TRAUMATOLOGIA Le lesioni muscolari

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TRAUMATOLOGIA Le lesioni muscolari
TRAUMATOLOGIA
Le lesioni muscolari
Le lesioni muscolari “acute” sono piuttosto frequenti in
tutti gli sport e spesso sono i muscoli ischio-crurali (parte
posteriore della coscia) quelli più interessati.
Il danno muscolare può essere la conseguenza di
traumi diretti o indiretti.
Nel primo caso (traumi diretti) l’agente che produce la
lesione è esterno; tale trauma contusivo determina la
lesione di un numero di fibre muscolari tanto maggiore
quanto più forte è il trauma e quanto meno è contratto il
muscolo al momento della contusione. Generalmente le
più colpite sono le fibre muscolari profonde.
Più frequenti sono le lesioni muscolari da trauma indiretto:
in questo caso è l’atleta stesso che provoca la lesione.
Questa può essere causata da una contrazione troppo
rapida del muscolo proveniente da una fase di completo rilasciamento, oppure da un iperallungamento (ad esempio un “calcio a vuoto”) o ancora da un sovraccarico di lavoro.
La contrattura è di per sé un atto difensivo che insorge quando il tessuto muscolare viene
sollecitato meccanicamente oltre il suo limite di sopportazione fisiologico. L'eccessivo carico
innesca un meccanismo di autodifesa che porta il muscolo a contrarsi involontariamente. Nella
contrattura quindi non vi è una rottura delle fibre che compongono il muscolo ma vi è solo
un alterata capacita contrattile.
Le cause predisponenti sono di natura meccanica. Sono in qualche modo correlate ai seguenti
fattori: mancanza di riscaldamento generale e specifico, preparazione fisica non
idonea,sollecitazioni eccessive, movimenti bruschi e violenti,squilibri posturali e muscolari,
mancanza di coordinazione.
La sintomatologia è molto simile a quella del crampo dal quale però differisce per le cause di
insorgenza (il crampo è più legato a fattori energetici/metabolici che non a fattori meccanici), per i
tempi di guarigione (molto più lunghi per la contrattura) per le conseguenze sulla prestazione (in
caso di contrattura il paziente può anche riprendere momentaneamente l'attività sportiva mentre in
caso di crampi l'interruzione è quasi inevitabile).
La classificazione delle lesioni muscolari viene fatta in relazione al danno anatomico; si
distinguono:
- contrattura
- stiramento
- strappo (di 1°, 2°, 3° grado)
L’atleta che si procura una contrattura riesce solitamente a terminare la gara senza troppi fastidi.
Il dolore compare dopo l’allenamento (gara) o il giorno seguente. Non siamo in presenza di una
vera e propria lesione muscolare, ma una alterazione del tono di tutto il muscolo o di una parte di
esso.
Si cura con calore, massaggi e stretching.
Lo stiramento, o elongazione muscolare, è una lesione di media entità che altera il normale tono
muscolare. In una scala di ipotetica gravità potremmo collocarla tra la semplice contrattura
(aumento involontario e permanente del tono muscolare) e lo strappo (rottura delle fibre
muscolari). I meccanismi che conducono allo stiramento o allo strappo sono simili a quelli della
contrattura, la differenza sta nel fatto che in questi casi si realizza un’effettiva rottura delle fibre che
compongono il muscolo. Ciò si verifica nel momento in cui l'eccessivo allungamento accoppiato
all'attivazione muscolare con contrazione improvvisa superano la resistenza meccanica delle fibre
stesse, elongandole.
In parole piu’ semplici possono essere paragonati ad un corda che tirata troppo comincia a
“sfilacciarsi”!
Lo stiramento è piuttosto frequente in ambito sportivo ed è causato dall'eccessivo allungamento
subito dalle fibre muscolari. Tale stiramento può verificarsi in situazioni diverse per cause diverse.
Tra le più frequenti ricordiamo:
- mancanza di riscaldamento generale e specifico
- preparazione fisica non idonea
- movimenti bruschi e violenti
- problemi articolari, squilibri posturali e muscolari, mancanza di coordinazione
- condizioni ambientali avverse
- microtraumi ripetuti
- abbigliamento e calzature non idonei
- recupero insufficiente dopo un precedente sforzo atletico.
Come intervenire
Trattandosi di un infortunio di relativa gravità, se ci si è fermati nel momento opportuno,
l'elongazione guarisce spontaneamente nel giro di due-tre settimane al massimo. È assolutamente
sconsigliato affrettare i tempi di recupero perché esiste il serio rischio di incorrere in recidive.
Le terapie indicate nell'immediato sono quelle che il soggetto può effettuare da sé (impacchi caldoumidi, farmaci antinfiammatori e miorilassanti).
Nella fase acuta il massaggio è una pratica sconsigliata perché potrebbe peggiorare il quadro
clinico. Passato il periodo di riposo indicato è possibile eseguire il cosiddetto test delle scale: se il
salire e lo scendere le scale non dà luogo a nessuna dolorabilità è possibile riprendere
gradatamente l'attività fisica prestando una notevole attenzione alla fase di riscaldamento.
Lo stiramento provoca un dolore immediato e vivo ma generalmente non impedisce il
proseguimento dell’attività; tuttavia il fastidio tende ad aumentare progressivamente. E’ molto
importante interrompere subito la gara o l’allenamento per evitare di procurarsi una lesione più
seria. Nello stiramento, come nella contrattura, non vi è una lesione vera e propria delle fibre
muscolari, ma un’alterazione marcata e localizzata del tono muscolare; in questo caso, all’interno
del muscolo si percepisce una ben definita zona dolorosa, e anche l’atleta, a differenza della
contrattura, sa individuare abbastanza bene la zona.
La cura consiste nel riposo, ghiaccio, compressione e elevazione (tradotti dall’inglese R.I.C.E).
L’arto va quindi messo a riposo, raffreddato, trattato con un bendaggio e sottoposto a controlli
medici specifici. Se la quantità di fibre lesionate è limitata si parla di distrazione o stiramento. Se
invece si rompe un numero consistente di fibre, si parla di strappo muscolare.
Strappo muscolare
Lo strappo muscolare
può
essere
paragonato
alla
progressiva rottura di una corda
messa in tensione da due tiranti.
In un primo momento si
sbrogliano solo alcune fibre
(lesione di I grado) e mano a
mano che si incrementa la forza
di trazione lo sfilacciamento
diventa sempre più evidente
(lesione di II grado) fino alla
completa rottura della corda
(lesione di III grado).
Il soggetto colpito da uno
strappo muscolare avverte un
dolore acuto nella zona lesionata, tanto più intenso quanto maggiore è il numero di fibre coinvolte.
Il dolore avvertito viene spesso rievocato dalla contrazione del muscolo interessato. Se il trauma è
particolarmente grave il soggetto si trova nell’impossibilità di muovere la parte interessata ed il
muscolo appare rigido e contratto. Una distrazione di II o di III grado si accompagna, nella maggior
parte dei casi, al gonfiore. In relazione al numero di fibre coinvolte (in un muscolo sono presenti
diverse migliaia di fibre) gli strappi muscolari si possono ulteriormente classificare usando una
scala di gravità composta da tre stadi.
LESIONE DI PRIMO GRADO: in questo caso sono danneggiate solo poche fibre muscolari e
il confine con la distrazione muscolare è quindi molto sfumato. Il danno è tutto sommato
modesto e viene avvertito come un leggero dolore o comunque fastidio che si accentua
durante la contrazione e l'allungamento muscolare. In caso di lesione di primo grado non si ha
quindi un'importante perdita di forza o limitazione del movimento.
LESIONE DI SECONDO GRADO o lesione grave: la gravità del danno aumenta poiché viene
coinvolto un maggior numero di fibre. Il dolore, acuto è simile ad una fitta e viene chiaramente
avvertito in seguito ad una violenta contrazione muscolare. La lesione interferisce con il gesto
atletico ma talvolta consente allo sportivo di continuare la gara.
LESIONE DI TERZO GRADO o lesione gravissima: l'alto numero di fibre coinvolte (almeno ¾)
causa una vera e propria lacerazione del ventre muscolare. Il dolore è molto forte e determina
una completa impotenza funzionale tanto che se la lesione coinvolge gli arti inferiori l'atleta si
accascia immediatamente al suolo.
In questi casi, alla palpazione è possibile avvertire come un avvallamento, un vero e proprio
scalino che testimonia l'entità della rottura.
Come detto in precedenza queste lesioni sono molto frequenti in ambito sportivo. In particolar
modo si osservano tra coloro che praticano discipline che prevedono sforzi muscolari di tipo “
esplosivo“ (calcio, rugby, baseball, corsa, salto, sollevamento pesi).
Va rimarcato che ad essere colpiti sono per lo più gli atleti non ben allenati o che non si sono
adeguatamente riscaldati prima di iniziare l'attività fisica o che addirittura non si sono riscaldati
affatto.
Le sedi più frequentemente colpite sono gli arti. In particolare negli sportivi sono frequenti lesioni ai
muscoli della coscia (flessori, adduttori, quadricipite) e della gamba (tricipite surale). Una
distrazione muscolare frequente nei culturisti è invece quella che coinvolge il tricipite e/o il deltoide
cioè i muscoli del braccio e della spalla.
Per tutte queste lesioni, l'intervento immediato è interrompere l’attività sportiva, immobilizzare e
distendere per quanto possibile il muscolo colpito, applicare localmente ghiaccio ed eventualmente
somministrare farmaci antinfiammatori e/o miorilassanti.
Tra le terapie fisiche più efficaci segnaliamo la tecarterapia. Va invece evitata qualunque forma di
calore. Occorre poi rivolgersi allo specialista ortopedico che con l’ausilio di esami strumentali, in
genere è sufficiente una ecografia, potrà stabilire la reale gravità della lesione che condiziona i
tempi di recupero.
Lo strappo muscolare richiede riposo assoluto (con l'arto in posizione declive) per almeno 15-20
giorni. Nei casi più gravi (lesioni di III grado) può essere addirittura necessario l'intervento
chirurgico per “ricucire“ le fibre muscolari lesionate.
Comunque anche nei casi non operati l'interruzione dell'attività sportiva può raggiungere anche i
quattro mesi. La rieducazione è consigliabile solo a guarigione avvenuta. Per un recupero
completo è fondamentale rispettare i tempi della riabilitazione senza avere fretta di tornare ad
allenarsi. Quando si riprende l'attività si deve prestare la massima attenzione alla programmazione
degli allenamenti e alla fase di riscaldamento.
A conclusione di questo articolo vogliamo dare un suggerimento a tutti gli sportivi ma soprattutto a
coloro che esercitano sport a livello amatoriale. La maggior frequenza di traumatismi muscolari –
tendinei – articolari colpisce infatti i maschi dai 30 ai 40 anni in su e che saltuariamente si dedicano
alla classica e amata partitella a tennis o a calcetto con gli amici.
Traumi articolari
Lussazione
La lussazione o slogatura è un evento traumatico che causa la
perdita dei rapporti reciproci tra i capi articolari di un'articolazione. Lo
slittamento a livello cartilagineo delle due estremità ossee è
consentito dalla rottura, almeno parziale, della capsula e dei
legamenti che stabilizzano l'articolazione. Talvolta a tali lesioni si
associano quelle della cartilagine articolare, dei vasi, delle ossa, della
cute (lussazione esposta) e dei nervi. Tali rotture contribuiscono ad
aggravare ulteriormente la situazione: una lesione cutanea, per
esempio, aumenta considerevolmente il rischio di infezione mentre
una lesione nervosa si associa ad una perdita di sensibilità e forza
muscolare.
Le lussazioni si dividono in complete ed incomplete. Nel primo caso vi
è una netta separazione tra le due superfici articolari, mentre nel
secondo i capi ossei rimangono parzialmente in contatto tra di loro. In
entrambi i casi è necessario un intervento esterno per riportare in
sede le due superfici articolari fuoriuscite. Al contrario se dopo l'incidente le due estremità ossee
si riposizionano da sole non si parla più di lussazione ma di distorsione articolare.
Le lussazioni interessano più frequentemente la spalla (circa il 50% dei casi), il gomito, l'anca, le
dita e la rotula; le sublussazioni sono invece più comuni a livello della caviglia e del ginocchio.
Una lussazione si manifesta nella stragrande maggioranza
dei casi quando un forte trauma colpisce l'articolazione o
quando questa, durante un movimento, supera il limite della
normale mobilità. Non a caso le articolazioni più colpite sono
anche quelle più mobili; a livello articolare, dunque, mobilità
ed instabilità vanno di pari passo.
I sintomi della lussazione
La lussazione traumatica è caratterizzata dalla seguente
sintomatologia:
 dolore improvviso e pungente esacerbato dalla
palpazione
 gonfiore (in alcuni casi sono presenti abrasioni ed
ecchimosi)
 articolazione deformata (la deformazione è visibile e palpabile)


intorpidimento dell'articolazione colpita e/o della zona anatomica sottostante
impossibilità di muovere l'articolazione colpita
Diagnosi di lussazione e primo intervento
La diagnosi di lussazione è generalmente
immediata data l'evidenza del danno che è visibile
e palpabile; in ogni caso, prima della riduzione
della lussazione è sempre consigliabile effettuare
indagini di tipo diagnostico quali la risonanza
magnetica o la radiografia che hanno lo scopo di
rilevare la presenza di complicanze come fratture
o lesioni a carico di nervi o vasi sanguigni).
Dopo una lussazione di tipo traumatico i primi
interventi
consistono
nel
tenere
alzata,
immobilizzandola, l'articolazione colpita in modo
da prevenire un eccessivo accumulo di sangue; in seguito è consigliabile eseguire una fasciatura
non troppo rigida e applicare degli impacchi freddi. Non è consigliabile eseguire la riduzione della
lussazione, un'operazione che necessita della dovuta esperienza. La riduzione della lussazione è
comunque un intervento da farsi il più precocemente possibile in quanto le alterazioni della capsula
e le conseguenti complicazioni acquistano tanta più importanza quanto più tempo si lascia
trascorrere senza intervenire. A seconda dei casi, la riduzione della lussazione necessita di
anestesia locale.
Il trattamento della lussazione
Dopo che la lussazione è stata ridotta, si dovrà ricorrere a un trattamento riabilitativo che ha lo
scopo di ripristinare sia la mobilità che le funzionalità articolari compromesse dall'evento.
Prima di iniziare il trattamento riabilitativo vero e proprio si deve osservare un periodo di riposo
pressoché assoluto che, a seconda della gravità del caso, può variare da una settimana a un mese
e mezzo. Se la gravità del trauma non è eccessiva è possibile mettere in atto alcuni interventi di
mobilizzazione precoce; in caso di forte dolorabilità è possibile il ricorso a farmaci analgesici e
antinfiammatori.
Dopo la fase di riposo, si procederà mettendo in atto quelle strategie terapeutiche atte a rinforzare
la muscolatura e a ripristinare la compromessa mobilità. La tonificazione muscolare ha tra i suoi
scopi quello di garantire una certa stabilità all'articolazione colpita dalla lussazione; la tonificazione
è notevolmente importante dal momento che previene quella instabilità articolare cronica che è alla
base delle lussazioni recidivanti.
Terminate le fasi di tonificazione muscolare e di ripristino della mobilità, chi pratica attività sportive
potrà tornare ad allenarsi dopo circa 60-70 giorni. Ovviamente in caso di sublussazione, i tempi di
ritorno sono notevolmente più brevi (un mese, un mese e mezzo).
Distorsione
La distorsione alla caviglia è il più frequente trauma muscolo-scheletrico dell'arto inferiore. Gli sport
dove questo trauma è più frequente, in ordine crescente, sono:
pallavolo (56%), basket (55%), calcio (51%)e la corsa di
resistenza (40%). Nella distorsione alla caviglia quasi sempre
rimane un dolore residuo abbastanza significativo che comporta
una limitazione funzionale. Anche dopo che il trauma è stato
curato si ha una percentuale variabile di pazienti, che va dal
10% al 30%, che lamentano una sintomatologia cronica
caratterizzata da sinoviti, tendinopatie, rigidità, aumento di
volume, dolore ed insufficienza muscolare, associati o meno ad
instabilità del collo del piede con difficoltà a deambulare su
terreni irregolari o episodi distorsivi recidivanti, a prescindere dal
trattamento dell'episodio acuto. Questo avviene perché il danno
del trauma distorsivo non avviene solo a carico del tessuto
legamentoso, ma anche del tessuto nervoso e muscolo-tendineo, intorno al complesso della
caviglia.
Il tempo necessario per il recupero funzionale completo,
qualunque sia il trattamento riservato al paziente
(chirurgico o conservativo), varia dalle 3 alle 5 settimane;
il tempo necessario prima di tornare al lavoro varia dalle
4 alle 7 settimane; e prima che il paziente possa ritornare
alla pratica sportiva occorrono 10 settimane. I tempi di
recupero, di solito, negli sportivi professionisti sono più
corti perché il tempo riservato alla riabilitazione è molto
maggiore rispetto ad esempio ad uno sportivo amatoriale.
Distorsione della Caviglia
I traumi distorsivi possono essere acuti (in seguito ad urti, contrasti, scontri o improvvisi cambi di
direzione) o cronici (dopo carichi notevoli e prolungati). L'evento traumatico può portare, nella
caviglia di un atleta, ad una patologia articolare, suddivisa in due quadri:


quello della lassità, con lesioni capsulari, distensioni e lacerazioni del comparto
legamentoso laterale e mediale della tibiotarsica e della sottoastragalica, che determinano
una escursione articolare oltre i limiti fisiologici;
quello dell' instabilità, che l'atleta avverte come un segno di cedimento articolare durante il
gesto sportivo ed anatomopatologicamente obiettivabile in una rottura più o meno totale dei
legamenti.
"Una caviglia lesa e instabile rappresenta il presupposto di distorsioni recidivanti, si comprende
quindi l'importanza di una buona rieducazione dopo un episodio distorsivo"
SINTOMATOLOGIA DELLA DISTORSIONE
• Dolore vivo, localizzato a livello della zona anteriore del malleolo peroneale, che insorge durante
la palpazione; • Tumefazione modesta o cospicua a livello periarticolare ed articolare, segno
della rottura della piccola arteriola passante al di sopra del legamento peroneo-astragalico
anteriore (segno di Robert-Jaspert); • Limitazione funzionale causata dal dolore che il paziente
avverte durante i movimenti dell'articolazione; • Instabilità dell' articolazione tibio-tarsica
IL BENDAGGIO FUNZIONALE
previene
l'insorgere di ricadute o recidive quando si
riprende l'attività motoria; evita i danni di una
prolungata
immobilizzazione
o
inattività
funzionale; riduce i tempi di recupero

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