vegeta ss3

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Valerio Amici
Stefano Lazzari
Guida Naturalistica
Unione Dei Comuni
Valle del TevereTevere-Soratte
Valerio Amici
Stefano Lazzari
Guida Naturalistica
Unione dei Comuni
Valle del Tevere-Soratte
Realizzato con il contributo della Provincia di Roma
e in collaborazione con Legambiente, nell’ambito del
“Bando delle idee per i piccoli comuni della
provincia di Roma”.
Guida Naturalistica Unione dei Comuni Valle del Tevere-Soratte - Indice
Indice
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Presentazione
Tavola 1 - Inquadramento territoriale
Tavola 2 - Uso del suolo
Il territorio
Tavola 3 - Naturalità del paesaggio
Geologia
Dal triassico al pleistocene
Il vulcanismo sabatino
Il Tevere dal Pleistocene all’Olocene
Le forme geologiche affioranti
Aspetti pedologici
Geomorfologia
La dorsale carbonatica del Monte Soratte
Monte Piccolo, Monte Antico, Monte le Cese,
Monte Capellone e Monte Belvedere
I rilievi collinari
La Valle del Tevere
Flora
Schede Flora
Fauna
Schede Fauna
Bibliografia essenziale
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Presentazione
Guida Naturalistica Unione dei Comuni Valle del Tevere-Soratte - Presentazione
Questa pubblicazione è il frutto di uno studio del nostro territorio, reso
possibile dal “Bando delle idee” 2008, promosso da Legambiente e dalla
Provincia di Roma e curato dal geografo Valerio Amici e dal biologo Stefano Lazzari.
Si tratta di una nuova “Guida” alle peculiarità del patrimonio ambientale
dei Comuni che costituiscono l’Unione (Civitella S.Paolo, Filacciano,
Nazzano, Ponzano, Sant’Oreste e Torrita Tiberina) che si aggiunge alle
numerose altre, ma che, rispetto alle precedenti, ha un diverso approccio e
diverse finalità. Il lavoro scientifico che è alla base della pubblicazione,
presenta in modo sistematico e approfondito le caratteristiche ambientali
di un’area vocata alla conservazione della biodiversità. Si tratta infatti di
un’area dove sono state costituite due Riserve naturali, la Riserva regionale Tevere Farfa, che insiste sui territori di Nazzano e Torrita Tiberina, e la
Riserva del Monte Soratte, interamente nel Comune di Sant’Oreste, affidata alla gestione della Provincia di Roma. Nella stessa zona è presente
un’altra piccola area protetta, il Parco Naturale Comunale “La CoronaSant’Andrea”, nel Comune di Civitella San Paolo, che ha un ruolo importante di collegamento ecologico per la sua posizione tra Soratte e TevereFarfa.
Di questa grande, virtualmente unica, area protetta confinante con
l’adiacente Riserva della Valle del Treja e con il Parco di Veio, sono state
messe in luce le potenzialità, chiamando alle loro responsabilità gli amministratori, affinché si persegua con coerenza e determinazione l’obiettivo
della piena valorizzazione dei nostri beni ambientali attraverso
l’integrazione sempre più stretta e coordinata delle politiche locali.
L’Unione dei Comuni cerca di affermare nelle sue scelte strategiche tali
politiche di valorizzazione ambientale e di promozione di uno sviluppo
ecosostenibile. In collaborazione sinergica con la Provincia di Roma e la
Regione Lazio, l’Unione porta avanti programmi, come il Piano di sviluppo integrato della Valle del Tevere e Agenda 21, perché i Comuni
dell’area condividono l’idea che la tutela e la valorizzazione dei beni culturali e ambientali siano il primo strumento per una crescita del turismo di
qualità, per l’innovazione in agricoltura, per un progresso economico e
civile basato sulla salvaguardia delle ricchezze naturali di questo territorio.
La Guida naturalistica, che l’Unione dei Comuni pubblica, fa parte coerentemente di questo impegno e, soprattutto per questo, rinnovo il mio ringraziamento agli autori, a Legambiente e alla Provincia di Roma, per il loro
contributo, che rafforzerà nei cittadini dei nostri paesi, quel senso di appartenenza al proprio territorio e quella condivisione di obiettivi strategici,
che solo con la loro convinta partecipazione democratica potranno essere
raggiunti.
Basilio Rocco Stefani
(Presidente dell’Unione dei Comuni Valle del Tevere-Soratte)
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Guida Naturalistica Unione dei Comuni Valle del Tevere-Soratte
Foto 1. Vista del versante meridionale
del Monte Soratte presso la provinciale
civitellese.
Foto 2. Il fiume Tevere nei pressi di
Torrita Tiberina.
Foto 3. Terrazzamenti fluviali in prossimità dell’abitato di Ponzano Romano.
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Guida Naturalistica Unione dei Comuni Valle del Tevere-Soratte - Tavola 1
Inquadramento territoriale
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Guida Naturalistica Unione dei Comuni Valle del Tevere-Soratte - Tavola 2
Uso del suolo
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Il territorio
Guida Naturalistica Unione dei Comuni Valle del Tevere-Soratte - Il Territorio
L'area è situata a nord della provincia di Roma, tra il distretto vulcanico sabatino e la valle del fiume Treja ad ovest, i monti Cimini
a nord e i rilievi collinari e montuosi sabini ad est (Carta d'Italia
IGM, 1:25.00: F° 144 "Rignano Flaminio" IV S.O, "Stimigliano"
IV NO); comprende i comuni di Civitella San Paolo, Filacciano,
Nazzano, Ponzano Romano, Torrita Tiberina, Sant'Oreste, per un
totale di 112 km2 e 8.045 abitanti (densità media: 73ab/km2).
La matrice dell'area è costituita da seminativi estensivi (in alcuni
casi con presenza di querce camporili) colture arboree (oliveti e
noccioleti) ed incolti spesso utilizzati a pascolo. Gli usi di tipo
agricolo coprono il 74,4 % del territorio, il 22,5 % del territorio è
coperto da boschi di latifoglie (boschi misti di querce caducifoglie
a prevalenza di cerri e roverelle), dei quali circa la metà è governato a ceduo. Lo 0,6 % del territorio è occupato da aree urbane ed
industriali e il 2,5 % dell’area è occupata da corsi e bacini
d’acqua dolce. Le aree boscate sono generalmente concentrate
sulle litologie calcaree e sabbioso-conglomeratiche. Le aree con
maggior grado di naturalità sono situate in corrispondenza delle
tre aree protette presenti nel territorio dell’Unione: le boscaglie e i
boschi misti di leccio e latifoglie caducifoglie sul Monte Soratte,
le aree umide dell'invaso del Tevere nella riserva Tevere-Farfa e
il bosco di caducifoglie termofile nell’area protetta di “S. Andrea”
a Civitella S. Paolo. La maggior parte del restante territorio è caratterizzata da formazioni arbustive e cespuglieti che bordano in
genere le aree boscate e che, in taluni casi, rappresentano una fase
di recupero della vegetazione boschiva nei coltivi abbandonati.
Tali formazioni, in quanto estesamente presenti nel territorio
(oltre che ai bordi delle aree boscate si trovano anche a delimitare
coltivi) contribuiscono alla creazione di una naturalità diffusa del
territorio.
Gli ambiti climatici sono: collinare tirrenico mesomediterraneo,
collinare preappenninico submediterraneo. Le piogge hanno un
andamento mediterraneo, con un massimo autunnale ed un periodo di aridità estiva. Il periodo di aridità non è molto prolungato,
quindi il carattere mediterraneo è molto attenuato; l'indice di aridità estiva, calcolato nel mese di luglio, assume un valore vicino
alla soglia semi-arido con tendenza al sub-umido, inquadrando la
zona in un ambito mediterraneo tendente al temperato. Le precipitazioni medie annue sono intorno ai 1000 mm, le temperature medie annue (18°C), oscillano tra i 6°C delle medie minime di gen8
Guida Naturalistica Unione dei Comuni Valle del Tevere-Soratte - Il Territorio
naio e i 23,5 delle massime in luglio. I venti hanno un regime che varia
a seconda delle stagioni: in prevalenza in inverno ed estate prevalgono
quelli da NE-E, mentre nelle altre stagioni quelli da SW-W.
Nel territorio dell'Unione dei Comuni sono presenti due aree protette di
importanza comunitaria, a sottolineare l’importanza per la conservazione della biodiversità dell’area.
La prima, per estensione (2063 ha) ed istituzione, è la “Riserva Naturale Regionale Nazzano-Tevere Farfa”, istituita con L.R. del 4 aprile
1979; situata a confine tra le Province di Roma e di Rieti, ricade tra i
comuni di Nazzano, Torrita Tiberina, Filacciano, Montopoli di Sabina,
Forano, Civitella S.Paolo e Poggio Mirteto. Tra il 1953 e il 1955 venne
costruito uno sbarramento sul fiume Tevere poco più a valle della confluenza con il torrente Farfa che portò alla formazione di un bacino
esteso per circa 300 ettari. La morfologia del Tevere, che in questo
tratto scorre lentamente formando ampie anse e meandri, domina questo ambiente umido, creando un ecosistema di elevatissimo pregio,
ecologico e paesaggistico. La Riserva è gestita dalla Regione Lazio e
inclusa nella Rete Natura 2000, contiene all’interno sia un SIC
(IT6030012) che una ZPS che si estendono oltre i limiti dell’area protetta.
La seconda è la “Riserva Naturale Monte Soratte”, che si estende per
565 ha e comprende tutto il rilievo del monte omonimo fino a Monte
Piccolo includendo il centro abitato di S. Oreste. L'ipotesi del Parco sul
Monte Soratte iniziò a concretarsi a livello istituzionale con l'inserimento del Monte nella Carta dei Biotipi della Regione Lazio e successivamente nella Carta delle Aree di Particolare Valore Naturalistico
(R.L. 1975) in base alla quale fu progettato il Piano Regionale dei Parchi e delle Riserve Naturali dove il Monte Soratte veniva inserito
nell'area protetta “Complesso Fluviale Tevere-Treja”. La Riserva, istituita definitivamente con la L.R. 29/97, include il SIC Monte Soratte
(IT 6030014) ed è caratterizzata da estese foreste di leccio e macchia
mediterranea miste, nel versante orientale del massiccio a specie più
mesofile.
Nel territorio è presente un’altra piccola area protetta, il Parco Naturale
Comunale “La Corona-Sant’Andrea”, nel Comune di Civitella San
Paolo, che ha un ruolo importante di collegamento ecologico per la
sua posizione tra Soratte e Tevere-Farfa. Una larga parte del parco è
coperta da boschi e boscaglie.
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Guida Naturalistica Unione dei Comuni Valle del Tevere-Soratte - Tavola 3
Naturalità del paesaggio
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Guida Naturalistica Unione dei Comuni Valle del Tevere-Soratte
Foto 4. Panorama
dalla cresta della
dorsale del Monte
Soratte. Visibile
tra le nuvole la
vetta del monte
Cimino.
Foto 5. Seminativi
i n t e n s i v i
all’interno della
Riserva TevereFarfa.
Vista
dall’abitato
di
Torrita Tiberina.
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Guida Naturalistica Unione dei Comuni Valle del Tevere-Soratte
Foto 6. Invaso del
fiume
Tevere
all’interno della
Riserva Tevere Farfa; in primo
piano sponde dominate da Phragmites
australis.
Foto 7. Il massiccio
del monte Soratte e
le colline sottostanti
visti
dalla
“Casaccia dei ladri”, sul versante
nord del monte.
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Guida Naturalistica Unione dei Comuni Valle del Tevere-Soratte - La geologia
La geologia
Dal Triassico al Pleistocene
Per conoscere la storia geologica del territorio dell’Unione dei
Comuni e più in generale della Media Valle del tevere, si deve
risalire alla parte iniziale del periodo Giurassico tra 205 e circa
200 milioni di anni fa, quando sul fondo dell’oceano chiamato
Tetide si depositarono i sedimenti da cui si sono poi formate le
rocce che oggi costituiscono l’Appennino centrale, ovvero sedimenti di piattaforma carbonatica che passavano, lungo pendii più
o meno accentuati, a depositi di mare più profondo. Successivamente, nel Miocene, nell’ambito dei complessi processi della tettonica a placche, iniziò la convergenza delle placche europea ed
africana con la conseguente deformazione dei rispettivi margini.
L’orogenesi si verificò con una serie di fasi che fecero sollevare
l’Appennino centrale progressivamente da Ovest verso Est. Nel
corso degli ultimi 10-15 milioni di anni, poderose spinte dirette
verso l’Adriatico, compressero i sedimenti marini, li lacerarono
con estese faglie e portarono ampi lembi a sormontarsi l’un
l’altro. Circa 4-5 milioni di anni fa, quando la formazione della
catena era già molto avanzata, una vasta area posta ad occidente
sprofondò (nasce così il mar tirreno). Lunghe faglie a direzione
NW-SE tagliarono profondamente la parte occidentale della nuova catena che, disarticolata in horst e graben, sprofondò globalmente verso Ovest. Circa 5 milioni di anni fa erano già emersi dal
mare i rilievi dei Monti Lucretili, i Monti Cornicolani e il Monte
Soratte, mentre l’area in cui si sarebbe poi sviluppata la città di
Roma si trovava sommersa da un mare profondo in cui si depositavano fini sedimenti denominati Argille Azzurre o Marne Vaticane. La morfologia del Monte Soratte dimostra chiaramente che
nel periodo Plio-Pleistocenico era un blocco, un alto strutturale,
che risultava sollevato rispetto alle aree circostanti e che costituiva, insieme alle sue appendici di Monte Piccolo e Monte Belvedere a SE, un insieme di isole circondate da un mare poco profondo.
Queste isole, insieme a quelle costituite dai Monti Cornicolani
erano presenti per effetto dalla subsidenza non omogenea
dell’Appennino. In questo bacino marino si sono formati forti
spessori di sedimenti argillosi nelle aree più lontane dalla costa e
sabbiosi in prossimità delle aree continentali e intorno al massiccio del Soratte. Il passaggio da una sedimentazione finissima ad
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Guida Naturalistica Unione dei Comuni Valle del Tevere-Soratte - La geologia
Ovest del massiccio a una più grossolana ad est è testimonianza del
sollevamento della parte continentale, avvenuto circa 1,5 milioni di
anni fa.
I rilievi emersi furono sottoposti all’azione erosiva del mare dando luogo ad una sedimentazione di tipo clastico le cui caratteristiche granulometriche e tessiturali variavano in funzione della distanza dalle coste e
della profondità del mare. Come già accennato le litologie risultanti
permettono di ricostruire verso ovest un graduale passaggio verso il
mare aperto, mentre verso est si individua la presenza di un significativo apporto di tipo continentale legato alla vicinanza di terre emerse (i
Monti della Sabina). I conglomerati e brecciole poligenici individuati
sul versante occidentale del Monte Soratte, a diretto contatto con gli
affioramenti carbonatici Meso-Cenozoici, permettono di identificare
l’antica linea di costa dove il mare agiva direttamente sulle superfici
emerse. Si tratta di sedimenti tipici dell’ambiente di falesia. Nel settore
orientale che degrada verso la valle del Tevere, si hanno invece depositi sabbiosi e argillo-sabbiosi, che permettono di individuare la presenza
di un ambiente marino più tranquillo e meno profondo. Il massiccio del
Monte Soratte ha, di fatto, costituito una barriera verso ovest alla diffusione dei sedimenti continentali individuando una situazione di tipo
lagunare, separata dal mare aperto che sul versante occidentale del rilievo agiva con energia dando luogo a depositi di spiaggia e di falesia.
La dorsale del Monte Soratte (M. Soratte, S. Oreste, M. Piccolo, M.
Antico, M. Le Cese, M. Cupellone, M. Belvedere) è caratterizzata da
terreni carbonatici Meso-Cenozoici analoghi a quelli presenti nella facies umbro-sabina, depostisi in condizioni di alto morfologico. Le rocce che compongono tale dorsale sono principalmente calcari, dolomie,
selce e marne depositatesi in ambiente marino, in strati regolari o in
grossi banchi tra 210 e 30 milioni di anni fa.
Il succedersi delle varie fasi della tettogenesi appenninica di tipo sia
compressivo che distensivo ha determinato in quest’area l’instaurarsi
di strutture tipo Horst e Graben ad andamento NO-SE. In particolare
l’Horst del Monte Soratte separa il Graben Sabatino posto a occidente
dal Graben del Tevere posto ad Oriente. Strutturalmente il Monte Soratte è costituito da tre scaglie tettoniche sovrapposte lungo piani di
sovrascorrimento orientati NNO-SSE, un assetto comune a tutti i rilievi dell’area sabina. L’evoluzione tettonica del Monte Soratte può essere suddivisa in tre fasi:
- la prima di tipo compressivo durante la quale si è determinata una
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Guida Naturalistica Unione dei Comuni Valle del Tevere-Soratte - La geologia
struttura a scaglie accavallate del massiccio con i piani di faglia orientati circa N-S;
- la seconda, caratterizzata da faglie orientate NW-SE, è bipartita in
una prima fase di tipo ancora compressivo che avrebbe contribuito alla
messa in posto della struttura e in una seconda di tipo distensivo con
movimenti che hanno determinato per la massima parte l’assetto tipo
alti e bassi strutturali tipo Horst e Graben;
- la terza fase ha prodotto un insieme di fratture e di faglie dirette e
subverticali che ha ulteriormente articolato e individuato la struttura
complessiva del monte.
Diversi studi effettuati nell’area hanno individuato almeno tre scaglie
sovrapposte lungo piani di sovrascorrimento debolmente immergenti
verso occidente e con direzione NNO-SSE, messe in posto durante la
prima fase compressiva, risultato di spinte tangenziali con vergenze
orientali, avvenute in più fasi e culminate nell’Oligocene superiore. Il
piano di sovrascorrimento più evidente nell’area è rilevabile in tre zone: lungo il versante orientale del Monte Soratte, in prossimità della
croce di S.Oreste e sulla strada che collega S.Oreste con la SS3 Flaminia. Le fasi tensionali che hanno interessato per tutto il Quaternario
l’area Sabatina ad ovest del Monte Soratte, hanno determinato
l’instaurarsi di un vulcanismo diffuso i cui prodotti hanno successivamente ricoperto l’area circostante il rilievo. In questo periodo
(Pleistocene medio) si completa la trasformazione degli ambienti sedimentari con il generale sollevamento del margine tirrenico laziale ed il
conseguente spostamento della linea di costa verso ovest, così quello
che era un fondale marino diventa una regione collinare con estese zone paludose e piccoli laghi, dominata dal corso del Paleotevere. Il Paleotevere aveva un andamento parallelo alla costa in direzione N-S e
scorreva, al contario di quanto avviene oggi, ad ovest del massiccio del
Monte Soratte, come è possibile riscontrare in alcuni affioramenti presenti nella valle del fiume Treja.
Nel periodo Plio –
Pleistocenico il Soratte
costituiva, insieme alle
sue appendici, un insieme di isole in un mare
poco profondo.
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Guida Naturalistica Unione dei Comuni Valle del Tevere-Soratte - La geologia
Il Vulcanismo sabatino
A partire da 600.000 anni fa, dalle grandi fratture connesse ai movimenti tettonici del margine tirrenico, iniziò a risalire del magma formando così dei grandi complessi vulcanici prevalentemente in corrispondenza delle zone di intersezione dei tre principali sistemi di
faglie ad andamento NW-SE, NE-SW e N-S. I prodotti dell’attività
vulcanica del distretto sabatino arrivarono a coprire un’area di circa
1500km2, interessando anche l’attuale area urbana di Roma e modificando il corso del Paleotevere. Il distretto, essenzialmente di natura esplosiva, con un chimismo alcalino-potassico, inizia la sua attività nel settore orientale e il primo e edificio vulcanico si sviluppa tra
Morlupo e Castelnuovo di Porto, ma non è più riconoscibile perché
sepolto da prodotti più recenti. In seguito è sorto l’edificio vulcanico
di Sacrofano, attivo fino a circa 370.000 anni fa, che ha eruttato un
notevole volume di materiale. Le due principali colate piroclastiche
hanno prodotto il “Tufo Giallo della Via Tiberina”, affiorante nelle
incisioni vallive e il “Tufo Giallo di Sacrofano”, affiorante intorno
al cratere. Durante la fase di crescita dell’edificio di Sacrofano,
l’attività vulcanica iniziò ad interessare anche il resto del distretto
sabatino. La fase evolutiva successiva fu caratterizzata dall’attività
del centro di Baccano, i cui prodotti operarono, in più riprese, il colmamento della caldera di Sacrofano. L’attività di Baccano culminò
nella formazione della caldera omonima, ancora ben conservata, che
interruppe verso ovest la continuità della caldera di Sacrofano. A
sud dell’attuale conca del lago di Bracciano si formò un ampio cratere nell’area di Vigna di Valle, da cui venne eruttata, circa 430.000
anni fa, una potente colata piroclastica, il cui prodotto è noto come
“Tufo rosso a scorie nere”. Successivamente vennero eruttate numerose colate di lava da fratture orientate NE-SW che bordavano l’area
di Bracciano, che iniziò a sprofondare meno di 150.000 anni fa,
quando ormai il vulcano di Sacrofano non era più in attività ed anche tutto il vulcanismo sabatino era ormai in fase di conclusione. Ai
bordi del Lago di Bracciano, che iniziò a formarsi proprio in seguito
allo sprofondamento dell’area e alla formazione di una conca, si
formarono alcuni piccoli crateri con attività essenzialmente freatomagmatica (meno di 30.000 anni fa).
Tutti questi crateri, come quelli che si trovano subito a nord del Lago di Bracciano, dove si riconoscono anche coni di scorie e colate di
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Guida Naturalistica Unione dei Comuni Valle del Tevere-Soratte - La geologia
lave, furono attivi dopo che la conca lacustre si era già formata. Le
ripetute colate piroclastiche emesse hanno originato superfici debolmente inclinate verso l’esterno rispetto ai principali centri di emissione; attualmente esse sono modellate dagli agenti esogeni, in particolare dalle acque correnti superficiali.
Il Tevere dal Pleistocene all’Olocene
I prodotti vulcanici del distretto sabatino, oltre a coprire ogni traccia
della precedente storia geologica dell’area, deviarono il corso del Paleotevere e congiungendosi più a sud con i prodotti vulcanici dei Colli
Albani, sbarrarono per un breve arco di tempo il corso del fiume. Si
formò così ad est dell’attuale città di Roma una vasta zona paludosa.
Con il passare del tempo lo sbarramento fu eroso e le acque ripresero
a scorrere verso il mare, con un corso che preludeva ormai a quello
dell’odierno Fiume Tevere. Le glaciazioni ebbero una profonda influenza nella capacità erosiva del fiume; provocando un abbassamento
del livello del mare consentirono al Tevere di crearsi un varco tra i
depositi vulcanici iniziando a scorrere nell’attuale direzione. Durante
l’ultimo periodo glaciale (Wurm), iniziato circa 120.000 anni fa, il
livello del Mar Tirreno era di almeno 120 metri al di sotto di quello
attuale. Questo abbassamento determinò la forte incisione della valle
del Tevere (che scorreva molte decine di metri al di sotto dell’attuale
livello del mare) e l’erosione anche delle sabbie sottostanti i tufi sabatini, trasformando ampie aree in valli fluviali molto incise, a fondo
piatto, con depositi ghiaiosi ed un andamento a canali intrecciati. Meno di 18.000 anni fa (picco freddo wurmiano) il livello del mare iniziò
a risalire molto velocemente a causa del repentino aumento della temperatura, inducendo il progressivo innalzamento di quota del corso del
Tevere e il suo colmamento di depositi alluvionali olocenici. Quindi in
questo suo tratto medio-terminale, la valle del Tevere risulta caratterizzata da un’ampia spianata di fondovalle larga circa 2 km che rappresenta il colmamento della più antica vallata scavata durante
l’ultimo periodo glaciale. I sedimenti fluviali presenti appaiono più
argillosi procedendo verso gli strati più alti, mentre quelli inferiori,
testimonianza dei terrazzamenti più antichi, presentano alternanze di
ghiaie, sabbie e argille. In pratica i depositi alluvionali comprendono
un livello basale di ghiaie poligeniche costituite da clasti provenienti
sia dai depositi marini e continentali plio-pleistocenici che dalle serie
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Guida Naturalistica Unione dei Comuni Valle del Tevere-Soratte - La geologia
calcareo-silico-marnose della dorsale appenninica. Queste ghiaie basali devono essere considerate solo in parte oloceniche, poiché geneticamente legate anche all’erosione contemporanea alle fasi finali della
glaciazione wurmiana. Al di sopra delle ghiaie, i depositi olocenici
sono costituiti per uno spessore complessivo di alcune decine di metri
da sedimenti limosi, argilloso e sabbiosi che si sono depositati durante
la risalita olocenica del livello marino (tra 18.000 anni fa e 5.000 anni
fa). Questo assetto stratigrafico caratterizza a grandi linee anche gli
affluenti laterali del Tevere, seppure con spessori stratigrafici ridotti e
progressivamente decrescenti allontanandosi dalla Valle Tiberina.
Successivamente si sono depositate delle sabbie medio-grossolane e
localmente medio-fini, grigiastre, che si ritengono dovute ad una ripresa dell’attività erosiva lungo il corso principale del Tevere e dei
suoi affluenti. Infatti il contatto tra le sabbie ed i sottostanti depositi
limoso-argillosi è netto e di tipo erosivo. In un periodo compreso tra
6.000 e 4.000 anni fa, il Tevere torna a posizionarsi nella parte centrale della valle ed erode l’alveo presumibilmente a causa di un periodo
di abbassamento del livello del mare, successivo alla grande fase di
risalita olocenica. A partire da 3-4.000 anni fa ci sarebbe stato poi un
nuovo riscaldamento ed un conseguente sollevamento del livello dei
mari che determinò a sua volta la ripresa del processo di alluvionamento della Valle Tiberina e la deposizione di sedimenti più fini come
limi argillosi ed argille limose marroni e verdastre e limi sabbiosi grigio-verdastri che chiudono verso l’alto il ciclo di sedimentazione olocenico.
Foto 8. Gusci di molluschi bivalvi e gasteropodi in un
sedimento argilloso.
Foto 9. Tufo rosso a scorie nere.
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Guida Naturalistica Unione dei Comuni Valle del Tevere-Soratte - La geologia
Le formazioni geologiche affioranti
Le unità presenti all’interno dell’area e nelle sue strette adiacenze,
frutto dei processi appena descritti, vanno dal Pliocene all’Olocene e
sono costituite dalle seguenti successioni:
a)
Successione stratigrafica Meso -Cenozoica
- Dolomie grigiastre associate a calcari che contengono resti fossili di
foraminiferi. Tali rocce sono testimonianza di ambienti marini poco
profondi, che vanno dalla fascia tra l’alta e la bassa marea alle lagune
riparate. Sono le rocce più antiche riscontrabili sul massiccio del Monte Soratte. Solo a partire da circa 90 milioni di anni fa l’ambiente tornò, sia pure in tempi diversi, pelagico e si accumularono qua e là marne alternate a livelli argillosi e a selce in sottili strati. Queste rocce
sono note complessivamente con il termine di Scaglia e affiorano oggi
in modo sparso.
- Calcare massiccio. Si tratta del litotipo che costituisce l’ossatura del
rilievo del Monte Soratte. Si è formato durante il Lias inferiore in un
ambiente di piattaforma carbonatica di grande estensione sulla quale si
erano deposti in precedenza sedimenti triassici. La facies tipica è rappresentata da calcari bianchi ceroidi cristallini e subcristallini, calcari
oolitici e pseudoolitici, calcari sbrecciati rossastri, generalmente massicci o in grossi banchi con resti di brachiopodi, lamellibranchi e gasteropodi. Nell’area del Monte Soratte è rappresentato soprattutto da
calcari avana finemente detritici generalmente massicci, talora in banchi interessati da varie forme di carsismo. Il calcare massiccio si presenta generalmente in grosse bancate e contiene resti di alghe calcaree, foraminiferi e gusci di molluschi. Queste rocce segnalano il passaggio, nel tempo, ad ambienti marini più aperti di quanto non fossero in
precedenza, cioè con più libera circolazione delle acque, che favorivano un abbondante accumulo di calcari.
- Corniola. La facies tipica è rappresentata da calcari e calcari leggermente marnosi, grigi, grigio scuri e avana, prevalentemente ben stratificati con selce. Sul Monte Soratte è presente anche con calcari detritici grigio-nerastri senza selce con spigole di spugne, radiolari, echinodermi. Con la loro comparsa testimoniano il cambiamento da ambiente di piattaforma carbonatica ad ambiente di mare profondo. L’area
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Guida Naturalistica Unione dei Comuni Valle del Tevere-Soratte - La geologia
però non restò a lungo stabile, poiché mancano infatti i sedimenti marini che in altre parti del vicino Appennino ricoprono la Corniola;
- Scaglia: calcari e calcari marnosi da bianchi a rossastri, marne grigio verdastre con intercalazioni argillose e liste di selce. Nell’area è
presente in alcuni piccoli affioramenti discontinui, trasgressivi sulla
corniola o direttamente sopra il calcare massiccio. Si iniziò a formare
circa 90 milioni di anni fa, quando l’ambiente tornò, sia pure in tempi
diversi, pelagico e si accumularono qua e là marne alternate a livelli
argillosi e a selce in sottili strati. La scaglia affiora oggi in modo sparso, ma è ben visibile sul versante sud-occidentale del rilievo, presso
l’abitato di S. Oreste, dove appaiono estremamente fratturati e laminati in conseguenza di forti stress tettonici a cui questi materiali sono
stati sottoposti.
b) Depositi del ciclo sedimentario marino Pliocenico
Si tratta di sabbie colore giallo-ocra talvolta concrezionate, livelli conglomeratici più o meno cementati prevalenti verso l’alto della formazione, sabbie argillose, argille grigie più o meno sabbiose prevalenti
verso la base. All’interno del territorio comunale di Ponzano sono stati
riscontrati resti di macrofauna di ambiente salmastro (Potamides giulivi, Nassa reticolata, Lyrcaea). Sono i sedimenti più antichi che affiorano principalmente tra il Fosso di S. Martino e il Monte Soratte. I
sedimenti Pliocenici dell’area possono essere inclusi nell’Unità di Tenaglie-Fosso San Martino. Attraverso un’analisi di dettaglio dei foraminiferi presenti nell’area, che ha messo in evidenza la presenza di
Globorotalia aemiliana, è stato possibile attribuire a questi sedimenti
un’età pliocenica media. Le associazioni micro e macrofaunistiche
rinvenute sono dominate da forme bentoniche di ambiente infralitorale
oligotrofico, ben ossigenato, caratterizzato talvolta da fondali vegetati.
Talvolta in corrispondenza dei rilievi carbonatici (Monte Piccolo,
Monte Le Cese, Monte Cupellone), sono presenti livelli sabbiosi più o
meno cementati e grossolani e massivi in cui sono presenti resti di
Litotamni, Briozoi, Balanidi, Rodoliti, frammenti di Echinidi e Bivalvi, Ditrupe. Il contesto faunistico indica un ambiente poco profondo,
sede di accumulo di materiale proveniente da aree limitrofe in via di
sollevamento. Tali sedimenti rappresentano, infatti, l’antica linea di
costa del mare pliocenico.
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Guida Naturalistica Unione dei Comuni Valle del Tevere-Soratte - La geologia
c) Depositi del ciclo sedimentario marino Pleistocenico
I sedimenti che affiorano lungo tutto il versante orientale del Monte
Soratte, rientrano nella formazione del Chiani-Tevere e rappresentano
un vero e proprio ciclo sedimentario i cui passaggi laterali di facies
sono spesso rapidi e difficilmente seguibili per lunghi tratti sul terreno. Sono costituiti prevalentemente da ghiaie poligeniche clinostratificate grossolane alternate a bancate sabbiose. Le sabbie sono quarzose
e muscovitiche e presentano a volte stratificazione incrociata, i ciottoli
sono di natura calcarea arenacea e silicea. Il rinvenimento di più di un
clasto con forme tipiche di piattaforma carbonatica, indica una provenienza localizzata ad est del Monte Soratte, probabilmente dai Monti
Sabini. La presenza in alcuni livelli sabbiosi di balanidi indica la vicinanza di un’antica linea di costa, come confermato anche dal solco di
battigia individuato sotto Fara Sabina, alle pendici dei rilievi
dell’attuale Sabina. Comuni risultano bioturbazioni del tipo “armoured
burrows” e “Ophimorpha”. Tali sedimenti indicherebbero un ambiente
di spiagge ghiaiose e in alcuni siti (ad E di Monte Le Cese, Monte Carotano), antistanti le ghiaie, è presente un livello calcareo di spessore e
consistenza variabile (3-5 metri), ad elevato contenuto bioclastico con
abbondante micro e macrofauna indicativa di ambienti infralitorali,
costituito da frammenti conchigliari e piccoli ciottoli subsferici disposti caoticamente. Man mano che ci si allontana dai rilievi carbonatici,
affiorano litotipi a granulometria più fine e costituiti da argille e silt
sabbiosi mal stratificati o a stratificazione piana orizzontale. Superiormente la successione è rappresentata da litotipi prevalentemente sabbiosi e siltosi affioranti esclusivamente ad E del Monte Soratte fino al
Tevere, testimonianza di un ambiente infralitorale, preludio alla chiusura dell’intero ciclo marino di tutta la Valle del Tevere. Si trovano in
affioramento anche conglomerati in genere cementati con lenti e livelli di sabbie argillose contenenti livelli a fauna continentale
(ostracodi dolcicoli e molluschi); queste formazioni si trovano
nell’area compresa tra il centro abitato di S. Oreste e Fiano Romano,
mentre lembi di conglomerati e brecciole poligenici si trovano lungo il
versante occidentale del Monte Soratte a contatto con gli affioramenti
carbonatici Meso-Cenozoici.
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Guida Naturalistica Unione dei Comuni Valle del Tevere-Soratte
Foto 10. Questa parete nei
pressi del fiume Farfa
consente di "leggere" le
caratteristiche della stratificazione di questa roccia
calcarea, detta "Corniola"
e di osservare nelle pieghe
e nelle faglie, l'intensa
deformazione alla quale i
calcari sono stati soggetti
al momento dell'orogenesi.
Foto 11. Terrazzamenti
fluviali. La superficie orizzontale in secondo piano,
lievemente sollevata rispetto
al fiume, corrisponde al
livello del Tevere, durante la
fase deposizionale precedente a quella attuale.
Foto 12. Sedimenti marini affioranti in
località “pratarelle”, presso Nazzano.
Foto 13. Paleo-falesie sul versante occidentale del Monte Soratte.
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Aspetti Pedologici
Guida Naturalistica Unione dei Comuni Valle del Tevere-Soratte - Aspetti pedologici
Per suolo si intende lo strato superficiale che ricopre la crosta terrestre, derivante dall'alterazione di un substrato roccioso, chiamato
roccia madre, per azione chimica, fisica e biologica esercitata da
tutti gli agenti superficiali e dagli organismi presenti. Il suolo è
composto da una parte solida (componente organica e componente
minerale), una parte liquida e da una parte gassosa.
Durante la sua evoluzione, il suolo differenzia lungo il suo profilo
una serie di orizzonti. I più comuni orizzonti identificabili, sono un
orizzonte superficiale organico (sovrastato talvolta da uno strato di
lettiera indecomposta), in cui il contenuto di sostanza organica insieme alle particelle minerali raggiunge una percentuale significativa, un sottostante orizzonte di eluviazione, in cui il processo di percolazione delle acque meteoriche ha eluviato una parte delle particelle minerali fini lasciando prevalente componente limosa o sabbiosa, e il sottostante orizzonte di illuviazione, dove le suddette particelle fini (argillose) si sono accumulate. Un suolo si origina
dall'alterazione, per via fisica, chimica e biologica di un substrato
pedogenetico, vale a dire un accumulo di materiale disgregato e
inconsolidato derivante da alterazione di qualche tipo di roccia; successivamente compare anche la frazione organica, originata dal lento accumularsi di resti organici (animali, piante, funghi, batteri),
una parte dei quali viene complessata (attraverso l'attività dei microrganismi) fino ad essere trasformata in composti resistenti alla
degradazione (humus).
I suoli prevalenti nell'area dell’Unione dei Comuni sono essenzialmente di quattro tipi e possono essere ricondotti ad altrettanti substrati litologici (suoli su calcare, suoli su materiali di origine vulcanica, suoli su detrito di falda e suoli su depositi plio-pleistocenici):
a) Litosuoli, redzina e suoli bruni calcarei
Sono l'associazione di suoli caratteristica dei versanti del Monte
Soratte; sul versante SW, caratterizzato da forte acclività e da una
morfologia accidentata, con rocce affioranti, prevalgono i litosuoli e
i redzina, suoli di modesto spessore (30-50 cm) e ricchi di scheletro
calcareo, quindi dotati di scarse capacità di ritenzione idrica. I suoli
bruni calcarei, più profondi e con maggiori riserve idriche, sono
diffusi sul versante NE ed alla base dei pendii, dove hanno un'origine prevalentemente colluviale. Tutti questi tipi di suoli hanno reazione alcalina, contengono carbonati nella terra fine ed hanno sempre alte percentuali di sostanza organica (5-24%).
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Guida Naturalistica Unione dei Comuni Valle del Tevere-Soratte - Aspetti pedologici
b) Suoli di origine vulcanica
Si trovano prevalentemente nel comune di Civitella S. Paolo, e sono
costituiti da tufi ocracei e gialli a profilo ABC, moderatamente profondi. Sono ricchi di sostanza organica e a reazione subacida.
c) Suoli bruni e regosuoli
Si trovano nei rilievi di S. Francesco, Monte Arco Terminone e nelle
immediate circostanze. I suoli bruni hanno un profilo ABC, con un
orizzonte B di alterazione, rossastro per la presenza di ossidi di ferro,
mentre i regosuoli hanno un profilo AC con un orizzonte umifero di
30-40 cm di spessore, che poggia direttamente sulle sabbie alterate.
Nelle zone subpianeggianti dell'area sono presenti suoli bruni mediterranei, caratterizzati da un netto accumulo di argilla nell'orizzonte B e
talvolta da una concentrazione di carbonati verso la base del profilo
d) Suoli argillosi e argilloso-limosi
Si trovano nella piana alluvionale del Tevere, sono scarsamente evoluti, ricchi di argilla e carbonati (20-30%). Al di sotto dell'orizzonte superficiale (10-20 cm), ricco di humus, presentano un orizzonte grigio
o grigio verdastro, nel quale si ha ristagno di acqua per tutto l'anno
(suoli a gley). Sui versanti collinari che bordano la valle, i suoli più
diffusi sono i regosuoli ed i suoli bruni, a tessitura piuttosto grossolana
e presenza di carbonati. Nelle zone subpianeggianti o comunque meno
acclivi, si trovano i suoli bruni mediterranei.
O - orizzonti organici costituiti da materia organica accumulata in ambiente
subaereo.
A - orizzonti minerali formatisi in superficie o al di sotto di un orizzonte O.
B - orizzonti illuviali in cui l’acqua
deposita i soluti trasportati dagli orizzonti superiori.
C - orizzonti costituiti da frammenti
grossolani di roccia madre.
R - roccia madre.
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Geomorfologia
Guida Naturalistica Unione dei Comuni Valle del Tevere-Soratte - Geomorfologia
L’area risulta compresa tra il fianco destro della Valle del Tevere e
il Distretto vulcanico Sabatino, in un fascia territoriale definita preappennino; morfologicamente l’area è caratterizzata da una netta
suddivisione morfologica legata alla presenza di tre unità paesaggistiche, la Valle del Tevere, i rilievi argilloso-sabbiosoconglomeratici e vulcanici e la dorsale carbonatica del Monte Soratte.
La dorsale carbonatica del Monte Soratte
Questa struttura, allineata principalmente in direzione NNW-SSE, è
costituita da quattro elementi, il Monte Soratte, il Monte Piccolo, il
Monte Antico e Monte Le Cese, ed è caratterizzata da litotipi carbonatici meso-cenozoici riferibili ad una serie analoga a quelle presenti nella facies umbro-sabina che conferiscono alla dorsale i tratti
paesaggistici caratteristici dei rilievi carbonatici dell’Appennino.
Tuttavia la struttura presenta delle peculiarità oltre che geografiche
e climatiche anche scenografiche, poiché, soprattutto con il suo rilievo più alto (il Monte Soratte), si eleva solitaria su un altopiano
formato da colline di modesta altezza ed è visibile anche da notevoli distanze dalla piana del Tevere.
La particolarità del Monte Soratte (691 m.s.l.m) è quella di essere
un rilievo carbonatico che si erge rispetto alle basse colline circostanti con pendii quasi immediatamente ripidi (pendenze superiori a
35°). La sua lunghezza è pari a 5,5 km e la larghezza massima alla
base è di 2 km.
Il Monte Soratte è caratterizzato da versanti dissimetrici e a diversa
conformazione: il versante sud-occidentale è in genere acclive ed
accidentato e a profilo convesso, mentre quello nord-orientale, pur
presentandosi ripido e scosceso nella parte più alta, è più dolce e
uniforme e presenta un profilo concavo. Morfologicamente il costone calcareo è composto da due elementi; quello nord-occidentale
allungato per circa 3,5 km in direzione NNW-SSE è il più importante di tutto il massiccio. Si eleva con una serie di piccole creste
separate da strette selle che le conferiscono un profilo dentellato.
Una sella posta a quota 417 m.s.l.m divide questa zona dalla parte
sud-orientale che è costituita dal rilievo dove sorge il centro abitato
di S. Oreste (443m.s.l.m) e prosegue con Monte Piccolo e Monte
Antico. Le forme morfologiche più evidenti del primo e più cospi-
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Guida Naturalistica Unione dei Comuni Valle del Tevere-Soratte - Geomorfologia
cuo elemento del massiccio sono rappresentate nella parte sommitale
del rilievo da cigli di scarpata subverticali, la cui erosione ha determinato l’accumulo di estese coltri detritiche anche in forma di conoidi,
nella maggior parte dei casi stabilizzate.
Un altro elemento morfologico particolarmente diffuso che caratterizza il massiccio e le sue pendici (area carbonatica) è determinato dal
carsismo di superficie, la cui azione da luogo a microforme di dissoluzione e aree di pietraie carsiche con solchi molto arrotondati. Tagli
antropici (fronti di cava e tagli stradali) hanno messo in evidenza sezioni di piccole doline che rappresentano la forma minore di un carsismo che interessa invece tutto il corpo del rilievo e ha determinato la
creazione di cavità, talvolta collegate tra loro, a sviluppo soprattutto
verticale impostatesi preferenzialmente lungo linee di frattura. Il carsismo superficiale è rappresentato principalmente da microforme di dissoluzione caratteristiche del carso coperto, con solchi molto arrotondati e sculture alveolari. Nelle fratture si insediano vegetali che danno
inizio all’attacco fito-carsico, con la formazione di forellini, primo
stadio della superficie alveolata.
Nelle zone più fratturate si vanno formando le pietraie carsiche, costituite da blocchi suddivisi da una rete di fratture e isolati
dall’ampliamento operato dalla corrosione chimica. Sulle superfici
fortemente inclinate delle pareti rocciose affioranti si osservano talvolta scannellature, cioè piccoli solchi rettilinei generati dallo scorrimento dell’acqua piovana. Il carsismo ipogeo risulta invece abbastanza
sviluppato anche se limitato quasi esclusivamente a cavità prettamente
verticali (pozzi). Il fenomeno più interessante è sicuramente il sistema
di pozzi denominati localmente “Meri”, localizzati sul versante orientale del Monte Soratte. I numerosi fenomeni carsici e di erosione sono
stati innescati sia dalla natura carbonatica del massiccio che dalla elevata acclività del rilievo che comporta un alto valore dell’energia potenziale dei versanti e dell’energia cinetica delle acque superficiali. Il
monte è interessato anche da un carsismo ipogeo particolarmente sviluppato, di origine chemio-clastica, che ha dato luogo a grotte carsiche
che possono essere suddivise in due gruppi, quelle della parte alta del
rilievo sviluppate secondo direttrici WNW-ESE e quelle della parte
bassa, sviluppate secondo direttrici NE-SW.
Numerosi anche i fenomeni franosi, come testimoniano anche i numerosi accumuli detritici; a tale proposito riveste una particolare importanza la presenza della vegetazione boscata che fornisce ai versanti più
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Guida Naturalistica Unione dei Comuni Valle del Tevere-Soratte - Geomorfologia
acclivi e fratturati.
Monte Piccolo, Monte Antico, Monte le Cese, Monte Cupellone e
Monte Belvedere
Questi rilievi rappresentano la prosecuzione verso SE della struttura
del Monte Soratte propriamente detto e sono caratterizzati dalla progressiva riduzione delle altezze e delle asperità del rilievo. Monte Piccolo (350 m.s.l.m.) è separato dall’altura di S.Oreste da una sella posta
a quota 170 m.s.l.m. (sulla quale sorge il cimitero comunale); rispetto
a Monte Antico (226 m.s.l.m) e Monte Le Cese (229 m.s.l.m.), Monte
Piccolo presenta in maniera più accentuata la tipica morfologia del
rilievo carbonatico, con versanti brulli e assenza di idrografia superficiale). Monte Antico e Monte Le Cese, così come gli altri due rilievi
cartonatici più distanti e meno visibili di Monte Cupellone e Monte
Belvedere, sono caratterizzati da profili più dolci e cime arrotondate e
sono separati dai fossi omonimi, impostati su terreni sabbioso-argillosi
plio-pleistocenici e vulcanici.
I rilievi collinari
L’ambiente e la morfologia del territorio collinare situato ad E ed a SE
del Monte Soratte, sono caratterizzati da un andamento altimetrico di
tipo collinare con declivi generalmente dolci e ondulati, degradanti
verso le piane che fiancheggiano il corso del Tevere. Le caratteristiche
di questa unità paesaggistica, pur avendo elementi comuni, presentano
tuttavia peculiarità dovute alla differente litologia. I rilievi del settore
N ed E, costituiti da sedimenti argilloso-sabbioso-conglomeratici pliopleistocenici, danno luogo ad un paesaggio meno accidentato e più
monotono, mentre nel settore S ed W, i cui terreni sono riconducibili
ai depositi piroclastici del Vulcano Sabatino, le valli sono generalmente più incise ed in alcuni casi, come ad esempio in corrispondenza del
Fosso S. Martino, i corsi d’acqua intagliano profondamente le coperture vulcaniche e determinano l’affioramento delle sottostanti unità
sedimentarie plio-pleistoceniche. Spesso questi declivi, nelle fasce di
contatto tra il morfotipo collinare e quello planiziale, subiscono un
brusco cambiamento di acclività presentando ripide pareti che si innalzano nello spazio di poche decine di metri dai circa 30 m.s.l.m della
piana del Tevere sino ai 150-200 m.s.l.m. dei poggi sui quali sorgono i
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Guida Naturalistica Unione dei Comuni Valle del Tevere-Soratte - Geomorfologia
centri abitati di Ponzano Romano, Filacciano, Torrita Tiberina e Nazzano. Questa elevata acclività, connessa a litotipi instabili (sabbie,
ghiaie e argille) che caratterizzano buona parte del territorio e ad un
substrato vegetazionale alterato dall’azione antropica, provocano una
situazione di potenziale instabilità dei versanti.
La Valle del Tevere
La piana alluvionale del fiume Tevere, separa l’horst del Monte Soratte e i rilievi collinari circostanti di rilievi della bassa Sabina e in questo suo tratto medio-terminale è rappresentata da un’ampia spianata di
fondovalle, che rappresenta il colmamento di una valle più antica scavata durante l’ultimo periodo glaciale ed è costituita da sedimenti alluvionali recenti. La valle in questo tratto risulta di ampiezza modesta,
in media circa 2 km e si attesta ad una altezza di circa 36 m.s.l.m con
pendenze limitatissime.
Foto 14. La valle del Tevere nei pressi di Nazzano.
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Guida Naturalistica Unione dei Comuni Valle del Tevere-Soratte
Foto 15. Panorama della valle del
Tevere.
Foto 16. Vista aerea del massiccio del
Monte Soratte (691 m.s.l.m.),
dell’altura di S.Oreste (420 m.s.l.m.) e
del Monte Piccolo (350 m.s.l.m.).
Foto 17. I “Meri” sono un sistema di
cavità carsiche collegate tra loro,
situate alla base del versante orientale del Monte Soratte e i cui ingressi
si aprono tra i 250 e i 220 m. Il Mero
grande è un pozzo verticale dal
diametro di 20 m.
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Flora
Guida Naturalistica Unione dei Comuni Valle del Tevere-Soratte - Flora
La composizione e la distribuzione spaziale delle tipologie vegetazionali presenti nell’area risultano strettamente dipendenti da fattori
orografici, litologici, fitoclimatici e pedoclimatici; le tipologie vegetazionali individuabili infatti possono essere suddivise in tre subaree che corrispondono al massiccio del Monte Soratte, alla fascia
collinare compresa tra questa e la piana del Tevere e all’area planiziale.
Nell’area del Monte Soratte prevalgono le componenti arboree ed
arboreo-arbustive. A queste fisionomie principali si affiancano formazioni arbustive, cenosi rupicole in corrispondenza delle emergenze rocciose, formazioni erbacee rappresentate da una varietà di
tipologie comprendenti praterie xeriche e garighe. I lineamenti del
paesaggio vegetale dell’area comprendono, in minor misura, formazioni di origine antropica quali prati falciabili, colture erbacee ed
arboree.
Nel territorio collinare si trovano prevalentemente colture estensive,
coltivi abbandonati e colture arboree (principalmente ulivi e noccioli) spesso alternate ad aree incolte o destinate al pascolo, arbusteti,
boscaglie. Le formazioni boschive in quest’area si presentano come
lembi di limitata estensione dispersi all’interno di una matrice di
tessuto agricolo-periurbano e sono presenti principalmente nelle
aree con maggiore acclività o in cui la morfologia dei terreni ne ha
resa difficile la messa a coltura. Anche dove tali cenosi si esprimono con buona copertura, presentano segni legati alle pratiche di ceduazione del bosco; tuttavia le loro caratteristiche floristiche sono
sempre coerenti con l’ecologia della stazione.
L'area della Riserva Tevere-Farfa e le aree limitrofe sono caratterizzate dal corso del fiume Tevere e dalle morfologie derivate dalla
sua azione di erosione e di deposito. Quest’area ospita uno degli
ultimi lembi di ecosistema alveale tipico dei grandi fiumi di pianura
dell'Italia centrale. Il patrimonio botanico della zona è ricco di emergenze, non tanto per la presenza di specie particolarmente rare,
quanto per la possibilità di identificare in corrispondenza di questo
tratto del corso del Tevere, il limite nord-occidentale di una
"ondata" di migrazione di flora a carattere mediterraneo orientale,
che stabilisce sul rilievo sabino e lucretile un avamposto occidentale in territorio peninsulare. Altro valore degno di nota è costituito
dalla ricchezza di specie del genere Salix, in quanto persistono
all'interno della Riserva frammenti di forme di vegetazione legnosa
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Guida Naturalistica Unione dei Comuni Valle del Tevere-Soratte - Flora
alveale e ripariale nota per i grandi fiumi delle penisole mediterranee e
oggi quasi definitivamente scomparsa. In quest’area non esistono estese coperture forestali in quanto prevalentemente discontinue e frammentate da elementi del paesaggio tipici delle zone umide. Gli esempi
meglio conservati si trovano sulla destra idrografica del Tevere, sui
versanti presso il Fosso di Prosciano e sulle rupi sotto l’abitato di Torrita Tiberina.
Nel territorio dell’Unione dei Comuni sono individuabili, dal punto di
vista fisionomico strutturale, le seguenti tipologie vegetazionali:
Formazioni arboree forestali miste a sclerofille sempreverdi e caducifoglie. Si tratta di boschi misti di sclerofille e caducifoglie a dominanza
di Quercus ilex, Phillyrea latifolia e, subordinatamente, Acer monspessolanum, localizzati prevalentemente in corrispondenza di substrati
caratterizzati da una elevata percentuale di roccia affiorante. In corrispondenza di impluvi ed avvallamenti, dove si hanno suoli mediamente più profondi e in coincidenza di consistenti accumuli detritici, si
hanno boschi misti a prevalenza di Ostrya carpinifolia, Fraxinus ornus
e subordinatamente di Quercus ilex. Su promontori, cigli di scarpata,
alti topografici e pendii particolarmente acclivi esposti ai quadranti
meridionali c’è una predominanza di specie tipiche della macchia mediterranea quali Quercus ilex, Phyllirea latifolia, Pistacia terebintus e
Pistacia lentiscus. Tali boscaglie di sclerofille sempreverdi sono localizzate prevalentemente lungo il versante sud-occidentale del Monte
Soratte e in prossimità delle scarpate dei terrazzi lungo la riva destra
del Tevere. In prossimità delle basi delle frane e negli impluvi si trovano dense popolazioni di Laurus nobilis. In alcune aree in cui alle suddette specie si aggiunge la presenza dell’Acer monspessolanum, si riscontrano delle cenosi caratteristiche, che rappresentano un consorzio
tra elementi riferibili alle cenosi tipiche dell’ambiente litoraneo e le
leccete appenniniche. A questa rara comunità vegetale, descritta per la
prima volta sul Monte Soratte, è stato dato il nome di “Quercetum galloprovinciale Aceresotum monspessulani” (subassociazione).
Formazioni arboree forestali miste a caducifoglie termofile. Appartengono a questo tipo di formazione i boschi misti di caducifoglie governati a ceduo, a dominanza di Quercus pubescens, Carpinus orientalis,
Acer campestre, Fraxinus ornus, Cercis siliquastrum e Ulmus minor.
Tali boschi occupano i settori pedemontani del massiccio del Soratte,
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Guida Naturalistica Unione dei Comuni Valle del Tevere-Soratte - Flora
in maniera frammentata il settore collinare e i lembi esterni della Riserva Tevere-Farfa. Si impostano su suoli di varia natura, vulcanica e
sabbioso-argillosa, generalmente caratterizzati da profondità medioelevata. Queste formazioni si presentano sia come boschi sia come
boscaglie in ambiti più degradati. Nei versanti con esposizioni prevalentemente meridionali o in corrispondenza di suoli poco profondi o
erosi, si rinviene una boscaglia termofila a dominanza di Quercus pubescens e Ostrya carpinifolia, di transizione fra gli aspetti più mesofili
ubicati nei fondovalle e quelli più termofili dominati da Quercus ilex.
Formazioni arboree forestali miste a caducifoglie mesofile. Si tratta
prevalentemente di cedui invecchiati di Quercus cerris dove si riscontra la tendenza ad una pluristratificazione da parte di Ostrya carpinifolia e Acer obtusatum. Ad essi si associano su pendii più ripidi Quercus
pubescens, Fraxinus ornus, Acer campestre, Acer monspessulanum.
Popolazioni di Cercis siliquastrum indicano eventi di disturbo pregresso o la presenza di affioramenti rocciosi. Di particolare interesse è
la presenza di Laurus nobilis e Acanthus mollis nel sottobosco di alcune cerrete, ad indicare relitti di eventi climatici caldo-umidi
dell’Olocene medio. Nelle aree prossime al corso del fiume Tevere la
presenza di Castanea sativa e Carpinus betulus rilevano l’esistenza di
habitat di transizione con una foresta decidua mesofila a dominanza di
Quercus robur che nell’area della piana alluvionale ha un carattere
prevalentemente sub-ripariale.
Formazioni arboree forestali miste di caducifoglie meso-igrofile a
Quercus robur. Si trovano in lembi estremamente frammentati ed impoveriti nei terrazzamenti fluviali più bassi dove sono ridotte quasi
esclusivamente a popolazioni di Quercus robur e Carpinus betulus
allineate lungo limiti interpoderali o solchi di drenaggio dei coltivi in
via di abbandono. Questi lembi, maggiormente diffusi in passato lungo le sponde del Tevere e su ampie spianate di meandro a falda freatica superficiale, rappresentano un residuo di querceti planiziali a Quercus robur.
Formazioni arboree forestali dominate da Populus alba e Salix alba.
Si tratta di formazioni presenti su alluvioni attuali lungo il ciglio della
scarpata d’alveo, prevalentemente lungo il tratto superiore del corso
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Guida Naturalistica Unione dei Comuni Valle del Tevere-Soratte - Flora
del fiume, e in un nucleo in prossimità della confluenza con il fiume
Farfa. In questi popolamenti è presente occasionalmente Populus nigra, prevalentemente su depositi ghiaiosi di aree recentemente rimaneggiate dal disturbo delle piene o da attività estrattive. Questi popolamenti rappresentano lembi frammentari di una foresta ripariale a vasta
distribuzione europea e mediterranea, presente generalmente lungo le
sponde e golene del tratto medio e inferiore dei fiumi maggiori, soprattutto su suoli alluvionali evoluti dei terrazzi interni degli alvei più
ampi. Si tratta di formazioni ripariali capaci di tollerare la sommersione e il disturbo meccanico in occasione delle piene. Nei tratti di alveo
dove la corrente fluisce lentamente e in corrispondenza dei depositi
limosi-sabbiosi, si incontrano foreste ripariali a dominanza di Salix
alba, con andamento sub-parallelo rispetto alle formazioni a dominanza di Populus alba e dislocate più verso valle sui tratti di sponda più
soggetti a fenomeni di inondazione stagionale. I saliceti occupano fasce di ripa che risentono in misura maggiore rispetto ai pioppeti del
disturbo periodico della corrente.
Formazioni arbustive e cespuglieti. Si tratta di formazioni arbustive a
Prunus spinosa, Crataegus monogyna, Pyrus amygdaliformis, Cornus
sanguinea, Cornus mas, infittiti da grovigli di Rubus ulmifolius, a cui
si associa spesso, formando locali addensamenti nelle aree più aride
ed esposte ai quadranti meridionali, lo Spartium junceum. Queste formazioni rappresentano una prima tappa del processo di ricostituzione
del manto forestale di querceti termofili o mesofili, dei quali costituiscono il caratteristico strato esterno al confine con pascoli o coltivi
abbandonati. In alcune aree agricole abbandonate queste formazioni
sono particolarmente dense in quanto il risultato dell’espansione delle
siepi di delimitazione interpoderale una volta cessato il dissodamento
o il pascolo. In alcune aree quali cigli rupestri e affioramenti rocciosi
scoscesi ed assolati, in particolare sul massiccio del Monte Soratte si
hanno nuclei di popolazioni di Pistacia lentiscus, Phillyrea latifolia,
Rhamnus alaternus. Lungo il corso del Tevere, nei siti più rimaneggiati dalle piene e parallelamente al ciglio di scarpata della riva, si incontrano arbusteti dominati da Salix purpurea. Rappresentano le formazioni più a diretto contatto con la corrente e più adatte al disturbo
meccanico dei materiali trasportati dalle piene.
Formazioni erbacee termo-xerofile. Lungo il versante sud-occidentale
del monte Soratte e lungo alcuni vecchi terrazzi fluviali, dove
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