Guillaume Apollinaire (Ombra)

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Guillaume Apollinaire (Ombra)
Guillaume Apollinaire
OMBRE
(Ombra)
Vous voilà de nouveau près de moi
Eccovi di nuovo accanto a me
Souvenirs de mes compagnons morts à la guerre
Ricordi dei miei compagni morti in guerra
[L’olive du temps]
[L’oliva del tempo]
Souvenirs qui n’en faites plus qu’un
Ricordi che ne fate uno solo
[Comme cent fourrures ne font qu’un manteau]
[Come cento pelli fanno un solo mantello]
Comme ces miliers de blessures ne font qu’un article de journal
Come queste migliaia di ferite fanno un solo articolo di giornale
Apparence impalpable et sombre qui avez pris
Apparenza impalpabile e scura che avete preso
La forme changeante de mon ombre
La forma mutevole della mia ombra
[Un indien à l’affût pendant l’éternité]
[Un indiano in agguato per l’eternità]
Ombre vous rampez près de moi
Ombra mi strisciate accanto
Mais vous ne m’entendez plus
Ma non mi sentite più
Vous ne connaîtrez plus le poèmes divins que je chante
Non conoscerete più i poemi divini che canto
Tandis que moi je vous entends je vous vois encore
Mentre io vi sento io vi vedo ancora
Destinées
Destini
Ombre multiple que le soleil vous garde
Ombra molteplice che il sole vi protegga
Vous [qui m’aimez assez pour ne jamais me quitter
Voi [che tanto mi amate da non lasciarmi mai
Et] qui dansez au soleil sans faire de poussière
E] che danzate al sole senza alzare polvere
Ombre encre du soleil
Ombra inchiostro del sole
Écriture de ma lumière
Scrittura della mia luce
Caisson de regrets
Cassone di rimpianti
Un dieu qui s’humilie
Un dio che si umilia
Traduzione di Giorgio Caproni/Federico Biscione. Il testo fra parentesi quadra non è stato musicato.
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“Chi ha qualcosa da dire si faccia avanti e taccia”: questa frase dello scrittore Karl Kraus allude all’impossibilità della
parola di confrontarsi con i fatti della Grande Guerra. In quegli anni sconosciute gamme espressive si affermano dunque nelle
arti, con vocaboli che sembrano deformati, lacerati, come schiacciati dal peso di una realtà che l’arte stessa si sente
improvvisamente incapace di rappresentare, forse vergognandosi del proprio potere di sublimazione (avvertito come qualcosa
di colpevolmente consolatorio). Mi ha molto colpito questa poesia di Apollinaire, che si muove sostanzialmente nei canoni di
un’espressione tradizionale, ma che con versi liberi, brevi e semplici, con l’apparente vicinanza alla prosa, con la mancanza di
punteggiatura sembra ogni momento sconfinare in quel silenzio evocato da Kraus; indica infine l’ombra del disastro mondiale
come acquisita e inseparabile per ogni essere. Ma non dimentica il riferimento alla luce che di quest’ombra permette
l’esistenza.
F.B.