MOTO VARIO NELLE CONDOTTE Alcuni appunti

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MOTO VARIO NELLE CONDOTTE Alcuni appunti
MOTO VARIO NELLE CONDOTTE
Alcuni appunti
Andrea Defina
Novembre 2010
-1-
Moto vario in ipotesi anelastiche
Prefazione
Sono qui raccolti alcuni appunti relativi agli argomenti trattati nel corso di
Complementi di Idraulica, limitatamente alla parte del moto vario nei sistemi in
pressione. Si tratta ancora di una BOZZA e, presumibilmente, rimarrà tale in eterno,
anche se sarà oggetto di frequenti (sono un ottimista) aggiornamenti. A questo
proposito, vi chiedo di segnalarmi gli immancabili svarioni (anche se non siete sicuri
che si tratti di uno sbaglio segnalatemelo lo stesso) e di indicarmi le parti che
necessitano di maggiore chiarezza (prefazione compresa).
Non vi ringrazio fin d’ora, lo farò di volta in volta.
N.B. Le parti evidenziate in giallo sono buchi che prima o poi intendo riempire
Andrea Defina
c/o Dipartimento di Ingegneria Idraulica,
Marittima Ambientale e Geotecnica Università di Padova.
via Loredan, 20 – 35131 PADOVA
email: [email protected]
Moto vario in ipotesi anelastiche
Indice
1
INTRODUZIONE ............................................................................................................. 5
2
MOTO VARIO IN IPOTESI ANELASTICHE............................................................... 7
2.1
Avviamento di una condotta .............................................................................. 7
2.2
Funzionamento di un serbatoio....................................................................... 11
2.2.1
Vuotamento di un serbatoio attraverso una lunga condotta ................... 11
2.2.2
Riempimento di un serbatoio ....................................................................... 15
2.3
Oscillazioni di massa ......................................................................................... 16
2.3.1
Oscillazione di massa in un tubo a “U”....................................................... 16
2.3.2
Pozzi piezometrici.......................................................................................... 19
2.3.3
Casse d’aria.................................................................................................... 31
2.3.4
Oscillazioni forzate ........................................................................................ 39
2.4
Colpo d’ariete ....................................................................................................... 49
2.4.1
Riduzione lineare della velocità ................................................................... 50
2.4.2
Chiusura lineare dell’otturatore ................................................................... 51
3
MOTO VARIO IN IPOTESI ELASTICHE .................................................................. 55
3.1
Descrizione qualitativa del fenomeno del colpo d’ariete ......................... 55
3.2
Le equazioni semplificate del moto................................................................ 63
3.2.1
Forma integrata delle equazioni del moto ................................................. 66
3.2.2
Esempio di applicazione ............................................................................... 67
3.3
Modalità di impiego delle equazioni del moto ............................................. 70
3.3.1
Condizioni al contorno .................................................................................. 71
3.3.2
Intercettazione del flusso in una condotta (colpo d’ariete)...................... 71
Avviamento del flusso in una condotta (tempo di avviamento) .............. 79
3.3.3
3.3.4
Arresto di una pompa.................................................................................... 81
3.3.5
Arresto di una pompa con cassa d’aria...................................................... 84
4
RETI DI CONDOTTE .................................................................................................... 89
4.1
Reti di condotte trattate in ipotesi anelastiche ........................................... 89
4.1.1
Condizioni iniziali e al contorno ................................................................... 93
4.1.2
Dispositivi ed organi di regolazione ............................................................ 94
4.2
Reti di condotte trattate in ipotesi elastiche .............................................. 103
Introduzione
1 INTRODUZIONE
Il moto che si sviluppa in un sistema di condotte in pressione viene generalmente
studiato mediante l’impiego delle cosiddette equazioni unidimensionali:
∂E
1 ∂v
=−
−j
∂s
g ∂t
(1)
∂ρQ ∂ρA
=0
+
∂t
∂s
(2)
in cui E è l’energia per unità di peso del fluido, j è la dissipazione di energia per unità
di lunghezza misurata lungo il percorso s, v è la velocità, Q è la portata, A è l’area
della sezione trasversale, ρ è la densità del fluido, g è l’accelerazione di gravità, s è
l’ascissa curvilinea e t è il tempo.
L’equazione dinamica (1) contiene già una semplificazione, comunemente
adottata, che consiste nell’aver trascurato, nel termine E, gli effetti legati alle
variazioni spaziali della densità (A questo proposito si veda la nota, riportata in calce,
della prima pagina del capitolo 3.2).
Nel caso più generale, le variabili dipendenti sono la pressione p (contenuta
nell’espressione per energia E), la velocità, la densità e l’area della sezione
trasversale. Queste quattro grandezze saranno, in generale, dipendenti dallo spazio
(s) e dal tempo (t). Il sistema composto dalle equazioni (1) e (2) non è quindi
completo e altre relazioni (equazioni costitutive) vanno aggiunte per rendere
determinato il problema.
In particolare si assume che il moto sia barotropico, ovvero che la densità sia
funzione della sola pressione: ρ=ρ(p) e che il condotto sia deformabile elasticamente
per effetto della pressione per cui A=A(p). Si parla in tal caso di “ipotesi elastiche”.
Spesso, però, è possibile assumere, con buona approssimazione, costante nel
tempo e nello spazio la densità del fluido e costante nel tempo l’area della sezione
trasversale. In tal caso le variabili del problema si riducono alla pressione e alla
velocità (funzioni del tempo e dello spazio) e le equazioni (1) e (2), a cui vanno
associate le opportune condizioni al contorno, sono sufficienti a rendere determinato
il problema. Si parla in tal caso di “ipotesi anelastiche”.
Non è facile enunciare le regole generali che consentano, a priori, di stabilire se
un certo problema possa essere trattato in ipotesi anelastiche, oppure richieda la
soluzione delle equazioni complete. Solo l’esperienza e la conoscenza qualitativa di
come si sviluppa nella realtà il moto, possono indirizzare verso la scelta corretta.
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Moto vario in ipotesi anelastiche
2 MOTO VARIO IN IPOTESI ANELASTICHE
La soluzione dei problemi in ipotesi anelastiche è sensibilmente più agevole
rispetto alla trattazione completa. Pertanto, ogni qual volta il problema da risolvere
consente di invocare tali ipotesi conviene, almeno in via preliminare, ricorrere ad
esse.
In ipotesi anelastiche le equazioni del moto, assunta la densità costante nel tempo
e nello spazio e la generica sezione trasversale della condotta costante nel tempo,
diventano
∂E
1 ∂v
=−
−j
∂s
g ∂t
(3)
∂Q
=0
∂s
(4)
Nel seguito sono illustrati alcuni problemi che possono essere trattati e risolti in
ipotesi anelastiche. Si tratta di semplici esempi che consentono, tra l’altro, di
introdurre alcuni parametri caratteristici in grado di qualificare sinteticamente il moto
vario.
2.1 Avviamento di una condotta
Si consideri il sistema schematicamente illustrato in Figura 2.1 costituito da un
serbatoio e da una lunga condotta di scarico munita, al termine, di un rubinetto (R)
inizialmente chiuso. Immaginiamo di aprire istantaneamente e completamente il
rubinetto. Il moto, all’interno della condotta si avvia e la velocità cresce, a partire dal
valore nullo iniziale, raggiungendo un valore di regime v0 costante se il livello nel
serbatoio si dovesse mantenere anch’esso costante nel tempo.
Figura 2.1
Nella realtà, durante l’avviamento della condotta, il serbatoio gradualmente si
vuota. E’ possibile però immaginare che la superficie del serbatoio sia
sufficientemente grande e la durata del fenomeno di avviamento, talmente breve da
poter trascurare la variazione di livello nel serbatoio.
Il primo passo, nella soluzione dell’equazione (3), consiste nell’integrazione della
stessa lungo il percorso tra i punti 1 (serbatoio) e 2 (sbocco).
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Moto vario in ipotesi anelastiche
2
2
2
∂E
1 ∂v
∫1 ∂s ds = − g ∫1 ∂t ds − ∫1 j ds
(5)
Essendo diverse le velocità (e quindi anche le derivate temporali della velocità) nei
tratti 1-1’ e 1’-2, conviene spezzare i due integrali a destra come segue
1'
2
1'
2
1 ∂v
1 ∂v
E 2 − E1 = − ∫
ds − ∫
ds − ∫ j ds − ∫ j ds
g 1 ∂t
g 1' ∂t
1
1'
(6)
E’ facile mostrare1 che sia la velocità, sia il termine ∂v/∂t sono piccoli lungo il tratto
1-1’ cosicché i corrispondenti integrali possono essere trascurati. Lungo il tratto 1’-2,
inoltre, sia l’accelerazione temporale ∂v/∂t che le dissipazioni di energia per unità di
lunghezza j sono costanti2 e possono essere portate fuori dall’integrale. Non
dipendendo la velocità dallo spazio ma solo dal tempo, la derivata parziale rispetto al
tempo può essere sostituita con la derivata totale, ottenendo
E 2 − E1 = −
L dv
− jL
g dt
(7)
in cui L è la lunghezza della condotta e v è la velocità in condotta, variabile nel
tempo.
Nel serbatoio è E1=h0, costante per le ipotesi fatte. Allo sbocco, a partire
dall’istante in cui viene completamente aperto il rubinetto, è E2=v2/2g. Le dissipazioni
di energia, continue e localizzate, possono essere espresse come proporzionali al
carico cinetico. Si può porre quindi: jL=r.v2/2g. L’equazione (7) può essere pertanto
riscritta come segue
v2
L dv
v2
− h0 = −
−r
g dt
2g
2g
(8)
ovvero
v2
L dv
+ (1 + r )
h0 =
g dt
2g
(9)
Avendo ipotizzato costante il livello nel serbatoio, la precedente equazione
differenziale presenta una sola variabile dipendente dal tempo, la velocità. E’
sufficiente quindi, trattandosi di un’equazione di primo ordine, una sola condizione al
contorno. Tale condizione è: per t=0, v=0.
1
Dall’equazione di continuità, essendo ∂Q/∂s=0, sarà anche ∂/∂t[∂Q/∂s]=0. Invertendo l’ordine di
derivazione si ha: ∂/∂s[∂Q/∂t]=0. Essendo l’area costante nel tempo si ha: ∂/∂s[A ∂v/∂t]=0. Cioè il
prodotto A ∂v/∂t è costante lungo s. Lungo il tratto 1-1’ la sezione trasversale è molto più grande di
quella della condotta (tratto 1’-2), di conseguenza ∂v/∂t lungo il tratto 1-1’ sarà trascurabilmente
piccolo rispetto allo stesso termine lungo la condotta. Sempre dall’equazione di continuità che
sancisce la costanza della portata lungo s, essendo Q=vA, si deduce che nel tratto 1-1’ le velocità
sono estremamente basse e trascurabilmente piccole quindi le dissipazioni di energia.
2
Dalla nota precedente si ha: ∂/∂s[A ∂v/∂t]=0. Lungo la condotta, inoltre, l’area A è costante. Si ha
quindi: ∂/∂s[∂v/∂t]=0, ovvero ∂v/∂t è costante lungo s. Esprimendo j mediante la formula di DarcyWeisbach, ad esempio, si ha:j=f/d(v2/2g) in cui diametro d e velocità v (per continuità) sono costanti
lungo s. Costante lungo s è anche la funzione di resistenza f che dipende dalla scabrezza e dal
numero di Reynolds (cioè da velocità e diametro).
Moto vario in ipotesi anelastiche
Di un qualche interesse è la soluzione della precedente equazione nella forma
semplificata che approssima la soluzione corretta nei primissimi istanti del fenomeno.
In un intorno di t=0 le velocità sono ancora molto piccole e risulta quindi trascurabile
il termine proporzionale al carico cinetico. In queste ipotesi semplificative l’equazione
(9) diventa
h0 =
L dv
g dt
(10)
L’equazione (10) è a variabili separabili. La soluzione è:
t=
Lv
+ cos t
g h0
(11)
Con la condizione al contorno prima indicata, la costante di integrazione è nulla. Il
tempo necessario all’avviamento della condotta, detto “tempo di avviamento”, Ta, si
trova dalla (11) sostituendo alla velocità il suo valore di regime v0.
La velocità risulta pertanto linearmente variabile nel tempo e data dalla seguente
relazione:
v
t
=
v 0 Ta
Ta =
Lv0
g h0
(12)
Il tempo di avviamento Ta non è ovviamente il tempo necessario al moto per
avviarsi completamente. La soluzione espressa dalla (12), infatti, è stata ottenuta
sotto ipotesi semplificative pesanti. Tuttavia il parametro Ta è una misura che dà una
precisa idea della durata che caratterizza questo fenomeno.
Consideriamo ora la soluzione dell’equazione (9) completa. Nelle condizioni finali,
di regime, la velocità in condotta sarà v=v0, mentre sarà nullo il termine che esprime
la variazione temporale di velocità. Nelle condizioni di regime, quindi, l’equazione (9)
si riduce alla seguente
h0 = (1 + r0 )
v 02
2g
(13)
E’ da osservare che il coefficiente r che compare nella (9), in generale dipende dal
numero di Reynolds e quindi dalla velocità che a sua volta varia nel tempo. Pertanto,
il valore r0 di regime sarà diverso dal valore istantaneo durante l’evolversi del
fenomeno. Possiamo però assumere, con buona approssimazione, che sia r=r0. In
questa ipotesi, esplicitata l’equazione (13) rispetto a (1+r0) e sostituita questa
espressione al posto del termine (1+r) che compare nella (9), si trova:
h0 =
L dv
v2
+ h0 2
g dt
v0
(14)
La precedente equazione può essere riorganizzata come segue:
1−
v 2 L v 0 1 dv
=
v 02 g h0 v 0 dt
e, ricordando l’espressione per il tempo di avviamento Ta, si può scrivere:
(15)
Moto vario in ipotesi anelastiche
d (t / Ta ) =
d (v / v 0 )
1 − (v / v 0 )2
(16)
L’equazione differenziale (16), con la precedente condizione al contorno, presenta
la seguente soluzione:
⎛ t
v
= tanh⎜⎜
v0
⎝ Ta
⎞
⎟⎟
⎠
(17)
La Figura 2.2 illustra l’andamento della soluzione espressa dalla (17) e,
sovrapposta, la soluzione lineare (12). Si osserva che nei primi istanti, cioè quando la
velocità è trascurabilmente piccola, le due soluzioni sono poco dissimili tra loro. Si
può osservare inoltre che pur essendo a rigore infinito il tempo necessario
all’avviamento della condotta, già per t=3Ta la velocità è praticamente indistinguibile
da quella di regime essendo v≈0.995.v0.
Figura 2.2
Moto vario in ipotesi anelastiche
2.2 Funzionamento di un serbatoio
Il funzionamento di un serbatoio è sostanzialmente governato dall’equazione di
continuità nella forma detta “equazione dei serbatoi” espressa dalla relazione (19). In
questa equazione la portata entrante (Qentr) e quella uscente (Qusc) sono
generalmente variabili nel tempo con andamenti che dipendono dalle modalità di
alimentazione e di scarico del serbatoio. In questo capitolo si riportano solo alcuni
esempi. Nei due casi che seguono (paragrafi 2.2.1 e 2.2.2) si assume che lo scarico
del serbatoio avvenga mediante una lunga condotta. E’ questa una modalità di
scarico che si incontra frequentemente nella pratica e che, dal punto di vista
didattico, consente di fare qualche interessante considerazione sull’importanza
relativa dei diversi termini che compaiono nell’equazione dinamica (3).
2.2.1 Vuotamento di un serbatoio attraverso una lunga condotta
Un problema in qualche misura associato al precedente (avviamento di una
condotta) riguarda il fenomeno di vuotamento di un serbatoio. Facciamo riferimento
per semplicità alla stessa Figura 2.1. Ripetendo l’integrazione spaziale
dell’equazione del moto ritroviamo l’equazione (9) nella quale, questa volta, il livello
del serbatoio sarà variabile nel tempo mentre, con buona approssimazione possiamo
considerare costante il parametro r. L’equazione dinamica che governa il processo di
vuotamento per il sistema considerato è quindi:
h=
L dv
v2
+ (1 + r )
g dt
2g
(18)
In questa situazione le variabili dipendenti del problema sono due: la velocità in
condotta e il livello del serbatoio. E’ necessario quindi associare alla precedente, una
seconda equazione contenente almeno una delle due variabili. L’equazione che si
introduce è quella di continuità nella forma detta “equazione dei serbatoi”:
Qentr − Qusc = Ω(h )
dh
dt
(19)
nella quale Qentr e Qusc sono le portate entranti ed uscenti dal serbatoio e Ω è l’area
della superficie orizzontale del serbatoio al generico livello h.
Nel caso in esame si ha Qentr=0, Qusc=v.A essendo A l’area della sezione
trasversale della condotta. L’equazione (19), può quindi essere riscritta, esplicitata
rispetto alla velocità, come:
v =−
Ω(h ) dh
A dt
(20)
Il sistema composto dalle equazioni (18) e (20) è non lineare e la sua soluzione
analitica è di fatto impraticabile. Nel caso di vuotamento di un serbatoio, fatta
eccezione per la breve fase iniziale di avviamento del moto, vista nel paragrafo
precedente, le variazioni temporali di velocità sono spesso modeste. Il termine di
accelerazione temporale può quindi spesso essere trascurato.
In questa ipotesi, l’equazione (18), esplicitata rispetto alla velocità, diventa:
Moto vario in ipotesi anelastiche
v=
2g
⋅ h 1/ 2
1+ r
(21)
Uguagliando tra loro le equazioni (20) e (21), per eliminare la variabile velocità, si
trova:
Ω(h )
2g
dh = − A
⋅ dt
1/ 2
1+ r
h
(22)
La precedente equazione può agevolmente essere integrata una volta nota la
legge Ω(h). Nel caso particolare di serbatoio cilindrico (Ω indipendente dal livello h),
L’equazione (22) presenta una semplice soluzione analitica:
h 1/ 2 = −
A
2g
⋅ t + cos t
2 Ω 1+ r
(23)
La costante di integrazione si determina utilizzando la condizione al contorno: per
t=0 è h=h0. Si trova così
⎡
A
2g ⎤
h = ⎢ h0 −
⋅t⎥
2
Ω
1
+
r
⎣
⎦
2
(24)
Il completo vuotamento del serbatoio si determina dalla (24) ponendo h=0.
Osservando, dalla (21) che è v 0 = 2gh0 /(1 + r ) , il tempo di vuotamento, tv, per
questo particolare caso, vale:
tv =
2 Ω h0
A v0
(25)
Esempio. Consideriamo il sistema illustrato in Figura 2.1. La condotta è lunga
2000m, ha un diametro di 0.5m ed è caratterizzata da un coefficiente di scabrezza
secondo Gauckler-Strickler di 80 m1/3/s. Il serbatoio è cilindrico con una superficie
orizzontale Ω=1000 m2. Il livello iniziale nel serbatoio è h0=50 m. Immaginando
un’apertura istantanea del rubinetto, valutiamo la legge di vuotamento del serbatoio.
Con i dati del problema, il coefficiente r=r0 vale
r0 =
2g L
= 98.1
K s2 R H4 / 3
Utilizzando l’equazione (13) si trova v0=3.146 m/s. Utilizzando infine le equazioni
(12) e (25) si trova che il tempo di avviamento vale Ta=12.8 s e il tempo di
vuotamento vale approssimativamente tv=45 ore. E’ da sottolineare, con riferimento
ai risultati trovati, che la velocità nella condotta passa da zero a v0 in poco più di
mezzo minuto mentre, nella successiva fase di vuotamento, passa da v0 a zero in
quasi due giorni. E’ evidente la trascurabilità del termine di accelerazione temporale
in questa seconda fase.
Se anche proviamo a cambiare i dati del problema, riducendo la lunghezza della
condotta a L=50 m e limitando l’area della superficie orizzontale del serbatoio Ω ad
Moto vario in ipotesi anelastiche
appena 10 m2, si trova Ta=1.7 s e tv=302 s. Il processo di vuotamento risulta essere
ancora molto lento.
Soluzione numerica del problema di avviamento e vuotamento. Nel seguito si
illustra una semplice soluzione numerica del problema utilizzando un metodo di
integrazione di tipo esplicito.
Le equazioni (18) e (20) sono riscritte come segue
dv g ⎡
v2 ⎤
= ⎢h − (1 + r ) ⎥
dt L ⎣
2g ⎦
(26)
dh
vA
=−
dt
Ω(h )
L’asse dei tempi è diviso in intervalli Δt tali per cui
t = k Δt
k = 1, 2, 3, K, n
La generica variabile all’istante t, è indicata con l’apice k. Ad esempio h(t) è
indicato con hk. Discretizzando le due derivate che compaiono nelle (26) alle
differenze finite, e con riferimento ad un metodo di integrazione esplicito,si trova
v k +1 − v k g ⎡
v2 ⎤
= ⎢h − (1 + r ) ⎥
Δt
L⎣
2g ⎦
h
k +1
⎡ vA ⎤
−h
= −⎢
⎥
Δt
⎣ Ω(h ) ⎦
k
k
(27)
k
Le precedenti relazioni possono essere riscritte come segue:
v
k +1
g⎡
v2 ⎤
= v + Δt ⎢h − (1 + r ) ⎥
L⎣
2g ⎦
k
k
⎡ vA ⎤
h k +1 = h k − Δt ⎢
⎥
⎣ Ω(h ) ⎦
(28)
k
Note le condizioni al contorno: per t=k=0 è v=0 e h=h0, le precedenti relazioni,
utilizzate ricorsivamente, consentono di ricostruire la soluzione h(t) e v(t) per passi
temporali discreti Δt. Ovviamente deve essere preventivamente scelto il passo di
integrazione Δt. Nel caso in esame non vi sono particolari problemi di stabilità e la
scelta va effettuata considerando la qualità, ovvero l’accuratezza che si vuole
caratterizzi la soluzione. Si potrebbe pensare di assumere un passo temporale pari a
0.1÷0.2 Ta. La soluzione, con i dati iniziali del problema, è illustrata in Figura 2.3.
Moto vario in ipotesi anelastiche
Figura 2.3 – Caso 1:L=2000m, Ω=1000m2, Δt=2s
Nel grafico dei livelli si può osservare come, durante la fase di avviamento che
dura meno di 40 secondi, il livello nel serbatoio scende di pochi centimetri e l’ipotesi
di assumere h=h0 risulta più che accettabile. Con riferimento al processo di
vuotamento, l’ipotesi di trascurare la fase iniziale di avviamento risulta, sia per i livelli
che per le velocità, certamente adeguata.
La soluzione con la seconda seri di dati è illustrata in Figura 2.4.
Figura 2.4 – Caso 2:L=50m, Ω=10m2, Δt=0.2s
In questo caso il processo di vuotamento è molto rapido. Durante la fase di
avviamento, che dura approssimativamente 5 secondi, il livello nel serbatoio scende
di circa 1.5 m (corrispondente al 3% del carico totale). Ciò nonostante l’andamento
delle velocità predetto nell’ipotesi di livello costante risulta abbastanza accurato. Il
processo di vuotamento, nell’ipotesi di trascurare la fase iniziale di avviamento è
meno accurato, con riferimento ai livelli, rispetto al caso precedente. Tuttavia la
soluzione può ancora ritenersi accettabile.
Moto vario in ipotesi anelastiche
2.2.2 Riempimento di un serbatoio
Il problema opposto al precedente è rappresentato dal processo di riempimento di
un serbatoio. Facciamo riferimento per semplicità alle condizioni illustrate nella
stessa Figura 2.1 per le quali, però, si assume che vi sia una portata Qentr, non nulla
in ingresso al serbatoio. Assumiamo inoltre che il livello iniziale nel serbatoio sia
relativamente piccolo (ma superiore alla quota di imbocco della condotta) e tale per
cui la portata scaricata mediante la condotta sia inferiore a quella entrante.
Ovviamente, per la soluzione di questo problema valgono le equazioni (18) e (19).
In particolare, come per il caso precedente, possiamo trascurare il termine che
descrive l’accelerazione temporale nell’equazione (18) e scrivere inoltre Qusc=v.A. Si
perviene così al seguente sistema di equazioni
h = (1 + r )
v2
2g
(29)
Qentr − v A = Ω(h )
dh
dt
(30)
Assumiamo Ω indipendente dal livello e consideriamo una portata entrante
costante nel tempo. Esplicitata l’equazione (29) rispetto alla velocità e sostituita
l’espressione di quest’ultima nell’equazione (30), si trova
dh Qentr A 2g h
=
−
Ω
Ω 1+ r
dt
(31)
Si tratta di un’equazione differenziale a variabili separabili la cui soluzione è
t =−
(1 + r )Ω ⎡Q
g A2
⎢
⎣⎢
entr
⎛
A
ln⎜⎜1 −
⎝ Qentr
2g h ⎞⎟
2g h ⎤
A
+
⎥ + cos t
1 + r ⎟⎠
1 + r ⎥⎦
(32)
La costante di integrazione che compare nella precedente relazione si determina
imponendo le condizioni al contorno: per t=0 si ha h=h0. Si trova così
t =−
(1 + r )Ω ⎡Q
g A2
⎢
⎢⎣
entr
ln
Qentr − A 2g h0 / (1 + r )
Qentr − A 2g h / (1 + r )
+A
2g
1+ r
(
⎤
h0 − h ⎥
⎥⎦
)
(33)
Il massimo livello nel serbatoio si raggiunge quando il sistema è a regime e può
essere agevolmente determinato utilizzando l’equazione (31) nella quale si ponga
dh/dt=0. Risulta
hMAX
1 + r ⎛ Qentr ⎞
=
⎜
⎟
2g ⎝ A ⎠
2
(34)
Moto vario in ipotesi anelastiche
2.3 Oscillazioni di massa
Il fenomeno dell’oscillazione di massa si presenta con notevole frequenza nei
sistemi in pressione. Si tratta di un fenomeno che riveste notevole importanza dal
punto di vista ingegneristico e, nella maggior parte dei casi, può essere trattato in
ipotesi anelastiche.
Per inquadrare il fenomeno esaminiamo inizialmente un semplice esempio.
2.3.1 Oscillazione di massa in un tubo a “U”
Consideriamo il sistema illustrato in Figura 2.5 costituito da una tubazione a “U” di
diametro costante contenente un liquido. In condizioni di equilibrio, il livello nei due
rami del tubo si pone alla stessa quota (Figura 2.5-sinistra). Assumiamo questa
quota come livello di riferimento.
Figura 2.5
Una qualsiasi perturbazione di questa situazione di equilibrio innesca
un’oscillazione di massa che, per effetto delle dissipazioni di energia, si smorza nel
tempo fino a ritornare alle condizioni di equilibrio iniziali.
Consideriamo, per semplicità, una particolare perturbazione. Tappiamo l’estremità
del ramo di destra del tubo e creiamo molto lentamente una depressione p0 (vedi
Figura 2.5-destra). In questo modo il livello nel ramo di destra si alza della quantità
ΔH=-p0/2γ, essendo γ il peso specifico del liquido. Ovviamente il livello nel ramo di
sinistra si abbassa della stessa quantità. Anche la nuova condizione è di equilibrio
statico.
A partire da questa situazione eliminiamo rapidamente il tappo dall’estremo del
ramo di destra ripristinando istantaneamente condizioni di pressione atmosferica. La
situazione che si viene a determinare è ora squilibrata ed innesca l’oscillazione della
colonna di liquido contenuta nel tubo.
Per studiare le caratteristiche di questa oscillazione, facciamo riferimento alle
equazioni del moto vario in ipotesi anelastiche.
Moto vario in ipotesi anelastiche
Effettuando l’integrazione spaziale dell’equazione del moto ritroviamo l’equazione
(7) nella quale E2=z+v2/2g, E1=-z+v2/2g e jL=r.v v /2g. L’equazione (7) può essere
pertanto riscritta come segue
2z = −
vv
L dv
−r
g dt
2g
(35)
Da osservare che potendo la velocità essere positiva o negativa (il moto cambia
verso nel tempo) è necessario utilizzare il modulo della velocità nel termine che
esprime le dissipazioni di energia. Come per il problema di vuotamento di un
serbatoio, le variabili dipendenti del problema sono due: la velocità v nel tubo e il
livello z nel ramo di destra. E’ necessario quindi introdurre una seconda equazione
contenente almeno una delle due variabili. L’equazione che si introduce è quella di
continuità:
v=
dz
dt
(36)
Per ottenere un’agevole soluzione analitica del sistema composto dalle equazioni
(35) e (36), assumiamo di trascurare le dissipazioni di energia. In tal caso, sostituita
l’espressione della velocità data dalla (36) nell’equazione (35), quest’ultima può
essere riscritta nella forma
d 2 z 2g
+
z=0
L
dt 2
(37)
Si tratta di un’equazione differenziale lineare a coefficienti costanti che presenta
un’agevole soluzione analitica. Posto ω2=2g/L, l’equazione (37) è riscritta come
d 2z
+ ω 2z = 0
dt 2
(38)
Che presenta la soluzione generale:
z = C1 sen ωt + C 2 cos ωt
(39)
Le costanti di integrazione C1 e C2 vanno determinate imponendo le condizioni al
contorno che sono: per t=0, z=ΔH e per t=0, v=0.
Dalla prima condizione si ha:
z t =0 = C1 sen ωt + C 2 cos ωt t =0 = C 2 = ΔH
(40)
Dalla seconda, si ha
v
t =0
=
dz
dt
t =0
= ωC1 cos ωt − ωC 2 sen ωt t =0 = ωC1 = 0
(41)
La soluzione è quindi
z = ΔH cos ωt = ΔH cos
2g
t
L
(42)
Moto vario in ipotesi anelastiche
Utilizzando la (36), si ha inoltre
v = − ΔH
2g
2g
sen
t
L
L
(43)
Si tratta di una oscillazione di ampiezza ΔH e periodo T = 2π L / 2g .
Soluzione numerica del problema di oscillazione in un tubo a “U”. Nel seguito si
illustra una semplice soluzione numerica del problema utilizzando un metodo di
integrazione di tipo esplicito. E’ da osservare che la soluzione con un metodo
esplicito, in assenza di dissipazioni di energia, per questo sistema di equazioni,
risulta essere instabile. In presenza di dissipazioni di energia la stabilità può essere
assicurata scegliendo un passo di integrazione temporale sufficientemente piccolo.
Le equazioni (35) e (36) sono riscritte come segue
vv ⎤
dv
g⎡
= − ⎢ 2z + r
⎥
dt
L ⎣⎢
2g ⎥⎦
(44)
dz
=v
dt
L’asse dei tempi è diviso in intervalli Δt tali per cui
t = k Δt
k = 1, 2, 3, K, n
La generica variabile all’istante t, è indicata con l’apice k. Ad esempio z(t) è
indicato con zk. Discretizzando le due derivate che compaiono nelle (46) alle
differenze finite, e con riferimento ad un metodo di integrazione esplicito,si trova
vv ⎤
v k +1 − v k
g⎡
= − ⎢2z + r
⎥
Δt
L ⎣⎢
2g ⎥⎦
z
k +1
k
(45)
−z
=vk
Δt
k
Le precedenti relazioni possono essere riscritte come segue:
v
k +1
vv ⎤
g⎡
= v − Δt ⎢2z + r
⎥
L ⎢⎣
2g ⎥⎦
k
k
(46)
z k +1 = z k + Δt v k
Note le condizioni al contorno: per t=k=0 è v=0 e z=ΔH, le precedenti relazioni,
utilizzate ricorsivamente, consentono di ricostruire la soluzione z(t) e v(t) per passi
temporali discreti Δt.
Assumiamo, ad esempio, che sia L=10 m, d=0.1 m, ΔH=0.5 m e che la tubazione
sia caratterizzata da un coefficiente di scabrezza secondo Gaukler-Strickler di 50
m1/3/s.
Moto vario in ipotesi anelastiche
In tal caso, il parametro relativo alle dissipazioni vale r=10.74. Il periodo teorico
delle oscillazioni in assenza di dissipazioni vale T=4.5 s. Si può quindi
ragionevolmente fissare un passo di integrazione temporale Δt=0.05 s.
La soluzione numerica e quella teorica in assenza di dissipazioni, espressa dalle
equazioni (42) e (43), sono confrontate in Figura 2.6.
Figura 2.6 – Linea continua: soluzione analitica, linea tratteggiata:soluzione numerica con dissipazioni.
Si osserva come la soluzione analitica semplificata (ipotesi di dissipazioni nulle)
preveda correttamente il periodo dell’oscillazione e, con buona approssimazione,
anche il valore massimo dell’ampiezza dell’oscillazione del livello e della velocità. La
soluzione numerica evidenzia l’effetto delle dissipazioni che producono
un’oscillazione di tipo smorzato.
2.3.2 Pozzi piezometrici
Consideriamo il sistema illustrato in Figura 2.7 che schematizza una comune
derivazione idroelettrica in pressione. Il sistema è costituito da un serbatoio di
alimentazione, da una condotta o galleria di derivazione, spesso molto lunga, da un
pozzo piezometrico e da una condotta forzata che adduce alla centrale.
Figura 2.7
Moto vario in ipotesi anelastiche
Per effetto della regolazione dell’otturatore, posto al termine della condotta forzata,
legata alle esigenze di produzione della centrale, si creano, in corrispondenza
dell’otturatore stesso, delle variazioni di pressione che possono essere anche
sensibilmente elevate (vedi paragrafo 2.4 e capitolo 1). Queste onde di pressione si
propagano rapidamente lungo la condotta forzata e, in assenza del pozzo
piezometrico, andrebbero ad interessare l’intera galleria di derivazione, costringendo,
per quest’ultima, a dimensionamenti costosi. Per questo motivo, al termine della
galleria di derivazione viene posto un pozzo piezometrico che di fatto è un dispositivo
di protezione della galleria assorbendo gran parte delle sovrapressioni provenienti
dalla condotta forzata.
Le equazioni che governano l’oscillazione di massa nel pozzo piezometrico sono
ancora quelle per il moto vario unidimensionale in ipotesi anelastiche. Effettuando
l’integrazione spaziale dell’equazione del moto tra le sezioni 1 e 3 indicate in Figura
2.7, si ha
1'
E 3 − E1 = −
2
3
1'
2
3
1 ∂v
1 ∂v
1 ∂v
ds − ∫
ds − ∫
ds − ∫ j ds − ∫ j ds − ∫ j ds
∫
g 1 ∂t
g 1' ∂t
g 2 ∂t
1
1'
2
(47)
nella quale l’integrale dei termini di inerzia e dissipativi è stato spezzato nei tratti 1-1’,
1’-2 e 2-3.
Nella precedente relazione sono certamente trascurabili i contributi relativi al tratto
1-1’. Con riferimento alla configurazione schematizzata in Figura 2.7, inoltre, si può
ammettere che la lunghezza del pozzo e le velocità al suo interno siano modeste e
risulti pertanto trascurabile il contributo inerziale lungo il tratto 2-3. Assunto il
riferimento indicato in Figura 2.7 e trascurato il carico cinetico nel pozzo si ha E3=z.
Si può inoltre assumere che l’estensione del serbatoio sia notevole e risultino
pertanto trascurabili le variazioni di quota della sua superficie. Si assume cioè E1=0.
In queste ipotesi, l’equazione (47) può essere riscritta come segue
z=−
L dv
− jL − ΔE 2−3
g dt
(48)
in cui v è la velocità in galleria e ΔE2-3 indica il complesso di perdite di energia che si
realizzano nel pozzo. Nella pratica, tali perdite non sono trascurabili e vengo spesso
appositamente create per smorzare rapidamente le oscillazioni di massa.
All’equazione (48), nelle variabili z e v, va associata l’equazione di continuità che,
nel caso in esame, è un equazione di nodo (nodo 2 di Figura 2.7):
v Ag = Qf + v p Ap
(49)
nella quale Ag e Ap sono le aree delle sezioni della galleria e del pozzo
rispettivamente, vp è la velocità nel pozzo e Qf e la portata che fluisce attraverso la
condotta forzata. Potendo scrivere vp=dz/dt, e assumendo noto l’andamento nel
tempo della portata Qf scaricata attraverso la condotta forzata, il sistema composto
dalle equazioni (48) e (49), con le necessarie condizioni al contorno, può essere
risolto. A tale proposito, si vedrà più avanti un esempio di soluzione numerica del
problema.
Per ottenere una semplice soluzione analitica di questo problema assumiamo di
trascurare tutte le dissipazioni di energia. Dalla (49) si ha
Moto vario in ipotesi anelastiche
v=
Ap dz
1
+
Qf
Ag dt Ag
(50)
Sostituita la (50) nella (48), quest’ultima diventa
z=−
L Ap d 2 z
L dQf
−
2
g Ag dt
g Ag dt
(51)
Ancora per semplicità ammettiamo che la manovra all’otturatore che innesca
l’oscillazione di massa sia una variazione istantanea della portata Qf che si realizzi
all’istante t=0, dalle condizioni precedenti Qf=v0Ag (v0 è la velocità in galleria
all’istante t=0) a quelle valide per t>0: Qf=Qf0. Con questa semplificazione, per t>0
risulta dQf/dt=0 e l’equazione (51) può essere ulteriormente semplificata.
Posto
g Ag
ω=
(52)
L Ap
L’equazione differenziale (51), a coefficienti costanti, presenta la soluzione
generale
z = A sen(ωt ) + B cos(ωt )
(53)
in cui le costanti A e B vanno determinate utilizzando le condizioni al contorno.
All’istante t=0, il livello nel pozzo è quello indisturbato z=0. Dalla (53) si ha dunque
0 = A sen(0) + B cos(0) = B
(54)
Ancora per t=0 vale, ovviamente l’equazione di continuità (50).
v0 =
Ap dz
Ag dt
+
t =0
Qf 0
Ag
(55)
Derivando la (53) e sostituendo tale derivata nella (55) si trova A=(Q0-Qf0)/ωAp, in
cui Q0=v0.Ag è la portata fluente in galleria all’istante t=0. La soluzione, pertanto è
z=
Q0 − Q f 0
sen(ωt )
ω Ap
(56)
Il coefficiente A risulta quindi essere l’ampiezza delle oscillazioni di livello nel
pozzo piezometrico e dipende dalle caratteristiche geometriche del sistema e dalla
variazione di portata Q0-Qf0 che si determina attraverso la condotta forzata.
E’ possibile in questo modo verificare che il livello massimo che si raggiunge nel
pozzo sia contenuto all’interno della vasca e che il livello minimo non determini lo
scoprimento della base del pozzo causando fastidiosi ingressi d’aria nel sistema.
Nella pratica, le verifiche sono più severe ipotizzando particolari successioni di
manovre di apertura e chiusura dell’otturatore tali da produrre valori estremi per i
livelli, più penalizzanti rispetto a quelli che si hanno con una manovra singola.
Moto vario in ipotesi anelastiche
Utilizzando l’equazione di continuità (50) è possibile infine valutare la legge con
cui varia nel tempo la velocità (e quindi la portata) nella galleria di derivazione. Si
trova
v=
Q
Q0 − Qf 0
cos(ωt ) + f 0
Ag
Ag
(57)
Soluzione numerica del problema di oscillazione in un pozzo piezometrico. Nel
seguito si illustra una semplice soluzione numerica del problema utilizzando un
metodo di integrazione di tipo esplicito. E’ da osservare, come per i casi precedenti,
che la soluzione con un metodo esplicito, in assenza di dissipazioni di energia risulta
essere instabile. In presenza di dissipazioni di energia la stabilità può essere
assicurata scegliendo un passo di integrazione temporale sufficientemente piccolo.
Le equazioni (48) e (50) sono riscritte come segue
dv
g
= − (z + j L + ΔE 2−3 )
dt
L
(58)
dz v Ag Qf
=
−
dt
Ap
Ap
(59)
L’asse dei tempi è diviso in intervalli Δt tali per cui
t = k Δt
k = 1, 2, 3, K, n
La generica variabile all’istante t, è indicata con l’apice k. Ad esempio z(t) è
indicato con zk. Discretizzando le due derivate che compaiono nelle equazioni (58) e
(59) alle differenze finite, e con riferimento ad un metodo di integrazione esplicito,si
trova:
v k +1 − v k
g
k
= − [z + j L + ΔE 2−3 ]
Δt
L
k
k
z k +1 − z k v Ag − Qf
=
Δt
Ap
(60)
le quali possono essere esplicitate rispetto a vk+1 e zk+1.
Il sistema è completato dalle condizioni iniziali e al contorno per il particolare
problema che si vuole studiare.
Consideriamo ad esempio (Figura 2.7) una galleria di derivazione a sezione
circolare di diametro d=4.0 m e lunga L=2500 m. Assumiamo, come riferimento per le
quote, il livello nel serbatoio di alimentazione. Ipotizziamo inoltre, per semplicità, che
le dissipazioni di energia lungo la galleria di derivazione possano essere calcolate
mediante la formula di Darcy-Weisbach nella quale la funzione di resistenza assuma
un valore costante e pari a f=0.02, mentre le dissipazioni alla base del pozzo
piezometrico siano espresse dalla relazione ΔE 23 = k 0 Q p Q p con k0=0.01 s2/m5,
Moto vario in ipotesi anelastiche
essendo Qp=vpAp la portata che entra nel pozzo e Ap=45 m2 l’area di una generica
sezione orizzontale del pozzo.
Consideriamo dapprima il caso in cui a partire da Qf=0, si operi una manovra di
apertura istantanea a seguito della quale risulti Qf=10 m3/s costante per t>0. In tal
caso le condizioni iniziali sono rappresentate da: z=0, v=vp=0.
La soluzione, ottenuta utilizzando un passo di integrazione temporale t=1.0s è
illustrata in Figura 2.8. Nella stessa figura, per confronto, è riportata la soluzione
analitica ricavata in precedenza ed espressa dall’equazione (56) nella quale si pone
Q0=0 e Qf0=10 m3/s.
Si osservi, in Figura 2.8, che in condizioni di regime si ha: z=-0.40 m (z=-JL), vp=0
e, ovviamente, Q=10.0 m3/s.
Figura 2.8 – Manovra di apertura: andamento nel tempo del livello nel pozzo piezometrico
(considerando e trascurando la dissipazione localizzata alla base del pozzo) e confronto
con la soluzione analitica.
A partire da queste condizioni di moto stazionario (condizioni iniziali) è stata
simulata una manovra di chiusura. In questo caso le condizioni al contorno,
rappresentate dall’andamento nel tempo delle portate verso la condotta forzata, sono
descritte dalle seguenti relazioni: Qf=10.0 m3/s per t=0 e Qf=0 per t>0.
I risultati del calcolo effettuato utilizzando un passo di integrazione temporale
Δt=1.0s sono illustrati in Figura 2.9. Nella stessa figura, per confronto, è riportata la
soluzione analitica ricavata in precedenza ed espressa dall’equazione (56) nella
quale si pone Q0=10 e Qf0=0 m3/s.
Moto vario in ipotesi anelastiche
Figura 2.9 – Manovra di chiusura: andamento nel tempo del livello nel pozzo piezometrico
(considerando e trascurando la dissipazione localizzata alla base del pozzo) e confronto
con la soluzione analitica. I simboli sono gli stessi della precedente Figura 2.8.
Si osserva che l’ampiezza delle oscillazioni si riduce molto più lentamente rispetto
al caso precedente. Ciò è dovuto al fatto che le portate lungo la galleria di
derivazione oscillano attorno ad un valore nullo e pertanto gli effetti dissipativi sono
sensibilmente inferiori. E’ da osservare inoltre che le oscillazioni, dopo una prima
riduzione, sembrano mantenere un’ampiezza costante nel tempo. Tale
comportamento è da attribuirsi alla natura intrinsecamente instabile del metodo per
cui la riduzione di ampiezza prodotta dalle (deboli) dissipazioni di energia è bilanciata
dalla tendenza all’amplificazione delle oscillazioni a causa dell’instabilità del metodo.
Le precedenti valutazioni sono state effettuate riducendo il passo di integrazione
temporale a Δt=0.2 s. Per i due casi (manovra di apertura e manovra di chiusura) i
confronti sono illustrati in Figura 2.10 e in Figura 2.11, rispettivamente. Per entrambe
le situazioni è stata considerata la dissipazione localizzata alla base del pozzo
piezometrico. Modeste sono le differenze riscontrabili per il caso di manovra di
apertura, mentre nel caso di chiusura si osserva che l’ampiezza delle oscillazioni si
riduce sensibilmente prima che, per il meccanismo numerico prima evidenziato, si
stabilisca una condizione di moto periodico non smorzato.
Moto vario in ipotesi anelastiche
Figura 2.10 – Manovra di apertura: confronto dei livelli nel pozzo piezometrico calcolati con due
diversi passi di integrazione temporale.
Figura 2.11 – Manovra di chiusura: confronto dei livelli nel pozzo piezometrico calcolati con due
diversi passi di integrazione temporale.
Soluzione analitica con dissipazioni linearizzate. Nel seguito si riporta una
semplice soluzione analitica del problema ottenuta linearizzando opportunamente le
dissipazioni di energia lungo la galleria e trascurando quelle alla base del pozzo.
Immaginiamo di linearizzare le dissipazioni di energia introducendo una velocità
caratteristica vM e ponendo
j=
f vv
f
≅
d 2g
d
v Mv
2g
(61)
In tal caso l’equazione dinamica (48), nella quale si trascura il termine ΔE2-3 che
indica il complesso di perdite di energia che si realizzano nel pozzo, si scrive
Moto vario in ipotesi anelastiche
z=−
L Ap d 2 z
L Ap d 2 z fL v M v
jL
−
=
−
−
g Ag dt 2
g Ag dt 2 d 2g
(62)
Potendo esprimere la velocità in galleria ancora mediante la (50), si avrà
L Ap d 2 z fL v M
z=−
−
g Ag dt 2 d 2g
⎛ Ap dz Qf ⎞
⎜
⎟
+
⎜ A dt A ⎟
g ⎠
⎝ g
(63)
ovvero
f v Qf
d 2 z f v M dz gAg
z=− M
+
+
2
2 d dt LAp
2 d Ap
dt
(64)
Posto
ω=
g Ag
L Ap
ψ =
f vM
4d
ΔE =
f v M Qf
2 dω 2 A p
(65)
l’equazioni del moto diventa
d 2z
dz
+ 2ψ
+ ω 2 z = − ΔE ω 2
2
dt
dt
(66)
Consideriamo il polinomio caratteristico dell’omogenea associata
λ2 + 2ψλ + ω 2 = 0
(67)
le cui soluzioni sono
λ1,2 = −ψ ± ψ 2 − ω 2
(68)
La soluzione dell’omogenea associata sarà pertanto
z = A e λ1t + B e λ2t
(69)
A questa sommiamo un integrale particolare della (66) ottenendo così la soluzione
completa che sarà
z = A e λ1t + B e λ2t − ΔE
(70)
nella quale, in generale, i coefficienti A e B che dovranno essere determinati
imponendo le condizioni al contorno, come pure gli esponenti λ1 e λ2, sono numeri
complessi.
Consideriamo dapprima il caso in cui sia ψ>ω e le radici λ1 e λ2 siano pertanto
reali.
All’istante t=0, il livello nel pozzo, z0, è quello relativo al moto stazionario
precedente l’istante in cui viene effettuata una manovra. Dalla (70) si ha dunque
z 0 = A + B − ΔE
(71)
Moto vario in ipotesi anelastiche
Ancora per t=0 vale, ovviamente la condizione al contorno (55) discendente
dall’equazione di continuità. Essendo
dz
= λ1 A e λ1t + λ 2 B e λ2t
dt
(72)
si avrà
v0 =
Ap
Ag
(λ1A + λ2 B ) + Qf 0
(73)
Ag
Risolvendo il sistema lineare costituito dalle due equazioni (71) e (73), si trova
A=
1
λ1 − λ2
B=−
⎛ Q0 − Qf 0
⎞
⎜
− λ 2 ( z0 + ΔE ) ⎟
⎜ A
⎟
p
⎝
⎠
1
λ1 − λ2
⎛ Q0 − Q f 0
⎞
⎜
− λ1 ( z0 + ΔE ) ⎟
⎜ A
⎟
p
⎝
⎠
(74)
(75)
Utilizzando l’equazione (50) possiamo inoltre determinare l’andamento nel tempo
delle velocità in galleria che risulta espresso dalla seguente relazione
v=
Ap
Ag
(λ A e
1
λ1t
)
+ λ 2 B e λ2 t +
Qf
Ag
(76)
Consideriamo ora il caso in cui sia ψ<ω e le radici λ1 e λ2 siano pertanto
complesse. Posto
ωD = ω 2 − ψ 2
(77)
si avrà
λ = −ψ ± i ω 2 − ψ 2 = −ψ ± iω D
(78)
e la soluzione completa, comprensiva dell’integrale particolare, risulta
(
)
z = e −ψt A e − iωDt + B e iωD t − ΔE
(79)
La precedente relazione, nella quale i coefficienti A e B sono complessi (in
particolare sono complessi coniugati) può essere scritta nella seguente forma1
1
Ricordando che è
e iα = cos(α ) + i sen(α )
si ha:
z = e −ψt [A (cos( −ω D t ) + i sen( −ω D t )) + B (cos(ω D t ) + i sen(ω D t ))] − ΔE
z = e −ψt [A (cos(ω D t ) − i sen(ω D t )) + B (cos(ω D t ) + i sen(ω D t ))] − ΔE
z = e −ψt [( A + B ) cos(ω D t ) − i ( A − B )sen(ω D t )] − ΔE
Posto: C1=-i(A-B) e C2=A+B si trova, infine
z = e −ψt [C1sen(ω D t ) + C 2 cos(ω D t )] − ΔE
Moto vario in ipotesi anelastiche
z = e −ψt [C1sen(ω D t ) + C 2 cos(ω D t )] − ΔE
(80)
All’istante t=0, il livello nel pozzo, z0, è quello relativo al moto stazionario
precedente l’istante in cui viene effettuata una manovra. Dalla (80) si ha dunque
z0 = C 2 − ΔE
(81)
Ancora per t=0 vale, ovviamente la condizione al contorno (55) discendente
dall’equazione di continuità. Essendo
dz
= −ψe −ψt [C 2 cos(ω D t ) + C1sen(ω D t )] − ω D e −ψt [C 2 sen(ω D t ) − C1 cos(ω D t )]
dt
(82)
si avrà
Q0 − Qf 0 = A p
dz
dt
= Ap (ω DC1 − ψ C 2 )
(83)
t =0
Risolvendo il sistema lineare costituito dalle due equazioni (81) e (83), si trova
C1 =
Q0 − Qf 0 ψ ( z0 + ΔE )
+
ω D Ap
ωD
(84)
C 2 = z0 + ΔE
(85)
e quindi
⎡
⎤
⎛ Q − Qf 0 ψ ( z 0 + ΔE ) ⎞
⎟sen(ω D t )⎥ − ΔE
z = e −ψt ⎢( z 0 + ΔE ) cos(ω D t ) + ⎜ 0
+
⎜ ω A
⎟
ωD
⎢⎣
⎥⎦
⎝ D p
⎠
(86)
Conviene riscrivere la precedente equazione (86) come segue
⎡
⎛
Q0 − Qf 0
ψ
z = −ΔE + ( z0 + ΔE ) e −ψt ⎢cos(ω D t ) + ⎜
+
⎜ ω A ( z + ΔE ) ω
D
⎝ D p 0
⎣⎢
⎤
⎞
⎟sen(ω D t )⎥
⎟
⎠
⎦⎥
(87)
nella quale è evidente che per t→0, z→z0 (condizione di moto stazionario iniziale) e
per t→∞, z→-ΔE, corrispondente alla nuova condizione di moto stazionario.
Utilizzando l’equazione (50) possiamo inoltre determinare l’andamento nel tempo
delle velocità in galleria che, con qualche passaggio, risulta espresso dalla seguente
relazione
v=
⎛ ω D ( z 0 + ΔE )A p
Qf 0 Q0 − Qf 0 −ψt ⎡
ψ2
ψ
e ⎢cos(ω D t ) − ⎜⎜
(1 + 2 ) +
+
Ag
Ag
Q
Q
ω
−
ω
f0
D
0
D
⎝
⎣⎢
⎤
⎞
⎟sen(ω D t )⎥
⎟
⎠
⎦⎥
(88)
nella quale è ancora evidente che per t→0, v→Q0/Ag (condizione di moto stazionario
iniziale) e per t→∞, v→Qf0/Ag, corrispondente alla nuova condizione di moto
stazionario.
Moto vario in ipotesi anelastiche
Per quanto riguarda la stima della velocità caratteristica vM non è possibile stabilire
un criterio che consenta di individuare per questo parametro un valore compatibile al
tempo stesso con le condizioni di regime iniziale e finale e con le dissipazioni che si
determinano durante il processo di moto vario.
Per considerare correttamente il primo aspetto, per manovre di completa chiusura
o completa apertura conviene assumere per vM la velocità che si stabilisce nella
galleria di derivazione rispettivamente all’istante iniziale (vM=Q0/Ag) ovvero a regime
(vM=Qf0/Ag).
Per ottenere una stima verosimile della rapidità con cui le oscillazioni si smorzano
nel tempo conviene assegnare a vM il valore massimo della velocità in galleria
dedotto, ad esempio, dalla soluzione in assenza di dissipazioni fornita dall’equazione
(57).
ESEMPI
Manovre multiple. Nel seguito si illustra brevemente il comportamento del sistema
quando ad una prima manovra (effettuata a partire da una condizione di moto
stazionario) ne segue una seconda a breve distanza temporale. Per semplicità, nella
discussione farà riferimento al caso di dissipazioni di energia trascurabili.
A partire da una condizione stazionaria, in un istante generico t0, il livello nel
pozzo piezometrico e la velocità in galleria sono quelli forniti dalle equazioni (56) e
(57), rispettivamente, ovvero
z(t 0 ) =
Q0 − Q f 0
sen(ωt 0 )
ω Ap
(89)
v (t 0 ) =
Q0 − Qf 0
Q
cos(ωt 0 ) + f 0
Ag
Ag
(90)
Consideriamo ora la soluzione generale del problema in assenza di dissipazioni,
prima dell’imposizione delle condizioni al contorno, fornita dalla (53).
Imponiamo le nuove condizioni al contorno: per t=t0, z=z(t0) e, sempre per t=t0,
Qf=Qf1.
Dalle (53) e (89) si avrà
z(t 0 ) = A sen(ωt 0 ) + B cos(ωt 0 ) =
Q0 − Qf 0
sen(ωt 0 )
ω Ap
(91)
Mentre dalle (50) e (90) si avrà
v (t 0 ) =
Ap dz
Ap
Q
Q
+ f1 =
ω [A cos(ωt 0 ) − B sen(ωt 0 )] + f 1 =
Ag dt t =t0 Ag
Ag
Ag
Q − Qf 0
Q
= 0
cos(ωt 0 ) + f 0
Ag
Ag
(92)
Dalla soluzione del sistema lineare composto dalle equazioni (91) e (92) si
determinano i coefficienti A e B. Sostituite, quindi, le espressioni per questi
coefficienti nella soluzione generale (53) si ottiene
Moto vario in ipotesi anelastiche
⎡ Q − Qf 0 Qf 1 − Qf 0
⎤
⎡ Q − Qf 0
⎤
cos(ωt 0 )⎥ sen(ωt ) + ⎢ f 1
sen(ωt 0 )⎥ cos(ωt )
−
z=⎢ 0
ω Ap
⎢⎣ ω Ap
⎥⎦
⎢⎣ ω Ap
⎥⎦
(93)
valida, evidentemente, per t>t0.
Consideriamo, ad esempio, una manovra iniziale di chiusura (Qf0=0) e una
successiva manovra di apertura effettuata quando il livello nel pozzo ha raggiunto il
suo valore minimo. Dalla (56), questo istante corrisponde a t=t0=0.75T. Sostituite
queste condizione nella (93), si avrà
⎡ Q ⎤
⎡ Q
z = ⎢ 0 ⎥ sen(ωt ) + ⎢− f 1
⎢⎣ ω Ap ⎥⎦
⎢⎣ ω Ap
⎤
⎥ cos(ωt )
⎥⎦
(94)
Immaginando che a seguito dell’apertura, la portata verso la condotta forzata, Qf1,
corrisponda alla portata verso la condotta forzata che si aveva antecedentemente la
prima manovra di chiusura, cioè la portata Q0 fluente in galleria, si avrà
z=
Q0
[sen(ωt ) − cos(ωt )]
ω Ap
(95)
la quale può essere riscritta nella forma
z= 2
Q0
sen(ωt − π / 4)
ω Ap
(96)
La precedente relazione mostra che, a partire dall’istante t=t0 in cui si effettua la
seconda manovra, l’oscillazione resta caratterizzata da un’ampiezza incrementata
del fattore 2 .
La situazione più gravosa si verifica quando la manovra di chiusura avviene
all’istante t0 corrispondente al momento in cui il livello nel pozzo, nella sua discesa,
raggiunge il valore z=0 e la portata in galleria, che sta andando verso il serbatoio,
raggiunge il suo valore massimo. Questo istante corrisponde a t=t0=0.5T. Sostituite
queste condizione nella (93), si avrà
⎡ Q
⎤
Q
z = ⎢ 0 + f 1 ⎥ sen(ωt )
ω Ap ⎥⎦
⎣⎢ ω Ap
(97)
Assunto, come in precedenza, Qf1=Q0, si avrà
z=2
Q0
sen(ωt )
ω Ap
(98)
la quale mostra che, a partire dall’istante t=t0 in cui si effettua la seconda manovra,
l’oscillazione resta caratterizzata da un’ampiezza doppia rispetto a quella precedente
l’istante t0.
ESEMPI
Moto vario in ipotesi anelastiche
2.3.3 Casse d’aria
Un dispositivo di protezione analogo a quello visto nel paragrafo precedente è
necessario inserire in un impianto di sollevamento immediatamente a valle delle
pompe. Un pozzo piezometrico potrebbe assolvere il compito di protezione della
condotta di mandata dai fenomeni di colpo d’ariete innescati dall’attacco e dallo
stacco delle pompe, ma per la sua collocazione (immediatamente a valle delle
pompe) dovrebbe essere caratterizzato da dimensioni verticali spesso eccessive
(vedi Figura 2.12), superiori al dislivello geodetico tra serbatoio di recapito e vasca di
alimentazione. Per tale motivo il pozzo piezometrico è normalmente sostituito da un
piccolo serbatoio in pressione, detto cassa d’aria, che sfrutta la comprimibilità
dell’aria per assorbire le rapide variazioni dinamiche imposte dall’attacco o
dall’arresto della pompa.
Consideriamo il sistema illustrato in Figura 2.12 che schematizza un impianto di
sollevamento. Il sistema è costituito da un serbatoio di alimentazione A, da una breve
condotta di aspirazione, da una pompa, da una cassa d’aria posta immediatamente a
valle della pompa e da una lunga condotta di mandata fino al serbatoio di recapito B.
Figura 2.12
Per effetto della regolazione della pompa si innesca un fenomeno di oscillazione di
massa che interessa la cassa d’aria, la condotta di mandata e il serbatoio di recapito.
Il problema è del tutto analogo a quello dell’oscillazione di massa in un pozzo
piezometrico illustrato nel paragrafo precedente.
Le equazioni che governano l’oscillazione di massa nella cassa d’aria sono ancora
quelle per il moto vario unidimensionale in ipotesi anelastiche. Effettuando
l’integrazione spaziale dell’equazione del moto tra le sezioni 1 e 2 indicate in Figura
2.12 e trascurando i termini di inerzia e quelli dissipativi nella cassa e nel serbatoio,
si ha
E 2 − E1 = −
L dv
− jL
g dt
(99)
nella quale L, v e j rappresentano la lunghezza, la velocità e la dissipazione di
energia per unità di lunghezza relativi alla condotta di mandata.
Moto vario in ipotesi anelastiche
Assunto il riferimento indicato in Figura 2.12 e trascurato il carico cinetico nella
cassa si ha E1=z+p/γ, essendo p la pressione dell’aria nella cassa. Si può inoltre
assumere che l’estensione del serbatoio di recapito sia notevole e siano pertanto
trascurabili le variazioni di quota della sua superficie. Si può assumere cioè E2=h0. In
queste ipotesi, l’equazione (99) può essere riscritta come segue
h0 − ( z +
p
γ
)=−
L dv
− jL
g dt
(100)
All’equazione (100), nelle variabili z, v e p, va innanzitutto associata l’equazione di
continuità che, nel caso in esame, è un equazione di nodo:
Q p = v A + v c Ac
(101)
nella quale A e Ac sono le aree delle sezioni della condotta di mandata e della cassa
d’aria rispettivamente, vc è la velocità nella cassa d’aria e Qp e la portata pompata.
Potendo scrivere vc=dz/dt, la precedente relazione diventa:
Qp = v A +
dz
Ac
dt
(102)
A queste due relazioni ne va associata necessariamente una terza che contenga
almeno una delle variabili del problema. L’equazione che possiamo associare è
quella che descrive la trasformazione termodinamica subita dall’aria contenuta nella
cassa. Tale trasformazione sarà in generale una politropica del tipo:
p0* U 0k = p * U k
(103)
Nella quale p* e U sono la pressione assoluta e il volume dell’aria nella cassa ad
un generico istante, p0* e U0 sono le stesse quantità all’istante iniziale e k è
l’esponente della politropica che per l’aria varia tra k=1 (trasformazione isoterma) e
k=1.4 (trasformazione adiabatica. Indicata con zM la quota del cielo della cassa, la
precedente relazione può essere scritta come segue
( p0 + patm ) Ac ( zM − z0 ) k = ( p + patm ) Ac ( zM − z ) k
(104)
ovvero
( p0 + patm ) ( zM − z0 ) k = ( p + patm ) ( zM − z ) k
(105)
in cui patm è la pressione atmosferica (patm=101.33 kPa) e z0=0 è il livello iniziale
dell’acqua nella cassa.
Assumendo noto l’andamento nel tempo della portata Qp, il sistema composto
dalle equazioni (100), (102) e (105) può essere risolto per fornire, in particolare,
l’andamento nel tempo dei livelli e delle pressioni nella cassa d’aria. A tale proposito,
si vedrà più avanti un esempio di soluzione numerica del problema.
Per ottenere una semplice soluzione analitica di questo problema assumiamo
innanzitutto di trascurare le dissipazioni di energia. Dalla (102) si ha
Moto vario in ipotesi anelastiche
v=
Qp
A
−
Ac dz
A dt
(106)
Sostituita la (106) nella (100), quest’ultima diventa
p
h0 − ( z +
γ
)=
L Ac d 2 z
L dQ p
−
2
g A dt
g A dt
(107)
Ancora per semplicità ammettiamo che la manovra alla pompa che innesca
l’oscillazione di massa sia una variazione istantanea della portata Qp che si realizzi
all’istante t=0, dalle condizioni precedenti Qp=v0A (v0 è la velocità nella condotta di
mandata all’istante t=0) a quelle valide per t>0, Qp=Qp0. Con questa semplificazione,
per t>0 risulta dQp/dt=0 e l’equazione (107) può essere ulteriormente semplificata.
Una seconda, fastidiosa, non linearità è presente nell’equazione (105). A tale
proposito va osservato che le oscillazioni di livello nella cassa d’aria sono
relativamente contenute essendo legate alla comprimibilità dell’aria. Possiamo quindi
pensare di linearizzare la suddetta equazione mediante uno sviluppo in serie di
Taylor in un intorno di z=z0=0. L’espressione per la pressione p, esplicitata
dall’equazione (105) si scrive:
p = ( p0 + patm ) ( zM − z0 ) k
1
− patm
( zM − z ) k
(108)
Lo sviluppo in serie di Taylor, arrestato al termine del primo ordine si scrive:
p ≅ p z =0 +
∂p
∂z
z
(109)
z =0
Sostituita l’espressione per p fornita dall’equazione (108) nella (109), con qualche
passaggio si ottiene:
p ≅ p0 +
k ( p0 + patm )
z
zM
(110)
Sostituita infine quest’ultima relazione nell’equazione (107), si ha:
k ( p0 + patm )
L Ac d 2 z
h0 − ( z +
z) =
+
g A dt 2
γ
γ zM
p0
(111)
La precedente è un’equazione differenziale lineare del secondo ordine, a
coefficienti costanti, che può essere facilmente risolta.
Si osservi innanzitutto che è z0+p0/γ=p0/γ=h0. La relazione precedente è riscritta
come segue:
k ( p0 + patm ) g A ⎤
d 2z ⎡
+ ⎢(1 +
)
⎥z=0
2
L Ac ⎦
γ zM
dt
⎣
(112)
Posto
ω = (1 +
k ( p0 + patm ) g A
)
γ zM
L Ac
(113)
Moto vario in ipotesi anelastiche
l’equazione differenziale (112), analoga a quella vista per i pozzi piezometrici,
presenta la soluzione generale
z = C1 sen(ωt ) + C 2 cos(ωt )
(114)
in cui le costanti C1 e C2 vanno determinate utilizzando le condizioni al contorno.
All’istante t=0, il livello nella cassa d’aria è z=0. Dalla (114) si ha dunque
0 = C1 sen(0) + C 2 cos( 0) = C 2
(115)
Ancora per t=0 vale, ovviamente, l’equazione di continuità (106).
v0 =
Qp0
A
−
Ac dz
A dt
(116)
t =0
Derivando la (114) e sostituendo tale derivata nella (116) si trova C1=(Qp0-Q0)/ωAc,
in cui Q0=v0.A è la portata fluente lungo la condotta di mandata all’istante t=0. La
soluzione, pertanto è
z=
Q p 0 − Q0
ω Ac
sen(ωt )
(117)
Il coefficiente C1 risulta quindi essere l’ampiezza delle oscillazioni di livello nella
cassa d’aria. Sostituendo questa espressione per z(t) nell’equazione di continuità è
possibile determinare l’andamento nel tempo della velocità o della portata lungo la
condotta di mandata, mentre dall’equazione (108) si ottiene l’andamento nel tempo
delle pressioni. In alternativa, la pressione potrebbe essere calcolata, istante per
istante, sostituendo l’espressione per z(t) nell’equazione linearizzata (110).
Nell’esempio che segue sono analizzate entrambe queste possibilità.
Soluzione numerica del problema di oscillazione in una cassa d’aria. Nel
seguito si illustra una semplice soluzione numerica del problema utilizzando un
metodo di integrazione di tipo esplicito. E’ da osservare, come per i casi precedenti,
che la soluzione con un metodo esplicito, in assenza di dissipazioni di energia, per
questo sistema di equazioni, risulta essere instabile. In presenza di dissipazioni di
energia la stabilità può essere assicurata scegliendo un passo di integrazione
temporale sufficientemente piccolo.
Le equazioni (100), (102) e (105) sono riscritte come segue
⎤
dv g ⎡
p
= ⎢z + − h0 − jL⎥
γ
dt L ⎣
⎦
(118)
dz Q p − v A
=
dt
Ac
(119)
[
p = ( p0 + patm ) ( zM − z0 ) k
]( z
M
1
− patm
− z)k
L’asse dei tempi è diviso in intervalli Δt tali per cui
(120)
Moto vario in ipotesi anelastiche
t = k Δt
k = 1, 2, 3, K, n
La generica variabile all’istante t, è indicata con l’apice k. Ad esempio z(t) è
indicato con zk. Discretizzando le due derivate che compaiono nelle equazioni (118)
e (119) alle differenze finite, e con riferimento ad un metodo di integrazione
esplicito,si trova:
⎤
v k +1 − v k g ⎡
p
= ⎢z + − h0 − jL⎥
Δt
γ
L⎣
⎦
z
k
(121)
Q −v A
−z
=
Δt
Ac
k +1
k
k
p
k
Le precedenti relazioni possono essere riscritte come segue:
v
k +1
⎤
g Δt ⎡
p
z + − h0 − jL ⎥
=v +
⎢
γ
L ⎣
⎦
k
k
z k +1 = z k +
Q −v A
k
p
(122)
k
Ac
Δt
Ad ogni passo temporale, poi, mediante l’equazione (120) si calcola il
corrispondente valore per la pressione p.
Il sistema è completato dalle condizioni iniziali e al contorno per il particolare
problema che si vuole studiare.
Consideriamo ad esempio (Figura 2.12) una condotta con le seguenti
caratteristiche: L=1000 m e d=0.2 m. Assumiamo, come riferimento per le quote il
livello nella cassa d’aria ad impianto fermo come indicato in Figura 2.12. Ipotizziamo
inoltre, per semplicità, che le dissipazioni di energia possano essere calcolate
mediante la formula di Darcy-Weisbach nella quale la funzione di resistenza assuma
un valore costante e pari a f=0.02. Le caratteristiche della cassa d’aria siano Ac=0.5
m2 e zM=1.0 m. Sia, infine, h0=40.0 m.
Nel caso di attacco di una pompa, le condizioni iniziali sono rappresentate da: z=0,
v=0 e p=γh0=392.4 kPa. Le condizioni al contorno sono rappresentate
dall’andamento nel tempo delle portate pompate. Si può, ad esempio assumere:
Qp=0 per t=0 e Qp=0.05 m3/s per t>0.
La soluzione, ottenuta utilizzando un passo di integrazione temporale Δt=0.02 s è
illustrata in Figura 2.13. Nella stessa figura, per confronto, è riportata la soluzione
analitica ricavata in precedenza.
Moto vario in ipotesi anelastiche
Figura 2.13 – Andamento nel tempo del livello z e dell’altezza di pressione p/γ nella cassa d’aria e
della portata Q lungo la condotta di mandata nel caso di attacco della pompa. La
soluzione 1 usa l’equazione (110) per la pressione mentre la soluzione 2 usa l’equazione
(108).
Moto vario in ipotesi anelastiche
Nella successiva Figura 2.14 è illustrata la soluzione dello stesso problema
nell’ipotesi di ridurre praticamente a zero le dissipazioni di energia (si assume
f=0.0002). In questo caso la soluzione numerica si avvicina sensibilmente a quella
analitica. Le differenze che permangono sono da attribuire alla linearizzazione
dell’equazione termodinamica necessaria per poter ottenere una soluzione analitica
del problema.
Si osservi, in Figura 2.13, che in condizioni di regime si ha: z=0.149 m, p=517.59k
Pa (p/γ=52.76 m) e, ovviamente, Q=0.05 m3/s.
A partire da queste condizioni di moto stazionario è stato simulato lo stacco della
pompa. In questo caso le condizioni al contorno, rappresentate dall’andamento nel
tempo delle portate pompate, sono descritte dalle seguenti relazioni: Qp=0.05 m3/s
per t=0 e Qp=0 per t>0.
I risultati della simulazione numerica, ottenuti utilizzando un passo di integrazione
temporale Δt=0.02s sono illustrati in Figura 2.15. Anche in questo caso, nella stessa
figura è riportata per confronto la soluzione analitica precedentemente ricavata.
Figura 2.14 – Andamento nel tempo del livello z e dell’altezza di pressione p/γ nella cassa d’aria e
della portata Q lungo la condotta di mandata e confronto con la soluzione teorica. I
risultati sono stati ottenuti riducendo il coefficiente di resistenza al valore f=0.0002. I
simboli sono gli stessi della precedente Figura 2.13.
Moto vario in ipotesi anelastiche
Figura 2.15 – Andamento nel tempo del livello z e dell’altezza di pressione p/γ nella cassa d’aria e
della portata Q lungo la condotta di mandata nel caso di stacco della pompa. La
soluzione 1 usa l’equazione (110) per la pressione mentre la soluzione 2 usa
l’equazione (108).
Moto vario in ipotesi anelastiche
2.3.4 Oscillazioni forzate
Ci sono situazioni in cui l’oscillazione è non indotta da una qualche manovra, più o
meno rapida, di un organo di regolazione come negli esempi visti nei paragrafi
precedenti, ma è forzata da una variazione continua, spesso periodica o quasi
periodica, di una condizione al contorno.
Anche in situazioni di questo tipo la soluzione numerica del problema non lineare
è di gran lunga più efficace quando si debbano fare precise valutazioni quantitative.
Per inquadrare il problema e studiarne le caratteristiche più rilevanti è comunque
utile procedere, in prima approssimazione, attraverso la soluzione analitica delle
equazioni che governano il fenomeno, in qualche modo linea rizzate.
Consideriamo l’esempio illustrato in Figura 2.16 nel quale il sistema è costituito da
una condotta che collega un pozzetto ad un bacino. Assumiamo che nel bacino il
livello oscilli (periodicamente) nel tempo seguendo la legge h=a.sen(ψt) che descrive
un’oscillazione attorno al livello medio nel bacino, assunto come riferimento, di
ampiezza a e pulsazione ψ e la risposta del sistema a questa forzante.
Figura 2.16
Le equazioni che governano l’oscillazione forzata sono ancora quelle per il moto
vario unidimensionale in ipotesi anelastiche. Possiamo integrare nello spazio
l’equazione del moto tra le sezioni 1 e 2 indicate in Figura 2.16 e, mantenendo i
contributi dei termini dissipativi e delle accelerazioni temporali relativi alla sola
condotta, si trova
2'
E 2 − E1 = −
2'
1 ∂v
ds − ∫ j ds
g 1∫' ∂t
1'
(123)
Assunto il riferimento indicato in Figura 2.16 e trascurato il carico cinetico nel
pozzetto si ha E2=z e E1=h=a.sen(ψt). Pertanto l’equazione (47) può essere riscritta
come segue
z − a sen(ψt ) = −
L dv
− jL
g dt
(124)
in cui v è la velocità nella condotta. All’equazione (48), nelle variabili z e v, va
associata l’equazione di continuità che, come per il caso del pozzo piezometrico, è
un equazione di nodo (nodo 2’ di Figura 2.16):
Moto vario in ipotesi anelastiche
v A = v pΩ
(125)
nella quale A e Ω sono le aree delle sezioni della condotta e del pozzetto
rispettivamente, vp è la velocità nel pozzetto che si può esprimere in funzione del
livello z essendo vp=dz/dt. Il sistema composto dalle equazioni (48) e (49), con le
necessarie condizioni al contorno, può essere agevolmente risolto numericamente.
Soluzioni analitiche si possono ottenere introducendo alcune ulteriori semplificazioni.
Consideriamo dapprima il caso in cui si trascurino le dissipazioni di energia.
Combinando le equazioni (48) e (49) e con la usuale posizione
gA
ω2 =
LΩ
si trova
d 2z
(126)
+ ω 2 z = ω 2 a senψt
dt 2
La soluzione generale dell’omogenea associata all’equazione completa (126) è
quella già vista nei precedenti problemi di oscillazione di massa. A questa soluzione
va aggiunto l’integrale particolare zp1
aω 2
zp = 2
sen (ψ t )
(127)
ω −ψ 2
per ottenere, nel complesso
aω 2
z = C1 sen (ω t ) + C 2 cos (ω t ) + 2
sen (ψ t )
(128)
ω −ψ 2
Le costanti di integrazione C1 e C2 si determinano utilizzando le opportune
condizioni al contorno che dipendono dal particolare problema indagato.
Esempio. Consideriamo il sistema illustrato in Figura 2.16. La condotta è lunga 6
m e ha un diametro di 0.2 m cui corrisponde un’area A=0.0314 m2. Il pozzetto è
cilindrico di diametro D=0.6 m cui corrisponde una superficie orizzontale Ω=0.283 m2.
Assumiamo inoltre che l’oscillazione del livello nel bacino sia caratterizzata da
un’ampiezza a=0.5 m e da un periodo TW=10 s (che potrebbe corrispondere ad un
modo ondoso). Assumiamo, inoltre, che fino all’istante t=0 la condotta e il pozzetto
siano isolati dal bacino (possiamo immaginare, ad esempio, che vi sia una
saracinesca chiusa in corrispondenza della sezione 1’ di Figura 2.16) e il livello nel
1
L’integrale particolare si determina a partire da una sua verosimile struttura algebrica. Nel caso in
esame si può assumere zp=B1 sen(yt)+B2 cos(yt) in cui le costanti B1 e B2 vanno determinate in modo
tale che l’espressione per zp verifichi l’equazione differenziale completa. Sostituita dunque
quest’espressione per zp nell’equazione (126) si ottiene il cosiddetto residuo R il quale deve risultare
identicamente nullo. Nel caso in esame si trova
[
]
[
]
R = − B1ψ 2 + B1ω 2 − aω 2 sen (ψ t ) + − B2ψ 2 + B2ω 2 cos (ψ t )
Il residuo è identicamente nullo quando sono nulli i coefficienti delle funzioni sen(ψt) e cos(ψt).
Imponendo questa condizione si trova
B1 =
aω 2
ω 2 −ψ 2
B2 = 0
Moto vario in ipotesi anelastiche
pozzetto coincida con quello medio nel bacino. All’istante t=0 la saracinesca viene
rapidamente (istantaneamente) aperta realizzando il collegamento dinamico tra
bacino e pozzetto attraverso la condotta.
Nelle ipotesi qui assunte, per la valutazione delle costanti di integrazione C1 e C2
si impongono le seguenti condizioni al contorno
t =0
⎧z = 0
⎪
⎨ dz v 0 A
⎪⎩ dt = Ω = 0
(129)
la seconda delle quali è l’equazione di continuità (125) esplicitata rispetto a dz/dt e
calcolata per t=0.
Con queste condizioni, si trova
aωψ
C2 = 0
C1 = − 2
ω −ψ 2
L’oscillazione del livello nel pozzetto sarà quindi descritta dalla seguente relazione
ψ
aω 2 ⎡
⎤
z= 2
sen (ψ t ) − sen (ω t )⎥
(130)
2 ⎢
ω
ω −ψ ⎣
⎦
nella quale, con i dati del problema, si ha ψ=2π/TW=0.628 s-1 e ω=0.426 s-1.
L’oscillazione del livello nel pozzo, descritta analiticamente dall’equazione (130), è
illustrata in Figura 2.17.
Si osservi che con le caratteristiche geometriche ipotizzate e la particolare
forzante assunta, le oscillazioni di livello nel pozzetto sono caratterizzate da
un’ampiezza superiore (praticamente doppia) a quella della forzante. Ciò è dovuto al
fatto che differenza tra la frequenza della forzante ψ /2π e quella propria del sistema
ω /2π è relativamente piccola e siamo dunque vicini alla condizione di risonanza.
Dall’equazione di continuità (125) si determina l’andamento delle velocità in
condotta che sono quindi espresse dalla seguente relazione (vedi Figura 2.17)
Ω aω 2ψ
[ cos (ψ t ) − cos (ω t )]
v=
(131)
A ω 2 −ψ 2
Consideriamo ora il problema in presenza di dissipazioni di energia. In tal caso il
sistema composto dalle equazioni (124) e (125), unitamente alle condizioni al
contorno, può essere agevolmente risolto per via numerica, come si vedrà più avanti.
Per ottenere una soluzione analitica è necessario linearizzare il termine che descrive
le dissipazioni di energia assumendo che queste siano proporzionali alla velocità in
condotta.
Il modo di procedere è del tutto analogo a quello sviluppato nel paragrafo 2.3.2. In
particolare si introduce una velocità caratteristica vM e si pone
j=
f vv
f
≅
d 2g
d
v Mv
2g
Moto vario in ipotesi anelastiche
Figura 2.17
In questo modo l’equazione dinamica (124) si scrive
z − a sen(ψt ) = −
Ω L d 2 z fL Ω v M dz
−
A g dt 2 d A 2g dt
ovvero
d 2 z f v M dz gA
gA
+
+
z=a
sen(ψt )
2
2d dt LΩ
LΩ
dt
Posto
ω=
gA
LΩ
χ=
f vM
4d
(132)
l’equazioni del moto diventa
d 2z
dz
+ 2χ
+ ω 2 z = a ω 2 sen(ψt )
2
dt
dt
(133)
Moto vario in ipotesi anelastiche
La soluzione dell’omogenea associata (zo) è già stata illustrata in dettaglio nel
paragrafo 2.3.2. In particolare, se χ>ω risulta
zo = C1 e λ1t + C 2 e λ2t
con
λ1,2 = − χ ± χ 2 − ω 2
(134)
Nel caso in cui sia χ<ω, posto
ωD = ω 2 − χ 2
(135)
si avrà
zo = e − χt [C1sen(ω D t ) + C 2 cos(ω D t )]
(136)
Le costanti C1 e C2 che compaiono nelle equazioni (134) e (136) andranno
determinate utilizzando le condizioni al contorno. Alla soluzione generale
rappresentata da queste equazioni si deve poi sommare l’integrale particolare.
Per la valutazione dell’integrale particolare si procede come già descritto nella
soluzione in assenza di dissipazioni. Si trova
aω 2
zp =
(ω 2 − ψ 2 ) sen (ψ t ) − 2 χψ cos(ψ t )
(137)
2
2
2 2
(2 χψ ) + (ω − ψ )
La soluzione completa sarà dunque z=zo+zp.
[
]
Esempio. Consideriamo l’esempio appena illustrato ed assumiamo per le
dissipazioni di energia continue un valore costante per la funzione di resistenza
f=0.02.
Assumiamo, per la velocità caratteristica un valore verosimile, vM=2.0 m/s (si veda
a questo proposito il grafico di Figura 2.17. Con i dati del problema risulta χ=0.05 s-1.
Essendo χ<ω, la soluzione del problema sarà del tipo
z = e − χt [C1sen(ω D t ) + C 2 cos(ω D t )] + z p
(138)
in cui zp è espresso dalla (137) e ωD=0.423 s-1, poco inferiore a ω.
Per determinare le costanti C1 e C2 si utilizzano le stesse condizioni al contorno
viste in precedenza ed espresse dalla (129).
Dopo qualche (laborioso) passaggio si trova
aω 2ψ
2χ 2 − ω 2 + ψ 2
C1 =
ω D (2 χψ ) 2 + (ω 2 − ψ 2 ) 2
(139)
χψ ω 2
C 2 = 2a
(2 χψ ) 2 + (ω 2 − ψ 2 ) 2
Con i dati del problema si trova C1=0.596 m e C2=0.116 m.
L’oscillazione del livello nel pozzo, descritta analiticamente dall’equazione (130), è
illustrata in Figura 2.18.
Dall’equazione di continuità (125) si determina quindi l’andamento delle velocità in
condotta che sono espresse dalla seguente relazione (vedi Figura 2.18)
Moto vario in ipotesi anelastiche
v=
[
]
Ω
aω 2ψ
− e − χt (ω 2 − ψ 2 ) cos(ω D t ) + ( χ / ω D ) (ω 2 + ψ 2 ) sen(ω D t ) +
A (2 χψ ) 2 + (ω 2 − ψ 2 ) 2
(ω 2 − ψ 2 ) cos (ψ t ) + 2 χψ sen(ψ t )
{
[
]}
(140)
Figura 2.18
Con riferimento a questa soluzione vi sono alcuni aspetti che è opportuno
sottolineare.
Nella soluzione generale che si ottiene sommando l’integrale dell’omogenea
associata (136) all’integrale particolare (137) le costanti di integrazione C1 e C2 che
dipendono dalle condizioni iniziali del sistema (condizioni al contorno nel tempo)
interessano soltanto la parte di soluzione espressa dalla (136). Questa parte di
soluzione, inoltre, decade esponenzialmente nel tempo e il sistema quindi tende
verso una condizione di regime che è descritta dal solo integrale particolare. Questo
comportamento è evidente in Figura 2.18 in cui è riportato anche l’andamento nel
tempo del contributo zp.
Moto vario in ipotesi anelastiche
La rapidità con cui il contributo fornito dall’omogenea associata va riducendosi è
descritta dal termine M=1/χ che rappresenta, pertanto, una misura della memoria del
sistema. In prima approssimazione, e in analogia con quanto visto per il tempo di
avviamento di una condotta, potremmo assumere che la memoria effettiva del
sistema sia circa 3M, ovvero dopo un tempo pari a 3M il sistema non ricorda più le
condizioni iniziali di partenza.
Nell’esempio appena illustrato si ha M=20 s (quindi 3M=60 s) e in effetti, come è
immediato osservare in Figura 2.18, dopo circa 60 s, la soluzione completa z(t) e
quella descritta dall’integrale particolare zp(t) risultano praticamente coincidenti.
Questo comportamento, caratteristico delle “oscillazioni forzate” viene frequente
sfruttato nella soluzione di problemi per i quali è difficoltoso fissare le condizioni
iniziali del sistema. In questi casi, stimata la memoria dl sistema, si estende
opportunamente all’indietro il periodo di tempo simulato in modo che la soluzione
nella finestra temporale che interessa non sia affetta dalle condizioni iniziali, poste
arbitrariamente.
In molti problemi, inoltre, il transitorio descritto dalla soluzione dell’omogenea
associata risulta breve e poco significativo mentre l’analisi del comportamento del
sistema a regime riveste spesso un certo interesse. Queste condizioni si
determinano soprattutto quando il sistema è fortemente dissipativo, cioè le
dissipazioni di energia prevalgono rispetto agli effetti legati all’inerzia temporale.
In condizioni di regime si ha
aω 2
z = zp =
(ω 2 − ψ 2 ) sen (ψ t ) − 2 χψ cos(ψ t )
2
2
2 2
(2 χψ ) + (ω − ψ )
che può essere riscritta come segue
⎛ 2 χψ ⎞
aω 2
⎟
z=
sen(ψ t + ϕ ) e
ϕ = arctan ⎜⎜ 2
(141)
2 ⎟
ψ
ω
−
(2 χψ ) 2 + (ω 2 − ψ 2 ) 2
⎠
⎝
[
]
Se confrontiamo l’andamento del livello nel pozzetto, espresso dalla (141) con
l’andamento nel tempo del livello nel bacino si osserva una variazione di ampiezza e
un ritardo di fase che dipendono dalle caratteristiche del sistema e dalla pulsazione ψ
della forzante. E’ spesso interessante analizzare come varia il rapporto η tra le
ampiezze nel pozzetto e nel bacino, e il ritardo di fase ϕ, al variare della pulsazione
ω. Nei problemi dell’idraulica, inoltre, risulta di maggiore immediatezza considerare il
ritardo temporale Δt anziché quello di fase ϕ, le due grandezze essendo legate dalla
relazione Δτ=-ϕ/ψ.
Nel problema in esame si ha dunque
⎛ 2 χψ ⎞
ω2
1
⎟
e
η=
Δt = − arctan ⎜⎜ 2
(142)
2 ⎟
ψ
(2 χψ ) 2 + (ω 2 − ψ 2 ) 2
⎝ψ − ω ⎠
Gli andamenti di questi due parametri al variare della pulsazione ψ (e del rapporto
tra la frequenza della forzante e quella propria del sistema, ψ/ω) sono illustrati in
Figura 2.19. Con riferimento al rapporto η tra l’ampiezza della forzante e quella delle
oscillazioni nel pozzetto, si osserva un’attenuazione (η<1) solo per le frequanze
maggiori (ψ>0.6 s-1) mentre per quelle minori l’ampiezza della risposta z(t) si
amplifica con un valore massimo di η superiore a 4 in condizioni prossime a quelle di
risonanza (ψ/ω≈1). Per quanto riguarda il ritardo di fase si osserva che anche per
Moto vario in ipotesi anelastiche
valori molto piccoli della pulsazione ψ, ovvero per oscillazioni del livello nel bacino
molto lente, il ritardo che caratterizza le oscillazioni nel pozzetto, pur piccolo, non si
annulla, a causa dell’inerzia temporale.
Figura 2.19
Si noti, che qualsiasi sia l’andamento della grandezza assegnata, si può pensare
di descrivere questo andamento mediante uno sviluppo in serie di Fourier. Essendo il
problema lineare posso studiare la soluzione relativa ad una singola e generica
armonica e poi sovrapporre gli effetti.
Soluzione numerica del problema di oscillazione forzata. Nel seguito si illustra
una semplice soluzione numerica del problema utilizzando un metodo di integrazione
di tipo esplicito. E’ da osservare, come per i casi precedenti, che la soluzione con un
metodo esplicito, in assenza di dissipazioni di energia, risulta essere instabile mentre
in presenza di dissipazioni di energia la stabilità può essere assicurata scegliendo un
passo di integrazione temporale sufficientemente piccolo.
Procediamo come già visto negli altri esempi presentati in questo capitolo.
Dividiamo l’asse dei tempi in intervalli Δt tali per cui
t = k Δt
k = 1, 2, 3, K, n
ed indichiamo con l’apice k la generica variabile all’istante t.
Discretizzando le due derivate temporali che compaiono nelle equazioni (124) e
(125) alle differenze finite, e con riferimento ad un metodo di integrazione esplicito,si
trova:
Moto vario in ipotesi anelastiche
⎤
v k +1 − v k
g ⎡f L v v
=− ⎢
+ z − a sen(ψt )⎥
L ⎣⎢ d 2g
Δt
⎦⎥
k
z k +1 − z k A k
= v
Δt
Ω
Le precedenti relazioni possono essere riscritte come segue:
v
k +1
⎤
g ⎡f L v v
= v − Δt ⎢
+ z − a sen(ψt )⎥
L ⎢⎣ d 2g
⎥⎦
k
k
z k +1 = z k + Δt
(143)
A k
v
Ω
Il sistema è completato dalle condizioni iniziali e al contorno per il particolare
problema che si vuole studiare.
Figura 2.20
Moto vario in ipotesi anelastiche
Con riferimento ai dati dell’esempio illustrato in questo paragrafo, la Figura 2.20
mostra il confronto tra la soluzione numerica, ottenuta con un passo di integrazione
temporale Δt=0.05 s e quella analitica delle equazioni linearizzate assumendo una
velocità caratteristica vM=2 m/s. Si osserva un ottimo accordo tra le due soluzioni ed
è facile verificare che tale accordo è poco influenzato dal valore assunto dalla
velocità vM a patto che questa si mantenga in un intervallo di valori verosimili.
Moto vario in ipotesi anelastiche
2.4 Colpo d’ariete
Il fenomeno del colpo d’ariete sarà descritto con maggior dettaglio nel capitolo 1
relativo ai problemi che richiedono una trattazione in ipotesi elastiche. Si tratta di un
fenomeno determinato da brusche variazioni delle condizioni di moto in grado di
produrre importanti stati di sovrapressione o forti depressioni. Il fenomeno, come
sarà possibile vedere analizzandolo in ipotesi elastiche, è aggravato dal fatto che
queste variazioni positive e negative di pressione si alternano con frequenze molto
elevate.
In questo capitolo viene analizzato il fenomeno del colpo d’ariete nella forma
semplificata consentita dalle ipotesi anelastiche ricavando una soluzione che può
essere ritenuta accettabile solo quando le variazioni del campo di moto sono
relativamente lente e, conseguentemente, modeste le variazioni di pressione che
così si determinano.
Consideriamo il sistema schematicamente illustrato in Figura 2.21 costituito da un
serbatoio e da una lunga condotta di scarico munita, al termine, di un ugello
regolabile (otturatore). Assumiamo inoltre, per comodità, che il moto nel sistema sia
stazionario. Note le caratteristiche della condotta e il dislivello h0. è facile stabilire la
velocità v0 di regime nella condotta. Immaginiamo di chiudere istantaneamente
l’ugello terminale e di determinare come evolve il moto nel tempo. Si tratta,
qualitativamente, di un processo opposto a quello dell’avviamento di una condotta.
Figura 2.21
Integrando l’equazione dinamica tra i punti 1 e 2, e trascurando i termini di
accelerazione temporale e di dissipazione di energia nel tratto 1-1’, come fatto nel
paragrafo 2.1, si trova:
E 2 − E1 = −
L dv
− jL
g dt
(144)
in cui L la lunghezza della condotta. Per comodità assumiamo che durante il
processo il livello nel serbatoio rimanga costante e, per semplicità, trascuriamo le
dissipazioni di energia ammettendo, come spesso accade, che la velocità in condotta
e la lunghezza L siano piccole.
In queste ipotesi, l’equazione (144) si riduce alla seguente
Moto vario in ipotesi anelastiche
h* +
v2
L dv
− h0 = −
2g
g dt
(145)
in cui h* è la quota piezometrica in corrispondenza alla sezione 2 (il pedice 2 è stato
omesso per comodità). Una ulteriore semplificazione, adottata come si vedrà anche
nella trattazione elastica del problema, consiste nel trascurare il termine cinetico a
fronte di quello piezometrico. L’equazione (145), nella sua forma semplificata finale,
è dunque
h * − h0 = −
L dv
g dt
(146)
Nella precedente equazione le grandezze variabili nel tempo sono due: la quota
piezometrica h* e la velocità in condotta v. E’ necessario quindi associare un’ulteriore
relazione per rendere risolubile il problema.
2.4.1 Riduzione lineare della velocità
Se immaginiamo una manovra di chiusura dell’otturatore, potremmo assumere, in
prima approssimazione, che questa chiusura determini una riduzione della velocità
nella sezione 2 (e quindi in tutta la condotta) dal valore v0 a zero nel tempo di
manovra Tc. Potremmo altresì assumere che questa variazione di velocità sia lineare
nel tempo e segua quindi la legge:
v = v 0 (1 − t / Tc )
(147)
In tal caso, sostituita la (147) nella (146) si trova
h * − h0 =
Lv0 1
g Tc
(148)
ovvero
⎛ T
h * = h0 ⎜⎜1 + a
⎝ Tc
⎞
⎟⎟
⎠
(149)
La soluzione appena illustrata prevede che durante la chiusura dell’otturatore, in
corrispondenza alla sezione terminale si determini una sovrapressione costante nel
tempo il cui valore è fornito dalla (149). A chiusura avvenuta, il termine dv/dt si
annulla e si ristabilisce immediatamente la condizione h*=h0. E’ da osservare che al
tendere a zero della durata della manovra la sovrapressione che si viene a creare
tende ad infinito. Prima che tale condizione sia raggiunta, evidentemente
intervengono nel fenomeno gli effetti legati alla deformabilità della condotta e alla
comprimibilità del fluido. Per tempi di manovra brevi, quindi, le ipotesi anelastiche
sono inaccettabili. Nella pratica, la soluzione fornita dalla (149) può ritenersi
accettabile fino a valori Ta/Tc=0.10÷0.15.
Nell’ipotesi di riduzione lineare delle velocità, il problema presenta un semplice
soluzione anche quando siano mantenuti il termine dissipativo e l’energia cinetica
nella sezione 2. In questo caso, infatti, l’equazione (144), associata alla (147) si
scrive
Moto vario in ipotesi anelastiche
L v 0 v 02 (1 − t / Tc ) 2 ⎛ f L ⎞
h − h0 =
−
⎜1 +
⎟
g Tc
d ⎠
2g
⎝
*
per t<Tc
VELOCITA’ SENZA SEMPLIFICARE LE DISSIPAZIONI
2.4.2 Chiusura lineare dell’otturatore
In alternativa all’ipotesi precedente, si può assumere una riduzione lineare
dell’area della sezione 3 dal valore iniziale AuMAX (otturatore completamente aperto)
al valore zero. In tal caso la trattazione risulta un po’ più articolata.
.Trascurando gli effetti inerziali e le dissipazioni di energia nel tratto 2-3,
l’equazione dinamica integrata nello spazio (vedi eq. (144)) si riduce all’uguaglianza
E2=E3. Quest’ultima, trascurando, come già visto, il carico cinetico nella sezione 2 si
scrive:
v 32
h =
2g
*
(150)
L’equazione di continuità, applicata tra le sezioni 2 e 3 fornisce
v ⋅ A = v 3 ⋅ Au
(151)
in cui A è l’area della sezione della condotta e Au è l’area della sezione terminale
dell’ugello (sezione 3) in un generico istante. Combinando le equazioni (150) e (151)
per eliminare la variabile v3, si trova:
v=
Au
A
2g h *
(152)
Inoltre, nelle condizioni di regime iniziali, quando l’otturatore è completamente
aperto (Au=AuMAX), la velocità in condotta è v0, e la quota piezometrica in
corrispondenza alla sezione 2 è h*=h0, dalla (152) si ha
v0 =
AuMAX
A
2g h0
(153)
Dal rapporto tra le equazioni (152) e (153), si trova
Au
v
=
v 0 AuMAX
h*
h0
Indicati con η=Au/AuMAX il grado di chiusura dell’ otturatore e con ζ =
(154)
h * / h0 , la
(154) si scrive
v = v 0 ⋅ η (t ) ⋅ ζ (t )
(155)
L’espressione (155) per la velocità può essere sostituita nella (146) che diventa
Moto vario in ipotesi anelastiche
h * − h0 = −
L v 0 ⎛ dη
dζ ⎞
⋅ζ +η ⋅
⎜
⎟
g ⎝ dt
dt ⎠
(156)
Ovvero, dividendo entrambi i membri per h0 e ricordando l’espressione del tempo
di avviamento:
dζ ⎞
⎛ dη
⋅ζ +η ⋅
⎟
dt ⎠
⎝ dt
ζ 2 − 1 = −Ta ⎜
(157)
Una volta fissata la legge di chiusura η(t), l’equazione (157) risulta contenere la
sola variabile dipendente ζ. Se assumiamo, ad esempio, una legge di chiusura
lineare del tipo
η = 1− t / Tc
(158)
L’equazione (157) diventa
ζ 2 − 1−
Ta
dζ ⎛
t
⎜⎜1 −
ζ = −Ta
dt ⎝ Tc
Tc
⎞
⎟⎟
⎠
(159)
Si tratta di un’equazione differenziale non lineare e a variabili separabili. La (159),
può infatti essere scritta come segue
d (t / Tc )
T
dζ
=− a 2
(1 − t / Tc ) Tc ζ − (Ta / Tc )ζ − 1
(160)
Posto λ=Ta/Tc, la soluzione analitica della precedente, con la condizione ζ=1 per
t=0 è
(
)
(
A=
2 − (λ +
)
4+λ )
ζ =
(
)
1 λ − 4 + λ 2 ⋅ B( t ) − λ + 4 + λ 2 ⋅ A
B( t ) − A
2
2 − λ − 4 + λ2
2
⎛
t
B(t ) = ⎜⎜1 −
⎝ Tc
⎞
⎟⎟
⎠
4 + λ2 / λ
(161)
Un esempio dell’andamento nel tempo della soluzione è illustrato in Figura 2.22.
Moto vario in ipotesi anelastiche
Figura 2.22
D’altra parte noi siamo interessati soprattutto alla stima dei valori massimi della
sovrapressione, che si raggiungono, praticamente, in tempi brevi e sensibilmente
inferiori al tempo di manovra (a rigore, il valore massimo lo si ha per t=Tc). Si
raggiungono, infatti, in un tempo confrontabile con quello necessario all’avviamento
di una condotta già visto nel paragrafo 2.1.
Come si osserva dalla soluzione illustrata in Figura 2.22, in corrispondenza ai
massimi valori della sovrapressione la variazione nel tempo della quota h* e quindi
della variabile ζ è trascurabilmente piccola. Posto dζ/dt=0, possiamo ridurre
l’equazione (159) ad una semplice equazione algebrica per i valori estremi di ζ.
2
ζ MAX
−
Ta
ζ MAX − 1 = 0
Tc
(162)
L’equazione (162) presenta, come unica soluzione fisicamente accettabile, la
seguente
ζ MAX
2
⎡
⎤
⎛ Ta ⎞
1 ⎢Ta
=
+ ⎜⎜ ⎟⎟ + 4 ⎥
⎥
2 ⎢T c
⎝ Tc ⎠
⎣
⎦
(163)
La precedente relazione può essere semplificata ricordando che le ipotesi
anelastiche, come visto nel paragrafo 2.4.1, possono essere ritenute accettabili solo
quando Ta/Tc«1. In tal caso (Ta/Tc)2 è trascurabile rispetto a 4 e la (163) si riduce a
ζ MAX = 1+
1 Ta
2 Tc
(164)
Ricordando la definizione di ζ, si può scrivere
*
⎛
hMAX
1 Ta
2
= ζ MAX
= ⎜⎜1 +
h0
⎝ 2 Tc
2
⎞
T
1 ⎛T
⎟⎟ = 1 + a + ⎜⎜ a
Tc 4 ⎝ Tc
⎠
⎞
⎟⎟
⎠
2
(165)
Moto vario in ipotesi anelastiche
Ricorrendo alla stessa semplificazione utilizzata per la (163), si trova infine
⎛ T
*
hMAX
= h0 ⎜⎜1 + a
⎝ Tc
⎞
⎟⎟
⎠
(166)
Si ottiene, in pratica, lo stesso risultato conseguito con la trattazione vista nel
paragrafo 2.4.1.
Moto vario in ipotesi elastiche
3 MOTO VARIO IN IPOTESI ELASTICHE
Nel paragrafo precedente si è visto che la trattazione anelastica presenta seri limiti
quando le brusche variazioni delle caratteristiche del moto determinano forti e rapide
variazioni di pressione. In queste situazioni l’effetto della pressione consiste in non
trascurabili deformazioni della condotta e variazioni di massa legate alla variazione
della densità del fluido.
Per queste situazioni si rende necessario ricorrere alla trattazione elastica.
Almeno nella sua forma semplificata che sarà illustrata e descritta in questo capitolo.
3.1 Descrizione qualitativa del fenomeno del colpo d’ariete
Prima di introdurre le equazioni del moto, si ritiene opportuno analizzare
qualitativamente il fenomeno del colpo d’ariete come si sviluppa nella realtà. A tale
scopo consideriamo il sistema schematico illustrato in Figura 3.1a. La situazione è
del tutto analoga a quella schematizzata in Figura 2.21 e analizzata sotto le ipotesi
anelastiche. Immaginiamo di chiudere istantaneamente l’otturatore all’istante t=0. In
corrispondenza della sezione terminale, quindi, la velocità deve annullarsi e la
pressione cresce essendo la forza di pressione l’unica forza che si oppone all’inerzia
del fluido che sta fluendo verso l’otturatore. L’incremento di pressione determina un
aumento della densità del fluido (legge di Hook) e la dilatazione della condotta. Dopo
pochi istanti, tutta la parte terminale della condotta è caratterizzata da velocità nulla e
da pressioni superiori a quella iniziale (Figura 3.1b). Questo stato di moto si propaga
verso monte con celerità a. Mentre nel tratto di monte della condotta, non ancora
raggiunto dalla perturbazione di pressione, permangono le condizioni iniziali. Una
volta raggiunto il serbatoio, l’onda viene riflessa e si propaga verso l’otturatore con la
stessa celerità. Il passaggio dell’onda riflessa determina il ripristino delle pressioni
ma produce un flusso caratterizzato dalla velocità v0 diretta verso il serbatoio (Figura
3.1c). All’istante t=2L/a l’onda di pressione riflessa ha raggiunto l’otturatore. Le
pressioni sono tornate ovunque quelle iniziali ma adesso la condotta è animata da un
flusso opposto a quello iniziale (Figura 3.1d). Trovando chiuso l’otturatore, in questa
sezione si produce una nuova onda di pressione, questa volta negativa, uguale ed
opposta a quella iniziale a causa del verso della velocità. Qualche istante più tardi
(Figura 3.1e) si osserva l’onda che viaggia verso monte con celerità a e lascia alle
sue spalle uno stato di depressione e velocità nulle. Quest’onda raggiunge il
serbatoio e viene da questo riflessa. . Il passaggio dell’onda riflessa determina il
ripristino delle pressioni e modifica ancora una volta il verso del flusso che ora è
caratterizzato dalla velocità v0 diretta verso l’otturatore (Figura 3.1f). All’istante t=4L/a
l’onda di pressione riflessa ha raggiunto l’otturatore e sia le pressioni che la velocità
tornano ad essere quelle dell’istante iniziale (Figura 3.1a). Il fenomeno prosegue
periodicamente esaurendosi lentamente per effetto delle dissipazioni di energia. Gli
andamenti nel tempo delle sovrapressioni all’otturatore e delle velocità in condotta in
corrispondenza dell’imbocco del serbatoio sono illustrati in Figura 3.2.
- 55 -
Moto vario in ipotesi elastiche
Figura 3.1
Moto vario in ipotesi elastiche
Figura 3.2 – Andamento nel tempo delle sovrapressioni all’otturatore (sinistra) e delle velocità
all’imbocco del serbatoio (destra)
Il tempo t=2L/a, necessario alla perturbazione di pressione prodotta all’otturatore
per ritornare all’otturatore stesso dopo essere stata riflessa dal serbatoio è un tempo
caratteristico che riveste, come vedremo, notevole importanza. Tale tempo
caratteristico è detto “ritmo” della condotta ed è normalmente indicato con τ.
Nella realtà le manovre non sono istantanee ma caratterizzate da una durata finita
Tc. Per valutare, ancora qualitativamente il moto che si sviluppa a seguito di una
manovra non istantanea conviene rappresentare graficamente in modo diverso la
propagazione delle onde di pressione. Essendo il fenomeno lineare, vale il principio
di sovrapponibilità degli effetti. Possiamo quindi studiare il campo di moto
complessivo sommando le onde che a passi temporali pari a τ/2 partono
dall’otturatore o dal serbatoio. Per familiarizzare con questa rappresentazione,
consideriamo ancora il caso di chiusura istantanea.
In Figura 3.3, nella colonna di sinistra, sono rappresentate le diverse onde mentre
nella colonna di destra la loro somma, quindi lo stato di pressione effettivo. All’istante
t=0, dall’otturatore parte un’onda positiva, cioè di sovrapressione (0<t<τ/2) che
arrivata al serbatoio cambia segno (τ/2<t<τ). L’onda riflessa al serbatoio arriva
all’otturatore all’istante t=τ e qui viene nuovamente riflessa mantenendo però lo
stesso segno negativo (τ<t<1.5τ). Giunta al serbatoio, l’onda viene riflessa con segno
opposto e torna quindi ad essere un’onda di sovrapressione (1.5τ<t<2τ). Quest’onda
raggiunge l’otturatore all’istante t=2τ. Qui viene nuovamente riflessa come onda
positiva, la situazione complessiva è identica a quella che caratterizza l’istante t=0 e
il processo si ripete periodicamente. In pratica una variazione di pressione Δp
(positiva o negativa) che dall’otturatore arriva al serbatoio viene da questo riflessa
con segno opposto. Viceversa, una variazione di pressione Δp che dal serbatoio
arriva all’otturatore viene da questo riflessa con lo stesso segno.
Moto vario in ipotesi elastiche
Figura 3.3
Nel caso di una manovra di durata finita, possiamo immaginare di scomporre la
riduzione graduale di area all’otturatore in una successione (al limite infinita) di
piccole riduzioni istantanee della sezione terminale di efflusso (al limite infinitesime)
effettuate a passi temporali δt piccoli ma finiti. Ogni riduzione di sezione determina
un’onda di sovrapressione, di intensità relativamente modesta (δp) essendo modesta
la riduzione di velocità indotta dalla parziale chiusura dell’otturatore. Le onde di
sovrapressione così prodotte, sovrapponendosi, si propagano verso monte come
illustrato schematicamente in Figura 3.4.
Moto vario in ipotesi elastiche
Figura 3.4
Al termine della manovra di chiusura, se questa è sufficientemente veloce,
all’otturatore si avrà una sovrapressione Δp=nδp essendo n=Tc/δt. Tale
sovrapressione si manterrà inalterata nel tempo finchè l’onda negativa riflessa al
serbatoio non avrà raggiunto l’otturatore. Al tendere a zero dell’intervallo δt, quindi
per una manovra graduale, il fronte d’onda assumerà un profilo continuo anziché
scalinato.
E’ possibile analizzare in questo modo, qualitativamente, lo stato di pressione che
interessa la condotta a seguito di una manovra non istantanea.
In questa analisi è necessario distinguere il caso in cui sia Tc<τ da quello in cui Tc
risulti superiore al ritmo della condotta. Nel primo caso, illustrato in Figura 3.5, la
manovra è definita rapida. Si osserva infatti che, essendo Tc<τ, almeno all’otturatore
si raggiunge la sovrapressione massima, al termine della manovra di chiusura,
coincidente con quella che si determina nel caso di chiusura istantanea. Ciò è
determinato dal fatto che l’onda negativa riflessa dal serbatoio, e quindi il suo effetto
consistente in una riduzione di pressione, non raggiunge l’otturatore prima della
completa chiusura.
Moto vario in ipotesi elastiche
Figura 3.5 – Chiusura rapida
Nel secondo caso, illustrato in Figura 3.6, la manovra è definita lenta (Tc>τ). Si
osserva infatti che, essendo Tc>τ, l’onda negativa riflessa dal serbatoio, e quindi il
suo effetto consistente in una riduzione di pressione, raggiunge l’otturatore all’istate
t=τ, prima della completa chiusura, cioè prima che all’otturatore si raggiunga la
sovrapressione massima. In questo caso, quindi, le massime sovrapressioni sono
inferiori a quelle corrispondenti ad una manovra rapida.
Moto vario in ipotesi elastiche
Figura 3.6 – Chiusura lenta
Nella successiva Figura 3.7 sono illustrati gli andamenti nel tempo della pressione
all’otturatore determinati da una chiusura caratterizzata da tempi di manovra Tc
differenti. Si osserva, in particolare, che per Tc<τ la massima (e la minima) pressione
assumono lo stesso valore anche se il periodo durante il quale la condotta è
sollecitata da questa pressione massima si riduce al crescere del tempo di manovra.
Quando invece sia Tc>τ, la massima sovrapressione all’otturatore, per le ragioni su
esposte, va riducendosi al cresce della durata della manovra di chiusura.
Nel paragrafo che segue sono introdotte le equazioni normalmente utilizzate per la
soluzione del moto in pressione in ipotesi elastiche.
Moto vario in ipotesi elastiche
Figura 3.7
Moto vario in ipotesi elastiche
3.2 Le equazioni semplificate del moto
Consideriamo le equazioni del moto (1)1 e (2) sviluppate come indicato di seguito
∂ * v2
1 ∂v
(h +
)=−
−j
∂s
g ∂t
2g
ρ
∂Q
∂ρ
∂A
∂ρ
+Q
+ρ
+A
=0
∂s
∂s
∂t
∂t
(167)
(168)
Sviluppando la derivata spaziale nella (167) e sostituendo nella (168) Q=v.A, si
trova
∂h * v ∂v
1 ∂v
+
=−
−j
∂s g ∂s
g ∂t
ρv
∂A
∂v
∂A
∂ρ
∂ρ
+ ρA
+ρ
+ vA
+A
=0
∂s
∂s
∂t
∂s
∂t
(169)
(170)
Nelle equazioni così scritte introduciamo una serie di semplificazioni che si basano
sulle seguenti considerazioni. Immaginiamo che una qualsiasi delle caratteristiche
dell’onda di pressione sia descritta dalla generica funzione F(s,t). Tale funzione, ad
esempio, può essere la pressione, o la densità. Se ci spostiamo solidali all’onda di
pressione e assumiamo di trascurare le dissipazioni di energia, vediamo la
caratteristica F immutata sia nel tempo che nello spazio. In altre parole, per un
osservatore in moto con la celerità a dell’onda di pressione deve essere dF/dt=0.
Sviluppando, si ha
dF ∂F ∂F ds
=
+
=0
dt
∂t ∂s dt
(171)
in cui la velocità ds/dt è proprio la celerità a dell’onda.
Esplicitando la precedente relazione rispetto ad a=ds/dt e dividendo entrambi i
membri per la velocità v in condotta si ha
∂F / ∂t
a
=−
v
v ⋅ ∂F / ∂s
(172)
1
In realtà l’equazione (1) contiene già un’ipotesi semplificativa determinata dalla trascurabilità della
variazione spaziale della densità. L’equazione di partenza dovrebbe infatti essere:
1 ∂p ∂h ∂ ⎛ v 2 ⎞
1 ∂v
⎟⎟ = −
⎜⎜
+
+
−j
g ∂t
γ ∂s ∂s ∂s ⎝ 2g ⎠
Solo se è possibile assumere (1/γ)∂p/∂s≈∂(p/γ)/∂s le due equazioni coincidono. D’Atra parte si ha
∂ ⎛ p ⎞ 1 ∂p
p ∂γ 1 ⎛ ∂p p ∂ρ ⎞ 1 ⎛ ∂p p dρ ∂p ⎞ 1 ∂p ⎛
p dρ ⎞
⎜⎜ ⎟⎟ =
⎟⎟ = ⎜⎜
⎟⎟ =
⎜⎜1 −
⎟
− 2
= ⎜⎜
−
−
∂s ⎝ γ ⎠ γ ∂s γ ∂s γ ⎝ ∂s ρ ∂s ⎠ γ ⎝ ∂s ρ dp ∂s ⎠ γ ∂s ⎝
ρ dp ⎟⎠
Utilizzando la legge di Hook richiamata più avanti (equazione (178)),si ha (p/ρ)dρ/dp=p/E, essendo E il
modulo elastico del fluido. Le pressioni in gioco sono dell’ordine di qualche MPa mentre per l’acqua si
ha E=2GPa. Il termine p/E risulta pertanto trascurabile rispetto all’unità e l’ipotesi semplificativa può
considerarsi senz’altro accettabile.
Moto vario in ipotesi elastiche
Come avremo modo di vedere, la celerità a è normalmente molto più grande della
velocità v. Ad esempio, nel caso di una condotta in acciaio, la celerità è dell’ordine
dei 1000 m/s mentre la velocità è spesso dell’ordine 1÷3 m/s. Dalla (172) segue che i
termini del tipo v.∂F/∂s sono sensibilmente più piccoli dei termini del tipo ∂F/∂t, per
qualsiasi variabile F, e possono essere trascurati. Accade così, nella (169), che il
termine v.∂v/∂s possa essere trascurato rispetto al termine ∂v/∂t , essendo entrambi
moltiplicati per 1/g. Raccolta a fattor comune la densità ρ nel primo e nel quarto
termine della (170), il primo risulta trascurabile. Analogamente, raccolta a fattor
comune l’area A nel terzo e nel quinto termine della (170), il terzo risulta trascurabile.
Le equazioni (169) e (170) si riducono pertanto alle seguenti
∂h *
1 ∂v
=−
−j
∂s
g ∂t
ρA
∂v
∂A
∂ρ
+ρ
+A
=0
∂s
∂t
∂t
(173)
(174)
E’ da osservare che la semplificazione introdotta nell’equazione dinamica (173)
corrisponde a trascurare il carico cinetico in condotta.
L’equazione (174) necessita di laboriose manipolazioni. Assumiamo innanzitutto
che il moto sia barotropico e che quindi non solo l’area A della sezione ma anche la
densità ρ del fluido possano modificarsi solo per effetto della pressione: A=A(p) e
ρ=ρ(p). In queste ipotesi, dividendo entrambi i membri per il prodotto ρA, l’equazione
(174) si riscrive come segue
∂v 1 dA ∂p 1 dρ ∂p
+
+
=0
∂s A dp ∂t ρ dp ∂t
(175)
Essendo h*=p/γ+h, con h quota geodetica della condotta, costante nel tempo, si ha
∂h * 1 ∂p p ∂γ
=
−
∂t
γ ∂t γ 2 ∂t
(176)
nella quale l’ultimo termine a destra risulta essere trascurabile1.
L’equazione (175) può quindi essere riscritta nella forma
⎛ 1 dA 1 dρ ⎞ ∂h *
∂v
⎟⎟
+ γ ⎜⎜
+
=0
∂s
⎝ A dp ρ dp ⎠ ∂t
(177)
Si tratta a questo punto di formulare le espressioni per i due termini contenuti tra
parentesi.
1
L’equazione (176), utilizzando la legge di Hook nella forma data dalla (178), può essere riscritta
come
∂h* 1 ⎛ ∂p p ∂γ
= ⎜⎜ −
γ ⎝ ∂t γ ∂t
∂t
⎞ 1 ⎛ ∂p p ∂ρ ⎞ 1 ⎛ ∂p p dρ ∂p ⎞ 1 ∂p ⎛ p ⎞
⎟⎟ = ⎜⎜ −
⎟⎟ = ⎜⎜ −
⎟⎟ =
⎜1− ⎟
⎠ γ ⎝ ∂t ρ ∂t ⎠ γ ⎝ ∂t ρ dp ∂t ⎠ γ ∂t ⎝ E ⎠
in cui il modulo elastico del fluido è molto più grande dei valori usualmente ammissibili per la
pressione. Ovvero, risulta p/E«1 e può essere trascurato.
Moto vario in ipotesi elastiche
Dalla legge di Hook: dρ/ρ=dp/E, con E modulo elastico del fluido, si ha
direttamente
1 dρ 1
=
ρ dp E
(178)
Assumendo che la condotta sia di sezione circolare e diametro D, si ha
1 dA
1 d (πD 2 / 4) 2 dD
=
=
A dp πD 2 / 4
dp
D dp
(179)
Dalla formula di Mariotte: pD=2sσ, con s spessore della condotta e σ sforzo di
trazione, si ha1
dp =
2s
dσ
D
(180)
Utilizzando ancora la legge di Hook: dD/D=dσ/Em, con Em modulo di elasticità del
materiale, l’equazione (180) può essere scritta come
dp =
2s E m
dD
D2
(181)
Sostituita questa espressione nella (179) si ha infine
D
1 dA
=
A dp s E m
(182)
L’equazione (177) può quindi essere scritta come segue
⎛ D
∂v
1 ⎞ ∂h *
⎜
+γ ⎜
+ ⎟⎟
=0
∂s
s
E
E ⎠ ∂t
m
⎝
(183)
O meglio, esplicitata rispetto alla variazione temporale della quota piezometrica
∂h *
1
E/ρ
=−
∂t
g⎛ D E
⎜⎜1 +
s Em
⎝
∂v
⎞ ∂s
⎟⎟
⎠
(184)
Dall’equazione (172), in cui si assume F=h*, si ha
a=−
∂h * / ∂t
∂h * / ∂s
(185)
Sostituite nella precedente, le espressioni per ∂h*/∂s e ∂h*/∂t date dalle (173),
nell’ipotesi di trascurare le dissipazioni di energia, e (184), rispettivamente, si trova
1
Differenziando la formula di Mariotte e utilizzando la legge di Hook nella forma dD/D=dσ/Em, con Em
modulo di elasticità del materiale, si ha
dp =
⎛
σ ⎞
2s
2s
2s
2s dσ 2s
⎟⎟
dσ − 2 σdD =
=
dσ −
σ
dσ ⎜⎜1 −
D
D
D
D Em
D
E
m ⎠
⎝
in cui il rapporto σ/Em è trascurabilmente piccolo rispetto all’unità.
Moto vario in ipotesi elastiche
a=−
E/ρ
∂v / ∂s
⎛ D E ⎞ ∂v / ∂t
⎜⎜1 +
⎟
s E m ⎟⎠
⎝
(186)
Utilizzando ancora l’equazione (172) nella quale si ponga F=v, l’equazione (186)
diventa
a2 =
E/ρ
⎛ D E
⎜⎜1 +
s Em
⎝
⎞
⎟⎟
⎠
ovvero
a=±
E/ρ
⎛ D E
⎜⎜1 +
s Em
⎝
⎞
⎟⎟
⎠
(187)
Quindi l’equazione (184) può infine essere scritta nella forma
∂h *
a 2 ∂v
=−
∂t
g ∂s
(188)
Sommando membro a membro le equazioni (173) e (188),la prima moltiplicata per
a=ds/dt, si ottiene
∂h * ∂h * ds
a ⎛ ∂v ds ∂v ⎞
+
=− ⎜
+
⎟− ja
∂t
∂s dt
g ⎝ ∂s dt ∂t ⎠
(189)
Ovvero
dh *
a dv
=−
− ja
dt
g dt
(190)
L’equazione (190) è l’equazione che governa i fenomeni di moto vario elastico
nelle condotte. Nell’equazione (190), come risulta dalla soluzione della (187), la
celerità a può assumere valori positivi o negativi in relazione alla direzione di
propagazione dell’onda di pressione. Pertanto, se si fa riferimento al modulo della
celerità, la (190) rappresenta in realtà un sistema di due equazioni.
3.2.1 Forma integrata delle equazioni del moto
Con riferimento all’impiego della (190), conviene, per comodità, fare riferimento al
modulo della celerità specificandone, con il segno, la direzione di propagazione. Nel
seguito, con il simbolo a, come nel precedente paragrafo 3.1, si indicherà il modulo
della celerità.
Per un’onda che si propaga nella direzione positiva con riferimento all’ascissa
curvilinea s si avrà a=ds/dt. Tale relazione descrive la cosiddetta “linea caratteristica
positiva” indicata normalmente con C+. Lungo tale linea vale la (190) che riscriviamo
come segue, utilizzando per le dissipazioni continue la formula di Darcy-Weisbach
dh *
a dv f v v
=−
−
a
dt
g dt d 2g
(C + )
(191)
Per un’onda che si propaga nella direzione negativa sarà a=-ds/dt. Tale relazione
descrive la cosiddetta “linea caratteristica negativa” indicata normalmente con C-.
Lungo tale linea vale ancora la (190) che riscriviamo come segue
Moto vario in ipotesi elastiche
dh * a dv f v v
=
+
a
dt
g dt d 2g
(C − )
(192)
Nell’ipotesi di poter considerare costante la celerità a, le due linee caratteristiche,
in forma integrata, si scrivono
a=
Δs
Δt
(193)
in cui Δs è lo spazio, in modulo, percorso dal fronte d’onda in un intervallo di tempo
Δt.
Le equazioni (191) e (192), integrate lungo le caratteristiche, si scrivono
h * (s + Δs, t + Δt ) − h * (s, t ) = −
h * (s − Δs, t + Δt ) − h * (s, t ) =
v (s, t ) v (s, t )
a
[v (s + Δs, t + Δt ) − v (s, t )] − f
Δs
g
d
2g
v (s, t ) v (s, t )
a
[v (s − Δs, t + Δt ) − v (s, t )] + f
Δs
g
d
2g
(C + )
(194)
(C − ) (195)
Tali relazioni forniscono, con le opportune condizioni al contorno, i valori delle
variabili h* e v a passi discreti spaziali Δs e temporali Δt.
3.2.2 Esempio di applicazione
Nel seguito si illustra un semplice esempio dell’applicazione della forma integrata
delle equazioni per il moto vario elastico. Consideriamo il problema illustrato
qualitativamente all’inizio di questo capitolo e risolto in quello precedente mediante
l’impiego delle equazioni anelastiche.
Consideriamo un passo spaziale Δs coincidente con la lunghezza totale L della
condotta e un passo di integrazione temporale che, conseguentemente vale Δt=L/a.
Assumiamo di trascurare le dissipazioni di energia.
Per comodità, possiamo riscrivere le equazioni (194) e (195) nella seguente
forma.
h * (L, t 2 ) − h * (0, t 1 ) = −
h * (0, t 2 ) − h * (L, t 1 ) =
a
[v (L, t 2 ) − v (0, t 1 )]
g
a
[v (0, t 2 ) − v (L, t1 )]
g
(C + )
(196)
(C − )
(197)
in cui gli istanti t2 e t1 sono ovviamente legati dalla relazione t2=t1+Δt.
Si ricorda che in corrispondenza della sezione s=0 (serbatoio) si ha costantemente
h*(0,t)=h0.
Studiamo in particolare l’andamento delle pressioni all’otturatore (s=L) che
immaginiamo di chiudere all’istante t=0. Fino al momento della chiusura (t=t2<0, t1<0)
la velocità lungo la condotta è quella di regime, cioè v(L,t2)=v(0,t1)=v0. Dalla (196) si
ha
Moto vario in ipotesi elastiche
h * (L, t 2 ) − h0 = −
a
[v 0 − v 0 ] = 0
g
Dunque, fino all’istante di chiusura la quota piezometrica all’otturatore vale h0.
Appena effettuata la chiusura (t=0+) si ha: v(L,0+)=0 e v(0, 0+-Δt)=v0. Dalla (196) si
trova
h * (L,0 + ) − h0 = −
a
[0 − v 0 ] = a v 0
g
g
Cioè all’otturatore si registra una sovrapressione pari a (av0/g). A partire da questo
momento v(L,t) resta sempre nullo. E’ da osservare inoltre che la velocità nella
sezione s=0 rimane v0 fintantochè la perturbazione partita dall’otturatore non
raggiunge tale sezione. Quindi per un intervallo di tempo pari a Δt. Durante questo
intervallo di tempo, pertanto, all’otturatore si mantiene la medesima sovrapressione.
All’istante t=Δt+ la perturbazione, dopo aver raggiunto il serbatoio è appena riflessa.
Dalla (197) con t2=Δt+ e t1=0+, si ha
h0 − ( h0 +
[
av0
a
) = v (0, Δt + ) − 0
g
g
]
Ovvero v(0,Δt+)=-v0. Dalla (196), invece, si ha
h * (L, Δt + ) − h0 = −
a
[0 − v 0 ] = a v 0
g
g
Pertanto all’otturatore si mantiene ancora la precedente condizione di
sovrapressione. Inoltre le condizioni appena viste si mantengono finchè l’onda
riflessa non ha raggiunto l’otturatore, cioè fino all’istante t=2Δt. All’istante
immediatamente successivo t=2Δt+, l’onda è già stata riflessa dall’otturatore. Dalla
(196) con t2=2Δt+ e t1=Δt+, essendo v(0,Δt+)=-v0, si ha
h * (L, 2Δt + ) − h0 = −
a
[0 − (− v 0 )] = − a v 0
g
g
Cioè all’otturatore si registra una depressione pari a (-av0/g). La velocità nella
sezione s=0 rimane -v0 fintantochè la perturbazione partita dall’otturatore non
raggiunge tale sezione. Quindi per un intervallo di tempo pari a Δt. Durante questo
intervallo di tempo, pertanto, all’otturatore si mantiene la medesima depressione.
All’istante t=3Δt+ la perturbazione, dopo aver raggiunto il serbatoio è appena riflessa.
Dalla (197) con t2=3Δt+ e t1=2Δt+, si ha
h 0 − ( h0 −
[
av0
a
) = v (0, 3Δt + ) − 0
g
g
]
Ovvero v(0,3Δt+)=v0. Dalla (196), invece, si ha
Moto vario in ipotesi elastiche
h * (L, 3Δt + ) − h0 = −
a
[0 − ( −v 0 )] = − a v 0
g
g
Pertanto all’otturatore
depressione.
si
mantiene
ancora
la
precedente
condizione
di
Moto vario in ipotesi elastiche
3.3 Modalità di impiego delle equazioni del moto
Consideriamo una condotta di lunghezza L, suddivisa in un numero n di tratti di
lunghezza Δs. Il sistema composto dalle equazioni (194) e (195) può essere utilizzato
per determinare le pressioni e le velocità nelle sezioni, estremi dei tronchi con cui è
stata suddivisa la condotta, a passi temporali Δt finiti. Per quanto visto, i passi di
integrazione spaziale Δs e temporale Δt restano legati tra di loro dalla relazione
Δs=a·Δt e non possono pertanto essere scelti arbitrariamente. In genere viene fissata
la discretizzazione spaziale e stabilito, di conseguenza il passo Δt.
Figura 3.8 – Illustrazione schematica del procedimento di integrazione nel tempo delle equazioni
Con riferimento alle indicazioni contenute in Figura 3.8, possiamo riscrivere le
equazioni per le caratteristiche positiva e negativa, rispettivamente, come segue
v ( s , t ) v (s , t )
a
[v (s k , t 0 + Δt ) − v (s k −1, t 0 )] − f k −1 0 k −1 0 Δs
g
d
2g
(198)
v (s , t ) v ( s , t )
a
[v (s k , t 0 + Δt ) − v (s k +1, t 0 )] + f k +1 0 k +1 0 Δs
g
d
2g
(199)
h * (s k , t 0 + Δt ) − h * (s k −1, t 0 ) = −
h * (s k , t 0 + Δt ) − h * (s k +1, t 0 ) =
Sommando le due precedenti relazioni si ottiene
h * (s k , t 0 + Δt ) =
−
[
]
1 *
a
[v (s k −1, t 0 ) − v (s k +1, t 0 )] −
h (s k −1, t 0 ) + h * (s k +1, t 0 ) +
2
2g
f Δs
v (s k −1, t 0 ) v (s k −1, t 0 ) − v (s k +1, t 0 ) v (s k +1, t 0 )
4g d
[
]
(200)
la quale consente di determinare la quota piezometrica nella posizione sk all’istante
t0+Δt note che siano le caratteristiche del moto all’istante precedente, t0.
Analogamente, sottraendo tra loro le relazioni (198) e (199) ed esplicitando il
risultato rispetto al termine v(sk, t0+Δt) si trova:
v ( s k , t 0 + Δt ) =
−
[
]
1
[v (s k −1, t 0 ) + v (s k +1, t 0 )] + g h * (s k −1, t 0 ) − h * (s k +1, t 0 ) −
2
2a
f Δs
v (s k −1, t 0 ) v (s k −1, t 0 ) + v (s k +1, t 0 ) v (s k +1, t 0 )
4ad
[
]
(201)
Moto vario in ipotesi elastiche
Le equazioni (200) e (201) consentono, a partire da una condizione iniziale nota,
di ricostruire i valori della quota piezometrica e della velocità in tutti i punti interni
della condotta, cioè nelle posizioni sk con k=1,2,..n-1.
Per la soluzione completa del problema è necessario fissare le condizioni iniziali
(condizioni al contorno nel tempo) e le condizioni al contorno nello spazio.
3.3.1 Condizioni al contorno
Le condizioni iniziali consistono nei valori di quota piezometrica e velocità per tutti i
punti della discretizzazione all’istante iniziale t0. Più articolato è invece il problema
dell’assegnazione delle condizioni al contorno nello spazio. E’ evidente, innanzitutto,
per come sono fatte le linee caratteristiche, che è necessario fissare una condizione
a monte ed una a valle (cioè non è possibile fissare entrambe le condizioni nella
stessa sezione).
In entrambe le sezioni di estremità (s0 e sn) la condizione può essere una quota
piezometrica assegnata (es.: h*(s0,t)=f(t), con f(t) nota), oppure una velocità
assegnata (es.: v(s0,t)=f(t), con f(t) nota), oppure un legame (possibilmente lineare)
tra quota piezometrica e velocità (es.: f[h*(s0,t), v(s0,t)]=0). Tale condizione al
contorno, messa a sistema con l’unica equazione caratteristica disponibile per i punti
di estremità, consente di ricavare la soluzione del problema in detti punti. Nel seguito
si riportano alcuni semplici esempi di condizioni al contorno, in relazione al fenomeno
che si vuole studiare.
3.3.2 Intercettazione del flusso in una condotta (colpo d’ariete)
Consideriamo l’esempio discusso nel paragrafo 2.4 (Figura 2.21), nel quale sono
trascurate le dissipazioni di energia. Assumiamo, ad esempio, le seguenti
caratteristiche del condotto: L=1000 m, d=0.5 m e una celerità di propagazione
a=1000 m/s. Sia inoltre h0=10 m. In tal caso, trascurando le dissipazioni di energia, la
velocità allo sbocco (sezione 3 di Figura 2.21) in condizioni di regime stazionario vale
v3=(2gh0)1/2=14.0 m/s. Consideriamo un ugello caratterizzato (quando è
completamente aperto) da una sezione Au0=0.028 m2. Per continuità, la velocità
lungo la condotta in regime stazionario vale v0=2.0 m/s.
Se discretizziamo la condotta in 10 tratti della lunghezza di 100m ciascuno
(Δs=100m) il passo temporale di integrazione resta fissato in Δt=Δs/a=0.1s.
La condizione iniziale è rappresentata da
h * (s k , 0 ) = h 0
e
v (s k , 0) = v 0
per k=1, 2, …., 11
(202)
La condizione al contorno di monte è
h * (s 0 , t ) = h 0
mentre per la condizione al contorno di valle, simulando una chiusura praticamente
istantanea, si può assumere:
v (s n , t ) = 0
per t>0
Moto vario in ipotesi elastiche
Mettendo a sistema la condizione al contorno di monte con l’equazione per la
caratteristica negativa, si ha:
h0 = h * (s 1, t 0 ) +
v (s , t ) v (s , t )
a
[v (s 0 , t 0 + Δt ) − v (s1, t 0 )] + f 1 0 1 0 Δs
g
d
2g
ovvero
v ( s 0 , t 0 + Δt ) = v ( s 1 , t 0 ) +
[
]
f Δs
g
[v (s1, t 0 ) v (s1, t 0 ) ]
h0 − h * (s 1 , t 0 ) −
a
2ad
(203)
Mettendo invece a sistema la condizione al contorno di valle con l’equazione per
la caratteristica positiva, si ha:
h * (s n , t 0 + Δt ) = h * (s n −1, t 0 ) −
a
[0.0 − v (s n −1, t 0 )] − f Δs [ v (s n −1, t 0 ) v (s n −1, t 0 ) ]
g
2g d
(204)
L’applicazione delle relazioni (200) e (201), con le condizioni iniziali indicate dalla
(202) e le condizioni al contorno imposte, contenute nelle equazioni (203) e (204)
consentono, posto per ipotesi f=0, di ricostruire l’andamento nel tempo (a passi finiti
Δt) di velocità e quote piezometriche per ogni punto sk della condotta. Alcuni di questi
andamenti sono riportati in Figura 3.9.
Volendo considerare le dissipazioni di energia, la condizione iniziale si modifica in
quanto la quota piezometrica non è più costante ma si riduce dal serbatoio
all’otturatore. Assumiamo, per semplicità, un valore costante per la funzione di
resistenza nella formula di Darcy-Weisbach e pari a f=0.02.
Il moto stazionario di partenza si ottiene da un bilancio di energia nel quale si
trascura il carico cinetico allo sbocco (ipotesi contenuta nelle equazioni elastiche).
Risulta:
h * (s k , 0 ) = h0 −
f k Δs v 02
d 2g
e
v (s k , 0 ) = v 0
per k=1, 2, …., 11
(205)
Per rendere più agevole il confronto con il caso di assenza di dissipazioni, si assume
che la velocità lungo la condotta in condizioni di regime sia ancora v0=2.0 m/s. In
queste condizioni, dalla (202), la quota piezometrica h*(L,0), immediatamente a
monte dell’ugello, si riduce ad appena 1.8 m, la velocità in corrispondenza della
sezione di sbocco vale v3=[2g h*(L,0)]1/2≈6.0 m/s, conseguentemente dobbiamo
ammettere che l’area dell’ugello (quando è completamente aperto) sia caratterizzato
da una sezione Au0=0.065 m2.
Moto vario in ipotesi elastiche
Figura 3.9 – Andamento nel tempo delle sovrapressioni all’otturatore e delle velocità all’imbocco dal
serbatoio in assenza di dissipazioni di energia.
I risultati che si ottengono applicando le relazioni viste in precedenza sono illustrati
in Figura 3.10.
Aggiungere andamenti della densità, del diametro e delle tensioni
Nei due esempi precedenti è stata considerata una manovra di chiusura
istantanea (in realtà il processo di discretizzazione numerica ha consentito lo studio
di una manovra effettuata in un tempo molto piccolo ma finito: Tc=Δt=0.1s).
Consideriamo ora l’effetto della durata della manovra assumendo una riduzione
lineare della velocità v0 in corrispondenza dell’otturatore. Va osservato che per il
sistema in esame il ritmo della condotta vale τ=2L/a=2s. L’andamento nel tempo
della quota piezometrica in corrispondenza dell’otturatore per tempi di chiusura
variabili tra 0 e 8 s (4τ) è illustrato in Figura 3.11.
Moto vario in ipotesi elastiche
Figura 3.10 – Andamento nel tempo delle sovrapressioni all’otturatore e delle velocità all’imbocco del
serbatoio in presenza di dissipazioni di energia.
Moto vario in ipotesi elastiche
Figura 3.11 –
Andamento nel tempo delle sovrapressioni all’otturatore per diversi tempi di manovra.
Con riferimento ai risultati illustrati in Figura 3.11, si possono fare alcune
considerazioni:
• La massima sovrapressione all’otturatore (corrispondente alla massima quota
piezometrica) si mantiene sostanzialmente invariata per tempi di manovra Tc
inferiori al ritmo τ della condotta.
• Per tempi di chiusura superiori al ritmo, la massima sovrapressione si riduce
all’aumentare di Tc.
Moto vario in ipotesi elastiche
•
•
•
In questo ultimo caso la massima sovrapressione non si presenta al termine
della manovra ma ad istanti che sono multipli del ritmo. Si osservi, in
particolare, che il primo picco si sovrapressione non corrisponde
necessariamente al valore massimo.
La massima depressione all’otturatore (corrispondente alla minima quota
piezometrica) si mantiene sostanzialmente invariata per tempi di manovra Tc
inferiori al ritmo τ della condotta.
Per tempi di chiusura superiori al ritmo, la massima depressione risulta essere
inferiore al caso di chiusura rapida ma tale depressione non si riduce
monotonicamente all’aumentare di Tc.
L’andamento dei massimi valori di sovrapressione e di depressione in
corrispondenza all’otturatore al variare del tempo di chiusura Tc è illustrato in Figura
3.12 (sinistra) nella quale, per confronto, sono riportati i valori dedotti utilizzando
l’equazione (149) ricavata in ipotesi anelastiche.
In Figura 3.12 (destra) sono confrontati invece i risultati che si ottengono
considerando o trascurando le dissipazioni di energia. Si osservano differenze
assolutamente modeste che consentono di concludere che, almeno per il caso
analizzato, l’influenza delle dissipazioni nella stima dei valori estremi della
sovrapressione, è assolutamente trascurabile (e in parte legata al diverso valore
iniziale della quota piezometrica a monte dell’otturatore) a patto che la velocità di
regime, nei due casi, si mantenga la stessa.
Figura 3.12 – Sovrapressioni e depressioni massime in corrispondenza dell’otturatore al variare del
tempo di chiusura e confronto con la soluzione anelastica (a sinistra) e con il caso di
dissipazioni nulle (a destra).
Nel caso si proceda come visto nel paragrafo 3.2.2 in cui è stato considerato un
passo di integrazione spaziale coincidente con la lunghezza della condotta e, di
conseguenza, un passo di integrazione temporale corrispondente a mezzo ritmo, è
possibile combinare opportunamente le equazione per le caratteristiche positiva e
negativa ed ottenere una successione di relazioni, dette equazioni concatenate di
Allievi, che forniscono l’andamento nel tempo della soprapressione in corrispondenza
Moto vario in ipotesi elastiche
dell’otturatore nota che sia la velocità in questa sezione. In particolare, assumendo
una variazione lineare della velocità da v0 a zero, si trova (formula di Allievi-Michaud)
T
h * (L, k τ )
= 1+ 2 a
h0
Tc
per k=1, 3, 5,….
(206)
la quale, ovviamente, fornisce gli stessi valori di massima sovrapressione, al variare
del tempo di chiusura, illustrati in Figura 3.12 (a destra).
Consideriamo ora l’effetto della durata della manovra assumendo una riduzione
lineare dell’area dell’ugello. In tal caso, rispetto alle situazioni appena esaminate, va
modificata la condizione al contorno di valle (quella di monte resta espressa
dall’equazione (203)). Si procede in modo analogo a quanto visto per il colpo d’ariete
in condizioni anelastiche. In particolare risulta ancora valida l’equazione (152) che
viene riscritta per evidenziare che velocità e quota piezometrica si riferiscono alla
sezione prossima all’otturatore
v (s n , t 0 + Δt ) =
Au (t 0 + Δt )
2g h * (s n , t 0 + Δt )
A
(207)
La precedente, a sistema con l’equazione per la caratteristica positiva
h * (s n , t 0 + Δt ) = h * (s n −1, t 0 ) −
a
[v (s n , t 0 + Δt ) − v (s n −1, t 0 )] − f Δs [ v (s n −1, t 0 ) v (s n −1, t 0 ) ]
g
2g d
(208)
consente di scrivere
2
4
⎡ A (t + Δt ) ⎤
⎡ A (t + Δt ) ⎤
v (s n , t 0 + Δt ) = −a ⎢ u 0
+ a2 ⎢ u 0
⎥
⎥ +C
A
A
⎣
⎦
⎣
⎦
con
(209)
2
⎫
f Δs
a
⎡ A (t + Δt ) ⎤ ⎧ *
[
v (s n −1, t 0 ) v (s n −1, t 0 ) ]⎬
C = 2g ⎢ u 0
⎨h (s n −1, t 0 ) + v (s n −1, t 0 ) −
⎥
A
g
2g d
⎦ ⎩
⎣
⎭
Le condizioni iniziali sono descritte dall’equazione (202) in assenza di dissipazioni
e dall’equazione (205) quando invece si vogliano considerare le dissipazioni di
energia.
Anche in questo caso si assumono due diversi valori per l’area dell’ugello alla
massima apertura (Au0=0.028 m2 in assenza di dissipazioni e Au0=0.065 m2 in
presenza di dissipazioni) in modo che la velocità di regime in condotta sia la stessa:
v0=2 m/s sia in presenza che in assenza di dissipazioni di energia. A causa dei
diversi valori che assume quota piezometrica immediatamente a monte
dell’otturatore per effetto delle perdite, però, la legge con cui la velocità nella sezione
terminale della condotta si riduce nel tempo sarà diversa e tale differenza ha un
impatto notevole sulla soluzione. Alcuni esempi di come si riduce la velocità nel
tempo per diversi valori della durata Tc della manovra sono illustrati in Figura 3.13.
Si osserva che, soprattutto in presenza di dissipazioni di energia, la velocità
all’otturatore si mantiene pressoché invariata per buona parte del tempo di manovra
per poi ridursi rapidamente a zero. E’ evidente, quindi, che questa legge di chiusura
risulta essere sensibilmente più severa di quella esaminata in precedenza. Si
Moto vario in ipotesi elastiche
osserva inoltre che la chiusura risulta essere più brusca in presenza di dissipazioni.
C’è da aspettarsi, pertanto, che in queste condizioni le massime sovrapressioni siano
maggiori rispetto al caso di assenza di dissipazioni.
Figura 3.13 – Leggi di riduzione delle velocità a monte dell’otturatore in assenza e in presenza di
dissipazioni di energia per diversi tempi di chiusura. I tempi di chiusura possono essere
letti sull’asse temporale in corrispondenza dell’annullarsi della velocità.
L’andamento nel tempo della sovrapressione all’otturatore per alcuni tempi di
manovra sono riportati in Figura 3.14. Come prevedibile, le sovrapressioni massime
in questo caso risultano, a parità di tempo di manovra, superiori a quelle calcolate
assumendo una riduzione lineare nel tempo della velocità all’otturatore. E’
confermato inoltre che le sovrapressioni massime in presenza di dissipazioni sono
sensibilmente superiori a quelle che si ottengono trascurando le perdite.
Da questi pochi esempi emerge chiaramente che l’entità delle massime
sovrapressioni dipende dal valore della velocità di regime v0 è dalle modalità con cui
la velocità all’otturatore si riduce a zero. E’ necessario pertanto, nella soluzione di
problemi reali, porre molta cura nel fissare queste condizioni iniziali e al contorno in
quanto la loro influenza sul risultato è decisamente importante.
Moto vario in ipotesi elastiche
Figura 3.14 – Andamento nel tempo delle sovrapressioni all’otturatore per diversi tempi di manovra:
confronto tra la soluzione in presenza (linea continua) e assenza (linea tratteggiata) di
dissipazioni di energia.
3.3.3 Avviamento del flusso in una condotta (tempo di avviamento)
Consideriamo l’esempio discusso nel paragrafo 2.1 (Figura 2.1) relativo al calcolo
del tempo di avviamento di una condotta. Assumiamo, come per il precedente
esempio, le seguenti caratteristiche del condotto: L=1000 m, d=0.5 m e una celerità
di propagazione a=1000 m/s. Sia inoltre h0=10 m e f=0.025, costante. Il bilancio di
energia, in condizioni di moto stazionario e nell’ipotesi di trascurare il carico cinetico
allo sbocco, fornisce v0=1.98 m/s. Il tempo di avviamento vale pertanto:
Ta=Lv0/gh0=20.2 s.
Se discretizziamo la condotta in 10 tratti della lunghezza di 100 m ciascuno
(Δs=100m) il passo temporale di integrazione resta fissato in Δt=Δs/a=0.1 s.
La condizione iniziale è rappresentata da
h * (s k , 0 ) = h 0
e
v (s k , 0 ) = 0
per k=1, 2, …., 11
(210)
Moto vario in ipotesi elastiche
La condizione al contorno di monte è
h * (s 0 , t ) = h 0
mentre la condizione al contorno di valle potrebbe essere, simulando un’apertura
praticamente istantanea:
h * (s n , t ) = 0
per t>0
Mettendo a sistema la condizione al contorno di monte con l’equazione per la
caratteristica negativa, si ha:
h0 = h * (s 1 , t 0 ) +
v (s , t ) v (s , t )
a
[v (s 0 , t 0 + Δt ) − v (s1, t 0 )] + f 1 0 1 0 Δs
g
d
2g
ovvero
v ( s 0 , t 0 + Δt ) = v ( s 1 , t 0 ) +
[
]
f Δs
g
h0 − h * (s 1 , t 0 ) −
v (s 1 , t 0 ) v ( s 1 , t 0 )
a
2ad
[
]
(211)
Mettendo invece a sistema la condizione al contorno di valle con l’equazione per
la caratteristica positiva, si ha:
0 = h * (s n −1, t 0 ) −
a
[v (s n , t 0 + Δt ) − v (s n −1, t 0 )] − f Δs v (s n −1, t 0 ) v (s n −1, t 0 )
g
2g d
[
]
ovvero
v ( s n , t 0 + Δt ) = v ( s 1 , t 0 ) +
[
]
f Δs
g *
[v (s n −1, t 0 ) v (s n −1, t 0 ) ]
h (s n −1, t 0 ) −
a
2a d
(212)
L’applicazione delle relazioni (200) e (201), con le condizioni iniziali indicate dalla
(210) e le condizioni al contorno imposte, contenute nelle equazioni (211) e (212)
consentono di ricostruire l’andamento nel tempo (a passi finiti Δt) di velocità e quote
piezometriche per ogni punto sk della condotta. In particolare, in Figura 3.15 è
riportato l’andamento delle velocità nelle sezioni iniziale e terminale della condotta e
in una sezione intermedia. Per confronto, nella stessa figura, è illustrata la soluzione
analitica fornita dall’equazione (17).
Moto vario in ipotesi elastiche
Figura 3.15 – Andamento nel tempo della velocità in tre sezioni lungo la condotta e confronto con la
soluzione anelastica.
3.3.4 Arresto di una pompa
Consideriamo il sistema illustrato in Figura 2.12 che schematizza un impianto di
sollevamento e immaginiamo che non sia presente la cassa d’aria posta
immediatamente a valle della pompa. Assumiamo, come nell’esempio illustrato nel
paragrafo 2.3.3 che la condotta di mandata sia lunga L=1000 m e sia caratterizzata
da un diametro d=0.2 m. Assumiamo inoltre, per semplicità, che le dissipazioni di
energia possano essere calcolate mediante la formula di Darcy-Weisbach nella quale
la funzione di resistenza sia costante e pari a f=0.02.
Come per gli esempi precedenti discretizziamo la condotta in 10 tratti della
lunghezza di 100 m ciascuno (Δs=100m) e consideriamo una celerità dell’onda di
pressione pari ad a=1000 m/s. Il passo temporale di integrazione resta pertanto
fissato in Δt=Δs/a=0.1s.
Se consideriamo come condizione iniziale quella rappresentata dal moto
stazionario che si instaura quando la pompa solleva la portata Qp=0.05m3/s, i valori
per la quota piezometrica h* e la velocità v0 sono:
h * (s k , 0 ) = h0 −
f (L − k Δs ) v 02
d
2g
e
v (s k , 0 ) = v 0 =
La condizione al contorno di valle è
h * (s n , t ) = h0 = 40 m
Qp
πd 2 / 4
per k=1, 2, …., 11
(213)
Moto vario in ipotesi elastiche
La condizione al contorno di monte, da porsi per la prima sezione della condotta,
è, in un problema di questo tipo, molto delicata. Si è visto, con riferimento agli
esempi riportati nel paragrafo 3.3.2, che la descrizione della manovra di chiusura ha
un impatto considerevole sulla soluzione. Lo stesso, ovviamente, si verifica in un
problema di attacco o di arresto di una pompa. In quest’ultimo caso l’inquadramento
del fenomeno risulta ancora più complesso in quanto è necessario considerare la
dinamica della pompa e in particolare il funzionamento della girante. Nel momento in
cui si arresta una pompa (cioè si interrompe l’alimentazione elettrica), la girante, per
inerzia, continua a ruotare e quindi a fornire energia al fluido. Rapidamente l’inerzia
della girante si esaurisce ed entra in gioco l’inerzia del fluido che, pur rallentato,
continua a fluire dalla vasca di carico alla condotta di mandata attraversando la
pompa. In queste condizioni la girante, che ostacola questo moto, è assimilabile ad
una dissipazione localizzata di energia. Quasi sempre, poi, nel momento in cui il
flusso inverte il verso di percorrenza della condotta di mandata, entra in azione una
valvola di non ritorno (clapet) posta immediatamente a valle della pompa. Da questa
descrizione sintetica ed approssimata del funzionamento degli organi posti nella
stazione di pompaggio emerge chiaramente la complessità della condizione al
contorno di monte. Una descrizione, anche approssimata, del funzionamento
meccanico reale di una pompa non rientra nel carattere di questi appunti
Nel seguito assumiamo per semplicità di porre a monte una condizione al
contorno sulla portata pompata che dal valore Qp=0.05 m3/s passa linearmente a
zero in un tempo di arresto Tc:
v (s 0 , t ) =
⎧
⎫
t
max ⎨1 − ; 0⎬
A
⎩ Tc ⎭
Qp
(214)
Mettendo a sistema la condizione al contorno di monte con l’equazione per la
caratteristica negativa, si ha:
h * (s 0 , t 0 + Δt ) = h * (s1, t 0 ) +
v (s , t ) v (s , t )
a
[v (s 0 , t 0 + Δt ) − v (s1, t 0 )] + f 1 0 1 0 Δs
g
d
2g
(215)
Mettendo invece a sistema la condizione al contorno di valle con l’equazione per
la caratteristica positiva, si ha:
h0 = h * (s n −1, t 0 ) −
a
[v (s n , t 0 + Δt ) − v (s n −1, t 0 )] − f Δs [ v (s n −1, t 0 ) v (s n −1, t 0 ) ]
g
2g d
ovvero
v (s n , t 0 + Δt ) = v (s1, t 0 ) +
[
]
f Δs
g *
[v (s n −1, t 0 ) v (s n −1, t 0 ) ]
h (s n −1, t 0 ) − h0 −
a
2a d
(216)
L’applicazione delle relazioni (200) e (201), con le condizioni iniziali indicate dalla
(213) e le condizioni al contorno imposte, contenute nelle equazioni (214) e (215)
consentono di ricostruire l’andamento nel tempo (a passi finiti Δt) di velocità e quote
piezometriche per ogni punto sk della condotta. In particolare, in Figura 3.16 sono
riportati gli andamenti delle quote piezometriche immediatamente a valle della
pompa e in una sezione intermedia (s=500 m) e delle velocità nelle sezioni iniziale,
Moto vario in ipotesi elastiche
intermedia e terminale della condotta. Tali andamenti sono stati ottenuti assumendo
un tempo di manovra Tc=Δt (cioè il minimo tempo di manovra che la soluzione
numerica consente).
Figura 3.16 – Andamento nel tempo della quota piezometrica (sinistra) e delle velocità (destra) in
alcune sezioni lungo la condotta, per il caso di riduzione lineare della portata nel tempo
Tc=0.1 s.
Nella successiva Figura 3.17 sono riportati gli stessi andamenti nel tempo calcolati
assumendo, in luogo della (214), una condizione al contorno di monte espressa dalla
seguente relazione:
v (s 0 , t ) =
Qp
A
e −t / Tc
(217)
Una riduzione esponenziale della portata pompata rappresenta, in prima
approssimazione, la soluzione che si ottiene considerando l’inerzia della girante. E’
da osservare che entrambe le condizioni (214) e (217) forniscono la stessa velocità
di riduzione della portata in un intorno di t=0.
Figura 3.17 – Andamento nel tempo della quota piezometrica (sinistra) e delle velocità (destra) in
alcune sezioni lungo la condotta, per il caso di riduzione esponenziale della portata con
tempo Tc=0.1s.
Le differenze tra i risultati che si ottengono con le due ipotesi di variazione nel
tempo della portata pompata sono, in questo caso, modeste. E’ invece da osservare
che la soluzione ottenuta è una soluzione “ideale”. Infatti, le quote piezometriche
scendono a valori minimi sensibilmente inferiori allo zero. Essendo presumibilmente
Moto vario in ipotesi elastiche
la quota geodetica della pompa solo qualche metro sotto lo zero (che in Figura 2.12
coincide con il livello nella cassa d’aria), si avrebbero pressioni minime inferiori alla
tensione di vapore. In queste condizioni quindi il problema reale si complica
sensibilmente per la formazione di sacche di vapore saturo che determinano la
rottura della colonna liquida e seri problemi quando, dopo pochi istanti, la pressione
torna ad assumere valori positivi. Anche i valori positivi di pressione sono tali da
destare almeno qualche preoccupazione con riferimento alle sollecitazione cui risulta
soggetta la condotta.
La situazione migliora, ma non sufficientemente se si considera un tempo
Tc=1.5τ=3 s. Nelle successive Figura 3.18 e Figura 3.19 sono riportati i risultati del
calcolo per le due diverse condizioni al contorno di monte. Anche in questo caso la
pressione a valle della pompa presenta valori minimi estremamente bassi anche se
non drammaticamente bassi come nel caso precedente.
Figura 3.18 – Andamento nel tempo della quota piezometrica (sinistra) e delle velocità (destra) in
alcune sezioni lungo la condotta, per il caso di riduzione lineare della portata nel tempo
Tc=3 s.
Figura 3.19 – Andamento nel tempo della quota piezometrica (sinistra) e delle velocità (destra) in
alcune sezioni lungo la condotta, per il caso di riduzione esponenziale della portata con
tempo Tc=3 s.
3.3.5 Arresto di una pompa con cassa d’aria
Consideriamo lo stesso esempio appena analizzato e immaginiamo che sia
presente la cassa d’aria posta immediatamente a valle della pompa come illustrato in
Moto vario in ipotesi elastiche
Figura 2.12. Rispetto alla soluzione appena vista si modifica la condizione al
contorno sulle velocità relative alla prima sezione. In particolare l’equazione (214)
(ovvero la (217)) vanno sostituite con un’equazione di continuità di nodo:
v (s 0 , t ) =
Q p (t )
A
−
Qcassa
A
(218)
in cui Qcassa rappresenta la portata entrante nella cassa d’aria. Quest’ultima dipende
dalle variazioni di livello nella cassa e quindi dalla quota piezometrica nel nodo.
L’equazione (218) può essere manipolata e riscritta segue nella seguente forma:
v (s 0 , t ) = c 1 (t − Δt ) h * (s 0 , t ) + c 2 (t − Δt )
(219)
in cui c1(t) e c2(t) sono opportune funzioni del tempo le cui espressioni sono ricavate
nel seguito. L’equazione (219), messa a sistema con l’equazione per la caratteristica
negativa, fornisce la seguente espressione per la velocità
a
f Δs
c (t − Δt )
v (s0 + Δs, t − Δt ) −
− h * (s0 + Δs, t − Δt )
v (s0 + Δs, t − Δt ) v (s0 + Δs, t − Δt ) − 2
g
2g d
c1(t − Δt )
v (s0 , t ) =
a
1
−
g c1(t − Δt )
(220)
Per quanto riguarda le funzioni c1(t) e c2(t), si consideri la quota piezometrica
h*(s0,t) nella quale z è la quota della superficie libera e la pressione p è espressa
mediante l’equazione (108).
h * ( s 0 , t ) = z( t ) +
p(t )
γ
= z( t ) + (
p0 + patm
γ
) ( zM − z0 ) k
p
1
− atm
k
γ
( zM − z(t ))
(221)
Dalla precedente si ha immediatamente:
d h * (s 0 , t )
dz
= ξ (t )
dt
dt
(222)
in cui si è posto:
ξ (t ) = 1 + κ (
p 0 + p atm
γ
)
(zM − z0 )k
( z M − z(t )) k +1
(223)
Utilizzando la (222) e ricordando che la portata entrante nella cassa d’aria è
Qcassa=Ac(dz/dt) essendo Ac l’area della sezione orizzontale della cassa, l’equazione
(218) può essere riscritta nella seguente forma linearizzata nel tempo
v (s 0 , t ) =
Q p (t ) p
A
−
Ac 1 d h * (s 0 , t )
A ξ (t )
dt
(224)
La precedente relazione è linearizzata nel tempo sostituendo ξ(t-Δt) al posto di ξ(t)
e discretizzata alle differenze finite:
v (s 0 , t ) =
Q p (t )
A
−
Ac
h * (s 0 , t ) − h * (s 0 , t − Δt )
1
A ξ (t − Δt )
Δt
(225)
Moto vario in ipotesi elastiche
Dal confronto tra la (219) e la (233) si ha immediatamente:
c 1 ( t − Δt ) = −
Ac
ξ (t − Δt ) A Δt
(226)
A h * ( s 0 , t − Δt ) Q p ( t )
c 1 ( t − Δt ) = c
+
ξ (t − Δt ) A Δt
A
Ad ogni passo di calcolo va aggiornato il livello z, utilizzando la forma discreta e
linearizzata dell’equazione (222):
z(t ) = z(t − Δt ) +
(
1
h * ( s 0 , t ) − h * ( s 0 , t − Δt )
ξ ( t − Δt )
)
(227)
Figura 3.20 – Andamento nel tempo del livello z nella cassa d’aria e della portata Q lungo la condotta
di mandata nel caso di stacco della pompa. Confronto tra le soluzioni ottenute in ipotesi
elastiche ed anelastiche.
Moto vario in ipotesi elastiche
Per il caso di arresto istantaneo della pompa, la soluzione in ipotesi anelastiche è
quella illustrata in Figura 2.15 e discussa nel paragrafo 2.3.3. Lo stesso problema,
risolto in ipotesi elastiche mediante il procedimento appena descritto, fornisce i
risultati illustrati in Figura 3.2 e qui posti a confronto con quelli ottenuti in ipotesi
anelastiche.
Si osservano differenze assolutamente modeste tra i risultati in ipotesi elastiche ed
anelastiche, gran parte dovute al procedimento numerico e al diverso passo di
integrazione temporale (necessariamente molto piccolo se si opera in ipotesi
elastiche). Ciò conferma la validità, per alcune tipologie di problemi, dell’approccio
semplificato anelastico.
Reti di condotte
4 RETI DI CONDOTTE
In questo capitolo saranno sinteticamente illustrati alcuni aspetti del problema
della verifica del funzionamento di sistemi di condotte in pressione.
La verifica può richiedere sia la soluzione a moto permanente che quella in
condizioni di moto vario. Apparentemente, la soluzione a moto permanente è più
rapida ed agevole; in realtà, a causa delle forti non linearità presenti nelle equazioni
dinamiche, la soluzione richiede necessariamente un processo iterativo che,
viceversa, non è necessario nella soluzione a moto vario. Molto spesso, quindi, si
preferisce determinare la soluzione di moto permanente come soluzione asintotica di
un problema di moto vario nel quale siano poste condizioni al contorno costanti nel
tempo. Per questo motivo, in questo capitolo ci occuperemo della più generale
soluzione di una rete in condizioni di moto non stazionario.
Sarà considerato inizialmente il funzionamento di una rete di condotte quando si
possano assumere valide le ipotesi di comportamento anelastico. Si esaminerà
successivamente lo stesso problema quando sia necessario (o conveniente) ricorrere
alle ipotesi elastiche.
4.1 Reti di condotte trattate in ipotesi anelastiche
Consideriamo una generica rete di condotte, come illustrato in Figura 4.1
(sinistra), nella quale non siano presenti dispositivi di diversa natura (serbatoi,
pompe, ecc.) e organi di regolazione (saracinesche, ecc.): consideriamo cioè una
rete costituita da sole condotte in pressione.
Figura 4.1 –
Esempio di una rete di condotte (sinistra) e sua rappresentazione schematica (destra).
Tale sistema può essere schematizzato come una serie di tronchi di condotta
connessi tra loro mediante nodi (Figura 4.1 a destra). I nodi della rete sono posti
necessariamente in corrispondenza dell’intersezione tra tre o più condotte e in
corrispondenza dei punti dove andranno poste le condizioni al contorno. E’ però
possibile introdurre nel sistema nodi addizionali (ad esempio i nodi A, B, C di Figura
- 89 -
Reti di condotte
4.1) laddove vi siano variazioni di sezione o per qualsiasi altra esigenza, anche
semplicemente grafica.
Le variabili del problema sono costituite dai valori della quota piezometrica in
corrispondenza delle due estremità di ciascun tronco di condotta e dalla portata
fluente. Nel complesso quindi il numero di incognite è 3M, essendo M il numero di
tronchi di condotta che costituiscono la rete. Per la determinazione di queste variabili
possono essere scritte M equazioni dinamiche (una per ciascun tronco della rete) e
2M equazioni di “congruenza” in corrispondenza ai nodi della rete.
Tali condizioni di congruenza sono rappresentate da un’equazione di continuità (la
somma delle portate entranti nel nodo deve essere uguale alla somma delle portate
uscenti) e da m-1 equazioni che esprimano un legame tra le quote piezometriche che
si instaurano in corrispondenza delle sezioni terminali delle m condotte che
convergono nel nodo.
In generale, e per semplicità, si assume che in un intorno del generico nodo la
quota piezometrica si mantenga la stessa cosicché le m-1 condizioni di congruenza
esprimono l’uguaglianza tra le quote piezometriche di estremità prese a due per due.
Con riferimento all’esempio illustrato in Figura 4.2 (a sinistra), per il quale è m=4, le
condizioni nodali sono espresse dalle seguenti relazioni:
Figura 4.2 –
Illustrazione schematica delle condizioni di congruenza in un nodo della rete.
Qa + Q b + Q c − Q d = 0
ha* = hb*
hb* = hc*
(228)
hc* = hd*
(229)
Nella rappresentazione schematica della rete (Figura 4.2, a destra), le estremità
delle condotte che convergono in un nodo vengono fatte coincidere con il nodo
stesso: la quota piezometrica nel nodo n corrisponde quindi alle quote piezometriche
alle estremità a, b, c, d delle quattro condotte che convergono nel nodo n. Così
facendo le condizioni di congruenza sulle quote piezometriche (229) sono
implicitamente imposte e l’unica condizione di congruenza necessaria è
rappresentata dall’equazione di continuità (228).
In definitiva, con questa schematizzazione del funzionamento della rete, le variabili
incognite sono rappresentate dalle M portate fluenti lungo i tronchi di condotta e dalle
N quote piezometriche in corrispondenza degli N nodi della rete.
Reti di condotte
Per queste M+N incognite è possibile costruire un sistema composto da N
equazioni di continuità (228) e da M equazioni dinamiche, una per ciascun tronco di
condotta, come descritto nel seguito.
Con riferimento ad un generico tronco di condotta, compreso tra i nodi i e j,
l’equazione dinamica (3), integrata nello spazio, si scrive
E j − Ei = −
L dv
− jL
g dt
(230)
in cui la lunghezza L, la velocità v e la dissipazione di energia per unità di lunghezza j
si riferiscono, ovviamente, al tratto di condotta in esame.
Essendo costante la sezione del tratto di condotta tra i nodi i e j, per l’equazione di
continuità sarà costante anche il carico cinetico. Essendo inoltre v=Q/A, l’equazione
(230) può essere riscritta come segue
h *j − hi* = −
L dQ
− jL
gA dt
(231)
Il termine jL che compare nella (231) rappresenta la perdita complessiva (perdita
continua ed eventuali dissipazioni localizzate) che si realizza lungo tronco di condotta
e che, come è noto, dipende dalla portata. In forma esplicita, l’equazione dinamica si
può quindi scrivere:
h *j − hi* = −
L dQ
−α Q Q
gA dt
(232)
in cui α è un opportuno coefficiente che, per il caso di moto turbolento di parete
scabra, dipende dalle caratteristiche geometriche della condotta e dalla scabrezza,
mentre, più in generale, dipende anche dalla viscosità e dalla velocità e quindi dalla
stessa portata. Con riferimento alle formule più frequentemente utilizzate nella
pratica, le espressioni per il parametro α sono:
α=
f L
1
4 R H 2g A 2
(Darcy-Weisbach)
α=
L
2
S
k R H4 / 3 A 2
(Gauckler-Strickler)
Per poter essere risolta, l’equazione (232) va linearizzata e discretizzata, cioè
riscritta in forma algebrica. Tra le diverse possibilità, un modo semplice ed efficace
consiste nel discretizzare la derivata temporale alle differenze finite e linearizzare nel
tempo il termine che descrive le perdite:
h *j − hi* = −
L Q − Q'
− α ' Q' Q
gA Δt
(233)
in cui Δt è il passo di integrazione temporale e con l’apice sono denotate le
grandezze riferite al passo temporale precedente.
L’equazione (233) può essere riscritta come segue:
⎤
⎡ L
L Q'
h *j − hi* = − ⎢
+ α ' Q' ⎥ Q −
g A Δt
⎦
⎣ gAΔt
in modo da evidenziare il legame lineare tra le variabili hi* , h *j e Q.
(234)
Reti di condotte
La risoluzione, ad ogni passo temporale Δt, del sistema composto dalle M
equazioni (234) e dalle N equazioni (228), unitamente alle condizioni al contorno ed
iniziali, fornisce la soluzione del problema.
E’ importante osservare che, per il fatto che le incognite del problema non sono
omogenee (sono incognite sia le portate sia le quote piezometriche), la matrice del
sistema presenta valori dei coefficienti che possono essere anche sensibilmente
diversi tra loro. Con riferimento all’equazione (234), ad esempio, mentre i coefficienti
delle quote piezometriche sono unitari, il coefficiente della portata, cioè il termine tra
parentesi quadre, può assumere valori anche dell’ordine di 105-106. Tale
disomogeneità ha un’influenza negativa sulla precisione del calcolo che, soprattutto
in sistemi complessi, può portare a soluzioni sensibilmente errate.
Per questo motivo è conveniente impostare il problema in modo leggermente
diverso.
La portata Q, nell’equazione (234), è la portata fluente lungo la condotta che va
dal nodo i al nodo j ed è quindi, al tempo stesso, la portata che entra nel nodo j e che
esce dal nodo i. In altre parole, dalla (234), la portata Qj entrante nel nodo j può
essere espressa in funzione delle quote piezometriche hi* e h *j come segue:
Q j = Bij hi* − Bij h *j + C ij
⎤
⎡ L
Bij = ⎢
+ α ' Q' ⎥
⎦
⎣ gAΔt
con
−1
; C ij = Bij
L Q'
g A Δt
(235)
mentre la portata Qi, entrante nel nodo i, è semplicemente Qi=-Qj:
Qi = −Bij hi* + Bij h *j − C ij
(236)
Consideriamo ora l’equazione di continuità di nodo (228). Se nello scrivere questa
condizione sostituiamo alla generica portata entrante/uscente la corrispondente
espressione del tipo (235) o (236), otteniamo, per il generico nodo n, un’equazione
algebrica lineare contenente, come incognite, la quota piezometrica del nodo n e le
quote piezometriche dei nodi che costituiscono l’altro estremo dei tronchi di condotta
che convergono in n.
Possiamo in tal modo ridurci ad un sistema di N equazioni (di nodo) contenenti le
sole quote piezometriche come incognite. Così facendo la matrice dei coefficienti
risulta più omogenea.
Determinate le quote piezometriche nodali, attraverso la soluzione del sistema, è
quindi possibile calcolare le portate in ciascun tronco della rete, utilizzando la (235),
semplicemente per sostituzione a ritroso.
E’ evidente l’ulteriore vantaggio di questo modo di procedere. Infatti, invece di
dover risolvere (ad ogni passo temporale) un sistema di M+N equazioni, è sufficiente
risolvere un sistema di sole N equazioni ed applicare poi, M volte, l’equazione (235).
Dal punto di vista operativo, si tratta di calcolare, per ogni tronco di condotta, le
seguenti matrici locali (dei coefficienti e dei termini noti)
⎡− B
Bij = ⎢ ij
⎣ Bij
Bij ⎤
− Bij ⎥⎦
⎡− C ⎤
C ij = ⎢ ij ⎥
⎣ C ij ⎦
(237)
Reti di condotte
che discendono direttamente dalle (236), (235) e rappresentano le portate entranti
nei nodi i e j espresse in funzione delle corrispondenti quote piezometriche. E
assemblare poi le M matrici locali in quella globale e nel vettore dei termini noti
ottenendo il sistema risolutivo finale
B h* + C = 0
(238)
4.1.1 Condizioni iniziali e al contorno
Una volta scritto il sistema di equazioni, ottenuto assemblando le matrici locali, è
necessario assegnare le condizioni iniziali e al contorno.
Condizioni iniziali. Le condizioni iniziali sono costituite dai valori di quota piezometrica
in ciascun nodo e dai valori di portata in ciascun tronco della rete all’istante iniziale
t=0.
E’ opportuno che la distribuzione di portate e quote piezometriche sia
dinamicamente in equilibrio in modo da evitare la formazione e propagazione di onde
di pressione determinate da una condizione iniziale squilibrata. Tra le possibili scelte,
generalmente si adotta o una condizione di quiete per il sistema o una condizione di
moto stazionario.
Nel primo caso a ciascun nodo della rete viene assegnata la stessa quota
piezometrica (il cielo piezometrico risulta pertanto una superficie orizzontale) e a
ciascun tronco della rete viene assegnata una portata iniziale nulla.
Nel secondo caso quote piezometriche e portate assegnate corrispondono ad una
soluzione di moto stazionario. Per altro, tale soluzione viene generalmente
determinata mediante una simulazione preliminare per la quale, a partire da una
condizione iniziale di quiete, si assegnano condizioni al contorno costanti nel tempo
e la simulazione viene protratta nel tempo finchè il sistema non si porta a regime.
Condizioni al contorno. E’ possibile assegnare, in corrispondenza di alcuni nodi della
rete, una, ed una sola, delle seguenti condizioni al contorno. Con riferimento al
generico nodo n, è possibile assegnare:
•
l’andamento nel tempo della quota piezometrica: in tal caso, dal punto di vista
operativo, ad ogni passo temporale di calcolo viene azzerata la riga n-esima
della matrice dei coefficienti e si pone un coefficiente unitario in
corrispondenza della diagonale principale. Al tempo stesso, al termine nesimo del vettore dei termini noti viene assegnato il valore della quota
piezometrica imposta (Cioè, al termine n-esimo del vettore C viene assegnato
il valore della quota piezometrica imposta cambiato di segno);
•
l’andamento nel tempo della portata entrante nel nodo n (per assegnare una
portata uscente è sufficiente fornire valori negativi): è sufficiente, in questo
caso, sommare al termine n-esimo del vettore dei termini noti il valore della
portata assegnata;
•
un legame lineare (o linearizzato) tra portata entrante e quota piezometrica:
esprimiamo tale legame mediante la relazione: Qn = Bn hn* + C n , in cui Qn è la
Reti di condotte
portata entrante nel nodo, hn* la corrispondente quota piezometrica e Bn, Cn,
opportuni coefficienti. In tal caso la condizione viene imposta sommando Bn
alla diagonale principale della matrice dei coefficienti in corrispondenza della
riga n-esima, e Cn al termine n-esimo del vettore dei termini noti.
A conclusione di questo paragrafo, è solo il caso di sottolineare che, almeno in un
nodo della rete, è necessario assegnare una condizione al contorno del tipo
“andamento nel tempo della quota piezometrica” o del tipo “legame lineare tra
portata entrante e quota piezometrica”. In caso contrario il sistema ammette infinite
soluzioni (un’unica distribuzione di portate e infinite distribuzioni di quote
piezometriche che differiscono per un valore costante: la quota di riferimento)
4.1.2 Dispositivi ed organi di regolazione
In generale, in una rete di condotte sono presenti diversi dispositivi e organi di
regolazione. Questi possono essere inclusi nel sistema come “tronchi di condotta a
funzionamento speciale” o “nodi a funzionamento speciale”. Nel seguito vengono
riportati solo alcuni esempi per illustrare la tecnica normalmente impiegata per
descrivere questi dispositivi.
Dissipazione localizzata. Con riferimento allo schema di Figura 3.4 (sinistra),
supponiamo che, ad esempio lungo un tronco della rete, sia presente un dispositivo
che introduce una dissipazione localizzata di energia. In tal caso, nel tratto di rete in
esame viene introdotto un tronco speciale (e due ulteriori nodi: i, j) come illustrato in
Figura 3.4 (destra).
Figura 4.3
Per il nuovo tronco i-j di condotta possiamo scrivere:
ΔE ij = E i − E j = hi* +
QQ
2
i
2g A
− h *j −
QQ
2g A 2j
=κ Q Q
in cui il coefficiente κ dipende sostanzialmente dalle caratteristiche geometriche del
dispositivo che determina la dissipazione localizzata.
Linearizzando nel tempo, si ha:
⎡ Q' ⎛ 1
⎤
1 ⎞⎟
⎜
+
κ
Q
−
'
hi* − h *j = ⎢
⎥Q
2
2
⎢⎣ 2g ⎜⎝ A j Ai ⎟⎠
⎥⎦
La precedente relazione può essere riscritta formalmente come la (235) e quindi,
come la (235), assemblata nel sistema risolutivo:
Reti di condotte
Q j = Bij hi* − Bij h *j + C ij
⎤
⎡ Q' ⎛ 1
1 ⎞
⎜
con Bij = ⎢
− 2 ⎟ + κ Q' ⎥
2
⎥⎦
⎢⎣ 2g ⎜⎝ A j Ai ⎟⎠
−1
; C ij = 0
(239)
In questo caso, dal punto di vista numerico, bisogna evitare che si annulli
l’argomento tra le parentesi quadrate, ponendo artificialmente un limite inferiore al
modulo della portata fluente al passo di calcolo precedente.
Nodo serbatoio. Per simulare la presenza di un serbatoio è possibile introdurre un
“nodo speciale”. Di fatto, come si vedrà tra breve, un serbatoio rappresenta una
immissione esterna di portata dipendente dalla quota piezometrica ed è quindi
riconducibile ad una condizione al contorno del tipo “legame lineare tra portata
entrante e quota piezometrica”.
Figura 4.4 –
Schematizzazione di un serbatoio.
Consideriamo la situazione illustrata in Figura 4.4 nella quale, in corrispondenza
del nodo n della rete è posto un serbatoio caratterizzato da una sezione orizzontale
di area Ω (costante per semplicità). Con riferimento all’equazione dei serbatoi (19) si
osserva che la portata netta che esce dal serbatoio (Qusc-Qentr) corrisponde alla
portata Qn che dal serbatoio entra nel nodo n. Possiamo allora scrivere:
Q n = −Ω
dh *
dh
= −Ω n
dt
dt
Nella precedente, trascurando eventuali dissipazioni di energia, si è assunto che il
livello h nel serbatoio coincida con la quota piezometrica hn* al piede del serbatoio.
Discretizzando la derivata temporale alle differenze finite, possiamo scrivere:
( )
hn* − hn*
Qn ≅ − Ω
Δt
'
in cui con l’apice è denotata la quota piezometrica del nodo n relativa al passo di
calcolo precedente. La relazione appena scritta può essere posta nella forma che
abbiamo visto per la condizione al contorno di tipo “legame lineare tra portata
entrante e quota piezometrica”; si ha infatti:
Qn ≅ Bn hn* + C n
con
Bn = −
Ω
Δt
; Cn =
( )
Ω *
hn
Δt
'
(240)
Volendo introdurre eventuali dissipazioni localizzate di energia, in prima
approssimazione è possibile includere il relativo tronco speciale come
schematicamente illustrato in Figura 4.5.
Reti di condotte
Figura 4.5
Esempio. Consideriamo il problema dell’oscillazione di massa in un pozzo
piezometrico visto nel paragrafo 2.3.2.
Il sistema può essere schematizzato come illustrato in Figura 4.6.
Figura 4.6 –
Rappresentazione schematica del sistema illustrato in Figura 2.7.
Il sistema è composto da tre nodi (1, 2 e 3) di cui il terzo è un nodo speciale
“serbatoio”, da un solo tronco di condotta, tra i nodi 1 e 2 (galleria di derivazione), e
da un tronco speciale “dissipazione localizzata” tra i nodi 2 e 3. Nel nodo 1 è posta
una condizione al contorno del tipo “quota piezometrica assegnata” che corrisponde
al livello (costante) del serbatoio di monte. Nel nodo 2 è posta una condizione al
contorno del tipo “portata assegnata” che corrisponde alla portata che scende
attraverso la condotta forzata.
Volendo simulare, ad esempio, una manovra di apertura per la quale la portata
Q2(t) derivata verso la condotta forzata è inizialmente nulla (Q2(t=0)=0), la condizione
iniziale è data da:
h1* = h2* = h3* = 0
Q12 = Q23 = 0
in cui il riferimento assunto coincide, evidentemente, con il livello del serbatoio di
monte.
Ad ogni passo di calcolo vanno innanzitutto assemblati i contributi dei due tronchi
di condotta (normale e speciale). Con riferimento al tronco 1-2 si ha:
matrici locali
⎡− B12
⎢⎣ B12
B12 ⎤
− B12 ⎥⎦
matrici globali
⎡− B12
⎢ B12
⎢ 0
⎣
B12
− B12
0
⎡− C12 ⎤
⎢⎣ C12 ⎥⎦
0⎤
0⎥
0⎥⎦
⎡− C12 ⎤
⎢ C12 ⎥
⎢ 0 ⎥
⎦
⎣
Reti di condotte
in cui i coefficienti B12 e C12 sono dati dalla (235).
Assemblando quindi il tronco 2-3 si ha:
⎡− B23
⎢⎣ B23
matrici locali
B23 ⎤
− B23 ⎥⎦
B12
⎡− B12
⎢ B12 − B12 − B23
⎢ 0
B23
⎣
matrici globali
⎡− C 23 ⎤
⎢⎣ C 23 ⎥⎦
0 ⎤
B23 ⎥
− B23 ⎥⎦
⎡ − C12 ⎤
⎢ C12 − C 23 ⎥
⎥
⎢ C
23
⎦
⎣
in cui i coefficienti B23 e C23 sono dati dalla (239).
Si assembla ora il contributo del nodo serbatoio rappresentato dalla portata Q3
entrante nel nodo 3 ed espressa dalle equazioni (240). La matrice globale diventa
quindi:
B12
⎡− B12
⎢ B12 − B12 − B23
⎢ 0
B23
⎣
matrici globali
0
⎤
⎥
B23
− B23 + B3 ⎥⎦
⎡ − C12 ⎤
⎢ C12 − C 23 ⎥
⎢ C +C ⎥
3 ⎦
⎣ 23
Imponendo la condizione al contorno di livello assegnato sul nodo 1 ( h1* = 0 ) si ha:
0
⎡ 1
⎢ B12 − B12 − B23
⎢ 0
B23
⎣
matrici globali
⎤
⎥
B23
− B23 + B3 ⎥⎦
0
0
⎡
⎤
⎢ C12 − C 23 ⎥
⎢ C +C ⎥
3 ⎦
⎣ 23
Imponendo infine, in corrispondenza del nodo 2 la condizione al contorno sulla
portata Q2(t) (che avrà evidentemente un valore negativo in quanto esce dal nodo) si
avrà:
matrici globali
0
⎡ 1
⎢ B12 − B12 − B23
⎢ 0
B23
⎣
⎤
⎥
B23
− B23 + B3 ⎥⎦
0
0
⎡
⎤
⎢ C12 − C 23 + Q2 (t i )⎥
⎢
⎥
C 23 + C 3
⎣
⎦
in cui ti è l’istante di calcolo attuale.
La soluzione del precedente sistema fornisce, all’istante attuale, le quote
piezometriche nei tre nodi della rete (livello nel serbatoio di monte, quota
piezometrica al piede del pozzo e livello nel pozzo piezometrico). Sostituendo (a
ritroso) i valori di quota piezometrica trovati, nelle due equazioni di tronco
precedentemente assemblate (e corrispondenti alle equazioni (235) e (239)), si
determinano i valori di portata:
Q12 = B12 h1* − B12 h2* + C12
Q23 = B23 h2* − B23 j h3* + C 23
Si procede quindi a risolvere il passo temporale successivo
(241)
Reti di condotte
Nel caso particolare di questo esempio il sistema risolutivo è estremamente
semplice è può essere risolto agevolmente per via analitica. In particolare, essendo
h1* noto, il sistema si riduce a due sole equazioni
*
B23
⎡ − B12 − B23
⎤ ⎡ h2 ⎤ ⎡ C12 − C 23 + Q2 (t i ) + B12 h1* ⎤
⋅
+
⎥=0
⎢⎣
B23
− B23 + B3 ⎥⎦ ⎢⎣ h3* ⎥⎦ ⎢⎣
C 23 + C 3
⎦
Si ricava, in particolare
(
)
B23 C12 + Q2 (t i ) + B12 h1* + C 3 + B12 (C 3 + C 23 )
h =
B12 B23 − B3 (B12 + B23 )
C − C 23 + Q2 (t i ) + B12 h1* + B23 h3*
h2* = 12
B12 + B23
*
3
Figura 4.7 – Andamento nel tempo del livello nel pozzo piezometrico per manovre di apertura (in alto)
e chiusura (in basso) e confronto con la soluzione numerica ottenuta mediante un
metodo esplicito ed illustrata nel paragrafo 2.3.2.
Reti di condotte
Con riferimento ai dati dell’esempio riportato nel paragrafo 2.3.2, l’applicazione del
procedimento appena illustrato fornisce, con un passo di integrazione temporale
Δt=1.0s, i risultati illustrati in Figura 4.7 (il livello z nel pozzo corrisponde alla quota
piezometrica h3* ).
Nella stessa figura, per confronto, sono riportati i risultati ottenuti con il metodo
esplicito e un passo di integrazione temporale Δt=0.2s.
E’ evidente la maggiore accuratezza che si ottiene col procedimento illustrato in
questo capitolo. In particolare, nel caso di una manovra di chiusura, l’ampiezza delle
oscillazioni del livello nel pozzo piezometrico non soffrono dell’instabilità evidenziata
per il metodo esplicito e si smorzano fino ad annullarsi completamente.
Pompa. L’inserimento di una pompa nel sistema può essere fatto mediante l’impiego
di un tronco a funzionamento speciale “pompa” (Figura 4.8). Analiticamente, il
funzionamento di tale tronco sarà rappresentato ancora da un’equazione lineare
esprimente un legame tra la portata fluente nel tronco e le quote piezometriche agli
estremi, formalmente identica alla (235) e quindi, come la (235), assemblata nel
sistema risolutivo.
Figura 4.8
In relazione all’accuratezza e al dettaglio richiesti, l’equazione per il “tronco
pompa” può essere formulata in diversi modi.
Nel caso più semplice si può ipotizzare che la portata pompata assuma un valore
costante, QP (corrispondente, ad esempio, alla portata nominale della pompa),
indipendente cioè dalle quote piezometriche nei nodi estremi, ovvero dalla
prevalenza.
In alternativa si può far riferimento alla curva caratteristica della pompa che lega la
portata sollevata QP alla prevalenza H. Quest’ultima, con buona approssimazione, è
data dalla differenza H = h *j − hi* tra le quote piezometriche agli estremi del tronco.
Facendo riferimento ai valori assunti dalle quote piezometriche all’istante di calcolo
precedente è possibile stimare, ad ogni passo di calcolo e in modo esplicito,
l’effettiva portata sollevata QP mediante la curva caratteristica anzidetta.
In entrambi i casi l’equazione per il “tronco pompa” si scrive:
Q j = Bij hi* − Bij h *j + C ij
con
Bij = 0 ; C ij = QP
(242)
Nel secondo caso, oltre al problema legato alla necessità di controllare
costantemente che i valori della quota piezometrica si mantengano all’interno
dell’intervallo per cui è disponibile il legame QP-H, c’è il pericolo che la soluzione
numerica presenti fastidiose oscillazioni causate dalla determinazione esplicita della
portata sollevata.
Reti di condotte
Per evitare queste oscillazioni si può ricorrere ad una formulazione implicita solo
formalmente un po’ più complessa.
Esprimiamo, in forma generale, il legame tra la portata sollevata e la prevalenza
come: QP=f(H) (generalmente tale legame è ben approssimato da un polinomio di
secondo grado), e sviluppiamo tale legame in serie di Taylor, arrestata al primo
ordine, in un intorno del valore H’ assunto dalla quota piezometrica all’istante di
calcolo precedente:
QP ≅ f (H ' ) +
∂f
∂H
(H − H ' )
(243)
H =H '
Ricordando che H = h *j − hi* , l’equazione per il “tronco pompa” si scrive:
Q j = Bij hi* − Bij h *j + C ij
con
Bij = −f (H ' ) −
∂f
∂H
; C ij = Bij H '
(244)
H =H '
Valvola clapét. La valvola clapét è un dispositivo che consente il flusso in un verso
(dal nodo i verso il nodo j in Figura 4.9) ed impedisce il flusso nel verso opposto. Tale
dispositivo può essere schematizzato mediante un tronco a funzionamento speciale,
“tronco clapét”, per il quale l’equazione associata viene a dipendere dallo stato
(aperto/chiuso) della valvola.
Figura 4.9
Quando il clapét è aperto, il dispositivo può essere assimilato ad una piccola
dissipazione di energia localizzata e la sua equazione coincide pertanto con la (239),
la quale, per essere Ai=Aj, si semplifica nella seguente:
Q j = Bij hi* − Bij h *j + C ij
con Bij = −
1
κ Q'
; C ij = 0
(245)
Al coefficiente
vengono generalmente assegnati valori molto bassi essendo
piccola la dissipazione prodotta dalla valvola aperta. Si osservi che non è possibile
assumere una dissipazione nulla (κ=0), in questo caso infatti la portata fluente
sarebbe indipendente dalla variazione di quota piezometrica.
Quando il clapét è chiuso si determina una sconnessione tra i nodi i e j. In questo
caso il tronco non va assemblato o, che è lo stesso, la sua equazione diventa:
Q j = Bij hi* − Bij h *j + C ij
con Bij = C ij = 0
(246)
L’aspetto più interessante, e tutt’altro che banale, riguarda il criterio da adottare
per stabilire se la valvola è aperta oppure chiusa. La regola generalmente adottata è
la seguente.
Reti di condotte
Se al passo di calcolo precedente la valvola era aperta si controlla il verso della
portata: se questo è positivo (cioè il flusso avviene dal nodo i verso il nodo j), la
valvola si mantiene aperta, altrimenti si considera chiusa.
Se, invece, al passo di calcolo precedente la valvola era chiusa si controllano le
quote piezometriche ai nodi di estremità: se h *j > hi* , la valvola rimane chiusa
altrimenti, si considera aperta.
E’ necessario pertanto associare al “tronco clapét” un flag che ne descriva lo stato.
Cassa d’aria. Per simulare la presenza di una cassa d’aria è possibile introdurre un
“nodo speciale”. Di fatto, come si vedrà tra breve, una cassa d’aria può essere
schematizzata in modo analogo a quanto fatto per un serbatoio. Essa, infatti,
rappresenta una immissione esterna di portata dipendente dalla quota piezometrica
ed è quindi riconducibile ad una condizione al contorno del tipo “legame lineare tra
portata entrante e quota piezometrica”.
Figura 4.10 – Schematizzazione di una cassa d’aria.
Consideriamo la situazione illustrata in Figura 4.10 nella quale, in corrispondenza
del nodo n della rete è posta una cassa d’aria caratterizzata da una sezione
orizzontale di area Ac (costante per semplicità). Con riferimento all’equazione dei
serbatoi (19) si osserva che la portata netta che esce dalla cassa (Qusc-Qentr)
corrisponde alla portata Qn che dalla cassa entra nel nodo n. Possiamo allora
scrivere:
Qn = − Ac
dz
dt
(247)
in cui z è la quota della superficie libera nella cassa. Il livello z e la quota
piezometrica hn* sono tra loro legate come espresso dall’equazione (222).
Linearizzando nel tempo tale legame e discretizzando la derivata temporale alle
differenze finite, si può scrivere
( )
Ac hn* − hn*
Qn ≅ −
ξ'
Δt
'
in cui con l’apice sono state denotate quantità relative al passo di calcolo precedente.
La relazione appena scritta può essere posta nella forma che abbiamo visto per la
condizione al contorno di tipo “legame lineare tra portata entrante e quota
piezometrica”; si ha infatti:
Qn ≅ Bn hn* + C n
con
Bn = −
Ac
ξ ' Δt
; Cn =
( )
Ac
hn*
ξ ' Δt
'
(248)
Reti di condotte
Ovviamente durante il calcolo dev’essere aggiornata anche la quota z dell’acqua
nella cassa. A tale scopo può essere utilizzata l’equazione di continuità (247)
discretizzata ed esplicitata rispetto a z come segue
z = z ' − Δt
Qn
Ac
(249)
Restringimento/ugello. La presenza di un restringimento/allargamento ben
raccordato o di un ugello terminale può essere simulata mediante l’impiego di un
tronco a comportamento speciale: “tronco restringimento” (Figura 4.11) la cui
equazione, essendo trascurabile l’inerzia, si basa su di un semplice bilancio di
energia nel quale si trascura la dissipazione di energia localizzata.
Figura 4.11
Essendo:
hi* +
QQ
2g Ai2
= h *j +
QQ
(250)
2g A 2j
si ha:
Q j = Bij h − Bij h + C ij
*
i
*
j
2g
con Bij =
Q'
⎛ 1
1 ⎞⎟
⎜
−
⎜ A2 A2 ⎟
i ⎠
⎝ j
−1
; C ij = 0
(251)
Anche in questo caso, come per l’equazione (239), bisogna porre artificialmente
un limite inferiore al modulo della portata fluente al passo di calcolo precedente.
Reti di condotte
4.2 Reti di condotte trattate in ipotesi elastiche
Nel caso sia necessario ricorrere alle ipotesi elastiche il problema della soluzione
di una rete in pressione diventa solo formalmente più complesso. La soluzione, da un
punto di vista generale, si determina ancora strutturando un sistema di equazioni
formalmente analogo a quello visto per il caso di moto in ipotesi anelastiche. In
particolare le equazioni per i tronchi e per i nodi a funzionamento speciale restano le
stesse viste nel paragrafo precedente. La differenza dal caso anelastico risiede
sostanzialmente nel modo di scrivere le equazioni per le diverse condotte che
compongono la rete.
Consideriamo un generico tronco di condotta, lungo L, collegante i nodi i e j della
rete. Per risolvere il campo di moto lungo questa condotta è necessario (si veda il
capitolo 3.3) suddividere la condotta in n tratti di lunghezza Δs in modo che sia
soddisfatta la relazione Δs=a·Δt, essendo a la celerità di propagazione di una
perturbazione di pressione (vedi equazione (187))
Figura 4.12 –
Illustrazione schematica del procedimento di integrazione nel tempo delle equazioni
A partire dalla condizione nota relativa all’istante di calcolo precedente, mediante
l’impiego delle equazioni per le caratteristiche C+ e C- è possibile determinare, come
schematicamente illustrato in Figura 4.12, la soluzione all’istante di calcolo attuale
per tutti i punti interni della condotta. Per questa valutazione si utilizzano, in
particolare, le equazioni (200) e (201) che, riscritte in termini di portata, sono:
h * ( s k , t 0 + Δt ) =
[
]
a
1 *
[Q(s k −1, t 0 ) − Q(s k +1, t 0 )] −
h (s k −1, t 0 ) + h * (s k +1, t 0 ) +
2
2 gA
f Δs
−
Q(s k −1, t 0 ) Q(s k −1, t 0 ) − Q(s k +1, t 0 ) Q(s k +1, t 0 )
4 g dA 2
[
]
(252)
Reti di condotte
Q(s k , t 0 + Δt ) =
[
]
1
[Q(s k −1, t 0 ) + Q(s k +1, t 0 )] + g A h * (s k −1, t 0 ) − h * (s k +1, t 0 ) −
2
2a
f Δs
−
Q(s k −1, t 0 ) Q(s k −1, t 0 ) + Q(s k +1, t 0 ) Q(s k +1, t 0 )
4ad A
[
]
(253)
Effettuato preliminarmente questo calcolo per tutte le condotte della rete, si passa
alla scrittura (e quindi all’assemblaggio) delle equazioni di nodo la cui forma è
ricavata qui di seguito.
Consideriamo dapprima l’estremità corrispondente al nodo j (s=L) e l’equazione
per la caratteristica positiva (198), qui riscritta in termini di portata Qj entrante nel
nodo j:
h *j − h * (s n −1, t 0 ) = −
a
f Q(s n −1, t 0 ) Q(s n −1, t 0 )
Q j − Q(s n −1, t 0 ) −
Δs
gA
d
2g A 2
[
]
(254)
in cui, per comodità e analogia con la scrittura utilizzata nel precedente paragrafo, si
è indicato con h *j il termine h * (s n , t 0 + Δt ) e con Qj il termine Q(s n , t 0 + Δt ) .
Posto:
B ji = 0 ; B jj = −
⎤
gA
gA⎡ *
f Q(s n −1, t 0 ) Q(s n −1, t 0 )
; C jj =
Δs ⎥ + Q(s n −1, t 0 )
⎢ h (s n −1, t 0 ) −
2
a
a ⎢⎣
d
2g A
⎦⎥
(255)
l’equazione (254) può essere riscritta come segue:
Q j = B ji hi* + B jj h *j + C jj
(256)
Consideriamo ora l’estremità corrispondente al nodo i (s=0) e l’equazione per la
caratteristica negativa (199), qui riscritta in termini di portata Qi entrante nel nodo i:
hi* − h * (s1, t 0 ) =
Q( s 1 , t 0 ) Q( s 1 , t 0 )
a
[− Qi − Q(s1, t 0 )] + f
Δs
gA
d
2g A 2
(257)
*
in cui, come prima, si è indicato con hi il termine h * (s 0 , t 0 + Δt ) e con Qi il termine
− Q(s 0 , t 0 + Δt ) .
Posto:
Bii = −
⎤
gA
gA⎡ *
f Q( s 1 , t 0 ) Q( s 1 , t 0 )
; Bij = 0 ; C ii =
Δ
s
⎢ h (s1, t 0 ) +
⎥ + Q(s n −1, t 0 )
a ⎢⎣
d
a
2g A 2
⎥⎦
(258)
l’equazione (257) può essere riscritta come segue:
Qi = Bii hi* + Bij h *j + C ii
(259)
Nel complesso, quindi, le matrici locali per la generica condotta (corrispondenti
alle (237) per il caso di moto anelastico) sono:
Reti di condotte
⎡ Bii
⎢ B
⎣ ji
Bij ⎤
B jj ⎥⎦
⎡ C ii ⎤
⎢ C jj ⎥
⎣
⎦
(260)
Va osservato che, essendo Bij=Bji=0, la matrice globale dei coefficienti si mantiene
simmetrica come per il caso anelastico.
Infine, il modo di porre le condizioni al contorno è lo stesso visto per il caso
anelastico mentre un po’ più complessa è la procedura da seguire per porre le
condizioni iniziali in quanto non è sufficiente assegnare le quote piezometriche in tutti
i nodi della rete e le portate nei tronchi ma è necessario fornire quote piezometriche
e portate anche in tutti punti interni (in relazione alla discretizzazione spaziale in tratti
Δs) di ciascuna condotta.
Esempio. Consideriamo il problema dell’oscillazione di massa in una cassa d’aria
visto nel paragrafo 2.3.3 (vedi anche 3.3.5).
Il sistema può essere schematizzato come illustrato in Figura 4.13.
Figura 4.13 – Rappresentazione schematica del sistema illustrato in Figura 2.12.
Il sistema è composto da due nodi (1 e 2) di cui il primo è un nodo speciale “cassa
d’aria” e da un solo tronco di condotta, tra i nodi 1 e 2 (condotta di mandata). Nel
nodo 2 è posta una condizione al contorno del tipo “quota piezometrica assegnata”
che corrisponde al livello (costante) del serbatoio di recapito. Nel nodo 1 è posta una
condizione al contorno del tipo “portata assegnata” che corrisponde alla portata
pompata nel sistema (in questo caso non è necessario utilizzare un tronco speciale
“pompa” in quanto la pompa è posta in corrispondenza di un nodo di estremità della
rete.
Volendo simulare, ad esempio, una manovra di arresto della pompa per la quale la
portata Q1(t) pompata nel sistema vale inizialmente 0.05 m3/s, la condizione iniziale è
data da (si veda Figura 2.15):
h1* = 52.91 m
h2* = 40.0 m
Q12,1 = Q12,2 = 0.05 m 3 / s
in cui il riferimento assunto coincide con il livello nella cassa d’aria in condizioni di
sistema fermo (vedi paragrafo 2.3.3 e 3.3.5). Dovendo necessariamente seguire
passo passo anche l’evoluzione temporale del livello z nella cassa d’aria è
necessario fissare una condizione iniziale anche per tale parametro. Con riferimento
all’esempio riportato nel paragrafo 2.3.3 si ha:
z = 0.149 m
Reti di condotte
Si ricorda infine che, volendo risolvere il moto nel sistema seguendo un approccio
elastico, è necessario fissare quote piezometriche e portate in ogni sezione in cui si
suddivide ciascuna condotta. Nel caso in esame, con riferimento all’esempio illustrato
nel paragrafo 3.3.5, immaginando di suddividere la condotta di mandata in 10 tronchi
di lunghezza Δs=100m, le quote piezometriche iniziali nelle diverse sezioni interne
sono fornite dalla relazione:
*
*
h12
j = h2 +
2
f jΔs Q12
2
d 2g A12
j=1, 2, 3, …, 9
mentre i valori di portata nelle sezioni interne sono tutti uguali e corrispondono a
Q=0.05 m3/s.
Ad ogni passo di calcolo vanno innanzitutto assemblati i contributi della condotta
di mandata. Con riferimento al tronco 1-2 si ha:
matrici locali
⎡B11
⎢⎣ 0
0 ⎤
B22 ⎥⎦
⎡C11 ⎤
⎢⎣ C 22 ⎥⎦
matrici globali
⎡B11
⎢⎣ 0
0 ⎤
B22 ⎥⎦
⎡C11 ⎤
⎢⎣ C 22 ⎥⎦
in cui i coefficienti B11, B22, C1 e C2 sono dati dalla (258).
Assemblando quindi il contributo del nodo “cassa d’aria” rappresentato dalla
portata Q1 entrante nel nodo 1 ed espressa dall’equazione (248), la matrice globale
diventa:
matrici globali
⎡B11 + B1
⎢⎣
0
0 ⎤
B 22 ⎥⎦
⎡C11 + C1 ⎤
⎢⎣ C 22 ⎥⎦
Imponendo la condizione al contorno di livello assegnato sul nodo 1 ( h2* = 40.0 m )
si ha:
matrici globali
⎡B11 + B1
⎢⎣
0
0 ⎤
1 ⎥⎦
⎡C11 + C1 ⎤
⎢⎣ 40 ⎥⎦
Imponendo infine, in corrispondenza del nodo 1 la condizione al contorno sulla
portata Q1(t), corrispondente alla portata pompata (che avrà evidentemente un valore
positivo in quanto entra nel nodo) si avrà:
matrici globali
⎡B11 + B1
⎢⎣
0
0 ⎤
1 ⎥⎦
⎡C11 + C1 + Q1 (t )⎤
⎢⎣
⎥⎦
40
La soluzione del precedente sistema fornisce, all’istante attuale, le quote
piezometriche nei due nodi della rete (livello nel serbatoio di valle e quota
piezometrica in corrispondenza della cassa d’aria). Sostituendo (a ritroso) i valori di
quota piezometrica trovati, nelle due equazioni di tronco precedentemente
assemblate, si determinano i valori di portata alle due estremità della condotta di
mandata:
Reti di condotte
Q12,1 = B11 h1* + C11
Q12,2 = B22 h2* + C 22
(261)
Analogamente, utilizzando l’equazione (248) è possibile valutare la portata Q1 che
esce dalla cassa d’aria ed entra nel nodo 1
Q1 = B1 h1* + C1
(262)
Ovviamente durante il calcolo dev’essere aggiornata anche la quota z dell’acqua
nella cassa. A tale scopo può essere utilizzata l’equazione di continuità (247)
discretizzata ed esplicitata rispetto a z come segue
z = z'− Δt
Q1
Ac
(263)
Si procede quindi a risolvere il passo temporale successivo
Nel caso particolare di questo esempio il sistema risolutivo è estremamente
semplice essendo, di fatto, costituito da una sola equazione.
Si ha, in particolare
C11 + C1 + Q1 (t )
B11 + B1
*
h2 = 40.0
h1* = −
L’applicazione del procedimento appena illustrato fornisce, con un passo di
integrazione
Terminare esempio
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