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SHAKESPEARE’S WOMEN
a new play
di Monia Giovannangeli
basato sulle opere di William Shakespeare
Copyright 2014 Monia Giovannangeli
All rights reserved
PERSONAGGI PRINCIPALI:
(IN ORDINE DI APPARIZIONE)
WILLIAM SHAKESPEARE
(L’attore interpreterà anche AMLETO/Doctor SHAKESPEARE
nella Scena 3; OBERON nella Scena 4; MACBETH nella Scene 5)
KATHERINE OF ARAGON (da Enrico VIII)
(L’attrice interpreterà anche DONNA 3 in Scena 1; LADY 2
in Scena 3; FATA 2 in Scena 4; STREGA 1 in Scena 5; DONNA 3
in Scena 6; DONNA 1 in Scena 7.)
OPHELIA (da Amleto, Principe di Danimarca)
(L’attrice interpreterà anche DONNA 5 in Scena 1; RE in
Scena 2; FATA 3 in Scena 4; STREGA 3 in Scena 5; DONNA 1 in
Scena 6; DONNA 3 in Scena 7.)
TITANIA (da Sogno di una notte di mezz’estate)
(L’attrice interpreterà anche WOMAN 1 in Scene 1;
SACERDOTE 3 in Scena 2; STREGA 2 in Scene 4; DONNA 4 in Scena
6; DONNA 2 in Scena 7.)
LADY MACBETH (da Macbeth)
(L’attrice interpreterà anche in Scena 1; SACERDOTE 1)
in Scena 2; SIGNORA 1 in Scena 3; FATA 1 in Scena 4; DONNA 2
in Scena 6; DONNA 5 in Scena 7.)
JOAN D’ARC (da Enrico VI parte 1)
(L’attrice interpreterà anche DONNA 2 in Scena 1;
SACERDOTE 2 in Scena 2; SIGNORA 3 in Scene 3; BOTTOM in Scene
4; MESSENGER in Scene 5; WOMAN 4 in Scene 7.)
SCENA 1
News reports
Donna1:
Caterina d'Aragona imprigionata nella torre.
Donna2:
Trovata annegata nel fiume Ofelia, fidanzata del principe di
Danimarca Amleto.
Donna3:
Regina delle fate innamorata di un volgare asino.
Donna4:
Vittima di un forte esaurimento nervoso, continua a vagare nel suo
castello Lady Macbeth.
Donna 5:
L’eretica Giovanna d'Arco mandata al rogo.
Storie complete (annunciate in questo ordine)
Donna 1:
Giovanna d'Arco al rogo. Dopo numerosi e difficili processi,
l’eretica Giovanna D'Arco, conosciuta come la “pulzella di
Orleans”, è stata in via definitiva giudicata colpevole di
tradimento e stregoneria. Questa mattina è stata pubblicamente
bruciata al rogo. Nonostante la forte evidenza delle sue credenze e
visioni divine dopo il precedente successo nelle battaglie contro
gli eserciti inglesi, le autorità francesi si sono rivoltate contro
di lei. Nessun componente della sua famiglia era presente né al
processo né al momento della sua morte, essendosi "lavati le mani"
di lei già da tempo.
Donna 2:
La regina Caterina d'Aragona mandata alla torre. Caterina
d'Aragona, regina d'Inghilterra, principessa di Spagna, è stata
accusata di tradimento nei confronti del Re Enrico VIII. Non è in
grado di produrre un erede maschio al trono. Messa in dubbio la
legittimità dei loro 20 anni di matrimonio. La regina si rifiuta di
cooperare con il sistema giuridico inglese, invocando differenze
religiose. È stata quindi condannata all'ergastolo nella Torre.
Donna 3:
Ofelia fidanzata del principe Amleto, trovata annegata in acque
poco profonde. Ofelia, unica figlia dell'ex Lord Chamberlain
Polonio, è stata trovata morta questo pomeriggio. Secondo alcune
ricostruzioni, salita sui rami di un albero cresciuto nel letto di
un torrente, sarebbe scivolata nelle acque fangose sottostanti.
Forti le ipotesi di suicidio dovuto ad instabilità mentale in
seguito all’annullamento del fidanzamento col principe di
Danimarca, Amleto, e la recente morte del padre.
Donna 4:
Lady Macbeth impazzisce nel castello.
Lady Macbeth, moglie del re di recente incoronato in Scozia, è
stata scoperta la scorsa notte in preda a frenesia nervosa, mentre
ripeteva: 'Via maledetta macchia!' sfregandosi furiosamente le
mani. Il fatto segue un'ondata di omicidi misteriosi nella regione.
Si teme che Lady Macbeth potrebbe essere colpita da crollo mentale
e causare danni a sé o ad altri. I medici di corte chiamati al
palazzo.
Donna 5:
Regina delle fate innamorata di un asino!
Titania, regina delle fate, è stata trovata oggi insieme ad un
asino di cui sembra essere totalmente innamorata. Vaneggia sulla
bellezza e la grazia dei lineamenti della bestia. Re Oberon ha
rilasciato una dichiarazione.
(Fino ad ora, tutte le attrici devono essere allineate
nella parte anteriore del palco. Appena DONNA 1 dice la
sua battuta, tutte si girano verso di lei e poi ogni
attrice a sua volta gira il volto verso il pubblico
appena dicono la loro battuta)
Donna 1:
(tenendo il‘microfono’)
Fantasma di Shakespeare avvistato a piedi lungo il Tamigi.
Donna 4:
Il turista cinese Ping Ho, ancora sotto shock dopo aver fotografato
quello che sembra essere il fantasma di Shakespeare.
Donna 2:
Indiscrezioni su William Shakespeare: sembra sia stato restituito
al Globe Theatre da una astronave aliena.
Donna 5:
Medium sostiene di aver portato Shakespeare indietro dal regno dei
morti.
Donna 3:
Fantasma di Shakespeare visto sorseggiare un cappuccino sulle rive
del Tamigi.
(Le donne aprono la linea tra Donna 1 e donna 4 e
scoprono Shakespeare seduto su una sedia in fondo al
palco. La sedia è rivolta in avanti, lui è seduto
leggermente di lato in modo da vedere il pubblico. Si
alza e cammina lentamente in avanti. Le donne escono
durante il sonetto, 4 donne entrano nuovamente, camminano
intorno e formano un semicerchio attorno a Shakespeare)
SHAKESPEARE:
(Sonetto 18, Shall I compare..)
«Posso paragonarti a un giorno d'Estate?
Tu sei più amabile e più mite. Venti forti
scuotono i teneri germogli di Maggio. E il
corso dell'estate ha fin troppo presto una
fine. Talvolta troppo caldo splende l'occhio
del cielo, E spesso la sua pelle dorata
s'oscura; Ed ogni cosa bella la bellezza
talora declina, spogliata per caso o per il
mutevole corso della natura. Ma la tua eterna
estate non dovrà svanire, Né perder la
bellezza che possiedi, Né dovrà la morte farsi
vanto che tu vaghi nella sua ombra, Quando in
eterni versi al tempo tu crescerai:
Finché uomini respireranno o occhi potran
vedere,
Queste parole vivranno, e ti daranno vita.»
(La donna 5 esce)
L'ho visto nei suoi occhi, in quel momento luminoso ho deciso.
Dovevo darle un posto, dovevo poter raccontare di lei.
Come non accorgersene. Quanta umanità, quanta consapevolezza e
quanta responsabilità c'era in quegli occhi!
E’ stato come un raggio che mi ha indicato la via, era una
necessità per me raccontare la parte di mondo in cui lei era lì
presente.
Che posto ha? Chi decide per lei? Chi le assegna una vita? Quali
sono i suoi diritti?
Perché ci sono solo i suoi doveri, si deve dunque decidere per lei,
non è forse la sua grazia e beltà pari al suo intelletto?
Cosa sente, cosa vuole? Abbiamo forse paura di quello che questa
straordinaria creatura potrebbe ottenere? Lei è già custode della
vita stessa e allora.....Ti amo e ti venero madre, figlia, sorella,
amica.
Ma tu donna e il tuo immenso potere, contieni il seme del bene.
Come puoi dare spazio al seme del male? Da te e solo da te, mio
angelo, l'umanità avrà un futuro ed io...Io voglio amarti e
proteggerti e con te portare l'umanità alla realtà. Alla luminosa
realtà di cui io e te facciamo parte, in egual misura, in egual
merito. Io e te parte di una sola immensità senza distinzione,
senza barriere, senza corde che possano legare le tue graziose
membra.
Di te donna racconterò e si accorgeranno dell'ugual amore,
passione, coraggio e tal volte crudeltà sia nel tuo essere.
SCENA 2
(entra Caterina attraverso i sacerdoti immobili)
CATERINA:
Sire, vi chiedo di farmi giustizia,
e d’accordarmi la vostra pietà:
sono una povera donna infelice,
straniera, nata fuor del vostro regno,
e qui non ho alcun giudice imparziale,
né posso avere alcuna sicurezza
d’un giudizio clemente ed imparziale.
Ohimè, Sire, in che cosa v’ho io offeso?
In che cosa ha potuto il mio agire
darvi alcuna cagion di dispiacere
da indurvi ad inscenare un tal processo
per ripudiarmi come vostra moglie
e togliermi la vostra grazia?
Dio sa s’io fui per voi, ogni momento,
una sposa umilissima e fedele,
sempre ligia alla vostra volontà,
sempre attenta a non procurarvi cruccio,
a conformar me stessa al vostro umore
sereno o triste, come lo vedessi.
Ci fu mai una sola circostanza
che m’abbia vista farmi tanto ardita
da contrastare un vostro desiderio?
E ch’io non l’abbia invece secondato?
Ci fu mai un sol uomo, vostro amico,
ch’io non cercassi di trattar da amico,
se pur lo conoscessi a me nemico?
Mio signore,
come potete voi dimenticare
che in questa mia costante remissione
vi sono stata sposa per vent’anni
e, nella grazia di Nostro Signore,
genitrice di molti vostri figli?
Se potete affermare e dimostrare
che nel volger di tutto questo tempo
io sia venuta meno d’un nonnulla
all’onore, alla mia fede di sposa,
o al dovere d’amore e di rispetto
per la vostra persona consacrata,
allora, in nome di Dio, licenziatemi!
E che il disprezzo più vituperoso
chiuda dietro di me la vostra porta,
e consegnatemi al duro rigore
della più rigida vostra giustizia.
Se no, come Dio vuole,
si faccia pur la vostra volontà!
(I sacerdoti cominciano a costruire una rete attorno a
Caterina, intrappolandola)
SACERDOTE 1:
Signora, avete qui, e a vostra scelta,
questi reverendissimi fratelli,
tutta gente d’altissima dottrina
e d’una eccezionale integrità;
sì, le menti più elette del paese,
pronte a patrocinar la vostra causa.
CATERINA:
Lord Cardinale, è a voi ch’io mi rivolgo.
SACERDOTE 2:
Cercate di restar calma e paziente.
CATERINA:
Lo sarò quando voi sarete umile…
anzi no, prima, o Dio mi punirà!
Io so, per molti e brucianti motivi,
che mi siete nemico; come giudice,
perciò io formalmente vi ricuso.
Giacché io so che siete stato voi
a soffiare sul fuoco del dissenso
tra il mio signore e me.
(Sacerdote 1 and 2 tirano la corda)
SACERDOTE 3:
Madama, son costretto a confessare
che questo vostro insolito linguaggio
non mi fa più riconoscere in voi
quella donna che mai s’è allontanata
in vita sua da quella umanità
professata con gentilezza d’animo
Mi fate torto a parlare così.
Io non nutro per voi nessun rancore,
né credo d’essere ingiusto con voi,
come con gli altri.
Il re è qui presente:
se gli risulti che le mie parole
contraddicano il mio modo d’agire,
gli è facile confondermi e smentirmi.
(Tutti tirano la corda)
CATERINA:
Ah, signore, signore!...
Io non sono, purtroppo che una donna,
una semplice donna, troppo debole
per lottare con la scaltrezza vostra,
ed io persisto, quindi, a ricusarvi,
per mio giudice.
(S’inchina davanti al re e s’avvia per uscire)
CATERINA:
Perché non parla, perché il re non mi risponde
e lascia che queste ignobili persone mi giudichino.
SHAKESPEARE:
Lui sa qual’è la verità ma non ha il coraggio
di affrontarla.
(parlando a Shakespeare)
CATERINA:
Mi descrive come una grande regina e poi mi
rinchiude in una torre come il più vile dei ladri.
che cosa ho fatto per meritarmi questo? Non glielo hai detto
che neanche Anna Bolena lo renderà felice, che si stancherà presto
anche di lei.
Lo scoprirà da solo.
SHAKESPEARE:
CATERINA:
Troppo tardi, sempre troppo tardi.
SHAKESPEARE:
Caterina, Caterina devi finire la scena.
SACERDOTI:
Caterina, regina d’Inghilterra,
torna avanti alla Corte di giustizia!
CATERINA:
Che Dio m’aiuti! M’hanno esasperata
oltre ogni limite della pazienza.
Io qui non rimango;
né mi vedranno più ricomparire
in alcuno dei loro tribunali
per un giudizio di questa natura.
CATERINA:
E’ forse un peccato cercare di preservare la propria dignità?
Lottare per i propri diritti? Credere che una donna non sia un
essere minore da usare e gettare via? Anni, anni della mia vita
che ho sempre pensato di condividere con lui fino alla mia morte e
poi…tutto distrutto, come neve sciolta al sole. Non è mai esistita,
parte della mia esistenza sradicata. Tutto, anche il dolore.
L’amore che abbiamo condiviso non è mai stato reale per lui. Ma
nonostante l’ingiustizia, questo non mi cambierà. Il mio amore sarà
più grande di tutto questo e se lui non avrà più amore per me io ne
avrò abbastanza da perdonare le sue debolezze.(esce)
ENRICO VIII:
Va’, Caterina, segui la tua via! ...
Se c’è al mondo chi possa dichiarare
di possedere una sposa migliore,
non gli credete, perché v’ha mentito.
Tu sola: se le tue preziose doti,
l’amorevole tua soavità,
la tua angelica rassegnazione,
la tua arte di governar da moglie,
di comandare sol con l’obbedire,
i tuoi tratti d’autentica sovrana,
e pur trasfusi di tanta pietà,
se tutte queste doti si mostrassero,
tu sola, dico, chiamerebbe il mondo
la regina di tutte le regine.
Ella, signori, nobile di nascita,
sempre con me ha saputo comportarsi
secondo la sua vera nobiltà.
SHAKESPEARE:
Soggiogata, tradita, usata. Come puoi Tu, uomo…Tu...Dio ti ha dato
un fiore, la fragranza e il colore della vita. Lo hai calpestato,
lo hai ignorato lo hai annientato. Oppure lo hai posto in una teca
di vetro, eliminando l’aria intorno, rendendolo privo della sua
essenza. Lei è parte di te, insieme a te, con te. Lascia che sia.
Mia signora esisti, prendi il tuo respiro, inebria l’aria intorno
del tuo respiro, lascia che i tuoi petali mi sfiorino la pelle,
lascia che il tuo amore mi sostenga.
SCENA 3
(entrando lentamente)
OFELIA:
Mi ha preso per un polso, e me lo ha stretto forte. Poi si allontana
di un braccio, e con l'altra mano così sulla fronte, cade in una tale
esame del mio volto come se volesse ritrarlo. È stato a lungo così;
alla fine, scuotendomi lievemente il braccio, e tre volte su e giù
muovendo la testa, così… ha tirato un sospiro pietoso e profondo che
davvero sembrò schiantarlo tutto e farlo cessare di vivere; fatto
questo, mi lasciò andare, e con la testa voltata sulla spalla parve
trovare la via senza gli occhi, perché varcò la porta senza il loro
aiuto, e fino alla fine fissò la loro luce su me.
AMLETO (impersonato da Doctor Shakespeare):
Ha, ha, sei onesta?
Mio signore?
Sei bella?
Cosa vuol dire vossignoria?
OFELIA:
AMLETO:
OFELIA:
AMLETO:
Che se sei onesta e bella, la tua onestà non dovrebbe accettar
discorso con la tua bellezza.
OFELIA:
La bellezza, mio signore, potrebbe mai avere miglior commercio che
con l'onestà?
AMLETO:
Sì, veramente, perché il potere della bellezza trasformerà più
presto l’onestà in ruffiana, di quanto la forza dell'onestà possa
tradurre la bellezza a sua somiglianza. Questo una volta era un
paradosso, ma ora i tempi lo dimostrano. Ti ho amata una volta.
OFELIA:
Invero, mio signore, me lo avete fatto credere.
AMLETO:
Non avresti dovuto darmi credito. Non ti ho amata.
Tanto più fui raggirata.
OFELIA:
AMLETO:
Vattene in un convento. Perché vorresti mettere al mondo dei
peccatori? Io stesso sono più o meno onesto, eppure potrei accusarmi
di tali cose, che sarebbe stato meglio che mia madre non m’avesse
concepito... Prendi la tua via per il convento. Dov’è tuo padre?
A casa, mio signore.
OFELIA:
AMLETO:
Che le porte siano ben chiuse a chiave, che faccia il buffone solo
a domicilio. Addio.
Oh aiutalo, dolce cielo!
OFELIA:
AMLETO:
O se vuoi proprio sposarti, sposa un imbecille; perché gli uomini
saggi sanno benissimo che mostri ne fate. In un convento, vai, e
presto anche. Addio.
OFELIA:
O potenze del cielo, aiutatelo!
AMLETO:
Via! In convento, va' e presto.
OFELIA:
Se fossi stata tua figlia, avresti permesso che mi trattassero
così? Hai lasciato andare questo gioco così a lungo, hai fatto sì
che mio padre, Polonio, mi usasse come un esca, una vittima
sacrificale. Senza nessun riguardo verso i miei sentimenti o quelli
di Amleto. Non sei meglio della regina, sua madre.
SHAKESPEARE:
Io non avrei voluto, ma dovevo far capire dove l’inquietudine, la
pazzia porta.
OFELIA:
Certo ascolta. O che nobile mente è qui capovolta! La speranza e la
rosa di un bello stato, lo specchio del costume, e il modello della
forma, l’ammirato di tutti gli ammiratori, proprio, proprio a
terra. E dove porta? Dimmelo! Dovunque sia, non mi è data la
possibilità di parlare di me stessa, di quello che veramente sento.
SHAKESPEARE:
Ma il pubblico soffre con te, e comprende la tua sofferenza.
OFELIA:
Ed io la più infelice e sventurata delle donne, che suggevo il
miele delle sue melodiose promesse, ora vedo quella nobile e
suprema ragione, come dolci campane che stridono, fuori tono e
disarmoniche, quella ineguagliabile forma e figura di giovane
fiorente devastata dalla pazzia. O me misera, aver visto ciò che ho
visto, vedere ciò che vedo. O misera me, o misera me?
O misera me? Ma che diamine vuol dire "O misera me". Ma sai una
cosa? Sono stanca d’impazzire, stanca di annegare quando invece
vorrei gridare al mondo l’ingiustizia che ho dovuto subire.
(preparano Ofelia per la sua morte)
DONNE DEL LAGO:
C’è un salice che cresce storto sul ruscello e specchia le sue
foglie canute nella vitrea corrente; laggiù lei intrecciava
ghirlande fantastiche di ranuncoli, di ortiche, di margherite, e
lunghi fiori color porpora cui i pastori sboccati danno un nome più
indecente, ma che le nostre illibate fanciulle chiamano dita di
morto. Lì, sui rami pendenti, mentre s’arrampicava per appendere le
sue coroncine, un ramoscello maligno si spezzò, e giù caddero i
suoi verdi trofei e lei stessa nel piangente ruscello. Le sue vesti
si gonfiarono, e come una sirena per un poco la sorressero, mentre
cantava brani di canzoni antiche, come una ignara del suo stesso
rischio, o come una creatura nata e formata per quell'elemento. Ma
non poté durare a lungo: finché le sue vesti, pesanti dal loro
imbeversi, trassero la povera infelice dalle sue melodie alla morte
fangosa.
SHAKESPEARE:
Ofelia, Ofelia!! Gentile luce della mia esistenza, perdona le mie
orribili azioni.
OFELIA:
Perdona me, anima mia. Le mie vele non erano abbastanza forti per
resistere alla tempesta; le mie ali non erano abbastanza robuste
per sostenerti in volo. Le mie braccia non erano abbastanza grandi
da avvolgerti nel mio amore ristoratore. La mia luce non era
abbastanza radiosa per mostrarti la realtà, quella che poteva
essere per noi. Perdonami amore.
SHAKESPEARE:
E’ difficile vedere la realtà ed anche quando ci riusciamo, serve
coraggio e forza per affrontarla. A volte è più semplice creare il
proprio mondo immaginario. E’ così che l’illusione diviene più
reale e tangibile della realtà stessa e noi rimaniamo intrappolati
in una strana nuvola di inconsapevolezza.
SCENA 4
OBERON (impersonato da Shakespeare):
Male incontrata, orgogliosa Titania, al chiaror della luna! Perché
deve Titania contrastare un desiderio del suo Oberon?
TITANIA:
Anche tu qui? Andiamo, fate, andiamocene via! Di lui ho rinnegato
letto e mensa! Oberon stai mettendo alla prova la mia pazienza.
OBERON:
Fermati, presuntuosa libertina! Non sono il tuo signore? Quanto
intendi restare in questo bosco? Io non ti chiedo in fondo che un
bimbetto, un bimbetto rubato nella culla, da farne un mio paggetto…
TITANIA:
Mettiti il cuore in pace: non basta tutto il regno delle fate per
comprare da me quel fanciulletto. Queste son pure fantasticherie
dettate a te dalla tua gelosia. Non c’è stata una volta, da quando
è cominciata questa estate, che, ovunque c’incontrassimo noi due:
su un colle, a fondovalle, o dentro un bosco, o tra i giunchi alla
riva d’un ruscello: tu non abbia turbato i nostri giochi con le tue
solite baruffe. Questo non accadrà più.
OBERON:
A te porre rimedio a tutto questo, allora: è in te la cagione di
tutto! Perché deve Titania contrastare un desiderio del suo Oberon?
TITANIA:
Fate, venite, andiamo, andiamo via! Se resto qui, si litiga di
brutto!
OBERON:
Va’, va’, vattene pur per la tua strada… Non uscirai però da questo
bosco se prima io non abbia escogitato come farti pagare questo torto.
(esce)
TITANIA:
No, non lo voglio più vedere, non voglio saperne più niente di lui.
A voi fate proibisco di andargli vicino. Mai più ci incontreremo
tra colli, fiumi o campi. Via dalla mia foresta, via dalla mia
vista. Voi non potrete mai più nominare "Oberon", è chiaro? Oppure
vi farò sparire.
Mia Regina dovete riposare.
FATA 1:
FATA 2:
Ti prego cara, Titania, lascia che le tue preoccupazioni spariscano
FATA 3:
Lascia che i tuoi occhi si chiudano.
FATA 1:
Rallegrati della dolcezza dei tuoi sogni.
FATE:
Lascia tutte le tue sofferenze svanire.
(escono tutti)
OBERON:
Ora son tutti andati. Titania nel dolce mondo dei sogni si è
adagiata. Per il primo che vedrai, aprendo gli occhi, insano amor
ti tocchi. Sia pur mostro tutto orrore, languirai per lui d’amore.
Sia pur orso, o pardo, o cervo, o cinghial dal pelo acerbo che al
tuo occhio primo appare, quello tu dovrai amare. Perciò sol ti
sveglierai quando quello accanto avrai.
BOTTOM:
Il merlo, becco giallo e piuma nera”, “il tordo, la leggiadra
capinera”, “il vispo cardellino dal gaio pennacchino” ...
TITANIA:
(Svegliandosi) Qual angelo mi desta “dal mio giaciglio in fiore”
con note sì canore?
BOTTOM:
(Sempre cantando) “L’allodola, il fringuello, “l’allegro
colombello, “il monotono cucco “al cui cantar più d’un marito becco
“rispondere non osa… e già, perché chi mai vorrebbe spremersi il
cervello per rispondere ad un siffatto uccello? Chi vorrebbe un
uccello sbugiardare “cucù”, “cucù”, mettendosi a gridare?
TITANIA:
O gentile mortale, canta ancora, per le tue note s’è d’amor rapito
l’orecchio mio, così come incantato s’è il mio occhio a codesto tuo
sembiante; ed il potere delle tue virtù è tale su di me, dal primo
sguardo, ch’io debbo dir, giurar, che per te ardo.
BOTTOM:
Secondo me, signora, a confortar tale vostro sentire molta ragione
non dovreste avere con voi; se pur va detto che oggidì ragione e
amore van di rado insieme; ed è proprio un peccato che un qualche
onesto loro vicinante non s’adoperi a renderli alleati...
TITANIA:
Sei assennato per quanto sei bello.
BOTTOM:
Ah, no, davvero né l’uno né l’altro; perché se avessi abbastanza
giudizio da saper come uscir da questo bosco, ne avrei già quanto
basta per svignarmela.
TITANIA:
Non pensare d’uscir da questo bosco. Tu, che lo voglia o no, qui
con me devi restare. Io non son uno spirito da poco: nel mio regno
è sempre estate, io t’amo. Perciò vieni con me; metterò le mie fate
al tuo servizio; esse andranno a cercar per te gioielli in fondo al
mare, e canteran per te mentre tu giacerai addormentato sopra un
letto di fiori; e, sgravato del tuo peso mortale, ti farò andar
vagando tutt’intorno, come spirito, fatto solo d’aria….
Fiordipisello! Ragnatela! Bruscolo! Dove siete tutti? Mostratevi
carine e premurose con questo cavaliere; sui suoi passi intrecciate
carole e volteggiate; per lui cogliete more ed albicocche e
mirtilli, uva rossa e verdi fichi; rubate il miele nei lor favi
all’api, staccate dalle lor cosce la cera per fabbricarne lumini da
notte. Suvvia, scortatelo al mio padiglione. La luna guarda con
occhio di pianto, a quanto pare; e se la luna piange, piange con
lei ogni piccolo fiore, come per qualche castità violata. Cucitegli
la lingua, all’amor mio, e conducetelo via in silenzio.
(escono)
SHAKESPEARE:
E’ questa l'illusione dell'amore che a volte è consumata dalla
passione?
Cosa intendi dire mio signore?
TITANIA:
SHAKESPEARE:
Pensavo fossi innamorata di un asino.
TITANIA:
Ma non hai visto chi era qui accanto a me. L'uomo il più splendido
che esista. La gentilezza, la grazia e la fragranza culmina la sua
espressione nel mio bel ciucone.
SHAKESPEARE:
Tale è a volte l'illusione da velare gli occhi con tale profusione.
Ed anche guardando di fronte a sé non vede che una debole
proiezione.
TITANIA:
Se questa felicità è un inganno lascia pure che il gioco continui e
l'illusione mi streghi poiché non c'è pari a questo momento di
soddisfazione e magia.
(sonetto)
SHAKESPEARE:
Così è, molti preferiscono chiudere gli occhi alla realtà. E a
volte signori uomini quanto è facile ingannare una donna. Alla
nostra signora dolci parole e tenerezza sono sufficienti per non
vedere nascosta la bestia. Svegliati mia dama osserva chi hai di
fronte, non velare i tuoi occhi di troppa compassione.
SCENA 5
(entra Lady M. dall'oscurità)
LADY MACBETH:
Io l`ho fatto, so esattamente chi ho di fronte. So cosa voglio dalla
vita, so come ottenerlo. Il sacrificio, l'illusione, l'amore...donne
deboli, donne inutili, donne soggette agli uomini. Ma io so usare
tutto questo. Come usare la loro sete di potere per i miei propositi,
per i miei interessi. Una donna perché mai una donna non può
comandare, perché una donna non può uccidere per il potere. Tu l'hai
detto abbiamo lo stesso posto sulla terra, condividiamo la stessa
esistenza e allora io posso ottenere tutto e la stessa posizione di un
uomo. Il potere di un uomo e così sarà. Venite amiche, venite a me.
(arrivano da diverse direzioni tutte intorno a Lady M.).
STREGA 1:
A noi, a noi, ci incontriamo nella tempesta.
Nella terra che trema.
STREGA 2:
STREGA 3
Nelle alte onde del mare mosso.
Niente ci tocca.
Nulla ci affligge.
STREGA 1:
STREGA 2:
STREGA 3:
Più non esiste l'essere triste.
Mai più sacrifici.
STREGHE:
STREGHE:
Non apparteniamo a nessun uomo.
STREGA 1:
Potere e avidità saranno i tuoi guardiani.
STREGA 2:
Gli uomini mangeranno dalle tue mani.
Gioisci del tuo splendore.
Ammirata.
Desiderata.
STREGA 3:
STREGA 1:
STREGA 2:
Rispettata.
STREGA 3:
STREGHE:
Tutto e più avrai, siamo noi le tue sorelle. Spezza le tue catene e
lascia scorrere il sangue nelle tue vene.
(spariscono)
LADY MACBETH:
Queste strane sorelle mi hanno visitato
presagendo il tempo che sarà.
Glamis sei ora, e Cawdor: sarai presto,
tutto quello che t'è stato promesso.
Ma non mi fido della tua natura:
troppo latte d'umana tenerezza
ci scorre, perché tu sappia seguire
la via più breve. Ch'io possa riversarti nelle orecchie
i demoni che ho dentro,
e con l'intrepidezza della lingua
cacciar via a frustate
ogni intralcio tra te e quel cerchio d'oro
onde il destino e un sovrumano aiuto
ti voglion, come sembra, incoronato.
Ebbene, che notizie?
MESSO:
Il re stasera sarà qui, signora.
LADY MACBETH:
Che dici, sei impazzito?
Non sta forse con lui il tuo padrone?
M'avrebbe certamente già avvertita,
per preparare.
MESSO:
È così, se vi piaccia.
Il nostro Thane sta venendo qui.
Un mio compagno, spedito d'urgenza
innanzi a lui, è qui arrivato per ora,
quasi sfinito per la grande corsa,
e con appena il fiato sufficiente
a dar l'annuncio.
LADY MACBETH:
Dategli ristoro.
Ci ha recato una splendida notizia.
Anche il corvo, con la sua voce rauca,
gracchia il fatale ingresso di Duncano
sotto i miei spalti... O spiriti
che v'associate ai pensieri di morte,
venite, snaturate in me il mio sesso,
e colmatemi fino a traboccare,
dalla più disumana crudeltà.
Fatemi denso il sangue;
sbarratemi ogni accesso alla pietà,
e che nessuna visita
di contriti e pietosi sentimenti
venga a scrollare il mio pietoso intento
e a frapporre un sol attimo di tregua
tra esso e l'atto che dovrà eseguirlo.
Accostatevi ai miei seni di donna,
datemi fiele al posto del mio latte,
voi che siete ministri d'assassinio,
e che, invisibili nella sostanza,
siete al servizio delle malefatte
degli uomini, dovunque consumate.
Vieni, o notte profonda, e fatti un manto
del più tetro vapore dell'inferno,
così che l'affilato mio coltello
non veda la ferita che produce,
e non si sporga il cielo
dalla coltre della notturna tenebra
a gridare al mio braccio:"Ferma! Ferma!".
Entra MACBETH
O grande Glamis! O nobile Cawdor!
E ancor più grande di questi due titoli,
secondo quel profetico saluto!
Il tuo scritto m'ha tratto oltre i confini
dell'ignaro presente,
ed io già sento il futuro dell'attimo.
MACBETH (impersonato da Shakespeare):
Amore mio carissimo,
Duncano sarà qui da noi stasera.
Per ripartire quando?
LADY MACBETH:
MACBETH:
Domani...almeno questa è l'intenzione.
LADY MACBETH:
Oh, quel domani non vedrà mai il sole!
La tua faccia, mio Thane, è un libro aperto,
dove ognuno può legger strane cose.
Per ingannare l'ora,
è necessario assumerne l'aspetto:
il benvenuto portalo negli occhi,
portalo nella mano, sulla lingua;
datti l'aria d'un innocente fiore,
ma sii la serpe che si cela sotto.
Colui che sta per giungere
va ricevuto come si conviene;
stasera affiderai alle mie mani
la grande impresa che dovrà ottenere
alle future nostre notti e giorni
il dominio e la signoria sovrana.
MACBETH:
Bisognerà che ne parliamo ancora.
LADY MACBETH:
Sì, ma vedi di stare più sereno:
mutar colore è segno di paura.
E per il resto lascia fare a me.
(si guarda allo specchio)
Via, maledetta macchia!... Via, ti dico!
Uno, due tocchi...Su, questo è il momento!
L'inferno è tenebroso....
Vergogna, mio signore, che vergogna!
SHAKESPEARE:
Quale strana magia ti fa pensare che imitare la sete di potere
degli uomini ti eleverà più in alto di loro. Svestirti della tua
femminilità per vestirti di bruttezza, rinunciare alla tua natura e
rinunciare alla tua vita. Una farfalla le cui ali sono state
strappate muore nell'agonia e nella disperazione di non poter più
dipingere il cielo con i suoi colori e tu mia dama hai sradicato le
tue ali per sostituirle a delle catene.
LADY MACBETH:
Ed io che ho sono dovuta impazzire per far credere alla mia
crudeltà. Anche questa è qualcosa di relegato a gli uomini.
SHAKESPEARE:
Lady Macbeth una donna macchiata di tali crimini sente un rimorso
ancora più grande dell'uomo.
LADY MACBETH:
Macchiata, di nuovo quella parola. Non la sopporto. Come non
sopporto più quella scena, tanto quella macchia non verrà mai via
dalle mie mani.
SHAKESPEARE:
Certe azioni da noi compiute sono indelebili sulla nostra anima.
LADY MACBETH:
Quindi non c'è perdono per me.Io l'ho fatto solo per mio marito.
SHAKESPEARE:
Sei sicura che lui lo volesse.
LADY MACBETH:
Bene ora è lui la vittima. Ma non è così la vera vittima sono io.
Lui vive io muoio. (esce trascinando la sedia).
SHAKESPEARE:
La donna uscì dalla costola dell'uomo, non dai piedi per essere
calpestata, non dalla testa per essere superiore ma dal lato, per
essere uguale, sotto il braccio per essere protetta, accanto al
cuore per essere amata.
SCENA 6
(musica e video immagini)
LE QUATTRO DONNE
DONNA 1:
È qui che la storia inizia non è difficile da capire. Siamo la
stessa cosa.
DONNA 2:
Come la luna e il chiaro di luna, come il mare e le onde, le
montagne e le rocce.
DONNA3:
Parte di una creazione così ben congegnata.
DONNA4:
Un tessuto così bene filato, la pittura di un capolavoro.
DONNA1:
Ma nonostante tutto riusciamo sempre a rovinare tutto.
DONNA2:
Tanto è stato fatto dagli uomini, che continuano a distruggere.
DONNA3:
Ma tanto è stato fatto anche dalle donne.
DONNA4:
Una donna può far del male ad un'altra donna, sua sorella.
DONNA1:
Magari in modo inconsapevole, per esempio quando si lascia usare da
gli uomini e perde il rispetto di se stessa.
DONNA 2:
Cosa c'è negli uomini che gli far voler dominare le donne? Usare
violenze, distruggerle?
DONNA3:
Cosa c'è nelle donne che le fa desiderare di voler dominare gli
uomini? E comportarsi come loro?
DONNA4:
Paura, insicurezza, non sapere esattamente chi siamo.
Già…. ma noi chi siamo?
Si che siamo?
(entra Giovanna D'Arco)
DONNA1:
DONNA2:
GIOVANNA D'ARCO:
Ascoltatemi io ve l'ho dirò. È una fiamma divina che pervade il
petto e all'improvviso dissipa il velo dai tuoi occhi e finalmente
scopre la verità. Rimani lì nella grazia divina, nella gioia di
riconoscerti parte del tutto, parte di quella creazione.
Stupita di non averlo compreso prima, ti senti come l'allodola di
prima mattina, che più non può aspettare di prendere il volo e
cantare la sua gioia, di cantare la sua visione. Non potevo più
ignorare quello che era lì di fronte a me, cristallino.
Quell'energia infusa in me. Ho dovuto lottare in un mondo di
uomini, ma per un bene più alto.
SHAKESPEARE:
Perché dovrei stupirmi se una donna viene paragonata ad una stella. Una
creatura drappeggiata di grazia divina, risplendente nella sua propria
luce. Capace di trasformare tutto quello che la circonda attraverso
l'amore. Giovanna D'arco la tua forza, il tuo coraggio, il potere della
tua visione saranno d'ispirazione a tutte le donne, tue sorelle, e non
solo. Anche gli uomini s'inchineranno nel riconoscere il tuo sacrificio
per un amore sovrano a cui tutti aspiriamo ritornare. Chi ti derise
nell'ignoranza non potrà far altro che riconoscere in te un Eroina degna
di gloria e onore come il più alto dei nostri eroi.
Mi inchino a te mia signora.
GIOVANNA D'ARCO:
Delfino, son la figlia d’un pastore;
l’ingegno mio non è stato istruito
in arte o scienza alcuna.
Il cielo e nostra graziosa Signora
si sono compiaciuti di risplendere
sul mio umile stato; ed ecco, un giorno,
mentre attendevo ai miei teneri agnelli,
ed esponevo le mie guance ai raggi
d’un sole ardente, la Madre di Dio
si degnò d’apparire agli occhi miei,
e in un aspetto pieno di maestà
mi disse ch’era suo fermo volere
ch’io lasciassi quell’umile lavoro
e andassi a liberare il mio paese
dalla calamità che l’opprimeva…
M’assicurò per questo il suo aiuto
e certezza di vincere. M’apparve
Ella splendente in tutta la sua gloria,
sì che, scura e abbronzata nella pelle,
io mi trovai illuminata tutta
dai suoi raggi lucenti e benedetta
nella beltà che tu pur puoi vedere.
Chiedimi pure tutto ciò che vuoi:
io ti risponderò senza esitare.
Metti pure alla prova il mio coraggio
battendoti con me, se l’oserai,
e scoprirai ch’io eccedo il mio sesso.
Risolviti a ciò: tu avrai fortuna
se mi prendi come compagna d’armi.
(le quattro donne la seguono, Giovanna impugna in alto la spada)
LE CINQUE DONNE
DONNA 1:
Portami una rosa, chiedimi qualcosa. Dimmi che mi ascolti, dimmi
che io sono parte di te come tu lo sei per me. Che la sincerità del
cuore non è un'illusione, che possa permettermi di crederti...
DONNA 2:
Dimmi che non devo lottare per farmi amare, che non devo sempre
rincorrere la giovinezza...
DONNA3:
Dimmi che mi ami anche come sorella e amica, che tu mi proteggerai
e che la voce della seduzione non sia l'unica che ascolti...
DONNA4:
Lascia che io possa mostrare compassione senza essere giudicata debole...
DONNA5:
Lascia che io possa amare senza essere fraintesa...
DONNA1:
E che i tuoi occhi possano incontrare la mia anima e perdersi nella
gioia...
DONNA2:
Una gioia pura all'inizio di tutto. Non aver paura io sono la mano
sinistra e tu la destra...
DONNA3:
Io la gamba sinistra e tu la destra...
DONNA4:
La mano sinistra non si arrabbia con la destra se non riesce a fare
le stesse cose...
DONNA5:
E poi certe cose si possono solo fare con tutte e due le mani...
DONNA1:
Il mio compito è di nutrire ed il tuo di proteggere...
DONNA2:
Quale donna vorrebbe negare la gioia e la felicità di essere la
radice dell'esistenza...
DONNA3:
Forse perché le radici non le vediamo, ma si sa se le tagli la
pianta muore...
DONNA4:
Le radici vanno fortificate e s'intrecciano tra di loro...
DONNA5:
Gli uomini sono nati e cresciuti dalle donne. Sono loro che gli
presentano la vita, sono loro che li accompagnano nei primi passi,
nelle prime parole. Sono loro che rispondono ai primi perché...
DONNA1:
L'amore di una madre è così enorme, vasto. Ogni dolore è dimentico
il momento che poggia gli occhi sul nascituro. Così grande è la
gioia e l'amore che sentiamo...
DONNA2:
L'amore è così immenso da cancellare il dolore fisico...
Questa è la forza...
DONNE:
DONNA3:
Non quella fisica, capace di abbattere il corpo di una donna sotto
le percosse...
DONNA4:
Eppure lei perdona, è capace di perdonare e giustificare per
amore...
DONNA5:
Ma ecco che per anni, decenni, centinaia e millenni… Lei non è
importante, può essere dominata, picchiata, insultata, maltrattata,
silenziata, usata...
SHAKESPEARE:
Quale luce risiede in te, o donna, quale potere a te è stato
regalato?
La vita è in te, chi osa macchiarti di violenza e di paura? Chi
può metterti in disparte e silenziarti? chi non rispetta il fiore
di Dio?
Madre, a te che mi hai consolato, a te che mi hai sostenuto, che mi
hai sempre amato, a te che credi in me più di quello che io stesso
possa mai fare.
A te che ispiri alla bellezza dell'amore puro e innocente.
Il nome Donna possa far ritrovare nel cuore la completezza della
sostanza spirituale.
Il nome Donna possa far muovere l'uomo alla sua vera natura!
Proteggi e Ama;
non c'è confronto ma condivisione;
un unico essere di luce.
Donna, a te, ti prego non perdere le tue fattezze, le tue
meravigliose sfumature, per divenire ciò che non ti appartiene.
Rimani come ancora che il mare mosso scuote.
Rimani ferma come una Montagna...indisturbata.
Rimani come un albero nella tempesta, le tue radici salveranno il
mondo.
Tale è la tua missione.
Tale grandezza è stata data a te Mia Signora.
(buio)