Ferruccio De Bortoli. L`Italia nel quadro globale

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Ferruccio De Bortoli. L`Italia nel quadro globale
TRACCIA DELL’INTERVENTO DI FERRUCCIO DE BORTOLI
AL FORUM:
“LO SCENARIO DI OGGI E DI DOMANI
PER LE STRATEGIE COMPETITIVE”
“Villa d'Este”, Cernobbio – 2, 3 e 4 settembre 2011
Riprodotto da The European House-Ambrosetti per esclusivo uso interno.
L’ITALIA NEL QUADRO GLOBALE
di Ferruccio De Bortoli
The European House Ambrosetti, 4 settembre 2011
Come da tradizione la domenica mattina dei nostri workshop è dedicata all’agenda per
l’Italia. In tanti anni questa sala ha ascoltato molte parole sagge, valutato impegni
ambiziosi, assistito a momenti di verità assai meno numerosi di tante promesse cadute
nel vuoto. Troppe. Nell’aprire questa sezione, e certo di interpretare uno spirito diffuso,
vorrei rivolgere ai nostri ospiti una piccola preghiera. Siate semplici e sinceri, o almeno
provate ad esserlo. Non raccontateci di un Paese che non c’è e non fateci sognare un
Paese che non ci sarà. Facciamo tutti insieme una modesta professione di concretezza e
di umiltà. Il tempo delle parole vuote è finito. La stagione degli annunci si è spenta nella
miseria dei risultati e in un gioco per nulla divertente di apparenze e di ombre, in cui il
pubblico si è mischiato al privato, il politico al personale in un impasto che farebbe la
fortuna di un commediografo. Nella nostra attualità c’è poco teatro, ci sono molti
sguaiati teatrini. C’è troppo avanspettacolo.
Il Paese sta attraversando una delle crisi più serie della sua storia. Ha bisogno di essere
credibile non solo nei confronti dei mercati e delle istituzioni europee ma anche con se
stesso. Vogliamo tornare a guardarci serenamente allo specchio, orgogliosi delle nostre
qualità, dei nostri talenti e dei nostri prodotti, senza doverci vergognare di una
immagine deteriorata e impietosa, che non meritiamo. Non meritiamo affatto. Non
diteci che la colpa è sempre dell’altro, dell’alleato di governo riottoso e inaffidabile,
dell’oppositore preconcetto e irresponsabile, dell’osservatore internazionale preda di
pregiudizi e riserve, del governo in carica sempre e comunque. Per una volta tanto,
facciamo tutti insieme, politici, imprenditori e anche noi giornalisti, non esenti da colpe,
uno sforzo supplementare di chiarezza e sincerità. Così fa una classe dirigente
all’altezza del proprio prestigio e consapevole delle proprie responsabilità. Più che un
mistero divino, riprendo le parole pronunciate qui ieri dal presidente Napolitano, la
formazione della classe dirigente italiana appare un mistero buffo.
Gli scenari globali che stiamo vivendo non tollerano più minuetti e furbizie. Rischiamo
di essere meno competitivi non per la qualità e il prezzo dei nostri prodotti e servizi, ma
per l’inaffidabilità del Paese e delle sue istituzioni. La credibilità, e lo sapete voi che
difendete ogni giorno a denti stretti marchi e mercati, è tutto. Lo è soprattutto per un
Paese che ogni anno emette trecento miliardi di titoli pubblici per rinnovare il proprio
debito. E non può permettersi di pagare a lungo un premio al rischio così elevato. E per
fortuna i mercati non quotano la coerenza. Per queste semplici ragioni gradiremmo
sentire qualche voce autocritica, qualche sincera confessione. Ciò ci consentirebbe di
dare qualche credito alle promesse e agli impegni che verranno annunciati. Siamo
stanchi di riti e qualche volta abbiamo la sgradevole sensazione di essere presi in giro.
Il paradosso delle ultime svariate manovre è che gli emendamenti hanno avuto molti
padri; le proposte sono desolatamente orfane. Non per una insana curiosità, ma
vorremmo che chi ha proposto il superprelievo sui redditi, ce ne spiegasse le ragioni; chi
ha estratto dal cilindro la norma sul riscatto di laurea e servizio militare alzasse la mano;
che il genio che riteneva possibile l’abolizione delle feste laiche si palesasse soltanto per
un attimo.
Ma vorremmo anche che coloro i quali incalzano, giustamente, il governo nella lotta
all’evasione o nell’imposizione di una patrimoniale si astenessero dal farlo, almeno per
un modesto senso estetico, se residenti all’estero e gonfi di società in paradisi fiscali.
E sarebbe rassicurante se chi ogni giorno chiede rigore e sacrifici agli altri non
sabotasse, con una incessante azione di lobbying, ogni proposta destinata a sfiorarlo,
anche in minima parte. Un aumento dell’Iva, la liberalizzazione degli orari dei negozi,
la Robin tax. E forse sarebbe anche auspicabile che si ragionasse, in questo disgraziato
ma bellissimo Paese - ditelo anche nelle vostre conversazioni private, non si sa mai sulla estrema resistenza di corporazioni e microinteressi davanti a ogni piccolo
sacrificio. Un neofeudalesimo irresponsabile e stucchevole. Un blocco conservatore,
vasto e radicato, che rende priva di significato la distinzione fra destra e sinistra. Non ci
sono più torte da dividere, né orticelli e privilegi da difendere. C’è molta serietà da
ritrovare, lo dico anche per la mia professione, e una credibilità da ricostruire.
La sincerità è un modo civile per farlo. Anche in pubblico. Altrimenti consegneremo
alle generazioni future, ai nostri figli, non solo un alto debito ma anche lo spiacevole
ricordo di un’età ricca di sprechi e di egoismi. Grazie.