CASTELLO DI GARGONZA

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CASTELLO DI GARGONZA
CASTELLO DI GARGONZA
Il borgo murato di Gargonza sorge su una collina dominante la Val di Chiana circa a metà strada
tra Arezzo e Siena nel comune di Monte San Savino a soli 11 chilometri dall'uscita “Monte San
Savino” della A1.
Cenni Storici
Il Castello di Gargonza, splendida testimonianza di borgo agricolo fortificato toscano, con la sua
torre, i considerevoli resti delle sue mura e di una porta duecentesca, la sua Chiesa romanica del
XIII° secolo con campanile a vela e bifora, le sue abitazioni affacciate sui suoi stretti vicoli è
situato su un’altura dominante la Val di Chiana. Oggi è una delle opere fortificate “non-colte”
meglio conservate del territorio aretino.
Furono gli Ubertini a incastellare il primo nucleo di Gargonza su questo appartato colle appenninico
prospiciente la Val di Chiana, tenendolo a lungo legato alle sorti ghibelline di Arezzo. Famiglia
comitale costituita da boni homines di origine longobarda, gli Ubertini si inurbarono anche a
Firenze da dove furono però cacciati nel 1280, ed ebbero in Gugliemino, vescovo di Arezzo, un
degno rappresentante del fronte ghibellino nella battaglia di Campaldino (1289), ove fu sconfitto e
ucciso.
Fra il 1302 e il 1304 a Gargonza si consuma l’ansia di riscatto politico-militare di Dante Alighieri,
esule e condannato a morte, tutta inscritta nel suo primo disegno ideologico antibonifaciano per
rientrare a Firenze, dove frattanto Carlo di Valois agiva pesantemente negli interessi del Caetani e
dei Neri fiorentini.
Nel borgo fortificato di Gargonza si riunirono dunque in assemblea permanente i fuoriusciti guelfi,
con tutto lo stato maggiore dei Bianchi, Vieri de’ Cerchi, Lapo degli Uberti e altri esponenti della
consorteria degli Ubertini, in un’ibrida alleanza coi ghibellini aretini e quelli banditi da Firenze molto
tempo prima, che tuttavia garantivano assoluta lealtà e sostegno. In quell’ambiguità di un
“accozzamento” opportunistico ci si spinse fino a “fare i conti avanti all’oste”, cioè a far piani un po’
avventati sulla conduzione di una guerra ancora tutta da intraprendere, e che si sarebbe rivelata
lunga e rovinosa. Nel variegato quartier generale di Gargonza furono perfino preordinate «le
modalità di resa dei Neri dopo una sconfitta data per certa, e infine un’eventuale riconciliazione,
una volta ristabilito il circuito delle libertà democratiche in città».
Nonostante i primi successi nel recupero dei castelli di Piantravigne, Serravalle, Gaville e
Ganghereto, i Neri riescono a recuperare alacremente terreno non solo grazie al voltafaccia di
Carlino de’ Pazzi, che si vendette per una corruzione di 400 fiorini d’oro al neo-podestà fiorentino
Gherardino da Gambara, ma anche per i timori in diversi municipi di un possibile rientro a Firenze
dei vecchi ghibellini, oltre al sostanziale attendismo di quella strana intesa gargonziana, circostanze
che permisero ai Neri di impadronirsi e occupare, già nel giugno del 1304, di tutte le cariche
pubbliche fiorentine.
Forti delle vittorie riportate, le armate fiorentine attaccarono nuovamente il castello di Gargonza
nel 1307, il quale evitò la capitolazione solo alla grazie alla diffusione della notizia, falsa, dell’arrivo
improvviso, da Roma verso Firenze, delle truppe del cardinal Orsini. E rimase ancora nella
situazione di sostanziale legame con Arezzo fino al 1381, quando Giovanni degli Ubertini vendette
il castello alla Repubblica di Siena, riscuotendo la cospicua somma di 4.000 fiorini d’oro. Finì così,
nella liquidazione monetaria, come succedeva anche ai conti Guidi per altri loro castelli casentinesi
e pistoiesi, il dominio di un’antica famiglia feudataria su uno dei castelli più importanti della Val di
Chiana.
Quattro anni più tardi, nel 1385, i Fiorentini, abilissimi nelle transazioni finanziarie per l’acquisto dei
fondi toscani, si annetterono Gargonza definitivamente, che rimase d’ora in avanti legata alla città
del Giglio.
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Per circa mezzo secolo, la nuova situazione politica a Gargonza permise un considerevole sviluppo
economico e un cospicuo inurbamento del borgo, finché la popolazione, forse troppo incline a
simpatie senesi, insorse nel 1433 contro l’insoddisfacente conduzione fiorentina del feudo.
L’intervento militare di Firenze fu durissimo fino al punto di distruggere quasi del tutto il castello,
radendolo al suolo in gran parte delle abitazioni e delle mura, per non lasciare in piedi altro che il
cassero e la torre merlata.
Alla metà del Cinquecento, in pieno periodo signorile, Gargonza è acquistata in livello da Giovanni
della facoltosa famiglia dei Lotteringhi della Stufa, un ceppo gentilizio di provenienza germanica
(Lotharingen) inurbatosi a Firenze nell’XI secolo, denominato così perché “proprietario” della stufa
della chiesa di San Lorenzo a Firenze, di fronte alla quale si apre appunto via della Stufa e il bel
palazzo bugnato omonimo. Antenati remoti degli attuali proprietari, i Guicciardini-Corsi-Salviati, i
Lotteringhi la venderono nel 1727 ai concittadini Corsi, altro ricco casato fiorentino che nel
frattempo a Napoli aveva acquistato il titolo di marchesi. Nonostante i Corsi dessero impulso alla
trasformazione di Gargonza in una florida proprietà fondiaria, del tutto in linea con la caratteristica
politica di bonifica e sviluppo agricolo del dispotismo illuminato granducale toscano, non fu evitato
al castello una sostanziale decadenza e perifericità urbana.
Con i Patti agrari del 1950 e la fine del sistema della mezzadria in Toscana, Gargonza entra
ulteriormente in stallo solo per essere rilanciata a partire dagli anni Settanta da Roberto
Guicciardini Corsi Salviati, il quale l’ha sapientemente trasformata in un borgo-residence costituito
da appartamenti, beds and breakfast e strutture turistiche dotate di ogni comfort di medio ed alto
livello, collegato altresì in un circuito a marchi storico-turistici di livello anche europeo. Il tutto
contornato, per giunta, da uno scenario “medievale” immerso nel verde sempiterno dei cipressi,
degli olivi, dei lecci e del bussolo; costituito fra l’altro dai resti delle mura, dal bel portale
d’ingresso, dal cassero, nonché dalla torre merlata che domina la pianta ogivale del borgo di
Gargonza.
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