Stagione sportiva 2006

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Stagione sportiva 2006
DECISIONI INTEGRALI
DEGLI
ORGANI DI GIUSTIZIA SPORTIVA
Testi integrali delle decisioni:
Corte Federale
Commissione d’Appello Federale
Camera di Conciliazione ed Arbitrato per lo Sport del C.O.N.I.
Giudice di ultima istanza in materia di doping
Periodo di riferimento:
1° luglio 2006/ 30 giugno 2007
Esplicato a cura dell’avv. Gaetano Aita
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INDICE
Decisioni integrali della Corte Federale - Stagione Sportiva 2006 – 2007 – www.figc.it
Comunicato n. 1/CF del 25 luglio 2006
Comunicato n. 2/CF del 4 agosto 2006
Comunicato n. 3/CF del 26 agosto 2006
Comunicato n. 4/CF del 26 agosto 2006
Comunicato n. 5/CF del 26 agosto 2006
Comunicato n. 6/CF del 1 settembre 2006
Comunicato n. 7/CF del 1 settembre 2006
Comunicato n. 8/CF del 24 ottobre 2006
Comunicato n. 9/CF del 30 ottobre 2006
Comunicato n. 10/CF del 22 dicembre 2006
Comunicato n. 11/CF del 8 febbraio 2007
Comunicato n 12/CF del 9 febbraio 2007
Comunicato n. 13/CF del 26 marzo 2007
Comunicato n. 14/CF del 29 marzo 2007
Comunicato n. 15/CF dell‟11 maggio 2007
Comunicato n. 16/CF del 21 maggio 2007
Comunicato n. 17/CF del 21 maggio 2007
Comunicato n. 18/CF del 24 maggio 2007
Comunicato n. 19/CF del 5 giugno 2007
Comunicato n. 20/CF del 21 giugno 2007
Comunicato n. 21/CF del 28 giugno 2007
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Decisioni integrali della Commissione D’Appello Federale - Stagione Sportiva 2006 – 2007 – www.figc.it
Comunicato n. 1/C Riunione del 14 luglio 2006
Comunicato n. 5/C Riunione del 13 agosto 2006
Comunicato n. 6/C Riunione del 14 agosto 2006
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Decisioni integrali della Camera di Conciliazione ed Arbitrato per lo Sport del CONI - Stagione Sportiva 2006 – 2007 – www.coni.it
Lodo Arbitrale del 26 giugno e 18 luglio 2006 - Romano Malavolta e Teramo Calcio SpA contro F.I.G.C.
Lodo Arbitrale del 3 Agosto 2006 - Michele Dal Cin contro F.I.G.C.
Lodo Arbitrale del 28 agosto 2006 - A.C. Aprilia contro F.I.G.C. – LND - Comitato Interregionale Lega Nazionale
Dilettanti + altri
Lodo Arbitrale del 8 settembre 2006 - A.S. Latina SpA Contro F.I.G.C.
Lodo Arbitrale del 8 settembre 2006 - A.S. Casale Calcio s.r.l. Contro F.I.G.C.
Lodo Arbitrale del 8 settembre 2006 - Modica Calcio Srl Contro F.I.G.C.
Lodo Arbitrale del 8 settembre 2006 - A.C. Forlì Srl, Contro F.I.G.C. - Comitato Interregionale LND
Lodo Arbitrale del 16 ottobre 2006 - Unione Sportiva Passignanese e Adriano Birelli contro F.I.G.C.
Lodo Arbitrale del 27 ottobre 2006 - S.S. Lazio s.p.a. contro F.I.G.C.
Lodo Arbitrale del 27 ottobre 2006 - Juventus F.C. s.p.a. contro F.I.G.C.
Lodo Arbitrale del 27 ottobre 2006 - A.C. Milan SpA. contro F.I.G.C.
Lodo Arbitrale del 27 ottobre 2006 - A.C.F. Fiorentina S.p.a. contro F.I.G.C.
Lodo Arbitrale del 27 ottobre 2006 - dott. Franco Carraro contro F.I.G.C.
Lodo Arbitrale del 27 ottobre 2006 - Alessandro Troiano contro F.I.G.C.
Lodo Arbitrale del 27 ottobre 2006 - Juventina F.F.C.. Contro F.I.G.C. – LND - Comitato Regionale delle Marche
della FIGC - P.A. Futsal Makkia Urbino + altri
Lodo Arbitrale del 27 ottobre 2006 - Alessandro Troiano Contro F.I.G.C.
Lodo Arbitrale del 20 novembre 2006 - Società Treviso F.B.C. 1993 s.r.l. Contro F.I.G.C.
Lodo Arbitrale del 24 novembre 2006 - ASD Trapani Calcio Contro F.I.G.C. – Comitato Interregionale LND
Lodo Arbitrale del 24 novembre 2006 - A.C. Arezzo S.p.A. contro F.I.G.C.
Lodo Arbitrale del 24 novembre 2006 - Reggina calcio s.p.a. contro F.I.G.C.
Lodo Arbitrale del 30 novembre 2006 - G.S.D. S. Filippo Neri Casalotti Tanas contro F.I.G.C. - A.C. Siena SpA
Lodo Arbitrale del 5-9 dicembre 2006 - Dott. Claudio Lotito contro F.I.G.C.
Lodo Arbitrale del 18 dicembre 2006 - Adriano Galliani contro F.I.G.C.
Lodo Arbitrale del 23 gennaio 2007 - Signor Mario Mazzoleni contro F.I.G.C. e A.I.A.
Lodo Arbitrale del 17 gennaio - 26 febbraio 2007 – dott. Pierluigi Pairetto contro F.I.G.C.
Lodo Arbitrale del 27 febbraio 2007 – Luciano Moggi contro F.I.G.C.
Lodo Arbitrale del 19 Febbraio e 8 Marzo 2007 – Leonardo Meani contro F.I.G.C.
Lodo Arbitrale del 8 Marzo 2007 – Pasquale Foti contro F.I.G.C.
Lodo Arbitrale dell‟8 marzo 2007 – Modica Calcio s.r.l contro L..N.D. - F.I.G.C. e Comitato Regionale Sicilia
Lodo Arbitrale del 13 marzo 2007 - Treviso F.B.C. 1993 srl contro F.I.G.C. e L.N.P E Consiglio di Lega della
L.N.P.
Lodo Arbitrale del 23 marzo 2007 - S.S. Salernitana calcio 1919 spa contro F.I.G.C. e L.P. Seire C e Terzana
Calcio spa
Lodo Arbitrale del 26 marzo 2007 – Sandro Mencucci contro F.I.G.C.
Lodo Arbitrale del 26 marzo 2007 – Andrea Della Valle contro F.I.G.C.
Lodo Arbitrale del 26 marzo 2007 – Diego Della Valle contro F.I.G.C.
Lodo Arbitrale del 13 aprile 2007 – Innocenzo Mazzini contro F.I.G.C.
Lodo Arbitrale del 27 aprile 2007 – Antonio Giraudo contro F.I.G.C.
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Lodo Arbitrale del 27 aprile 2007 – Pietro Avella contro F.I.G.C.
Lodo Arbitrale del 18 maggio 2007 – A.C. Siena Spa contro F.I.G.C.
Lodo Arbitrale del 28 maggio 2007 – Michele Dal Cin contro F.I.G.C.
Lodo Arbitrale del 31 maggio 2007 – U.S. Triestina Calcio Spa contro F.I.G.C.
Lodo Arbitrale del 1 giugno 2007 – Gennaro Mazzei contro F.I.G.C.
Lodo Arbitrale del 1 giugno 2007 – Brescia Calcio SpA contro F.I.G.C. e Juventus F.C.
Lodo Arbitrale del 13 giugno 2007 – F.C. Messina Peloro s.r.l. contro F.I.G.C.
Lodo Arbitrale del 13 giugno 2007 – Dott. Tullio Lanese s.r.l. contro F.I.G.C.
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Decisioni integrali del Giudice di Ultima Istanza in Materia di Doping - Stagione Sportiva 2006 – 2007 – www.coni.it..........
Decisione n. 11/06 del 12/09/06 - Ufficio di Procura Antidoping del CONI contro N. V.
Decisione n. 13/06 del 26/09/06 - L. S.
Decisione n. 14/06 del 15/12/06 - Ufficio di Procura Antidoping del CONI contro W. B.
Decisione n. 15/06 del 19/01/07 - Ufficio di Procura Antidoping del C.O.N.I. contro dr. R. A.
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DECISIONI INTEGRALI
DELLA
CORTE FEDERALE
STAGIONE SPORTIVA 2006 - 2007
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DECISIONI INTEGRALI DELLA CORTE FEDERALE - STAGIONE SPORTIVA 2006-2007
TESTI DELLE DECISIONI RELATIVE AL COMUNICATO UFFICIALE N. 1/CF DEL 25 LUGLIO 2006
1. RICORSO DI ULTIMA ISTANZA DEL SIG. LOTITO CLAU DIO AVVERSO LE SANZIONI DELLA
INIBIZIONE PER ANNI TRE E MESI SEI E DELL‟AMMENDA DI € 10.00,00 INFLITTA A SEGUITO
DEL DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE
(Delibera C.A.F. Com. Uff. n. 1/C del 14 luglio 2006).
2. RICORSO DI ULTIMA ISTANZA DELLA SOCIETÀ S.S. LAZIO S.P.A. AVVERSO LE SANZIONI DELLA
RETROCESSIONE ALL‟ULTIMO POSTO DELLA CLASSIFICA DEL CAMPIONATO 2005/2006, DELLA
PENALIZZAZIONE DI DODICI PUNTI IN CLASSIFICA NELLA STAGIONE SPORTIVA 2006/2007 E
DELL‟AMMENDA DI € 40.000,00 INFLITTE A SEGUITO DEL DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE
(Delibera C.A.F. Com. Uff. n. 1/C del 14 luglio 2006).
3. RICORSO DI ULTIMA ISTANZA DEL SIG. MASSIMO DE SANTIS AVVERSO LA SANZIONE DELL‟ INIBIZIONE
PER ANNI QUATTRO E MESI SEI INFLITTA A SEGUITO DEL DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE
(Delibera C.A.F. Com. Uff. n. 1/C del 14 luglio 2006).
4. RICORSO DI ULTIMA ISTANZA DEL SIG. PAOLO DONDARINI AVVERSO LA SANZIONE DELLA INIBIZIONE
PER ANNI TRE E MESI SEI INFLITTA A SEGUITO DEL DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE (Delibera
C.A.F. Com. Uff. n. 1/C del 14 luglio 2006).
5. RICORSO DI ULTIMA ISTANZA DEL SIG. FABRIZIO BABINI AVVERSO LA SANZIONE DELLA INIBIZIONE DI
ANNI UNO INFLITTA A SEGUITO DEL DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE
(Delibera C.A.F. Com. Uff. n. 1/C del 14 luglio 2006).
6. RICORSO DI ULTIMA ISTANZA DEL SIG. GIANLUCA PAPARESTA AVVERSO LA SANZIONE DELLA
INIBIZIONE PER MESI TRE INFLITTA A SEGUITO DEL DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE
(Delibera C.A.F. Com. Uff. n. 1/C del 14 luglio 2006).
7. RICORSO DI ULTIMA ISTANZA DEL SIG. ANTONIO GIRAUDO AVVERSO LE SANZIONI DELLA INIBIZIONE
PER ANNI CINQUE CON PROPOSTA AL PRESIDENTE FEDERALE DI PRECLUSIONE ALLA PERMANENZA IN
QUALSIASI RANGO O CATEGORIA DELLA F.I.G.C. E DELL‟AMMENDA DI € 20.000,00 INFLITTE A SEGUITO
DEL DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE
(Delibera C.A.F. Com. Uff. n. 1/C del 14 luglio 2006).
8. RICORSO DI ULTIMA ISTANZA DEL SIG. TULLIO LANESE AVVERSO LA SANZIONE DELLA INIBIZIONE PER
ANNI DUE E MESI SEI INFLITTA A SEGUITO DEL DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE
(Delibera C.A.F. Com. Uff. n. 1/C del 14 luglio 2006).
9. RICORSO DI ULTIMA ISTANZA DELLA SOCIETÀ BOLOGNA F.C. 1909 S.p.A. AVVERSO DECISIONI
ADOTTATE A SEGUITO DEL DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE
(Delibera C.A.F. Com. Uff. n. 1/C del 14 luglio 2006).
10. RICORSO DI ULTIMA ISTANZA DELLA SOCIETÀ BRESCIA CALCIO S.P.A. AVVERSO DECISIONI ADOTTATE
A SEGUITO DEL DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE
(Delibera C.A.F. Com. Uff. n. 1/C del 14 luglio 2006).
11. RICORSO DI ULTIMA ISTANZA DELLA SOCIETÀ JUVENTUS F.C. S.P.A. AVVERSO LE SANZIONI DELLA
RETROCESSIONE ALL‟ULTIMO POSTO IN CLASSIFICA DEL CAMPIONATO 2005/2006, DELLA
PENALIZZAZIONE DI PUNTI TRENTA IN CLASSIFICA NELLA STAGIONE SPORTIVA 2006/2007, DELLA
REVOCA DELL‟ASSEGNAZIONE DEL TITOLO DI CAMPIONE D‟ITALIA 2004/2005, DELLA NON ASSEGNAZIONE
DEL TITOLO DI CAMPIONE D‟ITALIA 2005/2006 E DELL‟AMMENDA DI € 80.000,00 INFLITTE A SEGUITO DEL
DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE
(Delibera C.A.F. Com. Uff. n. 1/C del 14 luglio 2006).
12. RICORSO DI ULTIMA ISTANZA DEL SIG. LUCIANO MOGGI AVVERSO LE SANZIONI DELL‟INIBIZIONE PER
ANNI CINQUE CON PROPOSTA DI PRECLUSIONE ALLA PERMANENZA IN QUALSIASI RANGO O CATEGORIA
DELLA F.I.G.C. E DELL‟AMMENDA DI € 50.000,00 A SEGUITO DEL DEFERIMENTO DEL PROCURATORE
FEDERALE
(Delibera C.A.F. Com. Uff. n. 1/C del 14 luglio 2006).
13. RICORSO DI ULTIMA ISTANZA DEL SIG. PIERLUIGI PAIRETTO AVVERSO LA SANZIONE DELL‟INIBIZIONE
PER ANNI DUE E MESI SEI INFLITTA A SEGUITO DEL DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE
(Delibera C.A.F. Com. Uff. n. 1/C del 14 luglio 2006).
14. RICORSO DI ULTIMA ISTANZA DEL SIG. INNOCENZO MAZZINI AVVERSO LA SANZIONE DELLA
INIBIZIONE PER ANNI CINQUE INFLITTA A SEGUITO DEL DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE
(Delibera C.A.F. Com. Uff. n. 1/C del 14 luglio 2006).
15. RICORSO DI ULTIMA ISTANZA DELLA SOCIETÀ LECCE S.P.A. AVVERSO DECISIONI ADOTTATE A
SEGUITO DEL DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE
(Delibera C.A.F. Com. Uff. n. 1/C del 14 luglio 2006).
16. RICORSO DI ULTIMA ISTANZA DEL SIG. CLAUDIO PUGLISI AVVERSO LA SANZIONE DELL‟INIBIZIONE
PER ANNI UNO INFLITTA A SEGUITO DEL DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE
(Delibera C.A.F. Com. Uff. n. 1/C del 14 luglio 2006).
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DECISIONI INTEGRALI DELLA CORTE FEDERALE - STAGIONE SPORTIVA 2006-2007
17. RICORSO DI ULTIMA ISTANZA DEL SIG. SANDRO MENCUCCI AVVERSO LE SANZIONI DELL‟INIBIZIONE
PER ANNI TRE E MESI SEI E DELL‟AMMENDA DI € 10.000 A SEGUITO DEL DEFERIMENTO DEL
PROCURATORE FEDERALE
(Delibera C.A.F. Com. Uff. n. 1/C del 14 luglio 2006).
18. RICORSO DI ULTIMA ISTANZA DEL SIG. ANDREA DELLA VALLE AVVERSO LE SANZIONI
DELL‟INIBIZIONE PER ANNI TRE E MESI SEI E DELL‟AMMENDA DI € 20.000 INFLITTE A SEGUITO DEL
DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE
(Delibera C.A.F. Com. Uff. n. 1/C del 14 luglio 2006).
19. RICORSO DI ULTIMA ISTANZA DEL SIG. DIEGO DELLA VALLE AVVERSO LE SANZIONI DELL‟INIBIZIONE
PER ANNI QUATTRO E DELLA AMMENDA DI € 30.000 INFLITTE A SEGUITO DEL DEFERIMENTO DEL
PROCURATORE FEDERALE
(Delibera C.A.F. Com. Uff. n. 1/C del 14 luglio 2006).
20. RICORSO DI ULTIMA ISTANZA DELLA SOCIETÀ A.C.F. FIORENTINA S.P.A. AVVERSO LE SANZIONI DELLA
RETROCESSIONE ALL‟ULTIMO POSTO IN CLASSIFICA DEL CAMPIONATO 2005/2006, DELLA
PENALIZZAZIONE DI PUNTI DODICI IN CLASSIFICA NELLA STAGIONE SPORTIVA 2006/2007, E DELLA
AMMENDA DI € 50.000 INFLITTE A SEGUITO DEL DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE
(Delibera C.A.F. Com. Uff. n. 1/C del 14 luglio 2006).
21. RICORSO DI ULTIMA ISTANZA DEL SIG. FRANCO CARRARO AVVERSO LA SANZIONE DELL‟INIBIZIONE
PER ANNI QUATTRO E MESI SEI INFLITTA A SEGUITO DEL DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE
(Delibera C.A.F. Com. Uff. n. 1/C del 14 luglio 2006).
22. RICORSO DI ULTIMA ISTANZA DEL SIG. LEONARDO MEANI AVVERSO LA SANZIONE DELL‟INIBIZIONE
PER ANNI TRE E MESI SEI INFLITTA A SEGUITO DEL DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE
(Delibera C.A.F. Com. Uff. n. 1/C del 14 luglio 2006).
23. RICORSO DI ULTIMA ISTANZA DEL SIG. ADRIANO GALLIANI AVVERSO LA SANZIONE DELL‟INIBIZIONE
PER ANNI UNO INFLITTA A SEGUITO DEL DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE
(Delibera C.A.F. Com. Uff. n. 1/C del 14 luglio 2006).
24. RICORSO DI ULTIMA ISTANZA DELLA SOCIETÀ A.C. MILAN S.p.A. AVVERSO LE SANZIONI DELLA
PENALIZZAZIONE DI PUNTI QUARANTAQUATTRO DA SCONTARE NELLA CLASSIFICA 2005/2006 E DI PUNTI
QUINDICI IN CLASSIFICA DA SCONTARE NELLA STAGIONE SPORTIVA 2006/2007 E DELL‟AMMENDA DI €
30.000 INFLITTE A SEGUITO DEL DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE
(Delibera C.A.F. Com. Uff. n. 1/C del 14 luglio 2006).
25. RICORSO DI ULTIMA ISTANZA DEL SIG. GENNARO MAZZEI AVVERSO LA SANZIONE DELL‟INIBIZIONE
PER ANNI UNO A SEGUITO DEL DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE
(Delibera C.A.F. Com. Uff. n. 1/C del 14 luglio 2006).
26. RICORSO DI ULTIMA ISTANZA DEL PROCURATORE FEDERALE AVVERSO LE DECISIONI ADOTTATE
DALLA COMMISSIONE D‟APPELLO FEDERALE NEI CONFRONTI DI PIERLUIGI PAIRETTO, JUVENTUS F.C.,
INNOCENZO MAZZINI, CLAUDIO LOTITO, GIANLUCA ROCCHI, S.S. LAZIO, DIEGO DELLA VALLE, ANDREA
DELLA VALLE, SANDRO MENCUCCI, A.C.F. FIORENTINA, PAOLO BERTINI, PASQUALE RODOMONTI,
MASSIMO DE SANTIS, A.C. MILAN
(Delibera C.A.F. Com. Uff. n. 1/C del 14 luglio 2006).
La Corte Federale, pronunciandosi sui ricorsi come innanzi proposti, in parziale riforma della decisione della Commissione
d‟Appello Federale del 14 luglio 2006, così provvede: - conferma la propria ordinanza del 22 luglio 2006 con riferimento alle
posizioni di Domenico Messina, Paolo Bergamo e Paolo Tagliavento; - dichiara inammissibile l‟appello proposto dal Bologna
F.C. 1909 nei confronti di Innocenzo Mazzini, Fabrizio Babini, Paolo Bertini, Massimo De Santis, Paolo Dondarini, Tullio
Lanese, Gennaro Mazzei, Domenico Messina, Pierluigi Pairetto, Gianluca Paparesta, Claudio Puglisi, Gianluca Rocchi,
Pasquale Rodomonti e Paolo Tagliavento; - proscioglie Paolo Dondarini dall‟incolpazione contestatagli; - determina la
sanzione a carico della Juventus Football Club S.p.A. con riferimento alla stagione sportiva 2006-07, nella penalizzazione di
17 punti in classifica e nella squalifica per 3 giornate di campionato del campo di gara, nonché nell‟ammenda di 120 mila euro,
ferme restando le altre sanzioni già irrogate nella decisione impugnata per le stagioni sportive 2004-05 e 2005-06;
- determina la sanzione a carico di Adriano Galliani in 9 mesi di inibizione;
- determina la sanzione a carico di Leonardo Meani in 2 anni e 6 mesi di inibizione;
- determina la sanzione a carico della A.C.Milan S.p.A. nella penalizzazione di 30 punti da scontare nella classifica 2005-06 e
di 8 punti in classifica da scontare nella stagione sportiva 2006-07 e nella squalifica per una giornata di campionato del campo
di gara, nonché nell‟ammenda di 100mila euro;
- proscioglie Diego Della Valle, la A.C.F. Fiorentina S.p.A., Claudio Lotito, la S.S. Lazio S.p.A., Andrea Della Valle e Sandro
Mencucci dalle incolpazioni loro contestate con riferimento alla gara Lazio-Fiorentina del 22.5.2005;
- dichiara la responsabilità di Diego Della Valle, Andrea Della Valle, Sandro Mencucci, Innocenzo Mazzini e A.C.F.
Fiorentina S.p.A. con riferimento alla gara Chievo Verona- Fiorentina dell‟otto maggio 2005, per violazione dell‟art. 1 del
C.G.S. così modificata l‟originaria incolpazione;
- determina la sanzione a carico di Andrea Della Valle nell‟inibizione per 3 anni e nell‟ammenda di 35 mila euro;
- determina la sanzione a carico di Diego Della Valle in 3 anni e 9 mesi di inibizione e 55 mila euro di ammenda;
- determina la sanzione a carico di Sandro Mencucci in 2 anni e 6 mesi di inibizione;
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DECISIONI INTEGRALI DELLA CORTE FEDERALE - STAGIONE SPORTIVA 2006-2007
- determina la sanzione a carico della A.C.F. Fiorentina S.p.A. nella penalizzazione di 30 punti da scontare nella classifica
2005-06, nella penalizzazione di 19 punti in classifica nella stagione sportiva 2006-07 e nella squalifica del campo di gara per
3 giornate di campionato, nonché nell‟ammenda di 100 mila euro;
- dichiara la responsabilità di Claudio Lotito, Franco Carraro, Innocenzo Mazzini, S.S. Lazio S.p.A. in relazione alla gara
Lazio-Brescia del 2.2.2006 per violazione dell‟art. 1, c.1, del C.G.S., così modificata l‟originaria incolpazione;
- determina la sanzione a carico di Claudio Lotito in 2 anni e 6 mesi di inibizione e nell‟ammenda di 30 mila euro;
- determina la sanzione a carico della S.S. Lazio S.p.A., nella penalizzazione di 30 punti da scontare nella classifica 2005-06 e
di 11 punti in classifica da scontare nella stagione sportiva 2006-07 e nella squalifica del campo di gara per 2 giornate di
campionato, nonché nell‟ammenda di 100 mila euro;
- determina la sanzione a carico di Franco Carraro nell‟ammenda di 80 mila euro con diffida;
- determina la sanzione a carico di Innocenzo Mazzini nella inibizione per 5 anni con proposta al Presidente federale di
preclusione alla permanenza in qualsiasi rango o categoria della F.I.G.C.;
- determina la sanzione a carico di Pierluigi Pairetto nella inibizione per 3 anni e 6 mesi;
- determina la sanzione a carico di Massimo De Santis nella inibizione per 4 anni;
- determina la sanzione a carico di Gennaro Mazzei nella inibizione per 6 mesi;
- determina in 3 mesi di inibizione ciascuno la sanzione a carico di Fabrizio Babini e Claudio Puglisi;
- conferma per il resto la decisione impugnata.
Visto l‟art. 29, comma 13, del C.G.S. dispone la restituzione della tassa versata da Paolo Dondarini, Juventus Football Club
S.p.A., Adriano Galliani, Leonardo Meani, A.C. Milan S.p.A., Andrea Della Valle, Diego Della Valle, Sandro Mencucci,
A.C.F. Fiorentina S.p.A., Claudio Lotito, Franco Carraro, S.S. Lazio S.p.A., Massimo De Santis, Gennaro Mazzei, Fabrizio
Babini e Claudio Puglisi. Dispone l‟incameramento della tassa in tutti gli altri casi.
TESTI DELLE DECISIONI RELATIVE AL COMUNICATO UFFICIALE N. 2/CF DEL 4 AGOSTO 2006
IN MERITO A
1. RICORSO DI ULTIMA ISTANZA DEL SIG. CLAUDIO LOTITO AVVERSO LE SANZIONI DELLA INIBIZIONE PER
ANNI TRE E MESI SEI E DELL‟AMMENDA DI € 10.00,00 INFLITTA A SEGUITO DEL DEFERIMENTO DEL
PROCURATORE FEDERALE
(Delibera C.A.F. Com. Uff. n. 1/C del 14 luglio 2006).
2. RICORSO DI ULTIMA ISTANZA DELLA SOCIETÀ S.S. LAZIO S.P.A. AVVERSO LE SANZIONI DELLA
RETROCESSIONE ALL‟ULTIMO POSTO DELLA CLASSIFICA DEL CAMPIONATO 2005/2006, DELLA
PENALIZZAZIONE DI DODICI PUNTI IN CLASSIFICA NELLA S TAGIONE SPORTIVA 2006/2007 E
DELL‟AMMENDA DI € 40.000,00 INFLITTE A SEGUITO DEL DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE
(Delibera C.A.F. Com. Uff. n. 1/C del 14 luglio 2006).
3. RICORSO DI ULTIMA ISTANZA DEL SIG. MASSIMO DE SANTIS AVVERSO LA SANZIONE DELL‟
INIBIZIONE PER ANNI QUATTRO E MESI SEI INFLITTA A SEGUITO DEL DEFERIMENTO DEL PROCURATORE
FEDERALE
(Delibera C.A.F. Com. Uff. n. 1/C del 14 luglio 2006).
4. RICORSO DI ULTIMA ISTANZA DEL SIG. PAOLO DONDARINI AVVERSO LA SANZIONE DELLA INIBIZIONE
PER ANNI TRE E MESI SEI INFLITTA A SEGUITO DEL DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE
(Delibera C.A.F. Com. Uff. n. 1/C del 14 luglio 2006).
5. RICORSO DI ULTIMA ISTANZA DEL SIG. FABRIZIO BABINI AVVERSO LA SANZIONE DELLA INIBIZIONE DI
ANNI UNO INFLITTA A SEGUITO DEL DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE
(Delibera C.A.F. Com. Uff. n. 1/C del 14 luglio 2006).
6. RICORSO DI ULTIMA ISTANZA DEL SIG. GIANLUCA PAPARESTA AVVERSO LA SANZIONE DELLA
INIBIZIONE PER MESI TRE INFLITTA A SEGUITO DEL DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE
(Delibera C.A.F. Com. Uff. n. 1/C del 14 luglio 2006).
7. RICORSO DI ULTIMA ISTANZA DEL SIG. ANTONIO GIRAUDO AVVERSO LE SANZIONI DELLA INIBIZIONE
PER ANNI CINQUE CON PROPOSTA AL PRESIDENTE FEDERALE DI PRECLUSIONE ALLA PERMANENZA IN
QUALSIASI RANGO O CATEGORIA DELLA F.I.G.C. E DELL‟AMMENDA DI € 20.000,00 INFLITTE A SEGUITO
DEL DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE
(Delibera C.A.F. Com. Uff. n. 1/C del 14 luglio 2006).
8. RICORSO DI ULTIMA ISTANZA DEL SIG. TULLIO LANESE AVVERSO LA SANZIONE DELLA INIBIZIONE
PER ANNI DUE E MESI SEI INFLITTA A SEGUITO DEL DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE
(Delibera C.A.F. Com. Uff. n. 1/C del 14 luglio 2006).
9. RICORSO DI ULTIMA ISTANZA DELLA SOCIETÀ BOLOGNA F.C. 1909 S.p.A. AVVERSO DECISIONI
ADOTTATE A SEGUITO DEL DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE
(Delibera C.A.F. Com. Uff. n. 1/C del 14 luglio 2006).
10. RICORSO DI ULTIMA ISTANZA DELLA SOCIETÀ BRESCIA CALCIO S.P.A. AVVERSO DECISIONI
ADOTTATE A SEGUITO DEL DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE (Delibera C.A.F. Com. Uff. n. 1/C del
14 luglio 2006).
9
DECISIONI INTEGRALI DELLA CORTE FEDERALE - STAGIONE SPORTIVA 2006-2007
11. RICORSO DI ULTIMA ISTANZA DELLA SOCIETÀ JUVENTUS F.C. S.P.A. AVVERSO LE SANZIONI DELLA
RETROCESSIONE ALL‟ULTIMO POSTO IN CLASSIFICA STAGIONE SPORTIVA 2006/2007, DELLA REVOCA
DELL‟ASSEGNAZIONE DEL TITOLO DI CAMPIONE D‟ITALIA 2004/2005, DELLA NON ASSEGNAZIONE DEL
TITOLO DI CAMPIONE D‟ITALIA 2005/2006 E DELL‟AMMENDA DI € 80.000,00 INFLITTE A SEGUITO DEL
DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE
(Delibera C.A.F. Com. Uff. n. 1/C del 14 luglio 2006).
12. RICORSO DI ULTIMA ISTANZA DEL SIG. LUCIANO MOGGI AVVERSO LE SANZIONI DELL‟INIBIZIONE
PER ANNI CINQUE CON PROPOSTA DI PRECLUSIONE ALLA PERMANENZA IN QUALSIASI RANGO O
CATEGORIA DELLA F.I.G.C. E DELL‟AMMENDA DI € 50.000,00 A SEGUITO DEL DEFERIMENTO DEL
PROCURATORE FEDERALE
(Delibera C.A.F. Com. Uff. n. 1/C del 14 luglio 2006).
13. RICORSO DI ULTIMA ISTANZA DEL SIG. PIERLUIGI PAIRETTO AVVERSO LA SANZIONE
DELL‟INIBIZIONE PER ANNI DUE E MESI SEI INFLITTA A SEGUITO DEL DEFERIMENTO DEL
PROCURATORE FEDERALE
(Delibera C.A.F. Com. Uff. n. 1/C del 14 luglio 2006).
14. RICORSO DI ULTIMA ISTANZA DEL SIG. INNOCENZO MAZZINI AVVERSO LA SANZIONE DELLA
INIBIZIONE PER ANNI CINQUE INFLITTA A SEGUITO DEL DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE
(Delibera C.A.F. Com. Uff. n. 1/C del 14 luglio 2006).
15. RICORSO DI ULTIMA ISTANZA DELLA SOCIETÀ LECCE S.P.A. AVVERSO DECISIONI ADOTTATE A SEGUITO
DEL DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE
(Delibera C.A.F. Com. Uff. n. 1/C del 14 luglio 2006).
16. RICORSO DI ULTIMA ISTANZA DEL SIG. CLAUDIO PUGLISI AVVERSO LA SANZIONE DELL‟INIBIZIONE
PER ANNI UNO INFLITTA A SEGUITO DEL DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE
(Delibera C.A.F. Com. Uff. n. 1/C del 14 luglio 2006).
17. RICORSO DI ULTIMA ISTANZA DEL SIG. SANDRO MENCUCCI AVVERSO LE SANZIONI
DELL‟INIBIZIONE PER ANNI TRE E MESI SEI E DELL‟AMMENDA DI € 10.000,00 A SEGUITO D EL
DEFERIMENTO PROCURATORE FEDERALE
(Delibera C.A.F. Com. Uff. n. 1/C del 14 luglio 2006).
18. RICORSO DI ULTIMA ISTANZA DEL SIG. ANDREA DELLA VALLE AVVERSO LE SANZIONI
DELL‟INIBIZIONE PER ANNI TRE E MESI SEI E DELL‟AMMENDA DI € 20.000,00 INFLITTE A SEGUITO DEL
DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE
(Delibera C.A.F. Com. Uff. n. 1/C del 14 luglio 2006).
19. RICORSO DI ULTIMA ISTANZA DEL SIG. DIEGO DELLA VALLE AVVERSO LE SANZIONI
DELL‟INIBIZIONE PER ANNI QUATTRO E DELLA AMMENDA DI € 30.000,00 INFLITTE A SEGUITO DEL
DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE
(Delibera C.A.F. Com. Uff. n. 1/C del 14 luglio 2006).
20. RICORSO DI ULTIMA ISTANZA DELLA SOCIETÀ A.C.F. FIORENTINA S.P.A. AVVERSO LE SANZIONI DELLA
RETROCESSIONE ALL‟ULTIMO POSTO IN CLASSIFICA DEL CAMPIONATO 2005/2006, DELLA
PENALIZZAZIONE DI PUNTI DODICI IN CLASSIFICA NELLA STAGIONE S PORTIVA 2006/2007, E DELLA
AMMENDA DI € 50.000,00 INFLITTE A SEGUITO DEL DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE
(Delibera C.A.F. Com. Uff. n. 1/C del 14 luglio 2006).
21. RICORSO DI ULTIMA ISTANZA DEL SIG. FRANCO CARRARO AVVERSO LA SANZIONE
DELL‟INIBIZIONE PER ANNI QUATTRO E MESI SEI INFLITTA A SEGUITO DEL DEFERIMENTO DEL
PROCURATORE FEDERALE
(Delibera C.A.F. Com. Uff. n. 1/C del 14 luglio 2006).
22. RICORSO DI ULTIMA ISTANZA DEL SIG. LEONARDO MEANI AVVERSO LA SANZIONE DELL‟INIBIZIONE
PER ANNI TRE E MESI SEI INFLITTA A SEGUITO DEL DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE
(Delibera C.A.F. Com. Uff. n. 1/C del 14 luglio 2006).
23. RICORSO DI ULTIMA ISTANZA DEL SIG. ADRIANO GALLIANI AVVERSO LA SANZIONE
DELL‟INIBIZIONE PER ANNI UNO INFLITTA A SEGUITO DEL DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE
(Delibera C.A.F. Com. Uff. n. 1/C del 14 luglio 2006).
24. RICORSO DI ULTIMA ISTANZA DELLA SOCIETÀ A.C. MILAN S.p.A. AVVERSO LE SANZIONI DELLA
PENALIZZAZIONE DI PUNTI QUARANTAQUATTRO DA SCONTARE NELLA CLASSIFICA 2005/2006 E DI
PUNTI QUINDICI IN CLASSIFICA DA SCONTARE NELLA STAGIONE SPORTIVA 2006/2007 E
DELL‟AMMENDA DI € 30.000,00 INFLITTE A SEGUITO DEL DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE
(Delibera C.A.F. Com. Uff. n. 1/C del 14 luglio 2006).
25. RICORSO DI ULTIMA ISTANZA DEL SIG. GENNARO MAZZEI AVVERSO LA SANZIONE DELL‟INIBIZIONE
PER ANNI UNO A SEGUITO DEL DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE
(Delibera C.A.F. Com. Uff. n. 1/C del 14 luglio 2006).
26. RICORSO DI ULTIMA ISTANZA DEL PROCURATORE FEDERALE AVVERSO LE DECISIONI ADOTTATE
DALLA COMMISSIONE D‟APPELLO FEDERALE NEI CONFRONTI DI PIERLUIGI PAIRETTO, JUVENTUS F.C.
INNOCENZO MAZZINI, CLAUDIO OTITO, GIANLUCA ROCCHI, S.S. LAZIO, DIEGO DELLA VALLE, ANDREA
10
DECISIONI INTEGRALI DELLA CORTE FEDERALE - STAGIONE SPORTIVA 2006-2007
DELLA VALLE, SANDRO MENCUCCI, A.C.F. FIORENTINA PAOLO BERTINI, PASQUALE RODOMONTI,
MASSIMO DE SANTIS, A.C. MILAN
(Delibera C.A.F. Com. Uff. n. 1/C del 14 luglio 2006).
Pertanto, la Corte Federale ha pronunciato la seguente decisione, in merito agli appelli in epigrafe specificati, sulla base delle
osservazioni che seguono.
I - ATTO DI DEFERIMENTO
Invero, il presente procedimento trae origine dai deferimenti disposti in data 23 giugno 2006 dal Procuratore Federale nei
confronti delle seguenti persone giuridiche e fisiche:
INCOLPAZIONI RELATIVE ALLA POSIZIONE DELLA FC JUVENTUS S.P.A.
1. Luciano Moggi, Antonio Giraudo, Innocenzo Mazzini, Paolo Bergamo, Pierluigi Pairetto, Tullio Lanese e Massimo De
Santis, di violazione dell‟art. 1, comma 1, C.G.S. e dell‟art. 6, commi 1 e 2, C.G.S., per aver posto in essere, nelle rispettive
qualità ricoperte all‟epoca dei fatti, le condotte descritte nella parte motiva, in particolare nella sezione III, consistite, fra
l‟altro, nell‟avere intrattenuto i contatti, realizzati anche su linee telefoniche riservate, e partecipato agli incontri, con
modalità non pubbliche, sopra menzionati; condotte contrarie ai principi di lealtà probità e correttezza e, al contempo, dirette
a procurare un vantaggio alla società Juventus, mediante il condizionamento del regolare funzionamento del settore arbitrale
e la lesione dei principi di alterità, terzietà, imparzialità ed indipendenza, propri della funzione arbitrale. Con
l‟aggravante di cui al comma 6, dell‟art. 6, C.G.S., per la pluralità di condotte poste in essere e per l‟effettivo
conseguimento del vantaggio in classifica.
2. La società Juventus F.C. SpA, della responsabilità diretta e presunta prevista dagli artt.
6, 9, comma 3, e 2, comma 4, C.G.S., in ordine a quanto ascritto nel capo che precede ai suoi dirigenti forniti di legale
rappresentanza e agli altri soggetti non tesserati per essa società. Con l‟aggravante di cui al comma 6, dell‟art. 6, C.G.S.,
per la pluralità di condotte poste in essere e per l‟effettivo conseguimento del vantaggio in classifica.
3. Moggi e Giraudo, di violazione dei principi di lealtà, probità e correttezza di cui all‟art. 1, comma 1, C.G.S. per avere
tenuto, al termine della gara Reggina – Juventus del 6 novembre 2004, la condotta descritta nella parte motiva al punto
nei confronti della terna arbitrale.
4. La società Juventus di responsabilità diretta ai sensi dell‟art. 2, comma 4, C.G.S. in ordine agli addebiti contestati ai
suoi dirigenti al capo che precede.
5. Paparesta e Ingargiola, di violazione dei principi di lealtà, probità e correttezza di cui all‟art. 1, comma 1, C.G.S. per
avere omesso la segnalazione della condotta sopra descritta al capo C) tenuta da Moggi e Giraudo, come descritto nella parte
motiva.
6. Lanese, di violazione dei principi di lealtà, probità e correttezza di cui all‟art. 1, comma 1, C.G.S. per avere avallato e
consigliato il suddetto comportamento omissivo posto in essere da Ingargiola come descritto nella parte motiva.
7. Moggi, di violazione degli artt. 6, comma 1, prima parte, C.G.S., per aver posto in essere atti diretti ad alterare lo
svolgimento delle gare Juventus-Lazio del 5 dicembre 2004 e Bologna-Juventus del 12 dicembre 2004 come descritto nella
parte motiva, e dell‟art. 1, comma 1, C.G.S. in relazione alla gara Juventus-Udinese del 13 febbraio 2005, per aver posto in
essere le condotte descritte nella parte motiva, relativamente a tale ultima gara. Con l‟aggravante di cui al comma 6
dell‟art. 6 C.G.S., per la pluralità di condotte poste in essere.
8. Paolo Bergamo, di violazione dell‟art. 6, comma 1, prima parte, C.G.S., per aver tentato di alterare lo svolgimento della
gara Juventus-Udinese del 13 febbraio 2005, secondo quanto descritto nella parte motiva relativa alla gara suddetta.
9. Massimo De Santis, di violazione dell‟art. 6, comma 1, prima parte, C.G.S., per aver aderito al disegno di Moggi
finalizzato all‟alterazione dello svolgimento della gara Bologna- Juventus del 12 dicembre 2004, attraverso il ricorso alle
ammonizioni di giocatori diffidati nella precedente gara Fiorentina-Bologna del 5 dicembre 2004, secondo quanto descritto
nella parte motiva relativa alla gara suddetta.
10. la F.C. Juventus S.p.A., di responsabilità diretta e presunta ai sensi degli artt. 6, comma 1, 9, comma 3, e 2,
comma 4, C.G.S., per quanto ascritto nei capi 7, 8 e 9 al suo dirigente con legale rappresentanza e agli altri soggetti non
tesserati per la stessa società.
Con l‟aggravante di cui al comma 6 dell‟art. 6 C.G.S., per la pluralità di condotte poste in essere.
INCOLPAZIONI RELATIVE ALLA POSIZIONE DELLA S.S. LAZIO S.P.A.
Gara Lazio – Brescia
11. Claudio Lotito, presidente del consiglio di gestione della S.S. Lazio S.p.A., per avere, in prima persona o tramite altri,
avviato e coltivato contatti con il presidente della F.I.G.C. Franco Carraro affinché questi a sua volta esercitasse pressioni
sul designatore arbitrale Paolo Bergamo e sull‟arbitro designato per la gara, tendenti ad ottenere un vantaggio per la S.S.
Lazio S.p.A. conseguente all‟alterazione del risultato e comunque, dello svolgimento della gara in esame per il tramite della
designazione di un arbitro favorevole alla Lazio e di una conseguente direzione di gara da parte dello stesso che concretizzasse
tale atteggiamento di favore in violazione dell‟art. 6, commi 1 e 2, del C.G.S., come descritto nella parte motiva
relativa alla gara in oggetto.
12. Franco Carraro, nella qualità di presidente della F.I.G.C., per avere esercitato pressioni sul designatore arbitrale Paolo
Bergamo affinché questi a sua volta intervenisse nei confronti dell‟arbitro designato per la gara, al fine di ottenere un
vantaggio per la S.S. Lazio S.p.A. conseguente all‟alterazione del risultato e, comunque, dello svolgimento della gara in
esame per il tramite della designazione di un arbitro favorevole alla Lazio e di una conseguente direzione di gara da parte
dello stesso che concretizzasse tale atteggiamento di favore in violazione dell‟art. 6, commi 1 e 2, del C.G.S., come descritto
nella parte motiva relativa alla gara in oggetto.
11
DECISIONI INTEGRALI DELLA CORTE FEDERALE - STAGIONE SPORTIVA 2006-2007
13. Paolo Bergamo, nella qualità di designatore arbitrale, per avere esercitato pressioni sull‟arbitro designato per la gara,
al fine di ottenere un vantaggio per la S.S. Lazio S.p.A. conseguente all‟alterazione del risultato e, comunque, dello
svolgimento della gara in esame per il tramite di una direzione da parte del direttore di gara che concretizzasse tale
atteggiamento di favore in violazione dell‟art. 6, commi 1 e 2, del C.G.S., come descritto nella parte motiva relativa alla gara
in oggetto.
14. Innocenzo Mazzini, nella qualità di vice presidente della F.I.G.C., per non aver adempiuto all‟obbligo, che gli faceva capo
in qualità di dirigente della F.I.G.C., di informare senza indugio i competenti organi federali di essere venuto a conoscenza che
terzi avevano posto o stavano per porre in essere atti diretti ad alterare lo svolgimento ed il risultato della gara Lazio –
Brescia del 2 febbraio 2005, in violazione dell‟art. 6, comma 7, del C.G.S., come descritto nella parte motiva relativa alla gara
in oggetto.
15. S.S. Lazio S.p.A., a titolo di responsabilità diretta e presunta, ai sensi dell‟art 6, commi 3 e 4, dell‟art. 2, comma 4, e
dell‟art. 9, comma 3, del C.G.S., con riferimento alle condotte sopra descritte, rispettivamente tenute dal suo legale
rappresentante e da terzi nel suo interesse.
Gara Chievo Verona – Lazio
16. Claudio Lotito, presidente del consiglio di gestione della S.S. Lazio S.p.A., per avere in prima persona avviato e coltivato
contatti con il vice presidente della F.I.G.C. lnnocenzo Mazzini affinché questi a sua volta esercitasse pressioni sui
designatori arbitrali Paolo Bergamo e Pier Luigi Pairetto tendenti ad ottenere un vantaggio per la S.S. Lazio S.p.A.
conseguente all‟alterazione del risultato e, comunque, dello svolgimento della gara in esame per il tramite della
designazione di un arbitro favorevole alla Lazio e di una conseguente direzione di gara da parte dello stesso
che concretizzasse tale atteggiamento di favore in violazione dell‟art. 6, commi 1 e 2, del C.G.S., come descritto nella
parte motiva relativa alla gara in oggetto.
17. Innocenzo Mazzini, all‟epoca dei fatti vice presidente della F.I.G.C., Paolo Bergamo e Pierluigi Pairetto, all‟epoca dei
fatti designatori arbitrali dell‟A.I.A e Gianluca Rocchi, arbitro della CAN A, perché con le rispettive condotte sopra descritte e
con i contatti, diretti o per interposta persona, intercorsi fra gli stessi, hanno posto in essere atti diretti ad alterare lo
svolgimento ed il risultato della gara Chiedo Verona – Lazio dei 20 febbraio 2005, in violazione dell‟art. 6, commi 1
e 2, C.G.S., come descritto nella parte motiva relativa alla gara in oggetto.
18. S.S. Lazio S.p.A., a titolo di responsabilità diretta e presunta, ai sensi dell‟art 6, commi 3 e 4, dell‟art. 2, comma 4, e
dell‟art. 9, comma 3, del C.G.S., con riferimento alle condotte sopra descritte, rispettivamente tenute dal suo legale
rappresentante e da terzi nel suo interesse.
19. Cosimo Maria Ferri, all‟epoca dei fatti componente della commissione vertenze economiche in seno alla F.I.G.C., per non
aver adempiuto all‟obbligo, che egli aveva in qualità di dirigente della F.I.G.C., di informare senza indugio i competenti
organi federali di essere venuto a conoscenza che terzi avevano posto o stavano per porre in essere atti diretti ad alterare
lo svolgimento ed il risultato della gara Chievo Verona – Lazio del 20 febbraio 2005, in violazione dell‟art. 6, comma 7,
C.G.S., come descritto nella parte motiva relativa alla gara in oggetto.
Gara Lazio – Parma
20. Claudio Lotito, presidente del consiglio di gestione della S.S. Lazio S.p.A., per avere in prima persona avviato e coltivato
contatti con il vice presidente della F.I.G.C. lnnocenzo Mazzini affinché questi a sua volta esercitasse pressioni sui
designatori arbitrali Paolo Bergamo e Pier Luigi Pairetto tendenti ad ottenere un vantaggio per la S.S. Lazio S.p.A.
conseguente all‟alterazione del risultato e, comunque, dello svolgimento della gara in esame per il tramite della
designazione di un arbitro favorevole alla Lazio e di una conseguente direzione di gara da parte dello stesso
che concretizzasse tale atteggiamento di favore in violazione dell‟art. 6, commi 1 e 2, del C.G.S., come descritto nella
parte motiva relativa alla gara in oggetto.
21. Innocenzo Mazzini, all‟epoca dei fatti vice presidente della F.I.G.C., Paolo Bergamo e Pierluigi Pairetto, all‟epoca dei
fatti designatori arbitrali dell‟A.I.A e Domenico Messina, arbitro della CAN A, perché con le rispettive condotte sopra
descritte e con i contatti, diretti o per interposta persona, intercorsi fra gli stessi, hanno posto in essere atti diretti ad
alterare lo svolgimento ed il risultato della gara Lazio – Parma del 27 febbraio 2005, in violazione dell‟art. 6 commi l e 2
C.G.S., come descritto nella parte motiva concernente la gara in oggetto.
22. S.S. Lazio S.p.A., a titolo di responsabilità diretta e presunta, ai sensi dell‟art 6, commi 3 e 4, dell‟art. 2, comma 4, e
dell‟art. 9, comma 3, C.G.S., con riferimento alle condotte sopra descritte, rispettivamente tenute dal suo legale
rappresentante e da terzi nel suo interesse.
Gara Bologna – Lazio
23. Claudio Lotito, presidente del consiglio di gestione della S.S. Lazio S.p.A., per avere in prima persona avviato e coltivato
contatti con il vice presidente della F.I.G.C. Innocenzo Mazzini affinché questi a sua volta esercitasse pressioni sui
designatori arbitrali Paolo Bergamo e Pier Luigi Pairetto tendenti ad ottenere un vantaggio per la S.S. Lazio S.p.A.
conseguente all‟alterazione del risultato e, comunque, dello svolgimento della gara in esame per il tramite della
designazione di un arbitro favorevole alla Lazio e di una conseguente direzione di gara da parte dello stesso
che concretizzasse tale atteggiamento di favore in violazione dell‟art. 6, commi 1 e 2, del C.G.S., come descritto nella
parte motiva relativa alla gara in oggetto.
24. Innocenzo Mazzini, all‟epoca dei fatti vice presidente della F.I.G.C., Paolo Bergamo e Pierluigi Pairetto, all‟epoca dei
fatti designatori arbitrali dell‟A.I.A, e Paolo Tagliavento, arbitro della CAN A, perché con le rispettive condotte sopra
descritte e con i contatti, diretti o per interposta persona, intercorsi fra gli stessi, hanno posto in essere atti diretti ad
alterare lo svolgimento ed il risultato della gara BOLOGNA – Lazio del 17 aprile 2005, in violazione dell‟art. 6 commi l
12
DECISIONI INTEGRALI DELLA CORTE FEDERALE - STAGIONE SPORTIVA 2006-2007
e 2 C.G.S., come descritto nella parte motiva relativa alla gara in oggetto.
25. S.S. Lazio S.p.A., a titolo di responsabilità diretta e presunta, ai sensi dell‟art 6, commi
3 e 4, dell‟art. 2, comma 4, e dell‟art. 9, comma 3, C.G.S. con riferimento alle condotte sopra descritte, rispettivamente
tenute dal suo legale rappresentante e da terzi nel suo interesse.
Aggravanti
26. Con l‟aggravante di cui all‟art. 6, comma 6, C.G.S., a carico del Lotito, Bergamo, Pairetto e Mazzini, per la
pluralità di condotte poste in essere.
INCOLPAZIONI RELATIVE ALLA POSIZIONE DELLA ACF FIORENTINA S.P.A.
Gara Lazio – Fiorentina
27. Diego Della Valle, presidente onorario della A.C.F. Fiorentina S.p.A., per avere rivolto una proposta al presidente
della S.S. Lazio S.p.A. Claudio Lotito, avente ad oggetto un‟ipotesi di combine, con riferimento alla gara di
campionato in programma il 22 maggio
2005 tra Lazio e Fiorentina ed in particolare a raggiungere un accordo su un risultato di parità tra le due squadre (art. 6,
comma 1 e 2 C.G.S.), come descritto nella parte motiva relativa alla gara in oggetto.
28. A.C.F. Fiorentina S.p.A., a titolo di responsabilità oggettiva, ex artt. 2, commi 3 e 4; e 6, comma 4, C.G.S., con
riferimento alla condotta tenuta dal dirigente della società in questione, sopra descritta.
29. Claudio Lotito, presidente del consiglio di gestione della S.S. Lazio s.p.a, per non avere adempiuto all‟obbligo, che
gli faceva capo in qualità di tesserato, di informare, senza indugio, i competenti organi federali, in merito alla proposta
rivoltagli dal presidente della A.C.F. Fiorentina S.p.A, con riferimento alla gara di campionato in programma il 22
maggio 2005 tra Lazio e Fiorentina, proposta di per sé integrante gli estremi della violazione del comma 1 dell‟art. 6
C.G.S. (art. 6, ultimo comma, C.G.S.), come descritto nella parte concernente la gara in oggetto.
30. S.S. Lazio S.p.A., a titolo di responsabilità diretta, ex art. 2, comma 4 C.G.S., con riferimento alla condotta tenuta
dal suo dirigente come sopra descritta.
31. Cosimo Maria Ferri, componente della commissione vertenze economiche in seno alla F.I.G.C., per non avere adempiuto
all‟obbligo, che gli faceva capo in qualità di dirigente della F.I.G.C., di informare, senza indugio, i competenti organi
federali, in merito alla proposta di combine rivolta dal presidente della A.C.F. Fiorentina S.p.A. Diego Della Valle al
presidente della S.S. Lazio S.p.A. Claudio Lotito, con riferimento alla gara di campionato in programma il 22 maggio 2005
tra Lazio e Fiorentina, proposta di per sé integrante gli estremi della violazione del comma 1 dell‟art. 6 C.G.S. e della
quale egli risulta dagli atti avere avuto notizia certa in virtù dei particolari rapporti di conoscenza con il presidente Lotito
(art. 6, ultimo comma, C.G.S.), come descritto nella parte motiva concernente la gara in oggetto.
32. Diego Della Valle, presidente onorario della A.C.F. Fiorentina S.p.A., per avere avviato e coltivato contatti, in prima
persona o tramite il fratello Andrea o il consigliere delegato Sandro Mencucci, con il dirigente della F.C. Juventus
Luciano Moggi, con il vice presidente della F.I.G.C. Innocenzo Mazzini e con il designatore arbitrale Paolo Bergamo, e per
aver esercitato pressioni nei confronti degli stessi, tendenti ad ottenere un vantaggio per la A.C.F. Fiorentina S.p.A.,
conseguente alla alterazione del risultato e, comunque, dello svolgimento della gara in esame, per il tramite della
designazione di un arbitro favorevole alla Fiorentina e di una conseguente direzione di gara, da parte dello stesso, che
concretizzasse tale atteggiamento di favore (ex art. 6, comma 1 e 2, C.G.S.), come descritto nella parte motiva concernente
la gara in oggetto.
33. Andrea Della Valle, presidente del consiglio di amministrazione della A.C.F. Fiorentina S.p.A., per avere avviato e
coltivato contatti, in prima persona o tramite il consigliere delegato Sandro Mencucci, con il dirigente della F.C. Juventus
Luciano Moggi, con il vice presidente della F.I.G.C. Innocenzo Mazzini e con il designatore arbitrale Paolo Bergamo e per
aver esercitato pressioni nei confronti degli stessi, tendenti ad ottenere un vantaggio per la A.C.F. Fiorentina S.p.A.,
conseguente alla alterazione del risultato e, comunque, dello svolgimento della gara in esame, per il tramite della
designazione di un arbitro favorevole alla Fiorentina e di una conseguente direzione di gara, da parte dello stesso, che
concretizzasse tale atteggiamento di favore (ex art. 6, comma 1 e 2, C.G.S.), come descritto nella parte motiva concernente
la gara in oggetto.
34. Sandro Mencucci, consigliere delegato ed amministratore esecutivo della A.C.F. Fiorentina, per avere avviato e
coltivato contatti con il vice presidente della F.I.G.C. Innocenzo Mazzini e con il designatore arbitrale Paolo Bergamo
e per aver esercitato pressioni nei confronti degli stessi, tendenti ad ottenere un vantaggio per la A.C.F. Fiorentina
S.p.A., conseguente alla alterazione del risultato e, comunque, dello svolgimento della gara in esame, per il tramite
della designazione di un arbitro favorevole alla Fiorentina e di una conseguente direzione di gara, da parte dello stesso,
che concretizzasse tale atteggiamento di favore (ex art. 6, comma 1 e 2, C.G.S.), come descritto nella parte motiva
concernente la gara in oggetto.
35. Innocenzo Mazzini, vice presidente della F.I.G.C., per essersi reso parte attiva, quale protagonista di primo piano, nella
instaurazione e consolidamento dei contatti tra i dirigenti della A.C.F. Fiorentina S.p.A. ed il designatore arbitrale Paolo
Bergamo, tendenti ad ottenere un vantaggio per la A.C.F. Fiorentina S.p.A., conseguente alla alterazione del risultato e,
comunque, dello svolgimento della gara in esame, per il tramite della designazione di un arbitro favorevole alla
Fiorentina e di una conseguente direzione di gara, da parte dello stesso, che concretizzasse tale atteggiamento di favore
(ex art. 6, comma 1 e 2, C.G.S.), come descritto nella parte motiva concernente la gara in oggetto.
36. Paolo Bergamo, commissario della Commissione nazionale arbitri di serie A e B, per essersi reso disponibile,
nonostante i particolari doveri di riservatezza, autonomia ed imparzialità connessi alla funzione esercitata, alla
attivazione ed al successivo consolidamento di contatti con i dirigenti della A.C.F. Fiorentina S.p.A., anche per il tramite del
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vice presidente federale Innocenzo Mazzini, ed in particolare a ricevere e assecondare pressioni e richieste, da parte di
questi ultimi, tendenti ad ottenere un vantaggio per la A.C.F. Fiorentina S.p.A., conseguente alla alterazione del risultato
e, comunque, dello svolgimento della gara in esame, per il tramite della designazione, da parte sua, di un arbitro
favorevole alla Fiorentina e di una conseguente direzione di gara, da parte dello stesso, che concretizzasse tale
atteggiamento di favore (ex art. 6, comma 1 e 2, C.G.S.), come descritto nella parte motiva concernente la gara in oggetto.
37. A.C.F. Fiorentina S.p.A., a titolo di responsabilità, sia oggettiva che diretta, ex artt. 2 commi 3 e 4; e 6, commi 2, 3 e 4
C.G.S., con riferimento alla condotta tenuta dai dirigenti della società in questione, sopra descritta; ed a titolo di
responsabilità presunta, ex art. 9 comma 3, richiamato dall‟art. 6, comma 4, C.G.S., con riferimento alla condotta, sopra
descritta, tenuta dai soggetti estranei alla società in questione, sopra indicati.
Gara Bologna – Fiorentina
38. Diego Della Valle, presidente onorario della A.C.F. Fiorentina S.p.A., per avere, in prima persona o tramite il
fratello Andrea Della Valle o il consigliere delegato Sandro Mencucci, avviato e coltivato contatti con il vice
presidente della F.I.G.C. Innocenzo Mazzini e/o con il designatore arbitrale Paolo Bergamo e per aver esercitato pressioni
nei confronti degli stessi, tendenti ad ottenere un vantaggio per la A.C.F. Fiorentina S.p.A., conseguente alla alterazione
del risultato e, comunque, dello svolgimento della gara in esame, per il tramite della designazione di un arbitro
favorevole alla Fiorentina e di una conseguente direzione di gara, da parte dello stesso, che concretizzasse tale
atteggiamento di favore (ex art. 6, comma 1 e 2, C.G.S.), come descritto nella parte motiva concernente la gara in oggetto.
39. Andrea Della Valle, presidente del consiglio di amministrazione della A.C.F. Fiorentina S.p.A., per avere avviato e
coltivato contatti, in prima persona o tramite il consigliere delegato Sandro Mencucci, con il vice presidente della F.I.G.C.
Innocenzo Mazzini e con il designatore arbitrale Paolo Bergamo e per aver esercitato pressioni nei confronti degli stessi,
tendenti ad ottenere un vantaggio per la A.C.F. Fiorentina S.p.A., conseguente alla alterazione del risultato e, comunque, dello
svolgimento della gara in esame, per il tramite della designazione di un arbitro favorevole alla Fiorentina e di una
conseguente direzione di gara, da parte dello stesso, che concretizzasse tale atteggiamento di favore (ex art. 6, comma 1 e 2,
C.G.S.), come descritto nella parte motiva concernente la gara in oggetto.
40. Sandro Mencucci, consigliere delegato ed amministratore esecutivo della A.C. F. Fiorentina S.p.A., per avere
avviato e coltivato contatti con il vice presidente della F.I.G.C. Innocenzo Mazzini e con il designatore arbitrale Paolo
Bergamo e per aver esercitato pressioni nei confronti degli stessi, tendenti ad ottenere un vantaggio per la A.C.F.
Fiorentina S.p.A., conseguente alla alterazione del risultato e, comunque, dello svolgimento della gara in esame, per
il tramite della designazione di un arbitro favorevole alla Fiorentina e di una conseguente direzione di gara, da parte
dello stesso, che concretizzasse tale atteggiamento di favore (ex art. 6, comma 1 e 2, C.G.S.), come descritto nella
parte motiva concernente la gara in oggetto.
41. Innocenzo Mazzini, vice presidente della F.I.G.C., per essersi reso parte attiva e protagonista, nella instaurazione
e successivo consolidamento dei contatti tra i dirigenti della A.C.F. Fiorentina S.p.A. ed il designatore arbitrale Paolo
Bergamo, tendenti ad ottenere un vantaggio per la A.C.F. Fiorentina S.p.A., conseguente alla alterazione del risultato e,
comunque, dello svolgimento della gara in esame, per il tramite della designazione di un arbitro favorevole alla
Fiorentina e di una conseguente direzione di gara, da parte dello stesso, che concretizzasse tale atteggiamento di favore
(ex art. 6, comma 1 e 2, C.G.S.), come descritto nella parte motiva concernente la gara in oggetto.
42. Paolo Bergamo, commissario della Commissione nazionale arbitri di serie A e B: per essersi reso disponibile,
nonostante i particolari doveri di riservatezza, autonomia ed imparzialità, connessi alla
funzione
esercitata,
alla
attivazione ed al successivo consolidamento di contatti con i dirigenti della A.C.F. Fiorentina S.p.A., anche per il tramite
del vice presidente federale, Mazzini, ed in particolare a ricevere ed assecondare pressioni e richieste, da parte di
questi ultimi, tendenti ad ottenere un vantaggio per la A.C.F. Fiorentina S.p.A., conseguente alla alterazione del
risultato e, comunque, dello svolgimento della gara in esame, per il tramite della designazione, da parte sua, di un arbitro
favorevole alla Fiorentina e di una conseguente direzione di gara, da parte dello stesso, che concretizzasse tale
atteggiamento di favore (ex art. 6, comma 1 e 2, C.G.S.), come descritto nella parte motiva concernente la gara in oggetto.
43. Paolo Bertini, arbitro della CAN di serie A e B, per avere ricevuto ed accolto, conformandosi alle stesse,
indicazioni e direttive specifiche dal designatore arbitrale Paolo Bergamo, circa il comportamento da tenere nel corso della
propria direzione della gara in esame, tendenti, in particolare, a garantire un arbitraggio di favore per la Fiorentina e,
possibilmente, il risultato della vittoria per quest‟ultima (ex art. 6, comma 1 e 2, C.G.S.), come descritto nella parte motiva
concernente la gara in oggetto.
44. A.C.F. Fiorentina S.p.A., a titolo di responsabilità, sia oggettiva che diretta, ex artt. 2, commi 3 e 4; e 6, commi 2, 3 e 4,
C.G.S., con riferimento alla condotta tenuta dai dirigenti della società in questione, sopra descritta; ed a titolo di
responsabilità presunta, ex art. 9 comma 3, richiamato dall‟art. 6, comma 4, C.G.S., con riferimento alla condotta, sopra
descritta, tenuta dai soggetti estranei alla società in questione, sopra indicati.
Gara Chievo Verona – Fiorentina
45. Diego Della Valle, presidente onorario della A.C.F. Fiorentina S.p.A., per avere avviato e coltivato, in prima persona o
tramite il fratello Andrea o il consigliere delegato Sandro Mencucci, contatti con il dirigente della F.C. Juventus
Luciano Moggi, con il vice presidente della F.I.G.C. Innocenzo Mazzini e con il designatore arbitrale Paolo Bergamo e
per aver esercitato pressioni nei confronti degli stessi, tendenti ad ottenere un vantaggio per la A.C.F. Fiorentina S.p.A.,
conseguente alla alterazione del risultato e, comunque, dello svolgimento della gara in esame, per il tramite della
designazione di un arbitro favorevole alla Fiorentina e di una conseguente direzione di gara, da parte dello stesso,che
concretizzasse tale atteggiamento di favore (ex art. 6, comma 1 e 2, C.G.S.), come descritto nella parte motiva concernente
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la gara in oggetto.
46. Andrea Della Valle, presidente del consiglio di amministrazione della A.C.F. Fiorentina S.p.A., per avere avviato e
coltivato, in prima persona o tramite il consigliere delegato Sandro Mencucci, contatti con il dirigente della F.C.
Juventus Luciano Moggi, con il vice presidente della F.I.G.C. Innocenzo Mazzini e con il designatore arbitrale Paolo
Bergamo e per aver esercitato pressioni nei confronti degli stessi, tendenti ad ottenere un vantaggio per la A.C.F. Fiorentina
S.p.A., conseguente alla alterazione del risultato e, comunque, dello svolgimento della gara in esame, per il tramite
della designazione di un arbitro favorevole alla Fiorentina e di una conseguente direzione di gara, da parte dello stesso,
che concretizzasse tale atteggiamento di favore (ex art. 6, comma 1 e 2, C.G.S.), come descritto nella parte motiva
concernente la gara in oggetto.
47. Sandro Mencucci, consigliere delegato ed amministratore esecutivo della A.C. F. Fiorentina, per avere avviato e
coltivato contatti con il vice presidente della F.I.G.C. Innocenzo Mazzini e con il designatore arbitrale Paolo Bergamo
e per aver esercitato pressioni nei confronti degli stessi, tendenti ad ottenere un vantaggio per la A.C.F. Fiorentina
S.p.A., conseguente alla alterazione del risultato e, comunque, dello svolgimento della gara in esame, per il tramite
della designazione di un arbitro favorevole alla Fiorentina e di una conseguente direzione di gara, da parte dello
stesso, che concretizzasse tale atteggiamento di favore (ex art. 6, comma 1 e 2, C.G.S.), come descritto nella parte
motiva concernente la gara in oggetto.
48. Innocenzo Mazzini, vice presidente della F.I.G.C., per essersi reso parte attiva e nel caso di specie, a tratti,
protagonista assoluto, nella instaurazione e successivo consolidamento dei contatti tra i dirigenti della A.C.F.
Fiorentina S.p.A. ed il designatore arbitrale Paolo Bergamo, tendenti ad ottenere un vantaggio per la A.C.F. Fiorentina S.p.A.,
conseguente alla alterazione del risultato e, comunque, dello svolgimento della gara in esame, per il tramite della
designazione di un arbitro favorevole alla Fiorentina e di una conseguente direzione di gara, da parte dello stesso,
che concretizzasse tale atteggiamento di favore (ex art. 6, commi 1 e 2, C.G.S.), come descritto nella parte motiva
concernente la gara in oggetto.
49. Paolo Bergamo, commissario della commissione nazionale arbitri di serie A e B, per essersi reso disponibile,
nonostante i particolari doveri di riservatezza, autonomia ed imparzialità, connessi alla
funzione
esercitata,
alla
attivazione ed al successivo consolidamento di contatti con i dirigenti della A.C.F. Fiorentina S.p.A., anche per il tramite
del vice presidente federale, Mazzini, ed in particolare a ricevere ed assecondare pressioni e richieste, da parte di
questi ultimi, tendenti ad ottenere un vantaggio per la A.C.F. Fiorentina S.p.A., conseguente alla alterazione del
risultato e, comunque, dello svolgimento della gara in esame, per il tramite della designazione, da parte sua, di un arbitro
favorevole alla Fiorentina e di una conseguente direzione di gara, da parte dello stesso, che concretizzasse tale
atteggiamento di favore (ex art. 6, commi 1 e 2, C.G.S.), come descritto nella parte motiva concernente la gara in oggetto.
50. Paolo Dondarini, arbitro della CAN di serie A e B, per avere ricevuto ed accolto, conformandosi alle stesse,
indicazioni e direttive specifiche dal designatore arbitrale Paolo Bergamo, circa il comportamento da tenere nel corso della
propria direzione della gara in esame, tendenti, in particolare, a garantire un arbitraggio di favore per la Fiorentina e,
nello specifico, il risultato della vittoria per quest‟ultima (ex art. 6, commi 1 e 2, C.G.S.), come descritto nella parte
motiva concernente la gara in oggetto.
51. A.C.F. Fiorentina S.p.A., a titolo di responsabilità sia oggettiva che diretta, ex artt. 2, commi 3 e 4; e 6, commi 2, 3 e 4
C.G.S., con riferimento alla condotta tenuta dai dirigenti della società in questione, sopra descritta; ed a titolo di
responsabilità presunta, ex art. 9 comma 3, richiamato dall‟art. 6, comma 4, C.G.S., con riferimento alla condotta, sopra
descritta, tenuta dai soggetti estranei alla società in questione, sopra indicati.
Gara Fiorentina – Atalanta
52. Diego Della Valle, presidente onorario della A.C.F. Fiorentina S.p.A., per avere avviato e coltivato contatti, in prima
persona o tramite il fratello Andrea o il consigliere delegato Sandro Mencucci, con il dirigente della F.C. Juventus
Luciano Moggi, con il vice presidente della F.I.G.C. Innocenzo Mazzini e con il designatore arbitrale Paolo Bergamo e
per aver esercitato pressioni nei confronti degli stessi, tendenti ad ottenere un vantaggio per la A.C.F. Fiorentina S.p.A.,
conseguente alla alterazione del risultato e, comunque, dello svolgimento della gara in esame, per il tramite della
designazione di un arbitro favorevole alla Fiorentina e di una conseguente direzione di gara, da parte dello stesso, che
concretizzasse tale atteggiamento di favore (ex art. 6, commi 1 e 2, C.G.S.), come descritto nella parte motiva concernente
la gara in oggetto.
53. Andrea Della Valle, presidente del consiglio di amministrazione della A.C.F. Fiorentina S.p.A., per avere avviato e
coltivato contatti, in prima persona o per il tramite del consigliere delegato Sandro Mencucci, con il dirigente della F.C.
Juventus S.p.A. Luciano Moggi, con il vice presidente della F.I.G.C. lnnocenzo Mazzini e con il designatore arbitrale Paolo
Bergamo e per aver esercitato pressioni nei confronti degli stessi, tendenti ad ottenere un vantaggio per la A.C.F.
Fiorentina S.p.A., conseguente alla alterazione del risultato e, comunque, dello svolgimento della gara in esame, per
il tramite della designazione di un arbitro favorevole alla Fiorentina e di una conseguente direzione di
gara, da parte dello stesso, che concretizzasse tale atteggiamento di favore (ex art. 6, commi 1 e 2, C.G.S.), come descritto
nella parte motiva concernente la gara in oggetto.
54. Sandro Mencucci, consigliere delegato ed amministratore esecutivo della A.C.F. Fiorentina S.p.A., per avere
avviato e coltivato contatti con il vice presidente della F.I.G.C. Innocenzo Mazzini e con il designatore arbitrale Paolo
Bergamo e per aver esercitato pressioni nei confronti degli stessi, tendenti ad ottenere un vantaggio per la A.C.F.
Fiorentina S.p.A., conseguente alla alterazione del risultato e, comunque, dello svolgimento della gara in esame, per
il tramite della designazione di un arbitro favorevole alla Fiorentina e di una conseguente direzione di gara, da parte
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dello stesso, che concretizzasse tale atteggiamento di favore (ex art. 6, commi 1 e 2, C.G.S.), come descritto nella
parte motiva concernente la gara in oggetto.
55. Innocenzo Mazzini, vice presidente della F.I.G.C., per essersi reso parte attiva, quale protagonista di primo piano, nella
instaurazione e consolidamento dei contatti tra i dirigenti della A.C.F. Fiorentina S.p.A. ed il designatore arbitrale Paolo
Bergamo, tendenti ad ottenere un vantaggio per la A.C.F. Fiorentina S.p.A., conseguente alla alterazione del risultato e,
comunque, dello svolgimento della gara in esame, per il tramite della designazione di un arbitro favorevole alla
Fiorentina e di una conseguente direzione di gara, da parte dello stesso, che concretizzasse tale atteggiamento di favore
(ex art. 6, commi 1 e 2, C.G.S.), come descritto nella parte motiva concernente la gara in oggetto.
56. Paolo Bergamo, commissario della Commissione nazionale arbitri di serie A e B, per essersi reso disponibile,
nonostante i particolari doveri di riservatezza, autonomia ed imparzialità, connessi alla funzione esercitata, alla
attivazione ed al successivo consolidamento di contatti con i dirigenti della A.C.F. Fiorentina S.p.A., anche per il tramite del
vice presidente federale Mazzini, ed in particolare a ricevere ed assecondare pressioni e richieste, da parte di questi ultimi,
tendenti ad ottenere un vantaggio per la A.C. F. Fiorentina S.p.A., conseguente alla alterazione del risultato e,
comunque, dello svolgimento della gara in esame, per il tramite della designazione, da parte sua, di un arbitro favorevole
alla Fiorentina e di una conseguente direzione di gara, da parte dello stesso, che concretizzasse tale atteggiamento di
favore (ex art. 6, commi 1 e 2, C.G.S.), come descritto nella parte motiva concernente la gara in oggetto.
57. Pasquale Rodomonti, arbitro della CAN di serie A e B, per avere ricevuto ed accolto, conformandosi alle stesse,
indicazioni e direttive specifiche dal designatore arbitrale Paolo Bergamo, circa il comportamento da tenere nel corso della
propria direzione della gara in esame, tendenti, in particolare, a garantire un arbitraggio di favore per la Fiorentina e,
possibilmente, il risultato della vittoria per quest‟ultima (ex art. 6, commi 1 e 2, C.G.S.), come descritto nella parte motiva
concernente la gara in oggetto.
58. A.C.F. Fiorentina S.p.A., a titolo di responsabilità sia oggettiva che diretta, ex artt. 2, commi 3 e 4; e 6, commi 2, 3 e 4
C.G.S., con riferimento alla condotta tenuta dai dirigenti della società in questione, sopra descritta; ed a titolo di
responsabilità presunta, ex art. 9 comma 3, richiamato dall‟art. 6, comma 4, C.G.S., con riferimento alla condotta, sopra
descritta, tenuta dai soggetti estranei alla società in questione, sopra indicati.
Gara Lecce – Parma
59. Diego Della Valle, presidente onorario della A.C.F. Fiorentina S.p.A., per avere avviato e coltivato contatti, in prima
persona o tramite il fratello Andrea o il consigliere delegato Sandro Mencucci, con il dirigente della F.C. Juventus
Luciano Moggi, con il vice presidente della F.I.G.C. Innocenzo Mazzini e con il designatore arbitrale Paolo Bergamo e
per aver esercitato pressioni nei confronti degli stessi, tendenti ad ottenere un vantaggio per la A.C.F. Fiorentina S.p.A.,
consistito nella salvezza conseguita dalla squadra viola al termine di tale ultima giornata di campionato, in conseguenza
anche della alterazione del risultato della partita Lecce-Parma, per il tramite della designazione di un arbitro che, con la
propria direzione di gara, scongiurasse la possibilità di una vittoria del Parma e che garantisse, quindi, alla Fiorentina il
vantaggio suddetto (ex art. 6, commi 1 e 2, C.G.S.), come descritto nella parte motiva concernente la gara in oggetto.
60. Andrea Della Valle, presidente del consiglio di amministrazione della A.C.F. Fiorentina S.p.A., per avere avviato e
coltivato contatti, in prima persona o per il tramite del consigliere delegato Sandro Mencucci, con il dirigente della F.C.
Juventus Luciano Moggi, con il vice presidente della F.I.G.C. Innocenzo Mazzini e con il designatore arbitrale Paolo
Bergamo e per aver esercitato pressioni nei confronti degli stessi, tendenti ad ottenere un vantaggio per la A.C.F.
Fiorentina S.p.A., consistito nella salvezza conseguita dalla squadra viola al termine di tale ultima giornata di
campionato, in conseguenza anche della alterazione del risultato della partita Lecce-Parma, per il tramite della designazione
di un arbitro che, con la propria direzione di gara, scongiurasse la possibilità di una vittoria del Parma e che garantisse,
quindi, alla Fiorentina il vantaggio suddetto (ex art. 6, commi 1 e 2, C.G.S.), come descritto nella parte motiva concernente la
gara in oggetto.
61. Sandro Mencucci, consigliere delegato ed amministratore esecutivo della A.C. Fiorentina, per avere avviato e
coltivato contatti con il vice presidente della F.I.G.C. Innocenzo Mazzini e con il designatore arbitrale Paolo Bergamo
e per aver esercitato pressioni nei confronti degli stessi, tendenti ad ottenere un vantaggio per la A.C.F. Fiorentina
S.p.A., consistito nella salvezza conseguita dalla squadra viola al termine di tale ultima giornata di campionato, in
conseguenza anche della alterazione del risultato della partita Lecce-Parma, per il tramite della designazione di un arbitro
che, con la propria direzione di gara, scongiurasse la possibilità di una vittoria del Parma e che garantisse, quindi, alla
Fiorentina il vantaggio suddetto (ex art. 6, commi 1 e 2, C.G.S.), come descritto nella parte motiva concernente la gara in
oggetto.
62. Innocenzo Mazzini, vice presidente della F.I.G.C., per essersi reso parte attiva ed a tratti, nella vicenda in esame,
protagonista di primo piano, nella instaurazione e successivo consolidamento dei contatti tra i dirigenti della A.C.F.
Fiorentina S.p.A. ed il designatore arbitrale Paolo Bergamo, tendenti ad ottenere un vantaggio per la A.C.F. Fiorentina
S.p.A., consistito nella salvezza conseguita dalla squadra viola al termine di tale ultima giornata di campionato, in
conseguenza anche della alterazione del risultato della partita Lecce-Parma, per il tramite della designazione di un arbitro
che, con la propria direzione di gara, scongiurasse la possibilità di una vittoria del Parma e che garantisse, quindi, alla
Fiorentina il vantaggio suddetto (ex art. 6, commi 1 e 2, C.G.S.), come descritto nella parte motiva concernente la gara in
oggetto.
63. Paolo Bergamo, commissario della Commissione nazionale arbitri di serie A e B, per essersi reso disponibile,
nonostante i particolari doveri di riservatezza, autonomia ed imparzialità, connessi alla
funzione
esercitata,
alla
attivazione ed al successivo consolidamento di contatti con i dirigenti della A.C.F. Fiorentina S.p.A., anche per il tramite del
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vice presidente federale, Innocenzo Mazzini, ed in particolare a ricevere ed assecondare pressioni e richieste, da
parte di questi ultimi, tendenti ad ottenere un vantaggio per la A.C.F. Fiorentina S.p.A., conseguente alla alterazione
del risultato e, comunque, dello svolgimento della gara in esame Lecce-Parma, per il tramite della designazione, da
parte sua, di un arbitro che, con la propria direzione di gara, scongiurasse la possibilità di una vittoria del Parma e
che garantisse, quindi, un vantaggio, in virtù della classifica avulsa, alla Fiorentina consistito nella salvezza conseguita
dalla squadra viola al termine di tale ultima giornata di campionato (ex art. 6, commi 1 e 2, C.G.S.), come descritto
nella parte motiva concernente la gara in oggetto.
64. Massimo De Santis, arbitro della CAN di serie A e B, per avere ricevuto ed accolto, conformandosi alle stesse,
indicazioni e direttive specifiche dal designatore arbitrale Paolo Bergamo, circa il comportamento da tenere nel corso della
propria direzione della gara in esame, tendenti, in particolare, a scongiurare la possibilità di una vittoria del Parma ed a
garantire, quindi, un vantaggio, in virtù della classifica avulsa, alla Fiorentina, consistito nella salvezza conseguita dalla
squadra viola al termine di tale ultima giornata di campionato (ex art. 6, commi 1 e 2, C.G.S.), come
descritto nella parte motiva concernente la gara in oggetto.
65. A.C.F. Fiorentina S.p.A., a titolo di responsabilità, sia oggettiva che diretta, ex artt. 2, commi 3 e 4; e 6, commi 2, 3 e 4
C.G.S., con riferimento alla condotta tenuta dai dirigenti della società in questione, sopra descritta; ed a titolo di responsabilità
presunta, ex art. 9, comma 3, richiamato dall‟art. 6, comma 4, C.G.S., con riferimento alla condotta, sopra descritta,
tenuta dai soggetti estranei alla società in questione, sopra indicati.
65 bis. Con l‟aggravante di cui all‟art. 6, comma 6, C.G.S., a carico di Diego Della Valle, Andrea Della Valle, Mencucci,
Bergamo, Pairetto e Mazzini per la pluralità di condotte poste in essere.
INCOLPAZIONI RELATIVE ALLA POSIZIONE DELLA AC MILAN S.P.A.
66. Leonardo Meani, Gennaro Mazzei ed Adriano Galliani per violazione dei doveri di lealtà, probità e correttezza di
cui all‟art. 1 C.G.S., perché, il primo, nella qualità, rivestita all‟epoca del fatto, di dirigente addetto all‟arbitro per la
società A.C. Milan, nell‟ambito di una protratta attività tendente ad ottenere l‟assegnazione di determinati assistenti per le
partite del Milan, il giorno 17 aprile 2005, con due telefonate a breve distanza una dall‟altra, protestava
veementemente con Gennaro Mazzei, vice commissario CAN addetto alla preparazione degli assistenti dell‟arbitro, circa
precedenti assegnazioni di assistenti per le partite del Milan fino ad arrivare ad ottenere l‟assicurazione che per la successiva
partita del Milan (Milan – Chievo Verona del 20 aprile 2005) sarebbe stato designato l‟assistente Claudio Pugliesi, come
in effetti avvenne; il secondo, perché, nella sua qualità vice commissario della CAN, in accoglimento delle proteste avanzate
dal Meani, aderiva alla richiesta dello stesso finalizzata ad ottenere la designazione di assistenti dell‟arbitro
particolarmente vicini e bendisposti verso la società calcistica A.C. Milan; il Galliani, infine, perché nella sua qualità di vice
presidente ed amministratore delegato della società Milan, ragguagliato dal Meani circa la sopradescritta iniziativa,
l‟approvava; condotte tutte descritte nella parte motiva relativa all‟episodio in oggetto.
67. la società. Milan per responsabilità diretta e oggettiva, ai sensi dell‟art. 2, commi 3 e 4, C.G.S., per i fatti di cui al capo che
precede.
68. Leonardo Meani per violazione dell‟art. 6, commi 1 e 2, C.G.S. perché, tra il 17 ed il 20 aprile 2005, ottenuta la
designazione degli assistenti Puglisi e Babini per la partita Milan- Chievo del 20 aprile 2005, raggiungeva telefonicamente i
due assistenti e formulava loro, al fine di alterare lo svolgimento della gara, la raccomandazione di decidere nei casi dubbi in
favore del Milan, come descritto nella parte motiva relativa all‟episodio in oggetto.
69. La società A.C. Milan, per responsabilità oggettiva ai sensi degli artt. 6, comma 4, e 2 commi 3 e 4, C.G.S., per la
condotta ascritta al suo tesserato al capo di cui sopra.
70. Fabrizio Babini e Claudio Puglisi per violazione dell‟art. 6, comma 7, C.G.S., perché avendo avuto conoscenza del
fatto di cui sopra, ad opera dello stesso Meani, che la designazione degli assistenti dell‟arbitro per la partita MilanChievo del 20 aprile 2005, individuati proprio nel Babini e nel Claudio Puglisi, era stata palesemente pilotata in
adesione ad una logica di favore nei confronti della società rossonera, a fronte della richiesta ulteriore di questi di
favorire la società Milan, omettevano di prestare osservanza al dovere di informare, senza indugio i competenti organi
federali, della condotta posta in essere dal Meani, come descritto nella parte motiva.
A seguito dell‟atto di deferimento veniva disposto il giudizio davanti la CAF, svoltosi tra il 29 giugno ed il 7 luglio 2006, e
conclusosi con il provvedimento di cui si sta per dire.
II - SVOLGIMENTO DEL PROCEDIMENTO DI PRIMO GRADO
Con decisione del 14 luglio 2006 la CAF si pronunciava sui deferimenti disposti dal Procuratore Federale il 23
giugno precedente e conseguenti alla motivata relazione dell‟Ufficio indagini.
In via preliminare, la Commissione ribadiva i propri provvedimenti istruttori letti nel corso della udienze dibattimentali del
29 giugno e 3 luglio 2006 e giudicava di ulteriori questioni pregiudiziali o preliminari, sollevate in difese scritte ed orali delle
parti. In particolare, oltre a quanto si sta per dire relativamente a singoli profili costituenti oggetto delle ordinanze
dibattimentali citate, la Commissione determinava la nozione di terzo interessato alla cui stregua individuare i soggetti a
tale titolo ammessi al procedimento, in concreto identificati nelle società Bologna, Brescia, Lecce, Treviso, Messina
Peloro e, successivamente, Arezzo.
I primi giudici osservavano, inoltre, in punto di metodo di valutazione dell‟evidenza probatoria che le trascrizioni
delle intercettazioni telefoniche ed ambientali venivano in rilievo non quali prove in sé di addebiti, ma in quanto oggetto
di vaglio interpretativo, in ragione anche del tono e delle cadenze usati dai protagonisti.I primi giudici proseguivano, in punto
metodologico, precisando che:
1) gli episodi contestati non si sarebbero inquadrati in un sistema, ma sarebbero stati riferibili testualmente “ad
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un‟atmosfera inquinata, una insana temperie”;
2) in relazione alla contestazione ex art. 6, comma 1, lettera c, CGS, il compimento di atti diretti ad assicurare a chiunque
un vantaggio in classifica può ritenersi consistere in condotte che “prescindono dall‟alterazione dello svolgimento o del
risultato di una singola gara”.
1. Con la decisione in parola la Commissione d‟Appello Federale ha dichiarato Luciano Moggi ed Antonio Giraudo
colpevoli della violazione dell‟art. 6, comma 1, del codice di giustizia sportiva quale contestata nel capo di
incolpazione n.1, ritenendo provata la capacità soggettiva ed oggettiva delle plurime condotte di interferire sulla terzietà
della funzione arbitrale al fine di ottenere un trattamento preferenziale rispetto alle altre squadre ed in definitiva di
assicurarsi un vantaggio in classifica, attraverso le condotte in questione, cui veniva riconosciuta una capacità causale
adeguata per il conseguimento del risultato sperato. I primi giudici ritenevano che fossero assorbite nella dichiarazione
di responsabilità ai sensi dell‟art.6 citato, le violazioni di cui all‟art. 1, comma 1, del medesimo codice, contestate in
relazione alle condotte poste in essere al fine di realizzare il più grave illecito di frode sportiva, ed altresì che si fosse
realizzato il condizionamento del regolare funzionamento del settore arbitrale e la lesione dei principi di alterità, terzietà,
imparzialità ed indipendenza tipici della funzione. Ritenuta la sussistenza dell‟aggravante della effettiva realizzazione,
attraverso le condotte contestate, del vantaggio della Juventus rispetto alle altre squadre nel corso del campionato
2004-2005, vinto da quella squadra, agli incolpati veniva inflitta l‟inibizione per cinque anni, con proposta al presidente
Federale di preclusione alla permanenza in qualsiasi rango o categoria della FIGC, nonché un‟ammenda di diversa entità
(50.000 euro per Moggi e 20.000 euro per Giraudo). A fondamento della pronuncia di condanna veniva utilizzato il
materiale probatorio proveniente dalle intercettazioni telefoniche acquisite agli atti, dalle quali sarebbero emersi stretti rapporti
tra i due dirigenti ed i designatori arbitrali Pairetto e Bergamo, che venivano giudicati di natura preferenziale e posti alla
base dell‟opera di condizionamento da questi ultimi effettuata. Ulteriormente, i giudici di primo grado traevano il proprio
convincimento da una serie di episodi, riferiti a singole gare, nei quali si sarebbe manifestata l‟opera di condizionamento in
parola attraverso designazioni gradite alla Juventus ed omesse denunce di fatti disciplinarmente rilevanti posti in
essere da Moggi a carico dell‟arbitro Paparesta dopo la partita Reggina-Juventus.
2. Con la medesima pronuncia la Commissione ha ritenuto che non fosse stata raggiunta la prova della responsabilità di
Innocenzo Mazzini, Pierluigi Pairetto, Tullio Lanese e Massimo De Santis con riferimento alla violazione dell‟art.6,
comma 1, C.G.S., loro contestata al capo 1, che, nella prospettiva accusatoria, si sarebbe concretizzata nella proposta o
conseguita alterazione dei risultati di gare disputate dalla Juventus.
In particolare, la Commissione si esprimeva nel senso che non fosse provata né la sussistenza di un quadro
associativo, né la riconducibilità delle singole condotte poste in essere dagli incolpati alla prospettiva di arrecare, in
modo causalmente efficiente, un vantaggio in classifica alla Juventus.
3. La Commissione riteneva Pairetto e Lanese responsabili della violazione dell‟art.1,comma 1, C.G.S. con riferimento
a specifiche e residuali condotte integranti violazione dei principi di correttezza e probità, quali impropri incontri con
dirigenti della Juventus, la richiesta ed il conseguimento di consistenti sconti per sé o per altri per l‟acquisto di
autoveicoli del gruppo FIAT.
Ad essi veniva comminata la pena dell‟inibizione di 2 anni e 6 mesi (la sanzione si riferiva anche, per quanto concerne
Lanese, all‟affermazione di responsabilità di cui al successivo punto 5). Mazzini e De Santis venivano, invece,
prosciolti dalle medesime incolpazioni appena citate.
4. La decisione impugnata ha affermato la responsabilità diretta della Juventus in relazione alla violazione dell‟art.6,
comma 1, C.G.S. con l‟aggravante di cui al comma 6, di cui sono stati ritenuti responsabili i suoi dirigenti Giraudo e
Moggi, qualificando come diretta la responsabilità in quanto Giraudo era rappresentante legale della società e Moggi
Amministratore e Direttore Generale.
5. La decisione della CAF ha poi specificamente pronunciato sulla gara Reggina-Juventus, del 6 novembre 2004, in relazione
alla quale erano incolpati il Moggi ed il Giraudo per aver tenuto, al termine della gara, una condotta aggressiva ed
intimidatoria nei confronti della terna arbitrale; la società Juventus per responsabilità diretta in relazione agli addebiti
contestati ai suoi dirigenti, l‟arbitro Paparesta e l‟osservatore CAN Pietro Ingargiola per la violazione dell‟art.1 C.G.S.
determinata dalla omessa denuncia dei comportamenti contestati ai dirigenti della Juventus, il Presidente dell‟AIA
Tullio Lanese, sempre ai sensi dell‟art.1, comma 1, per aver avallato e consigliato il comportamento omissivo
dell‟Ingargiola. Tutti gli incolpati venivano dichiarati responsabili delle condotte loro ascritte, la cui materialità veniva
ritenuta provata. Con riferimento alla posizione della Juventus, veniva comminata la sanzione (che tiene conto anche
della affermazione di responsabilità di cui al precedente punto 4) della retrocessione all‟ultimo posto in classifica del
campionato 2005/2006, della penalizzazione di 30 punti in classifica nella stagione sportiva 2006/2007, della revoca
dell‟assegnazione del titolo di campione d‟Italia 2004/2005, della non assegnazione del titolo di campione d‟Italia
2005/2006, dell‟ammenda di 80.000,00 euro. All‟Ingargiola veniva inflitta la sanzione dell‟ammonizione.
6. La Commissione ha, inoltre, ritenuto che non fosse emersa, con sufficiente grado di certezza, la responsabilità di
Moggi e dell‟arbitro De Santis con riferimento, per quanto concerne il primo, all‟illecito di cui all‟art.6, comma 1,
C.G.S. in relazione alle gare Juventus-Lazio e Bologna-Juventus, nonché Juventus-Udinese contestata ai sensi
dell‟art.1 C.G.S., e, per quanto concerne il secondo, con riguardo alle gare Bologna- Juventus ed alla precedente
Fiorentina-Bologna, che avrebbe costituito la premessa per l‟alterazione di quella successiva. Conseguentemente veniva
esclusa la responsabilità diretta della società Juventus. In particolare, la Commissione non ha reputato raggiunta la
prova concludente dell‟avvenuta realizzazione dell‟ineliminabile segmento della condotta integrante gli estremi
dell‟illecito sportivo, costituito dalla circostanza che le richieste di Moggi fossero (quantomeno) effettivamente pervenute
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DECISIONI INTEGRALI DELLA CORTE FEDERALE - STAGIONE SPORTIVA 2006-2007
all‟arbitro De Santis. La Commissione considerava, d‟altro canto, le condotte di Moggi accertate con riferimento alle gare in
questione ulteriormente sintomatiche della violazione degli obblighi di lealtà, correttezza e probità sportiva.
7. La Commissione ha esaminato, congiuntamente, le plurime incolpazioni rivolte dal Procuratore Federale in relazione
alle gare Lazio-Brescia, Chievo Verona-Lazio, Lazio- Parma, Bologna-Lazio, riguardanti Claudio Lotto, nella qualità di
Presidente del Consiglio di Gestione della SS Lazio s.p.a., Franco Carraro, nella qualità di Presidente della FIGC, Innocenzo
Mazzini, nella qualità di Vicepresidente della medesima Federazione, la SS Lazio S.p.A., a titolo di responsabilità
diretta e presunta (si tralasciano in questa sede le posizioni del designatore arbitrale Paolo Bergamo e del dirigente federale
Cosimo Maria Ferri rispetto ai quali i primi giudici hanno dichiarato il difetto di giurisidizione conseguente alle rispettive
dimissioni intervenute successivamente al loro deferimento). In particolare, l‟oggetto del deferimento riguardava i ripetuti
interventi del Lotito presso i vertici federali - nei confronti dei quali egli avrebbe goduto di credito in funzione
dell‟appoggio agli stessi prestato in occasione dell‟elezione del presidente federale nel febbraio 2005 – per favorire una
migliore posizione in classifica della società Lazio, che sarebbero culminati in un primo intervento diretto in favore della
medesima società da parte di Carraro presso Bergamo ed in successivi contatti di Mazzini, a ciò costantemente sollecitato da
Lotito, non solo con i designatori arbitrali, ma con gli stessi direttori di gara. Con riferimento a tali complesse e concatenate
accuse, i primi giudici hanno tenuto distinta la prima delle gare incriminate (Lazio-Brescia, del 2 febbraio 2005) da tutte le
altre, rispetto alle quali ultime non è stato condiviso l‟impianto accusatorio della Procura federale per il difetto di sufficienti
riscontri oggettivi rispetto alle deposizioni del Ferri e per i dubbi relativi all‟efficacia causale dell‟intervento sul designatore
arbitrale.
Per ciò che concerne la gara Lazio-Brescia, la Commissione ha ritenuto provata la condotta illecita addebitata a
Carraro alla stregua
della intercettazione della sua conversazione telefonica con il Bergamo alla vigilia della gara
stessa, nel corso della quale il primo sollecitava al secondo un intervento in favore della SS Lazio.
La decisone impugnata ha, altresì, affermato come esistesse la prova che l‟intervento su Bergamo, da parte di Carraro, fosse
stato sollecitato direttamente da Lotito, di cui sarebbe stata accertata, secondo i primi giudici, anche la richiesta di conferma
presso Mazzini della effettività dell‟illecito intervento del Presidente Federale. Sul punto la CAF ha anche utilizzato il
materiale probatorio dedotto dalle indagini svolte dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Napoli.
Quanto alla posizione del Mazzini, la decisione poneva in rilievo la sussistenza della prova certa della sua conoscenza dei
fatti posti in essere da Lotito, Carraro e Bergamo costituenti illecito sportivo, con la conseguente inottemperanza da
parte dell‟incolpato del dovere di cui all‟art.6, comma 7, C.G.S. In relazione alla gara in esame veniva affermata la
responsabilità del Lotito, cui veniva inflitta l‟inibizione per 3 anni e 6 mesi ed una ammenda di 10.000,00 euro, quella
diretta della SS Lazio s.p.a., cui veniva comminata la retrocessione all‟ultimo posto in classifica del Campionato
2005/2006, la penalizzazione di 7 punti in classifica nella stagione sportiva 2006/2007, nonché un‟ammenda di
40.000,00 euro, di Franco Carraro, inibito per 4 anni e 6 mesi, e di Innocenzo Mazzini, inibito per 5 anni.
8. La Commissione non ha ritenuto sussistente la prova, oltre ogni ragionevole dubbio, del compimento da parte dei soggetti
deferiti di atti costituenti illecito sportivo ai sensi dell‟art.6, comma 1, relativamente alle gare menzionate nel precedente
punto 7. Tuttavia, dai colloqui telefonici acquisiti agli atti la Commissione ha ritenuto essere emersa la patente violazione, da
parte dei soli Lotito e Mazzini, del generale dovere di cui all‟art.1, comma 1, ciò che ha radicato la responsabilità sia diretta
che presunta della società Lazio: trattamento sanzionatorio è confluito, con riferimento a tali condotte, in quello descritto al
punto 7 che precede. La Commissione ha poi esaminato una pluralità di condotte riferite, a titolo di
responsabilità sia oggettiva che diretta, alla ACF Fiorentina s.p.a., nonché al suo Presidente onorario Diego Della
Valle, a Claudio Lotito, a titolo di responsabilità diretta alla SS Lazio s.p.a., ad Andrea Della Valle, quale Presidente del
Consiglio di amministrazione della ACF Fiorentina s.p.a., a Sandro Mencucci, nella qualità di consigliere delegato ed
amministratore esecutivo della medesima società (si tralasciano per le ragioni prima indicate le posizioni di Bergamo e
Ferri). Nella decisione si ricostruiscono le vicende dalle quali (o in relazione alle quali) è stato formulato l‟articolato atto
di incolpazione, determinandone l‟origine temporale nella fine del mese di aprile 2005, allorché i dirigenti della Fiorentina
avevano divisato di modificare il proprio precedente atteggiamento di radicale contrapposizione alle posizioni della
Juventus e del Milan, rivelatosi infecondo e penalizzante per la direzione di gare che la riguardavano, cercando di
stabilire, anche per il tramite dell‟Amministratore Delegato Mencucci, ogni possibile contatto con i vertici federali, i
designatori arbitrali ed i dirigenti di altre società. Tale modificata linea di condotta si sarebbe manifestata con riguardo alle
gare Bologna- Fiorentina del 24 aprile 2005, Chievo-Fiorentina dell‟8 maggio 2005, Fiorentina-Atalanta del 15 maggio
2005, Lazio-Fiorentina del 22 maggio 2005, Lecce-Parma del 29 maggio 2005. A conforto della prospettazione
accusatoria venivano utilizzate due conversazioni telefoniche intercorse con Mazzini da parte di Andrea Della Valle
e Mencucci, nonché ulteriori risultanze investigative dalle quali sarebbe emersa la prova dei contatti tra i menzionati
dirigenti della società con Mazzini e Bergamo diretti ad ottenere un vantaggio per la Fiorentina per il tramite della
designazione di arbitri favorevoli e come tali capaci di influenzare positivamente il risultato delle gare da loro dirette. Veniva,
inoltre, specificamente individuato un episodio di favoritismo arbitrale, connesso alla direzione di una gara da parte
dell‟arbitro Paolo Bertini. Ciò premesso, la Commissione riteneva che le telefonate prima menzionate non fossero
sufficienti a suffragare, con ragionevole certezza, la prova della sussistenza degli addebiti concernenti sia l‟arbitro Bertini, che
gli altri incolpati per la prima delle gare mensionate. Eguali considerazioni di insufficienza probatoria venivano svolte dalla
Commissione con riferimento alla gara Fiorentina-Atalanta, arbitrata da Rodomonti. Ad opposte conclusioni pervenivano i
primi giudici con riguardo alla gara Chievo Verona- Fiorentina vinta per 2 a 1 dalla società toscana.
La Commissione utilizzava un articolato regime probatorio, risultante in particolare dalle intercettazioni delle conversazioni
del Mazzini, rivolte allo scopo di determinare condizioni favorevoli all‟esito delle gare della Fiorentina ed imperneatesi
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DECISIONI INTEGRALI DELLA CORTE FEDERALE - STAGIONE SPORTIVA 2006-2007
nella precostituzione di designazioni arbitrali che si immaginavano gradite alla società stessa, quale quella del direttore
di gara Dondarini. La Commissione poneva, inoltre, in rilievo come vi fossero conferme esterne circa la parzialità
dell‟arbitraggio del Dondarini ed individuava come elemento di prova, in ordine alla instaurazione di un rapporto di
collaborazione tra i fratelli Della Valle ed il designatore Bergamo, una conversazione telefonica del 2 maggio 2005, che
richiamava a propria volta precedenti colloqui tra Diego Della Valle ed il Mazzini. Analoga rilevanza probatoria veniva
attribuita ad altri colloqui telefonici acquisiti agli atti dell‟indagine ed in particolare ad una conversazione svoltasi,
successivamente alla gara, tra il Lanese ed un giornalista, indicato solo con le iniziali (A.C.), in cui si commentava
negativamente la prestazione professionale del Dondarini.
9. A conclusioni sostanzialmente coincidenti la Commissione perveniva per la gara Lazio- Fiorentina, del 22 maggio
2005, a proposito della quale nell‟atto di deferimento si contestava una doppia ipotesi di illecito sportivo,
rispettivamente costituita da una proposta di accomodamento della partita avanzata da Diego Della Valle a Lotito,
che l‟avrebbe rifiutata e, inoltre, in una serie di iniziative dei fratelli Della Valle e del Mencucci nei confronti di Bergamo,
con il sostegno di Mazzini, onde ottenere una designazione di direttore di gara capace di assicurare un vantaggio alla
Fiorentina. Quanto al primo episodio di illecito la Commissione ne riteneva provata la sussistenza alla stregua delle risultanze
dell‟intercettazione della telefonata tra Mazzini e Lotto, dalla quale sarebbe emersa la ricorrenza degli estremi che integrano
la fattispecie dell‟art. 6 C.G.S. inteso come illecito sportivo a consumazione anticipata, tale cioè da non richiedere per il
suo perfezionamento la concreta realizzazione dell‟evento, cui la condotta è preordinata.
In questa prospettiva, ad avviso della Commissione, ben poteva collocarsi l‟accertata proposta diretta al conseguimento
di una delle finalità specificate nell‟art. 6 in questione, pur non accettata dal destinatario. Di quest‟ultimo, tuttavia, la
Commissione giudicava dovesse essere affermata la responsabilità, ai sensi del 7° comma della norma in questione,
per la mancata denuncia dell‟illecito del quale era venuto a conoscenza. Sempre con riferimento al medesimo episodio
veniva dichiarata la responsabilità, in via oggettiva, della società, tenuto conto dell‟assenza di prova che alla carica di
Presidente Onorario detenuta da Diego Della Valle corrispondesse anche la titolarità di poteri di rappresentanza.
Relativamente, poi, al secondo degli episodi contestati, la Commissione considerava elementi idonei e sufficienti a
radicare la responsabilità degli incolpati le risultanze di ripetuti colloqui telefonici dimostrativi della esistenza di
iniziative poste in essere dai fratelli Della Valle e dal Mencucci, per il tramite e con l‟aiuto del Mazzini, al fine di ottenere
una conduzione di gara favorevole alla Fiorentina, indipendentemente dall‟atteggiamento assunto dalla Lazio. Alla luce
delle relative osservazioni la Commissione dichiarava la responsabilità degli incolpati secondo il titolo per il quale erano
stati chiamati a rispondere.
10. Ad un giudizio di affermazione di responsabilità la C.A.F. è pervenuta, inoltre, con riferimento alle plurime
incolpazioni relative alla gara Lecce-Parma, del 29 maggio 2005, concernenti, per quanto in questa sede di appello rileva, i
fratelli Della Valle, Mencucci, Mazzini, De Santis e la Società A.C.F. Fiorentina p.A.
Nella prospettazione accusatoria, pienamente recepita dai primi giudici, assumeva rilievo la circostanza che i menzionati
dirigenti della Società Fiorentina avessero avviato e coltivato contatti con Moggi, Mazzini e Bergamo al fine di
procurare un vantaggio per la società stessa, consistito nella permanenza in serie A al termine del Campionato 20042005 e realizzato per effetto dell‟alterazione del risultato della partita Lecce-Parma, determinato in virtù della
designazione dell‟arbitro De Santis, volta a scongiurare la possibilità di una vittoria del Parma, che avrebbe
compromesso o impedito la salvezza della Fiorentina. Al riguardo la Commissione osservava che dalle risultanze di
indagine e dai documenti acquisiti potesse, con assoluta certezza, affermarsi la responsabilità di tutti i deferiti.
In particolare, venivano promossi ad elementi probatori numerosi colloqui telefonici intercorsi tra soggetti diversi
(Moggi e Della Valle, Bergamo e De Santis, Nassi e Mazzini, Mazzini e De Santis, Mazzini e Mencucci) la cui
combinazione in chiave logica avrebbe, ad avviso dei primi giudici, reso evidente l‟esistenza di un accordo
finalizzato all‟alterazione della gara in esame, con scopo favoritistico della Fiorentina, in concreto conseguito mediante
l‟utile risultato di parità. Nella determinazione complessiva delle pene da irrogare agli incolpati la cui posizione è venuta in
rilievo, con esiti di affermazione di responsabilità, nei capi di incolpazione illustrati dal punto 8 al presente di questa
relazione, la Commissione infliggeva ad Andrea Della Valle l‟inibizione per 3 anni e 6 mesi e l‟ammenda di 20.000
euro, a Diego Della Valle l‟inibizione per 4 anni e l‟ammenda di 30.000 euro, a Sandro Mencucci l‟inibizione a 3 anni e 6
mesi e l‟ammenda di 5.000 euro, alla A.C.F. Fiorentina S.p.a. la retrocessione all‟ultimo posto in classifica del campionato
2005-2006, la penalizzazione di 12 punti in classifica nella stagione sportiva 2006-2007 e l‟ammenda di 50.000 euro, a
Massimo De Santis l‟inibizione per 4 anni e 6 mesi, a Paolo Dondarini l‟inibizione per 3 anni e 6 mesi.
11. La Commissione si pronunciava, infine, sul deferimento di Adriano Galliani e Leonardo Meani, rispettivamente VicePresidente e secondo accompagnatore ufficiale della prima squadra del Milan, di Gennaro Mazzei, Vice Commissario
CAN, e di Fabrizio Babini e Claudio Puglisi, assistenti CAN. Nell‟atto di incolpazione si contestava al Meani ed al
Mazzei la violazione dei doveri generali di cui all‟art. 1 C.G.S., conseguenti alla richiesta rivolta dal primo al secondo, che
vi avrebbe aderito, di assegnazione dell‟assistente alla gara Milan-Chievo Verona, del 20 aprile 2005; Galliani era chiamato
a rispondere, sempre ai sensi dell‟art. 1 citato, per la approvazione dell‟iniziativa del Meani, al quale ultimo veniva altresì
rimproverata, ai sensi dell‟art. 6, commi 1 e 2, C.G.S., la circostanza di essersi posto in contatto con entrambi gli assistenti
designati per la partita in esame (e Babini) ed aver rivolto loro laraccomandazione di decidere nei casi dubbi in
favore del Milan; agli assistenti si attribuiva la colpa dell‟omessa denuncia dell‟illecito sportivo contestato al Meani ed al
Mazzei; la società Milan veniva, infine, chiamata a rispondere per responsabilità diretta ed oggettiva degli illeciti contestati
al Galliani ed al Meani. I primi giudici affermavano la responsabilità di tutti gli incolpati con riferimento a ciascuna delle
contestazioni loro mosse, alla luce e secondo il tenore delle intercettazioni telefoniche confermative degli elementi
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DECISIONI INTEGRALI DELLA CORTE FEDERALE - STAGIONE SPORTIVA 2006-2007
strutturali dell‟accusa e delle circostanze storiche in essa indicate. In particolare, la Commissione riteneva che la condotta
del Meani rilevasse sotto il concorrente profilo degli articoli 1, comma 1 e 6, commi 1 e 2, C.G.S., così come la
violazione della clausola generale di correttezza andava, secondo la sentenza impugnata, esattamente ascritta anche al Mazzei.
Quanto alla posizione del Galliani i primi giudici osservavano che la sua condotta è significativa sotto il duplice
profilo della effettiva richiesta rivolta al Meani di conferma del contatto con i designatori e sotto quello ulteriore della
mancata obiezione alla proposta del Meani, che veniva giudicata, dalla Commissione, come allusiva di una richiesta
di trattamento di favore per il Milan. Conseguenziale alla condanna dei suoi dirigenti era l‟affermazione di
responsabilità dell‟A.C. Milan SpA, mentre degli assistenti Babini e Puglisi si metteva in rilievo, a fini sanzionatori,
l‟omessa denuncia delle sollecitazioni ricevute. La Commissione infliggeva, per i fatti appena esposti, ad Adriano Galliani
l‟inibizione per un anno, al Meani l‟inibizione per 3 anni e 6 mesi, all‟A.C. Milan S.p.A. la penalizzazione di 44 punti da
scontare nella classifica 2005-2006 e di 15 punti in classifica da scontare nella stagione sportiva 2006-2007, nonché
un‟ammenda di 30.000 euro, a Gennaro Mazzei l‟inibizione per un anno, a Fabrizio Babini e Claudio Puglisi
l‟inibizione per un anno ciascuno.
III - LE IMPUGNAZIONI
Le doglianze dedotte contro la decisione impugnata dai soggetti sanzionati, sono sviluppate diffusamente negli
appelli, che saranno singolarmente esaminati nella parte di diritto, e sostanzialmente afferiscono agli stessi argomenti.
Qui di seguito, accanto ai nominativi degli appellanti, si anticipano sinteticamente i motivi di censura.
a) Posizione della F.C. Juventus S.p.a.
Viene contestato l‟assunto dei giudici di prime cure sul presupposto che:
- le condotte di Moggi e Giraudo non erano idonee a vulnerare la terzietà della funzionearbitrale;
- il sig. Moggi non aveva la rappresentanza sociale e quindi il suo comportamento non è idoneo a coinvolgere la Juventus;
- le sanzioni adottate sono contraddittorie ed illogiche;
- non è corretto, in definitiva, irrogare sanzioni che si assommano provocando conseguenze inique in relazione ad
un solo illecito sportivo.
b) Posizione della A.C.F. Fiorentina, di Diego Della Valle, di Andrea Della Valle e di Sandro Mencucci. Si eccepisce:
- l'incompetenza della CAF che potrebbe giudicare solo relativamente a dirigenti federali;
- la violazione del diritto di difesa e del giusto procedimento;
- la indeferibilità di Diego Della Valle in quanto Presidente onorario e non tesserato;
- non comprovate le qualifiche di Andrea Della Valle e Sandro Mencucci;
- irrituale e parziale utilizzazione delle intercettazioni telefoniche;
- non è ravvisabile, negli atti istruttori acquisiti, un'operazione di salvataggio dellaFiorentina.
c) Posizione della S.S. Lazio S.p.a. Si eccepisce che:
- non è stato garantito il diritto di difesa;
- non è stata consentita l‟utilizzazione delle intercettazioni telefoniche;
- l'insussistenza di un illecito sportivo sia con riferimento alla partita Lazio-Brescia sia con riferimento alle partite RegginaLazio, Chievo-Lazio, Lazio-Parma, Bologna-Lazio.
d) Posizione A.C. Milan S.p.a. Si contesta:
- l'insussistenza dell'illecito in relazione alla condotta di Leandro Meani mero collaboratore che non dispone nemmeno di
tessera federale.
Errata applicazione dei principi della responsabilità oggettiva.
e) Posizione Luciano Moggi. Si eccepisce:
- il difetto di giurisdizione in quanto non sarebbe più tesserato;
- l'inutilizzabilità delle intercettazioni telefoniche e comunque la sospensione del procedimento per acquisire tutte
le intercettazioni telefoniche che lo riguardano;
- l'insussistenza di ogni addebito;
- non si ricava in concreto alcun illecito dal contenuto delle conversazioni telefoniche.
f) Posizione Antonio Giraudo. Si eccepisce:
- l'inutilizzabilità delle intercettazioni telefoniche facendo anche riferimento alla giurisprudenza della Corte dei
Conti e della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo;
- la CAF avrebbe acquisito e valutato atti che provenivano da altro processo;
- non è stata individuata alcuna condotta idonea ad influire sulla terzietà degli arbitri;
- non qualificabili come illecito sportivo episodi riportati che, comunque, sono indifferenti ai fini di una loro collocazione tra
le fattispecie del C.G.S.
g) Posizione Claudio Lotito. Si eccepisce:
- la violazione del diritto di difesa e violazione delle norme sul giusto procedimento;
- l'illegittima composizione della CAF;
- l'inutilizzabilità delle intercettazioni telefoniche;
- la disparità di trattamento nella irrogazione delle sanzioni
h) Posizione Adriano Galliani. Si eccepisce:
- la inidoneità degli episodi dedotti a costituire prova di un illecito; non sussiste comunque alcun fatto che possa configurare
un comportamento non irreprensibile.
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DECISIONI INTEGRALI DELLA CORTE FEDERALE - STAGIONE SPORTIVA 2006-2007
i) Posizione Leonardo Meani. Si eccepisce:
- l'errata interpretazione del contenuto delle intercettazioni telefoniche.
- non sussistono comunque i presupposti di un illecito sportivo
l) Posizione Franco Carraro. Si eccepisce:
- la nullità assoluta per mancanza di un giudice terzo;
- l'errata composizione della CAF;
- la violazione del diritto di difesa;
- i fatti individuati dalla CAF non sono idonei a concretizzare un illecito sportivo.
m) Posizione Innocenzo Mazzini. Si eccepisce:
- la violazione del diritto di difesa
- la necessità di acquisire delle prove non essendo i fatti indicati dalla CAF idonei a concretizzare un illecito sportivo.
n) Posizione Pierluigi Pairetto. Si eccepisce:
- l'inutilizzabilità delle intercettazioni telefoniche;
- i fatti acquisiti possono solo dimostrare un rapporto di amicizia tra gli interessati e non possono costituire prova di un
illecito sportivo
o) Posizione Tullio Lanese. Si eccepisce:
- i fatti contestati non concretizzano un illecito sportivo. Comunque gli incontri tra altri soggetti coinvolti nel
procedimento non possono essere valutati unitariamente ma devono essere esaminati caso per caso;
- non è stata raggiunta adeguata prova dei fatti contestati;
- le conversazioni telefoniche afferivano a fatti già accaduti e, pertanto, non idonei a costituire prova a suo carico.
p) Posizione Gennaro Mazzei. Si eccepisce:
- i fatti che dovrebbero integrare la violazione dell'art. 1 del C.G.S. non sono provati e comunque non corrispondono al
vero.
q) Posizione Massimo De Santis. Si eccepisce:
- in via preliminare di rito, si deduce il divieto, ex art. 31 del CGS, di utilizzare le intercettazioni telefoniche come
mezzo di prova.
- l'inesistenza dei fatti addebitati;
- la disparità di trattamento per differente metro di giudizio utilizzato tra fatti identici.
r) Posizione Gianluca Paparesta. Si eccepisce:
- il travisamento dei fatti in quanto l‟accadimento non può costituire illecito.
s) Posizione Polo Dondarini. Si eccepisce:
- l'inutilizzabilità delle intercettazioni telefoniche;
- i fatti addebitati non costituiscono illecito sportivo;
- non è stato rispettato il principio del contraddittorio;
- non corrispondenza tra il capo di incolpazione la sanzione;
- carenza di motivazione sulla sussistenza di un illecito disciplinare.
t) Posizione Fabrizio Babini. Si eccepisce:
- l'insussistenza del fatto contestato;
- le risultanze processuali sono state falsate;
- il vizio di motivazione.
u) Posizione Claudio Puglisi. Si eccepisce:
- la carenza di motivazione;
- il travisamento dei fatti.
E' stato proposto anche appello del Procuratore Federale nei confronti di Pairetto, A.C. Juventus SpA, Mazzini, Lotito,
Rocchi e S.S. Lazio SpA, Della Valle Diego e Della Valle Andrea, Mencucci, Rodomonti, Bertini e A.C.F. Fiorentina SpA,
De Santis ed al Milan SpA, assumendo che il mancato accoglimento delle richieste del procuratore è immotivato e
comunque non coerente con i fatti accertati; si insiste quindi nell'accoglimento delle sanzioni riportate nelle conclusioni
rassegnate dinanzi al giudizio di primo grado.
Sono state presentate controdeduzioni alla Procura Federale da Rocchi, Tagliavento, Rodomonti e Bertini.
Sono anche appellanti Lecce, Bologna e Brescia che assumono che le sanzioni non sono in sintonia con la riserva di legge e
quindi richiedono l‟esclusione delle squadre oggetto di sanzione.
Sono state presentate controdeduzioni da Messina Peloro e Treviso.
IV - SVOLGIMENTO DEL PROCEDIMENTO DI SECONDO GRADO
Il giudizio di appello veniva svolto davanti la Corte nelle sedute del 22-23-24 luglio 2006, nel corso delle quali venivano
pronunciate le due ordinanze istruttorie lette in udienza ed acquisite agli atti che di seguito si trascrivono:
"Preliminarmente osserva che tutte le questioni sollevate, ad eccezione di quelle oltre specificamente illustrate, per le
quali appare necessaria l'adozione di un immediato provvedimento istruttorio, vanno trattate e risolte congiuntamente
al merito, al cui ambito effettuale appartengono.
Ciò premesso, con riferimento alle residue questioni, così provvede:
1) In merito alla posizione di Diego Della Valle.
Ritenutane la necessità, ai fini della decisione della questione afferente alla qualità che, nell'atto di incolpazione, si
deduce essere attribuibile all'incolpato Diego Della Valle, dispone che Andrea Della Valle e Sandro Mencucci
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DECISIONI INTEGRALI DELLA CORTE FEDERALE - STAGIONE SPORTIVA 2006-2007
provvedano, entro le ore 12,00 del 23 luglio 2006, a depositare, presso la segreteria di questa Corte, la certificazione prevista
dal secondo comma dell'art. 2435 c.c. ed in particolare dell'elenco dei soci, a partire dall'anno solare 2004, con
l'indicazione del numero delle azioni possedute, nonché dei soggetti diversi dai soci che sono titolari di diritti o beneficiari
di vincoli sulle azioni medesime. Quanto alla richiesta, formulata dalla Procura Federale, di autorizzazione alla produzione
di certificazioni e visure che si assumono attinenti al "thema probandum", adesso in esame, la Corte dispone di
subordinarne l'ammissione alla prova, da fornirsi dall'ufficio nello stesso spazio temporale prima assegnato alla difesa
di Diego Della Valle, della riferibilità di tali atti alla A.C.F. Fiorentina S.p.A. e della identità della persona giuridica, cui gli
atti appaiono essere collegati alla stregua delle allegazioni accusatorie, rispetto alla società appellante, che ha
espressamente contestato, nel corso dell'odierna discussione,la circostanza.
2) In merito alla posizione S.S. Lazio S.p.A., Claudio Lotito e Franco Carraro.
La Corte dispone l'acquisizione presso l'Ufficio Indagini della deposizione del 12 luglio 2006 dell'arbitro Daniele
Tombolini, la cui sussistenza non appare controversa tra le parti, che assume rilevanza in quanto concernente persona
che risulta aver svolto un ruolo tecnico nell'evento sportivo oggetto di deferimento.
La Corte dispone, altresì, l'acquisizione della copia di rivista giuridica, prodotta dal difensore della Società, in
quanto utile ad integrare il materiale probatorio sottoposto all'esame di questa Corte.
Rigetta l'istanza di acquisizione documentale proposta dalla difesa di Lotito, in quanto manca, e non è stata,
comunque, dedotta la prova della genuinità ed autenticità delle dichiarazioni riportate, né in ogni caso della loro
completezza.
Dispone, in quanto si tratta di materiale utile ad integrare l'evidenza probatoria oggetto di esame, l'acquisizione del
documento estratto dalla rete on line e prodotto dalla difesa di Carraro, analiticamente descritto nel corso della odierna
discussione dibattimentale.
3) In merito alla posizione dell'arbitro Gianluca Paparesta.
La Corte, pur rilevando la parziale continenza, almeno quanto all'aspetto fattuale, tra il presente giudizio e quello
di cui all'art. 32 comma 5 dello Statuto Federale, contestualmente proposto dal Paparesta, dispone che esso,
in ragione della sua autonomia strutturale e teleologica, venga esaminato nel corso di apposita seduta fissata dal
Presidente di questa Corte.
4) In merito alla posizione di Gennaro Mazzei, rilevata la necessità di integrare la lacuna della trascrizione della
conversazione telefonica, di cui si stà per dire, espressamente denunciata nel corso della odierna difesa orale, dispone
l'acquisizione della trascrizione della telefonata 30989 del 18 aprile 2005, ore 12,00 effettuata dalla difesa, salvo verifica di
conformità rispetto alle risultanze dell'ascolto della telefonata in questione nella opportuna sede di merito.
5) In merito alle richieste avanzate dalle difese di Lotito e Rocchi, rigetta l'istanza di acquisizione della deposizione
che Cosimo Maria Ferri avrebbe reso davanti all'Ispettorato Generale del Ministero della Giustizia, tenuto conto, da un
canto, che esiste agli atti la deposizione giudiziale dello stesso Ferri, della cui rilevanza non esiste contestazione tra le parti,
e considerato, d'altro canto, che a questa Corte difetta il potere di ottenere l'esibizione di atti da pubbliche
amministrazioni, fatta salva la successiva deliberazione sulla ammissibilità della eventuale produzione in forma
autentica del documento in questione da parte della difesa richiedente.
6) In merito alla richiesta delle difese di Andrea Della Valle, Diego Della Valle, Mencucci e della Società Fiorentina di
acquisizione di atti che sarebbero stati posti in essere nel corso di una indagine che riguarderebbe la gara
Lazio/Fiorentina e la posizione dell'arbitro Rosetti nonché la gara Lecce/Parma, rileva che allo stato nessun concreto
elemento è stato offerto in merito alla effettiva assunzione di atti relativi a tali eventi o circostanze o alla conclusione
delle indagini, peraltro contestata espressamente dalla Procura Federale e riserva ogni ulteriore provvedimento alla
eventuale acquisizione della prova, da fornire dalla parte interessata, della esistenza e legittima ostensibilità degli atti in
questione.
7) La Corte, rileva infine, che sono stati presenti, nella fase preliminare del presente dibattimento soggetti nei cui
confronti la decisione di primo grado è divenuta definitiva, avendo conseguito natura corrispondente negli effetti alla
autorità di cosa giudicata, per difetto di impugnazione, sicché deve ordinarsi l'estromissione dal presente procedimento di
Paolo Bergamo, Domenico Messina e Paolo Tagliavento. P.Q.M. Provvede nei termini di cui alla motivazione che procede.
Così deciso nella Camera di Consiglio.
Il 23 luglio a seguito di questione sollevata dalla difesa del Sig. Dondarini, la Corte Federale adottava la seguente
ordinanza:
"Ritenuta la necessità di provvedimento, ad integrazione dell'ordinanza istruttoria del 22 luglio 2006 ed anteriormente
alla decisione di merito, sull'istanza, diffusamente illustrata e reiterata dalla difesa di Paolo Dondarini nel corso della
discussione orale, di prova testimoniale con Tullio Lanese, osserva quanto segue. Va, in primo luogo, rilevato che la
persona di cui si chiede di escutere la testimonianza è parte del presente procedimento, sia pure in riferimento a capi di
accusa diversi, sicchè tale sua posizione lo rende portatore in astratto di un potenziale interesse a far comunque refluire
sulla propria posizione individuale gli esito di una eventuale deposizione. Essa sarebbe, peraltro, resa nell'ambito del
medesimo grado di giudizio, con conseguente incrinatura, sempre in astratto e potenzialmente, della relativa attendibilità.
La Corte osserva, inoltre, in via assorbente e decisiva, che, nella prospettiva della difesa richiedente, la prova
testimoniale appare diretta e neutralizzare la portata, giudicata sfavorevole alla luce della statuizione sul punto
formulata dalla decisione impugnata, di una conversazione telefonica, intercettata e trascritta in atti, tra il teste che si
vorrebbe addurre ed una persona estranea al procedimento e relativa alla competenza tecnica del Dondarini, considerata
sia in assoluto che con riferimento alla specifica gara costituente oggetto dell'incolpazione a carico di quest'ultimo. Tenuto
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conto di tale essenziale aspetto della questione e necessariamente valutando, ai fini del giudizio di ammissibilità della
prova richiesta, il rapporto tra il fine che la difesa sembra proporsi di raggiungere ed il mezzo scelto, la Corte è
dell'avviso che la testimonianza non possa che essere destinata a risolversi, piuttosto che nella esposizione dei fatti o
circostanze noti al teste indicato, nella inammissibile pronuncia di giudizi ed opinioni sulla capacità tecnica del
Dondarini
e
(alla
luce
di
specificipassi dell'intercettazione) verosimilmente sulla sua persona. La
chiara
preponderanza dell'elemento valutativo rispetto a quello fattuale nell'articolazione della prova per testi ne rende la
richiesta evidentemente inammissibile. Va conclusivamente osservato in via generale che rientra nel dominio della valutazione
del materiale probatorio, riservata la giudizio di merito di questa Corte, l'interpretazione, il collegamento e l'analisi
di ogni elemento acquisitivo agli atti, senza vincolo di meccanicistica prevalenza dell'elemento letterale rispetto ad
ogni altro possibile utilizzabile dalla Corte stessa. P.Q.M. Ad integrazione dell'ordinanza del 22 luglio 2006, rigetta la
richiesta di prova testimoniale ripetutamente formulata da Paolo Dondarini e dispone che si proceda ulteriormente alla
discussione orale.
Dispone, altresì, che la segreteria provveda alla immediata comunicazione dell'ordinanza alla parte ed al suo difensore
nell'ipotesi della loro assenza al momento della lettura.
Acquisiti i documenti di cui alle ordinanze ed esaurita la discussione orale, anche con repliche, dei terzi
controinteressati, della Procura Federale e degli appellanti, la Corte si riuniva in Camera di Consiglio, al cui termine,
in data 25 luglio 2006, pronunciava, in udienza pubblica, la decisione di cui al separato dispositivo.
V - MOTIVI DELLA DECISIONE
A. Questioni pregiudiziali e preliminari
Va, in ordine logico, preliminarmente esaminata la duplice eccezione, formulata da più appellanti, circa la legittimità sia
del provvedimento commissariale di nomina dei nuovi componenti della Commissione di Appello Federale, che di quello,
riferibile al presidente di quest‟ultimo organo, di costituzione del collegio giudicante di primo grado.
Entrambe le eccezioni, teleologicamente tra loro connesse, non appaiono fondate.
Ed invero, il primo dei provvedimenti è stato legittimamente adottato allo scopo di reintegrare l‟organico della CAF,
la cui consistenza era sensibilmente diminuita, tanto sul piano numerico, quanto su quello funzionale, per effetto della
sopravvenuta carenza autorizzativa all‟esercizio dell‟incarico in questione da parte dei magistrati originariamente nominati,
anche con funzioni semi-direttive. Si è trattato dell‟esercizio di un insindacabile potere organizzativo del Commissario
Straordinario (in attuazione dei poteri normalmente attribuiti al Consiglio Federale) al quale non può che essere riconosciuta la
prerogativa di reintegrare l‟organico ridotto in modo da garantire la piena funzionalità dell‟organo, senza che a precludere
tale compito possa ovviamente intervenire la presenza di altri componenti, tenuto conto che l‟art. 31, comma 2, dello
Statuto Federale prevede un numero minimo, e non uno massimo, di componenti. Allo stesso modo, il Presidente della CAF
legittimamente ha esercitato il proprio potere discrezionale di individuazione dei componenti, titolari e supplente, del singolo
Collegio in assenza, allo stato, di qualsiasi norma federale che preveda criteri oggettivi e predeterminati di
costituzione dei collegi stessi, come fa invece, in omaggio all‟art. 25, primo comma, della Costituzione, l‟ordinamento
statuale, e dei relativi vincoli (che la Corte auspica siano introdotti anche nell‟ordinamento sportivo, in doverosa simmetria con
quello statale). Quanto all‟eccepita inammissibilità di taluni appelli principali per pretese violazioni di disposizioni
federali concernenti la notificazione ai terzi controinteressati (in particolare il Bologna F.C. 1909), è agevole rilevare che
l‟avvenuta costituzione di quest‟ultima società e la piena esplicazione dei relativi diritti di difesa ha fatto sì che l‟atto di
impugnazione raggiungesse pienamente il proprio scopo senza compromissione alcuna delle garanzie poste a tutela di tale
categoria di soggetti (arg. ex art. 156 c.p.c.). In relazione alla sussistenza della giurisdizione dell‟ordinamento sportivo nei
confronti di Andrea Della Valle e Sandro Mencucci la Corte osserva che l‟assunzione delle relative cariche
(rispettivamente Presidente ed Amministratore Delegato) dell‟A.C.F. Fiorentina S.p.A. è avvenuta il 25 gennaio 2005,
divenendo esecutiva ai sensi della specifica norma applicabile (e cioè, dell‟art. 37, comma 1, delle NOIF) a decorrere dalla
data di avvenuta ricezione della comunicazione alla Lega di competenza. Per quanto concerne, poi, la posizione di Diego
Della Valle (Presidente onorario della medesima società) la Corte ritiene che egli possieda la qualità di socio, idonea a venire
in rilievo a fini disciplinari, ai sensi degli artt. 1 ss. del Codice di Giustizia Sportiva, per effetto della circostanza che, come è
emerso dalle acquisizioni documentali, egli è socio di maggioranza della Diego Della Valle S.a.p.A (di cui è, secondo
quanto emerge dalle visure camerali, a propria volta, socio accomandatario ed amministratore), essendo titolare di
7.200.000 azioni su 8 milioni di complessive azioni, e che tale persona giuridica è, a propria volta, socio di
maggioranza dell‟A.C.F. Fiorentina, di cui è, quindi, in grado di determinare le scelte: circostanza, questa, che realizza
una forma di cointeressenza societaria da parte dell‟incolpato nei confronti della società calcistica idonea a radicarne
l‟assoggettamento alla Giustizia Sportiva.Peraltro, non può trascurarsi che il tenore delle difese, anche in questo grado di
giudizio svolte dall‟incolpato, è logicamente incompatibile con l‟assenza di interesse e peso nella società. Egualmente va
ritenuta la giurisdizione di questa Corte nei confronti di Luciano Moggi, alla luce dell‟inefficacia delle dimissioni da lui
presentate anteriormente al deferimento, rispetto allo scopo di sottrarsi al procedimento disciplinare. E ciò, in quanto tale
momento cronologico non riesce a determinare l‟effetto preclusivo della eventuale riammissione
in ambito
federale del tesserato dimissionario successivamente alla conclusione del procedimento stesso, ciò che, se avvenisse,
non soddisferebbe il concorrente interesse del tesserato e dell‟ordinamento all‟accertamento della (sussistenza o meno della)
responsabilità. Ed, invero, tale effetto preclusivo può solo conseguirsi, come acutamente rilevato dai primi giudici,
successivamente all‟atto di notificazione del deferimento in quanto tale momento determina l‟effetto preclusivo in parola,
alla luce della specifica disposizione dell‟art. 36, comma 7, NOIF che prevede che “non possono essere nuovamente
tesserati coloro che abbiano rinunciato ad un precedente tesseramento in pendenza di un procedimento disciplinare a
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loro carico” ed in virtù della considerazione che la pendenza del procedimento disciplinare è determinata dalla
notificazione dell‟atto di deferimento. Va aggiunto che la reiterazione delle dimissioni di Moggi, successivamente a tale
evento, è irrilevante, essendosi l‟effetto interruttivo dell‟appartenenza federale prodotto all‟atto delle precedenti
dimissioni, senza possibilità di utile duplicazione della loro efficacia. Egualmente infondate si rivelano le censure mosse con
riferimento ai termini stabiliti per i procedimenti per illecito sportivo nel C.U. n. 12 del 15 giugno 2006, tenuto conto
del carattere generale ed astratto del provvedimento (anteriore all‟atto di deferimento), della sua rispondenza alla prassi e
della sua incontestabile ispirazione alle esigenze di celerità e certezza per l‟ordinamento sportivo del tipo dei procedimenti in
parola, senza pregiudizio alcuno dei diritti di difesa, in concreto ed ampiamente esercitati da tutte le parti. Va, ribadita la
competenza, ai sensi del combinato disposto degli artt. 31 comma 1 e 32 comma 7, dello Statuto Federale., nel presente
procedimento del plesso giurisdizionale CAF in primo grado - Corte Federale in grado di appello, esattamente ravvisata dai
primi giudici, tenuto conto della qualità soggettiva di dirigenti federali posseduta da numerosi incolpati, che rende
applicabili le norme citate. Tale qualità determina, in conformità al principio della vis actractiva esercitata dall‟organo di
giustizia sportiva di grado superiore rispetto alle astrattamente ipotizzabili competenze di giudici appartenenti a Leghe di
grado inferiore, fissato dagli artt. 37, comma 1, e 28, comma 7, C.G.S., l‟effetto di concentrazione dell‟intero
procedimento nei confronti di tutti gli incolpati nella cognizione del plesso prima indicato. Va ancora posta in rilievo la sicura
attitudine dei singoli capi di incolpazione ad identificare i termini e l‟oggetto delle accuse contestate con dovizia di
riferimenti temporali e contenutistici, come è eloquentemente dimostrato dalle difese svolte sia in primo grado dalle
parti, che dagli atti di impugnazione proposti in questo grado. Merita, altresì, piena adesione l‟argomentata posizione
assunta dai primi giudici in relazione alle questioni diffusamente sollevate dalle difese degli incolpati in primo grado e
reiterate
nei gravami, della inutilizzabilità, nei procedimenti per illecito sportivo, delle trascrizioni delle
intercettazioni telefoniche rientranti negli atti dei procedimenti penali che qui rilevano ed acquisite ai sensi dell‟art. 2,
comma 3, della legge 401/1989. Di assorbente rilievo appare a questa Corte l‟osservazione che nella prospettiva
motivazionale adottata dalla CAF, le trascrizioni delle intercettazioni telefoniche ed ambientali non vengano
generalmente in rilievo quali prove in sé degli addebiti rivolti ai deferiti, ma come mera circostanza storica – non
disconosciuta nella sua esistenza, né nel suo oggetto, né nella sua veridicità, dagli incolpati – suscettibili di lettura
critica, interpretazione logica, collegamento con gli altri elementi probatori acquisiti, in una parola di valutazione di merito.
Ma se anche, e per semplice completezza argomentativa, si volesse dibattere nel presente grado di giudizio della
legittima utilizzazione delle intercettazioni in parola sarebbe agevole il rilievo che il nostro ordinamento
costituzionale contempla una significativa limitazione al generale divieto di violare la libertà e segretezza di ogni forma di
comunicazione attraverso la previsione all‟art. 15, secondo comma, che la limitazione avvenga, come nel caso di specie,
attraverso atto motivato dell‟autorità giudiziaria con le garanzie stabilite dalla legge, la cui concreta ricorrenza – e la tensione al
fine di soddisfare l‟interesse pubblico primario alla repressione dei reati – ha, per costante giurisprudenza (adeguatamente
citata nella decisione impugnata) dei Giudici della legittimità delle leggi, esonerato da dubbi di illegittimità la
normativa processual penalistica nonché le disposizioni rivolte alla tutela dei valori dello sport (ciò che ha consentito,
con altrettanto carattere di costanza, ai giudici sportivi di utilizzare il mezzo in parola: cfr. di recente, la decisione della
CAF di cui al C.U. n. 6/C della stagione 2005/2006). Proprio il carattere strumentale al perseguimento di scopi
costituzionalmente congrui consente, ad avviso della Corte ed in perfetta simmetria con la decisione impugnata, di
ritenere privo di decisività il riferimento effettuato da alcune difese alla normativa racchiusa nella Convenzione Europea per la
salvaguardia dei Diritti dell‟Uomo del 1950, tenuto conto che il relativo art. 8 espressamente coordina la tutela del valore
della riservatezza con quella, altrettanto essenziale in una società democratica, della repressione dei fatti illeciti penalmente
rilevanti. Nessun dubbio può, infine, nutrirsi circa la legittima ammissione, sin dal primo grado di giudizio, di società
terze portatrici di interessi indiretti, compresi quelli di classifica (ex art. 29, 3 comma C.G.S.), da valutarsi in riferimento
alle possibili ricadute favorevoli alla loro collocazione nell‟ambito dell‟organizzazione sportiva che conseguirebbero a
decisioni contrarie alle società incolpate e per esse penalizzanti. Va, preliminarmente, confermata l‟ordinanza del 22
luglio 2006 con cui sono stati estromessi dal presente procedimento incolpati nei confronti del cui proscioglimento non
era stata proposta impugnazione (Domenico Messina e Paolo Tagliavento) o verso cui era venuta meno irrevocabilmente la
giurisdizione (Paolo Bergamo). Va poi dichiarato inammissibile l‟appello proposto dal Bologna F.C. 1909 nei confronti di
tutti i tesserati indicati nel dispositivo, incolpati a titolo individuale e non in quanto rappresentanti o soci di società
la cui eventuale affermazione
di responsabilità possa ridondare a favore dell‟appellante. Rispetto ad essi, infatti,
quest‟ultimo non appare essere titolare, per la ragione appena indicata, di quell‟interesse indiretto anche in classifica che
avrebbe legittimato l‟impugnazione. Ciò preliminarmente osservato, la Corte non può esimersi dal rilevare che
l‟estensione dell‟area dei soggetti deferiti, la loro qualità (Presidente e Vice Presidente Federale) alcuni consiglieri federali tra i
quali il Presidente della Lega Nazionale Professionisti serie A e B, il Presidente dell‟Associazione Arbitri, gli ex
designatori arbitrali, il designatore degli assistenti di gara, alcuni arbitri assistenti, i vertici amministrativi e proprietari di
importanti società), il numero e la serietà dei comportamenti contestati, debba portare ad affermare che il presente giudizio
ha investito nel loro complesso il sistema calcistico nazionale e la sua struttura, scuotendone le fondamenta e
sorprendendo la pubblica fiducia (come sottolineato con feconda intuizione nel corso delle indagini federali). Al tempo
stesso, la Corte, nel doveroso adempimento della propria funzione nomofilattica, non può fare a meno di segnalare la
necessità di radicali interventi di riforma dell‟ordinamento federale in vista del necessario adeguamento a quello
statuale e comunitario in una serie di delicate materie, che sono andate emergendo nel presente procedimento (quali, a
titolo di esempio, la mancata previsione di illeciti di natura associativa e di prescrizioni cogenti relativamente alla
costituzione ed al funzionamento degli organi collegiali di giustizia sportiva) e rispetto alle quali oggi il diritto sportivo
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non appare sempre pronto, per difetto di puntuali disposizioni, ad intervenire con la dovuta effettività.
B - Premessa
Venendo ora all‟esame dei capi di incolpazione, va subito affrontata una questione di metodo, consistente nella
individuazione dello scenario nel quale, tanto dal punto di vista soggettivo, quanto da quello oggettivo, va inquadrato il
presente procedimento. Lucidamente la CAF rileva che esso non riguarda un “sistema” ma una serie di reticoli
autonomamente attuati dalle varie società incolpate, sia pur all‟interno di un‟atmosfera inquinata che incombeva sul
campionato di serie A 2004 – 2005 (pagg. 74 e 75). Quest‟impostazione, perfettamente rispondente all‟articolata e coerente
struttura dell‟atto di accusa, appare un necessario corollario della mancata previsione nell‟ordinamento federale di una
fattispecie di illecito associativo, modellata sull‟esempio del diritto comune: l‟altrettanto logica conseguenza di questa lacuna
ordinamentale è che, anche in questo grado, il metodo di analisi della Corte debba procedere con riguardo alle singole
posizioni, quali vengono in rilievo dalle constatazioni mosse a ciascuna società: è consequenziale che tutte le posizioni
debbano essere affrontate e giudicate applicando i rigorosi standard probatori propri di ciascuna contestazione, rivelandosi
inapplicabili quelli, più agili e collaudati nell‟ordinamento di diritto comune, dell‟illecito associativo. Tuttavia,
quest‟esame per posizioni non impedisce che l‟operato di specifici incolpati acquisti efficienza in più vicende,
apparentemente slegate, ma tra loro, avvinte proprio dalla partecipazione dei medesimi soggetti alle vicende stesse (il punto
si chiarirà tenendo conto delle fondamentali implicazioni della posizione di Moggi, anche al riguardo alla gara Lecce – Parma,
in occasione della quale fu interlocutore telefonico di Diego Della Valle).
C - Posizione della Juventus Football Club S.p.a., di Luciano Moggi, di Antonio Giraudo, di Gianluca Paparesta,
di Tullio Lanese, di Pierluigi Pairetto e di Massimo De Santis.
La struttura dell‟atto di accusa si apre con le articolate contestazioni relative alla posizione della società Juventus che constano
di molteplici addebiti, così ripartiti: a) incolpazione, ex artt. 1, 1° comma e 6, 1° e 2° comma C.G.S., a Luciano
Moggi, Antonio Giraudo, Innocenzo Mazzini, Paolo Bergamo, Pierluigi Pairetto, Tullio Lanese e Massimo De Santis,
nonché a titolo di responsabilità diretta e presunta, alla società in questione, per avere intrattenuto
tra loro contatti
indebiti, anche su linee telefoniche riservate, e realizzato incontri riservati, così ponendo in essere condotte in
violazione dei generali doveri comportamentali e, al contempo, rivolte a condizionare a favore della Juventus, il settore
arbitrale;
b) Moggi e Giraudo, ex art. 1, comma 1, citato e la società per responsabilità diretta, per aver tenuto, al termine della gara
Reggina – Juventus del 6 novembre 2004, una condotta verbalmente e fisicamente aggressiva nei confronti della terna
arbitrale, punitivamente chiusa a chiave nello spogliatoio;
c) Gianluca Paparesta (non rileva più la posizione di Pietro Ingargiola, per essere la decisione impugnata divenuta
definitiva nei suoi confronti per mancata impugnazione) per avere omesso di segnalare la condotta di Moggi, di cui alla lettera
b);
d) Lanese, ai sensi dell‟art. 1 cit., per avere avallato e consigliato l‟Ingargiola a porre in essere il comportamento
omissivo addebitatogli;
e) Moggi, di illecito ai sensi dell‟art. 6, comma 1, CGS e la Juventus di responsabilità diretta e presunta, per avere
posto in essere atti diretti ad alterare le gare della società torinese contro Lazio, Bologna ed Udinese;
f) Bergamo, di illecito sportivo in relazione alle gare da ultimo menzionate;
g) De Santis per la medesima violazione, per aver aderito al disegno di alterare, a favore della Juventus, la gara di
quest‟ultima in trasferta a Bologna, precostituendo la necessaria squalifica di giocatori di tale squadra, già diffidati,
ammonendoli nel precedente incontro da lui diretto. In relazione al complesso ordito accusatorio la Commissione di primo
grado ha osservato che la fattispecie di illecito sportivo di cui all‟art. 6 citato, può integrarsi anche attraverso il compimento
di atti diretti ad assicurare, a chiunque, un vantaggio in classifica, aggiungendo che tale autonoma ipotesi può
prescindere dall‟alterazione dello svolgimento o dal risultato di una gara, sotto il profilo che la classifica nel suo complesso
può essere influenzata da condizionamenti che, comunque, finiscano, indipendentemente dall‟esito di singole gare, per
determinare il prevalere di una squadra rispetto alle altre. In concreto, i primi giudici hanno ritenuto che tale effetto di
condizionamento del campionato 2004/2005 sia stato, dagli incolpati, raggiunto grazie all‟alterazione del regolare
funzionamento del settore arbitrale ed alla lesione dei principi di alterità, terzietà, imparzialità ed indipendenza tipici di tale
funzione. Ulteriormente, la decisione impugnata ha osservato che, nella struttura dell‟atto di accusa, sono individuabili
specifiche condotte di per sé violative dei generali canoni posti dall‟art. 1 citato, il cui insieme è stato giudicato idoneo a
realizzare il condizionamento del regolare funzionamento del settore arbitrale a vantaggio della Juventus, così
risolvendosi in un‟attività diretta a portare alla società un vantaggio in classifica. Ed i primi giudici hanno espressamente
aderito, in linea di principio, a questa impostazione metodologica, diretta a surrogare la già segnalata carenza di punibilità in
ambito federale dell‟associazione di più persone al fine di commettere un indeterminato numero di illeciti. La Corte è
dell‟avviso che debba, logicamente, far precedere alla valutazione del materiale probatorio a suffragio della impostazione
prima illustrata il giudizio sull‟ammissibilità, espressamente contestata nelle impugnazioni degli appellanti, condannati in
primo grado, della doppia rilevanza disciplinare di una medesima condotta, considerata una prima volta atomisticamente ed
in sé, nella prospettiva che essa esprima il disvalore deontologico di cui all‟art. 1 CGS e riguardata cumulativamente ad altre
condotte, nell‟ottica finalistica che essa abbia realizzato l‟attività rivolta all‟alterazione di gare, disciplinata, come illecito
sportivo, dall‟art. 6 dello stesso codice. La Corte ritiene che la decisione impugnata non meriti, sul punto, alcuna censura. Ed
invero, occorre prendere le mosse della struttura formale delle due violazioni regolamentari di cui si tratta, e cioè
l‟art. 1 e l‟art. 6 C.G.S.. La prima disposizione sancisce un generico obbligo di “lealtà, correttezza e probità in ogni rapporto,
comunque, riferibile all‟attività sportiva”, così lasciando intendere che l‟infrazione al criterio generale di condotta in ambito
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sportivo può assumere configurazioni libere, cioè non predeterminabili in ragione della loro forma e delle loro manifestazioni,
ma qualificabili in funzione della lesione del bene giuridico protetto dalla norma. Ciò non toglie, tuttavia, che le condotte
antigiuridiche, ai sensi dell‟art. 1, possano in concreto acquisire rilevanza casualmente efficiente nella prospettiva della
commissione di altre violazioni, costituendone mezzi idonei per la realizzazione, altrimenti non verificabile o verificabile
solo a condizioni diverse. Ora, poiché l‟art. 6, comma 1, prevede come illecito sportivo “il compimento, con qualsiasi mezzo,
di atti diretti ad attuare lo svolgimento o il risultato di una gara ovvero ad assicurare a chiunque un vantaggio
in classifica”, è evidente che, anche nella conformazione della norma in esame e coerentemente con la stessa
impostazione del sistema normativo dell‟organizzazione federale, la nozione di mezzo quale strumento per il compimento degli
atti, in essa descritti, non soggiace ad alcuna predeterminazione di tipicità e ricava la sua riconducibilità, in concreto,
all‟alveo della disposizione a seguito della sua accertata capacità di consentire il compimento dell‟atto punibile. Ecco,
allora, che nella ricostruzione dell‟illecito sportivo occorre guardare alla natura dell‟atto – tema che sarà affrontato in
seguito – e, nel contesto di questa indagine, è necessario giudicare della relazione di efficacia causale del mezzo in
concreto prescelto rispetto al compimento dell‟atto. Logicamente, nessun diaframma è ragionevole interporre ad una doppia
valutazione di rilevanza di una medesima condotta, sussumendola nei binari del generale disvalore deontologico e,
in ottica diversa, concependola come ineliminabile tassello strumentale nella realizzazione dell‟illecito ex art. 6, senza che
ciò si traduca – a differenza di quanto sostenuto dalle difese nel corso della discussione orale – in una (inammissibile) somma
algebrica di singole condotte qualificate come antidoverose ex art. 1 e senza che l‟operazione valutativa, di cui si dice,
determini l‟assorbimento di tali condotte nel paradigma dell‟illecito sportivo con (insussistente) perdita della loro originaria
natura e rilevanza (ed in questo senso va rettificata la motivazione di primo grado, senza effetti quoad poenam, in difetto di
appello). Deve, infatti, escludersi, alla stregua della struttura delle due norme e dei differenti beni giuridici protetti, che
vi sia un rapporto di necessaria inerenza delle condotte genericamente antidoverose alla figura dell‟illecito o che
esse se ne possano considerare elemento costitutivo: si tratta di un occasionale, di volta in volta da verificare, apporto
causale alla realizzazione
dell‟illecito sportivo fornito da una condotta, comunque, espressiva di una trasgressione
all‟ordinamento sportivo. Il giudizio che compete, quindi, a questa Corte, una volta risolta, in senso confermativo della
decisione impugnata, la questione di principio, è quello circa la sufficienza del materiale probatorio per affermare, da un
canto, la sussistenza delle condotte contestate ed a stabilirne, d‟altro canto, l‟idoneità a convertirsi in mezzi utili al
compimento degli atti previsti dall‟art. 6, comma 1, C.G.S. Anche a questo proposito la Corte non ha dubbi nel
dichiarare che i primi giudici, contrariamente a quanto sostenuto in tutti gli appelli degli interessati, hanno fatto
ineccepibile governo del proprio compito relativamente ad entrambi i punti, con la conseguenza che tutta la parte
della decisione concernente la posizione della Juventus va confermata in termini di affermazione di responsabilità, con le
modifiche peggiorative, conseguenti all‟impugnazione della Procura Federale, delle pene irrogate a taluni incolpati e
migliorative, in relazione ai rispettivi appelli, per altri incolpati, nei termini di seguito esposti. Opportunamente la
sentenza impugnata pone una doppia premessa al proprio giudizio: essa va condivisa e fatta propria da questa Corte, con le
precisazioni che seguono quanto alla prima. Questa concerne la necessaria valutazione congiunta delle posizioni dei due
dirigenti della società torinese, Moggi e Giraudo: le considerazioni che seguono costituiscono risposta e confutazione
agli articolati gravami proposti sia da costoro, che dalla società Juventus. E‟, in particolare, condivisibile, perché
rispondente ad esigenze di logica e congruenza argomentativa la ragione posta a fondamento di questa scelta, e cioè
l‟accertata e concertata – come si vedrà oltre – confluenza dell‟oggetto e del fine della loro attività illecità nell‟interesse
della Juventus. Le loro condotte dovranno, pertanto, essere guardate come avvinte da questo comune intento, anche se in
singoli casi, possano essere state poste in forma disgiunta perché così suggerivano le circostanze o divisavano gli
incolpati allo scopo di consolidare gli effetti positivi per la società delle loro azioni. La Corte ritiene che, all‟interno di
questa impostazione metodologica, debba innestarsi una coppia di osservazioni che faranno riverberare i propri effetti
differenziali rispetto alle posizioni di altri incolpati, società e singoli tesserati, allorché queste saranno esaminate. La prima è
che, diversamente dalla situazione registrabile in altri capi di incolpazione, i due dirigenti in questione hanno manifestato
piena ed incondizionata libertà di azione senza che risultino, agli atti, momenti di coordinamento con altri organi
amministrativi della società (costituendone essi il vertice) ed in particolare con la proprietà. Questo non significa, in alcun
modo, che le loro azioni non siano direttamente riferibili alla società (così superandosi la contraria difesa di questa), che ne era
altrettanto direttamente beneficiaria e che non lo sarebbe stata se tali azioni non fossero state poste in essere. L‟incidentale
osservazione va fatta per distinguere l‟operato di Moggi e Giraudo da quello di altri dirigenti sportivi (è il caso di Mencucci ed
Andrea Della Valle) la cui azione, come si vedrà oltre, non ha esplicato un grado di efficienza causale minimamente
paragonabile a quella degli altri incolpati o ad essa assimilabile quanto a qualificazione giuridica. La seconda precisazione,
puramente integrativa del sostrato metodologico della decisione impugnata, è resa necessaria da una tesi difensiva
corposamente discussa dal club torinese e volta a porre in luce l‟esistenza di una netta soluzione di continuità tra l‟azione
di uno dei due dirigenti (Moggi) e l‟interesse della Juventus, ed a ventilare che il primo agisse per scopi mercantili suoi
propri. La Corte ritiene che, del tutto esattamente, i primi giudici abbiano affermato la responsabilità di Moggi
con esclusivo riferimento a condotte ed episodi positivamente refluiti o capaci di refluire sulla posizione sportiva della
Juventus, sicchè, come si vedrà dall‟esame dei singoli casi, nessun dubbio può sorgere circa l‟inerenza dell‟affermazione
delle pesanti responsabilità del dirigente al trattamento punitivo riservato alla Juventus. E‟ pur vero che dagli atti del
giudizio emerge la partecipazione di Moggi ad episodi costituenti oggetto di contestazione ad altre società ed altri
tesserati (è il caso della Fiorentina e dei suoi dirigenti) ed in nessun modo collegabili alla posizione della Juventus. Ma è
anche vero che, con riferimento ed essi, nessuna censura sportiva è stata mossa a tale società, che, quindi, non ha subito
alcun effetto sanzionatorio pregiudizievole. Semmai, tali partecipazioni dimostrano che Moggi, anche se agiva in proprio, era
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dotato di quel potere condizionante della correttezza di significative componenti del settore arbitrale di cui motivatamente
parla la decisione impugnata ed al quale era necessario (metaforicamente) inchinarsi per sopravvivere nel
mondo della Serie A e non vedere vanificati investimenti e patrimonio societario e non mortificare la buona fede e
la passione degli ignari sostenitori. Venendo, adesso, alla seconda premessa della CAF, consistente nella dichiarazione
programmatica di non considerare atomisticamente i fatti accertati e le conversazioni telefoniche intervenute tra i vari
incolpati e di valutarli, piuttosto, nel loro complesso e nella loro correlazione, la Corte non può non riconoscere
l‟ineccepibilità del metodo (ed applicarlo a propria volta), trattandosi di criterio di analisi necessario avuto riguardo alla
natura delle contestazioni ex art. 6 nella parte relativa all‟alterazione diretta a provocare il sistemico vantaggio in classifica
ed alla pronunciata
inscindibilità tra la posizione di Moggi e quella di Giraudo. Egualmente e senza riserve condivisibili
appaiono – così ancora una volta, rispondendosi in termini confutativi ai gravami che hanno inteso colpire la statuizione
in parola - le conclusioni di merito cui è pervenuta la Commissione di primo grado a seguito dell‟esame del materiale
probatorio ad essa sottoposto. In particolare, merita totale adesione il passaggio nel quale la decisione impugnata ricava dagli
elementi di prova raccolti la convinzione della compiuta verificazione dell‟esito dell‟illecito sportivo, e cioè
dell‟alterazione della classifica, a vantaggio della Juventus, del campionato 2004/2005, per effetto del condizionamento del
settore arbitrale. Va, preliminarmente, osservato, che i giudici di primo grado hanno chiaramente enunciato non solo che
l‟alterazione ex art. 6 CGS, rilevante ai fini del presente procedimento, aveva ad oggetto la classifica del campionato in
questione nel suo complesso, ma che il programma era destinato a realizzarsi attraverso il condizionamento del settore
arbitrale. Ad avviso della Corte, deve indiscutibilmente affermarsi così ancora una volta, facendo giustizia degli
argomenti sviluppati in senso contrario nei gravami - la piena e concreta attitudine a falsare la classifica posseduta
dall‟opera di condizionamento del settore arbitrale, per effetto delle scelte
e delle decisioni dei relativi vertici,
influenzati della decisiva opera di Moggi e Giraudo. Come detto, sono più che adeguati e più che congruamente valutati,
dai primi giudici, gli elementi di prova dell‟avvenuto condizionamento di cui si dice (come risalta dalle espresse citazioni
racchiuse al punto nella decisione impugnata, alle cui pagine da 79 a 90 si fa espresso rinvio). In effetti, agli atti è affluita
una quantità cospicua ed inequivoca di elementi dimostrativi:
a) della speciale cura che i due dirigenti dicevano dovesse essere posta nei rapporti col mondo arbitrale;
b) della natura, intensità, ambiguità e non trasparenza dei loro rapporti con i designatori Pairetto e Bergamo, costellati da
ripetuti incontri conviviali, privati ed esclusivi, da un incalzante numero di colloqui telefonici, dall‟inspiegabile (almeno
secondo i canoni della limpidezza comportamentale) affidamento di telefonini insuscettibili di intercettazione,
dall‟intercessione, a fini commerciali (quali l‟acquisto di autoveicoli del gruppo FIAT), a favore di persone legate a
Pairetto, da regali offerti ai designatori e capaci di generare un pericoloso sentimento di riconoscenza da parte dei donatari
nei confronti dei donanti e, quindi, della società di questi ultimi, dalle pesantissime, insistite interferenze di Moggi nella
predisposizione delle griglie per il sorteggio arbitrale atte a sovrapporsi, sovrastandole, alle scelte del designatore Bergamo,
sia con riferimento agli arbitri, che agli assistenti e coronate da sostanziale successo (nel senso della fungibilità
funzionale dei prescelti rispetto a quelli desiderati e richiesti: è il caso del “pan bagnato” Gemignani e Foschetti in luogo
della “zuppa” Ricci e Gemignani, pretesa da Moggi per la gara Juventus – Udinese, del 13 febbraio 2005), dalle minacciose
intenzioni manifestate da Moggi a Bergamo nei confronti di arbitri che “sbagliano” (è il caso della subliminale richiesta
di punizione nei confronti di Collina e Rosetti), dalle attuate ed umilianti della dignità del soggetto passivo minacce ed
aggressioni contro altri arbitri che sbagliano (Paparesta dopo Reggina – Juventus, del 6 novembre 2004). Questi gli
episodi, ripetuti nel tempo e nello spazio, incontroversi nella loro storicità, congiuntamente o disgiuntamente posti in
essere da Moggi e Giraudo e, comunque, tutti obiettivamente tendenti alla precostituzione di condizioni dalle quali la
Juventus potesse trarre vantaggio di classifica nel campionato 2004-2005, episodi a cui la decisione impugnata ha
giustamente attribuito capacità causale adeguata per il conseguimento di tale risultato sperato. Anche questo giudizio va
integralmente condiviso e specularmene rigettata la articolata censura mossa alla decisione impugnata da parte degli
appellanti. Ed invero, una volta chiarito che il condizionamento del settore arbitrale costituisce sistema
comportamentale idoneo all‟alterazione del campionato, va aggiunto che, ad avviso della Corte, i mezzi in concreto posti
in essere (e prima analiticamente descritti) vanno definiti, senz‟altro, idonei allo scopo, sia con valutazione ex ante che, per
semplice completezza espositiva, con valutazione ex post. Si consideri, al riguardo, che in astratto le condotte di Moggi e
Giraudo non potevano non sortire il risultato auspicato in riferimento agli allettanti vantaggi diretti ed indiretti offerti ai
designatori (anche individualmente), all‟ineffabile confidenza nei rapporti personali, alla pervasività della presenza dei
dirigenti juventini nelle scelte riservate all‟ufficio di costoro; al tempo stesso, l‟idoneità ex post delle condotte stesse, nella
prospettiva dell‟art. 6 CGS, si deduce, senza perplessità alcuna, dalla supina predisposizione, mostrata dai
designatori stessi (anche separatamente) a seguire le indicazioni di Moggi e Giraudo (in materia di designazione di
assistenti,concertazione della formazione delle griglie, piena connivenza omissiva rispetto ad episodi minacciosi ed
aggressivi di cui Moggi era stato autore). A questa stregua, la decisione impugnata va confermata (rimanendo, come esposto
nella parte precedente, priva di conseguenze sul trattamento sanzionatorio per difetto di impugnazione, sul punto, la
ritenuta ammissibilità di concorso tra art. 1 ed art. 6 CGS per il caso di medesima condotta autonomamente valutabile nella
doppia prospettiva): delle pene da irrogare agli incolpati si dirà al termine della trattazione del complesso delle
incolpazioni relative alla Juventus. Corretta e consequenziale è l‟affermazione della responsabilità diretta della società
rispetto ai fatti di cui è stato ritenuto responsabile il suo rappresentante legale Giraudo. Va, altresì, confermata la decisione
impugnata – con conseguente rigetto dell‟appello della Procura Federale - nella parte in cui ha ritenuto non essere stata
raggiunta la prova della responsabilità di Mazzini, Pairetto, Lanese e De Santis in ordine alla violazione dell‟art. 6, comma 1,
C.G.S., contestata a Moggi e Giraudo di cui ci si è appena occupati, fermo restando l‟altrettanto condivisibile
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accertamento di rilevanza di talune condotte, ai fini dell‟art. 1 e nei termini di cui si dirà oltre. In particolare, la
Commissione ha esattamente rilevato che non fosse stata raggiunta la prova né dell‟intenzionale direzione delle condotte
degli appellanti, né della loro idoneità allo scopo. A questo proposito la Corte rileva che la configurabilità dell‟illecito ex
art. 6 CGS non può che fondarsi su una prova solida ed al di là di ogni ragionevole dubbio che l‟atto umano oggetto di
incolpazione riveli (oltre che la sua idoneità al raggiungimento del risultato vietato) la volontà dell‟agente di
realizzare, con dolo specifico, l‟illecito, in quanto il paradigma normativo, nell‟utilizzare il termine “diretti” con
riferimento agli atti, pone un rapporto di necessaria implicazione tra la natura dell‟atto in sé ed il fine illecito che, tramite lo
stesso, l‟autore si propone. Il difetto della prova che ad ispirare la condotta dell‟incolpato fosse il conseguimento del
risultato illecito non può che risolversi, come esattamente osservato dalla CAF, ed infondatamente contestato dalla
Procura Federale, nel fallimento dell‟ipotesi di ricorrenza dell‟illecito. Ora, nel caso di specie, non vi sono elementi che
consentano di affermare, con certezza,che gli appellati, tramite condotte pur deontologicamente reprensibili ex art. 1 CGS,
come si dirà, avessero un interesse chiaro, diretto ed inequivoco a favorire la Juventus, né una convincente prova, in tal
senso, è stata fornita o dedotta: resta il fatto in sé di condotte scorrette o sleali, ma ciò non basta a far presumere che vi
fosse il fine palese o occulto di determinare l‟alterazione del campionato a favore della Juventus, soprattutto in assenza di
adeguato movente. La Corte ritiene che il dubbio possa residuare nei confronti di Pairetto a causa dei ripetuti contatti
commerciali, mediati da Moggi, per l‟acquisto di veicoli Fiat scontati anche a favore di terzi: il comportamento è certamente
riprovevole e scorretto – ciò che rileva ai fini della determinazione della sanzione, in sede di esame dell‟appello della Procura
Federale, che, in virtù del proprio effetto devolutivo, investe per intero la posizione dell‟appellato - ma non integra la
certezza di un atteggiamento favoritistico, soprattutto se si considera il minor ruolo nella vicenda di tale designatore
rispetto all‟altro, almeno quale emerge dagli atti. Analogamente, va confermata l‟affermazione di responsabilità di Lanese
ex art. 1 CGS, sotto il duplice profilo, congruamente valorizzato dai primi giudici, dei ripetuti, confidenziali ed impropri
incontri con i dirigenti juventini e dei rapporti commerciali intrattenuti con essi. Nessun rilievo escludente o attenuante
della responsabilità di Lanese può essere riconosciuto, contrariamente a quanto sostenuto dalla sua difesa, alla
necessità degli incontri a causa del ruolo, in senso lato politico, di Presidente dell‟AIA. In contrario valgano tre considerazioni:
a) mentre vi è la prova di un eccesso di confidenza conviviale e commerciale, del tutto inappropriata e biasimevole, tra
l‟incolpato e Moggi e Giraudo, non vi è alcuna prova della connessione di tali incontri con il perseguimento di fini
istituzionali dell‟Associazione, piuttosto che personali;
b) proprio la delicatezza del ruolo istituzionale avrebbe imposto all‟incolpato un supplemento di prudenza,
avvedutezza ed integrità;
c) Lanese ha, comunque, impropriamente beneficiato, grazie al fattivo intervento dei dirigenti juventini, di sconti
commerciali che mai avrebbe dovuto chiedere – quale che ne fosse l‟importo – a persone che avrebbero potuto
strumentalizzare la situazione di riconoscenza psicologica di cui egli sarebbe stato inevitabilmente portatore.
Conseguenzialmente all‟esclusione della responsabilità ex art. 6 degli estranei alla Juventus, va negata la relativa
responsabilità presunta. Va confermata la decisione impugnata anche nella parte relativa alla gara Reggina – Juventus
che qui viene in rilievo per ciò che concerne la condotta aggressiva e minacciosa rilevante ex art. 1 CGS, di Moggi e Giraudo,
al termine della gara, nei confronti della terna arbitrale. Viene, poi, contestata alla società torinese la responsabilità
diretta,all‟arbitro Paparesta la mancata segnalazione della condotta ed al Presidente Lanese il fatto di avere incoraggiato il
comportamento omissivo dell‟osservatore Ingargiola. Ad avviso della Corte è inattaccabile la ricostruzione in fatto
dell‟episodio effettuata dai giudici di primo grado, con conseguente rigetto dei gravami miranti ad una riforma della
decisione sul punto. La Commissione ha posto in rilievo che dalle risultanze processuali (ed in particolare dalle indagini
effettuate dal Nucleo Operativo dei C.C. di Roma, e trasfuse nel rapporto del relativo Comando Provinciale, oltre che
dall‟intrecciarsi delle intercettazioni telefoniche dei colloqui tra Lanese ed Ingargiola, avvenuti in due riprese dopo il
termine della partita, da un lato, e di quelle tra Moggi e terzi ripetute nel tempo, dall‟altro) emerge l‟atteggiamento
minaccioso ed irriguardoso assunto, con modalità diverse, ma egualmente deprecabili (l‟uno minaccioso, l‟altro
irriguardoso), nei confronti di arbitro ed assistenti, alla presenza anche del quarto ufficiale e dell‟osservatore Ingargiola, da
parte di Moggi e Giraudo. La ricostruzione è precisa ed incontestabile, ed indiscutibile è la rilevanza in termini di
disvalore deontologico delle condotte, a vario titolo, ascritte agli incolpati. In particolare, si consideri la narrazione
dell‟episodio (cfr. telefonata, prog. 907), effettuati con toni a metà strada tra il grottesco e l‟incredulo dall‟osservatore
Ingargiola a Lanese, il quale, ascoltando il racconto del collaboratore secondo cui non aveva mai visto un episodio
simile nella propria vita, non trovava di meglio che impartirgli la raccomandazione, come spessissimo è
avvenuto nelle varie conversazioni telefoniche agli atti, di badare ai fatti propri (evidentemente non coincidenti con quelli
dell‟istituzione che rappresentava). Sulla medesima linea era il racconto telefonico di Moggi ad un giornalista (prog. 140),
nella quale il dirigente si vantava di averli “fatti neri tutti quanti” e di averli “chiusi a chiave” con l‟intento, poi scongiurato da
qualcuno imprecisato di “portà via le chiavi”: cfr. le risultanze a pag. 25 e 26 dell‟informativa di reato del Comando Provinciale
di Roma dei C.C. redatta il 19 aprile 2005. I dirigenti hanno, infatti, violato gli spazi riservati alla direzione tecnica della gara
e posto in essere un comportamento lesivo del loro onore e della loro dignità; l‟arbitro Paparesta ha, in modo certo,
tollerato l‟incresciosa situazione ed omesso di denunciarla, anche a tutela del prestigio della funzione, oltre che
individuale; il presidente Lanese ha tradito il proprio compito istituzionale di tutela
della categoria ed il proprio
dovere di ligia osservanza delle norme federali e di settore. Il tema delle sanzioni sarà affrontato in esito alla trattazione
della prima parte della decisione impugnata. Per concludere l‟esame della decisione appellata laddove è dedicata alla
posizione della Juventus, vanno affrontate le impugnazioni di incolpati e Procura Federale relativamente alle gare Juventus
– Lazio e Bologna – Juventus (e, quale possibile antecedente logico, Fiorentina – Bologna) e concernenti gli incolpati
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Moggi, De Santis e F.C. Juventus S.p.A. La Corte ritiene che le statuizioni, sul punto, della decisione impugnata (ad
eccezione di quelle relative alla determinazione delle sanzioni, di cui si dirà in seguito) debbano essere confermate. Ed invero,
è da condividere la generale conclusione della CAF secondo cui l‟interferenza nella designazione arbitrale, riferibile ad un
tesserato, non può dar luogo ad illecito sportivo ove non vi sia la prova rigorosa che a tale attività abbia fatto seguito
l‟ulteriore segmento che l‟interesse per la designazione di uno specifico arbitro, manifestato da un dirigente di società
sportiva, pervenga all‟arbitro stesso e che da parte di esso traspaia, comunque, adesione alla richiesta. L‟assenza del
“segmento” tecnico della fattispecie a formazione progressiva (tale perché necessitante la concorrente partecipazione di
più soggetti, ciascuno con competenze e responsabilità di ruolo adeguati al raggiungimento del risultato alterativo
della gara, competizione o classifica) ne impedisce il relativo perfezionamento, mentre non osta affatto alla possibile
sussumibilità delle condotte appartenenti al segmento iniziale (condotte interferenti) e , quindi, definibili come meri
atti preparatori, nel paradigma di quelle poste in violazione dell‟art. 1 CGS.
Più in particolare, la decisione impugnata ha isolato, dal contesto delle incolpazioni in esame, la posizione di Moggi
decretandone correttamente la rilevanza nei termini appena menzionati, del tutto antagonisti rispetto alla contraria tesi
difensiva. Il profuso materiale probatorio dimostra che vi fu un incontro, di pochi giorni precedente la gara Juventus – Lazio,
tra Moggi, Giraudo, Pairetto e Bergamo e, altresì, che l‟indomani di tale incontro e prima della comunicazione ufficiale del
nome degli arbitri sorteggiati il primo ne fosse già a conoscenza. Vi è, altresì, la prova, in atti, dell‟indebita interferenza di
Moggi su Bergamo in vista della formazione della griglia di arbitri destinati a dirigere gare da disputare nella giornata in cui
si giocava Juventus – Udinese. Non può, però, ritenersi raggiunta – contrariamente all‟assunto della Procura Federale – la
prova che all‟arbitro De Santis fosse pervenuta la richiesta di Moggi – pur adombrata nel corso di una apposita
conversazione telefonica, di cui a pag. 102 della decisione – di intervenire punitivamente sui giocatori diffidati del
Bologna per renderne certa la squalifica nella successiva gara che tale squadra avrebbe disputato contro la Juventus, né che suoi,
eventuali, errori tecnici disvelassero una illecita volontà favoritistica per tale squadra. Conclusivamente, va confermata la
riconducibilità delle condotte di Moggi alla trama dell‟art. 1 ed esclusa qualunque responsabilità di De Santis a proposito
dell‟incolpazione in esame. Concluso l‟esame delle varie ed articolate posizioni, ricomprese nei capi di incolpazione da 1 a 10,
la Corte osserva quanto segue in relazione alle sanzioni da irrogare ai soggetti dichiarati colpevoli e, in via preliminare, ai
criteri di presidio per la relativa determinazione. La decisione di primo grado ha combinato i criteri di applicazione della pena
risultanti dal primo comma dell‟art. 13 C.G.S., e dipendenti dalla natura e gravità dei fatti commessi con quelli, sempre in
punto di gravità, desumibili dall‟art. 133 del codice penale e legati alle modalità delle azioni poste in essere, alla loro
incidenza concreta rispetto al campionato 2004/2005 ed all‟immagine dello sport italiano, all‟intensità della colpevolezza in
relazione alle singole posizioni funzionali, all‟accertata pluralità di illeciti, alle condizioni economiche del responsabile (nel
caso di ammende), alla lesione arrecata alla funzione ed all‟immagine della categoria ( rispettivamente di dirigenti
federali ed arbitri). La Corte ritiene che, in linea di principio e con riferimento alla generalità dei casi su cui è chiamata a
pronunciarsi, debbano essere tenuti in considerazione i citati criteri ispiratori di natura generale ed astratta, salva la
necessità di concreta commisurazione e temperamento con ulteriori criteri integrativi da applicarsi nei singoli casi
in modo da realizzare un bilanciamento tra la doverosa afflittività della pena e particolari condizioni soggettive ed
oggettive tale da portare ad una determinazione equa e ragionevole della sanzione. Con riferimento alle posizioni, sin qui,
esaminate la Corte osserva quanto segue. Va confermata la pena di cinque anni di inibizione e proposta al Presidente
federale di preclusione alla permanenza in qualsiasi rango o categoria della F.I.G.C. e all‟ammenda di 50.000 euro
motivatamente inflitta a Moggi alla luce sia dell‟affermata responsabilità per gravi episodi di illecito sportivo, sia
dalla protrazione nel tempo, sostanzialmente corrispondente allo svolgimento del campionato 2004/2005, della
sua
condotta strutturalmente rivolta al conseguimento dello scopo di alterazione della competizione per effetto del
condizionamento della classe arbitrale, sia, infine e con particolare rilievo, alla luce della completa realizzazione in termini
effettuali dell‟illecito disegno, che ha incrinato la pubblica fiducia nella lealtà delle competizioni sportive. Considerazioni
analoghe valgono per Giraudo, la cui pena va confermata, anche se essa contempla una più lieve sanzione economica
(20.000 euro di ammenda) a causa della minor frequenza dei colloqui telefonici con i designatori, senza che ciò possa
essere, in alcun modo, considerato indice di dissociazione o inconsapevolezza dall‟operato di Moggi e della sua attività
strutturalmente orientata verso scopi illeciti. Per quanto concerne la pena da irrogare alla società Juventus occorre
tenere conto cumulativamente di una serie di fattori. In primo luogo, deve porsi nel dovuto rilievo il, già ricordato,
carattere stabile e duraturo, nel corso della stagione sportiva 2004/2005, della condotta illecita ed antidoverosa dei propri
dirigenti, del conseguimento dell‟obiettivo di condizionamento a proprio favore del settore arbitrale, dell‟ulteriore
vantaggio dell‟alterazione della classifica e dell‟ottenimento della vittoria del campionato, della rimarchevole ed irreparabile
alterazione della parità di condizioni di contendibilità del titolo sportivo rispetto a molte altre squadre, del beneficio tratto
dalle condotte dei propri dirigenti che, seppure non diano formalmente vita ad un “sistema”, solo per difetto della
previsione dell‟illecito sportivo associativo, sicuramente possiedono
il carattere
altamente
inquinante
della
sistematicità e della stabilità organizzativa: l‟aggregazione di tutti questi disdicevoli elementi è, peraltro, addebitabile,
tra tutti gli incolpati del presente procedimento, solo alla Juventus, ciò che ne rende incomparabile, in negativo, la
posizione rispetto ad ogni altro. Va poi tenuto conto della ricorrenza dell‟aggravante dell‟effettivo conseguimento del
vantaggio in classifica, come prescritto dall‟art. 6, comma 6, C.G.S.. A fronte di tali pesantissimi elementi negativi appare
equo porre, con il dovuto effetto mitigativo della pena, rispetto a quella inflitta in primo grado, l‟importante e
prestigiosa storia sportiva, di cui ha sempre percepito i frutti anche la prima squadra nazionale, della società (elemento di cui
l‟ordinamento sportivo tende, sempre più spesso, a tener conto, come dimostra il favore verso la riammissione in
campionati immediatamente meno elevati, di quello di competenza, di società dichiarate, fallite, ma portatrici di un
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glorioso passato atletico) nonché la rimozione, o la mancata opposizione alle dimissioni, dei dirigenti responsabili della
condanna.
Va ritenuta congrua la seguente pena che, necessariamente, interviene lungo una triplice traiettoria temporale:
1) la sanzione della revoca dell‟assegnazione dello scudetto 2004/2005 è l‟effetto diretto dell‟accertata alterazione del
campionato ad opera della società e dei suoi dirigenti e va inflitta come pena autonoma, ai sensi della lettera i) dell‟art. 13
CGS, così confermandosi la decisione di primo grado;
2) la sanzione della non assegnazione del titolo di campione di Italia 2005/2006 e della retrocessione all‟ultimo posto in
classifica nello stesso, ai sensi del combinato disposto della disposizione da ultimo citata e della lettera g) della norma in
questione, dipendono dalla circostanza che va considerato “campionato di competenza”, a scopi concretamente sanzionatori,
quello nel quale l‟illecito è accertato (argomentando dalla logica osservazione sviluppata, sul punto, dalla
Commissione disciplinare nella propria decisione del 27 luglio 2005, in comunicato ufficiale n. 10 della Lega
Nazionale Professionisti, relativa al cd. “caso Genoa”) o giudicato, allorquando non sia più possibile intervenire su quello in
cui l‟illecito fu consumato (che costituisce la cornice tipica del campionato di “competenza”): sanzione generata dalla
speciale gravità dei fatti commessi e, dunque, da confermare, assieme a quella pecuniaria di 80.000 di ammenda, certamente
commisurata alle capacità economiche della società.
3) la sanzione della penalizzazione nella prossima stagione sportiva, volta ad attribuire adeguata
efficacia
anche
deterrente al trattamento complessivo, nella misura ragionevolmente affittiva, di 17 punti (molto prossima alla
dichiarazione di congruità della pena resa esplicita in primo grado dal difensore della società, su espressa sollecitazione del
Presidente del Collegio) e della squalifica per 3 gare di campionato del campo di giuoco, così riformandosi
equitativamente l‟originaria pronuncia. Va confermata la sanzione di due anni e sei mesi di inibizione irrogata a Lanese,
tenuto conto dell‟opacità delle condotte ascrittigli, in particolare modo incompatibili con il prestigio della carica di
Presidente dell‟Associazione Italiana Arbitri, e del conseguente disdoro provocato per il prestigio della categoria. Per ciò
che concerne la posizione di Pairetto è da ribadire l‟effetto devolutivo generale in ordine all‟esame della sua posizione
conseguito all‟impugnazione della Procura Federale. Valutando i suoi comportamenti emergono gravi ed univoci sintomi di
disvalore e prove di ripetute offese alla deontologia e alla credibilità della sua delicatissima funzione di designatore
arbitrale, seriamente compromessa dalle frequentazioni e dai rapporti descritti nella parte che precede. La Corte ritiene
debba essere, pertanto, opportunamente aggravata la pena inflitta in primo grado, elevandola da due anni e sei mesi a tre
anni e sei mesi di inibizione. Venendo alla posizione di Paparesta, la Corte rileva, in primo luogo ed in aderenza a
principi generali dell‟ordinamento giuridico, come la pendenza del presente procedimento disciplinare precluda la possibilità
di assoggettamento ad ulteriore sanzione in ogni ambito e settore dell‟ordinamento federale della medesima condotta
fenomenicamente intesa, fatta salva la possibilità da parte dei competenti organi tecnici di dedurre dagli
accertamenti racchiusi, in via definitiva, nel presente giudizio elementi di valutazione di ordine tecnico – professionale, ai
fini propri del settore arbitrale. Ciò premesso, la Corte è certa che sia tutt‟altro che eccessiva, e che vada quindi
confermata, la sanzione dell‟inibizione per tre mesi inflitta dai giudici di primo grado, tenuto conto della gravità della
violazione, sintomatica di un atteggiamento remissivo e debole di un prestigioso arbitro internazionale di fronte a fatti
mortificanti per la sua persona e per la dignità della funzione. Incidentalmente va osservato, così rispondendo ad una apposita
deduzione difensiva, che la pena si considera espiata dal momento iniziale in cui essa produce l‟effetto affittivo,
computando in essa anche la eventuale sospensione cautelare comminata dall‟AIA.
D - Posizione della S.S. Lazio S.p.a., di Claudio Lotito e di Franco Carraro
Il capitolo della decisione impugnata relativo alla posizione della società Lazio si snoda in una serie di contestazioni delle
quali, rispetto alle originarie, residuano, in questa sede, soltanto quelle riguardanti la gara Lazio – Brescia, del 2 febbraio
2005, e la gara Chievo Verona – Lazio, del 20 febbraio successivo.
Iniziando da quest‟ultima, va osservato che erano chiamati a rispondere:
1) Claudio Lotito, quale Presidente del consiglio di gestione della SS Lazio S.p.A., per avere avviato contatti con il Vice
Presidente Federale Innocenzo Mazzini, affinché questi esercitasse pressioni su Bergamo e Pairetto tendenti all‟alterazione
della gara in favore della Lazio tramite la designazione di un arbitro che garantisse la realizzazione del risultato;
2) Mazzini, Bergamo, Pairetto e l‟arbitro della gara, Gianluca Rocchi, per aver posto in essere atti diretti, ex art. 6
C.G.S., ad alterare il risultato della gara;
3) La S.S. Lazio S.p.A. a titolo di responsabilità diretta e presunta.
La decisione di primo grado ha osservato che in relazione a tale gara non poteva ritenersi sussistente la prova ( oltre ogni
ragionevole dubbio) del compimento, da parte dei deferiti, di atti costituenti illecito sportivo, ex art. 6 cit. In particolare, i primi
giudici sono stati dell‟avviso che, per quanto fosse acquisita la prova inoppugnabile di contatti telefonici, in momenti
anteriori e posteriori alla gara, tra Mazzini, Lotito ed un dirigente federale (Cosimo Maria Ferri), la cui rinuncia al
tesseramento ha fatto venir meno la giurisdizione federale nei suoi confronti, non vi fosse la prova adeguata del compimento
di atti diretti ex art. 6 e che, in ogni caso, mancasse quella della chiusura del segmento arbitrale, attraverso la necessaria
comunicazione all‟arbitro Rocchi, della quale, ad avviso dei primi giudici, sarebbe appunto mancata qualsiasi traccia. La
CAF riteneva, tuttavia, che dal colloquio telefonico dell‟8 febbraio 2005 tra Bergamo e Mazzini emergesse la prova
dell‟avvenuta iniziativa di Lotito presso Carraro per sensibilizzarlo alla posizione della Lazio nonché del
successivo intervento di Carraro presso Bergamo (colloquio sul quale si tornerà più analiticamente esaminando la
precedente gara Lazio-Brescia), ciò che avrebbe determinato l‟infrazione dei doveri di cui all‟art. 1 CGS da parte di Lotito e
Mazzini e la responsabilità diretta e presunta della Lazio. La decisione, impugnata sia dall‟accusa, che dagli incolpati, si
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sottrae ad ogni censura e va, quindi, confermata. Ed infatti, va, ancora una volta, prestata adesione allo schema logico, con
lungimiranza adottato dai primi giudici, che li ha portati a distinguere, nella sequenza di condotte che secondo l‟atto di
accusa sarebbero state tra loro concatenate ai fini della commissione dell‟illecito sportivo, tra comportamenti sleali e
scorretti, ma inefficienti sul piano della concreta, univoca ed idonea direzione al fine dell‟alterazione proibita, e condotte
che, tra loro teleologicamente connesse in ogni quota, possano considerarsi atte e rivolte allo scopo punito dall‟art. 6
CGS. E con particolare rigore probatorio – che consente di superare tutte le censure mosse alla decisione - i primi giudici
hanno guardato alla prima delle due categorie di condotte descritte che non risultassero seguite dalla piena
realizzazione del segmento tecnico costituito dall‟informazione del piano illecito rivolta all‟arbitro e della sua fattiva
adesione ad esso attraverso una (deviata) prestazione tecnica. La Corte non può che ribadire, al riguardo, che la mancata
informazione svilisce la portata del primo segmento di condotte, relegandole alla categoria, anche penalmente irrilevante, dei
meri atti preparatori, non meritevoli di specifica rilevanza.Anche nel caso che adesso ci occupa la CAF ha fatto puntuale e
persuasiva applicazione di questo criterio direttivo, rilevando come non vi fosse, comunque, prova alcuna della
ricorrenza del segmento tecnico, pervenendo all‟ineccepibile conclusione che tale carenza impoveriva, rendendola in
configurabile, l‟ipotesi accusatoria ex art. 6 CGS. In modo parimenti convincente e congruamente motivato (ciò che
rende caduca l‟impugnazione) la CAF ha ravvisato nel colloquio prima citato tra Bergamo e Mazzini (su cui, come detto,
si tornerà tra breve) la prova logica e diretta del compimento da parte del secondo interlocutore e di Lotito di comportamenti
contrari alla clausola generale dell‟art. 1 GS, in quanto intenzionalmente propedeutici e strumentali ad un‟illecita
alterazione sportiva, in concreto mancante per carenza della (prova della) sussistenza del segmento arbitrale.
Sotto ciascuno di questi profili, la decisione impugnata va confermata in parte qua, con rinvio al paragrafo dedicato al
trattamento sanzionatorio delle considerazioni circa gli effetti discendenti dalle condotte prima illustrate.
I primi giudici si sono, inoltre, pronunciati – come detto - sulla gara Lazio-Brescia in relazione alla quale erano stati
deferiti:
a) Lotito per avere avviato contatti con Carraro affinché questi premesse su Bergamo al fine della designazione di un
direttore di gara favorevole alla sua squadra nella prospettiva dell‟alterazione del risultato;
b) Carraro per aver esercitato pressioni su Bergamo al fine suddetto;
c) Mazzini, ai sensi dell‟art. 6, comma 7, CGS, per aver omesso di informare i competenti organi federali dell‟illecito del quale
era venuto a conoscenza;
d) la S.S. Lazio SpA per responsabilità diretta e presunta.
La decisione impugnata perveniva alla conclusione della sussistenza della responsabilità per illecito sportivo di Lotito e
Carraro, di quella omissiva di Mazzini, nonché della responsabilità sia diretta, che presunta ascritta alla società Lazio.
In particolare, la CAF sottolineava come, tra la fine del 2004 e l‟inizio del 2005, il presidente Lotito fosse
intervenuto presso il Presidente della FIGC Carraro ed il Vice- Presidente Mazzini per ottenere un trattamento di
favore nei confronti della propria società, la cui prima manifestazione si sarebbe avuta alla vigilia della gara in
esame mediante un intervento diretto di Carraro presso Bergamo, cui avrebbero fatto seguito ulteriori contatti di
Mazzini con Lotito e con i designatori (va qui limitato l‟esame della complessiva ricostruzione della vicenda Lazio alla
partita con il Brescia). La decisione impugnata prosegue conferendo carattere di centralità al colloquio telefonico tra Carraro e
Bergamo, avvenuto nel giorno immediatamente antecedente alla gara, che sarebbe stato rivolto ad ottenere un trattamento
arbitrale di favore per la Lazio (sia pure senza indebite penalizzazioni per l‟altra squadra, nel senso che come era ovvio se
fosse stata più meritevole essa avrebbe dovuto vincere), come sarebbe emerso da una conversazione tra gli stessi
interlocutori, effettuata l‟indomani della gara, in cui il primo lamentava un errore tecnico dell‟arbitro Tombolini che non
avrebbe concesso un rigore alla Lazio e rinnovava la richiesta di attenzione verso la società cui “bisogna dare una
mano”. Veniva dai primi giudici ulteriormente sottolineato che, nel corso della seconda telefonata, Bergamo, consapevole
dell‟errore compiuto dall‟arbitro Tombolini, prometteva a Carraro che, anche se “la cosa era preparata bene e non è
riuscita bene… questa è la verità e quindi lui paga di persona” e, comunque, che in seguito si sarebbe recuperato. La
Commissione traeva poi ulteriori elementi di conferma circa l‟effettivo interessamento di Carraro alle sorti della Lazio dal
colloquio tra Bergamo e Mazzini, mentre valorizzava, in altra prospettiva, la conversazione telefonica, dall‟acceso tono
recriminatorio, del primo con Tombolini, al termine della gara Lazio-Brescia, per il rigore non concesso alla squadra romana e
per non aver preso “le occasioni” che aveva. La Commissione poneva, infine, in rilievo che, nella specifica vicenda adesso in
esame, Mazzini avrebbe svolto un ruolo solo successivo allo svolgimento della gara e di mero mandatario di Lotito,
con la sua conseguente responsabilità per l‟omissione di denuncia dell‟illecito posto in essere da Lotito e Carraro,
addebitato anche alla Lazio. Ciò premesso, la Corte rileva che, mentre è immune da censure la ricostruzione della
cornice fattuale concernente l‟incolpazione in parola ed è completo l‟esame del materiale probatorio, i fatti stessi sono
suscettibili di diversa interpretazione e qualificazione, con differenti esiti di giudizio rispetto a quelli scaturiti dalla prima
decisione ed espressamente contestati negli appelli degli incolpati. Va subito detto che concorre alla riforma della
statuizione in esame anche il materiale probatorio prodotto nel corso del dibattimento svoltosi davanti la Corte, che ha
acquisito copia delle dichiarazioni rese il 12 luglio 2006 dall‟arbitro Tombolini all‟Ufficio indagini della FIGC, in merito alla
gara Lazio-Brescia. Egli ha, in particolare, dichiarato di aver interpretato la richiesta di Bergamo di prestare la massima
concentrazione per la direzione della partita come una semplice “raccomandazione di carattere squisitamente
tecnico”, tenuto conto che si trattava di una gara difficile. Lo stesso Tombolini ha pure escluso che Bergamo gli avesse mai
detto che in relazione alla gara vi fosse un interesse anche di Carraro. Va, infine, posto nel debito rilievo che sempre
Tombolini, a proposito del suggerimento ricevuto da Bergamo, di mettersi “sulla lunghezza d‟onda giusta”, abbia
dichiarato di aver percepito la frase come sottolineatura della necessità della massima concentrazione nella direzione della
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gara. Analogamente, come mero commento tecnico, Bergamo contestò a Tombolini la mancata concessione di un rigore a
favore della Lazio, del quale l‟arbitro ha candidatamene ammesso di non essersi accorto. Riguardo a tali dichiarazioni non
vi è prova della loro inattendibilità o di possibili contrasti con altri elementi acquisiti agli atti.Ciò premesso, in via
preliminare
non
può
che
ribadirsi
l‟assoluta affidabilità dell‟orientamento che ha informato la CAF nella
individuazione degli elementi necessari per la configurazione dell‟illecito sportivo, ed in particolare di quello
consistente nella consapevole e proficua partecipazione al disegno illecito della componente arbitrale, senza la quale il
precedente segmento progettuale, come visto a proposito di singole gare della Juventus, e come si vedrà anche a proposito di
gare della Fiorentina, resta privo di rilevanza causale ai fini del raggiungimento del risultato dell‟alterazione della singola gara.
Ora, nel caso di specie, vi è un primo elemento di innegabile significatività che balza agli occhi, e cioè che, a differenza di
tutti gli altri deferimenti (ad eccezione di Lazio-Fiorentina di cui si dirà oltre) per illecita alterazione del risultato di una
gara attraverso la direzione arbitrale, l‟arbitro non viene chiamato a rispondere dell‟illecito, la sua prestazione non
viene prospettata come efficiente allo scopo vietato e non viene nemmeno menzionata né la sua consapevolezza dell‟accordo
frodatorio, né, tanto meno, la sua adesione ad esso. E le dichiarazioni di recente rese da Tombolini all‟Ufficio indagini non
contribuiscono, come appena visto, in alcun modo a far mutare la situazione, consolidando, piuttosto, la convinzione
della sua totale estraneità a qualunque disegno illecito e quella che egli abbia commesso un involontario errore tecnico nel
corso della gara e non un tradimento di qualsivoglia – nè dedotto, né provato dall‟accusa – impegno a falsare
l‟andamento della stessa a vantaggio della Lazio. A questa stregua, non è logicamente concepibile un articolato disegno
illecito in cui manchi del tutto la partecipazione arbitrale ad esso, e non sia nemmeno immaginata nella stessa formulazione
dell‟atto di accusa (in cui non viene nemmeno citato il nome dell‟arbitro): la coerente conseguenza di tale
constatazione è quella dell‟impossibilità di ritenere provata la commissione di un illecito ex art. 6 CGS, monco, sin
dall‟origine, del suo essenziale segmento conclusivo. Ed invero, mentre è assolutamente innegabile l‟esistenza di un
accordo bilaterale tra Carraro e Bergamo volto a garantire una speciale attenzione al trattamento che avrebbe dovuto
ricevere la Lazio (che nel recente passato aveva ufficialmente lamentato, sin dal 25 gennaio precedente, al Presidente
Federale gravi ingiustizie arbitrali e sollecitato un intervento di riequilibrio e di prevenzione di ulteriori torti), in
modo che non si perpetuassero lagnanze e si placassero le notevoli tensioni ambientali, appare verosimile che tale intesa
telefonica non possedesse l‟attitudine ad alterare il risultato della gara Lazio-Brescia. E ciò, dal punto di vista oggettivo,
per la ragione, prima illustrata, secondo cui il difetto del segmento arbitrale esclude efficacia causale a qualunque accordo in
ipotesi fraudolenta, e, dal punto di vista soggettivo, perché – come rilevato in precedenza - non vi è alcuna prova che
Carraro agisse per scopi diversi da quelli istituzionali di garantire il regolare andamento del campionato, che avrebbe
potuto essere turbato dalla prosecuzione di errori arbitrali ai danni della Lazio. Questo non esclude che la valutazione dei
comportamenti sia di Lotito, in quanto tesi al tentativo di modifica di un trend arbitrale sfavorevole alla Lazio attraverso la
combinazione di pubbliche denunce e di privati interventi indiretti presso i designatori arbitrali, che di Carraro, in quanto
posti in essere attraverso un canale informale e non trasparente presso uno solo dei designatori, piuttosto che per il
doveroso tramite dei competenti organi federali preposti ad una ufficiale valutazione tecnica dell‟operato arbitrale e
suscettibile di ingenerare la convinzione (che di fatto sembra essere maturata) in Bergamo che alla telefonata del
Presidente Federale occorresse dare un qualche seguito effettuale in termini di irrobustimento della posizione della Lazio
nella considerazione arbitrale, ricadono pienamente nel dominio dell‟art. 1 CGS. Ne consegue la responsabilità diretta allo
stesso titolo della Lazio e quella ex art. 1 CGS di Mazzini, il cui comportamento omissivo va, per effetto della diversa
qualificazione dei fatti oggetto dell‟originaria incolpazione, valutato non più come omessa denuncia di un illecito ormai
giudicato insussistente, ma come sintomo inequivocabile e serio di slealtà, scorrettezza ed assenza di senso di probità.
Quanto alle sanzioni, viene, in primo luogo, in rilievo la posizione di Lotito, del quale va considerata con carattere di
preponderanza la condizione apicale e rappresentativa della società, che gli avrebbe imposto un comportamento
esemplare anche per le negative ricadute di immagine, sia agli occhi dei dipendenti che dei sostenitori, che disinvolti
comportamenti, pressanti e pretensivi, avrebbero – ed hanno in effetti–potuto prevedibilmente produrre. Ad
attenuare parzialmente la negativa valutazione della condotta in esame può solo contribuire la almeno putativa
convinzione di agire per l‟eliminazione di ingiustizie e danni per la propria società. Appare equa la pena di 2 anni e 6 mesi di
inibizione e di 30.000 euro di ammenda. Circa la posizione della Lazio, responsabile diretta dell‟operato del proprio
Presidente, la sanzione deve tener conto adeguatamente delle considerazioni prima svolte ed essere determinata, alla luce
di un non effimero carattere afflittivo sia sul piano puramente sportivo, che su quello economico, nella penalizzazione di
30 punti nel campionato 2005-2006, in 11 punti di penalizzazione nel campionato 2006-2007, nella squalifica del campo di
gara per 2 giornate di campionato ed in 100.000 euro di ammenda.
Alla luce di quanto sopra, valutata in ottica diversa, suffragata anche dai nuovi elementi di prova, la rilevanza del
comportamento tenuto dal Carraro, è necessario riformare la decisione impugnata resa in prime cure e giusta
sanzione appare essere quella dell'ammenda (di euro 80.000), gravata da diffida quale monito ad attenersi, per il futuro,
ad una più oculata osservanza dei doveri deontologici. La posizione di Mazzini verrà trattata allorché sarà completo l‟esame
delle incolpazioni che lo riguardano. E - Posizione della A.C.F. Fiorentina S.p.a., di Andrea Della Valle, di Diego
Della Valle, di Sandro Mencucci, di Innocenzo Mazzini, e di Massimo De Santis La decisione impugnata si è dedicata
approfonditamente ai deferimenti conseguiti alle gare Bologna-Fiorentina, Chievo Verona-Fiorentina, Fiorentina-Atalanta,
Lazio-Fiorentina e Lecce-Parma della stagione sportiva 2004-2005, disputatesi tra il 24 aprile ed il 29 maggio 2005, ed
accomunate dalla circostanza che Andrea Della Valle, Diego Della Valle, Sandro Mencucci, Innocenzo Mazzini si sarebbero
adoperati presso Paolo Bergamo per ottenere arbitraggi favorevoli alla Fiorentina e, quindi, l‟alterazione dei risultati delle
gare. Degli illeciti contestati venivano chiamati a rispondere, oltre la società a titolo sia oggettivo che diretto, Paolo Bertini,
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Paolo Dondarini, Pasquale Rodomonti e Massimo De Santis, rispettivamente arbitri delle gare della squadra col
Bologna, col Chievo Verona, con l‟Atalanta e di Lecce-Parma. I primi giudici hanno ripercorso cronologicamente le
tappe delle varie incolpazioni, individuando, alla luce delle considerazioni svolte nell‟atto di deferimento, la genesi dei
comportamenti addebitati alla società toscana ed ai suoi dirigenti e soci. In sintesi, il presupposto delle condotte oggetto di
deferimento appare costituito dalla volontà della proprietà Della Valle di reagire all‟ostilità che essi credevano di
avvertire nell‟ambiente calcistico nei confronti della propria squadra, verso cui lamentavano iniqui trattamenti arbitrali,
stabilendo contatti, anche attraverso il consigliere esecutivo Mencucci, con dirigenti federali, designatori arbitrali e dirigenti di
altre società. Anche nel caso della Fiorentina – come in quelli esaminati della Lazio e del Milan, di cui si dirà oltre, ed a
differenza della Juventus, in cui, di fronte ad un‟unica contestazione circa la direzione di una gara, Moggi decise di farsi
giustizia direttamente da sé, senza attendere o impetrare interventi altrui, a dimostrazione di una posizione di prepotere,
che, negli altri casi sarebbe stata, secondo le affermazioni degli interessati, del tutto mancante - l‟origine dei contatti di cui si
discute, è recriminatoria e muove dal deplorato arbitraggio della partita Fiorentina-Messina del 17 aprile 2005, conclusasi in
pareggio grazie ad una rete segnata al sesto minuto di recupero dalla squadra siciliana ed a seguito dell‟espulsione di
un calciatore fiorentino, che aveva protestato contro l‟eccessiva misura del
recupero giudicato sproporzionato a
quanto si era verificato nel corso della gara. Quattro giorni dopo detta gara, Andrea Della Valle e Mencucci chiamarono
Mazzini per esprimere le proprie doglianze e prospettarono la necessità di un “aiuto” per evitare la paventata
retrocessione. L‟esito della telefonata fu che il Vice-Presidente Federale escluse che della questione si potesse parlare per
telefono, suggerendo un incontro con Bergamo. Così identificata la genesi dei comportamenti dedotti nell‟atto di
incolpazione, la Commissione ha concentrato il proprio giudizio su ciascuna delle gare incriminate, pervenendo a
conclusioni separate. La Corte, reiterata la premessa storica prima illustrata, che è frutto della lettura della trascrizione
della conversazione telefonica del 22 aprile 2005, riproporrà il modello di analisi seguito dai primi giudici e, quindi,
di esame separato di ciascuna delle gare, così pronunciando sulle impugnazioni, di volta in volta, proposte dagli
interessati o dalla Procura federale. La CAF ha ritenuto che non fossero stati raccolti sufficienti elementi di prova
della commissione degli illeciti contestati riguardo alle gare Bologna-Fiorentina e Fiorentina- Atalanta. La Corte ritiene
che entrambe le statuizioni siano perfettamente condivisibili e meritevoli di conferma, con conseguente rigetto
dell‟impugnazione della Procura federale. Ed invero, esse sono assolutamente conformi al metro di giudizio applicato, in
via di principio, dai primi giudici – e da questa Corte ritenuto immune da vizi logici ed errori giuridici – secondo cui
gli atti alternativamente diretti alla realizzazione della triplice categoria di illeciti, prevista dall‟art. 6, debbono rivelare
una concreta idoneità causale ed attraversare tutta la serie di apporti necessari per il raggiungimento dello scopo, toccando,
quindi, sia i dirigenti delle società interessate, che i designatori arbitrali, che gli arbitri destinati alla direzione
tecnica della gara, della cui consapevolezza e fattiva partecipazione al piano occorre emerga, oltre ogni ragionevole
dubbio, la prova. Ora, con riferimento alla prima delle due gare in questione, è evidente che nessun elemento provi
né che la prima telefonata tra Mencucci e Mazzini, avvenuta successivamente alla designazione dell‟arbitro
Bertini, fosse rivolta allo scopo fraudolento contestato (essendosi limitato il secondo a parlare dell‟arbitro come “grande
amico”, anche se non sempre favorevole, in passato, alla Fiorentina, ed avendo espresso il mero auspicio, non
accompagnato né da promesse, né da preannuncio di interventi volti al condizionamento, che l‟atteggiamento potesse
mutare) né che la seconda, successiva alla gara, rivelasse qualcosa di diverso dalla constatazione che si era trattato di partita del
tutto priva di eventi emozionanti negli ultimi minuti (così ben si può spiegare, secondo logica e buon senso, la frase una
“vergogna nazionale”). Del resto, è stato esattamente osservato dai primi giudici che la gara stessa non ha offerto alcun aspetto
di controversia, quanto alla direzione arbitrale. Analoghe considerazioni debbono valere per la successiva gara FiorentinaAtalanta, del 15 maggio 2005, conclusasi, come la precedente, con il punteggio di 0-0, ed arbitrata da Pasquale Rodomonti.
Ancora una volta, il colloquio telefonico tra Mencucci e Mazzini (significativo, ai fini della valutazione comparata con la
successiva gara Lecce-Parma, che l‟intervento del primo si sia sempre limitato ad osservazioni o commenti generali e non si
sia mai spinto a pressioni o concreti tentativi di condizionamento, che erano, invece, lasciati a Diego Della Valle, vero
titolare dell‟interesse in giuoco e dotato di poteri ed autorevolezza effettivi nei confronti dei suoi interlocutori, a
dispetto della ridotta posizione formale in ambito societario) anteriori alla gara, non depone, in alcun modo, nel senso del
compimento di atti diretti alla sua alterazione, essendosi il dirigente fiorentino limitato ad esprimere un giudizio di
scetticismo sulle sorti della partita (“però ci vogliono male” e “più cattivi di così”). Né l‟andamento della gara, dal punto di
vista tecnico-arbitrale, ha suscitato apprezzabili proteste o plausibili critiche. In conclusione, è da escludere la fondatezza
dell‟accusa in questione. La Corte ritiene che debba escludersi ogni responsabilità a carico dei deferiti, a vario titolo, in
relazione alla gara Lazio-Fiorentina, del 22 maggio 2005, rispetto alla quale l‟atto di deferimento prospetta un primo
illecito consistente nella proposta di accomodamento, con un pareggio concordato, della gara rivolta telefonicamente, un mese
prima della stessa, da Diego Della Valle a Lotito, e da questo rifiutato (e non denunciato), ed un secondo illecito, ascritto ai
fratelli Della Valle ed a Mencucci, avente ad oggetto i loro interventi, attuati col sostegno di Mazzini, presso Bergamo
per ottenere un arbitraggio favorevole alla Fiorentina, in modo da realizzare l‟alterazione del risultato della gara a
favore della società. La Corte ritiene, infatti, che, contrariamente alle conclusioni cui è pervenuta, sulla gara in questione, la
decisione impugnata, non sia stata raggiunta la prova sicura e chiara della commissione degli illeciti contestati, come
fondatamente dedotto nell‟impugnazione degli incolpati. Va, in primo luogo ed incidentalmente, posto nel debito rilievo che
l‟arbitro di questa gara, Roberto Rosetti, non figura tra i deferiti, sebbene la ragione sia stata dal Procuratore Federale
semplicemente ravvisata nel mancato compimento dell‟istruttoria preliminare: la Corte non può, tuttavia, mancare di
sottolineare che, quale che possa essere stata la ragione contingente del mancato deferimento di Rosetti, la
circostanza indebolisce in modo molto serio il telaio accusatorio, perché fa mancare ad esso, anche in termini di
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ipotetica prospettazione della connivenza arbitrale (di fatto nemmeno adombrata), quel fondamentale segmento tecnico
che costituisce un caposaldo del metodo di giudizio sempre utilizzato nel presente procedimento come stella polare delle
valutazioni di questa Corte.
Sempre in via preliminare, va aggiunto che dal presente procedimento è stato estromesso, in primo grado, per sopravvenuta
carenza di giurisdizione conseguente alle dimissioni rassegnate dopo il deferimento, Cosimo Maria Ferri, inizialmente
rinviato al giudizio disciplinare per non aver denunciato la proposta di aggiustamento della gara della quale sarebbe stato
informato, in virtù dei particolari rapporti di conoscenza con Lotito: è venuto, così, a mancare al processo un prezioso
contributo probatorio.
Ciò premesso, si osserva che il fondamentale elemento di prova quanto al primo illecito (che coinvolge oltre i dirigenti
fiorentini, Lotito e la Lazio) è costituito da una telefonata, avvenuta in data imprecisata, ma certamente anteriore al 22
aprile 2005, tra Diego Della Valle e Lotito, che avrebbe avuto ad oggetto la combinazione illecita del risultato della gara
destinata ad essere disputata il 22 maggio successivo, come sarebbe possibile desumere da due colloqui telefonici tra
Lotito e Mazzini del 22 aprile 2005 (alla presenza di Ferri, che, anzi, iniziò la conversazione per conto del primo) e tra
quest‟ultimo ed il segretario Renzi dell‟indomani.
Ora, da questi colloqui indiretti non possono dedursi elementi univoci e certi che la telefonata tra Diego Della Valle e
Lotito fosse rivolta ad acquisire il consenso del secondo ad una non meglio definita, negli aspetti essenziali, “combine”.
Si consideri, infatti, che:
1) dal punto di vista logico, è arduo supporre che una proposta fraudolenta venga avanzata con così largo anticipo
(almeno un mese) rispetto all‟evento, in un momento in cui non era minimamente prevedibile quale sarebbe stata la
posizione in classifica delle squadre e se, quindi, sarebbe stato ancora attuale l‟interesse reciproco all‟accordo illecito;
2) nessun brano delle due telefonate (Lotito-Mazzini e Mazzini-Renzi) contiene il minimo riferimento all‟oggetto ed alle
modalità del presunto accordo: si ignora, infatti, se la frode consisteva nell‟aver trattato un pareggio o un altro risultato;
3) manca, altresì, qualunque riferimento, anche indiretto o congetturale, al movente o
all‟utilità dell‟iniziativa o alla sua remunerazione;
4) la qualificazione, data da Lotito, di proposta “oscena” o da “bandito” è insufficiente a connotare in senso fraudolento,
e con riferimento alla gara in questione, la asserita richiesta di Diego Della Valle, alla luce delle carenze logiche e
probatorie prima indicate;
5) è rimasta del tutto incontestata, e, quindi, insuperata la spiegazione fornita da Lotito tanto all‟Ufficio Indagini, quanto
nel corso del dibattimento di primo grado, secondo cui la proposta avrebbe avuto ad oggetto i criteri di ripartizione dei diritti
televisivi, questione in quel momento aperta e controversa tra i dirigenti calcistici italiani;
6) non si spiegherebbe, in ogni caso, la reticenza di Lotito a denunciare l‟eventuale proposta illecita, tenuto conto
che egli l‟avrebbe rifiutata ed anche della sua manifesta ostilità nei confronti di Diego Della Valle che traspare nel corso del
colloquio con Mazzini.
La Corte è, quindi, dell‟avviso che non possa ritenersi provato il primo episodio di illecito, con conseguente proscioglimento
di tutti gli incolpati e di riforma, sul punto, della decisione impugnata. A non dissimili conclusioni deve pervenirsi anche
con riferimento al secondo illecito prospettato, che allude ad un articolato piano in vista del raggiungimento
dell‟obiettivo dell‟alterazione del risultato della partita affidato all‟interazione tra i fratelli Della Valle, Mencucci,
Mazzini e Bergamo. Ed infatti, fermo restando quanto prima detto circa l‟assenza del segmento arbitrale nel contesto
probatorio, le numerose conversazioni telefoniche poste a fondamento della pronuncia di affermazione di responsabilità
(che riguardano, oltre che gli incolpati, anche Moggi, a conferma della centralità del ruolo di quest‟ultimo nel sistema
calcistico italiano ed anche per vicende estranee alla Juventus, ma relative a società, come la Fiorentina, con la quale
quella torinese doveva risolvere delicati rapporti di comproprietà delle prestazioni atletiche di calciatori: cfr., sul
punto, la telefonata Mazzini-Giraudo del 26 aprile 2005) non sono adeguate alla dimostrazione concludente che fossero
stati posti in essere atti concreti e specifici volti all‟alterazione del risultato della gara. Si tratta, infatti, di conversazioni
genericamente imperniate sulle preoccupazioni di classifica della Fiorentina e sulla necessità che la squadra si salvasse
dalla retrocessione. Ma nulla in esse è detto circa le concrete misure che sarebbero state illecitamente ideate o poste in essere
per assicurare la riuscita del piano o circa i soggetti che ne avrebbero dovuto essere protagonisti, ovvero attori, o circa i
mezzi fraudolenti pensati per conseguire lo scopo. Né a colmare l‟insufficienza probatoria può, ad avviso della Corte,
soccorrere la telefonata tra Bergamo e Mazzini, successiva alla gara, in cui il primo, commentando un episodio di giuoco
gravemente penalizzante per la Fiorentina, esclamò che “tutto era sistema … sistemato .. non sistemato … pilotato …
pilotato!”, trattandosi di parole non chiaramente riferibili ad un soggetto ben identificato (sistemazione e pilotaggio della
designazione, o del sorteggio, o della direzione di gara?) né imputabili ad un soggetto con certezza individuato
(l‟arbitro ? i dirigenti delle società ?). A questa stregua, non soltanto non v‟è prova sufficiente della commissione dell‟illecito,
ma deve anche escludersi che le condotte degli imputati possano assumere – come, invece, avvenuto nella gara LazioBrescia in cui erano espliciti i riferimenti alla designazione arbitrale – rilievo ai sensi dell‟art. 1, se non con
riferimento alla posizione di Mazzini (tenuto conto del suo ruolo di Vice-Presidente Federale che gli avrebbe dovuto
impedire contatti impropri con tesserati e società) sul cui trattamento sanzionatorio si pronuncerà al termine dell‟esame di tutte
le incolpazioni rivoltegli. La CAF ha ritenuto provate tutte le accuse d‟illecito formulate con riguardo alla gara
Chievo Verona-Fiorentina dell‟8 maggio 2005 e concernenti, come già ricordato, Diego Della Valle, Andrea Della
Valle, Sandro Mencucci, Innocenzo Mazzini e l‟ACF Fiorentina SpA per condotte tendenti all‟alterazione della gara e
l‟arbitro Paolo Dondarini per avere ricevuto ed accolto da Bergamo indicazioni e direttive specifiche circa il comportamento
da tenere nel corso della stessa allo scopo di garantire un arbitraggio favorevole alla società toscana. I primi giudici hanno
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conferito peso determinante a colloqui telefonici intercorsi tra i vari incolpati (ad eccezione di Dondarini), che avrebbero
avuto valore preparatorio del risultato illecito auspicato, e ad un colloquio telefonico, di poco posteriore alla gara avvenuto
tra il Presidente Lanese ed un giornalista, di commento negativo della prestazione dell‟arbitro, al quale, secondo lo stesso
giornalista, sarebbero stati “mandati segnali”. Ora, la Corte ritiene, in accoglimento dell‟appello degli incolpati, che
manchi la prova sufficiente della commissione dell‟illecito di cui si discute, fatte salve le precisazioni che seguono
relativamente alla prospettabilità di condotte sanzionabili ex art. 1 C.G.S. In particolare, il giudizio di inadeguatezza
probatoria deriva, in modo preponderante, dall‟impossibilità di ritenere accertata la sussistenza del segmento tecnico. Ed
infatti, nulla prova, né consente il sospetto, che l‟arbitro Dondarini fosse stato messo al corrente dell‟altrui disegno illecito,
che vi avesse prestato, in qualsiasi forma, adesione, che egli abbia improntato a favoritismo verso la Fiorentina la propria
direzione di gara, che il presunto (solo alla stregua di una malevola conversazione telefonica tra terzi) errore tecnico
fosse viziato da dolo, né che fosse stato raggiunto da qualsivoglia “segnale”. Mancando, per le ragioni appena esposte, il
segmento arbitrale – ciò che, ovviamente, comporta il proscioglimento di Dondarini dall‟incolpazione per la quale è stato
deferito, con conseguente riforma sul punto della decisione impugnata – viene, come effetto naturale, irrimediabilmente
incrinata la prospettata struttura dell‟illecito addebitato alle altre persone deferite, ai cui atti deve disconoscersi la
necessaria efficacia causale al raggiungimento dello scopo. Ed invero, le varie conversazioni telefoniche svoltesi nei giorni
immediatamente precedenti la partita avevano, ancora una volta, carattere generico ed alludevano sempre alla necessità
che la Fiorentina si sottraesse all‟incombente pericolo di retrocessione. Ma in nessuna di esse si parlava di interventi volti ad
influenzare la designazione arbitrale; né
vi sono, negli atti del processo, colloqui concernenti la designazione
concretamente avvenuta o prove di interventi presso l‟arbitro. Altrettanto generica si rivela la telefonata, post gara, tra
Mencucci e Mazzini in cui verosimilmente si definisce “fallo di confusione” quello che non sarebbe stato fischiato
dall‟arbitro in area di rigore della Fiorentina: nulla prova che tale riferimento implicasse la mala fede o la connivenza di
Dondarini, potendosi ragionevolmente presumere che l‟affermazione fosse il prodotto dell‟euforia per la vittoria della
squadra di Mencucci. La Corte ritiene, tuttavia, uniformandosi al ragionamento già posto a supporto di decisioni relative a
fattispecie analoghe, presenti in questo procedimento, che le condotte di tutti gli incolpati (ad eccezione, ovviamente, di
Dondarini, la cui posizione appare assolutamente tersa e lontana da ombre di qualsiasi natura), rivelatrici di impropri,
inopportuni ed eccessivamente confidenziali rapporti telefonici tra soci e dirigenti di una società ed il Vice Presidente
Federale (che avrebbe dovuto essere garante della terzietà ed imparzialità della federazione, piuttosto che attivo
sostenitore di una delle società affiliate e propulsore di ulteriori contatti tra Diego Della Valle ed uno dei designatori
arbitrali) non possano non riverberare, nell‟ottica dell‟articolo 1, per la loro carica di slealtà e scorrettezza. In questo senso ne
va, pertanto, riqualificata la condotta ed affermata la responsabilità, con rinvio della determinazione del trattamento
sanzionatorio al termine dell‟esame di tutte le incolpazioni relative alla Fiorentina. La CAF ha infine, giudicato dell‟illecito
contestato, con riferimento alla gara Lecce – Parma del 29 maggio 2005, a Diego Della Valle, Andrea Della Valle, Sandro
Mencucci, l‟A.C.F. Fiorentina S.p.A. a titolo di responsabilità diretta, oggettiva e presunta, Innocenzo Mazzini e Massimo
De Santis (arbitro della gara) per avere i dirigenti della società (Diego Della Valle in prima persona o tramite il fratello o
tramite Mencucci) avviato e coltivato contatti (oltre che tra Moggi e Bergamo, il primo non incolpato per la gara in
questione, il secondo estromesso dal giudizio per difetto di giurisdizione) con Mazzei e Bergamo allo scopo di ottenere il
vantaggio della permanenza della squadra in serie A anche grazie all‟alterazione del risultato della gara in
questione, in virtù della designazione di un arbitro (De Santis) che scongiurasse la vittoria del Parma (pregiudizievole alla
Fiorentina). Al Mazzini veniva addebitato di essersi reso parte attiva e protagonista del consolidamento dei rapporti dei
dirigenti fiorentini con Bergamo in vista del conseguimento dello scopo in precedenza enunciato ed al De Santis di essersi
conformato alle indicazioni e direttive di Bergamo circa il comportamento da tenere nella direzione della gara in modo da
impedire la vittoria del Parma e favorire la permanenza della Fiorentina in serie A in virtù della classifica avulsa.
L‟argomentata pronuncia di affermazione di responsabilità va confermata quanto alla posizione di Diego Della
Valle, Innocenzo Mazzini e Massimo De Santis, mentre Mencucci ed Andrea Della Valle vanno dichiarati responsabili
solo ai sensi dell‟art. 1, con conseguente affermazione di responsabilità semplicemente oggettiva e presunta della
società Fiorentina. Prima di procedere alla valutazione del materiale probatorio, analiticamente passato in rassegna dai
primi giudici, è necessario mettere a fuoco il contesto nel quale ebbe luogo l‟episodio conclusivo della serie di accuse
mosse alla società ed ai suoi dirigenti: si tratta di verifica indispensabile al fine di individuare ruoli, interessi e responsabilità
differenti tra i vari incolpati e di qualificare le rispettive condotte secondo gli appropriati parametri. A questo proposito, va
ripreso il tema della genesi degli interventi orientati al raggiungimento per la Fiorentina di una tranquilla posizione
in classifica di cui si è discorso all‟inizio di questo capitolo della decisione. Una volta avviato il canale di diretta
comunicazione con Mazzini da parte di Andrea Della Valle e Mencucci, che gli si erano rivolti per denunciare torti arbitrali
subiti e prevenirne di nuovi, il Vice Presidente Federale, interessato a consolidare la propria posizione di potere personale e,
soprattutto, ad ostentarla, agli occhi degli interlocutori, nei cui confronti intendeva acquisire concrete ragioni di
credito, prendeva direttamente in mano la situazione, scandendo tempi e modalità di intervento ed aggregando alla sua
opera, come pedina essenziale, il designatore Bergamo. Da quel momento Mazzini e Bergamo, resisi conto della grave
situazione sportiva nella quale versava la Fiorentina e dell‟allarme che essa suscitava nella proprietà Della Valle,
concertavano ogni mossa, esigendo, però, che le loro interlocuzioni avvenissero al massimo livello e cioè con Diego
Della Valle, di fatto esautorando dal circuito decisionale anche il fratello Andrea e riducendo sensibilmente il ruolo di
Mencucci ad un rango inautonomo e non impegnativo, se non addirittura – come si dirà tra breve–
esautorandolo. Della strategia stipulata tra Mazzini e Bergamo si ha agevole contezza attraverso il loro colloquio telefonico
delle 20,28 del 2 maggio 2005 (prog. 7417), nel corso del quale Mazzini riferisce al designatore del precedente
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DECISIONI INTEGRALI DELLA CORTE FEDERALE - STAGIONE SPORTIVA 2006-2007
colloquio con Diego Della Valle, al quale aveva detto che della “delicata questione” che gli stava a cuore si poteva parlare
solo tra “persone vere”, includendo tra le stesse oltre che loro due anche – come si arguisce senza dubbio dallo scambio di
battute tra Mazzini e Bergamo – il designatore arbitrale. Il Vice Presidente Federale ed il designatore arbitrale concordavano,
quindi, di “blindare” i loro incontri con Diego Della Valle attraverso una “conventio ad excludendos omnes alios”. A conferma
della necessità di chiudere il trilatero e dell‟adesione anche di Diego Della Valle alla strategia, arrivava pochi minuti dopo
(ore 21,13 del 2 maggio 2005, prog. 2446) la telefonata di questo a Bergamo, nel corso del cui svolgimento il Presidente
onorario della Fiorentina faceva cenno ad “Innocenzo” come possibile tramite di un incontro tra loro (“prendere un caffè”), e
riceveva l‟assenso di Bergamo a condizione di non estendere ad altri l‟invito (cfr. pag. 299 dell‟informativa di reato del
2 novembre 2005 del Comando Provinciale dei C.C. di Roma), se non al massimo al fratello Andrea, perchè “qualcun‟altro
forse millantavano conoscenze eccessive” (ib. pag. 300). Diego Della Valle continuava a tenere personalmente e direttamente
i colloqui di più alto livello (e, quindi, presumibilmente decisivi), quale quello con Moggi alle ore 15,53 del 18 maggio
2005 (prog. 2902), nel quale si affrontava, ancora una volta, l‟angoscioso tema della salvezza della Fiorentina (e si
ricordi che col Presidente della Lazio è pacifico che parlò, comunque, Diego Della Valle in quanto lo riteneva di pari grado
nella sostanza). Inframmezzate a queste conversazioni ve ne sono di minori, quali quella effettuata da Mencucci, senza
alcun grado di autonomia e senza riferimento agli accordi programmatici a tre Diego Della Valle, Mazzini e Bergamo (della
cui compiuta conoscenza da parte sua non v‟è prova sufficiente, mancando espressi riferimenti ad essi ed alla loro
natura riservata ed esclusiva da parte dello stesso Mencucci) e, soprattutto, senza il diretto, fondamentale interesse
patrimoniale alla tutela del bene sociale da lui detenuto, di cui era portatore Diego Della Valle. Che Mencucci non fosse
informato dei rapporti diretti tra Diego Della Valle e Bergamo, è dimostrato dal fatto che il consigliere delegato
parlando al telefono con Mazzini il 6 maggio 2005 accennasse che il Presidente onorario avrebbe dovuto
chiamare il designatore, ignorando che il colloquio tra i due era già avvenuto ben 4 giorni prima. Peraltro, i colloqui che
riguardano Mencucci e, in misura forse anche più significativa, Andrea Della Valle, non hanno mai esibito un
apprezzabile livello di induzione all‟illecito o di proposta (o suo rassodamento) di illecito rivolto per alcuna gara a
Mazzini e si limitassero a generiche espressioni di auspicio (o, dopo Parma – Lecce, di giubilo) per le sorti della squadra.
Prova, questa, che il Mencucci non poteva accedere al più alto soglio decisionale e che i rapporti col designatore Bergamo
erano riservati solo a Diego Della Valle. Il programma illecito concepito nelle sue linee generali agli inizi di maggio
2005 – e destinato all‟implementazione, appena se ne fosse presentata l‟occasione, tra Diego Della Valle, Bergamo e
Mazzini e genericamente orientato, senza predeterminazione di specifici mezzi o di particolari condotte, costituenti gli
“atti diretti” di cui all‟art. 6 C.G.S., alla salvaguardia della posizione in classifica della Fiorentina - finalmente si
perfeziona e si traduce nella predisposizione degli acconci comportamenti atti a conseguire lo scopo attraverso
l‟alterazione di gare per effetto dell‟influenza esercitata sia nella fase di designazione arbitrale che sull‟arbitro
sorteggiato in occasione della gara conclusiva della stagione 2004 / 2005, Lecce – Parma, dal cui esito, in concorso con i
risultati di altre tre gare, sarebbe potuta dipendere la permanenza in serie A della Fiorentina (ed in particolare dalla mancata
vittoria della squadra emiliana). Fu, appunto, in quella occasione che il piano di Diego Della Valle, Bergamo e Mazzini, che dà
vita all‟antecedente logico della vicenda che ci occupa, si articola per la prima volta in forma completa ed efficace (e ciò si
ricava per differenza rispetto a quanto è stato, invece, negativamente accertato a proposito delle altre gare della
Fiorentina analizzate nel presente procedimento) e tende, riuscendovi, a chiudere il segmento arbitrale, attraverso esplicite
ed inequivoche interlocuzioni tra Bergamo e l‟arbitro De Santis ad un paio di ore dall‟inizio della gara, la cui portata
alteratrice è altrettanto certamente confermata dal colloquio successivo alla gara tra lo stesso arbitro e Mazzini.
Quanto al coinvolgimento di De Santis nell‟illecito ordito con mezzi, sia ex ante, che ex post, rivelatisi congrui ed idonei
dai tre incolpati ripetutamente menzionati, esso è provato in primo luogo dalla conversazione delle 12,58 del giorno della gara
con Bergamo (prog. 50317) nel corso della quale l‟arbitro ripetutamente dice di avere spiegato “un po‟ le cose, velatamente”
all‟assistente Griselli, preannunciando che sarebbe stato lui a dare “l‟impostazione” alla partita, mettendosi “in
mezzo”. Si tratta di un linguaggio del tutto insolito rispetto ad un normale colloquio di natura tecnica con un designatore, in
cui è insistito il richiamo di De Santis alla necessità di imprimere una vigorosa impronta personale alla partita,
governandola con la “testa” e sintomatico il riferimento alla “velata” spiegazione fornita ad uno degli assistenti, con il
quale era in confidenza (“sai posso parlà in un modo”). Non è dato sapere, e l‟incolpato, su cui sarebbe gravato l‟onere non
ha dedotto né fornito la prova, se si trattasse di un genere di colloquio abituale con il designatore arbitrale e rientrasse
nella prassi invalza presso ogni direttore di gara. Anche alla luce di questa singolarità, appare conforme a
ragionevolezza leggere la conversazione in chiave di rassicurazione fornita da De Santis a Bergamo circa i criteri ed i fini cui
avrebbe ispirato l‟arbitraggio. Ancora più sintomatica della totale immanenza di De Santis al disegno illecito è la
telefonata che egli ebbe, al termine della gara, con Mazzini. Colpisce, innanzitutto, la fretta che indusse De Santis a
precipitarsi, circa un‟ora dopo la fine della partita, a chiamare Mazzini, con il quale non era stato inizialmente in grado di
mettersi in contatto, riuscendo solo a raggiungere il suo segretario Mario Renzi (telefonata delle 17,59 del 29 maggio 2005,
prog. 10742), col quale rivelava tanta confidenza da commentare la gara con un eloquente “eh?... una opera d‟arte”. Ma
l‟ansia dell‟arbitro di parlare con Mazzini non si placava ed egli, ottenuto da Renzi un numero che questi definiva
“particolare”, si metteva in contatto con il Vice Presidente Federale (telefonata delle 18,01 dello stesso giorno, prog.
19963) nel corso della quale tra ironie del dirigente (che si presentava come Morfeo calciatore del Parma espulso tra le
proteste dall‟arbitro, come emerge chiaramente dal filmato, che essendo stato prodotto dalla difesa del De Santis,
è stato visionato dalla Corte), battute grevi ed autocompiacimento dell‟arbitro” (“… io m‟ero messo davanti col
lavoro capito???....”, “qui è andata bene…. ho fatto tre a tre”) e palesi ammiccamenti con l‟interlocutore in ordine ad un
colloquio avuto al termine della gara con il direttore sportivo del Parma Cinquini, col quale l‟arbitro faceva
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DECISIONI INTEGRALI DELLA CORTE FEDERALE - STAGIONE SPORTIVA 2006-2007
inattendibilmente mostra di avere tenuto un atteggiamento imparziale (sintomatico l‟intercalare di risate dell‟arbitro con
Mazzini, allorché gli riferiva di aver detto al dirigente parmense di aver ignorato durante la gara che, con il risultato di
parità, si sarebbe salvata la Fiorentina, ricevendo da questo di rimando la pronta e sbigottita replica “ma come lo sapevano
tutti in mezzo al campo ….”) e soddisfatta conclusione di Mazzini (“…perfetto, perfetto”) si trae l‟insuperabile conferma
della chiusura del cerchio fraudolento anche ex post. Tornando alla qualificazione delle condotte degli altri incolpati, va
osservato, a conferma della centralità, insostituibilità, efficienza causale piena ed autonoma delle tre “persone vere”
(Mazzini, Bergamo e Diego Della Valle), tra loro legate da un patto di segretezza ed esclusività, che a sminuire tale ruolo o ad
aggiungere alla loro altre responsabilità non può giovare l‟incontro avvenuto tra gli stessi ed Andrea Della Valle e
Mencucci (di cui ha parlato nell‟odierno dibattimento lo stesso Diego Della Valle con dichiarazioni che non hanno,
sostanzialmente, incontrato smentita).
Ed invero, non v‟è alcuna prova dell‟oggetto dell‟incontro, né che esso fosse rivolto ad allargare la cerchia dei
protagonisti della realizzazione del progetto di salvezza sportiva della Fiorentina, né che, data la incontroversa pubblicità
del luogo, si prestasse di per sé a fungere da piattaforma per accordi illeciti. Tale incontro va trattato alla stregua dei contatti
impropri e lesivi dei principi di correttezza ed imparzialità, vietati dall‟art. 1, già esaminati e soggetti a sanzione nei casi
afferenti alla Juventus. Ora, tale incontro costituisce sintomo certo di una condotta inappropriata e scorretta e come tale
va trattata, a cagione del vulnus arrecato alla effettiva ricorrenza ed alla necessaria apparenza dell‟imparzialità dei
titolari di funzioni di giudizio o di incidenza per ragioni di ufficio su altrui posizioni soggettive. Tuttavia, la relativa sanzione
non può essere applicata a Diego Della Valle e Mazzini per difetto della necessaria contestazione suppletiva rispetto a quella
dell‟art. 6 C.G.S.. Per converso, e per le ragioni a lungo esposte, l‟intera partecipazione alla vicenda di Andrea Della
Valle e Mencucci non può appunto che essere qualificata come espressione ripetuta e notevole della violazione dell‟art. 1
C.G.S., dovendosi escludere che essi, per la ristrettezza soggettiva del patto illecito e per la sostanziale irrilevanza dei loro
interventi (di assoluto interesse è che Mazzini e Mencucci si sentano solo dopo la partita Lecce – Parma) rispetto al
fine illecito concordato tra i “maiores” (che avevano concordato di escluderli dall‟accordo, nel dichiarato timore che
qualcuno di loro potesse “millantare”) possano essere giudicati responsabili ai sensi dell‟art. 6 C.G.S.. Ciò porta alla
conseguente affermazione della sola responsabilità oggettiva e presunta ex art. 6 C.G.S. della A.C.F. Fiorentina, oltre che
diretta ed oggettiva ex art. 1 in relazione alle posizioni di Andrea Della Valle e Mencucci, con esclusione – per
effetto della riqualificazione “in melius” della condotta di Mencucci, titolare del potere di rappresentanza della società, e di
Andrea Della Valle – di quella diretta originariamente accertata in primo grado.
Va, invece, confermata la colpevolezza, in relazione all‟episodio in esame, di Diego Della Valle e Mazzini nei termini
risultanti dal deferimento, nonché quella, appena illustrata, della società Fiorentina quale effetto necessario.
Venendo alla determinazione delle sanzioni, appare equo, per effetto dell‟unicità dell‟episodio di illecito:
a) determinare la pena di Diego Della Valle, amministratore ed accomandatario della società titolare della quota
largamente maggioritaria della A.C.F. Fiorentina S.p.A., in tre anni e nove mesi di inibizione e 55.000 euro di ammenda;
b) determinare in tre anni di inibizione e nell‟ammenda di 35.000 euro quella a carico di Andrea Della Valle, al quale
residuano due affermazioni di responsabilità ex art. 1 C.G.S. e su cui grava la violazione dei doveri inerenti alla carica di
Presidente;
c) determinare in due anni e sei mesi di inibizione la sanzione a carico di Mencucci, per effetto del minor ruolo svolto nei
due episodi di responsabilità ex art. 1 C.G.S. e della sua qualifica di dipendente (seppur elevata) della società.
Quanto alla società A.C. F. Fiorentina p.A., nell‟erogazione della sanzione deve tenersi conto:
1) della genesi della vicenda, che a differenza di altre relative ad incolpati differenti, non poggia su una illecita
volontà egemonica della società e dei suoi dirigenti, ma sull‟acclarata estraneità ad un modello corroborato di
illeciti rapporti con le istituzioni federali intrattenuti da soggetti circoscritti e noti e dalle loro società, dai quali erano
sorti effetti sportivi pregiudizievoli per società e soggetti fino ad allora estranei al sistema (nel corso dei vari colloqui
telefonici Mazzini spinge con molta enfasi Diego Della Valle ad un abboccamento con Bergamo senza il quale il progetto
salvifico per la Fiorentina sarebbe stato verosimilmente votato all‟insuccesso);
2) che, a seguito della ricezione del messaggio di Mazzini, Diego Della Valle, a differenza di altri deferiti che trattavano
con fare perentorio ed autoritario rappresentanti dalle istituzioni e ne venivano incredibilmente blanditi piuttosto che
contrastati o denunciati, in vista di una ampia gamma di vantaggi conseguiti o conseguibili, non potè sottrarsi
all‟instaurazione, invero ben più deferente e cerimoniosa, di un rapporto diretto con Bergamo, il quale, a propria
volta, fu chiamato e non chiamò, forte della necessità che pressava Diego Della Valle a venire a patti con lui;
3) che non vi è prova che esistesse alcuna consuetudine di rapporti tra Diego Della Valle ed i designatori arbitrali, tale,
secondo l‟ “id quod plerumque accidit”, da influenzare in forma costante e stabile le designazioni e le direzioni di gara
relative ad una determinata squadra;
4) che l‟illecita combinazione a tre (Diego Della Valle, Bergamo e Mazzini) fu pattuita solo nell‟ultimo mese della stagione
2004/2005, a differenza di altre situazioni protratte – come esattamente osservato dalla CAF – per l‟intera durata del
campionato, conclusosi addirittura con la vittoria della società i cui dirigenti avevano organizzato sistematiche e
strutturali condotte di illecita influenza;
5) che, con riferimento all‟illecito commesso nella gara Lecce – Parma, il risultato complessivamente vantaggioso
per la Fiorentina era legato ad altre variabili (le partite riguardanti la stessa Fiorentina, nonché le altre società
interessate alla permanenza in serie A) che non risultano essere state manipolate, da illeciti interventi riferibili a Diego
Della Valle o a suoi incaricati, ciò che ridimensiona sensibilmente l‟attitudine del risultato, così alterato, alla causazione del
più ampio disegno di permanenza della società in serie A;
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6) che, a conferma del ruolo condizionante ed egemone di dirigenti di altre società, Diego Della Valle dovette rivolgersi,
per realizzare il proprio progetto, anche a Moggi, nell‟implicita sfiducia che i competenti organi federali sarebbero stati
in grado di adempiere i propri doveri e di assicurare terzietà ed indipendenza nello svolgimento delle
competizioni sportive (così contribuendo a costituire una sorta di contro potere con la collusione di importanti
rappresentanti delle istituzioni e nell‟inerzia degli organi federali competenti);
7) decisivamente, che la società è stata dichiarata colpevole di illecito solo a titolo di responsabilità oggettiva (per il
fatto di Diego Della Valle) e presunta ( per quello di Mazzini) e non diretta.
Il complesso di queste considerazioni porta a ritenere che, in un‟ideale (e non commendevole) graduatoria di
responsabilità tra le società deferite, la Fiorentina non possa che collocarsi al secondo posto alle spalle della Juventus,
ma a debita distanza da essa, per le ragioni differenziali sopra enunciate.
La Corte ritiene, quindi, che sia ragionevolmente afflittiva rispetto alla colpevolezza accertata la sanzione:
a) di 30 punti di penalizzazione da scontare nella classifica 2005/2006;
b) di 19 punti di penalizzazione in classifica nella stagione sportiva 2006/2007;
c) della squalifica del campo di gara per tre giornate di campionato;
d) dell‟ammenda di 100.000 euro.
Relativamente alla sanzione da irrogare al De Santis, per la grave condotta di cui è stato giudicato colpevole, la Corte
stima che essa debba essere ridotta a quattro anni di inibizione, tenuto conto del fatto che il programma illecito fu
ideato dal Vice Presidente Federale e dal desginatore arbitrale, soggetti nei cui confronti vale la presunzione che egli
versasse in una condizione di sottomissione psicologica. Per quanto concerne, infine, la sanzione da irrogare ad Innocenzo
Mazzini, essa è da determinare, con riguardo alla straordinaria ed efficiente gravità delle sue condotte ed al disprezzo
mostrato verso la prestigiosa carica di Vice Presidente Federale e tenuto conto dell‟effetto devolutivo globale
dell‟impugnazione proposta dal Procuratore Federale, in riferimento ad accuse che riguardavano anche l‟incolpato, nella
sanzione massima della inibizione per cinque anni, con proposta al Presidente Federale di preclusione alla
permanenza in qualsiasi rango e categoria della F.I.G.C.
F - Posizione della Società A.C. Milan S.p.a., di Adriano Galliani e di Leonardo Meani I profili di incolpazione che
riguardano questo capo della sentenza sono stati esaminati dalla decisione impugnata nelle pagine 145-148 ai paragrafi 1 e
2: tenendo conto peraltro che il paragrafo 1 è dedicato a riportare i capi di incolpazione, può affermarsi che la
posizione dei tre soggetti coinvolti (Milan, Galliani e Meani) è esaminata e risolta solo con il paragrafo 2, alle pagine 146148. In questo contenuto spazio della decisione vengono cumulativamente esaminate le posizioni dei tre soggetti di
cui trattasi, in realtà sovrapponendo la posizione dell'uno con quelle degli altri; in definitiva il ragionamento posto in essere
dalla Commissione, con la decisione di primo grado, può così riassumersi.
a) Il Meani, tesserato per il Milan con la qualifica di addetto agli arbitri, in base a questa sua posizione aveva preso
contatto (attraverso due telefonate) con il Mazzei nella sua qualità di (mero) proponente di designatori dei nominativi
degli assistenti per le singole di campionato.
b) Questa iniziativa avrebbe comportato delle assicurazioni, da parte del Mazzei, di un pronto adeguamento per la
successiva gara Milan-Chievo Verona.
c) Tali episodi inducono a riconoscere una responsabilità del Meani e del Mazzei.
d) A questo punto, (nello spazio di poche righe) si coinvolge anche Galliani, a causa di un brevissimo colloquio telefonico,
di poco più di un minuto (anche se non è il tempo che costituisce elemento di valutazione, ma il contenuto della
telefonata), nel corso del quale Meani chiama Galliani e riferisce il proprio operato, si badi bene, senza ricevere direttive ed
anche, in realtà, senza ricevere contestazioni. Alla luce di quanto sopra la Commissione ha ritenuto di dover irrogare le
seguenti sanzioni: Galliani, inibizione per anni uno, Meani inibizione per anni tre e mesi sei, A.C. Milan penalizzazione di
punti quarantaquattro da scontare nella classifica 2005/2006 e di punti quindici in classifica da scontare nella stagione
sportiva 2006/2007; ammenda di € 30.000,00. Come specificato in precedenza sono stati proposti appelli da tutti gli
interessati con argomentazioni in parte similari tra loro. Ritiene la Corte Federale che le sanzioni ora indicate siano
sproporzionate ai fatti accertati, e comunque non in sintonia con la normativa dettata dalle norme di
comportamento contenute nel Codice di giustizia sportiva. Al riguardo si osserva quanto segue. E‟ necessario seguire, anche
nell‟analisi di detta fattispecie, l‟ordine logico dettato dai capi di incolpazione; in questa prospettiva la prima posizione da
valutare è quella del Meani. Ritiene la Corte Federale che l'intervento di costui sia senz'altro da riprovare; egli è
dipendente, sia pure in posizione non di vertice, di una società di calcio e, benché la sua qualifica pacificamente fosse quella
di dirigente addetto agli arbitri, ha abbondantemente travalicato le sue funzioni interessandosi di questioni non consentite. Non
rileva, in questa sede, disquisire sugli elementi costitutivi dell'illecito sportivo; è sufficiente, per giustificare una
adeguata sanzione, che si sia accertato - come è inconfutabilmente avvenuto - che il Meani ha posto in essere
comportamenti, non di sua competenza, finalizzati a favorire la società di appartenenza. Ritiene la Corte, in ogni caso,
tenendo conto della consistenza degli interventi del Meani, così come vengono riportati nei capi di incolpazione, e
comunque di come detti fatti sono stati acquisiti al procedimento, che possa ritenersi congrua una sanzione più contenuta
rispetto quella irrogata in primo grado dalla Commissione. Pertanto, modificando la decisione resa in prime cure, determina la
sanzione nei confronti di Leonardo Meani in anni 2 e mesi 6 di inibizione. Passando, quindi, alla valutazione della posizione
di Adriano Galliani, la Corte Federale non può, in primo luogo, omettere di rilevare (e le considerazioni che seguiranno
saranno idonee anche alla valutazione del Milan) che la posizione di tale soggetto sia considerata e valutata dalla Commissione
in poche righe, nelle quali si compie una non univoca ricostruzione dei fatti imputati a detto soggetto. Infatti, nel capo di
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incolpazione si specifica soltanto che "il Galliani, infine, perché nella sua qualità di vice presidente e amministratore delegato
della Società Milan ragguagliato da Meani circa la sopradescritta iniziativa l'approvava". A fronte di tale incolpazione la
decisione afferma l'applicabilità della sanzione "anzitutto perché Galliani chiede subito conferma del contatto ..." e "poi
perché non muove alcuna obiezione alla risposta del Meani chiaramente allusiva alla richiesta di un trattamento di favore
per il Milan ...". La Corte ritiene di poter pertanto affermare che la posizione del Galliani, con i conseguenti riflessi che la
sua posizione comporta per la Società Milan, non sia stata valutata adeguatamente e con il supporto di una idonea
motivazione. Inoltre, è rilevabile una non congrua valutazione dei fatti atteso che la intercettazione telefonica appare
considerata solo nel suo resoconto scritto. Si assume, infatti, nella decisione gravata che la qualifica di "ex
designatore" sarebbe frutto di un errore di trascrizione, mentre invece è proprio tale locuzione che viene usata (in modo
ironico) nel corso del colloquio telefonico. E dal contenuto del colloquio telefonico tra Meani e Galliani, ad avviso di questa
Corte, è rilevabile che il Galliani apprende notizie non in ordine a vicende relative ad indebiti futuri vantaggi nei
confronti del Milan, ma, piuttosto, quali spiegazioni relative a palesi errori verificatisi ad opera della direzione tecnica di
una gara disputata dalla società Milan con il Siena. E' ovvio l'auspicio che certe incongruenze più non accadano, ma la
valutazione della Corte Federale è nel senso che, da parte del Galliani, non si siano date disposizioni o direttive
volte a perseguire ingiusti o non consentiti trattamenti. In definitiva, tutto ciò induce a ritenere che sia più giusto e
logico ridurre, sia pure in misura minima, la sanzione irrogata dalla Commissione al Galliani, che comunque non ha dato
alcun seguito alla telefonata con il Meani. Alla luce di quanto sopra, modificando la decisione resa in prime cure,
determina la sanzione nei confronti di Adriano Galliani in nove mesi di inibizione. Tutto quanto, sin qui, dedotto è idoneo
a delucidare anche alla posizione del Milan, chiamato a rispondere per responsabilità diretta ed oggettiva per fatti
addebitati ai sensi dirigenti (vedi capitoli di incolpazione 67 e 69). Indubbiamente le condotte di Meani e Galliani si
riverberano sulla Società; ma non può omettersi di considerare che relativamente alla posizione di Galliani, come si è
detto in precedenza, è ravvisabile un comportamento certamente criticabile, ma di consistenza non particolarmente
penetrante; mentre il Meani aveva una posizione all'interno della società assolutamente marginale. Anzi, con
riferimento alla collocazione del Meani nella società, non appare superflua una considerazione comparativa in
relazione ai comportamenti di altri soggetti che, in questo procedimento, hanno potuto produrre conseguenze ben più
rilevanti nei confronti della società di appartenenza, proprio tenendo conto della loro posizione di vertice. La Corte ritiene,
quindi, in riforma della decisione resa in primo grado, che sia ragionevolmente afflittiva, rispetto alla colpevolezza
accertata la sanzione:
a) di 30 punti di penalizzazione da scontare nella classifica 2005/2006;
b) di 8 punti di penalizzazione in classifica nella stagione sportiva 2006/2007;
c) della squalifica del campo di gara per una giornata di campionato;
d) dell‟ammenda di 100.000 euro.
G - Posizione di Gennaro Mazzei, Fabrizio Babini e Claudio Puglisi
La posizione di Mazzei, Babini e Puglisi, è esaminata dalla Commissione sotto il Capitolo V in cui si tratta della vicenda
relativa al Milan, dalla pag. 146 alla pag. 148.
I capi di incolpazione che afferiscono il comportamento di costoro sono contrassegnati con i numeri 66-70, richiamati
nell‟epigrafe della presente decisione.
La motivazione afferente la critica al comportamento di costoro - come si è detto - si ricava dalle pagine dedicate alla posizione
del Milan ove, con riferimento alla partita Milan-Chievo Verona, del 20 aprile 2005, vengono prese in considerazione le
iniziative assunte dal Meani.
Orbene, è pacifico che il Meani abbia preso contatti con Mazzei: costui, che aveva l'onere di proporre ai designatori i
nominativi degli assistenti, era stato sollecitato alla indicazione di soggetti validi in prospettiva per evitare gli errori che erano
stati ravvisati nei precedenti incontri disputati dal Milan (in particolare il Siena-Milan).
Il ragionamento dei giudici di prime cure, in merito alle censure relative al comportamento degli indicati soggetti, in linea di
massima, è da condividersi: risulta pacifico il contatto di Meani con Mazzei, e soprattutto che costui non abbia assunto altre
diverse iniziative e non abbia contestato la possibilità di procedere alla designazione di alcuni assistenti. Come è pacifico che
gli assistenti Babini e Puglisi, siano stati contattati dallo stesso Meani, anche se non emerge, da alcuna fonte, che costoro
abbiano attuato un comportamento non corretto nell'esercizio delle loro funzioni tecniche.
Conclusivamente, anche in sintonia con quanto più sopra ricordato, ritiene questa Corte che le sanzioni vadano sempre
correlate alla valenza del comportamento posto in essere dal soggetto incolpato, tenuto conto delle sue funzioni istituzionali;
ciò induce a contenere le sanzioni irrogate dalla Commissione in primo grado nella seguente misura: comminando la sanzione
a carico di Gennaro Mazzei nella inibizione per sei mesi; determinando, invece, la sanzione a carico di Fabrizio
Babini e Claudio Puglisi in tre mesi di inibizione ciascuno.
PQM
la Corte Federale ha pronunciato il seguente
DISPOSITIVO
In parziale riforma della decisione della Commissione di Appello Federale del 14 luglio 2006, così provvede:
Conferma la propria ordinanza del 22 luglio 2006 con riferimento alle posizioni di Domenico Messina, Paolo
Bergamo e Paolo Tagliavento;
dichiara inammissibile l‟appello proposto dal Bologna F.C. 1909 nei confronti di Innocenzo Mazzini, Fabrizio Babini, Paolo
Bertini, Massimo De Santis, Paolo Dondarini, Tullio Lanese, Gennaro Mazzei, Domenico Messina, Pierluigi Pairetto,
Gianluca Paparesta, Claudio Puglisi, Gianluca Rocchi, Pasquale Rodomonti e Paolo Tagliavento;
40
DECISIONI INTEGRALI DELLA CORTE FEDERALE - STAGIONE SPORTIVA 2006-2007
proscioglie Paolo Dondarini dall‟incolpazione contestatagli;
determina la sanzione a carico della Juventus Football Club S.p.A. con riferimento alla stagione sportiva 2006-07, nella
penalizzazione di 17 punti in classifica e nella squalifica in 3 giornate di campionato del campo di gara, nell‟ammenda di
120 mila euro, ferme restando le altre sanzioni già irrogate nella decisione impugnata per le stagioni sportive 2004-05 e
2005-06;
determina la sanzione a carico di Adriano Galliani in 9 mesi di inibizione;
determina la sanzione a carico di Leonardo Meani in 2 anni e 6 mesi di inibizione; determina la sanzione a carico della
A.C.Milan S.p.A. nella penalizzazione di 30 punti da scontare nella classifica 2005-06 e di 8 punti in classifica da
scontare nella stagione sportiva 2006-07 e nella squalifica per una giornata di campionato del campo di gara, nonché
nell‟ammenda di 100mila euro;
proscioglie Diego Della Valle la A.C.F. Fiorentina S.p.A., Claudio Lotito, la S.S. Lazio S.p.A., Andrea Della Valle e
Sandro Mencucci dalle incolpazioni loro contestate con riferimento alla gara Lazio-Fiorentina del 22.5.2005;
dichiara la responsabilità di Diego Della Valle, Andrea Della Valle, Sandro Mencucci, Innocenzo Mazzini e A.C.F.
Fiorentina S.p.A. con riferimento alla gara Chievo Verona- Fiorentina dell‟otto maggio 2005, per violazione dell‟art. 1
del C.G.S. così modificata l‟originaria incolpazione determina la sanzione a carico di Andrea Della Valle
nell‟inibizione per 3 anni e nell‟ammenda di 35 mila euro; determina la sanzione a carico di Diego Della Valle in 3 anni
e 9 mesi di inibizione e 55 mila euro di ammenda;
determina la sanzione a carico di Sandro Mencucci in 2 anni e 6 mesi di inibizione; determina la sanzione a carico della
A.C.F. Fiorentina S.p.A. nella penalizzazione di 30 punti da scontare nella classifica 2005-06, nella penalizzazione di
19 punti in classifica nella stagione sportiva 2006-07 e nella squalifica del campo di gara per 3 giornate di
campionato, nonché nell‟ammenda di 100 mila euro;
dichiara la responsabilità di Claudio Lotito, Franco Carraro, Innocenzo Mazzini, S.S. Lazio S.p.A. in relazione alla gara LazioBrescia del 2.2.2006 per violazione dell‟art. 1, c.1, del C.G.S., così modificata l‟originaria incolpazione;
determina la sanzione a carico di Claudio Lotito in 2 anni e 6 mesi di inibizione e nell‟ammenda di 30 mila euro;
determina la sanzione a carico della S.S. Lazio S.p.A., nella penalizzazione di 30 punti da scontare nella classifica 2005-06
e di 11 punti in classifica da scontare nella stagione sportiva 2006-07 e nella squalifica del campo di gara per 2 giornate di
campionato, nonché nell‟ammenda di 100 mila euro;
determina la sanzione a carico di Franco Carraio nell‟ammenda di 80 mila euro con diffida;
determina la sanzione a carico di Innocenzo Mazzini nella inibizione per 5 anni con proposta al Presidente
federale d preclusione alla permanenza in qualsiasi rango o categoria della FGCI;
determina la sanzione a carico di Pierluigi Pairetto nella inibizione per 3 anni e 6 mesi; determina la sanzione a carico di
Massimo De Santis nella inibizione per 4 anni; determina la sanzione a carico di Gennaro Mazzei nella inibizione per 6 mesi;
determina in 3 mesi di inibizione ciascuno la sanzione a carico di Fabrizio Babini e Claudio Pugliesi.
Visto l‟art. 29, comma 13, del C.G.S. dispone la restituzione della tassa versata da Paolo Dondarini, Juventus Football Club
S.p.A., Adriano Galliani, Leonardo Meani, A.C. Milan S.p.A., Andrea Della Valle, Diego Della Valle, Sandro Mencucci,
A.C.F. Fiorentina S.p.A., Claudio Lotito, Franco Carraro, S.S. Lazio S.p.A., Massimo De Santis, Gennaro Mazzei, Fabrizio
Babini e Claudio Pugliesi.
Conferma per il resto la decisione impugnata.
Fissa al 10 agosto 2006 il termine per il deposito della motivazione.
TESTI DELLE DECISIONI RELATIVE AL COMUNICATO UFFICIALE N. 3/CF DEL 26 AGOSTO 2006
1. RICHIESTA DI PARERE INTERPRETATIVO DEL COMMISSARIO STRAORDINARIO, EX ARTICOLO 22, COMMA
1, LETTERA A) CODICE DI GIUSTIZIA SPORTIVA, IN ORDINE AD INTERPRETAZIONE UNIVOCA DELLE
DISPOSIZIONI DI CUI ALL‟ARTICOLO 49 N.O.I.F. ED AL COMUNICATO UFFICIALE N.167/A DEL 15-2-2006,
INERENTI I CRITERI PER LA SOSTITUZIONE DELLE SOCIETA‟ NON AMMESSE AI CAMPIONATI DI SERIE C2
Il quesito posto all‟attenzione della Corte Federale, relativo alla corretta interpretazione del dettato dell‟articolo 49 delle
N.O.I.F. in relazione alla promozione dal Campionato Nazionale Dilettanti alla serie C – 2a divisione (C2) (art.49, lettera C,
prima parte), ha già comportato, in data 10 agosto 2005, una precedente pronuncia della Corte, pubblicata nel Comunicato
Ufficiale numero 3/Cf. Con quella pronuncia la Corte Federale ha affermato che “per quanto riguarda la promozione dal
Campionato Nazionale Dilettanti (Serie D) alla serie C – 2a divisione (C2) deve essere preso in considerazione esclusivamente
il dettato dell‟art. 49 delle N.O.I.F.”. Come ricordato dalla stessa richiesta interpretativa del Commissario Straordinario,
l‟articolo 49 lettera c), prima parte, prevede che “le squadre classificate al primo posto di ogni singolo girone
avranno diritto di richiedere l‟ammissione al Campionato di serie C – 2a divisione (C2), qualora siano in possesso dei requisiti
di carattere organizzativo, strutturale ed economico previsti dal Regolamento della Lega Professionisti Serie C, da affiancare al
titolo sportivo. Qualora si verifichino rinunce o si accerti la inadeguatezza dei titoli richiesti da parte delle società di cui sopra,
la Lega Nazionale Dilettanti segnalerà, in sostituzione, altre società in successione di classifica, che siano in possesso di tutti i
requisiti richiesti”. Nel caso in esame la società Fortis Spoleto F.C., vincitrice del campionato di Serie D – girone E, 20052006, non è stata ammessa al Campionato di Serie C2 per assenza dei requisiti economici, come si evince dal C.U. n. 14 del 15
luglio 2006, che ha disposto la non ammissione della stessa al Campionato di Serie C2, a seguito dalla istruttoria svolta dalla
CO.VI.SO.C.. La seconda classificata A.S.D. Juventus 1909 che, a norma dell‟articolo 49, lettera c), prima parte delle N.O.I.F,
aveva acquisito “il diritto di richiedere l‟ammissione al Campionato di Serie C – 2° divisione (C2)” vi ha rinunciato; pertanto,
41
DECISIONI INTEGRALI DELLA CORTE FEDERALE - STAGIONE SPORTIVA 2006-2007
con lettera 28 luglio 2006, la Lega Nazionale Dilettanti, facendo scorrere la classifica, ha, correttamente, indicato come società
avente diritto a richiedere l‟ammissione al Campionato di Serie C2 per il 2006-2007, avendone i requisiti, la Società U.S.
Poggibonsi, classificatasi al terzo posto nel girone E del Campionato di Serie D, anno 2005-2006. Ciò premesso la Corte
osserva che è preliminarmente necessario descrivere, secondo il criterio della gerarchia delle fonti, il quadro normativo che
disciplina l‟ammissione al campionato di Serie C – 2° divisione (C2) al fine di dedurne gli elementi utili all‟espressione del
parere chiesto dal Commissario Straordinario. Ora la norma primaria - è tale, come si vedrà in prosieguo, non solo per la sua
collocazione nel sistema delle fonti dell‟ordinamento calcistico ma anche per la generalità della sua previsione e la sua
attitudine a generare meri interventi completivi o sussidiari da parte di altre disposizioni – è costituita dall‟art. 49 N.O.I.F.
soprarichiamato. La norma prosegue prevedendo che “per carenze di organico del campionato di Serie C-2a divisione (C2) il
relativo completamento avverrà a cura del Consiglio Federale su proposta della Lega Nazionale Dilettanti”. La Corte ritiene
che, combinando logicamente tra loro le due statuizioni normative in esame, si debba pervenire al seguente risultato
interpretativo. Innanzitutto, il diritto di una squadra di richiedere l‟ammissione al Campionato di Serie C – 2° divisione (C2) è
legato ad una duplice concorrente circostanza costituita, in primo luogo, dalla classificazione al 1° posto del girone cui aveva
partecipato nella stagione precedente e, in secondo luogo, dal possesso dei requisiti di carattere organizzativo, strutturale ed
economico previsti dal Regolamento della Lega Professionisti Serie C (che entrambe le condizioni debbano ricorrere è
inequivocabilmente dimostrato dall‟uso della locuzione che vuole che i requisiti in parola siano da ”affiancare al titolo
sportivo”). La disposizione prevede che possa esservi una duplice categoria di situazioni preclusive dell‟applicazione della
regola principale prima illustrata, individuandole nella rinuncia alla richiesta di ammissione da parte dell‟avente diritto o
nell‟accertata inadeguatezza dei titoli prodotti da queste con evidente riferimento ai requisiti ad esse richiesti (organizzativi,
strutturali ed economici). Laddove, anche una di tali situazioni ricorra, (l‟uso della particella disgiuntiva testimonia nel senso
che esse non debbano cumularsi, essendo sufficiente la sussistenza di una sola di esse ai fini dell‟applicazione della
disposizione di cui si sta per dire) si provvederà alla surrogazione della società avente diritto attraverso la segnalazione da parte
della Lega Nazionale Dilettanti a fini sostitutivi “di altre società in successione di classifica che siano in possesso di tutti i
requisiti richiesti”. Il senso e l‟effetto della disposizione sono evidentemente nel senso che ad attivare il procedimento
surrogatorio è sufficiente che l‟avente diritto originario non voglia o non possa chiedere l‟ammissione al campionato superiore.
Ma è altrettanto chiaro che la norma non prevede alcun limite al potere di surrogazione da esercitarsi da parte della Lega
Nazionale Dilettanti, in quanto essa non circoscrive l‟ambito di classifica nel quale effettuare la segnalazione in sostituzione,
specificando, anzi, che la segnalazione stessa possa avvenire non a favore di una sola società (ad esempio quella in seconda
posizione di classifica) ma a vantaggio “di altre società” in successione di classifica, e cioè collocatesi anche in posizione
diversa dalla seconda, laddove il primo scorrimento di graduatoria possa non aver portato a risultati utili (ad esempio per
successive rinunce o dichiarazioni di mancanza di requisiti). A questa stregua la disposizione stabilisce in astratto il sistema di
completamento degli organici della Serie C – 2a divisione (C2). Ma la norma prevede con lungimiranza che, nonostante le
misure appena descritte, si determini una situazione di carenza di organico nel campionato in questione (ad esempio per difetto
di vocazioni o per carenza di requisiti), fissando la regola secondo cui “il relativo completamento avverrà a cura del Consiglio
Federale, su proposta della Lega Professionisti Serie C, nonché in caso di ulteriori carenze, su proposta della Lega Nazionale
Dilettanti”. Ora, il Comunicato Ufficiale n. 167/A del 15 febbraio 2006 è proprio intervenuto preventivamente allo scopo
perseguito in via generale ed astratta, dalla disposizione principale dell‟art. 49 N.O.I.F.. Le disposizioni racchiuse nel
Comunicato Ufficiale in esame sono destinate ad operare laddove si verifichi la condizione sospensiva dell‟inapplicabilità per
una qualsiasi causa di quelle fondamentali dell‟art. 49 N.O.I.F., con le quali, quindi, non può nemmeno immaginarsi un
conflitto, dato che la efficacia di queste ultime preclude in radice l‟applicazione di quelle sussidiarie (che nella fattispecie va
esclusa). E la Corte esprime il parere che solo l‟accertata inapplicabilità della norma generale dell‟art. 49 N.O.I.F. possa
precludere il potere surrogatorio più volte menzionato della Lega Nazionale Dilettanti e restare, al contrario, applicabili le
disposizioni sussidiarie previste dalla seconda parte della medesima norma ed implementate attraverso il Comunicato Ufficiale
n. 167/A del 15 febbraio 2006. Esprime quindi il parere che la società U.S. Poggibonsi, ove in possesso dei requisiti richiesti,
ha diritto ad essere promossa al Campionato di Serie C/2, 2006/2007, in sostituzione della Fortis Spoleto F.C. (priva di
requisiti) e della rinunciataria A.S.D. Fortis Juventus 1909. P.Q.M. La Corte esprime il parere che le disposizioni di cui al C.U.
n.167/A del 15 febbraio 2006 nella parte relativa all‟ammissione al Campionato di Serie C – 2a divisione 2006/2007 possano
trovare applicazione esclusivamente nell‟ipotesi in cui non siano per qualche causa applicabili quelle previste dall‟art. 49
N.O.I.F. nella parte riguardante la Lega Nazionale Dilettanti – Comitato per l‟Attività Interregionale.
2. RICHIESTA DI PARERE EX ART. 30, COMMA 9, DELLO STATUTO FEDERALE ED ART. 19, COMMA 1, DEL
CODICE DI GIUSTIZIA SPORTIVA, SU ISTANZE DI RIABILITAZIONE DI TESSERATI
La Corte Federale, esaminata l‟istanza di riabilitazione presentata dal Signor Stefano Braschi al Commissario Straordinario, in
data 10 agosto 2006, trasmessa il successivo 15 agosto 2006, per il parere previsto dall‟art. 30, comma 9, dello Statuto
Federale; preso atto della vicenda posta alla base della sanzione ricevuta dal Braschi; della circostanza che lo stesso si è
dimesso sin dal 17 marzo 2003 dalla carica di Direttore Generale dell‟A.C. Siena S.p.A.; dello stato di sostanziale “buona
fede” e di errore in cui il Braschi è venuto a trovarsi, avendo avvisato l‟A.I.A. del suo futuro incarico di dirigente sportivo sin
dal 14 giugno 2002 richiedendo anche la sospensione temporanea dalla Associazione Italiana Arbitri; considerato che il
Braschi ha completamente scontato la sanzione di diciotto mesi dal 19 marzo 2003 al 18 settembre 2004;
che, terminata la squalifica, il Braschi ha svolto l‟attività di Osservatore arbitrale prima per la Sezione A.I.A. di Prato e poi per
il C.R.A. Toscana. Per quanto di propria competenza esprime parere favorevole all‟istanza di riabilitazione presentata dal
Signor Stefano Braschi in data 10 agosto 2006.
42
DECISIONI INTEGRALI DELLA CORTE FEDERALE - STAGIONE SPORTIVA 2006-2007
3. RICHIESTE DI PARERE DEL COMMISSARIO STRAORDINARIO, EX ARTT. 30, COMMA 9, DELLO STATUTO
FEDERALE E 20 DEL CODICE DI GIUSTIZIA SPORTIVA, SU ISTANZE DI GRAZIA DI TESSERATI
La Corte Federale, dopo l‟illustrazione da parte dei relatori, ha formulato, in merito alle istanze dei sottonotati tesserati, i pareri
di competenza così come di seguito riportati:
calciatori
La Corte Federale:
- vista la richiesta di parere formulata dal Commissario Straordinario in ordine all‟istanza di grazia, reiterata, inoltrata dal
calciatore Luciano Scidà, in relazione alla sanzione della squalifica inflittagli fino al 19.8.2007;
- esaminata la documentazione in atti;
- tenuto conto delle risultanze degli atti, delle circostanze del caso e del sofferto; esprime parere favorevole all‟accoglimento
dell‟istanza avanzata dal calciatore Luciano Scidà.
La Corte Federale:
- vista la richiesta di parere formulata dal Presidente Federale in ordine all‟istanza di grazia, inoltrata dalla calciatrice Flavia
Sacco, in relazione alla sanzione della squalifica inflittagli fino al 1.11.2007;
- esaminata la documentazione in atti;
- tenuto conto delle risultanze degli atti, delle circostanze del caso e del sofferto; esprime parere favorevole all‟accoglimento
dell‟istanza avanzata dalla calciatrice Flavia Sacco. Fabio Nani, Massimiliano Mencarella, Attilio Muti sfavorevole, in quanto
la Corte non ha ritenuto sussistenti i presupposti idonei per la concessione dell‟invocato beneficio.
Antonio Mazzacane, Pasquale Federico , Alexander Reginelli sfavorevole, in quanto non sono emersi elementi nuovi, idonei
per la concessione del richiesto beneficio, già negato in precedenza.
TESTI DELLE DECISIONI RELATIVE AL COMUNICATO UFFICIALE N. 4/CF DEL 26 AGOSTO 2006
1. RICORSO DI ULTIMA ISTANZA AI SENSI DELL‟ART. 32, COMMA 7, STATUTO F.I.G.C. E ART. 38, CODICE
GIUSTIZIA SPORTIVA DELLA SOCIETA‟ REGGINA CALCIO S.p.A. AVVERSO LE SANZIONI DELLA
PENALIZZAZIONE DI QUINDICI PUNTI IN CLASSIFICA DA SCONTARSI NELLA STAGIONE SPORTIVA 20062007, OLTRE ALL‟AMMENDA DI EURO 100.000,00 (CENTOMILA) INFLITTE A SEGUITO DEL DEFERIMENTO
DEL PROCURATORE FEDERALE
(Delibera C.A.F. Com. Uff. n. 5/C del 17 agosto 2006)
2.RICORSO DI ULTIMA ISTANZA AI SENSI DELL‟ART. 32, COMMA 7, STATUTO F.I.G.C. E ART. 38, CODICE
GIUSTIZIA SPORTIVA DEL SIG. PASQUALE FOTI AVVERSO LA SANZIONE DELL‟INIBIZIONE DI ANNI DUE E
MESI SEI, OLTRE A QUELLA DELL‟AMMENDA DI EURO 30.000,00 (TRENTAMILA) INFLITTEGLI A SEGUITO
DEL DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE
(Delibera C.A.F. Com. Uff. n.5/C del 17 agosto 2006)
3. RICORSO DI ULTIMA ISTANZA AI SENSI DELL‟ART. 32, COMMA 7, STATUTO F.I.G.C. E ART. 38, CODICE
GIUSTIZIA SPORTIVA DEL PROCURATORE FEDERALE AVVERSO DECISIONI A SEGUITO DI PROPRIO
DEFERIMENTO A CARICO DELLA REGGINA CALCIO S.p.A E ALTRI
(Delibera C.A.F. Com. Uff. n. 5/C del 17 agosto 2006)
4.RICORSO DI ULTIMA ISTANZA AI SENSI DELL‟ART. 32, COMMA 7, STATUTO F.I.G.C. E ART. 38, CODICE
GIUSTIZIA SPORTIVA DELLA SOCIETA‟ U.S. LECCE S.p.A. AVVERSO DECISIONI A SEGUITO DEL
DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE A CARICO DELLA REGGINA CALCIO S.p.A. E ALTRI (Delibera
C.A.F. Com. Uff. n. 5/C del 17 agosto 2006)
5. RICORSO DI ULTIMA ISTANZA AI SENSI DELL‟ART. 32, COMMA 7, STATUTO F.I.G.C. E ART. 38, CODICE
GIUSTIZIA SPORTIVA DELLA SOCIETA‟ BRESCIA CALCIO S.P.A. AVVERSO LE DECISIONI A SEGUITO DEL
DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE A CARICO DELLA REGGINA CALCIO S.p.A. E ALTRI
(Delibera C.A.F. Com. Uff. n. 5/C del 17 agosto 2006)
6. RICORSO DI ULTIMA ISTANZA AI SENSI DELL‟ART. 32, COMMA 7, STATUTO F.I.G.C. E ART. 38, CODICE
GIUSTIZIA SPORTIVA DELLA SOCIETA‟ TREVISO F.B.C. 1993 S.RL. AVVERSO DECISIONI A SEGUITO DEL
DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE A CARICO DELLA REGGINA CALCIO S.p.A. E ALTRI
(Delibera C.A.F. Com. Uff. n. 5/C del 17 agosto 2006)
Nella riunione, tenuta in Roma il 25 agosto 2006, seguita dalla Camera di Consiglio del 26 agosto 2006, ha adottato la
decisione in merito ai ricorsi di cui sopra, il cui dispositivo, qui di seguito si trascrive.
P.Q.M.
- Rigetta gli appelli proposti dalla Procura Federale, dalla Reggina Calcio S.p.A., da Pasquale Foti e dalla U.S. Lecce S.p.A.
nei confronti della decisione della C.A.F. di cui al C.U. n.5/C del 17 agosto 2006.
- Dichiara improponibili gli appelli proposti dal Treviso F.B.C. 1993 S.r.l. e dal Brescia Calcio S.p.A..
- Conferma, per l‟effetto, la decisione impugnata.
- Dispone l‟incameramento delle tasse.
Fissa il deposito della motivazione al 2 settembre 2006.
43
DECISIONI INTEGRALI DELLA CORTE FEDERALE - STAGIONE SPORTIVA 2006-2007
TESTI DELLE DECISIONI RELATIVE AL COMUNICATO UFFICIALE N. 5/CF DEL 26 AGOSTO 2006
1. RICORSO DI ULTIMA ISTANZA AI SENSI DELL‟ART. 32, COMMA 7, STATUTO F.I.G.C. E ART. 38,
CODICE GIUSTIZIA SPORTIVA DELLA A.C. AREZZO S.p.A. AVVERSO LA SANZIONE DELLA
PENALIZZAZIONE DI NOVE PUNTI IN CLASSIFICA NELLA STAGIONE SPORTIVA 2006 -2007
INFLITTA A SEGUITO DEL DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE
(Delibera C.A.F. Com. Uff. n. 6/C del 17 agosto 2006)
2. RICORSO DI ULTIMA ISTANZA AI SENSI DELL‟ART. 32, COMMA 7, STATUTO F.I.G.C. E ART. 38, CODICE
GIUSTIZIA SPORTIVA DEL SIG. GENNARO MAZZEI AVVERSO LA SANZIONE DELL‟INIBIZIONE PER ANNI TRE
INFLITTAGLI A SEGUITO DEL DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE
(Delibera C.A.F. Com. Uff. n.6/C del 17 agosto 2006)
3. RICORSO DI ULTIMA ISTANZA AI SENSI DELL‟ART. 32, COMMA 7, STATUTO F.I.G.C. E ART. 38, CODICE
GIUSTIZIA SPORTIVA DEL SIG. TITOMANLIO STEFANO AVVERSO LA SANZIONE DELL‟INIBIZIONE PER ANNI
TRE INFLITTAGLI A SEGUITO DEL DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE
(Delibera C.A.F. Com. Uff. n.6/C del 17 agosto 2006)
4. RICORSO DI ULTIMA ISTANZA AI SENSI DELL‟ART. 32, COMMA 7, STATUTO F.I.G.C. E ART. 38, CODICE
GIUSTIZIA SPORTIVA DELL‟ A.C. MILAN AVVERSO LA SANZIONE DELL‟AMMENDA DI EURO 10.000,00
(DIECIMILA) INFLITTA A SEGUITO DEL DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE (Delibera C.A.F. Com.
Uff. n.6/C del 17 agosto 2006)
5. RICORSO DI ULTIMA ISTANZA AI SENSI DELL‟ART. 32, COMMA 7, STATUTO F.I.G.C. E ART. 38, CODICE
GIUSTIZIA SPORTIVA DEL SIG. LEONARDO MEANI AVVERSO LA SANZIONE DELL‟INIBIZIONE PER MESI TRE
INFLITTAGLI A SEGUITO DEL DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE
(Delibera C.A.F. Com. Uff. n. 6/C del 17 agosto 2006)
6. RICORSO DI ULTIMA ISTANZA AI SENSI DELL‟ART. 32, COMMA 7, STATUTO F.I.G.C. E ART. 38, CODICE
GIUSTIZIA SPORTIVA DELLA SOCIETA‟ U.S. AVELLINO S.p.A. AVVERSO DECISIONI A SEGUITO DEL
DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE A CARICO DELL‟A.C. AREZZO S.p.A. E ALTRI
(Delibera C.A.F. Com. Uff. n. 6/C del 17 agosto 2006)
Nella riunione tenuta a Roma il 25 agosto 2006, seguita dalla Camera di Consiglio del 26 agosto 2006, ha adottato la decisione
in merito ai ricorsi di cui sopra, il cui dispositivo, qui di seguito si trascrive.
P.Q.M.
In parziale riforma della decisione della C.A.F. di cui al C.U. n. 6/C del 17 agosto 2006, impugnata dall‟A.C. Arezzo S.p.A.,
da Gennaro Mazzei, da Stefano Titomanlio, da Leonardo Meani, dall‟A.C. Milan S.p.A e dall‟U.S. Avellino S.p.A.,
- determina la sanzione a carico dell‟A.C. Arezzo S.p.A. nella penalizzazione di sei punti in classifica da scontarsi nella
Stagione Sportiva 2006-2007.
- Conferma, per il resto, la decisione impugnata.
- Ordina l‟incameramento delle tasse, ad eccezione, di quella versata dall‟Arezzo, di cui dispone la restituzione.
Fissa il deposito della motivazione al 2 settembre 2006.
TESTI DELLE DECISIONI RELATIVE AL COMUNICATO UFFICIALE N. 6/CF DEL 1 SETTEMBRE 2006
IN MERITO A:
1. RICORSO DI ULTIMA ISTANZA AI SENSI DELL‟ART. 32, COMMA 7, STATUTO F.I.G.C. E ART. 38, CODICE
GIUSTIZIA SPORTIVA DELLA SOCIETA‟ REGGINA CALCIO S.p.A. AVVERSO LE SANZIONI DELLA
PENALIZZAZIONE DI QUINDICI PUNTI IN CLASSIFICA DA SCONTARSI NELLA STAGIONE SPORTIVA 20062007, OLTRE ALL‟AMMENDA DI EURO 100.000,00 (CENTOMILA) INFLITTE A SEGUITO
DEL DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE
(Delibera C.A.F. Com. Uff. n. 5/C del 17 agosto 2006)
2.RICORSO DI ULTIMA ISTANZA AI SENSI DELL‟ART. 32, COMMA 7, STATUTO F.I.G.C. E ART. 38, CODICE
GIUSTIZIA SPORTIVA DEL SIG. PASQUALE FOTI AVVERSO LA SANZIONE DELL‟INIBIZIONE DI ANNI DUE E
MESI SEI, OLTRE A QUELLA DELL‟AMMENDA DI EURO 30.000,00 (TRENTAMILA) INFLITTEGLI A SEGUITO
DEL DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE
(Delibera C.A.F. Com. Uff. n.5/C del 17 agosto 2006)
3. RICORSO DI ULTIMA ISTANZA AI SENSI DELL‟ART. 32, COMMA 7, STATUTO F.I.G.C. E ART. 38, CODICE
GIUSTIZIA SPORTIVA DEL PROCURATORE FEDERALE AVVERSO DECISIONI A SEGUITO DI PROPRIO
DEFERIMENTO A CARICO DELLA REGGINA CALCIO S.p.A E ALTRI
(Delibera C.A.F. Com. Uff. n. 5/C del 17 agosto 2006)
4.RICORSO DI ULTIMA ISTANZA AI SENSI DELL‟ART. 32, COMMA 7, STATUTO F.I.G.C. E ART. 38, CODICE
GIUSTIZIA SPORTIVA DELLA SOCIETA‟ U.S. LECCE S.p.A. AVVERSO DECISIONI A SEGUITO DEL
DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE A CARICO DELLA REGGINA CALCIO S.p.A. E ALTRI (Delibera
C.A.F. Com. Uff. n. 5/C del 17 agosto 2006)
44
DECISIONI INTEGRALI DELLA CORTE FEDERALE - STAGIONE SPORTIVA 2006-2007
5. RICORSO DI ULTIMA ISTANZA AI SENSI DELL‟ART. 32, COMMA 7, STATUTO F.I.G.C. E ART. 38, CODICE
GIUSTIZIA SPORTIVA DELLA SOCIETA‟ BRESCIA CALCIO S.P.A. AVVERSO LE DECISIONI A SEGUITO DEL
DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE A CARICO DELLA REGGINA CALCIO S.p.A. E ALTRI
(Delibera C.A.F. Com. Uff. n. 5/C del 17 agosto 2006)
6. RICORSO DI ULTIMA ISTANZA AI SENSI DELL‟ART. 32, COMMA 7, STATUTO F.I.G.C. E ART. 38, CODICE
GIUSTIZIA SPORTIVA DELLA SOCIETA‟ TREVISO F.B.C. 1993 S.RL. AVVERSO DECISIONI A SEGUITO DEL
DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE A CARICO DELLA REGGINA CALCIO S.p.A. E ALTRI
(Delibera C.A.F. Com. Uff. n. 5/C del 17 agosto 2006)
Pertanto, la Corte Federale ha pronunciato la seguente decisione, in merito agli appelli in epigrafe specificati, sulla base delle
osservazioni che seguono.
I. ATTO DI DEFERIMENTO
Invero, il presente procedimento trae origine dai deferimenti disposti in data 7 agosto 2006 dal Procuratore Federale nei
confronti delle seguenti persone fisiche e della persona giuridica Reggina Calcio s.p.a.:
1. Pasquale Foti, presidente della società Reggina Calcio S.P.A.;
2. La società Reggina Calcio S.P.A.;
3. Paolo Dondarini, tesserato F.I.G.C. in qualità di arbitro CAN A e B;
4. Tiziano Pieri, tesserato F.I.G.C. in qualità di arbitro CAN A e B; per rispondere:
1. Pasquale Foti per la violazione dell‟art. 1, comma 1, CGS e la violazione dell‟art. 6, commi
1 e 2, C.G.S. per aver posto in essere, unitamente a Paolo Bergamo, in ordine al quale sussiste difetto di giurisdizione, giusta
pronuncia della CAF del 14 luglio 2006, nella rispettive qualità ricoperte all‟epoca dei fatti, le condotte come descritte nella
parte motiva, in particolare nella sezione III, ai punti 3, 5, 6, 7, 8, 9, 11, 12 e 13, consistite, fra l‟altro, nell‟avere intrattenuto i
contatti sopra menzionati; condotte contrarie ai principi di lealtà, probità e correttezza e, al contempo, in concorso formale,
dirette a procurare un vantaggio in classifica in favore della società Reggina, mediante il condizionamento del regolare
funzionamento del settore arbitrale e la lesione dei principi di alterità, terzietà, imparzialità ed indipendenza tipici della
funzione arbitrale. Con l‟aggravante di cui al comma 6 dell‟art. 6 CGS, per la pluralità di condotte poste in essere;
2. La società Reggina per responsabilità diretta e presunta ai sensi degli art. 6, 9, comma 3, e 2, comma 4, CGS per quanto
ascritto nel capo che precede al suo dirigente con legale rappresentanza e all‟altro soggetto (Bergamo) non tesserato per la
predetta società. Con l‟aggravante di cui al comma 6 dell‟art. 6 CGS, per la pluralità di condotte poste in essere; 3. Pasquale
Foti, Presidente della Reggina, per avere in prima persona avviato e coltivato contatti con il designatore arbitrale Paolo
Bergamo (in ordine al quale sussiste difetto di giurisdizione, giusta pronuncia della CAF del 14 luglio 2006) finalizzati ad
esercitare pressioni e ad operare il condizionamento sui componenti la terna arbitrale della gara Atalanta – Reggina del
28\11\2004, così ponendo in essere atti diretti ad alterare lo svolgimento ed il risultato della gara medesima, in violazione
dell‟art. 6 commi 1 e 2 C.G.S., come descritto nella parte motiva relativa alla gara in oggetto;
4. La società Reggina, a titolo di responsabilità diretta e presunta, ai sensi dell‟art 6, commi 3 e 4, dell‟art. 2, comma 4, e
dell‟art. 9, comma 3, del C.G.S. con riferimento alle condotte sopra descritte, rispettivamente tenute dal suo legale
rappresentante e da Bergamo nel suo interesse;
5. Pasquale Foti, Presidente della Reggina, per avere in prima persona avviato e coltivato contatti con il designatore arbitrale
Paolo Bergamo (in ordine al quale sussiste difetto di giurisdizione, giusta pronuncia della CAF del 14 luglio 2006) finalizzati
ad esercitare pressioni e ad operare il condizionamento del direttore di gara della partita Sampdoria – Reggina del 20\2\2005,
così ponendo in essere atti diretti ad alterare lo svolgimento ed il risultato della gara medesima, in violazione dell‟art. 6 commi
1 e 2 C.G.S., come descritto nella parte motiva relativa alla gara in oggetto;
6. La società Reggina, a titolo di responsabilità diretta e presunta, ai sensi dell‟art 6, commi 3 e 4, dell‟art. 2, comma 4, e
dell‟art. 9, comma 3, del C.G.S. con riferimento alle condotte sopra descritte, rispettivamente tenute dal suo legale
rappresentante e da Bergamo nel suo interesse;
7. Paolo Dondarini, arbitro della partita sub 5, per non aver adempiuto all‟obbligo di informare senza indugio i competenti
organi federali di essere venuto a conoscenza che terzi avevano posto o stavano per porre in essere atti diretti ad alterare lo
svolgimento ed il risultato della gara medesima, in violazione dell‟art. 6, comma 7, del C.G.S., come descritto nella parte
motiva relativa alla gara in oggetto;
8. Pasquale Foti, Presidente della Reggina, per avere in prima persona avviato e coltivato contatti con il designatore arbitrale
Paolo Bergamo (in ordine al quale sussiste difetto di giurisdizione, giusta pronuncia della CAF del 14 luglio 2006) finalizzati
ad esercitare pressioni e ad operare il condizionamento del direttore di gara della partita Palermo – Reggina del 15\5\2005, così
ponendo in essere atti diretti ad alterare lo svolgimento ed il risultato della gara medesima, in violazione dell‟art. 6 commi 1 e
2 C.G.S., come descritto nella parte motiva relativa alla gara in oggetto;
9. La società Reggina, a titolo di responsabilità diretta e presunta, ai sensi dell‟art 6, commi 3 e 4, dell‟art. 2, comma 4, e
dell‟art. 9, comma 3, del C.G.S. con riferimento alle condotte sopra descritte, rispettivamente tenute dal suo legale
rappresentante e da Bergamo nel suo interesse;
10. Tiziano Pieri, arbitro della partita sub 8, per non aver adempiuto all‟obbligo di informare senza indugio i competenti organi
federali di essere venuto a conoscenza che terzi avevano posto o stavano per porre in essere atti diretti ad alterare lo
svolgimento ed il risultato della gara medesima, in violazione dell‟art.6, comma 7, del C.G.S., come descritto nella parte
motiva relativa alla gara in oggetto;
11. Con l‟aggravante di cui al comma 6 dell‟art. 6 CGS, per la pluralità di condotte poste in essere, a carico del Foti e della
Reggina.
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DECISIONI INTEGRALI DELLA CORTE FEDERALE - STAGIONE SPORTIVA 2006-2007
II. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con atto del 7 agosto 2006, conseguente alla motivata relazione dell‟Ufficio
indagini del 31 luglio precedente, il Procuratore Federale deferiva alla Commissione di Appello Federale:
1. Pasquale Foti, Presidente della Reggina Calcio s.p.a., per una triplice serie di violazioni degli artt. 1, comma 1 del codice di
giustizia sportiva e 6, commi 1 e 2 dello stesso codice, per avere, in concorso con Paolo Bergamo, nel frattempo dimessosi con
l‟effetto della esclusione della giurisdizione federale nei suoi confronti, affermata con decisione definitiva, posto in essere
condotte contrarie ai doveri generali di cui alla prima delle disposizioni citate e concorrentemente dirette a provocare un
vantaggio in classifica alla società da lui presieduta, mediante il condizionamento del regolare funzionamento del settore
arbitrale e della relativa terzietà, in relazione a numerose gare disputate dalla Reggina nel campionato di serie A 2004/2005;
per avere, inoltre, posto in essere specifiche condotte, attraverso impropri contatti con il designatore arbitrale Paolo Bergamo,
volti all‟alterazione, mediante indebiti pressioni e condizionamenti nei confronti della terna arbitrale e del Direttore di gara, in
relazione alle partite Atlanta-Reggina del 28 novembre 2004, Sampdoria-Reggina del 20 febbraio 2005 e Palermo- Reggina del
15 maggio 2005;
2. La Società Reggina a titolo di responsabilità diretta e presunta (per i fatti del Bergamo), in relazione a tutte le condotte
contestate al proprio Presidente;
3. Paolo Dondarini e Tiziano Pieri, rispettivamente arbitri delle gare Reggina-Brescia del 5 dicembre 2004 ed Udinese-Reggina
del 23 gennaio 2005 ai sensi dell‟art. 6, comma 7 Codice Giustizia Sportiva per non aver adempiuto all‟obbligo di informare
senza indugio i competenti organi Federali di essere venuti a conoscenza che terzi avevano posto o stavano per porre in essere
atti diretti ad alterare lo svolgimento ed il risultato delle gare medesime.
Alla base dell‟atto di deferimento veniva posto il materiale probatorio raccolto nel corso delle indagini ed in particolare le
intercettazioni telefoniche, acquisite grazie al coordinamento con i competenti Uffici giudiziari procedenti, anche per i
medesimi fatti oggetto del procedimento in ambito sportivo. Si ponevano in particolare rilievo l‟assiduità delle conversazioni
telefoniche tra Foti e Bergamo, i rapporti di consolidata conoscenza tra gli interlocutori, generatori di reciproco affidamento,
l‟inattendibilità delle difese degli incolpati e si concludeva nel senso dell‟attitudine di tali condotte a determinare l‟alterazione,
oltre che di singole gare, anche della classifica dell‟intero campionato. La Procura Federale passava, specificamente, in
rassegna le intercettazioni riguardanti le varie gare considerate, sia nella prospettiva della alterazione della intera classifica che
in quella della alterazione dei singoli risultati, pervenendo anche ad individuare una responsabilità per omessa denuncia degli
illeciti di cui sarebbero venuti direttamente a conoscenza relativamente a gare di cui avrebbero dovuto assumere la direzione
gli arbitri Pieri e Dondarini. La competenza della Commissione di Appello Federale veniva, infine, individuata ai sensi del
combinato disposto degli artt. 26, comma 1, ultima parte, e 37 comma 1, CGS conformemente alla giurisprudenza del
medesimo organo adito quanto alla assimilabilità degli arbitri ai dirigenti federali, ed alla forza attrattiva esercitata alla
competenza del Giudice di rango superiore rispetto a quella, astrattamente prospettabile con riferimento a talune categorie di
incolpazioni, di Giudici appartenenti ad un plesso sottoordinato. Compiuti i preliminari di rito, il dibattimento si svolgeva
davanti alla CAF nel corso della seduta del 13 agosto 2006, durante la quale il Collegio adottava provvedimenti ordinatori con
i quali, per quanto ancora rileva:
a) ammetteva l‟intervento delle società terze Avellino e Lecce alle quali riconosceva l‟interesse concreto di cui all‟art. 29,
comma 3, CGS, escludendo, per il difetto di tale requisito, quelli delle Società Brescia e Treviso, sotto lo specifico profilo che
la classifica dei campionati di serie A e B delle stagioni sportive 2004/2005, 2005/2006 non appariva suscettibile di riflessi nei
loro confronti;
b) rigettava l‟eccezione di inutilizzabilità delle intercettazioni telefoniche, alla stregua del costante orientamento della
giurisprudenza sportiva;
c) ammetteva la produzione documentale e le videocassette di cui la società Reggina aveva chiesto l‟acquisizione.
In esito all‟istruttoria, la CAF, con decisione del 14 agosto 2006, pubblicata nel C.U. 5/C del successivo 17 agosto:
a) dichiarava Pasquale Foti colpevole delle violazioni di cui all‟art. 1 CGS contestate con riferimento all‟esistenza di contatti
impropri con Bergamo ed alle gare esterne della sua Società con l‟Atalanta, la Sampdoria ed il Palermo ed infliggeva a lui la
sanzione dell‟inibizione per due anni e sei mesi nonché quella della ammenda nella misura di 30 mila euro ed alla società
Reggina, a titolo di responsabilità diretta, quella di 15 punti di penalizzazione in classifica, da scontarsi nella stagione sportiva
2006/2007 e della ammenda di 100 mila euro;
b) escludeva quanto al primo incolpato i concorrenti addebiti di cui all‟art. 6 citato;
c) proscioglieva Dondarini e Pieri dalle incolpazioni loro ascritte perché il fatto non sussiste. I primi giudici, dopo aver
diffusamente ribadito le proprie ordinanze istruttorie, osservavano che:
1. Con riferimento alle tre gare delle quali era stata specificamente contestata l‟alterazione non era stata raggiunta la prova
piena, e cioè oltre ogni ragionevole dubbio, della ricorrenza di condotte idonee a produrre il risultato, sussistendo solo alcune
affermazioni di BERGAMO, “intese ovviamente a tranquillizzare il suo interlocutore”;
2. Con riferimento a tutte le altre gare, suscettibili di venire in rilievo nell‟ottica, espressamente adottata dalla Commissione,
della alterazione generale della classifica configurabile come fattispecie autonoma di illecito, ai sensi dell‟art. 6 citato, che le
condotte addebitate al FOTI non integravano l‟illecito sportivo contestatogli, pur essendo in esse sicuramente ravvisabili
reiterate violazioni dell‟art. 1 comma 1 C.G.S. In particolare, la Commissione si pronunciava nel senso che la pur provata
amicizia tra BERGAMO e FOTI, che costituisce il sostrato psicologico dei loro reiterati rapporti, non fosse idonea
all‟affermazione dell‟esistenza del condizionamento del regolare funzionamento del settore arbitrale dedotto nell‟atto di
deferimento, e da intendere quale potere di influenzare l‟azione e la composizione delle relative terne e di imporre nomi e
designatori, circostanze della cui esistenza non sarebbe emersa la prova alla luce delle intercettazioni acquisite, solo
dimostrative di sollecitazioni di Foti a Bergamo successive alle designazioni già avvenute. La CAF riteneva, piuttosto,
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DECISIONI INTEGRALI DELLA CORTE FEDERALE - STAGIONE SPORTIVA 2006-2007
sussistenti le plurime violazioni dell‟art. 1 nelle condotte di FOTI, in quanto egli con le stesse aveva strumentalizzato un
rapporto confidenziale e di amicizia con il designatore per accedere a notizie e formulare sollecitazioni, come provato da
specifiche conversazioni telefoniche relative a numerose gare e specificamente illustrate nel corpo della motivazione;
3. Era automatica l‟affermazione di responsabilità diretta della Reggina in relazione a quella prima indicata del proprio
Presidente, con esclusione della presunta per il fatto di Bergamo, ormai cessato di appartenere all‟Ordinamento federale.
4. L‟esclusione della sussistenza di qualsivoglia illecito sportivo faceva venir meno il presupposto dell‟incolpazione a Pieri e
Dondarini, prosciolti per insussistenza del fatto dall‟accusa di omessa denuncia di illecito.
Contro tale decisione venivano proposte le impugnazioni di seguito descritte. In primo luogo il Procuratore Federale censurava
il provvedimento limitatamente alle posizioni di Foti e della Reggina, in relazione alla esclusione della loro responsabilità ai
sensi dell‟art. 6, che avrebbe dovuto essere affermata per effetto della prova certa che le condotte in esame erano dirette al
condizionamento del regolare funzionamento del settore arbitrale, reso possibile dal rilevante ruolo di Bergamo e dai sui
rapporti con Foti, ed a favorire la Reggina nella sua posizione in classifica.
La Procura lamentava, inoltre, che la sanzione irrogata alla Reggina, riguardasse il campionato 2006/2007 e non quello
precedente, su cui sarebbe stato ben possibile intervenire in termini di concreta efficacia.
La Reggina Calcio spa e Foti impugnavano la decisione lamentando:
1. L‟inutilizzabilità delle intercettazioni telefoniche sia ai sensi della C.E.D.U. del 1950 che degli artt. 266 e 271 cpp;
2. Molteplici violazioni del diritto di difesa in sede istruttoria;
3. Nel merito, l‟insussistenza delle condizioni poste dall‟art. 1 con riferimento alle condotte di Foti, da ritenersi prive del
carattere di slealtà e scorrettezza, e, comunque, l‟assenza in tali condotte del necessario elemento psicologico;
4. L‟eccessività della sanzione. La decisione veniva, altresì, impugnata da una sola delle Società terze già ammesse al
dibattimento di primo grado, il Lecce, la quale, riaffermata la ricorrenza del proprio interesse all‟esito del procedimento,
denunciava molteplici errores in iudicando sia con riferimento alla valutazione e qualificazione delle condotte oggetto di
incolpazione che in ordine ai criteri utilizzati in sede di determinazione delle sanzioni, peraltro ritenute inique e realizzatrici di
disparità di trattamento, nonché omessa pronuncia in ordine alla violazione dell‟art. 1 riguardo alle gare esterne della Reggina
con Atalanta, Sampdoria e Palermo. La decisione veniva, altresì, impugnata dalla Società Treviso che lamentava, in primo
luogo, l‟esclusione dal procedimento di primo grado, ingiustificata alla stregua dell‟interesse diretto e concreto alla
permanenza in serie A nella stagione sportiva 2006/2007, dipendente da una possibile sanzione retrocessiva a carico della
Reggina, e censurava, inoltre, la decisione impugnata per l‟erronea valutazione delle risultanze probatorie che avrebbero
dovuto portare i primi giudici ad affermare la sussistenza delle violazioni dell‟art. 6, contestate nell‟atto di deferimento.
Analogamente, la Brescia Calcio spa censurava la decisione impugnata sia nella parte in cui, nell‟escludere la sua
partecipazione al procedimento di primo grado, aveva rilevato l‟insussistenza di potenziali vantaggi per l‟appellante dalla
eventuale assegnazione della Reggina ad una serie inferiore, che avrebbe prodotto un vuoto nell‟organico del prossimo
campionato di serie A con l‟assegnazione ad essa, (retrocessa al termine della stagione 2004/2005) del posto vacante, sia nella
parte concernente il merito, ed in particolare la valutazione delle condizioni necessarie ad integrare l‟illecito sportivo di cui
all‟art. 6, ed in special modo delle condotte capaci di assicurarne la realizzazione. Espletati gli adempimenti rituali veniva
fissata per la trattazione del procedimento la seduta del 25 agosto 2006, alla quale erano presenti tutti i soggetti impugnanti. In
sede di compimento degli atti liminali veniva depositato, dal comune rappresentante delle Società Brescia e Treviso,
un‟istanza, congiunta, di ricusazione nei confronti della Corte nell‟interezza della sua composizione (successivamente al
deposito di tale istanza ed alla dichiarazione della Corte di ritirarsi in Camera di Consiglio per esaminarla, veniva inviato per
fax dal Procuratore della Repubblica aggiunto di Bologna un documento attestante il deposito della medesima istanza da parte
del difensore del Brescia presso quell‟ufficio e segnalante che sarebbe stato rifiutato dai funzionari della segretaria di questa
Corte il ricevimento dell‟istanza di cui era latore un incaricato del difensore del Treviso): sentite le altri parti presenti, che
concludevano per il rigetto dell‟istanza, la Corte pronunciava l‟ordinanza che qui di seguito si trascrive: “La Corte,
pronunciando, in via preliminare sulla richiesta di ammissione al presente procedimento delle società Treviso e Brescia,
escluse dal giudizio davanti alla Commissione d‟Appello Federale, osserva che i primi Giudici sono pervenuti a tale decisione
considerando l‟insussistenza di un interesse delle medesime, anche in via ipotetica, in relazione al giudizio. In particolare i
Giudici di primo grado hanno rilevato che anche l‟eventuale assegnazione della società oggi deferita ad una serie inferiore
non sarebbe idonea ad attribuire alle due società impugnanti, peraltro portatrici di interessi contrastanti, alcun potenziale
vantaggio. Ciò premesso, la Corte ritiene che le ragioni poste dai primi Giudici a fondamento della propria decisione
resistano alle censure degli impugnanti, tenuto conto della normativa vigente in materia di ripescaggi in vista del Campionato
di Serie A 2006/2007, delle relative procedure e dei criteri di priorità in essa stabiliti, dalla cui applicazione esulerebbero le
posizioni sia del Brescia che del Treviso (cfr. C.U. 167/A del 5 febbraio 2006).Va, pertanto, esclusa la loro partecipazione al
presente grado di giudizio, con la conseguente improponibilità dell‟istanza di ricusazione in questa sede formulata, che
presupponeva il possesso della qualità di parte interveniente che con il presente provvedimento va, come detto, negata.
P.Q.M.Non ammette l‟intervento delle società Treviso e Brescia e, per l‟effetto, dichiara improponibile l‟istanza di ricusazione
formulata in questa sede. Così deciso nella Camera di Consiglio del 25 Agosto 2006.” Al termine dell‟istruttoria e dopo che
ciascuna delle parti aveva svolto le proprie difese finali anche in replica, la Corte si ritirava per la decisione il cui dispositivo
veniva pubblicato nel CU 4/C del 26 agosto 2006. III. MOTIVI DELLA DECISIONE Va, preliminarmente, dato atto che la
Società Avellino, ammessa a partecipare, quale terzo interveniente, al giudizio di primo grado, non ha impugnato la decisione
né si è costituita nel presente grado, ciò che determina la sua conseguente estromissione dal procedimento. Sempre in via
preliminare, va ribadita l‟ordinanza riportata nella parte espositiva, ad illustrazione dei cui argomenti è utile aggiungere quanto
segue. Condizione logicamente antecedente alla proposizione dell‟istanza di ricusazione in qualunque sfera ordinamentale, non
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può che essere quella dell‟assunzione della qualità di parte nel procedimento nel corso del quale o in occasione del quale viene
proposta. E ciò per l‟evidente ragione che solo tale qualità, da un canto, radica l‟interesse alla proposizione dell‟istanza ed al
conseguimento degli effetti con essa perseguiti, e, d‟altro canto, è idonea ad assicurare a chi la possiede lo statuto di diritti e
tutele dall‟ordinamento previsti ed attribuiti, nel presupposto della partecipazione, a pieno titolo riconosciuta, al procedimento.
Se si abbandonasse questa strada maestra si dovrebbe ammettere l‟abnorme ipotesi che si propone un‟istanza di ricusazione,
pur senza essere parte del procedimento, al solo scopo di ottenere l‟effetto sospensivo di una “res inter alios acta” e di
pregiudicare – con insopportabili ripercussioni nell‟ordinamento, tanto più chiare in quello statuale - l‟amministrazione stessa
della Giustizia e, comunque, il suo funzionamento in tempi ragionevoli. Nessuna di queste conseguenze sarebbe tollerabile dal
punto di vista della credibilità di ogni ordinamento; allo stesso modo esse sarebbero destituite di qualunque serietà logicogiuridica. A questa stregua, precondizione per la delibazione dei provvedimenti conseguenti alla formulazione del tipo di
istanza di cui si discute è la verifica dell‟attribuibilità della qualità di parte a chi l‟abbia proposta. A tal proposito, è agevole la
considerazione che la competenza a tale giudizio non possa che necessariamente rintracciarsi in capo al giudice davanti al
quale si discute la questione, pur in contemporanea pendenza dell‟istanza di ricusazione. In questo senso si rivela decisivo un
doppio ordine di motivi. In primo luogo, la questione relativa all‟identificazione delle parti (tanto in senso puramente formale,
quanto, come nel caso di specie, in senso sostanziale e, quindi, di “legitimatio ad causam”) appartiene tipicamente a quelle
preliminari di merito, alla cui soluzione è, prima di ogni altra e secondo i principi generali, chiamato il giudice della
cognizione. In secondo luogo, se si ritenesse, in contrasto con il tipico assetto del giudizio di cognizione e della sequenza delle
sue tesi procedimentali, la proposizione di un‟istanza di ricusazione da chi non abbia ancora assunto la qualità di parte, ed in
pendenza (come ancora una volta si registra nel caso di specie, in cui sono presenti soggetti che contraddicono la
legittimazione sostanziale dei ricusanti in quanto portatori di interessi eguali e contrari, quali quelli difesi dalla società Lecce)
di una controversia sulla relativa attribuibilità, possa valere a sottrarre il potere-dovere di giudizio all‟organo giudicante
investito, si finirebbe, surrettiziamente, per ottenere quella “traslatio iudicii”, nonché l‟effetto sospensivo, che è, al contrario,
tipicamente realizzabile in virtù di una rituale richiesta di ricusazione. Ciò porta la Corte ad esprimersi, senza alcuna
esitazione, sulla questione pregiudiziale, costituita dall‟accertamento che Brescia e Treviso possano essere ammesse al
presente procedimento quali parti intervenienti, in quanto portatrici di un interesse indiretto anche in classifica. Va premesso
che, nel sistema delineato dal codice di giustizia sportiva in tema di procedimento disciplinare, la posizione del terzo portatore
di interessi indiretti è regolata con perfetta simmetria in ogni grado di giudizio, in modo da riservare sempre e comunque alla
cognizione del giudice, dei vari stati e gradi, la questione dell‟ammissibilità dell‟intervento del terzo stesso, escludendosi,
quindi, qualunque automatismo tra la semplice richiesta di partecipazione al procedimento, o, come previsto dal comma 4
dell‟art. 37 CGS, la proposizione dell‟appello contro la decisione del giudice “a quo” reiettiva dell‟istanza, e l‟assunzione della
qualità di parte, e del relativo status, e la conseguente partecipazione al procedimento. Ciò detto, è da ribadire che è immune da
ogni censura il ragionamento con cui la CAF si è espressa nel senso che le odierne terze impugnanti non potessero essere
definite interessate, anche in via ipotetica, alla partecipazione al procedimento, non potendone (dal relativo esito) ricavare,
nemmeno in astratto, alcun beneficio. Ed invero, la Corte osserva che l‟interesse che guida le impugnanti è quello ad una
sanzione nei confronti dell‟unica società deferita che, o per effetto di retrocessione all‟ultimo posto in classifica o in virtù di
provvedimento di esclusione dal campionato di competenza, possa consentirne il ripescaggio alla luce dei criteri vigenti. Ora,
proprio tali criteri eliminano, in radice, la possibilità di effetti utili per le impugnanti (le quali, peraltro, si trovano in una
posizione di reciproco conflitto di interessi tra loro elisivi, che rende incompatibile la comune difesa incidentale, nonché la
comune rappresentanza nelle fasi preliminari dell‟odierno dibattimento), come è agevole dedurre dal CU 167/A del febbraio
2006, le cui disposizioni sono astrattamente capaci di ridondare a favore dell‟U.S. Lecce, legittimamente ammessa alla
partecipazione. Per semplice completezza va aggiunto che l‟ammissione di più società terze controinteressate si concilia, al
contrario, con l‟ipotesi del deferimento di una pluralità di società, suscettibili di subire sanzioni dalle quali potrebbe sorgere
l‟aspettativa di ripescaggi molteplici in conformità alle disposizioni vigenti (come avvenuto nel procedimento di cui al C.U.
1/C della CAF del luglio 2006). L‟indagine, sin qui, condotta porta all‟inevitabile conclusione che Brescia e Treviso sono prive
dell‟interesse qualificante che solo le avrebbe legittimate a partecipare al presente procedimento ed a escludere intuitivamente
il possesso della qualità di parte in costoro. Da tale conclusione deriva l‟assenza del presupposto per la proponibilità
dell‟istanza di ricusazione, nonché della stessa impugnazione, nella quale, peraltro, non era nemmeno adombrata, pur
potendosi, la richiesta stessa, Con riferimento all‟istanza di ricusazione, si offre, alla Corte, l‟occasione per rilevare l‟esistenza
di un‟aporia nell‟ordinamento federale, che è auspicabile sia, con urgenza, colmata nel necessario cammino di una sempre più
stretta uniformazione del diritto sportivo ai principi fondanti del diritto statale, consistente nella mancata implementazione, da
parte del Codice di Giustizia Sportiva, della norma dell‟art. 30, comma 1, ultimo punto, dello Statuto Federale secondo cui “Il
codice di giustizia sportiva disciplina i casi di astensione e di ricusazione dei giudici”. Nelle more che questa previsione
generale venga integrata attraverso le disposizioni speciali, è compito della Corte Federale interpretare la norma in modo da
non frustrare l‟astratta possibilità operativa degli istituti in parola, che certamente concorrono ad assicurare un giusto processo,
bilanciandola, però, con l‟essenziale ed inviolabile valore dell‟ininterrotto flusso dell‟attività giurisdizionale, il quale sarebbe
irrimediabilmente impedito o turbato se, in assenza nel plesso giurisdizionale della FIGC di un organo astrattamente
competente a giudicare delle istanze di ricusazione del Giudice di ultima istanza e nell‟impossibilità, per il limite numerico
previsto per la composizione di tale organo da parte dello stesso Statuto Federale, di comporre un collegio interamente nuovo
rispetto a quello, in blocco, ricusato, si dovesse postulare l‟effetto sospensivo, totale e senza previsione di durata, dell‟intero
procedimento cui volesse aspirare ogni mirata istanza di ricusazione. Ed allora, sembra alla Corte che, nelle more
dell‟indilazionabile integrazione ordinamentale (anche in punto di previsione delle sanzioni per la infondata proposizione di
istanze di ricusazione), in relazione alla proposizione di istanze di ricusazione davanti ad organi di Giustizia Sportiva di ultima
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istanza composti statutariamente in numero tale da non assicurare la possibilità di totale rinnovo, né della relativa
composizione soggettiva, né dell‟organo nel suo complesso rispetto a quello ricusato, il Giudice dei presupposti della
ricusazione non possa che essere quello stesso davanti al quale l‟istanza viene proposta. E ciò allo scopo di non paralizzare la
concreta e regolare amministrazione della giustizia, in perfetta analogia con quanto determinato in situazioni corrispondenti
dell‟ordinamento statale, quale quella protrattasi per un lungo periodo di tempo, anteriore al recente intervento delle Corte
Costituzionale, davanti alla Sezione Disciplinare del Consiglio Superiore della Magistrature finché non si è prevista
l‟integrazione del numero dei componenti supplenti, in modo da garantire una composizione collegiale autonoma e totalmente
diversa per le ipotesi di ricusazione dell‟altro collegio. Per concludere sul punto discendente dall‟istanza di ricusazione, va
posto in rilievo che talune espressioni, in essa racchiuse, possiedono “prima facie” il carattere corrispondente, in via analogica,
a quello represso dall‟art. 89 c.p.c, sicché deve ordinarsene la cancellazione: la Corte fa riferimento in particolare all‟ultimo
periodo della quinta pagina, pur non numerata, dell‟istanza (“Del resto ………”) ed alla sua prosecuzione nei primi due righi
della pagina seguente (“innovazione ermeneutica”). Quanto alla questione, reiterata anche in dibattimento, dell‟utilizzabilità
delle intercettazioni telefoniche di provenienza penale nel presente procedimento, la Corte osserva che i primi giudici hanno,
sia nell‟ordinanza dibattimentale, che in sede di decisione di merito, fatto puntuale, ampia e motivata applicazione dei principi
di diritto costantemente ed incondizionatamente adottati dalla giurisprudenza federale in materia (cfr. da ultimo, la decisione
della CAF, pubblicata nel CU 1/C citato, nonché quella di questa Corte nel CU 2/CF del 4 agosto 2006). In assenza di
argomenti e situazioni nuove, la Corte ritiene con certezza che non esista alcuna apprezzabile ragione per discostarsi da tale
orientamento e che vada, pertanto, giudicato utilizzabile il materiale probatorio in questione, anche nella sua funzione di
ricognizione storica di accadimenti. Venendo, finalmente, al merito la Corte osserva quanto segue. In primo luogo, va chiarito,
così rispondendo ad uno specifico e diffuso motivo di impugnazione della Società Lecce, che dal coordinamento tra
motivazione e dispositivo delladecisione impugnata emerge come la condanna in essa inflitta alla Società Reggina riguardi in
effetti tutte le violazioni di cui, ai sensi dell‟art. 1 CGS, il suo Presidente Foti è stato dichiarato colpevole, le quali, a propria
volta, concernono il complesso di tutte le condotte a lui originariamente contestate e, poi, diversamente qualificate dai primi
giudici. E‟ da ritenere che nessuna delle condotte naturalisticamente intese del Foti, di cui la Reggina è stata dichiarata
responsabile in via diretta, sia sfuggita a sanzione, malgrado l‟inquadramento in diverso paradigma normativo. Il punto nodale
del presente giudizio è costituito dalla rilevanza, in termini di giustizia sportiva, delle condotte ascritte al Presidente della
Reggina Pasquale Foti quali si percepiscono dalla intercettazioni telefoniche acquisite agli atti e recepite nell‟atto di
deferimento. Le varie impugnazioni proposte oscillano tra l‟affermazione di assoluta irrilevanza disciplinare (o in sè o per
difetto dell‟elemento soggettivo, ed è il caso dello stesso Foti e della Reggina), e quella di riconducibilità all‟ipotesi
dell‟illecito sportivo ed al relativo trattamento sanzionatorio (è il caso della Procura Federale e della Società Lecce). Tale
speculare valutazione si riflette, tanto sulla incolpazione di alterazione sistemica della posizione in classifica della Società
Reggina nel campionato di serie A 2004/2005 di cui al capo 1, quanto sull‟accusa di illecito sportivo con riferimento a singole
gare esterne della medesima (con la Atalanta, la Sampdoria e il Palermo, di cui rispettivamente ai capi 3, 5 e 8). Per giudicare
della fondatezza delle singole impugnazioni è necessario muovere dall‟ordine argomentativo utilizzato dai primi giudici.
Questi, nel verificare la sussistenza delle ipotesi di illecito contestate, hanno operato una distinzione, destinata a riverberarsi
sul regime probatorio applicabile, tra quelle di carattere sistemico, e le altre, di carattere specifico. Relativamente a queste
ultime, la CAF ha mostrato di aderire al proprio indirizzo (reso palese nella decisione del 14 luglio 2006, successivamente
confermato “in parte qua” da questa Corte con la decisione già citata) secondo cui al risultato alterativo di una singola gare può
pervenirsi, ai sensi dell‟art. 6, commi 1 e 2, CGS, solo allorchè si è raggiunta la prova piena, e cioè oltre ogni ragionevole
dubbio, della concreta idoneità dell‟atto e, con particolare riguardo al caso che alla alterazione debba giungersi attraverso la
partecipazione della componente arbitrale, dell‟avvenuto contatto, sia pure a mezzo di una semplice telefonata, con almeno uno
dei membri della terna. La Commissione ha ritenuto che le risultanze processuali non consentissero di affermare che una simile
prova fosse stata raggiunta vuoi (con riferimento alla prima delle tre gare incriminate) per la mancata indicazione del
componente la terna cui il designatore Bergamo interlocutore di Foti, si sarebbe rivolto; vuoi per la insuperata smentita del
contatto da parte dell‟arbitro Dondarini, incaricato di dirigere la seconda partita; vuoi per la genericità ed equivocità delle
assicurazioni fornite da Bergamo circa l‟arbitraggio della terza gara; vuoi, in via generale, per la ragionevole presunzione che
Bergamo intendesse acquisire o mantenere agli occhi dell‟interlocutore meriti reali o supposti in vista della attesa riforma del
sistema di designazione degli arbitri. Ciò premesso, la Corte rileva, che la base su cui poggia la decisone impugnata è solida e
resistente ad ogni censura indirizzata nei suoi confronti. Ed invero, è da condividere – così confutandosi i contrari argomenti
dell‟accusa e della terza controinteressata - l‟impostazione secondo cui la configurazione dell‟illecito sportivo di cui all‟art. 6,
comma 1, CGS con riferimento a condotte dirette ad alterare lo svolgimento o il risultato di una singola gara per mezzo della
interferenza della componente arbitrale, è subordinata alla combinazione di un doppio segmento di condotte necessarie ai fini
della integrazione dell‟illecito stesso, costituite, rispettivamente, da quella propositiva o postulante della Società interessata per
il tramite di propri rappresentanti ovvero di dirigenti, soci e tesserati, e da quella, adesiva o quanto meno recettiva della
proposta o sollecitazione, imputabile alla componente tecnica. In difetto di tali segmenti deve ritenersi, se autonomamente
apprezzata e considerata, l‟inidoneità delle condotte appartenenti al primo di essi rispetto al conseguimento dello scopo (così la
decisione della CAF del 14 luglio 2006 più volte citata). Ad avviso della Corte si tratta di un ragionamento perfettamente
compatibile con la struttura della norma incriminatrice, la quale scorge nella direzione dell‟atto allo scopo alterativo l‟elemento
costitutivo della fattispecie, così consegnando all‟interprete il giudizio circa il carattere di direzione allo scopo posseduto dalla
condotta, giudizio il cui esito positivo naturalmente può solo derivare dalla presenza di elementi che dimostrino che l‟atto
potesse prestarsi nella sua complessità ad indirizzarsi nella sfera del disvalore punito (senza che debba necessariamente
realizzarsi in concreto il risultato). E naturalmente questa capacità direzionale và disconosciuta alla condotta che nasca fin
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DECISIONI INTEGRALI DELLA CORTE FEDERALE - STAGIONE SPORTIVA 2006-2007
dall‟origine priva di questo contrassegno, nel senso che, se dalla dichiarata o percepibile intenzione del proponente o del
postulante dell‟illecito si arguisce che il mezzo cui affidarne l‟esecuzione consiste nell‟intervento della componente arbitrale in
forma diretta (cioè di interlocuzione immediata con uno di tali soggetti) o in forma indiretta (e cioè, come nel caso di specie,
attraverso un intermediario), il mancato coinvolgimento di questa direttamente o indirettamente non può che equivalere alla
negazione nella condotta iniziale del carattere della direzionalità, con conseguente inassoggettabilità al regime dell‟art. 6
comma 1.
Del resto, la stessa CAF aveva osservato – così ponendo un argomento dimostrativo della infondatezza dell‟assunto secondo
cui la giurisprudenza cui qui si aderisce avrebbe un preteso carattere innovativo – nel CU 32/C, del 27 maggio 1999, nel
procedimento a carico dell‟U.S. Siracusa, che “la prova del tentativo di illecito consiste nella dimostrazione dell‟esistenza di
atti non equivoci intrinsecamente diretti a realizzare l‟evento previsto dalla norma”, in modo che possa acquisirsi la prova che”
la proposta illecita, sia pur mediante l‟intermediazione di un terzo soggetto, è stata portata a conoscenza della persona alla
quale era diretta, così da costituire quel comportamento di pericolo, avente in se l‟idoneità ad assumere la fisionomia di un
attentato al bene giuridico protetto, che realizza l‟illecito sportivo” (cfr., in conformità, CAF in CU 10/C, del 23 settembre
2004, relativo alla gara Chieti-Catanzaro, del 16 maggio dello stesso anno, secondo cui “l‟illecito, per essere produttivo di
effetti disciplinari, deve aver superato sia la fase dell‟ideazione che quella cosidetta “preparatoria” ed essersi tradotto in
qualcosa di apprezzabile, concreto ed efficiente per il conseguimento del fine auspicato”: la massima espressamente rinvia al
precedente della CAF di cui al CU 18/C, del 12 dicembre 1985). Per concludere sul punto di carattere generale non va
trascurato che a rendere nel presente procedimento ed in quelli definiti con la decisione di questa Corte del 25 luglio 2006
ancora più vigile l‟organo giudicante nella adozione di un adeguato regime probatorio sta la singolarità, rispetto a quelle
tradizionali, delle condotte, nel senso che la proposta o la richiesta dell‟incolpato non si accompagna mai alla promessa o alla
dazione di denaro o di altra utilità e si sostanzia solo “verbis” e non “re”.
La decisione, va, altresì, condivisa e confermata anche con riferimento alla valutazione di merito che, alla luce del principio di
diritto appena riferito, ha operato rispetto alle condotte contestate a Foti nei termini risultanti dalla conversazioni telefoniche
intercettate. Ed invero, per quanto concerne la gara Atalanta-Reggina del 28 novembre 2004, nella conversazione tra Foti e
Bergamo non vi è nulla che provi che quest‟ultimo abbia affettivamente preso contatti con l‟arbitro e con gli assistenti, se non
una generica ed indeterminata frase “già fatto, già fatto stai tranquillo” pronunciata in risposta ad un invito del Foti “a fargli
qualche telefonata” in relazione alla gara. Ed invero, mancano elementi convincenti circa il fatto che uno o più componenti la
terna arbitrale siano stati quanto meno sollecitati da Bergamo ad indirizzare la propria prestazione tecnica in modo da favorire
la Reggina o che abbiano addirittura prestato adesione all‟ipotetica richiesta. Analogamente, per ciò che concerne la gara
Sampdoria Reggina del 20 febbraio 2005, vi è agli atti l‟intercettazione della telefonata intervenuta 3 giorni prima tra i
medesimi interlocutori, nel corso della quale l‟unico riferimento interessante potrebbe essere costituito dalla frase di Foti
(riferita ad uno degli assistenti già designati, Giorgio Niccolai di Livorno, di cui si era parlato nella prima parte della
telefonata) a Bergamo “mi raccomando quello di Livorno” e dalla risposta di Bergamo “stai tranquillo, quello è già fatto, poi
per l‟arbitro vediamo domani chi vien fuori”. Ora, la Corte rileva che lo scambio di battute non offre la prova piena e certa che
Bergamo abbia effettivamente parlato con Niccolai per indurlo ad una prestazione favorevole alla Reggina e che il “già fatto”
indichi proprio la verificazione di questa evenienza. Peraltro, è anche da rilevare che nel corso dell‟accurata istruttoria
dell‟Ufficio Indagini, il guardalinee ha negato recisamente e senza essere smentito di aver avuto qualsiasi contatto con
Bergamo in occasione della gara. Allo stesso modo, non può dirsi provato alcun contatto tra Bergamo e l‟arbitro della gara
Dondarini (che lo ha, anzi, ancora una volta senza essere smentito, espressamente negato), non potendosi attribuire efficacia
probante alla frase pronunciata dal designatore arbitrale nel corso della telefonata del 19 febbraio 2005, che si presume (in
mancanza di un esplicito e diretto riferimento all‟arbitro) inerire all‟atteggiamento dello stesso direttore di gara, che lo avrebbe
“….. avvertito, doverosamente”. Ora, è agevole per la Corte rilevare che mancano riscontri a questa generica affermazione e
che essa potrebbe – come già accaduto per analoga espressione usata per la gara esterna con la Atalanta – rivelare solo
l‟intendimento del designatore di tacitare l‟insistenza di Foti senza perderne fiducia o riconoscenza. Non dissimile è infine,
l‟interpretazione della conversazione tra l‟incolpato ed il suo abituale sodale telefonico alla vigilia della gara di Palermo del 15
maggio 2005, nel corso della quale, parlandosi dell‟”omino” (certamente da identificarsi nell‟arbitro, come emerge dal
contesto della trascrizione relativa alle precedenti prestazioni di Pieri), alla consueta implorazione di Foti (“ti raccomando”),
Bergamo risponde con il clichè “già fatto”. Ancora una volta l‟arbitro Pieri ha smentito il contatto e la frase di Bergamo appare
generica, di stile e vuota di attitudine probatoria sufficiente. Alla luce di queste considerazioni, va giudicata congrua ed esatta
la statuizione relativa alle tre gare in questione ed all‟esclusione di responsabilità ex art. 6, ferma restando la loro rilevanza
nella prospettiva dell‟art. 1. La Commissione ha poi esaminato il primo capo di incolpazione, in cui si contesta a Foti di aver
tenuto condotte, consistenti in ripetuti contatti con Bergamo, al tempo stesso integranti concorrenti violazioni degli artt. 1 e 6
CGS, dirette a procurare un vantaggio a favore della Reggina mediante il condizionamento del regolare funzionamento del
settore arbitrale e la lesione dei principi di alterità, terzietà, imparzialità ed indipendenza tipici della funzione arbitrale, con
l‟aggravante della pluralità di condotte. La conclusione cui sono motivatamente giunti i primi giudici è che le condotte
contestate al Foti al n. 1 dell‟atto di deferimento ed alla Reggina a titolo di responsabilità diretta rilevavano esclusivamente
quali sintomi della violazione della generale clausola comportamentale dell‟art. 1, senza integrare l‟illecito sportivo contestato.
La statuizione è, per ragioni ed in ottiche opposte, criticata dagli incolpati, sotto il profilo dell‟insussistenza di tale violazione
e, comunque, della mancanza dell‟elemento soggettivo coessenziale, e dalla Procura Federale e dal Lecce, sotto il profilo
dell‟erronea esclusione nelle plurime condotte dei deferiti del carattere di illiceità denunciato nell‟atto di accusa. Ciò premesso,
la Corte ritiene che la decisione sia ineccepibile e meriti di essere confermata con il rigetto di tutti gli appelli. La prima
questione da affrontare in ordine logico – perché la sua soluzione nei termini radicali prospettati dai deferiti avrebbe precluso
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DECISIONI INTEGRALI DELLA CORTE FEDERALE - STAGIONE SPORTIVA 2006-2007
l‟esame delle impugnazioni volte ad una riforma peggiorativa della decisione – riguarda la configurabilità di una fattispecie di
illecito sportivo autonoma dalle altre due figure descritte dall‟art. 6, comma 1, (consistenti nel compimento di atti diretti ad
alterare lo svolgimento o il risultato di una gara) avente ad oggetto il compimento di atti diretti ad assicurare a chiunque un
vantaggio in classifica. La risposta data dalla CAF, mutuata dalla propria più recente giurisprudenza, è stata positiva. Essa
merita di essere approvata senza riserve. Ed invero, l‟ottenimento di un illecito vantaggio in classifica ben può sia logicamente
che empiricamente determinarsi per cause eteronome rispetto all‟alterazione dello svolgimento o del risultato di una singola
gara. Ciò può avvenire quando una competizione o un torneo prolungati nel tempo (quali un campionato o una coppa) siano
viziati da comportamenti sistematici e protratti che, dal punto di vista soggettivo, vengano sostenuti dalla specifica volontà di
creare condizioni di favore nei confronti di società, destinati a ripetersi nel tempo e con i mezzi e le modalità più varie e non
predeterminabili nonché attuati trasversalmente alle molteplici componenti dell‟organizzazione calcistica, e che, dal punto di
vista oggettivo, si avvalgano di mezzi adeguati al raggiungimento dello scopo, nel senso prima chiarito. Ora, è inconfutabile
che la sistematica opera orientata al condizionamento del settore arbitrale ed a minarne le prerogative di imparzialità ed
obiettività ed attuata mediante rinnovati nel tempo, indebiti contatti, condotti su un piano di superiorità psicologica atta a
provocare la sudditanza del destinatario, (che si attenda vantaggi o si prefiguri rischi in relazione all‟opera), con soggetti
collocati in posizioni decisive del settore arbitrale possa in astratto dar vita alla violazione della parte dell‟art. 6, in esame, a
condizione che l‟opera stessa sia in grado di superare il duplice test soggettivo ed oggettivo prima descritto. Più in particolare,
ed in relazione alle circostanze rilevanti nel presente giudizio, l‟opera di condizionamento del settore arbitrale può giudicarsi
verificata ai sensi dell‟art. 6 laddove rivesta i caratteri dell‟incidenza indebita su funzioni tipiche ed essenziali di tale settore –
quali valutazione, designazione delle griglie, sospensioni ecc., di arbitri ed assistenti di gara – e si risolva in una
inframmettenza non doverosa nelle scelte tecniche della terna arbitrale, non solo con riguardo ad una singola gara ma
programmaticamente rivolta a favorire una determinata squadra in ogni occasione utile della competizione. Così elaborata la
cornice interpretativa che presidia alla figura di illecito in esame, resta da vedere se i primi giudici abbiano fatto buon governo
delle regole cui hanno correttamente dichiarato di prestare adesione nel valutare le condotte di Foti. Ed ancora una volta la
Corte non può che rispondere affermativamente, con l‟intuitiva conseguenza che la presente pronuncia non consegue ad una
astratta ed immutabile impostazione giuridica, ostativa al concreto accoglimento delle varie tesi accusatorie, ma è unicamente
il frutto di una aprioristicamente non prefigurabile valutazione di stretto merito delle evidenze probatorie. Ad avviso della
Corte, queste non lasciano campo all‟accertamento di responsabilità domandata nei pur attenti e acuti atti di impugnazione
della Procura Federale e del Lecce. Ed infatti, in nessuna delle conversazioni intercettate tra Foti e Bergamo (quest‟ultimo
sottrattosi alla Giustizia Sportiva attraverso provvide dimissioni intervenute nel momento utile di cui all‟art. 36, comma 7,
NOIF) sono riscontrabili manifestazioni del potere del primo di influenzare l‟esercizio di funzioni arbitrali né sono ravvisabili
espressioni di concreta interferenza nelle scelte tecniche della componente arbitrale potendosi, al contrario, cogliere un
atteggiamento postulante e querimonioso verso il designatore arbitrale. Si tratta di comportamenti (impropri e severamente
censurabili sotto l‟aspetto deontologico, come si vedrà oltre) sideralmente distanti da quelli improntati ad arroganza, minacce,
calcolate blandizie, erogazione di favori e vantaggi indebiti, assunzione di iniziative promozionali di incontri conviviali,
ramificati interessamenti alle vicende di maggior rilievo del calcio italiano, imposizione delle o concorso nelle scelte funzionali
dei dirigenti arbitrali, ostentazione del potere personale e societario, causazione di timore referenziale o di deferente ascolto nei
vertici consiliari ed amministrativi della Federazione, riscontrati nel procedimento conclusosi con la recente decisione del 25
luglio 2006 di questa Corte. Non è, quindi proponibile alcun accostamento tra la presente vicenda e quella già definita. Ed
infatti, il costante elemento contraddistintivo delle telefonate di Foti a Bergamo (non ve ne è agli atti una sola in cui l‟iniziativa
fosse stata presa dal designatore arbitrale, a differenza delle situazioni registratesi nel precedente giudizio in cui il “deus ex
machina” riceveva, anche da esponenti di altre società, richieste di intervento grazie al suo riconosciuto potere condizionante
dell‟intero settore calcistico italiano) è quella della richiesta di rassicurazioni circa l‟affidabilità della componente arbitrale
designata per le singole gare e di generici interventi presso i relativi membri senza menzione alcuna di pressione o
prospettazioni di vantaggi. Tutte le trascrizioni accuratamente passate in rassegna nel capo della decisione impugnata (da pag.
15 in fondo, a pag. 18), alle quali è sufficiente in questa sede fare rinvio testuale, sono denotative di una condizione psicologica
del Foti né egemone, né dominante, né influente , né minacciosa, né profferente, ma semplicemente e genericamente pretensiva
di “attenzione” verso la propria squadra (quasi ogni conversazione è contrassegnata da un supplice “mi raccomando” rivolto a
Bergamo). Ora, queste considerazioni ed il collegato materiale probatorio estraneano le condotte ascritte al Foti dal canale
incriminatorio dell‟art. 6, come esattamente deciso dai primi giudici, per ricollocarle, come altrettanto esattamente stabilito, nel
novero di quelle rivelatrici del disvalore vietato dall‟art. 1 CGS (che ineccepibilmente l‟atto di deferimento definisce capace di
concorso formale con l‟art. 6). Ciascuna di tali condotte, nonché quelle risultanti dai capi di incolpazione 3, 5 e 8, costituisce
isolatamente considerata ed in continuazione con le altre, anteriori e successive, esecutive del medesimo disegno anti doveroso,
indubbia violazione della clausola di lealtà, correttezza e probità in ogni rapporto comunque riferibile all‟attività sportiva. In
esse si ravvisano in modo grave, ripetuto ed irriducibile una concezione strumentale del rapporto di consuetudine con
Bergamo, la cinica volontà di approfittarne per ottenere informazioni o indicazioni ad altre società precluse, il disinvolto
proponimento di effettuare “raccomandazioni” nella piena consapevolezza che proprio la cordiale conoscenza con il
designatore avrebbe escluso sue rimostranze o reazioni che impedissero l‟ostinata prosecuzione delle postulazioni, la ricerca di
indebiti privilegi rispetto ad altre società. In una parola si tratta di comportamenti completamente contrari al rispetto dei doveri
in questione, in cui quello dell‟abituale frequentazione con un spregiudicato designatore arbitrale (noncurante del proprio
dovere di distacco e sobrietà nei rapporti con i dirigenti dello società calcistiche) era lo schermo e non la causa dei rapporti, era
il mezzo piuttosto che il fine, era la chiave di accesso ad una condizione privilegiata cui non aveva titolo ed a cui non aveva
inteso rinunciare nel corso del tempo. Va, quindi, giudicata pienamente integrata, e con connotati di intensa gravità, la
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DECISIONI INTEGRALI DELLA CORTE FEDERALE - STAGIONE SPORTIVA 2006-2007
violazione dell‟art. 1 da parte di Foti, con le conseguenziali ricadute, in termini di responsabilità diretta a causa dei suoi poteri
rappresentativi, sulla società da lui presieduta. Anche le sanzioni irrogate dei primi giudici si rivelano congrue e proporzionate
all‟entità dei fatti, alla reiterazione nel tempo, alla intensità del dolo nonché all‟offensività delle condotte rispetto al bene
tutelato dall‟art. 1. Quanto alla penalizzazione applicata alla Reggina nel campionato 2006/2007 la Corte osserva che essa va
confermata tanto con riferimento alla determinazione dell‟ambito cronologico di applicazione della sanzione, esattamente
individuato nella competizione destinata a svolgersi nella stagione sportiva nel corso della quale viene pronunciato il giudizio
disciplinare, quanto in relazione alla sua concreta afflittività, che ben si concilia con l‟esigenza di proporzionatezza, garantita
dalla serietà della pena da scontarsi e che sarebbe stata invece vulnerata se la punizione fosse consistita in una penalizzazione
nel campionato precedente di tale intensità da risolversi in un trattamento (comportante le retrocessione in una serie inferiore)
corrispondente negli effetti a quello che sarebbe conseguito alla affermazione di responsabilità ex art. 6, che è stata, al
contrario, ritenuta insussistente.
Ed in questo senso, può dirsi ben gradata la sanzione applicata alla Reggina, alla stregua della sua collocazione in classifica nei
precedenti campionati di serie A, in confronto ad altre applicate a società differenti, maggiormente afflittive solo sul piano
della preclusione a competizioni internazionali ma certamente meno pesanti in prospettiva futura (sia in termini di punteggio di
penalizzazione che in termini di valutazione statistica della probabilità che si ripetano i risultati sportivi ottenuti nelle
precedenti stagioni sportive). Conclusivamente, tutti gli appelli vanno rigettati e la decisione impugnata, va, quindi,
confermata, con conseguente incameramento delle tasse. P.Q.M. la Corte Federale ha pronunciato il seguente DISPOSITIVO
- Rigetta gli appelli proposti dalla Procura Federale, dalla Reggina Calcio S.p.A., da Pasquale Foti e dalla U.S. Lecce S.p.A.
nei confronti della decisione della C.A.F. di cui al C.U. n.5/C del 17 agosto 2006.
- Dichiara improponibili gli appelli proposti dal Treviso F.B.C. 1993 S.r.l. e dal Brescia Calcio S.p.A..
- Conferma, per l‟effetto, la decisione impugnata.
- Dispone l‟incameramento delle tasse.
Così deciso in Roma, seguito dalla Camera di Consiglio del 26 agosto 2006.
TESTI DELLE DECISIONI RELATIVE AL COMUNICATO UFFICIALE N. 7/CF DEL 1 SETTEMBRE 2006
IN MERITO A
1. RICORSO DI ULTIMA ISTANZA AI SENSI DELL‟ART. 32, COMMA 7, STATUTO F.I.G.C. E ART. 38, CODICE
GIUSTIZIA SPORTIVA DELLA A.C. AREZZO S.p.A. AVVERSO LA SANZIONE DELLA PENALIZZAZIONE DI
NOVE PUNTI IN CLASSIFICA NELLA STAGIONE SPORTIVA 2006-2007 INFLITTA A SEGUITO DEL
DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE
(Delibera C.A.F. Com. Uff. n. 6/C del 17 agosto 2006)
2. RICORSO DI ULTIMA ISTANZA AI SENSI DELL‟ART. 32, COMMA 7, STATUTO F.I.G.C. E ART. 38, CODICE
GIUSTIZIA SPORTIVA DEL SIG. GENNARO MAZZEI AVVERSO LA SANZIONE DELL‟INIBIZIONE PER ANNI TRE
INFLITTAGLI A SEGUITO DEL DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE
(Delibera C.A.F. Com. Uff. n.6/C del 17 agosto 2006)
3. RICORSO DI ULTIMA ISTANZA AI SENSI DELL‟ART. 32, COMMA 7, STATUTO F.I.G.C. E ART. 38, CODICE
GIUSTIZIA SPORTIVA DEL SIG. TITOMANLIO STEFANO AVVERSO LA SANZIONE DELL‟INIBIZIONE PER ANNI
TRE INFLITTAGLI A SEGUITO DEL DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE
(Delibera C.A.F. Com. Uff. n.6/C del 17 agosto 2006)
4. RICORSO DI ULTIMA ISTANZA AI SENSI DELL‟ART. 32, COMMA 7, STATUTO F.I.G.C. E ART. 38, CODICE
GIUSTIZIA SPORTIVA DELL‟ A.C. MILAN AVVERSO LA SANZIONE DELL‟AMMENDA DI EURO 10.000,00
(DIECIMILA) INFLITTA A SEGUITO DEL DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE (Delibera C.A.F. Com.
Uff. n.6/C del 17 agosto 2006)
5. RICORSO DI ULTIMA ISTANZA AI SENSI DELL‟ART. 32, COMMA 7, STATUTO F.I.G.C. E ART. 38, CODICE
GIUSTIZIA SPORTIVA DEL SIG. LEONARDO MEANI AVVERSO LA SANZIONE DELL‟INIBIZIONE PER MESI TRE
INFLITTAGLI A SEGUITO DEL DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE
(Delibera C.A.F. Com. Uff. n. 6/C del 17 agosto 2006)
6. RICORSO DI ULTIMA ISTANZA AI SENSI DELL‟ART. 32, COMMA 7, STATUTO F.I.G.C. E ART. 38, CODICE
GIUSTIZIA SPORTIVA DELLA SOCIETA‟ U.S. AVELLINO S.p.A. AVVERSO DECISIONI A SEGUITO DEL
DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE A CARICO DELL‟A.C. AREZZO S.p.A. E ALTRI (Delibera C.A.F.
Com. Uff. n. 6/C del 17 agosto 2006)
Pertanto, la Corte Federale ha pronunciato la seguente decisione, in merito agli appelli in epigrafe specificati, sulla base delle
osservazioni che seguono.
I. ATTO DI DEFERIMENTO
Invero, il presente procedimento trae origine dai deferimenti disposti in data 8 agosto 2006 dal Procuratore Federale nei
confronti delle seguenti persone fisiche e giuridiche, alla luce dell‟art. 28, comma 4, lett. B, del Codice di Giustizia Sportiva.
DEFERENDO
1) MAZZEI Gennaro, all‟epoca dei fatti Vice Commissario CAN;
2) TITOMANLIO Stefano, all‟epoca dei fatti assistente arbitrale;
3) A.C. AREZZO S.p.A.;
4) MEANI Leonardo, all‟epoca tesserato A.C. MILAN S.p.A. quale addetto agli arbitri;
52
DECISIONI INTEGRALI DELLA CORTE FEDERALE - STAGIONE SPORTIVA 2006-2007
5) A. C. MILAN S.p.A.,
per rispondere:
i primi due, della violazione dell‟art. 6, commi 1 e 6, C.G.S. in relazione alla condotta antiregolamentare sopra descritta, con
l‟aggravante della effettiva alterazione dello svolgimento della gara, ex art. 6, comma 6, C.G.S.; la soc. AREZZO, a titolo di
responsabilità presunta ex artt. 6, comma 4, 2, comma 3, e 9, comma 3, C.G.S., per la condotta a suo vantaggio posta in essere
dal MAZZEI e dal TITOMANLIO e dal BERGAMO (non più tesserato), persone estranee alla stessa Società, con l‟aggravante
della effettiva alterazione dello svolgimento della gara, ex art. 6, comma 6, C.G.S.; il MEANI, della violazione dell‟art. 6,
comma 7, C.G.S., per l‟omessa denuncia dell‟illecito descritto nella parte motiva ascritto al MAZZEI ed al TITOMANLIO; 4
la soc. MILAN, a titolo di responsabilità oggettiva ex art. 2, comma 4, C.G.S., per la violazione ascritta al MEANI, proprio
tesserato, all‟epoca dei fatti. II. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con atto dell‟ 8 agosto 2006, conseguente alla motivata
relazione dell‟Ufficio Indagini del precedente 31 agosto, il Procuratore Federale deferiva alla Commissione d‟Appello
Federale: 1. Gennaro Mazzei e Stefano Titomanlio, che all‟epoca dei fatti in questione rivestivano le rispettive cariche di ViceCommissario C.A.N. e di Assistente Arbitrale, per la violazione dell‟art. 6, commi 1, e 6, C.G.S. in relazione alle condotte
antiregolamentari tenute dal secondo (oltre che da Paolo Bergamo, non più tesserato) ed incoraggiate dal primo, nel corso della
gara Arezzo-Salernitana del 14 maggio 2005, vinta per 1 a 0 dalla squadra di casa, e consistenti, secondo quanto sarebbe
emerso dalla conversazione telefonica intercettata tra Titomanlio e Leonardo Meani, tesserato della A.C. Milan S.p.a. in un
atteggiamento favoritistico verso la squadra toscana in termini di dolosa interruzione di azioni da attacco della compagine
avversaria: ad entrambi veniva contestata l‟aggravante, di cui al comma 6 della norma citata, dell‟effettiva alterazione dello
svolgimento della gara;
2. l‟A.C. Arezzo S.p.a., a titolo di responsabilità presunta, per le condotte a suo vantaggio poste in essere da Mazzei e
Titomanlio, estranei alla società; 3. Leonardo Meani, per l‟omessa denuncia dell‟illecito ascritto a Mazzei e Titomanlio, e da
lui conosciuto nel corso della conversazione telefonica con quest‟ultimo; 4. la Società Milan S.p.a. per responsabilità oggettiva
per la violazione ascritta al proprio tesserato Meani. Compiuti gli atti preliminari di rito il dibattimento si svolgeva davanti alla
C.A.F. nella seduta del 14 agosto 2006, nel cui corso il Collegio adottava provvedimenti ordinatori con i quali: a) ammetteva
l‟intervento della Società Avellino, in testa alla quale riconosceva la sussistenza dell‟interesse concreto di cui all‟art. 29,
comma 3 CGS; b) rigettava l‟eccezione di inutilizzabilità delle intercettazioni telefoniche nonché ogni richiesta istruttoria, ad
eccezione di quella, formulata dalla Società Arezzo, di acquisizione degli audiovisivi relativi alla gara incriminata e dei
documenti esibiti, tranne la trascrizione di conversazione telefonica a firma Vincenzo Romano. In esito all‟istruttoria
dibattimentale, la C.A.F., con decisione del 14 agosto 2006, pubblicata nel C.U. 6/C del successivo 16 agosto dichiarava la
responsabilità dei deferiti in relazione alle incolpazione loro rispettivamente ascritte e, esclusa la circostanza aggravante di cui
all‟art. 6 comma 6 CGS, infliggeva a Gennaro Mazzei e Stefano Titomanlio la sanzione dell‟inibizione di tre anni ciascuno,
alla A.C. Arezzo S.p.a. la penalizzazione di 9 punti in classifica nella stagione sportiva 2006-2007, a Leonardo Meani
l‟inibizione per tre mesi, alla A.C. Milan S.p.a. l‟ammenda di 10.000,00 euro. Nella decisione impugnata i primi giudici, dopo
aver ribadito la propria ordinanza istruttoria, osservavano che era provato il compimento, da parte di Titomanlio e Mazzei, di
atti diretti ad alterare lo svolgimento della gara Arezzo - Salernitana quali si desumevano dalla conversazione telefonica
(emendata nella sua trascrizione da errori rilevati dalla stessa C.A.F.) del giorno successivo tra il primo degli incolpati e Meani,
nel corso della quale Titomanlio riferiva all‟interlocutore della genesi dei suggerimenti ricevuti da Mazzei e del suo invito “a
non dir niente neanche all‟altro assistente né all‟arbitro” nonché di quello rivoltogli da Bergamo a mettersi in contatto con
Mazzei. La Commissione poneva, inoltre, in rilievo che nella memoria dibattimentale il Mazzei aveva ammesso, ad
integrazione delle dichiarazioni rese all‟Ufficio Indagini, di aver chiesto a Titomanlio di prestare alla gara la massima
attenzione, data la sua delicatezza. La decisione attribuiva anche peso probatorio alla frase di Meani secondo cui “ma loro
praticamente quando gli danno questo imput è come dire dai un occhio all‟Arezzo” e alla risposta dell‟incolpato nonché alle
dichiarazioni istruttorie dell‟osservatore arbitrale Luciano Luci che aveva segnalato un eccesso interventistico dell‟assistente, il
quale nel secondo tempo si era sostituito per ben tre volte all‟arbitro nella segnalazione di falli di gioco, pur relativi a situazioni
nel pieno controllo del direttore di gara.La Commissione riteneva che andasse esclusa l‟aggravante di cui al comma 6 dell‟art.
6 CGS alla stregua della doppia considerazione che l‟arbitro aveva, comunque, condiviso le segnalazioni di Titomanlio e che
non vi era la prova che gli interventi dell‟incolpato possedessero un‟attitudine oggettiva ad incidere in modo significativo
sull‟andamento della gara.Veniva, inoltre, affermata la responsabilità presunta dell‟Arezzo sotto il profilo che, seppur
mancasse la prova del diretto coinvolgimento della società, l‟illecito accertato era idoneo a favorire la stessa. Veniva, infine,
riconosciuta la responsabilità di Meani (e quella oggettiva del Milan, società per la quale l‟incolpato era tesserato) in relazione
alle informazioni telefoniche fornitegli da Titomanlio, capaci di fargli chiaramente avvertire l‟illeicità dei comportamenti
descritti. Contro la decisione hanno proposto impugnazione: 1. la A.C. Arezzo S.p.a sulla base di un triplice motivo, con cui si
fa valere l‟insussistenza dell‟illecito, l‟erronea valutazione delle risultanze processuali, l‟eccessività della sanzione; 2. Gennaro
Mazzei, sulla base di un unico, articolato motivo volto a confutare la sussistenza dell‟illecito contestatogli e, in subordine, ad
ottenere la diversa qualificazione della propria condotta come trasgressiva dell‟art. 1 CGS;
3. Stefano Titomanlio, sulla base di un articolato motivo in cui si prospettava l‟insussistenza dell‟illecito addebitatogli e si
censurava la decisione impugnata sotto il profilo della motivazione insufficiente, illogica e contraddittoria e si domandava, in
subordine la mitigazione della pena in conseguenza della richiesta, diversa qualificazione del fatto ai sensi dell‟art. 1 CGS; 4.
Leonardo Meani che, sulla base di un motivo unico, contestava la sussistenza dell‟obbligo di denuncia addebitatogli, in ragione
della carente certezza che dalla telefonata con Titomanlio emergesse un illecito;
5. la A.C. Milan S.p.a. che, con articolato motivo, sosteneva che solo la riferibilità alla società di appartenenza degli atti posti
in essere dal tesserato può giustificare l‟addebito ad essa della responsabilità oggettiva, chiedendo il proscioglimento;
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DECISIONI INTEGRALI DELLA CORTE FEDERALE - STAGIONE SPORTIVA 2006-2007
6. la società Unione Sportiva Avellino S.p.a., quale terza interessata, che lamentava l‟erroneità della decisione impugnata nella
parte in cui ha escluso la partecipazione diretta dell‟Arezzo all‟illecito di cui Mazzei e Titomanlio sono stati dichiarati
responsabili nonché la ricorrenza dell‟aggravante di cui all‟art. 6 comma 6 CGS e conseguente determinazione in misura
inadeguata per difetto la sanzione irrogata a carico della società incolpata. In esito all‟odierno dibattimento nel corso del quale
il Presidente dell‟Arezzo rendeva spontanee dichiarazioni e tutte le parti ammesse a parteciparvi discutevano e replicavano in
merito ai reclami proposti, il procedimento veniva deciso come da dispositivo. III. MOTIVI DELLA DECISIONEVa,
preliminarmente, ribadita l‟utilizzabilità delle intercettazioni telefoniche provenienti dall‟indagine penale, ed a maggior
ragione la loro rilevanza in termini di ricognizione storica di condotte ed eventi rilevanti ai fini del presente procedimento, in
conformità alla giurisprudenza, sia di questa Corte, che della C.A.F. da quest‟ultima esattamente citata nella decisione
impugnata. Ciò premesso, l‟ordine logico dell‟esame delle impugnazioni deve procedere da quello riguardante le posizioni
degli appellanti Mazzei e Titomanlio, chiamati a rispondere della commissione dell‟illecito costituente il presupposto di quelli
a vario titolo (presunto, omissivo, oggettivo) contestati agli altri incolpati.La decisione impugnata ha ritenuto che la prova della
responsabilità degli appellanti citati, in relazione all‟illecito sportivo posto in essere al riguardo della gara del campionato di
serie B tra Arezzo e Salernitana, disputatasi il 14 maggio 2005, fosse stata pienamente raggiunta in virtù di quanto emerge
dall‟intercettazione del colloquio telefonico fra Titomanlio e Meani, dirigente della società Milan con la qualifica di addetto
agli arbitri, svoltosi l‟indomani della partita. La Commissione d‟Appello Federale ha vagliato criticamente, collegandole tra
loro, una serie di scambi registrati tra gli incolpati, pervenendo alla conclusione, avvalorata dal giudizio di inconsistenza delle
rispettive dichiarazioni difensive, che la situazione di illecito si fosse configurata in modo chiaro ed in particolare che si fosse
delineata con certezza la prova della
adesione di Titomanlio alle raccomandazioni di Mazzei e della attitudine della stessa, anche avvalorata dalla deposizione
istruttoria dell‟osservatore arbitrale Luci, ad alterare lo svolgimento o il risultato della gara.La Corte ritiene che i motivi di
impugnazione proposti nei confronti di questo capo della decisione non possono essere accolti in ragione della ineccepibilità e
completezza della motivazione del provvedimento impugnato.Ed invero va premesso che l‟illecito contestato ha ad oggetto il
compimento di atti diretti alla alterazione dello svolgimento o del risultato di una singola gara e che, in conformità alla
giurisprudenza di questa Corte mutuata anche da quella della C.A.F., (confronta in particolare il recente C.U. 1/C della
presente stagione sportiva), per il relativo perfezionamento occorre la combinazione fra più segmenti di condotta (dal
proponente il programma illecito e dell‟appartenente alla sfera tecnica, di volta in volta, interveniente: calciatori, tecnici,
componenti la terna arbitrale, ecc.) munita di adeguata capacità causale.Ora, già in linea di principio, tale situazione sembra
ricorrere nel caso di specie, poiché secondo le prospettazioni accusatorie il proponente il programma contestato (qualificato
esponente della componente tecnica, in quanto designatore degli assistenti di gara) avrebbe stabilito un idoneo ed efficiente,
allo scopo alterativo della gara, contatto con un protagonista tecnico della stessa, uno degli assistenti di gara.E‟, quindi,
indiscutibile che la condotta estrinsecatasi nel contatto tra i due, e, come si vedrà, preceduta da altro colloquio geneticamente
rilevante tra Mazzei e uno dei designatori arbitrali (sottrattosi al presente procedimento per effetto di acconcia rinuncia al
tesseramento), si prestasse, per le rispettive qualità soggettive e per il delicato ruolo tecnico da entrambi rivestito, a dar vita alla
adeguata base per la commissione dell‟illecito.Resta, adesso da verificare se, come ritenuto dai giudici di primo grado, il
concreto atteggiarsi delle condotte degli incolpati quale si desume dalle intercettazioni telefoniche acquisite agli atti, abbia
effettivamente integrato l‟illecito loro contestato.E la risposta, ad avviso della Corte è positiva e confermativa del
ragionamento dei giudici di prime cure, la cui decisione non merita, quindi, le censure mosse da Mazzei e Titomanlio. Ed
infatti, la conversazione telefonica tra Titomanlio e Meani è pienamente dimostrativa della sussistenza dell‟illecito loro ascritto
e della consapevolezza della relativa ricorrenza anche da parte dell‟estraneo alla sua commissione (circostanza che ovviamente
spiega i propri effetti sulle posizioni dello stesso Meani e della sua società). Va aggiunto che le dichiarazioni di Titomanlio
appaiono spontanee e genuine, ignorando egli le intercettazioni in corso e non provano che egli - peraltro in assenza di
movente - abbia mentito a Meani. Dalla telefonata si ricava inequivocabilmente che prima della gara Titomanlio – che rivela
direttamente il fatto al suo interlocutore – fu avvicinato da Bergamo – verosimilmente messo al corrente del piano da Mazzei e
da questo, altrettanto verosimilmente incaricato di sensibilizzare, forte dell‟autorità connessa al ruolo svolto
nell‟organizzazione arbitrale, Titomanlio - allo scopo di invitarlo a prendere contatti con Mazzei. E sempre dalle dichiarazioni
intercettate dell‟incolpato si evince che il contatto fu immediatamente realizzato (altrettanto verosimilmente nel corso del
raduno che si stava svolgendo nel centro tecnico di Coverciano della componente arbitrale) con l‟effetto di consentire a Mazzei
– anch‟egli dotato di forza persuasiva in virtù della carica sovraordinata – di dare a Titomanlio senza giri di parole l‟elaborato
messaggio secondo cui lo stesso Mazzei era sottoposto a pressioni da parte dell‟Arezzo (il linguaggio è triviale, ma
sufficientemente intelligibile quanto al significato affidatovi da chi lo usa) che lo infastidivano (“mi stanno rompendo….”) e lo
allarmarono almeno metaforicamente (“questi … eh, mi uccidono”). Il corollario del messaggio era che si trattava di una
“rogna” che il Titomanlio avrebbe dovuto “fare”. Dal colloquio telefonico scaturisce una coppia di essenziali informazioni:
l‟immediata adesione di Titomanlio al programma alterativo propostogli da Mazzei (lo stesso assistente riferisce di aver detto
“non ci sono problemi”) e l‟espresso divieto postogli dal Mazzei di comunicare alcunché all‟arbitro (“chiunque venga fuori”)
ed all‟altro assistente sintomi evidenti della completa fiducia riposta nell‟osservanza del patto e nelle assicurazioni ricevute.La
percezione in senso illecitamente favoritistico è, già da queste stesse frasi di Titomanlio, chiara in Meani (di cui non va
trascurata la precedente attività di assistente di gara che lo rende maggiormente attrezzato a comprendere contesto e senso di
condotte e parole), che trae l‟immediata (ed assolutamente lineare, alla luce dell‟ascolto effettuato delle parole di Titomanlio)
conclusione che la concertata azione tra Bergamo e Mazzei (con il primo che avvia l‟assistente verso il secondo) fosse “un
imput, è come dire “dà un occhio all‟Arezzo”, società autrice secondo un precedente chiarimento fornito da Titomanlio su
specifica richiesta di Meani, di quella “rottura” (intesa come pressione) di cui gli aveva finemente parlato Mazzei. La
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DECISIONI INTEGRALI DELLA CORTE FEDERALE - STAGIONE SPORTIVA 2006-2007
conclusione non è affatto respinta da Titomanlio, che, se da un canto non può negare l‟evidenza della mancanza di una
esplicita richiesta favoritistica da parte di Mazzei, dall‟altro canto ammette di aver logicamente (ed inevitabilmente)
interpretato in tale chiave la richiesta, valorizzando deduttivamente il monito ricevuto di “non stare a fare i discorsi a nessuno”,
monito espressamente accolto attraverso l‟assicurazione che egli avrebbe badato ai fatti propri, “ho detto cosa mi interessa …
l‟hai fatto a me il discorso”. L‟andamento del colloquio telefonico e la successione delle frasi scambiate tra gli interlocutori è
incalzante e conseguente il rilievo della piena armonia tra gli stessi nell‟intendere l‟oggetto e il fine della sollecitazione di
Mazzei (su mandato di Bergamo), essi, infatti, si diffondono sulla situazione in classifica delle squadre in campo, sulla
condizione di speciale protezione goduta dalle squadre toscane (all‟osservazione di Meani replica Titomanlio citando il caso
dell‟Empoli) e soprattutto, sulla prestazione tecnica dell‟assistente.L‟analisi testuale di questa parte della conversazione tra due
persone, che mostravano di sapere bene di cosa stavano discutendo, conferma che Titomanlio non si limitò a recepire il
messaggio ricevuto da Mazzei, ma lo tradusse in azione cooperativa, allo scopo (così realizzando la massima espansione del
segmento tecnico).Due specifici ed importanti elementi si ricavano dalle parole del Titomanlio delle quali Meani non si
stupisce e rispetto alle quali chiede ulteriori dettagli puntualmente fornitigli dall‟interlocutore: il fastidio per l‟azione
dell‟osservatore Luci e la disistima per la sua competenza tecnica (“perché poi Luci certe volte non capisce …”), e per le
critiche da lui ricevute (“però conoscendoti hai un po‟ arbitrato oggi mi hai detto … sei andato su parecchie volte”) e, inoltre,
l‟astuzia del comportamento in gara dell‟incolpato, che autoironicamente non manca di mettere in chiaro.Al riguardo si noti
che Titomanlio non disconosce, parlando con Meani, il proprio ruolo protagonistico (nel senso dell‟assolvimento di compiti
non di mera segnalazione ma di direzione e, quindi, di natura sostanzialmente arbitrale) come si arguisce da un doppio
passaggio. In primo luogo, egli, nel descrivere un‟azione di attacco della squadra avversaria all‟Arezzo, da lui bloccata in
quanto comportante il rischio di dare il pareggio, riferisce di essersi detto “mo vado su perché almeno, almeno che la cosa sia
pulita … capisci” (e Meani mostra di capire perfettamente, inserendosi in piena linea di continuità con l‟osservazione coerente
“comunque loro le toscane”).In secondo luogo, è sintomatica della “mens rea” di Titomanlio e della sua piena consapevole e
meditata partecipazione al programma illecito propostogli da Mazzei (su mandato di Bergamo) la frase pronunciata
telefonicamente a commento della critica di aver indossato i panni dell‟arbitro rivoltagli verbalmente al termine della gara (e
ribadita nel relativo rapporto) dell‟osservatore Luci, “non gli potevo mica dire che stava premendo” (riferendosi con certezza
alla squadra che manovrava in attacco prima di vedere interrotta la propria azione dall‟intervento di Titomanlio e cioè la
Salernitana). Conclusivamente, non residuano spazi di incertezza o ambiguità quanto a piena integrazione dell‟illecito nei
termini loro contestati, nei confronti di Mazzei e Titomanlio. La sanzione loro irrogata dalla C.A.F. si rivela perfettamente
proporzionata alla gravità delle condotte e alla intensità del dolo.Va, quindi, confermato il capo che li riguarda della decisione
impugnata. Dalle considerazioni prima svolte emerge, con altrettanta chiarezza, la piena e completa percezione del carattere
illecito della condotta di Titomanlio da parte di Meani, che seguiva il ragionamento dell‟interlocutore, ne deduceva coerenti
conseguenze lo arricchiva di considerazioni pertinenti, rese ancora più attendibili dalla sua sicura competenza proveniente
dall‟attività sportiva precedentemente svolta.L‟aver taciuto della telefonata, del suo oggetto e del relativo tenore dà vita alla
fattispecie omissiva contestata all‟appellato nei cui confronti va confermata l‟attestazione di responsabilità. Anche la pena
irrogata a suo carico dai primi giudici appare del tutto conforme ai fatti e congrua rispetto alla posizione dell‟incolpato; essa va
quindi confermata. Alla accertata responsabilità di Meani, tesserato per l‟A.C. Milan S.p.a. consegue, come esattamente
statuito dai giudici di prime cure, quella a titolo oggettivo della società per il concorrente ordine argomentativo della generale
indissolubilità del rapporto organico nella logica della giustizia sportiva e, con specifico e decisivo rilievo, della necessaria
riferibilità alla società della natura delle azioni del proprio preposto ad un ramo di attività nel sistema delle relazioni sportive,
che implica da parte del tesserato, una speciale cura nell‟intrattenere rapporti debiti e leali, e il dovere di rifuggire da quelli
illeciti o artificiosi ed obbliga la società ad una stringente opera di ulteriore vigilanza al fine di verificare che non si ravvisino
nei comportamenti del tesserato violazioni di qualunque natura, che ben dovrebbero essere represse e punite. Del resto non può
passare inosservato il fatto che Meani fosse avvezzo a contatti così stretti, confidenziali, abituali, espliciti ed invasivi con il
mondo arbitrale, che non risultano essere stati controllati o tanto meno rimossi dalla società. Ciò è sufficiente ad escludere
carattere privato, e cioè irrilevante nell‟ottica della disciplina sportiva, della condotta del Meani, e ad attribuirvi il connotato
dell‟inerenza all‟uffici dirigenziale ricoperto all‟interno dell‟organizzazione societaria ad attivare senza incertezze il
meccanismo incriminatorio e sanzionatorio esattamente messo in moto rispettivamente dalla Procura Federale e dalla
C.A.F..La decisione va confermata sul punto tenendo conto della natura solo economica della pena e della ragionevolezza della
misura dell‟ammenda erogata.Va infine, così disattendendo la relativa impugnazione sullo specifico punto, confermata la
decisione impugnata nella parte in cui ha dichiarato l‟Arezzo responsabile a titolo presuntivo delle condotte addebitate a
Mazzei e Titomanlio (ed ispirate da Bergamo). La conformazione del tipo di illecito in questione previsto genericamente
dall‟art. 2, comma 3, CGS e punito ai sensi del combinato disposto degli articoli 6, comma 4, e 13, comma 1, lettere f, g, h ed i
dello stesso codice, è descritta dall‟articolo 9, comma 3, secondo cui la responsabilità deriva da illecito sportivo che risulti
commesso da persone estranee alla società. Ora, il regime probatorio della norma da ultimo citata – che indubbiamente mira a
punire gli illeciti vantaggi ovunque e comunque si annidino e da chiunque causati, a condizione che vi sia la prova della
concreta configurazione del vantaggio, inteso quale beneficio sportivo indebitamente goduto dal destinatario, anche non autore
della condotta che ne ha consentito il conseguimento – è concepito in modo tale che la mera produzione in capo ad una società
calcistica di un vantaggio generato dall‟altrui condotta illecita fa sorgere la previsione di responsabilità della beneficiaria,
secondo un modello conosciuto anche dal diritto comune in materia di obbligazioni da fatto illecito collegate al fatto dei figli o
dei dipendenti, salvo la prova di aver impartito una adeguata educazione o di aver fornito idonee istruzioni. A superare, nella
logica dell‟articolo 9, comma 3, in questione (che continua a costituire oggetto di dibattito per ciò che attiene alla sua capacità
di esprimere genuine garanzie in termini di ragionevolezza di onere probatorio), la conseguente presunzione di responsabilità
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DECISIONI INTEGRALI DELLA CORTE FEDERALE - STAGIONE SPORTIVA 2006-2007
vale solo la prova, desumibile tanto dall‟attività difensiva della parte quanto dalle acquisizioni istruttorie o dibattimentali,
quanto dalla ricorrenza di fondato e serio dubbio, della mancata partecipazione della società all‟illecito e della relativa
ignoranza. La complessa struttura della norma, che sembra procedere con andamento discontinuo,
alternando aperture garantiste (quali quella verso il serio e fondato dubbio quale criterio di scioglimento delle possibili
ambiguità dei casi concreti) a chiusure penalizzanti (quali quella del necessario cumulo di risultanze probatorie, in punto di
mancata partecipazione all‟illecito e di connessa ignoranza), ha tradizionalmente indotto un orientamento giurisprudenziale che
ha fatto riposare sulla accertata sussistenza del vantaggio un sufficiente elemento dirimente dei dubbi circa partecipazione e
consapevolezza della società presunta responsabile, in omaggio al criterio del “cui prodest” come base logica di giustificazione
di una responsabilità per la appropriazione dei risultati dell‟opera di terzi, di cui sarebbe altrimenti inspiegabile (in alternativa,
cioè, all‟individuazione nella partecipazione all‟illecito come plausibile movente) l‟azione. Non sembra alla Corte necessario
nel presente giudizio affrontare la delicata questione, in quanto essa non ne costituisce un punto decisivo ed una pronuncia che
lo affrontasse possiederebbe semplicemente un (inutile) carattere astratto e si limiterebbe ad essere interpretato come mero
“obiter dictum”, in nessun modo giustificato dalla funzione nomofilattica della Corte stessa. Ed invero, dagli atti si ricavano
elementi che in modo piano consentono di ritenere fallita, e, comunque, non pienamente integrata, la prova, incombente
sull‟incolpata, dell‟estraneità all‟illecito e della correlativa inconsapevolezza.
Va, intanto, confermato che, nel caso di specie, si è determinato un vantaggio per la società Arezzo nella prestazione
dell‟assistente di gara Titomanlio, per le ragioni favoritistiche dallo stesso ammesse e riconosciute, nel corso della telefonata
con Meani, di cui ci si è prima occupati. E‟ irrilevante, nella prospettiva del raffronto tra la concreta fattispecie in questa sede
riscontrata e quella legale astratta di cui all‟art. 9, comma 3, che il vantaggio ontologicamente insito in una predisposizione di
prestazione tecnica artatamente favorevole ad una squadra da parte dell‟estraneus produca l‟ulteriore e non richiesto effetto del
conseguimento di un risultato complessivamente favorevole della gara o competizione, ben potendo il vantaggio consistere in
una alterazione, anche parziale e relativa alla quota di intervento riservata all‟illecita condotta del terzo, dell‟attività sportiva.
La necessità o la possibilità che a realizzare il risultato globalmente favorevole concorrano altri soggetti, dotati di una
posizione funzionale anche più idonea, può semmai provocare – come esattamente osservato dai primi giudici – l‟eliminazione
dell‟aggravante della verificazione del vantaggio illecito ma non portare all‟esclusione della figura antigiuridica in parola.
Come si diceva, la Corte ritiene che non solo non vi siano argomenti, anche promananti da fondati e seri dubbi, per dire che
l‟appellante non ha partecipato all‟illecito e lo ha ignorato, ma che ve ne siano altri che positivamente giustifichino la
conclusione opposta. Deve, infatti, considerarsi che, nel corso della conversazione con Meani, Titomanlio (che non aveva
motivo per mutare il vero sul punto, né interesse a pregiudicare, agli occhi dell‟interlocutore, la posizione di Mazzei, anche
tenuto conto dell‟assenza di qualunque ragione di ostilità o di inimicizia tra ciascuno degli appartenenti al triangolo, né
movente alla millanteria che, secondo quanto normalmente accade, è comportamento tipico di chi attraverso l‟artificio intenda
precostituirsi un eccesso di estimazione allo scopo di ricavare un‟utilità dal destinatario della vanteria: ciò di cui non vi è prova
alcuna alla luce dell‟esame dei rapporti tra Titomanlio e Meani quale traspare dall‟intercettazione) questi esplicitamente e
senza peli sulla lingua, ed in un doppio passaggio, riferisce che Mazzei – ancora una volta senza apparire in alcun modo
portatore di ragioni per un mendacio fine a se stesso – gli ha comunicato di fastidiose ed insistenti pressioni da parte
dell‟Arezzo: alla domanda postagli da Meani su chi gli stesse “rompendo i …” Titomanlio risponde in modo netto “l‟Arezzo”.
Si tratta di circostanze ed elementi univocamente dimostrativi che l‟Arezzo non era estraneo né ignorava (avendone, anzi, con
le proprie proteste provocato la nascita) il primo, indeclinabile momento del piano illecito, vale a dire delle lamentazioni e
recriminazioni con Bergamo e con Mazzei. Su questa così accertata base probatoria ben si innesta, con attitudine a suffragarla,
la considerazione logica che non vi sarebbe stata altra ragione, se non quella di accondiscendere alle pressanti istanze
dell‟Arezzo perché Bergamo e Mazzei parlassero con scopi illeciti con Titomanlio (così recuperandosi anche in questa sede
l‟argomento del “cui prodest”). Ancora una volta, la Corte si trova di fronte ad evidenze probatorie inconciliabili con l‟onere
che avrebbe dovuto essere assolto dalla società appellante, di cui va riaffermata la responsabilità presunta. Merita, invece,
parziale accoglimento l‟appello, nella parte in cui lamenta l‟eccessività della sanzione. La Corte ritiene, infatti, che, in
considerazione delle modalità del fatto, della sua rilevanza effettuale e dei modelli sanzionatori generalmente adottati in casi
simili, la sanzione debba essere determinata in 6 punti di penalizzazione da scontarsi nella classifica del campionato 2006 –
2007 di competenza. Vanno incamerate le tasse versate da tutti gli appellanti le cui impugnazioni sono state rigettate, e
restituita, ai sensi dell‟art. 29, comma 13, CGS, quella versata dall‟Arezzo per effetto dell‟accoglimento parziale della sua
impugnazione. P.Q.M. la Corte Federale ha pronunciato il seguente DISPOSITIVO In parziale riforma della decisione della
C.A.F. di cui al C.U. n. 6/C del 17 agosto 2006, impugnata dall‟A.C. Arezzo S.p.A., da Gennaro Mazzei, da Stefano
Titomanlio, da Leonardo Meani, dall‟A.C. Milan S.p.A e dall‟U.S. Avellino S.p.A., - determina la sanzione a carico dell‟A.C.
Arezzo S.p.A. nella penalizzazione di sei punti in classifica da scontarsi nella stagione sportiva 2006-2007. - Conferma, per il
resto, la decisione impugnata. - Ordina l‟incameramento delle tasse, ad eccezione, di quella versata dall‟A.C. Arezzo S.p.a., di
cui dispone la restituzione.
Così deciso, seguito della Camera di Consiglio del 26 agosto 2006.
TESTI DELLE DECISIONI RELATIVE AL COMUNICATO UFFICIALE N. 8/CF DEL 24 OTTOBRE 2006
1. RICORSO DELL‟A.E. GIANLUCA PAPARESTA, AI SENSI DELL‟ART. 32, COMMA 5, DELLO STATUTO DELLA
F.I.G.C., AVVERSO IL PROVVEDIMENTO DI SOSPENSIONE CAUTELATIVA DI MESI DUE ADOTTATO DAL
PRESIDENTE DELLA COMMISSIONE NAZIONALE DI DISCIPLINA CON DELIBERA N. 13 DEL 4 LUGLIO 2006.
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DECISIONI INTEGRALI DELLA CORTE FEDERALE - STAGIONE SPORTIVA 2006-2007
2. RICORSO AI SENSI DELL‟ART. 32, COMMA 6, STATUTO F.I.G.C. E ART. 22, COMMA 1, LETT. c) CODICE DI
GIUSTIZIA SPORTIVA, DELL‟ A.E. GIANLUCA PAPARESTA
La Corte Federale, previa riunione dei due ricorsi, dichiara improcedibile il n. 1 ed accoglie il n. 2.
3. RICORSO DI ULTIMA ISTANZA AI SENSI DELL‟ART. 32, COMMA 7, STATUTO F.I.G.C. E ART. 38, CODICE
GIUSTIZIA SPORTIVA DEL SIG. MARCO PACENZA AVVERSO LA SANZIONE DELL‟INIBIZIONE PER ANNI
QUATTRO INFLITTA A SEGUITO DEL DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE
(Delibera C.A.F. Com. Uff. n.51/C del 21 giugno 2005)
La Corte Federale rinvia a nuovo ruolo la trattazione del ricorso.
4. RICORSO DELL‟A.S.D. BORGOLAVEZZARO AVVERSO DECISIONI ADOTTATE DAL COMITATO REGIONALE
PIEMONTE V.A. DI CUI AL COM. UFF. N. 2 DEL 19 LUGLIO 2006
La Corte Federale dichiara il ricorso inammissibile.
5. RICORSO DEL PROCURATORE FEDERALE AI SENSI DELL‟ART. 32, COMMA 7, STATUTO F.I.G.C. E ART. 22,
COMMA 1, LETT. b), CODICE GIUSTIZIA SPORTIVA, PER L‟ACCERTAMENTO DELL‟INCOMPATIBILITA‟ A
CARICO DEL DOTT. ANTONIO GUASTONI
Ordinanza istruttoria
La Corte Federale,
- vista la nota in data 11 settembre 2006 con la quale il Procuratore Federale rimetteva gli atti alla Corte per l‟accertamento
della incompatibilità fra le cariche ricoperte dal Dott. Antonio Guastoni; - vista la nota del dott. Guastoni del 21 settembre
2006 con la quale chiede gli atti prodotti dal Procuratore Federale;
- ritenuto che con nota del 2 ottobre 2006 la Segreteria della Corte ha provveduto ad inviare all‟interessato gli atti richiesti
inerenti il giudizio sulla incompatibilità;
- ritenuto che occorre assegnare al Procuratore Federale ed al Dott. Guastoni un termine per la presentazione di eventuali
memorie
P.Q.M.
fissa al 20 ottobre 2006 il termine per la eventuale presentazione alla Segreteria della Corte di memorie e documenti e riserva
la fissazione della data della riunione nella quale saranno sentite le parti.
6. RICORSO AI SENSI DELL‟ART. 32, COMMA 5, STATUTO F.I.G.C. E ART. 22, COMMA 3, CODICE DI GIUSTIZIA
SPORTIVA, DELLA SOCIETA‟ RAVENNA CALCIO PER LESIONE DIRITTI SPORTIVI
La Corte Federale dichiara il ricorso inammissibile.
7. RICHIESTA DEL COMMISSARIO STRAORDINARIO AI SENSI DELL‟ART. 32 COMMA 8, STATUTO F.I.G.C. E
ART. 22, COMMA 1, LETT. a), CODICE DI GIUSTIZIA SPORTIVA, PER L‟INTERPRETAZIONE DEL C.U. N. 180/A
DEL 31.3.2006 CON RIFERIMENTO AI PREMI INDIVIDUALI E COLLETTIVI
La Corte Federale esprime il parere nei sensi di cui in motivazione.
8. RICHIESTE DI PARERE DEL COMMISSARIO STRAORDINARIO, EX ARTT. 30, COMMA 9, DELLO STATUTO
FEDERALE E 20 DEL CODICE DI GIUSTIZIA SPORTIVA, SU ISTANZE DI GRAZIA DI TESSERATI
La Corte Federale, dopo l‟illustrazione da parte dei relatori, ha formulato, in merito alle istanze dei sottonotati tesserati, i pareri
di competenza così come di seguito riportati:
calciatori
Fiorello Tocci, Natale Maggio, Paolo Alessio, Luca Tranquilli, Enrico Nisticò, Alberto De Poli, Marco Simeoni, Antonio
Caridi, Giuseppe Giandinoto, Domenico Aiello, Pasqualino Laratta, Francesco Brunetto, Jonathan Chiappini, Emanuele
Nassisi, Luca Giannandrea, Mirko Mentini, Pasquale Demartis.
sfavorevole, in quanto la Corte non ha ritenuto sussistenti i presupposti idonei per la concessione dell‟invocato beneficio.
Antonio Leonardo Castiello,Gianni Mancini, Cristiano Gigli
Sfavorevole, in quanto la Corte non ha ritenuto, allo stato, sussistenti i presupposti idonei per la concessione dell‟invocato
beneficio.
Christian Ruilli, Danilo Angotti, Massimiliano Ficarra, Paolo Ravera, Giovanni Russo, Antonio Mazzacane,
sfavorevole, in quanto non sono emersi elementi nuovi, idonei per la concessione del richiesto beneficio, già negato in
precedenza.
tecnici
Raffaele Pasquino, Lorenzo Macchione.
sfavorevole, in quanto la Corte non ha ritenuto sussistenti i presupposti idonei per la concessione dell‟invocato beneficio.
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DECISIONI INTEGRALI DELLA CORTE FEDERALE - STAGIONE SPORTIVA 2006-2007
TESTI DELLE DECISIONI RELATIVE AL COMUNICATO UFFICIALE N.9/CF DEL 30 OTTOBRE 2006
1. RICORSO DELL‟A.E. GIANLUCA PAPARESTA, AI SENSI DELL‟ART. 32, COMMA 5, DELLO STATUTO DELLA
F.I.G.C., AVVERSO IL PROVVEDIMENTO DI SOSPENSIONE CAUTELATIVA DI MESI DUE ADOTTATO DAL
PRESIDENTE DELLA COMMISSIONE NAZIONALE DI DISCIPLINA CON DELIBERA N. 13 DEL 4 LUGLIO 2006.
2. RICORSO AI SENSI DELL‟ART. 32, COMMA 6, STATUTO F.I.G.C. E ART. 22, COMMA 1, LETT. c) CODICE DI
GIUSTIZIA SPORTIVA, DELL‟ A.E. GIANLUCA PAPARESTA
FATTO
Vengono all‟esame della Corte Federale due ricorsi proposti dal dott. Gianluca Paparesta, arbitro effettivo con qualifica
internazionale; l‟uno ai sensi dell‟art. 32, comma 5, e l‟altro ai sensi dell‟art. 32, comma 6, Statuto federale, presentato alla
Corte Federale anche quale giudice dell‟esecuzione delle proprie pronunce.
I fatti che hanno dato origine alla questione possono così sintetizzarsi.
1 - Con atto 19.6.2006 l‟Ufficio Indagini trasmetteva alla Procura Federale gli atti concernenti l‟indagine effettuata sui rapporti
tra classe arbitrale, dirigenti di società calcistiche e dirigenti federali nella stagione sportiva 2004/2005, dando così avvio al
noto maxi-procedimento. In tali atti la posizione del Paparesta veniva trattata con riguardo a due episodi:
- gli accadimenti del dopo partita Reggina-Juventus e la connessa successiva telefonata con il Moggi;
- i contatti intercorsi con il dirigente del Milan, Leonardo Meani, sulla base dei quali quest‟ultimo avrebbe portato
all‟attenzione della Presidenza del Consiglio dei Ministri ed in particolare del Sottosegretario Gianni Letta, attraverso il dott.
Adriano Galliani, la questione della mancata ottemperanza del Governo italiano ad obblighi comunitari afferenti a energie
alternative (Biodiesel), oggetto di procedura di infrazione da parte della competente Commissione Europea e segnalata dal
Paparesta avendone avuto egli contezza nell‟espletamento della propria attività professionale (commercialista-revisore dei
conti). La Procura Federale, valutati tutti gli episodi di indagine, ha formulato incolpazione nei confronti del Paparesta con
riguardo esclusivamente agli accadimenti connessi alla partita Reggina-Juventus per i quali la Commissione d‟Appello
Federale ha comminato all‟incolpato la sospensione di mesi tre, con decisione confermata da questa Corte.
2 - E‟ peraltro avvenuto, quando il maxi-procedimento era in corso, che in data 4.7.2006 l‟A.I.A. ha comunicato al ricorrente
un provvedimento con il quale il Presidente della Commissione Nazionale di Disciplina di I grado, accogliendo una richiesta
della Procura Arbitrale, aveva ritenuto di fare applicazione dell‟art. 30, comma 4, del Regolamento dell‟A.I.A., disponendo "in
via d'urgenza ed eccezionale" la sospensione cautelare del Paparesta per mesi due; e ciò richiamando le medesime condotte
oggetto di esame nella relazione dell‟Ufficio Indagini, nonché l‟atto di deferimento della Procura Federale. Avverso tale
provvedimento è insorto il Paparesta con il primo dei due ricorsi in esame, con il quale, ai sensi dell‟art. 32, comma 5, Statuto
federale (non essendovi strumenti propri di impugnazione dell‟atto in parola), ha chiesto l‟annullamento dell‟atto, ritenuto
illegittimo in quanto posto in essere in relazione a condotte devolute alla cognizione degli organi di giustizia federali. E ciò,
secondo il ricorrente, sia in applicazione delle norme che regolano il riparto di giurisdizione, tra giustizia federale e giustizia
domestica dell‟A.I.A., sia per la pronuncia (già emessa in primo grado dalla C.A.F. e poi confermata da questa Corte con
decisione 4 agosto 2006) di attrazione presso i più alti organi di giustizia federale della cognizione delle condotte oggetto della
relazione dell‟Ufficio Indagini trasmessa alla Procura Federale quale organo competente, anche se ascrivibili a soggetti
sottoposti ad altre giurisdizioni interne all‟ordinamento calcistico. In subordine il ricorrente ha dedotto l‟abnormità del
provvedimento (di urgenza) di sospensione impugnato, atteso che la norma applicata richiede condotte di particolare gravità,
sicuramente non riscontrabili nella specie, come è dimostrato dal fatto che la competente Procura Federale ha omesso
qualsivoglia richiesta di inibizione cautelare. In conclusione, il Paparesta chiedeva a questa Corte - che all‟epoca ancora non
aveva concluso il maxi-procedimento - che venisse in via incidentale affermato il carattere esaustivo della sanzione inflittagli
dalla C.A.F. con riguardo al complesso delle condotte oggetto dell‟accertamento dell‟Ufficio Indagini trasmesso alla Procura
Federale. Sul punto questa Corte - con ordinanza adottata prima della decisione – osservava da un lato come la pendenza del
procedimento precludesse la possibilità di assoggettamento ad ulteriore sanzione della medesima condotta, e dall‟altro come in
ogni caso fosse computabile nella “pena” irrogata la “eventuale sospensione cautelare comminata dall‟A.I.A.”.
3 - E' poi avvenuto che, avendo la Commissione Nazionale di Disciplina di I grado proseguito nel proprio procedimento
disciplinare per la condotta relativa ai richiamati contatti del Paparesta con il Meani, la stessa adottava la deliberazione n. 6 in
data 4 settembre 2006 con la quale, valutato definitivamente il comportamento del Paparesta, infliggeva al medesimo la
sospensione dal 20 ottobre 2006 al 19 giugno 2007. Il Paparesta, quindi, con il secondo ricorso, presentato in data 13 settembre
2006 ai sensi dell‟art. 32, comma 6, Statuto federale, ha chiesto alla Corte Federale quale giudice regolatore del sistema di
giustizia sportiva e giudice garante della corretta esecuzione delle proprie pronunce, di accertare l‟impossibilità per gli organi
disciplinari dell‟A.I.A. di conoscere e giudicare le condotte in discorso. Inoltre, e in evidente subordine, nel ricorso il Paparesta
ha chiesto che la Corte, nella denegata ipotesi in cui qualificasse come sostanzialmente alternativa nelle vicende in discorso la
giurisdizione domestica dell‟A.I.A., volesse accertare l‟illegittimità della norma interna di cui all‟art. 52, comma 4, del
Regolamento A.I.A., con la quale si inibisce all‟incolpato la difesa da parte di un difensore di fiducia che non sia tesserato
A.I.A., con violazione del diritto di difesa, disparità di trattamento e violazione di principi generali di equità e non
discriminazione cui lo Statuto federale è ispirato in coerenza con i principi della Carta costituzionale.
DIRITTO
I ricorsi in esame, afferendo ad una identica vicenda, vanno riuniti.
1. Come è noto e come innanzi ricordato, in sede di giustizia federale si è celebrato un maxi-procedimento avente ad oggetto i
rapporti tra dirigenti delle società calcistiche, dirigenti federali e appartenenti alla classe arbitrale nella stagione sportiva
2004/2005. Il procedimento è stato avviato dalla trasmissione in data 19.6.2006 di una diffusa relazione da parte dell‟Ufficio
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DECISIONI INTEGRALI DELLA CORTE FEDERALE - STAGIONE SPORTIVA 2006-2007
Indagini alla Procura Federale, che lo stesso Ufficio Indagini ha individuato quale organo competente ai sensi dell‟art. 27,
comma 6, del Codice di Giustizia Sportiva. Le ragioni della intestazione agli organi della giustizia federale della cognizione
delle complessive condotte (ed in a particolare alla Procura Federale quale organo d‟azione e alla C.A.F. in primo grado e a
questa Corte Federale in sede di appello, quali organi decidenti) sono state compiutamente evidenziate dalla C.A.F. nel
giudizio di primo grado con statuizione confermata da questa Corte. La C.A.F. infatti, già con l‟ordinanza in data 3.7.2006,
confermata in sede di decisione conclusiva del primo grado di giudizio, ha affermato l‟esistenza dei principi di connessione e
di attrazione presso i più alti organi della giustizia federale della cognizione di condotte che vedano coinvolti nello stesso
contesto dirigenti federali, dirigenti di società calcistiche ed esponenti della classe arbitrale, statuendo, in particolare che detta
regola “investe anche la posizione degli arbitri ai sensi dell‟art. 29 comma VII Statuto Federale e dell‟art. 3 comma 1 reg. AIA
entrambi i quali rinviano all‟art. 30 comma 3 dello stesso Statuto Federale”. Tale statuizione è stata confermata da questa
Corte “in conformità al principio di vis actractiva esercitata dall‟organo di giustizia sportiva di grado superiore rispetto alle
astrattamente ipotizzabili competenze di giudici di rango inferiore, fissato dagli artt. 37 comma 1, e 28, comma 7, CGS”. In
conseguenza, le condotte poste in essere dagli arbitri, astrattamente configurabili come violazioni del Regolamento A.I.A. (e
quindi di per sé astrattamente soggette alla giurisdizione domestica), sono state conosciute – in quanto verificatesi nel
richiamato contesto – dagli organi di giustizia federale (Procura Federale, C.A.F. e Corte Federale). Ovviamente il principio
opera a maggior ragione per condotte che non risultano contestabili esclusivamente in base alle norme tecniche del
Regolamento A.I.A., ma sono idonee astrattamente ad integrare la violazione di generali precetti contenuti nelle Carte Federali
(quale il principio di lealtà di cui all‟art. 1 C.G.S.). E ciò in quanto, in tali ipotesi, anche a prescindere dal richiamato principio
di attrazione, è l‟art. 29, comma 7, dello Statuto federale ad intestare la giurisdizione in capo agli organi di giustizia federale.
2. Come già ricordato, nel complessivo contesto in parola la posizione dell‟arbitro Paparesta ha assunto rilievo per i due
episodi, riferiti, il primo agli accadimenti relativi alla partita Reggina-Juventus, e l‟altro ai rapporti con il Meani e alla
segnalazione da parte di questo alla Presidenza del Consiglio dei Ministri delle vicende connesse alla procedura di infrazione
comunitaria sul Biodiesel.
2.1. Il primo ricorso, proposto in questa sede dal Paparesta, deve essere dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza di
interesse, in quanto, da un lato, il provvedimento impugnato (sospensione cautelativa per mesi due disposta dal Presidente
della Commissione Nazionale di Disciplina di I grado dell‟A.I.A.) risulta essere stato revocato e, dall‟altro, perché il suo
contenuto è assorbito dal provvedimento (definitivo) di sospensione per otto mesi oggetto del secondo ricorso.
2.2. Quest‟ultimo ricorso è fondato. Vanno richiamati al riguardo due principi, la cui osservanza è fondamentale per l‟ordinato
esercizio delle delicate funzioni di giustizia sportiva e che risultano essere stati pretermessi dall‟A.I.A. Il primo è quello che si
desume dal complesso delle disposizioni dello Statuto federale, del Codice di Giustizia Sportiva e dello stesso Regolamento
A.I.A., nel senso che vanno riconosciute la preminenza e la prevalenza della giustizia federale, rispetto alla quale quella
domestica dell‟A.I.A. non può che essere soltanto complementare. L‟altro principio, che ha carattere generale, in quanto
operante in ogni ordinamento e per tutti i tipi di procedimenti sanzionatori, è quello del divieto del bis in idem, che del resto è
stato già richiamato da questa Corte nella decisione conclusiva del cosiddetto maxiprocedimento, ove ha affermato che “la
pendenza del presente procedimento disciplinare precluda la possibilità di assoggettamento ad ulteriore sanzione in ogni
ambito e settore dell‟ordinamento federale della medesima condotta fenomenicamente intesa, fatta salva la possibilità da
parte dei competenti organi tecnici di dedurre dagli accertamenti racchiusi in via definitiva, nel presente giudizio elementi di
valutazione di ordine tecnico-professionale, ai fini propri del settore arbitrale”.
2.3. Nella specie, dei fatti ascritti al Paparesta solo il primo si sarebbe potuto in astratto prestare ad essere inquadrato
nell‟ambito disciplinare della normativa domestica, dove all‟arbitro viene fatto obbligo di fedele refertazione (art. 40, p. 2, lett.
g, Reg. A.I.A.); tuttavia l‟episodio è stato conosciuto dagli organi federali di giustizia sportiva sia perché astrattamente
integrante la violazione del generale canone di lealtà di cui all‟art. 1 C.G.S., sia per la richiamata vis actractiva della
competenza della giustizia federale anche sulle condotte degli arbitri inserite nel complessivo contesto innanzi richiamato.
Quanto al secondo episodio relativo ai contatti con il Meani e all‟attivazione di questo per la segnalazione a mezzo di Adriano
Galliani della vicenda Biodiesel alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, esso non può che rientrare, in applicazione dei
richiamati principi, nella cognizione della giustizia federale ed in particolare della C.A.F. in primo grado e di questa Corte in
ultima istanza, sia perché oggetto della complessiva indagine che ha dato il via al più volte richiamato maxi-procedimento, sia
perché riguarda direttamente dirigenti sportivi (Meani) e dirigenti federali (Galliani). Del resto, tutti gli episodi suindicati sono
stati valutati dalla Procura Federale. Per la condotta tenuta dal Paparesta nel dopo partita Reggina-Juventus la Procura ha
ritenuto di procedere al deferimento; la C.A.F. ha applicato la sanzione della sospensione per tre mesi; la decisione per questa
parte non è stata impugnata dalla Procura Federale e l‟appello del Paparesta è stato respinto dalla Corte Federale per cui la
sanzione è divenuta definitiva. Per l‟altro episodio, concernente la vicenda Meani-Galliani, la Procura, pur avendo avuto modo
di valutare la condotta del Paparesta, non ha adottato al riguardo alcun provvedimento espresso, né di deferimento, né di
archiviazione. Tale comportamento - tenuto conto del contesto in cui è stato posto in essere, della accuratezza delle indagini
svolte e della particolare attenzione posta dalla Procura Federale nella valutazione delle singole posizioni e degli specifici
episodi – non può essere considerato che come espressione di un giudizio di irrilevanza in ordine ai fatti in questione. Per i
quali – ripetesi – alla stregua delle considerazioni che precedono, sarebbe stata comunque da escludere la giurisdizione
domestica dell‟A.I.A. essendo essi sussumibili – sia in via diretta che in virtù della già richiamata vis actractiva – nella sfera di
applicabilità dell‟art. 1 del Codice di Giustizia Sportiva e, conseguentemente, nella giurisdizione degli organi della giustizia
federale.
3. Per le considerazioni che precedono, ritenute assorbite le restanti questioni, il primo ricorso deve essere dichiarato
improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse ed il secondo deve essere accolto, con conseguente annullamento del
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provvedimento sanzionatorio della Commissione Nazionale di Disciplina di I grado dell‟A.I.A., ribadendosi quanto già
affermato da questa Corte nella decisione sul c.d. maxi-procedimento secondo cui “la pena si considera espiata dal momento
iniziale in cui essa produce l‟effetto afflittivo, computando in essa anche la eventuale sospensione cautelare comminata
dall‟AIA”. Va disposta, per entrambi i ricorsi, la restituzione della tassa versata.
P.Q.M.
La Corte Federale, previa riunione dei due ricorsi, dichiara improcedibile il primo ed accoglie il secondo.
3. RICORSO DELL‟A.S.D. BORGOLAVEZZARO AVVERSO DECISIONI ADOTTATE DAL COMITATO REGIONALE
PIEMONTE VALLE D‟AOSTA DI CUI AL COM. UFF. N. 2 DEL 19 LUGLIO 2006
Con ricorso del 16.08.2006 l‟Associazione Sportiva Dilettantistica Borgolavezzaro, nella persona del suo Presidente e legale
rappresentante pro-tempore, Giuseppe Bechis, adiva questa Corte Federale affinché, “previe tutte le più opportune indagini
vengano adottati i provvedimenti più idonei ai fini della tutela dei diritti della associazione Sportiva Borgolavezzaro”.
In particolare la ricorrente lamentava che il Comitato Regionale Piemonte Valle d‟Aosta (con Comunicato Ufficiale n. 2 del
19.07.2006), attribuendo alla ricorrente un punteggio inferiore a quello dovuto (88 punti anziché i 108 che, secondo i criteri
stabiliti, sarebbero ad essa spettati), non consentiva all‟A.S.D. Borgolavezzaro di essere inserita nel Campionato di Prima
Categoria cui avrebbe avuto diritto. La ricorrente si rivolgeva a questa Corte non avendo avuto alcuna risposta alle numerose
sollecitazioni e richieste di rettifica del punteggio inviate al Comitato Regionale Piemonte V.A. osservando che
presumibilmente l‟erroneo punteggio attribuito era dovuto al mancato accredito di 20 punti relativi ad una circostanza di mero
fatto e cioè la presunta mancata partecipazione della A.S.D. Borgolavezzaro all‟assemblea del 14 dicembre 2002, assemblea
alla quale, viceversa, la ricorrente dichiarava di aver partecipato fornendo elementi di riscontro. E‟ da aggiungere che la Lega
Nazionale Dilettanti, con nota 28 settembre 2006, prot. 778/MC/bt, in risposta a richiesta di informazioni di questa Corte circa
l‟eventuale presentazione, da parte della ricorrente, di preventivo reclamo alla Lega, ai sensi dell‟art. 10, comma 1, del
Regolamento Lega Nazionale Dilettanti, precisava che in data 19.09.2006 la Società A.S.D. Borgolavezzaro aveva presentato
ricorso alla Lega e che quest‟ultima, il giorno successivo, aveva comunicato a detta Società (e per competenza al Comitato
Regionale Piemonte V.A.) “che le decisioni inerenti il completamento degli organici dei campionati…non sono impugnabili
nell‟ambito della Lega Nazionale Dilettanti ai sensi dell‟art. 25, comma 3, del Regolamento della L.N.D.”. In tale nota si
precisava, inoltre, che dagli elementi acquisiti dal Comitato Regionale emergeva che la rivendicazione di 20 punti per la
partecipazione della A.S.D. Borgolavezzaro all‟assemblea del 2002 non aveva trovato accoglimento in quanto i tabulati della
verifica dei poteri di tale assemblea regionale non avevano registrato la presenza della Società.
MOTIVI DELLA DECISIONE
E‟ da ritenere che la Società ricorrente, ancorché non ne faccia esplicita menzione nel ricorso, abbia adìto questa Corte
Federale ai sensi dell‟art. 32, comma 5, dello Statuto federale e dell‟art. 22, comma 3, del Codice di Giustizia Sportiva, ai sensi
dei quali ogni tesserato o affiliato alla F.I.G.C. può ricorrere alla Corte per tutelare “diritti fondamentali personali o associativi
che non trovino altri strumenti di garanzia nell‟ordinamento federale”. Preliminarmente occorre valutare l‟ammissibilità del
ricorso ai sensi delle disposizioni sopraindicate. In proposito si deve precisare che il diritto fondamentale personale ed
associativo, cui l‟ordinamento della giustizia sportiva riconnette l‟effetto di legittimare la competenza di questa Corte Federale
a pronunziarsi sulla sua esistenza per tutelarne la portata in assenza di altri strumenti che ne garantiscano nell‟ordinamento
sportivo la tutela, non può essere individuato, nel caso di specie, nella presunta ingiustizia collegata alla mancata ammissione
al Campionato di prima categoria da disputarsi nella stagione sportiva 2006/2007. Ed infatti, come emerge con chiarezza dal
contenuto del ricorso, la situazione giuridica soggettiva che la Società ricorrente tende a tutelare è, nel caso di specie, un mero
interesse di fatto, collegato ad un presunto errore materiale nella valutazione del punteggio da assegnare per la partecipazione
all‟assemblea del 2002, peraltro non risultante dai tabulati ufficiali. Si tratta, dunque, di una circostanza di mero fatto che non
può certo assurgere a diritto fondamentale personale o associativo, come tale tutelabile innanzi a questa Corte Federale. Ciò
peraltro non esclude che gli organi competenti della Lega debbano farsi carico di quanto segnalato dalla A.S.D.
Borgolavezzaro prefigurando opportuni criteri organizzativi che garantiscano ai partecipanti ad un‟assemblea che la loro
presenza sia registrata e provata in maniera adeguata. Il ricorso deve, pertanto, essere dichiarato inammissibile, con
conseguente incameramento della tassa versata.
P. Q. M.
La Corte Federale dichiara il ricorso inammissibile.
4. RICORSO AI SENSI DELL‟ART. 32, COMMA 5, STATUTO F.I.G.C. E ART. 22, COMMA 3, CODICE DI GIUSTIZIA
SPORTIVA, DELLA SOCIETA‟ RAVENNA CALCIO PER LESIONE DIRITTI SPORTIVI
Con ricorso del 22.08.2006 la Società Ravenna Calcio s.r.l., adiva, ai sensi degli articoli 32, comma 5, dello Statuto federale e
22, comma 3, del Codice di Giustizia Sportiva, questa Corte Federale chiedendo che venissero tutelati “i diritti fondamentali
propri ed associativi” che sarebbero stati lesi dalla delibera del Consiglio Direttivo della Lega Professionisti di Serie C
(L.P.S.C) di cui al Comunicato Ufficiale n. 62 del 18.08.2006. Tale delibera, nel provvedere alla composizione dei gironi dei
Campionati di Serie C/1 per la stagione sportiva 2006/2007, inseriva la Società ricorrente nel girone B (centrosud) anziché in
quello A (centro-nord), ove invece il Ravenna Calcio era sempre stato collocato negli anni precedenti, sulla base di un criterio
obiettivo, quello geograficoterritoriale, al quale si sarebbe derogato, nel caso in esame e stando ad indicazioni ufficiose, per
ragioni strettamente politiche e cioè per evitare di dividere in due gironi le sei società toscane partecipanti al campionato.
Secondo la ricorrente il provvedimento impugnato provocherà un gravissimo pregiudizio economico al Ravenna Calcio che
inciderà sulla sua possibilità di adempiere agli obblighi nei confronti dei propri dipendenti ed anche sulla stessa regolarità del
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campionato da disputarsi. E ciò, sia per l‟aggravio dei costi delle trasferte di molte gare, con distanze superiori ai mille
chilometri, per le quali si renderà necessario un impegno non più limitato al sabato ed alla domenica con conseguente
impossibilità per i calciatori di godere del riposo del lunedì sindacalmente garantito dall‟Accordo Collettivo A.I.C.-Leghe, sia
per l‟impossibilità, in tali evenienze, di procedere nei normali programmi settimanali di allenamento con iper-affaticamento
fisico e psichico dei calciatori e conseguente riduzione della preparazione atletica e della carica agonistica sia per l‟inevitabile
riduzione del sostegno dei tifosi. Pertanto, ad avviso della Società ricorrente la deliberazione in esame va annullata in quanto
viziata da difetto di motivazione ufficiale, da contraddittorietà della motivazione ufficiosa, da sviamento delle norme
dell‟ordinamento sportivo e da eccesso di potere anche perché l‟eventuale necessità di tener conto del “blocco delle sei
toscane” si sarebbe potuta perseguire senza contravvenire al criterio geografico-territoriale, mantenendo il Ravenna nel girone
A e collocando le sei toscane, tutte più a sud di Ravenna, nel girone B. La Lega Professionisti Serie C ha fatto pervenire via fax
a questa Corte una memoria - inviata anche alla ricorrente – nella quale ha formalizzato la propria opposizione nei confronti
dell‟irrituale istanza proposta dalla Società Ravenna Calcio S.r.l.. In particolare in
essa si contesta sia l‟applicabilità del rimedio speciale ex art. 32, comma 5, dello Statuto federale, non vertendosi, nel caso di
specie, in materia di diritti fondamentali associativi, sia la sindacabilità e l‟impugnabilità delle delibere della Lega in materia di
formazione dei gironi, ai sensi dell‟art. 25, comma 2, dello Statuto della Lega Professionisti Serie C. Quanto al merito l‟istanza
del Ravenna Calcio viene ritenuta destituita di ogni fondamento in quanto il Consiglio di Lega ha deliberato nella sua
autonomia “di perseguire l‟obiettivo di una competizione territoriale più ampia fra le società di C/1, consentendo anche il
confronto Nord-Sud”. Nel corso dell‟udienza di discussione le parti hanno illustrato oralmente le proprie ragioni ribadendo le
tesi espresse nel ricorso e nella memoria in opposizione. MOTIVI DELLA DECISIONE
Occorre preliminarmente valutare l‟ammissibilità del ricorso in esame motivato, dalla Società ricorrente, sotto il duplice
profilo: a) della tutela dei diritti fondamentali personali ed associativi; b) dell‟assenza nell‟ordinamento federale di un apposito
strumento di garanzia avverso la delibera contestata. Va subito precisato che il diritto fondamentale personale ed associativo
cui l‟ordinamento della giustizia sportiva riconnette l‟effetto di legittimare la competenza di questa Corte Federale a
pronunziarsi sulla sua esistenza per tutelarne la portata in assenza di altri strumenti che garantiscano nell‟ordinamento sportivo
la ricorribilità non può essere individuato, nel caso di specie, nel presunto pregiudizievole interesse, di ordine economico e di
rendimento agonistico, del Ravenna Calcio, collegato alla collocazione in un girone anziché in un altro della medesima serie
nel campionato da disputarsi nella stagione sportiva 2006/2007. Quello che, ad avviso della ricorrente, costituirebbe un diritto
fondamentale personale ed associativo, come tale tutelabile - in presenza dell‟ulteriore requisito della mancanza di altri
strumenti di garanzia nell‟ordinamento giuridico – innanzi a questa Corte, non può essere riconosciuto e qualificato per tale nel
caso di specie: la situazione giuridica soggettiva che la Società ricorrente tende a tutelare, infatti, è quella di un mero interesse
di fatto volto a privilegiare una determinata composizione di un girone del campionato piuttosto che un'altra. Tale circostanza,
peraltro, che pur potrebbe, astrattamente argomentando, produrre effetti sul duplice piano, dalla stessa ricorrente evidenziato,
economico (maggiorazione delle spese) ed agonistico (trasferte più lunghe e faticose che incidono sul rendimento atletico), non
appare idonea a trasformare un interesse concreto, ma pur sempre di mero fatto, in un diritto, addirittura fondamentale,
personale o associativo. A ben vedere l‟attività di articolazione in più gironi dei campionati della Lega Professionisti di Serie C
(ma il discorso non è diverso per la Lega Nazionale Dilettanti) è attività di mera organizzazione che, nell‟ambito di quel vero e
proprio diritto conquistato sul campo e costituito dalla partecipazione al campionato della propria serie, non può produrre
effetti di riconoscimento o violazione di diritti fondamentali. E proprio per la natura meramente organizzativa di tale attività certamente non incidente su veri e propri diritti soggettivi, tanto meno se da qualificare fondamentali - che ha decisivi riflessi
sul regolare, tempestivo inizio dei campionati che l‟art. 25, comma 2, dello Statuto della Lega Professionisti di Serie C
stabilisce che non è ammesso reclamo contro la formazione dei gironi stessi (come del resto, analogamente, il corrispondente
art. 25, commi 3 e 4, del Regolamento della Lega Nazionale Dilettanti). E tuttavia, tale non casuale esclusione della
reclamabilità o ricorribilità dell‟attività meramente organizzativa della composizione dei gironi non può certamente, ad avviso
di questa Corte, essere ricollegata, come impropriamente si legge nella memoria in opposizione della Lega, ad una pretesa
“assoluta discrezionalità” ed “autonomia sovrana” della Lega stessa, ma discende da mere esigenze di ordine praticoorganizzativo, peraltro superabili con indicazioni normative più dettagliate e circoscritte, per cui è auspicabile che il Consiglio
Direttivo della Lega Professionisti di Serie C eserciti tale attività di collocazione delle società aventi diritto nei gironi sulla
base di espliciti criteri preventivamente predeterminati.
Il ricorso deve, pertanto, essere dichiarato inammissibile, con conseguente incameramento della tassa versata.
P. Q. M.
La Corte Federale dichiara il ricorso inammissibile.
5. RICHIESTA DEL COMMISSARIO STRAORDINARIO AI SENSI DELL‟ART. 32, COMMA 8, STATUTO F.I.G.C., E
ART. 22, COMMA 1, LETT. A), CODICE DI GIUSTIZIA SPORTIVA, PER L‟INTERPRETAZIONE DEL C.U. N. 180/A
DEL 1.3.2006 CON RIFERIMENTO AI PREMI INDIVIDUALI E COLLETTIVI
Con nota del 22.9.2006, il Commissario Straordinario ha chiesto a questa Corte di esprimere, ai sensi dell‟art. 22, comma 1,
C.G.S., il proprio parere sui quesiti formulati dal Presidente della Lega Nazionale Professionisti e relativi alla riconducibilità
alle previsioni di cui al C.U. n. 180/A del 31 marzo 2006 dei premi collettivi ed individuali pattuiti ai sensi dell‟art. 93 N.O.I.F.
tra l‟A.C.F. Fiorentina S.p.A. ed i propri calciatori riferiti a qualificazioni o classificazioni finali al termine della stagione
sportiva 2005/2006. In particolare, si chiede se tali emolumenti debbano essere corrisposti dalla società ai propri calciatori nel
termine fissato dal C.U. prima citato, in modo che la stessa Lega possa certificarne, nei confronti della CO.VI.SO.C,
tempestivamente il pagamento. Il dubbio sollevato dalla Lega nasce dalla circostanza che i premi in questione avevano
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riferimento ad un piazzamento in classifica dell‟A.C.F. Fiorentina tale da consentire la partecipazione nella presente stagione
sportiva a competizioni europee e che, malgrado il risultato sperato fosse stato conseguito, la concreta partecipazione a tali
manifestazioni era preclusa dalla sanzione disciplinare inflitta a tale società per effetto del compimento di illecito sportivo. Si
chiede, pertanto, se tali premi debbano essere comunque corrisposti e se ad essi possa riconoscersi il carattere della certezza,
liquidità ed esigibilità. La Corte ha disposto l‟acquisizione degli accordi individuali e collettivi di cui si tratta. Ciò premesso, la
Corte preliminarmente osserva che, ai sensi dell‟art. 93 N.O.I.F., possono accedere ai contratti tra società e tesserati clausole
che prevedano la corresponsione di premi collettivi per ciascuna competizione agonistica e riferiti a qualificazioni o
classificazioni finali, nonché premi individuali ad esclusione dei premi partita, purchè risultanti da accordi tempestivamente
depositati. Ora, dalla documentazione acquisita, è emerso che la A.C.F. Fiorentina ha stipulato con i propri calciatori in vista
della stagione sportiva 2005/2006 sia accordi individuali che prevedono la corresponsione di un premio individuale lordo di
misura variabile per ciascun atleta “in caso di raggiungimento della posizione in classifica finale di campionato tale da
consentire alla società di disputare nella stagione successiva le gare di Coppa U.E.F.A. ad eccezione dell‟Intertoto” sia un
accordo relativo a premi collettivi per una misura globale variabile per il caso di conseguimento di piazzamento in classifica
che consentisse alla società di partecipare nella stagione 2006/2007 rispettivamente alla Champion‟s League o alla Coppa
U.E.F.A. (ad esclusione dell‟Intertoto). La lettera e lo spirito delle previsioni contrattuali in parola sono tali, ad avviso della
Corte, che appare evidente che la corresponsione dei premi, individuali e collettivi in parola, è condizionata esclusivamente al
raggiungimento del piazzamento in classifica idoneo a consentire alla Società di disputare nella stagione sportiva successiva le
gare relative alle competizioni prima menzionate. Nelle clausole in parola non è fatto alcun cenno alla necessità che, ai fini
della corresponsione dei premi, la partecipazione alle competizioni europee avvenga in concreto né è presa in esame l‟ipotesi
che la classifica finale del Campionato di Serie A 2005/2006 nei termini conseguenti ai risultati sportivi potesse essere
modificata per effetto di circostanze o eventi estranei ai risultati sportivi stessi. E ciò perché è agevole ricostruire la comune
intenzione delle parti nel senso di premiare le prestazioni sportive dei calciatori che fossero state in grado di conseguire la
precondizione indispensabile per la disputa delle competizioni europee nella stagione successiva. Non era richiesto, e sarebbe
stato incompatibile con lo spirito delle pattuizioni, che la partecipazione della società effettivamente avvenisse, trattandosi di
evento estraneo al potere delle parti e sicuramente alle obbligazioni di natura esclusivamente tecnicoagonistica dei calciatori.
Deve quindi ritenersi che la circostanza condizionante la corresponsione dei premi individuali e collettivi sia maturata per il
solo fatto del piazzamento in classifica in posizione utile per la disputa delle competizioni europee. La conseguenza
dell‟avveramento della condizione è, da un canto, che gli emolumenti in parola, in quanto costituenti debiti della società nei
confronti dei propri tesserati, soggiacciono alle prescrizioni fissate dal C.U. n.180/A nei termini e nelle parti richiamati nella
richiesta di parere, e, d‟altro canto, che i crediti maturati a favore dei calciatori sono precisi e determinati nell‟ammontare e non
necessitano di ulteriori forme di accertamento ai fini della loro acquisizione, una volta realizzato il risultato sportivo.
Conclusivamente, la Corte esprime il seguente parere:
1°) i premi collettivi per obiettivi specifici riferiti a qualificazioni o classificazioni finali, nonché i premi individuali di cui
all‟art. 93 N.O.I.F., rientrano nella previsione del C. U. n.180/A del 31 marzo 2006, ed in particolare di quella dell‟allegato A
lett. C) in fondo, con la conseguenza che le Leghe devono certificare alla CO.VI.SO.C. entro il 16 gennaio 2007 l‟avvenuto
pagamento entro il termine del 31 ottobre 2006 da parte delle società degli emolumenti pattuiti per il conseguimento della
qualificazione o classificazione;
2°) la condizione apposta negli accordi individuali e collettivi stipulati con i propri tesserati dalla A.C.F. Fiorentina S.p.A. per
la stagione sportiva 2005/2006 deve ritenersi avverata una volta conseguita, al termine di essa, una posizione in classifica tale
da consentire alla società stessa la futura partecipazione alle competizioni europee indicate in tali accordi;
3°) i crediti nascenti a favore dei calciatori per effetto dell‟avveramento della condizione di cui al punto 2°) hanno carattere di
certezza, liquidità ed esigibilità, una volta verificatosi l‟evento sportivo dedotto in condizione negli accordi collettivi ed
individuali di cui sopra.
P.Q.M.
Esprime il parere nei sensi di cui in motivazione.
TESTI DELLE DECISIONI RELATIVE AL COMUNICATO UFFICIALE N.10/CF DEL 22 DICEMBRE 2006
1. RICORSO AI SENSI DELL‟ART. 32, COMMA 7, STATUTO F.I.G.C. E ART. 38, CODICE GIUSTIZIA SPORTIVA
DEL SIG. MARCO PACENZA AVVERSO LA SANZIONE DELL‟INIBIZIONE PER ANNI QUATTRO INFLITTA A
SEGUITO DEL DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE
(Delibera C.A.F. Com. Uff. n. 51/C del 21 giugno 2005)
La Corte Federale, decidendo sul ricorso come in epigrafe proposto dal Signor Marco Pacenza, in parziale accoglimento riduce
la sanzione dell‟inibizione inflitta al ricorrente ad anni tre e dispone restituirsi la tassa versata.
2. RICORSO DEL PROCURATORE FEDERALE AI SENSI DELL‟ ART. 22, COMMA 1, LETT. b), CODICE GIUSTIZIA
SPORTIVA, IN ORDINE ALL‟INCOMPATIBILITA‟ A CARICO DEL DOTT. ANTONIO GUASTONI
La Corte Federale dichiara improcedibile il ricorso per sopravvenuto difetto di interesse.
3. RICORSO AI SENSI DELL‟ART. 32, COMMA 5, STATUTO F.I.G.C. E ART. 22, COMMA 1, LETT. c) CODICE DI
GIUSTIZIA SPORTIVA, DELL‟ASSOCIATO ANTONIO DATTILO PER LA TUTELA DEI DIRITTI SPORTIVI E
ASSOCIATIVI
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DECISIONI INTEGRALI DELLA CORTE FEDERALE - STAGIONE SPORTIVA 2006-2007
La Corte Federale decidendo sul ricorso come sopra proposto dall‟associato A.I.A. Sig. Antonio Dattilo lo respinge e dispone
l‟incameramento della tassa versata.
4. RICORSI EX ART. 32, COMMA 5, STATUTO F.I.G.C. DEGLI ASSOCIATI SIG. LAVAGNINI GIULIANO E SIG.
MORETTI MORENO AVVERSO IL PROVVEDIMENTO DEL COMITATO REGIONALE TOSCANA DELL‟A.I.A. DI
SOSTITUZIONE IN SENO ALLA COMMISSIONE DISCIPLINARE REGIONALE
La Corte Federale decidendo sui ricorsi come in epigrafe proposti dai Sig.ri Giuliano Lavagnini e Moreno Moretti, li respinge e
dispone l‟incameramento delle tasse versate.
5. RICORSO AI SENSI DELL‟ART. 32, COMMA 7, STATUTO F.I.G.C. E ART. 38, CODICE DI GIUSTIZIA SPORTIVA
DEL SIGNOR CARMELO TRIPODI AVVERSO LA SANZIONE DELL‟INIBIZIONE DI MESI SEI INFLITTA A
SEGUITO DEL DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE (
Delibera C.A.F. Com. Uff. n. 10/C del 13-09-2006)
La Corte Federale dichiara il ricorso inammissibile, ai sensi dell‟art. 33 comma 2 C.G.S., per tardività.
6. RICHIESTA DI PARERE DEL PRESIDENTE FEDERALE, EX ARTT. 30, COMMA 9, DELLO STATUTO FEDERALE
E 19, COMMA 1, DEL CODICE DI GIUSTIZIA SPORTIVA, SU ISTANZA DI RIABILITAZIONE DI TESSERATI
La Corte Federale:
- vista la richiesta di parere formulata dal Commissario Straordinario in ordine all‟istanza di riabilitazione proposta dal
dirigente Giuseppe ZECCA;
- tenuto conto che ricorrono le condizioni soggettive richieste dall‟art. 19 C.G.S. e che può attendibilmente presumersi che
l‟infrazione commessa non venga più ripetuta;
esprime parere favorevole all‟accoglimento dell‟istanza di riabilitazione avanzata dal dirigente Giuseppe ZECCA.
La Corte Federale:
- vista la richiesta di parere formulata dal Commissario Straordinario in ordine all‟istanza di riabilitazione proposta dal
calciatore Roberto DE PONTE
- tenuto conto che ricorrono le condizioni soggettive richieste dall‟art. 19 C.G.S. e che può attendibilmente presumersi che
l‟infrazione commessa non venga più ripetuta;
esprime parere favorevole all‟accoglimento dell‟istanza di riabilitazione avanzata dal calciatore Roberto DE PONTE.
La Corte Federale:
- vista la richiesta di parere formulata dal Commissario Straordinario in ordine all‟istanza di riabilitazione proposta dal
calciatore Endrio BATTISTI.
- tenuto conto che ricorrono le condizioni soggettive richieste dall‟art. 19 C.G.S. e che può attendibilmente presumersi che
l‟infrazione commessa non venga più ripetuta;
esprime parere favorevole all‟accoglimento dell‟istanza di riabilitazione avanzata dal calciatore Endrio BATTISTI.
La Corte Federale:
- vista la richiesta di parere formulata dal Commissario Straordinario in ordine all‟istanza di riabilitazione proposta dal
calciatore Annunziato LISCIOTTO.
- tenuto conto che ricorrono le condizioni soggettive richieste dall‟art. 19 C.G.S. e che può attendibilmente presumersi che
l‟infrazione commessa non venga più ripetuta;
esprime parere favorevole all‟accoglimento dell‟istanza di riabilitazione avanzata dal calciatore Annunziato LISCIOTTO.
7. RICHIESTE DI PARERE DEL COMMISSARIO STRAORDINARIO, EX ARTT. 30, COMMA 9, DELLO STATUTO
FEDERALE E 20 DEL CODICE DI GIUSTIZIA SPORTIVA, SU ISTANZE DI GRAZIA DI TESSERATI
La Corte Federale, dopo l‟illustrazione da parte dei relatori, ha formulato, in merito alle istanze dei sottonotati tesserati, i pareri
di competenza così come di seguito riportati:
calciatori
Vincenzo CALICCHIA (istanza reiterata):
la Corte Federale,
- vista la richiesta di parere formulata dal Commissario Straordinario in ordine all‟istanza di grazia inoltrata dal calciatore
CALICCHIA Vincenzo, in relazione alla squalifica inflittagli fino al 25 marzo 2008;
- esaminata la documentazione in atti;
- tenuto conto delle risultanze degli atti, delle circostanze del caso e del sofferto;
esprime parere favorevole all‟accoglimento dell‟istanza avanzata dal calciatore Vincenzo CALICCHIA.
Antonio SOLARE:
la Corte Federale,
- vista la richiesta di parere formulata dal Commissario Straordinario in ordine all‟istanza di grazia inoltrata dal calciatore
SOLARE Antonio, in relazione alla squalifica inflittagli fino al 30 giugno 2007;
- esaminata la documentazione in atti;
- tenuto conto delle risultanze degli atti, delle circostanze del caso, della giovane età del
calciatore e del sofferto;
esprime parere favorevole all‟accoglimento dell‟istanza avanzata dal calciatore Antonio SOLARE. Luciano SCOLLA:
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DECISIONI INTEGRALI DELLA CORTE FEDERALE - STAGIONE SPORTIVA 2006-2007
la Corte Federale,
- vista la richiesta di parere formulata dal Commissario Straordinario in ordine all‟istanza di grazia inoltrata dal calciatore
SCOLLA Luciano, in relazione alla squalifica inflittagli fino al 30 ottobre 2007;
- esaminata la documentazione in atti;
- tenuto conto delle risultanze emerse dagli atti e delle circostanze rilevanti;
esprime parere favorevole all‟accoglimento dell‟istanza avanzata dal calciatore Luciano SCOLLA.
calciatori
Francesco IACONIS – Francesco SOLOPERTO – Francesco GIANNOCCARO – Daniele NUCCIO – Rocco STEFANINI –
Pasquale COLELLA – Ivan DARRA – Andrea ROMANO – Federico CERUSO – Emanuele MARIGLIANO – Stefano
FIRICANO – Elisabetta BURLANDO – Gianluca NURCHIS – Alessandro RUZZA – Agostino ROSSI – Emanuele
DEFENDI – Teodoro FAELLA – Vittorio IEMME – Giuseppe NUZZI – Mauro LUPIDI – Mirko PORCARELLI – Pietro
RAGO – Onofrio PRISCO – Stefano SIPONE – Tristano VALLE – Marco FARAONI – Francesco CORSI – Fabio ROFFI –
Antonio MASTANDREA – Graziano FRATANTONIO – Gaetano CIPITÌ – Yuri POZZI – Alessandro FIORAVANTI –
Daniele MAURINI – Marco PALAZZO – Luigi ANNECCHIARICO – Massimo MORREALE RANDAZZO – Simone
MARTORELLA – Giuseppe SORACE – Giacinto MURACA – Maurizio PIRRELLO – Mirko BECCACCIOLI – Davide
CASTAGNA – Riccardo GARUGLIERI – Nobile PARMIGIANO – Giovanni Battista GULLO – Sergio GUIDO – Vlad
VALENTIN – Francesco BRANCACCIO – Gezim CAKA – Sabatino DELLA MARCA – Giovanni CARUSO – Aurelio
ANDREOLI – Remo MARCHELLI – Federico SAVIA
sfavorevole, in quanto la Corte non ha ritenuto sussistenti i presupposti idonei per la concessione dell‟invocato beneficio.
Santo PATTI – Domenico ANNECCHIARICO – Nicola MONTUORI – Gianluca ROCCHI – Lorenzo PULITI – Fabio DE
LUCA – Santo RESTIVO
sfavorevole, in quanto la Corte non ha ritenuto, allo stato, sussistenti i presupposti idonei per la concessione dell‟invocato
beneficio.
Leonardo NETTIS – Luca MODUGNO – Cristiano GIGLI – Diego Antonio GUADAGNO – Maurizio BOCCHETTI (istanze
reiterate)
sfavorevole, in quanto non sono emersi elementi nuovi, idonei per la concessione del richiesto beneficio, già negato in
precedenza. tecnici
Francesco LAZAZZARA (arbitro)
sfavorevole, in quanto la fattispecie non rientra tra quelle di cui all‟art. 19 del Codice di Giustizia Sportiva.
Alfonso LAMBERTI (istanza reiterata)
sfavorevole, in quanto non sono emersi elementi nuovi, idonei per la concessione del richiesto beneficio, già negato in
precedenza. dirigenti
Raffaele GENTILE
sfavorevole, in quanto la Corte non ha ritenuto sussistenti i presupposti idonei per la concessione dell‟invocato beneficio.
TESTI DELLE DECISIONI RELATIVE AL COMUNICATO UFFICIALE N.11/CF DELL 8 FEBBRAIO 2007
1. RICORSO AI SENSI DELL‟ART. 32, COMMA 7, STATUTO F.I.G.C. E ART. 38, CODICE GIUSTIZIA SPORTIVA
DEL SIG. MARCO PACENZA AVVERSO LA SANZIONE DELL‟INIBIZIONE PER ANNI QUATTRO INFLITTA A
SEGUITO DEL DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE
(Delibera C.A.F. Com. Uff. n. 51/C del 21 giugno 2005)
Con ricorso in data 25 luglio 2006 il Sig. Marco Pacenza ha impugnato la delibera della Commissione d‟Appello Federale con
cui gli veniva inflitta l'inibizione per anni quattro. La decisione della C.A.F. era intervenuta a seguito del deferimento del
Procuratore Federale con il quale si specificava quanto segue. 1 – Tra il Sig. Pacenza, Presidente della Sez. A.I.A. di Rossano,
e due dirigenti della società Castrovillari, Sigg.ri Tricarico Fabio e Fiore Gianluca, era intercorso un colloquio telefonico che
era stato registrato. La registrazione era stata acquisita agli atti con il relativo supporto e trascritta dall'Ufficio Indagini. Da tale
colloquio risultava che il Pacenza aveva offerto ai dirigenti del Castrovillari la sua collaborazione per consentire una più
agevole promozione nella categoria superiore della suddetta società. In particolare, tale aiuto sarebbe dovuto consistere
nell'avvicinamento di arbitri e/o di tesserati di squadre avversarie per ottenere arbitraggi favorevoli ed un limitato impegno da
parte degli avversari di turno. Il Pacenza aveva addirittura quantificato sotto il profilo economico tale sua opera, richiedendo
per il suo interessamento la somma di complessivi euro 10.000,00, di cui 5.000,00 subito e i rimanenti a risultato conseguito. I
Sigg.ri Tricarico e Fiore, innanzi ai collaboratori dell'Ufficio Indagini, confermavano i contenuti del colloquio. Nel
deferimento della Procura Federale si faceva riferimento anche ad altri episodi i quali peraltro non hanno avuto alcun riscontro
istruttorio. La C.A.F. riteneva i deferiti responsabili per le violazioni loro ascritte e per l'effetto infliggeva al sig. Marco
Pacenza la sanzione della inibizione per anni quattro. I motivi di appello proposti sono due. Con il primo si contesta la
competenza della Commissione di Appello Federale ad esaminare la vicenda. In buona sostanza assume il ricorrente che
quest‟ultima è competente ad esaminare vertenze nelle quali sono coinvolti i Dirigenti Federali e sarebbe da escludere che il
Pacenza fosse un Dirigente Federale. Con il secondo motivo il ricorrente sostiene che la sanzione inflitta sia "eccessiva ed
inusitata"; specifica anzi che "nulla della condotta addebitata al Pacenza giustifica tanta severità e rigidezza". Tale assunto
viene corroborato riportando le sanzioni che in precedenza la Corte Federale ha inflitto nei confronti di altri soggetti
recentemente deferiti. Conclude, quindi, il Pacenza formulando le seguenti richieste: "a) dichiarare la nullità ed illegittimità
dell'impugnata delibera di primo grado per difetto di competenza della C.A.F. in favore della Commissione Disciplinare,
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DECISIONI INTEGRALI DELLA CORTE FEDERALE - STAGIONE SPORTIVA 2006-2007
stante l'inapplicabilità al caso di specie dell'art. 31 comma 1 dello Statuto F.I.G.C., non potendo l'Arbitro essere considerato
un Dirigente Federale, con conseguente rimessione degli atti alla Procura Federale per un nuovo deferimento; b) ove non
fosse possibile prosciogliere il PACENZA da qualunque addebito, quanto meno ridurre congruamente e sensibilmente la
sanzione inflitta allo stesso in prima istanza, anche alla luce dei recentissimi autorevoli precedenti citati in narrativa." 2 - Il
primo motivo non è meritevole di accoglimento. Non è contestato che la C.A.F. sia competente a giudicare in primo grado in
ordine a deferimenti dei Dirigenti Federali. Con riguardo al caso di specie, non può dubitarsi che il Pacenza debba ritenersi
dirigente federale; egli infatti è Presidente di Sezione A.I.A. e tale funzione è senz‟altro assimilabile a quella dei dirigenti.
Pertanto, ai sensi dell'art. 31, comma 1, Statuto F.I.G.C., la C.A.F. era competente a conoscere della vicenda. 3 - Per quanto
concerne il merito, gli elementi istruttori acquisiti non lasciano dubbi sull'esistenza degli elementi oggettivi e soggettivi delle
violazioni contestate all'appellante. Il suo comportamento merita, pertanto, di essere sanzionato. Quanto alla misura della
sanzione, anche tenendo conto delle decisioni adottate dalla Corte Federale in altri casi, si ritiene congruo che essa sia stabilita
nella inibizione per tre anni. P.Q.M. La Corte Federale, decidendo sul ricorso come in epigrafe proposto dal Signor Marco
Pacenza, in parziale accoglimento riduce la sanzione dell‟inibizione inflitta al ricorrente ad anni tre e dispone restituirsi la tassa
versata.
2. RICORSO DEL PROCURATORE FEDERALE AI SENSI DELL‟ ART. 22, COMMA 1, LETT. b), CODICE GIUSTIZIA
SPORTIVA, PER L‟ACCERTAMENTO DELL‟INCOMPATIBILITA‟ A CARICO DEL DOTT. ANTONIO GUASTONI
Con atto dell‟11 settembre 2006 il Procuratore Federale investiva la Corte Federale, ai sensi degli artt. 32, comma 7, Statuto
F.I.G.C. e 22, comma 1, lett. b) C.G.S., promuovendo il giudizio di incompatibilità nei confronti del dott. Antonio Guastoni
per la carica ricoperta di Presidente del Collegio dei Revisori dei Conti della Lega Nazionale Professionisti e, nel contempo, di
Consigliere della Società Sampdoria Holding S.p.A., controllante della società calcistica U.C. Sampdoria Calcio S.p.A. facente
parte di quella Lega. Nella riunione della Corte del 4 ottobre 2006 il dott. Guastoni richiedeva termini per poter formulare le
proprie controdeduzioni, avendo avuto conoscenza degli atti del deferimento del Procuratore Federale solo pochi giorni prima
della data della riunione. La Corte concedeva termine fino al 20 ottobre per la produzione di memorie e documenti. Il dott.
Guastoni inviava note a difesa, dirette anche al Procuratore Federale, che la Segreteria della Corte riceveva in data 9 ottobre
2006. Con ulteriore nota prodotta entro il termine del 20 ottobre, il dott. Guastoni, dopo una puntuale ricostruzione dei fatti e
dopo l‟esposizione dei motivi tendenti a dimostrare l‟infondatezza dei rilievi mossi nei suoi confronti, comunicava di aver
rassegnato le proprie dimissioni dalla carica di Presidente del Collegio dei Revisori della Lega Nazionale Professionisti. Tale
situazione determina la improcedibilità del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse.
P.Q.M.
La Corte Federale dichiara improcedibile il ricorso per sopravvenuto difetto di interesse.
3. RICORSO AI SENSI DELL‟ART. 32, COMMA 5, STATUTO F.I.G.C. E ART. 22, COMMA 1, LETT. c) CODICE DI
GIUSTIZIA SPORTIVA, DELL‟ASSOCIATO ANTONIO DATTILO PER LA TUTELA DEI DIRITTI SPORTIVI E
ASSOCIATIVI.
Con ricorso ai sensi dell‟art. 32, comma 5, del Codice di Giustizie Sportiva Antonio Dattilo chiedeva a questa Corte di
annullare il provvedimento con il quale il precedente 13 luglio il Commissario Straordinario dell‟A.I.A. gli aveva comunicato
la mancata conferma nel ruolo degli arbitri a disposizione della Commissione Arbitri Nazionale (C.A.N.). Il ricorrente,
premessa l‟illustrazione del proprio curriculum sportivo e tecnico, lamentava la mancata motivazione del provvedimento
impugnato e comunque la sua incongruenza alla luce del punteggio medio conseguito al termine della scorsa stagione sportiva
superiore a quello di arbitri promossi alla serie superiore e provenienti dalla Commissione Arbitri Nazionale di Serie C. Il
ricorrente chiariva di aver adìto questa Corte sia perché l‟ordinamento non prevede alcuna forma di tutela diversa rispetto al
tipo di determinazione contro la quale egli reagiva, sia perché gli effetti del provvedimento impugnato erano tali da
compromettere i suoi diritti fondamentali, personali ed associativi. Il ricorrente lamentava, inoltre il contrasto nel quale
verserebbe il provvedimento impugnato rispetto alla normativa statutaria ed al Regolamento dell‟Associazione Italiana Arbitri
anche sotto il profilo della disparità di trattamento. Concludeva, chiedendo, in conseguenza dell‟annullamento dell‟atto, di
essere inserito nei ruoli di arbitro effettivo della C.A.N. per la stagione sportiva 2006/2007. Il ricorrente allegava documenti
relativi alle operazioni valutative poste in essere dalla C.A.N. da lui acquisiti a seguito di istanza di accesso proposta ai sensi
della legge 241 del 1990. La parte veniva ascoltata nel corso della seduta destinata alla trattazione del procedimento.
In diritto
Va in primo luogo osservato che il ricorso si rivela ammissibile in quanto è diretto a tutela di una posizione, consistente nel
mantenimento dello status di arbitro effettivo, che riveste un‟indubbia rilevanza soggettiva (per il prestigio della carica e la
positività degli effetti che ne riverberano nella sfera professionale e morale del titolare) e oggettiva (per la centralità della
figura arbitrale nella vita federale e per la sua attitudine a garantire il regolare svolgimento delle competizioni agonistiche)
nell‟ordinamento federale. Di tale posizione né l‟ordinamento generale né l‟insieme di specifiche disposizioni afferenti al
settore arbitrale contemplano alcuna diretta, puntuale protezione: ciò legittima, pertanto, il ricorso allo strumento integrativo e
sussidiario costituito dall‟art. 32, comma 5 dello Statuto Federale. Ciò premesso, va posto in rilievo che è esatta la
considerazione che sta alla base del ricorso, secondo cui sarebbe contrario ai principi statutari della F.I.G.C. e si porrebbe,
altresì, in contrasto con quelli promanati dal C.O.N.I., ai quali la Federazione deve ispirarsi, un provvedimento riferibile ad un
organo della Federazione che si sottraesse al principio fondamentale, mutuato dal diritto comune, che impone l‟obbligo di
(adeguata) motivazione per ogni atto o provvedimento che incida su posizioni soggettive altrui. Da questo punto di vista si è
dal ricorrente fatto corretto ricorso allo strumento della richiesta d‟accesso agli atti del procedimento per conoscere il contesto
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DECISIONI INTEGRALI DELLA CORTE FEDERALE - STAGIONE SPORTIVA 2006-2007
documentale nel quale la vicenda si svolse. Ora, dall‟esame di tali atti, acquisiti al fascicolo del presente procedimento, emerge
che il provvedimento conclusivo del procedimento originario, con cui si negò la conferma del ricorrente nel ruolo degli arbitri
a disposizione della Commissione Arbitri Nazionale, fu adottato al termine di una complessa istruttoria condensata in una
relazione degli organi tecnici competenti che, alla luce degli elementi raccolti (schede di valutazione ed altre notizie di rilievo)
concluse, adottando un giudizio tecnicamente discrezionale, nel senso che l‟arbitro in questione aveva nel corso dell‟ultima
stagione sportiva “palesato una preoccupante involuzione non lasciando intravedere nessuna propensione a possibili
miglioramenti”, aggiungendo che egli era “limitato nelle doti relazionali” ed aveva “raggiunto il massimo di permanenza
nell‟O.T.”. Ora, per quanto il giudizio in questione (come gli altri analogamente espressi in senso preclusivo alla permanenza
in qualità di effettivi di altri arbitri), pur secco nella sua formulazione, ben avrebbe potuto offrire una concreta
esemplificazione dei dati empirici dai quali aveva tratto origine, è indubbio che esso indichi specifiche ed insanabili carenze
tecniche e caratteriali nell‟arbitro, qualificandole di tale intensità da indurre un pronostico di inemendabilità. A fronte di questo
deciso giudizio negativo, che investe la globalità degli aspetti costitutivi della personalità e della affidabilità professionale di
un arbitro, rivestono un ruolo senz‟altro minore e non dirimente le espressioni numeriche ricavabili dai punteggi medi attribuiti
al ricorrente nel corso dell‟ultima stagione sportiva, dovendosi conferire al motivato giudizio analitico, prevalenza rispetto al
mero dato aritmetico. E ciò senza considerare che quest‟ultimo non esaurisce affatto il complesso delle valutazioni che
afferiscono alla figura di un arbitro, essendo le espressioni numeriche esclusivamente riferibili alla prestazione tecnica fornita
nel corso di una singola gara e non tenendo conto di altri elementi posti a fondamento del giudizio finale della competente
commissione che riguarda ogni aspetto della partecipazione dell‟arbitro stesso alla vita del settore tecnico in una data stagione
e prende in considerazione anche impressioni ed osservazioni sorte dai rapporti diretti. Va, infine, considerato che il ricorrente
risulta, alla stregua del giudizio finale, essere stato nelle precedenti stagioni sportive destinatario di un‟apertura di credito in
termini di sviluppo professionale, rimasta, secondo i suoi valutatori, delusa, e che non appare irragionevole ritenere che
analoga apertura per il futuro sia stata concessa ad altri arbitri, mantenuti nel ruolo degli effettivi, come in passato era avvenuto
a favore del ricorrente: da questo punto di vista deve escludersi la ricorrenza del lamentato vizio di disparità di trattamento
nell‟atto contro cui egli ha reagito. Alla stregua delle considerazioni che precedono, la Corte ritiene che il provvedimento
impugnato, adottato in forza di un indeclinabile potere di esercizio di discrezionalità tecnica, non possa considerarsi né privo di
motivazione, né illogico o arbitrario, così sottraendosi alle censure del ricorrente, il cui gravame va, pertanto, rigettato con
incameramento della tassa. P.Q.M. La Corte Federale, decidendo sul ricorso come proposto dall‟associato A.I.A. Sig. Antonio
Dattilo, lo respinge e dispone l‟incameramento della tassa versata.
4. RICORSO EX ART. 32, COMMA 5, STATUTO F.I.G.C. DEGLI ASSOCIATI SIG. LAVAGNINI GIULIANO E SIG.
MORETTI MORENO AVVERSO IL PROVVEDIMENTO DEL COMITATO REGIONALE TOSCANA DELL‟A.I.A. DI
SOSTITUZIONE IN SENO ALLA COMMISSIONE DISCIPLINARE REGIONALE
In fatto
Con ricorso del 17 ottobre del 2006 Giuliano Lavagnini e Moreno Moretti, arbitri fuori quadro, in forza rispettivamente alle
Sezioni A.I.A. di Piombino e di Prato, chiedevano alla Corte Federale che li riammettesse, ai sensi dell‟art. 32, comma 5, dello
Statuto Federale, nella Commissione Regionale di Disciplina della Toscana sino alla scadenza del quadriennio olimpico 20042008, secondo la previsione della Norma Transitoria del Regolamento A.I.A. in vigore dal 1° marzo 2006. I ricorrenti esposta
la articolazione delle tappe della propria carriera, lamentavano che, con comunicazione del precedente 26 settembre, il
Presidente del Comitato Regionale Arbitri della Toscana non li avesse riproposti nelle rispettive cariche di componente e
segretario della Commissione Regionale di Disciplina per la corrente stagione sportiva, nonostante la Norma Transitoria del
nuovo Regolamento dell‟A.I.A. preveda che “gli attuali organi della giustizia domestica restano in carica al termine del
quadriennio olimpico 2004-2008”. I ricorrenti, argomentando dalla riconducibilità della Commissione di Disciplina Regionale
agli organi di giustizia domestica, affermavano di avere il diritto di rimanere nella Commissione fino al 30 giugno 2008; essi
individuavano, inoltre, nella carenza nell‟ordinamento federale di altri strumenti di tutela della propria posizione, la condizione
legittimante il proprio ricorso per la lesione di diritti fondamentali proposto davanti questa Corte. Nel corso della riunione
appositamente convocata si procedeva all‟audizione delle parti.
In diritto
Il primo compito cui questa Corte deve attendere nel giudicare della fondatezza del ricorso proposto ai sensi dell‟art. 32,
comma 5, dello Statuto Federale riguarda l‟accertamento della ricorrenza delle condizioni di merito previste dalla norma in
questione. Ora, va subito posto in rilievo che il ricorso ha in effetti ad oggetto la tutela di posizioni soggettive fondamentali, in
quanto il mantenimento dello status di appartenente a vario titolo alla Commissione di Disciplina Regionale degli arbitri va
considerato di essenziale rilevanza, sia per il prestigio della carica, che, in special modo, per il ruolo determinante che la stessa
gioca nel sistema deontologico e disciplinare del mondo arbitrale, di cui garantisce i beni fondamentali della correttezza ed
onorabilità. L‟altro requisito che l‟art. 32, comma 5, citato, pone nella materia in esame è che i diritti fondamentali, personali o
associativi di cui si chiede a questa Corte la tutela non trovino altri strumenti di garanzia nell‟ordinamento federale. Ora,
implicito presupposto della norma è, da un canto, la mancanza di altri organi o autorità cui l‟interessato possa alternativamente
rivolgersi nel perseguimento della tutela, e, d‟altro canto, il carattere definitivo dell‟atto contro cui intende insorgere,
definitività che sola può esprimere la irreparabilità, con gli ordinari strumenti di garanzia offerti dall‟ordinamento federale del
pregiudizio lamentato. In altri termini, la norma crea un collegamento logico ed ontologico tra assenza di altre forme di tutela e
definitività dell‟atto o provvedimento lesivo: sarebbe, infatti, contraddittorio concepire il tipo di ricorso in parola come
interlocutorio ed atto a trasformare il ruolo della Corte Federale da organo di garanzia dell‟ordinamento in organo di giustizia
sportiva. Ora, nel caso di specie è da osservare che, se è vero che il comma 2 della Norma Transitoria del Regolamento A.I.A.
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DECISIONI INTEGRALI DELLA CORTE FEDERALE - STAGIONE SPORTIVA 2006-2007
approvato il 20 gennaio 2006 e che ricevette in pari data il visto di conformità, prevede “che gli attuali organi di giustizia
domestica restano in carica sino al termine del quadriennio olimpico 2004-2008” e che, secondo la previsione dell‟art. 52 del
medesimo Regolamento, le Commissioni Regionali di Disciplina di primo grado appartengono a tale plesso giustiziale, è
altrettanto vero che la nomina dei componenti di tali commissioni non viene effettuata dal Presidente del Comitato Regionale
Arbitri, ma, su proposta del Presidente dell‟A.I.A., dal Comitato Nazionale (art. 29, comma 3). È, allora, del tutto evidente che
il provvedimento impugnato avesse natura endoprocedimentale, e fosse destinato semplicemente all‟esame definitivo da parte
degli organi dotati di potere decisorio finale sulla nomina o sulla conferma dei componenti della Commissione Disciplinare
Regionale già in carica. La Corte rileva, pertanto, che l‟atto impugnato non era suscettibile di determinare alcuna diretta
lesione delle posizioni soggettive arbitrali, per difetto dell‟elemento della definitività e della decisività, così sottraendosi alla
struttura del modello legale disegnato dall‟art. 32, comma 5. È da aggiungere per completezza che proprio il carattere
interlocutorio dell‟atto impugnato, che si risolveva nell‟esercizio di un mero potere di proposta nei confronti dell‟organo
gerarchicamente sovraordinato, ben avrebbe potuto legittimare i ricorrenti a proporre contro lo stesso le proprie censure,
rivolgendole proprio al vertice nazionale del settore arbitrale. Il che, per altro verso testimonia anche della possibilità di far
valere all‟interno del settore arbitrale la posizione di cui i ricorrenti erano titolari in via ordinaria e tipica. Sulla base di queste
considerazioni il ricorso, va, pertanto, rigettato con incameramento della tassa. P.Q.M. La Corte Federale decidendo sui ricorsi
come in epigrafe proposti dai Sig.ri Giuliano Lavagnini e Moreno Moretti, li respinge e dispone l‟incameramento delle tasse
versate.
5. RICORSO AI SENSI DELL‟ART. 32, COMMA 7, STATUTO F.I.G.C. E ART. 38, CODICE DI GIUSTIZIA SPORTIVA
DEL SIGNOR CARMELO TRIPODI AVVERSO LA SANZIONE DELL‟INIBIZIONE DI MESI SEI INFLITTA A
SEGUITO DEL DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE (Delibera C.A.F. Com. Uff. n. 10/C del 13-09-2006)
In fatto
Con atto di impugnazione spedito il 6 dicembre 2006, e pervenuto il successivo 11 dicembre, Carmelo Tripodi chiedeva la
riforma della decisione del precedente 13 settembre, comunicatagli il successivo 15 novembre, con cui, la Commissione
d‟Appello Federale lo aveva dichiarato colpevole della violazione dell‟ art. 1, commi 1 e 3, del Codice di Giustizia Sportiva
per essere rispettivamente venuto meno ai principi di lealtà, correttezza e probità, ingiustamente e deliberatamente muovendo
ad una società sportiva gravi accuse per fatti di violenza e minaccia ascrivibili a suoi sostenitori, rilevati nell‟espletamento
delle funzioni di osservatore arbitrale, e mai accaduti e per non essersi reiteratamente presentato dinanzi ad organo di giustizia
sportiva a seguito di regolare convocazione e gli infliggeva la sanzione dell‟inibizione per sei mesi. Nella impugnazione il
ricorrente preliminarmente eccepiva l‟irritualità della originaria convocazione da parte dell‟Ufficio Indagini nonché la mancata
contestazione dei fatti per i quali tale organo procedeva nei suoi confronti, con conseguente violazione del diritto di difesa. Nel
merito il ricorrente censurava come illogica l‟ipotesi accusatoria formulata nei suoi confronti in assenza di un valido movente a
mentire e metteva in luce la irreprensibilità del proprio operato, legittimante la richiesta di annullamento della condanna. In
diritto Il reclamo è stato proposto tardivamente e va quindi, dichiarato inammissibile con incameramento della tassa. Ed
invero, dagli atti si rileva che la comunicazione della decisione nel suo testo integrale fu effettuata in data 15 novembre 2006
(vedi fotocopia della ricevuta della relativa raccomandata indirizzata all‟odierno reclamante presso il suo domicilio). Il reclamo
avrebbe dovuto essere proposto entro i successivi sette giorni. Esso fu, invece proposto solo il 6 dicembre 2006 e cioè ventuno
giorni dopo la comunicazione in esame, come si evince dal timbro di spedizione della raccomandata. P.Q.M. La Corte Federale
dichiara il ricorso inammissibile, ai sensi dell‟art. 33, comma 2, C.G.S., per tardività.
TESTI DELLE DECISIONI RELATIVE AL COMUNICATO UFFICIALE N.12/CF DEL 9 FEBBRAIO 2007
1. RECLAMO AVVERSO LA VALIDITA‟ DELL‟ASSEMBLEA ORDINARIA DELLA LEGA PROFESSIONISTI SERIE
C CHE HA ADOTTATO LA DELIBERAZIONE DI APPROVAZIONE DEL BILANCIO CONSUNTIVO 2005/2006 IN
DATA 20 DICEMBRE 2006 PROPOSTO DALL‟A.C. PRATO S.P.A. AI SENSI DELL‟ART. 9, COMMA 15, DELLO
STATUTO DELLA LEGA PROFESSIONISTI SERIE C.
La Corte Federale rigetta il reclamo.
2. RECLAMO PROPOSTO DALL‟ A.C. PRATO S.P.A. AI SENSI DELL‟ART. 22, COMMA 1, LETT. f) e f2) DEL
CODICE DI GIUSTIZIA SPORTIVA. AVVERSO LA VALIDITA‟ DELL‟ASSEMBLEA STRAORDINARIA DELLA
F.I.G.C. DEL 22 GENNAIO 2007 PER L‟APPROVAZIONE DELLA PROPOSTA DI REVISIONE DELLO STATUTO.
La Corte Federale su richiesta del ricorrente rinvia alla prossima riunione.
3. RICHIESTA DI PARERE DEL PRESIDENTE FEDERALE, EX ARTT. 30, COMMA 9, DELLO STATUTO FEDERALE
E 19, COMMA 1, DEL CODICE DI GIUSTIZIA SPORTIVA, SU ISTANZA DI RIABILITAZIONE DI TESSERATI
La Corte Federale vista la richiesta di parere formulata dal Commissario Straordinario in ordine all‟istanza di riabilitazione
proposta dal Sig. Giuseppe BELLUCO, esprime parere negativo.
4. RICHIESTE DI PARERE DEL COMMISSARIO STRAORDINARIO, EX ARTT. 30, COMMA 9, DELLO STATUTO
FEDERALE E 20 DEL CODICE DI GIUSTIZIA SPORTIVA, SU ISTANZE DI GRAZIA DI TESSERATI
La Corte Federale, dopo l‟illustrazione da parte dei relatori, ha formulato, in merito alle istanze dei sottonotati tesserati, i pareri
di competenza così come di seguito riportati:
società
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DECISIONI INTEGRALI DELLA CORTE FEDERALE - STAGIONE SPORTIVA 2006-2007
A.C. APRILIA
la Corte Federale,
• vista l‟istanza formulata dalla società tendente ad ottenere una riduzione della squalifica del campo fino al 30 giugno 2007;
• ritenuta la inapplicabilità degli istituti di grazia, specificamente previsti per soggetti tesserati;
dichiara irricevibile la relativa istanza.
calciatori
Giuseppe NUZZI (istanza reiterata):
la Corte Federale,
• vista la richiesta di parere formulata dal Commissario Straordinario in ordine all‟istanza di grazia inoltrata dal calciatore
Giuseppe Nuzzi, in relazione alla squalifica inflittagli fino al 30 giugno 2007;
• esaminata la documentazione;
• tenuto conto degli elementi emersi dall‟analisi degli atti;
esprime parere favorevole.
Giuseppe CAFRA (istanza reiterata)
la Corte Federale,
• vista la richiesta di parere formulata dal Commissario Straordinario in ordine all‟istanza di grazia inoltrata dal calciatore
Giuseppe Cafra, in relazione alla squalifica inflittagli fino al 31 dicembre 2007;
• esaminata la documentazione;
• tenuto conto degli elementi emersi dall‟analisi degli atti;
esprime parere favorevole.
Paolo RAVERA (istanza reiterata)
• vista la richiesta di parere formulata dal Commissario Straordinario in ordine all‟istanza di grazia inoltrata dal calciatore
Paolo RAVERA, in relazione alla squalifica inflittagli fino al 30 aprile 2007;
• esaminata la documentazione;
• tenuto conto degli elementi emersi dall‟analisi degli atti;
esprime parere favorevole.
calciatori
Martino URAS – Francesco RAO – Domenico PASCALE – Claudio GIORDANO – Renato PLANETA – Alessandro FELLI
– Stefano VANINETTI – Antonio TULIMIERO – Andrea VALENTE – Jacopo SARTI – Sandro MATTA – Gianmarco
MAZZANTI – Manuel GAMBARO – Livio Aldo VIZIOLI– Luca SICILIANO – Vito CERONE – Alessandro
FASANO – Mirko CAVALLO – Pietro JACOVIELLO
sfavorevole, in quanto la Corte non ha ritenuto sussistenti i presupposti idonei per la concessione dell‟invocato beneficio.
Sacha PASTORELLI – Marco PARPAGLIONI
sfavorevole, in quanto la Corte non ha ritenuto, allo stato, sussistenti i presupposti idonei per la concessione dell‟invocato
beneficio.
Alessandro FIORAVANTI (istanza reiterata)
sfavorevole, in quanto non sono emersi elementi nuovi, idonei per la concessione del richiesto beneficio, già negato in
precedenza. dirigenti
Giuseppe BUSON – Vincenzo CALO‟
sfavorevole, in quanto la Corte non ha ritenuto sussistenti i presupposti idonei per la concessione dell‟invocato beneficio.
tecnici
Marzio BUSCAGLIA
sfavorevole, in quanto la Corte non ha ritenuto sussistenti i presupposti idonei per la concessione dell‟invocato beneficio.
TESTI DELLE DECISIONI RELATIVE AL COMUNICATO UFFICIALE N. 13/CF DEL 26 MARZO 2007
1. RECLAMO AVVERSO LA VALIDITA‟ DELL‟ASSEMBLEA ORDINARIA DELLA LEGA PROFESSIONISTI SERIE
C CHE HA ADOTTATO LA DELIBERAZIONE DI APPROVAZIONE DEL BILANCIO CONSUNTIVO 2005/2006 IN
DATA 20 DICEMBRE 2006 PROPOSTO DALL‟A.C. PRATO S.P.A. AI SENSI DELL‟ART. 9, COMMA 15, DELLO
STATUTO DELLA LEGA PROFESSIONISTI SERIE C.
1.- Con atto del 27 dicembre 2006 la A.C. Prato S.p.A. ha proposto reclamo avverso la delibera di approvazione del bilancio
2005/2006 adottata dalla Assemblea Ordinaria della Lega Professionisti Serie C del 20 dicembre 2006. Con il suddetto reclamo
si muovono una serie di apprezzamenti in ordine al bilancio consuntivo dell'anno 2005/2006. In particolare, la ricorrente
censura alcune operazioni che non sarebbero consentite in quanto "esulano dal mandato statutario e lo eccedono
manifestamente" assumendo tra l‟altro che "non è assolutamente configurabile od ammissibile che l' “amministratore LEGA”
possa utilizzare somme comunque pervenutegli nel corso della sua gestione amministrativa di danaro degli associati”. L‟A.C.
Prato S.p.A. impugna la delibera assembleare relativa all‟approvazione del bilancio per l‟anno 2005/2006 lamentando in
sostanza che l‟operato degli organi direttivi e/o rappresentativi della LEGA avrebbe ecceduto i limiti loro imposti dall‟art. 9
Statuto F.I.G.C.. Tali operazioni si sarebbero concretizzate nell‟acquisto di un immobile da parte della Calcio Servizi Serie C
s.r.l., nella capitalizzazione di risorse e nella distrazione di flussi economici dalla loro naturale destinazione in senso attivo e
passivo. Nel reclamo si osserva infine che non costituisce elemento ostativo all'accoglimento delle doglianze "l'approvazione
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DECISIONI INTEGRALI DELLA CORTE FEDERALE - STAGIONE SPORTIVA 2006-2007
del bilancio all'unanimità dei presenti ad esclusione della comparente" e si quantifica la rilevanza della inadempienza. Ha
resistito la Lega Professionisti depositando una memoria scritta.
2.- La Corte Federale non ritiene meritevole di accoglimento il reclamo e questo va pertanto respinto. Invero, sono da ritenersi
corrette le repliche svolte dalla Lega. Al riguardo appare opportuno chiarire che le contestazioni in ordine alla delibera
assembleare con la quale si è approvato il bilancio devono avere ad oggetto vizi di natura economico-contabile e/o finanziaria
che inficino il bilancio. Le scelte discrezionali degli amministratori non sono censurabili in sede di impugnazione del bilancio;
appare in linea di principio evidente, infatti, come non sia di per sé censurabile la scelta operata dagli amministratori in ordine
alla destinazione dei beni societari. Una simile censura, del resto, non può trovare spazio in sede di impugnazione della
deliberazione approvativa di un bilancio che si sia limitato a rispecchiare la scelta discrezionale operata dagli amministratori.
L‟impugnazione di una delibera assembleare con cui si è approvato un bilancio, infatti, non può avere ad oggetto – come nel
caso di specie – le precedenti scelte amministrative operate dagli stessi amministratori e da cui dipende la conformazione della
realtà che occorre rappresentare nel bilancio. P.Q.M. La Corte Federale rigetta il reclamo.
TESTI DELLE DECISIONI RELATIVE AL COMUNICATO UFFICIALE N. 14/CF DEL 29 MARZO 2007
1. RECLAMO PROPOSTO DALL‟ A.C. PRATO S.P.A. AI SENSI DELL‟ART. 22, COMMA 1, LETT. f) e f2) DEL
CODICE DI GIUSTIZIA SPORTIVA AVVERSO LA VALIDITA‟ DELL‟ASSEMBLEA STRAORDINARIA DELLA
F.I.G.C. DEL 22 GENNAIO 2007 PER L‟APPROVAZIONE DELLA PROPOSTA DI REVISIONE DELLO STATUTO.
La Corte Federale su richiesta del ricorrente rinvia alla prossima riunione.
2. RICHIESTA DI PARERE DEL COMMISSARIO STRAORDINARIO, EX ARTT. 30, COMMA 9, DELLO STATUTO
FEDERALE E 19, COMMA 1, DEL CODICE DI GIUSTIZIA SPORTIVA, SU ISTANZA DI RIABILITAZIONE DI
TESSERATI
La Corte Federale:
- vista la richiesta di parere formulata dal Commissario Straordinario in ordine all‟istanza di riabilitazione proposta dal Sig
Massimo TESTA (istanza reiterata);
- tenuto conto che ricorrono le condizioni soggettive richieste dall‟art. 19 C.G.S. e che può attendibilmente presumersi che
l‟infrazione commessa non venga più ripetuta;
esprime parere favorevole all‟accoglimento dell‟istanza di riabilitazione avanzata dal Sig. Massimo TESTA.
La Corte Federale:
- vista la richiesta di parere formulata dal Commissario Straordinario in ordine all‟istanza di riabilitazione proposta dal
calciatore Francesco MERO;
- tenuto conto che ricorrono le condizioni soggettive richieste dall‟art. 19 C.G.S. e che può attendibilmente presumersi che
l‟infrazione commessa non venga più ripetuta;
esprime parere favorevole all‟accoglimento dell‟istanza di riabilitazione avanzata dal calciatore Francesco MERO.
La Corte Federale:
- vista la richiesta di parere formulata dal Commissario Straordinario in ordine all‟istanza proposta dal Sig. Marco ZENO,
avverso il provvedimento di ritiro tessera adottato dalla Commissione di Disciplina d‟Appello dell‟A.I.A.;
- ritenuto il difetto del necessario presupposto di diritto positivo;
dichiara di non farsi luogo a parere.
3. RICHIESTE DI PARERE DEL COMMISSARIO STRAORDINARIO, EX ARTT. 30, COMMA 9, DELLO STATUTO
FEDERALE E 20 DEL CODICE DI GIUSTIZIA SPORTIVA, SU ISTANZE DI GRAZIA DI TESSERATI
La Corte Federale, dopo l‟illustrazione da parte dei relatori, ha formulato, in merito alle istanze dei sottonotati tesserati, i pareri
di competenza così come di seguito riportati:
calciatori
Gennaro PISANI
la Corte Federale,
• vista la richiesta di parere formulata dal Commissario Straordinario in ordine all‟istanza di grazia inoltrata dal calciatore
Gennaro PISANI, in relazione alla squalifica inflittagli fino al 7.12.2007;
• esaminata la documentazione;
• tenuto conto degli elementi emersi dall‟analisi degli atti;
esprime parere favorevole.
Gianluigi PATTAVINA
la Corte Federale,
• vista la richiesta di parere formulata dal Commissario Straordinario in ordine all‟istanza di grazia inoltrata dal calciatore
Gianluigi PATTAVINA, in relazione alla squalifica inflittagli fino al 31.12.2007;
• esaminata la documentazione;
• tenuto conto degli elementi emersi dall‟analisi degli atti;
esprime parere favorevole.
Andrea SILVI
la Corte Federale,
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DECISIONI INTEGRALI DELLA CORTE FEDERALE - STAGIONE SPORTIVA 2006-2007
• vista la richiesta di parere formulata dal Commissario Straordinario in ordine all‟istanza di grazia inoltrata dal calciatore
Andrea SILVI, in relazione alla squalifica inflittagli fino al 31.3.2008;
• esaminata la documentazione;
• tenuto conto degli elementi emersi dall‟analisi degli atti;
esprime parere favorevole.
Cristiano GIGLI (istanza reiterata)
la Corte Federale,
• vista la richiesta di parere formulata dal Commissario Straordinario in ordine all‟istanza di grazia inoltrata dal calciatore
Cristiano GIGLI, in relazione alla squalifica inflittagli fino al 31.12.2007;
• esaminata la documentazione;
• tenuto conto degli elementi emersi dall‟analisi degli atti;
esprime parere favorevole.
Stefano SIPONE (istanza reiterata)
la Corte Federale,
• vista la richiesta di parere formulata dal Commissario Straordinario in ordine all‟istanza di grazia inoltrata dal calciatore
Stefano SIPONE, in relazione alla squalifica inflittagli fino al 31.3.2008;
• esaminata la documentazione;
• tenuto conto degli elementi emersi dall‟analisi degli atti;
esprime parere favorevole.
Alessio PAOLO (istanza reiterata)
la Corte Federale,
• vista la richiesta di parere formulata dal Commissario Straordinario in ordine all‟istanza di grazia inoltrata dal calciatore
Alessio PAOLO, in relazione alla squalifica inflittagli fino al 14.3.2008;
• esaminata la documentazione;
• tenuto conto degli elementi emersi dall‟analisi degli atti;
esprime parere favorevole.
Sergio CARNAZZA
la Corte Federale,
• vista la richiesta di parere formulata dal Commissario Straordinario in ordine all‟istanza di grazia inoltrata dal calciatore
Sergio CARNAZZA, in relazione alla squalifica inflittagli fino al 30.4.2007;
• esaminata la documentazione;
• tenuto conto degli elementi emersi dall‟analisi degli atti;
esprime parere favorevole.
calciatori
Giacomo ARENA – Domenico ZOLA – Francesco GOLIA – Michele FALCO – Marco BERINI – Armando SCARNATO –
Mario PIERANGELI – Sabatino DELLA MARCA (reiterata) – Giorgio PETRELLI – Gianluca PARTIPILO – Luigi
MINERVINI (reiterata) – Michele PASCIUTI – Mario MELISI – Samuel MELIS – Marco ZANE – Sergio GIACOMINI –
Piero ANTICO – Antonio PUCA
sfavorevole, in quanto la Corte non ha ritenuto sussistenti i presupposti idonei per la concessione dell‟invocato beneficio.
Giuseppe TIRRITO – Gianluca FIORE – Andrea Aniello FUSCO
sfavorevole, in quanto la Corte non ha ritenuto, allo stato, sussistenti i presupposti idonei per la concessione dell‟invocato
beneficio.
Rocco TRAFICANTE (reiterata)
sfavorevole, allo stato, in quanto non sono emersi elementi nuovi, idonei per la concessione del richiesto beneficio, già negato
in precedenza.
dirigenti
Domenico CARDONA
sfavorevole, in quanto la Corte non ha ritenuto, allo stato, sussistenti i presupposti idonei per la concessione dell‟invocato
beneficio.
tecnici
Achille MARESCA
sfavorevole, in quanto la Corte non ha ritenuto sussistenti i presupposti idonei per la concessione dell‟invocato beneficio.
TESTI DELLE DECISIONI RELATIVE AL COMUNICATO UFFICIALE N. 15/CF DEL 11 MAGGIO 2007
1. RICHIESTA DI PARERE EX ARTT. 30, COMMA 9, DELLO STATUTO FEDERALE (PREVIGENTE) E 19,
COMMA 1, DEL CODICE DI GIUSTIZIA SPORTIVA, SU ISTANZA DI RIABILITAZIONE DI TESSERATI
Nicola ANCORA
La Corte Federale:
- vista la richiesta di parere formulata dal Presidente Federale in ordine all‟istanza di riabilitazione proposta dal
calciatore Nicola ANCORA;
- tenuto conto che ricorrono le condizioni soggettive richieste dall‟art. 19 C.G.S. e che può attendibilmente presumersi
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DECISIONI INTEGRALI DELLA CORTE FEDERALE - STAGIONE SPORTIVA 2006-2007
che l‟infrazione commessa non venga più ripetuta;
esprime parere favorevole all‟accoglimento dell‟istanza di riabilitazione avanzata dal calciatore Nicola ANCORA.
2. RICHIESTE DI PARERE, EX ARTT. 30, COMMA 9, DELLO STATUTO FEDERALE (PREVIGENTE) E 20 DEL
CODICE DI GIUSTIZIA SPORTIVA, SU ISTANZE DI GRAZIA DI TESSERATI
La Corte Federale, dopo l‟illustrazione da parte dei relatori, ha formulato i pareri qui di seguito riportati:
calciatori
Antonio PUCA (reiterata)
la Corte Federale,
- vista la richiesta di parere formulata dal Presidente Federale in ordine all‟istanza di grazia inoltrata dal calciatore Antonio
PUCA, in relazione alla squalifica inflittagli fino 31.8.2008;
- esaminata la documentazione;
- tenuto conto della giovane età del calciatore e degli elementi emersi dall‟analisi degli atti;
esprime parere favorevole.
calciatori
Cristian AVONA – Massimiliano BATTIGELLO – Matteo NICOLINI Massimo VACONDIO – Salvatore VOLPICELLI –
Erik CAPRINO CAMPANA
sfavorevole, in quanto la Corte non ha ritenuto sussistenti i presupposti idonei per la concessione dell‟invocato
beneficio.
Fabio PERRETTA – Giuseppe CIPOLLETTA – Paolo INTERLANDI
sfavorevole, in quanto la Corte non ha ritenuto, allo stato, sussistenti i presupposti idonei per la concessione dell‟invocato
beneficio.
Parmigiano NOBILE (reiterata)
sfavorevole, allo stato, in quanto non sono emersi elementi nuovi, idonei per la concessione del richiesto beneficio, già
negato in precedenza.
dirigenti
Gianni COSTANTINI (dirigente)
sfavorevole, in quanto la Corte non ha ritenuto sussistenti i presupposti idonei per la concessione dell‟invocato
beneficio.
TESTI DELLE DECISIONI RELATIVE AL COMUNICATO UFFICIALE N. 16/CF DEL 21 MAGGIO 2007
1. RICORSO AI SENSI DEGLI ARTT. 32, COMMA 5, STATUTO F.I.G.C. (PREVIGENTE) E 22, COMMA 3, CODICE DI
GIUSTIZIA SPORTIVA DEL SIG. DUCCIO BAGLIONI AVVERSO IL PROVVEDIMENTO DI SOSPENSIONE
CAUTELARE EMESSO DAL PRESIDENTE DELL‟ASSOCIAZIONE ITALIANA ARBITRI.
FATTO
L‟Assistente Arbitrale Duccio Baglioni espone che in data 13 maggio 2006 ha ricevuto la notifica dell‟avviso di garanzia,
datato 11 maggio 2006, nel quale la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Napoli gli contestava i seguenti reati:
1. (Capo a della rubrica): reato, pp. e pp. dagli artt. 416, I, II e III comma C. P. per essersi associato con altri al fine di
commettere più reati di frode sportiva;
2. (Capo e della rubrica): reati pp. e pp. dagli artt. 110, 112 C.P. ed art. 1, commi 1 e 3 L. 401/89 in relazione alla gara Juventus
- Lazio del 5 dicembre 2004;
3. (Capo q della rubrica): reati pp. e pp. dagli artt. 110, 112 C.P. ed art. 1, commi 1 e 3 L. 401/89 in relazione alla gara Siena Milan del 10 aprile 2005.
Egli precisa che nelle prime due imputazioni non venivano contestati comportamenti specifici, mentre in relazione alla gara
Siena - Milan si addebitava “in particolare segnalazione di fuorigioco del giocatore milanista Schevchenko il cui goal veniva
annullato al 10° p.t.”.
Aggiunge che:
- l'allora Vice Presidente Vicario dell'A.I.A., appresa da fonti giornalistiche la notizia dell‟avvenuto ricevimento dell'invito a
comparire, con provvedimento in data 18 maggio 2006 gli irrogava la sospensione cautelare, inibendogli qualsiasi attività
tecnica ed associativa per quattro mesi, interamente scontati;
- in data 7 giugno 2006 (cfr. Relazione conclusiva indagine 62 IN 2005 2006, pagg. 1, 8, 102, 103, 104, 105, 192) veniva
ascoltato dall‟Ufficio Indagini della F.I.G.C. ed il suo comportamento veniva accuratamente vagliato, confrontato con le
dichiarazioni rese da altri tesserati e con le risultanze delle note intercettazioni telefoniche, poste a fondamento dell‟indagine
della Magistratura Penale (nelle quali il ricorrente non compare mai);
- in data 13 giugno 2006 veniva notificato l'avviso di deposito delle conclusioni delle indagini preliminari, da parte dei Pubblici
Ministeri napoletani, nel quale venivano ipotizzate le identiche imputazioni contenute nell'invito a comparire;
- il Procuratore Federale, dopo attenta valutazione sulle singole posizioni e sugli specifici episodi, non lo deferiva alla
Commissione d'Appello Federale, giudicando irrilevanti sotto il profilo disciplinare i fatti esaminati;
- infine, con provvedimento del 19 aprile 2007, il Presidente dell'A.I.A., avvalendosi delle facoltà previste ex art. 8, n. 5, lett. h)
del Regolamento arbitrale, disponeva la sua sospensione cautelare, inibendogli lo svolgimento di ogni attività tecnica ed
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DECISIONI INTEGRALI DELLA CORTE FEDERALE - STAGIONE SPORTIVA 2006-2007
associativa “visto l'avviso di conclusione delle indagini preliminari emesso in data 6 aprile 2007” e “rilevato che a carico
dell'Associato sono avanzate ipotesi accusatorie in relazione a delitti dolosi”.
Fatta questa generale premessa, il ricorrente, in via preliminare, osserva che, alla luce delle disposizioni contenute nell‟art. V
delle Norme Transitorie e Finali dello Statuto F.I.G.C., questa Corte Federale continua ad esercitare le proprie funzioni sino
alla conclusione della stagione agonistica 2006/2007. Nel merito, l‟interessato deduce l‟illegittimità del provvedimento di
sospensione per violazione del principio del divieto del bis in idem, che, come questa Corte ha avuto modo già di sottolineare,
ha carattere generale ed è operante in ogni ordinamento e per tutti i procedimenti sanzionatori.
DIRITTO
1. Con riferimento alla questione preliminare, questa Corte, convenendo con la tesi del ricorrente, non ha dubbi sul fatto che
essa, alla stregua dell‟art. V delle Norme Transitorie e Finali, continua ad operare nella pienezza delle proprie funzioni sino
alla conclusione della stagione agonistica 2006/2007.
2. Quanto al merito, il ricorso è fondato. La presente fattispecie è identica a quella esaminata e decisa da questa Corte Federale
nella riunione del 4 ottobre 2006 (C.U. n. 9/Cf) a proposito della sospensione cautelare disposta nei riguardi dell‟ A.E.
Gianluca Paparesta. In tale occasione, si è avuto modo di precisare che, allorquando “la Procura, pur avendo avuto modo di
valutare la condotta [dell‟associato rispetto a determinati episodi], non ha adottato al riguardo alcun provvedimento espresso,
né di deferimento, né di archiviazione” si deve ritenere che “tale comportamento - tenuto conto del contesto in cui è stato posto
in essere, della accuratezza delle indagini svolte e della particolare attenzione posta dalla Procura Federale nella valutazione
delle singole posizioni e degli specifici episodi – non può essere considerato che come espressione di un giudizio d‟irrilevanza
in ordine ai fatti in questione”. L‟altro principio, pure ribadito in detta occasione e che ha carattere generale, in quanto operante
in ogni ordinamento e per tutti i tipi di procedimenti sanzionatori, è quello del divieto del bis in idem, che del resto è stato già
richiamato da questa Corte nella decisione conclusiva del cosiddetto maxiprocedimento, ove ha affermato che “la pendenza del
presente procedimento disciplinare precluda la possibilità di assoggettamento ad ulteriore sanzione in ogni ambito e settore
dell‟ordinamento federale della medesima condotta fenomenicamente intesa, fatta salva la possibilità da parte dei competenti
organi tecnici di dedurre dagli accertamenti racchiusi in via definitiva, nel presente giudizio elementi di valutazione di ordine
tecnico-professionale, ai fini propri del settore arbitrale”. Nel caso in esame, l‟illegittimità del provvedimento impugnato
emerge anche sotto altro profilo. La sospensione cautelare prevista dall‟art. 8, n. 5, lett. h) del Regolamento dell‟Associazione
Italiana Arbitri, è una misura che per espressa previsione della medesima disposizione non può superare i mesi quattro. Ora,
come risulta dalla documentazione esibita dall‟interessato, la sospensione cautelare per gli stessi fatti richiamati nel
provvedimento, oggetto della presente impugnazione, era stata già disposta con provvedimento in data 18 maggio 2006 dal
Vice Presidente Vicario dell'A.I.A., il quale aveva appreso da fonti giornalistiche dell‟avvenuto ricevimento dell'invito a
comparire; tale sospensione era stata irrogata per quattro mesi (interamente scontati), con contestuale inibizione di qualsiasi
attività tecnica ed associativa. Il nuovo provvedimento di sospensione emesso dal Presidente dell‟A.I.A. in data 19 aprile 2007,
essendo fondato sugli stessi capi di imputazione, finisce per essere una reiterazione della stessa misura cautelare del 18 maggio
2006, non consentita dal regolamento. Si deve, infatti, rilevare che nessuna differenza sussiste tra i capi di imputazione indicati
nell‟avviso di garanzia e quelli contenuti nell‟avviso di chiusura delle indagini preliminari. Pertanto, illegittimamente il
Presidente dell‟A.I.A. ha ritenuto di poter nuovamente esercitare la facoltà di emettere il provvedimento di sospensione
cautelare, a fronte di una situazione che era stata già vagliata dall‟allora Vice Presidente vicario. Alla stregua delle
considerazioni che precedono, il ricorso deve essere accolto, con conseguente annullamento del provvedimento sanzionatorio
del Presidente dell‟A.I.A. del 19 aprile 2007. Va disposta la restituzione della tassa versata.
P.Q.M.
La Corte Federale accoglie il ricorso in epigrafe specificato e, per l‟effetto, annulla il provvedimento di sospensione cautelare
emesso nei confronti del ricorrente dal Presidente dell‟A.I.A. in data 19 aprile 2007. Ordina la restituzione della tassa versata.
2. RICHIESTA DI PARERE DA PARTE DEL PRESIDENTE FEDERALE, EX ART. 22, COMMA 1, LETTERA a),
CODICE DI GIUSTIZIA SPORTIVA IN ORDINE ALL‟ INTERPRETAZIONE DELLE DISPOSIZIONI DI CUI AGLI
ARTICOLI 24 E 25 STATUTO F.I.G.C.
Con nota del 14 maggio 2007, il Presidente Federale chiedeva parere interpretativo, ai sensi dell‟art. 22 del Codice di Giustizia
Sportiva, a questa Corte con riferimento al numero dei componenti designati a far parte del Comitato di Presidenza da parte dei
Presidenti di Lega e/o Componente Tecnica che non abbiano espresso Vicepresidenti. In particolare, il quesito ruotava attorno
alla individuazione del numero massimo dei componenti il Comitato di presidenza, che dall‟art.25, comma 1 dello Statuto
viene fissato in un totale di sette. Nella medesima nota veniva, altresì, richiesto, ai sensi dell‟art. 22 del Codice di Giustizia
Sportiva citato, parere sulla possibilità che il Presidente dell‟Associazione Italiana Arbitri sia eletto Vicepresidente della
F.I.G.C.. Il dubbio interpretativo che si chiede a questa Corte di sciogliere trova radice, ad avviso del Presidente Federale, nella
norma dell‟art. 32, comma 8, dello Statuto, che prevede che il Presidente dell‟A.I.A. partecipi alle riunioni del Comitato di
presidenza che abbiano ad oggetto materie gestionali ed economiche con diretta rilevanza per il settore arbitrale, pur non
essendo componente del Comitato stesso. Il quesito ha, in particolare, ad oggetto il coordinamento tra la norma da ultimo citata
e quella, già richiamata, posta dall‟art. 24, comma 7, dello Statuto che, nel disciplinare le elezioni dei vicepresidente federali
prevede che essi vadano scelti tra i componenti del Consiglio Federale di cui fa parte anche il Presidente dell‟A.I.A.. A propria
volta, prosegue la richiesta di parere, occorre tener conto che il Vicepresidente è anche componente di diritto, ai sensi dell‟art.
25, comma 1, dello Statuto, del Comitato di presidenza. Della possibile antinomia tra le disposizioni citate nasce l‟esigenza del
parere richiesto attraverso la formulazione del secondo quesito. Ciò premesso, la Corte osserva quanto segue con riferimento al
primo quesito. La norma di cui all‟art.25 comma 1 dello Statuto è dedicata alla individuazione dei componenti il Comitato di
72
DECISIONI INTEGRALI DELLA CORTE FEDERALE - STAGIONE SPORTIVA 2006-2007
presidenza della F.I.G.C.. Essa va logicamente coordinata con quella immediatamente precedente (art.24 comma 7 dello
Statuto Federale) la quale disciplina l‟elezione dei Vicepresidenti federali. Il collegamento tra le due norme nasce da ciò che il
Comitato di presidenza prevede una composizione articolata, che contempla la partecipazione di diritto sia del Presidente
Federale che dei Vicepresidenti (Vicepresidente vicario e gli altri due Vicepresidenti). Tale struttura dell‟organo porta ad
individuare con certezza che di esso facciano parte in numero fisso quattro persone, e cioè quelle appena menzionate.
Analogamente, è fissa ed immutabile la partecipazione di un altro componente necessario, quello, a propria volta facente parte
del Consiglio Federale, che risulti designato dal Presidente della Lega rappresentativa delle società partecipanti al massimo
campionato nazionale. La norma prevede, poi, nella sua complessa e non agevolmente decifrabile formula logicoverbale, che
del Comitato di presidenza facciano parte “due componenti del Consiglio federale designati dai Presidenti delle Leghe e/o
Componenti tecniche che non abbiano espresso Vicepresidenti”. Dalla determinazione in due di tale categoria di componenti la
norma, attraverso una elementare (ma non per questo logicamente congrua) operazione aritmetica, perviene a determinare in
un totale di sette il numero dei componenti il Comitato di presidenza (i due in parola che si aggiungerebbero ai cinque fissi ed
immutabili prima indicati). Ora, proprio il necessario coordinamento tra l‟art. 25 comma 1 e l‟art. 24 comma 7 porta la Corte
alla conclusione interpretativa che il numero totale di sette componenti il Comitato di presidenza abbia carattere meramente
indicativo e tendenziale e non assoluto ed inderogabile, alla stregua delle considerazioni che seguono. Ed infatti, non può in
linea di principio affatto escludersi che il numero dei componenti il Comitato di presidenza designabili dai Presidenti delle
Leghe e/o Componenti tecniche che non abbiano espresso Vicepresidenti non debba necessariamente limitarsi a due, ben
potendo tale quota essere incrementata in proporzione all‟esigenza di assicurare simultaneamente il rispetto di altre,
logicamente preliminari disposizioni statutarie. Ci si intende, in particolare, riferire alla disposizione dell‟art.24 comma 7 che
disciplina i criteri e le modalità di elezione dei Vicepresidenti, attraverso una regola che, come visto, ineludibilmente propaga i
propri effetti sull‟art.25 comma 1 in questione. Il meccanismo di elezione dei Vicepresidenti – ancora una volta frutto di una
previsione normativa tortuosa e in punti focali addirittura oscura, come oscura appare la sua genesi costituita dalla
delimitazione del numero delle componenti che possano accreditare, ai sensi dell‟art. 24 comma 5 dello Statuto, la candidatura
del Presidente Federale – è organizzato in modo tale che esso si svolga in due fasi distinte cronologicamente e strutturalmente.
La prima porta alla elezione del Vicepresidente vicario tra i componenti del Consiglio Federale e su proposta del Presidente
Federale. Al riguardo, la norma prescinde del tutto dalla necessità della appartenenza del Vicepresidente vicario a qualsivoglia
delle Componenti tecniche e/o Leghe presenti, accontentandosi del requisito soggettivo di Consigliere federale. Una seconda
fase presiede, poi, alla elezione degli altri due Vicepresidenti. Rispetto ad essa si prevede che – fermo restando che essi
debbano rivestire la carica di Consiglieri federali – la proposta provenga dai Presidenti delle Leghe e/o Componenti tecniche
che non hanno accreditato la candidatura del Presidente Federale eletto. Il risultato numerico che scaturisce da questa seconda
fase dell‟elezione dei Vicepresidenti è tale che essi possano in concreto essere in numero (due) inferiore rispetto alle Leghe e/o
Componenti tecniche non accreditanti la candidatura del Presidente Federale. Al riguardo l‟art.24 comma 5 citato prevede,
infatti, che i soggetti accreditanti non possano essere meno di due e, sorprendentemente, più di tre delle Leghe e/o Componenti
tecniche. Questo risultato numerico, non evitabile alla stregua del carattere cogente dell‟art.24 comma 7, determina un
oggettivo vulnus in termini di rappresentatività tra le componenti non accreditanti, almeno una delle quali rischia in concreto di
non esprimere alcuno dei due Vicepresidenti spettanti a tali categorie di Leghe e/o Componenti. Non varrebbe a sanare in
concreto il vuoto di tutela l‟ipotetica elezione come Vicepresidente vicario di un Consigliere federale appartenente alle Leghe
e/o Componenti tecniche non accreditanti. E ciò per l‟intuitiva ragione che l‟elezione avverrebbe non su proposta di tali
categorie ma su quella del Presidente Federale, così impedendosi il presupposto della rappresentatività costituito dalla
riferibilità e conformità della elezione ad una scelta propositiva delle categorie non accreditanti. In questo quadro – reso, giova
ripetere, particolarmente faticoso sul piano ermeneutico dalla struttura logico-formale delle norme rilevanti - interviene con
sicuro effetto correttivo della lacuna prima denunciata la norma dell‟art. 25, comma 1, che disciplina la composizione del
Comitato di presidenza. Ed invero, alla luce delle considerazioni prima espresse, il numero dei componenti di tale organismo
designati dai Presidenti delle Leghe e/o Componenti tecniche che non abbiano espresso Vicepresidenti non può essere
circoscritto a due ma deve necessariamente essere pari a quello, in ipotesi anche superiore, delle categorie non accreditanti che
non abbiano espresso Vicepresidenti. E ciò perché, lo spirito della disposizione è evidentemente volto a riequilibrare il peso
rappresentativo di ogni categoria attribuendo ad essa almeno una presenza nel Comitato di presidenza, o attraverso i
Vicepresidenti dalle stesse proposti o attraverso i componenti del Comitato di presidenza all‟uopo designati. Se tale garanzia
non fosse prestata sarebbe insanabile il deficit di democrazia registrabile nello stesso Comitato di presidenza. È, infine, da
osservare che, nella possibile contrapposizione tra la difesa del valore della rappresentanza delle categorie non accreditanti nel
Comitato di presidenza e il rispetto della lettera (e del numero) della disposizione in esame, debba prevalere la prima esigenza,
riconducibile ad uno dei principi fondanti l‟ordinamento federale. Ne deriva la già anticipata conclusione che il numero totale
di sette componenti il Comitato di presidenza ha mero carattere tendenziale e rispecchia una situazione di fatto
probabilisticamente più facile da registrarsi ma non può in alcun modo precludere che esso subisca il necessario aumento in
misura proporzionale al numero delle categorie non accreditanti che non abbiano espresso Vicepresidenti. Quanto al secondo
quesito la Corte osserva che esso trova utile e dirimente risposta nella circostanza che, ai sensi dell‟art. 26 dello Statuto, il
Presidente dell‟A.I.A. sia componente di diritto il Consiglio Federale e, in virtù di tale carica, sia legittimato alla elezione come
Vicepresidente, poiché il requisito soggettivo posto, come visto, dall‟art. 24 comma 7 dello Statuto è che i Vicepresidenti siano
eletti tra i componenti il Consiglio Federale. È, pertanto, innegabile che a nessun Consigliere federale può precludersi
l‟elezione alla carica di Vicepresidente. Non può, pertanto, costituire ostacolo a questa limpida conclusione interpretativa la
circostanza che altra disposizione statutaria (art. 32 comma 8 dello Statuto) preveda che il Presidente dell‟A.I.A. partecipi alle
riunioni del Comitato di presidenza che abbiano ad oggetto materie gestionali ed economiche con diretta rilevanza per il settore
73
DECISIONI INTEGRALI DELLA CORTE FEDERALE - STAGIONE SPORTIVA 2006-2007
arbitrale. Non può, in particolare, arguirsi da detta disposizione che l‟unico titolo al quale il Presidente dell‟A.I.A. potrebbe
partecipare alle riunioni del Comitato di presidenza sarebbe quello legato alla natura delle materie trattate, con esclusione da
ogni altra. Ed invero, siffatta inammissibile interpretazione trascurerebbe, da un canto, il fondamentale ius ad officium che
compete ad ogni Consigliere Federale rispetto alla elezione a Vicepresidente e, d‟altro canto, che la norma da ultimo citata si
limita a porre una disposizione puramente cautelativa degli interessi dell‟A.I.A. stabilendo che ogniqualvolta la materia della
gestione del settore arbitrale venga trattata in Comitato di presidenza debba partecipare alla relativa riunione il Presidente
dell‟A.I.A.. Sarebbe, quindi, estraneo alla logica di tutela sottesa alla norma farne discendere che essa vieti che del Comitato di
presidenza faccia parte in via stabile e senza limitazioni di materia, in quanto Vicepresidente federale, lo stesso Presidente
dell‟A.I.A. P.Q.M. nei sensi di cui in motivazione si esprimono i pareri richiesti.
TESTI DELLE DECISIONI RELATIVE AL COMUNICATO UFFICIALE N. 17/CF DEL 21 MAGGIO 2007
1. RECLAMO PROPOSTO DALL‟ A.C. PRATO S.P.A. AI SENSI DELL‟ART. 22, COMMA 1, LETT. f) e f2) DEL
CODICE DI GIUSTIZIA SPORTIVA. AVVERSO LA VALIDITA‟ DELL‟ASSEMBLEA STRAORDINARIA DELLA
F.I.G.C. DEL 22 GENNAIO 2007 PER L‟APPROVAZIONE DELLA PROPOSTA DI REVISIONE DELLO STATUTO.
Con atto in data 27 gennaio 2007 la A.C. PRATO S.p.A. ha proposto reclamo avverso la assemblea della F.I.G.C. tenutasi a
Roma il 22 gennaio 2007. La A.C. PRATO S.p.A. ha, successivamente, integrato le sue censure con varie memorie. Tra l'altro,
sono state prodotte memorie in previsione della udienza dell'8 febbraio 2007, memoria integrativa in data 4 maggio 2007, e
memoria in data 10 maggio 2007. Nel corso del procedimento, unitamente ai ricordati scritti difensivi, sono stati depositati
documenti tutti con puntualità e precisione riepilogati anche oralmente in occasione della udienza del 10 maggio 2007. La
istante, con le illustrate argomentazioni, sostanzialmente richiede che venga dichiarata la invalidità dell‟assemblea in quanto:
a) non sarebbero stati messi in discussione gli emendamenti proposti dalla A.C. PRATO S.p.A.;
b) le proposte di revisione dello Statuto non sarebbero state regolarmente presentate in modo tale che la espressione di voto
della assemblea non risultasse valida;
c) infine erroneamente si è proceduto, secondo l'A.C. PRATO S.p.A., ad un voto per alzata di mano e non al voto in forma
segreta.
Nel corso del procedimento è stato acquisito il verbale dell'Assemblea Straordinaria della Federazione Italiana Giuoco Calcio,
redatto dal Notaio Andrea Fontecchia. Per completezza, è il caso specificare che nel detto verbale viene riportata la relazione
del Commissario Straordinario, quindi i vari interventi, sollecitati dal Presidente, dei rappresentanti delle Leghe e delle
Componenti tecniche. Vengono quindi elencati, su precisazione del Vice Commissario, i vari emendamenti predisposti e
sottoposti all'Assemblea. Ovviamente nel verbale si fa cenno anche all'intervento del Presidente Onorario della A.C. PRATO
S.p.A., che ha poi originato il presente contenzioso. Infine, dopo l'illustrazione del Presidente dell'Assemblea, vengono
verbalizzate le modalità di votazione le quali prevedevano che "ad ogni delegato sono state consegnate tre tessere
elettroniche per poter esprimere il voto SI e il voto NO ovvero la scheda bianca utilizzando i lettori posti al lato delle
poltrone". Il reclamo proposto si prospetta infondato per le seguenti considerazioni. Il procedimento di revisione dello Statuto
della Federazione è previsto dall'art. 33 dello Statuto. Tale norma, come è noto, prescrive che: "Le proposte di revisione dello
Statuto sono sottoposte ad una Assemblea straordinaria appositamente convocata almeno sessanta giorni prima della seduta.
Esse sono approvate con almeno tre quarti dei voti dei Delegati componenti l'Assemblea, in essi compreso un terzo dei voti dei
Delegati delle società ed associazioni di ciascuna Lega nonché un terzo dei voti dei Delegati di ciascuna componente tecnica".
Ma non basta: con Comunicato Ufficiale n. 54 pubblicato il 9 gennaio 2007, il Commissario Straordinario della Federazione ha
emanato il Regolamento della Assemblea Straordinaria per l'approvazione delle proposte di revisione dello Statuto in
previsione della Assemblea del 22 gennaio 2007. Tale Regolamento, al quale il reclamante non fa effettivo cenno nelle sue
deduzioni, prevede e disciplina con puntualità da un lato, come devono essere presentati emendamenti alla proposta di Statuto,
quindi l'ordine delle votazioni ed infine le modalità di votazione e di scrutinio. In particolare, gli argomenti ora indicati
vengono presi in considerazione dagli articoli 3, 4 e 5 del richiamato Regolamento; le norme così dispongono:
“1. L'Assemblea elegge, per la direzione dei lavori, il Presidente con votazione palese. 2. Per lo svolgimento dei lavori, il
Presidente è assistito dal Segretario della Federazione. 3. Prima che si apra la votazione, il Commissario Straordinario, o la
persona da questi indicata, espone le linee generali della proposta di Statuto presentata dall'Assemblea." In ordine alle
modalità di presentazione e approvazione degli emendamenti, l'art. 4 prescrive:
“a) Il Commissario Straordinario o ciascuna Componente può proporre emendamenti mediante deposito presso la Segreteria
Federale fino a 3 giorni prima della data di svolgimento dell'Assemblea. Il Segretario assicura la tempestiva comunicazione di
tali emendamenti alle Componenti e al Commissario Straordinario;
b) il Commissario Straordinario può proporre emendamenti in sede assembleare prima che il Presidente dichiari aperta la
votazione finale sulla proposta di Statuto;
c) d'intesa tra loro, le Componenti possono proporre emendamenti in sede assembleare prima che il Presidente dichiari aperta
la votazione finale sulla proposta di Statuto."
Ma, come sopra si è anticipato, sono anche disciplinate le modalità di votazione; l'art. 5 infatti prescrive che:
"1. Il Presidente pone in votazione gli emendamenti presentati dalle Componenti o dal Commissario Straordinario.
2. Prima che siano messi in votazione, i presentatori di emendamenti possono esporre i contenuti degli stessi. Per gli
emendamenti presentati dalle Componenti, il Commissario Straordinario, o persona da lui delegata, ha diritto di replica.
3. Il Presidente pone in votazione gli emendamenti secondo l'ordine degli articoli in riferimento ai quali sono stati presentati.
74
DECISIONI INTEGRALI DELLA CORTE FEDERALE - STAGIONE SPORTIVA 2006-2007
4. Qualora siano stati presentati più emendamenti ad uno stesso articolo, essi sono posti ai voti cominciando da quelli che più
si allontanano dal testo originario: prima quelli interamenti soppressivi, poi quelli parzialmente soppressivi, quindi, quelli
modificativi e, infine, quelli aggiuntivi.
5. La votazione finale sulla proposta di Statuto nel suo complesso ha luogo dopo la discussione e la votazione degli
emendamenti."
Alla luce di quanto sin qui riportato, tutte le censure dedotte dalla A.C. PRATO S.p.A., non possono ritenersi fondate.
Ed invero, non appare condividibile la doglianza in ordine al mancato esame degli emendamenti presentati dalla reclamante,
nonché la doglianza afferente ad una asserita errata interpretazione e applicazione dell'art. 33 dello Statuto federale.
Da un lato infatti - come riportato nel verbale sopra richiamato - gli emendamenti approvati dall'Assemblea sono stati
presentati secondo le rigorose modalità previste dallo Statuto e dal Regolamento; dall'altro il secondo motivo afferente alla
interpretazione ed applicazione dell'art. 33 dello Statuto non tiene conto appunto del più volte citato Regolamento. Le
medesime argomentazioni sono idonee a confutare l'ultimo gruppo di critiche che afferiscono alla mancata adozione del voto
in forma segreta. Gli emendamenti presentati sono stati esaminati e approvati secondo le modalità previste dal Regolamento e
di qui la non accoglibilità del reclamo proposto. P.Q.M. E' respinto il reclamo proposto dalla A.C. PRATO S.p.A. Ordina
l‟incameramento della tassa reclamo.
TESTI DELLE DECISIONI RELATIVE AL COMUNICATO UFFICIALE N. 18/CF DEL 24 MAGGIO 2007
1. RICORSO DI ULTIMA ISTANZA AI SENSI DELL‟ART. 32, COMMA 7, STATUTO F.I.G.C. (vecchio testo) E ART.
32, CODICE DI GIUSTIZIA SPORTIVA, DELLA PROCURA FEDERALE AVVERSO LE DECISIONI ADOTTATE
DALLA COMMISSIONE D‟APPELLO FEDERALE NEI CONFRONTI DI FIANCARLO ROMANI, DARIO ZANERA,
PAOLO COPPITELLI, FABIO APPETITI, A.S.D. LUPA FRASCATI
(Delibera C.A.F. Com. Uff. n. 40/C del 15 marzo 2007)
La Corte Federale rigetta l‟impugnazione e per l‟effetto conferma la deliberazione impugnata.
2. RICHIESTE DI PARERE, EX ARTT. 30, COMMA 9, DELLO STATUTO FEDERALE (PREVIGENTE) E 20 DEL
CODICE DI GIUSTIZIA SPORTIVA, SU ISTANZE DI GRAZIA DI TESSERATI
La Corte Federale, dopo l‟illustrazione da parte dei relatori, ha formulato i pareri qui di seguito riportati:
calciatori Stefano CONSONNI Giuseppe MARINO – Claudio ESPOSITO – Luca BORGONOVO Alessio PROCOPIO –
Claudio CERVINI – Biagio MINACCI – Alessandro TURRI – Diego CASTELLUCCI sfavorevole, in quanto la Corte non ha
ritenuto sussistenti i presupposti idonei per la concessione dell‟invocato beneficio. Aurelio Saverio ANDREOLI (reiterata) –
Armando SCARNATO (reiterata) sfavorevole, in quanto non sono emersi elementi nuovi, idonei per la concessione del
richiesto beneficio, già negato in precedenza. Giovanni RUSSO (reiterata) sfavorevole, allo stato, in quanto non sono emersi
elementi nuovi, idonei per la concessione del richiesto beneficio, già negato in precedenza. Dirigenti Giorgio PAGANO
sfavorevole, in quanto la Corte non ha ritenuto sussistenti i presupposti idonei per la concessione dell‟invocato beneficio.
TESTI DELLE DECISIONI RELATIVE AL COMUNICATO UFFICIALE N. 19/CF DEL 5 GIUGNO 2007
1. RICORSO DI ULTIMA ISTANZA AI SENSI DELL‟ART. 32, COMMA 7, STATUTO F.I.G.C. (vecchio testo) E ART.
32, CODICE DI GIUSTIZIA SPORTIVA, DELLA PROCURA FEDERALE AVVERSO LE DECISIONI ADOTTATE
DALLA COMMISSIONE D‟APPELLO FEDERALE NEI CONFRONTI DI GIANCARLO ROMANI, DARIO ZANERA,
PAOLO COPPITELLI, FABIO APPETITI, A.S.D. LUPA FRASCATI
(Delibera C.A.F. Com. Uff. n. 40/C del 15 marzo 2007)
Svolgimento del procedimento
Con atto del 30 gennaio 2007 il Procuratore Federale deferiva alla Commissione d‟Appello Federale, che si assumeva
competente al giudizio in quanto uno dei soggetti nei cui confronti veniva promossa l‟azione disciplinare, Melchiorre Zarelli,
rivestiva la carica di Presidente del Comitato Regionale Lazio, sì da essere ricompreso nella categoria dei dirigenti federali,
con la conseguente attrazione nella medesima sfera di competenza delle altre posizioni, oltre il menzionato Zarelli, Giancarlo
Romani, già Presidente dell‟A.S.D. Frascati Calcio e dell‟A.S.D. Lupa Frascati, Dario Zanera, già Presidente dell‟A.S.D.
Frascati Calcio, Paolo Coppitelli, già Vicepresidente e socio dell‟A.S.D. Frascati, Fabio Appettiti, socio e dirigente dell‟A.S.D.
Frascati Calcio e dell‟A.S.D. Lupa Frascati e la Società A.S.D. Lupa Frascati. A tutti gli incolpati veniva contestata la
violazione dei principi di cui all‟art. 1, comma 1, C.G.S. in relazione all‟art. 16, comma 4, lett. a) e 52, comma 2, N.O.I.F. per
avere posto in essere separate ma convergenti condotte attraverso le quali veniva eluso il divieto di cessione del titolo sportivo
dalla A.S.D. Frascati Calcio alla A.S.D. Lupa Frascati Calcio con conseguente conservazione in favore di quest‟ultima della
matricola federale ed indebita iscrizione al Campionato di Eccellenza del Comitato Regionale Lazio per la stagione sportiva in
corso. Ed inoltre, allo Zarelli, la contestazione veniva mossa per violazione dei doveri inerenti alla carica di Presidente del
Comitato Regionale Laziale della L.N.D., sostanziatasi nella omissione di denuncia al Consiglio di Presidenza della L.N.D. ed
all‟Ufficio Indagini delle irregolarità poste in essere da tesserati dell‟A.S.D. Frascati Calcio, e per la l‟autorizzazione al cambio
di denominazione dalla A.S.D. Frascati Calcio in A.S.D. Lupa Frascati. Al Romani, allo Zanera, al Coppitelli e all‟Appetiti
veniva contestata la commissione dei comportamenti antiregolamentari prima descritti, ed infine la Società A.S.D. Lupa
Frascati Calcio veniva incolpata a titolo di responsabilità diretta ed oggettiva per i comportamenti posti in essere dai propri
dirigenti e tesserati. Il deferimento traeva origine dalla relazione dell‟Ufficio Indagini, a propria volta redatta a seguito della
75
DECISIONI INTEGRALI DELLA CORTE FEDERALE - STAGIONE SPORTIVA 2006-2007
denuncia di irregolarità relative all‟ammissione dell‟A.S.D. Lupa Frascati al Campionato di Eccellenza laziale della stagione
sportiva in corso sporta da Nicolina Carrozza, Presidente dell‟A.S.D. Roma VIII. L‟atto di deferimento poneva in evidenza che
a seguito delle indagini era emerso che l‟A.S.D. Frascati Calcio versava in precarie condizioni economico-gestionali e sportive
nel corso della stagione 2005/2006, al termine della quale veniva retrocessa dal Campionato Nazionale Dilettanti alla serie
inferiore del Campionato di Eccellenza. In data 30 maggio 2006 i soci Zanera, Coppitelli e Buccella, deliberavano, nel corso di
apposita assemblea la cessazione della posizione fiscale e la chiusura della partita I.V.A. in relazione allo scioglimento
dell‟A.S.D. Frascati Calcio. Dalle indagini emergeva che nel febbraio precedente era stata costituita l‟A.S.D. Lupa Frascati allo
scopo, dedotto nell‟atto d‟accusa, dell‟acquisizione dei titoli dell‟A.S.D. Frascati Calcio. In questa logica elusiva del divieto di
cui all‟art. 52, comma 2, N.O.I.F. secondo cui “in nessun caso il titolo sportivo può essere oggetto di valutazione economica o
di cessione”, veniva adottata un‟ulteriore deliberazione assembleare nella medesima data del 30 maggio 2006, in cui si
riportava alla presenza dei soci Coppitelli e Buccella, indicandoli come dimissionari, allo scopo di creare una parvenza di
continuità tra la vecchia e la nuova compagine sociale. Con due successive deliberazioni assembleari del 19 giugno 2006,
adottate nel corso di sedute presiedute dal Romani, già Presidente dell‟A.S.D. Frascati Calcio e dell‟A.S.D. Lupa Frascati, si
procedeva ad ammettere nuovi soci, a distribuire cariche e, con il secondo di tali atti, al mutamento della denominazione
sociale in A.S.D. Lupa Frascati. Ad avviso della Procura Federale tale mutamento di denominazione, cui era conseguita
l‟acquisizione da parte dell‟A.S.D. Lupa Frascati del numero di matricola federale appartenente all‟A.S.D. Frascati Calcio, e
conseguente cessazione della posizione fiscale dell‟A.S.D. Lupa Frascati, veniva conseguito, ad avviso dell‟accusa, un effetto
equivalente alla vietata cessione del titolo sportivo, che avrebbe costituito l‟originario obiettivo non solo del Romani, ma anche
dei soci Buccella e Coppitelli nonché, logicamente, altresì dello Zanera, già Presidente dell‟A.S.D. Frascati Calcio. Nell‟atto di
deferimento si poneva ulteriormente in rilievo che a seguito della adozione da parte dello Zanera, creditore nei confronti
dell‟A.S.D. Frascati Calcio, di iniziative volte ad impedire il perfezionamento dell‟operazione di cessione dissimulata del titolo
sportivo il Presidente del Comitato Regionale del Lazio della L.N.D. Melchiorre Zarelli, che sarebbe stato a conoscenza delle
irregolarità presenti nelle deliberazioni assembleari del 19 giugno 2006, si sarebbe adoperato per sanare tali anomalie,
intervenendo presso lo Zanera per una soluzione bonaria della controversia con la Società, risultato in effetti raggiunto in virtù
di due atti attraverso i quali lo stesso Zanera, da un canto confermava le proprie dimissioni, e dall‟altro rilasciava una
dichiarazione liberatoria dalla dedotta illegittimità delle deliberazioni assembleari. Conclusivamente, per effetto dell‟autonomo
e convergente operato di tutti i soggetti deferiti, veniva a realizzarsi l‟effetto, che sarebbe stato precluso dalla normativa
federale, della iscrizione e partecipazione dell‟A.S.D. Lupa Frascati al Campionato di Eccellenza laziale con il recupero del
titolo sportivo dell‟A.S.D. Frascati Calcio e della regolarizzazione postuma della posizione tecnica e federale dell‟A.S.D. Lupa
Frascati. Nel corso del giudizio svoltosi davanti la Commissione d‟Appello Federale ciascuno dei deferiti respingeva gli
addebiti, affermando la piena liceità del proprio operato. Con provvedimento pubblicato nel Comunicato Ufficiale n. 40/C del
15 marzo 2007, e comunicato il successivo 28 marzo alla Procura Federale, i giudici di primo grado proscioglievano tutti i
deferiti nonché la società A.S.D. Lupa Frascati. Nella decisione oggi impugnata, che affermava la connessione tra tutte le
posizioni degli incolpati idonea a radicare la competenza della C.A.F. in primo grado ai sensi dell‟art. 31, comma 1, dello
Statuto F.I.G.C. si rilevava che al fine del perfezionamento della fattispecie violativa dell‟art. 52 delle N.O.I.F. occorre il
duplice presupposto che una società cedente cessi l‟attività conferendo il titolo sportivo ad una società cessionaria, così
consentendo a questa di partecipare al Campionato in luogo della stessa cedente ed in virtù del titolo ceduto. Ciò premesso, la
Commissione d‟Appello osservava che non era emersa dalla attività istruttoria espletata la prova che il descritto presupposto si
fosse realizzato. In particolare i primi giudici osservavano che con riferimento alla deliberazione assembleare del 30 maggio
2006, priva di orario, non potesse affermarsi essere stata deliberata la cessazione della società A.S.D. Frascati Calcio, tenuto
conto che dal relativo verbale sarebbe solo emerso che si era decisa la cessazione della partita I.V.A. e della posizione fiscale
ma non anche la coeva cessazione dell‟attività sociale, con effetto immediato e comunque non oltre il 20 giugno 2006. I primi
giudici proseguivano qualificando la deliberazione stessa come affetta da nullità assoluta e radicale per difetto della
partecipazione del numero necessario di soci, ciò che avrebbe fatto venir meno sia il quorum legale che quello statutario. Nella
decisione impugnata si osservava, invece, con riferimento alla deliberazione del 30 maggio 2006 recante l‟orario di inizio alle
h.18,30 che la stessa presentava i requisiti formali di legittimità e, a differenza della prima, non era suscettibile di dichiarazione
di nullità, almeno non in termini assoluti. Da questa considerazione i primi giudici traevano la conseguenza che a seguito della
deliberazione sottraentesi al regime della nullità assoluta la vita sociale dell‟A.S.D. Frascati Calcio aveva ricevuto nuovo
impulso grazie alla deliberazione di nuove cariche sociali. A questa stregua derivava, secondo i primi giudici, la carenza di
elementi refluenti sulla validità e legittimità dell‟Assemblea Straordinaria del 19 giugno 2006 con cui si deliberò di mutare la
denominazione sociale da A.S.D. Frascati Calcio in A.S.D. Lupa Frascati, non essendovi altro onere da osservare, ai fini della
ineccepibilità della condotta societaria secondo l‟ordinamento sportivo che la disposizione dell‟art. 17 N.O.I.F., che fissa gli
improrogabili termini per la presentazione della domanda di autorizzazione al mutamento di denominazione sociale. La
Commissione d‟Appello si poneva poi il problema dell‟interpretazione da conferire relativamente al significato ed agli effetti
della deliberazione del Consiglio Direttivo del precedente 10 maggio 2006 in cui si diceva testualmente che si intendeva
“proseguire l‟attività sportiva attraverso una nuova associazione a cui trasferire i diritti sportivi e titoli”. Al riguardo la C.A.F.
si esprimeva nel senso che, promanando l‟atto in questione da un organo privo del potere di determinare l‟effettivo
scioglimento della società, potere solo spettante all‟Assemblea, esso era privo dell‟effetto estintivo della Società – ma al
massimo ne avrebbe posseduto uno prodronico – costituente l‟implicito presupposto delle contestazioni addebitate agli
incolpati. La Commissione d‟Appello si pronunciava conclusivamente nel senso che le emergenze processuali portavano ad
escludere che si fosse verificata la cessazione dell‟A.S.D. Frascati Calcio e la cessione del relativo titolo all‟A.S.D. Lupa
Frascati, essendo rimasta in essere la prima di tali società che conservò la medesima matricola e la medesima partita I.V.A. e
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DECISIONI INTEGRALI DELLA CORTE FEDERALE - STAGIONE SPORTIVA 2006-2007
andò unicamente incontro ad una parziale modifica della compagine sociale. Successivamente alla verificazione di tale evento
si determinò anche il mutamento della denominazione sociale, peraltro avvenuto nel rispetto della previsione dell‟art. 17 citato
e nella legittima conservazione del titolo già appartenente alla società, con conseguente esclusione dell‟infrazione di cui agli
art. 52, comma 2 e 16, comma 4, lett. a). Sotto questo angolo visuale, veniva, pertanto esclusa la sussistenza degli addebiti nei
confronti degli incolpati legati alla società. Quanto alla posizione dello Zarelli, Presidente del Comitato Regionale Lazio, la
Commissione rilevava che non sussistendo gli illeciti e le irregolarità contestate egli non aveva alcun obbligo di denuncia e si
era comunque, solertemente disposto all‟osservanza dei propri doveri. Contro questa decisione il Procuratore Federale
proponeva impugnazione davanti questa Corte con atto del 4 aprile 2007, cui venivano allegati documenti giudicati rilevanti,
chiedendo la riforma della decisione e la condanna degli incolpati, Romani, Zanera, Coppitelli ed Appetiti, nonché della
Società A.S.D. Lupa Frascati per gli addebiti contestati: non veniva proposta impugnazione nei confronti del proscioglimento
dello Zarelli. Nell‟atto di impugnazione il Procuratore Federale lamentava che la C.A.F. fosse incorsa in una formalistica
qualificazione in termini di legittimità delle deliberazioni assembleari, omettendo di tener conto di tutti gli elementi di fatto dai
quali si sarebbe dovuta arguire la effettiva elusione del divieto di cessione del titolo sportivo dall‟A.S.D. Frascati Calcio alla
A.S.D. Lupa Frascati. In particolare, l‟impugnante poneva in rilievo che non fosse stato attribuita la necessaria rilevanza
all‟esistenza di un atto di cessione firmato il 4 maggio 2006, di cui si dava atto nel verbale del 30 maggio successivo,
circostanza sintomatica della realizzazione di una fattispecie di negozio indiretto, tramite il quale si era in concreto raggiunto
uno scopo illecito attraverso l‟adozione di uno strumento negoziale formalmente lecito in quanto riferito strutturalmente ad una
causa diversa. Il Procuratore Federale censurava, inoltre, il fatto che la decisione di primo grado avesse del tutto trascurato
l‟effettiva esistenza di due compagini sociali, errando nella individuazione della natura dell‟operazione realmente perseguita
dagli incolpati. Ancora una volta, la doglianza si dirigeva alla mancata valutazione della sottoscrizione dell‟atto di cessione
prima indicato, del quale si dava ampiamente conto nella delibera del 21 maggio 2006, in cui si individuavano anche le
modalità attraverso le quali realizzare la cessione dei diritti sportivi legandole alle dimissioni dei soci della cedente da tutte le
cariche ed incarichi societari, all‟ingresso dei nuovi soci della Lupa Frascati, al cambio di denominazione sociale e della
matricola, allo scioglimento dell‟A.S.D. Frascati Calcio ai fini fiscali e civilistici. Nell‟atto di cessione, si sosteneva da parte
dell‟appellante, era previsto che l‟A.S.D. Frascati Calcio cedesse tutti i titoli sportivi, nonché la libertà degli stessi da “pegni,
privilegi e quant‟altro”. Da tale circostanza sarebbe emerso, ad avviso della Procura Federale l‟effettivo perseguimento di un
meccanismo elusivo dei divieti ordinamentali, meccanismo inizialmente impedito dal mutamento di atteggiamento dello
Zanera, le cui dimissioni furono sospese per poi essere revocate in epoca successiva. Conclusivamente, la Procura Federale
riteneva che nei confronti degli incolpati, contro il cui proscioglimento aveva proposto appello, fossero emersi elementi che ne
provavano la sicura responsabilità relativamente agli addebiti contestati, e chiedeva, pertanto, la riforma in tal senso della
decisione di primo grado. A tale impugnazione replicavano gli appellati ponendone in rilievo, in primo luogo, la tardività, e,
nel merito, l‟infondatezza, rilevando, al contrario, la ineccepibilità della decisione impugnata. Veniva fissata per la discussione
l‟udienza del 10 maggio 2007 e di essa veniva data dalla Segreteria della Corte comunicazione alle parti al fine di porle nella
condizione di comparire personalmente nonché a mezzo di difensori muniti di procura. La discussione si svolgeva nelle
successive riunioni del 17 e 24 maggio 2007.
Motivi della decisione
Va in primo luogo rilevata l‟ammissibilità dell‟impugnazione proposta dalla Procura Federale. Ed invero essa è stata
tempestivamente depositata il settimo giorno successivo alla data in cui all‟appellante è pervenuta la comunicazione della
decisione di primo grado. E si trattava di decisione rispetto alla quale doveva esser fatta la diretta comunicazione alla Procura
stessa in quanto relativa a procedimento avviato in base al deferimento disposto dalla stessa Procura. Ciò premesso, ai fini
della decisione va tenuto in debito conto che la struttura dell‟atto d‟accusa è formulata facendo leva sulla violazione
dell‟articolo 1, comma 1, del Codice di Giustizia Sportiva non nella semplice prospettiva che si fosse realizzata una generica
violazione dei principi di lealtà, probità e correttezza imposti dalla norma, ma in quanto le condotte rimproverate agli incolpati
sarebbero state a propria volta sintomatiche della violazione di specifiche disposizioni ordinamentali, ed in particolare gli artt.
16, comma 4, lett. a), e 52, comma 2, N.O.I.F.. Alla luce di questa circostanza la Corte rileva che per accertare la sussistenza
della responsabilità contestata agli odierni appellati deve procedersi all‟accertamento della sussistenza delle specifiche
violazioni delle quali gli stessi sono stati chiamati a rispondere. E ciò perché, secondo la stessa prospettazione accusatoria,
ribadita nel presente grado di giudizio, l‟art. 1 ha finito con il perdere la propria funzione sussidiaria e di completamento
dell‟ordinamento sportivo, non essendo più stata vista come autonomo sintomo di condotte contrastanti con la normativa
federale, ed avendo, piuttosto, assunto una funzione strumentale e di supporto di violazioni del tutto indipendenti ed autonome.
Ciò porta sul piano logico ad affermare che, proprio per mantenersi fedeli alla verifica dell‟impianto accusatorio, presupposto,
e al tempo stesso limite, della fondatezza dell‟accusa è la sussistenza delle specifiche ed autonome violazioni contestate.
Mancando tale presupposto non può che venir meno la stessa configurabilità dell‟accusa, che rimarrebbe così priva della
propria base logica. Ciò premesso, la Corte rileva che le condotte contestate a tutti gli incolpati vanno giudicate non in
relazione alla loro supposta capacità di assecondare un disegno antidoveroso possibilmente presente nelle menti degli incolpati,
ma devono essere valutate per la loro obiettiva consistenza antigiuridica e per la reale capacità di integrare in pieno la duplice
violazione denunciata. Da questo punto di vista non appare in alcun modo censurabile né il metodo, né il conseguente
ragionamento svolto dai giudici di primo grado che si sono congruamente dedicati alla qualificazione delle condotte e alla
individuazione degli eventi registrabili nella fattispecie all‟evidente scopo di ammettere o escludere la loro riconduzione ai
paradigmi normativi. Altrettanto esattamente la Commissione di primo grado ha esaminato la concreta esteriorizzazione delle
condotte degli incolpati attraverso gli atti e le deliberazioni societarie adottate. E con ineccepibile valutazione logico-giuridica
la Commissione d‟Appello Federale ha analiticamente passato in rassegna ciascuna delle deliberazioni succedutesi tra il
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DECISIONI INTEGRALI DELLA CORTE FEDERALE - STAGIONE SPORTIVA 2006-2007
maggio e il giugno 2006 per concludere che esse erano inidonee a realizzare l‟effetto vietato dagli artt. 16, comma 4, lett. a) e
52, comma 2, N.O.I.F.. In effetti, l‟atto d‟appello non ha specificamente censurato il merito della pronuncia impugnata in
punto, vuoi di legittimità e/o validità delle deliberazioni adottate, vuoi della loro efficacia alla produzione degli eventi vietati.
La Procura Federale ha mosso le proprie critiche al metodo adottato, in quanto giudicato solo attento ai profili civilistici della
fattispecie con perdita di vista dell‟obiettivo della valutazione disciplinare. Questa osservazione porta la Corte ad un duplice
ordine di considerazioni. In primo luogo, poiché non è stata in concreto impugnata la valutazione di merito effettuata dalla
C.A.F. circa il giudizio attribuito alle deliberazioni societarie, ed in particolare a quelle del 10 maggio e del 30 maggio 2006,
ben può osservarsi che è divenuto definitivo l‟accertamento in punto di diritto racchiuso nella decisione impugnata
limitatamente alla validità o invalidità delle deliberazioni stesse. Ciò comporta che non è in questa sede revocabile in dubbio
che le qualificazioni in ordine alle delibere societarie siano insuscettibili di riforma per difetto di specifica impugnazione sul
punto, fatto salvo quanto si dirà di seguito. La seconda considerazione è che la censura circa l‟erroneità del metodo
interpretativo adottato dai primi giudici deve, per non peccare di astrattezza, essere guardata in quanto capace di proporre un
metodo interpretativo alternativo, indicandone il concreto contenuto. Ma anche da questo punto di vista il ragionamento offerto
dalla Procura Federale non mostra la necessaria attitudine a condurre a conclusioni differenti da quelle raggiunte dai giudici di
primo grado. Ed invero, la lettura offerta dalla Procura Federale circa gli atti societari che sarebbero riconducibili alla categoria
del negozio indiretto si infrange sulla mancanza di prova della effettiva realizzazione attraverso le deliberazioni incriminate di
effetti diversi da quelli che esse dichiaravano di perseguire. Ed invero, la costruzione del divieto di cessione del titolo sportivo
può solo essere legata alla effettiva realizzazione dello scopo vietato attraverso atti che per ragioni strutturali ed oggettive
possano a propria volta essere giudicati idonei al conseguimento dello scopo illecito. Solo al verificarsi di questa condizione le
violazioni potrebbero dirsi in effetti ricorrenti. Ma di questa circostanza non v‟è prova alcuna nel presente procedimento in
quanto la natura tipica degli atti e delle deliberazioni societarie posti in essere li conduceva inevitabilmente a produrre i soli
effetti risultanti dal testo e dichiarati dalle parti. La categoria del negozio indiretto, tipica delle stipulazioni private aventi
natura contrattuale, è insuscettibile di trovare applicazione in una fattispecie di negozio di natura associativa nel quale non
sono distinguibili posizioni contrapposte né è pensabile che i centri di volontà individuali possano essere letti come portatori di
interessi antagonisti ridotti a sintesi in un ipotetico accordo di volontà. La deliberazione associativa ha natura collegiale, così
facendo perdere la riferibilità della stessa alle volontà dei singoli associati e rendendone irrilevante il comportamento
individuale in chiave di giustizia sportiva. A questa stregua, la qualificazione in termini di negozio indiretto delle deliberazioni
societarie perde consistenza sul piano categoriale e non recupera tale carenza nemmeno dal decisivo punto di vista effettuale,
tenuto conto che nessuna delle deliberazioni in questione possedeva l‟intrinseca capacità di produrre un effetto diverso da
quello dichiarato. Né il discorso potrebbe mutare di prospettiva valorizzando il documento prodotto in questo grado dalla
Procura Federale e riferibile ad una deliberazione del 4 maggio 2006 del Consiglio Direttivo dell‟A.S.D. Frascati Calcio che
conterrebbe la decisione della cessione del titolo sportivo alla costituenda A.S.D. Lupa Frascati. Ed invero, anche con riguardo
a questo atto devono valere le precedenti considerazioni, unite a quelle dei primi giudici, che portano a dire come esso,
provenendo da un mero organo societario interno non rappresentativo della volontà dell‟ente, era intrinsecamente privo di
natura deliberativa e quindi inidoneo a produrre l‟effetto vietato dalle norme federali prima citate. Sotto altro profilo valgono,
attesa la natura non contrattuale dell‟atto stesso, le precedenti osservazioni che rendono inapplicabile nella fattispecie il ricorso
alla figura del negozio indiretto. La conclusione deduttivamente scaturente da quanto sin qui detto è che nessuna della
deliberazioni invocate è stata in grado, per le non impugnate ragioni addotte dai giudici di primo grado e per l‟inaccoglibilità di
quelle formulate con l‟atto di impugnazione, di raggiungere l‟effetto vietato della cessione del titolo sportivo dall‟una all‟altra
delle società interessate dal presente procedimento. Ora, poiché come detto nella parte introduttiva, l‟accusa era congegnata in
modo che essa avrebbe potuto essere dichiarata fondata solo ove fosse stata accertata la sussistenza della due specifiche
violazioni contestate, essendo stata la violazione dell‟art. 2 dedotta in termini di pura apparenza e senza che alla norma venisse
assegnata la necessaria funzione sussidiaria, l‟accusa stessa deve ritenersi priva della base fondante l‟affermazione di
responsabilità degli incolpati. L‟appello, va pertanto, rigettato, con conferma della decisione impugnata. P.Q.M. La Corte
Federale rigetta l‟impugnazione e per l‟effetto conferma la deliberazione impugnata.
TESTI DELLE DECISIONI RELATIVE AL COMUNICATO UFFICIALE N. 20/CF DEL 21 GIUGNO 2007
1. RICORSO AI SENSI DEGLI ARTT. 32 E 33 DEL CODICE GIUSTIZIA SPORTIVA E ART. 32 STATUTO F.I.G.C.
(PREVIGENTE) DEL SIG. LUCIANO MOGGI AVVERSO LA SANZIONE DELL‟INIBIZIONE PER MESI SEI
INFLITTA A SEGUITO DEL DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE
(Delibera C.A.F. Com. Uff. n. 46/C del 12 aprile 2007)
La Corte Federale dichiara il non luogo a provvedere per carenza di giurisdizione.
2. ISTANZA AI SENSI DELL‟ART. 22 COMMA 1, LETT. c) CODICE GIUSTIZIA SPORTIVA DELL‟A.S.D. A.S.
SESTESE CALCIO
Il dispositivo sarà pubblicato con la motivazione.
3. ISTANZA AI SENSI DELL‟ART. 22 COMMA 1, LETT. c) CODICE GIUSTIZIA SPORTIVA DELLA V.F.D.
COLLIGIANA S.R.L.
Il dispositivo sarà pubblicato con la motivazione.
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4. RICORSO DELLA SOCIETÀ TERNANA CALCIO S.P.A. EX ART. 22 COMMA 3 CODICE GIUSTIZIA SPORTIVA
La Corte Federale dispone la inammissibilità del ricorso e ordina incamerarsi la tassa reclamo.
5. PARERE INTERPRETATIVO AI SENSI DELL‟ART. 22, COMMA 1, LETT. a), CODICE DI GIUSTIZIA SPORTIVA
RICHIESTO DALLA COMMISSIONE DISCIPLINARE DELLA LEGA PROFESSIONISTI SERIE C.
Il dispositivo sarà pubblicato con la motivazione.
6. RICHIESTE DI PARERE, EX ARTT. 30, COMMA 9, DELLO STATUTO FEDERALE (PREVIGENTE) E 20 DEL
CODICE DI GIUSTIZIA SPORTIVA, SU ISTANZE DI GRAZIA DI TESSERATI
La Corte Federale, dopo l‟illustrazione da parte dei relatori, ha formulato i pareri qui di seguito
riportati:
calciatori
Luca MERCIADRI – Filippo MECCARIELLO – Giuseppe MARINELLO – Giovanni TATEO sfavorevole, in quanto la Corte
non ha ritenuto sussistenti i presupposti idonei per la concessione dell‟invocato beneficio. Nicola MONTUORI (reiterata)
sfavorevole, in quanto non sono emersi elementi nuovi, idonei per la concessione del richiesto beneficio, già negato in
precedenza.
dirigenti
Gianni MARINO
sfavorevole, in quanto la Corte non ha ritenuto sussistenti i presupposti idonei per la concessione dell‟invocato beneficio.
TESTI DELLE DECISIONI RELATIVE AL COMUNICATO UFFICIALE N. 21/CF DEL 28 GIUGNO 2007
1. RICORSO AI SENSI DEGLI ARTT. 32 E 33 DEL CODICE GIUSTIZIA SPORTIVA E ART. 32 STATUTO F.I.G.C.
(PREVIGENTE) DEL SIG. LUCIANO MOGGI AVVERSO LA SANZIONE DELL‟INIBIZIONE PER MESI SEI
INFLITTA A SEGUITO DEL DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE
(Delibera C.A.F. Com. Uff. n. 46/C del 12 aprile 2007)
La vicenda in esame prende le mosse da un procedimento disciplinare istaurato dalla Commissione Agenti di Calciatori a
carico dell'agente dei calciatori Sig. Alessandro Moggi. Nel contesto di tale vicenda si constatò che tra i soggetti destinatari dei
vari accertamenti erano intercorse diverse conversazioni telefoniche che, analizzate nei loro contenuti, dimostravano un
tentativo di condizionamento della decisione della Commissione. Il Capo Ufficio Indagini, quindi, trasmetteva alla Procura
Federale gli atti concernenti "accertamenti in ordine alla decisione assunta dalla Commissione Agenti di Calciatori nella
seduta disciplinare del 20.9.2004. Posizione del Sig. Paolo Conti all'epoca dei fatti componente della Commissione, dell'Avv.
M.G. consulente FIGC e Sig. Luciano Moggi, genitore dell'Agente Alessandro Moggi". Il Procuratore Federale sulla base delle
segnalate conversazioni telefoniche riteneva che le condotte dei Sigg.ri Paolo Conti e Luciano Moggi integrassero gli estremi
della violazione di cui agli artt. 1, comma 1, Codice di Giustizia Sportiva, e 10, comma 2, N.O.I.F., ascrivibili al Sig. Paolo
Conti e al Sig. Luciano Moggi all'epoca dei fatti Amministratore e Direttore Generale della società Juventus F.C. S.p.A.
nonché genitore del Sig. Alessandro Moggi sottoposto a procedimento disciplinare. Il Procuratore Federale era dell'avviso,
quindi, che il Sig. Luciano Moggi, benché non più tesserato della F.I.G.C., fosse soggetto alla giurisdizione disciplinare
trovando applicazione - a suo avviso - nell'ordinamento federale il principio della perpetuatio iurisdictionis secondo il quale
assume qualità prevalente la qualifica di tesserato al momento della commissione dei fatti, mentre non assume rilievo la perdita
della qualità di tesserato prima dell'adozione del provvedimento di deferimento. Concludeva, quindi, con il deferimento alla
Commissione d'Appello Federale del Sig. Luciano Moggi per violazione di cui all'art. 1, comma 1, Codice di Giustizia
Sportiva, per aver contravvenuto ai principi di lealtà, correttezza e probità per aver tentato di influenzare le decisioni di un
Organo federale con i comportamenti come descritti nell'atto di deferimento. La Commissione d'Appello Federale con
decisione in data 12 aprile 2007 riteneva che nella specie sussistessero i presupposti oggettivi e soggettivi per l'erogazione di
un provvedimento disciplinare e quindi infliggeva al Sig. Luciano Moggi la sanzione della inibizione per mesi sei. Nella
motivazione, la Commissione d'Appello Federale specificava che risultava provato che il Moggi era intervenuto a più riprese e
nei confronti di più soggetti della Federazione al fine di deviare favorevolmente il giudizio disciplinare del procedimento a
carico del di lui figlio Alessandro. La Commissione d'Appello Federale, riteneva non meritevole di considerazione l'eccezione
sollevata dalla difesa del Sig. Moggi secondo la quale la condotta di costui non sarebbe suscettibile di valutazione ai fini della
irrogazione di un provvedimento disciplinare, in quanto non più tesserato
per la F.I.G.C.. Avverso detta decisione proponeva appello alla Corte Federale il Sig. Luciano Moggi deducendo una serie di
eccezioni in rito e nel merito. In particolare assumeva la difesa del Sig. Moggi che la C.A.F. non avrebbe potuto giudicare
Luciano Moggi, essendosi egli dimesso, ormai da più di un anno (con lettera in data 16.5.2006) dalla carica di Dirigente della
F.C. Juventus S.p.A. e da tesserato della F.I.G.C.. Con decorrenza dalla suddetta data, dunque, è venuto a cessare il vincolo
associativo rispetto all'ordinamento di settore, il che comporta (ai sensi dell'art. 36, comma 7, N.O.I.F.), l'impossibilità di
essere ritesserato in futuro. In definitiva, secondo la difesa del Moggi costui non avrebbe potuto essere giudicato dalla
Commissione d'Appello Federale. Nel merito la difesa dell'appellante sosteneva che le prove raccolte non erano idonee a
configurare un comportamento censurabile. La Corte Federale ritiene meritevole di accoglimento l'eccezione preliminare
formulata. L'argomento è stato esaminato nella nota decisione 4 agosto 2006 da questa Corte Federale che (Comunicato
Ufficiale n. 2/Cf) ritiene di non doversi discostare dai principi in quella occasione fissati. In realtà, il potere disciplinare degli
Organi di Giustizia Sportiva si configura nei confronti di tutti i tesserati senza distinzione di sorta; non rileva in particolare che
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DECISIONI INTEGRALI DELLA CORTE FEDERALE - STAGIONE SPORTIVA 2006-2007
un tesserato, una volta avviato il procedimento, abbia posto in essere iniziative finalizzate alle dimissioni dall'apparato sportivo
e quindi volte a far venir meno il tesseramento. Sarebbe agevole allora, considerate le caratteristiche dell'ordinamento sportivo,
tra l'altro connotate dalla responsabilità oggettiva, vanificare i procedimenti sanzionatori avviati nei confronti di un soggetto
tesserato. Ne consegue in buona sostanza che il rilievo determinante ai fini della verifica della competenza degli Organi di
Giustizia Sportiva non è costituito tanto dal momento in cui i fatti in contestazione sono accaduti, quanto dal momento in cui è
avviato il procedimento disciplinare con la contestazione dell'atto di iniziativa della Procura Federale. Solo il deferimento della
Procura costituisce quindi il dato decisivo ai fini della giurisdizione. Conclusivamente, nella specie il deferimento della
Procura Federale è avvenuto l'8 febbraio 2007 quando cioé il Moggi da tempo (maggio 2006) non faceva parte del mondo
sportivo. Il Sig. Luciano Moggi pertanto non poteva essere giudicato dalla Commissione di Appello Federale e la decisione, sul
punto, va quindi riformata. Solo per mera completezza è il caso ricordare, infine, che le vicende delle quali, per le ragioni
esposte, non possono ora occuparsi gli Organi di Giustizia Sportiva, sarebbero riconsiderate, sia pure in diversa prospettiva,
qualora l'interessato intendesse richiedere un nuovo tesseramento. Ordina restituirsi la tassa reclamo. P.Q.M. La Corte Federale
dichiara il non luogo a provvedere per carenza di giurisdizione.
2. ISTANZA AI SENSI DELL‟ART. 22 COMMA 1, LETT. c) CODICE GIUSTIZIA SPORTIVA DELL‟A.S.D. A.S.
SESTESE CALCIO
FATTO
Con istanza in data 28 aprile 2007, diretta al Presidente Federale, al Presidente della Corte Federale, al Presidente della Lega
Nazionale Dilettanti, al Presidente del Comitato Interregionale, il signor Giusti Filippo, in qualità di Presidente della A.S.
Sestese Calcio A.S.D., esponeva di avere richiesto all'Ufficio del Lavoro e Premi della F.I.G.C. la certificazione del Premio
alla Carriera ex art. 99-bis, N.O.I.F., per aver formato ed educato il calciatore Ciuffi Gabriele (nato il 7 settembre 1977) nelle
stagioni sportive 1990/1991, 1991/1992, 1992/1993/, 1993/1994, 1994/1995, 1995/1996, in conseguenza del suo esordio in
Serie A con il Torino F.C. S.p.A. nella gara Torino - Chievo disputata il 15 ottobre 2006, richiesta accolta limitatamente alle
stagioni sportive 1990/1991, 1991/1992 e 1992/1993; respinta per le restanti tre stagioni sportive 1993/1994, 1994/1995,
1995/1996, sul presupposto che il calciatore nel corso della stagione 1993/1994, aveva perso la qualifica di “giovane
dilettante”, a norma dell‟art. 32 delle N.O.I.F.. Aggiungeva che tale negativa determinazione veniva confermata dalla
Commissione Vertenze Economiche, che respingeva il relativo reclamo proposto dalla società interessata. Quanto sopra
premesso, la società istante assume che l‟art. 99-bis delle N.O.I.F., secondo cui le società della Lega Nazionale Dilettanti e/o di
puro settore giovanile hanno diritto a ricevere un compenso forfettario per la formazione impartita ad un calciatore solo sino
all'età di 18 anni, si pone in aperto contrasto con quanto disposto dal Regolamento F.I.F.A. per lo Status ed il Trasferimento
dei Calciatori in tema di formazione ed in particolare circa la durata della stessa, posto che quest‟ultima normativa è entrata a
far parte dell‟ordinamento federale nazionale per effetto dell‟art. 1, comma 5, del nuovo Statuto federale, di cui al C.U. n. 90
del 21 marzo 2007, dal seguente testuale tenore: “La FIGC è affiliata alla FIFA e all‟UEFA. Pertanto, la FIGC, le Leghe, le
società, gli atleti, i tecnici, gli ufficiali di gara, i dirigenti e ogni altro soggetto dell‟ordinamento federale sono tenuti, tra l‟altro,
a “rispettare in ogni momento gli Statuti, i regolamenti, le direttive e le decisioni della FIFA e dell'UEFA” (lettera c)). Ove poi
si consideri che, ai sensi dell‟art. 2, comma 1, dello Statuto Federale, La FIGC svolge le proprie funzioni in armonia con le
deliberazioni e gli indirizzi della FIFA, non vi sarebbero dubbi sulla piena operatività nell‟ordinamento federale nazionale, del
Regolamento per lo Status ed il Trasferimento dei Calciatori, emanato dalla F.I.F.A. il 18 dicembre 2004 ed entrato in vigore il
1 luglio 2005, i cui artt. 20 e 21 e gli Allegati n. 4 e n. 5 allo stesso Regolamento contengono i principi per indennizzare le
società che contribuiscono alla formazione dei calciatori, esattamente come viene fatto nel nostro ordinamento, individuando
un arco temporale all'interno del quale i calciatori vengono considerati in formazione e le società indennizzate per aver educato
e formato gli stessi calciatori. In particolare, l'art. 20 e l'Allegato 4, disciplinano l'istituto dell'Indennizzo di Formazione,
stabilendo che la formazione e l'educazione di un calciatore ha luogo tra i 12 ed i 23 anni, specificando poi che esse verranno
pagate sino all'età di 21 anni, salvo che si dimostri che la formazione di un calciatore si è completata prima del raggiungimento
dei 21 anni. L'art. 21 e l'Allegato 5 disciplinano, inoltre, l'istituto del Contributo di Solidarietà che deve essere distribuito tra le
società che nell'arco temporale tra i 12 ed i 23 anni hanno formato ed educato un calciatore. Come emerge da tali norme,
nell‟ambito dell‟ordinamento della F.I.F.A., esiste un concetto univoco di “formazione”, che si svolge in un arco temporale
compreso tra i 12 ed i 23 anni, all'interno del quale le società possono educare e formare i calciatori ed essere poi indennizzate
per la formazione impartita al verificarsi di determinati eventi. Viceversa, a norma dell‟art. 99-bis delle N.O.I.F., la formazione
dilettantistica di un calciatore può essere impartita ed indennizzata solo fino all‟età di 18 anni, circostanza questa che si pone in
aperto contrasto con la normativa F.I.F.A. e, quindi, con i principi stabiliti dallo Statuto della F.I.G.C., che è tenuta a rispettare
i regolamenti F.I.F.A. e le disposizioni in esso contenute. Alla luce delle considerazioni che precedono, l‟istante chiede che
questa Corte Federale, a norma dell'art. 22, comma 1, lett. c) del C.G.S., voglia risolvere il presente conflitto tra norme,
pronunciandosi sul seguente quesito: “Voglia l'Ill.ma Corte Federale accertare l'illegittimità dell'art. 99-bis delle N.O.I.F.
rispetto all'art. 1, comma 5, lett. c) dello Statuto Federale nella parte in cui prevede un compenso per le società della L.N.D. e/o
di puro settore giovanile solo per la formazione impartita sino al 18° compleanno e non sino al 21° o 23° compleanno del
calciatore e conseguentemente voglia rendere
tutte le opportune misure affinché tale periodo di formazione indennizzabile venga esteso sino al 21° o 23° compleanno del
calciatore”. All‟udienza del 21 giugno 2007, l‟avv. Giotti, presente il Presidente della società, ha insistito nella tesi esposta
nell‟istanza. D I R I T T O L‟istanza è inammissibile per difetto di legittimazione del richiedente. L‟art. 22, comma 1, lett. c)
del C.G.S. stabilisce cha la Corte federale giudica sulla legittimità delle norme federali in rapporto allo Statuto e che il
relativo procedimento è instaurato dal Presidente federale o dal Presidente della Corte federale d‟ufficio, nonché dagli altri
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DECISIONI INTEGRALI DELLA CORTE FEDERALE - STAGIONE SPORTIVA 2006-2007
soggetti nei casi indicati dall‟art. 32, commi 6 e 8, dello Statuto. Come emerge chiaramente dalla disposizione avanti
richiamata, i soggetti aventi titolo a chiedere l‟intervento della Corte Federale sulla legittimità delle norme federali in rapporto
allo Statuto sono tassativamente il Presidente Federale e il Presidente della Corte Federale. A tali soggetti si aggiungono quelli
indicati all‟art. 32, comma 8 dello Statuto, limitatamente a norme, atti o fatti posti in essere da organi federali o da altra Lega o
associazione. Al di fuori di tali ipotesi, l‟ordinamento federale non prevede la legittimazione di altri soggetti dell‟ordinamento
e, in particolare, dei Presidenti di società. E poiché nel caso di specie, il Presidente della Corte federale non ha ritenuto di fare
uso dei suoi poteri per sollevare d‟ufficio la questione della legittimità delle richiamate norme federali, l‟istanza in esame deve
essere dichiarata inammissibile per difetto di legittimazione del Presidente della società A.S.D. A.S. Sestese calcio. P.Q.M. La
Corte Federale dichiara inammissibile l‟istanza in premessa specificata.
3. ISTANZA AI SENSI DELL‟ART. 22 COMMA 1, LETT. c) CODICE GIUSTIZIA SPORTIVA DELLA V.F.D.
COLLIGIANA S.R.L.
FATTO
Con istanza in data 28 aprile 2007, diretta al Presidente Federale, al Presidente della Corte Federale, al Presidente della Lega
Nazionale Dilettanti, il signor Biancucci Fabio, in qualità di Presidente della V.F.D. Colligiana S.r.l., esponeva di avere
richiesto all'Ufficio del Lavoro e Premi della F.I.G.C. la certificazione del Premio alla Carriera ex art. 99-bis N.O.I.F., per aver
formato ed educato il calciatore Tognozzi Luca (nato il 3 ottobre 1977) nelle stagioni sportive 1996/1997 e 1997/1998, in
conseguenza del suo esordio in Serie A con la Reggina Calcio S.p.A. nella gara Reggina - Roma disputata il 15 ottobre 2006,
richiesta che era respinta, sul presupposto che il calciatore nel nome prima di essere tesserato con l‟allora Colligiana S.r.l., era
già stato tesserato come “Giovane di Serie”. Aggiungeva che tale negativa determinazione veniva confermata dalla
Commissione Vertenze Economiche, che respingeva il relativo reclamo proposto dalla società interessata, in quanto il
calciatore era stato tesserato dopo avere compiuto il 18° anno con la qualifica di “non professionista”, qualifica che esclude il
riconoscimento del diritto ex art. 99-bis delle N.O.I.F., che riguarda solo i calciatori tesserati dalla società richiedente come
“giovani” o “giovani dilettanti”. Quanto sopra premesso, la società istante assume che l‟art. 99 bis delle N.O.I.F., secondo cui
le società della L.N.D. e/o di puro settore giovanile hanno diritto a ricevere un compenso forfetario per la formazione impartita
ad un calciatore solo sino all'età di 18 anni, si pone in aperto contrasto con quanto disposto dal Regolamento F.I.F.A. per lo
Status ed il Trasferimento dei Calciatori in tema di formazione ed in particolare circa la durata della stessa; normativa
quest‟ultima entrata a far parte dell‟ordinamento federale nazionale per effetto del comma 5, del nuovo Statuto federale,
introdotto con C.U. n. 90 del 21 marzo 2007, del seguente testuale tenore: “La FIGC è affiliata alla FIFA e all‟UEFA. Pertanto,
la FIGC, le Leghe, le società, gli atleti, i tecnici, gli ufficiali di gara, i dirigenti e ogni altro soggetto dell‟ordinamento federale
sono tenuti, tra l‟altro, a “rispettare in ogni momento gli Statuti, i regolamenti, le direttive e le decisioni della FIFA e
dell'UEFA” (lettera c)). Ove poi si consideri che, ai sensi dell‟art. 2, comma 1 dello Statuto Federale, La FIGC
svolge le proprie funzioni in armonia con le deliberazioni e gli indirizzi della FIFA, non vi sarebbero dubbi sulla piena
operatività nell‟ordinamento federale nazionale, del Regolamento per lo Status ed il Trasferimento dei Calciatori, emanato
dalla F.I.F.A. il 18 dicembre 2004 ed entrato in vigore il 1 luglio 2005, i cui artt. 20 e 21 e gli Allegati n. 4 e n. 5 allo stesso
Regolamento contengono i principi per indennizzare le società che contribuiscono alla formazione dei calciatori, esattamente
come viene fatto nel nostro ordinamento, individuando un arco temporale all'interno del quale i calciatori vengono considerati
in formazione e le società indennizzate per aver educato e formato gli stessi calciatori. In particolare, l'art. 20 e l'Allegato 4,
disciplinano l'istituto dell'Indennizzo di Formazione, stabilendo che la formazione e l'educazione di un calciatore ha luogo tra i
12 ed i 23 anni, specificando poi che esse verranno pagate sino all'età di 21 anni, salvo che si dimostri che la formazione di un
calciatore si è completata prima del raggi ungi mento dei 21 anni. L'art. 21 e l'Allegato 5 disciplinano, inoltre, l'istituto del
Contributo di Solidarietà che deve essere distribuito tra le società che nell'arco temporale tra i 12 ed i 23 anni hanno formato ed
educato un calciatore. Come emerge da tali norme, nell‟ambito dell‟ordinamento della F.I.F.A., esiste un concetto univoco di
“formazione”, che si svolge in un arco temporale compreso tra i 12 ed i 23 anni, all'interno del quale le società possono
educare e formare i calciatori ed essere poi indennizzate per la formazione impartita al verificarsi di determinati eventi.
Viceversa, a norma dell‟art. 99-bis delle N.O.I.F., la formazione dilettantistica di un calciatore può essere impartita ed
indennizzata solo fino all‟età di 18 anni, circostanza questa che si pone in aperto contrasto con la normativa F.I.F.A. e, quindi,
con i principi stabiliti dallo Statuto della F.I.G.C., che è tenuta a rispettare i regolamenti F.I.F.A. e le disposizioni in esso
contenute. Alla luce delle considerazioni che precedono, l‟istante chiede che questa Corte Federale, a norma dell'art. 22,
comma 1, lett. c) del C.G.S., voglia risolvere il presente conflitto tra norme, pronunciandosi sul seguente quesito: “Voglia
l'Ill.ma Corte Federale accertare l'illegittimità dell'art. 99-bis delle N.O.I.F. rispetto all'art. 1, comma 5, lett c) dello Statuto
Federale nella parte in cui prevede un compenso per le società della L.N.D. e/o di puro settore giovanile solo per la formazione
impartita sino al 18° compleanno e non sino al 21° o 23° compleanno del calciatore e conseguentemente voglia prendere tutte
le opportune misure affinché tale periodo di formazione indennizzabile venga esteso sino al 21° o 23° compleanno del
calciatore”. All‟udienza del 21 giugno 2007, l‟avv. Giotti, in rappresentanza della società, ha insistito nella tesi esposta
nell‟istanza. D I R I T T O L‟istanza è inammissibile per difetto di legittimazione del richiedente. L‟art. 22, comma 1, lett. c)
del C.G.S. stabilisce cha la Corte federale giudica sulla legittimità delle norme federali in rapporto allo Statuto e che il
relativo procedimento è instaurato dal Presidente federale o dal Presidente della Corte federale d‟ufficio, nonché dagli altri
soggetti nei casi indicati dall‟art. 32, commi 6 e 8, dello Statuto. Come emerge chiaramente dalla disposizione avanti
richiamata, i soggetti aventi titolo a chiedere l‟intervento della Corte Federale sulla legittimità delle norme federali in rapporto
allo Statuto sono tassativamente il Presidente Federale e il Presidente della Corte federale. A tali soggetti si aggiungono quelli
indicati all‟art. 32, comma 8 dello Statuto limitatamente a norme, atti o fatti posti in essere da organi federali o da altra Lega o
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DECISIONI INTEGRALI DELLA CORTE FEDERALE - STAGIONE SPORTIVA 2006-2007
associazione. Al di fuori di tali ipotesi, l‟ordinamento federale non prevede la legittimazione di altri soggetti dell‟ordinamento
e, in particolare, dei Presidenti di società. E poiché nel caso di specie, il Presidente della Corte Federale non ha ritenuto di fare
uso dei suoi poteri per sollevare d‟ufficio la questione della legittimità delle richiamate norme federali, l‟istanza in esame deve
essere dichiarata inammissibile per difetto di legittimazione del Presidente della società V.F.D. Colligiana S.r.l. P.Q.M. La
Corte Federale dichiara inammissibile l‟istanza in premessa specificata.
4. RICORSO DELLA SOCIETÀ TERNANA CALCIO S.P.A. EX ART. 22 COMMA 3 CODICE GIUSTIZIA SPORTIVA
Svolgimento del procedimento Con ricorso del 23 maggio 2007 la Ternana Calcio S.p.A. chiedeva a questa Corte, ai sensi
dell‟art. 22, comma 3, C.G.S., l‟annullamento del provvedimento emesso il precedente 16 marzo dalla Lega Professionisti di
Serie C, ribadito a distanza di 14 giorni, con cui, a seguito della decisione adottata il 13 marzo 2007 dal Collegio Arbitrale
della stessa Lega, veniva confermata la decadenza, decorrente dal 1 luglio 2006, del tesseramento del calciatore Houssine
Kharja nei confronti della società ricorrente. Questa esponeva a sostegno della propria domanda che, con comunicazione
diretta anche al calciatore, in data 13 gennaio 2007 il Presidente della medesima Lega si era pronunciato nel senso che il
Collegio Arbitrale, chiamato a decidere nel novembre precedente su due ricorsi proposti dalla ricorrente nei confronti del
calciatore per l‟irrogazione di sanzioni economiche conseguenti a dichiarazioni lesive del decoro e dell‟onorabilità della
società, nonché alla mancata risposta alle convocazioni, aveva dichiarato solo in via incidentale la nullità del contratto
intercorrente tra le parti per le stagioni 2006/2007 e 2007/2008 ed ai soli fini del rigetto dei ricorsi “senza quindi, efficacia di
giudicato, riguardo alla validità del contratto”, anche alla luce della circostanza che la questione della validità del contratto
pendeva davanti all‟autorità giudiziaria di Firenze. La ricorrente esponeva, inoltre, che successivamente alla ricezione della
menzionata comunicazione il calciatore aveva adito il Collegio Arbitrale chiedendo la correzione dell‟errore materiale presente
nei due lodi precedenti che sarebbe consistito nella mancata trasposizione nel dispositivo della dichiarazione di invalidità
contrattuale racchiusa nella motivazione. Il Collegio, con ulteriore lodo del 9 marzo 2007, dichiarava ammissibile l‟istanza ai
sensi dell‟art. 826 Cod. Proc. Civ. e nel merito dichiarava non luogo a provvedere in ordine alla stessa. Di seguito alla
pronuncia di quest‟ultimo lodo, la Lega Professionisti Serie C adottava il provvedimento impugnato, poi ribadito con
successiva lettera del 30 marzo 2007 in cui si affermava che il lodo stesso si era pronunciato nel senso appena indicato in
quanto i lodi del novembre 2006 avevano “già inequivocabilmente accertato e dichiarato la nullità ex tunc del contratto inter
partes e la conseguente attuale inefficacia del contratto stesso”. Contro tale coppia di provvedimenti la ricorrente insorgeva in
quanto al tempo stesso lesivi del diritto fondamentale al mantenimento del vincolo di tesseramento del calciatore e in
suscettibili di altra forma di impugnazione a carattere rimediale, deducendone la illegittimità sotto il profilo che essi erano stati
adottati assumendo come loro base costitutiva il lodo del 9 marzo 2007 viziato da un‟erronea ammissibilità dell‟istanza del
calciatore volta alla correzione di un preteso errore materiale da cui sarebbero stati affetti i precedenti lodi: non sarebbe
ricorso, infatti, ad avviso della Società, alcuna delle ipotesi legittimanti la richiesta ai sensi del combinato disposto degli art.
826 e 823 Cod. Proc. Civ. Tale originario errore si sarebbe riflesso in un‟esorbitanza del lodo rispetto al mandato conferito
dalla parte che si era rivolta al Collegio. Derivativamente sarebbe scaturita l‟illeggitimità dei provvedimenti della Lega
Professionisti di Serie C adottati sul presupposto di un lodo nullo ed in contraddizione con il proprio precedente
provvedimento del 13 gennaio 2007 con cui si era negata ai lodi del 25 novembre 2006 l‟efficacia costitutiva
dell‟annullamento del contratto sportivo tra le parti, anche nelle due stagioni 2006/2007 e 2007/2008. Nelle conclusioni la
ricorrente chiedeva che, per effetto della caducazione richiesta, la Corte ripristinasse il vincolo di tesseramento del calciatore
Kharja “con conseguente dichiarazione di invalidità di tutti gli atti successivamente compiuti al provvedimento annullato”. Si
costituiva con memoria il calciatore il quale deduceva preliminarmente l‟inammissibilità del ricorso per il difetto delle
condizioni volute dall‟art. 22, comma 3, C.G.S. ed in particolare per l‟esistenza all‟interno dell‟ordinamento federale di un
rimedio e di una competenza tipici nella materia in esame, riconducibili all‟intervento della Commissione Tesseramenti non
adita dal ricorrente. Nel merito eccepiva l‟infondatezza del ricorso e la legittimità dei provvedimenti impugnati. Si costituiva,
altresì, la Lega Nazionale Professionisti per resistere al ricorso di cui eccepiva l‟inammisibilità per il difetto delle condizioni
legittimanti il suo promuovimento, ed in particolare di quella della residualità del rimedio ben surrogabile attraverso
l‟intervento della competente Commissione Tesseramenti; eccepiva, altresì, la genericità della domanda di annullamento di
non specificati provvedimenti successivi a quelli impugnati in via principale, nonché l‟infondatezza nel merito del ricorso. Si
costituiva, infine, per resistere al ricorso anche la società Piacenza F.C. S.p.A. che in data 30 marzo 2007 aveva depositato
presso la Lega Nazionale Professionisti – che vi diede tempestiva esecuzione – il contratto di prestazione sportiva stipulato
nella stessa data con il calciatore, nonché la relativa variazione tesseramento quale conseguenza della decadenza del precedente
tesseramento dello stesso con la Società odierna ricorrente. In particolare l‟interveniente sollevava gli stessi argomenti esposti
dalla L.N.P. al fine della dichiarazione di inammissibilità e, comunque, del rigetto del ricorso. Non si costituiva la Lega
Professionisti Serie C. All‟udienza di discussione intervenivano tutte le parti costituite ad eccezione della L.N.P.. Motivi della
decisione Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile per difetto delle condizioni che ne avrebbero dovuto legittimare la
proposizione ai sensi dell‟art. 22, comma 3, C.G.S.. Ed invero, se può convenirsi circa la rilevanza che, nell‟economia delle
posizioni tutelabili facenti capo ai soggetti dell‟ordinamento sportivo, assume la titolarità di un contratto di prestazioni
sportive, attesane l‟importanza delle conseguenze, patrimoniali e non e dei vincoli obbligatori che ne discendono e che
contribuiscono a connotarne lo status nell‟ambito dell‟ordinamento stesso, è da escludere che, nel caso di specie, ricorra il
presupposto della sussidiarietà del rimedio invocato rispetto ad una pretesa lacuna ordinamentale nonché di quello, implicito
ma inequivocabile, del possesso, da parte della ricorrente, di una situazione astrattamente tutelabile. L‟indagine cui la Corte è
chiamata a tal proposito deve logicamente muovere dalla qualificazione dell‟oggetto e del fine della pretesa avanzata dalla
società ricorrente. Ora, questa apparentemente limita il raggio della propria azione alla richiesta di una pronuncia caducatoria
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DECISIONI INTEGRALI DELLA CORTE FEDERALE - STAGIONE SPORTIVA 2006-2007
del provvedimento con cui il 16 marzo 2007 la Lega Professionisti di Serie C “confermò la decadenza del tesseramento del
calciatore Kharja Houssine nei confronti di codesta società a far data dall‟1.7.2006”. Tuttavia, la lettura dell‟intero telaio delle
difese della società ricorrente porta all‟agevole conclusione che, a fondare la richiesta dell‟eliminazione dal mondo del diritto
sportivo del provvedimento impugnato, si pone la sua lamentata illegittimità, derivata a propria volta dall‟illegittimità
originaria dell‟atto presupposto, e cioè il lodo del Collegio Arbitrale di sette giorni precedente. Ed infatti, il ricorso
analiticamente ed espressamente denuncia i vizi da cui il lodo stesso sarebbe insanabilmente affetto, identificandoli
apertamente nella carenza dei requisiti che avrebbero potuto indurre il Collegio a dichiarare ammissibile l‟istanza di correzione
del precedente lodo del 25 novembre 2006 proposta dal calciatore e, quindi, a pervenire ad una conclusiva decisione di non
luogo a provvedere che, al tempo stesso, ribadiva la previa dichiarazione di “nullità ex tunc del contratto inter partes e la
conseguente attuale inefficacia del contratto stesso” ed affermava che “l‟efficacia precettiva del lodo debba inevitabilmente
portare la Lega a considerare nullo il contratto ed a dichiarare l‟insussistenza del vincolo”. Proprio in quest‟ultima statuizione
si colloca il pregiudizio dedotto dalla ricorrente, che vi ha visto la chiara sollecitazione alla Lega competente a pronunciare la
decadenza del tesseramento. Ed in effetti, la sollecitazione, incontrovertibile e precisa, fu puntualmente raccolta dalla Lega
stessa che, con il provvedimento impugnato, si determinò alla dichiarazione di decadenza, facendo “seguito ai provvedimenti
assunti in data 13.3.2007 dal Collegio Arbitrale di questa Lega”. È, pertanto, evidente, da un canto e coerentemente con le
disposizioni che regolano l‟efficacia delle decisioni pronunciate dai collegi arbitrali il carattere puramente esecutivo del lodo
del 9 marzo 2007 che il provvedimento impugnato rivestiva, e, d‟altro canto, che proprio in virtù della natura attuativa del
provvedimento stesso la relativa impugnazione è logicamente e finalisticamente destinata a risolversi nell‟impugnazione
dell‟atto presupposto ed originario, e cioè, il lodo stesso. Ed a questo concretamente tendeva il ricorso odierno, alla rimozione
degli effetti che dal lodo scaturirono e, primo e decisivo tra essi, del provvedimento della Lega del 16 marzo 2007. Ma il
sistema ordinamentale non attribuisce ai soggetti che vi appartengono alcuna posizione tutelabile, nemmeno nella perseguita
logica sussidiaria, che si traduca in un‟impugnazione, non solo dei lodi arbitrali ma anche dei provvedimenti doverosamente
applicativi adottati nel medesimo ambito ordinamentale. Il complesso sistema giustiziale, risultante dalle varie disposizioni
federali, a partire da quella dell‟art. 47 C.G.S., ha operato una consapevole scelta circa la sorte delle decisioni pronunciate dai
Collegi Arbitrali prevedendo un obbligo di conformazione a carico della Federazione, e con scelta insindacabile, perché sfugge
a qualunque rilievo di irrazionalità, non contemplando rimedi o reazioni rispetto a tali decisioni. In altri termini non si è sul
punto in presenza di una lacuna ordinamentale ma di una coerente e logica opzione a favore della riconosciuta capacità di
immissione dei lodi arbitrali nell‟ordinamento federale. Ora, poiché, per le ragioni prima esposte, il ricorso va interpretato
come oggettivamente indirizzato al conseguimento della caducazione del lodo e, quindi, ad un esito contraddittorio rispetto alle
previsioni generali dell‟ordinamento, ed in particolare di quella racchiusa nel citato articolo 47, la conclusione non può che
essere nel senso della sua eccentricità rispetto a spirito e lettera dell‟art. 22, comma 3. C.G.S. e, pertanto, della sua
inammissibilità con conseguente incameramento della tassa. Tenuto conto della peculiarità della fattispecie, che trae origine
anche dal modificato atteggiamento della Lega di competenza in merito ai propri compiti riguardo ai lodi succedutisi nel
tempo, la Corte reputa equo compensare tra tutte le parti costituite le spese di difesa e di procedimento. P.Q.M. La Corte
Federale dispone la inammissibilità del ricorso e ordina incamerarsi la tassa reclamo.
5. PARERE INTERPRETATIVO AI SENSI DELL‟ART. 22, COMMA 1, LETT. a),CODICE DI GIUSTIZIA SPORTIVA
RICHIESTO DALLA COMMISSIONE DISCIPLINARE DELLA LEGA PROFESSIONISTI SERIE C. Con nota del 5
giugno 2007 la Lega Professionisti Serie C inviava alla Corte Federale copia del Comunicato Ufficiale n. 307/C che riportava
la decisione della Commissione Disciplinare relativa al deferimento della Procura Federale nei confronti del Sig. Enrico
Preziosi per le vicende della Società Calcio Como S.p.A., di cui ricopriva la carica di Presidente nella stagione sportiva
2003/2004, poi dichiarata fallita nel corso della stessa. L‟atto del Procuratore Federale traeva origine dalla previsione dell‟art.
21, commi 2 e 3, delle N.O.I.F., che stabilisce che la previsione sanzionatoria della preclusione debba adottarsi nei confronti
degli amministratori nel caso di sentenza dichiarativa di fallimento della Società da loro gestita. Il giudice disciplinare, sulla
scorta degli argomenti difensivi prospettati dal Preziosi, riteneva meritevole di approfondimento la questione della applicabilità
della sanzione se in via automatica ovvero solo a seguito di accertate condotte di cattiva gestione poi sfociate nel fallimento. La
difesa del deferito, a supporto delle proprie tesi, citava alcuni indirizzi giurisprudenziali che avevano trovato nella
Commissione d‟Appello Federale idonea sintesi, la cui sostanza verteva sull‟analisi dei comportamenti gestionali. Le altre
posizioni, che fanno capo alla Procura Federale, affermano la sostanziale irrilevanza di ogni considerazione relativa alle
condotte degli amministratori in ordine alle vicende societarie, fino ad arrivare a pronunce giurisprudenziali più recenti, in base
alle quali la C.A.F. ha ritenuto di procedere alla irrogazione della sanzione solo laddove si ravvisassero atti potenzialmente
incidenti sulle procedure fallimentari a carico della società. A ciò aggiungasi che la norma di riferimento ha subìto nel corso
del tempo varie integrazioni e interpolazioni, qualificando la sanzione applicabile ora come preclusione, ora come inibizione,
determinando di conseguenza una questione relativa alla titolarità del potere sanzionatorio che spetterebbe rispettivamente o al
Presidente Federale (art. 14, comma 2, C.G.S.) ovvero al plesso Commissione Disciplinare/C.A.F. (art. 21, comma 3,
N.O.I.F.). Nella formulazione dell‟organo disciplinare, viene sviluppata altresì la questione collegata e consequenziale a quella
principale testé esposta, concernente l‟accertamento, ai fini della irrogazione della sanzione, delle condotte poste in essere dai
dirigenti di società poi dichiarate fallite. Ed, infine, in via di ulteriore conseguenza pone la richiesta di parere se la Procura
Federale debba provare la sussistenza, in capo ai dirigenti societari, della commissione di atti tra i quali ravvisare specifici
episodi di mala gestio. Si osserva in primo luogo che la questione non può essere affrontata e risolta sulla mera base di una
considerazione del tenore letterale della disposizione, in particolare della circostanza che essa usa la formula “preclusione”
invece di quella “inibizione”. Se la prima potrebbe infatti indurre a pensare ad un automatismo, la circostanza invece che il
83
DECISIONI INTEGRALI DELLA CORTE FEDERALE - STAGIONE SPORTIVA 2006-2007
periodo inizi con il verbo “possono” dovrebbe invece convincere nel senso di una discrezionalità nell‟irrogazione della
sanzione. In definitiva l‟evoluzione storica che si è avuta nella formazione della disposizione, che è il risultato di
sovrapposizioni succedutesi nel tempo, induce a non assegnare particolare valore a formule verbali non perfettamente
coordinate fra loro. Ciò sembra ulteriormente confermato da quanto risulta dall‟art. 14 Codice Giustizia Sportiva, ove si
individuano sanzioni per la violazione dello Statuto: da un lato, nel primo comma, si discorre di un‟inibizione dall‟altro, nel
secondo comma, si parla di una preclusione per ipotesi di “particolare gravità” individuandosi per essa il significato appunto di
sanzione, riferendosi espressamente con tale formula a vicende che non possono non riguardare il comportamento del soggetto
interessato dalla vicenda e si rinvia ad una valutazione dell‟organo competente. Per quanto concerne poi il tema specifico,
quello relativo all‟ipotesi di amministratori di società dichiarata fallita, vi è da notare che utile termine di confronto può trarsi
dall‟art. 22 bis N.O.I.F.. Esso prevede una automatica preclusione dall‟assunzione di cariche dirigenziali o di collaborazione
nella gestione sportiva per le ipotesi di condanna passata in giudicato per il compimento di reati fallimentari: non quindi per il
semplice essere stati amministratori di società sportiva dichiarata fallita; e prevede che tale preclusione cessi in conseguenza
del provvedimento di riabilitazione dell‟autorità giudiziaria. Agevole può essere allora dedurne che tale automatica preclusione
non si ha nel semplice caso dichiarazione di fallimento della società sportiva di cui si è amministratori: poiché altrimenti non
sussisterebbe alcuna differenza tra tale ipotesi e l‟altra in cui quella condanna sia avvenuta; e poiché, a ben guardare,
mancando tale condanna neppure sarebbe possibile una riabilitazione e sarebbe illogicamente impedito a chi quei reati non ha
commesso un rimedio consentito invece a chi se ne è reso colpevole. Potrebbe non essere inutile aggiungere che l‟orientamento
qui accolto corrisponde anche ad una più ampia evoluzione dell‟ordinamento generale, il quale ha ormai da tempo
abbandonato la risalente impostazione che nel solo fatto del fallimento individuava una vicenda meritevole di riprovazione. Si
potrebbe quindi concludere nel seguente senso: 1. La “preclusione” di cui al terzo comma dell‟art. 21 N.O.I.F. presuppone
l‟accertamento di profili di colpa dell‟amministratore in carica al momento della dichiarazione di fallimento, accertamento con
riferimento al quale non vi è motivo per derogare ai comuni criteri in materia di onere della prova: ciò con la precisazione che
la colpa in questione non necessariamente deve riguardarsi sotto il profilo della sua influenza nella determinazione del dissesto
della società, ma può più ampiamente concernere anche la scorrettezza di comportamenti (pure in particolare sotto il profilo
sportivo) nella gestione della società. 2. La competenza in proposito deve ritenersi regolata in modo esaustivo dalla
disposizione, senza che quindi rimanga spazio per un‟applicazione del secondo comma dell‟art. 14 C.G.S.. La previsione
dell‟art. 21 N.O.I.F. sembra infatti dotata di sufficiente autonomia e non vi è quindi motivo, né dal punto di vista letterale né da
quello sistematico, per postulare una sua integrazione con il procedimento individuato dall‟art. 14 C.G.S.. Deve notarsi in
particolare, dal secondo punto di vista, che non stupisce la diversa considerazione del caso esaminato rispetto alle altre ipotesi
di sanzioni previste in tale ultima disposizione: esse infatti si caratterizzano tutte per un‟ampia possibilità di graduazione e può
essere logico pertanto che la sanzione più estrema quella della “preclusione”, sia riservata alla competenza del massimo organo
federale; mentre nel caso dell‟art. 21 cit. è questa l‟unica sanzione prevista e, poiché l‟accertamento della colpa esclude spazi
di discrezionalità per quanto concerne la sanzione, non vi è motivo per distinguere tra chi compie il primo e chi commina la
seconda.
84
DECISIONI INTEGRALI
DELLA
COMMISSIONE D’APPELLO
FEDERALE
STAGIONE SPORTIVA 2006 - 2007
85
DECISIONI INTEGRALI DELLA COMMISSIONE D’APPELLO FEDERALE - STAGIONE SPORTIVA 2006-2007
TESTI DELLE DECISIONI RELATIVE AL COM. UFF. N. 1/C - RIUNIONE DEL 14 LUGLIO 2006
La Commissione d‟appello federale composta dai Sigg.ri: dott. Cesare Ruperto, Presidente, avv. Mario Zoppellari, avv. Carlo
Porceddu, dott. Miche le Lo Piano, dott. Giuseppe Marziale, Componenti, dott. Antonio Metitieri, Segretario, e la
partecipazione, per quanto di competenza, del Rappresentante dell‟A.I.A. dott. Carlo Bravi in esito alla riunione tenutasi nei
giorni 29 giugno – 3, 4, 5, 6 e 7 luglio 2006 ha assunto la seguente decisione:
DEFERIMENTO DELLA PROCURA FEDERALE DELLA F.I.G.C. A CARICO DI:
1) Luciano Moggi, all‟epoca dei fatti Amministratore e Direttore Generale Juventus F.C. S.p.A.;
2) Antonio Giraudo, Amministratore Delegato F. C. Juventus S.p.A.;
3) F. C. Juventus S.p.A.;
4) Adriano Galliani, all‟epoca dei fatti Vice Presidente ed Amministratore Delegato della A. C. Milan S.p.A., nonché
Presidente della L.N.P.;
5) Leonardo Meani, Dirigente Addetto Arbitro A.C. Milan S.p.A.;
6) A.C. Milan S.p.A.;
7) Andrea Della Valle, Presidente della A.C.F. Fiorentina S.p.A.;
8) Diego Della Valle, Presidente Onorario della A.C.F. Fiorentina S.p.A.;
9) Sandro Mencucci, Amministratore Delegato della A.C.F. Fiorentina S.p.A.;
10) A.C.F. Fiorentina S.p.A.;
11) Claudio Lotito, Presidente del Consiglio di Gestione S.S. Lazio S.p.A.;
12) S.S. Lazio S.p.A.;
13) Cosimo Maria Ferri, all‟epoca dei fatti Dirigente Federale;
14) Franco Carraro, all‟epoca dei fatti Presidente F.I.G.C.;
15) lnnocenzo Mazzini, all‟epoca dei fatti Vice Presidente F.I.G.C.;
16) Tullio Lanese, Presidente A.I.A.;
17) Paolo Bergamo, Commissario CAN A e B;
18) Pierluigi Pairetto, Commissario CAN A e B;
19) Gennaro Mazzei, Vice Commissario CAN A e B;
20) Pietro Ingargiola, Osservatore CAN A e B;
21) Paolo Bertini, Arbitro effettivo;
22) Massimo De Santis, Arbitro CAN;
23) Paolo Dondarini, Arbitro effettivo;
24) Fabrizio Babini, Arbitro benemerito;
25) Domenico Messina, Arbitro CAN A e B;
26) Gianluca Paparesta, Arbitro effettivo CAN A e B;
27) Gianluca Rocchi, Arbitro CAN A e B;
28) Pasquale Rodomonti, Arbitro effettivo CAN A e B;
29) Paolo Tagliavento, Arbitro CAN A e B;
30) Claudio Puglisi, Arbitro benemerito;
per rispondere di quanto appresso.
INCOLPAZIONI RELATIVE ALLA POSIZIONE DELLA SOCIETA‟ JUVENTUS
1. Luciano Moggi, Antonio Giraudo, Innocenzo Mazzini, Paolo Bergamo, Pierluigi Pairetto, Tullio Lanese e Massimo De
Santis, di violazione dell‟art. 1, comma 1, C.G.S. e dell‟art. 6, commi 1 e 2, C.G.S., per aver posto in essere, nelle rispettive
qualità ricoperte all‟epoca dei fatti, le condotte descritte nella parte motiva, in particolare nella sezione III, consistite,
fra l‟altro, nell‟avere intrattenuto i contatti, realizzati anche su linee telefoniche riservate, e partecipato agli incontri, con
modalità non pubbliche, sopra menzionati; condotte contrarie ai principi di lealtà probità e correttezza e, al contempo, dirette a
procurare un vantaggio alla società Juventus, mediante il condizionamento del regolare funzionamento del settore
arbitrale e la lesione dei principi di alterità, terzietà, imparzialità ed indipendenza, propri della funzione arbitrale. Con
l‟aggravante di cui al comma 6 dell‟art. 6 C.G.S., per la pluralità di condotte poste in essere e per l‟effettivo conseguimento del
vantaggio in classifica.
2. La società Juventus, della responsabilità diretta e presunta prevista dagli artt. 6, 9, comma 3, e 2, comma 4, C.G.S., in
ordine a quanto ascritto nel capo che precede ai suoi dirigenti forniti di legale rappresentanza e agli altri soggetti non tesserati
per essa società. Con l‟aggravante di cui al comma 6 dell‟art. 6 C.G.S., per la pluralità di condotte poste in essere e per
l‟effettivo conseguimento del vantaggio in classifica.
3. Moggi e Giraudo, di violazione dei principi di lealtà, probità e correttezza di cui all‟art. 1, comma 1, C.G.S. per
avere tenuto, al termine della gara Reggina - Juventus del 6 novembre 2004, la condotta descritta nella parte motiva al punto
nei confronti della terna arbitrale.
4. la società Juventus di responsabilità diretta ai sensi dell‟art. 2, comma 4, C.G.S. in ordine agli addebiti contestati ai suoi
dirigenti al capo che precede.
5. Paparesta e Ingargiola, di violazione dei principi di lealtà, probità e correttezza di cui all'art. 1, comma 1, C.G.S. per avere
omesso la segnalazione della condotta sopra descritta al capo C) tenuta da Moggi e Giraudo, come descritto nella parte motiva.
6. Lanese, di violazione dei principi di lealtà, probità e correttezza di cui all'art. 1, comma 1, C.G.S. per avere avallato e
consigliato il suddetto comportamento omissivo posto in essere da Ingargiola come descritto nella parte motiva.
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DECISIONI INTEGRALI DELLA COMMISSIONE D’APPELLO FEDERALE - STAGIONE SPORTIVA 2006-2007
7. Moggi, di violazione degli artt. 6, comma 1, prima parte, C.G.S., per aver posto in essere atti diretti ad alterare lo
svolgimento delle gare Juventus- Lazio del 5 dicembre 2004 e Bologna-Juventus del 12 dicembre 2004 come descritto
nella parte motiva, e dell'art. 1, comma 1, C.G.S. in relazione alla gara Juventus-Udinese del 13 febbraio 2005, per aver
posto in essere le condotte descritte nella parte motiva, relativamente a tale ultima gara. Con l'aggravante di cui al comma 6
dell'art. 6 C.G.S., per la pluralità di condotte poste in essere.
8. Paolo Bergamo, di violazione dell'art. 6, comma 1, prima parte, C.G.S., per aver tentato di alterare lo svolgimento della gara
Juventus-Udinese del 13 febbraio 2005, secondo quanto descritto nella parte motiva relativa alla gara suddetta.
9. Massimo De Santis, di violazione dell'art. 6, comma 1, prima parte, C.G.S., per aver aderito al disegno di Moggi
finalizzato all'alterazione dello svolgimento della gara Bologna-Juventus del 12 dicembre 2004, attraverso il ricorso alle
ammonizioni di giocatori diffidati nella precedente gara Fiorentina- Bologna del 5 dicembre 2004, secondo quanto
descritto nella parte motiva relativa alla gara suddetta.
10. la F.C. Juventus S.p.A., di responsabilità diretta e presunta ai sensi degli artt. 6, comma 1, 9, comma 3, e 2, comma 4,
C.G.S., per quanto ascritto nei capi 7, 8 e 9 al suo dirigente con legale rappresentanza e agli altri soggetti non tesserati per la
stessa società. Con l'aggravante di cui al comma 6 dell'art. 6 C.G.S., per la pluralità di condotte poste in essere.
INCOLPAZIONI RELATIVE ALLA POSIZIONE DELLA SOCIETA‟ LAZIO
Gara Lazio – Brescia
11. Claudio Lotito, presidente del consiglio di gestione della S.S. Lazio S.p.A., per avere, in prima persona o tramite altri,
avviato e coltivato contatti con il presidente della F.I.G.C. Franco Carraro affinché questi a sua volta esercitasse pressioni sul
designatore arbitrale Paolo Bergamo e sull'arbitro designato per la gara, tendenti ad ottenere un vantaggio per la S.S. Lazio
S.p.A. conseguente all'alterazione del risultato e, comunque, dello svolgimento della gara in esame per il tramite della
designazione di un arbitro favorevole alla Lazio e di una conseguente direzione di gara da parte dello stesso che
concretizzasse tale atteggiamento di favore in violazione dell‟art. 6, commi 1 e 2, del C.G.S., come descritto nella parte motiva
relativa alla gara in oggetto.
12. Franco Carraro, nella qualità di presidente della F.I.G.C., per avere esercitato pressioni sul designatore arbitrale Paolo
Bergamo affinché questi a sua volta intervenisse nei confronti dell‟arbitro designato per la gara, al fine di ottenere un
vantaggio per la S.S. Lazio S.p.A. conseguente all‟alterazione del risultato e, comunque, dello svolgimento della gara in
esame per il tramite della designazione di un arbitro favorevole alla Lazio e di una conseguente direzione di gara da parte
dello stesso che concretizzasse tale atteggiamento di favore in violazione dell‟art. 6, commi 1 e 2, del C.G.S., come descritto
nella parte motiva relativa alla gara in oggetto.
13. Paolo Bergamo, nella qualità di designatore arbitrale, per avere esercitato pressioni sull‟arb itro designato per la
gara, al fine di ottenere un vantaggio per la S.S. Lazio S.p.A. conseguente all‟alterazione del risultato e, comunque, dello
svolgimento della gara in esame per il tramite di una direzione da parte del direttore di gara che concretizzasse tale
atteggiamento di favore in violazione dell‟art. 6, commi 1 e 2, del C.G.S., come descritto nella parte motiva relativa alla gara in
oggetto.
14. Innocenzo Mazzini, nella qualità di vice presidente della F.I.G.C., per non aver adempiuto all‟obbligo, che gli faceva capo
in qualità di dirigente della F.I.G.C., di informare senza indugio i competenti organi federali di essere venuto a conoscenza che
terzi avevano posto o stavano per porre in essere atti diretti ad alterare lo svolgimento ed il risultato della gara Lazio – Brescia
del 2 febbario 2005, in violazione dell‟art. 6, comma 7, del C.G.S., come descritto nella parte motiva relativa alla gara in
oggetto.
15. S.S. Lazio S.p.A., a titolo di responsabilità diretta e presunta, ai sensi dell‟art 6, commi 3 e 4, dell‟art. 2, comma 4, e
dell‟art. 9, comma 3, del C.G.S., con riferimento alle condotte sopra descritte, rispettivamente tenute dal suo legale
rappresentante e da terzi nel suo interesse.
Gara Chievo Verona – Lazio
16. Claudio Lotito, presidente del consiglio di gestione della S.S. Lazio S.p.A., per avere in prima persona avviato e
coltivato contatti con il vice presidente della F.I.G.C.
lnnocenzo Mazzini affinché questi a sua volta esercitasse
pressioni sui designatori arbitrali Paolo Bergamo e Pier Luigi Pairetto tendenti ad ottenere un vantaggio per la S.S.Lazio
S.p.A. conseguente all'alterazione del risultato e, comunque, dello svolgimento della gara in esame per il tramite della
designazione di un arbitro favorevole alla Lazio e di una conseguente direzione di gara da parte dello stesso che
concretizzasse tale atteggiamento di favore in violazione dell'art. 6, commi 1 e 2, del C.G.S., come descritto nella parte motiva
relativa alla gara in oggetto.
17. Innocenzo Mazzini, all'epoca dei fatti vice presidente della F.I.G.C., Paolo Bergamo e Pierluigi Pairetto, all'epoca dei
fatti designatori arbitrali dell'A.I.A e Gianluca Rocchi, arbitro della CAN A, perché con le rispettive condotte sopra
descritte e con i contatti, diretti o per interposta persona, intercorsi fra gli stessi, hanno posto in essere atti diretti ad alterare lo
svolgimento ed il risultato della gara Chiedo Verona - Lazio dei 20 febbraio 2005, in violazione dell'art. 6 commi 1 e 2
C.G.S., come descritto nella parte motiva relativa alla gara in oggetto.
18. S.S. Lazio S.p.A., a titolo di responsabilità diretta e presunta, ai sensi dell'art 6, commi 3 e 4, dell'art. 2, comma 4, e
dell'art. 9, comma 3, del C.G.S., con riferimento alle condotte sopra descritte, rispettivamente tenute dal suo legale
rappresentante e da terzi nel suo interesse.
19. Cosimo Maria Ferri, all'epoca dei fatti componente della commissione vertenze economiche in seno alla F.I.G.C., per non
aver adempiuto all'obbligo, che egli aveva in qualità di dirigente della F.I.G.C., di informare senza indugio i competenti organi
federali di essere venuto a conoscenza che terzi avevano posto o stavano per porre in essere atti diretti ad alterare lo
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svolgimento ed il risultato della gara Chievo Verona - Lazio del 20 febbraio 2005, in violazione dell'art. 6, comma 7, C.G.S.,
come descritto nella parte motiva relativa alla gara in oggetto.
Gara Lazio – Parma
20. Claudio Lotito, presidente del consiglio di gestione della S.S. Lazio S.p.A., per avere in prima persona avviato e
coltivato contatti con il vice presidente della F.I.G.C. lnnocenzo Mazzini affinché questi a sua volta esercitasse
pressioni sui designatori arbitrali Paolo Bergamo e Pier Luigi Pairetto tendenti ad ottenere un vantaggio per la S.S. Lazio
S.p.A. conseguente all'alterazione del risultato e, comunque, dello svolgimento della gara in esame per il tramite della
designazione di un arbitro favorevole alla Lazio e di una conseguente direzione di gara da parte dello stesso che
concretizzasse tale atteggiamento di favore in violazione dell'art. 6, commi 1 e 2, del C.G.S., come descritto nella parte motiva
relativa alla gara in oggetto.
21. Innocenzo Mazzini, all‟epoca dei fatti vice presidente della F.I.G.C., Paolo Bergamo e Pierluigi Pairetto, all‟epoca dei
fatti designatori arbitrali dell‟A.I.A e Domenico Messina, arbitro della CAN A, perché con le rispettive condotte sopra
descritte e con i contatti, diretti o per interposta persona, intercorsi fra gli stessi, hanno posto in essere atti diretti ad alterare lo
svolgimento ed il risultato della gara Lazio – Parma del 27 febbario 2005, in violazione dell‟art. 6 commi l e 2 C.G.S., come
descritto nella parte motiva concernente la gara in oggetto.
22. S.S. Lazio S.p.A., a titolo di responsabilità diretta e presunta, ai sens i dell‟art 6, commi 3 e 4, dell‟art. 2, comma 4, e
dell‟art. 9, comma 3, C.G.S., con riferimento alle condotte sopra descritte, rispettivamente tenute dal suo legale rappresentante
e da terzi nel suo interesse.
Gara Bologna - Lazio
23. Claudio Lotito, presidente del consiglio di gestione della S.S. Lazio S.p.A., per avere in prima persona avviato e
coltivato contatti con il vice presidente della F.I.G.C. Innocenzo Mazzini affinché questi a sua volta esercitasse
pressioni sui designatori arbitrali Paolo Bergamo e Pier Luigi Pairetto tendenti ad ottenere un vantaggio per la S.S. Lazio
S.p.A. conseguente all‟alterazione del risultato e, comunque, dello svolgimento della gara in esame per il tramite della
designazione di un arbitro favorevole alla Lazio e di una conseguente direzione di gara da parte dello stesso che
concretizzasse tale atteggiamento di favore in violazione dell‟art. 6, commi 1 e 2, del C.G.S., come descritto nella parte
motiva relativa alla gara in oggetto.
24. Innocenzo Mazzini, all‟epoca dei fatti vice presidente della F.I.G.C., Paolo Bergamo e Pierluigi Pairetto, all‟epoca dei
fatti designatori arbitrali dell‟A.I.A, e Paolo Tagliavento, arbitro della CAN A, perché con le rispettive condotte sopra
descritte e con i contatti, diretti o per interposta persona, intercorsi fra gli stessi, hanno posto in essere atti diretti ad alterare lo
svolgimento ed il risultato della gara BOLOGNA – Lazio del 17 aprile 2005, in violazione dell‟art. 6 commi l e 2 C.G.S., come
descritto nella parte motiva relativa alla gara in oggetto.
25. S.S. Lazio S.p.A., a titolo di responsabilità diretta e presunta, ai sensi dell‟art 6, commi 3 e 4, dell‟art. 2, comma 4, e
dell‟art. 9, comma 3, C.G.S. con riferimento alle condotte sopra descritte, rispettivamente tenute dal suo legale rappresentante
e da terzi nel suo interesse.
Aggravanti
26. Con l'aggravante di cui all'art. 6, comma 6, C.G.S., a carico del Lotito, Bergamo, Pairetto e Mazzini, per la pluralità di
condotte poste in essere.
INCOLPAZIONI RELATIVE ALLA POSIZIONE DELLA SOCIETA‟ FIORENTINA
Gara Lazio - Fiorentina
27. Diego Della Valle, presidente onorario della A.C.F. Fiorentina S.p.A., per avere rivolto una proposta al presidente
della S.S. Lazio S.p.A. Claudio Lotito, avente ad oggetto un‟ipotesi di combine, con riferimento alla gara di campionato in
programma il 22 maggio 2005 tra Lazio e Fiorentina ed in particolare a raggiungere un accordo su un risultato di parità
tra le due squadre (art. 6, comma 1 e 2 C.G.S.), come descritto nella parte motiva relativa alla ga ra in oggetto.
28. A.C.F. Fiorentina S.p.A., a titolo di responsabilità oggettiva, ex artt. 2, commi 3 e 4; e 6, comma 4, C.G.S., con
riferimento alla condotta tenuta dal dirigente della società in questione, sopra descritta.
29. Claudio Lotito, presidente del consiglio di gestione della S.S. Lazio s.p.a, per non avere adempiuto all'obbligo, che gli
faceva capo in qualità di tesserato, di informare, senza indugio, i competenti organi federali, in merito alla proposta
rivoltagli dal presidente della A.C.F. Fiorentina s.p.a, con riferimento alla gara di campionato in programma il 22 maggio
2005 tra Lazio e Fiorentina, proposta di per sé integrante gli estremi della violazione del comma 1 dell'art. 6 C.G.S. (art. 6,
ultimo comma, C.G.S.), come descritto nella parte concernente la gara in oggetto.
30. S.S. Lazio S.p.A., a titolo di responsabilità diretta, ex art. 2, comma 4 C.G.S., con riferimento alla condotta tenuta dal
suo dirigente come sopra descritta.
31. Cosimo Maria Ferri, componente della commissione vertenze economiche in seno alla F.I.G.C., per non avere
adempiuto all'obbligo, che gli faceva capo in qualità di dirigente della F.I.G.C., di informare, senza indugio, i competenti
organi federali, in merito alla proposta di combine rivolta dal presidente della A.C.F. Fiorentina S.p.A. Diego Della Valle
al presidente della S.S. Lazio S.p.A. Claudio Lotito, con riferimento alla gara di campionato in programma il 22 maggio
2005 tra Lazio e Fiorentina, proposta di per sé integrante gli estremi della violazione del comma 1 dell'art. 6 C.G.S. e
della quale egli risulta dagli atti avere avuto notizia certa in virtù dei particolari rapporti di conoscenza con il presidente
Lotito (art. 6, ultimo comma, C.G.S.), come descritto nella parte motiva concernente la gara in oggetto.
32. Diego Della Valle, presidente onorario della A.C.F. Fiorentina S.p.A., per avere avviato e coltivato contatti, in prima
persona o tramite il fratello Andrea o il consigliere delegato Sandro Mencucci, con il dirigente della F.C. Juventus Luciano
Moggi, con il vice presidente della F.I.G.C. Innocenzo Mazzini e con il designatore arbitrale Paolo Bergamo, e per aver
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esercitato pressioni nei confronti degli stessi, tendenti ad ottenere un vantaggio per la A.C.F. Fiorentina S.p.A., conseguente
alla alterazione del risultato e, comunque, dello svolgimento della gara in esame, per il tramite della designazione di un arbitro
favorevole alla Fiorentina e di una conseguente direzione di gara, da parte dello stesso, che concretizzasse tale atteggiamento
di favore (ex art. 6, comma 1 e 2, C.G.S.), come descritto nella parte motiva concernente la gara in oggetto.
33. Andrea Della Valle, presidente del consiglio di amministrazione della A.C.F. Fiorentina S.p.A., per avere avviato e
coltivato contatti, in prima persona o tramite il consigliere delegato Sandro Mencucci, con il dirigente della F.C. Juventus
Luciano Moggi, con il vice presidente della F.I.G.C. Innocenzo Mazzini e con il designatore arbitrale Paolo Bergamo e per
aver esercitato pressioni nei confront i degli stessi, tendenti ad ottenere un vantaggio per la A.C.F. Fiorentina S.p.A.,
conseguente alla alterazione del risultato e, comunque, dello svolgimento della gara in esame, per il tramite della designazione
di un arbitro favorevole alla Fiorentina e di una conseguente direzione di gara, da parte dello stesso, che concretizzasse tale
atteggiamento di favore (ex art. 6, comma 1 e 2, C.G.S.), come descritto nella parte motiva concernente la gara in oggetto.
34. Sandro Mencucci, consigliere delegato ed amministratore esecutivo della A.C.F. Fiorentina, per avere avviato e
coltivato contatti con il vice presidente della F.I.G.C. Innocenzo Mazzini e con il designatore arbitrale Paolo Bergamo e per
aver esercitato pressioni nei confronti degli stessi, tendenti ad ottenere un vantaggio per la A.C.F. Fiorentina S.p.A.,
conseguente
alla alterazione del risultato e, comunque, dello svolgimento della gara in esame, per il tramite della
designazione di un arbitro favorevole alla Fiorentina e di una conseguente direzione di gara, da parte dello stesso, che
concretizzasse tale atteggiamento di favore (ex art. 6, comma 1 e 2, C.G.S.), come descritto nella parte motiva concernente la
gara in oggetto.
35. Innocenzo Mazzini, vice presidente della F.I.G.C., per essersi reso parte attiva, quale protagonista di primo piano,
nella instaurazione e consolidamento dei contatti tra i dirigenti della A.C.F. Fiorentina S.p.A. ed il designatore arbitrale
Paolo Bergamo, tendenti ad ottenere un vantaggio per la A.C.F. Fiorentina S.p.A., conseguente alla alterazione del risultato e,
comunque, dello svolgimento della gara in esame, per il tramite della designazione di un arbitro favorevole alla Fiorentina e di
una conseguente direzione di gara, da parte dello stesso, che concretizzasse tale atteggiamento di favore (ex art. 6, comma 1 e
2, C.G.S.), come descritto nella parte motiva concernente la gara in oggetto.
36. Paolo Bergamo, commissario della commissione nazionale arbitri di serie A e B, per essersi reso disponibile,
nonostante i particolari doveri di riservatezza, autonomia ed imparzialità connessi alla funzione esercitata, alla attivazione ed
al successivo consolidamento di contatti con i dirigenti della A.C.F. Fiorentina S.p.A., anche per il tramite del vice
presidente federale Innocenzo Mazzini, ed in particolare a ricevere e assecondare pressioni e richieste, da parte di questi
ultimi, tendenti ad ottenere un vantaggio per la A.C.F. Fiorentina S.p.A., conseguente alla alterazione del risultato e,
comunque, dello svolgimento della gara in esame, per il tramite della designazione, da parte sua, di un arbitro favorevole alla
Fiorentina e di una conseguente direzione di gara, da parte dello stesso, che concretizzasse tale atteggiamento di favore (ex art.
6, comma 1 e 2, C.G.S.), come descritto nella parte motiva concernente la gara in oggetto.
37. A.C.F. Fiorentina S.p.A., a titolo di responsabilità, sia oggettiva che diretta, ex artt. 2 commi 3 e 4; e 6, commi 2, 3 e 4
C.G.S., con riferimento alla condotta tenuta dai dirigenti della socie tà in questione, sopra descritta; ed a titolo di responsabilità
presunta, ex art. 9 comma 3, richiamato dall'art. 6, comma 4, C.G.S., con riferimento alla condotta, sopra descritta, tenuta dai
soggetti estranei alla società in questione, sopra indicati.
Gara Bologna - Fiorentina
38. Diego Della Valle, presidente onorario della A.C.F. Fiorentina S.p.A., per avere, in prima persona o tramite il fratello
Andrea Della Valle o il consigliere delegato Sandro Mencucci, avviato e coltivato contatti con il vice presidente della
F.I.G.C. Innocenzo Mazzini e/o con il designatore arbitrale Paolo Bergamo e per aver esercitato pressioni nei confronti degli
stessi, tendenti ad ottenere un vantaggio per la A.C.F. Fiorentina S.p.A., conseguente alla alterazione del risultato e,
comunque, dello svolgimento della gara in esame, per il tramite della designazione di un arbitro favorevole alla Fiorentina e di
una conseguente direzione di gara, da parte dello stesso, che concretizzasse tale atteggiamento di favore (ex art. 6, comma 1 e
2, C.G.S.), come descritto nella parte motiva concernente la gara in oggetto.
39. Andrea Della Valle, presidente del consiglio di amministrazione della A.C.F. Fiorentina S.p.A., per avere avviato e
coltivato contatti, in prima persona o tramite il consigliere delegato Sandro Mencucci, con il vice presidente della F.I.G.C.
Innocenzo Mazzini e con il designatore arbitrale Paolo Bergamo e per aver esercitato pressioni nei confronti degli stessi,
tendenti ad ottenere un vantaggio per la A.C.F. Fiorentina S.p.A., conseguente alla alterazione del risultato e,
comunque, dello svolgimento della gara in esame, per il tramite della designazione di un arbitro favorevole alla Fiorentina
e di una conseguente direzione di gara, da parte dello stesso, che concretizzasse tale atteggiamento di favore (ex art. 6,
comma 1 e 2, C.G.S.), come descritto nella parte motiva concernente la gara in oggetto.
40. Sandro Mencucci, consigliere delegato ed amministratore esecutivo della A.C. F. Fiorentina S.p.A., per avere avviato e
coltivato contatti con il vice presidente della F.I.G.C. Innocenzo Mazzini e con il designatore arbitrale Paolo Bergamo e per
aver esercitato pressioni nei confronti degli stessi, tendenti ad ottenere un vantaggio per la A.C.F. Fiorentina S.p.A.,
conseguente
alla alterazione del risultato e, comunque, dello svolgimento della gara in esame, per il tramite della
designazione di un arbitro favorevole alla Fiorentina e di una conseguente direzione di gara, da parte dello stesso, che
concretizzasse tale atteggiamento di favore (ex art. 6, comma 1 e 2, C.G.S.), come descritto nella parte motiva concernente la
gara in oggetto.
41. Innocenzo Mazzini, vice presidente della F.I.G.C., per essersi reso parte attiva e protagonista, nella instaurazione e
successivo consolidamento dei contatti tra i dirigenti della A.C.F. Fiorentina S.p.A. ed il designatore arbitrale Paolo Bergamo,
tendenti ad ottenere un vantaggio per la A.C.F. Fiorentina S.p.A., conseguente alla alterazione del risultato e, comunque,
dello svolgimento della gara in esame, per il tramite della designazione di un arbitro favorevole alla Fiorentina e di una
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DECISIONI INTEGRALI DELLA COMMISSIONE D’APPELLO FEDERALE - STAGIONE SPORTIVA 2006-2007
conseguente direzione di gara, da parte dello stesso, che concretizzasse tale atteggiamento di favore (ex art. 6, comma 1 e 2,
C.G.S.), come descritto nella parte motiva concernente la gara in oggetto.
42. Paolo Bergamo, commissario della commissione nazionale arbitri di serie A e B: per essersi reso disponibile, nonostante
i particolari doveri di riservatezza, autonomia ed imparzialità, connessi alla funzione esercitata, alla attivazione ed al
successivo consolidamento di contatti con i dirigenti della A.C.F. Fiorentina S.p.A., anche per il tramite del vice
presidente federale, Mazzini, ed in particolare a ricevere ed assecondare pressioni e richieste, da parte di questi ultimi, tendenti
ad ottenere un vantaggio per la A.C.F. Fiorentina S.p.A., conseguente alla alterazione del risultato e, comunque, dello
svolgimento della gara in esame, per il tramite della designazione, da parte sua, di un arbitro favorevole alla Fiorentina
e di una conseguente direzione di gara, da parte dello stesso, che concretizzasse tale atteggiamento di favore (ex art. 6, comma
1 e 2, C.G.S.), come descritto nella parte motiva concernente la gara in oggetto.
43. Paolo Bertini, arbitro della CAN di serie A e B, per avere ricevuto ed accolto, conformandosi alle stesse, indicazioni
e direttive specifiche dal designatore arbitrale Paolo Bergamo, circa il comportamento da tenere nel corso della propria
direzione della gara in esame, tendenti, in particolare, a garantire un arbitraggio di favore per la Fiorentina e, possibilmente, il
risultato della vittoria per quest'ultima (ex art. 6, comma 1 e 2, C.G.S.), come descritto nella parte motiva concernente la gara
in oggetto.
44. A.C.F. Fiorentina S.p.A., a titolo di responsabilità, sia oggettiva che diretta, ex artt. 2, commi 3 e 4; e 6, commi 2, 3 e 4
C.G.S., con riferimento alla condotta tenuta dai dirigenti della società in questione, sopra descritta; ed a titolo di responsabilità
presunta, ex art. 9 comma 3, richiamato dall'art. 6, comma 4 C.G.S., con riferimento alla condotta, sopra descritta, tenuta dai
soggetti estranei alla società in questione, sopra indicati.
Gara Chievo Verona - Fiorentina
45. Diego Della Valle, presidente onorario della A.C.F. Fiorentina S.p.A., per avere avviato e coltivato, in prima persona o
tramite il fratello Andrea o il consigliere delegato Sandro Mencucci, contatti con il dirigente della F.C. Juventus Luciano
Moggi, con il vice presidente della F.I.G.C. Innocenzo Mazzini e con il designatore arbitrale Paolo Bergamo e per aver
esercitato pressioni nei confronti degli stessi, tendenti ad ottenere un vantaggio per la A.C.F. Fiorentina S.p.A., conseguente
alla alterazione del risultato e, comunque, dello svolgimento della gara in esame, per il tramite della designazione di un arbitro
favorevole alla Fiorentina e di una conseguente direzione di gara, da parte dello stesso, che concretizzasse tale atteggiamento
di favore (ex art. 6, comma 1 e 2, C.G.S.), come descritto nella parte motiva concernente la gara in oggetto.
46. Andrea Della Valle, presidente del consiglio di amministrazione della A.C.F. Fiorentina S.p.A., per avere avviato e
coltivato, in prima persona o tramite il consigliere delegato Sandro Mencucci, contatti con il dirigente della F.C. Juventus
Luciano Moggi, con il vice presidente della F.I.G.C. Innocenzo Mazzini e con il designatore arbitrale Paolo Bergamo e per
aver esercitato pressioni nei confronti degli stessi, tendenti ad ottenere un vantaggio per la A.C.F. Fiorentina S.p.A.,
conseguente alla alterazione del risultato e, comunque, dello svolgimento della gara in esame, per il tramite della designazione
di un arbitro favorevole alla Fiorentina e di una conseguente direzione di gara, da parte dello stesso, che concretizzasse tale
atteggiamento di favore (ex art. 6, comma 1 e 2, C.G.S.), come descritto nella parte motiva concernente la gara in oggetto.
47. Sandro Mencucci, consigliere delegato ed amministratore esecutivo della A.C. F. Fiorentina, per avere avviato e
coltivato contatti con il vice presidente della F.I.G.C. Innocenzo Mazzini e con il designatore arbitrale Paolo Bergamo e per
aver esercitato pressioni nei confronti degli stessi, tendenti ad ottenere un vantaggio per la A.C.F. Fiorentina S.p.A.,
conseguente
alla alterazione del risultato e, comunque, dello svolgimento della gara in esame, per il tramite della
designazione di un arbitro favorevole alla Fiorentina e di una conseguente direzione di gara, da parte dello stesso, che
concretizzasse tale atteggiamento di favore (ex art. 6, comma 1 e 2, C.G.S.), come descritto nella parte motiva concernente la
gara in oggetto.
48. Innocenzo Mazzini, vice presidente della F.I.G.C., per essersi reso parte attiva e nel caso di specie, a tratti, protagonista
assoluto, nella instaurazione e successivo consolidamento dei contatti tra i dirigenti della A.C.F. Fiorentina S.p.A. ed il
designatore arbitrale Paolo Bergamo, tendenti ad ottenere un vantaggio per la A.C.F. Fiorentina S.p.A., conseguente
alla alterazione del risultato e, comunque, dello svolgimento della gara in esame, per il tramite della designazione di un
arbitro favorevole alla Fiorentina e di una conseguente direzione di gara, da parte dello stesso, che concretizzasse tale
atteggiamento di favore (ex art. 6, commi 1 e 2, C.G.S.), come descritto nella parte motiva concernente la gara in oggetto.
49. Paolo Bergamo, commissario della commissione nazionale arbitri di serie A e B, per essersi reso disponibile,
nonostante i particolari doveri di riservatezza, autonomia ed imparzialità, connessi alla funzione esercitata, alla attivazione
ed al successivo consolidamento di contatti con i dirigenti della A.C.F. Fiorentina S.p.A., anche per il tramite del vice
presidente federale, Mazzini, ed in particolare a ricevere ed assecondare pressioni e richieste, da parte di questi ultimi, tendenti
ad ottenere un vantaggio per la A.C.F. Fiorentina S.p.A., conseguente alla alterazione del risultato e, comunque, dello
svolgimento della gara in esame, per il tramite della designazione, da parte sua, di un arbitro favorevole alla Fiorentina e di
una conseguente direzione di gara, da parte dello stesso, che concretizzasse tale atteggiamento di favore (ex art. 6, commi 1 e
2, C.G.S.), come descritto nella parte motiva concernente la gara in oggetto.
50. Paolo Dondarini, arbitro della CAN di serie A e B, per avere ricevuto ed accolto, conformandosi alle stesse, indicazioni
e direttive specifiche dal designatore arbitrale Paolo Bergamo, circa il comportamento da tenere nel corso della propria
direzione della gara in esame, tendenti, in particolare, a garantire un arbitraggio di favore per la Fiorentina e, nello specifico, il
risultato della vittoria per quest'ultima (ex art. 6, commi 1 e 2, C.G.S.), come descritto nella parte motiva concernente la gara in
oggetto.
51. A.C.F. Fiorentina S.p.A., a titolo di responsabilità sia oggettiva che diretta, ex artt. 2, commi 3 e 4; e 6, commi 2, 3 e 4
C.G.S., con riferimento alla condotta tenuta dai dirigenti della società in questione, sopra descritta; ed a titolo di responsabilità
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presunta, ex art. 9 comma 3, richiamato dall‟art. 6, comma 4, C.G.S., con riferimento alla condotta, sopra descritta, tenuta dai
soggetti estranei alla società in questione, sopra indicati.
Gara Fiorentina - Atalanta
52. Diego Della Valle, presidente onorario della A.C.F. Fiorentina S.p.A., per avere avviato e coltivato contatti, in prima
persona o tramite il fratello Andrea o il consigliere delegato Sandro Mencucci, con il dirigente della F.C. Juventus Luciano
Moggi, con il vice presidente della F.I.G.C. Innocenzo Mazzini e con il designatore arbitrale Paolo Bergamo e per aver
esercitato pressioni nei confronti degli stessi, tendenti ad ottenere un vantaggio per la A.C.F. Fiorentina S.p.A., conseguente
alla alterazione del risultato e, comunque, dello svolgimento della gara in esame, per il tramite della designazione di un arbitro
favorevole alla Fiorentina e di una conseguente direzione di gara, da parte dello stesso, che concretizzasse tale atteggiamento
di favore (ex art. 6, commi 1 e 2, C.G.S.), come descritto nella parte motiva concernente la gara in oggetto.
53. Andrea Della Valle, presidente del consiglio di amministrazione della A.C.F. Fiorentina S.p.A., per avere avviato e
coltivato contatti, in prima persona o per il tramite del consigliere delegato Sandro Mencucci, con il dirigente della F.C.
Juventus Luciano Moggi, con il vice presidente della F.I.G.C. lnnocenzo Mazzini e con il designatore arbitrale Paolo
Bergamo e per aver esercitato pressioni nei confronti degli stessi, tendenti ad ottenere un vantaggio per la A.C.F.
Fiorentina S.p.A., conseguente alla alterazione del risultato e, comunque, dello svolgimento della gara in esame, per il tramite
della designazione di un arbitro favorevole alla Fiorentina e di una conseguente direzione di gara, da parte dello stesso, che
concretizzasse tale atteggiamento di favore (ex art. 6, commi 1 e 2, C.G.S.), come descritto nella parte motiva concernente la
gara in oggetto.
54. Sandro Mencucci, consigliere delegato ed amministratore esecutivo della A.C. Fiorentina, per avere avviato e coltivato
contatti con il vice presidente della F.I.G.C. Innocenzo Mazzini e con il designatore arbitrale Paolo Bergamo e per aver
esercitato pressioni nei confronti degli stessi, tendenti ad ottenere un vantaggio per la A.C.F. Fiorentina S.p.A.,
conseguente alla alterazione del risultato e, comunque, dello svolgimento della gara in esame, per il tramite della
designazione di un arbitro favorevole alla Fiorentina e di una conseguente direzione di gara, da parte dello stesso, che
concretizzasse tale atteggiamento di favore (ex art. 6, commi 1 e 2, C.G.S.), come descritto nella parte motiva
concernente la gara in oggetto.
55. Innocenzo Mazzini, vice presidente della F.I.G.C., per essersi reso parte attiva, quale protagonista di primo piano,
nella instaurazione e consolidamento dei contatti tra i dirigenti della A.C.F. Fiorentina S.p.A. ed il designatore arbitrale
Paolo Bergamo, tendenti ad ottenere un vantaggio per la A.C.F. Fiorentina S.p.A., conseguente alla alterazione del risultato e,
comunque, dello svolgimento della gara in esame, per il tramite della designazione di un arbitro favorevole alla Fiorentina e di
una conseguente direzione di gara, da parte dello stesso, che concretizzasse tale atteggiamento di favore (ex art. 6, commi 1 e
2, C.G.S.), come descritto nella parte motiva concernente la gara in oggetto.
56. Paolo Bergamo, commissario della commissione nazionale arbitri di serie A e B, per essersi reso disponibile,
nonostante i particolari doveri di riservatezza, autonomia ed imparzialità, connessi alla funzione esercitata, alla attivazione ed
al successivo consolidamento di contatti con i dirigenti della A.C.F. Fiorentina S.p.A., anche per il tramite del vice
presidente federale Mazzini, ed in particolare a ricevere ed assecondare pressioni e richieste, da parte di questi ultimi,
tendenti ad ottenere un vantaggio per la A.C. F. Fiorentina S.p.A., conseguente alla alterazione del risultato e, comunque,
dello svolgimento della gara in esame, per il tramite della designazione, da parte sua, di un arbitro favorevole alla Fiorentina e
di una conseguente direzione di gara, da parte dello stesso, che concretizzasse tale atteggiamento di favore (ex art. 6, commi 1
e 2, C.G.S.), come descritto nella parte motiva concernente la gara in oggetto.
57. Pasquale Rodomonti, arbitro della CAN di serie A e B, per avere ricevuto ed accolto, conformandosi alle stesse,
indicazioni e direttive specifiche dal designatore arbitrale Paolo Bergamo, circa il comportamento da tenere nel corso della
propria direzione della gara in esame, tendenti, in particolare, a garantire un arbitraggio di favore per la Fiorentina e,
possibilmente, il risultato della vittoria per quest‟ultima (ex art. 6, commi 1 e 2, C.G.S.), come descritto nella parte motiva
concernente la gara in oggetto.
58. A.C.F. Fiorentina S.p.A., a titolo di responsabilità sia oggettiva che diretta, ex artt. 2, commi 3 e 4; e 6, commi 2, 3 e 4
C.G.S., con riferimento alla condotta tenuta dai dirigenti della società in questione, sopra descritta; ed a titolo di responsabilità
presunta, ex art. 9 comma 3, richiamato dall‟art. 6, comma 4, C.G.S., con riferimento alla condotta, sopra descritta, tenuta dai
soggetti estranei alla società in questione, sopra indicati.
Gara Lecce – Parma
59. Diego Della Valle, presidente onorario della A.C.F. Fiorentina S.p.A., per avere avviato e coltivato contatti, in prima
persona o tramite il fratello Andrea o il consigliere delegato Sandro Mencucci, con il dirigente della F.C. Juventus Luciano
Moggi, con il vice presidente della F.I.G.C. Innocenzo Mazzini e con il designatore arbitrale Paolo Bergamo e per aver
esercitato pressioni nei
confronti degli stessi, tendenti ad ottenere un vantaggio per la A.C.F. Fiorentina S.p.A., consistito nella salvezza conseguita
dalla squadra viola al termine di tale ultima giornata di campionato, in conseguenza anche della alterazione del risultato
della partita Lecce-Parma, per il tramite della designazione di un arbitro che, con la propria direzione di gara, scongiurasse la
possibilità di una vittoria del Parma e che garantisse, quindi, alla Fiorentina il vantaggio suddetto (ex art. 6, commi 1 e 2,
C.G.S.), come descritto nella parte motiva concernente la gara in oggetto.
60. Andrea Della Valle, presidente del consiglio di amministrazione della A.C.F. Fiorentina S.p.A., per avere avviato e
coltivato contatti, in prima persona o per il tramite del consigliere delegato Sandro Mencucci, con il dirigente della F.C.
Juventus Luciano Moggi, con il vice presidente della F.I.G.C. Innocenzo Mazzini e con il designatore arbitrale Paolo
Bergamo e per aver esercitato pressioni nei confronti degli stessi, tendenti ad ottenere un vantaggio per la A.C.F.
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Fiorentina S.p.A., consistito nella salvezza conseguita dalla squadra viola al termine di tale ultima giornata di campionato, in
conseguenza anche della alterazione del risultato della partita Lecce-Parma, per il tramite della designazione di un
arbitro che, con la propria direzione di gara, scongiurasse la possibilità di una vittoria del Parma e che garantisse, quindi, alla
Fiorentina il vantaggio suddetto (ex art. 6, commi 1 e 2, C.G.S.), come descritto nella parte motiva concernente la gara in
oggetto.
61. Sandro Mencucci, consigliere delegato ed amministratore esecutivo della A.C. Fiorentina, per avere avviato e coltivato
contatti con il vice presidente della F.I.G.C. Innocenzo Mazzini e con il designatore arbitrale Paolo Bergamo e per aver
esercitato pressioni nei confronti degli stessi, tendenti ad ottenere un vantaggio per la A.C.F. Fiorentina S.p.A., consistito nella
salvezza conseguita dalla squadra viola al termine di tale ultima giornata di campionato, in conseguenza anche della
alterazione del risultato della partita Lecce-Parma, per il tramite della designazione di un arbitro che, con la propria direzione
di gara, scongiurasse la possibilità di una vittoria del Parma e che garantisse, quindi, alla Fiorentina il vantaggio suddetto (ex
art. 6, commi 1 e 2, C.G.S.), come descritto nella parte motiva concernente la gara in oggetto.
62. Innocenzo Mazzini, vice presidente della F.I.G.C., per essersi reso parte attiva ed a tratti, nella vicenda in esame,
protagonista di primo piano, nella instaurazione e successivo consolidamento dei contatti tra i dirigenti della A.C.F. Fiorentina
S.p.A. ed il designatore arbitrale Paolo Bergamo, tendenti ad ottenere un vantaggio per la A.C.F. Fiorentina S.p.A., consistito
nella salvezza conseguita dalla squadra viola al termine di tale ultima giornata di campionato, in conseguenza anche
della alterazione del risultato della partita Lecce-Parma, per il tramite della designazione di un arbitro che, con la propria
direzione di gara, scongiurasse la possibilità di una vittoria del Parma e che garantisse, quindi, alla Fiorentina il vantaggio
suddetto (ex art. 6, commi 1 e 2, C.G.S.), come descritto nella parte motiva concernente la gara in oggetto.
63. Paolo Bergamo, commissario della commissione nazionale arbitri di serie A e B, per essersi reso disponibile,
nonostante i particolari doveri di riservatezza, autonomia ed imparzialità, connessi alla funzione esercitata, alla attivazione
ed al successivo consolidamento di contatti con i dirigenti della A.C.F. Fiorentina S.p.A., anche per il tramite del vice
presidente federale, Innocenzo Mazzini, ed in particolare a ricevere ed assecondare pressioni e richieste, da parte di questi
ultimi, tendenti ad ottenere un vantaggio per la A.C.F. Fiorentina S.p.A., conseguente alla alterazione del risultato e,
comunque, dello svolgimento della gara in esame Lecce-Parma, per il tramite della designazione, da parte sua, di un arbitro
che, con la propria direzione di gara, scongiurasse la possibilità di una vittoria del Parma e che garantisse, quindi, un
vantaggio, in virtù della classifica avulsa, alla Fiorentina consistito nella salvezza conseguita dalla squadra viola al termine di
tale ultima giornata di campionato (ex art. 6, commi 1 e 2, C.G.S.), come descritto nella parte motiva concernente la gara in
oggetto.
64. Massimo De Santis, arbitro della CAN di serie A e B, per avere ricevuto ed accolto, conformandosi alle stesse,
indicazioni e direttive specifiche dal designatore arbitrale Paolo Bergamo, circa il comportamento da tenere nel corso della
propria direzione della gara in esame, tendenti, in particolare, a scongiurare la possibilità di una vittoria del Parma ed a
garantire, quindi, un vantaggio, in virtù della classifica avulsa, alla Fiorentina, consistito nella salvezza conseguita dalla
squadra viola al termine di tale ultima giornata di campionato (ex art. 6, commi 1 e 2, C.G.S.), come descritto nella parte
motiva concernente la gara in oggetto.
65. A.C.F. Fiorentina S.p.A., a titolo di responsabilità, sia oggettiva che diretta, ex artt. 2, commi 3 e 4; e 6, commi 2, 3 e 4
C.G.S., con riferimento alla condotta tenuta dai dirigenti della società in questione, sopra descritta; ed a titolo di responsabilità
presunta, ex art. 9, comma 3, richiamato dall'art. 6, comma 4,
C.G.S., con riferimento alla condotta, sopra descritta, tenuta dai soggetti estrane i alla società in questione, sopra indicati.
65 bis.. Con l‟aggravante di cui all‟art. 6, comma 6, C.G.S., a carico di DIEGO Della Valle, ANDREA Della Valle,
Mencucci, Bergamo, Pairetto e Mazzini per la pluralità di condotte poste in essere.
INCOLPAZIONI RELATIVE ALLA POSIZIONE DELLA SOCIETA‟ MILAN.
66. Leonardo Meani, Gennaro Mazzei ed Adriano Galliani per violazione dei doveri di lealtà, probità e correttezza di cui
all‟art. 1 C.G.S., perché, il primo, nella qualità, rivestita all‟epoca del fatto, di dirigente addetto all‟arbitro per la società A.C.
Milan, nell‟ambito di una protratta attività tendente ad ottenere l‟assegnazione di determinati assistenti per le partite del
Milan, il giorno 17 aprile 2005, con due telefonate a breve distanza una dall‟altra, protestava veementemente con
Gennaro Mazzei, vice commissario CAN addetto alla preparazione degli assistenti dell‟arbitro, circa precedenti
assegnazioni di assistenti per le partite del Milan fino ad arrivare ad ottenere l‟assicurazione che per la successiva partita del
Milan (Milan - Chievo Verona del 20 aprile 2005) sarebbe stato designato l‟assistente Claudio Puglisi, come in effetti
avvenne; il secondo, perché, nella sua qualità vice commissario della CAN, in accoglimento delle proteste avanzate dal Meani,
aderiva alla richiesta dello stesso finalizzata ad ottenere la designazione di assistenti dell‟arbitro particolarmente vicini e
bendisposti verso la società calcistica A.C. Milan; il Galliani, infine, perchè nella sua qualità di vice presidente ed
amministratore delegato della società Milan, ragguagliato dal Meani circa la sopradescritta iniziativa, l‟approvava; condotte
tutte descritte nella parte motiva relativa all‟episodio in oggetto.
67. la società. Milan per responsabilità diretta e oggettiva, ai sensi dell‟art. 2, commi 3 e 4, C.G.S., per i fatti di cui al capo che
precede.
68. Leonardo Meani per violazione dell‟art. 6, commi 1 e 2, C.G.S. perchè, tra il 17 ed il 20 aprile 2005, ottenuta la
designazione degli assistenti Puglisi e Babini per la partita Milan-Chievo del 20 aprile 2005, raggiungeva
telefonicamente i due assistenti e formulava loro, al fine di alterare lo svolgimento della gara, la raccomandazione di
decidere nei casi dubbi in favore del Milan, come descritto nella parte motiva relativa all‟episodio in oggetto.
69. La società A.C. Milan, per responsabilità oggettiva ai sensi degli artt. 6, comma 4, e 2 commi 3 e 4, C.G.S., per la condotta
ascritta al suo tesserato al capo di cui sopra.
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70. Fabrizio Babini e Claudio Puglisi per violazione dell‟art. 6, comma 7, C.G.S., perché avendo avuto conoscenza del fatto di
cui sopra, ad opera dello stesso Meani, che la designazione degli assistenti dell'arbitro per la partita Milan- Chievo del 20 aprile
2005, individuati proprio nel Babini e nel Cla udio Puglisi, era stata palesemente pilotata in adesione ad una logica di favore
nei confronti della società rossonera, a fronte della richiesta ulteriore di questi di favorire la società Milan, omettevano di
prestare osservanza al dovere di informare, senza indugio i competenti organi federali, della condotta posta in essere dal
Meani, come descritto nella parte motiva.
L‟atto di deferimento, come sopra riportato, del procuratore federale prende le mosse dalla relazione 19 giugno 2006 n. 62
2005 – 2006 dell‟Ufficio indagini, integrata da documentazione relativa al procedimento penale n. 43915/02 R.G.
iscritto nella Procura della Repubblica – D.D.A. presso il Tribunale di Napoli che, in ossequio all‟art. 2, comma 3, l. n.
401 del 1989, aveva trasmesso, oltre ad informative del Nucleo operativo di Roma della Regione Carabinieri
Lazio,
numerose trascrizioni di intercettazioni telefoniche, interrogatori di indagati ed ulteriori atti di indagine, dei
quali alcuni specificamente richiamati.
Facendo generale espresso rinvio alla relazione redatta dall‟Ufficio indagini, il procuratore federale osserva che dai
colloqui intercettati e dall‟attività di appostamento sono emersi assidui contatti ed incontri tra dirigenti di società sportive,
dirigenti della F.I.G.C., designatori arbitrali, direttori di gara ed assistenti arbitrali,oltre a giornalisti, agenti di calciatori e
dipendenti federali, a conferma del fatto che costoro avevano intrecciato una rete stabile e fitta di contatti.
A proposito delle condotte asseritamente finalizzate ad alterare i principi di terzietà, imparzialità ed indipendenza degli
appartenenti al settore arbitrale, il Procuratore federale riferisce partitamente dell‟esito degli accertamenti espletati in relazione
a talune gare cui risultavano interessate le società sportive Juventus, Fiorentina, Lazio e Milan, così come di seguito.
A) F.C. Juventus S.p.a.
Valenza disciplinare viene attribuita alla frequenza dei contatti e dei rapporti intessuti fra il Moggi, il Giraudo, i
designatori arbitrali Pairetto e Bergamo, il presidente dell‟A.I.A., Lanese, l‟arbitro internazionale De Santis, oltre all‟ex
addetta alla segreteria CAN MGF, ed il vice presidente della FlGC Mazzini in quanto dall‟indagine sarebbe emersa
l‟organizzazione di varie cene riservate, svoltesi nelle abitazioni private dei convitati, al riparo da occhi indiscreti e con
modalità finalizzate a non pubblicizzare gli incontri stessi.
In particolare alla organizzazione di quest‟ultime con cadenza periodica in vista della verifica degli obiettivi da perseguire, il
rappresentante della Procura federale attribuisce l‟effetto di alterare il rapporto di parità con le altre società che disputano il
medesimo campionato, trattandosi di riunione espletate con modalità non pubbliche e non aperte ai dirigenti delle altre
società.
Nell‟atto di deferimento si segnala inoltre che il Moggi, il Pairetto ed il Bergamo utilizzarono utenze telefoniche riservate –
gestite da un operatore svizzero - che il Moggi, curandone la ricarica, aveva fornito agli altri e che fra i primi due vi era una
grande familiarità di rapporti confermata dal fatto che il Moggi, in alcune conversazioni in atti, aveva chiesto al secondo di
designare determinati arbitri e assistenti per le partite amichevoli precampionato oltre ad informarsi sulla relativa designazione
per le successive partite internazionali della Juventus, cui il Pairetto concorreva, quale componente del relativo
organismo internazionale.
Emerge così complessivamente, dagli atti, secondo il procuratore federale, l‟esistenza di una rete consolidata di rapporti, di
natura non regolamentare, diretti ad alterare i principi di terzietà, imparzialità e indipendenza del settore arbitrale. La suddetta
finalità veniva perseguita attraverso varie condotte, che intervenivano in momenti e a livelli differenti, tra cui: rapporti
di Moggi e di Giraudo con esponenti di rilievo del settore arbitrale, quali Bergamo, Pairetto e Lanese nonché con l‟arbitro De
Santis; piena sintonia fra i suddetti nelle condotte da porre in essere; intervento del vice presidente federale Mazzini;
intervento di Moggi nella predisposizione delle „griglie‟ utilizzate per la designazione degli arbitri; concorso da parte di Moggi
nella scelta degli assistenti per le singole gare; condizionamento della facoltà attribuita ai designatori di sospendere
l‟impiego degli arbitri e degli assistenti in conseguenza di decisioni tecniche errate; pesante condizionamento mediatico
finalizzato alla difesa di alcuni arbitri e all‟attacco di altri, strumentale alle finalità in oggetto; vantaggi assicurati agli
esponenti del mondo arbitrale, fra cui consistenti sconti su vetture del gruppo FIAT, determinati fino alla concorrenza del 50%
del prezzo di listino. Dal punto di vista disciplinare, secondo la Procura federale, le condotte rispettivamente poste in essere dai
signori Luciano Moggi, Antonio Giraudo, Innocenzo Mazzini, Paolo Bergamo, Pierluigi Pairetto, Tullio Lanese e Massimo De
Santis, costituiscono violazione dei principi di lealtà, probità e correttezza sanciti dall‟art. 1, comma 1, C.G.S. (capo n. 1) e, in
quanto diretti a procurare un vantaggio in classifica a favore della società Juventus mediante il condizionamento del regolare
funzionamento del settore arbitrale, anche violazione dell'art. 6, commi 1 e 2, C.G.S. c ui si abbina la responsabilità diretta e
presunta della società Juventus, ai sensi degli artt. 6, 9, comma 3, e 2, comma 4, C.G.S. (capo n 2), per quanto ascritto da un
lato ai suoi dirigenti con legale rappresentanza e dall‟altro a soggetti non esserati per la essa società; con l‟aggravante di cui al
comma 6 dell'art. 6 C.G.S., in considerazione della pluralità di condotte poste in essere e del conseguimento del vantaggio in
classifica ottenuto con le descritte modalità di condizionamento. Alla base dei deferimenti di cui ai capi nn. 3, 4, 5, e 6 –
contestati rispettivamente al Moggi e al Giraudo (capo n. 3), alla Juventus (capo n. 4), al Paparesta, all‟ Ingargiola (capo n. 5)
ed al Lanese (capo n. 6) – la Procura federale richiama l‟episodio occorso al termine della partita Reggina – Juventus del 6
novembre 2004. Si addebita al Moggi ed al Giraudo di aver dapprima aggredito verbalmente la terna arbitrale della partita e,
successivamente, di averli chiusi a chiave negli spogliatoi. Il Paparesta e l‟Ingargiola vengono deferiti per la mancata
segnalazione dell‟illecito subito; il Lanese per aver consigliato ed avallato tale comportamento omissivo; la Juventus per
responsabilità diretta ai sensi dell‟art. 2, comma 4, C.G.S. per il fatto in questione addebitato ai suoi dirigenti.Al Moggi la
Procura federale contesta anche l‟illecito sportivo di cui all‟art. 6, comma 1, prima parte, C.G.S. per aver conosciuto i nomi
degli assistenti di gara prima ancora della loro ufficiale designazione quanto alla gara Juventus – Lazio del 5 dicembre 2004 e
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per essere intervenuto sull‟arbitro De Santis rispetto alla gara Fiorentina – Bologna del 5 dicembre 2004, affinché ne uscisse
indebolito l‟organico del Bologna in vista della successiva partita con la Juventus (capi nn. 7 e 9). Nell‟ambito del capo n. 7 al
Moggi viene, altresì, formalmente addebitata la violazione dell‟art. 1, comma 1, C.G.S., sotto il profilo che dettò
telefonicamente al Bergamo la <griglia> degli arbitri designabili anche con riferimento alla partita Juventus – Udinese del 13
febbraio 2005. Di conseguenza, il Bergamo viene deferito dalla Procura federale per violazione dell‟art. 6, comma 1, C.G.S.
per aver tentato di alterare quest‟ultima gara (capo n. 8). Sulla responsabilità diretta e presunta si fonda poi il deferimento della
società Juventus (capo n. 10) per quanto ascritto ai capi 7, 8, e 9; con l‟aggravante costituita dalla pluralità delle relative
condotte, così come contestata anche al Moggi con riferimento al capo n. 7.
B) S.S. Lazio S.p.A.
Richiama ndo recenti vicende di interesse della F.I.G.C., il procuratore federale nell‟atto di deferimento sostiene che il
presidente della Lazio, Claudio Lotito, per favorire una migliore posizione in classifica della sua squadra, intessé pressanti e
costanti rapporti con rappresentanti dei vertici federali affinché questi ultimi esercitassero, a loro volta, pressioni sui
designatori arbitrali dell‟A.I.A. Tali condotte, in considerazione della posizione di preminenza di tutti i soggetti coinvolti nella
vicenda, avrebbero avuto lo scopo di garantire al Lotito i favori arbitrali necessari al raggiungimento del suo fine illecito.
Il comportamento di quest‟ultimo si sarebbe asseritamente estrinsecato con riguardo a molte delle gare nelle quali era
interessata la sua società, a partire dal 2 febbraio 2005 fino al termine del campionato, donde le contestazioni relative alle gare:
Lazio – Brescia; Chievo Verona – Lazio; Lazio – Parma; Bologna – Lazio.
Gara Lazio - Brescia
La Procura federale richiama, in proposito, l‟attenzione sul contenuto dei colloqui intervenuti tra il Carraro, il Bergamo, il
Mazzini, il Lotito ed il Pairetto. In particolare, riferisce che dagli allegati alla relazione dell‟Ufficio indagini è emerso che il
Carraro sollecitò il Bergamo ad intervenire in favore della squadra laziale; che quest‟ultimo, a sua volta, invitò l‟arbitro
Tombolini a mettersi sulla giusta lunghezza d‟onda; che il Mazzini domandò al Pairetto se era stato contattato dal
Carraro per un intervento a favore della Lazio; che tale colloquio fu seguito poco dopo da una telefonata del Lotito, il quale si
informò presso il Mazzini se il Carraro fosse intervenuto sui designatori arbitrali, interrogativo quest‟ultimo confermato da una
successiva telefonata con la quale il Bergamo confermò al Mazzini di essere stato contattato dal Carraro per un intervento a
favore della squadra biancoceleste.
La Procura federale deferisce, pertanto, il Lotito, il Carraro, il Bergamo per illecito sportivo ai sensi dell‟art. 6, commi 1 e 2,
C.G.S. (capi rispettivamente nn. 11, 12, 13), il Mazzini per omessa segnalazione ai competenti organi federali del tentativo di
terzi di porre in essere atti diretti ad alterare lo svolgimento della gara Lazio – Brescia del 2 febbraio 2005 (capo n. 14), la
S.S. Lazio a titolo di responsabilità diretta e presunta per le condotte a suo favore tenute dal suo legale rappresentante e da
terzi.
Gara Chievo Verona – Lazio
Anche rispetto a tale partita la Procura federale ritiene che gli atti acquisiti rivelino condotte finalizzate alla commissione
dell‟illecito sportivo sanzionato dall'art. 6, comma 1, C.G.S., oltre alla violazione dell'art. 6, comma 7, C.G.S. avendo, alcuni
tesserati, omesso le obbligatorie denunce. In particolare, richiamando conversazioni in atti e dichiarazioni rese alla Procura di
Napoli sono stati deferiti, ai sensi del citato art. 6. commi 1 e 2, il Mazzini, il Lotito, il Bergamo, il Pairetto e Gianluca Rocchi
per aver posto in essere una serie di atti diretti ad alterare il risultato di tale gara. A Cosimo Maria Ferri è stata, invece,
attribuita la violazione dell'art. 6, comma 7, C.G.S. per omessa informazione della relativa infrazione. L‟atto di deferimento
rinvia specificamente anche al contenuto di alcune telefonate intercorse tra il Mazzini, il Lotito ed il Ferri confermate
dalle dichiarazioni di quest‟ultimo al P.M. partenopeo cui avrebbe riferito, tra l‟altro, di aver parlato con il Mazzini e di aver da
costui appreso che aveva favorito la Lazio facendo designare un arbitro toscano, favoreggiamento che, seppure in termini non
espliciti, avrebbe trovato conferma in un colloquio con il Lotito. Da ciò, i deferimenti del Lotito, del Mazzini, del Bergamo, del
Pairetto e di Gianluca Rocchi come indicato, rispettivamente, ai capi nn. 16, 17, e 19, con conseguente responsabilità diretta e
presunta della S.S. Lazio S.p.A., ai sensi dell'art 6, commi 3 e 4, dell'art. 2, comma 4, e dell'art. 9, comma 3, C.G.S. (capo n.
18).
Gara Lazio – Parma
Secondo la Procura federale, anche con riguardo al turno di campionato del 27 febbraio 2005, sarebbe continuata l'azione
intrapresa sin dalle giornate precedenti e finalizzata a favorire la S.S. Lazio, predeterminando l'esito degli incontri mediante
interventi sui direttori di gara e sui loro assistenti con sistematica e reiterata violazione della normativa in materia.
Nell‟atto di deferimento si legge che l'illecito sportivo, posto in essere a vantaggio della società romana, riguarda la gara Lazio
– Parma, terminata con il risultato di 2 a O in favore della Lazio. L‟evoluzione della partita, asseritamente preceduta
da una fase preparatoria consistita in contatti tra Lotito e Mazzini in vista di predeterminare l'andamento dell'incontro, avrebbe
evidenziato, secondo il Procuratore federale, la disparità del trattamento, orientato a fa vore della Lazio, avendo subìto il Parma
quattro ammonizioni, tre delle quali a carico dei difensori, l'espulsione dell'allenatore per le proteste contro la direzione
della gara nel secondo tempo, quando la squadra stava lottando per il pareggio, e un rigore all'inizio del primo tempo. Non
manca, inoltre, uno specifico riferimento ad una significativa telefonata intercorsa tra il Lotito e il Mazzini alcuni giorni
prima della gara in esame. Sulla base degli elementi di accusa sopra evidenziati, sono stati deferiti il Lotito, il Mazzini, il
Bergamo, il Pairetto e l‟arbitro di quella gara, Domenico Messina, per rispondere degli illeciti sportivi come rispettivamente
ascritti ai capi nn. 20 e 21, avendo essi posto in essere atti diretti ad alterare lo svolgimento ed il risultato della gara predetta, in
violazione dell‟art. 6, commi 1 e 2, C.G.S. A tali condotte viene collegata la responsabilità diretta e presunta della Lazio, ai
sensi dell‟art 6, commi 3 e 4, dell‟art. 2, comma 4, e dell‟art. 9, comma 3, C.G.S. formulata nei confronti di questa società al
capo n. 22.
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DECISIONI INTEGRALI DELLA COMMISSIONE D’APPELLO FEDERALE - STAGIONE SPORTIVA 2006-2007
Gara Bologna – Lazio
La Procura federale indica quali protagonisti dell‟illecito sportivo – che a suo avviso connotò la gara Bologna – Lazio del 17
aprile 2005 – il Mazzini, il Lotito, il Bergamo, il Pairetto, nonché l‟arbitro dell‟incontro Paolo Tagliavento. Il loro
deferimento viene motivato sulla base sia di una conversazione telefonica di richiesta di aiuto del Lotito al Mazzini in
vista della disputando partita contro il Bologna - richiesta cui l‟interlocutore rispondeva in termini rassicuranti - sia del
contenuto della dichiarazione resa da Gazzoni Frascara alla Procura della Repubblica di Napoli. Nel deferimento, oltre
all‟affermazione che il comportamento tenuto dall‟arbitro Paolo Tagliavento si rivelò decisamente parziale e a vantaggio
della Lazio, si legge che pure in questo caso, l‟obiettivo venne raggiunto grazie all‟opera dei designatori Bergamo e
Pairetto, opportunamente istruiti dall‟ex vice presidente federale, peraltro frequentatore abituale del Centro Tecnico di
Coverciano, ove si svolgevano spesso incontri tra arbitri oltre che, a volte, i relativi sorteggi. Di conseguenza, nei confronti del
Lotito, del Mazzini, del Bergamo del Pairetto, e di Paolo Tagliavento viene promossa azione disciplinare con riguardo alle
rispettive condotte così come loro ascritte ai capi nn. 23 e 24, dirette ad alterare lo svolgimento e il risultato della gara in
questione. Anche in questo caso il deferimento della S.S. Lazio consegue a titolo di responsabilità diretta e presunta, ai sensi
dell‟art 6, commi 3 e 4, dell‟art. 2, comma 4, e dell‟art. 9, comma 3 del C.G.S. (capo n. 22).
C) A.C.F. Fiorentina S.p.a.
Nell‟atto di deferimento si sottolinea il carattere peculiare della vicenda riguardante l‟A.C.F. Fiorentina e del suo
coinvolgimento nel sistema evidenziato dall‟attività di indagine. In particolare, il procuratore federale rileva che, fino al mese
di aprile dell‟anno 2005 e, quindi, a stagione calcistica ormai ampiamente inoltrata ed anzi volgente alle battute conclusive,
la dirigenza della A.C.F. Fiorentina, nelle persone dei fratelli imprenditori Diego ed Andrea Della Valle, cercò, in tutti i
modi, di contrapporsi alle posizioni dominanti rappresentate dalle dirigenze delle società calcistiche di Juventus e Milan e, più
in generale, delle società di primo piano, nel tentativo di costituire un altro polo, di analoga rilevanza e peso
economico, che potesse ergersi ad antagonista del primo. La posizione assunta dai fratelli Della Valle, secondo quanto
sostenuto nel deferimento, faceva sì che la società calcistica A.C.F. Fiorentina dovesse scontare sul campo le
conseguenze di tale atteggiamento, circostanza evidentemente avvertita dagli stessi Della Valle, e culminata
nell‟arbitraggio dell‟incontro Fiorentina-Messina, in occasione del quale la Fiorentina, che stava conducendo in porto il
vantaggio per 1 a O conseguito nei 90 minuti regolamentari, si era vista raggiungere sul pari dalla squadra del Messina
durante i 6 minuti di recupero accordati dall‟arbitro Nuc ini, il quale aveva espulso, sempre in tali minuti di recupero, un
calciatore della Fiorentina per proteste. Sempre secondo la ricostruzione fatta dal procuratore federale, a poche giornate dalla
fine del campionato il pericolo di retrocessione della Fiorentina appariva più che concreto e i fratelli Della Valle, nel tentativo
di scongiurarlo e tenuto conto dell‟ostilità che i dirigenti viola avvertivano nei loro confronti, cercavano di reagire,
attivandosi in prima persona o tramite il consigliere delegato ed amministratore esecutivo della Fiorentina Sandro
Mencucci, utilizzando ogni possibile contatto con i vertici federali, i designatori arbitrali e i dirigenti di altre squadre.
Gara Lazio – Fiorentina
Secondo la Procura Federale, nei giorni immediatamente precedenti e successivi allo svolgimento della gara in esame
vi sarebbero stati contatti telefonici ed incontri tra i Della Valle, il Mencucci, il Mazzini, il Lotito, il Ferri, il Bergamo ed il
Moggi. In particolare si legge, nell‟atto di deferimento, che, mentre Andrea Della Valle e Mencucci contattarono il Moggi e il
Mazzini, Diego Della Valle propose al presidente della Lazio, Lotito, un accordo sul risultato della partita che a breve le due
squadre avrebbero giocato: circostanza affermata dallo stesso Lotito nel corso di una telefonata al Mazzini e che trova un
riscontro anche nelle dichiarazioni rilasciate all‟AGO da Cosimo Maria Ferri, componente della commissione vertenze
economiche della Figc al tempo dei fatti contestati. La Procura deferisce pertanto Diego e Andrea Della Valle, il Mencucci, il
Mazzini il Bergamo, per illecito sportivo (rispettivamente capi nn. 27, 32, 33, 34, 35, 36), Lotito e Ferri per omessa denuncia
ex art. 6 comma 1, C.G.S. (capi nn. 29, 31), la società Lazio per responsabilità diretta ex art. 2, comma 4, C.G.S., con
riferimento alla condotta tenuta dal suo presidente, e la società Fiorentina a titolo di responsabilità diretta e oggettiva per il
comportamento tenuto dai suoi dirigenti nonché a titolo di responsabilità presunta, ai sensi dell‟art. 6, comma 4, C.G.S. per
quanto ascritto ai soggetti estranei ad essa.
Gara Bologna – Fiorentina
Anche rispetto a tale partita, che consentì, tra l‟altro, alla Fiorentina di collocarsi in posizione di vantaggio nei confronti del
Bologna, ossia della diretta concorrente per non retrocedere, il procuratore federale ritiene che gli atti acquisiti ed in
particolare talune conversazioni telefoniche intercorse fra il Mencucci ed il Mazzini rivelino condotte finalizzate
alla commissione dell‟illecito sportivo ex art. 6, commi 1 e 2, C.G.S., sicché deferisce, ai sensi del citato articolo, i fratelli
Della Valle, il Mencucci, il Mazzini, il Bergamo e l‟arbitro della partita in esame Bertini (capi nn. 38, 39, 40, 41, 42,43),
per aver posto in essere una serie di atti diretti ad alterare la gara. In conseguenza delle condotte di cui sopra, viene deferita
anche la società Fiorentina per responsabilità diretta e oggettiva ex artt. 2, commi 3 e 4 e art. 6 commi 2, 3 e 4 C.G.S., nonché
per responsabilità presunta ex art. 9, comma 3, C.G.S.. (capo n. 44).
Gara Chievo Verona – Fiorentina
Secondo la Procura Federale, nei giorni che precedono la partita in oggetto si sarebbe registrato un infittirsi dei contatti
telefonici e degli incontri tra i dirigenti della Fiorentina, il Mazzini, il Bergamo e il Lanese. Nell‟atto di deferimento si
assume che, su suggerimento del vice presidente Mazzini, i Della Valle telefonicamente e di persona serrarono i propri
contatti con il designatore Bergamo per pilotare il favore dell‟arbitro verso la Fiorentina. Particolare rilevanza viene data alla
serie di telefonate compiute dal Mazzini che avrebbero portato alla designazione <pilotata> dell‟arbitro Dondarini per
la gara in esame. Tale risultato, secondo la Procura federale, sarebbe confermato anche dalla telefonata intercorsa tra il
presidente dell‟A.I.A. Lanese ed un giornalista sportivo, nella quale il Lanese lasciò chiaramente intendere come la
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designazione ed il conseguente arbitraggio del Dondarini fossero stati pilotati in favore della Fiorentina, fornendo anche
alcuni particolari sulle modalità di <sensibilizzazione> degli arbitri normalmente utilizzate in circostanze analoghe.
Valenza disciplinare viene, tra l‟altro, attribuita anche al pranzo svoltosi in data 14 maggio 2005 tra i massimi dirigenti della
Fiorentina, il Mazzini ed il Bergamo - monitorato dagli organi di polizia giudiziaria - nel corso del quale venirono definiti i
dettagli per il prosieguo e la buona riuscita dell‟operazione di salvataggio della Fiorentina e dove venne suggellato il patto tra il
Bergamo e i Della Valle. Il procuratore federale, pertanto, deferisce i fratelli Della Valle, il Mazzini, il Mencucci, il Bergamo,
il Dondarini per illecito sportivo ex art. 6, commi 1 e 2, C.G.S. (capi nn. 45, 46, 47, 48, 49, 50), con conseguente responsabilità
diretta e oggettiva nonché presunta della società Fiorentina (capo n. 51)
Gara Fiorentina - Atalanta
Anche con riferimento a tale gara, secondo la Procura federale, sarebbe continuata l‟opera di salvataggio della Fiorentina; in
particolare, nell‟atto di deferimento, si evidenziano le risultanze delle indagini che proverebbero l‟attivarsi dei massimi
dirigenti della Fiorentina, del Mazzini e del Bergamo per la designazione pilotata di un arbitro favorevole alla Fiorentina.
Vengono evidenziate, tra l‟altro, le conversazioni tra il Mazzini ed il Mencucci, con cui il secondo sarebbe stato rassicurato
circa la designazione dell‟arbitro Rodomonti; quella tra MGF ed il Bergamo nonché, dopo la partita, quella intercorsa tra il
Moggi ed Andrea Della Valle nella quale quest‟ultimo – dato il risultato – manifestava rammarico e difficoltà a
comprendere cosa non fosse andato per il verso giusto. Pertanto sono stati deferiti per illecito sportivo i Della Valle, il Mazzini,
il Mencucci, il Bergamo nonché l‟arbitro della gara in oggetto Pasquale Rodomonti (capi nn. 52, 53, 54, 55, 56, 57), con
conseguente responsabilità sia diretta che oggettiva nonché presunta della società Fiorentina (capo n. 58)
Gara Lecce – Parma
Secondo quanto sostenuto nell‟atto di deferimento, nei giorni precedenti all‟ultima giornata del campionato 2004/05, i
contatti tra i dirigenti della Fiorentina, il Mazzini ed il Bergamo si intensificarono ulteriormente a causa della delicata
posizione occupata in classifica dalla Fiorentina, che, per salvarsi dalla retrocessione in serie B, doveva non solo superare il
Brescia nella partita casalinga, ma sperare anche in una particolare combinazione con i risultati delle partite Bologna –
Sampdoria e Parma – Lecce. La combinazione auspicata si realizzò grazie all‟impegno profuso dai soggetti sopra citati,
nonché per il decisivo contributo dell‟arbitro De Santis, designato appositamente per la partita Lecce - Parma.
Di tutto ciò, secondo la Procura federale, si troverebbe conferma nel contenuto delle telefonate intercorse tra i protagonisti
della vicenda al termine della gara in esame. De Santis, in particolare, nel corso di una conversazione con il Bergamo, lo
avrebbe rassicurato che tutto sarebbe andato per il verso giusto, aggiungendo di aver provveduto ad indottrinare
opportunamente anche l‟assistente Alessandro Griselli. La successiva telefonata, a gara ultimata, intercorsa tra il Mazzini e il
De Santis viene richiamata a conferma ulteriore del preordinato illecito sportivo disegnato a favore della Fiorentina.
Il Procuratore Federale deferisce, pertanto, i Della Valle, il Mencucci, il Mazzini, il Bergamo, il De Santis per illecito sportivo
ex art. 6 commi 1 e 2 C.G.S. (capi nn. 59, 60, 61, 62, 63, 64), con conseguente responsabilità sia diretta che oggettiva nonché
presunta della società Fiorentina (capo n. 65). Con l‟aggravante di cui all‟art. 6, comma 6, C.G.S. così come contestata.
D) A.C. Milan S.p.A.
Secondo quanto sostenuto nell‟atto di deferimento, Leonardo Meani, dirigente addetto agli arbitri del Milan, avrebbe posto
in essere una protratta attività tendente ad ottenere l‟assegnazione di determinati assistenti per le partite del Milan. Tale
comportamento, sempre secondo il procuratore federale, sarebbe comprovato dai numerosi contatti telefonici tra il Meani, il
Puglisi, il Contini, il Babini, il Mazzei e il Galliani, nonché dalle dichiarazioni rilasciate da Manfredi Martino, risultanti dai
specifici documenti cui faceva espresso riferimento.La Procura federale deferisce, pertanto, il Meani, il Mazzei ed il Galliani
per violazione dei doveri di lealtà, probità e correttezza ex art. 1 C.G.S. (capo n. 67); al Meani viene addebitato anche l‟illecito
sportivo ex art. 6, commi 1 e 2, C.G.S., perché, ottenuta la designazione degli assistenti Puglisi e Babini per la partita Milan –
Chievo del 20 aprile 2005, avrebbe loro telefonato raccomandandosi di decidere nei casi dubbi in favore del Milan
(capo n. 68). La Procura federale deferisce inoltre Babini e Puglisi per violazione dell‟art. 6, comma 7, C.G.S. (capo n.
70) in relazione ai fatti di cui sopra nonché la società Milan (capi n. 67,69) a titolo di responsabilità diretta e oggettiva per
quanto ascritto ai capi n. 67,68. Presentati gli atti alla CAF, il Presidente, osservate le disposizioni di cui mall‟art. 37 C.G.S.,
disponeva la notificazione dell‟avviso di convocazione per la trattazione del giudizio, fissando all‟uopo la data del 29 giugno
2006. A seguitodi ciò, venivano depositate presso la segreteria della CAF:
- Richiesta dell‟avv. Luigi Chiappero del 26 giugno 2006 per Antonio Giraudo di partecipazione al procedimento con
produzione documentale;
- Lettera dell‟avv. Cesare Zaccone del 26 giugno 2006 per la Juventus F.C. S.p.A. con produzione documentale;
- Memoria difensiva del 26 giugno 2006 per la A.C. Milan S.p.A., rappresentata dall‟avv. Leandro Cantamessa, a firma
del suo vice presidente e amministratore delegato Adriano Galliani, di richiesta di ammissione di prove testimoniali e
produzione documentale;
- Lettera di Leonardo Meani, datata 26 giugno 2006, con lista testi e produzione documentale, e delega del deferito per
la difesa nel procedimento all‟avv. Edda Gandossi;
- Memoria difensiva del 26 giugno 2006 della A.C.F. Fiorentina S.p.A., in persona del suo legale rappresentante Andrea Della
Valle e per Diego Della Valle, presidente onorario della Fiorentina, Andrea Della Valle, presidente della A.C.F. Fiorentina, e
Sandro Mencucci, amministratore esecutivo della A.C.F. Fiorentina, tutti rappresentati e difesi dagli avv.ti prof. Giuseppe
Morbidelli, Alberto M. Brunmi, prof. Duccio M. Traina, Maurizio Boscarato, Francesco Arata, Francesco Picca,
Leonardo Cammarata e Carlo Montagna. In tale memoria, preliminarmente alla ampia difesa di merito, si
eccepivano l‟incompetenza della Commissione di Appello Federale, la violazione del diritto di difesa, anche in relazione alla
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ristrettezza dei termini processuali ridotti con il Comunicato Ufficiale n. 12 del 15.6.2006 e l‟indeferibilità di Diego Della
Valle, in quanto esclusivamente presidente onorario della società deferita e soggetto non tesserato F.I.G.C.;
- Memoria difensiva per Claudio Lotito e per la S.S. Lazio S.p.A., in persona del suo presidente del consiglio di
gestione, Claudio Lotito, rappresentati e difesi dagli avv.ti Gian Michele Gentile, Vincenzo Siniscalchi e Ugo Longo, nella
quale si lamentava la ristrettezza dei termini assegnati alle parti e si chiedeva la concessione di nuovi termini adeguati
per garantire il diritto di difesa, si eccepiva la illegittimità della nomina dei componenti della CAF in relazione al
provvedimento del Commissario Straordinario della F.I.G.C. e all‟art. 26, comma 2, C.G.S., si domandava l‟acquisizione della
documentazione tutta relativa agli atti provenienti dalla procura della Repubblica di Napoli e dell‟Ufficio indagini, sia per
completezza documentale relativa alle intercettazioni effettuate nell‟ambito dell‟inchiesta partenopea, sia per la attuale
esistenza di altri filoni di indagine, i cui elementi possono essere utili per la difesa dei deferiti e si formulavano, oltre
alle difese nel merito dell‟atto di incolpazione, richieste di assunzione di prove testimoniali e di audizione dei deferiti;
- Comunicazione del 26 giugno 2006 di Cosimo Maria Ferri, il quale eccepiva il difetto di giurisdizione della CAF per
essersi il deferito dimesso dalla carica di membro della commissione vertenze economiche della F.I.G.C. e da membro, iscritto
e tesserato della Federazione in pendenza del procedimento disciplinare, con applicazione dell‟art. 36, n. 7 (impossibilità di
futuro tesseramento) e conseguente inutilità del procedimento disciplinare nei suoi confronti, con nomina, per la difesa
e assistenza nel procedimento, dell‟avv. Paolo Gallinelli;
- Memoria difens iva del 26 giugno 2006 per Franco Carraro, assistito dal prof. avv. Giovanni Verde, con difesa nel merito e
richiesta di proscioglimento dell‟addebito contestato per assoluta inconsistenza del fatto;
- Memoria difensiva del 26 giugno 2006 per Paolo Bergamo, assistito dall'avv. Gaetano Scalise, con eccezioni di
carattere processuale in ordine alla nullità della citazione per omessa osservanza dei termini di cui all‟art. 37, commi
2 e 3, C.G.S., alla inutilizzabilità del materiale istruttorio proveniente dalla P.d.R. di Napoli e di Torino, con particolare
riferimento alle intercettazioni telefoniche, ai sensi degli artt. 270 c.p.p. e del combinato disposto degli artt. 271 e 268, comma
5, c.p.p. e 114, comma 2, c.p.p.; con osservazioni in punto di fatto e nel merito dell‟atto di incolpazione e con richieste
istruttorie;
- Memoria difensiva del 26 giugno 2006 per Pier Luigi Pairetto, con l'avv. Giorgio Merlone, con eccezione preliminare di
violazione del diritto di difesa per incongruità dei termini concessi per il deposito di memorie e per l‟udienza di convocazione
ed istanza per l‟assegnazione di un congruo termine e di differimento dell‟udienza; con osservazioni difensive nel merito
e formulazione di richieste istruttorie;
- Memoria difensiva di Gennaro Mazze i in data 26 giugno 2006 con esposizione dei fatti e degli elementi a sua
conoscenza e a sua difesa, con relativa produzione documentale;
- Memoria difensiva del 26 giugno 2006 per Pietro Ingargiola, assistito dall'avv. Antonino Gebbia, con eccezioni di
incompetenza funzionale della CAF, con particolare riferimento a soggetti appartenenti al settore arbitrale; di
inutilizzabilità delle intercettazioni su cui si fonda il procedimento in corso per le ragioni illustrate dalla difesa; nonché
osservazioni e rilevi nel merito dell‟atto di incolpazione della Procura federale;
- Memoria del 26 giugno 2006 di Paolo Bertini, con l'avv. Mauro Messeri, con formulazione di eccezioni di nullità e/o
inesistenza giuridica del provvedimento di deferimento e di convocazione avanti alla CAF, per omessa e insufficiente
indicazione del fatto storico, per mancato rispetto dei termini minimi a difesa, per la comparizione e per il deposito degli
atti e documenti; di difetto di giurisdizione e/o competenza della CAF in relazione alle norme federali e al Regolamento
A.I.A.; di inutilizzabilità del materiale acquisito a seguito delle intercettazioni delle telefonate indicate in memoria; con difesa
nel merito e formulazione di richieste di audizione e di istanze istruttorie e produzione documentale;
- Memoria difensiva del 26 giugno 2006 per Massimo De Santis, difeso dall'avv. Silvia Morescanti, con eccezioni, tra
l‟altro,
relativamente
alla competenza della CAF, alla utilizzabilità del materiale probatorio e in particolare delle
intercettazioni telefoniche indicate dalla Procura federale nell‟atto di incolpazione; con difesa nel merito, formulazione
di richieste istruttorie e richiesta in via subordinata di stralcio della posizione dal procedimento;
- Memoria difensiva del 26 giugno 2006 di Paolo Dondarini, con cui si eccepiva l‟inutilizzabilità delle intercettazioni
telefoniche e la conseguente illegittimità della relazione dell‟ufficio indagini e dell‟atto di deferimento, nonché la
nullità per parzialità <del capo di incolpazione> e per mancati accertamenti delle notitiae criminis rilevanti per l‟analisi
e la valutazione della intera fattispecie; con confutazione analitica nel merito degli elementi a suo carico;
- Memoria difensiva del 26 giugno 2006 nell‟interesse di Fabrizio Babini, con formulazione di eccezioni preliminari in
ordine alla utilizzabilità delle intercettazioni telefoniche nel procedimento disciplinare e in particolare della non utilizzabilità
delle stesse nei confronti del deferito, in quanto non indagato in altro procedimento penale, con conseguente richiesta di loro
espunzione dagli atti; in ordine alla violazione del diritto di difesa in punto al termine previsto per il deposito di memorie
difensive avanti alla CAF; nel merito eccependo la nullità del deferimento per parzialità, manchevolezza e discrezionalità
del capo di incolpazione e delle indagini e per preventiva mancata contestazione dell‟addebito, nonché l‟
insussistenza di condotte illecite del deferito;
- Memoria/lettera datata 25 giugno 2006 di Gianluca Rocchi, con esposizione dei fatti e degli elementi a sua conoscenza
e a sua difesa, con relativa formulazione di istanze istruttorie;
- Memoria difensiva in data 26 giugno 2006 per Pasquale Rodomonti, assistito dall‟avv. Fabrizio Acronzio, con confutazione
ne l merito dell‟atto di incolpazione degli elementi a suo carico;
- Memoria difensiva del 26 giugno 2006 per Paolo Tagliavento, assistito dall'avv. Manlio Morcella, con ampia esposizione
dei fatti e del merito, considerazioni sull‟atto di incolpazione della Procura federale, produzione documentale e richieste
istruttorie;
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- Memoria difensiva del 26 giugno 2006 per Giovanni Puglisi, difeso dall'avv. Giovanni Di Valentino, con eccezioni sulla
valenza probatoria delle intercettazioni telefoniche, e con osserva zioni nel merito nell‟atto di incolpazione.
Presso la segreteria della CAF venivano altresì depositate le istanze di ammissione al dibattimento, ai sensi dell‟art. 37, comma
7, e 29, comma 3, C.G.S., delle società:
- Bologna F.C. 1909, in persona del presidente del C.d.A., Alfredo Cazzola, con atto di intervento trasmesso il 28
giugno 2006, con il quale si chiedeva, nel merito, che in accoglimento del deferimento della Procura federale, ai sensi
dell‟art. 13, lettera h) C.G.S., l‟esclusione dal Campionato di serie A
2006/2007 tutte le società deferite, per le responsabilità loro ascritte e con assegnazione delle stesse ad uno dei
campionati di categoria inferiore da parte del Commissario Straordinario;
- Treviso F.B.C. 1993 s.r.l., in persona del presidente Ettore Setten, con istanza trasmessa in data 27 giugno 2006, con cui si è
delegato a partecipare al dibattimento ed a rappresentare la società nel procedimento l‟avv. Francesco Stilo;
- U.S. Lecce S.p.A., in persona del vice presidente vicario e legale rappresentante, Avv. Mario Moroni, con istanza
trasmessa in data 27 giugno 2006 degli avv.ti Mario Tonucci, Alberto Fantini, Giorgio Alù e Giorgio Altieri;
- F.C. Messina Peloro S.r.l., con richiesta in data 28 giugno 2006 del presidente del C.d.A., Pietro Franza, con la quale
si è delegato il dott. Carabellò a partecipare al dibattimento e ad articolare richieste e conclusioni;
- Brescia Calcio S.p.A., con istanza trasmessa in data 21 giugno 2006 del suo procuratore speciale, avv. Bruno Catalanotti.
All‟udienza del 29 giugno 2006, registrate le presenze delle parti e dei difensori delegati, datosi atto che l‟aula è munita di
impianto di video-audio registrazione, il Presidente apriva la discussione in relazione alle eccezioni preliminari di rito.
I difensori delle parti deferite Bergamo e Giraudo si opponevano all‟intervento dei terzi sulla base del disposto del
Comunicato Ufficiale del Presidente Federale n. 167/A del 15 febbraio 2006; le difese delle società intervenienti
chiedevano la concessione di termini per esaminare le memorie dei deferiti e i documenti del procedimento; le parti deferite, a
loro volta, ribadivano la eccessiva ristrettezza dei termini per l‟esame di tutta la documentazione processuale e per la
preparazione delle difese, richiamando quanto dedotto nelle memorie difensive. Le parti e i loro difensori
segnalavano infine alla Commissione le loro esigenze di nomina di sostituti. Il procuratore federale non si opponeva ad
eventuali differimenti dell‟udienza per esame degli atti.
Il Collegio si ritirava in camera di consiglio per decidere. Rientrato in aula, dava lettura dell‟ordinanza con la quale, dato atto
della presenza delle parti deferite e della assenza di eccezioni di nullità in ordine alla notificazione, ammetteva all‟aula
dibattimentale, in base agli artt. 30, comma 6, e 37, comma 6, C.G.S., un solo difensore per parte deferita, accordando la
facoltà di farsi sostituire o di alternarsi con altri difensori in qualunque momento. Con la stessa ordinanza le società istanti
BOLOGNA, BRESCIA, LECCE, TREVISO e MESSINA venivano ammesse a partecipare al dibattimento in quanto
portatrici di un interesse indiretto ai sensi della lettera A) del C.U. 167/A del 15.2.06, ed erano ritenute meritevoli di
accoglimento le richieste di assegnazione di un congruo termine, disponeva il rinvio del dibattimento alla data del 3 luglio
2006, ore 9.30, riservando la decisione su ogni altra questione dedotta dalle parti ed autorizzando queste ad estrarre copia degli
atti. All‟udienza del 3 luglio 2006, registrate le presenze delle parti e dei loro difensori, veniva ammessa al dibattimento la
società A.C. Arezzo S.p.A., con gli avv. ti Chiacchio, Cozzone e Fiorillo, società la cui istanza di intervento ex artt. 37, comma
7, e 29, comma 3, C.G.S. era stata trasmessa alla segreteria della CAF in data 2 luglio 2006. Il Presidente invitava quindi i
difensori a riassumere brevemente le eccezioni preliminari formulate nelle loro memorie. L‟avv. Gianaria, difensore di
Luciano Moggi, richiamata la funzione disciplinare del giudizio, eccepiva per il proprio assistito, dimessosi in data 16 maggio
2006, il difetto di giurisdizione della CAF, stante l‟ impossibilità di un suo futuro tesseramento e chiedeva pertanto che
non si procedesse a carico dello stesso. L‟avv. Galinelli, difensore di Cosimo Maria Ferri, dimessosi irrevocabilmente il 26
giugno 2006 e quindi dopo l‟instaurazione del procedimento disciplinare, rilevava la inutilità di una sanzione a carico del suo
assistito. I difensori degli altri deferiti illustravano ulteriormente le eccezioni già formulate nelle rispettive memorie difensive.
Si dissociava dall‟eccezione di incompetenza funzionale della CAF con riferimento agli arbitri deferiti l‟avv. Gironda, per
Gianluca Paparesta. L‟avv. Catalanotti, per il Brescia, chiedeva l‟integrazione del capo di incolpazione con la
contestazione dell‟aggravante alla Lazio e alla Fiorentina. Per la società intervenuta Arezzo, l‟avv. Chiacchio
sosteneva l‟utilizzabilità delle intercettazioni telefoniche, richiamando la precedente giurisprudenza in materia. L‟avv.
Grassani, per il Bologna, sosteneva la sussistenza della giurisdizione CAF anche nei confronti dei soggetti non più
tesserati al momento del giudizio. Il procuratore federale insisteva e illustrava i motivi della competenza in capo alla CAF nel
presente procedimento con riferimento a tutti i deferiti, ivi compresi gli arbitri, in base alla giurisprudenza sul tema; ricordava,
quanto ai poteri del Commissario della Federazione, le norme CONI, opponendosi a tutte le eccezioni sollevate dai deferiti,
ivi comprese quelle in tema di carenza di giurisdizione, la quale sussisterebbe anche con riferimento a Diego Della Valle
come azionista di riferimento della Fiorentina. Quanto alla utilizzabilità delle intercettazioni telefoniche, il procuratore
federale rammentava l‟autonomia della disciplina sportiva e le specifiche riserve di legge dettate da finalità peculiari. Si
opponeva infine alla richiesta della difesa del Brescia Calcio di contestazioni ulteriori aggravanti nei confronti della S.S. Lazio
e della A.C.F. Fiorentina. Quindi, la CAF si ritirava in camera di consiglio e, a scioglimento della riserva assunta, dava lettura
della seguente ordinanza: La CAF
I. In ordine alla legittimità della costituzione di questo collegio giudicante, osserva:
a) che esiste un provvedimento formale di nomina di tutti i suoi componenti, proveniente da un organo, quale il
Commissario Straordinario, anch‟esso investito con un formale provvedimento efficace, i cui presupposti di legittimità
sfuggono al sindacato di questo Collegio;
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b) che il Commissario Straordinario ha pacificamente tutti i poteri spettanti al Presidente Federale, al Consiglio
Federale ed al Comitato di Gestione, giusta quanto risulta dalla deliberazione 16 maggio 2006 n. 222 della Giunta del CONI,
ratificata dal Consiglio Nazionale con deliberazione n. 1332 del 31 maggio 2006.
Il. In ordine alla competenza funzionale di questo Collegio giudicante,osserva:
a) che l‟art. 31, comma 1, ultima parte, e l‟art. 26, comma 1, ultima parte, C.G.S. .prevedono che la CAF è giudice di
prima istanza in ordine ai procedimenti disciplinari riguardanti i dirigenti federali, con norme specifiche rispetto alla norma
generale contenuta nell‟art. 10, comma 6, N.O.I.F., la quale attribuisce la competenza alla Corte federale in ordine alla
violazione di norme statutarie o regolamentari da parte dei dirigenti federali;
b) che l‟evidente connessione fra i fatti contestati ai vari soggetti deferiti, stante anche l‟interferenza fra le loro reciproche
posizioni, comporta l‟attrazione dell‟intero procedimento alla competenza della CAF quale organo di prima istanza, in
applicazione del principio generale espresso sia nell‟art. 37, comma 1, sia nell‟art. 28, comma 7, C.G.S.;
c) che quanto detto sub a) e b) investe anche la posizione degli arbitri, ai sensi dell‟art. 29, comma 7, Statuto federale e dell‟art.
3, comma 1, Regolamento A.I.A., entrambi i quali rinviano all‟art. 30, comma 3, dello stesso Statuto federale.
III. In ordine alla giurisdizione di questo Collegio, contestata dai deferiti Luciano Moggi, Cosimo Maria Ferri e Diego Della
Valle, osserva:
a) che Luciano Moggi, come è pacifico, si è dimesso prima dell‟instaurazione del procedimento disciplinare, per
cui egli non incorre nel divieto di nuovo tesseramento previsto sia dall‟art. 36, comma 7, N.O.I.F., sia dall‟art. 25 dei Principi
fondamentali degli Statuti delle federazioni sportive nazionali, delle discipline sportive associate e delle associazioni
benemerite, stabiliti dal Consiglio Nazionale del CONI con deliberazione del 23 marzo 2004. Consequenzialmente permane
nei suoi confronti l‟interesse della F.I.G.C. ad ottenere un provvedimento che accerti l‟eventuale responsabilità del deferito in
ordine ai fatti contestati e, dunque, non può non persistere l‟operatività del vincolo da lui assunto con la costituzione del
rapporto associativo, a norma dell‟art. 27, comma 2, Statuto federale;
b) che, al contrario, detto interesse è venuto meno nei confronti di Cosimo Maria Ferri, il quale, essendosi dimesso dopo
l‟instaurazione del procedimento disciplinare, è incorso in modo definitivo nel divieto di far parte
dell‟ordinamento sportivo in ogni sua articolazione, ai sensi delle suddette disposizioni;
c) che Diego Della Valle, essendo al momento dei fatti contest ati, oltre che presidente onorario della A.C.F. Fiorentina S.p.A.,
anche socio di riferimento della medesima, era, in quanto tale, tenuto all‟osservanza dello Statuto, delle norme federali e di
ogni altra disposizione applicabile, per cui non potrebbe non essere responsabile della eventuale loro violazione, ai sensi degli
artt. 1 e 14 C.G.S.
IV. In ordine alla dedotta nullità dipendente dalla pretesa illegittimità del provvedimento di abbreviazione dei termini
procedurali per illecito sportivo, disciplinare e amministrativo (C.U. n. 12 del 15 giugno 2006), osserva:
a) che tale provvedimento ha carattere generale ed è stato emanato, come da prassi, in evidente relazione alla necessità,
indicata dall‟art. 29, comma 11, C.G.S., cui è stato fatto espresso riferimento, di una celere conclusione dei procedimenti,
considerate le particolari esigenze sportive ed organizzative delle competizioni, le quali sono da ritenere sempre presenti nella
fase intercorrente fra la fine della stagione sportiva in corso e l‟inizio di quella successiva;
b) che i comunicati ufficiali si presumono conosciuti a far data dalla loro pubblicazione, nella specie avvenuta in data
15 giugno 2006, quindi anteriormente all‟instaurazione del presente procedimento, le cui parti, dunque, non erano ancora
identificabili;
c) che non rileva la mancata previsione di un termine finale di efficacia del provvedimento di abbreviazione, poiché, secondo
prassi, i provvedimenti come quello in esame vengono revocati allorquando cessino le esigenze di carattere generale sopra
ricordate.
V. In ordine alle eccepite nullità dell‟atto di deferimento per genericità delle contestazioni, osserva che gli elementi fattuali
contenuti nell‟atto stesso sono idonei a individuare con sufficiente grado di chiarezza gli addebiti contestati.
VI. In ordine alle richieste di sospensione del procedimento sino alla definizione di altre indagini in corso relativamente al
campionato 2004/2005, osserva che trattasi di questioni attinenti non alla pregiudizialità fra procedimenti, bensì
direttamente al merito, per cui va riservata ogni decisione al riguardo; così come va riservata quella attinente alla richiesta di
acquisizione di atti relativi alle partite Reggina – Lazio e Lecce – Parma .
VII. In ordine alla dedotta mancanza di contest azione di aggravanti a carico delle società Lazio e Fiorentina, è
sufficiente, allo stato, prendere atto dei chiarimenti forniti in udienza dalla Procura federale, riservando al definitivo ogni
decisione sul punto.
VIII. In ordine all‟eccepita inutilizzabilità delle intercettazioni telefoniche in atti, osserva che gli argomenti addotti dalle difese
delle parti non appaiono idonei, allo stato, a giustificare l‟abbandono dell‟orientamento sinora seguito da questa
Commissione, la quale ha costantemente ritenuto utilizzabili nel procedimento per illecito sportivo le intercettazioni
telefoniche acquisite in un procedimento penale.
IX. In ordine alle prove testimoniali dedotte da Bergamo, De Santis, Lotito e S.S. Lazio, Bertini, Carraro, Pairetto, A.C.F.
Fiorentina, osserva che trattasi di richieste inammissibili per genericità della formulazione dei relativi capitoli e comunque
perché attinenti a circostanze non conferenti ai fini del decidere; così come irrilevanti, allo stato, si rivelano gli altri mezzi di
prova dei quali è stata richiesta l‟ammissione con le depositate memorie.
P.Q.M.
in accoglimento dell‟eccezione di Cosimo Maria Ferri, dichiara il difetto di giurisdizione di questa Commissione nei suoi
confronti; rigetta tutte le altre formulate eccezioni di rito, salve le riserve di cui in motivazione; rigetta le proposte istanze
istruttorie, salva sempre la riserva di cui in motivazione; dichiara utilizzabili nel presente procedimento le
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DECISIONI INTEGRALI DELLA COMMISSIONE D’APPELLO FEDERALE - STAGIONE SPORTIVA 2006-2007
intercettazioni telefoniche assunte agli atti; dichiara aperto il dibattimento e ne rinvia la prosecuzione a domani, 4 luglio 2006,
ore 9,30.
All‟udienza del 4 luglio 2006, registrate le presenze delle parti e dei loro difensori, preliminarmente l‟avv. Scalise per Paolo
Bergamo dichiarava di voler depositare una memoria con allegata dichiarazione di dimissioni irrevocabili di Paolo Bergamo,
con conseguente richiesta di carenza della giurisdizione della CAF sul deferito. Il procuratore federale, presa visione della
memoria e dell‟allegato, sosteneva l‟inefficacia allo stato delle dimissioni, per non essere state ancora formalmente
accettate. Il Collegio si riservava sulla questione, autorizzando uno scambio immediato di note tra la difesa di Paolo
Bergamo e la Procura.
Il Presidente dava quindi la parola al proc uratore federale dott. Palazzi che, nel riportarsi all‟atto di deferimento, illustrava
ulteriormente gli elementi a fondamento delle incolpazioni. La Commissione si ritirava in camera di consiglio e, dopo il suo
rientro in aula, il Presidente dava lettura dell‟ordinanza di rigetto dell‟istanza presentata dall‟avv. Scalise per l‟assistito
Paolo Bergamo, del seguente tenore:
La CAF
vista l‟istanza di <ottenimento di declaratoria del difetto di giurisdizione> presentata in data odierna dall‟avv. Gaetano Scalsie
quale difensore del sig. Paolo Bergamo, con allegato atto di <dimissione irrevocabile da tesserato F.I.G.C.> diretto al
Commissario Straordinario della F.I.G.C.;
- considerato che, ai sensi degli artt. 38, comma 1, e 42, comma 1, Regolamento A.I.A., gli arbitri sono tesserati F.I.G.C.
in quanto associati all‟A.I.A.;
- che la qualifica di associato A.I.A., dalla cui perdita consegue il venir meno della qualità di tesserato F.I.G.C. cessa (tra
l‟altro) per dimissioni regolarmente <rassegnate ed accettate>, giusta quanto previsto dall‟art. 51, lettera a, regolamento
A.I.A.;
- che non risulta che il sig. Paolo Bergamo si sia dimesso da associato A.I.A. e le sue dimissioni siano state accettate; che,
infatti, la lettera di dimissioni, indirizzata al commissario Straordinario, non contiene alcun riferimento a dimissioni da
associati A.I.A.; ritenuto che, pertanto, non è venuta meno la giurisdizione di questa commissione nei confronti del
deferito Paolo Bergamo;
P.Q.M.
rigetta l‟istanza.
Il procuratore federale, avuta la parola, illustrava le sue richieste e concludeva per l‟applicazione delle seguenti sanzioni
nei confronti dei deferiti:
1) Luciano Moggi, all‟epoca dei fatti amministratore e direttore generale della F. C. Juventus S.p.a.:
- sanzione della inibizione per anni cinque con proposta di preclusione a svolgere attività nell‟ambito della F.I.G.C., oltre
cinquemila euro di ammenda per ogni episodio di illecito sportivo da ritenersi unito in continuazione con il primo; con
l‟aggravante di cui all‟art. 6, comma 6, C.G.S.; e per la violazione dell‟art. 1, comma 1, C.G.S.;
2) Antonio Giraudo, amministratore delegato, nonché consigliere F.I.G.C., per la F.C. Juventus S.p.A.:
- sanzione della inibizione per anni cinque con proposta di preclusione a svolgere attività nell‟ambito della F.I.G.C., oltre
cinquemila euro di ammenda per la violazione dell‟art. 1, comma 1, C.G.S., da ritenersi unita in continuazione con l‟illecito
sportivo;
3) F.C. Juventus S.p.A.: applicazione della sanzione di cui alle lett. f), h) e i) dell‟art. 13 C.G.S. e, quindi:
- esclusione dal campionato di competenza (serie A) ed assegnazione, ad opera del C.F. e, quindi, del commissario
straordinario F.I.G.C., ad uno dei campionati di categoria inferiore alla serie B; penalizzazione di 6 punti da scontare nel
campionato della prossima stagione calcistica, per la continuazione tra la responsabilità diretta interna e la
responsabilità presunta, con l‟aggravante di cui all‟art. 6, comma 6, C.G.S.; revoca dell‟assegnazione del titolo di campione
d‟italia, per la stagione calcistica 2004/05 e non assegnazione del titolo per la stagione calcistica 2005/06, per responsabilità
diretta e presunta ed in applicazione della previsione di cui all‟art. 6, comma 3, ultima parte, C.G.S., con l‟aggravante di cui
all‟art. 6, comma 6, C.G.S.;
4) Diego Della Valle, presidente onorario della A.C.F. Fiorentina S.p.A.:
- sanzione della inibizione per anni cinque con proposta di preclusione a svolgere attività nell‟ambito della F.I.G.C.; oltre
cinquemila euro di ammenda per ogni episodio di illecito sportivo da ritenersi unito in continuazione con il primo, con
l‟aggravante di cui all‟art. 6 comma 6, C.G.S.;
5) Andrea Della Valle, presidente del consiglio di amministrazione della A.C.F. Fiorentina S.p.A.:
- sanzione della inibizione per anni cinque con proposta di preclusione a svolgere attività nell‟ambito della F.I.G.C.; oltre
cinquemila euro di ammenda per ogni episodio di illecito sportivo da ritenersi unito in continuazione con il primo, con
l‟aggravante di cui all‟art. 6, comma 6, C.G.S.;
6) Sandro Mencucci, consigliere delegato ed amministratore esecutivo della A.C.F. Fiorentina S.p.A.:
- sanzione della inibizione per anni cinque con proposta di preclusione a svolgere attività nell‟ambito della F.I.G.C.; oltre
cinquemila euro di ammenda per ogni episodio di illecito sportivo da ritenersi unito in continuazione con il primo, con
l‟aggravante di cui all‟art. 6, comma 6, C.G.S.;
7) A.C.F. Fiorentina S.p.A.: applicazione della sanzione di cui alle lett. f) e g) dell‟art. 13 C.G.S.:
- retrocessione all‟ultimo posto del campionato di serie A, conseguente retrocessione in serie B e penalizzazione di
quindici punti da scontare nel prossimo campionato in serie B, considerata la continuazione tra tutte le responsabilità
così come contestate nell‟atto di deferimento e avuto riguardo all‟art. 6, comma 6, C.G.S.;
8) Claudio Lotito, presidente del consiglio di gestione della S.S. Lazio S.p.A.:
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DECISIONI INTEGRALI DELLA COMMISSIONE D’APPELLO FEDERALE - STAGIONE SPORTIVA 2006-2007
- sanzione della inibizione per anni cinque con proposta di preclusione a svolgere attività nell‟ambito della F.I.G.C.; oltre
cinquemila euro di ammenda per ogni episodio di illecito sportivo da ritenersi unito in continuazione con il primo, con
l‟aggravante di cui all‟art. 6, comma 6, C.G.S.; e per la violazione di cui all‟art. 6, comma 7, C.G.S.;
9) S.S. Lazio S.p.A.: applicazione della sanzione di cui alle lett. f) e g) dell‟art. 13 C.G.S.:
- retrocessione all‟ultimo posto del campionato di serie A, conseguente retrocessione in serie B e penalizzazione di
quindici punti da scontare nel prossimo campionato in serie B, considerata la continuazione tra tutte le responsabilità
così come contestate nell‟atto di deferimento e avuto riguardo all‟art. 6, C.G.S.;
10) Adriano Galliani, all‟epoca dei fatti vice presidente ed amministratore delegato della A.C. Milan S.p.A., nonché
presidente della Lega Nazionale Professionisti:
- sanzione della inibizione per anni due;
11) Leonardo Meani, all‟epoca dei fatti dirigente addetto all‟arbitro per la A.C. Milan:
- sanzione della inibizione per anni cinque con proposta di preclusione a svolgere attività nell‟ambito della F.I.G.C.; oltre
cinquemila euro di ammenda per la violazione dell‟art. 1, comma 1, C.G.S., commessa in continuazione con l‟illecito sportivo;
12) A.C. Milan: applicazione della sanzione di cui alle lett. f) e g) dell‟art. 13 C.G.S.:
- retrocessione all‟ultimo posto del campionato di serie A, conseguente retrocessione in serie B e penalizzazione di tre punti da
scontare nel prossimo campionato in serie B, considerata la continuazione tra tutte le responsabilità così come contestate
nell‟atto di deferimento;
13) Franco Carraro, all‟epoca dei fatti presidente della F.I.G.C.:
- sanzione della inibizione per anni cinque con proposta di preclusione a svolgere attività nell‟ambito della F.I.G.C.;
14) Innocenzo Mazzini, vice presidente della F.I.G.C.:
- sanzione della inibizione per anni cinque con proposta di preclusione a svolgere attività nell‟ambito della F.I.G.C.; oltre
cinquemila euro di ammenda per ogni episodio di illecito sportivo da ritenersi unito in continuazione con il primo, con
l‟aggravante di cui all‟art. 6, comma 6, C.G.S.; e per la violazione di cui all‟art. 6, comma 7, C.G.S.;
15) Paolo Bergamo, commissario della commissione nazionale arbitri di serie A e B, previa derubricazione dall‟art. 6,
comma 1, C.G.S., all‟art. 1, comma 1, C.G.S., con riguardo al punto 8 delle incolpazioni relative alla posizione della
società Juventus (cfr. p. 94 deferimento, sub 8):
- sanzione della inibizione per anni cinque con proposta di preclusione a svolgere attività nell‟ambito della F.I.G.C.; oltre
cinquemila euro di ammenda per ogni episodio di illecito sportivo da ritenersi unito in continuazione con il primo, con
l‟aggravante di cui all‟art. 6, comma 6, C.G.S.;
16) Pierluigi Pairetto, all‟epoca dei fatti commissario CAN serie A e B:
- sanzione della inibizione per anni cinque con proposta di preclusione a svolgere attività nell‟ambito della F.I.G.C.; oltre
cinquemila euro di ammenda per ogni episodio di illecito sportivo da ritenersi unito in continuazione con il primo, con
l‟aggravante di cui all‟art. 6, comma 6, C.G.S.;
17) Tullio Lanese, all‟epoca dei fatti presidente dell‟A.I.A.:
- sanzione della inibizione per anni cinque con proposta di preclusione a svolgere attività nell‟ambito della F.I.G.C.;
cinquemila euro di ammenda per la violazione dell‟art. 1, comma 1, C.G.S.;
18) Massimo De Santis, arbitro CAN serie A e B:
- sanzione della inibizione per anni cinque con proposta di preclusione a svolgere attività nell‟ambito della F.I.G.C.; oltre
cinquemila euro di ammenda per ogni episodio di illecito sportivo da ritenersi unito in continuazione con il primo, con
l‟aggravante di cui all‟art. 6, comma 6, C.G.S.;
19) Gennaro Mazzei, all‟epoca dei fatti arbitro benemerito e vice commissario CAN:
- sanzione della inibizione per anni due;
20) Paolo Bertini, arbitro della CAN di serie A e B:
- sanzione della inibizione per anni cinque con proposta di preclusione a svolgere attività nell‟ambito della F.I.G.C.;
21) Paolo Dondarini, arbitro della CAN di serie A e B:
- sanzione della inibizione per anni cinque con proposta di preclusione a svolgere attività nell‟ambito della F.I.G.C.;
22) Pasquale Rodomonti, arbitro della CAN di serie A e B:
- sanzione della inibizione per anni cinque con proposta di preclusione a svolgere attività nell‟ambito della F.I.G.C.;
23) Domenico Messina, arbitro della CAN di serie A e B:
- sanzione della inibizione per anni cinque con proposta di preclusione a svolgere attività nell‟ambito della F.I.G.C.;
24) Gianluca Rocchi, arbitro della CAN di serie A e B:
- sanzione della inibizione per anni cinque con proposta di preclusione a svolgere attività nell‟ambito della F.I.G.C.;
25)Paolo Tagliavento, arbitro della CAN di serie A e B:
- sanzione della inibizione per anni cinque con proposta di preclusione a svolgere attività nell‟ambito della F.I.G.C.;
26) Gianluca Paparesta, arbitro CAN serie A e B:
- sanzione della inibizione per anni uno;
27) Pietro Ingargiola, osservatore CAN serie A e B:
- sanzione della inibizione per anni uno;
28) Franco Babini, arbitro benemerito:
- sanzione della inibizione per anni uno;
29) Claudio Puglisi, arbitro benemerito:
-sanzione della inibizione per anni uno>.
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DECISIONI INTEGRALI DELLA COMMISSIONE D’APPELLO FEDERALE - STAGIONE SPORTIVA 2006-2007
A questo punto il Presidente dava la parola ai deferiti.
Intervenivano ad illustrare la propria posizione ed i fatti a propria discolpa i deferiti Antonio Giraudo, Innocenzo Mazzini, Pier
Luigi Pairetto, Massimo De Santis, Adriano Galliani, Gennaro Mazzei, Pietro Ingargiola, Paolo Dondarini, Gianluca Paparesta,
Gianluca Rocchi, Pasquale Rodomonti, Paolo Tagliavento, Claudio Puglisi.
Le parti Adriano Galliani, Gennaro Mazzei, Pietro Ingargiola e Gianluca
Rocchi depositavano note e documenti.
L‟udienza veniva quindi aggiornata alle ore 9.30 del 5 luglio 2006.
Il giorno 5 luglio 2006 l‟udienza proseguiva con le dichiarazioni difensive di Franco Carraro, Diego Della Valle, Sandro
Mencucci, Domenico Messina, Paolo Bertini, Claudio Lotito. L‟avv. Scalise dichiarava che l‟assenza del Bergamo, suo
assistito, era dovuta all‟avvenuta presentazione delle sue dimissioni, quale tesserato dell‟AIA, presso la Sezione di
Livorno, e del correlativo atto di diffida inviato in data 4.7.2006 al Commissario dell‟AIA, Agnolin, con conseguente
richiesta di estromissione dello stesso Bergamo e contestuale produzione dei due atti sopraindicati.
Nel corso dell‟udienza il Carraro, il Rocchi, il Dondarini, il Mazzini ed il Pairetto, producevano scritti difensivi.
Esaurito l‟interrogatorio dei deferiti, il Presidente dichiarava aperta la discussione. Il procuratore federale dichiarava
di riportarsi all‟atto di deferimento, alla sua relazione ed alle richieste conclusive. I difensori delle parti svolgevano le loro
arringhe e concludevano come segue.
L‟avv. Catalanotti per il Brescia Calcio S.p.A., producendo note d‟udienza, chiedeva l‟applicazione delle sanzioni al
campionato di calcio 2004/2005 e, associandosi alle richieste del procuratore federale chiedeva per le società
Fiorentina e Lazio la esclusione dal campionato di competenza Serie A e l‟assegnazione da parte del Consiglio Federale
al campionato di serie B con punti di penalizzazione da scontare nella prossima stagione calcistica.
L‟avv. Raciti per il Treviso F.B.C. 1993 s.r.l. si rimetteva alla CAF.
L‟avv. Grassani per il Bologna F.C. 1929, depositando note di udienza, e, niente obiettando alle richieste del procuratore
federale a proposito della Juventus, chiedeva l‟applicazione nei riguardi della Lazio e della Fiorentina della sanzione prevista
dall‟art. 13, comma 1, lett. H), C.G.S..
Sempre ai sensi del citato art. 13, comma 1, lett. H), C.G.S. l‟avv. Fantini per l‟U.S. Lecce S.p.A. chiedeva l‟assegnazione di
tutte le società deferite dal campionato di competenza, con assegnazione ad uno dei campionati di categoria inferiore.
Il dott. Carabellò, per il F.C. Messina Peloro S.p.A. con nota scritta si riportava alle richieste del Procuratore federale.
L‟avv. Cozzone, in sostituzione dell‟avv. Eduardo Chiacchio, per l‟A.C. Arezzo s.r.l. concludeva sostenendo che i risultati del
campionato 2004/2005 dovevano rimanere immutati e che dunque doveva farsi riferimento a quello 2005/2006 o a
quello successivo.
Per Gianluca Paparesta, l‟avv. Gironda concludeva chiedendo l‟applicazione della censura ed, in subordine, si
rimetteva alla CAF.
Per Antonio Giraudo, l‟avv. Chiappero invocava l‟applicazione delle sanzioni di giustizia con riferimento alla
contestazione dell‟art. 1, comma 1, C.G.S. e il proscioglimento per quanto contestato al suo assistito ex art 6 C.G.S.
Per la F.C. Juventus S.p.A. l‟avv. Cesare Zaccone chiedeva, con note scritte d‟udienza, di derubricare l‟originaria
contestazione di cui all‟art. 6, comma 1 in quella di cui all‟art. 1, comma 1 C.G.S. con l‟esclusione, in relazione alla
posizione del Giraudo, dell‟esistenza di illeciti sportivi dei quali la società era stata chiamata a rispondere in via diretta.
A domanda del Presidente circa le sanzioni che riterrebbe congrue, l‟avv. Zaccone rispondeva che, a fronte di cinque violazioni
di cui all‟art. 6 C.G.S. contestate alle altre società, la Juventus aveva solo due violazioni dell‟art. 6 e che quindi sarebbe
congrua per la Juventus la stessa sanzione richiesta dalla Procura federale per la Lazio e Fiorentina, cioè retrocessione in serie
B con 15 punti di penalizzazione.
L‟avv. Gebbia chiedeva, per Pietro Ingargiola, il proscioglimento.
L‟udienza proseguiva il giorno 6 luglio 2006.
Preliminarmente, l‟avv. Chiarini presentava lettera di proprie dimissioni da presidente della commissione regionale di
disciplina dell‟AIA e da tesserato della stessa associazione e copia della nota della sezione bolognese dell‟AIA di nulla osta
alla loro accettazione, sanando così la sua posizione di difensore del Fabrizio Babini.
L‟avv. Scalise, nell‟interesse di Paolo Bergamo chiedeva che, previa revoca o modifica dell‟ordinanza del 4.7.2006, si
dichiarasse il difetto di giurisdizione della CAF in relazione alla posizione del suo assistito con conseguente
sospensione del giudizio in attesa dell‟accettazione delle sue dimissioni. Il Mencucci produceva il testo scritto della
dichiarazioni rese il 5.7.2006.
L‟avv. Gandossi, nell‟interesse di Leonardo Meani, eccepiva il difetto di giurisdizione nei confronti del Meani per essere
scaduto il suo contratto con il Milan il 30 giugno u.s.; chiedeva, previa declaratoria di inutilizzabilità delle intercettazioni,
il proscioglimento per l‟insussistenza del fatto dalla incolpazione di cui al capo n. 67, e previa citazione del teste Fugazza,
anche da quella del capo n. 68.
L‟avv. De Luca, nell‟interesse di Adriano Galliani, chiedeva ampio roscioglimento nel merito del deferito.
Alle richieste in rito e di merito svolte dalle difese del Meani e del Galliani, si riportava l‟avv. Cantamessa, difensore
A.C. Milan Spa, per i loro riflessi sulla posizione di quest‟ultima società sportiva.
L‟avv. Faus tino, nell‟interesse di Gennaro Mazzei, chiedeva ampio proscioglimento del proprio assistito.
Analogamente concludeva l‟avv. Di Valentino, nell‟interesse di Claudio Puglisi, producendo altresì note scritte.
Richieste di proscioglimento venivano altresì ava nzate dall‟avv. Chiarini, per Fabrizio Babini, l‟avv. Verde, per Franco
Carraro, e l‟avv. CIirillo per Domenico Messina e, su delega dell‟avv. Acronzio, anche per Pasquale Rodomonti, per
102
DECISIONI INTEGRALI DELLA COMMISSIONE D’APPELLO FEDERALE - STAGIONE SPORTIVA 2006-2007
conto del quale depositava note d‟udienza a firma del citato avv. Acronzio; l‟avv. Cirillo si riservava altresì note d‟udienza per
la posizione di Domenico Messina.
L‟avv. Bruni, nell‟interesse di Sandro Mencucci, depositava note di udienza con relative conclusioni.
Gli avv.ti Mprbidelli, Arata, Picca, Traina e Bruni depositavano note di udienza nell‟interesse di A.C.F. Fiorentina e dei fratelli
Della Valle; inoltre l‟avv. Arata depositava dichiarazione riassuntiva della deposizione resa da Diego Della Valle il 5 luglio
2006.
L‟avv. Ugolini, nell‟interesse di Paolo Dondarini, depositava note di udienza, assumendo l‟innocenza del suo assistito.
Anche l‟avv. Merlone chiedeva il proscioglimento del suo assistito Pierluigi Pairetto, e così il prof. Avv. Aricò per Tullio
Lanese, depositando note di udienza.
L‟avv. Gentile, nell‟interesse di Claudio Lotito, concludeva per il proscioglimento ampio dell‟assistito.
L‟udienza terminava con il deposito, da parte del procuratore federale, di copia del foglio di censimento relativo alla Juventus
S.p.A. per il campionato 2004/2005.
L‟udienza proseguiva il giorno 7 luglio 2006.
Preliminarmente, l‟avv. Gironda, nell‟interesse di Paparesta, depositava note di udienza ed allegati con riferimento al suo
intervento difensivo del 6 luglio 2006.
L‟avv. Rocchi, nell‟interesse di Innocenzo Mazzini, depositava note di udienza, chiedendo ampio proscioglimento nel
merito.
L‟avv. Siniscalchi, nell‟interesse della S.S. Lazio S.p.A., concludeva per l‟inesistenza dell‟illecito contestato alla sua assistita e
depositando anch‟egli note di udienza.
L‟avv. De Luca, per Adriano Galliani, l‟avv. Gandossi, per Leonardo Meani, e l‟avv. Zacone per F.C. Juventus S.p.A.
depositavano note di udienza.
L‟avv. D‟Avirro, nell‟interesse di Gianluca Rocchi, concludeva per il proscioglimento ampio del deferito, riportandosi
alle note di udienza depositate e ai relativi allegati.
L‟avv. Morcella, nell‟interesse di Paolo Tagliavento, depositava note di udienza e concludeva con la richiesta di
proscioglimento del suo assistito.
L‟avv. Trofino, nell‟interesse di Luciano Moggi, eccepiva il difetto di giurisdizione della CAF, in subordine chiede la
sospensione del giudizio nei confronti del suo assistito previo stralcio della sua posizione in considerazione: a) della
pendenza a suo carico di un procedimento penale, b) dell‟esistenza di altre indagini concernenti la contestazione riferibile al
Moggi; sulla richiesta di stralcio e sospensione la CAF si riservava.
Il proscioglimento di Massimo De Santis e di Paolo Bertini veniva sollecitato dai rispettivi difensori, avv. Morescanti
e avv. Messeri. L‟avv. Morescanti, nell‟interesse di Massimo De Santis, depositava note di udienza unitamente ad
una relazione tecnica e ad altri documenti, chiedendo il proscioglimento del suo assistito.
L‟avv. Messeri, nell‟interesse di Paolo Bertini, chiedeva il proscioglimento del suo assistito e depositava note di udienza.
Dopo il deposito di note difensive dell‟avv. Catalanotti nell‟interesse del Brescia Calcio S.p.A., la Commissione si ritirava in
camera di consiglio per la decisione.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Capitolo I
1. Confermata l‟ordinanza emessa nella camera di consiglio del 3 luglio, con la quale sono state disattese tutte le eccezioni di
rito sollevate dalle parti, va provveduto ancora in rito relativamente alle eccezioni di difetto di giurisdizione, reiterate da Paolo
Bergamo e Luciano Moggi nel corso del dibattimento sulla base delle asserite dimissioni presentate dopo detta ordinanza.
La difesa di Paolo Bergamo ha prodotto in aula copia dell‟atto di dimissioni da lui presentate all‟A.I.A. e
successivamente ha fatto pervenire alla Commissione il relativo provvedimento di accettazione dell‟A.I.A. stessa. Sono da
considerare così maturate le condizioni, mancanti al momento dell‟ordinanza del 4 luglio scorso, per il venir meno della
giurisdizione di questo Collegio nei confronti del Bergamo; la cui eccezione va quindi accolta.
Da rigettare è invece la reiterata eccezione di Luciano Moggi, poiché nessuna rilevanza può attribuirsi alle asserite
dimissioni da lui nuovamente presentate dopo l‟ordinanza del 3 luglio. A sèguito delle precedenti dimissioni del 16 maggio
2006, infatti, è cessato definitivamente il rapporto in relazione al quale egli dichiara di aver presentato <nuove dimissioni>;
conseguentemente, va tenuto fermo quanto già considerato sub III, lettera a), dell‟ordinanza del 29 giugno 2006.
2. Da confermare altresì è l‟altra ordinanza emessa in camera di consiglio nella stessa data del 29 giugno, con la quale sono
state ammesse a partecipare al dibattimento le società istanti Bologna, Brescia, Lecce, Treviso e Messina Peloro, cui si è
aggiunta la società Arezzo successivamente ammessa dal Collegio in data 3 luglio. Non sono infatti emersi nel corso del
dibattimento elementi, alla cui stregua poter dubitare in ordine all‟<interesse indiretto> di esse ai sensi degli artt. 29, comma 3,
e 37, comma 4, C.G.S..
3. Passando all‟esame del merito, va preliminarmente ribadita l‟adesione, dichiarata nella motivazione dell‟ordinanza del
29 giugno, al costante orientamento di questa Commissione circa la utilizzabilità nei procedimenti per illecito sportivo,
delle trascrizioni delle intercettazioni telefoniche ricadenti fra gli atti del procedimento penale acquisiti ai sensi dell‟art. 2,
comma 3, legge 13 dicembre 1989, n. 401 (v., ex pluribus e da ultimo, C.U. n. 6/C 2005-2006). Nessuno degli argomenti svolti
in proposito dai pochi difensori che nel corso della discussione dibattimentale hanno insistito sulla relativa eccezione, infatti,
appare convincente per indurre all‟abbandono di detto orientamento: in particolare, né quello basato sull‟art. 15 della
nostra Costituzione, né quello che, attraverso la sentenza 29 marzo 2005 della Corte europea dei diritti dell‟uomo, fa
riferimento all‟art. 8 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell‟uomo e delle libertà fondamentali. In
proposito sembra sufficiente osservare quanto segue.
103
DECISIONI INTEGRALI DELLA COMMISSIONE D’APPELLO FEDERALE - STAGIONE SPORTIVA 2006-2007
3.1 Lo stesso art. 15 Cost., dopo aver sancito nel primo comma che sono inviolabili la libertà e la segretezza di ogni <forma di
comunicazione>, prevede nel capoverso la possibilità della loro limitazione purché <per atto motivato dell‟autorità
giudiziaria con le garanzie stabilite dalla legge>. E la normativa codicistica penale che vige nella materia de
qua,
è stata ritenuta costituzionalmente legittima in quanto diretta al concreto soddisfacimento di un interesse pubblico primario
costituzionalmente rilevante (v. Corte Cost. n. 34 del 1973, n. 223 del 1987 e n. 346 del 1991). Interesse, che ricorre con
riguardo alla repressione di reati (v. Corte Costituzionale n. 366 del 1991 cit. e n 63 del 1994), in relazione alla quale sono state
operate le intercettazioni nei processi i cui atti risultano acquisiti al presente procedimento, istituzionalmente volto a
salvaguardare, nel campo dello sport, <quel valore fondamentale che è la correttezza nello svolgimento delle
competizioni agonistiche> (A.C. 909, X Legislatura), di certo anch‟esso costituzionalmente rilevante al fine di giustificare le
limitazioni, contemplate nell‟art. 15, cpv., Cost., derivanti dall‟utilizzo – ove ritenuto necessario- delle menzionate
intercettazioni.
3.2 Quanto poi all‟art. 8 C.E.D.U., è appena il caso di osservare che nella stessa norma è fatto salvo il caso che l‟invadenza
della sfera privata della persona attraverso le intercettazioni, <sia prevista dalla legge e costituisca una misura che, in una
società democratica…sia necessaria alla sicurezza nazionale, alla pubblica sicurezza,…alla difesa dell‟ordine e alla
prevenzione dei reati>: quadro, questo, in cui perfettamente si inserisce il già richiamato art. 2, terzo comma, legge n. 401
del 1989. Né rileva in contrario il già menzionato riferimento, contenuto nella memoria di Dondarini, alla sentenza 29
marzo 2005 della Corte di Strasburgo. Questa, infatti, ha ben puntualizzato che le norme di diritto interno sono idonee a
giustificare l‟intercettazione delle conversazioni private degli individui da parte della pubblica autorità per uno dei fini
previsti dall‟art. 8 cit., purché venga loro offerta la possibilità di ottenere in sede giurisdiziona le, anche se non hanno
partecipato al procedimento in cui le intercettazioni sono state autorizzate, la verifica dei presupposti che legittimano
l‟ingerenza nella loro vita privata. Possibilità, che nessuno degli attuali deferiti ha affermato gli sia stata negata in quella sede.
3.3. Ma detto e confermato quanto sopra in linea generale, preme a questa Commissione chiarire che, nella specie, le
acquisite trascrizioni delle intercettazioni telefoniche e ambientali, neppure vengono in considerazione – a ben vedere –
quali prove in sé degli addebiti rivolti ai deferiti. A parte infatti qualche singolo caso, che potrà trovare il suo puntuale
esame nella sede opportuna, nessuno degli incolpati ha negato né l‟esistenza, né la veridicità delle conversazioni intercettate:
tutti essi avendo, invece, contestato l‟interpretazione datane dagli inquirenti ai fini del deferimento. Ed anzi proprio loro
hanno pressantemente sollecitato questa Commissione ad ascoltare con attenzione le conversazioni stesse per coglierne il
reale significato attraverso i toni e le cadenze usati dai protagonisti.
Superando dunque ogni eventuale teorica perplessità residua in ordine al problema generale come sopra risolto, si può e si deve
procedere al vaglio interpretativo delle conversazioni suddette, che questa Commissione ha con estrema cura ascoltato e
riascoltato più volte proprio al fine di coglierne i significati rilevanti, facendo attenzione, non solo alla diversa personalità
dei vari soggetti, ma anche, di volta in volta, alle frasi vaghe, incoerenti o a doppio senso, alla coloritura del linguaggio, alle
reticenze, alle condizioni di tempo e di luogo. Cercando di pervenire ad un equanime giudizio, che comunque sarà basato
esclusivamente su quei dati probatori - emergenti così dalle conversazioni considerate in sé come anche dall‟altro
materiale a disposizione, quali le relazioni dei servizi di O.C.P. dei Carabinieri, le dichiarazioni rese dai deferiti e da terzi in
ogni sede, ecc. - che assumano le caratteristiche di serietà, precisione, univocità e concordanza necessarie per assurgere nel
complesso a valore di piena prova. Senza avvalersi, quindi, degli elementi che possano comunque sollevare
ragionevoli dubbi sui fatti o sulle colpevolezze, di cui all‟atto di deferimento. In particolare, poi, la Commissione avrà cura
che l‟iter del suo giudizio rimanga totalmente immune dalla tentazione paventata nelle difese di alcuni deferiti, di ricorso
logico a teoremi. Teoremi il cui uso è stato senza ragione rimproverato alla Procura federale, poiché nell‟atto di deferimento
non v‟è cenno o sintomo alcuno di essi, così come non v‟è traccia delle espressioni <sistema> e <cupola> spesso ricorrenti
nel contesto delle difese medesime. Si parla ivi, invece, semplicemente di <una rete consolidata di rapporti, di natura non
regolamentare, diretti ad alterare i principi di terzietà, imparzialità e indipendenza del settore arbitrale… attraverso varie
condotte, che intervenivano in momenti e livelli differenti>. E questa sembra, invero, l‟idea generale che suscita una prima
attenta lettura di tutto l‟atto di deferimento, poderosa quanto difficile ed encomiabile opera di elaborazione sistematica del
vastissimo materiale istruttorio avuto presente dalla Procura federale. Ma trattasi di un‟idea che – verificata poi alla stregua
delle risultanze successivamente emerse dalla lunga attività dibattimentale, e posta in relazione alla massa degli atti
allegati al processo – finisce col precisarsi nel senso che in realtà non un unico reticolo abbracciante tutti i rapporti d
enunciati dalla Procura federale esisteva, bensì tanti reticoli quante erano le squadre del campionato attualmente deferite,
le quali si attivavano, ciascuna nel proprio interesse, al fine appunto di <alterare i principi di terzietà, imparzialità e
indipendenza del settore arbitrale>. Sicché, in definitiva si potrebbe dire che, non già un sistema in cui siano inquadrabili tutti
gli episodi in parola, ma piuttosto un‟atmosfera inquinata, una insana temperie avvolgente il campionato di serie A, era
venutasi a creare gradualmente: in cui agirono i vari protagonisti, animati da istinti, sentimenti e intenti non sempre
comuni, tesi com‟erano ora al mero protagonismo ora all‟egemonia, personale o di gruppo, ma talvolta spinti anche da pura e
semplice preoccupazione di difesa, reale o putativa; comunque ben lontani, tutti e sempre, da quello spirito di lealtà e
correttezza che deve stare a base dello sport. Da qui la necessità ravvisata da questa Commissione di procedere
partitamente - seguendo, approssimativamente, l‟ordine risultante dall‟atto di deferimento - all‟analisi delle posizioni delle
quattro squadre deferite e dei soggetti singoli ruotanti intorno a ciascuna di esse; onde accertare chi e in quale misura sia
colpevole e chi invece sia innocente.
Capitolo II
Incolpazione n. 1
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DECISIONI INTEGRALI DELLA COMMISSIONE D’APPELLO FEDERALE - STAGIONE SPORTIVA 2006-2007
1. La Procura federale ha deferito alla CAF i signori Luciano Moggi, tesserato della Juventus F.C. S.p.A. con la qualifica
di Amministratore e Direttore Generale, Antonio Giraudo, tesserato della Juventus F.C. S.p.a. con la qualifica
di
Amministratore Delegato, nonché Consigliere della F.I.G.C., Innocenzo Mazzini, Vice Presidente della F.I.G.C., Paolo
Bergamo, tesserato della F.I.G.C. con la qualifica di Commissario CAN A e B, Pierluigi Pairetto, tesserato della F.I.G.C. con
la qualifica di Commissario CAN A e B, Tullio Lanese, tesserato della F.I.G.C. con la qualifica di Presidente dell'A.I.A.
e Massimo De Santis, tesserato della F.I G.C. con la qualifica di arbitro CAN, «per la violazione dell'art. 1, comma 1, C.G.S. e
la violazione dell'art. 6, commi 1 e 2, C.G.S. per avere posto in essere, nelle rispettive qualità, ricoperte all'epoca dei
fatti, le condotte come descritte nella parte motiva, in particolare nella sezione III, consistite, fra l'altro, nell'avere trattenuto i
contatti, realizzati anche su linee telefoniche riservate, e partecipato agli incontri, con modalità non pubbliche, sopra
menzionati; condotte contrarie ai principi di lealtà, probità e correttezza e, al contempo, dirette a procurare un vantaggio in
classifica in favore della società Juventus, mediante il condizionamento del regolare funzionamento del settore arbitrale e
la lesione dei principi di alterità, terzietà, imparzialità ed indipendenza tipici della funzione arbitrale. Con l'aggravante di cui al
comma 6 dell'art. 6 C.G.S., per la pluralità di condotte poste in essere e per l'effettivo conseguimento del vantaggio in
classifica».
2. Il capo di incolpazione come sopra formulato suppone che la Procura federale ritiene integrato l'illecito sportivo di cui
all'art. 6, n. 1, C.G.S. con il comp imento di atti diretti a procurare ad una squadra un vantaggio in classifica, evidentemente
considerando come distinta l'ipotesi contestata, rispetto alle altre previste nella stessa norma, consistenti nel compimento di atti
dir etti ad alterare lo svolgimento o il risultato di una gara.
L'impostazione giuridica deve ritenersi corretta perché l‟art. 6, c. 1, C.G.S. prevede tre ipotesi di illecito consistenti:
a) nel compimento di atti diretti ad alterare lo svolgimento di una gara;
b) nel compimento di atti diretti ad alterare il risultato di una gara;
c) nel compimento di atti diretti ad assicurare a chiunque un vantaggio in classifica.
Tali ipotesi sono distinte, sia perché così sono prospettate nella norma, sia perché è concettualmente ammissibile
l‟assicurazione di un vantaggio in classifica che prescinda dall'alterazione dello svolgimento o del risultato di una singola
gara. Infatti, se di certo, la posizione in classifica di ciascuna squadra è la risultante aritmetica della somma dei punti
conseguiti sul campo, è anche vero che la classifica nel suo complesso può essere influenzata da condizionamenti, che, a
prescindere dal risultato delle singole gare, tuttavia finiscono per determinare il prevalere di una squadra rispetto alle altre.
La Procura federale ipotizza che i dirigenti della Juventus e le altre persone indicate nel capo di incolpazione
abbiano posto in essere condotte dirette a procurare a tale squadra un vantaggio in classifica ed abbiano poi ottenuto il
risultato sperato, con riferimento al campionato 2004/2005, per effetto del «condizionamento del regolare funzionamento del
settore arbitrale e la lesione dei principi di alterità, terzietà, imparzialità ed indipendenza tipici della funzione arbitrale», .
Sotto il profilo giuridico, l'impostazione appare corretta e da condividere. Gli arbitri sono per loro funzione i «giudici» della
gara e in quanto tali devono garantire una direzione imparziale e soprattutto autonoma e indipendente, che tenga conto
soltanto di ciò che avviene sul campo; altrettanta autonomia e imparzialità deve essere garantita a tutti i soggetti che fanno
parte, a qualsiasi titolo, del settore arbitrale: primi tra questi coloro che hanno la direzione del settore e che nell'ambito
di esso svolgono il ruolo di designatori, data la rilevanza, a volte determinante, che tale funzione ha. La Procura federale, con
riferimento all'addebito contestato alle persone indicate nel capo di incolpazione in esame, ha individuato talune
condotte, costituenti di per sé comportamenti contrari ai principi di lealtà, correttezza e probità in ogni rapporto comunque
riferibile all'attività sportiva (art.1, c.1, C.G.S.), ed ha ritenuto che l'insieme di tali condotte sia stato idoneo a realizzare il
condizioname nto del regolare funzionamento del settore arbitrale a vantaggio della Juventus, e quindi sia stato violato l‟art. 6,
c. 1 C.G.S., integrando la pluralità delle condotte l‟attività diretta a procurare alla Juventus un vantaggio in classifica. La
stessa Procura, nella valutazione delle condotte accertate nel corso delle indagini, ha considerato che nell'ordinamento
sportivo non può assumere rilievo un illecito di tipo associativo, dovendosi valutare le condotte di ogni singolo incolpato con
riferimento all'illecito contestato. Anche tale impostazione è da condividere, perché il C.G.S. non contiene alcuna norma che
preveda come fattispecie punibile l'associazione di più persone al fine di commettere un indeterminato numero di illeciti. La
Commissione valuterà quindi il materiale probatorio, relativo ai singoli deferiti, per accertare se siano state poste in essere co
ndotte soggettivamente ed oggettivamente dirette a fare conseguire alla Juventus un vantaggio in classifica e da chi siano state
poste in essere queste condotte.
3. Moggi e Girando - La posizione di questi due soggetti va esaminata congiuntamente perché, pur essendo indubbio che essi,
a volte, hanno agito separatamente, è provato che, altre volte, hanno insieme posto in essere gli atti che la Procura ritiene rileva
nti ai fini dell'incolpazione, ed inoltre che ciascuno di essi era consapevole e consenziente all'attività dell'altro, cosa peraltro
del tutto comprensibile, atteso che entrambi agivano nell'interesse della medesima squadra (è sufficiente in proposito il
riferimento alle telefonate del 6 febbraio 2005 prog. 31466 tra Moggi e Giraudo; dell'8 febbraio 2005 prog. 31956, tra Moggi e
Giraudo).
La Commissione osserva che i fatti accertati e le conversazioni intervenute tra i vari incolpati non possono
essere presi in considerazione atomisticamente, come fa la difesa di Giraudo, ma devono essere valutati nel loro complesso e
nella loro correlazione; è appena il caso, infatti, di precisare che si deve, in questa sede accertare se la pluralità di condotte
poste in essere dai signori Moggi e Giraudo, anche se singolarmente costituenti soltanto violazione dei principi di cui
all'art. 1, c. 1, C.G.S., abbiano determinato quella situazione di condizionamento del settore arbitrale che costituisce l'atto
diretto al conseguimento del vantaggio in classifica. Nella valutazione del materiale probatorio la Commissione si limiterà ad
indicare quegli elementi di sicura valenza, che non si prestano ad interpretazioni equivoche, perché già solo dall'analisi di
taluni fatti incontrovertibili emerge a chiare lettere ciò che era nella opinione di tutti coloro che gravitavano nel mondo del
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DECISIONI INTEGRALI DELLA COMMISSIONE D’APPELLO FEDERALE - STAGIONE SPORTIVA 2006-2007
calcio, e cioè il condizionamento del settore arbitrale da parte della dirigenza della Juventus. Vi sono elementi, infatti, per
ritenere che in occasione del campionato 2004/2005, del quale soltanto ci si deve occupare, la Juventus giocò due distinti
campionati. Uno sul campo di gioco ad opera dei suoi giocatori ed un altro fuori dal campo ad opera dei dirigenti Moggi e
Giraudo. Una prova in tal senso emerge nel modo più evidente dalla telefonata intercorsa tra Moggi e Giraudo il 6 febbraio
2005 (prog. 31466), nella quale i due fanno bene intendere che con riferimento al campionato gli ambienti che vanno curati
sono due: quello relativo alla squadra (allenatore e giocatori), e quello che essi definiscono esterno, identificabile, come
appare dal contenuto della conversazione, nel mondo arbitrale. Questa possibilità di intervento di Moggi e Giraudo sul mondo
arbitrale emerge a chiare lettere dal numerosi elementi e da prove dirette. Il primo elemento che balza subito agli occhi è che i
due dirigenti avevano uno stretto rapporto con i due designatori arbitrali: rapporto manifestato dai ripetuti incontri, anche
conviviali, e dalla frequenza delle telefonate tra loro intercorse. Questo fatto, che potrebbe apparire insignificante – e tale lo ha
definito la difesa, la quale non ha però tenuto conto del contenuto delle conversazioni telefoniche antecedenti e successive
agli incontri, le quali rivelano che in occasione degli stessi si parlava di gestione del settore arbitrale e di assetti di potere –
ha invece rilievo, ove si consideri che quando altri soggetti (v. Andrea e Diego Della Valle, della cui posizione si parlerà più
avanti) sono intervenuti sul settore arbitrale hanno dovuto farlo passando anche attraverso il filtro di Moggi e Giraudo (v.
telefonate: 26 aprile 2005 prog. 11150 tra Mazzini e Giraudo; 18 maggio 2005 prog. 2902 tra Moggi e Diego Della Valle; 23
maggio 2005 prog. 3679 tra Moggi e Diego e Andrea Della Valle). Lo stretto rapporto dei due dirigenti della Juventus con i
designatori era, inoltre, caratterizzato da elementi idonei a far ritenere, come sopra anticipato, che lo stesso non fosse dovuto a
semplice amicizia. È stato accertato che Moggi fornì a Bergamo un telefonino da utilizzare su una utenza non identificabile (la
fornitura da parte diMoggi a Pairetto di un telefonino con le medesime caratteristiche non è sicuramente provata, mentre è
certo che questi disponeva di una linea riservata, con la quale comunicava con Moggi e Bergamo). Bergamo ha ammesso la
circostanza (così come ha ammesso che il telefonino veniva ricaricato a cura e spese di Moggi) ma non ha saputo dare di essa
alcuna giustificazione convincente o appena apprezzabile. Ora, se potrebbe anche essere ipotizzabile che Pairetto e
Bergamo avessero una lecita necessità di comunicare tra loro, tale ipotesi non appare sostenibile nei rapporti tra Moggi e i
designatori. Se le comunicazioni tra loro vi sono state ( la circostanza è pacifica) e se lo stesso Moggi si è dato carico di fornire
(almeno a Bergamo) il telefonino ed ha provveduto a ricaricarlo a sue spese, è consentito dedurne che l'oggetto delle
conversazioni (non essendo state prospettate altre ipotesi plausibili da parte degli incolpati) non dovesse essere del tutto lecito.
È bene chiarire che quando si parla dei rapporto tra Moggi e Giraudo da un lato, e Pairetto e Bergamo dall'altro, non si intende
affermare che questi ultimi due rappresentassero un unico centro di interessi, come invece si può agevolmente affermare per i
due rapprese ntanti della Juventus. V'è negli atti del procedimento – indicati dalla Procura federale – una serie di elementi
che induce a ritenere che tra Pairetto e Bergamo, sicuramente a partire della fine del 2004, si cominciò a delineare una
divergenza di posizioni, derivante dal fatto che si prospettava a partire della stagione 2005-2006 l'introduzione del
designatore unico, cosicché ciascuno di essi aveva iniziato a muoversi in modo indipendente, anche nel rapporto con gli
arbitri, per assicurarsi una futura collocazione. Tale fatto aveva preoccupato Moggi e Giraudo, anche se non aveva
portato alla cessazione dei rapporti con il Pairetto (v. gli elementi che possono trarsi dalla telefonata del 9 febbraio 2005 prog.
123 tra Bergamo e Moggi, nel punto in cui il primo dice al secondo che, essendo in movimento la situazione della federazione,
della lega e dell'A.I.A., anche, con riferimento a quest'ultima, in occasione della probabile nomina di un designatore
unico, occorreva dare all'esterno l'impressione di una CAN che funzionasse, ed aggiunge: «quindi GIGI [Pairetto],
bisogna che si allinei con il lavoro che si deve fare insieme»). Gli effetti di tale situazione saranno valutati successivamente,
allorquando si esaminerà la posizione di Pairetto. Il rapporto tra i due rappresentanti della Juventus e i due designatori è
caratterizzato poi da un elemento, sicuramente deprecabile qual è quello relativo al conseguimento di utilità economiche
da parte dei due designatori, consistenti in regali (v. telefonata del 2 dicembre 2004 prog. 5542 tra Moggi e la moglie), anche
se di essi non è possibile verificare l'entità, e nell'ottenimento di sconti di notevole importo per l'acquisto di autovetture del
gruppo FIAT, per quanto riguarda Pairetto. (v. fascicolo 4 vol. 5: Allegato all‟avviso di conclusione delle indagini
preliminari della Procura di Napoli: Allegato 4, atti e documenti Carabinieri Comando Provinciale di Roma 6 giugno
2006 [Procedimento penale nr. 43915/02] dal quale risulta che: nella stagione 2004/2005 la Juventus ha richiesto alla Fiat
Auto di effettuare uno sconto pari al 50% per l‟acquisto di una Lancia Musa ad una signora legata a Pairetto; nella stagione
2004/2005 la Juventus ha richiesto alla Fiat Auto di effe ttuare uno sconto pari al 50% per l‟acquisto di una Lancia Thesis al
titolare di una società, cui risulta legato Pairetto; nella stagione 2005/2006 la Juventus ha richiesto alla Fiat Auto di effettuare
uno sconto pari al 23% per l‟acquisto di 2 Fiat Croma, alla società di cui sopra). Il rapporto preferenziale tra i dirigenti della
Juventus e i designatori è alla base dell'opera di condizionamento da essi posta in essere. La Commissione ritiene di dovere sin
da ora escludere che sia da attribuire rilevanza alla circostanza, sulla quale tanto si è discusso in questo procedimento e che ha
formato oggetto di specifica indagine della Procura della Repubblica di Torino, relativa alla alterazione del procedimento di
sorteggio arbitrale. Al riguardo, infatti, affiorano ragionevoli dubbi, in presenza dei quali non può parlarsi di prove
sicuramente affidabili. Pienamente provati, invece, sono da ritenere altri modi in cui l'opera di condizionamento veniva attuata.
Il primo è quello della interferenza di Moggi nella fase di predisposizione delle griglie e, dopo il sorteggio dell'arbitro, nella
fase di designazione degli assistenti. In proposito è da rilevare che la scelta degli assistenti è riservata ai poteri discrezionali del
designatore e la scelta deve essere frutto di una sua autonoma decisione che deve scaturire da motivi tecnici o anche da ragioni
di opportunità, ma ovviamente mai dalla previsione che un assistente possa «aiutare» una delle due squadre in campo.
L'interferenza dei dirigenti della Juventus in questa fase delicata, è indotta non solo dalla esigenza di assicurarsi un arbitraggio
favorevole in relazione alla gara della propria squadra, ma anche da quella di impedire che le squadre concorrenti
potessero usufruire di arbitraggi ad esse favorevoli. Tale situazione è bene illuminata dalla conversazione telefonica svoltasi tra
Bergamo e Moggi il 9 febbraio 2005 prog. 123, quindi prima della data dei sorteggi per le gare da effettuarsi il 12
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(anticipo di Inter-Roma e Lazio- Atalanta) ed il 13 febbraio 2005, gara Juventus-Udinese. La conversazione inizia così:
Moggi: <Pronto ?> - Bergamo: <Ehm . sono al numero di casa> - Moggi: <Ehm ... Uhm ...> - Bergamo: <Vai, tanto qui son
sicuro! Non ti preoccupare>. Questa introduzione dimostra, indirettamente, quanto si è già affermato in precedenza, cioè che
Bergamo e Moggi erano soliti parlare su linee riservate quando affrontavano determinati argomenti. La conversazione
prosegue e, ad un certo punto, i due parlano della composizione delle griglie. Dal contenuto del colloquio appare chiaro
che esso non si limita al mero confronto delle liste della prima griglia dai due autonomamente compilata, poiché la
conversazione si sviluppa, nello stesso tempo, sulla opportunità o meno di formare la griglia con quattro o cinque gare e sulla
individuazione della eventuale quinta gara da inserire nella griglia (Livorno-Sampdoria o Siena-Messina). Già questo
primo fatto, cioè che il dirigente di una società interferisca nel lavoro di formazione della griglia, è lesivo della indipendenza
ed autonomia della funzione arbitrale, fin dalla sua fase genetica. La conversazione si inoltra poi nella individuazione dei nomi
degli arbitri da inserire nella griglia ed emerge non solo che Moggi è in condizione di fare entrare nella lista il nome di un
arbitro (Paparesta) che il designatore non aveva pensato di dover indicare, ma anche che egli è a conoscenza dei movimenti
dell'arbitro stesso, che invece Bergamo ignora. La funzione attiva svolta da Moggi nell'opera di formazione della griglia è
inoltre dimostrata dal fatto che, prima di inserirvi il nome dell'arbitro Rodomonti, Bergamo cerca il consenso di Moggi. La
stessa interferenza è provata anche con riferimento alla designazione degli assistenti, come si desume dalla conversazione
telefonica prog. 523, sempre del 9 febbraio 2005, ma in ora successiva a quelle sopra indicata, intervenuta tra F. e
Bergamo. La conversazione, nella parte che qui rileva è del seguente tenore:
Bergamo: <Ho detto [a Moggi]: chi vuoi assistenti domenica ? [gara Juve ntus-Udinese]; dice: voglio Ambrosini e
Foschetti; ho detto: no, ti mando Ricci e Gemignani .... [ride] ... insomma sai, se non è zuppa è pan bagnato, però, tanto per non
dirgli quello che vuole lui ...>. F.: <Certo, no, no, ma Ricci è suo, Gemignani va bene, quindi ...>. Bergamo: <E va bè, ma
tanto per dirgli ... e
... o ... ma senti ...>. F.: <Ma hai fatto bene Paolo è, è così ...> Bergamo: <Nun posso, mettermi a fa il Pierino ...>. F.: <Ma t'ha
richiamato lui o l'hai chiamato tu ?>. Bergamo: <No, ho chiamato io ...>. F.: <Hai fatto bene, corte ggialo adesso e ... fa una
telefonata in più, guarda fanne una di meno a me, che ti risento fra 20 giorni>.
Per la partita Juventus-Udinese verranno poi designati gli assistenti Gemignani e Foschetti.
La telefonata appena trascritta è illuminante perché dimostra:
- che vi è una interferenza di Moggi nella scelta degli assistenti, che si manifesta con una esplicita indicazione di quelli da lui
desiderati;
- che la scelta degli assistenti non era frutto di un'autonoma scelta del designatore, ma era invece condizionata dalla richiesta di
una delle squadre in competizione (e non è necessario attardarsi sulla rilevanza delle decisione degli assistenti);
- che c'è una soggezione di Bergamo nei confronti di Moggi; il primo, infatti, pur cercando di manifestare formalmente una
propria autonomia, alla fine comunque finisce per accontentare il Moggi, tanto che, non avendo potuto designare Ricci,
mantiene la designazione di Gemignani (che comunque rientra nell'alternativa <se non è zuppa è pan bagnato>, ma gli affianca
Foschetti che era uno dei due assistenti originariamente chiesti da Moggi.
La Commissione ritiene ragionevole presumere che l'episodio sopra descritto, riferibile alla partita Juventus-Udinese del
13 febbraio 2005 (oggetto di un successivo capo di incolpazione), non sia isolato; la naturalezza con la quale si svolge il
colloquio tra Bergamo e Moggi, il fatto che sia stato il primo a chiamare il secondo, l'ora notturna in cui è avvenuta la
chiamata, ed il successivo colloquio di Bergamo con la F., dal quale si rileva che la trattativa sulle designazioni, fa parte di
una consuetudine, nota anche a quest'ultima tanto da non meravigliarla, sono tutti elementi che consentono di affermare
con tranquillità che la condotta del Moggi, resa manifesta dalle intercettazioni, si inserisce in una abitualità della condotta (v.
anche la partita Juventus – Lazio del 5 dicembre 2004, di cui al capo 7 di incolpazione).
Altro elemento idoneo ad integrare la condotta indicata nel capo di incolpazione è da ravvisare nel comportamento tenuto
dai due dirigenti della Juventus con riferimento al trattamento da riservare agli arbitri che si fossero manifestati ostili alla loro
squadra.
Tale comportamento si sviluppa in due modi distinti. Uno si concreta nel minacciare di far applicare sanzioni agi arbitri o nel
richiederle direttamente al designatore. L'altro si concreta nel controllo di alcuni giornalisti al fine di tutelare la
posizione degli arbitri ritenuti amici e, invece, di attaccare quella dei «non allineati».
In proposito è da rilevare che per un arbitro l'essere costretto a saltare, per fini sanzionatori, una o più gare o essere destinato
ad arbitrare una gara della categoria inferiore è circostanza non di poco conto; le conseguenze sono, infatti, nell'immediato, la
perdita o la riduzione degli emolumenti che ammontano a cifre rilevanti, e, in prospettiva, il danno all'immagine idoneo a
pregiudicare lo sviluppo della carriera.
Quale sia l'atteggiamento dei dirigenti della Juventus è dimostrato da un brano della conversazione già citata (prog. 123), che,
svoltasi nella convinzione di Moggi e Bergamo di poter parlare liberamente, è una delle più chiarificatrici dei metodi usati.
A un certo punto, nel corso del colloquio relativo alla definizione delle griglie, Moggi, dopo che Bergamo manifesta di
avere avuto l'intenzione di punire Tombolini tenendolo fermo per un turno perché a suo giudizio aveva sbagliato, dice:
«Guarda, ora ti dico ... può darsi pure che io mi sbaglio, io pure c'ho della gente da tené sotto, no? Se tu, per esempio, non
punisci Collina e Rosetti, gli altri sono tutti autorizzati ...»; e Bergamo risponde: « ... ma infatti io, Collina e Rosetti non ce li
ho mica messi, eh ?»
Questo brano di conversazione dimostra innanzi tutto, ancora una volta, la soggezione di Bergamo nei confronti di Moggi.
Dimostra in secondo luogo che l'intenzione di punire non è legata al fatto che l'arbitro abbia diretto male, ma è invece
conseguente, con riferimento a Tombolini, alla mancata osserva nza da parte di costui dell'input d atogli da Bergamo in
relazione alla gara Lazio- Brescia, di cui si parlerà più avanti. Cosicché è lecito ritenere che la richiesta di
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«punire» Collina e Rosetti sia legata non ad errori da costoro commessi, ma piuttosto al fatto che essi non erano considerati dai
dirigenti della Juventus come arbitri <amici>.
È stata anche provata la sussistenza di minacce di interventi sanzionatori profferite dai dirigenti della Juventus direttamente nei
confronti di un arbitro. La Commissione si riferisce all'episodio avvenuto dopo la partita Reggina- Juventus del 6
novembre 2004. Dell'episodio si parlerà diffusamente allorquando saranno trattati i capi di incolpazione ad esso
relativi. Qui va richiamato solo il fatto che l'arbitro Paparesta non solo omise di fare cenno dell'episodio nel referto arbitrale,
ma il giorno dopo telefonò a Moggi per avere un chiarimento. Questo comportamento, come del resto ha spiegato lo stesso
Paparesta, ne ll'interrogatorio reso il 13 maggio 2006 al Nucleo operativo del Reparto Operativo del Comando Provinciale dei
Carabinieri di Roma, dimostra uno stato di timore, almeno di questo arbitro, nei confronti della dirigenza della Juventus,
percepita come capace di pregiudicare la sua carriera. Non assume poi rilievo che in effetti una punizione grave non vi fu, ma
quel che interessa è che un arbitro, il quale aveva il diritto di reclamare delle scuse da Moggi e da Giraudo, tenne invece un
atteggiamento, che definire remissivo sarebbe del tutto riduttivo. E che l'omessa denuncia del grave episodio trovasse ragione
non soltanto nella pavidità di un singolo soggetto, ma anche nella «intoccabilità» dei dirigenti della Juventus, che giustificava
la sensazione della esistenza di una loro possibilità di prevaricare il mondo arbitrale, è dimostrato dal fatto che a tale condotta
si adeguarono tanto Lanese quanto Ingargiola (v. per i particolari di fatto la parte della motivazione relativa al capo di
incolpazione ad essi relativo).
Tale opera di prevaricazione si è manifestata p ure attraverso un uso distorto dei mezzi di comunicazione di massa,
mercé la compiacenza di ben individuati soggetti, resisi disponibili nei confronti delle sollecitazioni loro rivolte dai dir
igenti della Juventus, di minimizzare gli errori degli arbitri dai quali aveva tratto giovamento questa squadra o addirittura di
non parlarne, e di valorizzare invece gli errori che avevano favorito la squadra avversaria o in genere le squadre concorrenti.
I fatti sopra indicati sono pienamente provati da concorrenti elementi, fra cui alcune intercettazioni telefoniche, alle quali la
Commissione rinvia, data la non contestabilità del significato del loro contenuto nel senso sopra indicato (v. in particolare le
intercettazioni 15 novembre 2004 prog. 1616; 6 dicembre 2004 prog. 10159; 20 dicembre 2004 prog. 12819; 21 dicembre
2004 prog. 8846; 17 gennaio 2005 prog. 12547; 24 gennaio 2005 prog. 28723; 7 marzo 2005 prog. 1446).
Gli atti posti in essere da Moggi e Giraudo, unitariamente considerati, integrano la condotta addebitata nel capo di
incolpazione quale violazione dell'art. 6, c. 1, C.G.S., norma, questa, che configura un illecito a consumazione anticipata,
giacché la soglia di punibilità viene arretrata al momento della realizzazione di una qualsiasi condotta diretta alla
realizzazione di uno dei risultati tipicamente indicati (nella specie assicurazione di un vantaggio in classifica).
È stato provato che le condotte accertate erano soggettivamente e oggettivamente dirette a interferire sulla terzietà della
funzione arbitrale al fine di ottenere un trattamento preferenziale rispetto alle altre squadre e quindi, in definitiva, ad
assicurarsi un vantaggio in classifica; e che, inoltre, avevano una capacità causale adeguata per il conseguimento del risultato
sperato.
I fatti sopra evidenziati, infatti, erano idonei a determinare una situazione di disparità tra la Juventus e le altre squadre, poiché,
pur essendo provato che anche alcuna di queste ha posto in essere atti diretti ad alterare lo svolgimento o il risultato di
qualche gara, dal materiale sottoposto all'esame della Commissione risulta che solo la Juventus, nel corso del
campionato 2004/2005, ha esercitato quella influenza costante e generalizzata sul settore arbitrale, idonea a minarne la
terzietà nei modi di cui si è già detto. Giraudo e Moggi devono essere, quindi, dichiarati responsabili, con riferimento al
capo 1 della incolpazione, dell'illecito di cui all'art, 6, c. 1, C.G.S., nel quale sono assorbite le violazioni di cui all'art. 1, c.
1, C.G.S., contestate in relazione alle condotte da loro poste in essere al fine di realizzare l'illecito di cui all'art. 6, c. 1
C.G.S.. Deve essere altresì riconosciuta la sussistenza dell'aggravante di cui al successivo c. 6, perché le condotte stesse,
tutte dirette al medesimo fine, hanno effettivamente determinato una situazione di vantaggio della Juventus rispetto alle altre
squadre, che ha poi portato la stessa alla vittoria nel campionato.
4. Bergamo - Nessuna pronuncia può essere emessa nei confronti di Bergamo per essere venuta meno la giurisdizione di
questo Collegio nei suoi confronti (v. Capitolo 1 della motivazione). Tuttavia, anche per i riflessi che ne derivano in ordine alla
colpa presunta della Juventus di cui al secondo capo di incolpazione, deve essere affermato che la condotta posta in
essere dal Bergamo, in perfetta sintonia con quella di Moggi e Giraudo, integra la realizzazione della fattispecie
contestata, sotto il profilo della violazione dell'art. 6, c. 1, C.G.S., con l'aggravante di cui all'art. 6, c. 6.
5. Mazzini, Pairetto, Lanese e De Santis - La Commissione non ritiene che sia stata raggiunta la prova della responsabilità
degli incolpati sopra indicati in ordine alla violazione dell‟art. 6, c. 1, C.G.S..
Le condotte agli stessi attribuite non possono essere valutate in questa sede disciplinare nella prospettiva di un quadro
associativo, come del resto ha tenuto a sottolineare la stessa Procura federale; è, invece, necessario verificare se le singole
condotte poste in essere dai soggetti incolpati siano state connotate dal fine di arrecare un vantaggio in classifica alla Juventus,
e se fossero idonee, sotto il profilo della efficienza causale, al raggiungimento dello scopo. La Commissione ritiene che non
risulti sicuramente provato nessuno dei due profili. Dalle prove indicate dalla Procura federale risulta che Mazzini, Pairetto,
Lanese e De Santis, perseguivano ciascuno fini propri, non importa se leciti o meno, non essendo consentito alla Commissione
esprimere giudizi su fatti che non formano oggetto di contestazione, soltanto talvolta coincidenti con quelli della Juventus e
quasi sempre in contrasto tra loro. Nelle conversazioni si parla di cordate di arbitri o di squadre legate all‟uno o all‟altro
designatore, di arbitri <amici> o meno, ma non vi sono elementi che consentano di affermare, con certezza, che le condotte
poste in essere dai soggetti incolpati fossero univocamente dirette, sotto il profilo soggettivo e della efficienza causale, a
realizzare lo scopo di procurare alla Juventus un vantaggio in classifica. Se fosse stato provato che Pairetto, per effetto dei
condizionamenti subiti, aveva provveduto ad alterare i risultati dei sorteggi al fine di procurare un vantaggio alla
Juventus, si sarebbe potuto affermare che egli aveva realizzato la condotta punita dall‟art. 6, c. 1, C.G.S.. Ma come già
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anticipato questa prova non è stata raggiunta. Lo stesso deve dirsi per gli altri, perché i comportamenti specifici loro addebitati,
alcuni dei quali formano oggetto di differenti capi di incolpazione, non sono idonei a rendere identificabile un intento univoco
in ordine allo scopo indicato nel capo di incolpazione (procurare un vantaggio alla Juventus). La Procura federale nell‟atto di
deferimento assume che in talune delle condotte attribuite agli incolpati è da ravvisare la violazione de ll‟art. 1, c. 1, C.G.S.. In
proposito la Commissione rileva che talune delle condotte ascritte agli incolpati a titolo di violazione dell‟art. 1, c. 1, C.G.S.,
formano oggetto di altre incolpazioni e quindi saranno valutate nella sede propria. Per quanto concerne particolarmente
Mazzini e De Santis, la Commissione rileva che la condotte residue, oggetto del capo che si sta esaminando, o
hanno carattere di genericità o si basano su elementi che, in mancanza di riscontri certi, appaiono inidonee a sostenere un
giudizio di colpevolezza. Per quanto concerne, invece, Pairetto e Lanese (Bergamo come detto non è più soggetto alla
giurisdizione della Commissione) residuano specifiche condotte sicuramente inquadrabili nella previsione dell‟art. 1, c. 1,
C.G.S.. L‟incontro di esponenti del mondo arbitrale (Lanese, Pairetto, Bergamo) con dirigenti di una squadra di calcio (Moggi
e Giraudo), avvenuti, secondo quanto sostenuto da alcuni incolpati, al solo fine di parlare di proble mi relativi all‟assetto della
categoria, in previsione delle modifiche alla struttura del settore, e involgente inoltre le posizione che nel nuovo
assetto avrebbero acquistato i soggetti interessati, è sicuramente comportamento censurabile sotto il profilo della correttezza,
perché l‟unico interesse che può muovere un dirigente di una squadra a partecipare ad un incontro avente un tale oggetto è
quello di assicurarsi una strutturazione del settore che in prospettiva gli sia favorevole, mentre crea per gli appartenenti al
settore arbitrale le premesse per un futuro debito di riconoscenza. Per quanto riguarda Pairetto e Lanese è inoltre condotta
censurabile, sotto il profilo della violazione dei principi di correttezza e di probità, quella di avere chiesto ed ottenuto
consistenti sconti, per sé o altri, per l‟acquisto di autoveicoli del gruppo FIAT (fatti pacifici). Pairetto e Lanese devono
essere quindi dichiarati responsabili della violazione dell‟art. 1, c.1, C.G.S.. Mazzini e De Santis devono essere, invece,
prosciolti dalla detta incolpazione.
Incolpazione n. 2
1. La Procura federale ha deferito la Juventus F.C. S.p.a. per responsabilità diretta e presunta, ai sensi degli artt. 6,
9, c. 3, 2, c. 4, C.G.S. per quanto ascritto nel capo che precede ai suoi dirigenti con legale rappresentanza e agli altri soggetti
non tesserati per la predetta società. Con la aggravante di cui al c. 6 dell'art. 6, C.G.S. per la pluralità delle condotte poste in
essere e per l'effettivo conseguimento del va ntaggio in classifica.
2. Sussiste la responsabilità diretta della Juventus in relazione alla violazione dell‟art. 6, c. 1, con l‟aggravante di cui al c.
6, di cui sono stati ritenuti responsabili i suoi dirigenti.
La responsabilità è diretta perché Giraudo era pacificamente, all‟epoca dei fatti il rappresentante legale della società.
La responsabilità diretta sussiste anche in relazione ai comportamenti di Moggi, stante le risultanze di cui al foglio di
censimento relativo al campionato 2004/2005, nel quale il predetto è indicato quale amministratore e direttore generale e
risulta autorizzato ad assumere obbligazioni in nome e per conto della società ed a rappresentare quest‟ultima secondo quanto
previsto dall‟art. 3 punto 4 del Regolamento della Lega Nazionale Professionisti. È esclusa la responsabilità presunta poiché
gli incolpati estranei alla società sono stati prosciolti. Incolpazioni nn. 3-4-5-6
1. Per ciò che concerne la gara Reggina - Juventus del 6 novembre 2004, il Procuratore federale ha deferito alla CAF:
- Luciano Moggi e Antonio Giraudo, all‟epoca dei fatti Amministratore e Direttore Generale della Juventus F.C. S.p.a.,
il primo, Amministratore Delegato della Juventus F.C. S.p.a. e Consigliere federale, il secondo, per la violazione dei principi
di lealtà, probità e correttezza di cui all‟art. 1, comma 1, C.G.S., per avere tenuto, al termine della gara, una condotta
aggressiva e intimidatoria nei confronti della terna arbitrale;
- la società Juventus F.C. S.p.a., per responsabilità diretta ai sensi dell‟art. 2, comma 4, C.G.S., in ordine agli addebiti
contestati ai suoi dirigenti al capo che precede;
- Gianluca Paparesta e Pietro Ingargiola, rispettivamente tesserato F.I.G.C. in qualità di arbitro effettivo CAN A e B, e
tesserato F.I.G.C. in qualità di osservatore CAN A e B, per la violazione dei principi di lealtà, probità e correttezza di
cui all'art. 1, comma 1, C.G.S. per avere omesso la segnalazione della condotta sopra descritta negli atti ufficiali di gara,
omettendo, comunque, di assolvere ad un obbligo di rapporto derivante dalle rispettive funzioni;
- Tullio Lanese, tesserato F.I.G.C. in qualità di Presidente dell‟A.I.A., per la violazione dei principi di lealtà, probità e
correttezza di cui all'art. 1, comma 1, C.G.S. per avere avallato e consigliato il suddetto comportamento omissivo posto in
essere dall‟Ingargiola.
2. Secondo la prospettazione della Procura federale, al termine della gara Re ggina – Juventus si verificò un fatto di
straordinaria gravità sotto il profilo disciplinare, provato nella sequenza cronologica dal contenuto dei contatti telefonici
verificatisi, dopo la gara, fra Moggi, Lanese e Giraudo, da una parte, e fra Lanese e Ingargiola, dall‟altra.
Tale episodio evidenzierebbe, secondo il Procuratore federale, una grave condotta consistita nella omessa indicazione
dell‟accaduto nel rapporto ufficiale da parte dell‟arbitro, con l‟avallo, nell‟immediatezza, dell‟osservatore arbitrale Ingargiola
e, successivamente, di Lanese, il quale discorre telefonicamente dell‟occorso, dapprima con Ingargiola, invitandolo a
non intromettersi nella questione, e successivamente con Luciano Moggi, riferendogli di essere a conoscenza del fatto e
tranquillizzandolo in ordine alla mancata segnalazione dell‟accaduto negli atti ufficiali.
3. I fatti, così come descritti nell‟informativa del 19 aprile 2005 dei Carabinieri del Reparto Operativo del Comando
Provinciale di Roma (acquisita agli atti), non contestati dai soggetti deferiti, ed anzi confermati da Paparesta e dagli assistenti
arbitrali Copelli e Di Mauro, con dichiarazioni concordanti rese nel corso dell‟audizione presso il Nucleo Operativo dei C.C. di
Roma, sono consistiti nell‟ingresso nello spogliatoio arbitrale, al termine della gara Reggina
– Juventus, da parte di Moggi e di Giraudo. Il primo, in particolare, alla presenza dell‟arbitro, degli assistenti, del
quarto ufficiale e dell‟osservatore arbitrale Ingargiola, ha assunto un atteggiamento minaccioso, per tono e gestualità, nei
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confronti, tanto dell‟assistente Copelli, quanto del collega Di Mauro e dell‟arbitro Paparesta, me ntre Giraudo si
rivolgeva con fare irriguardoso verso quest‟ultimo. La circostanza trova ulteriore conferma nei colloqui telefonici intercorsi,
dopo la conclusione della gara, tra Ingargiola e Lanese (conversazione delle ore 22,57 prog. 907, cui fa seguito quella delle
23,23 prog. 948), nel corso dei quali il primo riferisce al suo interlocutore dei fatti suddetti, con tono di incredulità che non
lascia àdito ad alcun dubbio circa la genuinità della dichiarazione. Nello stesso ambito temporale, Moggi riferisce della propria
condotta a terzi (prog. 137 dello ore 23,20 e prog. 140 delle ore 23,34), ritornando sull‟argomento alcuni giorni dopo,
nel corso di una conversazione telefonica con Lanese, nella quale quest‟ultimo conferma di essere già a conoscenza degli
accadimenti, per averglieli riferiti Ingargiola (prog. 2575 del 10 ottobre – rectius novembre – 2004), rassicurando
l‟interlocutore di aver debitamente istruito quest‟ultimo di non riferire nulla dell‟accaduto a chicchessia. Ad avviso di questa
Commissione le condotte tenute dai soggetti deferiti, provate nella loro materialità, assumono rilevanza disciplinare sotto
diversi profili e con differenti gradi di gravità. Da un primo punto di vista, il comportamento di Moggi e di Giraudo costituisce
indubbia violazione dell‟obbligo di lealtà, correttezza e probità di cui all‟art. 1, comma 1, C.G.S., risultando già di per sé
censurabile il fatto che i dirigenti di una società si introducano al termine della gara negli spogliatoi degli ufficiali di gara; nel
caso di specie, la violazione è ovviamente aggravata dal comportamento minaccioso ed oltraggioso nei confronti degli
ufficiali stessi, che i dir igenti stessi hanno tenuto. Dall‟affermazione della responsabilità dei suoi dirigenti discende la
responsabilità diretta per tali condotte della società Juventus, ai sensi dell‟art. 2, comma 4, C.G.S.. Parimenti, deve affermarsi
la violazione del suddetto obbligo da parte dell‟arbitro Paparesta, anche in considerazione della funzione dal lui al
momento ricoperta, per non avere riferito nei suoi atti ufficiali di gara degli accadimenti che lo hanno direttamente
riguardato.Quanto ad Ingargiola, ritiene questa Commissione che egli sia incorso in responsabilità disciplinare perché, avendo
comunque avuto percezione della gravità dei fatti ai quali aveva assistito all‟interno dello spogliatoio arbitrale ed essendosi
anche reso conto della necessità di informarne gli organismi federali, in ossequio al generalissimo obbligo di cui all‟art. 1,
comma 1, C.G.S., ha poi accolto l‟invito ad astenersi dal farlo formulatogli da Lanese, con ciò violando da parte sua detto
obbligo. Lanese, da parte sua, ha posto in essere una condotta antidoverosa ben più grave dal punto di vista disciplinare,
tenuto conto anche del suo ruolo istituzionale, in quanto dapprima ha suggerito in termini perentori ad Ingargiola di non
riferire le circostanza descrittegli, e poi ha a sua volta omesso di informarne gli organi di giustizia sportiva, con un
comportamento che, alla luce del contenuto del colloquio telefonico successivamente intercorso con Moggi, appare
univocamente finalizzato ad assicurare a quest‟ultimo impunità per quanto fatto. Va quindi affermata la sua responsabilità per
violazione dell‟obbligo di cui all‟art. 1, comma 1, C.G.S.
Incolpazioni nn. 7-8-9-10
1. La Procura federale ha deferito Luciano Moggi, tesserato della Juventus F.C. S.p.a. con la qualifica di Amministratore e
Direttore Generale per la violazione degli artt. 6, comma 1, prima parte, C.G.S., per aver posto in essere atti diretti ad alterare
lo svolgimento delle gare Juve ntus - Lazio del 5 dicembre 2004 e Bologna - Juventus del 12 dicembre 2004 come descritto
nella parte motiva; e dell‟art. 1, comma 1, C.G.S. in relazione alla gara Juventus - Udinese del 13 febbraio 2005, per aver posto
in essere le condotte descritte nella parte motiva relativa a tale ultima gara. Con l‟aggravante di cui al comma 6 dell‟art. 6
C.G.S., per la pluralità di condotte poste in essere.
Ha inoltre deferito:
- Paolo Bergamo, tesserato F.I.G.C. con la qualifica di Commissario CAN A e B per violazione dell‟art. 6, comma 1, prima
parte, C.G.S., per aver tentato di alterare lo svolgimento della gara Juventus - Udinese del 13 febbraio 2005, come descritto
nella parte motiva relativa alla gara suddetta;
- Massimo De Santis, tesserato F.I.G.C. con la qualifica di arbitro CAN, per violazione dell‟art. 6, comma 1, prima parte,
C.G.S., per aver aderito al disegno di Moggi finalizzato all‟alterazione dello svo lgimento della gara Bologna
- Juventus
del 12 dicembre 2004, attrave rso il ricorso alle ammonizioni di giocatori diffidati nella precedente gara Fiorentina - Bologna
del 5 dicembre 2004, come descritto nella parte motiva relativa alla gara suddetta;
- Juventus F.C. S.p.a. a titolo di responsabilità diretta e presunta ai sensi degli artt. 6, comma 1, 9, comma 3, e 2, comma 4,
C.G.S., per quanto ascritto nei capi 7, 8 e 9 al suo dirigente con legale rappresentanza e agli altri soggetti non tesserati per la
predetta società. Con l‟aggravante di cui al comma 6 dell‟art. 6 C.G.S., per la pluralità di condotte poste in essere.
2. Gara Juventus - Lazio del 5 dicembre 2004 - Nella parte motiva dell'atto di deferimento la Procura assume, in relazione alla
gara in oggetto, che Moggi ha interferito con la sua condotta nella designazione degli assistenti dell'arbitro, ponendo
quindi in essere atti diretti ad alterare lo svolgimento della gara. La Procura fa particolare riferimento ad un colloquio
telefonico del 3 dicembre 2004, alle ore 11.53 (prog. 8771), dal quale si evince che Moggi conosceva, prima della
comunicazione ufficiale il nome degli assistenti. Inoltre la Procura federale, nella parte della relazione dedicata al primo
capo di incolpazione (pag. 27), osserva che la sera del 2 dicembre 2004 Moggi aveva incontrato a cena Bergamo, Pairetto e
Giraudo, e poiché collega a questo incontro la sopra ricordata telefonata del 3 dicembre 2004 (prog. 8771), lascia intendere, se
pure non esplicitamente, che la conoscenza dei nomi degli assistenti da parte del Moggi, anteriormente alla loro designazione
ufficiale, dipendeva da un precedente accordo.
La commissione ritiene che la condotta ascritta al Moggi vada qualificata come contraria ai principi di correttezza e lealtà
sportiva, come del resto altre volte ha prospettato la Procura in questo stesso procedimento (v. partita Juventus - Udinese del
13 febbraio 2005, in questo stesso capo di incolpazione e partita Milan – Chievo del 20 aprile 2005, nel capo di incolpazione
relativo a Galliani, Meani e Mazzei); poiché l'interferenza nelle designazione è una delle plurime condotte attraverso le quali
Moggi ha realizzato l'illecito descritto nel primo capo di incolpazione, la commissione, riconosciuta la sussistenza della
violazione dell'art. 1, c. 1, C.G.S., ne dichiara l'assorbimento nell'illecito del quale Moggi è stato già ritenuto responsabile.
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DECISIONI INTEGRALI DELLA COMMISSIONE D’APPELLO FEDERALE - STAGIONE SPORTIVA 2006-2007
3. Gara Fiorentina – Bologna del 5 dicembre 2004 - La Procura assume che la giornata di campionato, successiva a quella del
5 dicembre 2004, avrebbe visto la Juventus fronteggiare fuori casa il Bologna. L„interesse di Moggi alla precedente sfida tra la
Fiorentina e il Bologna concerneva i giocatori felsinei diffidati, la cui eventuale ammonizione, nel corso della gara con la
squadra toscana, ne avrebbe comportato l‟automatica squalifica per la successiva gara con la Juventus (gara, quest'ultima, di
notevole rilevanza, in quanto la partita seguente avrebbe posto dinanzi la medesima Juventus al Milan; donde l‟esigenza
di indebolire l‟organico della squadra del Bologna, per agevolare il conseguimento di un risultato pienamente positivo, tale
da consentire di mantenere inalterato il vantaggio in classifica).
Reputa questa Commissione che dal materiale probatorio acquisito agli atti del giudizio non emerga, con sufficiente grado di
certezza, la responsabilità del Moggi e del De Santis in ordine al compimento di atti integranti l‟illecito sportivo loro contestato
dalla Procura.
La principale fonte di prova sul punto è costituita dall‟intercettazione della conversazione telefonica che Moggi intrattiene in
data 3 dicembre 2004 con tale SG (prog. 8790), nel corso della quale lo stesso,sospendendo momentaneamente tale
conversazione senza riattaccare e quindi trasformando l‟apparecchio telefonico sul quale sta conversando in microfono che
consente di udirne la voce, intraprende un‟ulteriore conversazione telefonica su un‟utenza non intercettata con un interlocutore
non identificabile, del quale non può percepirsi la voce.
Dal contenuto delle frasi profferte dal Moggi, tuttavia, appare piuttosto evidente che detto interlocutore sia un arbitro (<…. oh,
la peggiore che ti poteva toccà eh! >, dice il Moggi, con evidente riferimento al sorteggio arbitrale appena avvenuto - sono le
ore 12,46 del venerdì - ed alla partita per la quale il suo interlocutore è stato designato, proseguendo poi suggerendogli: <…
però tu fa la partita tua, regolare, eh ? .. no senza regalà niente a nessuno, con …. con tranquillità …>), al quale il dirigente
juventino, dopo aver nominato il direttore di gara designato per la partita Juventus - Lazio (Dondarini), si rivolge con estrema
famigliarità, illustrandogli quali siano i favori arbitrali che egli si auspica siano acconsentiti alla propria squadra
nell‟imminente giornata di campionato.
In tale ottica Moggi, forse rassicurato dal fatto che sta conversando su di un‟utenza ritenuta <sicura>, formula chiaramente
all‟arbitro suo interlocutore le proprie richieste, <.. ma a me quello che mi serve è … è … è Fiorentina - Bologna, …….. in
modo particolare …. apposta ! il minimo … eh … eh … quello mi serve in particolare e poi ehm …. ehm … mi serve ….
ehm … il Milan, di avanzare ehm … ehm … nelle ammonizioni per far fare le diffide, insomma ! … Vabbè ! Tanto comunque
ne parliamo stasera poi!>.
Pur tuttavia, tale condotta di Moggi, sulla cui gravità dal punto di vista disciplinare non vi è ombra di dubbio, di per sé sola
non appare in grado di integrare gli estremi dell‟illecito sportivo, in quanto costituente solo il primo segmento di quella
complessiva attività volta all‟ alterazione dello svolgimento o del risultato di una gara, ovvero al conseguimento di un
vantaggio in classifica, non potendo apparire, se autonomamente apprezzata e considerata, idonea al conseguimento dello
scopo. Occorrerebbe, cioè, dimostrare che anche il secondo segmento della condotta integrante gli estremi dell‟illecito
sportivo si sia realizzato, vale a dire che, in ipotesi, le richieste di Moggi siano (quanto meno) effettivamente pervenute a
De Santis.
La Commissione non reputa raggiunta la concludente prova di tale circostanza.
Ed infatti, occorre escludere, pur nel dubbio, che l‟interlocutore non identificato di Moggi nella suddetta conversazione
telefonica sia il menzionato arbitro, posto che il dirigente della Juventus, facendo riferimento alla partita per la quale lo stesso è
stato designato, sembra riferirsi ad una gara diversa da Fiorentina – Bologna, che sarebbe stata invece diretta da De Santis.
In difetto di ulteriori prove sul punto, dunque, non può dirsi dimostrato in atti che lo stesso De Santis sia poi stato
effettivamente raggiunto dalla richiesta di Moggi di sanzionare con l‟ammonizione i calciatori del Bologna già diffidati, al fine
di provocarne l‟automatica squalifica per la successiva gara Bologna – Juve ntus.
Né tale prova, a giudizio della Commissione, può positivamente trarsi per via deduttiva dalla circostanza che effettivamente De
Santis abbia nel corso della gara ammonito due calciatori del Bologna diffidati, anche tenendo conto del fatto che, in base a
quanto risulta dal rapporto dell‟osservatore A.I.A. per detta gara, il direttore della stessa ha fatto corretto uso dei propri
poteri sanzionatori, irrogando ammonizioni dovute (<dopo aver subito agito in prevenzione è poi intervenuto a comminare
giusti provvedimenti d‟ammo nizione>).
Nessuna concludente dimostrazione è poi dato ricavare dall‟ulteriore materiale probatorio in atti, ivi comprese le
intercettazioni telefoniche specificamente indicate dalla Procura, che non possono che essere considerate meri indizi, in alcuni
casi privi anche del requisito della concordanza, senza mai assurgere al rango di piena prova delle condotte ascritte ai soggetti
deferiti, in difetto di seri riscontri probatori oggettivi, idonei a suffragare il convincimento del giudicante.
Infine, nessun elemento di prova, neppure di carattere indiziario, può ricavarsi dalle intercettazioni telefoniche afferenti alle
vicende legate alla gara Bologna - Juventus del 12 dicembre 2004, che sono relative a fatti non dedotti in giudizio, dovendosi
precisare che nella prospettazione della Procura, di tale ultima gara si ipotizza alterato lo svolgimento in relazione agli
accadimenti propri esclusivamente della precedente gara Fiorentina - Bologna.
Occorre, dunque, procedere al proscioglimento di Moggi e di De Santis dagli addebiti di illecito sportivo formulati nei loro
confronti.
Nondimeno, come già accennato, la condotta nella fattispecie posta in essere da Moggi, peraltro sintomatica dell‟abitudine
dello stesso di intrattenere contatti telefonici su utenze no n intercettabili con direttori di gara, ai quali era evidentemente solito
richiedere particolari <favori> arbitrali, va con decisione stigmatizzata, rappresentando l‟ennesima conferma della
antidoverosità del complessivo atteggiamento comportamentale del medesimo, già esaminata ai capi precedenti; tale condotta
costituisce gravissima violazione del generale obbligo di lealtà, correttezza e probità sportiva, di cui all‟art. 1, comma 1,
C.G.S. e va quindi proporzionalmente sanzionata.
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DECISIONI INTEGRALI DELLA COMMISSIONE D’APPELLO FEDERALE - STAGIONE SPORTIVA 2006-2007
4. Gara Juventus - Udinese del 13 febbraio 2005 - Con l‟atto di deferimento la Procura assume che Moggi si è reso
responsabile della violazione dell‟art. 1, comma 1, C.G.S., per avere interferito con l‟attività del designatore Bergamo
indicandogli i nomi degli arbitri da inserire ne lla prima griglia e facendogli espressa richiesta di assegnazione di specifici
assistenti. La condotta è provata, come si è già detto esaminando l‟incolpazione di cui al capo 1. La condotta integra violazione
del principio di lealtà sportiva di cui all‟art. 1, comma 1, C.G.S. e rimane assorbita nel capo 1 di incolpazione, essendo una
delle più condotte poste in essere da Moggi per realizzare l'illecito in quel capo contestato e in ordine al quale è stata affermata
la sua responsabilità. Ricorre la responsabilità diretta della Juventus per la violazione dell‟art. 1, c. 1, C.G.S. in ordine alla
quale Moggi è stato ritenuto responsabile. Per Bergamo (incolpazione di cui al n. 8 dell‟atto di deferimento) vale qua nto già
detto in ordine al difetto di giurisdizione di questa Commissione).
Capitolo III
1. Il Procuratore federale ha deferito alla CAF:
a) in relazione alla gara Lazio – Brescia del 2 febbraio 2005:
- Claudio Lotito, Presidente del Consiglio di Gestione della S.S. Lazio S.p.a., per avere, in prima persona o tramite altri,
avviato e coltivato contatti con il Presidente della F.I.G.C. Franco Carraro affinché questi a sua volta esercitasse pressioni
sul designatore arbitrale Paolo Bergamo e sull‟arbitro designato per la gara, tendenti ad ottenere un vantaggio per la
S.S. Lazio derivante dall‟alterazione del risultato e, comunque, dello svolgimento della gara per il tramite della designazione
di un arbitro favorevole alla Lazio e di una conseguente direzione di gara da parte dello stesso che concretizzasse tale
atteggiamento di favore in violazione dell‟art. 6, commi 1 e 2, C.G.S.;
- Franco Carraro, nella qualità di Presidente della F.I.G.C., per avere esercitato pressioni sul designatore arbitrale Paolo
Bergamo affinché questi a sua volta intervenisse nei confronti dell‟arbitro designato per la gara, al fine di ottenere un
vantaggio per la Lazio conseguente all‟alterazione del risultato e, comunque, dello svolgimento della gara per il tramite della
designazione di un arbitro favorevole alla Lazio e di una conseguente direzione di gara da parte dello stesso che
concretizzasse tale atteggiamento di favore in violazione dell‟art. 6, commi 1 e 2, C.G.S.;
- Paolo Bergamo, nella qualità di designatore arbitrale, per avere esercitato pressioni sull‟arbitro designato per la
gara, al fine di ottenere un vantaggio per la Lazio conseguente all‟alterazione del risultato e, comunque, dello svolgimento
della gara per il tramite di una direzione che concretizzasse tale atteggiamento di favore in violazione dell‟art. 6, commi 1 e 2,
C.G.S.;
- Innocenzo Mazzini, nella qualità di Vice Presidente della F.I.G.C., per non aver adempiuto all‟obbligo, che gli faceva capo in
qualità di dirigente della F.I.G.C., di informare senza indugio i competenti organi federali di essere venuto a conoscenza
che terzi avevano posto o stavano per porre in essere atti diretti ad alterare lo svolgimento ed il risultato della gara, in
violazione dell‟art. 6, comma 7, C.G.S.;
- S.S. Lazio S.p.a., a titolo di responsabilità diretta e presunta, ai sensi dell‟art 6, commi 3 e 4, dell‟art. 2, comma 4, e dell„art.
9, co mma 3, C.G.S. con riferimento alle condotte sopra descritte, rispettivamente tenute dal suo legale rappresentante e da
terzi nel suo interesse.
b) in relazione alla gara Chievo Verona - Lazio del 20 febbraio 2005:
- Claudio Lotito, Presidente del Consiglio di Gestione della S.S. Lazio S.p.a., per avere in prima persona avviato e
coltivato contatti con il Vice Presidente della F.I.G.C. Innocenzo Mazzini affinché questi a sua volta esercitasse pressioni
sui designatori arbitrali Paolo Bergamo e Pier Luigi Pairetto tendenti ad ottenere un vantaggio per la S.S. Lazio
conseguente all‟alterazione del risultato e, comunque, dello svolgimento della gara per il tramite della designazione di un
arbitro favorevole alla Lazio e di una conseguente direzione di gara da parte dello stesso che concretizzasse tale
atteggiamento di favore in violazione dell‟art. 6, commi 1 e 2, del C.G.S.;
- Innocenzo Mazzini, all‟epoca dei fatti Vice Presidente della F.I.G.C., Paolo Bergamo, Pierluigi Pairetto, all‟epoca dei
fatti designatori arbitrali dell‟A.I.A e Gianluca Rocchi, arbitro della CAN A, perché con le rispettive condotte sopra descritte
e con i contatti, diretti o per interposta persona, intercorsi fra gli stessi, hanno posto in essere atti diretti ad alterare lo
svolgimento ed il risultato della gara, in violazione dell'art. 6 commi 1 e 2 C.G.S.;
- S.S. Lazio S.p.a., a titolo di responsabilità diretta e presunta, ai sensi dell‟art 6, commi 3 e 4, dell‟art. 2, comma 4, e dell‟art.
9, comma 3, del C.G.S. con riferimento alle condotte sopra descritte, rispettivamente tenute dal suo legale rappresentante e da
terzi nel suo interesse;
- Cosimo Maria Ferri, all‟epoca dei fatti componente delle Commiss ione Vertenze Economiche in seno alla F.I.G.C., per non
aver adempiuto all‟obbligo, che gli faceva capo in qualità di dirigente della F.I.G.C., di informare senza ind ugio i competenti
organi federali di essere venuto a conoscenza che terzi avevano posto o stavano per porre in essere atti diretti ad
alterare lo svolgimento ed il risultato della gara, in violazione dell‟art. 6, comma 7, C.G.S.;
c) in relazione alla gara Lazio - Parma del 27 febbraio 2005:
- Claudio Lotito, Presidente del Consiglio di Gestione della S.S. Lazio S.p.a., per avere in prima persona avviato e
coltivato contatti con il Vice Presidente della F.I.G.C. Innocenzo Mazzini affinché questi a sua volta esercitasse
pressioni sui designatori arbitrali Paolo Bergamo e Pier Luigi Pairetto, tendenti ad ottenere un vantaggio per la S.S. Lazio
S.p.a. conseguente all‟alterazione del risultato e, comunque, dello svolgimento della gara per il tramite della designazione di
un arbitro favorevole alla Lazio e di una conseguente direzione di gara da parte dello stesso che concretizzasse tale
atteggiamento di favore, in violazione dell'art. 6, commi 1 e 2, C.G.S.;
- Innocenzo Mazzini, all‟epoca dei fatti Vice Presidente della F.I.G.C., Paolo Bergamo, Pierluigi Pairetto, all‟epoca dei
fatti designatori arbitrali dell‟A.I.A e Domenico Messina, arbitro della CAN A, perché con le rispettive condotte sopra
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DECISIONI INTEGRALI DELLA COMMISSIONE D’APPELLO FEDERALE - STAGIONE SPORTIVA 2006-2007
descritte e con i contatti, diretti o per interposta persona, intercorsi fra gli stessi, hanno posto in essere atti diretti ad
alterare lo svolgimento ed il risultato della gara, in violazione dell‟art. 6, commi 1 e 2, C.G.S.;
- S.S. Lazio S.p.a., a titolo di responsabilità diretta e presunta, ai sensi dell‟art 6, commi 3 e 4, dell‟art. 2, comma 4, e dell‟art.
9, co mma 3, C.G.S. con riferimento alle condotte sopra descritte, rispettivamente tenute dal suo legale rappresentante e da
terzi nel suo interesse.
d) in relazione alla gara Bologna - Lazio del 17 aprile 2005:
- Claudio Lotito, Presidente del Consiglio di Gestione della S.S. Lazio S.p.a., per avere in prima persona avviato e coltivato
contatti con il Vice Presidente della F.I.G.C. Innocenzo Mazzini, affinché questi a sua volta esercitasse pressioni sui
designatori arbitrali Paolo Bergamo e Pier Luigi Pairetto tendenti ad ottenere un vantaggio per la S.S. Lazio
conseguente all‟alterazione del risultato e, comunque, dello svolgimento della gara in esame per il tramite della designazione di
un arbitro favorevole alla Lazio e di una conseguente direzione di gara da parte dello stesso che concretizzasse tale
atteggiamento di favore in violazione dell‟art. 6, commi 1 e 2, C.G.S.;
- Innocenzo Mazzini, all‟epoca dei fatti Vice Presidente della F.I.G.C., Paolo Bergamo e Pierluigi Pairetto, all‟epoca dei
fatti designatori arbitrali dell‟A.I.A e Paolo Tagliavento, arbitro della CAN A, perché, con le rispettive condotte e con i
contatti, diretti o per interposta persona, intercorsi fra gli stessi, hanno posto in essere atti diretti ad alterare lo svolgimento ed il
risultato della gara, in violazione dell‟art. 6, commi 1 e 2, C.G.S.;
- S.S. Lazio S.p.a., a titolo di responsabilità diretta e presunta, ai sensi dell‟art 6, commi 3 e 4, dell‟art. 2, comma 4, e dell‟art.
9, comma 3, C.G.S.
Con l‟aggravante di cui all‟art. 6, comma 6, C.G.S., a carico di Lotito, Bergamo, Pairetto e Mazzini, per la pluralità di condotte
poste in essere.
2. Secondo la prospettazione della Procura federale, nell‟ambito delle vicende di carattere politico che stavano
interessando la F.I.G.C. fra la fine del 2004 e l‟inizio del 2005, si sarebbe concretizzato un interve nto del Presidente della S.S.
Lazio, Claudio Lotito, presso i vertici federali - nei confronti dei quali egli avrebbe goduto di credito in funzione
dell‟appoggio agli stessi prestato nelle suddette vicende - per favorire una migliore posizione in classifica della propria
squadra. Lotito, sempre secondo la Procura, avrebbe così intessuto pressanti e costanti rapporti con i rappresentanti dei
suddetti vertici federali, ed in specie con il Presidente Carraro ed il Vicepresidente Mazzini, affinché questi esercitassero, a
loro volta, pressioni sui designatori arbitrali.
In particolare, secondo la tesi dell‟organo requirente, tale iniziativa di Lotito avrebbe sortito l‟effetto di provocare, alla
vigilia della gara Lazio – Brescia del 2 febbraio 2005, un primo intervento diretto di Carraro presso il designatore arbitrale
Bergamo in favore della Lazio, cui avrebbero poi fatto seguito nei mesi successivi, quale prosecuzione e sotto l‟egida di tale
primo intervento, ulteriori numerosi contatti di Mazzini, a ciò costantemente sollecitato da Lotito, non solo con i
designatori arbitrali, ma con gli stessi direttori di gara.
Nell‟ottica di una siffatta prospettazione la Procura, dal punto di vista probatorio, valorizzando le fonti di convincimento
propriamente riferibili al primo degli episodi contestati con l‟atto di deferimento (come detto la gara Lazio – Brescia), cerca di
raggiungere la conferma del suo assunto attribuendo una particolare valenza ermeneutica, sulla scorta di considerazioni
anche di natura logica e presuntiva, alla particolarità del quadro dei rapporti di politica federale sopra delineati, nonché al
contenuto delle dichiarazioni rese da Cosimo Maria Ferri in data 24 maggio 2006 alla Procura della Repubblica presso il
Tribunale di Napoli. Tali riscontri, oltre che fonti di prova diretta ed indiretta, costituirebbero, sempre secondo la Procura, la
chiave di lettura di tutte le ulteriori evidenze probatorie in atti, rappresentate da una cospicua serie di intercettazioni di
colloqui telefonici fra Lotito e Mazzini e, occasiona lmente, fra quest‟ultimo ed i designatori arbitrali, in particolare Bergamo.
3. Reputa tuttavia questa Commissione che un tale costrutto argomentativo non possa essere condiviso, sia per l‟apparente
inattendibilità delle dichiarazione di Ferri, che oltre ad essere in radice contestate da Lotito e dalla società Lazio non paiono
trovare sufficienti riscontri oggettivi nelle ulteriori fonti di prova apportate al giudizio; sia perché l‟efficacia causale del
delineato quadro d‟insieme sfugge alla possibilità di esame e di riscontri oggettivi da parte del giudicante, appalesandosi gli
indicati elementi come frutto di considerazioni relative a fatti suppostamene veritieri, non suffragate da un accertamento
probatorio sufficientemente significativo; sia, infine perché l‟efficacia causale dell‟intervento di Carraro sul designatore
arbitrale (di cui si dirà da qui a breve) è messa in serio dubbio, oltre che dall‟assenza di riscontri probatori oggettivi in ordine
alla reiterazione di condotte analoghe poste in essere dall‟ex Presidente federale, anche dallo stesso contenuto dell‟atto di
deferimento, che non annovera quest‟ultimo fra i soggetti incolpati relativamente agli episodi riconducibili alle gare successive
alla prima. Di talché, se con riguardo alla citata gara Lazio – Brescia emerge chiaramente dai riscontri probatori in atti la
condotta illecita posta in essere da Carraro, non appare suffragata da seri elementi di convincimento l‟illazione della Procura,
secondo cui l‟iniziale intervento del deferito avrebbe avuto una decisiva inferenza causale sui susseguenti comportamenti
tenuti da Mazzini; dovendosi inoltre constatare la totale mancanza di riscontri probatori in ordine ai successivi postulati
interventi di Mazzini tesso ui designatori e/o direttamente sui direttori di gara. Nondimeno, la complessiva condotta dell‟ex
Vicepresidente federale e di Lotito, che hanno intrattenuto una sequenza di colloqui telefonici censurabili (a parte ogni
considerazione sulla forma) per la sostanza ed i contenuti, appare valutabile in termini di violazione del generalissimo obbligo
imposto ai tesserati dall‟art. 1, comma 1, C.G.S.
4. Venendo, quindi, alla disamina delle circostanze di fatto riconducibili alla gara Lazio - Brescia, non può non va lorizzarsi, in
chiave probatoria, il colloquio telefonico intercorso alla vigilia della stessa fra Carraro ed il designatore arbitrale Bergamo
(prog. 23518), nel corso del quale il primo sollecita al secondo un intervento in favore della S.S. Lazio. Il contenuto di tale
conversazione, peraltro, deve essere letto ed interpretato anche alla luce di quello intrattenuto dai medesimi interlocutori il
giorno successivo alla disputa della gara (prog. 23785), nel corso del quale il medesimo Carraro, dopo aver richiamato
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DECISIONI INTEGRALI DELLA COMMISSIONE D’APPELLO FEDERALE - STAGIONE SPORTIVA 2006-2007
Bergamo per il mancato rispetto da parte dell‟arbitro Tombolini delle indicazioni fornitegli (il direttore di gara non avrebbe in
ipotesi concesso un calcio di rigore a favore della Lazio), ribadisce le proprie richieste di attenzione per la società romana, con
frasi ed argomenti che, se per ciò che concerne il primo segmento del colloquio potrebbero evocare semplici istanze volte a
scongiurare la commissione di errori arbitrali in danno della Lazio, assumono nella seconda parte toni di vera e propria
richiesta di trattamento di favore per tale società, laddove alla considerazione che la domenica successiva essa sarà impegnata
in trasferta con il Milan, in una gara definita
<oggettivamente difficile>, fa seguito l‟invito, che per tono della frase profferta e autorevolezza del soggetto da cui essa
proviene potrebbe finanche definirsi ordine, o quanto meno raccomandazione, ad usare un occhio di riguardo per la Lazio, alla
quale, per gli incontri futuri, <…poi però bisogna dargli una mano perché…>.
Utili argomenti per la valorizzazione probatoria di tali colloqui e per la comprensione delle finalità che col proprio intervento
Carraro intendesse nel caso di specie perseguire, possono indirettamente ricava rsi dalla comparazione di essi con altri
intercorsi fra i medesimi interlocutori (prog. 4896 del 21 novembre 2004 e prog. 32727 del 6 marzo 2005), nel corso dei quali
Carraro raccomanda al Bergamo direzioni di gara eque da parte degli arbitri designati (<
… mi raccomando che non aiuti la Juventus per carità di Dio …>: con riferimento a Inter - Juventus del 28 novembre
2004, arbitro Rodomonti), ovvero si lamenta con lo stesso per il compimento di errori arbitrali che aveva raccomandato di
scongiurare (< … le dico mi raccomando … se c‟è un dubbio per carità che il dubbio non sia a favore della Juventus, dopo di
che succede …. gli dà quel rigore>: con riferimento a Roma – Juventus del 5 marzo 2006, arbitro Racalbuto).
Significativa, sempre in chiave probatoria si rivela inoltre la considerazione svolta da Bergamo nella citata telefonata di
lamentela di Carraro, ove il primo rassicura il secondo circa il fatto che i suoi inviti saranno per il futuro accolti,
rispondendogli: <…no, no, recuperiamo, recuperiamo, ieri, ieri non è riuscita bene e chi ha sbagliato paga, però certo non mi
compensa di quello che dovevo fare le dico la verità però…>; frase, quest‟ultima, che completa quella profferta in precedenza,
sempre del corso del medesimo colloquio telefonico, dallo stesso Bergamo, a tenore della quale, e sempre in riferimento alla
mancata concessione del calcio di rigore a favore della Lazio, <purtroppo la cosa era preparata bene e non è riuscita bene …
questa è la verità e quindi lui paga di persona ..>.
Il iferimento alla persona che ha commesso l‟errore è evidentemente diretto all‟arbitro Tombolini, il quale alla vigilia della
gara Lazio – Brescia era stato opportunamente istruito dallo stesso Bergamo, che dopo aver ricevuto la telefonata di Carraro,
si era affrettato a contattare il direttore di gara designato
(prog. 23571, contenente la raccomandazione di mettersi <sulla lunghezza d‟onda giusta>), potendosi chiaramente
apprezzare da tale colloquio, oltre che da quello immediatamente successivo alla gara (prog. 23737), nel corso del quale
Bergamo richiama pesantemente Tombolini per la mancata concessione di un rigore, l‟accoglimento da parte del designatore
arbitrale dell‟invito rivoltogli da Carraro al compimento di atti diretti ad alterare lo svolgimento o il risultato della gara: donde
l‟efficacia causale di tale intervento sui successivi comportamenti di Bergamo.
Significativa al riguardo appare l‟ingiustificata veemenza con la quale Bergamo redarguisce Tombolini per la mancata
concessione della massima punizione in favore della Lazio, a seguito della commissione di un fallo, a suo dire di assoluta
evidenza, laddove, in contrario senso, dal rapporto di gara dell‟osservatore arbitrale A.I.A., assunto agli atti di giudizio,
risulta che <il calcio di rigore lamentato (in maniera solo accennata/senza proteste) dalla Lazio, anche a mio avviso non
c‟era, perché l‟intervento è avvenuto sulla palla, tanto che questa ha cambiato direzione>. Essendosi trattato, quindi, di un
fallo dubbio, le vigorose proteste di Bergamo assumono un connotato particolare, non potendosi spiegare, se non con il
rammarico derivante dalla mancata esecuzione di precise indicazioni fornite al direttore di gara, lo stato d‟animo di Bergamo
stesso, che apostrofa Tombolini con pesanti affermazioni, accusandolo di avere <le allucinazioni in campo>. Significativa, per
altro verso, è pure l‟affermazione di Bergamo rivolta a Tombolini <qua ndo ci sono le occasioni le devi prendere>, che sta
evidentemente a testimoniare di come il designatore si rammarichi per non aver l‟arbitro colto una buona occasione per
indirizzare nel senso da lui patrocinato l‟esito del confronto. L‟accoglimento da parte di Bergamo della richiesta formulatagli
da Carraro di favorire la Lazio, risulta poi in modo evidente dal colloquio da lui intrattenuto in data 8 febbraio 2006 con
Mazzini (prog. 172), nel corso del quale l‟ex designatore conferma all‟interlocutore di essere stato contattato da Carraro e di
aver conseguentemente dato istruzioni a Tombolini in ordine alla conduzione della gara, ribadendo che quest‟ultimo <quando è
andato non ha fatto quello che doveva fare perché ‟era un rigore e non l‟ha dato ….. a me è mancato Tombolini perché poi se
no aveva girato tutto bene>. Dalle evidenze probatorie in atti, inoltre, risulta come l‟intervento su Bergamo da parte di Carraro
fosse stato sollecitato a quest‟ultimo direttamente da Claudio Lotito, il quale successivamente alla gara in esame si premura di
appurare da Innocenzo Mazzini, ex Vicepresidente federale, se Carraro fosse effettivamente intervenuto presso i designatori
arbitrali per perorare la causa della sua società. Significativi al riguardo appaiono i colloqui telefonici intercorsi: (i) fra Mazzini
e Pairetto in data 7 febbraio 2005 (prog. 412), nel corso del quale il primo cerca di appurare, per riferirne a Lotito, se Carraro
abbia personalmente contattato il secondo per sensibilizzarlo sulla questione Lazio, ottenendone risposta negativa; (ii) fra
Mazzini e Lotito sempre in data 7 febbraio 2005 (prog.418),durante il quale quest‟ultimo chiede pressantemente al proprio
interlocutore notizie circa l‟intervento di Carraro presso i designatori a seguito della richiesta in tal senso formulata all‟ex
Presidente federale; (iii) fra Mazzini e Bergamo in data 8 febbraio 2005 (prog. 172), che fornisce conferma, da un lato
dell‟iniziativa assunta da Lotito presso Carraro per sensibilizzarlo sulla posizione della Lazio (<Lotito è andato da Carraro> e
<Carraro gli disse, perché mi mise in viva voce perché io sentivo quando parlava con Carraro>), dall‟altro del successivo
intervento di Carraro presso Bergamo (<sì, sì, m‟ha chiamato prima che andasse quel cretino di Tombolini>) e degli
effetti che da tale intervento sono scaturiti (<sì, sì, sì, sì, diglielo che ci ha parlato, ma diglielo che anch'io, l'unico che non ha
funzionato è stato, quando non hanno giocato l'altra domenica con Tombolini che non gli ha dato il rigore, ma le cose erano.. .
sono preparate lo seguiamo.. >); (iiii) fra Mazzini e Lotito in data 8 febbraio 2005
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DECISIONI INTEGRALI DELLA COMMISSIONE D’APPELLO FEDERALE - STAGIONE SPORTIVA 2006-2007
(prog. 833), nel corso del quale il primo rassicura il secondo in ordine all‟avvenuto intervento di Carraro su Bergamo
(<fatto è … quella cosa> afferma Mazzini; <fatto a tutti e due?> chiede Lotito; <lui l‟ha fa tta>, replica Mazzini, aggiungendo
poi che si è trattato di <un intervento pressante> effettuato su que llo dei due designatori <che conta più di tutti>). D‟altro
canto, la circostanza dell‟intervento di Lotito presso Carraro è stata confermata nel corso dell‟interrogatorio dallo stesso reso
alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Napoli, ancorché a tale iniziativa egli abbia attribuito un carattere di mera
doglianza in relazione a pretesi torti arbitrali subiti in precedenza dalla Lazio. Peraltro nel corso di tale interrogatorio Lotito
conferma che, quando nel corso del succitato colloquio telefonico del 7 febbraio 2005 (prog. 418) richiede insistentemente a
Mazzini se <quello che ho chiamato c‟ha parlato?> intende appurare se, a seguito del suo intervento presso Carraro questi
abbia poi contattato Bergamo, aggiungendo che anche il <quello> al quale Adriano Galliani gli avrebbe consigliato di
rivolgersi è Carraro. Quanto poi ad Innocenzo Mazzini, questi risulta dagli atti del giudizio intervenuto nella sequenza
fattuale relativa alla gara Lazio – Brescia solo successivamente all‟iniziativa intrapresa da Lotito presso Carraro e a quella di
questi nei confronti di Bergamo, assumendo nella complessiva vicenda un ruolo marginale, di mero mandatario di Lotito, da
questi incaricato di verificare l‟effettivo intervento pro Lazio di Carraro presso i designatori arbitrali. Ciò nondimeno, sussiste
indubitabilmente la prova in ordine alla perfetta conoscenza da parte del Mazzini dei fatti, posti in essere da Lotito, da Carraro
e da Bergamo costituenti illecito sportivo, e dunque della conseguente inottemperanza da parte di Mazzini medesimo al dovere
previsto dall‟art. 6, comma 7, C.G.S.
5. Da quanto fin qui esposto, discende la responsabilità per illecito sportivo, ai sensi dell‟art. 6, commi 1 e 2, C.G.S., di
Claudio Lotito e Franco Carraro (non essendo soggetto al presente giudizio, come in premessa chiarito, Paolo Bergamo), i
quali, con le rispettive condotte sopra descritte, hanno posto in essere atti diretti ad alterare lo svolgimento ed il risultato della
gara in Lazio– Brescia del 2 febbraio 2005, nonché quella per violazione del dovere di informazione, di cui all‟art. 6, comma
7, C.G.S., a carico di Innocenzo Mazzini. Inoltre, dalle condotte rispettivamente ascritte a Lotito e a Carraro discende la
responsabilità diretta e presunta della S.S. Lazio S.p.a., ai sensi degli artt 6, commi 3 e 4, dell‟art. 2, comma 4, e dell‟art. 9,
comma 3, C.G.S.
6. Viceversa, per quanto concerne gli episodi relativi alle gare Chievo Verona - Lazio del 20 febbraio 2005, Lazio - Parma del
27 febbraio 2005 e Bologna - La zio del 17 aprile 2005, non può ritenersi sussistente la prova (oltre ogni ragionevole dubbio)
del compimento, da parte dei soggetti deferiti, di atti costituenti illecito sportivo, giusta la disposizione dell‟art. 6, comma 1,
C.G.S.
7. In particolare, qua nto al primo episodio (gara Chievo Verona – Lazio), dai colloqui telefonici intercorsi fra Innocenzo
Mazzini, Claudio Lotito e Cosimo Maria Ferri nel periodo antecedente ed immediatamente successivo alla gara, non può
dirsi emergere con sufficiente grado di chiarezza il compimento di atti diretti all‟alterazione dello svolgimento o del risultato
della gara, anche in considerazione del fatto che non vi è traccia della prova del successivo intervento di Mazzini presso
i designatori arbitrali e soprattutto di questi presso l‟arbitro Gianluca Rocchi, designato per l‟incontro.
Ciò nondimeno, dai colloqui telefonici indicati nell‟atto di deferimento (in particolare dal colloquio telefonico dell‟8 febbraio
2005 - prog. 172) emerge una patente violazione, da parte dei soli Lotito e Mazzini, del generalissimo dovere di lealtà,
correttezza e probità di cui all‟art. 1, comma 1, C.G.S., cui si è reso partecipe anche Bergamo (ormai non più soggetto al
presente giudizio), dovendosi al contrario prosciogliere da ogni addebito gli altri soggetti deferiti in relazione alla gara in
esame. Delle condotte tenute dal proprio Presidente e dai terzi, che hanno agito nel suo interesse, risponde anche la S.S. Lazio
S.p.a, a titolo, rispettivamente, di responsabilità diretta e di responsabilità presunta, ai sensi degli artt. 2, comma 4 e 9, comma
3, C.G.S.
8. Le considerazioni sopra svolte valgono anche in relazione alla gara Lazio - Parma del 27 febbraio 2005, per la quale manca
la prova in ordine al presunto intervento di Mazzini presso i designatori arbitrali ed a quello conseguente di questi presso
l‟arbitro Domenico Messina, designato per l‟incontro, mentre la violazione del generalissimo obbligo di lealtà, correttezza e
probità da parte di Mazzini e di Lotito eme rge dal colloquio telefonico fra loro intercorso in data 21 febbraio 2005 (prog.
2338), colloquio che va posto in stretta correlazione con quelli precedenti e successivi fra i medesimi interlocutori, in una
visione prospettica e d‟insieme delle condotte dagli stessi tenute, in palese contrasto particolarmente del dovere di lealtà
sportiva. Anche nella fattispecie, delle condotte tenute dal suo Presidente e da Mazzini risponde anche la S.S. Lazio, al doppio
titolo di responsabilità diretta e presunta, ai sensi degli artt. 2, comma 4 e 9, comma 3, C.G.S. Vanno, invece, prosciolti da ogni
addebito gli altri soggetti deferiti in relazione alla gara in esame.
9. Per ciò che concerne, infine, la gara Bologna - Lazio, in assenza anche qui di elementi probatori atti a dimostrare il
compimento di comportamenti integranti gli estremi dell‟illecito sportivo da parte dei soggetti deferiti, in particolare per
ciò che concerne i designatori arbitrali ed il direttore di gara, Paolo Tagliavento, la violazione dell‟obbligo di cui all‟art. 1,
comma 1, C.G.S., da parte sempre di Mazzini e di Lotito, può evincersi dal colloquio telefonico intercettato in data 12 aprile
2005 (prog. 9322), anch‟esso, come il precedente, da porsi in correlazione con i restanti, ove nella fattispecie il
contrasto dei doveri di lealtà sportiva emerge dalla richiesta di aiuto formulata da Lotito a Mazzini, al fine di ottenere un
trattamento arbitrale favorevole, a discapito della società facente capo ad un soggetto ritenuto da Lotito un proprio avversario
politico.
Anche nella fattispecie, delle condotte tenute dal suo Presidente e dal Mazzini risponde anche la S.S. Lazio, al doppio
titolo di responsabilità diretta e di responsabilità presunta, ai sensi degli artt. 2, comma 4 e 9, comma 3, C.G.S., mentre invece
vanno prosciolti da ogni addebito gli altri soggetti deferiti.
10. Poiché, infine, i soggetti deferiti sono chiamati a rispondere del compimento di un solo illecito sportivo, non ricorre
l‟aggravante di cui all‟art. 6, comma 6, C.G.S.
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DECISIONI INTEGRALI DELLA COMMISSIONE D’APPELLO FEDERALE - STAGIONE SPORTIVA 2006-2007
Capitolo IV
1. Per quel che concerne la Fiorentina, nell‟atto di deferimento si espone:
- che, <fino al mese di aprile 2005>, la dirigenza di tale società aveva, in tutti i modi, cercato di contrapporsi alle posizioni
assunte, di volta in volta, dalla Juventus e dal Milan nel tentativo di costituire un altro polo, di analoga rilevanza e peso
economico, che potesse contrapporsi a quello rappresentato da tali società;
- che detta strategia non era stata priva di conseguenze per la Fiorentina, la quale era stata penalizzata da una serie di arbitraggi
sfavorevoli, l‟ultimo dei quali durante la partita con il Messina svoltasi il 17 aprile 2005, in occasione della quale la
Fiorentina, che stava conducendo per 1 a 0, si era vista raggiungere dal Messina grazie ad un recupero di ben sei minuti
accordato dal direttore di gara (Nucini), il quale aveva, per giunta, espulso un calciatore della Fiorentina per le <proteste>
proprio contro un recupero di tale entità;
- che, in conseguenza di ciò, la posizione in classifica della Fiorentina, a pochi giorni dalla fine del campionato, era divenuta
assai precaria e tale da far apparire <più che concreto> il pericolo di una sua retrocessione;
- che Diego e Andrea Della Valle – rispettivamente, presidente onorario
(nonché socio di riferimento) e presidente della società calcistica Fiorentina – persuasi, data l‟ostilità che essi avvertivano
nei loro confronti, che la loro Società non sarebbe riuscita con i propri mezzi ad evitare la retrocessione, avevano
cercato di reagire, utilizzando, anche per il tramite dell‟amministratore delegato Sandro Mencucci, ogni possibile contatto
con i vertici federali, i designatori arbitrali e i dirigenti di altre società.
Questa linea di condotta si sarebbe manifestata, in particolare, in relazione alle partite: Bologna – Fiorentina, del 24
aprile 2005; Chievo – Fiorentina, dell‟8 maggio 2005; Fiorentina – Atalanta, del 15 maggio 2005; Lazio – Fiorentina, 22
maggio 2005; Lecce – Parma, 29 maggio 2005.
1.1. L‟attivarsi, nel periodo sopra indicato, dei dirigenti della Fiorentina presso i vertici federali trova positivo riscontro, in
particolare, in due telefonate del 21 aprile 2005 (prog. 10435 e 10438) fatte da Andrea Della Valle e da Sandro Mencucci al
vice-presidente della F.I.G.C., Innocenzo Mazzini. Sia l‟uno che l‟altro fanno esplicito riferimento all‟arbitraggio della partita
con il Messina, stigmatizzandolo severamente, e sollecitano un <aiuto> onde evitare la retrocessione. Il Mazzini cerca di
rassicurarli ma li avverte, sia pure in modo velato, che ciò avrebbe richiesto una modifica dell‟atteggiamento fino a quel
momento tenuto. Non scende tuttavia in particolari, precisando che di quelle cose non si poteva parlare per telefono, e li
consiglia di avere un incontro con il designatore Paolo Bergamo (prog. 10438).
2. Secondo quel che si afferma nell‟atto di deferimento (pp. 68-71), le risultanze investigative consentirebbero di
ravvisare profili di rilevanza disciplinare in relazione all‟art. 6, primo e secondo comma, C.G.S. già con riferimento alla
gara di campionato con il Bologna del 24 aprile 2005, terminata con un risultato di parità (0 a 0), precisando: a) che i fratelli
Della Valle e il Mencucci avevano avviato e coltivato contatti con il vice-presidente federale Mazzini e il designatore arbitrale
Bergamo, diretti ad ottenere un vantaggio per la società Fiorentina conseguente alla alterazione del risultato e, comunque, dello
svolgimento della gara, per il tramite della designazione di un arbitro favorevole a tale società e di una direzione di gara
che concretizzasse tale atteggiamento di favore; b) che il Mazzini si era reso parte attiva e protagonista nella instaurazione e
nel successivo consolidamento dei contatti tra la Fiorentina e il designatore arbitrale; c) che quest‟ultimo, venendo
meno ai doveri di riservatezza e imparzialità inerenti alla funzione esercitata, si era reso disponibile ad assecondare la
richiesta di designare un arbitro favorevole alla Fiorentina e disponibile ad una condotta di gara atta a concretizzare tale
atteggiamento; d) che l‟arbitro poi designato, Paolo Bertini, si era conformato alle direttive ricevute tendenti a garantire un
arbitraggio di favore alla Fiorentina e, se possibile, la sua vittoria.
Di qui la richiesta di affermare la responsabilità dei soggetti sopra indicati; e, conseguentemente, della società
Fiorentina, a titolo di responsabilità sia oggettiva che diretta, con riferimento alla condotta tenuta dai suoi dirigenti sopra
indicati alla lettera a) (art. 2, commi 3 e 4; art. 6, commi, 2, 3 e 4, C.G.S.), nonché di responsabilità presunta, in relazione alla
condotta tenuta dai soggetti sopra indicati alle lettere b), c), d).
Queste conclusioni, ad avviso del requirente, sarebbero giustificate dalle risultanze di due conversazioni telefoniche
intercorse tra il Mazzini e il Mencucci il 22 e il 25 aprile 2005, nell‟imminenza e subito dopo la gara in esame.
2.1. Premesso che questa Commissione, per le ragioni già esposte non può pronunciarsi in ordine all‟eventuale responsabilità
del Bergamo, nei cui confronti ha dichiarato il proprio difetto di giurisdizione, si osserva quanto segue.
La rilevanza probatoria della prima telefonata (prog. 10644) andrebbe ravvisata nel fatto che il Mazzini, dopo avere appreso
dal Mencucci che quale arbitro era stato designato il Bertini, aveva sottolineato che si trattava di <un grande amico> e, pur
riconoscendo che in passato il suo comportamento non sempre era stato favorevole a tale società, quella poteva essere
l‟occasione per cambiare.
Nell‟altra telefonata il Mazzini esordisce in tono scherzoso dicendo che l‟Ufficio Indagini stava cercando i dirigenti viola;
quindi prosegue affermando che l‟ultimo quarto d‟ora della partita era stato <una vergogna nazionale> (s‟intende a
favore della Fiorentina) e che il clima sembrava <ottimale>. Il Mencucci sembra concordare con quest‟ultima valutazione.
Occorre tuttavia considerare che la relazione dell‟osservatore arbitrale non ha evidenziato alcuna anomalia nell‟andamento
della partita e nel comportamento dell‟arbitro; ed il colloquio di <fine gara> si conclude con la seguente valutazione: <Non
saprei cosa dirti se non bravo in una gara priva di errori>. Il che spiega perché il punteggio attribuito sia stato elevato (8,50). Si
consideri, poi, che la data della partita risale ad un‟epoca (24 aprile 2005) in cui, stando alla ricostruzione contenuta nell‟atto di
deferimento, un‟ intesa tra i fratelli Della Valle e il polo fino a quel momento avversato non era stata ancora raggiunta: le
telefonate con Moggi sono infatti successive, e neppure l‟incontro con Bergamo si era ancora verificato. Né minor rilievo
assume la circostanza che il Mazzini (il quale, secondo la tesi sostenuta dalla Procura federale, avrebbe assunto il ruolo
di <tramite> fra il gruppo dirigente della società viola e il designatore arbitrale) avesse appreso solo dal Mencucci, e
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nell‟imminenza della partita, il nominativo dell‟arbitro designato. Come pure l‟assenza del benché minimo elemento
comprovante l‟esistenza di qualsivoglia contatto, prima della partita, tra il designatore arbitrale e il Bertini.
Appare quindi evidente che dalle surriferite due telefonate non possono trarsi elementi in grado di suffragare, con ragionevole
certezza, i fatti addebitati in ordine sia al comportamento dell‟arbitro che degli altri incolpati. E a non diverse conclusioni deve
pervenirsicon riguardo all‟ulteriore telefonata (n. 5092 del 28 novembre 2004) addotta dalla Procura federale a suffragio della
propria ipotesi accusatoria, dal momento che la conversazione intercettata è del tutto priva di riferimenti specifici ai fatti
posti a fondamento delle incolpazioni relative alla partita in esame.
3. Comportamenti analoghi a quelli sopra descritti nel § 2 sarebbero ravvisabili, secondo l‟Autorità requirente, nella
vicenda relativa alla partita Fiorentina-Atalanta del 15 maggio 2005 conclusasi con il punteggio di 0 a 0.
Si addebita infatti: a) ai fratelli Della Valle e al Mencucci, di aver avviato e coltivato contatti con il vice-presidente federale
Mazzini ed altri soggetti, tra i quali il designatore arbitrale Bergamo, diretti a ottenere un vantaggio per la società Fiorentina
conseguente alla alterazione del risultato e, comunque, dello svolgimento della gara, per il tramite della designazione di
un arbitro favorevole a tale società e di una direzione di gara che concretizzasse tale atteggiamento di favore; b) al
Mazzini di essersi reso parte attiva e protagonista nella instaurazione e nel successivo consolidamento dei contatti con il
designatore arbitrale Bergamo; c) a quest‟ultimo di essersi reso disponib ile a tali contatti, non ostante i particolari doveri
di riservatezza, autonomia e imparzialità connessi alla funzione esercitata; d) all‟arbitro, designato nella persona di
Pasquale Rodomonti, di essersi conformato alle indicazioni e alle direttive specifiche ricevute circa il comportamento da tenere
nel corso della propria direzione di gara tendenti, in particolare a garantire un arbitraggio di favore alla Fiorentina e, se
possibile, la sua vittoria (atto di deferimento, pp. 76- 79).
Questi comportamenti giustificherebbero, a giudizio della Procura, l‟affermazione della responsabilità dei soggetti
sopra indicati ai sensi dell‟art. 6, primo e secondo comma, C.G.S. E, conseguentemente, della società Fiorentina, a titolo di
responsabilità sia oggettiva che diretta, con riferimento alla condotta tenuta dai propri dirigenti indicati alla lettera a) del
presente paragrafo (art. 2, commi 3 e 4; art. 6, commi 2, 3 e 4, C.G.S.), nonché di responsabilità presunta, in relazione alla
condotta tenuta dai soggetti sopra menzionati alle lettere b), c), d).
Gli elementi di prova sono tratti questa volta dalle intercettazioni riguardanti le conversazioni telefoniche intercorse: a) il
13 maggio 2005 (prog. 8783), tra il Mencucci e il Mazzini; b) il 15 maggio 2005, ore 12:21‟ (prog. 46185), tra il Bergamo e la
signora Maria Grazia Fazi, segretaria della C.A.N. – Commissione Arbitri nazionali; c) il 18 maggio 2005, ore 15:53‟ e
16:13‟ (prog. 2902, 2908), tra Diego Della Valle e Luciano Moggi.
Le telefonate del 13 e del 15 maggio (entrambe anteriori allo svolgimento della partita) evidenzierebbero elementi sufficienti
per ritenere che <anche in questa occasione l‟asse Mazzini - Della Valle – Bergamo si sia attivato per una designazione
pilotata del direttore di gara a favore della Fiorentina> (atto di deferimento, p. 76).
La prima, tuttavia, non contiene alcun riferimento esplicito alla designazione arbitrale, concretatasi, co me si è
anticipato, nella persona del Rodomonti. Le uniche battute che sembrano alludere implicitamente alla soluzione di tale
problema, contengono commenti che lascerebbero pensare, piuttosto, ad una designazione sfavorevole o, comunque, di
non sicuro affidamento (Mencucci: <…però ci vogliono male, eh?>; Mazzini: <Porca miseria, più cattivi di così?>; Menc
ucci: <Più cattivi di così, proprio, eh? E‟ una cosa …>). Tale impressione è avvalorata dalla seconda telefonata,
intervenuta tra il Bergamo e la Fazi. Quest‟ultima, per il ruolo ricoperto, aveva certamente una profonda conoscenza del
mondo arbitrale e, da quel che è dato ricavare dal contenuto complessivo della conversazione, aveva rapporti di grande
confidenza con il Bergamo. E‟ pertanto assai significativo che, dopo aver appreso da lui che sarebbe stato Rodomonti ad
arbitrare la partita, abbia esclamato: <Vediamo! Speriamo bene!>.
Non meno rilevante è, poi, che la condotta di gara dell‟arbitro non abbia dato luogo a rilievi di sorta e sia stato oggetto di un
apprezzamento oltremodo positivo da parte dell‟osservatore arbitrale: <Ottimo il suo comportamento ed approccio alla gara …
Sempre calmo e tranquillo ha fatto in modo di non rendersi mai protagonista e nello stesso tempo ha dominato la gara con la
sua continua presenza … L‟applicazione delle regole è stata sempre costante ed attenta nei confronti di entrambe le
squadre. Ha concesso la regola del vantaggio con parsimonia ed appena il gioco si faceva più duro non ha esitato ad
intervenire mantenendo lo stesso sempre entro i binari della disciplina e della correttezza>. Come pure che, sempre secondo
l‟osservatore arbitrale, la gara sia stata <tranquilla e corretta> e non abbia offerto <particolari spunti di discussione>, essendosi
mantenuta <anche nei momenti agonisticamente più elevati … nei binari di reciproco rispetto e correttezza da
parte dei contendenti>.
Tutto ciò lascia intendere che determinati, per l‟esito della partita, siano state, piuttosto, le prestazioni dei contendenti, come
del resto si riconosce nello stesso atto di deferimento, che qualifica come <assai deludente> la prova della Fiorent ina. Ma,
per quanto si è detto, non vi sono elementi per ritenere, contrariamente a quanto affermato dal Procuratore federale, che
tale prova avrebbe <vanificato> l‟appoggio arbitrale.
Le due telefonate con Moggi non aggiungono, per quanto concerne la partita in esame, nulla di significativo, posto che da esse
(e specialmente dalla prima) si trae la conferma del ruolo decisivo che il comportamento delle parti ha avuto ai fini della
determinazione del risultato.
Deve pertanto concludersi, anche con riferime nto alla partita in esame, che gli elementi acquisiti non consentono di affermare
la responsabilità dei deferiti per le incolpazioni loro rispettivamente ascritte.
4. Ad opposte conclusioni deve pervenirsi per la gara Chievo – Fiorentina, disputata l‟8 maggio 2005 e conclusasi
con la vittoria della Fiorentina per 2 a 1.
Nell‟atto di deferimento si assume che il quadro probatorio consentirebbe di ravvisare - secondo lo schema delineato in
precedenza - nella condotta dei fratelli Della Valle, del Mencucci, del Mazzini, del Bergamo e del Dondarini il compimento
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di quegli atti che l‟art. 6, primo comma, C.G.S. prevede quali elementi costitutivi dell‟illecito sportivo, per aver instaurato
e consolidato rapporti diretti a conseguire la designazione di un arbitro favorevole alla Fiorentina e pertanto disposto
a farle ottenere un vantaggio mediante l‟alterazione del risultato della gara o del suo svolgimento.
In relazione a tali illeciti la società Fiorentina è chiamata a rispondere, a titolo di responsabilità diretta ed oggettiva, nonché a
titolo di responsabilità presunta, ai sensi degli artt. 2, terzo e quarto comma, 6, secondo, terzo e quarto comma, e 9, terzo
comma, C.G.S., richiamato dall‟art. 6, quarto comma, dello stesso Codice.
A tale riguardo si pone in evidenza che:
- nei giorni immediatamente precedenti la gara si era registrato un deciso infittirsi dell‟opera svolta dal vice presidente Mazzini
in favore della Fiorentina, nella consapevolezza che la gara fosse decisiva per le sorti della squadra viola e che per poter
pilotare la designazione dell‟arbitro a favore di tale società fosse indispensabile che i fratelli Della Valle serrassero i
propri contatti con il designatore Bergamo, dapprima con un contatto telefonico e successivamente con un incontro di
persona;
- il risultato di questo progetto era contenuto nella conversazione telefonica intercorsa, il 2 maggio 2005, alle ore
21:13 – prog. 2446 tra il Bergamo e il patron della Fiorentina Diego Della Valle, con il preciso fine di <ufficializzare>, nei
confronti del designatore arbitrale il <nuovo corso> della dirigenza viola resasi disponibile a sostenere il mantenimento del
sistema di designazione arbitrali in essere anche per la stagione sportiva 2005/06;
- Mazzini si era attivato nei confronti dei Della Valle facendo intendere che il loro silenzio avrebbe potuto avere per essi esiti
negativi e che, pertanto, se volevano ottenere la designazione di un arbitro ben disposto nei loro confronti dovevano
assolutamente fare almeno una telefonata di richiamo al Bergamo proprio nell‟imminenza del sorteggio degli arbitri per la
domenica successiva; vengono richiamate, a tale proposito, le conversazioni telefoniche intercorse tra Mazzini e Mencucci (ore
11.11 del 4 maggio 2005 – prog. 12245) e tra Andrea Della Valle e Mazzini (ore 17.29 del 4 maggio 2005 – prog. 12295).
- grazie alla pressante iniziativa di Mazzini era ottenuta la designazione dell‟arbitro Dondarini della quale il Mazzini metteva al
corrente il Mencucci (conversazione telefonica del 5 maggio 2005 ore 13:26 – prog. 12528) rivendicando per sé il
merito della vittoria della Fiorentina e l‟apporto determinante dell‟arbitro Dondarini che, in effetti, nei minuti di recupero
del secondo tempo aveva negato al Chievo un evidente fallo da rigore commesso sul calciatore veronese Cossato
(conversazione telefonica dell‟8 maggio 2005 ore 16:59 – prog. 12779);
- la parzialità dell‟arbitraggio del Dondarini aveva trovato conferma in alcuni articoli di stampa e nella conversazione
telefonica intercorsa tra il presidente dell‟A.I.A. Tullio Lanese ed il giornalista AC ( 8 maggio 2005 ore 23.33 – prog.
102855), nella quale si era lasciato chiaramente intendere che la designazione del Dondarini (definito il <killer di turno>) era
stata pilotata in favore della Fiorentina fornendo in tal senso all‟interlocutore alcuni particolari che, tenuto conto
dell‟autorevolezza della fonte, lasciavano intendere il modo con cui gli arbitri venivano <sensibilizzati> per favorire una delle
due squadre in campo.
Ciò premesso, osserva la CAF che come elemento di prova finalizzato ad instaurare un rapporto di collaborazione tra i
fratelli Della Valle ed il designatore Bergamo, per quanto rilevato nell‟atto di deferimento, riveste importanza la
conversazione telefonica (2 maggio 2005 delle ore 21.13 -prog.
2446), intercorsa tra il Bergamo e Diego Della Valle il quale, facendo un riferimento a precedenti colloqui da lui intrattenuti
con il Mazzini segnalava l‟esigenza di un colloquio con il Bergamo così affermando <… volevamo prenderci un caffè,
parlare anche un po‟ mi serve anche per capire no, come vede certe come aspetta lei il futuro del calcio i prossimi anni
e poi noi dobbiamo anche in questo senso con mio fratello fare delle riflessioni un po‟ di lungo periodo no?> a sentir ciò il
Bergamo affermava < ma sa io ben volentieri però vorrei ecco no non avere nessuno se è una cosa che concordiamo io e lei
oppure allora la concordo con Mazzini bene, se no>; in tal senso Diego Della Valle mostrando interesse di conoscere, dal
Bergamo, <come vede il futuro del calcio>, concordava con Diego Della Valle i presupposti per un loro incontro.
Di particolare interesse, al fine di dimostrare la continua opera del Mazzini di esortazione dei massimi dirigenti
della Fiorentina, è la conversazione telefonica intercorsa tra Mazzini e Mencucci (4 maggio 2005 ore 11.11 – prog.
12245), in occasione della quale il Mazzini, preso atto che l‟incontro tra Bergamo e Diego Della Valle veniva
procrastinato per impedimenti familiari di quest‟ultimo incalzava il Menc ucci esortandolo come segue: <il che vuol dire fare
come minimo una telefonata all‟omino (Bergamo) per dirglielo>; ed ancora: <perché questo, dice, la coccolata vera va fatta a
…. a lui eh>
Di analogo significato è la conversazione telefonica del (4 maggio 2005 delle ore 17.29 – prog. 12295) intercorsa tra il Mazzini
e Andrea Della Valle, il quale viene così sollecitato: <è importantissima! (riferito evidentemente alla gara Chievo –
Fiorentina del successivo 8 maggio) che gli arrivi al nostro amico (Bergamo).un.. un messaggio da voi!....perché domani
l‟altro ci sono… ci sono le griglie eh> ed ancora il Mazzini: <eh, la partita è… è decisa eh> ed ancora il Della Valle,
sull‟incedere del Mazzini circa la decisività della gara afferma: <eh lo so lo so… è fondamentale! perché se non..
almeno> sentendosi confermare dal Mazzini: <fondamentale> e Andrea Della Valle ribadire: <con tre punti ci tiriamo fuori
dopo la…. in casa con l‟Atalanta>. Il successivo colloquio ha contenuti e significati analoghi specie per quanto attiene al
timore espresso da Andrea Della Valle: <che poi dopo in serie B non sappiamo più dove siamo che facciamo> con risposta del
Mazzini: < no per l‟amor di Dio speriamo che proprio non succeda!> ed il successivo inciso del Mazzini: < ne faremo di cotte
e di crude (ride)>.
Nella successiva conversazione telefonica intervenuta tra Mazzini e Mencucci (5 –rectius- 6 maggio 2005 ore 13.26 –
prog. 12528) quest‟ultimo dava contezza del fatto che le iniziative del Mazzini cominciavano a dare i frutti sperati,
assicurando il Mazzini stesso circa il fatto che Diego Della Valle avrebbe telefonato al designatore arbitrale. Esplicativa
ed inequivoca è, poi, la telefonata intercorsa tra Mazzini e Mencucci (8 maggio 2005 ore 16.59 – prog. 779) al termine della
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gara Chievo – Fiorentina, in occasione della quale il Mazzini rivendica a sé i meriti della vittoria della Fiorentina sul campo
del Chievo con il determinante apporto dell‟arbitro Dondarini il quale, nei minuti di recupero ed al 48° circa del
secondo tempo, aveva negato al Chievo un evidente fallo di rigore commesso ai danni del suo giocatore Cossato, così come
correttamente illustrato dal procuratore federale nel suo atto di deferimento. Nel corso del colloquio si svolgeva questo
significativo dialogo:
Mencucci:
<eeheh…. fallo di confusione> con evidente riferimento all‟episodio della
mancata assegnazione del rigore; Mazzini (ride); Mencucci: <ho imparato eh?>; Mazzini <quando ci si mette le mani noi> ed
ancora, riferito al suo interlocutore <diglielo diglielo ai tuoi amici ma diglielo> con risposta del Mencucci: <ah di sicuro non
aver paura>, con successiva sollecitazione del Mazzini di fare, dal Diego Della Valle una telefonata nel corso della
settimana (al Bergamo) ed un‟altra a lui stesso.
Altrettanto significativa del condizionamento operato, per il tramite del Mazzini, dell‟arbitro Dondarini è la conversazione
telefonica intervenuta, dopo la disputa della gara, tra il Lanese, presidente dell‟A.I.A., ed il giornalista A.C.
(8 maggio 2005 ore 23.33 prog. 102855), il quale esordiva dicendo: <hai visto che il killer ha colpito a Verona!>, al che il
Lanese rispondeva: <sì sì va bé era normale… te l‟avevo detto io.. no!> con esclamazione del suo interlocutore: <…ahah.. e
questo è internazionale!>, ed ancora il Lanese: <questo è un mediocre da fare schifo… sai che vuol dire schifo, questo è
zero, un arbitro zero eh!>, ed ancora AC < gli avranno mandato dei segnali, o ha capito da solo?>, con risposta significativa ed
esaustiva del Lanese: <no, no, guarda che ormai non si mandano segnali loro telefonano prima della gare, te lo dico ho….poi
ti racconterò come lo so>.
Rileva la CAF come le affermazioni rese dal presidente dell‟A.I.A. costituiscano una sinistra conferma del grave
comportamento antidisciplinare posto in essere dal Dondarini.
Per quanto sopra affermato in relazione all‟interesse del Moggi al progetto di <salvataggio> della Fiorentina, non
solo di contorno è la conversazione telefonica con Diego Della Valle (18 maggio 2005 ore 15.53 - prog. 2902) e quella
successiva (23 maggio 2005 ore 20.16 - prog.3679) tra lo stesso Moggi e i fratelli Della Valle.
A conferma di quanto verificatosi nel corso della gara Chievo-Lecce diretta dal Dondarini è per un certo verso, la
conversazione intervenuta tra Pairetto e Mazzini il 14 maggio 2005 ore 17.51 prog. 51811 (poco dopo la conclusione del
pranzo tra Della Valle, Bergamo e Mazzini); il Mazzini, giustificando la sua assenza a Coverciano, rispondeva
<abbiamo fatto.. abbiamo salvato la spedizione..dai> con risposta del Pairetto <mannaggia! bella!> .
Di interesse, inoltre, per avere un quadro chiaro del contenuto e della convenienza reciproca degli accordi intercorsi tra
Bergamo e Della Valle risulta la conversazione telefonica intervenuta il 15 maggio 2005 ad ore 12.21 prog. (46185) tra il
Bergamo e la signora MGF, come noto dipendente F.I.G.C. e in rapporti di particolare conoscenza sia con il Bergamo che con
il Mazzini, nel corso della quale, come correttamente osservato dal Procuratore federale nell‟atto di deferimento, venivano
delineate le strategie per il futuro assetto della federazione come più sopra riferito.
Un così esaustivo quadro probatorio, a giudizio della CAF, conferma pienamente la tesi accusatoria proposta dal Procuratore
federale nel suo atto di deferimento.
5. A non diverse conclusioni deve pervenirsi per la gara Lazio – Fiorentina, disputata il 22 maggio 2005.
In relazione ad essa, nell‟atto di deferimento viene ipotizzata l‟esistenza di due distinti episodi di illecito sportivo
puntualizzatisi, nel primo caso, nella proposta di <accomodamento> della partita, avanzata da Diego Della Valle (in una data
imprecisata, ma comunque anteriore al 22 aprile 2005) al presidente della Lazio, Claudio Lotito, e da questi rifiutata; nel
secondo caso, in una serie di iniziative successivamente assunte, secondo il modulo già descritto, dai fratelli Della Valle e
dal Mencucci nei confronti del designatore arbitrale Bergamo con il sostegno del Mazzini, onde ottenere la designazione di un
arbitro ben disposto ad una direzione di gara che concretizzasse tale atteggiamento di favore a vantaggi della Fiorentina: la
valutazione della posizione specifica dell‟arbitro, che non figura tra i deferiti, potrà essere compiutamente effettuata, secondo il
Procuratore federale, solo all‟esito di una ulteriore attività istruttoria, non essendo stato egli sentito né dall‟Autorità giudiziaria,
né dall‟Ufficio indagini (atto di deferimento, p. 66). La responsabilità del presidente onorario della Fiorentina ai sensi dell‟art.
6, primo e secondo comma, C.G.S., troverebbe conferma, per quanto concerne il primo episodio, nelle intercettazioni delle
conversazioni telefoniche intercorse: a) il 21 aprile 2005, ore 15:42‟ (prog. 10435) tra Andrea Della Valle e il Mazzini; b) il 21
aprile 2005, ore 15:56‟ (prog. 10438) tra Mencucci e Mazzini; c) il 22 aprile 2005, ore 17:28‟ (prog. 10644) tra Mencucci e
Mazzini; d) il 22 aprile 2005, ore 23:06‟ (prog. 10710) tra Lotito e Mazzini; e) il 23 aprile 2005, ore 12:37‟ (prog. 10744) tra
Mazzini e Renzi. Diego Della Valle ha negato di aver mai avanzato una proposta siffatta (v. nota riassuntiva delle dichiarazioni
rese all‟udienza del 5 luglio 2006, p. 3), e tale affermazione trova riscontro positivo nelle dichiarazioni rese dal Lotito
all‟Ufficio Indagini il 9 giugno 2006 quando, interrogato sul punto, ha negato di aver mai ricevuto <proposte finalizzate a
realizzare un accordo illecito per combinare una partita della Lazio>, dichiarazioni che ha successivamente ribadito in
udienza, precisando che la proposta concerneva una diversa spartizione dei diritti televisivi.La sua esistenza è, tuttavia,
sufficientemente comprovata dalle risultanze dell‟intercettazione della telefonata del 22 aprile 2006 tra il Mazzini e il Lotito.
Nel corso della conversazione, infatti, quest‟ultimo qualifica detta proposta <oscena> ovvero <da bandito>, pur senza
precisarne il contenuto; contenuto che viene invece svelato dalla telefonata intercorsa il giorno successivo nel corso della quale
il Mazzini rivela ad un suo uomo di fiducia, il Renzi, che la proposta aveva riferimento proprio alla gara che avrebbe
contrapposto le due squadre. Il che spiega la reazione sdegnata del destinatario, che invece sarebbe scarsamente credibile se,
come afferma ora il Lotito, essa aveva avuto riguardo ad una questione certamente meno rilevante sul piano deontologico come
quella inerente alla suddivisione dei diritti televisivi. Come si è sopra chiarito, la struttura dell‟‟illecito sportivo è analoga a
quella dei reati di attentato o a cons umazione anticipata e, pertanto, la sua rilevanza, sul piano giuridico, prescinde dal
realizzarsi dell‟evento cui l‟atto è preordinato. L‟art. 6, C.G.S., che definisce l‟illecito sportivo non fa cenno alla idoneità degli
atti, in quanto si limita a richiedere che gli atti posti in essere siano <diretti ad alterare lo svolgimento o il risultato di una gara,
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ovvero ad assicurare a chiunque un vantaggio in classifica>. Si ritiene, ciò non di meno, che la configurazione dell‟illecito
richieda che gli atti siano <concretamente idonei> a realizzare l‟evento cui sono diretti. In tale quadro può rientrare anche una
proposta diretta al conseguimento di una delle finalità specificate nel citato art. 6, pure se non seguita da accettazione, purché
sia stata percepita dal destinatario e presenti <un minimo di concretezza>: requisiti, questi, chiaramente ravvisabili nel caso di
specie, dal momento che la proposta è stata chiaramente percepita ed intesa dal destinatario (il Lotito) nella sua effettiva
portata, tanto da suscitare la sua reazione indignata. Il rifiuto della proposta formulata dal presidente onorario della Fiorentina,
non esclude ogni responsabilità del Lotito sul piano disciplinare, pacifico essendo che egli non ha provveduto a denunziare
l‟illecito del quale era venuto a conoscenza. L‟incolpazione mossagli a tale riguardo con l‟atto di deferimento in riferimento
all‟art. 6, settimo comma, C.G.S. deve essere pertanto ritenuta fondata. Dell‟illecito commesso dal presidente onorario della
Fiorentina, quest‟ultima risponde in via oggettiva, non essendo comprovato che alla titolarità di tale carica fossero associati
anche poteri di rappresentanza della società (art. 2, quarto comma, C.G.S.). La Lazio risponde, invece, in via diretta
dell‟illecito del quale il Lotito è stato riconosciuto responsabile, essendo egli il presidente del consiglio di amministrazione
della società e non essendo contestata la sua qualità di legale rappresentante di detta società (art. 2, comma 4, C.G.S.).
L‟esistenza del secondo episodio sarebbe comprovata, secondo l‟atto di deferimento, dalle risultanze delle intercettazioni di
alcune conversazioni telefoniche avvenute nell‟imminenza della gara e subito dopo la sua conclusione tra la dirigenza della
Fiorentina (fratelli Della Valle e Mencucci), Moggi, Mazzini e Bergamo. Moggi, all‟epoca dei fatti di causa consigliere
d‟amministrazione e direttore generale della società Juventus, non figura tra i deferiti in relazione a questo episodio, ma la
telefonata (prog. 2902) da lui ricevuta da Diego Della Valle il 18 maggio 2005 (quattro giorni prima della partita LazioFiorentina) è particolarmente significativa, in quanto evidenzia le preoccupazioni dei dirigenti della squadra viola per l‟esito di
tale gara e il loro attivarsi, in tutti i modi, per evitare che questa potesse concludersi con un risultato negativo.
L‟interessamento del Mazzini trova, poi, positivo riscontro oltre che nella telefonata appena riferita (nel corso della quale
Moggi, con l‟intento di tranquillizzare il proprio interlocutore circa l‟esito della partita afferma testualmente: <…ho parlato
anche con un amico tuo, proprio amico, amico e..con Mazzini>), in quella con Andrea Della Valle del 18 maggio 2005 (prog.
14531) e in quella con Mencucci del 22 maggio 2005 (prog. 15005) nella conversazione telefonica del 16 maggio 2005 (prog.
998) ra Mencucci e Mazzini, in cui quest‟ultimo afferma la necessità di <fare un piano>; piano la cui esistenza trova poi una
conferma inequivocabile nelle parole rivolte con rammarico da Bergamo al Mazzini subito dopo la conclusione della partita,
riferendosi al fallo di mani commesso in area da un difensore della Lazio non rilevato dall‟arbitro: <tutto era sistema…
sistemato … non sistemato … pilotato! … pilotato!> (telefonata 22 maggio 2005, prog. 15052).
Alla stregua di tali risultanze, l‟esistenza di iniziative poste in essere dai fratelli Della Valle e dal Mencucci per il tramite e con
l‟aiuto del Mazzini al fine di ottenere una conduzione di gara <favorevole> alla Fiorentina, tale da garantire che il suo esito,
prescindendo dall‟atteggiamento assunto dalla Lazio, fosse <positivo> per tale società, può dirsi sufficientemente provata.
Le incolpazioni rivolte sotto tale riguardo, ai sensi dell‟art. 6, commi 1 e 2, C.G.S., a Diego e Andrea Della Valle, al Mencucci
e al Mazzini vanno quindi ritenute fondate. Su quella rivolta al Bergamo questa Commissione non può invece pronunciarsi per
le ragioni già esposte. Il riconoscimento di tali responsabilità, comporta la responsabilità diretta, oggettiva e presunta della
società Fiorentina, ai sensi degli artt. 2, comma 4; 6, comma 2, 3 e 4; 9, comma 1, C.G.S.).
6. Per quel che concerne la gara Lecce – Parma, ultima di campionato, disputata il 29 maggio 2005 e conclusasi con il risultato
di parità 3 a 3 si osserva, infine quanto segue.
Nell‟atto di deferimento (pagg. 79-84) si espone che:
- in previsione dell‟ultima giornata di campionato 2004-2005 emergeva un intensificarsi dei contatti tra i componenti del
sodalizio che aveva registrato, in particolare, un incontro decisivo presso il centro tecnico di Coverciano tra Mazzini,
Mencucci, Bergamo e i fratelli Della Valle; incontro che si era tenuto il pomeriggio che precedeva i sorteggi arbitrali e, tenuto
conto del luogo, senza il rischio di temute intercettazioni telefoniche;
- alla gara in questione mostrava interesse il Moggi come si apprende dalla conversazione telefonica intercorsa lo stesso giorno
23 maggio 2005, ad ore 20:16 – prog. 3679, con i fratelli Diego e Andrea Della Valle;
- perché la Fiorentina si potesse salvare, oltre alla vittoria contro il Brescia nell‟ultima di campionato, era, peraltro, necessario
il verificarsi di una particolare combinazione di risultati delle gare Lecce-Parma e Bologna- Sampdoria;
- a tale scopo, in auspicio della finalità di salvataggio della Fiorentina, decisiva si era rivelata la designazione pilotata
dell‟arbitro De Santis, appositamente inviato a dirigere la delicata gara Lecce-Parma;
- in tale ottica e per il perseguimento dell‟obiettivo prefissato era stato proprio il designatore Bergamo a dare le opportune
indicazioni al De Santis, qualche ora prima della gara, sull‟atteggiamento da tenere in campo e sul modo di dirigerla con il
preciso scopo di determinare il risultato di pareggio (vedi conversazione telefonica Bergamo - De Santis del 29 maggio 2005,
ore 12.58, prog. 50317);
- De Santis aveva fornito a Bergamo ampie rassicurazioni che tutto sarebbe andato per il verso giusto tanto che, al riguardo,
aveva indottrinato anche l‟assistente Alessandro Griselli con il quale, avendo rapporti di confidenza, aveva potuto parlare
chiaramente.
- le conversazioni telefoniche intervenute nel dopo gara tra i vari componenti del sodalizio erano confermative degli intereventi
realizzati al fine di pilotare le gare di interesse ed in specie Lecce-Parma (vedi conversazioni telefoniche: a) ore 17:01 – prog.
16774- intervenuta tra Mazzini e Mencucci il quale si trovava ancora all‟interno dello stadio a festeggiare la salvezza della
Fiorentina; b) ore 17:04 prog. 16780 intervenuta tra Mazzini e Claudio Nassi ex dirigente della Sampdoria ed ora vicino
all‟ambiente gigliato).
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DECISIONI INTEGRALI DELLA COMMISSIONE D’APPELLO FEDERALE - STAGIONE SPORTIVA 2006-2007
importantissima e di significato inequivoco era da ritenersi la conversazione telefonica intercorsa alle successive ore 18:01 –
prog- 19963, intercorsa tra Mazzini e De Santis idonea a dimostrare, oltre ogni ragionevole dubbio, il coinvolgimento
dell‟arbitro De Santis nell‟operazione di salvataggio della Fiorentina.
- nel senso sovra specificato era da ritenersi la conversazione telefonica intercorsa, al termine delle gare di interesse tra
Mazzini e i fratelli Della Valle (ore 18:30 – prog- 16820); così come quella con toni autocelebrativi e trionfalistici del 31
maggio 2005 (ore 9.46 – prog- 10925) intercorsa tra Mazzini e Nassi.
- la disamina degli elementi acquisiti all‟indagine consentivano di ritenere provato che il risultato della gara Lecce-Parma, con
la designazione di un arbitro amico, era stato condizionato attraverso le intese via via intercorse tra il vice presidente federale
Innocenzo Mazzini, il designatore arbitrale Paolo Bergamo, i fratelli Diego ed Andrea Della Valle ed il dirigente gigliato
Sandro Mencucci: piano di salvataggio che aveva visto interessati e coinvolti Luciano Moggi e Antonio Giraudo, dirigenti
della società Juventus. Dalla va lutazione di tutto ciò è conseguita la richiesta, dal parte del procuratore federale, della
declaratoria di affermazione di responsabilità disciplinare di tutti i soggetti sovra indicati ai sensi dell‟art. 6, commi 1 e 2,
C.G.S. e conseguente responsabilità, sia diretta che oggettiva, a carico della società Fiorentina, ex art. 2, commi 3 e 4, e 6
commi, 2, 3 e 4 C.G.S., con riferimento alle condotte tenute dai suoi dirigenti, ed a titolo di responsabilità presunta ex art. 9,
comma 3, richiamato dall‟art. 6, comma 4, C.G.S. con riferimento ai soggetti estranei alla società Fiorentina. Quanto sovra
premesso, osserva la CAF come dalle risultanze di indagine e dai documenti legalmente acquisiti si possa, con assoluta
certezza, affermare la responsabilità di tutti i deferiti . Significativa per la fase preliminare dell‟illecito è la conversazione
telefonica Moggi fratelli Della Valle in ordine alla quale il Moggi svolge le necessarie sue personali valutazioni circa le gare di
interesse allorché afferma: <…eh no ma adesso bisogna fargli trovare rogne e noi la società…la fiorentina si salvi eh!..... qui
ora ci…. Me la so studiata un po‟ ma…. So due partite eh una è Bologna e purtroppo.. e una è Lecce Parma> (prog. 3679 del
23 maggio 2005, ore 20.16). A riprova del perseguimento del fine illecito concordato tra i soggetti deferiti è illuminante la
conversazione telefonica del 29 maggio 2005 (prog. 50317) tra Bergamo e De Santis sovra richiamata, dalla quale emerge sin
troppo chiaramente l‟interessato intervento del Bergamo e le rassicurazioni a lui esplicitate dal De Santis sull‟indottrinamento
dell‟assistente Griselli e il preciso ruolo che egli stesso quale arbitro avrebbe svolto nel dirigere la gara Lecce- Parma. Così
come confermativa del puntuale avveramento del perpetrato illecito sportivo deve ritenersi la conversazione telefonica ra
Mazzini e Mencucci, intervenuta nel dopo gara (ore 17:01 – prog. 16774), ove il primo afferma < c‟ho sempre i cavalli boni>,
< le pedine nostre funzionano sempre>. Analogo significato è, altresì, da attribuire alla conversazione telefonica 29 maggio
2005 Nassi Mazzini sopra richiamata (ore 17:04 – prog. 16780), evidentemente non ancora a conoscenza dei risultati finali
delle altre gare di interesse: Mazzini, <speriamo di non avere sprecato le nostre cartucce>- Nassi < però l‟operazione
chirurgica è stata perfetta> < tutti è tre!> –Mazzini <grandi ragazzi>- Nassi < perfetti! perfetti!>. Di grande rilievo probatorio è
ancora il contenuto della conversazione telefonica 29 maggio 2005 delle ore 18:01 sopra richiamata, intercorsa tra Mazzini e
De Santis, nella quale il primo, ironizzando sul calciatore parmense Morfeo, espulso dall‟arbitro De Santis al termine della
gara prosegue il discorso con una descrizione analitica del pilotaggio della gara verso un risultato di parità, e facendo
affermazioni all‟evidenza confermative del suo coinvolgimento nell‟operazione di salvataggio della Fiorentina. Così come
confermative del coinvolgimento del Mazzini e dei fratelli Della Valle nel perpetrato illecito sportivo è da ritenersi la
conversazione telefonica del dopo gara, intercorsa tra Mazzini e Mencucci alle ore 18.30 (prog.16820), nel corso della quale
il presidente Della Valle rivolge al Mazzini un sentito ringraziamento per l‟opera da lui prestata; ringraziamento che è accolto
da Mazzini, il quale sottolinea ai suoi interlocutori: <l‟equipe ha funzionato bene> e, gettando le basi per il futuro,
raccomanda ai Della Valle: <….. però prima di ricominciare vediamoci eh….>, sentendosi rispondere < come no, come
no,…. con calma perché qui adesso gli errori non si fanno più eh….>; con evidente riferimento all‟errore iniziale di essersi
posti, l‟uno (Andrea) e l‟altro (Diego) in antitesi con il gruppo dominante. Esaustive di un quadro accusatorio ben definito sono
da ritenersi le ulteriori conversazioni telefoniche sopra richiamate ed ogni altra acquisita agli atti he ben evidenziano la
responsabilità disciplinari del Mazzini, del Mencucci oltre che, come è ovvio, dell‟arbitro De Santis. Non varrebbe richiamarsi,
per contrastare tali risultanze, alle espressioni elogiative contenute nella relazione dell‟osservatore arbitrale (Pasquale
D‟Addato), trattandosi di giudizi espressi da persona che aveva familiarità con il De Santis, come risulta dall‟intercettazione
della telefonata 50317 del 29 maggio 2005, appena richiamata. Tanto più che da questa ultima si ricava che l‟osservatore
D‟Addato avrebbe pranzato con gli ufficiali di gara prima della partita: comportamento certamente inopportuno, tenuto conto
che egli aveva proprio il compito di valutare la correttezza del loro comportamento nel corso della gara.
Capitolo V
1. Il procuratore Federale ha chiesto anche il deferimento dei signori: a) Adriano Galliani e Leonardo Meani, il primo dei quali
vice-presidente e amministratore delegato della società A.C. Milan e il secondo accompagnatore ufficiale della prima squadra e
dirigente addetto all‟arbitro nell‟ambito della stessa società; b) Gennaro Mazzei, vice-commissario CAN, preposto alla
preparazione degli assistenti addetti all‟arbitro; c) Fabrizio Babini e Claudio Puglisi, assistenti CAN A-B. Le incolpazioni
fanno riferimento alla partita Milan-Chievo del 20 aprile 2005, conclusasi con la vittoria del Milan per 1 a 0. Esse hanno ad
oggetto, in primo luogo, la contestazione al Meani e al Mazzei della violazione dei doveri di lealtà, probità e correttezza
specificati all‟art. 1 C.G.S., assumendo che il primo, dopo aver protestato veementemente con il Mazzei con riferimento alle
precedenti designazioni di assistenti per le partite del Milan, aveva insistito per l‟assegnazione del Pugliesi per la partita in
esame; e che il Mazzei aveva aderito alla richiesta del Meani. La violazione del citato art. 1 è stata addebitata anche al Galliani
per aver approvato l‟iniziativa appena descritta dopo esserne stato informato dal Meani. Il Meani è stato inoltre chiamato a
rispondere della violazione dell‟art. 6, comma 1 e 2, C.G.S. per essersi messo direttamente in contatto con il Puglisi e con
l‟altro assistente designato per la partita in esame (Babini), rivolgendo loro la raccomandazione di decidere nei casi dubbi in
favore del Milan. Degli illeciti contestati al Galliani e al Meani la società Milan è stata chiamata a rispondere per
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DECISIONI INTEGRALI DELLA COMMISSIONE D’APPELLO FEDERALE - STAGIONE SPORTIVA 2006-2007
responsabilità diretta e oggettiva ai sensi dell‟art. 2, commi 3 e 4, C.G.S. Il Babini e il Puglisi sono stati, infine, incolpati della
violazione dell‟art. 6, settimo comma, per l‟omessa denuncia dell‟illecito sportivo contestato al Meani e al Mazzei.
2. Ciò premesso, si osserva quanto segue. Quanto alla violazione dell‟art. 1 C.G.S. addebitata al Meani, è documentato in atti
(v. tessera prodotta dalla difesa del Milan) che egli era tesserato per la stessa società, quale dirigente accompagnatore ufficiale
della prima squadra, svolgendo al contempo per le gare interne le funzioni di addetto agli arbitri. E‟ altresì provato in atti che il
Meani, facendo riferimento ad alcune gare contrassegnate da errori degli assistenti (e, in particolare a Siena-Milan del 17
aprile 2005), aveva rivolto quello stesso 17 aprile 2005, con due telefonate a breve distanz l‟una dall‟altra vibrate proteste al
Mazzei, che per la sua qualità aveva anche il compito di proporre ai designatori i nominativi degli assistenti (prog. 5425, ore
18.13; prog. 5429, ore 18.19). A seguito di queste iniziative il Meani aveva avuto dal Mazzei l‟assicurazione che per la
successiva gara Milan-Chievo del 20 aprile 2005 sarebbe stato designato l‟assistente Claudio Puglisi, notoriamente ben gradito
al Milan; designazione che era puntualmente avvenuta. Questa iniziativa aveva, inoltre, indotto Mazzei a designare come
secondo assistente Fabrizio Babini, anch‟esso ben accetto al Milan. La duplice designazione aveva fatto sorgere nel Babini, tra
l‟altro, forti perplessità in quanto, avendo egli svolto le funzioni di assistente in una precedente gara disputata dal Chievo
dieci giorni prima, ciò avrebbe potuto suscitare critiche e reazioni (cfr. prog. 5587 del 18 aprile 2005; dichiarazioni rese da
Babini all‟A.G. di Napoli il 7 giugno 2006). I rilievi mossi da Meani alla utilizzazione in questa sede delle intercettazioni delle
conversazioni telefoniche vanno disattesi per le considerazioni svolte nella parte introduttiva della presente motivazione,
essendosi egli limitato a contestare l‟interpretazione data dagli inquirenti alle dichiarazioni registrate, senza negarne né
l‟esistenza né la veridicità. La condotta posta in essere da Meani, così come contestata, viola, ad un tempo, il disposto di cui
agli artt. 1, comma 1, e 6 commi 1 e 2, C.G.S. poiché tra il 17 e il 20 aprile 2005, ottenuta la designazione degli assistenti
Puglisi e Babini per la gara in oggetto, egli contattava telefonicamente i medesimi, raccomandando loro, al fine di alterare lo
svolgimento della gara, di decidere nei casi dubbi in favore del Milan (prog. 5587 del 18 aprile 2005, ore 11.40, MeaniBabini; prog. 5656 del 18 aprile 2005, ore 14.41, Meani-Puglisi). In tale comportamento, infatti, sono ravvisabili certamente
gli elementi richiesti per la configurazione dell‟illecito sportivo, dal momento che le sollecitazioni erano rivolte al un soggetto
(il Mazzei) inserito nel procedimento di designazione degli assistenti dell‟arbitro, avendo egli il compito, come si è detto, di
proporre ai designatori i nomi degli assistenti da designare. La violazione dell‟art. 1 C.G.S. è stata correttamente ascritta anche
al Mazzei. Non è infatti seriamente dubitabile che, accedendo alla richiesta di <appoggiare> la designazione di assistenti di
gara favorevoli ad una delle due squadre contendenti (il Milan) egli sia incorso nella violazione dei doveri di correttezza, lealtà
e probità sanciti da tale disposizione.Del pari fondata è la contestazione mossa al Galliani. La telefonata con il Meani del 19
aprile 2005 ore 14.41 (prog. 5827) è infatti significativa sotto un duplice profilo. Anzitutto perché Galliani chiede subito
conferma del contatto con i designatori. Per la verità la trascrizione dell‟intercettazione fa riferimento agli <ex-designatori>:
l‟aggiunta della particella è presumibilmente dovuta ad un errore di trascrizione, dal momento che Bergamo (con il quale,
oltretutto, il Meani risulta aver preso contatto: telefonata 7 maggio 2005, prog. 8609) era ancora in servizio e non si comprende
quale interesse potesse esservi nel prendere contatto con persone non più investite della funzione di designare gli ufficiali di
gara; e poi perché non muove alcuna obiezione alla risposta del Meani, chiaramente allusiva alla richiesta di un trattamento di
favore per il Milan: < … con una squadra come il Milan a un minimo dubbio si sta giù con la bandiera non si va su a vanvera
!E‟ vietato sbagliare anche dall‟altra parte …nel senso contrario però!>.La società A.C. Milan deve essere, quindi, chiamata a
rispondere a titolo di responsabilità diretta e oggettiva ai sensi dell‟art. 2, commi 3 e 4, C.G.S. per la condotta tenuta
rispettivamente dal Meani e dal Galliani in violazione dell‟art. 1, ed inoltre a titolo di responsabilità oggettiva per la
violazione dell‟art. 6, commi 1 e 2, C.G.S. in relazione all‟operato del Meani, non avendo quest‟ultimo poteri di
rappresentanza.Infine, circa il comportamento tenuto dagli assistenti Babini e Puglisi è evidente che essi, avendo ricevuto
sollecitazioni nelle quali, per quanto si è detto, erano individuabili gli estremi dell‟illecito previsto dall‟art. 6, primo comma,
ed essendo rimasti inerti, pur senza prestare ad esse adesione, vennero meno all‟obbligo di denunzia sancito dall‟art. 6, comma
7, C.G.S.
Capitolo VI
Traendo le conclusioni da quanto sinora ritenuto, questo Collegio deve dunque:
- prosciogliere da ogni addebito Domenico Messina, Gianluca Rocchi, Paolo Tagliavento, Pasquale Rodomonti e Paolo
Bertini;
- dichiarare la responsabilità, nei limiti di volta in volta già indicati, degli altri soggetti deferiti, irrogando le relative sanzioni,
quali previste dall‟art. 13 C.G.S. a carico delle società e dal successivo art. 14 a carico delle persone fisiche.
Tali sanzioni vengono, come appresso, commisurate, in applicazione della norma prevista nel comma 1 del citato art. 13, «alla
natura e alla gravità dei fatti commessi». Gravità desumibile, a stregua del principio generale cui si ispira anche l‟art. 133
codice penale:
- dalle modalità delle azioni poste in essere;
- dalla incidenza concreta che queste hanno avuto sul campionato di serie A 2004 – 2005 e, di riflesso, anche sull‟immagine di
tutto lo sport italiano, così in Italia come all‟estero;
- dall‟intensità della ritenuta colpevolezza, apprezzata in rapporto alla posizione funziona le di ciascun soggetto, alla sua
personalità, all‟apporto dato all‟inquinamento dell‟ambiente calc istico, all‟intento che lo ha animato;
- dalla accertata «pluralità di illeciti», dal conseguimento delle alterazioni dello svolgimento o del risultato delle gare o del
vantaggio in classifica, secondo quanto previsto nel comma 6 dell‟art. 6 C.G.S., avuto riguardo anche all‟eventuale vincolo di
continuazione;
- infine, per quanto riguarda le ammende, dalle condizioni economiche dei relativi destinatari.
In particolare si tiene conto:
122
DECISIONI INTEGRALI DELLA COMMISSIONE D’APPELLO FEDERALE - STAGIONE SPORTIVA 2006-2007
- per i dirigenti federali, della lesione arrecata alla funzione;
- per gli arbitri, della lesione all‟immagine della categoria.
Mentre nella determinazione delle sanzioni da infliggere alle società e ai loro dirigenti la Commissione ha presente quanto
segue:
- Moggi e Giraudo, sono stati ritenuti responsabili di un solo episodio di illecito sportivo; tuttavia l‟illecito è caratterizzato
dall‟attuazione di una condotta cont inuativa nel corso di tutto il campionato, programmata al fine di realizzare l‟intento di
procurare alla Juventus un vantaggio in classifica, mediante il controllo diretto o indiretto della classe arbitrale, econdo le
modalità descritte in motivazione, e costituisce, quindi, fatto disciplinarmente più grave di quello che si realizza mediante la
condotta diretta alla alterazione dello svolgimento o del risultato di una singola partita.
- La Juventus, ha tenuto un comportamento processuale apprezzabile perché improntato a lealtà e correttezza; ha dimostrato
inoltre, con l‟opera di rinnovamento societario già attuata di riconoscere gli errori commessi nel passato per il tramite dei
suoi dirigenti e di avere iniziato un processo di rigenerazione; di conseguenza la sanzione richiesta dalla procura federale
deve essere notevolmente attenuata.
- La Lazio (e le stesse considerazione valgono per Lotito) è stata dichiarata responsabile di un solo illecito, ma, come spiegato
in motivazione, l‟azione di Lotito diretta a trovare appoggi per la sua squadra è proseguita incessantemente con condotte per le
quali la Commissione certo non ha ritenuto pienamente provati gli elementi che ne permettessero l‟attribuzione a titolo di
illecito, ma che sono lesive, in modo rilevante, dello spirito di lealtà e correttezza, cui deve conformarsi chiunque sia soggetto
alle norme federali: condotte protrattesi dopo la commissione del primo illecito.
- La Fiorentina (e ciò vale anche per i suoi dirigenti) è stata dichiarata responsabile di una pluralità di illeciti. La Commissione
tuttavia ha valutato che il comportamento dei dirigenti della Fiorentina scaturisce dal fatto che la squadra, a causa della
posizione assunta dai dirigenti stessi in ambito associativo, era rimasta penalizzata da una serie di arbitraggi sfavorevoli i quali
avevano compromesso la sua posizione in classifica al punto da far apparire «più che concreto» il pericolo di una sua
retrocessione.
- Per quanto riguarda il Milan, che deve risponedere dell‟illecito a titolo di responsabilità oggettiva, con conseguente
applicabilità delle sanzioni alternativamente previste dall‟art. 6, comma 4, C.G.S., la Commissione ritiene, in ragione
dell‟entità del fatto, di non dovere infliggere la sanzione della retrocessione all‟ultimo posto in classifica, ma di applicare la
minore sanzione di cui all‟art. 13, comma 1, lett. f), C.G.S., determinando la penalizzazione, in applicazione del principio di
afflittività, nella misura di punti 44 da scontare nella classifica del campionato 2005/2006 e di punti 15 da scontare nel
campionato 2006/2007. P.Q.M. La CAF, - visto l‟art. 27, comma 2, Statuto F.I.G.C., dichiara il proprio difetto di giurisdizione
nei confronti dei deferiti Paolo B ERGAMO e Cosimo Maria FERRI;
- visti gli artt. 1 e 6 C.G.S., proscioglie i tesserati Domenico MESSINA, Gianluca ROCCHI, Paolo TAGLIAVENTO, Pasquale
RODOMONTI, Paolo BERTINI;
- visti gli artt. 1, 2, 6, 13, comma 1, lett. b), f), g), i), l), 14, comma 1, lett. a), c), e) e comma 2, C.G.S., infligge ai restanti
soggetti deferiti le seguenti sanzioni:
1) Luciano MOGGI, inibizione per anni cinque, con proposta al Presidente federale di preclusione alla permanenza in
qualsiasi rango o categoria della F.I.G.C.; ammenda di € 50.000;
2) Antonio GIRAUDO, inibizione per anni cinque con proposta al Presidente federale di preclusione alla permanenza in
qualsiasi rango o categoria della F.I.G.C.; ammenda di € 20.000;
3) JUVENTUS FOOTBALL CLUB S.P.A., retrocessione all‟ultimo posto in classifica del campionato 2005/2006;
penalizzazione di punti trenta in classifica nella stagione sportiva 2006/2007; revoca dell‟assegnazione del titolo di campione
d‟Italia 2004/2005; non assegnazione del titolo di campione d‟Italia 2005/2006; ammenda di € 80.000;
4) Adriano GALLIANI, inibizione per anni uno;
5) Leonardo MEANI, inibizione per anni tre e mesi sei;
6) A.C. MILAN S.P.A., penalizzazione di punti quarantaquattro da scontare nella classifica 2005/2006 e di punti quindici in
classifica da scontare nella stagione sportiva 2006/2007; ammenda di € 30.000;
7) Andrea D ELLA VALLE, inibizione per anni tre e mesi sei; ammenda di € 20.000;
8) Diego DELLA VALLE, inibizione per anni quattro; ammenda € 30.000;
9) Sandro M ENCUCCI, inibizione per anni tre e mesi sei; ammenda di € 10.000;
10) A.C.F. FIORENTINA S.P.A., retrocessione all‟ultimo posto in classifica del campionato 2005/2006; penalizzazione di
punti dodici in classifica nella stagione sportiva 2006/2007; ammenda di € 50.000;
11) Claudio LOTITO, inibizione per anni tre e mesi sei; ammenda di € 10.000;
12) S.S. LAZIO S.p.A., retrocessione all‟ultimo posto in classifica del campionato 2005/2006; penalizzazione di punti sette in
classifica nella stagione sportiva 2006/2007; ammenda di € 40.000;
13) Franco CARRARO, inibizione per anni quattro e mesi sei;
14) Innocenzo MAZZINI, inibizione per anni cinque;
15) Tullio LANESE, inibizione per anni due e mesi sei;
16) Pierluigi PAIRETTO, inibizione per anni due e mesi sei;
17) Gennaro Mazzei, inibizione per anni uno;
18) Pietro INGARGIOLA, ammonizione;
19) Massimo D E SANTIS , inibizione per anni quattro e mesi sei;
20) Paolo DONDARINI, inibizione per anni tre e mesi sei;
21) Fabrizio BABINI, inibizione per anni uno;
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22) Gianluca PAPARESTA, inibizione per mesi tre;
23) Claudio PUGLISI, inibizione per anni uno.
Così deciso, nella Camera di Consiglio in Roma, dal 7 al 14 luglio 2006.
Pubblicato il 14 luglio 2006.
Il Presidente Cesare Ruperto
TESTI DELLE DECISIONI RELATIVE AL COM. UFF. N. 5/C - RIUNIONE DEL 13 AGOSTO 2006
La Commissione d‟Appello Federale composta dai Sigg.: Avv. Sergio Artico, Presidente, Dott. Pier Giorgio Trovato,
Avv. Serapio De Roma, Prof. Pierfrancesco Grossi, Avv. Fabrizio Hinna Danesi, Componenti, Dott. Antonio Metitieri,
Segretario, e la partecipazione, per quanto di competenza, del Rappresentante dell‟A.I.A. Dott. Carlo Bravi in esito alla
riunione tenutasi in data 13 agosto 2006 ha assunto la seguente decisione:
DEFERIMENTO DELLA PROCURA FEDERALE DELLA F.I.G.C. A CARICO DI:
1) Pasquale Foti, Presidente della Reggina Calcio S.p.A.;
2) Reggina Calcio S.p.A.;
3) Paolo Dondarini, Arbitro effettivo;
4) Tiziano Pieri, Arbitro effettivo. Per rispondere delle seguenti
INCOLPAZIONI
1. Pasquale FOTI per la violazione dell‟art. 1, comma 1, CGS e la violazione dell‟art. , commi 1 e 2, C.G.S. per aver
posto in essere, unitamente a Paolo BERGAMO, in ordine al quale sussiste difetto di giurisdizione, giusta pronuncia della
CAF del 14 luglio 2006, nelle rispettive qualità ricoperte all‟epoca dei fatti, le condotte come descritte nella parte motiva, in
particolare nella sezione III, ai punti 3, 5, 6, 7, 8, 9, 11, 12 e 13, consistite, fra l‟altro, nell‟avere intrattenuto i contatti sopra
me nzionati; condotte contrarie ai principi di lealtà, probità e correttezza e, al contempo, in concorso formale, dirette a
procurare un vantaggio in classifica in favore della società REGGINA, mediante il condizionamento del regolare
funzionamento del settore arbitrale e la lesione dei principi di alterità, terzietà, imparzialità ed indipendenza tipici della
funzione arbitrale. Con l‟aggravante di cui al comma 6 dell‟art. 6 CGS, per la pluralità di condotte poste in essere;
2. La società REGGINA per responsabilità diretta e presunta ai sensi degli artt. 6, 9, comma 3, e 2, comma 4, CGS per
quanto ascritto nel capo che precede al suo dirigente con legale rappresentanza e all‟altro soggetto (BERGAMO) non
tesserato per la predetta società. Con l‟aggravante di cui al comma 6 dell‟art. 6 CGS, per la pluralità di condotte poste in essere;
3. Pasquale FOTI, Presidente della REGGINA, per avere in prima persona avviato e coltivato contatti con il designatore
arbitrale Paolo BERGAMO (in ordine al quale sussiste difetto di giurisdizione, giusta pronuncia della CAF del 14 luglio
2006) finalizzati ad esercitare pressioni e ad operare il condizionamento sui componenti la terna arbitrale della gara
ATALANTA REGGINA del 28\11\2004, così ponendo in essere atti diretti ad alterare lo svolgimento ed il risultato della gara
medesima, in violazione dell‟art. 6 commi 1 e 2 C.G.S., come descritto nella parte motiva relativa alla gara in oggetto;
4. la società REGGINA, a titolo di responsabilità diretta e presunta, ai sensi dell‟art 6, commi 3 e 4, dell‟art. 2, comma 4, e
dell‟art. 9, comma 3, del C.G.S. con riferimento alle condotte sopra descritte, rispettivamente tenute dal suo legale
rappresentante e da BERGAMO nel suo interesse;
5. Pasquale FOTI, Presidente della REGG INA, per avere in prima persona avviato e coltivato contatti con il designatore
arbitrale Paolo BERGAMO (in ordine al quale sussiste difetto di giurisdizione, giusta pronuncia della CAF del 14
luglio 2006) finalizzati ad esercitare pressioni e ad operare il condizionamento del direttore di gara della partita
SAMPDORIA – REGGINA del 20\2\2005, così ponendo in essere atti diretti ad alterare lo svolgimento ed il risultato
della gara medesima, in violazione dell‟art. 6 commi 1 e 2 C.G.S., come descritto nella parte motiva relativa alla gara in
oggetto;
6. la società REGGINA, a titolo di responsabilità diretta e presunta, ai sensi dell‟art 6, commi 3 e 4, dell‟art. 2, comma 4, e
dell‟art. 9, comma 3, del C.G.S. con riferimento alle condotte sopra descritte, rispettivamente tenute dal suo legale
rappresentante e da BERGAMO nel suo interesse;
7. Paolo DONDARINI, arbitro della partita sub 5, per non aver adempiuto all‟obbligo di informare senza indugio i
competenti organi federali di essere venuto a conoscenza che terzi avevano posto o stavano per porre in essere atti diretti ad
alterare lo svolgimento ed il risultato della gara medesima, in violazione dell‟art. 6, comma 7, del C.G.S., come descritto nella
parte motiva relativa alla gara in oggetto;
8. Pasquale FOTI, Presidente della REGGINA, per avere in prima persona avviato e coltivato contatti con il designatore
arbitrale Paolo BERGAMO (in ordine al quale sussiste difetto di giurisdizione, giusta pronuncia della CAF del 14
luglio 2006) finalizzati ad esercitare pressioni e ad operare il condizionamento del direttore di gara della partita
PALERMO – REGGINA del 15\5\2005, così ponendo in essere atti diretti ad alterare lo svolgimento ed il risultato della
gara medesima, in violazione dell‟art. 6 commi 1 e 2 C.G.S., come descritto nella parte motiva relativa alla gara in oggetto;
9. la società REGGINA, a titolo di responsabilità diretta e presunta ai sensi dell‟art 6, commi 3 e 4, dell‟art. 2, comma 4, e
dell‟art. 9, comma 3, del C.G.S. con riferimento alle condotte sopra descritte, rispettivamente tenute dal suo legale
rappresentante e da BERGAMO nel suo interesse;
10. Tiziano PIERI, arbitro della partita sub 8, per non aver adempiuto all‟obbligo di informare senza indugio i competenti
organi federali di essere venuto a conoscenza che terzi avevano posto o stavano per porre in essere atti diretti ad alterare
lo svolgimento ed il risultato della gara medesima, in violazione dell‟art.6, comma 7, del C.G.S., come descritto nella parte
motiva relativa alla gara in oggetto;
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DECISIONI INTEGRALI DELLA COMMISSIONE D’APPELLO FEDERALE - STAGIONE SPORTIVA 2006-2007
11. Con l‟aggravante di cui al comma 6 dell‟art. 6 CGS, per la pluralità di condotte poste in essere, a carico del FOTI e della
REGGINA.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
L‟Ufficio indagini con atto di data 31 luglio 2006 (rif. Ind. 62/sexies in. 2005/06) ha riferito al Procuratore federale che gli
accertamenti espletati nei confronti della Società REGGINA CALCIO avevano evidenziato – con riguardo ad una serie di
incontri di calcio relativi al campionato di serie A 2004/2005 - l‟esistenza di rapporti tra il Presidente della Reggina Calcio ,
sig. Pasquale Foti, e il designatore arbitrale, sig. Paolo Bergamo, esulanti dal corretto rapporto tra designatori e dirigenti di
squadre di calcio professionistiche. Il Procuratore federale, a sua volta, con atto di data 7 agosto c.a. deferiva alla CAF i
soggetti sopraindicati per rispondere delle incolpazioni enunciate in epigrafe. A base del deferimento, il Procuratore federale ha
richiamato, a titolo esemplificativo, oltre alla citata relazione dell‟Ufficio indagini e le dichiarazioni delle persone informate
sui fatti, le informative del Nucleo operativo dei CC. di Roma del 19 aprile 2005, del 2 novembre 2005, del 21 gennaio 2006 e
del 14 luglio 2006, trascrizioni di conversazioni telefoniche, interrogatori di indagati, ulteriori atti di indagine trasmessi
dall‟autorità giudiziaria ordinaria ; decisioni della Commissione di appello e della Corte federale rispettivamente del 14 luglio e
25 luglio 2006. Ha riferito il Procuratore federale che, in base a colloqui intercettati, era emersa tra il Presidente della Società
REGGINA, il designatore Paolo Bergamo e Luciano Moggi, direttore generale, all‟epoca dei fatti, della società JUVENTUS,
l‟esistenza tra loro di una rete fitta e stabile di assidui contatti finalizzati, tra l‟altro, a condizionare il settore arbitrale. Ha
segnalato il Procuratore federale che tale finalità veniva perseguita attraverso una costante corrispondenza telefonica, in base ad
un consolidato rapporto di amicizia, tra il Foti ed il Bergamo volti ad ottenere dal secondo la scelta e la designazione di
arbitri ed assistenti compiacenti nonché ad intervenire direttamente su costoro per assicurare un trattamento di favore alla
REGGINA durante le gare. A ciò si aggiungeva il particolare rapporto del Foti con il Moggi in quanto il primo, in
occasione dell‟elezione del Presidente federale e del Presidente della LNP, aveva assunto una posizione coincidente con
quella dei dirigenti della JUVENTUS. Esplicitato che la funzione e la posizione degli arbitri assume un rilievo
preminente nell‟ordinamento sportivo, in generale, e in quello relativo al movimento calcistico in particolare - donde
l‟esigenza di assicurare al massimo, i valori di terzietà, indipendenza ed autonomia di tale categoria, e la conseguente
esigenza di una loro condotta irreprensibile anche al di fuori dell‟attività strettamente agonistica e tecnica - nell‟atto di
deferimento si segnalava il contenuto – ritenuto disciplinarmente rilevante - di taluni colloqui intercorsi tra il Foti ed il
Bergamo in relazione alla partecipazione della REGGINA alle seguenti gare: a)PARMA – REGGINA del 10 novembre
2004; b)ATALANTA – REGGINA del 28 novembre 2004; c)REGGINA – BRESCIA del 5 dicembre 2004; d)REGGINA –
CAGLIARI del 12 dicembre 2004; e)REGGINA – PALERMO del 6 gennaio 2005; f)UDINESE – REGGINA del 23
gennaio 2005; g) LIVORNO – REGGINA del 6 febbraio 2005; h)SAMPDORIA – REGGINA del 20 febbraio 2005;
i)REGGINA – MESSINA del 13 marzo 2005; l)REGGINA – ATALANTA del 20 aprile 2005; m)PALERMO - REGGINA del
15 maggio 2005.
Nell‟atto di deferimento si richiamava l‟attenzione, in particolare, non solo sulla frequenza dei contatti intercorsi tra il
designatore BERGAMO ed il Presidente della REGGINA, Foti, ma sulla prossimità delle conversazio ni alle gare della
REGGINA ed al costante oggetto delle stesse, arbitri ed assistenti impegnati nelle relative competizioni. Presentati gli atti alla
CAF, il Presidente disponeva la notificazione dell‟avviso di convocazione per la trattazione del giudizio fissando all‟uopo
la data del 13 agosto 2006. A seguito di ciò, veniva depositata presso la segreteria della CAF memoria di data 10 agosto
2006 di Pasquale Foti e della società Reggina calcio s.p.a. con la quale motivatamente si eccepiva l‟inutilizzabilità delle
intercettazioni telefoniche acquisite presso la D.D.A. di Napoli con riferimento agli artt. 266, 268, 271 c.p.p. e 15 Cost., 8
Convenzione europea per la Salvaguardia dei Diritti dell‟Uomo e si depositavano:
 istanza rivolta alla D.D.A. di Napoli finalizzata a conseguire copia degli atti del procedimento e del relativo
provvedimento di rigetto della stessa Procura;
 rassegna stampa relativa alle gare Lazio – Reggina, Milan – Reggina, Chievo – Reggina, Messina – Reggina,
Atalanta-Reggina, Palermo-Reggina, Sampdoria- Reggina, Reggina-Brescia e Reggina-Cagliari;
 videocassette relative alle gare: Lazio-Reggina; Milan-Reggina; Chievo-Reggina e Messina-Reggina;
 documentazione relativa al procedimento Mozart innanzi alla Caf;
 tabelle riassuntive delle sanzioni comminate in danno della Reggina Calcio e delle ammonizioni.
Si chiedeva, inoltre,con riferimento alla gara Atalanta-Reggina l‟audizione della terna arbitrale costituita dal sig. Paolo
Bertini, dal sig. Paolo Calcagno e dal sig. Fabrizio Babini. Anche il Dondarini depositava, via fax, memoria difensiva
in data 10 agosto 2006 con la quale contestava, tra l‟altro, l‟assoluta genericità ed ambiguità del capo di incolpazione e
l'equivocità interpretativa delle intercettazioni telefoniche. Presso la Segreteria della CAF venivano, altresì, depositate le
istanze di ammissione al dibattimento, ai sensi dell‟art. 37, comma 7 e 29, comma 3 C.G.S. delle società U.S. Lecce S.p.A.,
U.S. Avellino S.p.A., Brescia Calcio S.r.l. e Treviso F.B.C. 1993 S.r.l.. All‟udienza del 13 agosto 2006, registrate le
presenze delle parti e dei difensori delegati, il Collegio sentiti il Procuratore Federale e e le altre parti presenti, ammetteva
quali terzi interessati le società U.S. Lecce S.p.A. e U.S. Avellino S.p.A. escludendo le altre con l‟ordinanza n. 1 del seguente,
testuale tenore:
La Commissione d‟Appello Federale decidendo sulle istanze di intervento dispiegate dalle società Lecce, Brescia, Avellino e
Treviso,
- esaminato l‟interesse concreto in relazione al procedimento oggi trattat o ed a tutti i suoi possibili esiti, solo il Lecce e
l‟Avellino appaiono essere portatori dell‟interesse di cui all‟art. 29 comma 3 C.G.S., perché l‟interesse, ancorché
indiretto, deve essere attuale ed apprezzabile concretamente, mentre non possono essere presi in esame interessi
meramente astratti;
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- ritenuto per fermo quanto sopra, la classifica dei campionati di Serie A e B per le stagioni sportive 2004/2005 e
2005/2006 non appare suscettibile di riflessi sulle società Brescia e Treviso, in relazione all‟oggetto del
presente procedimento.
P.Q.M.
La C.A.F.
ammette l‟intervento dispiegato dalle società Avellino e Lecce;
non ammette l‟intervento delle società Brescia e Treviso.
Successivamente, sulle eccezioni preliminari e sulle istanze istruttorie di cui alle memorie sopra indicate, sentiti il
Procuratore Federale e le altre parti, la C.A.F. si pronunciava con l‟ordinanza n. 2 che decideva testualmente come segue:
La Commissione d‟Appello Federale decidendo sulle eccezioni preliminari e sulle istanze istruttorie proposte dalle difese del
Sig. Foti Pasquale, della Società Reggina Calcio, del Sig. Dondarini Paolo e del Sig. Pieri Tiziano;
ritenuto di dover aderire ai precedenti provvedimenti, in proposito, della C.A.F. ed in particolare, nel suo insieme,
al Comunicato Ufficiale n. 1/C 2006/2007, con il quale sono state rigettate analoghe eccezioni relative
all‟utilizzazione delle intercettazioni telefoniche in sede di procedimento disciplinare;
considerato che l‟istanza di ammissione quali testi del Sig. Be rtini Paolo, del Sig. Babini Fabrizio e del Sig.
Calcagno Paolo non appare pertinente rispetto ai fatti come specificati nelle incolpazioni;
considerato, viceversa, che appare opportuno acquisire la documentazione e le videocassette indicate nella
memoria difensiva della difesa del Sig. Foti Pasquale e della società Reggina Calcio, stante l‟attinenza
alle allegazioni difensive;
- rilevato che, viceversa, la richiesta esibizione ed acquisizione dei referti arbitrali relativi a tutte le
partite del Campionato 2004/2005 della Reggina Calcio e presso l‟A.I.A. delle schede di valutazione
arbitrale redatte dall‟osservatore arbitrale difetta di pertinenza rispetto al tema del presente provvedimento;
P.Q.M.
La C.A.F.
- rigetta le eccezioni proposte dalla difesa del Sig. Foti, della Società Reggina Calcio, del Sig. Dondarini e del
Sig. Pieri circa l‟acquisizione e l‟utilizzazione delle intercettazioni telefoniche;
- rigetta l‟istanza di ammissione in qualità di testi del Sig. Bertini Paolo, del Sig. Babini Fabrizio e del Sig.
Calcagno Paolo, nonché quella di esibizione ed acquisizione dei referti arbitrali relativi a tutte le partite
del Campionato
2004/2005 della Reggina Calcio e – presso l‟A.I.A. – delle schede di valutazione arbitrale redatte dall‟osservatore
arbitrale;
- ammette, nel resto, la produzione documentale e le videocassette di cui alla memoria difensiva del Sig. Foti e
della Reggina Calcio in data 10.08.2006.
Dopo le dichiarazioni rese spontaneamente dal Dondarini e dal Pieri, il Presidente apriva la discussione dando
la parola al Procuratore federale, il quale illustrava le ragioni in virtù delle quali rassegnava le conclusioni riepilogate in
apposita nota d‟udienza. In particolare, chiedeva :
per il Presidente FOTI, ritenuta la continuazione fra gli illeciti in contestazione e ritenute le aggravanti contestate,
la inibizione per anni cinque, con proposta al Presidente Federale di dichiarazione di preclusione;
per la REGGINA, ritenuta la continuazione fra le responsabilità dirette (per le condotte del Presedente FOTI) ex artt. 6 e 1
C.G.S. e le responsabilità presunte (per le condotte del BERGAMO) ex artt. 6, comma 4, 2, comma 3, e 9, comma 3,
C.G.S. e ritenute le aggravanti contestate, la retrocessione all‟ultimo posto della classifica del campionato 005/2006 e la
penalizzazione di quindici punti in classifica, da scontarsi nel campionato 2006/2007, ai sensi dell‟art. 13, lettere g) e
f) C.G.S.;
per gli arbitri PIERI e DONDARINI mesi sei di inibizione ciascuno, per la violazione di cui all‟art. 6, comma 7, C.G.S. come
loro rispettivamente contestata.
Dopo che gli assistenti dei terzi interessati svolgevano le rispettive arringhe riportandosi alle conclusioni del Procuratore
federale, i deferiti illustravano le rispettive posizioni chiedendo il proscioglimento. Nel corso della discussione la società
U.S. Avellino, il Foti e la società Reggina Calcio, nonché il Dondarini depositavano note d‟udienza. Al termine il sig.
Pasquale Foti prendeva la parola in chiave difensiva.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. – Preliminarmente la Commissione osserva, a completamento delle motivazioni adottate a sostegno delle ordinanze n.1 e n.2
emesse in apertura del dibattimento, quanto segue.
Per ciò che attiene alle istanze di intervento dispiegate dalle Società Brescia e Treviso, considerate le classifiche finali dei
campionati di serie A e B per le stagioni 2004-05 e 2005-06, non è possibile ravvisare in alcun modo un interesse neppure
ipotetico delle richiedenti a partecipare all‟attuale dibattimento. Infatti, qualunque dovesse essere l‟esito di questo, e
quand‟anche la sua eventuale conclusione avesse dovuto comportare l‟assegnazione della Reggina ad una serie inferiore, non
è dato cogliere, a differenza di quanto poteva sia pure astrattamente prospettarsi per l‟Avellino e per il Lecce, alcun
potenziale antaggio per le loro aspirazioni a conseguire l‟ammissione alla serie superiore. Per ciò che riguarda, poi, le eccezioni
relative alla utilizzazione di intercettazioni telefoniche, disposte ed eseguite nel corso di procedimenti innanzi all‟autorità
giudiziaria ordinaria, questa Commissione rileva che gli argomenti addotti risultano già vagliati in senso negativo dal C.U. n.
6/C 2005- 2006 e nello scorso mese dalla decisione relativa al Com. Uff. della CAF n. 1/C nelle riunioni del 29 giugno/3-4-5126
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6-7 luglio 2006, confermata sul punto anche dalla decisione della Corte federale n. 2/Cf del 4 agosto 2006. Gioverà in sintesi
ricordare che, secondo la Corte federale, l‟ordinamento costituzionale italiano contempla una significativa limitazione al
divieto di violare la libertà e segretezza di ogni forma di comunicazione attraverso la previsione all‟art. 15, secondo comma,
in base alla quale la limitazione deve avvenire, come nella specie, attraverso atto motivato dell‟Autorità giudiziaria con le
garanzie stabilite dalla legge la cui concreta ricorrenza ha per costante giurisprudenza dei Giudici della legittimità delle leggi
esonerato da dubbi di illegittimità la normativa processuale penalistica, nonché le disposizioni rivolte alla tutela dei valori dello
sport.Proprio il carattere strumentale al perseguimento di scopi costituzionalmente congrui consente continua la Corte
federale di ritenere privo di decisività il riferimento effettuato da alcune difese alla normativa racchiusa nella Convenzione
Europea per la salvaguardia dei diritti dell‟uomo del 1950, tenuto conto che il relativo art. 8 espressamente coordina la tutela
del valore della riservatezza con quella altrettanto essenziale in una società democratica della repressione dei fatti illeciti
penalmente rilevanti. La natura stessa del procedimento disciplinare come regolato dal C.G.S. non prevede, poi, né
implicitamente né esplicitamente la possibilità che l‟organo di giustizia sportivo, nel caso in cui siano stati acquisiti atti di
procedimenti di competenza dell‟Autorità giudiziaria ordinaria, verifiche ai fini della loro mmissibilità od utilizzabilità - il
rispetto delle relative norme processuali e ciò per un duplice ordine di ragioni. In primo luogo, perché nessuna norma del
C.G.S. attribuisce siffatta “funzione” sia pure in via incidentale al giudice sportivo; in secondo luogo, perché da un punto di
vista sostanziale, l‟Autorità giudiziaria ordinaria no è tenuta a esibire, “in qualunque momento”, a quella sportiva gli atti di
indagine assunti e meno ancora quelli processualmente prodromici. Del resto, se l‟autorità giudiziaria ordinaria ha rifiutato al
Foti il rilascio di taluni atti giudiziari sul rilievo della loro segretezza per non essere stato emesso ancora l‟avviso di cui all‟art.
415-bis c.p.p., è impensabile ritenere che tali atti possano essere acquisiti dalla CAF nel corso di un procedimento
disciplinare che vede incolpato lo stesso Foti. Se fosse vero il contrario, il Foti potrebbe ottenere per altra via quanto
negatogli dall‟autorità giudiziaria ordinaria oppure dovrebbe concludersi che il diritto di difesa costituzionalmente garantito nel
processo penale abbia un contenuto “minore” rispetto agli interessi dell‟“ordinamento sportivo. L‟evidente incongruenza di
entrambe le conclusioni esonera la CAF da ulteriori sottolineature. Con questo non si intende giungere ad affermare che, in
linea di principio, i vizi eventuali che possono inficiare l‟utilizzabilità di prove penali, quali le conversazioni intercettate,
siano irrilevanti: una prova della quale sia stata dimostrata l‟illiceità (si pensi a dichiarazioni storte con violenza) non
potrebbe trovare ingresso di sicuro neppure nell‟ambito di una giustizia “domestica” quale è quella sportiva. S‟intende
piuttosto affermare che è onere dell‟incolpato dimostrare l‟eventuale illiceità o “inutilizzabilità” della prova la quale,
peranto, in difetto, può essere legittimamente vagliata dal giudice sportivo. Può aggiungersi, inoltre, che le intercettazioni, nel
caso di specie, non sono state acquisite come fonte esclusiva di prova, ma soltanto come elementi idonei alla formazione del
convincimento del giudice purché corroborati da tutte le altre dirette acquisizioni compiute dall‟Ufficio Indagini e vagliate
dalla Procura Federale, oltre che da quelle che emergano nel corso dello stesso dibattimento. Del resto, come già avvenuto in
occasione del precedente giudizio innanzi a questa Commissione, esse non vengono contestate dalle parti nell‟autenticità e
veridicità delle trascrizioni acquisite agli atti e nella fedeltà delle registrazioni compiute, ma unicamente poste in dubbio e
liberamente contrastabili in merito all‟effettivo significato ed alla interpretazione attribuita alle paole, alle frasi ed al senso
delle espressioni adoperate. E, come già nella precedente occasione, anche in questa le parti son state ammesse a comparire
personalmente e poste in grado di chiarire con eventuali dichiarazioni spontanee, oltre che con l‟assistenza tecnica prestata
dalla loro difesa, quanto di inesatto o di equivoco, possa, a prima impressione, da tutto il materiale in esame, farsi derivare. Le
altre prove, testimoniali e documentali, non ammesse non presentavano la necessaria rilevanza in merito all‟effettivo thema
decidendum.
2. – Nel merito, in ordine logico e muovendo dalla considerazione della maggior gravità dei comportamenti denunciati, va
esaminata anzitutto la fondatezza delle incolpazioni attribuite al Presidente della società Reggina, oltre che a quest‟ultima,
per illecito sportivo ai sensi dell‟art.6 del C.G.S., relativamente alle seguenti gare: a) Parma-Reggina, 1-0 del 10 novembre
2004; b) Atalanta-Reggina, 0-1 del 28 novembre 2004; c) Reggina Brescia, 1-3 del 5 dicembre 2004; d) Reggina -Cagliari,
3-2 del 12 dicembre 2004; e) Reggina-Palermo, 1-0 del 6 gennaio 2005; f) Udinese-Reggina, 0-2 del 23 gennaio 2005; g)
Livorno-Reggina, 1-1 del 6 febbraio 2005; h) Sampdoria- Reggina, 3-2 del 20 febbraio 2005; i) Reggina-Messina, 0-2 del
13 marzo 2005; l) Reggina-Atalanta, 0-0 del 20 aprile 2005; m) Palermo-Reggina, 1-1 del 15 maggio 2005.
Per le gare di cui alle lettere b), h), e m), tuttavia, l‟illecito non consisterebbe nel tentativo di conseguire comunque un
vantaggio in classifica, ma in quello di interferire sull‟andamento di una determinata gara: con la conseguenza, sempre secondo
l‟orientamento seguito dalla Procura, di richiedere la presenza del requisito di una concreta idoneità della condotta posta in
essere e consistente nella esigenza che sia stato contattato al riguardo almeno uno dei componenti della terna arbitrale.
Sennonché, per nessuna delle tre gare innanzi indicate appare, ad avviso della Commissione, pienamente raggiunta, oltre cioè
ogni ragionevole dubbio, la dimostrazione che n contatto del genere sia realmente avvenuto, sia pure a mezzo di una semplice
telefonata. Esistono, in realtà, in merito soltanto alcune affermazioni del Bergamo, intese ovviamente a tranquillizzare il suo
interlocutore. Per la prima di queste tre gare, però, non risulta nemmeno indicato a quale componente della terna arbitrale il
designatore si sarebbe rivolto. Per la seconda, giuoca in senso contrario la diretta smentita dell‟arbitro Dondarini e, per uel che
può valere, lo stesso risultato che ha visto la Reggina soccombere. Per la terza, rileva la genericità ed equivocità delle
assicurazioni laconicamente inserite nel dialogo tra il Foti ed il Bergamo (“…ti raccomando…” dice il primo e “già fatto”,
risponde il secondo) che in merito all‟arbitro designato predice che farà una buona gara, dal momento che la preparazione è
stata molto decisa. Non si dimentichi che il Bergamo parla da Coverciano, ove gli arbitri si erano riuniti per un raduno
finalizzato proprio a migliorarne la preparazione atletica e tecnica.
Né va sottovalutata la circostanza che, in vista delle imminenti elezioni del Presidente Federale e di quello della Lega, oltre
che della programmata riforma del sistema di designazione degli arbitri, non pare del tutto infondato presumere che esistesse
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un sensibile interesse del Bergamo ad acquisire od a mantenere comunque vantando pregressi meriti, reali od anche
meramente ed astutamente asseriti un potenziale di gratitudine da parte del Presidente di una società sportiva.
Per le altre partite sopra ricordate la Procura deduce, invece, la violazione dell‟art. 6 n.1, ultima parte: nel senso, cioè, che la
condotta denunciata a questa Commissione non concernerebbe l‟alterazione dello svolgimento o del risultato di una
determinata gara, ma la finalità volta ad assicurare un vantaggio in classifica. L‟art. 6, 1 comma C.G.S. definisce, infatti,
come illecito sportivo “il compimento, con qualsiasi mezzo, di atti diretti ad alterare lo svolgimento o il risultato della
gara ovvero ad assicurare a chiunque un vantaggio in classifica”.
Più precisamente il testo dell‟art. 6 comma 1 C.G.S. evidenzia che l‟illecito sportivo da esso contemplato è
configurato sotto forma di tre distinte ipotesi d‟illecito consistenti:
1) nel compimento di atti diretti ad alterare lo svolgimento di una gara;
2) nel compimento di atti diretti ad alterare il risultato di una gara;
3) nel compimento di atti diretti ad assicurare a chiunque un vantaggio in classifica. Si tratta di tre fattispecie ciascuna
autonoma rispetto alle altre, nel senso che la consumazione dell‟una non integra necessariamente la perpetrazione delle
altre.
Una lettura non sufficientemente meditata dell‟art. 6, 1 comma C.G.S., potrebbe indurre a concludere che il compimento di
atti diretti ad alterare lo svolgimento o il risultato di una gara dal momento che la posizione in classifica di una squadra
è la risultante aritmetica della somma dei punti conseguiti sul campo non può non produrre l‟effetto di assicurare a chiunque
un vantaggio in classifica, onde la terza ipotesi si risolverebbe in un pleonasmo. All‟esito, però, di una più attenta,
approfondita verifica emergono delle situazioni suscettibili di integrare la terza fattispecie di illecito, senza realizzare
necessariamente al tempo stesso - una delle altre due. Quanto sopra muove dalla constatazione che la classifica nel suo
complesso può essere influenzata da condizionamenti che, a prescindere dal risultato delle singole gare, finiscono tuttavia per
determinare il prevalere di una squadra rispetto alle altre. L‟enunciato che precede si legge nel C.U. N.1/C del 7 luglio 2006
con il quale è stata positivamente riscontrata una situazione del genere a proposito dell‟illecito ascritto a Moggi Luciano circa i
fatti da lui commessi nell‟interesse della Juventus. In detta circostanza, la CAF affermato che autonomia ed imparzialità
devono essere garantite non solo agli arbitri, ma a tutti i partecipi a qualunque titolo del settore arbitrale ha concluso che
talune condotte avevano avuto l‟idoneità a condizionare la regolarità del funzionamento arbitrale a favore della Juventus.
Richiamando in proposito il provato, prolungato rapporto preferenziale tra i dirigenti di detta squadra ed i designatori oltre che
in taluni casi anche degli arbitri frutto di frequentazioni anche private, integrate da lusinghe, vantaggi economici, minacce
paventate anche attraverso il distorto uso di mezzi di comunicazione di massa, la Caf ha acclarato che il Moggi aveva avuto
la possibilità di incidere sulla formazione delle griglie, sulla individuazione del nome degli arbitri, nonché di interferire
nella scelta degli assistenti e di sollecitarne la punizione a seconda della condotta tenuta in occasione delle gare.
Prescindendo dall‟individuazione specifica di queste ultime, la CAF nel citato C.U. N. 1/C concludeva per la sussistenza
nei confronti del Moggi dell‟illecito sportivo di cui all‟art. 6, 1 comma C.G.S. affermando testualmente di aver raggiunto la
prova sul rilievo che “le condotte accertate erano soggettivamente ed oggettivamente dirette a interferire sulla terzietà
della funzione arbitrale” al fine di assicurare alla squadra un trattamento preferenziale ed “avevano una capacità causale
adeguata pe il conseguimento del risultato sperato”. Emerge chiaro che al Moggi l‟art. 6,1 comma risulta in definitiva
attribuito per il “condizionamento”, attuato attraverso la variegata tipologia di condotte operate sulle diverse componenti
del settore arbitrale: condizionamento che consentiva alla Juventus di scendere in campo con un “quid pluris” di vantaggio
-rispetto alle altre squadre permettendole di ottenere un trattamento preferenziale e quindi “in definitiva ad assicurarsi un
vantaggio in classifica …” stante la loro idoneità “a determinare una situazione di disparità” (in linea generale e costante)
rispetto alle altre squadre. Se si ha riguardo ad un'impostazione interpretativa della disposizione in esame nel senso indicato
dal citato recente Comunicato Ufficiale cui questo Collegio ritiene di aderire appare corretto concludere, quindi, che l‟illecito
previsto dall‟art. 6, 1 C.G.S. con riguardo agli “atti diretti ad assicurare a chiunque un vantaggio in classifica” è
configurabile autonomamente rispetto agli altri due previsti dalla stessa disposizione. Per cui, formando in base al testo del
deferimento esso (e non le altre due ipotesi) l‟oggetto della contestazione mossa al primo capo di incolpazione, il Collegio
deve valutare se gli elementi addotti dal Procuratore federale provino che il Foti abbia realizzato con riguardo alla Reggina,
un condizionamento del regolare funzionamento del settore arbitrale sulla falsa riga, in sostanza, dello stesso genere
d‟illecito per cui il Moggi è stato condannato. De resto, lo tesso Procuratore federale sembra aver impostato l‟atto di
deferimento recependo, quanto meno per implicito, le ragioni alla base dell‟accennata distinzione: tanto è vero che al Foti
contesta in forma autonoma e concorrente con le incolpazioni di cui ai capi nn. 3, 5 ed 8 violazioni dell‟art. 6, 1 comma
prima parte C.G.S. sotto il profilo di aver posto in essere con riguardo a tre specifiche gare della Reggina “atti diretti ad
alterare lo svolgimento ed il risultato” delle medesime e non “atti diretti ad assicurare a chiunque un vantaggio in
classifica”.
Tanto puntualizzato, scendendo al merito dell‟incolpazione sub 1), La CAF ritiene che le condotte addebitate al Foti non
integrino l‟illecito sportivo contestatogli, pur essendo in esse sicuramente ravvisabili reiterate violazioni dell‟art. 1.1 comma
C.G.S. I contenuti delle telefonate relative alle gare della Reggina indicate ai nn.3, 5,6,7,8,9,11,12 e 13 della sezione III
dell‟atto di deferimento dimostrano che esse riposano su un collaudato rapporto di amicizia risalente al 1986 tra il Foti
ed il Bergamo e non su una posizione di predominanza del primo ovvero comunque, di subalternità del secondo - in
difformità da quanto era accaduto tra il citato designatore ed il Moggi. Anche se all‟esistenza di un rapporto di amicizia
fra i due sono palesemente riconducibili quelle parti dei loro discorsi attinenti alle prossime gare della Reggina, tale substrato
psicologico non è idoneo ad affermare, infatti, l‟esistenza di quel condizionamento del regolare funzionamento del “settore”
arbitrale di cui parla l‟incolpazione. Condizionare il settore arbitrale, significa avere il potere di influenzare l‟azione e la
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composizione delle relative terne; significa poter imporre nomi e designazioni: ma tutto ciò non traspare dalle intercettazioni
attinenti alle gare indicate nell‟addebito. Ed anche se in esse si colgono tra l‟altro inviti affinché il Bergamo telefoni
all‟arbitro o agli assistenti inviti finalizzati, secondo il Foti, a richiamare tutti costoro ad un'attenta condotta di gara si tratta
di sollecitazioni che seguono le notizie fornite dal Bergamo a proposito di soggetti già estratti o da lui designati e non richieste
dell‟incolpato affinché fosse designato un nominativo specifico. In un contesto del genere, non vi è prova che il Foti abbia
operato un “condizionamento del settore arbitrale” in sé, onde le condotte contestategli non appaiono causalmente
efficienti rispetto “alla finalità” in generale “di procurare un vantaggio in classifica” alla Reggina nel senso sopra chiarito.
3. In quasi tutti i comportamenti del Foti riportati nel capo n. 1 emergono, invece, come si diceva, precise violazioni
dell‟art. 1, 1 comma C.G.S.. Ritiene la CAF che violi i principi di lealtà, probità e correttezza sanciti dalla disposizione in
esame l‟attività di un Presidente di società che, in virtù di un suo rapporto “privilegiato” con il designatore, in prossimità
temporale dello svolgimento di gare, riceva da costui a differenza delle altre società notizie circa la composizione e la
designazione della terna arbitrale, spingendosi a commentarne con lo stesso l‟attitudine e la competenza oltre che a
sollecitarne un intervento ancorché asseritamente al solo scopo di ribadire l‟esigenza di un attento e corretto comportamento
in campo. Ciò significa, quanto meno, strumentalizzare un rapporto confidenziale o amichevole con il designatore per
accedere a notizie e formulare sollecitazioni in violazione conclamata di tutti quei principi di lealtà, probità e correttezza
enunciati all‟art. 1, 1 comma C.G.S. Le telefonate che l‟incolpato riconosce nelle sue dichiarazioni essere vicendevolmente
intercorse con il Bergamo dichiarazioni rispetto alle quali le trascrizioni delle intercettazioni in atti si pongono soltanto
quale materiale supporto di lettura provano quanto sopra. Censurabili appaiono, infatti, alla luce delle considerazioni sopra
svolte, tutti i colloqui telefonici intercorsi tra il Foti ed il Bergamo ad eccezione soltanto di quelli di cui alle successive
lettere h) ed i). Si vedano, esemplificativamente
a) Telefonata contraddistinta dal n. prog. 242 del 7.11.2004, da essa risulta:
che il Bergamo abbia detto: “io segue le cose da qui, sono state preparate con già da…da sabato” illustrandogli quali
potevano essere gli arbitri in relazione alla gara PARMA – REGGINA del 10.11.2004 (n. 3 della sez. III del deferimento);
che, di rimando, il Foti abbia risposto: “ ti raccomando che è troppo importante”. Invero lo stesso Foti ha dichiarato che la
frase da lui pronunciata, mentre si sta parlando delle designazioni arbitrali, intendeva soltanto sottolineare l‟importanza della
partita.
b) Telefonata contraddistinta dal n. prog. 6562 del 04.12.2004, in relazione alla gara Reggina/Brescia del 05.12.2004 (n. 5
della sez. III del deferimento), da essa risulta:
Foti: “senti tutto a posto?”; Bergamo: “per domani tutto preparato si si…”; Foti: “uh uh!” ; Bergamo: “ stai tranquillo
stai tranquillo!”; Foti: “ti raccomando fagliela n‟altra telefonata a questo qua perché…”; Bergamo: “sii!”; Foti: “sennò
l‟ammazzo domani io!” ; Bergamo: “ehh..ma l‟ammazziamo più d‟uno eh!”; Foti: “ah!”; Bergamo: “stai tranquillo!” ; Foti:
“ va bene!”; Bergamo: “eh! E anche il numero uno poi…è apposto il numero due è un amico insomma…è un bel…bel
sodalizio eh!”; Foti: “eh…va bene!”. L‟interpretazione da dare al colloquio porta a censurare l‟incolpato, avendo egli stesso
ammesso che con le sue parole intendeva creare in Bergamo maggiore attenzione perché preoccupato dalla designazione di
Racalbuto che venti giorni prima a Messina aveva negato un rigore alla Reggina.
c) Telefonata contraddistinta dal n. prog. 8028 del 11.12.2004, in relazione alla gara Reggina/Cagliari del 12.12.2004 (n. 6
della sez. III del deferimento), da essa risulta:
Bergamo: “la moglie di Robi Rosetti, che doveva partorire il venti di dicembre ha avuto una minaccia di parto, l‟hanno
ricoverata in ospedale stanotte e Robi è dovuto partire di corsa e non se la sente di arbitrare, la prima riserva è
Massimo eh, quindi tranquillo, è venuto qui allo stadio…a Linate qui a far l‟allenamento”; Foti: “uh”; Bergamo: “già
Massimo è tranquillo ancora meglio eh”; Foti: “eh vedi un attimo eh”; Bergamo: “no, stai tranqui…è qui con me”; Foti: “eh
infatti se è con te vedi un attimo quello che devi fa” (e non come trascritto “quello che ti deve designà”). Anche ad
accedere alla tesi difensiva del Foti secondo cui chiedeva al Bergamo di stimolare la concentrazione dell‟arbitro, come
da suoi compiti, sulla partita, emerge chiaro il disvalore della condotta del presidente della Reggina.
d) Telefonata contraddistinta dal n. prog. 15170 del 04.01.2005, in relazione alla gara Reggina/Palermo del 06.01.2005 (n. 7
della sez. III del deferimento), da essa risulta: Bergamo: “io mi ritengo anche fortunato perché noi avevamo
preparato innanzitutto essendo la partita che tu sai eee molto delicata, l‟avevamo messa dove c‟era un gruppo molto nutrito
di amici, e penso che sia andata bene, dai, penso che sia andata bene, perché l‟hai visto lì in quella griglia c‟era insomma
tutti ragazzi, c‟era Nucin, c‟eraaa coso Bati no Batti non poteva farlo, c‟eraaaaaaa a parte Pieri a parte Preschen (?), a
parte Dattilo che non può farla poi c‟era Cassarà che non poteva farla, quindi le mire erano ben precise, c‟era un altro
giovane che è andato a finire a Cagliari, ma che è un ragazzo qui di Firenze molto bravo, e quindi son soddisfatto,
è…come?”; Foti: “a Coverciano sei?”; Bergamo: “si si, noi ieri e oggi e domani mattina siamo qua poi i ragazzi li diamo la
via domani oggi abbiamo fatto i test atletici, abbiamo controllato il peso più o meno in condizioni atletiche sono in
condizioni mentali quelli giusti ce li metto”; Foti: “no l‟importante che stanno bene i ragazzi”; Bergamo: “siii, stanno bene
tutti e tre”. È indiscutibile che la telefonata del Foti con l‟espressione sopra riportata “…tu tutto bene?” sollecitasse in
realtà informazioni sulla componente arbitrale, tanto più che alle notizie prima richiestegli sulle sue condizioni di salute il
Bergamo aveva già risposto di star bene; per cui in conclusione anche il colloquio in questione s‟inquadra nel parametro di
cui all‟art. 1 comma 1 C.G.S..
e) Telefonata contraddistinta dal n. prog. 20045 del 21.01.2005, in relazione alla gara Udinese/Reggina del 23.01.2005 (n.
8 della sez. III del deferimento), da essa risulta: Bergamo: “sei preoccupato per il giovane?”; Foti: “si, tanto! Mi dicono
che è casal…, che sta in casa alla grande”; Bergamo: “no, no, poverino questo è un ragazzo che, certo per l‟Udinese
– Reggina, se devo essere sincero fino in fondo, non è, non è la sua partita, però è un ragazzo che ha già fatto la A che
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DECISIONI INTEGRALI DELLA COMMISSIONE D’APPELLO FEDERALE - STAGIONE SPORTIVA 2006-2007
merita di, diciamo di esser di, di fargli fare la A perché è bravo, certo Udinese – Reggina è una bella gara per cui
gli abbiamo messo intanto due assistenti Fabio e Rossomando che sono due ragazzi di fiducia mia, e poi lui
vedrai non è un casalingo assolutamente, è un ragazzo, un bel carattere, però è giovane Lillo, ti direi una bugia se ti
dicessi che negli otto che erano in lista lui come età era pippone”; Foti: “uh”; Bergamo : “eh, però però è bravo stai
tranquillo che farà una buona partita, io ci parlo”; Foti: “eh”; Bergamo: “non ciò voluto parlare oggi perché, per non
tirargli troppo la corda, domani mattina ci faccio una bella chiacchierata”; Foti: “parlaci un poco per bene”;
Bergamo: “ stai tranquillo”. Anche a voler intendere nel senso più innocentista possibile i contenut i del colloquio non può
sfuggire che le riserve manifestate dal Foti sulla designazione dell‟arbitro e, di fronte alle assicurazioni del Bergamo di
avergli tra l‟altro messo accanto due ragazzi di sua fiducia, l‟invito rivolto al designatore di parlare “un poco per bene con
l‟arbitro” integrano un'inconfutabile violazione dei canoni di correttezza sportiva più volte sopra richiamati.
f) Telefonata contraddistinta dal n. prog. 23616 del 02.02.2005, in relazione alla gara Livorno/Reggina del 02.02.2005 (n.
9 della sez. III del deferimento), da essa risulta Foti: “ti raccomando domenica, domenica la vedo, ce l‟ho dura”; Bergamo:
“lo so, lo, lo so già ho preparato, domenica mi rientrano tutti gli internazionali, oggi poi mancavano sei internazionali
che sono alla Uefa”. Lo stesso Foti, nel corso dell‟audizione resa all‟Ufficio Indagini il 27.07.2006, ha ammesso
implicitamente la sussistenza della violazione dell‟art. 1 comma 1 C.G.S. secondo i parametri esposti da questo Collegio
dichiarando di aver inteso “nuo vamente sollecitare il designatore a stimolare l‟arbitro alla concentrazione”.
g) Telefonata contraddistinta dal n. prog. 34255 del 11.03.2005, in relazione alla gara Reggina/Messina del 13.03.2005 (n.
11 della sez. III del deferimento), da essa risulta: Bergamo: “…eh…ah…domenica la devi vincere al 1000 x 100”; Foti:
“eh!”; Bergamo: “prima di tutto perché per te è una partita di prestigio e poi perché ci son tutte le condizioni per poterla
vincere! Eh!” ; Foti: “eh!...senti tutto a posto il resto?”; Bergamo: “si! Si, si, si, si…”; Foti: “va bene!”. Laddove
l‟interrogativo posto dal Foti, appare sorretto dalla stessa finalità evidenziata dall‟analisi delle precedenti telefonate sopra
esaminate.
h) Telefonata contraddistinta dal n. prog. 40372 del 19.04.2005, in rela zione alla gara Reggina/Atalanta del giorno dopo
(n. 13 della sez. III del deferimento), da essa risulta: Foti: “oh Paolo ti raccomando”; Bergamo: “si stai tranquillo che sei
seguito con massima attenzione e con l‟affetto di sempre”; Foti: “se devi chiamare chiama”; Bergamo: “stai tranquillo”.
Su tale telefonata il Foti non risulta esser stato sentito dall‟Ufficio Indagini; in ogni caso permane un‟ambiguità non
risolvibile sull‟evento che il Foti raccomandava al Bergamo in particolare sulla sua identificazione nella gara della Reggina
in data 20.04.2005. Anche la locuzione “se devi chiamare chiama” non consente di affermare che il destinatario fosse la
componente arbitrale, potendo, in alternativa, concludersi che il Foti chiedesse al Bergamo di tenerlo al corrente di
qualunque successivo evento.
i) Telefonata contraddistinta dal n. prog. 36467 del 25.03.2005 (n. 12 della sez. III del deferimento). Si tratta di una telefonata
che registra gli incoraggiamenti del Bergamo al Foti per il periodo poco positivo della squadra Reggina. Il Foti dichiarava
all‟interlocutore di avere incontrato l‟altro designatore, Pairetto, in occasione della partita disputata a Torino contro la
Juventus: niente pertanto di rilevante rispetto alla violazione dell‟art. 1 comma 1 C.G.S. per quanto concerne la posizione dello
stesso Foti.
4 Le incolpazioni sopra esaminate si riflettono sulla posizione della società Reggina Calcio S.p.A. la quale è stata chiamata
a rispondere a titolo di responsabilità diretta e presunta per le condotte rispettivamente tenute dal suo legale rappresentante e
dal designatore Bergamo Paolo, nell‟interesse della società medesima nei termini di fatto descritti agli addebiti identificati
con i numeri 1, 3, 5 e 8, con l‟aggravante di cui al comma 6 dell‟art. 6 C.G.S..
Va subito precisato che la responsabilità presunta (art. 9 comma 3 C.G.S.) si fonderebbe nella fattispecie sulle
responsabilità ravvisabili a carico del designatore Paolo Bergamo, nonostante nei suoi confronti si sia già ravvisato difetto
di giurisdizione per essersi lo stesso dimesso. L‟esclusione della responsabilità presunta della società Reggina va, peraltro,
affermata sul rilievo che essa è prevista dal C.G.S. soltanto con riferimento agli illeciti di cui all‟art. 6 (art. 6 comma
4 C.G.S.) : disposizione quest‟ultima che la C.A.F. non ha ravvisato in alcuna delle incolpazioni coinvolgenti sia il Foti che il
Bergamo, avendo accertato nei relativi fatti loro contestati esclusivamente la reiterata violazione di cui all‟art. 1 comma 1
C.G.S..
Viceversa, è certo che debbano essere riconosciuti gli addebiti ascritti alla società Reggina Calcio S.p.A. previa loro
qualificazione ai sensi degli artt. 1 comma 1 e 2 comma 4 C.G.S. e con esclusione dell‟aggravante della pluralità dei fatti
in quanto configurabile quest‟ultima soltanto in tema di illecito sportivo (art. 6 comma 6 C.G.S.). Invero una volta affermata la
responsabilità del Presidente Foti ai sensi dell‟art. 1 comma 1 C.G.S. la responsabilità diretta della società Reggina Calcio
S.p.A. deriva automaticamente dall‟art. 2 comma 4 del C.G.S.
5 - Traendo le conclusioni da quanto sin ora affermato, questo collegio ritiene di determinare le sanzioni previste dall‟art. 13
C.G.S. a carico della società e dal successivo art. 14 C.G.S. a carico delle persone fisiche commisurandole, tenuto conto
oltre che del numero delle violazioni accertate, anche della natura e della gravità dei fatti commessi. La gravità appare tanto
più consistente ove si consideri il lungo periodo segnato dal ripetersi di quei comportamenti scorretti alla base delle ritenute
violazioni di cui all‟art. 1, 1 comma C.G.S. Pertanto, si ritiene congruo irrogare a Pasquale Foti le sanzioni dell‟inibizione
per anni due e mesi sei e dell‟ammenda di €. 30.000,00 (art. 14 commi 1 lett. c) ed e) ed alla società Reggina Calcio S.p.A.
le sanzioni della penalizzazione in classifica di punti 15 da scontarsi nella stagione sportiva 2006/2007, oltre a quella
dell‟ammenda di €. 100.000,00 (art. 13 comma 1 lett. b) e f)).
6 L‟esclusione degli addebiti formulati nell‟atto di deferimento a Paolo Dondarini e a Tiziano Pieri per omessa denuncia
dei presunti illeciti di cui all‟art. 6 comma 1 C.G.S. -nella rispettiva qualità di arbitri delle gare Sampdoria/Reggina del
20.02.2005 (capo n. 5) e Palermo/Reggina del 15.05.2005 (capo n. 8) si fonda sulla constatazione che l‟accertata
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DECISIONI INTEGRALI DELLA COMMISSIONE D’APPELLO FEDERALE - STAGIONE SPORTIVA 2006-2007
consumazione degli illeciti di cui all‟art. 6 ne costituisce il necessario presupposto. Pertanto, l‟esclusione nei confronti del
Foti delle violazioni di cui all‟art. 6 comma 1 C.G.S. anche con riguardo alle due partite oggetto delle incolpazioni di cui ai
capi nn.5 ed 8 preclude in sé e per sé la possibilità di configurare nei confronti degli arbitri delle due partite l‟illecito di cui
all‟art. 6 comma 7 C.G.S., in quanto l‟omessa denuncia è disciplinarmente sanzionata solo ove essa rifletta gli illeciti sportivi.
A ciò si aggiunga che in ogni caso non vi è prova in atti che il Dondarini e il Pieri siano stati contattati dal Bergamo prima
dello svolgimento delle relative gare.
S‟impone, pertanto, il loro proscioglimento.
P.Q.M.
La C.A.F.:- visti gli artt. 1, 2, 6, 9 e 13, comma 1, lett. b) e f), 14, comma 1, lett. c) ed e) C.G.S.,
dichiara:
1) Foti Pasquale colpevole delle violazioni di cui all‟art. 1 C.G.S. come contestate ai capi 1, 3, 5 e 8, escluse le concorrenti
incolpazioni di cui all‟art. 6 C.G.S. del deferimento del Procuratore Federale e per l‟effetto,
infligge
- al Foti la sanzione dell‟inibizione di anni 2 e mesi 6 oltre a quella dell‟ammenda di € 30.000,00;
- alla Reggina Calcio S.p.A. a titolo di responsabilità diretta con riguardo ai capi n. 2, 4, 6 e 9 del deferimento del
Procuratore Federale esclusa la responsabilità presunta ad essa contestata la sanzione di 15 punti di penalizzazione in
classifica da scontarsi nella stagione sportiva 2006/2007 oltre all‟ammenda di €. 100.000,00; proscioglie
- Dondarini Paolo e Pieri Tiziano dalle incolpazioni rispettivamente di cui ai capi 7 e 10 del deferimento del Procuratore
Federale perché il fatto non sussiste.
TESTI DELLE DECISIONI RELATIVE AL COM. UFF. N. 6/C - RIUNIONE DEL 14 AGOSTO 2006
La Commissione d‟appello federale composta dai signori Avv.Sergio Artico, Presidente, dott. Pier Giorgio Trovato, avv.
Serapio Deroma, prof. Pierfrancesco Grossi, avv.Fabrizio Hinna Danesi, Componenti, dott.Antonio Metitieri, Segretario, e con
la partecipazione, per quanto di competenza, del Rappresentante dell‟A.I.A. dott.Carlo Bravi
In esito alla riunione tenutasi il giorno 14 agosto 2006 ha assunto la seguente decisione in relazione al
DEFERIMENTO DELLA PROCURA FEDERALE DELLA F.I.G.C. A CARICO DI
1) Gennaro Mazzei, all‟epoca dei fatti Vice Commissario CAN;
2) Stefano Titomanlio, all‟epoca dei fatti assistente arbitrale;
3) A.C. Arezzo s.p.a.;
4) Leonardo Meani, all‟epoca tesserato della A.C. Milan s.p.a., quale addetto agli arbitri;
5) A.C. Milan s.p.a.
per rispondere, in relazione alla gara Arezzo – Salernitana svoltasi il 14 maggio 2005 e conclusasi con la vittoria della squadra
toscana per 1 a 0:
- i primi due della violazione dell‟art.6, commi 1 e 6 C.G.S. in relazione ad illecito sportivo, con l‟aggravante della effettiva
alterazione dello svolgimento della gara;
- la società Arezzo, a titolo di responsabilità presunta ex art. 6, comma 4, 2 comma 3, e 9, comma 3 C.G.S. per la condotta a
suo vantaggio posta in essere da Gennaro Mazzei e da Stefano Titomanlio, nonché da Paolo Bergamo (all‟epoca designatore
e attualmente non più tesserato), persone estranee alla società, con l‟aggravante della effettiva alterazione dello svolgimento
della gara, ex art.6, comma 6, C.G.S.;
- Leonardo Meani, della violazione dell‟art.6 comma 7 C.G.S., per l‟omessa denuncia dell‟illecito ascritto a Gennaro Mazzei e a
Stefano Titomanlio.;
- l‟A.C. Milan s.p.a., a titolo di responsabilità oggettiva ex art.2, comma 4 C.G.S., per la violazione ascritta a Leonardo
Meani, proprio tesserato all‟epoca dei fatti.
Nel deferimento, le incolpazioni si fondano sulla relazione n.62 / ter in.2005/06 dell‟Ufficio indagini della F.I.G.C e
richiamano in particolare i contenuti di una conversazione telefonica ( intercettata dalla Autorità giudiziaria e trasmessa
all‟Ufficio indagini dalla Procura della Repubblica di Napoli) intercorsa il 16 maggio 2005, tra il Titomanlio e il Meani.
Vengono altresì richiamate le audizioni (effettuate dall‟Ufficio indagini) di alcuni tesserati FIGC e del sig.Aniello Aliberti,
all‟epoca dei fatti Presidente della Salernitana Sport s.p.a. e attualmente non più tesserato.
Da tali atti risulterebbe che:
- prima della gara il Titomanlio , preavvertito dal Bergamo, era stato contattato dal Mazzei;
- nell‟occasione quest‟ultimo avrebbe rivolto al Titomanlio , designato alla gara quale assistente, raccomandazioni volte a
sollecitare un atteggiamento di favore per l‟Arezzo;
- il Titomanlio avrebbe aderito a tali sollecitazioni, in particolare segnalando all‟arbitro, nel corso del secondo tempo, a
danno della Salernitana, due falli in attacco, in situazioni di gioco pericolose per l‟ Arezzo.
Il Mazzei e il Titomanlio , oltre che il Bergamo (per il quale però si configura un difetto di giurisdizione perché non più
tesserato), si sarebbero in tal modo resi responsabili di illecito sportivo, in relazione all‟art.6, comma 1, C.G.S.,
con l‟aggravante, di cui al comma 6, per l‟effettiva alterazione dello svolgimento della gara.
La responsabilità dell' A.C. Arezzo s.p.a sarebbe presunta, non emergendo elementi sufficienti per ipotizzare un diretto
coinvolgimento nell‟illecito di tesserati della società, in difetto di prova circa esistenza, modalità e tenore dei contatti tra suoi
esponenti e i designatori.
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DECISIONI INTEGRALI DELLA COMMISSIONE D’APPELLO FEDERALE - STAGIONE SPORTIVA 2006-2007
Il Meani, venuto a conoscenza dell‟illecito nel corso della conversazione telefonica, si sarebbe invece reso responsabile
di omessa denunzia (art.6 comma 7 C.G.S.) e dalla sua condotta conseguirebbe la responsabilità oggettiva ex art.2,
comma 4 C.G.S., della A.C. Milan s.p.a., per la quale all‟epoca dei fatti il Meani era tesserato.
IL PROCEDIMENTO
Presentati gli atti alla CAF, il Presidente, ex art.37 C.G.S., disponeva la notificazione dell‟avviso di convocazione per
la trattazione del giudizio, fissando all‟uopo la data del 14 agosto 2006.
A seguito di ciò venivano depositate presso la Segreteria della CAF:
- memoria difensiva e memoria difensiva aggiunta del signor Gennaro Mazzei, nelle quali , oltre a nominare come proprio
difensore l‟avv. Giuseppe Fonisto, a chiedere di essere sentito personalmente e a svolgere
ampie controdeduzioni
all‟atto di deferimento, l‟incolpato eccepiva la inutilizzabilità delle intercettazioni telefoniche, come sopra acquisite agli atti
dell‟odierno procedimento, e formulava richieste istruttorie (confronto tra il Titomanlio e il Mazzei; acquisizione delle
dichiarazioni rese alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Napoli dal sig.Aniello Aliberti e dal sig.Paolo
Bergamo; visione del filmato della gara; audizione del sig.Roberto Carrer, secondo assistente arbitrale nella gara di cui
trattasi; audizione del sig.Luciano Luci osservatore arbitrale nella gara medesima; audizione di alcuni assistenti arbitrali;
acquisizione delle dichiarazioni rese all‟Ufficio Indagini dal sig.Gianmario Cuttica, assistente arbitrale);
- memoria difensiva del signor Stefano Titomanlio, nella quale il medesimo, oltre a nominare come proprio difensore
l‟avv. Andrea Ostellari, contestava l‟atto di deferimento, eccepiva la inutilizzabilità delle intercettazioni
telefoniche, ne evidenziava alcuni errori, chiedeva di essere sentito tramite proprio difensore e formulava richieste
istruttorie (nomina di perito per l‟esatta trascrizione della intercettazione telefonica del 16 maggio 2006 n. prog.
9556; nomina di perito per valutare gli episodi in contestazione relativi alle segnalazioni effettuate durante la gara; visione
del relativo filmato; acquisizione della già citata dichiarazione del sig.Aniello Aliberti; audizione del sig.Luciano Luci,
osservatore arbitrale ;
- memoria difensiva dell‟ A.C. Arezzo s.p.a, in persona del suo presidente e legale rappresentante sig. Piero Mancini, che
chiedeva di essere sentito e che nominava come proprio difensore l‟avv.Antonio D‟Avirro.Nella memoria tra l‟altro si
chiedeva l‟ammissione di elementi di prova (supporti magnetici e fotografici relativi alla gara, dichiarazioni rese alla Polizia
Giudiz iaria di Roma dall‟allora presidente della Salernitana , sig. Aniello Aliberti, copia di articoli di stampa sulla gara di
cui trattasi; testimonianze sulla regolarità della gara dello stesso sig.Aliberti, nonché del signor Angelo Gregucci e del signor
Antonio Imborgia, all‟epoca dei fatti rispettivamente allenatore e direttore sportivo della Salernitana);
- memoria difensiva del signor Leonardo Meani, che chiedeva di essere sentito tramite proprio difensore nominato nella
persona dell‟avv.Edda Gandossi e svolgeva argomentazioni sulla inutilizzabilità delle intercettazioni telefoniche ex art.271
c.p.p. e sulla infondatezza dell‟addebito,
- memoria difensiva dell‟ A.C. Milan s.p.a. , in persona del suo Presidente e legale rappresentante, che chiedeva di essere
sentito tramite uno dei propri difensori nominati nelle persone degli avv.ti Leandro Cantamessa e Francesco De
Martino, chiedendo il proscioglimento della società, sia per difetto attuale di tesseramento di Leonardo Meani, che per
assoluta infondatezza degli addebiti mossi alla società.
Alla udienza del 14 agosto 2006, registrate le presenze delle parti e dei difensori, il Presidente apriva il dibattimento.
La società Unione sportiva Avellino, nelle persone del Presidente del Consiglio di amministrazione, sig. Marco Pugliese, e
dell‟Amministratore delegato, sig. Massimo Pugliese chiedeva, quale soggetto terzo interessato e senza opposizione delle
altre parti, di essere ammessa al procedimento. Nell‟istanza di ammissione i predetti delegavano a rappresentarli l‟avv.
Raffaele Viscovo.
La Commissione si ritirava in camera di consiglio per decidere. Rientrato in aula il Collegio, il Presidente dava lettura della
ordinanza n.1 con la quale :
La Commissione d‟Appello Federale
Decidendo sulla istanza di intervento dispiegata dalla società Avellino,
- Esaminato l‟interesse concreto in relazione al procedimento oggi trattato ed a tutti i suoi possibili esiti, l‟Avellino
appare essere portatore dell‟interesse di cui all‟art. 29 comma 3 C.G.S.,
P.Q.M.
La C.A.F.:
- Ammette l‟intervento dispiegato della società Avellino;
Dopo una interruzione della udienza disposta dal Presidente per consentire al difensore dell‟Avellino di prendere visione
degli atti depositati nel procedimento, i difensori dei signori Mazzei e Titomanlio, dell‟ A.C. Arezzo s.p.a e del sig. Meani,
illustravano le eccezioni e le richieste istruttorie già formulate nelle rispettive memorie difensive. La difesa
dell‟Arezzo dichiarava, peraltro, di rinunciare alla domanda di ammissione di testimoni formulata in memoria.
Il Procuratore federale svolgeva quindi argomentazioni a sostegno della ammissibilità nel procedimento delle
intercettazioni telefoniche. Si opponeva altresì alle richieste istruttorie formulate dalle difese degli incolpati con la eccezione
della acquisizione dei filmati della gara (per la quale si rimetteva alle valutazioni della Commissione) .
Quindi la CAF si ritirava in camera di consiglio e, al rientro in aula, a scioglimento della riserva assunta,il Presidente
dava lettura della seguente ordinanza n.2
La Commissione d‟Appello Federale decidendo sulle eccezioni preliminari e sulle istanze istruttorie proposte dalle difese del
Sig. Mazzei Gennaro, del Sig. Titomanlio Stefano e del Sig. Meani Leonardo;
- ritenuto di dover aderire ai precedenti provvedimenti, in proposito, della C.A.F. ed in particolare, nel suo insieme, al
Comunicato Ufficiale n.1/C 2006/2007, con il quale sono state rigettate analoghe eccezioni relative all‟utilizzazione
132
DECISIONI INTEGRALI DELLA COMMISSIONE D’APPELLO FEDERALE - STAGIONE SPORTIVA 2006-2007
delle intercettazioni telefoniche in sede di procedimento disciplinare;
- considerato che le istanze di ammissione testi proposte sono state in parte rinunciate e per il resto appaiono
superflue in relazione al materiale documentale in atti;
- valutata la superfluità delle richieste perizie relative alla trascrizione delle intercettazioni telefoniche richiamate
nell‟atto
di
deferimento
ed
alla valutazione tecnica dell‟operato dell‟assistente Titomanlio, stante da un lato
l‟intelligibilità del relativo supporto fonico come ha avuto modo di constatare la stessa Commissione e dall‟altro la
possibilità di accesso al rapporto dell‟osservatore arbitrale e quella di procedere in camera di consiglio alla visione
diretta dell‟audiovisivo che, prodotto dalla società sportiva Arezzo, si ritiene utile acquisire stante la sua pertinenza rispetto
alle incolpazioni;
- ritenuta, altresì, la pertinenza della documentazione prodotta dalle difese ad eccezione di quella inerente alla
trascrizione dell‟intercettazione a firma Romano Vincenzo in considerazione della possibilità di accedere direttamente al
supporto fonico relativo;
- considerato che la documentazione acquisita rende superfluo procedere al confronto tra il Sig.Titomanlio ed il Sig.
Mazzei;
P.Q.M.
La C.A.F.:
- rigetta le eccezioni sopra proposte circa l‟acquisizione e l‟utilizzazione delle intercettazioni telefoniche;
- rigetta tutte le istanze di ammissione testi ove non già rinunciate;
- rigetta le richieste di perizia fonica e quella tecnica sul regolare svolgimento della gara;
- rigetta l‟istanza di confronto fra il Sig. Titomanlio ed il Sig. Mazzei;
- ammette gli audiovisivi relativi alla gara Arezzo/Salernitana del 14.5.2005, depositati dalla difesa dell‟Arezzo, nonché
tutta la produzione documentale esibita ad eccezione della trascrizione a firma del Sig. Romano Vincenzo.
Dopo dichiarazioni difensive del signor Gennaro Mazzei e del Presidente dell‟ A.C. Arezzo s.p.a. , il Procuratore federale
illustrava le sue richieste e concludeva dando lettura del seguente testo scritto: Il Procuratore Federale, nel riportarsi al
deferimento e a tutti gli atti di indagine prodotti, chiede affermarsi la responsabilità di tutti i soggetti deferiti in ordine alle
incolpazioni loro rispettivamente ascritte e chiede, per l‟effetto, l‟irrogazione delle seguenti sanzioni:
- per il MAZZEI e il TITOMANLIO, ritenuta l‟aggravante contestata, la inibizione per anni cinque, con proposta al
Presidente Federale di dichiarazione di preclusione;
- per l‟AREZZO, ritenuta la continuazione fra le responsabilità presunte, derivanti dalle condotte dei Sigg.ri Mazzei,
Titomanlio e Bergamo (non più tesserato) e ritenuta l‟aggravante contestata, la retrocessione all‟ultimo posto in classifica nel
campionato 2005/2006 e la penalizzazione di tre punti in classifica, da scontarsi nel campionato 2006/2007, ai sensi
dell‟art.13, lettere g) e f) del C.G.S.;
- per il MEANI, ritenuta la continuazione con la condotta giudicata con la decisione passata in giudicato nel
precedente procedimento, tre mesi di inibizione, quale aumento della precedente sanzione;
- per il MILAN euro 10.000=(diecimila) di ammenda a titolo di responsabilità oggettiva derivante dalla condotta del MEANI.
Prendeva poi la parola il difensore dell‟Avellino avv.Viscovo, aderendo alle tesi della Procura federale e depositando note
d‟udienza, alle quali non si opponevano le altre difese. Il Procuratore federale faceva presente in via generale di non opporsi al
deposito di note d‟udienza se non nella parte in cui contenessero elementi di novità, per la impossibilità di prenderne
visione nel corso del dibattimento.
Svolgevano quindi le proprie difese l‟avv. Fonisto per il Mazzei, che a sua volta con dichiarazione ribadiva la correttezza
del proprio operato, l‟avv.Ostellari per il Titomanlio , l‟avv.D‟Avirro per l‟ A.C. Arezzo s.p.a., l‟avv.Gandossi per il Meani e
l‟avv. De Martino per l‟ A.C. Milan s.p.a.
La difesa dell‟Arezzo era ammessa ad esporre le sue tesi, anche avvalendosi di proiezione di un breve filmato relativo ad
alcuni interventi effettuati dal Titomanlio nel corso della gara e depositava note d‟udienza, senza contestazione degli
altri difensori e con la riserva già citata del Procuratore federale.
Dopo una breve replica conclusiva del Procuratore federale, in particolare sulla rilevanza del filmato, il Presidente dichiarava
chiusa l‟udienza e la Commissione si ritirava in camera di consiglio per la decisione.
MOTIVI DELLA DECISIONE.
1. In via preliminare il Collegio conferma la ordinanza n.1 con la quale è stata ammessa al procedimento la società Unione
sportiva Avellino, non essendo emersi dal dibattimento elementi che rendano dubbia la posizione di interesse indiretto della
medesima alla odierna decisione (cfr.artt.29, comma 3, e 37, comma 7, C.G.S.).
2. Il Collegio ribadisce, a conferma della ordinanza n.2 e in armonia con gli orientamenti sia della CAF (cfr. Comunicato
ufficiale n.1/C 2006/2007) che della Corte federale (cfr. Comunicato ufficiale n.2/Cf 2006/2007) il rigetto delle eccezioni,
sollevate dalla difesa di alcuni incolpati, circa la inutilizzabilità nell‟odierno procedimento delle trascrizioni delle
intercettazioni telefoniche.
Nel far proprie in proposito le valutazioni in diritto contenute nei precedenti testè menzionati, il Collegio ritiene
preliminarmente estranea alle sue competenze una verifica della legittimità delle intercettazioni
e in ogni caso
assorbente la considerazione (già svolta nei citati precedenti) che le relative trascrizioni non vengono in rilievo quali
prove in sé degli addebiti rivolti ai deferiti, ma come mera circostanza storica – non disconosciuta dagli incolpati nella sua
esistenza, né nel suo oggetto, né nella sua veridicità (salvi nella specie sporadici errori segnalati in alcune difese)– suscettibili di
lettura critica, interpretazione logica, collegamento con gli altri elementi probatori acquisiti, in una parola di valutazione di merito.
In questa prospettiva la Commissione ha ascoltato con attenzione in particolare la intercettazione del 16 maggio 2005
133
DECISIONI INTEGRALI DELLA COMMISSIONE D’APPELLO FEDERALE - STAGIONE SPORTIVA 2006-2007
(prog.9556), verificandone la trascrizione e i contenuti
in tutti i loro aspetti alla stregua delle difese svolte nelle
memorie e nel dibattimento e dell‟altro materiale probatorio a disposizione e in particolare delle dichiarazioni rese dai
deferiti o da terzi all‟Ufficio indagini.
3. Secondo questa impostazione è stata esaminata dal Collegio anzitutto la posizione dei signori Gennaro Mazzei e Stefano
Titomanlio - all‟epoca dei fatti rispettivamente vice commissario CAN e assistente arbitrale in relazione alla gara
Arezzo- Salernitana del 14 maggio 2005 e alla incolpazione di illecito sportivo ex art.6, comma 1 C.G.S.
In forza di tale disposizione l‟illecito si configura in tre distinte ipotesi consistenti:
- nel compimento di atti diretti ad alterare lo svolgimento di una gara;
- nel compimento di atti diretti ad alterare il risultato di una gara;
- nel compimento di atti diretti ad assicurare a chiunque un vantaggio in classifica.
Nell‟atto di deferimento la Procura federale si riferisce alla prima fattispecie, rilevando anche la sussistenza della aggravante
di cui all‟art.6, comma 6, in quanto lo svolgimento sarebbe stato effettivamente alterato dal comportamento illecito degli
incolpati.
La incolpazione trova in effetti riscontri nella conversazione telefonica intercorsa nella mattinata del 16 maggio
2005 (n. prog. 9556) tra il Titomanlio e il Meani, all‟epoca dei fatti tesserato della A.C. Milan s.p.a. quale addetto agli arbitri.
Appaiono significativi in proposito alcuni passaggi della conversazione, verificati dalla Commissione, alla luce
anche delle difese del Titomanlio ove venivano evidenziati alcuni errori nelle trascrizioni (in effetti rilevati anche dal
Collegio in sede di ascolto delle intercettazioni, ma non determinanti ai fini della ricostruzione del fatto).
Il Titomanlio afferma nella sostanza che in Coverciano, prima della gara Arezzo – Salernitana del 14 maggio 2005,
preavvertito dal sig.Paolo Bergamo, all‟epoca designatore arbitrale, era stato contattato dal Mazzei, che aveva fatto
pressioni in favore dell‟Arezzo. La ricostruzione da parte del Titomanlio dell‟incontro con il Mazzei, quale emerge
dal contenuto complessivo della telefonata con il Meani, è sufficientemente dettagliata e precis a e risulta pertanto attendibile.
Anche il significato dei “suggerimenti” del Mazzei al Titomanlio appare inequivocabile , in partic olare alla luce della
richiesta del primo di non dir niente neanche all‟altro assistente né all‟arbitro.
Le
modalità
riservate
della raccomandazione sono elementi che rafforzano la presunzione di una consapevole
irregolarità.
Sembra sufficiente richiamare in proposito queste affermazioni del Titomanlio : prima ho visto Bergamo e Bergamo mi fa
ciao ciao e dice guarda eh…parla con Gennaro ,vabbè,…poi Gennaro mi piglia da una parte e mi fa : ascolta, cioè guarda
non stare a dire niente a nessuno mi fa,ma, mi devi andare a fare questa rogna qua perché mi stanno rompendo i
coglioni, non stare a dir niente neanche all‟altro assistente né all‟arbitro, chiunque venga fuori come arbitro perchè
questi..eh, mi uccidono. Insomma…basta…vabbè ho detto io non ci sono problemi..beh ..l‟ambiente era abbastanza teso
chiaramente…
Sul punto specifico i contenuti della telefonata sono poi sostanzialmente confermati dal Titomanlio che, in sede di
audizione in data 10 giugno 2006 avanti all‟Ufficio indagini, dichiara tra l‟altro che ricordo
che
al
raduno
di
Coverciano
che
precedette
la
gara AREZZO/SALERNITANA del 14.5. 05 incontrai Bergamo al bar il quale
disse di rivolgermi a Mazzei che doveva dirmi qualcosa.Non andai in cerca di Mazzei anche perché negli anni precedenti
non ero stato particolarmente considerato dai designatori…fu Mazzei che, durante l‟allenamento, mi tirò in disparte
dal gruppo e mi disse che per quella settimana sarei dovuto uscire in serie A. Tuttavia vi era una partita rognosa di serie
B, AREZZO/SALERNITANA e che questi volevano un assistente esperto.Non capii e non chiesi a Mazzei a chi alludesse
quando parlava di questi.Mazzei mi disse di non fare parola della conversazione con lui avuta con l‟arbitro e l‟altro
assistente.
Nella sua audizione all‟Ufficio indagini ( 5 giugno 2006) il Mazzei non afferma di avere rivolto analoga
raccomandazione all‟arbitro o all‟altro assistente arbitrale e ammette di avere fatto riferimento alle lamentele dell‟Arezzo:
quindi quando eravamo sul campo di allenamento di Coverciano chiamai Titomanlio da parte in presenza di tutti gli altri
assistenti e gli dissi, in linea con le istruzioni di Bergamo: mi raccomando vai a fare l‟Arezzo, stai attento perché si
stanno lamentando; mi raccomando non sbagliare una virgola durante la partita.
Solo in sede di memorie nell‟odierno procedimento il Mazzei sostiene di avere rivolto anche all‟altro assistente la
raccomandazione a prestare la massima attenzione, stante la delicatezza della gara, ma è evidente che tale precisazione, ove
pure fosse esatta e
ne fosse verificata la correttezza di contenuti , non escluderebbe comunque la diversa illegittima
richiesta fatta al Titomanlio , con l‟invito a non renderne partecipi gli altri componenti della terna arbitrale.
L‟esattezza dell‟argomento difensivo, in altre parole, non escluderebbe quella della affermazione del Titomanlio , che questi
ribadisce nella conversazione telefonica al Meani. Si richiama in proposito il seguente brano immediatamente successivo a quello
soprariportato. Meani: ma loro praticamente quando gli danno questo input è come dire dai un occhio all‟Arezzo
Titomanlio :eh eh..(ride)cioè sai cioè non me l‟hanno detto…tanto è vero che non me l‟hanno detto apertamente, mi ha detto
non stare a fare i discorsi a nessuno né (incomprensibile) né all‟altro assistente né tantomeno all‟arbitro, quando..cioè
a parte non lo sapevamo ancora alle nove per cui Meani: chi era l‟altro assistente Titomanlio : Carrer..che è giovane non so..a
me mi fa che lui è giovane non so come la prende
La situazione di illecito si configura in modo chiaro, non trovando adeguati riscontri fattuali e logici l‟ulteriore argomento
difensivo del Mazzei secondo cui il Titomanlio non avrebbe detto la verità all‟interlocutore telefonico e si tratterebbe di una
millanteria del Titomanlio per attribuirsi un‟importanza che i precedenti in carriera non giustificavano. Del pari privo
di rilevanza appare poi l‟assunto del Mazzei secondo cui il suo compito non era propriamente quello di designare gli
assistenti arbitrali, ma solo quello di proporne la designazione. In ogni caso, infatti, il ruolo rivestito conferiva al Mazzei
134
DECISIONI INTEGRALI DELLA COMMISSIONE D’APPELLO FEDERALE - STAGIONE SPORTIVA 2006-2007
nei confronti degli assistenti un posizione di autorevolezza tale da poterne condizionare il comportamento.
Nel caso di specie l‟adesione del Titomanlio alle raccomandazioni del Mazzei emerge chiaramente dalla conversazione
telefonica in cui il Titomanlio dichiara di avere dato assicurazioni in tal senso al Mazzei e di avervi dato concreta
attuazione, segnalando all‟arbitro, nel corso del secondo tempo, a danno della Salernitana due dubbi falli in attacco, in
situazioni di gioco pericolose per l‟ Arezzo.
Al riguardo la condotta irregolare dell‟assistente trova conferma nella dichiarazione resa all‟Ufficio indagini dal
signor Luciano Luci , che in occasione della gara in questione svolgeva le funzioni di osservatore arbitrale. In tale sede
il signor Luci afferma: per quanto attiene alla valutazione dell‟operato dell‟assistente arbitrale n.1, sig.Titomanlio, mi riporto
integralmente a quanto da me refertato nella relazione O.A….Come si evince dalla citata relazione, rilevai che
l‟assistente Titomanlio “interviene troppo nel 2° tempo, sostituendosi per ben tre volte all‟arbitro, nella
segnalazione del fallo di gioco nei suoi pressi, quando le situazioni erano di pieno controllo del D.G.”
4.Quest‟ultima circostanza ha riflessi sulla valutazione dei presupposti per l‟accertamento della aggravante di cui al comma
6 dell‟art.6 C.G.S., dal momento che l‟arbitro, pur essendo in grado di disattenderle, ha condiviso le segnalazioni
dell‟assistente ed ha quindi autonomamente valutato la sussistenza del fallo di gioco da parte dei calciatori della Salernitana.
In ogni caso manca la prova per ritenere sussistente l‟aggravante, avuto riguardo agli atti acquisiti al procedimento e più
in generale al filmato della gara, da essi non emergendo una attitudine oggettiva degli interventi in contestazione ad incidere
in modo significativo sull‟andamento della gara. L‟eccessivo interventismo del Titomanlio, rilevato dall‟ osservatore signor
Luci, non viene del resto collegato ad errori di valutazione e lo stesso Presidente della Salernitana all‟epoca dei fatti,
signor Aliberti, dichiara di non avere mai avuto elementi in base ai quali potevo avere sospetti circa una irregolare
o faziosa direzione di gara.
5. Per i medesimi fatti l‟ A.C. Arezzo s.p.a è responsabile in forza dell‟art.9, comma 3, secondo cui le società sono
presunte responsabili degli illeciti sportivi a loro vantaggio, che risultino commessi da persone ad esse estranee.La
presunzione di responsabilità si ha per superata se dalle prove fornite dalla società, dall‟istruttoria svolta
dall‟Ufficio indagini o dal dibattimento risulti, anche in via di fondato e serio dubbio, che la società medesima non ha
partecipato all‟illecito e lo ha ignorato.
Nella specie, come esattamente ritenuto dalla Procura federale,se da un lato non emergono elementi sufficienti per ipotizzare
un diretto coinvolgimento nell‟illecito di tesserati della società, in difetto di prova circa esistenza, modalità e tenore dei
contatti tra suoi esponenti e i designatori, dall‟altro non appare dubbio che l‟illecito come sopra accertato ha attitudine a
favorire l‟Arezzo e che dagli atti del procedimento non emerge alcun elemento che consenta di escludere la partecipazione
all‟illecito o la sua conoscenza da parte della società. Nel sistema dell‟art.9 comma 3 non ha quindi rilievo, ai fini di escludere
la responsabilità, l‟affermazione della difesa della società secondo cui manca la prova assoluta che l‟ A.C. Arezzo s.p.a
abbia partecipato all‟illecito o ne sia venuta a conoscenza.
6. Va riconosciuta anche la responsabilità del Meani per omessa denunzia in relazione all‟art.6 comma 7 C.G.S..
Dal testo della conversazione telefonica, per il dettaglio degli elementi forniti dal Titomanlio , anche a richiesta del Meani,
risulta che quest‟ultimo era in grado di avvertire la illiceità del comportamento posto in essere dal Mazzei e dal Titomanlio ,
con il conseguente obbligo di denunzia alla Lega, o al Comitato competente ovvero direttamente all‟Ufficio indagini della
Federazione. Nelle difese scritte e orali, si sottolinea che il Meani non sembra particolarmente interessato e attento
alle affermazioni del Titomanlio e che al più dalla conversazione telefonica e dalle mezze frasi di Titomanlio, potrebbe
avere tratto un sospetto vago e indeterminato di irregolarità.
Osserva per contro il Collegio che il Meani, oltre a porre domande puntuali sulla vicenda e ad ottenere risposte tali da
definire con sufficiente chiarezza gli elementi di un illecito sportivo, non manca almeno in un caso di sottolinearli (cfr.
l‟affermazione :ma loro praticamente quando gli danno questo input è come dire dai un occhio all‟Arezzo).
7. All‟epoca dei fatti, il Meani era tesserato, con funzioni di addetto agli arbitri, della A.C. Milan s.p.a., che è quindi
responsabile a titolo di responsabilità oggettiva ai sensi dell‟art.2, comma 4 C.G.S., laddove si stabilisce che le società
sono oggettivamente responsabili agli effetti disciplinari dell‟operato dei propri dirigenti, soci di associazione e tesserati.
La difesa della società, oltre a sottolineare il difetto di attuale tesseramento del Meani e, in precedenza, il suo ruolo marginale
all‟interno della società, ha rilevato che la responsabilità oggettiva della società, in tanto potrebbe trovare applicazione, in
quanto il soggetto (ritenuto) agente avesse posto in essere atti diretti a realizzare un (almeno ritenuto) interesse per il
responsabile oggettivo.
Il rilievo difensivo non sembra condivisibile alla stregua dell‟orientamento della CAF secondo cui va riconosciuta la
piena vigenza nel sistema attuale della responsabilità oggettiva, conseguente in modo automatico a quella
personale
del tesserato che ha posto in essere la condotta giuridicamente rilevante (cfr. C.U. n.10/C relativo alla riunione del 23 settembre
2004) e tenuto comunque conto del fatto che il Meani all‟epoca rivestiva presso la società il ruolo (sia pure secondario ) di
addetto agli arbitri ed era quindi investito di compiti attinenti quanto meno in senso generico e indiretto alle notizie
acquisite nel corso del colloquio telefonico con il Titomanlio .Le altre circostanze evidenziate nelle difese della società
non escludono la responsabilità oggettiva , anche se rilevano ai fini della entità attenuata della relativa sanzione.
8.Sotto il profilo sanzionatorio , tenuto conto che, quanto all‟illecito sportivo, è stata esclusa l‟aggravante di cui all‟art.6
comma 6, va comminata la inibizione temporanea nella misura di tre anni nei confronti dei signori Gennaro Mazzei
e Stefano Titomanlio, ai sensi dell‟art.6 comma 1 e 5 e dell‟art.14, comma 1, lettera e) C.G.S..
Quanto alla responsabilità presunta della A.C. Arezzo s.p.a, essa va sanzionata (sempre in considerazione della esclusione
della aggravante ) con una penalizzazione di nove punti, che, non avendo alcuna efficacia afflittiva rispetto alla stagione
sportiva 2005/2006, va applicata nella stagione sportiva 2006/2007 (ex art.2 comma 3; art.6 comma 4; art.9 comma 3; art. 13
135
DECISIONI INTEGRALI DELLA COMMISSIONE D’APPELLO FEDERALE - STAGIONE SPORTIVA 2006-2007
lett. f del C.G.S.).
Le sanzioni a carico di Leonardo Meani e della A.C. Milan s.p.a., vanno stabilite rispettivamente in tre mesi di
inibizione e in una ammenda di 10.000,00 euro, in conformità alle congrue richieste del Procuratore federale, pur
escludendosi quanto al primo
la continuazione con la condotta sanzionata in precedente procedimento.
P.Q.M.
la C.A.F.:
- visti gli artt. 2, 6, 9, e 13, comma 1 lett. b) ed f), 14, comma 1, lett. e) C.G.S., dichiara la responsabilità dei deferiti in
relazione alle incolpazioni loro rispettivamente ascritte ed esclusa la circostanza aggravante di cui all‟art. 6 comma 6
C.G.S., infligge le seguenti sanzioni:
1) Gennaro Mazzei, inibizione per anni tre;
2) Stefano Titomanlio, inibizione per anni tre;
3) A.C. Arezzo S.p.A., penalizzazione di 9 punti in classifica nella stagione sportiva 2006/2007;
4) Leonardo Meani, inibizione per mesi tre;
5) A.C. Milan S.p.A., ammenda di €. 10.000,00 (diecimila).
Così deciso in Roma il 14 agosto 2006
136
DECISIONI INTEGRALI
DELLA
CAMERA DI CONCILIAZIONE
ED ARBITRATO PER LO SPORT
DEL CONI
STAGIONE SPORTIVA 2006 - 2007
137
DECISIONI INTEGRALI DELLA CAMERA DI CONCILIAZIONE ED ARBITRATO PER LO SPORT DEL CONI
- STAGIONE SPORTIVA 2006-2007
LODO ARBITRALE DEL 26 GIUGNO E 18 LUGLIO 2006 - ROMANO MALAVOLTA E TERAMO CALCIO SPA
CONTRO F.I.G.C.
COMITATO OLIMPICO NAZIONALE ITALIANO
CAMERA DI CONCILIAZIONE E ARBITRATO PER LO SPORT
COLLEGIOARBITRALE
Il Collegio arbitrale composto da
prof. avv. Ferruccio Auletta - Presidente
avv. Mario Antonio Scino - Arbitro
cons. Silvestro Maria Russo - Arbitro
nominato ai sensi del Regolamento della Camera di Conciliazione e Arbitrato per lo Sport (“Regolamento”), nel procedimento
-prot. n. 0647 del 25.05.2006- promosso da
1. Romano Malavolta, nato a Roma il 3 settembre 1969 e residente in Teramo alla Via Cavour n. 4
2. Teramo Calcio SpA, con sede in Teramo, alla Via Trento e Trieste n. 8, in persona dell‟ Amministratore delegato e legale
rappresentante, Sig. Giovanni Gallo, entrambi rappresentati e difesi dagli Avv.ti Prof. Stefano Vinti e Fabrizio Pollari
Maglietta del Foro di Roma ed Eduardo Chiacchio del Foro di Napoli ed elettivamente domiciliati presso lo studio del primo in
Roma, alla Via Emilia n. 88; contro
la Federazione Italiana Giuoco Calcio, in persona del Commissario Straordinario, legale rappresentante p.t., Prof. Guido
Rossi, con sede in Roma, alla Via Gregorio Allegri n. 14, rappresentata e difesa dall‟avv. Mario Gallavotti ed elettivamente
domiciliata presso il suo studio in Roma, alla Via Po n. 9;
e nei confronti di Lega Nazionale Professionisti Serie “C”, con sede in Firenze, Via Pier Luigi da Palestrina, n. 18, in persona
del Presidente e suo legale rappresentante p.t., rag. Mario Macalli, rappresentata e difesa dagli Avv.ti Bruno Biscotto e
Maurizio Marino, presso il cui studio in Roma, Via G. Pisanelli n. 40 è elettivamente domiciliata. sulle conclusioni
definitivamente precisate dalle parti (come da verbale redatto dal sig. Andrea Gruttadauria, coadiutore del Segretario) all‟
udienza del 26 giugno 2006, riunito in conferenza personale presso la sede della Camera in Roma, stadio Olimpico – Gate 23,
II piano, in data 26 giugno 2006 e 18 luglio 2006, ha, con voti unanimi degli arbitri, deliberato, a norma dell‟art. 19 del
Regolamento approvato dal C.N. con delibera n. 1303 del 3.2.2005, il seguente L O D O
FATTO E SVOLGIMENTO DEL PROCEDIMENTO
Il sig. Romano Malavolta e Teramo Calcio s.p.a., corrente in Teramo, assumono d‟essere il Presidente e, rispettivamente, la
società di calcio della città di Teramo, oggidì militante nel campionato nazionale di calcio di serie C.
Il sig. Malavolta e consorte dichiarano altresì che, con atto del 4 maggio 2006, il Procuratore federale presso la FIGC li ha
deferiti -il primo- per «… violazione dell‟art. 7comma 3 del Codice di Giustizia Sportiva in relazione al paragrafo I lettera a/2,
sub a) e sub b) del C.U. N. 189 /A del 15/3/2005, per aver simulato il ripianamento della carenza patrimoniale della società
che, allo stato, impediva l‟ammissione al Campionato 2004/2005, con apparente finanziamento, postergato ed infruttifero, da
lui eseguito di euro 1.663.000,00, del quale in parte aveva restituzione dalla società (euro 650.000,00) immediatamente dopo
aver documentato l‟avvenuto ripianamento al Consiglio federale, ottenendo così l'ammissione al Campionato…», e -la
seconda- per «… le stesse violazioni addebitate al suo legale rappresentante a titolo di responsabilità diretta, la violazione
dell‟art. 2, comma 4 del Codice di giustizia sportiva… ». Il sig. Malavolta e consorte hanno contestato tali addebiti, sotto vari
profili, con memoria ritualmente depositata. Tuttavia, con delibera in data 12 maggio 2006 pubblicata nel C.U. n. 325/C, la
Commissione disciplinare presso la Lega professionisti di serie C, pronunciando in funzione di giudice di prime cure, ha
inflitto a carico del sig. Malavolta la sanzione di un anno d‟inibizione ed a carico della Teramo Calcio s.p.a. quattro punti di
penalizzazione, da scontare nel campionato in corso (2005/06). Tanto nella considerazione che, ad avviso della Commissione,
le operazioni di rifinanziamento della società a suo tempo effettuate dal sig. Malavolta costituirono non già un versamento in
c/futuro aumento di capitale, con apporto finanziario definitivamente acquisito al patrimonio della società stessa, bensì una
copertura meramente simulata delle perdite, sebbene nella specie ricorresse la vicenda contemplata dal par. I, lett. b), § 5) del
C.U. n. 189/A, ossia l'avvenuto superamento della situazione ex art. 2447 c.c. Avverso tale statuizione il sig. Malavolta e la
Teramo Calcio s.p.a. si son gravati innanzi alla Corte d‟appello federale – CAF della FIGC, conferendo il primo, in proprio e
nella qualità di legale rappresentante di tale società, procura all‟avv. Fabrizio Acronzio del Foro di Teramo. Al riguardo, gli
appellanti hanno dedotto in punto di diritto: A) – la violazione delle norme sul contraddittorio e sul diritto di difesa, nonché la
mancata correlazione tra l‟accusa ed i fatti addebitati nel provvedimento sanzionatorio; B) – l‟omessa motivazione su un punto
decisivo della controversia, prospettato dagli appellanti nella memoria difensiva davanti al giudice di prime cure. La CAF, con
decisione assunta il 18 maggio 2006, ha dichiarato inammissibile l‟appello, «… ai sensi dell‟art. 29, comma 1 C.G.S., perché
sottoscritto da persona non legittimata…». Con istanza d‟arbitrato in data 25 maggio 2006, il sig. Malavolta e consorte di lite
hanno adito la Camera di conciliazione ed arbitrato per lo sport, sedente presso il CONI, convenendovi la FIGC ed
impugnando entrambe le decisioni degli organi di giustizia federale. I ricorrenti, dopo aver contestato la statuizione
d‟inammissibilità e ribadito la correttezza della procura ad litem rilasciata dal sig. Malavolta all‟avv. Acronzio, nonché la piena
legittimazione al giudizio d‟appello, deducono in questa sede: A) – la violazione delle norme sul contraddittorio e sul diritto di
difesa, nonché la mancata correlazione tra l‟accusa ed i fatti addebitati nel provvedimento sanzionatorio; B) – l‟omessa
motivazione su un punto decisivo della controversia, prospettato dagli appellanti nella memoria difensiva davanti al giudice di
prime cure; C) – la violazione o falsa applicazione delle norme contenute nello Statuto, nel Codice di giustizia sportiva, nelle
138
DECISIONI INTEGRALI DELLA CAMERA DI CONCILIAZIONE ED ARBITRATO PER LO SPORT DEL CONI
- STAGIONE SPORTIVA 2006-2007
NOIF e negli altri regolamenti adottati dal Consiglio federale ex art. 33, lett. a) del C.G.S., nonché vizi di merito ex art. 33, lett.
d). Resiste in questo giudizio arbitrale l‟intimata FIGC, la quale eccepisce:
1) - l'inammissibilità della domanda d‟arbitrato, perché introdotta con un unico ricorso a fronte di posizioni non coincidenti e
rivolte avverso sanzioni eterogenee, fondate su distinti titoli di responsabilità e soggette a differenti regimi impugnatori;
2) – l‟inammissibilità della domanda arbitrale proposta dalla Teramo Calcio s.p.a., non essendo la sanzione della
penalizzazione assoggettabile ad arbitrato, giusta quanto stabilito dall‟art. 27 dello Statuto FIGC; 3) – la separazione necessaria
del giudizio inerente al sig. Malavolta rispetto a quello della società, con conseguente rimessione in termini della convenuta. E‟
intervenuta nel presente giudizio arbitrale la Lega nazionale professionisti – LNP di serie C, con sede in Firenze, deducendo la
propria legittimazione all‟intervento ed eccependo vari profili d‟inammissibilità e d‟infondatezza della domanda arbitrale in
esame. All‟udienza arbitrale del 26 giugno 2006, le parti, ivi incluso il terzo ammesso a intervenire già nel corso dell‟udienza
del 21 giugno 2006 (come risulta dal relativo verbale), dopo aver rinunciato a tutti i termini, hanno posto le loro conclusioni e,
su loro conforme richiesta, il ricorso in epigrafe è stato assunto in decisione dal Collegio.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. – Preliminare è l‟esame inerente il diniego del giudizio di merito in secondo grado presso la Corte d‟appello federale (CAF);
diniego motivato nei confronti degli istanti, signor R. Malavolta e Teramo calcio s.p.a., sopra un duplice fondamento: che “il
reclamo risulta essere stato sottoscritto unicamente dal difensore”, e che il signor R. Malavolta “quanto meno in proprio, non
ha sottoscritto il reclamo né, essendo egli inibito, avrebbe potuto sottoscriverlo quale legale rappresentante pro tempore della
Società”. La decisione di inammissibilità adottata dalla CAF, però, è errata. A margine dell‟atto introduttivo del grado di
appello è indiscutibilmente apposta la sottoscrizione del signor R. Malavolta “in proprio e in qualità di Presidente e legale
rappresentante p.t. della Teramo calcio s.p.a.”; questa sottoscrizione ha essenziale finalità di costituire verso i terzi il potere di
procuratore dell‟avv. Fabrizio Acronzio. Non si tratta del “patrocinio” di cui si occupano gli artt. 82 ss. del codice di procedura
civile, quanto del mandato con rappresentanza di cui all‟art. 1704 c.c. Né si può negare che istituti generali del diritto civile,
qual è la rappresentanza (artt. 1387 c.c. ss.), siano interdetti nel sistema di giustizia federale, che anzi abbondantemente attinge
all‟istituto della “delega” delle parti a terzi “che le assistono” (per esempio: art. 30.8 CGS). Peraltro, è noto che “l'attore, con
la sottoscrizione della procura „ad litem‟, a margine o in calce alla citazione, fa proprio il contenuto negoziale di quest'ultimo
atto” (Cass. 18 novembre 2002, n. 16221), sicché il reclamo, nella fattispecie, doveva essere senz‟altro considerato
ammissibile (almeno) nella parte in cui era stato promosso nell‟interesse del sig. R. Malavolta “in proprio”. In realtà, la
scissione delle posizioni soggettive, nella medesima fattispecie, rimaneva impedita dalla configurazione dell‟illecito ritenuto
dalla decisione di prime cure: un illecito che, con lessico di mutuazione penalistica, deve dirsi a concorso necessario, nel quale
-cioè- la Società e il suo Presidente hanno posto in essere un‟attività negoziale (la dazione a mutuo di parte del patrimonio
sociale con reciproco acquisto di obbligazioni) che ha integrato la violazione di quei “doveri ed obblighi generali” di cui all‟
art. 1 del Codice di Giustizia Sportiva (CGS). In casi del genere, la decisione non può che essere unica, essendo logicamente
incompatibile la divergenza di giudicati in rapporto alla medesima “causa” ovvero, data pure la pluralità di “cause”, per il
nesso di pregiudizialità-dipendenza che le governa. E secondo il principio generale che vige in materia di impugnazione,
quando “la sentenza [è stata] pronunciata tra più parti in causa inscindibile o in cause tra loro dipendenti”, il giudice deve
promuovere l‟assunzione della qualità di parte anche verso quei soggetti che tali non fossero ancora divenuti nella fase di
impugnazione, promuovendo l‟integrazione del contraddittorio a norma dell‟ art. 331 c.p.c. La CAF, peraltro, dal dovere di
promuovere l‟assunzione della qualità di parte altresì del Teramo calcio s.p.a. (dopo che soltanto il sig. R. Malavolta in proprio
si era reso parte della fase di impugnazione per quanto detto in precedenza) era virtualmente assolta stante “la dichiarazione
resa davanti alla CAF dal dott. Gallo, attuale legale rappresentante pro-tempore”. In altre parole, la CAF neppure avrebbe
dovuto procedere ad apposita integrazione del contraddittorio poiché l‟integrità di quest‟ultimo si era spontaneamente
conseguita per via della suddetta dichiarazione di ratifica del provvedimento dell‟appello, idonea di per sè a costituire la
Società quale altra parte necessaria del giudizio di secondo grado, il cui accesso al merito si rendeva possibile, in ultimo, in
ragione della tempestiva impugnazione di almeno uno dei due liti sconsorti necessari e della integrazione del contraddittorio
motu proprio attuata dalla parte inizialmente rimasta inerte. Che si tratti di principi generali appare indubitabile, come prova la
condivisione giurisprudenziale della massima secondo la quale “la tempestiva notificazione dell'appello ad una sola delle parti
necessarie del giudizio di primo grado è condizione sufficiente per la sua ammissibilità, potendo la parte istante integrare il
contraddittorio in un momento successivo ai sensi dell'art. 331 c.p.c.” (Consiglio Stato, sez. IV, 31 agosto 1988, n. 714).
2. – Rescissa la statuizione di secondo grado, e tuttavia non apparendo praticabile -allo stato del sistema della giustizia
sportiva- un ordinamento circolare delle fasi endo- ed esofederali (in cui si soltanto si colloca la Camera di conciliazione e
arbitrato per lo sport), questo Collegio deve assumere per intero il carico di decidere il merito della controversia senza che sia
prospettabile una statuizione di rinvio, del tipo disciplinato, per occasioni del genere, dall‟art. 32.5 CGS (“L‟Organo di
seconda istanza, se ritiene insussistente la inammissibilità o la improcedibilità dichiarata dall‟Organo di primo grado,
annulla la decisione impugnata e rinvia per l‟esame del merito all‟Organo stesso”). A tale riguardo, gli arbitri ritengono di
non incorrere in alcuna extrapetizione nel prendere a oggetto della propria cognizione la condotta così come ritenuta nella
decisione della Commissione disciplinare che ha irrogato la sanzione. È evidente, infatti, che mentre nel sistema dei gradi di
giustizia endofederali non avrebbe potuto il Giudice rimanere insensibile al denunciato difetto di corrispondenza tra il fatto di
cui alla contestazione mossa dal Procuratore (con atto in data 17.3.2006, prot. n. 609.04/GC/pc) e quello ritenuto in decisione,
viceversa al thema decidendum del presente arbitrato, siccome diverso da quello lì fissato unilateralmente e una volta per tutte
dal promotore di giustizia, appartiene senz‟altro la condotta così come ritenuta nella decisione della Commissione disciplinare.
Questo Collegio, insomma, deve valutare se sia legittimo e giusto aver inflitto “al presidente Romano Malavolta [la sanzione]
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DECISIONI INTEGRALI DELLA CAMERA DI CONCILIAZIONE ED ARBITRATO PER LO SPORT DEL CONI
- STAGIONE SPORTIVA 2006-2007
di un anno di inibizione [e] per la Società Teramo Calcio s.p.a. quella di 4 punti di penalizzazione da scontare nella classifica
del Campionato in corso” in ragione del fatto che “il prelevamento pressochè contestuale di un‟ ingente somma formalmente
destinata a riportare nei limiti della correttezza richiesta dalla CO.Vi.SO.C. la situazione patrimoniale della società è atto
surrettiziamente elusivo del rispetto delle norme poste dall'ordinamento sportivo”.
3. – Tuttavia, in relazione all‟arbitrabilità della controversia nella parte relativa alla sanzione irrogata alla Società, rimane
ancora da superare l‟eccezione sollevata dalla F.I.G.C. Il tenore dell‟art. 27.3 dello Statuto F.I.G.C. afferma che “non sono
soggette a procedimento di arbitrato le controversie di natura tecnico disciplinare decise in via definitiva dagli organi di
giustizia federali […] che abbiano dato luogo a sanzioni […] comportanti […] penalizzazioni in classifica”. La fattispecie sub
judice non è, a giudizio degli arbitri, una delle controversie “di natura tecnico-disciplinare” alle quali allude la clausola
statutaria con finalità di sottrazione alla materia arbitrabile. Nel CGS, avuto riguardo alle norme che pongono i precetti, vi è
costante autonomia nel trattamento delle “violazioni in materia gestionale ed economica” rispetto all‟ “illecito sportivo”
senz‟altro (artt. 25.6; 36 ss.). Né diversamente lascia concludere la clausola statutaria recata dall‟art. 29.3 della Lega
professionisti di serie C che, senza pregiudizio in ordine al rapporto corrente tra le due clausole statutarie, non riporta
l‟esclusione dalla materia arbitrabile fondata sul tipo di sanzione che qui rileva, vale a dire la penalizzazione in classifica. Tutto
ciò appare sufficiente, senza attingere a fonti ulteriori tanto meno di livello sovraordinato o primario, a postulare come
necessaria una soluzione di favore per l‟arbitrabilità della specifica controversia. L‟eccezione in questione va, pertanto,
respinta. 4. – Sul chiaro e inequivoco oggetto del giudizio, così come individuato al precedente § 2., deve conclusivamente
esprimersi il Collegio, rimosso ogni impedimento. Ritengono gli arbitri che la stessa affermazione contenuta nell‟istanza di
arbitrato del sig. R. Malavolta e del Teramo calcio s.p.a. contenga elementi idonei a confortare un giudizio di disvalore della
condotta mediante la quale il primo si è sostanzialmente ri-appropriato parte dei fondi che pure dichiara essere stati versati
“non per assicurare alla società fonti di autofinanziamento di natura provvisoria” (pg. 12): riappropriazione avvenuta, secondo
la stessa prospettazione degli interessati, in forma di mutuo concesso dalla Società al suo socio c.d. di riferimento. Senza
mettere in conto la legittimità o meno degli atti mediante i quali si è caratterizzata l‟operazione, certamente le modalità (ivi
incluse la sintomatica corrispondenza di alcuni importi) e i tempi in cui è avvenuta provano che l‟avvicendamento del
versamento e dell‟ immeditamente (con)seguente prelievo (sia pure parziale) derivano da un concepimento illecito, abbiano
integrato un agire complessivamente improbo, essendosi risolto il finanziamento iniziale in un apporto provvisorio, viceversa
essendo stato prescritto dagli organi federali di provvedere in buona sostanza a una stabile e durevole patrimonializzazione che
potesse riuscire di garanzia effettiva per la sopportazione di tutti gli impegni della stagione agonistica. La condotta
incontrovertibilmente tenuta è suscettibile di un'evidenza: che l‟intendimento di osservare il precetto di ricapitalizzazione della
Società sia stato slealmente alterato nel senso che alla manifestazione dell‟osservanza stessa non corrispondesse la realtà delle
cose, già diversamente concepita. L‟ordinamento particolare, del resto, non può consentire che comportamenti assunti sotto
l‟egida finanche della legittimità possano sostanziare forme abusive di partecipazione ai fenomeni sportivi, tanto che la
clausola generale di lealtà (art. 1 CGS) deve rappresentare la fonte di costante riempimento dei doveri di condotta non
rivenienti da altri e più specifici precetti, così escludendo che la legittimità di un comportamento possa per ciò soltanto farlo
ritenere anche leale, ovvero che la lealtà dei comportamenti si risolva nell‟osservanza soltanto dei precetti analiticamente
apposti per le diverse forme di partecipazione sportiva. Lungi dal voler ridurre, perciò, l‟idea di lealtà sportiva alla mera
osservanza formale delle regole, questo Collegio deve confermare il giudizio sostanzialmente negativo della condotta sub
judice, alla cui redenzione, per quanto detto, neppure gioverebbe quel conforto di legittimità di diritto civile che la difesa
interessata ha puntualmente prospettato. Dunque, la condotta, che è incontroversa tra le parti nella misura che è all‟esame di
questo Collegio, appare meritevole di sanzione. Nella vicenda, non può essere obliterato che, nonostante l‟errato diniego da
parte della CAF dell‟esame di merito delle posizioni di entrambi i soggetti sanzionati, la delibera della Commissione
disciplinare in virtù della quale (quasi impropria “ultima istanza”: art. 26.1 CGS) permane l‟inibizione del sig. Malavolta ed è
stata anche giustificata l‟estromissione dai c.d. play-off del campionato di serie C1 del Teramo calcio s.p.a., ha prodotto alcuni
effetti irreversibili. Si tratta di effetti nei quali il Collegio ritiene possano in buona misura esaurirsi i contenuti equi delle
sanzioni: sanzioni che, pertanto, vanno dichiarate legittime, con salvezza degli effetti dalle stesse prodotti sino alla data di
deposito del presente lodo, sicchè il periodo di inibizione riferito al sig. R. Malavolta deve intendersi corrispondentemente
ridotto .
5. – La reciproca soccombenza delle parti principali e la natura della posizione virtualmente non avversaria (di alcuna di
quelle) tenuta dal terzo ammesso all‟intervento (posizione in ispecie denotata anche dal comportamento di rinuncia ai termini
in suo favore previsti dopo l'ingresso in causa) inducono a una integrale compensazione delle spese del procedimento e per
assistenza difensiva tra tutte le parti.
P.Q.M.
Il Collegio, definitivamente pronunciando nella controversia promossa da Romano Malavolta e Teramo calcio s.p.a. contro la
Federazione Italiana Giuoco Calcio e con l‟intervento della Lega Professionisti Serie “C”, ogni altra istanza ed eccezione
disattesa, così provvede:
a) - in parziale accoglimento della “istanza di arbitrato”, riforma la decisione della CAF di cui al Comunicato ufficiale n. 59/C
del 19.5.2006, e, decidendo nel merito, dichiara legittime le sanzioni già applicate con delibera della Commissione disciplinare
della Lega Professionisti di serie C di cui al comunicato ufficiale n. 325/C del 12.5.2006, ridotta quella del signor Romano
Malavolta nei sensi di
dotta quella del signor Romano Malavolta nei sensi di cui in motivazione;
b) - dichiara interamente compensate tra tutte le parti le spese del procedimento e per assistenza difensiva;
140
DECISIONI INTEGRALI DELLA CAMERA DI CONCILIAZIONE ED ARBITRATO PER LO SPORT DEL CONI
- STAGIONE SPORTIVA 2006-2007
c) - dichiara le parti tenute in egual misura, con vincolo di solidarietà, al pagamento dei diritti degli arbitri, come separatamente
liquidati, e della Camera di conciliazione e arbitrato per lo sport.
Così deliberato all‟unanimità dei voti in conferenza personale degli arbitri riuniti presso la sede dell‟arbitrato in data 26 giugno
2006 e 18 luglio 2006, e quivi contestualmente sottoscritto in numero di quattro originali.
F.to Ferruccio Auletta - Presidente
F.to Mario Antonio Scino - Arbitro
F.to Silvestro Maria Russo - Arbitro
LODO ARBITRALE DEL 3 AGOSTO 2006 - MICHELE DAL CIN CONTRO F.I.G.C.
COMITATO OLIMPICO NAZIONALE ITALIANO
CAMERA DI CONCILIAZIONE E ARBITRATO PER LO SPORT
COLLEGIOARBITRALE
Il Collegio arbitrale composto da
Avv. Enrico Ingrillì in qualità di Presidente del Collegio Arbitrale, ai sensi del Regolamento della Camera di Conciliazione e
Arbitrato per lo Sport
Cons. Antonino Anastasi in qualità di Arbitro nominato dal Sig. Michele Dal Cin, ai sensi del Regolamento della Camera di
Conciliazione e Arbitrato per lo Sport
Avv. Mario Antonio Scino in qualità di Arbitro nominato dalla F.I.G.C., ai sensi del Regolamento della Camera di
Conciliazione e Arbitrato per lo Sport
nel procedimento di Arbitrato promosso da:
Michele Dal Cin, nato a Vittorio Veneto (TV), il 28.07.1966, residente in Vittorio Veneto (TV), alla Via San Gottardo n. 77,
rappresentato e difeso, dall‟avv. Pietro Deodato, ed selettivamente domiciliato presso il Suo Studio in Roma, alla Via Sardegna
n. 40, - istante - contro
Federazione Italiana Giuoco Calcio, in persona del Presidente p.t., rappresentata e difesa dagli Avv.ti Mario Gallavotti,
Stefano La Porta e Luigi Medugno, ed elettivamente domiciliata presso lo studio del primo in via Po n.9, - resistente Letti i quesiti conclusivamente formulati dalle parti, esaminate le conclusioni delle stesse, esaminati gli atti e documenti del
giudizio, valutate le istanze istruttorie, ha emesso il seguente
LODO ARBITRALE
FATTO E SVOLGIMENTO DEL PROCEDIMENTO ARBITRALE
Con istanza di arbitrato trasmessa alla Federazione Italiana Giuoco Calcio (d‟ora in poi, per brevità, F.I.G.C.), in data 7 aprile
2006, il Sig. Michele Dal Cin impugnava la decisione della Corte d‟Appello Federale (d‟ora in poi, per brevità, C.A.F.) della
F.I.G.C., del 6 – 8 agosto 2005. La C.A.F., rigettando l‟appello proposto dal Sig. Michele Dal Cin, confermava l‟irrogazione,
nei confronti dello stesso, della sanzione disciplinare dell‟inibizione di 3 anni ed un mese, già irrogata dalla Commissione
Disciplinare, in relazione all‟illecito sportivo commesso, in occasione dell‟incontro valido per la quarantaduesima giornata del
campionato di calcio di serie B, stagione 2004 – 2005, partita Genoa – Venezia, disputatasi in data 11 giugno 2005.
Precedentemente, l‟istante esperiva, ai sensi dell‟art. 8 del Regolamento della Camera, la procedura di conciliazione che si
concludeva infruttuosamente, come da provvedimento in data 9 marzo 2006. Nell‟atto di instaurazione del giudizio arbitrale, il
Sig. Michele Dal Cin rassegnava le seguenti conclusioni:
a) dichiarare l‟inesistenza e/o la nullità della decisione della CAF del 6 agosto 2005 comunicata l‟8 agosto 2005, per le
ragioni sopra esposte;
b) in subordine, dichiarare l‟incompetenza degli organi di giustizia sportiva per non essere il Sig. Michele Dal Cin, sin dal
momento dell‟apertura del procedimento disciplinare, tesserato federale;
c) nel merito, dichiarare che il Sig. Michele Dal Cin non ha commesso alcun illecito disciplinare relativamente all‟incontro di
calcio dell‟11 giugno 2005, annullando di conseguenza le decisioni contestate dagli organi di giustizia sportiva FIGC;
d) in subordine, ridurre la sanzione disciplinare ad altra minore secondo giustizia o equità.
Oltre al favore delle spese di lite. Il Sig. Michele Dal Cin nominava, altresì, quale arbitro di propria elezione, il Cons. Antonino
Anastasi. L‟attore lamentava, in ogni caso, l‟inutilizzabilità delle intercettazioni telefoniche, utilizzate nel giudizio di primo e
secondo grado, in quanto, ai sensi dell‟art. 270 del c.p.p., le stesse potevano essere utilizzate solamente nell‟ambito del
procedimento penale, entro il quale erano state disposte.
In data 14 aprile 2006, si costituiva nel giudizio arbitrale la F.I.G.C., nominando quale arbitro di propria elezione, l‟avv. Mario
Antonio Scino, richiedendo, in ogni caso, il rigetto delle domande attoree. La F.I.G.C., in particolare, precisava che il Sig.
Michele Dal Cin, avendo perso lo status di tesserato, a seguito della dichiarazione di fallimento della società di appartenenza,
era da considerarsi estraneo all‟ordinamento sportivo, di conseguenza, la domanda doveva dichiararsi inammissibile, come già
pronunciato dalla Camera di Conciliazione e Arbitrato dello Sport, nel lodo del 10 aprile 2006, nel giudizio arbitrale promosso
dal Sig. Francesco Dal Cin, per i medesimi fatti oggetto del presente giudizio. Il Collegio arbitrale, in data 23 maggio 2006, si
costituiva ritualmente, rinviando alla successiva udienza del 31 maggio 2006. In data 31 maggio 2006, presso la sede della
Camera di Conciliazione e Arbitrato per lo Sport del C.O.N.I., si teneva la prima udienza. Il Collegio, esperito con esito
negativo il tentativo di conciliazione, fissava termine alle parti sino al 20 giugno 2006, per il deposito di memorie esplicative
sulle eccezioni preliminari. Il Collegio si riservava, altresì, ai sensi dell‟art. 19, comma IV, del Regolamento della Camera, di
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DECISIONI INTEGRALI DELLA CAMERA DI CONCILIAZIONE ED ARBITRATO PER LO SPORT DEL CONI
- STAGIONE SPORTIVA 2006-2007
rendere noto anticipatamente il solo dispositivo, comunicando successivamente il testo integrale del lodo. All‟udienza del 20
luglio 2006, il Collegio precisava che la discussione riguardava solamente la decisione sulle eccezioni preliminari e
pregiudiziali, sulle quali, si riservava ogni decisione. Il Collegio precisava, altresì, che in caso venissero superate le eccezioni
preliminari e pregiudiziali proposte, il giudizio sarebbe proseguito con la concessione di termini alle parti, per ogni deduzione
e produzione necessaria.
MOTIVI
Il Collegio ritiene di dover esaminare l‟eccezione preliminare e pregiudiziale di parte resistente, relativa al difetto di
competenza della Camera di Conciliazione e Arbitrato per lo Sport. Ai sensi dell‟art. 12, comma III, dello Statuto del C.O.N.I.,
la Camera di Conciliazione e Arbitrato per lo Sport “ha competenza, con pronunzia definitiva, sulle controversie che
contrappongono una Federazione sportiva nazionale a soggetti affiliati, tesserati o licenziati, a condizione che siano stati
previamente esauriti i ricorsi interni alla Federazione o comunque si tratti di decisioni non soggette a impugnazione
nell’ambito della giustizia federale”. Condicio sine qua non, della legittimazione attiva ad adire la Camera di Conciliazione e
Arbitrato per lo Sport, è il possesso della qualità di affiliati ad una Federazione Sportiva Nazionale. La mancanza di tale status
personale, ai sensi dell‟art. 12, comma III, dello Statuto del C.O.N.I., conseguentemente impedisce alla Camera di
Conciliazione e Arbitrato per lo Sport di poter decidere qualsiasi controversia. Il Sig. Michele Dal Cin sin dal momento della
proposizione della domanda di arbitrato, mancava della qualità di tesserato alla F.I.G.C., che ha precedentemente perduto in
dipendenza di un evento, quale la dichiarazione di fallimento della squadra di appartenenza, previsto dalle N.O.I.F. quale causa
di estinzione del vincolo associativo. Inoltre, nel presente giudizio arbitrale non si discute dello status personale dell‟istante,
ovvero della perdita della qualità di tesserato, conseguentemente, ai sensi dell‟art. 12, comma III, dello Statuto del C.O.N.I., il
Collegio rileva la sua assoluta incompetenza. In forza di tutti gli elementi sopra richiamati, è fatto notorio e indiscutibile che il
Sig. Michele Dal Cin, al momento della proposizione dell‟istanza, non possedeva il requisito di tesserato e/o affiliato ad una
Federazione Sportiva Nazionale, che aveva perduto in precedenza, a causa ed in conseguenza di un fatto avente effetti
nell‟ordinamento giuridico, come la dichiarazione di fallimento del club di appartenenza, A.C. Venezia Calcio S.r.l.. In tale
maniera, l‟istante è stato privato di qualsiasi legittimazione ad adire la Camera di Conciliazione e Arbitrato per lo Sport,
avendo perduto lo status personale costitutivo della legittimazione ad agire, ai sensi del già richiamato art 12, III comma, dello
Statuto del C.O.N.I.. Dove la capacità degli arbitri risieda in una clausola di un contratto associativo, infatti, il patto
compromissorio può resistere alla dismissione del vincolo associativo, se e in quanto questa stessa vicenda costituisca oggetto
del giudizio, il quale rimane, perciò, soltanto quello arbitrale. Diversamente, ove la dismissione della qualità di associato
costituisca un prius non rientrante nell‟oggetto del giudizio, una clausola del genere è incapace di distogliere dall‟Autorità
Giudiziaria la controversia che insorga sopra una posizione soggettiva, eventualmente rilevante per l‟ordinamento giuridico. Il
Collegio rileva che nel presente giudizio non si discute in merito alla qualità, ovvero alla perdita della qualità di tesserato, da
parte del Sig. Michele Dal Cin, pertanto, nessuna competenza potrà ravvisarsi in capo alla Camera di Conciliazione a Arbitrato
per lo Sport. Peraltro, la giurisprudenza non ha mancato di precisare che il potere arbitrale non va soggetto al principio di cui
all‟art. 5 c.p.c., che è inutilizzabile per risolvere la questione della permanenza del vincolo compromissorio (Cass. 21 luglio
2004, n. 13516 e sempre sulla questione, in senso conforme, le Sezioni Unite della Cassazione del 3 ottobre 2002, n. 14223).
Addirittura, prosegue la sentenza n. 13516 del 2004 della Cassazione, sopra richiamata, disponendo che in tema di arbitrato, lo
stabilire se una controversia debba essere decisa dal giudice ordinario o dagli arbitri non integra una questione di
competenza in senso tecnico ma di merito, in quanto inerente alla validità o alla interpretazione del compromesso o
della clausola compromissoria, e quindi all'ambito della cognizione attribuita agli arbitri dalla convenzione arbitrale;
ne consegue che, anche nell'ipotesi in cui sia stata impropriamente redatta in termini di affermazione o negazione della
competenza del giudice, la sentenza risolutiva della predetta questione resta pur sempre una pronuncia di merito (….)
(cfr. conforme anche Cassazione, Sezioni Unite n. 9829 del 2002). Il Collegio richiama sull‟argomento, altresì, quanto già
statuito dalla Camera di Conciliazione a Arbitrato per lo Sport, nel lodo reso nel giudizio promosso dal Sig. Francesco Dal Cin,
il quale aveva parimenti perduto lo status di tesserato alla F.I.G.C., prima della proposizione dell‟istanza di arbitrato (cfr.
pubblicato sul sito internet www.coni.it). Si legge nel lodo sopra richiamato e avente ad oggetto i medesimi fatti sottesi al caso
in esame: “Questa considerazione è di per sé dirimente, allora, anche in ordine alla pretesa di veder attribuita al Collegio una
capacità di conoscere della presente controversia quasi si trattasse di perpetuare la capacità cognitiva degli organi di
giustizia sportiva, dopo che la singola Federazione sportiva ha promosso il procedimento, che si è concluso con la sanzione
inflitta a colui che intanto non era più tesserato. Ma, in realtà, la stessa pretesa non merita accoglimento, poiché il
procedimento conclusosi con l‟irrogazione della sanzione al Sig. Francesco Dal Cin non si identifica soggettivamente né
oggettivamente con quello di cui il presente lodo costituisce il compimento: non soggettivamente, in quanto la Camera di
Conciliazione e Arbitrato per lo Sport “è istituita presso il CONI”, rispetto al quale una Federazione sportiva nazionale (coi
suoi organi di giustizia) è in rapporto di sicura alterità; non oggettivamente, perché laddove “nell‟ambito della Federazione
sportiva nazionale” il procedimento di giustizia svoltosi fosse stato già censibile a ogni effetto come “procedimento
arbitrale”, questo avrebbe determinato l‟ “[in]competenza” della Camera a norma dell‟art. 12, comma 6, dello Statuto CONI
(“Restano escluse dalla competenza della Camera tutte le controversie tra soggetti affiliati, tesserati o licenziati, per le quali
siano istituiti procedimenti arbitrali nell‟ambito delle Federazioni sportive nazionali”)”. In concreto, ben anteriormente alla
domanda di arbitrato, l‟efficacia vincolante dell‟art. 27 dello Statuto federale era perduta inter partes, in nessuna misura
risultando sub judice la vicenda di estinzione del vincolo associativo di Francesco Dal Cin dalla F.I.G.C., per via della
dichiarazione di fallimento dell‟A.C. Venezia Calcio S.r.l., sicchè deve ritenersi, conclusivamente, che all‟atto di introdurre il
procedimento presso la Camera, la parte attrice ha sostanzialmente rivolto, peraltro in conformità dell‟ordinamento sportivo,
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DECISIONI INTEGRALI DELLA CAMERA DI CONCILIAZIONE ED ARBITRATO PER LO SPORT DEL CONI
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una proposta compromissoria irrevocabile non seguita dall‟ accettazione dell‟altra (arg. ex artt. 12.5 Statuto C.O.N.I., 9.2 e
10.2 Regolamento Camera). La resistente F.I.G.C., inoltre, in forza dell‟eccezione preliminare e pregiudiziale proposta, ha
rifiutato, ad ogni effetto di legge, la devoluzione della competenza a decidere qualsiasi giudizio alla Camera di Conciliazione a
Arbitrato per lo Sport. Ne consegue che, nel caso di specie, non si è realizzato l‟accordo delle parti, di devoluzione della
competenza alla Camera. In conclusione, non compete al Collegio Arbitrale della Camera di Conciliazione e Arbitrato per lo
Sport decidere alcunché, nel merito delle pretese della parte istante. Merito del quale sarebbe già parte ogni valutazione, pur
incidentale, circa la permanenza del potere disciplinare della Federazione successivamente alla fine, per di più involontaria, del
vincolo associativo. Tutte le altre questioni preliminari e pregiudiziali, quindi, rimangono assorbite da quella appena trattata
che preclude ogni decisione di merito. La particolarità del caso e la domanda di giustizia sostanziale, che rimane
impregiudicata tra le parti, sono elementi idonei a compensare integralmente le spese per i difensori e la pari soccombenza
delle spese e dei diritti degli arbitri. P.Q.M. Il Collegio Arbitrale all‟unanimità, definitivamente pronunciando nel
contraddittorio delle parti, disattesa ogni ulteriore istanza, eccezione e deduzione:
A) dichiara inammissibile l‟istanza proposta dal Sig. Michele Dal Cin;
B) compensa integralmente tra le parti le spese di lite;
C) le parti sono tenute in egual misura, con vincolo di solidarietà, al pagamento delle spese e dei diritti degli arbitri, come
separatamente liquidati, dalla Camera di Conciliazione e Arbitrato per lo Sport.
Così deciso in conferenza personale degli arbitri.
F.to Enrico Ingrillì
F.to Antonino Anastasi
F.to Mario Antonino Scino
LODO ARBITRALE DEL 28 AGOSTO 2006 - A.C. APRILIA CONTRO F.I.G.C. – LND - COMITATO
INTERREGIONALE LEGA NAZIONALE DILETTANTI + ALTRI
COMITATO OLIMPICO NAZIONALE ITALIANO
CAMERA DI CONCILIAZIONE E ARBITRATO PER LO SPORT
COLLEGIOARBITRALE
Il Collegio arbitrale composto da
PROF. AVV. MAURIZIO BENINCASA - PRESIDENTE
PROF. FRANCESCO TUFARELLI – ARBITRO
AVV. MARIO ANTONIO SCINO - ARBITRO
LODO
nel procedimento di Arbitrato promosso da:
A.C. Aprilia, in persona del legale rappresentante pro tempore Sig. Ivano Tassinari, con sede in Aprilia (LT) alla via Bardi n.
8, rappresentata e difesa, sia congiuntamente che disgiuntamente, dall‟ Avv. Felice Sibilla, dall‟ Avv. Gaetano Aita e dall‟Avv.
Massimo Bevere, ed elettivamente domiciliata presso lo studio di quest‟ultimo in Roma alla Via Oslavia, 40 - RICORRENTE
CONTRO Federazione Italiana Giuoco Calcio, in persona del Commissario Straordinario Prof. Guido Rossi, con sede in
Roma, alla Via G. Allegri n. 14, rappresentata e difesa dagli Avv.ti Mario Gallavotti e Stefano La Porta ed elettivamente
domiciliata presso il loro studio in Roma, alla Via Po n. 9 - RESISTENTE – E CONTRO Lega Nazionale Dilettanti,
Comitato Interregionale Lega Nazionale Dilettanti, S.S. Cassino, 1927, A.C. Isola Liri, A.S. Ferentino Calcio, Pol.
Monterotondo Calcio, A.C.D. Guidonia Montecelio, U.S. Bojano, U.S. Angri Calcio 1927 A.S.D., Pol. Nuovo
Campobasso Calcio s.r.l., A.S. Ostiamare Lido Calcio, U.S. Venafro, A.S.D. Calcio Pomigliano, S.S.D. Tivoli Calcio
1919 s.r.l., A.S.D. Astrea, U.S. Calcio Montenero, A.S.D. Pisoniano, U.S. Sorianese, A.S.D. Spes Mentana - PARTI NON
COSTITUITE – FATTO E SVOLGIMENTO DEL PROCEDIMENTO
In data 7 maggio 2006, in occasione dell‟ultima giornata di campionato di Serie D tra A.C. Aprilia e Monterotondo svoltasi sul
campo di calcio dell‟A.C. Aprilia, la terna arbitrale era costretta a sospendere definitivamente l‟incontro al 44° del secondo
tempo a causa dei numerosi fatti di violenza posti in essere dai tifosi locali, nonché dalle condotte violente dei dirigenti e
tesserati locali nei confronti dei dirigenti e tesserati ospiti. A seguito di tali avvenimenti il Giudice Sportivo, con decisione
pubblicata sul Comunicato Ufficiale Interregionale n. 168 del 17 maggio 2006 deliberava: « […]
1) di infliggere alla società A.C. Aprilia la punizione sportiva della perdita della gara col punteggio di 0-3;
2) di retrocedere l‟A.C. Aprilia all‟ultimo posto in classifica del Campionato di competenza (ai sensi dell‟art. 13 comma G
del CGS);
3) di squalificare il campo di gioco della società A.C. Aprilia fino al 30/06/2007 con obbligo di disputare le gare in campo
neutro ed a porte chiuse;
4) A carico Dirigenti: Inibizione a svolgere ogni attività ai sensi dell‟art. 14 del CGS fino al 31/05/2008 il Sig. Treiani
Massimo (Aprilia);
A carico Allenatori: Squalifica fino al 31/10/2006 al Sig. Bindi Massimo (Aprilia);
A carico Calciatori Espulsi dal Campo: Corsetti Claudio (Aprilia) fino al 31/05/2008; Rutzittu Piergiovanni (Aprilia) fino al
16/09/2007; Fioravanti Alessandro (Aprilia) fino al 16/05/2007; Matteo Mirko (Aprilia) fino al 31/10/2006; Ponzio Federico
(Monterotondo) fino al 31/10/2006;
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DECISIONI INTEGRALI DELLA CAMERA DI CONCILIAZIONE ED ARBITRATO PER LO SPORT DEL CONI
- STAGIONE SPORTIVA 2006-2007
A carico Calciatori Non Espulsi dal Campo: Venturini Luca (Aprilia) fino al 31/12/2008; Del Duca Augusto (Aprilia) fino al
16/05/2007; Venturi Mauro ( Aprilia) fino al 16/11/2006;
5) di revocare la sospensione cautelare inflitta al campo di gioco della società A.C. Aprilia ed ai tesserati di entrambe le
società con C.U. n° 160 dell‟8 maggio 2006;
6) di trasmettere gli atti al Procuratore federale della FIGC per quanto di competenza […]».
Contro tale decisione veniva presentato ricorso alla Commissione Disciplinare che, con decisione pubblicata sul C.U. del
Comitato Interregionale n. 171 del 10 maggio 2006, « […] in parziale accoglimento del reclamo proposto dalla A.C. Aprilia:
conferma[va] la retrocessione all‟ultimo posto in classifica del campionato di competenza; squalifica[va] il campo di giuoco
fino al 30.06.2007 con obbligo di disputare le gare in campo neutro ma non a porte chiuse; conferma[va] nel resto le
squalifiche irrogate ai tesserati; Nulla per la tassa non versata […]». Tale decisione veniva impugnata innanzi alla
Commissione d‟Appello Federale che, con decisione del 25 maggio 2006 prot. n. 5020.9AM/fp, confermava tutte le sanzioni
precedentemente irrogate, ad eccezione di quelle inflitte ai calciatori Corsetti, Ritzittu, Del Duca e Venturini, per i quali
rimetteva gli atti alla Commissione Disciplinare per l‟esame del merito. Successivamente, il Comitato Interregionale presso la
Lega Nazionale Dilettanti, con delibera pubblicata sul C.U. n. 174 del 26 maggio 2006, decretava l‟espulsione dell‟A.C.
Aprilia dalla disputa delle gare dei playoff. Con istanza del 27 maggio 2006 A.C. Aprilia sottoponeva la controversia de qua
alla Camera di Conciliazione ed Arbitrato per lo Sport per la conciliazione prima dell‟instaurazione del procedimento arbitrale
dinanzi al medesimo organo. Il Conciliatore, Prof. Avv. Learco Saporito, in data 26 giugno 2006, preso atto del mancato
accordo tra le parti, dichiarava estinta la procedura conciliativa. Con atto depositato in data 14 luglio 2006 Prot. n. 0845, A.C.
Aprilia proponeva istanza di arbitrato dinanzi alla Camera di Conciliazione ed Arbitrato per lo Sport; il 25 luglio 2006 il
Presidente della Camera di Conciliazione ed Arbitrato per lo Sport, visti gli artt. 12 dello Statuto del CONI, 23 comma 1 del
Regolamento della Camera di Conciliazione e Arbitrato per lo Sport, e ritenuto, a norma dell‟art. 11 comma secondo del
Regolamento della Camera, di dover provvedere alla nomina del Collegio Arbitrale, nominava il Collegio Arbitrale così
composto: Prof. Avv. Maurizio Benincasa (Presidente del Collegio Arbitrale), Prof. Francesco Tufarelli (Arbitro) e Avv. Mario
Antonio Scino (Arbitro). Gli arbitri nominati formulavano l‟accettazione di cui all‟art. 14 del Regolamento e, in data 27 luglio
2006, si svolgeva la prima riunione del Collegio Arbitrale che fissava la prima udienza per il giorno 4 settembre 2006 presso la
sede dell‟arbitrato. In data 28 luglio 2006 i legali dell‟A.C Aprilia presentavano al Collegio Arbitrale un‟istanza di
anticipazione di udienza « […] in modo da consentire la definizione della procedura compatibilmente con l‟inizio dei
campionati (eccellenza e serie D) […]». Successivamente, in data 31 luglio 2007, il Collegio Arbitrale accoglieva l‟istanza
presentata dai legali dall‟A.C. Aprilia, fissando la prima udienza per il giorno 2 agosto 2006 presso la sede dell‟arbitrato. A.C.
Aprilia formulava, nella propria istanza di arbitrato, le seguenti «[…] RICHIESTE CONCLUSIVE:[…] in via principale e
nel merito:
- l‟annullamento dell‟impugnata decisione della Commissione d‟Appello Federale e di tutti le decisioni ad essa presupposte,
e/o connesse e/o collegate, ivi comprese quelle del Giudice Sportivo e della Commissione
Disciplinare, nonché la delibera del Comitato Interregionale che ha espulso l‟A.C. Aprilia dalla disputa dei play-off;
- l‟annullamento e/o riduzione e/o revoca della sanzione della retrocessione all‟ultimo posto in classifica del campionato di
competenza, anche con la conversione in punti di penalizzazione da scontare nel campionato 2005-2006 ovvero in quello
2006-2007, indicandoli, in quest‟ultimo caso nella misura di punti 3 o 4 ovvero in quella maggiore o minore ritenuta di
giustizia; - la riduzione e/o revoca della squalifica del campo di giuoco fino al 30/06/07 con l‟obbligo di disputare le gare in
campo neutro;
- la riduzione e/o revoca della inibizione del presidente sig. Treiani Massimo fino al 31/05/2008; - ordinare alla FIGC e/o
alla competente LND e/o al Comitato Interregionale di far disputare le gare di play-off all‟A.C. Aprilia essendosi la stessa
classificata al secondo posto del corrente campionato;
- ordinare alla FIGC e/o alla competente LND e/o al Comitato Interregionale di procedere all‟iscrizione dell‟A.C. Aprilia al
Campionato di serie D per la stagione sportiva 2006/2007, anche in sopranumero ovvero anche in sostituzione di altra
società, anche non iscritta per qualsivoglia motivo; - condannare la FIGC e/o la competente LND e/o il Comitato
Interregionale al risarcimento del danno per la mancata chance di vincere i play-off ed accedere alla Serie C2 per essere stata
ingiustamente relegata al Campionato di Eccellenza. Il tutto nella misura di Euro 500.000,00 ovvero in quella minore e/o
maggiore che sarà accertata dal Collegio. In via subordinata, chiede l‟applicazione di altro provvedimento sanzionatorio
comunque compatibile con il mantenimento della categoria per le motivazioni esposte in narrativa, ovvero in estremo
subordine ogni altra equa soluzione prospettata dall‟adito collegio Arbitrale. […]».
Con atto del 24 luglio 2006 la Federazione Italiana Giuoco Calcio si costituiva nel procedimento arbitrale, rassegnando le
seguenti conclusioni: « […]La FIGC chiede che l‟istanza avversaria sia dichiarata inammissibile per le ragioni sopra
evidenziate, o in subordine rigettata perché infondata. Con vittoria di spese […]». All‟udienza del 2 agosto 2006, dopo
l‟esperimento infruttuoso del tentativo di conciliazione, si svolgeva, nel rispetto del principio del contraddittorio, la
discussione. All‟esito, Il Collegio si riservava. Sciogliendo la riserva, il Collegio Arbitrale disponeva che la parte più diligente
provvedesse al deposito, non appena disponibile, della motivazione della decisione della Corte d‟Appello Federale. In data 7
agosto 2006 A.C. Aprilia provvedeva al deposito della suddetta motivazione.
MOTIVI
1.A.C. Aprilia formula la domanda di annullamento della decisione della Commissione d‟Appello Federale di cui al C.U. n.
5020.9AM/fp del 25 maggio 2006 e di tutte le decisioni ad essa presupposte, connesse o collegate. In particolare, deduce
quanto segue.
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DECISIONI INTEGRALI DELLA CAMERA DI CONCILIAZIONE ED ARBITRATO PER LO SPORT DEL CONI
- STAGIONE SPORTIVA 2006-2007
1. La società ricorrente osserva che la reale entità dei fatti, così come riportata dal referto arbitrale, sia tale da non poter
assolutamente giustificare un intervento così severo e sproporzionato da parte degli organi della Giustizia Federale; a tal fine si
richiamano alcuni stralci del referto del pronto soccorso che, a detta dei legali rappresentanti dell‟A.C. Aprilia, altro non
illustrerebbero che l‟entità minima delle lesioni e dei traumi, conseguenza della partita, “che ha avuto un‟elevata intensità
agonistica”.
2. L‟A.C. Aprilia sostiene che la sanzione irrogata al Presidente Sig. Massimo Treiani sia eccessiva e sproporzionata, dal
momento che gli è stato attribuito, senza alcun riscontro oggettivo, il ruolo di «[…]concausa determinante nello scatenare la
violenta reazione dei sostenitori locali […]»; parte ricorrente sostiene, infatti, che ci sia stata una vera e propria lite sorta tra i
due presidenti delle squadre in campo e, più specificatamente, che «[…] le fotografie documentano in modo chiaro
l‟aggressione fisica che il Treiani (al 43‟ del s.t.) subisce per mano del sig. Della Longa[…]» (presidente del Monterotondo);
3. Parte ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione delle norme di giustizia sportiva, nonché l‟illogicità e la carenza di
motivazione in ordine all‟irrogazione delle sanzioni. In particolare, si osserva che, con riferimento alla sanzione della
retrocessione all‟ultimo posto in classifica, « […] la retrocessione non è prevista come sanzione nella fattispecie relativa ai
fatti violenti da chiunque commessi (tesserati e sostenitori). La società poteva essere punita con l‟ammenda, eventualmente
anche con il massimo edittale, con la squalifica del campo ed eventualmente con la penalizzazione di punti in classifica, ma
non certamente con la retrocessione all‟ultimo posto in classifica che in concreto è da equiparare alla esclusione dal
campionato, altra sanzione maggiormente affittiva[…]».
4. Da ultimo, A.C. Aprilia chiede la condanna della FIGC al risarcimento dei danni, quantificati in Euro 500.000,00, relativi
alla lesione della c.d. immagine sportiva e di natura economica; in particolare, si rileva che la retrocessione in una serie
inferiore (con la conseguente mancata chance di partecipare ai play off) ha come conseguenze immediate la diminuzione di
abbonamenti, la risoluzione di contratti con gli sponsor, la mancata valorizzazione dei calciatori etc.
2. La Federazione Italiana Giuoco Calcio, con la propria memoria di costituzione, chiede che l‟istanza proposta dall‟A.C
Aprilia venga dichiarata inammissibile o, in subordine, rigettata.
1. In primo luogo, la FIGC dichiara di non accettare il contraddittorio in quanto non vi è stato precedentemente alcun accordo
compromissorio. A tal fine, viene richiamata la disposizione contenuta nell‟art. 27 dello Statuto della FIGC, che esclude dal
novero dei provvedimenti degli organi federali che possono essere oggetto di arbitrato presso la Camera quelli inerenti a « […]
controversie di natura tecnico disciplinare decise in via definitiva dagli organi di giustizia federali […] che abbiano dato
luogo a […] sanzioni comportanti … penalizzazioni di classifica […]».
2. Nel merito la FIGC deduce l‟infondatezza delle tesi avversarie, osservando, tra l‟altro, che « […] le sanzioni inflitte
all‟Aprilia per responsabilità diretta ed oggettiva sono inerenti solo in parte alla condotta dei propri sostenitori, e fanno
precipuo riferimento alla condotta del Presidente Treiani, dell‟allenatore e della squadra, e di alcuni suoi calciatori, che
hanno dato luogo ad un concorso di comportamenti violenti che forse non ha precedenti nella storia del calcio […]».
3. Preliminarmente, il Collegio è chiamato ad esaminare l‟eccezione di inammissibilità del ricorso formulata dalla difesa della
FIGC per difetto di patto compromissorio. L‟eccezione è infondata. Osserva il Collegio che a‟ sensi dell‟art. 27 dello Statuto
della FIGC « […] non sono soggette a procedimento di arbitrato le controversie di natura tecnico disciplinare decise in via
definitiva dagli organi di giustizia federali relative ad omologazioni di risultati sportivi o che abbiano dato luogo a sanzioni
soltanto pecuniarie, ovvero a sanzioni comportanti:
a) la squalifica o inibizione di tesserati, anche se in aggiunta a sanzioni pecuniarie, inferiore e a 120 giorni; b) la squalifica
del campo;
c) penalizzazioni di classifica […]». [s.d.r.]
Tale norma di colloca in un rapporto di eccezionalità rispetto alla norma che prevede la competenza della Camera in funzione
conciliativa e arbitrale per tutte le controversie tra i soggetti elencati al primo comma dell‟art. 27 ovvero tra gli stessi e la
Federazione per le quali non siano previsti o siano esauriti i gradi interni di giustizia federale. La natura eccezionale della
disposizione né impedisce ogni interpretazione estensiva e, a fortori, un‟applicazione analogica. La difesa della FIGC assume
che la sanzione della retrocessione all‟ultimo posto in classifica del campionato di competenza irrogata alla A.C. Aprilia rientri
nel novero delle ipotesi per le quali è esclusa la competenza della Camera e, segnatamente, nell‟ambito delle controversie di
natura tecnico disciplinare comportanti penalizzazioni di classifica [s.d.r.]. Osserva, tuttavia, il Collegio - volgendo lo sguardo
nell‟ordinamento federale e, in particolar modo, all‟art. 13 del Codice di Giustizia Sportiva contenente, appunto, l‟elenco delle
varie sanzioni sportive - che altro è la penalizzazione di uno o più punti in classifica; altro è la retrocessione all‟ultimo posto in
classifica del campionato di competenza o di qualsiasi altra competizione agonistica obbligatoria. Si tratta di due diverse
tipologie di sanzioni, come depone la loro stessa collocazione sistematica all‟interno della disposizione. Il Collegio reputa che
la deroga alla competenza arbitrale della Camera debba essere riferita solo alle penalizzazioni di uno o più punti in classifica e
non anche alla retrocessione all‟ultimo posto. Nessuna interpretazione estensiva ovvero applicazione analogica è,
diversamente, autorizzata Pertanto, l‟eccezione preliminare della difesa della FIGC deve essere disattesa. Venendo al merito
della controversia, il Collegio reputa che la decisione impugnata sia corretta e, pertanto, debba essere confermata. La
Commissione d‟Appello Federale ha, giustamente, fatto proprie le conclusioni dei precedenti gradi di giudizio che, movendo
dalla considerazione che le condotte poste dal Presidente, dai Dirigenti, dai tesserati e dai sostenitori della A.C. Aprilia
costituiscono un gravissimo attentato ai principi di lealtà, correttezza e probità che devono ispirare il comportamento di tutti
coloro che sono tenuti all‟osservanza delle norme federali, ha reputato che nell‟irrogazione delle sanzioni a carico della società
ricorrente si fosse fatta corretta applicazione del bilanciamento delle circostanze aggravanti e attenuanti riscontrabili nel caso
di specie. Il Collegio, in linea di continuità con gli organi di giustizia federale, ritiene che gli episodi ascrivibili ai dirigenti, ai
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DECISIONI INTEGRALI DELLA CAMERA DI CONCILIAZIONE ED ARBITRATO PER LO SPORT DEL CONI
- STAGIONE SPORTIVA 2006-2007
tesserati e ai sostenitori dell‟A.C. Aprilia si presentano molto gravi e offensivi dei principi che costituiscono i pilastri di ogni
attività sportiva. Si tratta di condotte che mortificano la funzione sociale, educativa e culturale che è assegnata ai protagonisti
del mondo sportivo (cfr. art. 32 Statuto CONI) Le sanzioni irrogate dalla giustizia federale e oggetto di impugnazione appaiono
pienamente commisurate alla natura e alla gravità dei fatti commessi. La relativa motivazione appare immune da vizi logici e
offre un‟illustrazione adeguata della ratio decidendi applicata. Né può dirsi colga nel segno la suggestiva prospettazione
dell‟A.C. Aprilia nella parte in cui deduce che la sanzione della retrocessione all‟ultimo posto di cui alla lett. g) dell‟art. 13 del
Codice di Giustizia Sportiva FIGC può trovare applicazione solo ai casi di cui agli artt. 5,6,7 e 8. Invero, da una lettura
sistematica del suddetto Codice emerge, chiaramente, che in taluni casi il legislatore federale ha inteso di individuare la
sanzione (minima) da applicare per le singole violazioni. In altri casi ha lasciato – e in tal senso depone la formula del primo
comma dell‟art. 13 del Codice – all‟interprete di valutare la natura e la gravità dei fatti commessi e di scegliere, tra le sanzioni
tipizzate, quella più adeguata a ristabilire la legalità. La conferma della legittimità della decisione impugnata comporta anche il
rigetto della domanda di risarcimento del danno. Le spese di lite e quelle di funzionamento dell‟organo arbitrale seguono il
principio della soccombenza. P.Q.M. Il Collegio Arbitrale, definitivamente pronunciando nel contraddittorio delle parti
rigetta l‟istanza di arbitrato formulata da A.C. Aprilia con atto depositato in data 14 luglio 2006 Prot. n. 0845;
• fermo il vincolo di solidarietà, condanna A.C. Aprilia al pagamento degli onorari e delle spese di arbitrato, liquidati dalla
Camera come da Regolamento;
• condanna A.C. Aprilia al pagamento delle spese di lite in favore della Federazione Italiana Giuoco Calcio che liquida in €
5.000,00, oltre spese generali, iva e c.p.a. come per legge;
• dispone che tutti i diritti amministrativi versati dalle parti siano incamerati dalla Camera di Conciliazione e Arbitrato per lo
Sport.
Così deciso definitivamente in Roma, all‟unanimità e in conferenza personale degli arbitri, il 28 agosto 2006.
Il presente lodo è stato preventivamente sottoposto al controllo formale della Camera ai sensi dell‟art. 20 del Regolamento.
F.to Maurizio Benincasa
F.to Mario Antonio Scino
F.to Francesco Tufarelli
LODO ARBITRALE DEL 8 SETTEMBRE 2006 - A.S. LATINA SPA CONTRO F.I.G.C.
COMITATO OLIMPICO NAZIONALE ITALIANO
CAMERA DI CONCILIAZIONE E ARBITRATO PER LO SPORT
COLLEGIOARBITRALE
Il Collegio arbitrale composto da
Prof. Avv. Pier Luigi Ronzani (Presidente)
Avv. Guido Cecinelli (Arbitro)
Avv. Marcello de Luca Tamajo (Arbitro)
Prof. Avv. Marcello Foschini (Arbitro)
Prof. Avv. Luigi Fumagalli (Arbitro)
nominato ai sensi del Regolamento della Camera di Conciliazione e Arbitrato per lo Sport (“Regolamento”)
riunito in conferenza personale in data 8 settembre 2006, presso la sede dell‟Arbitrato in Roma, ha deliberato all‟unanimità il
seguente
LODO
nel procedimento di Arbitrato (prot. n. 1143 del 21.08.2006) promosso da:
A.S. Latina SpA, con sede in Latina al Piazzale Trampolini n. 4, in persona del suo Presidente p.t. Sig. Antonio Sciarretta, con
gli Avv.ti Eduardo Chiacchio e Michele Cozzone attrice
contro
Federazione Italiana Giuoco Calcio, con sede in Roma alla Via Gregorio Allegri n. 14, in persona del Procuratore Antonio
Di Sebastiano, con gli Avv.ti Mario Gallavotti e Luigi Medugno convenuta
e con l‟intervento del Comitato Interregionale della Lega Nazionale Dilettanti / FIGC, con sede in Roma alla Via Po n. 36,
in persona del Presidente e legale rappresentante William Punghellini, con l‟Avv. Carlo Greco altra parte
FATTO E SVOLGIMENTO DELL’ARBITRATO
1. La A.S. Latina, con l‟istanza presentata in data 21 agosto 2006, ha convenuto la F.I.G.C. in arbitrato affinché venga
accertata e dichiarata la illegittimità e la infondatezza della decisione del Comitato Interregionale della L.N.D. assunta il 27
luglio 2006 (e pubblicata nel C.U. n. 8 di pari data), con la quale la A.S. Latina veniva esclusa dal campionato di serie D, anno
2006/2007 e per effetto fosse dichiarata l‟immediata ammissione della stessa A.S. Latina al campionato, anche in
soprannumero, con vittoria di spese, diritti, onorari ed accessori. Il provvedimento oggetto dell‟istanza della A.S. Latina aveva
a fondamento “il mancato deposito delle dichiarazioni liberatorie comprovanti l‟avvenuto pagamento di tutti gli emolumenti e
spettanze al 30 giugno 2006 di tutti i tesserati” e ciò in quanto la A.S. Latina si collocava fra le società “provenienti dall‟area
professionistica”. I motivi di doglianza della ricorrente riguardano:
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DECISIONI INTEGRALI DELLA CAMERA DI CONCILIAZIONE ED ARBITRATO PER LO SPORT DEL CONI
- STAGIONE SPORTIVA 2006-2007
a) come già detto, l‟illegittimità e la infondatezza della delibera del Comitato Interregionale a causa della sussistenza nella
fattispecie di tutti i requisiti richiesti dal C.U. n. 179 del 1 giugno 2006, ivi compreso l‟assolvimento degli obblighi contributivi
al 30 giugno 2006 nei confronti dei propri tesserati;
b) il radicale mutamento, alla data del 7 agosto 2006, della valutazione circa la posizione debitoria della A.S. Latina, da parte
della Lega professionistica di serie C;
c) la illegittima applicazione del C.U. n. 179 da parte del Comitato Interregionale L.N.D. in forza del combinato disposto di
tale comunicato con il C.U. della F.I.G.C. n. 180/A del 31 marzo 2006.
2. Si costituiva la F.I.G.C. con memoria il 28 agosto 2006 contestando la domanda e osservando in primo luogo che il
Comitato Interregionale L.N.D. non è organo della F.I.G.C., ma “articolazione funzionale della L.N.D.” per cui era necessaria
l‟integrazione del contraddittorio con detto organismo; nel merito eccepiva l‟infondatezza dell‟istanza attrice chiedendone il
rigetto per l‟accertata assenza in capo alla A.S. Latina dei requisiti fissati dal C.U. n. 179 del 1 giugno 2006 lettera 1/A, del
Comitato Interregionale della L.N.D.. Per la F.I.G.C. è ancora inconferente il richiamo al C.U. n. 180/A del 31 marzo 2006 in
quanto esso è relativo alla diversa ammissione ai campionati professionistici. In data 28 agosto 2006 si costituiva anche il
Comitato Interregionale L.N.D. eccependo che lo stesso Comitato aveva dettato le regole per l‟iscrizione al campionato di serie
D 2006/2007 con il C.U. n. 179 del 1 giugno 2006 nel quale nella parte indicata come 1/A si impone – con riferimento alle
società provenienti dall‟area professionistica – nel termine perentorio del 12 luglio 2006 (poi prorogato al 25 luglio 2006) il
deposito, tra l‟altro, della certificazione rilasciata dal Presidente della Lega Professionisti di serie C, attestante l‟avvenuto
deposito di tutte le ricevute liberatorie riguardanti i tesserati della società, comprovanti il pagamento di tutti gli emolumenti e
spettanze maturate al 30 giugno 2006. La difesa del Comitato convenuto puntualizzava che la A.S. Latina non aveva depositato
nel termine del 25 luglio 2006 tutte le liberatorie suddette, tanto che il Presidente della Lega di serie C in date 7 luglio, 17
luglio e 25 luglio 2006 comunicava al Comitato Interregionale l‟esistenza di vertenze in corso nonché l‟assenza di molteplici
dichiarazioni liberatorie dei tesserati (ben sedici), alla scadenza del termine perentorio del 25 luglio 2006. La difesa del
Comitato Interregionale dichiarava poi, depositando agli atti il relativo documento, che in data 21 luglio 2006 aveva indirizzato
alla A.S. Latina una lettera (inviata per conoscenza alla Lega di serie C) nella quale si invitava la stessa A.S. Latina ad attuare
la situazione richiesta dalla normativa mediante deposito entro e non oltre il termine perentorio del 25 luglio 2006, “presso la
sede del Comitato”, le previste, obbligatorie certificazioni, in difetto delle quali il Consiglio Direttivo del Comitato
Interregionale avrebbe provveduto alla esclusione della A.S. Latina dal Campionato di serie D, anno 2006/2007, non avendo la
Latina ottemperato né al deposito presso la Lega di serie C, dei suddetti documenti, né al deposito di questi ultimi presso il
Comitato Interregionale. Non essendo intervenuto il deposito, il Comitato Interregionale aveva proceduto, per l‟osservanza
delle norme richiamate, all‟esclusione in data 27 luglio 2006. Per tali motivi il Comitato Interregionale concludeva per la
reiezione dell‟istanza di arbitrato proposta dall‟A.S. Latina S.p.a. con vittoria di spese, diritti, onorari e accessori di causa.
3. In data 8 settembre 2006 si è svolta la riunione del Collegio arbitrale in presenza delle parti costituite per la discussione della
controversia e tutte le parti hanno illustrato le proprie ragioni con interventi principali e poi di replica, come risulta dal verbale
sottoscritto in pari data. La A.S. Latina ha depositato due documenti senza alcuna opposizione da parte della difesa del
Comitato Interregionale. Lo stesso giorno 8 settembre 2006 il Collegio arbitrale in conferenza personale, dopo aver esaminato
le memorie di difesa ed i documenti agli atti, all‟unanimità ha emesso il dispositivo nel quale ha rigettato l‟istanza della A.S.
Latina ed ha emanato le pronunzie consequenziali sulla base delle seguenti
MOTIVAZIONI
4. In primo luogo va affermato che le regole per l‟iscrizione al campionato di serie D stabilite dal Comitato Interregionale con
il C.U. n. 179 del 1/6/2006 rappresentano una normativa speciale inderogabile ai fini dell‟ammissione al concorso de quo. E
tali regole, per le società provenienti dall‟area professionistica, hanno imposto (punto 1/A) lo specifico adempimento
consistente nella produzione, entro il termine perentorio, della certificazione, da parte del Presidente della Lega
professionistica di serie C, attestante l‟avvenuto deposito di tutte le ricevute liberatorie riguardanti i tesserati delle Società e
comprovanti l‟avvenuto pagamento di tutti gli emolumenti maturati al 30/6/2006. Tale principio ha carattere sostanziale, in
quanto ha a sua base l‟esigenza di una par condicio tra tutte le società concorrenti in modo che non venga falsato il confronto,
nel concorso, tra società che presentano una corretta gestione economica, in primis nei rapporti con i propri tesserati, e società
che, invece, mantengono situazioni debitorie, comunque non certificate, nei confronti dei propri tesserati.
5. Il collegio osserva, poi, che la A.S. Latina era stata tempestivamente avvisata dallo stesso Comitato Interregionale (nota del
21/7/2006) della posizione di grave irregolarità, con nuovo invito a depositare presso di esso la prevista certificazione entro il
25/7/2006. D‟altro lato, la certificazione della Lega professionistica di serie C mai intervenuta, anche in ragione delle
comunicazioni al Comitato Interregionale in date 7/7, 17/7 e 25/7/2006, dimostra l‟inadempimento della A.S. Latina
all‟obbligo vincolante previsto nel comunicato. Per tutto quanto enunciato, il Comitato Interregionale doveva pronunciare
l‟esclusione dell‟A.S. Latina dal campionato di serie D, per il carattere tassativo delle norme di cui al comunicato n.179 del
1/6/2006, le cui regole non ammettono una qualsivoglia valutazione discrezionale, proprio perché l‟ammissione dei concorrenti
al campionato di serie D è subordinato al possesso dei requisiti prescritti e accertati per l‟accesso alla competizione.
6. D‟altro lato, ad abundantiam, sulla base di quanto esposto dalla difesa della A.S. Latina nella riunione dell‟8/9/2006,risulta
l‟assenza di deposito delle certificazioni liberatorie di più tesserati presso la Società. Si aggiunga che anche i documenti
depositati, relativi all‟adempimento dei pagamenti di due tesserati, Schettino Alberto e Marasco Gennaro, il cui saldo è
avvenuto in data 7/9/2006 (con valuta (8/9/2006) e, quindi, oltre il termine perentorio del 25/7/2006, comprovano l‟assenza per
tabulas delle relative dichiarazioni liberatorie che dovevano essere certificate dalla Lega professionistica di serie C. Di
conseguenza, la ricorrente non ha fornito la prova di avere ottenuto entro il termine del 25/7/2006 tutte le ricevute liberatorie
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dei tesserati, ed ha ammesso nella sua comunicazione in data 25/7/2006, indirizzata alla Lega professionistica di serie C,
l‟assenza di molteplici dichiarazioni liberatorie (per almeno quindici tesserati): documento n.6 depositato dal Comitato
Interregionale L.N.D.. Conseguentemente il collegio, nel sottolineare che lo svolgimento del procedimento arbitrale ha
consentito il diretto esame, con la partecipazione del ricorrente, circa l‟insussistenza di tale requisito relativo all‟ammissione
della A.S. Latina al campionato di serie D, pone in evidenza come siano stati rispettati dal Comitato Interregionale i principi di
trasparenza e correttezza dell‟azione amministrativa e del giusto procedimento.
7. Vanno disattesi anche gli altri tre motivi esposti dalla ricorrente in quanto:
a) la nota del 7/8/2006 del Presidente della Lega professionistica di serie C, con cui autorizzava l‟istituto bancario a sospendere
la rimessa dell‟importo della garanzia fidejussoria per € 157.000,00, è non solo successiva al 25/7/2006 ma riguarda i rapporti
tra la Lega di serie C e la A.S. Latina e, quindi, non assume alcuna rilevanza con riferimento al provvedimento obbligatorio di
esclusione dal campionato di serie D della ricorrente per il mancato deposito delle ricevute liberatorie dei tesserati.
b) Nessuna rilevanza assume il motivo secondo cui al 13/7/2006 il Comitato Interregionale non aveva (ancora) escluso la A.S.
Latina dal Campionato, giacché è risultato dimostrato che nessun provvedimento poteva essere assunto in quella data proprio
per il mancato deposito delle dichiarazioni liberatorie presso la Lega professionistica di serie C e il non intervenuto invio della
certificazione da parte della Lega al Comitato Interregionale.
c) E‟ privo di rilevanza giuridica l‟assunto della A.S. Latina secondo cui sussiste l‟illegittimità del C.U. n.179 rispetto al C.U.
n.180/A del 31/3/06, emesso dalla F.I.G.C., in quanto quest‟ultimo comunicato riguarda l‟iscrizione ai campionati
professionistici e nulla ha a che vedere con le regole che il Comitato Interregionale ha il potere di dettare per la diversa
iscrizione al campionato dilettanti. In conclusione, le domande spiegate dalla ricorrente devono essere respinte. Gli onorari e le
spese di arbitrato seguono le soccombente. I diritti amministrativi versati dalle parti devono essere incamerati dalla Camera.
P.Q.M.
Il Collegio Arbitrale
definitivamente pronunciando nel contraddittorio delle parti,
1. respinge il ricorso presentato dalla A.S. Latina SpA;
2. fermo il vincolo di solidarietà, condanna la A.S. Latina SpA al pagamento degli onorari e delle spese di arbitrato, così come
liquidati dalla Camera con separato provvedimento;
3. condanna la A.S. Latina SpA al pagamento delle spese di assistenza e difesa sostenute dal Comitato Interregionale della
Lega Nazionale Dilettanti / FIGC, che si liquidano in forfettari € 2.000,00 (duemila/00 euro), oltre accessori di legge
4. condanna la A.S. Latina SpA al pagamento delle spese di assistenza e difesa sostenute dalla Federazione Italiana Giuoco
Calcio, che si liquidano in forfettari € 1.000,00 (mille/00 euro), oltre accessori di legge;
5. dispone che tutti i diritti amministrativi versati dalle parti siano incamerati dalla Camera di Conciliazione e Arbitrato per lo
Sport.
Così deciso definitivamente in Roma, all‟unanimità e in conferenza personale degli arbitri, il giorno 8 settembre 2006.
F.to Pier Luigi Ronzani
F.to Guido Cecinelli
F.to Marcello de Luca Tamajo
F.to Marcello Foschini
F.to Luigi Fumagalli
LODO ARBITRALE DEL 8 SETTEMBRE 2006 - A.S. CASALE CALCIO S.R.L. CONTRO F.I.G.C.
COMITATO OLIMPICO NAZIONALE ITALIANO
CAMERA DI CONCILIAZIONE E ARBITRATO PER LO SPORT
COLLEGIOARBITRALE
Il Collegio arbitrale composto da
On. Prof. Avv. Pier Luigi Ronzani Presidente del Collegio Arbitrale
Avv. Guido Cecinelli Arbitro
Avv. Marcello de Luca Tamajo Arbitro
Prof. Marcello Foschini Arbitro
Prof. Avv. Luigi Fumagalli Arbitro
nominato ai sensi del Regolamento della Camera di Conciliazione e Arbitrato per lo Sport (il “Regolamento”), riunito in
conferenza personale in data 8 settembre 2005, presso la sede dell‟arbitrato, in Roma ha deliberato all‟unanimità il seguente
LODO
nel procedimento di Arbitrato (prot. n. 1165 del 22 agosto 2006) promosso da:
A.S. Casale Calcio s.r.l., con sede in Casale Monferrato (AL), Via Trevigi 14, in persona del suo Presidente pro tempore,
Avv. Giulio Bertacchi, rappresentata e difesa dagli Avv.ti Eduardo Chiacchio e Michele Cozzone, ed elettivamente domiciliata
presso lo studio del primo in Napoli, Centro Direzionale – Isola A/7, giusta delega in calce all‟istanza di arbitrato datata 21
agosto 2006 ricorrente
Contro Federazione Italiana Giuoco Calcio, con sede in Roma, Via Gregorio Allegri 14, in persona del Procuratore Sig.
Antonio Di Sebastiano, rappresentata e difesa dagli Avv.ti Mario Gallavotti e Luigi Medugno, ed elettivamente domiciliata
148
DECISIONI INTEGRALI DELLA CAMERA DI CONCILIAZIONE ED ARBITRATO PER LO SPORT DEL CONI
- STAGIONE SPORTIVA 2006-2007
presso lo studio del primo in Roma, Via Po 9, giusta delega allegata alla memoria di costituzione datata 25 agosto 2006
resistente
e con l‟intervento del Comitato Interregionale della Lega Nazionale Dilettanti/F.I.G.C., con sede in Roma, Via Po 36, in
persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore, dott. William Punghellini, rappresentata e difesa dall‟Avv. Carlo
Greco, ed elettivamente domiciliata presso lo studio di questo in Roma, Via Baldo degli Ubaldi 71, giusta delega a margine
della comparsa di costituzione datata 29 agosto 2006 altra parte basato sulla clausola compromissoria di cui all'art. 27 dello
Statuto della Federazione Italiana Giuoco Calcio e avente ad oggetto l'iscrizione dell‟A.S. Casale Calcio s.r.l. al campionato di
calcio di Serie D (stagione 2006/2007).
FATTO E SVOLGIMENTO DELL'ARBITRATO
1. Con “Istanza di arbitrato” depositata il 22 agosto 2006 la A.S. Casale Calcio s.r.l. (il “Casale” o la “Ricorrente”) ha
proposto domanda di arbitrato avverso la Federazione Italiana Giuoco Calcio (“FIGC”), dando avvio al presente
procedimento.
2. Più precisamente, con la “Istanza di arbitrato”, corredata da una serie di documenti, la Ricorrente ha chiesto all‟adito
Collegio Arbitrale di:
“A) accertare e dichiarare l‟illegittimità e l‟infondatezza della decisione del Consiglio Direttivo del Comitato Interregionale
della F.I.G.C. assunta nella riunione del 27 luglio 2006 e pubblicata sul C.U. n. 8 di pari data, con cui veniva deliberata
l‟esclusione della Società A.S. CASALE CALCIO S.r.l. dal campionato di serie D 2006/2007, nonché di tutti gli atti e/o
provvedimenti presupposti, conseguenti e/o, comunque, connessi con la decisione medesima;
B) per l‟effetto, deliberare l‟immediata iscrizione e/o ammissione dell‟istante al Campionato di Serie D 2006/2007, anche in
soprannumero, nonché tutti gli atti e/o provvedimenti presupposti, conseguenti e/o, comunque, connessi con la statuizione
medesima;
C) con vittoria di spese, diritti, onorari ed accessori di causa ovvero, in subordine, con compensazione delle spese stesse tra le
parti costituite”.
3. A sostegno di tali domande, con le quali, in sostanza, il Casale ha chiesto l‟annullamento del provvedimento di non
ammissione al campionato di Serie D e delle regole federali da esso presupposte, nonché la conseguente iscrizione al
campionato di competenza per la stagione 2006-2007, la Ricorrente illustra:
i. di avere maturato sul campo il titolo sportivo per l‟ammissione al campionato di calcio di Serie D e di avere tempestivamente
richiesto l‟iscrizione a tale campionato per la stagione 2006/2007, depositando la documentazione richiesta dal Comunicato
Ufficiale del Comitato Interregionale della Lega Nazionale Dilettanti/FIGC n. 179 del 1° giugno 2006 (il “CU n. 179”)
ii. che il C.U. n. 179, al punto 1/A “Disposizioni ulteriori per Società provenienti dall‟area professionistica”, fissava il termine
perentorio del 12 luglio 2006 (poi prorogato al 25 luglio 2006) per “depositare certificazione, rilasciata dal Presidente della
Lega Professionisti Serie C, attestante l‟avvenuto deposito di tutte le ricevute liberatorie riguardanti i tesserati della Società
comprovanti l‟avvenuto pagamento di tutti gli emolumenti e le spettanze maturate al 30.06.2006”;
iii. che con decisione assunta nella riunione del suo Consiglio Direttivo in data 27 luglio 2006 (la “Decisione”) il Comitato
Interregionale della Lega Nazionale Dilettanti/FIGC (il “Comitato Interregionale”), “preso atto delle comunicazioni
trasmesse dalla Lega Professionisti di Serie C il 6 e 12 luglio uu.ss. riguardanti il mancato deposito delle dichiarazioni
liberatorie comprovanti l‟avvenuto pagamento di tutti gli emolumenti e le spettanze al 30/6/2006 di alcuni tesserati”,
deliberava “di escludere la Società A.S. CASALE CALCIO S.r.l. dall‟organico del Campionato Nazionale Serie D 2006/2007”;
iv. che, a parere della Ricorrente, gli atti e le decisioni impugnate sarebbero viziati sotto più profili. In particolare la Ricorrente
ravvisa la:
a. “Illegittimità ed infondatezza della delibera del Consiglio Direttivo del Comitato Interregionale della F.I.G.C. di esclusione
della A.S. Casale Calcio s.r.l. dal campionato di serie D 2006/2007 – Sussistenza di tutti i requisiti richiesti dal C.U. n. 179
del 1° giugno 2006, ivi compreso l‟assolvimento degli obblighi retributivi, al 30 giugno 2006, nei confronti dei propri
tesserati”. Ed invero, la Ricorrente illustra come essa, dopo aver ottemperato a tutti gli adempimenti amministrativi e finanziari
previsti dalle norme applicabili e aver fornito la prova dell‟avvenuto pagamento degli emolumenti e delle spettanze, al 30
giugno 2006, dei propri tesserati, è stata esclusa dal campionato per non aver presentato la liberatoria di un solo calciatore
(Claudio Bonomi). A tal proposito il Casale fa comunque rilevare di aver integralmente e puntualmente adempiuto, anche nei
confronti di quel calciatore, a tutti i propri obblighi contrattuali, e che solo per la mancata cooperazione del calciatore,
confermata da questo in dichiarazioni rese alla stampa, non aveva potuto ottenere la rituale liberatoria;
b. “Illegittima applicazione del C.U. del Comitato Interregionale n. 179 del 1° giugno 2006, in considerazione del combinato
disposto dello stesso comunicato con il C.U. della F.I.G.C. n. 180/A del 31 marzo 2006”, attesa la differente
regolamentazione dei termini e delle modalità di adempimento delle condizioni – tra cui anche il pagamento delle spettanze ai
tesserati e dipendenti – per l‟iscrizione ai campionati;
c. “Incomprensibile ed indebita esclusione della A.S. Casale Calcio s.r.l. dal campionato di competenza nonostante il mancato
inserimento della stessa nel precedente elenco delle società non ammesse ex C.U. del Comitato Interregionale
n. 6 del 13 luglio 2006”; d. Esistenza di “ulteriori circostanze decisive ai fini della dimostrazione della fondatezza delle
ragioni della Società ricorrente”, tra cui la disponibilità di fideiussioni, non escusse, emesse nell‟interesse del Casale, ed un
saldo attivo presso la Lega di Serie C.
4. Con memoria datata 25 agosto 2006 la FIGC si è costituita nel presente procedimento arbitrale, eccependo preliminarmente
la propria carenza di legittimazione passiva, avendo chiesto la Ricorrente l‟annullamento di un provvedimento emesso dal
Comitato Interregionale della Lega Nazionale Dilettanti, che non è organo della FIGC, ma è un‟articolazione funzionale della
149
DECISIONI INTEGRALI DELLA CAMERA DI CONCILIAZIONE ED ARBITRATO PER LO SPORT DEL CONI
- STAGIONE SPORTIVA 2006-2007
L.N.D. (art. 18 Statuto L.N.D.). Nel merito la FIGC ha chiesto: “il rigetto delle domande svolte dalla società A.S. Casale
Calcio S.r.l., con ogni conseguente pronuncia in ordine a spese, onorari e diritti, anche amministrativi, del presente giudizio”.
5. Con comparsa datata 29 agosto 2006 è poi intervenuto nel presente arbitrato il Comitato Interregionale, rassegnando le
seguenti conclusioni: “Voglia codesta Ecc.ma Camera di Conciliazione e Arbitrato per lo Sport del C.O.N.I., disattesa ogni
contraria deduzione ed eccezione, respingere la domanda di arbitrato proposta dalla A.S. Casale Calcio s.r.l., in quanto
inammissibile e/o improcedibile e, comunque, infondata alla luce delle argomentazioni in fatto e in diritto svolte in narrativa.
Con vittoria di spese, diritti, onorari e accessori di causa”.
6. In tale comparsa il Comitato Interregionale ha illustrato che il Presidente della Lega Professionisti, in data 6 luglio 2006 e 12
luglio 2006, nel comunicare l‟elenco dei giocatori del Casale per i quali erano state depositate le dichiarazioni liberatorie,
aveva certificato la mancanza della liberatoria relativa ad un giocatore (Claudio Bonomi), e che pertanto, difettando un
requisito stabilito dal CU n. 179, si era visto costretto ad adottare il provvedimento di esclusione del Casale dal campionato di
Serie D 2006/2007. A parere del Comitato Interregionale, infatti, il provvedimento di esclusione era imposto quale atto dovuto,
e che in relazione ad esso nessun margine di discrezionalità circa la rilevanza dell‟inadempimento – in difetto di ulteriori e
diverse informazioni provenienti dalla Lega di Serie C – era riservato al suo Consiglio Direttivo. Infine, il Comitato
Interregionale ha confermato la legittimità del CU n. 179 e ha sottolineato che a suo parere nessuna rilevanza possa essere data
all‟esistenza presso la Lega di Serie C di fideiussioni rilasciate nell‟interesse del Casale.
7. In data 8 settembre 2006 il Collegio Arbitrale ha accolto la domanda del Casale sulla base delle seguenti
MOTIVAZIONI
A. Sulle domande della Ricorrente.
1. La controversia dedotta in arbitrato riguarda il soddisfacimento da parte del Casale dei requisiti previsti dalla normativa
federale (ed in particolare dal CU n. 179) per l‟ammissione al campionato di calcio di Serie D per la stagione 2006-2007, il cui
ritenuto difetto era stato invece alla base del provvedimento del Consiglio Direttivo del Comitato Interregionale, con il quale la
domanda di iscrizione del Ricorrente era stata rigettata. Allega infatti il Casale, tra l‟altro, che il diniego di iscrizione al
Campionato di Serie D non possa essere basato sulla mancata presentazione della dichiarazione liberatoria di un solo calciatore
(Claudio Bonomi). A tal proposito il Casale fa rilevare di aver integralmente e puntualmente adempiuto, anche nei confronti di
quel calciatore, a tutti i propri obblighi contrattuali, e che solo per la mancata cooperazione del calciatore, confermata da questi
in dichiarazioni rese alla stampa, non aveva potuto ottenere la rituale liberatoria.
2. Il Collegio ritiene la domanda fondata e meritevole di accoglimento.
3. Rileva infatti il Collegio che il Casale ha provato in arbitrato – anche attraverso le dichiarazioni, non smentite, del calciatore
suo asserito creditore, la cui “liberatoria” era mancata – di avere fatto quanto possibile, entro il termine stabilito dal CU n. 179,
per soddisfare tutti i requisiti previsti dalla normativa dettata dal Comitato Interregionale per l‟iscrizione al campionato di Serie
D per la stagione 2006/2007. In particolare il Casale ha dimostrato di avere, con congruo anticipo rispetto ai termini federali,
provveduto ad inviare al calciatore Bonomi un assegno a pagamento dei corrispettivi dovuti al tesserato e che solo per la
mancata cooperazione del calciatore in questione l‟assegno non era stato incassato (senza che di ciò il Casale avesse notizia) e
la ricevuta liberatoria sottoscritta da questi. Con la conseguenza, dunque, che la mancata produzione della liberatoria da parte
del Casale può ritenersi dipendente da causa non imputabile alla Ricorrente.
4. A parere del Collegio, la non imputabilità alla Ricorrente della ragione dell‟inadempimento esonera il Casale da
responsabilità, secondi i principi già stabiliti da altro collegio arbitrale istituito ai sensi del Regolamento della Camera (lodo 7
agosto 2004, Calcio Como s.p.a. c. FIGC, p. 23 ss). Tale principio vale, a parere di questo Collegio, soprattutto quando
l‟inadempimento abbia natura esclusivamente formale e di minima importanza (quale il mancato deposito di una sola
liberatoria, non ottenuta nonostante gli sforzi compiuti in buona fede) e si aggiunge ad un adempimento sostanziale (ossia
all‟effettuato pagamento della somma dovuta al calciatore, che pure non ne ha rilasciato
quietanza).
5. La Decisione del Comitato Interregionale deve essere dunque annullata. Resta di conseguenza assorbita ogni altra questione.
B. Sulle spese.
6. Gli onorari e le spese di arbitrato devono seguire la soccombenza. I diritti amministrativi versati dalle parti devono essere
incamerati dalla Camera di Conciliazione e Arbitrato per lo Sport.
P.Q.M.
Il Collegio Arbitrale
definitivamente pronunciando nel contraddittorio delle parti:
1. accoglie il ricorso presentato dalla A.S. Casale Calcio s.r.l.;
2. annulla la decisione assunta dal Consiglio Direttivo del Comitato Interregionale della Lega Nazionale Dilettanti / FIGC del
27 luglio 2006 di cui al C.U. n. 8 di pari data;
3. manda al Comitato Interregionale della Lega Nazionale Dilettanti / FIGC per l‟adozione dei conseguenti provvedimenti;
4. fermo il vincolo di solidarietà, condanna il Comitato Interregionale della Lega Nazionale Dilettanti / FIGC al pagamento
degli onorari e delle spese di arbitrato così come liquidati dalla Camera con separato provvedimento;
5. condanna il Comitato Interregionale della Lega Nazionale Dilettanti / FIGC al pagamento delle spese di assistenza e difesa
sostenute dalla A.S. Casale Calcio s.r.l., che si liquidano in forfettari € 2.500,00 (duemilacinquecento/00 euro), oltre accessori
di legge;
150
DECISIONI INTEGRALI DELLA CAMERA DI CONCILIAZIONE ED ARBITRATO PER LO SPORT DEL CONI
- STAGIONE SPORTIVA 2006-2007
6. condanna il Comitato Interregionale della Lega Nazionale Dilettanti / FIGC al pagamento delle spese di assistenza e difesa
sostenute dalla Federazione Italiana Giuoco Calcio, che si liquidano in forfettari € 1.300,00 (milletrecento/00 euro), oltre
accessori di legge;
7. dispone che tutti i diritti amministrativi versati dalle parti siano incamerati dalla Camera di Conciliazione e Arbitrato per lo
Sport.
Così deciso definitivamente in Roma, all‟unanimità e in conferenza personale degli arbitri, il giorno 8 settembre 2006.
F.to Pier Luigi Ronzani
F.to Guido Cecinelli
F.to Marcello de Luca Tamajo
F.to Marcello Foschini
F.to Luigi Fumagalli
LODO ARBITRALE DEL 8 SETTEMBRE 2006 - MODICA CALCIO SRL CONTRO F.I.G.C.
COMITATO OLIMPICO NAZIONALE ITALIANO
CAMERA DI CONCILIAZIONE E ARBITRATO PER LO SPORT
COLLEGIOARBITRALE
Il Collegio arbitrale composto da
Prof. Avv. Pier Luigi Ronzani (Presidente)
Avv. Guido Cecinelli (Arbitro)
Avv. Marcello de Luca Tamajo (Arbitro)
Prof. Avv. Marcello Foschini (Arbitro)
Prof. Avv. Luigi Fumagalli (Arbitro)
nominato ai sensi del Regolamento della Camera di Conciliazione e Arbitrato per lo Sport (“Regolamento”)
riunito in conferenza personale in data 8 settembre 2006, presso la sede dell‟Arbitrato in Roma, ha deliberato all‟unanimità il
seguente
LODO
nel procedimento di Arbitrato (prot. n. 1172 del 23.08.2006) promosso da:
Modica Calcio Srl, con sede in Modica (RG) alla Via Sacro Cuore n. 127, in persona del suo Presidente p.t. Sig. Antonio
Aurmia, con gli Avv.ti Eduardo Chiacchio e Michele Cozzone attrice
contro
Federazione Italiana Giuoco Calcio, con sede in Roma alla Via Gregorio Allegri n. 14, in persona del Procuratore Antonio
Di Sebastiano, con gli Avv.ti Mario Gallavotti e Luigi Medugno convenuta
e con l‟intervento del Comitato Interregionale della Lega Nazionale Dilettanti / FIGC, con sede in Roma alla Via Po n. 36,
in persona del Presidente e legale rappresentante William Punghellini, con l‟Avv. Carlo Greco altra parte
FATTO E SVOLGIMENTO DELL’ARBITRATO
Con istanza di arbitrato del 23.8.2006, prot. n. 1172, la società Modica Calcio ha dedotto che:
- con decisione del Consiglio Direttivo del Comitato Interregionale della F.I.G.C. del 27.7.2006, pubblicata sul C.U. n. 8, è
stata deliberata la sua esclusione dal campionato di serie D 2006/2007;
- a fondamento di tale decisione è stato addotto “il mancato deposito delle dichiarazioni liberatorie comprovanti l‟avvenuto
pagamento di tutti gli emolumenti e le spettanze al 30/6/2006 di alcuni tesserati”;
- avverso il suddetto provvedimento ha proposto istanza di conciliazione senza però sortire alcun effetto perché, all‟udienza del
21.8.2006, la controparte non è comparsa. Tutto ciò premesso, la ricorrente ha attivato la procedura arbitrale chiedendo
l‟immediata iscrizione e/o ammissione al campionato di serie D 2006/2007 sul presupposto dell‟illegittimità ed infondatezza
della delibera adottata dal Consiglio Direttivo del Comitato Interregionale della F.I.G.C. Con memoria del 29.8.2006, prot. n.
1229, la Federazione Italiana Giuoco Calcio – dopo aver precisato che il Comitato Interregionale non è un organismo federale,
bensì un‟articolazione funzionale della Lega Nazionale Dilettanti – ha concluso per il rigetto della domanda. Con atto del
30.8.2006, prot. n. 1235, si è altresì costituito il Comitato Interregionale della Lega Nazionale Dilettanti che, ritenendosi
legittimato passivo ad causam, ha chiesto di respingere l‟istanza arbitrale perché inammissibile e/o improcedibile e comunque
infondata in fatto ed in diritto. All‟udienza dell‟8.9.2006, fissata per la discussione, il Collegio ha rigettato il ricorso per i
seguenti MOTIVI
In tema di iscrizione al campionato nazionale di serie D per la stagione 2006/2007, il punto 1/A del Comunicato Ufficiale n.
179 dell‟1.6.2006 emesso dal Comitato Interregionale stabilisce, fra l‟altro, che le società provenienti dall‟area
professionistica, entro e non oltre le ore 12 del 12.7.2006 (termine poi prorogato al 25.7.2006), devono “depositare
certificazione, rilasciata dal Presidente della Lega Professionisti Serie C, attestante l‟avvenuto deposito di tutte le ricevute
liberatorie riguardanti i tesserati della Società comprovanti l‟avvenuto pagamento di tutti gli emolumenti e le spettanze
maturate al 30.6.2006”. E‟ questa dunque la disposizione alla stregua della quale valutare la decisione del Comitato
Interregionale in ordine al comportamento posto in essere dalla ricorrente. Orbene, dalle contrapposte prospettazioni dei fatti e
dai documenti prodotti emerge oggettivamente ed incontrovertibilmente che la società Modica Calcio, proveniente dalla serie
C, non ha assolto a siffatto onere. E‟ infatti pacifico che, in relazione alla posizione del calciatore Davide Campofranco, la
151
DECISIONI INTEGRALI DELLA CAMERA DI CONCILIAZIONE ED ARBITRATO PER LO SPORT DEL CONI
- STAGIONE SPORTIVA 2006-2007
ricorrente non ha depositato la ricevuta liberatoria concernente gli emolumenti maturati fino alla prescritta data del 30.6.2006,
ma solo quella riguardante le spettanze maturate al 31.5.2006, come si evince peraltro dalla comunicazione del 24.7.2006 a
firma del Presidente della Lega Professionisti di serie C. Sotto un diverso profilo - anche a voler per assurdo ritenere
sufficiente, ai fini dell‟iscrizione al campionato, il mero versamento degli emolumenti maturati alla data del 30.6.2006 a
prescindere dal deposito della relativa liberatoria - occorre rilevare che, entro il termine perentorio del 25.7.2006, la Modica
Calcio s.r.l. non aveva provveduto ad effettuare il relativo pagamento in favore del calciatore di cui trattasi: difatti la
corresponsione delle spettanze relative al mese di giugno del 2006 è avvenuta ben oltre la data del 25.7.2006, come risulta
dalla prova documentale (un bonifico bancario disposto il 31.7.2006) offerta dalla ricorrente. Ciò dimostra in modo
assolutamente inequivoco la condotta inadempiente della società Modica Calcio. Pertanto il Comitato Interregionale ha
giustamente deliberato l‟esclusione della società Modica Calcio dal campionato di serie D, peraltro non prima di aver invitato
quest‟ultima con nota del 21.7.2006 - nel pieno rispetto dei principi generali di correttezza e buona fede - a depositare i
documenti necessari all‟iscrizione al detto campionato, pena l‟esclusione. Ad inficiare la decisione impugnata non vale
sostenere l‟irrisorietà del credito vantato dal sig. Campofranco in quanto la disposizione di cui al punto 1/A del Comunicato
Ufficiale n. 179/06 è diretta ad assicurare la regolarità e la continuità dei pagamenti in favore dei tesserati, quale che sia l‟entità
degli emolumenti. Sebbene l‟esame della posizione del calciatore Campofranco sia assorbente in ordine alla fondatezza della
decisione del Comitato Interregionale, la correttezza e la legittimità del provvedimento di esclusione della ricorrente dal
campionato de quo appare evidente anche considerando l‟irregolarità della posizione di altri tesserati (sigg.ri Amenta Santo,
Bruno Gianluca, Fascetto Francesco, Li Bassi Giuseppe, Montalbano Vincenzo e Siclari Giuseppe). Sul punto giova
innanzitutto sottolineare che per l‟iscrizione al campionato è indispensabile esibire, così come richiesto dalla citata
disposizione del Comunicato Ufficiale n. 179/06, la certificazione a firma del Presidente della Lega Professionisti di serie C
attestante l‟avvenuto deposito di tutte le ricevute liberatorie relative ai tesserati della società comprovanti il pagamento di tutte
le spettanze maturate alla data del 30.6.2006. Orbene per i suddetti 6 tesserati l‟apposita certificazione del Presidente attesta
l‟avvenuto pagamento delle sole spettanze maturate alla data del 31.3.2006. Infatti dalla comunicazione datata 24.7.2006 a
firma del Presidente Macalli emerge che i sigg.ri Amenta Santo, Bruno Gianluca, Fascetto Francesco, Li Bassi Giuseppe,
Montalbano Vincenzo e Siclari Giuseppe sono stati regolarmente retribuiti solo sino alla data del 31.3.2006 e questa
circostanza risulta confermata dalla stessa società ricorrente sia prima (v. nota del 21.7.2006) che dopo (v. nota del 27.7.2006)
la scadenza del termine del 25.7.2006 entro il quale avrebbero dovuto essere depositati i documenti a corredo della domanda di
iscrizione al campionato. Assolutamente inconferente, ai fini che qui interessano, è poi l‟argomentazione della ricorrente
secondo cui, “avendo .. impegnato somme, in favore della F.I.G.C.”, per oltre €. 460.000,00, essa non avrebbe dovuto essere
esclusa dal campionato di serie D. Al riguardo il Collegio rileva che la gestione e le finalità di quelle somme esulano
evidentemente dalle questioni oggetto del provvedimento adottato dal Comitato Interregionale, il quale, dunque, non è in alcun
modo censurabile. Alla luce di tutto quanto innanzi il ricorso va rigettato; in considerazione della peculiarità delle questioni
trattate, le spese di assistenza e difesa delle parti vengono tra di esse compensate, mentre il pagamento degli onorari e delle
spese di arbitrato è posto a carico della società Modica Calcio e del Comitato della Lega Nazionale Dilettanti/FIGC nella
misura del 50% ciascuno. P.Q.M. Il Collegio Arbitrale definitivamente pronunciando nel contraddittorio delle parti,
1. respinge il ricorso presentato dalla Modica Calcio Srl;
2. fermo il vincolo di solidarietà, pone il pagamento degli onorari e delle spese di arbitrato, così come liquidati dalla Camera
con separato provvedimento, nella misura del 50% ciascuna a carico della Modica Calcio Srl e del Comitato Interregionale
della Lega Nazionale Dilettanti / FIGC;
3. compensa tra le parti le spese di assistenza e difesa;
4. dispone che tutti i diritti amministrativi versati dalle parti siano incamerati dalla Camera di Conciliazione e Arbitrato per lo
Sport.
Così deciso definitivamente in Roma, all‟unanimità e in conferenza personale degli arbitri, il giorno 8 settembre 2006.
F.to Pier Luigi Ronzani
F.to Guido Cecinelli
F.to Marcello de Luca Tamajo
F.to Marcello Foschini
F.to Luigi Fumagalli
LODO ARBITRALE DEL 8 SETTEMBRE 2006 - A.C. FORLÌ SRL,CONTRO F.I.G.C. - COMITATO
INTERREGIONALE LND
COMITATO OLIMPICO NAZIONALE ITALIANO
CAMERA DI CONCILIAZIONE E ARBITRATO PER LO SPORT
COLLEGIOARBITRALE
Il Collegio arbitrale composto da
Prof. Avv. Pier Luigi Ronzani (Presidente)
Avv. Guido Cecinelli (Arbitro)
Avv. Marcello de Luca Tamajo (Arbitro)
Prof. Avv. Marcello Foschini (Arbitro)
152
DECISIONI INTEGRALI DELLA CAMERA DI CONCILIAZIONE ED ARBITRATO PER LO SPORT DEL CONI
- STAGIONE SPORTIVA 2006-2007
Prof. Avv. Luigi Fumagalli (Arbitro)
nominato ai sensi del Regolamento della Camera di Conciliazione e Arbitrato per lo Sport (“Regolamento”)
riunito in conferenza personale in data 8 settembre 2006, presso la sede dell‟Arbitrato in Roma, ha deliberato all‟unanimità il
seguente
LODO
nel procedimento di Arbitrato (prot. n. 1245 del 01.09.2006) promosso da:
A.C. Forlì Srl, con sede in Forlì al Viale Roma n. 128/b, in persona del suo legale rappresentante p.t. Dott. Giovanni
Cecchetti, con l‟Avv. Sabrina Tentoni ed il Dott. Massimiliano Orrù
Contro Federazione Italiana Giuoco Calcio, con sede in Roma alla Via Gregorio Allegri n. 14, in persona del Procuratore
Antonio Di Sebastiano, con gli Avv.ti Mario Gallavotti e Luigi Medugno convenuta
Contro Comitato Interregionale della Lega Nazionale Dilettanti / FIGC, con sede in Roma alla Via Po n. 36, in persona del
Presidente e legale rappresentante William Punghellini, con l‟Avv. Carlo Greco convenuta
e contro Lega Nazionale Dilettanti, con sede in Roma alla Via Po n. 36 altra convenuta non costituita
FATTO E SVOLGIMENTO DELL'ARBITRATO
1. Con “Istanza di arbitrato” depositata il 01-09-2006 la A.C. Forlì s.r.l. (“FORLI’” o la “RICORRENTE”) ha proposto
istanza di arbitrato avverso la Federazione Italiana Giuoco Calcio (“FIGC”), il Comitato Interregionale della Lega Nazionale
Dilettanti/FIGC e la Lega Nazionale Dilettanti;
2. Più precisamente, con la Domanda di Arbitrato, corredata da una serie di documenti, la Ricorrente ha chiesto all‟adito
Collegio arbitrale di:
a) accertare e dichiarare l‟illegittimità e l‟infondatezza della decisione del Consiglio Direttivo del Comitato Interregionale della
L.N.D. assunta nella riunione del 27- 7-06 e pubblicata sul C.U. n. 8 di pari data, con cui veniva deliberata l‟esclusione della
Società A.C. Forlì S.r.l. dal campionato di serie D 2006/2007, nonché di tutti gli atti e/o provvedimenti presupposti,
conseguenti e/o, comunque, connessi con la decisione medesima e, conseguentemente, dichiarare l‟immediata iscrizione e/o
ammissione dell‟istante al campionato di Serie D 2006/2007.
In via istruttoria, la ricorrente chiedeva di essere ascoltata personalmente, anche per mezzo di rappresentante designato, e
allegava documenti.
3. La Ricorrente premetteva quanto segue:
- che il C.U. n. 179 del 1° giugno 2006 al punto 1/A “Disposizioni ulteriori per Società provenienti dall‟area professionistica”,
fissava il termine perentorio del 12 luglio 2006 per “depositare certificazione, rilasciata dal Presidente della Lega
professionisti Serie C, attestante l‟avvenuto deposito di tutte le ricevute liberatorie riguardanti i tesserati della Società
comprovanti l‟avvenuto pagamento di tutti gli emolumenti e le spettanze maturate al 30.06.2006”;
- che la F.I.G.C. Lega Professionisti Serie C, con missiva del 25 luglio 2006, con riferimento alla A.C. Forlì S.r.l., comunicava
al Comitato Nazionale per l‟attività Interregionale:
a. l‟esistenza di vertenze presso il Collegio Arbitrale fino al mese di marzo 2006 per un totale lordo di € 153.228,05;
b. l‟esistenza di un residuo lordo delle mensilità dovute per i mesi di aprile, maggio e giugno 2006 pari ad € 83.328,44 per un
ammontare complessivo del passivo pari a € 236.556,49 al 30 giugno 2006;
c. l‟esistenza presso la Lega di un attivo dell‟A.C. Forlì per l‟importo di € 52.536,74 oltre ad € 207.000,00 a fronte
dell‟escussione della fideiussione per un ammontare complessivo dell‟attivo di € 259.536,74 al 30 giugno 2006 (all. 1);
- che l‟A.C. Forlì S.r.l. riteneva, e ritiene, di dover corrispondere l‟importo netto di € 83.153,65, quale passivo relativo alle
vertenze ed agli emolumenti in essere contro un attivo di € 259.536,74 a tutto il 30 giugno 2006 (all. 2 );
- che a tale attivo devono aggiungersi gli importi, maturati dopo il 30 giugno 2006 ammontanti a:
a. € 7.000,00 per cessione del calciatore Cola Claudio al Modena (all. 3);
b. € 14.386,80 per cessione dei diritti televisivi (all. 4);
c. per un totale di € 21.386,80;
- che la garanzia a prima richiesta per l‟importo totale di € 207.000,00 veniva escussa il 29 giugno 2006 (all. 5);
- che in data 21 luglio 2006, il Comitato Interregionale, invitava la A.C. Forlì S.r.l. a depositare entro e non oltre il termine
perentorio del successivo 25 luglio la certificazione, rilasciata dal Presidente della Lega Professionisti Serie C, attestante
l‟avvenuto pagamento di tutti gli emolumenti e le spettanze maturate al 30 giugno 2006 (all. 6);
- che in pari data l‟A.C. Forlì S.r.l. dava mandato alla Lega Professionisti Serie C di emettere assegni circolari/non trasferibili
nominativi in favore dei singoli calciatori per gli importi, di cui all‟elenco, non contestati ed a saldo (all. 7).
La Ricorrente assumeva, pertanto, di vantare al 30-6-2006 un credito nei confronti della Lega Professionisti di Serie C, pari ad
€ 259.536,74 a fronte di vertenze azionate da parte dei tesserati per un totale di € 236.556,49 lordo.
La Ricorrente dichiarava che alcuni tesserati avevano avviato le azioni per ottenere il riconoscimento dei propri diritti (il
calciatore Luconi Cristiano, da solo, aveva iniziato vertenza per ottenere € 82.000,00 invocando il contratto biennale di €
98.193,00 per ciascuna stagione. Pertanto i tesserati che avevano iniziato il contenzioso, si erano rifiutati di sottoscrivere le
liberatorie. La Ricorrente assumeva, altresì, di vantare un credito nei confronti della Lega Professionisti di Serie C
(fideiussione di € 207.000,00 rilasciata in occasione dell‟iscrizione al campionato 2005/06).
4. Con memoria depositata il 4-9-2006 (prot. n. 1296 C.C.A. Sport CONI) si costituiva la Federazione Italiana Giuoco Calcio
eccependo preliminarmente la propria carenza di legittimazione passiva, avendo chiesto la Ricorrente l‟annullamento di un
provvedimento emesso dal Comitato Interregionale della Lega Nazionale Dilettanti, che non è organo della FIGC, ma è
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DECISIONI INTEGRALI DELLA CAMERA DI CONCILIAZIONE ED ARBITRATO PER LO SPORT DEL CONI
- STAGIONE SPORTIVA 2006-2007
un‟articolazione funzionale della L.N.D. (art. 18 Statuto L.N.D.). Nel merito la FIGC aderiva alle difese svolte dal Comitato
Interregionale.
5. Con comparsa depositata il 4-9-2006 (prot. n. 1288 C.C.A. Sport CONI), si costituiva il Comitato Interregionale della
L.N.D./FIGC contestando la domanda della A.C. Forlì S.r.l., sostenendo di aver comunicato a quest‟ultima in data 21-7-2006
l‟irregolarità della documentazione per l‟iscrizione al campionato richiesto, diffidandola a depositare la prevista certificazione
entro e non oltre il termine del 25-7-06. Assumeva il Comitato Interregionale che il Presidente della Lega Professionisti, in
data 25- 7-2006, certificava l‟irregolarità della posizione dell‟A.C. Forlì S.r.l. per i seguenti motivi:
1) non è pervenuta alcuna liberatoria di tesserati;
2) il totale lordo dei contratti economici della società per la stagione sportiva 2005/06 è di € 333.313,27;
3) al Collegio Arbitrale della Lega risulta la pendenza di vertenze al Marzo 2006 di € 153.228,05;
4) il residuo lordo delle mensilità dovute per i mesi di Aprile/Maggio/Giugno 2006 è di € 83.328,44;
5) il debito presunto verso i tesserati è di € 236.556,49 al 30-6-2006;
6) la società dichiarava un debito netto di € 85.457,21;
7) risultano vertenze di tesserati per € 6.879,90;
8) con lodo del 22-7-2006 il Collegio Arbitrale di Lega ha accolto la vertenza del tesserato Calderoni Alberto con conseguente
condanna della società al pagamento di € 4.554,30;
9) il conto della società risulta attivo per € 52.536,74 ed è stata escussa la fideiussione di € 207.000,00 presentata per
l‟iscrizione del campionato 2005/06.
Il Consiglio Direttivo del Comitato, pertanto, alla riunione del 27-7-2006, preso atto della comunicazione del Presidente della
Lega Professionisti di Serie C attestante la mancanza delle liberatorie da parte di tutti i tesserati della società e la grave
esposizione debitoria della stessa, escludeva l‟A.C. Forlì S.r.l. dal Campionato nazionale di Serie D 2006/07 in applicazione
della regola di cui al punto 1/A del C.U. n. 179 del 1-6-2006. Assumeva il Comitato che, per le società provenienti dall‟area
professionistica il suddetto C. U. al punto 1/A impone entro il termine del 12-7-2006 (spostato poi al 25-7-2006) di depositare
la certificazione del presidente della lega Professionisti Serie C attestante l‟avvenuto deposito di tutte le ricevute liberatorie dei
tesserati della società, comprovanti l‟avvenuto pagamento di tutti gli emolumenti maturati al 30-6-2006. Pertanto, il Comitato
Interregionale della L.N.D./FIGC chiedeva il rigetto dell‟istanza di arbitrato proposta dall‟A.C. Forlì S.r.l.. In data 8-9-2006 il
Collegio Arbitrale si pronunciava sulla domanda dell‟A.C. Forlì S.r.l. sulla base delle seguenti
MOTIVAZIONI
Esaminata al documentazione in atti, risulta chiaramente che l‟A.C. Forlì S.r.l. non ha provato l‟adempimento dei requisiti
richiesti dalla normativa (certificazione del Presidente della lega Professionisti di Serie C) entro il termine del 25-7-2006. In tal
senso, il C.U. n. 179 del 1-6-2006 del Comitato interregionale della L.N.D./FIGC, non impugnato, appare chiaro nel dettare le
regole per l‟iscrizione al Campionato Nazionale di Serie D 2006/2007. Ancora il Collegio osserva che l‟A.C. Forlì S.r.l. era
stata tempestivamente avvisata dallo stesso Comitato con nota del 21-7-2006, della posizione di grave irregolarità, con nuovo
invito a depositare la prevista certificazione entro il 25-7-2006. Pertanto, l‟esclusione della ricorrente è legittimamente
avvenuta a causa del mancato deposito della certificazione sopra detta nel termine stabilito. Né può valere l‟assunto della
ricorrente circa l‟esistenza di una fideiussione depositata presso la Lega di Serie C, evidentemente non escutibile dal comitato
interregionale essendo quest‟ultimo, soggetto diverso dal beneficiario indicato (Lega Serie C). In ogni caso, l‟escussione della
fideiussione conferma le perplessità sul fatto che la A.C. Forlì S.r.l. potesse continuare la propria attività facendo fronte alle
proprie obbligazioni. Il Collegio rileva che motivo della mancata certificazione della Lega Serie C è solo ed unicamente il
mancato deposito delle liberatorie dei tesserati entro il termine previsto, circostanza, questa, confermata dalla stessa Ricorrente
laddove dichiara che circa il 50% dei tesserati è stato soddisfatto delle pretese avanzate, con ciò ammettendo e confessando il
proprio inadempimento riguardo l‟altra metà degli aventi diritto. Ad avviso del Collegio, tutti questi elementi hanno
determinato il legittimo diniego dell‟iscrizione al campionato di competenza dell‟A.C. Forlì S.r.l. che, anzi, si presentava come
un vero e proprio atto dovuto. Alla luce delle considerazioni sopra dette, con riferimento al mancato soddisfacimento delle
condizioni stabilite dalla vigente normativa, rimane assorbita la questione legata alla perentorietà dei termini entro i quali
devono essere adempiuti gli atti richiesti per l‟ammissione al Campionato, anche perché la Ricorrente non ha, comunque, dato
prova di aver mai ottenuto tutte le ricevute liberatorie dei tesserati. Non rientra, infatti, nei poteri del Collegio concedere
ulteriori proroghe non previste dalle norme che devono essere applicate, poiché ciò determinerebbe un inammissibile
intervento abrogativo e/o additivo sulle regole federali, mai impugnate e, dunque, pienamente valide ed efficaci sia per i
soggetti dell‟ordinamento sportivo che per le istanze giurisdizionali. Osserva, ancora, il Collegio che lo svolgimento
dell‟odierno procedimento arbitrale ha consentito un ampio esame sulla sussistenza dei requisiti relativi all‟ammissione
dell‟A.C. Forlì S.r.l. al campionato nazionale di Serie D, con la piena partecipazione del soggetto interessato, nell‟assoluto
rispetto dei diritti della difesa, nonché dei principi di trasparenza e correttezza dell‟azione amministrativa nell‟ambito del
giusto procedimento. In conclusione, dunque, le domande spiegate in arbitrato dalla Ricorrente devono essere respinte. Sulla
base delle considerazioni che precedono, è assorbita anche la eccezione della legittimazione passiva della FIGC sollevata in
arbitrato dalla Ricorrente, su cui non occorre pertanto pronunciarsi. - SULLE SPESE.
Gli onorari e le spese di arbitrato seguono la soccombenza; i diritti amministrativi versati dalle parti devono essere incamerati
dalla camera di Conciliazione e Arbitrato per lo Sport.
P.Q.M.
Il Collegio Arbitrale
definitivamente pronunciando nel contraddittorio delle parti,
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DECISIONI INTEGRALI DELLA CAMERA DI CONCILIAZIONE ED ARBITRATO PER LO SPORT DEL CONI
- STAGIONE SPORTIVA 2006-2007
1. respinge il ricorso presentato dalla A.C. Forlì Srl;
2. fermo il vincolo di solidarietà, condanna la A.C. Forlì Srl al pagamento degli onorari e delle spese di arbitrato, così come
liquidati dalla Camera con separato provvedimento;
3. condanna la A.C. Forlì Srl al pagamento delle spese di assistenza e difesa sostenute dal Comitato Interregionale della Lega
Nazionale Dilettanti / FIGC, che si liquidano in forfettari € 2.000,00 (duemila/00 euro), oltre accessori di legge
4. condanna la A.C. Forlì Srl al pagamento delle spese di assistenza e difesa sostenute dalla Federazione Italiana Giuoco
Calcio, che si liquidano in forfettari € 1.000,00 (mille/00 euro), oltre accessori di legge;
5. dispone che tutti i diritti amministrativi versati dalle parti siano incamerati dalla Camera di Conciliazione e Arbitrato per lo
Sport.
Così deciso definitivamente in Roma, all‟unanimità e in conferenza personale degli arbitri, il giorno 8 settembre 2006.
F.to Pier Luigi Ronzani
F.to Guido Cecinelli
F.to Marcello de Luca Tamajo
F.to Marcello Foschini
F.to Luigi Fumagalli
LODO ARBITRALE DEL 16 OTTOBRE 2006 - UNIONE SPORTIVA PASSIGNANESE E ADRIANO BIRELLI
CONTRO F.I.G.C.
COMITATO OLIMPICO NAZIONALE ITALIANO
CAMERA DI CONCILIAZIONE E ARBITRATO PER LO SPORT
COLLEGIOARBITRALE
Il Collegio arbitrale composto da
Prof. Avv. Massimo Coccia Presidente
Cons. Antonino Anastasi Arbitro
Cons. Silvestro Maria Russo Arbitro
LODOARBITRALE
nei procedimenti di arbitrato riuniti prot. n. 0173 del 6 febbraio 2006 e prot. n. 0447 del 30 marzo 2006 promossi da:
Unione Sportiva Passignanese, con sede in Passignano sul Trasimeno (PG) alla Via della Fattoria n. 1, in persona del suo
Presidente e legale rappresentante pro tempore, Sig. Manlio Bartolini, ed il Sig. Adriano Birelli, residente in Tuoro sul
Trasimeno (PG), alla Via Vernazzano n. 27, rappresentati e difesi, congiuntamente quanto disgiuntamente, dagli Avv.ti
Ruggero Stincardini ed Andrea Galli ed elettivamente domiciliati presso lo studio del primo in Perugia, alla Via Martiri dei
Lager n. 92/A (tel. 075.5000023 – fax 075.5011479; e-mail [email protected]). - Attori –
Contro Federazione Italiana Giuoco Calcio, in persona del Commissario Straordinario pro tempore Prof. Avv. Guido Rossi,
rappresentata e difesa dagli Avv.ti Mario Gallavotti, Luigi Medugno e Stefano La Porta ed elettivamente domiciliata presso lo
studio del primo in Roma, alla Via Po n. 9 (tel. 06.858231 – fax 06.85823200 – email [email protected]), giusta delega del 28
febbraio 2006 in atti. - Convenuta Esposizione dei fatti di causa e svolgimento del procedimento arbitrale
1. In data 17 aprile 2005 il Sig. Danilo Pinzo, dirigente della squadra di calcio U.S. Montegabbione (formazione partecipante al
Campionato umbro di seconda Categoria, Girone B) denunciava al Comitato Regionale Umbria della F.I.G.C. (di seguito
“C.R.U.”) che un calciatore della propria formazione, il Sig. Marco Gori, aveva subito un tentativo di illecito sportivo. Il
giorno precedente (16 aprile 2005) il calciatore aveva ricevuto sul telefono cellulare una chiamata da una persona che non
aveva rivelato la propria identità e nel corso della quale era stato invitato ad adoperarsi per “vincere ad ogni costo” una partita
di Campionato contro la formazione dell‟U.P. Tuoro, ricevendo l‟offerta di un compenso in denaro. Veniva quindi aperta
un‟inchiesta da parte dell‟Ufficio Indagini della F.I.G.C. nel corso della quale emrgevano i seguenti elementi di fatto: (a) la
conferma, da parte del calciatore Marco Gori, di aver ricevuto sul proprio telefono cellulare in data 16 aprile una telefonata da
una precisa utenza nel corso della quale era stato “esortato da una persona che non si qualificava” ad adoperarsi affinché la
propria squadra “nelle ultime partite di campionato si impegnasse per vincere”, in particolare venendo esortato dietro
promessa di una somma di denaro ad adoperarsi per ottenere una vittoria contro il Tuoro (cfr. verbale dichiarazioni del Sig.
Marco Gori del 14 maggio 2005); (b) l‟utenza dalla quale era partita la telefonata anonima ricevuta dal calciatore Marco Gori
era quella associata al Sig. Adriano Birelli, Presidente della Unione Sportiva Passignanese, anch‟essa formazione calcistica
partecipante al Campionato umbro di seconda Categoria, Girone B (cfr. relazione dell‟Ufficio Indagini del 26 maggio 2005,
pag. 2); (c) nel corso della propria audizione, il Sig. Adriano Birelli, aveva confermato di essere stato l‟autore di una telefonata
anonima diretta al calciatore Marco Gori nel corso della quale, però, lo aveva semplicemente esortato “ad impegnarsi nelle
ultime partite di campionato, come la sua squadra aveva fatto in occasione della partita con la Passignanese”. Il Sig. Birelli
aveva altresì escluso che il proprio gesto fosse volto ad ottenere un‟alterazione del risultato della successiva gara della U.S.
Montegabbione contro l‟U.P. Tuoro, escludendo “di aver offerto al Gori nel corso della telefonata o in altre occasioni e in
qualsiasi modo un compenso per la condotta richiesta, aggiungendo che nell‟occasione non aveva declinato le proprie
generalità per motivi di opportunità” (cfr. verbale del 21 maggio 2005). Alla luce di quanto appurato, il Procuratore Federale
della F.I.G.C. deferiva il Sig. Adriano Birelli e la Società Passignanese per illecito sportivo ai sensi dell‟art. 6.1 del Codice di
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DECISIONI INTEGRALI DELLA CAMERA DI CONCILIAZIONE ED ARBITRATO PER LO SPORT DEL CONI
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Giustizia Sportiva della F.I.G.C. (di seguito “C.G.S.”) e slealtà sportiva, ex art. 1.1 C.G.S.. Al termine del procedimento
disciplinare la C.R.U. proscioglieva il Sig. Adriano Birelli e la U.S. Passignanese dall‟incolpazione di illecito sportivo,
rilevando, a tal fine, la mancata certezza circa l‟avvenuta promessa di denaro “così come affermato dallo stesso Ufficio
Indagini a pag. 4 della relazione 26/5/05” e ritenendo i deferiti responsabili, rispettivamente, delle violazioni dell‟art. 1.1 e
dell‟art. 2.4 C.G.S. (cfr. Comunicato Ufficiale n. 28 del 13 ottobre 2005). Per l‟effetto, la C.R.U. infliggeva al Sig. Adriano
Birelli la inibizione temporanea a svolgere l‟attività in seno alla F.I.G.C. ed a ricoprire cariche Federali ed a rappresentare la
società nell‟ambito Federale per mesi sei (6) e all‟U.S. Passignanese l‟ammenda di € 600,00. La Procura Federale della
F.I.G.C. decideva, quindi, di appellare la decisione di prime cure, censurandola per non aver dato corretta considerazione
all‟affermazione del calciatore Marco Gori circa la ricevuta promessa di un pretium sceleris da parte del Presidente della U.S.
Passignanese in cambio di un particolare impegno nelle ultime tre partite di campionato. Al termine del procedimento di
secondo grado, la Commissione Federale d‟Appello della F.I.G.C. (in seguito “C.A.F.”) accoglieva l‟appello, ritenendo
verificata la promessa di un premio a vincere, nonché l‟idoneità della sola condotta a concretizzare la fattispecie descritta
nell‟art. 6 del C.G.S. Di tal guisa, infliggeva al Sig. Adriano Birelli la sanzione dell‟inibizione per anni due (2), valutata
l‟attenuante di cui all‟art. 14.5 C.G.S., ed alla U.S. Passignanese la sanzione dell‟esclusione dal campionato di competenza ai
sensi dell‟art. 13.1, lett. h), C.G.S. (questa decisione veniva poi pubblicata con il Comunicato Ufficiale n. 17/C del 14
novembre 2005).
2. La Unione Sportiva Passignanese ed il Sig. Adriano Birelli, esauriti i gradi di giustizia intrafederale, con istanza datata 25
novembre 2005 (prot. CCAS n. 1908) esperivano il rituale tentativo di conciliazione nei confronti della F.I.G.C. presso questa
Camera di Conciliazione e Arbitrato per lo Sport del CONI (in seguito la “Camera” o “C.C.A.S.”); conclusasi infruttuosamente
tale fase per mancato accordo delle parti in data 9 gennaio 2006, gli Attori adivano nuovamente la Camera con un‟istanza
congiunta di arbitrato depositata in data 6 febbraio 2006 (prot. CCAS n. 0173).
3. Con la citata istanza, gli Attori concludevano chiedendo che il Collegio Arbitrale, ferme tutte le riserve prospettate, si
compiacesse: principalmente di “(a) annullare le decisioni della Commissione Disciplinare del CRU-FIGC di cui al C.U. n. 28
del 14/10/2005, e della Commissione d‟Appello Federale-FIGC di cui al C.U. n. 17/C del 14/11/2005 e, per l‟effetto, mandare
prosciolti il Sig. Birelli Adriano e la US Passignanese perché il fatto accertato non costituisce né l‟illecito sportivo di cui
all‟art. 6.1/CGS, né comportamento sleale ai sensi dell‟art. 1.1/CGS e quindi è disciplinarmente irrilevante, nonché annullare
ogni altro provvedimento della FIGC, e/o qualsivoglia altro suo Organo e/o ente affiliato, direttamente e/o indirettamente
connesso e/o presupposto e/o dipendete dalle due decisioni annullate”; in via gradatamente subordinata di “(b) annullare le
decisioni della Commissione d‟Appello Federale-FIGC di cui al C.U. n. 17/C del 14/11/2005, e per l‟effetto mandare
prosciolti il Sig. Birelli Adriano e la US Passignanese perché il fatto accertato non costituisce illecito sportivo di cui all‟art.
6.1/CGS, ma solo comportamento sleale ai sensi dell‟art. 1.1/CGS (così confermando la decisione della Commissione
Disciplinare del CRU-FIGC di cui al C.U. n. 28 del 14/10/2005), nonché annullare ogni altro provvedimento della FIGC, e/o
qualsivoglia altro suo Organo e/o ente affiliato, direttamente e/o indirettamente connesso e/o presupposto e/o dipendente dalla
decisione annullata; (c) annullare la decisione della Commissione d‟Appello Federale-FIGC di cui al C.U. n. 17/C del
14/11/2005 nella parte in cui ha disposto a carico della US Passignanese la sanzione di cui all‟art. 13.1h/CGS, e riformularla
determinando più equamente la sanzione nella misura minore prevista dall‟art. 13/CGS e ritenuta di giustizia, e comunque nel
limite massimo della sanzione prevista dall‟art. 13.1.f/CGS al minimo dei punti di penalizzazione in classifica, nonché
annullare ogni altro provvedimento della FIGC, e/o qualsivoglia altro suo Organo e/o ente affiliato, direttamente e/o
indirettamente connesso e/o presupposto e/o dipendente dalla decisione annullata”; in ogni caso di “(d) condannare la
Federazione Italiana Giuoco Calcio, in persona del suo legale rappresentante pro-tempore, a risarcire alla U.S. Passignanese
tutti i danni patiti e patendi nella misura minima di € 300.000,00, ovvero quella maggiore o minore accertanda in corso di
giudizio, anche in via equitativa; oltre rivalutazione ed interessi di legge sulla somma rivalutata; (e) condannare la
Federazione Italiana Giuoco Calcio, in persona del suo legale rappresentante pro-tempore, al pagamento delle spese del
procedimento arbitrale e dei compensi degli Arbitri e degli altri Organi della Camera, nonché a rifondere alla parte attrice
ogni spesa sostenuta per la propria assistenza legale e per il presente procedimento, ivi compresa la fase obbligatoria del
tentativo di conciliazione, e di tutti diritti i amministrativi versati alla Camera; (f) pronunciare ogni e qualsivoglia altro
provvedimento utileagli effetti di quanto domandato e/o dare attuazione alla decisione arbitrale”.
4. In data 16 febbraio 2006, la convenuta F.I.G.C. replicava con memoria di costituzione in cui, resistendo alle domande
proposte da parte avversa, eccepiva, in via preliminare, l‟inammissibilità e/o improcedibilità dell‟istanza promossa dalla U.S.
Passignanese e dal Sig. Birelli, ovvero, in via subordinata nel merito, chiedeva il rigetto della stessa per infondatezza in fatto
ed in diritto, nonché, previa declaratoria di inammissibilità della nomina dell‟arbitro di parte operata ex adverso, la
trasmissione degli atti del procedimento al Presidente della Camera per la nomina diretta del Collegio. La Convenuta, in via del
tutto subordinata, indicava quale proprio arbitro l‟Avv. Marcello De Luca Tamajo, del Foro di Napoli.
5. Con delibera prot. CCAS n. 0263/ARB del 22 febbraio 2006 l‟Ill.mo Presidente di questa Camera, Prof. Avv. Pier Luigi
Ronzani, ritenuto, a norma dell‟art. 11.2 del Regolamento C.C.A.S., di dover provvedere alla nomina del Collegio Arbitrale,
indicava come membri del costituendo organo arbitrale il Prof. Avv. Massimo Coccia, del Foro di Roma, in qualità di
Presidente, ed i Consiglieri Antonino Anastasi e Silvestro Maria Russo, in qualità di Arbitri.
6. Successivamente, a seguito del rinvenimento di nuovi elementi probatori, consistenti in dichiarazioni rilasciate dal calciatore
Marco Gori nel corso della trasmissione televisiva locale “Umbria Sport Parliamone” del 18 novembre 2005 contrastanti con
la ricostruzione dei fatti dallo stesso fornita alla Procura Federale, gli Attori, ex art. 35 C.G.S., adivano la C.A.F. per la
revocazione della decisione emessa dalla stessa C.A.F. e resa nota con il C.U. n. 17/C del 14 novembre 2005. La C.A.F., con
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decisione le cui motivazioni non sono state ad oggi ancora pubblicate, rigettava la domanda presentata dal Sig. Adriano Birelli
e dalla U.S. Passignanese. Questi ultimi, pertanto, esperivano vanamente un ulteriore tentativo di conciliazione con la
Federcalcio in data 1° marzo 2006 innanzi al Conciliatore Consigliere Gaetano Caputi. Pertanto, con istanza di arbitrato datata
30 marzo 2006 (prot. CCAS n. 0447), gli odierni Attori adivano di nuovo questa Camera in sede arbitrale chiedendo al
Collegio di “(a) annullare, anche previa delibazione della legittimità dell‟art. 35 del Codice di Giustizia Sportiva della
Federazione Italiana Giuoco Calcio, della decisione della sua Commissione di Appello Federale (CAF) assunta in data 13
febbraio 2006, pubblicata con C.U. n. 35/C in pari data con la quale sono stati dichiarati inammissibili i ricorsi proposti dalla
società US/Passignanese e dal sig. Birelli Adriano per la revocazione della decisione della medesima Caf/Figc assunta in data
14 novembre 2005, pubblicata con C.U. n. 17/C in pari data, e (b) disporre la revocazione, con ogni consequenziale
provvedimento che ne dia esecuzione, della decisione della Commissione di Appello Federale della Figc assunta in data 14
novembre 2005, pubblicata con C.U. n. 17/C in pari data; c) annullare ogni altro provvedimento degli Organi della Figc,
anche sopravvenuto alla presente istanza, direttamente e/o indirettamente connesso e/o presupposto e/o dipendente da quelli
sopra indicati; (d) condannare la Federazione Italiana Giuoco Calcio, in persona del suo legale rappresentate pro-tempore,
alla restituzione di tutte le tasse versate dal Sig. Birelli e dalla Soc/Passignanese per i procedimenti di giustizia federale, e
tutte le spese sostenute per la ivi difesa; (e) condannare la Federazione Italiana Giuoco Calcio, in persona del suo legale
rappresentante pro-tempore, al pagamento delle spese del procedimento arbitrale e dei compensi degli Arbitri e degli altri
Organi della Camera, nonché a rifondere alla parte attrice ogni spesa sostenuta per la propria assistenza legale e per il
presente procedimento, ivi compresa la fase obbligatoria del tentativo di conciliazione, e di tutti i diritti amministrativi versati
alla Camera; (f) pronunciare ogni e qualsivoglia altro provvedimento utile agli effetti del di quanto domandato e/o dare
attuazione alla decisione arbitrale”.
7. In data 7 aprile 2006 si costituiva la F.I.G.C. con il deposito presso la Segreteria della C.C.A.S. di memoria difensiva nella
quale era evidenziata, preliminarmente, la eguaglianza dell‟oggetto e del petitum sostanziale del nuovo procedimento arbitrale
rispetto a quello avviato con l‟istanza del 6 febbraio 2006 e protocollato al n. 173/06. La F.I.G.C., pertanto, chiedeva il
semplice rigetto per inammissibilità dell‟istanza formulata dalla Società Passignanese e dal Sig. Birelli, in quanto tale seconda
procedura, secondo la prospettazione offerta, non avrebbe introdotto una “nuova” controversia devolvibile in arbitrato. Quanto
al merito delle domande formulate da parte avversa, in via meramente subordinata, la difesa della F.I.G.C. si riportava alle
deduzioni ed eccezioni, anche in rito, già formulate nella memoria di costituzione depositata durante la prima procedura
arbitrale, intendendole, pertanto, integralmente richiamate e trascritte.
8. Con delibera prot. CCAS n. 0511 del 18 aprile 2006, il Presidente della Camera stabiliva, ai sensi dell‟art. 11.2 del
Regolamento della C.C.A.S., di nominare quali membri del Collegio arbitrale gli stessi arbitri già facenti parte del Collegio
formatosi a seguito della prima istanza promossa dal Sig. Adriano Birelli e dalla U.S. Passignanese, con conseguente riunione
delle controversie per evidente identità delle parti ed unicità dell‟oggetto e del petitum sostanziale.
9. Nel corso della prima riunione tenutasi in data 9 maggio 2006, il Collegio Arbitrale decideva di assegnare ad ambo le parti
“termine fino alle ore 13 del 22 maggio 2006 per la presentazione di memorie illustrative e di formulazione e precisazione
delle istanze istruttorie; fino alle ore 13 del 29 maggio 2006 termine per repliche”. Tutte le parti in causa presentavano
memorie nei termini assegnati.
10. In data 5 giugno 2006 si svolgeva, presso i locali della Camera nello Stadio Olimpico di Roma, la prima ed unica udienza.
Preliminarmente, le parti dichiaravano di accettare la designazione del Collegio Arbitrale, rinunciando espressamente ad ogni
possibile eccezione. La discussione, così come sintetizzata nel verbale di udienza, aveva poi luogo nel pieno rispetto del
principio del contraddittorio. Esaurita la discussione, il Collegio Arbitrale, valutate appieno le richieste istruttorie delle parti
Attrici, decideva di ammettere quale mezzo di prova rilevante il filmato depositato dalla difesa del Sig. Adriano Birelli e della
U.S. Passignanese e contenente la registrazione della trasmissione “Umbria Sport Parliamone” del 18 novembre 2005, e ne
procedeva immediatamente alla visione in contraddittorio tra le parti. Secondo gli Attori, le dichiarazioni rese in tale sede dal
calciatore Marco Gori sarebbero state di segno diametralmente opposto rispetto alla ricostruzione fattuale fornita dallo stesso
calciatore all‟Ufficio Indagini della F.I.G.C., al punto da doversi considerare una vera e propria ritrattazione. Secondo la
Federazione convenuta, invece, il Sig. Gori nel filmato non ha smentito affatto quanto già a suo tempo denunciato e dichiarato,
non si potendosi comunque equiparare le dichiarazioni fatte nel clima conviviale di uno studio televisivo rispetto alle
dichiarazioni scritte e rese a verbale dinanzi agli organi di giustizia sportiva. Al termine dell‟udienza, ai sensi e per gli effetti
dell‟art. 20.6 del Regolamento C.C.A.S., le Parti consentivano la proroga del termine di pronuncia del lodo di novanta giorni,
inoltre autorizzando congiuntamente il Collegio a rendere anticipatamente noto il solo dispositivo. All‟esito della discussione il
Collegio Arbitrale, riunito in conferenza personale, emetteva all‟unanimità la decisione per i motivi qui di seguito esposti.
MOTIVI
A. SULLE ECCEZIONI DI INAMMISSIBILITÀ DELLA PRIMA DOMANDA DI ARBITRATO E DI
INFONDATEZZA DELLA DOMANDA DI REVOCAZIONE
11. Preliminarmente deve darsi atto della ritualità dell‟istanza di arbitrato introdotta dagli Attori. Sosteneva la F.I.G.C. che la
diversità delle posizioni individuali della U.S. Passignanese e del Sig. Adriano Birelli, esplicatesi nella irrogazione da parte
della C.A.F. di sanzioni eterogenee, fondate su distinti titoli di responsabilità e soggette ad altrettanto differenti regimi
impugnatori, impedisse la legittima instaurazione del giudizio arbitrale attraverso la proposizione di un libello introduttivo allo
stesso tempo collettivo e cumulativo. Ad avviso del Collegio, il fatto che le Parti Istanti si siano avvalse di un solo libello
introduttivo per convenire in arbitrato la F.I.G.C. non può inficiare la procedura arbitrale, poiché la evidente unicità del fatto
illecito dal quale le sanzioni traggono origine rende strettamente connesse e dunque congiuntamente proponibili in un unico
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DECISIONI INTEGRALI DELLA CAMERA DI CONCILIAZIONE ED ARBITRATO PER LO SPORT DEL CONI
- STAGIONE SPORTIVA 2006-2007
libello, pur restando giuridicamente distinte, le istanze arbitrali. Ostano, inoltre, all‟accoglimento della tesi prospettata dalla
F.I.G.C. sia l‟assenza di una specifica disposizione regolamentare che impedisca la proposizione di istanze di arbitrato distinte
mediante un medesimo atto introduttivo, sia la dichiarata natura irrituale della procedura arbitrale innanzi a questa Camera (cfr.
art. 8.7 del Regolamento), ispirata ai principi di concentrazione e celerità, sia, infine, il chiaro rischio, correttamente
sottolineato dagli Istanti, di giudicati difformi su medesimi fatti. Il Collegio sottolinea, inoltre, che l‟istanza di arbitrato
presentata in forma congiunta è comunque accompagnata da due distinte procure alle liti e, in essa, sono chiaramente
distinguibili le diverse posizioni giuridiche delle parti istanti.
12. Il Collegio ritiene, poi, non convincente anche l‟eccezione della F.I.G.C. di inammissibilità del ricorso per revocazione
promosso dal Sig. Adriano Birelli e dalla U.S. Passignanese innanzi alla C.A.F. Invero, ad avviso del Collegio, nel caso di
specie può trovare applicazione la lettera b) dell‟art. 35.1 C.G.S., trattandosi di previsione che giustifica la proposizione di un
procedimento per revocazione nel caso in cui si sia giudicato sulla base di prove riconosciute false dopo la decisione. Una
interpretazione ragionevole della disposizione testé richiamata ne consente l‟applicabilità ogni volta che circostanze di fatto
sopraggiunte alla decisione facciano emergere un ragionevole dubbio che l‟elemento probatorio posto a fondamento della
decisione definitiva potesse essere falso. In tali situazioni dovrà essere proprio l‟instaurando procedimento per revocazione a
vagliare la veridicità degli argomenti probatori assunti nella fase precedente alla luce delle circostanze sopraggiunte. Alla luce
delle esposte considerazioni, il Collegio rigetta le eccezioni di improcedibilità e/o inammissibilità sollevate dalla difesa della
F.I.G.C. relativamente alle due domande di arbitrato promosse dalla U.S. Passignanese e dal Sig. Adriano Birelli.
B. SUL MERITO DEI RICORSI DEL SIG. ADRIANO BIRELLI E DELLA U.S. PASSIGNANESE
13. Secondo le Parti Istanti, la decisione della C.R.U. con la quale erano state inflitte le sanzioni dell‟inibizione per 6 mesi al
Sig. Birelli Adriano e dell‟ammenda di € 600,00 alla Società Passignanese, pubblicata con C.U. n. 5 del 14 ottobre 2005
sarebbe stata impugnata tardivamente dalla F.I.G.C.. Ciò avrebbe reso improcedibile il successivo gravame promosso dalla
Procura Federale della F.I.G.C., volto a censurare la decisione di prime cure per non aver quest‟ultima dato preminente
importanza alla deposizione del calciatore Marco Gori rispetto alle dichiarazioni rese nella medesima sede del Presidente della
Passignanese, Sig. Adriano Birelli. Gli Istanti rilevano come l‟appello per le decisioni in materia di illecito sportivo, ai sensi
dell‟art. 38 C.G.S., sia proponibile “dalle parti interessate, dalla Procura Federale, dai terzi che abbiano un interesse, anche
indiretto” e come, inoltre, l‟art. 33.2, lett. a), C.G.S. stabilisca che l‟eventuale appello promosso innanzi alla C.A.F. possa
essere istaurato con ricorso da inviarsi entro il settimo giorno successivo alla pubblicazione del Comunicato Ufficiale con il
quale è stata resa nota la decisione che si intende impugnare. Tuttavia, come correttamente eccepito dalla difesa della
Federazione convenuta, tale previsione non può trovare applicazione nel caso di una “decisione per la quale è prescritto
l‟obbligo di diretta comunicazione alle parti”. In questo caso, infatti, il termine di sette giorni per l‟invio dell‟impugnativa
inizia a decorrere dalla “data in cui è pervenuta la comunicazione”. A norma dell‟art. 31, lett. D, C.G.S. rientrano nell‟indicato
novero le decisioni, quale quella oggetto del presente procedimento arbitrale, relative alle infrazioni oggetto di denuncia o
deferimento da parte di Organi federali ed “… emesse a seguito di deferimento” che, pertanto, “devono essere direttamente
comunicate alle parti, presso le società, a cura delle competenti Segreterie di Lega, di Divisione o di Comitato”. Dalla
documentazione in atti emerge chiaramente come la decisione del C.R.U., inviata per Raccomandata A/R in data 20 ottobre
2005, sia stata ricevuta dalla Procura Federale della F.I.G.C. il successivo 21 ottobre; da tale momento, quindi, è iniziato a
decorrere il termine di sette giorni per la proposizione del gravame da parte della Procura della F.I.G.C.. L‟impugnativa
federale, licenziata effettivamente in data 24 ottobre (ovvero tre giorni dopo il ricevimento della decisione della C.R.U.), deve
pertanto essere considerata assolutamente tempestiva. Non può ostare a tale ricostruzione normativa il fatto che il Sig. Adriano
Birelli e la U.S. Passignanese mai abbiano ricevuto la notifica o altra forma di comunicazione ufficiale della decisione
impugnata dal Procuratore Federale; tale circostanza avrebbe potuto al più estendere sine die il termine per la proposizione del
gravame da parte delle presenti parti istanti, ma non certo inficiare la proposizione del ricorso della Procura Federale.
Quest‟ultima, infatti, avendo regolarmente ricevuto la notifica della decisione della C.R.U., a prescindere dall‟esito della
comunicazione effettuata alle controparti, aveva l‟onere, laddove avesse avuto intenzione di contestarla, di proporre ricorso nei
sette giorni successivi alla ricezione, circostanza poi concretamente verificatasi. Dal che si appalesa l‟infondatezza delle
doglianze delle parti attrici sul punto de qua.
14. La questione fondamentale emersa in punto di fatto, e sulla quale si è incentrata la discussione delle parti in sede di udienza
di fronte a questo Collegio, riguarda il confronto tra la dichiarazione testimoniale resa dal calciatore Marco Gori in sede di
audizione da parte dell‟Ufficio Indagini, susseguente alla denuncia effettuata da un dirigente del Montegabbione, e la
successiva pretesa ritrattazione emersa durante l‟intervento dello stesso calciatore nel corso del programma televisivo della rete
locale umbra RTE 24H “Umbria Sport Parliamone” in data 18 novembre 2005. Questo Collegio, dopo la visione
dell‟intervista, ritiene unanimemente di non poter aderire alla tesi esposta dagli Istanti, secondo cui le dichiarazioni ivi
effettuate dal calciatore Marco Gori dovrebbero prevalere su quelle rilasciate di fronte all‟Ufficio Indagini federale, quando
aveva testimoniato di aver ricevuto una offerta di premio a vincere da parte del Sig. Adriano Birelli. In effetti, ad avviso del
Collegio, le dichiarazioni fatte durante l‟intervento televisivo sono assai ambigue e non possono considerasi maggiormente
attendibili rispetto alla deposizione resa all‟Ufficio Indagini. È evidente dalla visione della intera trasmissione che il giocatore
Marco Gori si trovava a interloquire con giornalisti ed altri personaggi del calcio locale chiaramente critici verso la
penalizzazione della U.S. Passignanese ed interessati a sminuire la portata della testimonianza resa dal giocatore in sede
federale. Le dichiarazioni rese dal Gori in tale contesto ambientale non possono assolutamente prevalere sul piano del peso
probatorio rispetto a quelle rese e sottoscritte a verbale in sede federale, dove si è edotti anche formalmente del dovere di
rispetto dei principi di lealtà, probità e correttezza. In ogni caso, durante la trasmissione il Gori ha solo confusamente negato –
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DECISIONI INTEGRALI DELLA CAMERA DI CONCILIAZIONE ED ARBITRATO PER LO SPORT DEL CONI
- STAGIONE SPORTIVA 2006-2007
in maniera sfuggente ed al chiaro fine di non passare per delatore e di giustificarsi di fronte agli astanti – di aver ricevuto
l‟offerta di un premio in denaro a vincere, null‟altro avendo ad aggiungere in relazione a quanto dichiarato alla Procura
Federale. La tesi della irrilevanza della pretesa dichiarazione di ritrattazione risulta oltremodo corroborata anche dal fattore
temporale, considerato come la trasmissione televisiva sia stata registrata ben oltre otto mesi dalla ricezione della telefonata
“anonima”; tale elemento temporale non può, quindi, che privare le relative dichiarazioni dei caratteri della spontaneità ed
immediatezza che, invece, contraddistinguono quelle rese agli organi di indagine interna della F.I.G.C.. Oltretutto, in sede di
discussione orale è emerso come il calciatore Marco Gori fosse già stato sanzionato in passato dalla giustizia sportiva per una
questione legata a partite combinate ed a scommesse clandestine. Alla luce di tali ultime considerazioni, questo Collegio ritiene
verosimile che il Sig. Adriano Birelli abbia contattato Marco Gori non tanto perché intendesse far leva sul presunto carisma da
questi esercitato nello spogliatoio della U.S. Montegabbione, quanto, piuttosto, perché ben consapevole del passato del
calciatore. È logico ritenere che il Birelli reputasse di poter trovare nel Gori un interlocutore interessato alle proprie illegittime
proposte, offrendogli un‟utilità che, per quanto affermato, poteva anche non consistere necessariamente in una somma di
denaro, ma che, in ogni caso, è tale da configurare una inequivoca violazione dell‟art. 6.1 C.G.S..
15. Quanto finora esposto evidenzia la soccombenza dell‟U.S. Passignanese e del Sig. Adriano Birelli nel presente giudizio,
rendendo superfluo l‟esame delle residue domande formulate nelle istanze di arbitrato. Inoltre, contrariamente alla posizione
espressa dagli Attori, la sanzione dell‟estromissione comminata alla U.S. Passignanese, oltre che espressamente prevista dagli
artt. 6.3 e 13.1, lett. h, C.G.S. in caso di responsabilità diretta per illecito sportivo, rappresenta ius receptum nella
giurisprudenza della Giustizia Sportiva intrafederale, così come correttamente argomentato dalla difesa della F.I.G.C..
Medesime considerazioni debbono valere anche per la posizione del Sig. Adriano Birelli. Il Collegio, pertanto, valuta l‟entità
delle sanzioni comminate dalla C.A.F. proporzionata al contesto delle circostanze di fatto in cui è stato compiuto l‟illecito
disciplinare nonché agli effetti della condotta ed alle motivazioni che la hanno determinata.
16. Il Collegio ritiene, tuttavia, non giustificata la condanna delle parti attrici al pagamento degli onorari del Collegio Arbitrale
e delle spese legali di controparte. Non può essere sottaciuto, infatti, come l‟esclusione della U.S. Passignanese dal campionato
di competenza sia avvenuta a stagione agonistica 2005-2006 abbondantemente iniziata (erano già state disputate 9 gare) e
come la decisione della C.A.F. sia intervenuta dopo ben sette mesi dall‟avvenuto deferimento ed al termine di un procedimento
nel quale si sono evidenziati ritardi ingiustificati. Inoltre, e ad ulteriore riprova della non condivisibile lentezza degli organi di
giustizia federale nella vicenda de quo, non sono state ancora rese note le motivazioni della decisione del 13 febbraio 2006
(pubblicata con C.U. n. 35/C) con cui il medesimo organo aveva dichiarato inammissibili i ricorsi per revocazione della
decisione assunta in data 14 novembre 2005. Pertanto, il Collegio, superando il noto principio della soccombenza e valutata
attentamente la corposa attività svolta dalle parti e la complessità intrinseca della fattispecie sottoposta ad arbitrato, ritiene
equo decidere che né la U.S. Passignanese né il Sig. Adriano Birelli siano condannati a rifondere alla F.I.G.C. le spese
sostenute per la difesa, ponendo, inoltre, a carico di entrambe tra le parti le spese di giudizio. P.Q.M.
Il Collegio Arbitrale, avendo esaminato in limine litis le eccezioni prospettate dalle Convenute, definitivamente pronunciando
nel contraddittorio tra le parti:
1. Dichiara ammissibile l‟istanza di arbitrato promossa dalla U.S. Passignanese e dal Sig. Birelli Adriano per l‟annullamento
della decisione della Commissione d‟Appello Federale della F.I.G.C. assunta in data 13 febbraio 2006 e pubblicata con C.U. n.
35/C in pari data.
2. Dichiara tempestivo il reclamo promosso dal Procuratore Federale della F.I.G.C. avverso la decisione dalla Commissione
Disciplinare del Comitato Regionale Umbria assunta in data 13 ottobre 2005 e pubblicata con C.U. n. 28 del 14 ottobre 2005.
3. Rigetta la domanda di annullamento della decisione della Commissione Disciplinare del C.R.U.-F.I.G.C. assunta in data 13
ottobre 2005 e pubblicata con C.U. n. 28 del 14.10.2005 e della decisione della Commissione d‟Appello Federale della
F.I.G.C. assunta in data 14 ottobre 2005 e pubblicata con C.U. n. 17/C in pari data.
4. Dichiara legittime le sanzioni inflitte alla U.S. Passignanese ed al Sig. Birelli Adriano con la decisione della Commissione
d‟Appello Federale assunta in data 14 ottobre 2005 (C.U. n. 17/C).
5. Dichiara le parti tenute in egual misura e con vincolo di solidarietà a corrispondere al Collegio Arbitrale, a titolo di saldo
degli onorari e delle spese per il procedimento arbitrale, la somma così come liquidata dalla Camera con provvedimento ai
sensi dell‟art. 22 del Regolamento, oltre 12,5% per spese generali ed oneri accessori di legge, ripartito nella misura del 40% al
Presidente e del 30% agli altri Arbitri.
6. Dispone che i diritti amministrativi versati dalle parti siano incassati dalla Camera di Conciliazione ed Arbitrato per lo Sport.
7. Dichiara altresì compensate tra le parti le spese di difesa e assistenza legale da loro sostenute.
8. Dichiara assorbita ogni altra domanda, istanza, difesa, questione o eccezione sollevata dalle parti.
Così deciso in Roma il 5 giugno 2006 nella conferenza personale degli arbitri e con voti unanimi, avendo reso noto il
dispositivo anticipatamente ai sensi dell‟art. 19.4 del Regolamento della Camera di Conciliazione e Arbitrato per lo Sport per i
motivi di particolare urgenza esposti dall‟attrice.
Roma, 16 ottobre 2006
F.to Massimo Coccia
F.to Antonino Anastasi
F.to Silvestro Maria Russo
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DECISIONI INTEGRALI DELLA CAMERA DI CONCILIAZIONE ED ARBITRATO PER LO SPORT DEL CONI
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LODO ARBITRALE DEL 27 OTTOBRE 2006 - S.S. LAZIO S.P.A. CONTRO F.I.G.C.
COMITATO OLIMPICO NAZIONALE ITALIANO
CAMERA DI CONCILIAZIONE E ARBITRATO PER LO SPORT
COLLEGIOARBITRALE
Il Collegio arbitrale composto da
On. Prof. Avv. Pier Luigi Ronzani Presidente del Collegio Arbitrale
Avv. Guido Cecinelli Arbitro
Prof. Marcello Foschini Arbitro
Prof. Avv. Luigi Fumagalli Arbitro
Prof. Avv. Giulio Napolitano Arbitro
nominato ai sensi dell‟art. 13.4 del Regolamento della Camera di Conciliazione e Arbitrato per lo Sport, riunito in conferenza
personale in data 27 ottobre 2006, presso la sede dell‟arbitrato, in Roma
ha deliberato all‟unanimità il seguente
LODO
nel procedimento di arbitrato (n. 1230 del 30 agosto 2006) promosso da:
S.S. Lazio s.p.a., in persona del suo Consigliere delegato per i rapporti sportivi e federali, Dott. Marco Moschini, rappresentata
e difesa dagli Avv.ti Gian Michele Gentile, Ugo Longo, Fabio Bassan e Fabio Viglione, ed elettivamente domiciliata presso lo
studio del primo in Roma, Via G. Belli 27 ricorrente contro
Federazione Italiana Giuoco Calcio, in persona del Vice-Commissario e procuratore speciale Avv. Paolo Nicoletti,
rappresentata e difesa dagli Avv.ti Mario Gallavotti e Luigi Medugno, ed elettivamente domiciliata presso lo studio del primo
in Roma, Via Po 9 resistente
e con l‟intervento del F.C. Messina Peloro s.r.l., in persona del legale rappresentante Ing. Vincenzo Franza, assistita, ai fini
della presente procedura, dagli Avv.ti Carmelo Briguglio, Enrico Lubrano e Prof. Filippo Lubrano, presso il cui studio è
selettivamente domiciliata in Roma, Via Flaminia n. 79 (Studio Legale Lubrano & Associati) terza intervenuta
vista l‟istanza arbitrale della ricorrente e le relative domande, tese all‟annullamento della decisione in data 25 luglio 2006 con
cui la Corte Federale della FIGC ha irrogato alla società S.S. Lazio s.p.a. le sanzioni della penalizzazione di 30 punti da
scontare nella classifica 2005-2006, di 11 punti da scontare nella classifica della stagione sportiva 2006-2007, della squalifica
del campo di gara per due giornate di campionato e dell‟ammenda di Euro 100.000; viste la memoria della resistente e le
relative conclusioni, che si limitano a chiedere la conferma delle sanzioni inflitte dalla Corte Federale della FIGC e quindi
precludono a questo Collegio ogni reformatio in peius; vista l‟istanza di intervento del terzo intervenuto, che richiede la
conferma delle sanzioni, e la memoria successivamente depositata con la quale si è chiesta una definizione della controversia
«con la massima clemenza»; vista la concorde richiesta formulata dalle parti nell‟udienza dell‟11 ottobre 2006 a «pronunciare
il lodo con procedura d‟urgenza, comunicando alle parti il dispositivo della pronuncia, accompagnato da una motivazione in
forma sintetica sui punti fondamentali della controversia»; ritenuta la ammissibilità del ricorso e la sussistenza della
competenza del Collegio Arbitrale a conoscere delle domande proposte, essendo soddisfatte tutte le condizioni a tal riguardo
previste, poiché si è infruttuosamente esperito il procedimento di conciliazione disciplinato dagli artt. 3 ss. del Regolamento
della Camera; e in esito al tentativo di conciliazione le parti hanno concluso patto arbitrale ad hoc, integrativo delle previsioni
dell‟art. 27 dello Statuto della FIGC, con il quale si è fondata la competenza di un collegio arbitrale da costituirsi in base al
Regolamento della Camera per la soluzione della controversia tra di esse insorta in relazione alla decisione della Corte
Federale della FIGC in data 25 luglio 2006; affermato il potere di piena cognizione sulla controversia, in ragione del carattere
devolutivo del giudizio arbitrale, atteso che per effetto dell‟accordo raggiunto in sede di conciliazione in data 23 agosto 2006 le
parti hanno aderito al Regolamento della Camera senza riserva alcuna in ordine ai poteri del Collegio arbitrale; il Regolamento
conferisce all‟organo arbitrale un potere di integrale riesame del merito della controversia, senza subire limitazioni, se non
quelle derivanti dal principio della domanda e dai quesiti ad esso proposti dalle parti, ovvero dalla clausola compromissoria
sulla quale i suoi poteri sono di volta in volta fondati, legate al “tipo” di vizio denunciabile, con la conseguenza che di fronte al
Collegio arbitrale sono deducibili questioni attinenti non solo alla “legittimità”, ma anche al “merito” della decisione
impugnata;il Regolamento espressamente prevede infatti il possibile svolgimento di una istruttoria testimoniale ovvero la
nomina di uno o più consulenti tecnici d‟ufficio, che mal si concilierebbe con una limitazione dei poteri dell‟organo arbitrale
ad un mero esame dei vizi di legittimità dell‟atto impugnato; l‟arbitrato presso la Camera non può essere costruito quale terzo
grado del procedimento disciplinare della federazione sportiva, perché esso non è riferibile al procedimento interno alla
federazione con il quale la menzionata “volontà disciplinare” si forma. Attraverso la Camera si è creato, infatti, un meccanismo
di risoluzione delle controversie in materia sportiva esterno ai sistemi disciplinari delle federazioni sportive ed alternativo
rispetto alla giurisdizione ordinaria (ai sensi dell‟art. 3.1 del d.l. 18 agosto 2003 n. 220, convertito in l. 17 ottobre 2003 n. 280).
L‟attività della Camera, per quanto riferibile anche all‟ordinamento sportivo in generale, non può essere ricondotta al sistema
della federazione sportiva di volta in volta interessata, né l‟organo arbitrale che conosca dell‟impugnazione di un
provvedimento disciplinare può essere ritenuto organo della federazione; dunque, oggetto di giudizio ai sensi del Regolamento,
in sede di impugnazione di una sanzione disciplinare, è non il provvedimento disciplinare in quanto atto, ma una controversia
relativa alla volontà definitivamente manifestata dalla federazione; tale controversia può riguardare l‟applicazione delle norme
così come l‟apprezzamento dei fatti alla base del provvedimento in cui quella volontà si è espressa; sulla sua estensione e sulle
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DECISIONI INTEGRALI DELLA CAMERA DI CONCILIAZIONE ED ARBITRATO PER LO SPORT DEL CONI
- STAGIONE SPORTIVA 2006-2007
modalità di sua risoluzione non influisce il numero di passaggi attraverso i quali quella volontà si è formata; siffatta soluzione
è coerente con quella adottata nell‟ordinamento sportivo internazionale (alla cui luce lo stesso Regolamento deve essere
interpretato). Infatti, nel sistema del Tribunale arbitrale dello sport (T.A.S.), organismo permanente di arbitrato con sede a
Losanna (Svizzera), al quale l‟istituzione stessa della Camera si è ispirata, è principio riconosciuto (art. R57 del Codice di
arbitrato in materia sportiva) che l‟organo arbitrale possa considerare – senza vincoli derivatigli dal procedimento disciplinare
contestato – gli aspetti di fatto e di diritto della controversia e proprio a tal fine è dotato (assai significativamente) degli stessi
mezzi (audizione delle parti, di testimoni e di esperti, esame del fascicolo disciplinare) di cui il Collegio arbitrale operante in
seno alla Camera può avvalersi; acquisiti ed esaminati gli atti e i documenti tutti riversati nel procedimento endofederale;
esaminate le posizioni individuali in via meramente incidentale ai soli fini della valutazione della istanza della società
ricorrente; ritenuto in fatto e in diritto, con esclusione di qualsiasi valutazione in termini genericamente equitativi o di
clemenza per il solo fatto della proposizione di istanza arbitrale:
a) che, contrariamente a quanto sostenuto da parte istante, le regole del CGS della FIGC su cui la decisione impugnata è
basata, ed in particolare il suo art. 1, non appaiono in contrasto con il diritto della concorrenza, quale stabilito dalle norme
italiane e dalle disposizioni comunitarie, poiché esse appaiono adeguate alla tutela dei valori di lealtà e correttezza su cui la
pratica sportiva deve fondarsi ed alla promozione dell‟equilibrio agonistico e dell‟incertezza dei risultati, non vanno al di là di
quanto necessario per il raggiungimento di tale obiettivo e non introducono alcuna discriminazione o restrizione illegittima;
che nemmeno la decisione impugnata può essere censurata sotto tale profilo, anche perché la fattispecie sulla quale è
intervenuta non è confrontabile con diverse vicende relative ad altre società;
b) che non appare accoglibile la censura mossa alla decisione impugnata, laddove essa avrebbe realizzato una inammissibile
reformatio in peius della pronuncia resa dai giudicanti di prime cure, atteso che la valutazione circa la maggiore afflittività
delle sanzioni adottate dalla Corte Federale rispetto a quelle in precedenza irrogate va effettuata globalmente, laddove risulta
evidente che la penalizzazione di 11 punti da scontare nel campionato di serie A 2006-2007 (oltre alla penalizzazione di 30
punti da scontare nella classifica 2005-2006, alla squalifica del campo di gara per due giornate di campionato e all‟ammenda di
Euro 100.000) è meno afflittiva della penalizzazione di 7 punti da scontare nel campionato di serie B 2006-2007;
c) che costituisce violazione degli obblighi di lealtà, correttezza e probità cui sono tenuti i soggetti dell‟ordinamento della
FIGC ai sensi dell‟art. 1 CGS l'attivazione di canali, anche istituzionali, al fine di ottenere "attenzione", se non esplicitamente
"favore", da parte della terna arbitrale, in quanto condotta potenzialmente idonea ad attentare, tanto più in contesti
comportamentali e dichiarativi oggettivamente ambigui, all'imparzialità della funzione arbitrale;
d) che la violazione di tali obblighi ha trovato un ambiente giuridico e istituzionale favorevole sia nella mancanza
nell‟ordinamento federale di adeguati presidi normativi e procedurali a tutela delle funzioni terze e neutrali e nel grave
sconfinamento dai compiti amministrativi e dai doveri deontologici degli organi direttivi federali e di designazione arbitrale;
sia nell‟assenza di modelli organizzativi interni alla società idonei a garantire la assoluta correttezza e trasparenza delle
condotte individuali dei tesserati e a prevenire la commissione di illeciti;
e) di dover condividere, quanto alla sussistenza di una responsabilità per violazione dell‟art. 1 CGS, la ricostruzione dei fatti
svolta dalla Corte Federale: risulta infatti provata una intensa attività svolta dal dott. Claudio Lotito, presidente della
Ricorrente, pur nella almeno putativa convinzione di dover reagire a “torti” subiti e di poterlo fare avviando contatti non
trasparenti con i vertici federali, diretta ad ottenere “attenzione” da parte degli arbitri, soprattutto con il ripetuto e improprio,
nella forma e nella sostanza, coinvolgimento del Vice-presidente federale sig. Innocenzo Mazzini;
f) che, tuttavia, non risulta agli atti che né il Presidente dott. Claudio Lotito, né alcun altro dirigente della S.S. Lazio s.p.a.
abbia avuto contatti diretti con i designatori delle terne arbitrali, o con alcun altro esponente della categoria arbitrale;
g) che pertanto la S.S. Lazio s.p.a. deve considerarsi direttamente responsabile dei comportamenti individuali del dott. Claudio
Lotito, perché ripetutamente lesivi dei doveri di lealtà e probità sportiva di cui all‟art. 1 CGS, con le attenuanti e nei limiti
prima menzionati;
h) che, dunque, la penalizzazione di 30 punti inflitta alla S.S. Lazio s.p.a. in relazione alla stagione 2005-2006, comportante la
perdita di 11 posizioni in classifica con il passaggio dal 6° al 17° posto, deve ritenersi proporzionata alle ripetute responsabilità
accertate, in considerazione della sua notevole afflittività sul piano economico, anche per la consistente riduzione dei contributi
federali, e del pregiudizio da essa arrecato sul piano sportivo, essendosi tradotta nell'impossibilità di partecipare alla Coppa
UEFA;
i) che la sanzione inflitta alla S.S. Lazio s.p.a. per la stagione sportiva 2006- 2007 deve invece rideterminarsi, in
considerazione della natura esclusivamente istituzionale dei contatti pur così impropriamente avviati e della notevole
afflittività della penalizzazione irrogata per la stagione 2005- 2006, traducendosi in una riduzione della stessa per la stagione
2006- 2007 a punti 3, ossia nella misura minima adeguata a mantenere la sua funzione monitoria;
j) che la sanzione della squalifica del campo per due giornate, già sospesa in via cautelare, deve considerarsi inconferente,
trattandosi di sanzione elettivamente funzionale alla repressione di fatti di violenza e di violazioni di norme di sicurezza,
ipotesi non ricorrenti nel caso in esame, potendosi invece disporre la conversione di tale sanzione nell‟obbligo di devolvere un
importo corrispondente alla quota di incasso per vendite di biglietti relative alle prime due partite casalinghe del campionato
2006-2007 a favore della FIGC, con vincolo di destinazione a finalità di promozione dell‟attività giovanile e dilettantistica,
quale modalità di riparazione “in forma specifica” della lesione dei principi di lealtà, correttezza e probità per la quale la
Ricorrente è stata sanzionata;
k) che la sanzione dell'ammenda (quantificata in Euro 100.000) in favore della FIGC consente di opportunamente graduare
l'afflittività della sanzione, anche sul piano economico, e pertanto deve essere confermata;
161
DECISIONI INTEGRALI DELLA CAMERA DI CONCILIAZIONE ED ARBITRATO PER LO SPORT DEL CONI
- STAGIONE SPORTIVA 2006-2007
l) che gli onorari e le spese di arbitrato debbano essere posti a carico di entrambe le parti, nella misura del 60% a carico della
Ricorrente e nella misura del 40% a carico della Resistente, mentre, sussistendo giusti motivi, le rispettive spese di difesa
devono essere integralmente compensate;
m) che debbano essere trattenute le somme versate dalla terza intervenuta a titolo di partecipazione alle spese di arbitrato;
n) che i diritti amministrativi versati devono essere incamerati dalla Camera di Conciliazione e Arbitrato per lo Sport.
P.Q.M.
Il Collegio Arbitrale all‟unanimità, definitivamente pronunciando nel contraddittorio delle parti, disattesa ogni ulteriore
istanza, eccezione e deduzione:
1. conferma la penalizzazione inflitta con riguardo alla stagione 2005-2006;
2. riduce la penalizzazione inflitta per il campionato di serie A 2006-2007 a punti 3;
3. converte la squalifica del campo, già sospesa in via cautelare, nell‟obbligo di devolvere entro 90 giorni dalla pubblicazione
del presente lodo un importo corrispondente alla quota di incasso per vendita di biglietti relativa alle prime due partite
casalinghe del campionato 2006-2007 a favore della FIGC, con vincolo di destinazione a finalità di promozione dell‟attività
giovanile e dilettantistica;
4. conferma l‟ammenda inflitta nell‟importo di Euro 100.000 in favore della FIGC;
5. pone le spese del presente arbitrato, per onorari e spese del Collegio arbitrale, da liquidarsi con separata ordinanza, a carico
della S.S. Lazio s.p.a. quanto al 60% ed a carico della FIGC quanto al restante 40%;
6. dispone la integrale compensazione tra le parti delle rispettive spese di difesa;
7. dispone che vengano trattenute le somme versate dal F.C. Messina Peloro s.r.l. a titolo di partecipazione alle spese di
arbitrato;
8. dispone che tutti i diritti amministrativi versati siano incamerati dalla Camera di Conciliazione e Arbitrato per lo Sport.
Così deciso in Roma, in conferenza personale degli arbitri, il giorno 27 ottobre 2006.
F.to Pier Luigi Ronzani
F.to Guido Cecinelli
F.to Marcello Foschini
F.to Luigi Fumagalli
F.to Giulio Napolitano
LODO ARBITRALE DEL 27 OTTOBRE 2006 - JUVENTUS F.C. S.P.A. CONTRO F.I.G.C.
COMITATO OLIMPICO NAZIONALE ITALIANO
CAMERA DI CONCILIAZIONE E ARBITRATO PER LO SPORT
COLLEGIOARBITRALE
Il Collegio arbitrale composto da
On. Prof. Avv. Pier Luigi Ronzani Presidente del Collegio Arbitrale
Avv. Guido Cecinelli Arbitro
Prof. Marcello Foschini Arbitro
Prof. Avv. Luigi Fumagalli Arbitro
Prof. Avv. Giulio Napolitano Arbitro
nominato ai sensi dell‟art. 13.4 del Regolamento della Camera di Conciliazione e Arbitrato per lo Sport, riunito in conferenza
personale in data 27 ottobre 2006, presso la sede dell‟arbitrato, in Roma
ha deliberato all‟unanimità il seguente
LODO
nel procedimento di arbitrato (n. 1336 del 6 settembre 2006) promosso da:
Juventus F.C. s.p.a., in persona del suo Presidente e legale rappresentante Dott. Giovanni Cobolli Gigli, rappresentata e difesa
dagli Avv.ti Franzo Grande Stevens, Cesare Zaccone, Andrea Gandini, Riccardo Montanaro, Michele Briamonte e Prof.
Stefano Vinti, ed elettivamente domiciliata presso lo studio di quest‟ultimo in Roma, Via Emilia 88 ricorrente
Contro Federazione Italiana Giuoco Calcio, in persona del Vice-Commissario e procuratore speciale Avv. Paolo Nicoletti,
rappresentata e difesa dagli Avv.ti Mario Gallavotti e Luigi Medugno, ed elettivamente domiciliata presso lo studio del primo
in Roma, Via Po 9 - resistente
vista l‟istanza arbitrale della Juventus F.C. s.p.a. e le relative domande, tese all‟annullamento della decisione in data 25 luglio
2006 con cui la Corte Federale della FIGC ha irrogato alla Ricorrente le sanzioni della retrocessione all‟ultimo posto in
classifica del campionato 2005-2006, la penalizzazione di 17 punti da scontare nella classifica del campionato di serie B della
stagione sportiva 2006-2007, della squalifica del campo di gara per tre giornate di campionato e dell‟ammenda di Euro
120.000; vista la memoria della Resistente e le relative conclusioni, che si limitano a chiedere la conferma delle sanzioni
inflitte dalla Corte Federale della FIGC e quindi precludono a questo Collegio ogni reformatio in peius; vista la concorde
richiesta formulata dalle parti nell‟udienza dell‟11 ottobre 2006 a «pronunciare il lodo con procedura d‟urgenza, comunicando
alle parti il dispositivo della pronuncia, accompagnato da una motivazione in forma sintetica su tutti i punti in fatto e in diritto
fondamentali ai fini della soluzione della controversia»; ritenuta la ammissibilità del ricorso e la sussistenza della competenza
del Collegio Arbitrale a conoscere delle domande proposte, poiché si è infruttuosamente esperito il procedimento di
162
DECISIONI INTEGRALI DELLA CAMERA DI CONCILIAZIONE ED ARBITRATO PER LO SPORT DEL CONI
- STAGIONE SPORTIVA 2006-2007
conciliazione disciplinato dagli artt. 3 ss. del Regolamento della Camera; e la Juventus F.C. s.p.a. ha presentato istanza di
arbitrato ritenendo invocabile la competenza di un collegio arbitrale da costituirsi in base al Regolamento della Camera; la
FIGC si è costituita nel presente procedimento non contestando la competenza del collegio arbitrale costituito in base al
Regolamento della Camera; e pertanto • ad integrazione delle previsioni dell‟art. 27 dello Statuto della FIGC, le parti hanno
accettato la competenza del presente Collegio Arbitrale per la soluzione della controversia tra di esse insorta in relazione alla
decisione della Corte Federale della FIGC in data 25 luglio 2006; affermato il potere di piena cognizione sulla controversia, in
ragione del carattere devolutivo del giudizio arbitrale, atteso che • le parti hanno aderito al Regolamento della Camera senza
riserva alcuna in ordine ai poteri del Collegio arbitrale; il Regolamento conferisce all‟organo arbitrale un potere di integrale
riesame del merito della controversia, senza subire limitazioni, se non quelle derivanti dal principio della domanda e dai quesiti
ad esso proposti dalle parti, ovvero dalla clausola compromissoria sulla quale i suoi poteri sono di volta in volta fondati, legate
al “tipo” di vizio denunciabile, con la conseguenza che di fronte al Collegio arbitrale sono deducibili questioni attinenti non
solo alla “legittimità”, ma anche al “merito” della decisione impugnata; il Regolamento espressamente prevede infatti il
possibile svolgimento di una istruttoria testimoniale ovvero la nomina di uno o più consulenti tecnici d‟ufficio, che mal si
concilierebbe con una limitazione dei poteri dell‟organo arbitrale ad un mero esame dei vizi di legittimità dell‟atto impugnato;
l‟arbitrato presso la Camera non può essere ritenuto costituire un terzo grado del procedimento disciplinare della federazione
sportiva, perché esso non è riferibile al procedimento interno alla federazione con il quale la menzionata “volontà disciplinare”
si forma. Attraverso la Camera si è creato, infatti, un meccanismo di risoluzione delle controversie in materia sportiva esterno
ai sistemi disciplinari delle federazioni sportive ed alternativo rispetto alla giurisdizione ordinaria (ai sensi dell‟art. 3.1 del d.l.
18 agosto 2003 n. 220, convertito in l. 17 ottobre 2003 n. 280). L‟attività dei collegi operanti presso la Camera, per quanto
riferibile anche all‟ordinamento sportivo in generale, non può essere ricondotta al sistema della federazione sportiva di volta in
volta interessata, né l‟organo arbitrale che conosca dell‟impugnazione di un provvedimento disciplinare può essere ritenuto
organo della federazione; • dunque, oggetto di giudizio ai sensi del Regolamento, in sede di impugnazione di una sanzione
disciplinare, è, non il provvedimento disciplinare in quanto atto, bensì una controversia relativa alla volontà definitivamente
manifestata dalla federazione; • tale controversia può riguardare l‟applicazione delle norme così come l‟apprezzamento dei
fatti alla base del provvedimento in cui quella volontà si è espressa; sulla sua estensione e sulle modalità di sua risoluzione non
influisce il numero di passaggi attraverso i quali quella volontà si è formata; • siffatta soluzione è coerente con quella adottata
nell‟ordinamento sportivo internazionale (alla cui luce lo stesso Regolamento deve essere interpretato). Infatti, nel sistema del
Tribunale arbitrale dello sport (T.A.S.), organismo permanente di arbitrato con sede a Losanna (Svizzera), al quale l‟istituzione
stessa della Camera si è ispirata, è principio riconosciuto (art. R57 del Codice di arbitrato in materia sportiva) che l‟organo
arbitrale possa considerare – senza vincoli derivantigli dal procedimento disciplinare contestato – gli aspetti di fatto e di diritto
della controversia e proprio a tal fine è dotato (assai significativamente) degli stessi mezzi (audizione delle parti, di testimoni e
di esperti, esame del fascicolo disciplinare) di cui il Collegio arbitrale operante in seno alla Camera può avvalersi; acquisiti ed
esaminati gli atti e i documenti tutti riversati nel procedimento endofederale; esaminate le posizioni individuali in via
meramente incidentale ai soli fini della valutazione della istanza della società ricorrente; ritenuto in fatto e in diritto, con
esclusione di qualsiasi valutazione in termini genericamente equitativi o di clemenza per il solo fatto della proposizione di
istanza arbitrale:
a) che dal carattere devolutivo dell‟impugnazione proposta e dalla piena cognizione della controversia spettante a questo
Collegio arbitrale deriva l‟assorbimento delle censure svolte dalla Ricorrente alla decisione impugnata sotto il profilo della
violazione del principio generale del giudice naturale precostituito per legge (artt. 25, 97, 101 e 111 Cost.), delle regole federali
che individuano il giudice di primo grado per i soggetti che non ricoprono la carica di dirigenti federali, e del principio del
contraddittorio, poiché lo svolgimento dell‟arbitrato ha consentito, nel pieno rispetto del contraddittorio e dei diritti della
difesa, l‟esame della controversia di fronte a giudicante investito del potere di conoscerla per effetto di manifestazione di
volontà della Ricorrente stessa;
b) che non condivisibile appare la dedotta censura di illegittimità, anche alla stregua degli invocati parametri costituzionali,
della decisione impugnata per indebita utilizzazione di intercettazioni telefoniche acquisite in altro procedimento, poiché l‟art.
270 c.p. esprime un principio nell‟ambito del processo penale la cui applicazione non è estensibile ad altri procedimenti, e in
particolare, in quelli disciplinari;
c) che l‟illecito sportivo (art. 6 CGS) può essere realizzato anche attraverso il compimento di atti diretti ad assicurare, a
chiunque, un vantaggio in classifica, prescindendosi dall‟alterazione dello svolgimento o del risultato della gara, sotto il profilo
che la classifica nel suo complesso può essere influenzata da condizionamenti che, comunque, finiscano, indipendentemente
dall‟esito delle singole gare, per determinare il prevalere di una squadra rispetto all‟altra;
d) più in particolare, ed in relazione alle circostanze rilevanti nel presente giudizio, che l‟opera di condizionamento del settore
arbitrale può giudicarsi verificata ai sensi dell‟art. 6 CGS laddove rivesta i caratteri dell‟incidenza indebita su funzioni tipiche
ed essenziali di tale settore – quali valutazione, designazione delle griglie, sospensioni ecc., di arbitri ed assistenti di gara – e si
risolva in una indebita intromissione nelle scelte tecniche della terna arbitrale, non solo con riguardo ad una singola gara, bensì
rivolta a favorire una determinata squadra in ogni occasione utile della competizione;
e) di condividere, quanto alla sussistenza di una responsabilità per violazione dell‟art. 6 CGS, la ricostruzione dei fatti svolta
dalla Corte Federale: risulta infatti provata una estesa attività svolta dal dott. Antonio Giraudo e dal sig. Luciano Moggi,
rispettivamente amministratore delegato e direttore generale della Ricorrente, diretta ad ottenere, in particolare attraverso i
ripetuti, intensi, ambigui e non trasparenti contatti con i designatori arbitrali e la supina predisposizione di questi a seguire le
indicazioni ricevute, tendente alla precostituzione di condizioni dalle quali la Juventus potesse trarre vantaggio di classifica nel
163
DECISIONI INTEGRALI DELLA CAMERA DI CONCILIAZIONE ED ARBITRATO PER LO SPORT DEL CONI
- STAGIONE SPORTIVA 2006-2007
campionato 2004-2005; che il reiterato comportamento illecito posto in essere dai dirigenti della Juventus ha avuto capacità
causale adeguata per il conseguimento del risultato sperato, determinando una disparità da trattamento tra la Juventus e le altre
squadre;
f) che pertanto la Juventus F.C. s.p.a. deve considerarsi direttamente responsabile, ai sensi dell‟art. 2 CGS, dei comportamenti
tenuti dal dott. Antonio Giraudo e dal sig. Luciano Moggi, in gravissima violazione dell‟art. 6 CGS;
g) che, con riferimento al trattamento sanzionatorio, l‟art. 6. 3 CGS prevede che, in caso di responsabilità diretta della società,
il fatto è punito, in via alternativa (in tal senso la disgiuntiva “o”), con le sanzioni di cui all‟art. 13.1 lettere G (retrocessione
all‟ultimo posto in classifica del campionato di competenza, od H (esclusione dal campionato di competenza o da qualsiasi
altra competizione agonistica obbligatoria con assegnazione ad uno dei campionati di categoria inferiore); che lo stesso art. 6.3
fa salva la maggiore sanzione, in caso di pratica inefficacia di tale pena, ed al comma 6 stabilisce che, in caso di pluralità di
illeciti oppure se il vantaggio in classifica è stato conseguito, le sanzioni sono aggravate; che è, quindi, consentito al giudice
non solo aggravare il trattamento sanzionatorio stabilito per ciascuna violazione, ma anche ricorrere, in caso di inefficacia, alle
altre sanzioni stabilite espressamente a carico delle società dal catalogo di cui all‟art. 13 CGS;
h) che, in relazione alla gravità degli illeciti commessi dalla Juventus, l‟irrogazione di una soltanto delle sanzioni
espressamente previste in caso di responsabilità diretta della società risulta, in concreto, del tutto inefficace;
i) che non può sostenersi che vi sia stata una disparità di trattamento con le sanzioni inflitte alle altre società coinvolte nel
medesimo procedimento; soltanto la Juventus F.C. s.p.a., infatti, nel corso del campionato 2004- 2005, ha esercitato quella
influenza costante e generalizzata sul settore arbitrale, idonea a minarne gravemente la terzietà. L‟illecito commesso dai suoi
legali rappresentanti è caratterizzato dall‟attuazione di una condotta continuativa nel corso di tutto il campionato 2004-2005 e
costituisce, dunque, fatto illecito più grave di quello che si realizza mediante la condotta diretta all‟alterazione dello
svolgimento o del risultato di una singola partita. Molteplici poi sono gli episodi di cui la società deve direttamente rispondere,
peraltro ulteriormente aggravati perché hanno determinato una situazione di obiettivo vantaggio della Juventus F.C. s.p.a.
rispetto alle altre squadre;
j) che concorrono a qualificare ulteriormente in termini di gravità l‟illecito commesso, anche le particolari modalità –
“professionali”, “consuetudinarie” e “disinvolte” – delle azioni illecite commesse dai legali rappresentanti; l‟incidenza
concreta che queste hanno avuto sulla regolarità e l‟esito del campionato di serie A 2004-2005; l‟intensità della colpevolezza,
apprezzata in rapporto alle posizioni apicali dei dirigenti protagonisti; l‟entità dell‟inquinamento causato all‟ambiente
calcistico e l‟intento di mercimonio che ha anche animato la pluralità delle violazioni; l‟assenza di qualsiasi strumento efficace
di controllo interno volto a prevenire la commissione di illeciti;
k) che, tuttavia, ai fini della commisurazione “equa” della sanzione, oltre ai criteri già considerati dalla Corte federale, ritiene il
Collegio Arbitrale che sia necessario valorizzare anche ulteriori elementi che attengono al comportamento della società
successivamente all‟illecito; in particolare, che la Juventus F.C. s.p.a. si è adoperata per eliminare la possibilità di reiterazioni
dell‟illecito , revocando i poteri agli amministratori coinvolti e sostituendo integralmente il consiglio di amministrazione,
adottando un codice etico e, soprattutto, un modello organizzativo idoneo a prevenire illeciti sportivi;
l) che quanto da ultimo rilevato vada apprezzato sul piano del trattamento sanzionatorio, in applicazione analogica della
disciplina sulla responsabilità delle persone giuridiche (d.lvo 8 giugno 2001, n. 231), secondo cui allo scopo di determinare
l‟entità della sanzione, deve farsi riferimento non solo alla gravità del fatto e al grado di responsabilità dell‟ente, ma anche
all‟attività svolta per eliminare o attenuare le conseguenze del fatto e per prevenire la commissione di ulteriori illeciti;
m) che, dunque, le sanzioni inflitte alla Juventus F.C. s.p.a. in relazione alle stagioni 2004-2005 e 2005-2006 devono ritenersi
proporzionate alla gravità delle responsabilità accertate, in considerazione della loro notevole afflittività sul piano economico e
del pregiudizio da esse arrecato sul piano sportivo;
n) che la sanzione inflitta alla Juventus F.C. s.p.a. per la stagione sportiva 2006-2007 deve invece rideterminarsi e fissarsi in
punti 9, in considerazione degli elementi sopra indicati, traducendosi in una riduzione della stessa in una misura tale da
mantenere, in misura adeguata, la sua funzione monitoria in relazione all‟andamento “storico” dei campionati di Serie B;
o) che non appare “conferente” la sanzione della squalifica del campo, trattandosi di pena funzionale alla repressione di fatti di
violenza verificatisi nel corso di competizioni sportive o di violazioni di norme di sicurezza, ipotesi che non ricorrono nel caso
in esame. Può, invece, disporsi la conversione di tale sanzione nell‟obbligo di devolvere un importo corrispondente alla quota
di incasso per la vendita di biglietti relativa alle prime tre partite casalinghe del campionato 2006-2007 a favore della FIGC,
con vincolo di destinazione a finalità di promozione dell‟attività giovanile e dilettantistica, quale modalità di riparazione “in
forma specifica” della lesione dei principi di lealtà, correttezza e probità per la quale la Ricorrente è stata sanzionata;
p) che la sanzione dell'ammenda (quantificata in Euro 120.000) in favore della Figc consente di opportunamente graduare
l'afflittività della sanzione, anche sul piano economico;
q) che gli onorari e le spese di arbitrato debbano essere posti a carico di entrambe le parti, nella misura del 70% a carico della
ricorrente e del 30% a carico della resistente, mentre, sussistendo giusti motivi, le rispettive spese di difesa devono essere
integralmente compensate;
r) che i diritti amministrativi versati dalle parti devono essere incamerati dalla Camera di Conciliazione e Arbitrato per lo
Sport.
P.Q.M.
Il Collegio Arbitrale all‟unanimità, definitivamente pronunciando nel contraddittorio delle parti, disattesa ogni ulteriore
istanza, eccezione e deduzione
1. conferma le sanzioni per le stagioni 2004-2005 e 2005-2006;
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DECISIONI INTEGRALI DELLA CAMERA DI CONCILIAZIONE ED ARBITRATO PER LO SPORT DEL CONI
- STAGIONE SPORTIVA 2006-2007
2. riduce la penalizzazione inflitta per la stagione 2006-2007 a punti 9;
3. conferma l‟ammenda inflitta nell‟importo di Euro 120.000 a favore della FIGC;
4. converte la squalifica del campo, già sospesa in via cautelare, nell‟obbligo di devolvere entro 90 giorni dalla pubblicazione
del presente lodo un importo corrispondente alla quota di incasso per vendita di biglietti relativa alle prime tre partite
casalinghe del campionato 2006-2007 a favore della FIGC, con vincolo di destinazione a finalità di promozione dell‟attività
giovanile e dilettantistica;
5. pone le spese del presente arbitrato, per onorari e spese del Collegio arbitrale e del CONI, da liquidarsi con separata
ordinanza, a carico della Juventus F.C. s.p.a. quanto al 70% ed a carico della FIGC quanto al restante 30%;
6. dispone la integrale compensazione tra le parti delle rispettive spese di difesa;
7. dispone che tutti i diritti amministrativi versati dalle parti siano incamerati dalla Camera di Conciliazione e Arbitrato per lo
Sport.
Così deciso in Roma, in conferenza personale degli arbitri, il giorno 27 ottobre 2006.
F.to Pier Luigi Ronzani
F.to Guido Cecinelli
F.to Marcello Foschini
F.to Luigi Fumagalli
F.to Giulio Napolitano
LODO ARBITRALE DEL 27 OTTOBRE 2006 - A.C. MILAN SPA. CONTRO F.I.G.C.
COMITATO OLIMPICO NAZIONALE ITALIANO
CAMERA DI CONCILIAZIONE E ARBITRATO PER LO SPORT
COLLEGIOARBITRALE
Il Collegio arbitrale composto da
On. Prof. Avv. Pier Luigi Ronzani Presidente del Collegio Arbitrale
Avv. Guido Cecinelli Arbitro
Prof. Marcello Foschini Arbitro
Prof. Avv. Luigi Fumagalli Arbitro
Prof. Avv. Giulio Napolitano Arbitro
nominato ai sensi del Regolamento della Camera di Conciliazione e Arbitrato per lo Sport (“Regolamento”) su congiunta
richiesta delle parti; riunito in conferenza personale in data 27 ottobre 2006, presso la sede dell‟arbitrato, in Roma, ha
deliberato all‟unanimità il seguente
LODO
nel procedimento di arbitrato (prot. n. 1401 del 11.09.2006) promosso da:
A.C. Milan SpA, in persona del suo Presidente, Dott. Silvio Berlusconi, rappresentata e difesa dagli Avv.ti Leandro
Cantamessa e Prof. Andrea Di Porto, ed selettivamente domiciliata presso lo studio del secondo, in Roma, via Guido d‟Arezzo
2; ricorrente - contro
Federazione Italiana Giuoco Calcio, in persona del Procuratore Antonio Di Sebastiano, rappresentata e difesa dagli Avv.ti
Mario Gallavotti e Luigi Medugno, ed elettivamente domiciliata presso lo studio del primo, in Roma, via Po 9 resistente –
e con l‟intervento del F.C. Messina Peloro s.r.l., in persona del legale rappresentante Ing. Vincenzo Franza, assistita, ai fini
della presente procedura, dagli Avv.ti Carmelo Briguglio, Enrico Lubrano e Prof. Filippo Lubrano, presso il cui studio è
elettivamente domiciliata in Roma, Via Flaminia n. 79 (Studio Legale Lubrano & Associati) - terza intervenuta
vista l‟istanza arbitrale della ricorrente e le relative domande, tese all‟annullamento della decisione in data 25 luglio 2006 con
cui la Corte Federale della FIGC ha irrogato alla società A.C.. Milan s.p.a. le sanzioni della penalizzazione di 30 punti da
scontare nella classifica 2005-2006, di 8 punti da scontare nella classifica della stagione sportiva 2006-2007, della squalifica
del campo di gara per una giornata di campionato e dell‟ammenda di Euro 100.000; viste la memoria della resistente e le
relative conclusioni, che si limitano a chiedere la conferma delle sanzioni inflitte dalla Corte Federale della FIGC e quindi
precludono a questo Collegio ogni reformatio in peius; vista l‟istanza di intervento del terzo intervenuto, che richiede la
conferma delle sanzioni, e la memoria successivamente depositata, con la quale si è chiesta una definizione della controversia
«con la massima clemenza»; vista la concorde richiesta formulata dalle parti nell‟udienza dell‟11 ottobre 2006 a «pronunciare
il lodo con procedura d‟urgenza, comunicando alle parti il dispositivo della pronuncia, accompagnato da una motivazione in
forma sintetica sui punti fondamentali della controversia»; ritenuta la ammissibilità del ricorso e la sussistenza della
competenza del Collegio Arbitrale a conoscere delle domande proposte, essendo soddisfatte tutte le condizioni a tal riguardo
previste, poiché • si è infruttuosamente esperito il procedimento di conciliazione disciplinato dagli artt. 3 ss. del Regolamento
della Camera; e • in esito al tentativo di conciliazione le parti hanno concluso patto arbitrale ad hoc, integrativo delle previsioni
dell‟art. 27 dello Statuto della FIGC, con il quale si è fondata la competenza di un collegio arbitrale da costituirsi in base al
Regolamento della Camera per la soluzione della controversia tra di esse insorta in relazione alla decisione della Corte
Federale della FIGC in data 25 luglio 2006; affermato il potere di piena cognizione sulla controversia, in ragione del carattere
devolutivo del giudizio arbitrale, atteso che per effetto dell‟accordo raggiunto in sede di conciliazione in data 29 agosto 2006 le
parti hanno aderito al Regolamento della Camera senza riserva alcuna in ordine ai poteri del Collegio arbitrale; il Regolamento
165
DECISIONI INTEGRALI DELLA CAMERA DI CONCILIAZIONE ED ARBITRATO PER LO SPORT DEL CONI
- STAGIONE SPORTIVA 2006-2007
conferisce all‟organo arbitrale un potere di integrale riesame del merito della controversia, senza subire limitazioni, se non
quelle derivanti dal principio della domanda e dai quesiti ad esso proposti dalle parti, ovvero dalla clausola compromissoria
sulla quale i suoi poteri sono di volta in volta fondati, legate al “tipo” di vizio denunciabile, con la conseguenza che di fronte al
Collegio arbitrale sono deducibili questioni attinenti non solo alla “legittimità”, ma anche al “merito” della decisione
impugnata; il Regolamento espressamente prevede infatti il possibile svolgimento di una istruttoria testimoniale ovvero la
nomina di uno o più consulenti tecnici d‟ufficio, che mal si concilierebbe con una limitazione dei poteri dell‟organo arbitrale
ad un mero esame dei vizi di legittimità dell‟atto impugnato; l‟arbitrato presso la Camera non può essere qualificato quale terzo
grado del procedimento disciplinare della federazione sportiva, perché esso non è riferibile al procedimento interno alla
federazione con il quale la menzionata “volontà disciplinare” si forma. Attraverso la Camera si è creato, infatti, un meccanismo
di risoluzione delle controversie in materia sportiva esterno ai sistemi disciplinari delle federazioni sportive ed alternativo
rispetto alla giurisdizione ordinaria (ai sensi dell‟art. 3.1 del d.l. 18 agosto 2003 n. 220, convertito in l. 17 ottobre 2003 n. 280).
L‟attività della Camera, per quanto riferibile anche all‟ordinamento sportivo in generale, non può essere ricondotta al sistema
della federazione sportiva di volta in volta interessata, né l‟organo arbitrale che conosca dell‟impugnazione di un
provvedimento disciplinare può essere ritenuto organo della federazione; dunque, oggetto di giudizio ai sensi del Regolamento,
in sede di impugnazione di una sanzione disciplinare, è non il provvedimento disciplinare in quanto atto, ma una controversia
relativa alla volontà definitivamente manifestata dalla federazione; tale controversia può riguardare l‟applicazione delle norme
così come l‟apprezzamento dei fatti alla base del provvedimento in cui quella volontà si è espressa; sulla sua estensione e sulle
modalità di sua risoluzione non influisce il numero di passaggi attraverso i quali quella volontà si è formata; • siffatta soluzione
è coerente con quella adottata nell‟ordinamento sportivo internazionale (alla cui luce lo stesso Regolamento deve essere
interpretato). Infatti, nel sistema del Tribunale arbitrale dello sport (T.A.S.), organismo permanente di arbitrato con sede a
Losanna (Svizzera), al quale l‟istituzione stessa della Camera si è ispirata, è principio riconosciuto (art. R57 del Codice di
arbitrato in materia sportiva) che l‟organo arbitrale possa considerare – senza vincoli derivatigli dal procedimento disciplinare
contestato – gli aspetti di fatto e di diritto della controversia e proprio a tal fine è dotato (assai significativamente) degli stessi
mezzi (audizione delle parti, di testimoni e di esperti, esame del fascicolo disciplinare) di cui il Collegio arbitrale operante in
seno alla Camera può avvalersi; acquisiti ed esaminati gli atti e i documenti tutti riversati nel procedimento endofederale;
esaminate le posizioni individuali in via meramente incidentale ai soli fini della valutazione della istanza della società
ricorrente; ritenuto in fatto e in diritto, con esclusione di qualsiasi valutazione in termini genericamente equitativi o di
clemenza per il solo fatto della proposizione di istanza arbitrale:
a) che costituisce violazione degli obblighi di lealtà, correttezza e probità cui sono tenuti i soggetti dell‟ordinamento della
FIGC ai sensi dell‟art. 1 CGS l'attivazione di canali, anche istituzionali, al fine di ottenere "attenzione", se non esplicitamente
"favore" da parte della terna arbitrale, in quanto condotta potenzialmente idonea ad attentare, tanto più in contesti
comportamentali e dichiarativi oggettivamente ambigui, all'imparzialità della funzione arbitrale; tale violazione è aggravata se
il canale attivato conduce all‟instaurazione di un contatto diretto con i soggetti che partecipano alla designazione della terna
arbitrale e/o con i componenti della terna arbitrale nell‟imminenza della gara, pur senza tradursi nel compimento di atti diretti
ad alterare lo svolgimento o