prima movimenta i prodotti dal punto di consumo a ritroso con lo scopo di catturarne
il valore o smaltirli in maniera profittevole, ma non necessariamente ricerca soluzioni a
minor impatto ambientale.
Tuttavia si è notato che la Reverse Logistics può essere vista come uno strumento dello
sviluppo sostenibile, permettendo di usare e ri-usare in maniera efficiente ed efficace tutto il
valore che è stato messo nel prodotto.
La RL si differenzia anche dal Waste Management, inteso come l’insieme delle attività di
raccolta e di lavorazione dei rifiuti, mentre i prodotti su cui si concentra la RL non possono
essere considerati rifiuti, perché sono forieri di successive valorizzazioni.
Alla luce di quanto detto, emerge che la RL non ha una connotazione strettamente
ecologica, ma è tuttavia di aiuto e stimolo alla realizzazione di una configurazione ecoefficiente delle imprese, che non può trascurare il crescente flusso inverso dei prodotti.
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3.2 IL CONTESTO DELLA LOGISTICA INVERSA
È possibile individuare quattro macro attività che caratterizzano il processo di recupero e il
reimpiego del prodotto a fine vita: acquisizione e raccolta, analisi e classificazione,
trattamenti specifici di ricondizionamento, ridistribuzione delle parti recuperate al sistema
produttivo o del prodotto rifabbricato al mercato. L’insieme delle quattro attività ben
delinea il campo di applicazione della rete logistica in esame (Figura 2.2) (Fleishamann, M.,
Krikke, H.R., et al., 2000).
Figura 3.2: Macroattività costituenti il processo di recupero e reimpiego del prodotto a fine vita
Da un punto di vista logistico, si può definire la rete in figura come una rete di distribuzione
molti a molti; la figura suggerisce una suddivisione della rete in due parti principali: in
primo luogo nella parte convergente vengono accumulati i prodotti usati da singole,
specifiche fonti che saranno inviati ad alcuni impianti di trattamento e recupero. Per questo
motivo la parte convergente viene definita “rete di recupero” (Fleishamnn, M., Krikke,
H.R., et al., 2000).
In secondo luogo, nella parte divergente, i centri di recupero sono collegati a clienti
interessati all’acquisto dei prodotti riutilizzabili o, eventualmente, a parti/componenti del
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prodotto recuperate. Fra le due reti vi è una fase di test, classificazione, trasformazione e
ricondizionamento del prodotto recuperato.
Di seguito verranno caratterizzate più in dettaglio le quattro macro attività precedentemente
elencate.
3.2.1 Descrizione del processo
Acquisizione e raccolta
La fase in questione è quella cui, potenzialmente, è legata la fetta più consistente dei costi
totali sostenuti all’interno di un sistema di logistica inversa; ad esempio, effettuare un
elevato numero di viaggi per raccogliere volumi anche poco consistenti di prodotto può
incrementare notevolmente i costi di trasporto da sostenere. Oltre alle non trascurabili
considerazioni di carattere ambientale, quindi, diminuire il numero di viaggi per il trasporto
dei beni recuperati agli impianti di trattamento è questione cruciale al fine dell’abbattimento
dei costi.
A tal proposito esistono una serie di possibili strategie da impiegare, che verranno analizzate
in seguito.
Test e classificazione
Il posizionamento dell’area di prova e classificazione ha impatto determinante sulla
successiva distribuzione dei beni/parti recuperate.
Disporre, infatti, di aree di test e classificazione dei prodotti il più vicino possibile ai centri
di raccolta consentirebbe di abbattere i costi di trasporto ed indirizzare in modo più oculato i
prodotti da recuperare alle varie stazioni di trattamento. D’altra parte esigenze di
manodopera specializzata e la necessità di effettuare investimenti consistenti in sistemi di
controllo del prodotto spingono alla centralizzazione delle operazioni presso i centri di
trattamento.
Ricondizionamento del prodotto recuperato
I sostanziosi investimenti in complessi sistemi di riciclaggio o ricondizionamento dei
prodotti recuperati condizionano spesso l’economicità dell’intero processo considerato.
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Inevitabilmente l’immobilizzazione di grossi capitali richiede il raggiungimento di elevati
volumi di prodotti da processare per abbattere i costi unitari e questo vuol dire mettere in
atto strategie di recupero che garantiscano il raggiungimento di tali volumi oltre che
l’abbattimento dei costi di trasporto.
Inoltre, l’integrazione di parte delle attività del processo di recupero del prodotto potrebbe
garantire economie di scala in termini di forza lavoro, organizzazione delle aree di lavoro,
investimenti in sistemi automatizzati per il trasporto e il trattamento del prodotto, anche se
verrebbe proporzionalmente accresciuta la complessità gestionale del sistema.
Ridistribuzione
La progettazione di questa area è molto simile a quella di una tradizionale rete di
distribuzione. La corretta gestione di questa attività, da un lato comporta l’abbattimento dei
costi, dall’altro prevede che vengano prese in considerazione e ottimizzate le accresciute
difficoltà gestionali che accompagnano le diverse soluzioni possibili. Possono infatti essere
utilizzati i canali diretti, distinguendo prodotti usati e nuovi, possono essere ricercati nuovi
mercati di sbocco, progettando una rete ad hoc, o ancora è possibile ricorrere a speciali
operatori che ricollocano i prodotti presso terze parti, a basso prezzo.
Queste quattro attività descritte, unite ad attori e funzioni, vanno ad integrarsi nella rete di
logistica inversa secondo lo schema riportato di seguito (figura 3.3).
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Figura 3.3: Attori, attività ed interconnessioni funzionali in una rete di logistica inversa
3.2.2 Dimensione del contesto della logistica inversa
Le situazioni in cui viene praticato il riutilizzo dei prodotti sono molto diverse e possono
essere classificate in base ad un certo numero di criteri come:
1. motivo di riutilizzo;
2. tipo di prodotto recuperato;
3. forma di riuso;
4. attori coinvolti;
5. tempo di ciclo.
1. Per quanto riguarda le motivazioni ecologiche ed economiche, si può
registrare la crescita dell’attenzione per la riduzione dello spreco di materiale nei
principali Paesi industrializzati, a causa del progressivo esaurimento della
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disponibilità di terreno per la costruzione di appositi aree di discarica e della
saturazione delle capacità di incenerimento dei rifiuti.
La regolazione ambientale è, infatti, uno dei motivi per cui la logistica inversa sta
avendo questo sviluppo; inoltre le aspettative dei clienti sulla salvaguardia
dell’ambiente stanno aumentando: un’immagine, per così dire “pulita”, è diventata
ormai un elemento distintivo per l’attuazione di strategie di marketing.
Non è solo per motivi ecologici però che le aziende si stanno prodigando
nell’espansione della logistica inversa, i motivi economici infatti sono presenti e di
grande importanza: cercando di riottenere il valore che è ancora all’interno di un
prodotto usato, revisionando i prodotti usati, riutilizzandoli come parti di ricambio
oppure vendendoli in mercati secondari, i costi di revisione possono essere minori di
quelli che si avrebbero nel caso di produzione ex novo.
I prodotti usati o recuperati sono visti come risorse ottenute ad un prezzo minore.
Infine le aziende riescono anche a prevenire che i concorrenti scoprano informazioni
importanti su un particolare tipo di prodotto: in questo tentativo si cerca di eliminare
potenziali concorrenti tra la produzione del nuovo prodotto e il suo recupero, ed è
ciò che accade, ad esempio, per le cartucce di stampante degli OEMs.
2. Se consideriamo il tipo di prodotto che viene recuperato, tra le voci in
grado di
caratterizzare lo stesso sono di sicura rilevanza la composizione, il deterioramento
del prodotto, le modalità d’impiego del prodotto.
Composizione
La composizione del prodotto, in termini di volumi e tipologia, prevede che le stesse
modalità di assemblaggio fra le parti influenzeranno le operazioni di ritrattamento, la
presenza di materiali tossici o potenzialmente esplosivi richiede il ricorso a trattamenti
speciali, le dimensioni del prodotto impattano sui costi di trasporto e movimentazione
(Goggin, K., Browne, J., 2000).
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Deterioramento del prodotto
Riuscire a valutare la condizione del prodotto restituito è determinante per stabilire quale
politica di recupero è più opportuno applicare. È necessario conoscere per quanto tempo è
stato adoperato il prodotto prima di essere stato recuperato (deterioramento intrinseco),
stabilire se esiste omogeneità di deterioramento fra le parti che lo compongono e quanto
velocemente decresca il valore residuo del prodotto (deterioramento economico).
Modalità d’impiego del prodotto
La fase di raccolta del prodotto è fortemente influenzata dalle modalità d’utilizzo del
prodotto recuperato. Luogo nel quale il prodotto è stato adoperato, intensità e durata di
utilizzo, manutenzione ordinaria delle componenti del prodotto, sono fattori da indagare per
meglio definire le attività da realizzare sul prodotto stesso.
3. Per le diverse forme di riuso, molti autori hanno accettato la catalogazione fatta da
Thierry et al. nel 1995; questa catalogazione (figura 2.4) comporta varie opzioni
quali:
- Riuso diretto: in questo caso si possono recuperare i prodotti senza effettuare alcuna
operazione prioritaria, fatta eccezione per pulizia e minor manutenzione. Di questa categoria
fanno parte i pallet, le bottiglie e i contenitori;
- Riparazione: lo scopo di questa azione è di restituire al prodotto quella funzionalità che
aveva in precedenza. Il prodotto non subisce particolari lavorazioni poiché ne vengono solo
sostituite le parti e i componenti usurati, e talvolta è possibile inserire componenti
tecnologicamente più avanzati rispetto a quelli precedentemente presenti nel prodotto,
consentendo in questo modo di ottenere prodotti migliori rispetto a come erano arrivati.
Di questa categoria fanno parte gli apparecchi domestici, i macchinari industriali e i
componenti elettronici;
- Riciclaggio: consiste nel recupero di materiale senza che questo conservi la sua struttura
originaria e nella possibilità di rigenerare il prodotto attraverso alcune fasi produttive. Di
questa categoria fanno parte il vetro, la plastica, l’alluminio e i rottami metallici in genere;
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- Rifabbricazione: si effettua lasciando al prodotto la sua naturale struttura e si cerca di
riportare la sua funzionalità al massimo grado, grazie ad operazioni di disassemblaggio, di
revisione e di sostituzione di parti non più funzionanti e non riparabili, che vengono testate
per verificarne la qualità e che, se risultano idonee, vanno a reinserirsi nella catena
produttiva. Ciò permette di ridurre la quantità di risorse impiegate, di ridurre i lead-time
della metà, di aumentare le opportunità di impiego per lavoratori poco specializzati,
favorendo l’economia di regioni che hanno abbondanza di questo tipo di manodopera e la
possibilità di riconvertire parti di impianto sottoutilizzate con bassi investimenti e pochi
rischi.
Di questa categoria fanno parte prodotti piuttosto complicati come motori o attrezzature per
macchine;
- Cannibalizzazione: il componente viene re-immesso nel ciclo produttivo per essere
riusato al fine di diminuire il bisogno delle industrie;
- Rimessa a nuovo: il prodotto è completamente disassemblato, fino a riuscire a testare e
controllare la qualità dei suoi componenti, che vengono rimontati su prodotti destinati alla
vendita. Il consumatore non percepisce che il prodotto che sta utilizzando non è “nuovo” al
100%, in quanto la natura della componentistica montata non è percettibile a chi usa il
prodotto, che resta comunque di qualità pari a quella garantita per un prodotto nuovo;
- Smantellamento: il materiale raccolto non è in nessun modo inseribile in produzione
(prodotti non riciclabili oppure componenti eccessivamente usurati o degradati) e viene
allora avviato alla discarica per essere interrato o viene trasformato in energia.
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Figura 3.4: Forme di riuso nella logistica inversa
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Le opzioni di riuso diretto e di riciclaggio sono considerate senza aggiunta di valore per il
prodotto, mentre per la riparazione e rifabbricazione si ipotizza che ci sia un valore aggiunto
nel prodotto che si otterrà alla fine del processo (tabella 3.1).
Tabella 3.1: differenza tra riparazione, rifabbricazione e riciclaggio
4 Per gli attori coinvolti e le loro rispettive funzioni una distinzione maggiore può
essere fatta se si considera chi effettua il riuso: se il produttore originale o un altro
produttore. Ciò comporta la nascita di vincoli sulla possibilità di integrare la logistica
diretta con quella inversa.
5 Quello che si intende per tempo di ciclo è il lasso di tempo in cui un prodotto rimane
con il suo proprietario prima che si sposti e diventi parte del flusso di ritorno (figura
3.5).
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Figura 3.5: Ciclo di vita di un prodotto
I tempi di ciclo differiscono in modo molto evidente in base al tipo di prodotto che si
vuole recuperare: da pochi giorni nel caso di un imballaggio a qualche anno nel caso
di apparecchi elettronici e/o elettrici. La durata di questo ciclo ha un impatto diretto
sulla fattibilità del recupero e sulle pianificazioni delle varie operazioni rendendo
possibili approcci revisionistici oppure integrazioni tra la logistica diretta e quella
inversa (figura 3.6 e 3.7).
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Figura 3.6: Modello concettuale per fattori della logistica inversa
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Figura 3.7:Schema di modello di logistica inversa con attori ed azioni principali
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3.3 CATEGORIE DI LOGISTICA INVERSA
Utilizzando gli stessi criteri usati per distinguere le situazioni in cui viene effettuata la
Reverse Logistics, si possono ricostruire un certo numero di categorie del flusso. A questo
proposito vengono definite le seguenti categorie, illustrate in figura 3.8, in cui, oltre ad
elencare i vari flussi, viene indicata anche la loro posizione nella catena logistica:
1. ritorno per fine uso;
2. ritorno commerciale;
3. ritorno per garanzia;
4. imballaggi;
5. materiali in eccesso.
Figura 3.8: Flusso della logistica inversa nella catena di fornitura
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1. Ritorno per fine uso
Il flusso per fine uso denota un gruppo di merci che sono disponibili al recupero alla fine del
loro ciclo di vita, ovvero al momento in cui non sussiste più un loro utilizzo. Di questa
categoria fanno parte anche i prodotti che vengono recuperati per fine contratto.
Il flusso di ritorno per questi prodotti avviene tipicamente tra i consumatori e i cosiddetti
waste processor e il tempo che intercorre tra il ricevimento della merce e il recupero totale
tende ad essere relativamente lungo. La rifabbricazione e il riciclaggio sono le opzioni più
importanti per questa categoria.
Un altro grande sottogruppo di questo flusso di ritorno è dovuto alla regolamentazione in
campo ambientale. In questi casi è il produttore originario che si fa carico del recupero del
materiale, ed è ad egli che spetta la responsabilità finanziaria anche quando il processo viene
delegato a terzi.
2. Ritorno commerciale
In questa categoria sono considerati i prodotti venduti con possibilità di ritorno, relativi
soprattutto ad acquisti online, richiami, comprendenti prodotti divenuti obsoleti a causa
dello sviluppo di un nuovo prodotto o prodotti richiamati dal produttore o dal rivenditore a
causa di cambiamento del portafoglio o errori di fabbricazione, e prodotti che ritornano
indietro a causa di una precedente transazione economica. In quest’ultimo caso il
compratore rende il prodotto al produttore originario in previsione di un rimborso.
Solitamente questi flussi avvengono tra i venditori al dettaglio e i loro fornitori e tra i clienti
e i venditori.
All’interno di questo ambito sono possibili diverse opzioni: finché il prodotto non è stato
utilizzato oppure, più in generale, non è difettoso, può essere rimesso sul mercato, rivenduto
direttamente oppure riusato. Inoltre si può usare questo flusso per studi economici sulla
domanda: infatti il ritorno di questo tipo segnala il più delle volte un calo della domanda che
deve essere controbilanciato da una modifica della produzione.
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3. Ritorno per garanzia
La categoria si riferisce a prodotti difettosi, prodotti che possono essersi rotti durante il loro
utilizzo (scarti di produzione) oppure durante il momento della consegna, parti di ricambio
per macchinari, prodotti che vengono riconsegnati per rischi di mancata sicurezza, prodotti
non ricercati, non venduti e non usati, ossia perfettamente buoni ma che vengono ritornati
dopo un utilizzo molto limitato, prodotti che si trovano sugli scaffali dei dettaglianti e che
non sono mai stati venduti, e infine consegne sbagliate, ossia prodotti rifiutati dai clienti
perché consegnati troppo presto o troppo tardi, contenenti difetti, come malfunzionamento
al momento dell’installazione o non conformi alle specifiche (colore/dimensione).
4. Imballaggi
Di questa categoria fanno parte le casse, le bottiglie in vetro, i pallet e gli scatoloni
riutilizzabili. Il recupero di questi prodotti è chiaramente economico in quanto non
necessitano di alcun tipo di intervento (se non pulizia o minore riparazione) e possono
quindi essere usati un’altra volta nell’arco di un breve lasso di tempo. Inoltre il loro
recupero appare abbastanza facile e veloce in quanto, una volta consegnata la merce che
contengono, sono già disponibili per un nuovo utilizzo. Tutto ciò richiede l’unificazione
dimensionale dell’imballaggio e l’unificazione delle prestazioni: la riciclabilità, ad esempio,
spinge verso il mono-imballaggio, costituito dallo stesso materiale o da materiali
ecocompatibili, in modo che, al momento della dismissione, questi non debba subire
ulteriori interventi, che possa andare in cartiera, per ricavare ulteriore carta, o alla
lavorazione delle materie plastiche.
5 Materiali in eccesso
L’ultima categoria della logistica inversa è data dal recupero di materiali in eccesso come
possono essere i rottami metallici. L’utilizzo totale di un certo tipo di materiale non è mai
quasi possibile; per esempio nei processi di taglio, di tornitura o di fresatura, questi può
essere recuperato e reintrodotto all’interno del ciclo di lavorazione. Allo stesso modo
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prodotti con specifiche particolari non adatte al mercato possono essere rilavorati per
ottenere determinati standard di qualità (difetti di produzione).
3.4 FORWARD LOGISTICS VERSUS REVERSE LOGISTICS: LE PRINCIPALI
DIFFERENZE
Alla luce delle definizioni di logistica diretta e inversa date sopra, si deduce che il flusso
inverso è molto diverso da quello diretto, come si può notare dalle figure riportate sotto. La
figura 3.9 mostra il flusso informativo per una tipica situazione di logistica diretta nel caso
di vendita al dettaglio, la cui catena è schematizzata in figura 3.10. Quando c’è richiesta di
un prodotto, questi è mandato prima ad un centro di distribuzione (Distribution Center) e
poi ad un magazzino del venditore al dettaglio. Ad ogni livello della rete schematizzata, le
previsioni possono essere usate per sapere quale sarà la domanda e soddisfarla, e si riesce a
riconoscere il prodotto in entrata.
Sales
Plannes
forecast
shipments to
Shipment to DC
DC
Put away
Actual sales
Shipment to store
at store
Product flow
Information
flow
Figura 3.9: Flusso di informazioni e prodotti per la logistica diretta
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Vendor (venditore all’ingrosso)
Retailer (venditore al dettaglio)
Costumer (cliente)
Figura 3.10: Attori interessati in un contesto di vendita al dettaglio. In linea continua il flusso diretto,
mentre in linea tratteggiata quello inverso
Al contrario, il flusso della logistica inversa è molto più reattivo, con molta meno visibilità.
In figura 3.11 è mostrato il flusso, relativo sempre a canale di vendite al dettaglio, per la
logistica inversa. Quando un consumatore riporta un oggetto ad un venditore, il magazzino
di questi raccoglierà tutti gli oggetti che verranno poi spediti ad un impianto principale di
recupero. Le informazioni relative al prodotto e al suo stato dovrebbero entrare nel sistema
informativo del venditore che le dovrebbe comunicare al centro specializzato di recupero.
Purtroppo, questa raccolta di informazioni avviene molto raramente oppure le informazioni
sono spesso incomplete o mancanti.
Teoricamente il DC per la logistica diretta potrebbe essere utilizzato per processare anche i
prodotti della logistica inversa, integrando così le due catene, ma si è notato che c’è una
grossa tentazione ad usare il personale della logistica inversa per svolgere funzioni della
“più importante” logistica diretta ogni volta che la domanda subisce dei picchi verso l’alto.
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Sortation
Product
to
&
“milk
disposition
disposition
decision-
destination
making
run”
collection to
Collected at
DC/CRC
store
Return
Customer
information to DC
returns item
Product flow
Information flow
Figura 3.11: Flusso di informazioni e prodotti per la logistica inversa
È importante sottolineare che la Reverse Logistics non costituisce l’immagine speculare
della Forward Logistics, dal momento che i diversi flussi fisici e informativi richiedono
attività di previsione e gestione disomogenee. Per questo motivo molti autori preferiscono
separare la gestione dei due flussi, affidando questi a personale indipendente e differente,
sebbene entrambi vadano condotti in maniera simultanea e con pari priorità.
3.4.1 I principali elementi di confronto
Difficoltà di previsione
Molti autori hanno affrontato il problema e sono tutti d’accordo nel sostenere che la
previsione nella logistica inversa è molto più difficile che in quella diretta a causa della
maggiore incertezza (Guide et al. 2000, Flipper 1995).
Nella rifabbricazione, per esempio, non è necessaria solo la previsione della domanda del
cliente, ma anche la previsione sulla disponibilità dei materiali di ritorno.
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Nel contesto di vendita al dettaglio, le pianificazioni future e le previsioni sono rese molto
difficili a causa del fatto che chi inizia la catena logistica sono i clienti finali.
Nonostante queste grandi diversità, sono stati osservati alcuni trend: i flussi della logistica
inversa sono simili a quelli della diretta ma con qualche ritardo. Quando vengono schedulate
le vendite e le promozioni, i dipartimenti di marketing lavorano già con una logistica diretta
che possa soddisfare la domanda così creata. La logistica inversa può beneficiare di queste
informazioni: quando infatti i CRC si aspettano una grande quantità di materiale che deriva
dall’aumento della domanda, questi possono iniziare a contattare i brokers per l’eventuale
vendita di prodotti derivanti dal flusso di ritorno. Un’ulteriore complicazione per la
previsione in questo contesto è data dai diversi tassi di ritorno dei prodotti.
Trasporto uno a molti
Una delle maggiori differenze tra la logistica forward e quella reverse è il numero di
destinazioni e di arrivi. Come notato da Fleishmann et al. (1997), mentre la logistica diretta
consiste principalmente nel movimento di prodotti da un punto d’origine a molti punti di
arrivo, il flusso inverso della logistica consiste nel movimento opposto, da più origini ad una
destinazione. In teoria, combinando la logistica diretta con quella inversa si dovrebbero
ottenere dei risparmi interessanti: perché mandare un camion a prendere i prodotti da
recuperare se ne ho mandato uno nello stesso punto per consegnare della merce?
Qualità ed imballo dei prodotti
Se si escludono i danni derivanti dal trasporto, i nuovi prodotti arrivano con un imballo
completo che li protegge durante tutte le sue movimentazioni, ne facilita il trasporto e ne
garantisce la qualità. I nuovi prodotti possono essere pallettizzati in maniera semplice,
accatastati ordinatamente e pronti per la spedizione, e, caricati su un pallet o su un camion,
tendono a non sganciarsi e a rimanere saldi.
Per contro, nella logistica inversa, molti prodotti potrebbero non avere un imballo completo.
Anche se il materiale non è stato venduto e torna dal retailer, qualche parte dell’imballo può
essere stata danneggiata durante il trasporto, oppure può essere stata aperta da qualche
Appunti per il corso di Logistica Industriale – prof. L. C. Santillo
24
cliente curioso che voleva esaminare il prodotto prima dell’acquisto, e talvolta l’imballo non
racchiude il prodotto corrispondente.
I nuovi prodotti, poi, sono spesso spediti in grandi quantità e sono sistemati saldamente su
pallet, mentre i prodotti di ritorno sono solitamente di numero minore, con conseguente
riduzione delle spedizioni. Con queste minori quantità è molto difficile creare un pallet che
sia usato completamente, così accade che la maggior parte dei pallet che arriva ai centri di
recupero è una pila non organizzata di prodotti e spesso tenuti insieme da una corda. Inoltre,
visto che i prodotti non sono imballati correttamente, è molto più facile che si danneggino o
si rompano nel trasporto e risulta difficile immagazzinarli, anche se dello stesso tipo, con
conseguente aumento dello spazio necessario e dei costi di stoccaggio.
Nel campo della logistica diretta un vantaggio è dato anche dalla presenza di codici
identificativi sull’imballo che segnalano il numero di prodotti stoccati.
Se il prodotto non è imballato correttamente, il personale destinato alla funzione di ritorno si
troverà in difficoltà nel determinare il numero di prodotti e il produttore originario
(difficoltà di magazzinaggio).
Destinazione ed itinerario non chiari
Quando un prodotto arriva ad un DC della logistica diretta, è molto probabile che questi
verrà mandato ad un DC di un cliente; quale cliente e quando verrà determinato in base alla
richiesta. Diversamente ad un DC diretto, nella logistica inversa un impianto deve
consumare un buon lasso di tempo per sapere dove deve spedire un particolare prodotto.
Prezzo non uniforme
Siccome i nuovi prodotti hanno tutti la stessa qualità, il prezzo che il cliente pagherà per
acquistare il prodotto dovrebbe essere uniforme tra tutti i venditori. In realtà questa
omogeneità dei prezzi non è sempre riscontrata. In modo simile, i venditori vendono lo
stesso prodotto ai clienti ma a prezzi diversi in base alla quantità che viene loro ordinata.
Quando un’azienda che si occupa dei recuperi ha ricevuto e identificato un prodotto, deve
determinare a quale compagnia venderlo. I CRC sanno già dall’esperienza passata che
prezzo i brokers pagheranno per un determinato prodotto in determinate condizioni. Il
Appunti per il corso di Logistica Industriale – prof. L. C. Santillo
25
prezzo potrebbe essere differente per varie ragioni: se il broker ha già in mano una buona
quantità di materiale, potrebbe non essere interessato ad acquistarne di più.
Inoltre le aziende che vendono ai brokers devono organizzare i materiali in lotti simili e in
condizioni simili, e, dato che il flusso di ritorno dei prodotti non è quasi mai in condizioni
simili ad un nuovo prodotto, i brokers vogliono spesso visionare il materiale prima
dell’acquisto. Questo riduce il numero di brokers che possono fare offerte sul lotto di
prodotti.
Differente importanza della velocità
Nella logistica diretta è molto importante soddisfare la domanda del cliente il più
velocemente possibile, affinché questi sia soddisfatto. Se infatti il cliente non è soddisfatto,
si va incontro a costi non facili da misurare.
Al contrario, nella logistica inversa, l’ultima destinazione dei prodotti è la vendita ai brokers
che però non hanno fatto alcun ordine, per cui, se il processo di ritorno sarà lento, questi non
potranno lamentarsi. Inoltre più a lungo un prodotto sta nel CRC, più alto è il rischio di
danneggiamento e il suo valore tenderà a diminuire più velocemente.
Differenze nella natura e nella visibilità dei costi
Nella logistica diretta i costi sono ben definiti e conosciuti. Molti sistemi di rilevamento
costi sono stati sviluppati per ottenere un costo finale che rappresenti il valore aggiunto
durante il trasporto. Nella logistica diretta il costo di emanare un ordine è un fattore molto
importante nello stabilire quante volte lanciare la produzione e quanto debba essere la
produttività.
Nella inversa, i costi di movimentazione negli impianti sono molto più alti a causa di
spedizioni più piccole che provocano uno spostamento di materiale molto diverso e quindi
un maggiore costo di immagazzinamento. I prodotti recuperati hanno un valore minore di
quelli nuovi e quindi i costi di stoccaggio dovrebbero essere minori per la logistica inversa,
anche se bisogna tener presente fattori quali danneggiamenti, obsolescenza e stagionalità.
Inoltre ci sono i costi aggiuntivi dovuti a problemi di identificazione prodotto e imballaggio.
In tabella 3.2 è fornito uno schema di confronto dei costi, secondo quanto spiegato sopra.
Appunti per il corso di Logistica Industriale – prof. L. C. Santillo
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Cost
Comparison with forward logistics
Transportation
Greater
Inventory holding cost
Lower
Shrinkage (theft)
Much lower
Obsolescence
May be higher
Collection
Much higher- less standardized
Sorting, quality diagnosis
Much greater
Handling
Much higher
Refurbishment/re packaging
Significant for RL, non-existent for
forward
Change from book value
Significant for RL, non-existent for
forward
Tabella 3.2: Costi della logistica inversa paragonati a quelli della diretta
Gestione del magazzino non coerente a modelli
La letteratura ha analizzato ampiamente i modelli per la gestione del magazzino; nel caso di
logistica diretta però molte assunzioni fatte per l’utilizzo di questi modelli non sono valide
nella logistica inversa.
Per esempio, la determinazione della quantità di riordino e del punto di riordino necessitano
di informazioni sulla domanda come la media o la deviazione standard. Queste situazioni
non si incontrano nella logistica inversa.
Diversamente dai modelli tradizionali, inoltre, nella logistica inversa, gli arrivi di materiale
tendono ad essere casuali e il prezzo al quale verrà venduto il prodotto è sconosciuto.
In figura 3.12 viene illustrato l’andamento delle varie voci di costo, relativamente alla
logistica diretta, che sommate costituiscono il costo totale che permette di determinare la
dimensione ottimale del lotto di ordinazione, in corrispondenza del quale i costi annui di
lancio eguagliano i costi annui di magazzinaggio, e il livello di riordino che rappresenta il
livello di giacenza in corrispondenza del quale emettere un’ordinazione in modo da
premunirsi da rotture di stock nel tempo di approvvigionamento (figura 3.13).
Appunti per il corso di Logistica Industriale – prof. L. C. Santillo
27
Figura 3.12: Rappresentazione delle curve di costo
Appunti per il corso di Logistica Industriale – prof. L. C. Santillo
28
Ca = pD;
Costo di
Cm = mpTL/2=cumTL/2
Costo di mantenimento;
acquisto=domanda
cum= costo unitario
CL = D/LcL
Costo emissione ordini;
L= lotto
*prezzo
Ctot=pD+cLD/L+mpTL/2
Costo totale
Lr = Di Tr
Lotto di riordino;
dCtot/dL=0; Lott=√ 2cLD/mpT
Lotto ottimo( a cui corrisponde il
Tr= tempo di riordino
costo minimo)
Figura 3.13: Andamento delle scorte a magazzino nel tempo
Aspetti del ciclo di vita più complessi
Nella logistica inversa il ruolo del ciclo di vita del prodotto è molto più importante di quello
che ha nella diretta.
Nel contesto di vendita, l’obiettivo principale della logistica inversa è quello di recuperare il
valore più alto possibile dal prodotto usato e, durante i vari stadi della vita del prodotto, il
suo valore cambia in maniera significante.
Difficoltà di marketing
Introdurre nel mercato prodotti recuperati è molto più difficile che inserirne di nuovi.
Una condizione sugli acquisti dei prodotti recuperati è che non si può rivelare l’identità del
produttore in pubblicità al di fuori del magazzino.
Appunti per il corso di Logistica Industriale – prof. L. C. Santillo
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Il risultato è che il cliente vedrà sulla pubblicità un’offerta relativa ad un prodotto ad un
certo prezzo e solo al momento dell’acquisto scoprirà chi è il produttore.
Queste restrizioni rendono la comunicazione coi clienti molto più difficile e faticosa.
Un’altra differenza è data dall’incertezza dei fornitori: il flusso di ritorno dei prodotti è
molto sporadico e quindi non si può considerare come una fornitura continua nel tempo.
Ancora accade, nel ciclo inverso, che i prodotti usati entrano in competizione con quelli
nuovi, e bisogna allora utilizzare differenti canali di vendita, modificare l’immagine di
marca del prodotto rilavorato, minimizzare l’impatto del mercato secondario su quello
primario, prendendo indietro le vecchie versioni dei beni o annunciando il lancio di un
nuovo prodotto, così da ridurre la richiesta dei modelli datati.
Visibilità del processo
Diversamente dalla logistica diretta, il flusso di ritorno non è segnalato e visibile in maniera
completa a causa della mancanza di un sistema informativo, e ciò rende le operazioni di
pianificazione e schedulazione nel breve periodo molto complesse.
Tutte queste differenze sono state schematizzate nella seguente tabella.
LOGISTICA DIRETTA
PREVISIONI relativamente facili
VOLUMI elevati
FLUSSO divergente da uno a molti punti di
distribuzione
QUALITA’ del prodotto uniforme
CONFEZIONE del prodotto intatta
DESTINAZIONE e percorso dei flussi dei
materiali ben definiti
OPZIONI di disposizione predefinite
GESTIONE delle scorte coerente
LOGISTICA INVERSA
PREVISIONI molto complesse
VOLUMI ridotti
FLUSSO convergente da molti punti a un
centro di raccolta
QUALITA’del prodotto non uniforme
CONFEZIONE spesso danneggiata
DESTINAZIONE e percorso dei flussi dei
materiali incerti
OPZIONI di disposizioni variabili
GESTIONE delle scorte non coerente
PREZZO del prodotto relativamente
uniforme
COSTI di distribuzione facilmente visibili
PREZZO del bene recuperato dipendente da
molti fattori
COSTI di recupero poco visibili
METODOLOGIE di marketing consolidate
METODOLOGIE di marketing complesse
BUONA VISIBILITA’ sul processo
Tabella 3.3: Logistica diretta e logistica inversa
RIDOTTA VISIBILITA’ sul processo
Appunti per il corso di Logistica Industriale – prof. L. C. Santillo
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3.5 IMPATTO DELLA REVERSE LOGISTICS SU ASPETTI LOGISTICI E
PRODUTTIVI: LA REVERSE DISTRIBUTION
La Reverse Distribution è considerata quella parte della logistica inversa che si occupa della
raccolta e del trasporto dei prodotti usati e degli imballaggi (Fleishamann et al., 1997).
La distribuzione inversa può avvenire lungo il canale diretto della logistica diretta o lungo
un canale separato, oppure lungo un canale dato dalla combinazione dei due precedenti
(figura 3.14).
Si discute, infatti, se utilizzare centri di distribuzione unici per la logistica diretta e inversa,
oppure un Centralized Returns Center (CRC), cioè una struttura indipendente, in cui i ritorni
sono gestiti in maniera centralizzata.
Quest’ultima scelta permette di realizzare economie di scala, di focalizzarsi esclusivamente
sui ritorni, con un maggior grado di competenza e specializzazione, e di ricondurre tutto a
una struttura centralizzata, con minori difficoltà di gestione.
Figura 3.14: Schema generale della distribuzione inversa
Appunti per il corso di Logistica Industriale – prof. L. C. Santillo
31
Per poter costruire un canale distributivo di ritorno che sia efficiente, le decisioni devono
essere guidate da tre domande principali:
-
Chi sono gli attori coinvolti nel canale di ritorno?
Gli attori possono essere membri del canale forward della logistica diretta (produttori,
retailers, fornitori di servizi logistici) oppure agenti specializzati (impianti di recupero, ecc.).
Questa distinzione serve ad individuare dei potenziali vincoli nell’integrazione di un canale
diretto e di uno inverso.
-
Quali sono le funzioni che devono essere fornite da un canale di distribuzione
inverso e dove devono essere fornite?
Le possibili funzioni che possono essere svolte in un canale distributivo sono: recupero,
testing, smistamento, trasporto e lavorazione (Pohlen e Farris, 1992). Lo smistamento dei
prodotti del flusso di ritorno, ad esempio, può essere più conveniente in termini economici
se si svolge nelle fasi appena successive al recupero, con il conseguente aumento dei costi di
trasporto. Un altro aspetto che può essere considerato è la capacità (o la volontà) del cliente
ad effettuare l’operazione di smistamento (Jahre, 1995).
-
Quali sono le relazioni tra il canale diretto e quello inverso nella distribuzione?
Il riciclaggio può essere descritto come un sistema a ciclo aperto: infatti i prodotti non
ritornano ai produttori originari ma sono usati da terzi. Più gli attori del canale sono diversi,
più le possibilità di integrazione dei due canali sono scarse (Fleishmann et al., 1997). La
rifabbricazione e il riuso sono invece considerati un sistema a ciclo chiuso: infatti i prodotti
o gli imballaggi tornano al produttore originale. Anche se sono coinvolti gli stessi attori,
l’integrazione dei due canali è spesso difficoltosa già dal momento del recupero e del
trasporto perché sono richiesti diversi tipi di trasporto.
Appunti per il corso di Logistica Industriale – prof. L. C. Santillo
32
3.5.1 Inventory control nei sistemi con flusso di ritorno
La seconda area chiave della logistica inversa è la gestione delle scorte. Sono necessari
determinati meccanismi di controllo per integrare il flusso di ritorno dei prodotti con la
pianificazione della produzione dei materiali.
Le compagnie specializzate nel riciclaggio, che acquistano prodotti usati o materiali da terzi,
possono far affidamento sui metodi tradizionali di gestione: in questo caso i prodotti
utilizzati sono considerati alla stregua di semplici risorse di input della produzione per uno
specifico processo. La situazione è molto diversa se i materiali usati ritornano al produttore
originale perché rappresentano un input alternativo nella produzione dei nuovi prodotti.
Il produttore ha allora due alternative per soddisfare la domanda: può ordinare all’esterno i
materiali che serviranno per la produzione di nuovi oppure può revisionare i vecchi e
riportarli alle condizioni per un nuovo utilizzo (figura 3.15).
Figura 3.15: Gestione delle scorte
Appunti per il corso di Logistica Industriale – prof. L. C. Santillo
33
L’obiettivo della gestione delle scorte è quello di controllare e gestire i componenti
provenienti da ordini esterni e quelli provenienti dal recupero per garantire il livello di
servizio richiesto, e di minimizzare i costi sia variabili che fissi (Fleishmann, 1997); bisogna
però considerare che il produttore ha generalmente poco controllo sul flusso di ritorno per
quanto riguarda la quantità, la qualità e la tempistica.
Il sistema rappresentato nella figura sopra comprende un componente di pianificazione della
produzione del processo di recupero e si differenzia da uno schema tradizionale per tre
aspetti principali:
-
come conseguenza del flusso di ritorno, il livello delle scorte tra i rifornimenti dei
nuovi prodotti può aumentare oltre che diminuire.
Questa mancanza di monotonia implica una sostanziale complicazione dei modelli
matematici che vengono usati per lo studio;
-
le due alternative per la soddisfazione della domanda prima accennate comportano
un insieme di decisioni in più che devono essere prese;
-
a causa della distinzione tra prodotti da revisionare e prodotti già utilizzabili, la
situazione porta ad uno schema duplice di scorte.
3.5.2 Pianificazione della produzione con riutilizzo di parti e materiali
La terza componente della logistica inversa è considerata la pianificazione della produzione,
come illustrato in figura 3.16.
Nel caso di riutilizzo diretto, dove i prodotti possono essere riusati così come sono o dopo
pulizia o piccole lavorazioni, non devono essere considerati ulteriori processi.
In questi casi l’aspetto principale è focalizzato sui problemi di trasporto e raccolta piuttosto
che sulla pianificazione di produzione.
Appunti per il corso di Logistica Industriale – prof. L. C. Santillo
34
repair
New parts
disassembly
New
products
Old
product
(re) assembly
disposal
Material recycling
Sell for external reuse
Figura 3.16: Schema generale di pianificazione della produzione con riutilizzo di materiali
Le componenti di ritorno e i prodotti devono esser trasformati in materiale grezzo attraverso
fusione, macinatura, ecc.; anche in questo caso la difficoltà principale non si attesta sulla
pianificazione della produzione ma sui processi tecnici di trasformazione del materiale in
grezzo. La situazione si può però complicare se è necessario un disassemblaggio prima del
processo di riciclaggio.
La situazione più complicata si ottiene nella rifabbricazione: i requisiti individuali di
riparazione per ogni prodotto e la coordinazione di diverse attività interdipendenti rendono
l’attività di pianificazione della produzione altamente sofisticata (Lund, 1984).
L’assenza di una sequenza definita di passi produttivi espone la pianificazione ad un livello
maggiore di incertezza (Guide et al., 1996).
Il disassemblaggio di un prodotto comporta l’aumento del numero di pezzi e componenti
circolanti nell’impianto e quindi un aumento dei problemi di capacità se diverse parti
richiedono gli stessi mezzi produttivi.
Appunti per il corso di Logistica Industriale – prof. L. C. Santillo
35
La selezione di una specifica azione di recupero diviene allora molto importante: infatti la
fattibilità di quest’ultima produce una serie di vincoli che dovrebbero essere analizzati a
fondo per capire se l’opzione scelta è davvero economicamente attraente.
Il maggiore problema economico è quello di riuscire a trovare il compromesso tra costi di
disassemblaggio, quelli per le operazioni di riparazione e il valore dei componenti
recuperati.
Un’ulteriore componente di difficoltà è data dal grande ammontare di input necessari,
spesso difficile da trovare in pratica: in particolare sono richiesti i costi di disassemblaggio e
tutti i tempi di processamento sia per il disassemblaggio che per le riparazioni.
Sono allora stati proposti vari modelli matematici di ottimizzazione per studiare questo
problema, attraverso l’uso della teoria dei grafi e il design del prodotto, e, al fine di
schedulare la produzione per soddisfare la domanda, viene utilizzato il MRP (Materials
Requirements Planning): alcuni autori utilizzano il sistema MRP tradizionale per pianificare
le operazioni di recupero, specie nel caso di rifabbricazione (Thierry, 1997) e a questo
approccio sono state poi proposte delle modifiche per soddisfare le specifiche della
pianificazione nel caso di prodotti recuperabili.
La maggior parte di questi approcci utilizza un BOM (Bill of Materials) “inverso” che
documenta i componenti e i tempi di processamento per ogni prodotto recuperato.
3.6 REVERSE SUPPLY CHAIN: CLOSED LOOP
Da quanto finora detto, e alla luce del concetto di Supply Chain, si può concludere che la
Reverse Logistics include tutta una serie di attività che vanno ben oltre la semplice
movimentazione dei beni.
Si rende allora necessaria una chiusura del ciclo produttivo, la Closed Loop Supply Chain
(CLSC) che, oltre alle attività della logistica diretta e inversa, comprende anche ricezione e
smistamento dei ritorni: la Reverse Logistics viene allora considerata una operazione della
CLSC.
Appunti per il corso di Logistica Industriale – prof. L. C. Santillo
36
Guide e Wassenhove definiscono la CLSC come: “…the design, control and operation of a
system to maximize value creation over the entire life-cycle of a product with dynamic
recovery of value from different types and volumes of returns over time”.
In questa definizione si pone particolare attenzione al ciclo inverso, anche se viene
considerato l’intero ciclo di vita del prodotto: non si è ancora giunti a una considerazione
simultanea del ciclo diretto e inverso, e per questo motivo la CLSC è spesso indicata col
termine Reverse Supply Chain.
La CLSC è quindi una Supply Chain progettata sulla base dei processi per il recupero dei
prodotti, che vanno ad aggiungersi a quelli necessari per la logistica diretta.
La Reverse Supply Chain, in particolare, si configura come Closed Loop System, in cui il
prodotto e l’imballaggio ritornano presso il produttore originario che, attraverso una corretta
gestione, sceglierà il recupero più appropriato ed efficiente, o come Open Loop System, in
cui i prodotti sono trattati da soggetti diversi dal produttore.
Negli ultimi venti anni le aziende si sono trovate ad affrontare una crescente pressione da
parte dei clienti e della Legislazione, che le ha condotte ad adottare processi produttivi
environmental-friendly: si sono così sviluppate attività con lo scopo di recuperare il valore
economico ed ecologico di quanto altrimenti rimarrebbe inutilizzato o disperso
nell’ambiente. Si parla infatti di Product Recovery Management (PRM), ossia insieme delle
attività di gestione di prodotti e componenti usati, difettosi, scartati, la cui responsabilità
cade sull’azienda produttrice dei beni stessi, con lo scopo di recuperarne il massimo valore
economico e ambientale; la Reverse Logistics può essere allora vista anche come una parte
del PRM.
A partire dagli anni ottanta, scopo delle aziende è stato il riuscire a trasformare le Supply
Chain in catene chiuse: le “Closed Loop Supply Chain” (CLSC), in cui vi è un processo di
spedizione verso l’esterno e l’interno, attraverso la stessa organizzazione.
Prendere in esame una CLSC significa valutare i trattamenti specifici da effettuare su un
bene ritornato, a vari livelli: livello di prodotto (riparazione), moduli di prodotto (rimessa a
nuovo), livello componente (rifabbricazione), livello parte (recupero), livello materiale
(riciclaggio), livello energetico (incenerimento) [Fleishmann, M., 1997; Thierry, M. et al.,
1995].
Appunti per il corso di Logistica Industriale – prof. L. C. Santillo
37
In questo capitolo si procederà all’analisi e valutazione delle catene di CLSC e alla loro
gestione, in particolare nei mercati di prodotti high tech e di consumo, per poter poi capire
come ottimizzare i processi e schematizzare una tipica struttura Closed Loop che ci
permetterà di vedere come realmente le aziende stanno agendo.
3.7 RAGIONI DELLO SVILUPPO DELLA CLSC
La crescente complessità delle attrezzature e dei prodotti di servizio e supporto high tech, in
seguito all’introduzione della tecnologia digitale nell’elaborazione dei dati, della tecnologia
in campo medico e dell’automazione d’ufficio, ha portato alla necessità di gestire e
controllare intere unità, parti e sottoinsiemi che tornano di nuovo presso le attrezzature
centrali per lo smaltimento, la riparazione e il recupero. Inoltre c’è stata una particolare
attenzione ai problemi relativi allo smaltimento di materiali pericolosi, rifiuti tossici e rifiuti
industriali che potrebbero essere riciclati, e negli ultimi dieci anni, in Europa, con
l’approvazione delle “leggi verdi”, il produttore è ritenuto responsabile dello smaltimento
finale di alcuni prodotti, che deve quindi essere effettuato in conformità a norme e leggi
standard.
Possiamo immaginare la CLSC come il perfetto equilibrio tra logistica arteriosa e venosa: la
prima porta il materiale “buono”, ossia a valore, a destinazione, mentre la seconda,
effettuando il percorso inverso, intercetta, in qualsiasi punto della catena diretta, il materiale
esausto e lo reinserisce in altri punti “a monte” nella Supply Chain. Questa terminologia
deriva dal confronto col corpo umano: il flusso di sangue arterioso non vive senza il venoso
e viceversa, e, bilanciando i due flussi, si ha la perfetta chiusura del ciclo che permette la
sopravvivenza del corpo.
Le aziende hanno capito che i prodotti, parti e componenti a fine vita non sono solo un
rifiuto, ma hanno anche un reale valore produttivo e il loro smaltimento, rimessa a nuovo,
rivendita o riutilizzo rappresenta una reale opportunità economica e la base del commercio
aziendale.
Appunti per il corso di Logistica Industriale – prof. L. C. Santillo
38
Si pone allora il problema di una corretta gestione centralizzata dei processi di CLSC e RL,
che produrrà enormi vantaggi in termini di:
-
riduzione dei costi e dei tempi dei ritorni;
-
aumento del valore della merce recuperata;
-
recupero di informazioni importanti relativi all’attendibilità, visibilità, manutenibilità e
affidabilità dei prodotti in fase di rilavorazione;
-
controllo totale ed automatizzato dell’intero processo di ritorno;
-
riduzione delle perdite indesiderate e dei danni dei ritorni;
-
semplificazione dei processi di ritorno relativi alle vendite al dettaglio e all’ingrosso,
con conseguente riduzione dei costi di manodopera.
3.8 MODELLI AZIENDALI DELLA RL E CLSC
L’intera CLSC include:
• Gestione della logistica diretta e della Supply Chain diretta- comprende
gestione, coordinamento e controllo dell’intero flusso dei servizi di logistica
diretta, compresi i flussi di materiali, parti e prodotti verso il magazzino
centrale e il sistema di distribuzione, come anche il flusso fisico iniziale dai
punti regionali e locali di fornitura agli utilizzatori o acquirenti;
• Reverse Logistics- include il pieno controllo e coordinamento, raccolta fisica
e consegna del materiale, parti e prodotti per l’elaborazione, il riciclaggio o lo
smaltimento, e i successivi ritorni;
• Riparazione del deposito, lavorazione, diagnosi e smaltimento- include i
servizi relativi al ricevimento dei flussi di ritorno, attraverso il processo di RL,
e i processi richiesti per diagnosticare, valutare, riparare e/o smaltire le unità
ritornate, i prodotti, le parti, i sottoinsiemi e i materiali, o per il ritorno alla
Supply Chain diretta, la rivendita in mercati secondari o lo smaltimento
completo.
Appunti per il corso di Logistica Industriale – prof. L. C. Santillo
39
Tutti i processi di RL e CLSC possono essere classificati a seconda delle caratteristiche dei
produttori e dei venditori, degli acquirenti, dei canali di distribuzione utilizzati, dell’utilizzo
di fornitori di logistica di terza e quarta parte, del livello di interesse e del valore del
materiale all’interno del processo. Possiamo individuare 4 modelli principali:
• Modello base di RL- considera i ritorni di materiali e prodotti non ricercati verso i
punti centrali per la lavorazione e lo smaltimento (figura 3.17).
Questo modello considera il flusso inverso indipendentemente dalla Supply Chain
diretta, e pone l’accento sullo smaltimento e sul riciclaggio economico dei rifiuti e
degli scarti.
Il processo inizia con la decisione dell’utilizzatore finale o dell’acquirente che il
prodotto è alla fine della sua vita, e si rende perciò necessario smaltire i materiali.
I materiali pericolosi sono di solito raccolti separatamente e lavorati e smaltiti sulla
base di quanto dettato dalle “leggi verdi”, mentre gli altri materiali, dopo il recupero
e la raccolta, sono ordinati, e si valuta se indirizzarli verso il riciclaggio e la
lavorazione, per poi venderli, oppure se spedirli allo smaltimento finale;
Figura 3.17: Processi indipendenti di Reverse Logistics
Appunti per il corso di Logistica Industriale – prof. L. C. Santillo
40
• CLSC, che coinvolge il ciclo integrato diretto e inverso e il ciclo di riparazione
dei prodotti high tech- in questo modello (figura 3.18), di solito relativo
all’ambiente di produzione high tech, il produttore di apparecchiature originali
(OEM) sostiene egli stesso la propria linea di prodotti venduti ai propri clienti ed
assume direttamente la responsabilità del processo inverso: l’intero flusso diretto e
inverso, dunque, può essere, ed è di solito controllato dall’OEM. Come mostrato in
figura, il flusso dei ritorni è anche monitorato e controllato dalla stessa
organizzazione che supporta le operazioni della Supply Chain diretta. Le principali
ragioni di questo pieno controllo della Closed Loop sono riconducibili
principalmente al controllo dei costi effettivi alla base di questo processo, all’elevato
valore delle parti, sottoinsiemi e intere unità e alla minimizzazione della quantità
dell’inventario richiesta a supporto del processo;
Appunti per il corso di Logistica Industriale – prof. L. C. Santillo
41
Figura 3.18: Tipica CLOSED LOOP SUPPLY CHAIN in ambito High Tech
• CLSC, che tratta in maniera indipendente il flusso inverso e diretto e il ciclo dei
servizi di riparazione per i prodotti low-tech- in questo caso (Figura 3.19)
l’utilizzatore finale o l’acquirente usa una propria attrezzatura interna e costruisce un
sistema di manutenzione o dei propri processi di Supply Chain, piuttosto che basarsi
sui canali esterni degli OEMs o sui canali di distributori indiretti. L’acquirente o
l’utilizzatore è di solito una grande organizzazione con un numero di distributori più
piccoli o di OEMs che fanno da supporto, e opera singolarmente o con
organizzazioni di logistica di terza parte (3PL): Supply Chain diretta e inversa sono
indipendenti e l’OEM non controlla l’intero processo, e ciò provoca maggiori
problemi di monitoraggio e controllo, anche perché il produttore non ha accesso alle
informazioni sui tassi di guasto e sulla richiesta delle parti, dal momento che, come
detto, è il proprietario ad effettuare il processo;
Appunti per il corso di Logistica Industriale – prof. L. C. Santillo
42
Figura 3.19: CLSC alternative in ambito high tech
• CLSC orientata al consumatore- il quarto modello aziendale (figura 3.20) si trova
di solito nel mercato di consumo; in questo caso ci sono fondamentalmente due
collegamenti di RL: consumatore verso dettagliante e dettagliante verso OEM. Esiste
una netta separazione tra il produttore e l’utilizzatore finale attraverso le
organizzazioni di dettaglianti o di distributori divisi e indipendenti, che possono o
non possono fornire pieno servizio e supporto. Il processo dei ritorni, dal momento
che è controllato dal produttore, può portare a una rivendita dei beni recuperati dal
dettagliante come beni perfettamente buoni attraverso sconti e canali di distribuzione
in mercati secondari.
Appunti per il corso di Logistica Industriale – prof. L. C. Santillo
43
Figura 3.20: CLSC per i beni di consumo
3.9 LINEE GUIDA PER LA CORRETTA GESTIONE DEI PROCESSI DI RL E
CLSC
Prima di passare alla descrizione della gestione dei processi di Closed Loop Supply Chain,
sottolineiamo quali sono le caratteristiche principali che devono essere gestite, controllate e
coordinate affinché le operazioni risultino economicamente praticabili:
-
incertezza del flusso dei materiali: di solito le aziende non conoscono quando un
oggetto ritornerà e in che condizioni, l’ammontare dei rientri nell’anno e negli
specifici periodi dell’anno, i materiali e le parti recuperabili dai beni usati;
-
specifiche del consumatore: i flussi di ritorno sono abbastanza diversi gli uni dagli
altri e dipendono dall’utilizzatore finale o dal cliente, e richiedono quindi conoscenza
Appunti per il corso di Logistica Industriale – prof. L. C. Santillo
44
e comprensione del profilo e della localizzazione geografica dei singoli clienti che
utilizzano il servizio, che molto spesso sono sconosciuti e quindi non ci sono dati sul
grado di utilizzo del prodotto, sul corretto uso e sui motivi della dismissione;
-
criticità del tempo: necessità di trattare i beni il più velocemente possibile per
renderli disponibili per il riutilizzo o lo smaltimento;
-
flessibilità: in termini di supporto di impianti e servizi extra in funzione della
domanda;
-
coordinamento di più parti: poiché all’interno del processo di CLSC sono coinvolte
più parti, è fondamentale stabilire una rete di comunicazione in grado di facilitare in
modo rapido, efficiente e in tempo reale la comunicazione tra le parti, evitando
rallentamenti ed inefficienze.
3.9.1 LA GESTIONE DELLA CLSC NEL MERCATO DEI BENI DI CONSUMO
Relativamente ai beni di consumo, il cui flusso produttivo è rappresentato in figura 3.21, le
responsabilità delle vendite e del supporto al cliente finale sono a carico del
distributore/dettagliante.
RITORNI
CLIENTE
VENDITE
CENTRO DI
DETTAGLIANTE
DISTRIBUZIONE
PRODUTTORE
UNIONE DI
UNIONE DI
UNIONE DI
VENDITORI O 3PL
VENDITORI O 3PL
VENDITORI O 3PL
Figura 2.21: Flusso produttivo dei beni di consumo
Appunti per il corso di Logistica Industriale – prof. L. C. Santillo
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Possiamo per prima cosa identificare tre tipi principali di canali di distribuzione di vendita
al dettaglio: esperti delle reclame di massa/di sconti, catene principali di vendita al
dettaglio con capacità di servizi e piccoli dettaglianti locali.
I primi prevedono che responsabilità e costi economici della RL siano a carico del
produttore/venditore e danno scarsa attenzione ai servizi e al supporto al cliente postvendita, utilizzando il processo dei ritorni principalmente per liberare gli scaffali e
riassegnare l’inventario e, per questo motivo, i consumatori devono accordarsi con un
produttore o un fornitore di terza parte che separatamente stipuli un contratto su qualsiasi
questione di riparazione.
Le catene di vendita al dettaglio, invece, danno grande attenzione al supporto al cliente e il
processo dei ritorni va gestito con particolare attenzione, dal momento che ci sono sia i
flussi dei ritorni per insoddisfazione del cliente sia le richieste di servizi per difetti o
riparazione di guasti.
Infine i piccoli dettaglianti locali si concentrano fortemente sui servizi ai clienti personali,
come meccanismo principale per attrarli, con un controllo molto più chiuso dei loro
inventari e fatturati, focalizzandosi su uno stretto segmento di mercato.
All’interno del mercato dei beni di consumo, il più importante tipo di dettagliante, connesso
alle attività di RL, riguarda le catene di vendite al dettaglio, dal momento che esse sono
capaci di controllare e gestire sia i servizi e la soddisfazione al cliente sia i vari flussi di
ritorno.
In figura 3.22 è stata rappresentata una tipica struttura organizzativa di vendita al dettaglio,
che evidenzia i ruoli chiave e le funzioni connesse con la CLSC.
Appunti per il corso di Logistica Industriale – prof. L. C. Santillo
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Marketing e
Strategia
pianificazione
aziendale
Economia
delle vendite
Servizi di
Operazioni di
Acquisti e
soddisfazione al cliente
magazzino
distribuzione (Supply
Chain diretta)
Reverse
Logistics
DEPOSITI O CATENE DI DEPOSITI
Servizi di magazzino
al cliente
Figura 3.22: Rapporti operativi all’interno delle organizzazioni delle catene di vendita al
dettaglio coinvolte nella Reverse Logistics
Nell’ambito della gestione del processo dei ritorni (figura 3.23), le catene di vendita al
dettaglio possono conseguire importanti vantaggi economici attraverso canali già esistenti
(di trasporto, distribuzione, immagazzinamento e rimessa a nuovo) o attraverso la
collaborazione con fornitori logistici di terza parte, istituendo, dove necessario, canali
secondari di distribuzione o approcci di “distruzione sul posto”, riducendo così la necessità
di ritorni dei beni ai produttori e ottenendo un più alto valore da questi ritorni.
Le vendite e la distribuzione, i servizi logistici al cliente, il supporto e i ritorni sono
coordinati separatamente e possono, in casi speciali, essere forniti da organizzazioni di
OEMs o da singole organizzazioni di servizio (ISO).
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Ricerca e
Strategia e
sviluppo
visione
Economia
aziendale
Marketing e
Sviluppo e lancio
sviluppo del
commerciale del
prodotto
Fabbricazione
prodotto
Servizi e ritorno
Vendite al dettaglio e
Servizi di vendita al
dell’OEM (relazioni
distribuzione
dettaglio e supporto dei
alternative)
logistica
ritorni
Creazione della
Servizi
Ritorni
domanda
Spedizione
Servizi
Ritorni
CANALI DI VENDITA AL DETTAGLIO E DI DISTRIBUZIONE
BASE DEL CONSUMATORE
Figura 3.23: Legami operativi tra la produzione e le funzioni aziendali, i reparti e i
canali di distribuzione nell’ambito delle vendite al dettaglio
In questo mercato, il legame tra produttori/distributori e dettaglianti di piccole e medie
dimensioni, che influenzano fortemente i ritorni, è cambiato durante gli anni: ciò è stato
provocato principalmente dal fatto che i produttori non producono più realmente beni
bianchi, bruni o altri beni di consumo, ma assemblano il prodotto finito con moduli e
sottoinsiemi realizzati presso diverse località, e, poiché costi e tempi di spedizione non sono
giustificati, si è sviluppato un mercato di riparazione e di vendita di terza parte, che prevede
la presenza di una “riparazione modulare delle unità”.
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