Mato Grosso

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Mato Grosso
di Carlo Zaninetti
Mato
Grosso
Las Ovejitas
Pachasinas
L
as Ovejitas Pachasinas è un
laboratorio di lavorazione della lana
che sorge a Pachas, villaggio del
Perù. Nato grazie all’iniziativa di tre
amici volontari nella missione di Padre Chiari,
dà lavoro a 15 donne.
ASSOCIAZIONI
Molte
donne a
Pachas
erano
senza
lavoro
A Pachas
sorge
una delle
missioni
dell’Operazione Mato
Grosso
Roberto Bianchetti, 31enne di Villadossola, ha
trascorso lo scorso anno un’esperienza di volontariato di cinque mesi a Pachas, un piccolo
paese del Perù sulla sierra andina a 3500 metri di
altezza. Sulle pendici di queste montagne sorge
una delle missioni dell’Operazione Mato Grosso,
un importante ‘cordone di solidarietà fondato
una trentina d’anni fa da un sacerdote salesiano,
Ugo De Censi, e che fa perno interamente sulle
forze del volontariato giovanile. Ad accompagnarlo nella lodevole e non comune impresa la
moglie, Giusy Latella, e l’amica Stefania Vanini
di Baceno. I tre hanno vissuto il periodo di permanenza in Perù, da febbraio a giugno del 2006,
ospiti della famiglia italiana di Angelo e Micaela
Rossi, con i loro cinque figli, che da sette anni
operano nella missione
di cui è coordinatore
padre Alessandro Chiari.
Roberto Bianchetti, di
professione
fotografo,
da anni collabora come
educatore con le iniziative
promosse dalle associazioni che gravitano intorno
a ‘Casa don Gianni’ e ha
incontrato l’Operazione
Mato Grosso nel 2005, intraprendendo una singolare esperienza di trekking
alloggiando presso una
missione. Mato Grosso,
per chi non lo sapesse,
22 il filo di arianna
è il nome di uno stato brasiliano
diventato il simbolo dell’attività
di questa moltitudine di giovani,
un migliaio solamente in Italia,
che opera in America Latina con
progetti di sviluppo finanziati dai
proventi di gestione, in Europa
e nelle missioni stesse, di rifugi
alpini e ostelli.
«A Pachas – racconta Giusy Latella – ci ha colpito,
da subito, la presenza di molte donne senza lavoro.
La missione di padre Chiari si articola intorno ad
una parrocchia, ad una scuola di falegnameria e
ad una serie di attività di accoglienza dei poveri. Ci
hanno parlato di un laboratorio di lavorazione della
lana che, nel recente passato, dava lavoro ad alcune
donne del luogo, dove si confezionavano cappelli in
feltro. Abbiamo così pensato di ripristinare questo
tipo di attività e nel giro di alcune settimane siamo
riusciti ad allestire nei locali della parrocchia un
piccolo laboratorio dove mi sono occupata personalmente di insegnare alle donne la lavorazione
della lana in feltro, quello che qui in Italia è per
me un hobby appreso al laboratorio ‘Mastronauta’
Alcuni manufatti realizzati da “Las Ovejitas Pachasinas” - Foto Bianchetti
La piccola
manifattura
sforna
pantofole,
astucci, borse e indumenti la cui
vendita va a
sostegno del
laboratorio
Donne al lavoro nel laboratorio di Pachas - Foto Bianchetti
per adesso è aiutare per un anno quindici donne,
assunte dalla Parrocchia di Pachas, nel laboratorio
del feltro. I soldi raccolti servono per gli stipendi
(circa 26 euro mensili ogni donna), e l’acquisto
della lana (circa 4 euro) per un totale di 450 euro
mensili da dividere tra quanti già aderiscono, e
decideranno di aderire, alla proposta di Roberto e
Giusy Bianchetti. Nel prossimo autunno, sfruttando il ‘viavai’ dei numerosi volontari dell’Operazione Mato Grosso tra il Sudamerica e l’Italia, si sta
pensando di importare, senza eccessivi costi, una
serie di oggetti confezionati nel laboratorio peruviano con lo scopo di venderli in Italia, soprattutto
nella nostra provincia, nel periodo pre-natalizio.
Inoltre si sta vagliando la possibilità di agganciarsi
al circuito del commercio equo e solidale, anche
se per ora si tratta solamente di un’idea.
Per chi desiderasse saperne di più su
questo progetto e volesse contattare
direttamente i responsabili:
Roberto e Giusy Bianchetti
Corso Italia 98
28844 Villadossola (VB)
Tel. 0324 54215
Cell. 335 7291276
il filo di arianna
«Potete immaginare la
loro felicità
nel ricevere
una paga,
in un paese
dove le
donne
hanno
possibilità
limitatissime
di trovare
un
impiego »
Con un
contributo
di 26 euro
al mese si
garantisce
lo stipendio
ad una
donna
23
ASSOCIAZIONI
di Omegna dalle amiche ‘Le Frau’. Pochissima
attrezzatura: solamente sei paia di spazzole portate
dall’Italia per le operazioni di cardatura e pettinatura. Tutto il resto è stato svolto a mano».
La piccola manifattura, che è stata chiamata ‘Las
Ovejitas Pachasinas’, tradotto Le pecorelle di
Pachas, ha cominciato a sfornare pantofole, astucci, borse e semplici indumenti che si è cercato di
vendere ai turisti. Le donne coinvolte sono state
quindici, anche se a chiedere di lavorare si erano
presentate un centinaio, e fin dal primo giorno la
Parrocchia le ha pagate in viveri e denaro.
«Potete immaginare la loro felicità nel ricevere
una paga – prosegue Giusy – in un paese in cui,
per le donne, che spesso si fanno carico della
famiglia, le possibilità di trovare un impiego
sono limitatissime».
Da quando Giusy, Stefania e Roberto sono rientrati in Italia, le ‘pecorelle di Pachas’ hanno continuato a lavorare, ma la difficoltà è sempre quella
di trovare un mercato e di conseguenza, per la
Parrocchia, il sostenerle con uno stipendio.
«Occorre del tempo – commentano i tre amici – per
fare di questo sogno un progetto vero e proprio, che
cammini con le proprie gambe».
Attraverso il passaparola si è già creato un
piccolo gruppo di persone disposte a sostenere
quest’iniziativa. La proposta concreta di sostegno
di Anna Riva
NonSoloAiuto
Immigrate sì,
ma ancora per poco
R
icerca del lavoro, difficoltà di
apprendimento della lingua italiana
e solitudine: sono le principali
difficoltà lamentate dalle immigrate
che vivono nel VCO. Il futuro? La maggior
parte lo immagina in Italia.
ASSOCIAZIONI
Il 70 per
cento degli
utenti di
Non Solo
Aiuto sono
donne
provenienti
dall’est
europeo
Le lezioni di
italiano si
trasformano
in momenti
di scambio
e di
convivialità
L’Associazione Non Solo Aiuto organizza e gestisce numerose attività rivolte agli immigrati: dai
corsi di italiano, all’orientamento offerto dagli
sportelli Informastranieri sparsi su tutto il territorio provinciale, ai corsi di auto mutuo aiuto
pensati come strumento per superare insieme le
difficoltà dell’integrazione. A bussare alla porta
dell’associazione sono spesso le donne, che vedono in Non Solo Aiuto un punto di riferimento per
risolvere piccole e grandi difficoltà del vivere e
lavorare in terra straniera.
Paola Maestrini è una delle responsabili dell’area
formazione ed è docente ai corsi di lingua italiana per stranieri. Come spesso accade nel mondo
del sociale, il suo impegno non si limita alle ore di
insegnamento; ritirati il quaderno degli appunti e
i lucidi cadono le barriere tra insegnanti e alunni
e l’aula si trasforma in luogo d’incontro adatto
allo scambio di esperienze, riflessioni, ma anche
di ricette di cucina e confidenze, in un clima di
amicizia.
«Il 70% degli utenti di Non Solo Aiuto è composto
da donne provenienti dall’Europa dell’est che in
Italia svolgono la professione di assistenti familiari
presso persone anziane. - spiega Paola Maestrini
– Spesso sono sole, mentre le donne di altre nazionalità, come quelle provenienti dalla Cina o
dall’area maghrebina, sono in Italia con la loro
famiglia. »
Nel gruppo c’è la voglia di parlare e di raccontare
la propria storia. M. ha 45 anni e viene dall’Ucraina; come tante altre donne è entrata clandestinamente nel nostro paese. «Sono arrivata in Italia
24 il filo di arianna
tramite un’organizzazione che dietro
un pagamento di 2000 euro mi ha
promesso un lavoro in meridione.
La paura e la rabbia sono state
grandi quando, giunta qui, il lavoro per cui avevo pagato non c’era.
Purtroppo può anche capitare che
ti giungano proposte poco oneste,
allora devi stare molto attenta. Poi, fortunatamente,
grazie al passaparola sono riuscita a trovare un altro
impiego che oltretutto mi ha garantito un permesso
di soggiorno: curavo un paralitico che aveva anche
un figlio. - racconta M. che da alcuni anni vive e
lavora come assistente familiare a Domodossola
– Ho avuto difficoltà soprattutto ad abituarmi alla
lingua e ad un lavoro così delicato. Le differenze
culturali tra l’Italia ed il nostro paese non sono
Il lavoro di assistente familiare è impegnativo e
delicato - Foto di S.Sartore
Vissuti di
solitudine
e di
isolamento
a volte
sfociano
in episodi
depressivi
e nell’alcolismo
Corso di italiano per stranieri - Foto di S.Sartore
luogo d’origine garantisce la protezione della donna.»
Ma dove extracomunitari e neocomunitari pensano e progettano il loro futuro?
«In futuro potrei anche tornare in Ucraina, per ora
sono comunque obbligata a stare qui fino alla pensione. - continua M. – Lì ho lasciato i miei due figli
che oggi hanno 22 e 20 anni, ma se dovessi trovare
l’uomo giusto potrei anche restare qui…».
L’amica di M. è in Italia da 7 anni. Ha lasciato
il suo paese non per motivi economici, ma per
uscire da una situazione familiare difficile. Da
due anni vive a Domodossola con i due figli adolescenti, che hanno da poco iniziato a frequentare
la scuola media superiore. «Inizialmente pensavo
che mi sarei fermata solo per poco tempo, ma poi
ho cominciato a sentirmi a casa. Così ho deciso di
far venire anche i miei due figli, che adesso vivono
con me nella casa che l’anziana signora che curavo
mi ha lasciato. Il futuro mio e dei miei figli lo vedo
in Italia, ma voglio cambiare lavoro: fare la badante
implica grandi sacrifici ed enormi fatiche.»
Intanto sempre più famiglie di migranti tendono
a fermarsi stabilmente in Italia, allungando il
periodo di permanenza nel nostro paese, dove
anche i matrimoni misti sono in aumento e la
politica comincia a dare loro maggiore rappresentatività. «A fronte della presenza crescente di
immigrati extraeuropei nel nostro territorio occorre
sviluppare un senso di condivisione e di accoglienza. – conclude la Maestrini – Infatti Non Solo
Aiuto sta pensando ad iniziative di orientamento
e di prevenzione dell’emarginazione rivolte alle
seconde generazioni.»
il filo di arianna
Giungono
segnalazioni
di violenza
in famiglia
Non Solo
Aiuto promuoverà
iniziative
rivolte alla
prevenzione
dell’emarginazione
delle
seconde
generazioni
25
ASSOCIAZIONI
moltissime; noto però che qui che manca il senso
dell’ospitalità. Il primo Natale che ho trascorso
con la famiglia per cui lavoravo è stato tristissimo:
eravamo appena in quattro, abbiamo mangiato e la
festa è finita lì… che tristezza!»
Le difficoltà non si limitano all’apprendimento
della lingua e alla ricerca del lavoro: c’è il confronto con una cultura diversa dalla propria e con
un nuovo sistema di valori. «Determinati comportamenti, sia in ambito lavorativo che in ambito
sociale, hanno bisogno di essere decodificati perché
strettamente legati alla cultura italiana, come ad
esempio il concetto di famiglia che da noi è vissuta
come nucleo ristretto di persone, mentre in altre
culture ha una dimensione più allargata» ci dice la
Maestrini.
La mancanza di una rete familiare e sociale contribuisce a creare situazioni di difficoltà, che a
volte sfociano nella depressione o nell’alcolismo.
«Dopo il lavoro, il problema principale resta la solitudine. Ad esempio, momenti come la gravidanza
vengono vissuti nell’isolamento mentre nel paese
di origine sono avvenimenti che riguardano tutte
le donne della famiglia – continua la Maestrini- e
l’abitudine a rivolgersi al consultorio spesso non c’è
perché la gravidanza non è ospedalizzata. »
In alcuni casi, soprattutto per le donne provenienti dall’area maghrebina, gli stili di vita italiano cozzano con la cultura d’origine. «Non è raro
che ci vengano segnalati casi di violenza. Quando
la donna rivendica più spazio e più peso in famiglia, spesso deve lottare contro il parere del coniuge.
Questo, secondo me, è aggravato dalla mancanza
di una dimensione allargata della famiglia, che nel
Movimento
perS.O.S
la Vita
Vita
O
di Maria Paola Tripoli*
ggi vi è un’emergenza che
coinvolge l’origine della vita e che
riguarda in particolare la donna
ed il bambino.
Impera un femminismo sconcertante e
contraddittorio, che tende a snaturare
l’identità della donna ed il suo ruolo
nella famiglia.
ASSOCIAZIONI
I Centri
di Aiuto
alla Vita in
Piemonte
sono 41 e i
Movimenti
per la Vita
sono 31
riuniti nella
FederVita
Il Progetto
Gemma
adotta i
bambini
non
ancora
nati
Oggi vi è una emergenza che coinvolge l’origine
della vita e che riguarda in particolare la donna
ed il bambino. Vi è l’emergenza di un femminismo sconcertante e contraddittorio che tende
a snaturare l’identità della donna, una sorta
di antiecologia del femminile che coinvolge in
modo drammatico il suo “essere madre”, il suo
rapporto privilegiato con il figlio ed il suo ruolo
nella famiglia.
Un volontariato in difesa della donna
I CAV Centri di Aiuto alla Vita che in Piemonte
sono 41 ed i MpV Movimenti per la Vita che
sono 31 costituiscono – riuniti nella FederVita
Piemonte – la punta avanzata di quel volontariato pro life che intende promuovere la liberazione
della donna a partire dalla sua natura costitutiva
e dalla sua identità insostituibile di madre in relazione con un padre la cui corresponsabilità procreatrice ed educativa è stata drammaticamente
espulsa dalla legislazione sull’aborto l.194/78 e
della fecondazione artificiosa l.40/2004.
CAV e MpV sono due facce della medesima
medaglia: la faccia operativa di informazione,
intervento e soccorso (CAV) e la faccia culturale
di promozione, sensibilizzazione, informazione
per prevenire la richiesta di aborto e di soppressione non di una “speranza di vita ancora in fase
embrionale”, ma di un soggetto umano, di una
persona che è tale fin dal concepimento.
26 il filo di arianna
Sono oltre 1600 i volontari e circa 700 i collaboratori esterni che
sono al servizio della vita, contro il
degrado della cultura della morte
e della solitudine della donna. Una
cultura che fa del cucciolo d’uomo
un soggetto da produrre e da volere o da rifiutare a piacere, della
donna la solitaria ed unica responsabile della propria gravidanza
(dire maternità è già stabilire una
relazione e prevedere una paternità, negata dalla
leggi attuali prima della nascita del bambino).
Salvare il bambino per salvare la donna
“L’utente” direbbe la burocrazia, il destinatario
principale dei CAV è il bambino non ancora nato:
salvare il bambino dall’aborto è la priorità assoluta
dei CAV. Ogni bimbo salvato, strappato alla morte
è una vittoria per l’intera umanità, un recupero
di civiltà, una breccia di speranza nell’oscurità
della solitudine e dell’ipocrisia di una società che
“libera” la donna, ma la lascia sola nel momento
di maggiore difficoltà, la sostiene se decide di
abortire, ma non l’aiuta se decide di “tenere il
bambino”.
Per questo i CAV si avvalgono di una rete capillare
ed articolata di servizi:
•
Il numero verde nazionale 800 813 000
che risponde 24 ore su 24 per colloqui disperati e
richieste di aiuto alla vigilia di un aborto prenotato e/o previsto (colloqui di dissuasione, salvavita),
attiva i volontari di pronto intervento in ogni
regione nel caso di richiesta di aiuto per violenze
o per la manifestata intenzione di abbandono di
un bimbo (“operazione cassonetti e strada”) con
l’immediato collegamento con le forze di Polizia
o Carabinieri e con le autorità sanitarie, di case di
accoglienza e di pronto intervento.
•
Le case di accoglienza (circa 40 in tutta
Italia collegate in rete) di cui 7 in Piemonte situate
il filo di arianna
Nel 2006
sono state
salvate in
Piemonte
188 vite
e 2200
bambini
sono stati
aiutati a
crescere per
i primi 18
mesi
Il numero
verde
nazionale
800
813 000
risponde
24 ore su 24
a richieste
di
aiuto
Nei
consultori
familiari
non è
prevista la
presenza
dei
volontari
dei Cav
27
ASSOCIAZIONI
a Casale (AL), Oropa (Biella) e Borgosesia (VC),
Nel 2006 sono stati salvati dall’aborto 188 bamAlessandria, Susa (TO), Carmagnola (TO),
bini, 2200 bambini sono stati aiutati a nascere ed
Cuneo con i micro nidi in Casale e Asti. Le donne
assistiti per i primi 18 mesi e con loro si è dato un
ospiti sono soprattutto straniere o vittime di viomessaggio di speranza ad almeno 1200 donne e/o
lenza e di abbandono da parte del “partner” e dei
famiglie; circa 120 i progetti Gemma, le adozioni
famigliari. Ospitalità gratuita e sempre pronta.
prenatali. In 30 anni di esperienza in tutta Italia
•
I CAV presenti in tutte le province che
ed in Piemonte mai una donna che ha deciso di
gestiscono l’assistenza continua anche economica
non abortire si è pentita.
dei bambini, della donna e della famiglia (pannolini, corredini, carrozzelle, latte in polvere,
Un volontariato discriminato perchè scomodo
giocattoli, spesa, pagamento di fatture di affitto,
La legge sull’aborto che per la verità nel suo titolo
luce, gas, medicinali, ricerca lavoro)
già riflette la macabra ipocrisia del legislatore per•
Il progetto
ché in Italia non c’è
Gemma, adozione
in senso stretto una
a distanza della
legge sull’aborto,
madre e del bamma una legge sulla
bino non ancora
tutela della maternato. Il messaggio è
nità (così si chiama
semplice e preciso:
la legge 194/78)
adottare un bambiche prevede all’arno non ancora nato
ticolo 2 che si attivi
significa riconosceanche il ricorso al
re che l’embrione
volontariato
per
è persona, che
rimuovere le cause
appena la donna si
che inducono una
accorge di essere in
donna (il padre non
gravidanza è madre
è mai nominato…
di un bambino e
non avendo diritti
non
incubatrice
sul nascituro) a ribiologica di un
correre all’aborto.
embrione. 160 euro
Quanto volontariamensili per 18 mesi: Casa della Mamma e del Bambino a Borgosesia
to c’è per fortuna
gruppi
giovanili,
negli ospedali e nelsingole persone, gruppi di amici, classi, studenti
le strutture sanitarie… ma è proibito ai CAV ed ai
universitari e tante esperienze di solidarietà naMPV essere presenti in tali strutture: là dove si è
scosta.
tentato si è scatenata la bagarre delle femministe
•
Accoglienza, ascolto, assistenza psico“dell’utero è mio e me lo gestisco io”, i promotori
logica e morale alle donne che hanno abortito.
della cultura dell’orfanità come diritto e della
La sindrome post aborto non è una invenzione
fecondazione umana come prodotto anche uniladei preti, dei bacchettoni, dei taleban–vatican,
terale, rivendicato come diritto individuale.
ma è la voce insopprimibile di una coscienza e di
Nei consultori familiari non è prevista la presenun cuore di madre ingannata dall’informazione
za dei medici obiettori e di volontari dei CAV
e dalla cultura dell’usa e getta, della violenza,
che possono fornire una controinformazione e
del narcisismo edonistico che trasforma tutto
collaborare a promuovere una cultura della vita,
in diritto e scambia la libertà con l’arbitrio e il
dell’accoglienza e della responsabilizzazione del
diritto con il capriccio. Non è la donna che aborpartner. I servizi sociali si appoggiano invece moltisce, ma la società che non si assume l’impegno
to ai CAV per gli interventi socio assistenziali ma
di una solidarietà responsabile e considera la
solo dal 4°-5° mese in su quando cioè la donna ha
trasmissione della vita un diritto individuale ed
deciso di non abortire o non è riuscita a farlo priun problema femminile.
ma ed ha bisogno di trovare solidarietà concreta.