Recensione Qualcuno volò sul nido del cuculo di Ivan Petrovic Poljak

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Recensione Qualcuno volò sul nido del cuculo di Ivan Petrovic Poljak
Critici teatrali si diventa.
Ecco una recensione di Ivan, uno dei nostri Studenti a Teatro.
Recensione Qualcuno volò sul nido del cuculo di Ivan Petrovic Poljak
Cosa ne penso di questo spettacolo?
Io penso che oltre ad avere una trama avvincente e profonda, il fatto che è stato modernizzato ed
ambientato in Italia, ne abbia migliorato l’unicità. C’è molto da dire di questo spettacolo e io voglio
incominciare dicendo che il regista Alessandro Gassman e gli attori hanno affrontato una vera e propria
sfida poiché hanno deciso di lavorare sulla trama di un libro di cui si era già fatto un film che è diventato
un Cult. Infatti l’omonimo film di Milos Forman con Jack Nicholson aveva commosso il pubblico e
segnato la carriera dell’attore, quindi rifare uno spettacolo che sia bello ma anche originale è
abbastanza difficile visto che si rischia o di produrre una copia banale o di andare fuori tema.
Visto lo spettacolo posso dire che mi sono stupito in positivo perché molti dei personaggi erano
totalmente differenti dal film, e quelli che erano gli stessi avevano sfumature diverse rispetto a quelli
nella pellicola; inoltre c’è da dire che tutti sono stati ben caratterizzati nonostante alcuni avessero
poche battute. Uno che personalmente mi è piaciuto molto è stato il dottore “matto” a causa della
moglie, poiché era l’unico totalmente consapevole della situazione in cui tutti si trovavano il che lo
rendeva il più riflessivo ed era l’intermediario tra il protagonista, gli altri pazzi e gli infermieri
“carcerieri”. Il protagonista invece era l’elemento caotico del reparto del manicomio, il quale riesce a
girare l’attenzione su di lui e a portare un po’ di vita in quell’ospedale psichiatrico, rivelandosi
inizialmente un bifolco, poi un uomo con una esagerata umanità, il quale passa il suo tempo nel
divertimento fregandosene delle conseguenze e provando piacere a indispettire la Suora che con
metodi oppressivi manteneva la disciplina. Gli altri pazzi sono a un primo sguardo figure prettamente
comiche, che sembrano stare lì per far suscitare il riso, invece, analizzandoli bene, possiamo notare
quanto si trovino a disagio poiché vivono in un mondo dove possono sentirsi loro stessi solo in un
manicomio.
Infine abbiamo il personaggio interpretato da Gilberto Gliozzi, il quale è il Gigante Sudamericano, la
figura più emblematica che essa stessa è il riassunto dell’opera: infatti le sue scene sono pochissime
ma le più intense poiché attraverso esse capiamo un elemento chiave dell’opera, cioè la paura. Il
gigante si finge sordomuto per paura di un mondo che non gli appartiene, di una società che non sente
sua, di una vita inadatta per lui e quindi decide di fingersi pazzo per poter almeno gioire dei ricordi della
sua terra e della madre attraverso i sogni rappresentati con le videografie che spesso Gassman utilizza
nei suoi spettacoli (es. Riccardo III). La scenografia è ben studiata, ben costruita e definita, contando
anche l’uso di alcuni trucchetti scenici.
I difetti che secondo me sono da sottolineare sono un po’ le battute stereotipate napoletane, di cui se
ne è fatto un po’ un abuso in questo spettacolo, e il comportamento un po’ troppo aggressivo degli
infermieri in alcune scene.
Io concludo invitando tutti quelli che leggono di vedere assolutamente questo spettacolo, perché può
giovare sia ai giovani e sia a quelli che hanno già visto il film.
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