saigon express
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SAIGON EXPRESS Vietnam, Statale 1: la lunga striscia di asfalto che collega il nord al sud del paese. La prima sosta del Saigon Express è intorno alle otto per la colazione. Il viaggio è iniziato tre ore prima a Hue’, l’antica capitale imperiale vietnamita al centro del paese. Dopo aver controllato i biglietti alla luce di una pila ci fanno salire. L’autobus è pieno in ogni ordine di posti. E’ un assortimento di colori. Si sta stretti, la distanza tra i sedili non permette di stendere le gambe. E’ ancora buio, intorno a noi volti assonnati. Siamo, Franco e io, gli unici stranieri. Strombazzando il Saigon Express si avvia, deve arrivare a Saigon, 946 Km più a sud nella pianura della Cocincina. Nel tratto iniziale la strada costeggia il Mar Cinese Meridionale, una striscia di sabbia orlata di palme che separa il verde marino dal verde dei campi circostanti. Poche case circondate da orti, risaie e frutteti. Poi il bus si inoltra all’interno attraversando villaggi e mercati sempre animati. Ai lati della strada si estendono le risaie, e in lontananza a Ovest si vede la catena dei monti Annam. Parallela alla strada corre la ferrovia. Ogni tanto uno scroscio di pioggia rinfresca l’aria di una giornata calda e afosa: non piove solo fuori, ma anche all’interno. Oltre all’autista, un uomo alto e sorridente con i baffi, un aiutante che pulisce il parabrezza, sistema coroncine di fiori sullo specchietto e accende bastoncini d’incenso. All’ora di pranzo ci fermiamo in uno spiazzo all’estremità di un villaggio, dove c’è un ristorante con lunghi tavoli e panche di legno. Da un pozzo si prende l’acqua con l’elmo di un soldato americano, macabra testimonianza della guerra finita da un ventennio. Un’ora dopo il S.E. riprende la sua sfida, l’autista è sempre lo stesso, non sembra avvertire la stanchezza. Ci chiediamo quando gli sarà dato il cambio; nel frattempo il secondo continua a pulire il vetro e prestare assistenza al guidatore, ora dandogli una sigaretta, ora un asciugamano. Dai finestrini entra un vento caldo e umido, all’interno il movimento monotono e continuo dei ventagli accompagna la musica della radio. Nel tardo pomeriggio il bus dà qualche segno di cedimento e dopo un breve tratto in salita si ferma ansimando. Scendiamo per sgranchirci le gambe e camminare lungo la statale, mentre l’instancabile autista e il suo solerte aiutante mettono acqua nel radiatore. Ripartiamo, ma un’ora dopo a una salita più ripida il S.E. non ce la fa. Scendiamo e con gli altri passeggeri iniziamo a spingere il bus con il motore al minimo fino alla sommità della collina. Dall’interno le donne e i bambini sorridono, sanno che il buon vecchio S.E. non li abbandonerà: è solo stanco per via degli anni e dei chilometri percorsi lungo i paralleli della penisola indocinese. Nuvole cariche di pioggia ci avvisano che è l’ora di riprendere il viaggio. Ancora un acquazzone tropicale rinfresca l’aria. Diradate le nuvole il disco arancione del sole inizia lentamente la discesa dietro la catena dell’ Annam fino a quando scompare alla vista senza far rumore, e mentre le prime ombre si allungano e si riflettono nell’ acqua delle risaie, un filo di fumo si alza da una capanna isolata nei campi. Il S.E. accende i fari e illumina la notte vietnamita, in alto lo spicchio di luna colora d’argento i campi di riso e la musica tiene sveglio l’autista, padrone incontrastato della Statale 1. E’ notte fonda, sono da poco passate le due e l’autobus si ferma ancora. Stavolta non è il S.E. che ha bisogno della sosta, è l’autista ormai allo stremo. Finalmente è arrivata l’ora del cambio, dopo oltre venti ore di guida. E invece… alla luce dei fari alcuni uomini lo legano a un paranco e lo calano una, due, tre, quattro volte in una cisterna piena d’acqua: non può addormentarsi proprio adesso! Chi lo porta il S.E. a destinazione? Dopo il bagno l’autista si siede su uno sgabello, con una scodella prende acqua da un secchio e se la versa sulla testa ripetutamente. La scena è tutta per lui, unico protagonista insieme al S.E.: l’uno esiste in funzione dell’altro. Alla fine si alza, si scuote l’acqua di dosso e si dirige verso una capanna. Ne esce da li a poco con indosso vestiti asciutti e, con sapienti colpi di pettine, si aggiusta i capelli, si dà una sistemata ai baffi ed eccolo pronto a ripartire. L’autista e il S.E. riprendono la loro corsa nella notte: è come se rincorressero il tempo e lo spazio, ma le ore come i chilometri sembrano interminabili. Poi la notte cede il passo al nuovo giorno, da Est una luce chiara e luminosa sveglia e anima di suoni il colorato mondo del S.E. Sono le 11 di giovedì tre agosto quando il S.E. spegne i motori alla stazione dei bus al 131 di Nguyèn Hue Street e la folla dei passeggeri si disperde nella città di HôChi Minh. Ci avviciniamo all’autista e lo invitiamo a bere un caffellatte con noi. Ci dice che il suo lavoro è così: una volta alla settimana su e giù tra l’11° e il 16° di latitudine nord, trenta ore alla guida del S.E. .Dormirà un’intera giornata per essere in forma nel viaggio di ritorno. Gli stringiamo la mano e lo salutiamo: ci sorride. Ancora uno sguardo al mitico S.E. prima di farci catturare dalla calda e caotica Saigon.