331 Henri de Toulouse-Lautrec - Fondazione Internazionale Menarini

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331 Henri de Toulouse-Lautrec - Fondazione Internazionale Menarini
n° 331 - luglio 2007
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Direttore Responsabile Lucia Aleotti - Redazione, corrispondenza: «Minuti» Via Sette Santi n.1 - 50131 Firenze - www.fondazione-menarini.it
Henri de Toulouse-Lautrec
La vita notturna nella capitale della Belle-Époque vista con l’occhio disincantato di uno dei suoi protagonisti
Henri Marie Raymond de
Toulouse-Lautrec-Montfa
nasce ad Albi nel 1864 in
una famiglia agiata e di
nobile stirpe, proprietaria
di numerose tenute. Dopo
il trasferimento a Parigi
nel 1872, Henri frequenta
il Lycée Fontanes, dove
si segnala per la sua intelligenza, ma anche per la
sua vivacità. Purtroppo nel
1875 deve essere ritirato
a causa del manifestarsi di
quella malattia che lo segnerà per sempre: le vicissitudini di salute costringono il giovane a lunghe
convalescenze, ed è così
che prende confidenza con
il disegno, che affronta con
passione e sempre maggiore accanimento. Nel
1881, a Nizza riempie di
disegni un taccuino di viaggio, il Cahier Zig-Zags, e
nella primavera dello stesso
anno si reca a Parigi per
dedicarsi stabilmente alla
pittura: nel 1882 Toulouse-Lautrec decide di seguire le lezioni di Léon
Bonnat e dopo qualche
mese entra nell’atelier di
Fernand Cormon.
Nei primi anni Ottanta
l’estetica del naturalismo
dominava la vita culturale
sia in pittura che in letteratura, guardando con occhio attento alla realtà nei
suoi aspetti quotidiani;
non a caso, il catalogo della
mostra monografica che
Manet tenne nel 1884 all’Ecole des Beaux Arts aveva
una prefazione di Emile
Zola, che del naturalismo
in letteratura fu uno dei
massimi esponenti. Toulouse-Lautrec si muoveva
tra l’influenza dell’impressionismo e quella dei movimenti più avanzati, guardando al divisionismo di
Seurat e, attraverso l’amicizia con Emile Bernard,
agli esperimenti che Gauguin conduceva in Bretagna con il gruppo di Pont
Aven; su impulso di Edgar Degas subisce l’influenza dell’arte giapponese, che in quel periodo
stava suscitando grande
interesse in una parte dell’ambiente intellettuale
parigino.
Gli artisti d’avanguardia
apprezzarono ben presto
l’attività di Toulouse-Lautrec, che dal 1888 entrò a
far parte del Gruppo dei Venti
di Bruxelles, nel quale si
incontravano tutte le tendenze più avanzate dell’arte europea, e dall’anno
successivo iniziò ad esporre
con il gruppo degli Indépendents a Parigi.
Parlare di modernità nel
caso di Toulouse-Lautrec
si giustifica proprio per
l’interesse che la sua opera
suscitò nelle giovani generazioni, e per la sensibilità dell’artista nei confronti di tutti gli aspetti
della vita contemporanea.
La scelta dei soggetti appare già una dichiarazione
di autonomia nei confronti
dell’impressionismo, indirizzata com’è alla rappresentazione della figura
umana, e così aliena dalla
pittura en plein air, concentrando ben presto tutta
l’attenzione sui personaggi
di una “commedia umana”
della quale resta spettatore
attento e disincantato. “Ho
due vite” dichiarò a un
amico: una, la vita dei teatri, delle sale da ballo, dei
circhi e delle maisons parigine, temi prediletti della
sua arte; l’altra, la vita dell’unico figlio del conte
di Toulouse-Lautrec, erede
di una nobile e ricca famiglia, presso le cui tenute
trascorreva alcuni periodi,
circondato da uno stuolo
di parenti.
I temi trattati dall’artista
sono legati alla vita del
quartiere nel quale viveva:
Montmartre era allora al
centro di divertimenti popolari, caffè concerto e balli,
ma era anche abitato da
piccolissimi artigiani, arrotini, modiste, lavandaie,
che divennero i modelli
prediletti della pittura di
Toulouse-Lautrec. Dagli
anni Novanta, uno dei temi
ai quali l’artista dedicò numerosi disegni e dipinti
fu quello della vita nelle
case chiuse, raccontando
per immagini l’esistenza
delle prostitute in quell’universo segregato di cui
coglieva l’oggettiva realtà
di tranche de vie, con occhio
privo di qualsiasi pregiudizio moralistico o morboso compiacimento.
L’ambiente della prostituzione ispirò spesso la letteratura naturalista del secondo Ottocento, a cominciare dalla Maison Tellier
di Guy de Maupassant; una
delle opere maggiormente
La contessa de Toulouse-Lautrec nel salone - Albi,
Musée de Toulouse-Lautrec
pag. 2
rappresentative che Toulouse-Lautrec dedicò a questo tema è Nel salotto, del
1893: il dipinto è tutto
giocato su caldi toni di
rosso e arancio; la prospettiva appiattita e il taglio
orizzontale dell’immagine
accentuano il senso di spazio chiuso, affollato di
donne in attesa sui divani,
in un ambiente scarsamente
definito dal punto di vista spaziale. Domina la
scena il volto pesantemente
truccato e impassibile della
donna ritratta frontalmente
al centro dell’immagine,
il cui sguardo vacuo e indifferente richiama quanto
Edvard Munch scrisse a
proposito dei personaggi
di Toulouse-Lautrec: «qua
e là, nello sguardo di una
donna, o in quello di un
uomo, si ritrova un’espressione che è impossibile dimenticare, un’espressione
spaventosa e misteriosa e
che appartiene a lui solo».
Il mondo delle “case” è per
l’artista un universo prettamente femminile, nel
quale la figura maschile
compare solo una volta, relegata in un angolo della
scena, personaggio dal volto
indistinto. Per il resto, le
uniche presenze sono quelle
delle donne che, insieme,
attendono, giocano a carte,
si recano alle visite mediche obbligatorie, vivono
in comunità e intimità,
anche erotica: gli unici soggetti di questo genere che
Toulouse-Lautrec raffigurò
sono infatti momenti intimi fra donne, fermati in
disegni e oli che il pittore
non volle mai esporre al
pubblico.
La luce nei dipinti di Toulouse-Lautrec è quasi sempre quella opaca e fumosa
dei locali chiusi - i lumi a
gas dei caffè, i riflettori
della ribalta - una luce artificiale che si proietta su
un mondo artificiale e artificioso, privo di profondità e spessore, a cui corrisponde dal punto di vista figurativo la mancanza
di prospettiva, generalmente appena accennata
mediante particolari ambientali e oggetti che emergono dal fondo piatto come
fantasmi, evocazioni di un
mondo di quotidianità domestica che appare straniato e inafferrabile.
La rappresentazione per
così dire “appiattita” dello
spazio deriva sia dall’utilizzo di fotografie - che
spesso l’artista faceva eseguire per fermare l’immagine di motivi o soggetti
interessanti da riprodurre
in seguito - sia dall’interesse per le stampe giapponesi: a queste si ricollegano due caratteri fondamentali della maniera di
Toulouse-Lautrec, la stilizzazione e semplificazione della linea e un uso
del colore spesso esasperato, di tipo espressionistico. La forza di definizione che Toulouse-Lautrec attribuisce alla linea
accentua il senso di bidimensionalità delle sue opere
e al tempo stesso riesce con
pochi segni ad individuare
forme e oggetti che vengono lasciati non finiti ma
che, nonostante ciò, sono
caratterizzati quanto basta nella loro identità, senza
distrarre l’attenzione dal
soggetto principale della
scena.
Questa volontà di rendere
la realtà senza soggiacere
a una pedissequa raffigurazione del soggetto rappresentato anima anche i
ritratti, che possono a volte
apparire troppo caratterizzanti fino alla caricatura,
ma che servono piuttosto
a mettere impietosamente
allo scoperto la personalità del soggetto raffigu-
rato, anche (e forse soprattutto) nei suoi lati più nascosti e meno “presentabili”.
Attraverso i ritratti è possibile seguire il percorso
stilistico di Toulouse-Lautrec: il ritratto della madre - La contessa di ToulouseLautrec nel salone - dipinto
nel 1887, quando l’artista, lasciato l’atelier di Cormon iniziava a delineare
la propria autonoma personalità, risente ancora dell’influenza di Manet nell’impostazione della scena
- un interno nel quale la
finestra si apre verso il verde
del giardino, con lo specchio appeso alla parete che
ne riflette la luce, secondo
un modello caro agli impressionisti - mentre le
pennellate frammentate
in effetti luministici richiamano la pittura di Seurat. Nella Rossa con la camicia bianca, del 1889, il
quadro ruota tutto attorno
al capo chino della ragazza,
e la profondità viene suggerita dalla posizione del
busto, posto di sbieco, mentre lo sfondo resta indistinto; l’atteggiamento
della modella suggerisce
un clima di malinconica
sottomissione, di ritrosia,
che ne costituisce la peculiarità e il fascino di “ritratto psicologico”.
Una delle rare prove di pittura all’aria aperta la troviamo nel Ritratto di Desiré Dihau, un cugino di
Toulouse-Lautrec che lo
ritrasse nel 1890 seduto
in giardino e intento alla
lettura del giornale; l’ambientazione è suggerita da
pennellate rapide che creano
un effetto di sfondo più
decorativo che naturalistico: anche qui, come nel
ritratto precedente, la posa
è insolita, con il soggetto
posto di tre quarti, quasi
a voltare le spalle a chi
Donna rossa con camicia bianca - Madrid,
Fondazione Thyssen-Bornemisza
La modista, Louise Blouet - Albi, Musée de
Toulouse-Lautrec
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guarda, un una posizione
assolutamente antitetica
a tutti i canoni della ritrattistica. La modista, del 1900,
esemplifica chiaramente
lo stile dell’artista negli
ultimi anni: lo studio della
luce che colpisce la camicetta e i capelli biondi
della giovane donna facendoli emergere dall’oscurità del fondo e spiccare
sulle piume nere che campeggiano in primo piano,
individua i tratti del volto
con un’impostazione maggiormente “pittorica” rispetto alle opere precedenti
- nelle quali predominava
la linea di contorno - che
riporta alla lezione di Manet, specie nel raffinato variare dei neri e nella leggerezza del tocco. La piattezza dei colori puri lascia
qui il posto ad effetti chiaroscurali di grande intensità emotiva, propri dell’ultima maniera di Toulouse e vicini a quelli dell’Esame alla Facoltà di Medicina, che è la sua ultima
tela compiuta.
Nella breve vita, che concluse prima di compiere
trentasette anni, tormentata da malattie e alcolismo oltre che dalla menomazione fisica, ToulouseLautrec lavorò febbrilmente
lasciando una mole enorme
di opere: si conoscono 737
tele, 275 acquerelli, 368
stampe e manifesti e quasi
cinquemila disegni; disegnava furiosamente, continuamente, con abilità eccezionale, avendo iniziato
la sua attività ufficiale di
illustratore a soli dodici
anni, nel 1886, con la pubblicazione di un disegno
sul Courier Français. Nella
sua arte il rapporto tra gra-
fica e pittura rimase strettissimo: negli schizzi e negli oli su cartone venivano
definite le immagini che
poi erano sviluppate graficamente e distillate nei
loro elementi essenziali
per la realizzazione di litografie. La produzione di
Toulouse-Lautrec nel
campo della grafica si concentra negli ultimi dieci
anni della sua vita, a partire dal 1891, scindendosi
presto in due filoni autonomi, le affiches e le incisioni, e giungendo in
tempo brevissimo all’assoluta padronanza di questa tecnica, nella quale l’artista introdusse innovazioni che portarono la litografia a livelli di straordinaria raffinatezza.
All’abilità disegnativa Toulouse-Lautrec univa un uso
personalissimo del colore,
prediligendo come supporto il cartone, anziché
la tela o la tavola, e usando
su di esso il pastello o la
pittura a olio, con una tecnica che abbandonava le
velature e il chiaroscuro
per una stesura di colori
puri a pennellate sovrapposte. L’uso del colore in
senso non naturalistico lo
accomuna ad altri pittori
dell’epoca, quali Gauguin,
Cézanne e Van Gogh: insieme a quest’ultimo avevano frequentato da allievi
l’atelier di Cormon. La personale sigla di ToulouseLautrec e la sua novità
stanno proprio nell’originale rapporto fra disegno
e colore, che non si pongono in ordine gerarchico,
l’uno subordinato all’altro, ma sono complementari, in una sorta di “scrittura” del colore che iden-
Il grande palco - Parigi, Bibliothèque Nationale de France
tifica e costruisce l’oggetto,
definendone anche i confini spaziali e producendo
contemporaneamente profilo e superficie.
È forse in questa complementarietà la chiave di lettura del rapporto di Toulouse-Lautrec con le tecniche della grafica, mezzo
che gli fu particolarmente
congeniale e che trovò in
lui il creatore di un linguaggio del tutto nuovo,
diretto e impressivo, nel
quale espresse ricchezza e
creatività pari a quelle della
pittura.
barbara mannucci