Frà Enzo Galli racconta la sua vocazione
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Frà Enzo Galli racconta la sua vocazione
Anno VII n. 1 - Maggio 2011 Foglio di collegamento - Santuario S. Maria dei Lumi 64014 Civitella del Tronto (TE) - tel. 0861 91334 www.santamariadeilumi.it Frà Enzo Galli racconta la sua vocazione In vista della mia ordinazione presbiterale, il prossimo 18 giugno, non posso che rileggere e condividere la mia storia vocazionale animato da un profondo senso di gratitudine. Difatti, è proprio questo il sentimento che alberga nel mio cuore ora, pensando al grande dono che sto per ricevere, come lo è stato sempre, lungo tutto il mio cammino (circa 10 anni), a partire dal giorno in cui è cominciato tutto. Benché nessuna storia vocazionale venga dal nulla, tanto meno a causa o a motivo di una circostanza particolare e in un momento preciso ma, al contrario, come dice il profeta Isaia: «il Signore dal seno materno mi ha chiamato, fino dal grembo di mia madre ha pronunciato il mio nome» (Is 49,1) mi piace ricordare il giorno in cui ho iniziato a “scoprire” la mia vocazione, a rendermene conto … come se mi fosse stato tolto un velo dagli occhi per vedermi come mi vedeva Dio e dalle orecchie per ascoltare la sua chiamata … È stato verso la fine di marzo del 2000, durante il sacramento della riconciliazione, proprio a “S. Maria dei Lumi”; lì, in quel momento, ricordo di essere stato quasi travolto da un “fiume” di misericordia che mi riempì di una gioia incontenibile, tanto che dovetti correre da alcuni amici per raccontarlo, in quanto realmente non riuscivo a trattenerla … dovevo condividerla. Da quel momento ho iniziato un cammino di ricerca vocazionale a S. Maria, con p. Emidio Petraccia e, gradualmente, ho iniziato a frequentare sempre più il Convento; inoltre, ho iniziato a frequentare l’OFS (Ordine Francescano Secolare) per approfondire il carisma di S. Francesco che mi aveva attratto sin dal primo momento. In quel tempo (poco più di un anno), oltre che dalla profonda e personale esperienza della misericordia di Dio, sono stato molto attratto dalla vita fraterna dei frati: ero meravigliato e colpito dal modo in cui essi stavano insieme (nella preghiera, nei pasti, nei momenti di fraternità, ecc.), con una semplicità ed una serenità di fondo che avevano, per me, il “gusto” della novità e della bellezza. Credo siano stati principalmente questi due aspetti: la misericordia di Dio e la fraternità, i cardini della mia vocazione, gli strumenti attraverso i quali il Signore ha manifestato il suo amore per me, conquistandomi e attirandomi a sé. Così, dopo un paio di mesi di prepostulato (esperienza di vita comunitaria con i frati nell’estate 2001) a “S. Maria dei Lumi”, ho fatto due anni di postulato ad Assisi (settembre 2001 – giugno 2003) e un anno di noviziato a Padova, alla fine del quale, il 4 settembre 2004, ho emesso la professione temporanea dei voti. Successivamente, sono tornato ad Assisi per quattro anni dove ho concluso il Baccalaureato in Teologia e il 20 settembre 2008 ho emesso la professione perpetua, insieme ai confratelli fra Fulvio Petti e fra Paolo M. Cellini, a Silvi Marina (TE). Infine, sono andato a Roma, ove risiedo ancora oggi, per continuare gli studi e dove, lo scorso 10 aprile (2010), sono stato ordinato diacono. Mi sono soffermato maggiormente sugli inizi del Maggio 2011 Vita del Sanuario e del Convento mio cammino per due ragioni: primo, perché è ciò che lo Spirito mi ha suggerito di condividere con voi, riportandomi allo stupore dei primi passi; secondo, perché in tutti questi anni non ho fatto altro che esperimentare, seppur in luoghi e in circostanze diversi, l’amore del Signore sempre attraverso le stesse forme, come una costante della sua misericordia e della vita fraterna. Questi due sono i tratti più caratteristici del mio cammino vocazionale, grazie ai quali continuo a sentire il “gusto” di Dio, sempre allo stesso modo, in termini di novità e bellezza. La novità di essere condotto da Lui su sentieri nuovi, mai scontati, tantomeno prevedibili, come in un continuo esodo, in cui quanto più faccio esperienza dei miei limiti e della mia pochezza, tanto più cresce in me la fiducia in Lui che mi ama così come sono, che alla mia infedeltà risponde con la fedeltà, e alle mie mancanze con il perdono. Il suo è per me un amore “nuovo” e che “rinnova”. Da qui, la bellezza del cammino con Lui, coronata dalla presenza di eventi e, soprattutto, di persone, incontrate lungo la via, che hanno dato un volto al Suo volto, riflettendo il Suo amore per me. Certamente, questi anni non sono stati “tutto rose e fiori”: ho affrontato anche molte lotte e fatiche, come pure subìto sofferenze e fatiche; d’altra parte chi non sa che con le rose vengono anche le spine? Tuttavia, le rose son sempre belle, nonostante le spine … e seppur appassiscono, lasciano nel cuore tracce d’amore di Colui che te le ha donate, al quale non si può che essere semplicemente grati. Durante tutto il cammino mi ha accompagnato la seguente Parola: « ... “Simone, figlio di Giovanni, mi ami?”. Gli rispose: “Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene” ... Gli rispose Gesù: “Pasci le mie pecore …» (Gv 21, 15-18). Oggi, in vista di quest’ultima tappa importante, il presbiterato, Essa continua ad illuminarmi ed incoraggiarmi: in fondo, in questi anni il Signore non ha fatto altro che manifestarmi il suo amore e chiedermi ripetutamente, come a Pietro (Simone, figlio di Giovanni), se anch’io lo amo; ma poiché la nostra risposta non può raggiungere mai quello stesso amore con cui Egli ci ama, anch’io posso rispondergli, ancora come Pietro, semplicemente “ti voglio bene”. Ciò accresce in me la consapevolezza della necessità di restare sempre più unito a Lui, poiché solo restando nel suo amore, con Lui e in Lui che è al tempo stesso “buon Pastore” e “porta delle pecore” potrò, per grazia e in umiltà, pascere il suo gregge. Sono profondamente grato al Signore per tutto ciò che mi ha donato, mi dona e mi donerà! Vita del Santuario e del Convento • 27 aprile 2010 Festa di S. Maria dei Lumi. Dopo il triduo animato dal nostro confratello p. Massimiliano Baccile, le SS. Messe delle ore 10 e delle 11 sono state presiedute rispettivamente dal nostro Vescovo Mons. Michele Seccia e dal Ministro Provinciale. I festeggiamenti civili si sono svolti con successo grazie all’insolito bel tempo e ai bravi artisti intervenuti (Gruppo ’Si taranta’; Irene Fornaciari). I Frati ringraziano il Comitato festa, le Autorità religiose e civili, i collaboratori, i benefattori, e tutti coloro che hanno contribuito alla realizzazione dei festeggiamenti. Grazie alla generosità di tutti si è potuta realizzare la lucidatura del pavimento della Chiesa. • 1 maggio Pellegrinaggio di ca. cento persone da Pescara e Montesilvano (Pe). • 2 maggio Giornata di fraternità animata da p. Massimiliano per l’OFS di Chieti. •1 8 maggio Visita di una scolaresca della scuola media di Ascoli Piceno. •2 3 maggio Giornata vocazionale. Concerto •2 7 giugno Giornata vocazionale. •9 luglio Chiusura dell’anno catechetico per la Scuola della Parola. Durante l’estate continua la celebrazione della Scrutatio il sabato mattina. •1 0 luglio Giornata di riflessione e programmazione per la presidenza dell’UNITALSI di S. Benedetto. •2 9-31 luglio Esercizi spirituali dell’OFS di Civitella. •1 agosto Giornata di ritiro e fraternità per un gruppo di famiglie accompagnate dal nostro confratello p. Giancarlo Corsini. •2 agosto Perdono di Assisi. In concomitanza con questa simbolica data, partono da Civitella per Assisi cinque giovani insieme a p. Lorenzo per una settimana di riflessione vocazionale. •1 9 agosto Inizio del pellegrinaggio in Terra Santa guidato da p. Lorenzo per un gruppo di persone della Scuola della Parola. •2 5 agosto Nel Cimitero dei Frati viene tumulata la salma del nostro confratello p. Domenico Lanese, per molti anni missionario in Africa. •2 2-27 agosto Esercizi spirituali per dieci nostri novizi insieme al p. Maestro Alfredo Avallone. •2 9 agosto Giornata di sensibilizzazione per gli alluvionati del Pakistan. Devoluti 500 euro per la CARITAS. •2 6 settembre Giornata vocazionale. Vita del Santuario e del Convento •2 3 maggio Tradizionale processione con il cero votivo da Rocche di Civitella. Dopo la S. Messa allegra agape nel chiostro. I Frati ringraziano tutti i partecipanti per la loro fedeltà alla Vergine e la loro sincera amicizia verso la nostra Comunità francescana. •3 1 maggio Conclusione del mese mariano di maggio per la zona parrocchiale di Civitella. Presenti anche e i fedeli di S. Andrea e S. Reparata. S. Messa alle ore 21,30 presieduta da Don Aleandro Cervellini e con la presenza di p. Vincenzo Di Claudio e p. Massimiliano Baccile. •1 3 giugno Pellegrinaggio dalla Parrocchia dei SS. Simone e Giuda Taddeo, della zona pastorale di S. Maria dei Lumi in Roma, guidato dal vice-Parroco Don Diego Conforzi. •1 5 giugno Giornata di fraternità per alcuni giovani in ricerca vocazionale accompagnati da p. Mauro De Filippis e provenienti da Lanciano. •1 8 giugno Chiusura dell’anno pastorale per i giovani del Movimento in Direzione Cristiana. Alle ore 21.00 S. Messa presieduta dal responsabile Don Marco Di Giosia, neo-Parroco di Paolantonio. •2 0 giugno Giornata missionaria a sostegno dell’opera editoriale di p. Luigi Iannitto, nostro missionario in Instambul (Turchia). Devoluti ca. euro 1000. 3 Maggio 2011 Le giovani coppie alla scoperta della Praola di Dio • 4 ottobre Festa di S. Francesco. S. Messa seguita da agape fraterna per gli amici del Santo. • 8 ottobre Riprende il cammino della Scuola della Parola. • 24 ottobre Giornata vocazionale. Giornata missionaria per la nostra missione in Burkina Faso. • 3 novembre Commemorazione dei nostri confratelli, amici e benefattori defunti. • 7 novembre Giornata di ritiro spirituale per i partecipanti alla Scuola della Parola. • 6-21 novembre La Comunità accoglie cinque Padri Passionisti impegnati nella missione popolare alla Parrocchia di S. Lorenzo. • 20 novembre Concerto passiologico-mariano del Coro di S. Gabriele diretto da p. Pasquale Giamberardini. • 29 novembre Novena dell’Immacolata. • 5-6 dicembre Campo Scout per un gruppo di ragazzi provenienti da Mosciano S. Angelo. • 28 dicembre Giornata vocazionale. • 28 dicembre Pomeriggio di riflessione per i giovani del Movimento in direzione cristiana di Paolantonio. • 29 dicembre Campo Scout della sezione di Ascoli Piceno. • 4 gennaio Campo scout della sezione di Ortona (Ch). • 7 gennaio Spedizione di oltre 40 cartoni di viveri per la nostra missione del Burkina Faso. • 30 gennaio Tradizionale festa di S. Antonio Abate. • 30 gennaio Celebrazione della Giornata della Memoria dal titolo “Note della Shoah”. • 12 febbraio Giornata vocazionale. • 19 febbraio Pellegrinaggio in Assisi per i partecipanti alla Scuola della Parola. • 2-3 marzo Visita fraterna del nostro Ministro Provinciale. • 5 marzo Giornata vocazionale. • 13 marzo Pellegrinaggio dalla nostra Parrocchia di Maria SS.ma Assunta in Silvi Marina. • 17 marzo Pellegrinaggio di una classe del Seminario diocesano di Chieti. • 19 marzo Cena di beneficenza per il centro di recupero di Faraone. • 25-27 marzo Ritiro spirituale per dieci giovani in ricerca vocazionale provenienti da “Casa Baltahasar” (Roma) guidato dal Direttore p. Jacques Servais SJ. • 27 marzo Pellegrinaggio della Confraternita di “S. Filippo Neri” di Lanciano guidato dal nostro confratello p. Mauro De Filippis. •2 aprile Pomeriggio di riflessione e preghiera per le varie fraternità OFS della Provincia di Teramo. •2 aprile Giornata vocazionale. •9 aprile Mattinata di Scrutatio per le giovani coppie del corso prematrimoniale. •1 6 aprile Viene tumulata la salma di p. Giovanni Petrone, già Guardiano del nostro Convento. •2 5 aprile Solenne processione con la statua della Madonna per le vocazione religiose e sacerdotali. •2 7 aprile Festa di S. Maria dei Lumi. Dopo il triduo animato dal nostro confratello p. Enzo Galli, le celebrazioni religiose si sono svolte con grande concorso di fedeli malgrado il tempo variabile. Anche i festeggiamenti civili si sono svolti regolarmente con l’animazione, tra gli altri, del gruppo artistico Dik Dik. I Frati ringraziano in particolare il Comitato festa di S. Andrea, le Autorità religiose e civili, i collaboratori, i benefattori, e tutti coloro che hanno contribuito alla realizzazione dei festeggiamenti. •1 maggio Ritiro in preparazione alla Cresima per un gruppo di adolescenti di Mosciano guidato da Don Marco Trevisonne. •8 maggio mattinata di Scrutatio per giovani coppie. •1 4 maggio Campo Scout della sezione di S. Benedetto. •2 2 maggio Tradizionale processione con il Cero da Rocche di Civitella. I Frati ringraziano tutti i partecipanti per la fedeltà a questa storica tradizione. •2 2 maggio Giornata vocazionale. •3 1 maggio Chiusura del mese mariano per tutta la Parrocchia. • 18 giugno Ordinazione sacerdotale del nostro confratello p. Enzo Galli. Le giovani coppie alla scoperta della Parola di Dio. Scrutatio di Genesi 1-2 Cari amici, quest’anno il cammino di studio biblico è stato intrapreso anche dalle giovani coppie che hanno frequentato qui a S. Maria il Corso prematrimoniale. Proponiamo qui di seguito una conferenza della biblista Rita Torti Mazzi, nostra ospite qui a Civitella, sul tema della creazione dell’uomo e della donna. Gen 1-2 Nel primo libro dell’AT, il libro della Genesi, risuona la voce dello sposo, che, trovandosi per la prima volta di fronte alla donna, condotta a lui da Dio, esprime tutta la sua gioia nel riconoscere colei con cui potrà stabilire un’autentica comunione, fino a divenire “una sola carne”. Sono le prime parole di un essere umano nella Bibbia, parole di sorpresa, di gioia, di contemplazione, di scoperta: “Questa sì, è osso dalle mie ossa, carne dalla mia carne. Per questo sarà chiamata donna (’iššâ), perché dall’uomo (’îš) è stata presa!” (Gen 2,23). Nell’ultimo libro del NT, l’Apocalisse, risuona la voce della sposa, la “fidanzata”, la Chiesa, che, con l’amore che le infonde lo Spirito, si rivolge a Cristo, suo Sposo: “Vieni!” (Ap 22,17). La Chiesa è la fidanzata che attende di diventare sposa. E lo Sposo risponde: “Sì, verrò presto!”. Amen. Vieni, Signore Gesù [Maranatha] (v. 20). Il fatto che la prima voce sia quella dello sposo e l’ultima quella della sposa ci fa comprendere immediatamente l’importanza del- la relazione sponsale sia nell’Antico sia nel Nuovo Testamento. Prendiamo pertanto in considerazione i due racconti della creazione nel libro della Genesi, per comprendere come Dio stesso, in principio, abbia voluto questa relazione uomo-donna, l’abbia considerata molto buona e l’abbia benedetta. 1) Il primo racconto (Gen 1,1-2,4a), attribuito alla fonte sacerdotale (P) dagli studiosi che seguono l’ipotesi documentaria, è un testo piuttosto recente (VI sec. a.C.), una riflessione che appartiene al genere sapienziale. Il Dio che crea l’universo è un Dio trascendente, che crea con la parola. È chiamato sempre Elohim, forma plurale usata anche per indicare gli dèi degli altri popoli, che tuttavia, riferita al Dio d’Israele, sembra sottolinearne la maestà. Secondo la tradizione ebraica, esprime la dimensione universale del Dio biblico, che è contemporaneamente il Dio di Israele e il Dio di tutti gli uomini. 2) nel secondo racconto (Gen 2,4b-3,24), attribuito alla fonte Jahwista, l’autore racconta in modo vivo, concreto, ricco di immagini. Il Dio di cui parla, indicato sempre col doppio nome “Signore Dio”, Yhwh1 Elohim (ad eccezione di Gen 3,1-5, dove il serpente e la donna parlano di Elohim), è molto vicino all’uomo e spesso è rappresentato proprio come un uomo (linguaggio antropomorfico): impasta l’argilla come un vasaio; pianta gli alberi come un giardiniere; toglie all’uomo una costola e richiude la carne, come un chirurgo; la sera passeggia nel giardino e dialoga con 1 Rita Torti Mazzi Le giovani coppie alla scoperta della Parola di Dio di Rita Torti Mazzi Qui l’autore aggiunge al nome generico di Dio, Elohim, il nome proprio Yhwh, rivelato da Dio a Mosè in Es 3,14. Indichiamo col Tetragramma sacro questo nome di cui non si conosce l’esatta pronuncia (quella più probabile sembrerebbe “Yahweh”), né il significato preciso. Per rispetto, gli Ebrei non pronunciano mai il nome con cui Dio si è rivelato al suo popolo e, quando lo incontrano nei testi sacri, leggono ’adonai = “il Signore” (o semplicemente ha-šem “il Nome”). Infatti, proprio per evitare che il Tetragramma sacro fosse pronunciato, nel momento in cui al testo ebraico – esclusivamente consonantico – furono aggiunte dai Masoreti le vocali per fissarne la pronuncia (VI-X secolo d.C.), alle consonanti Yhwh furono apposte le vocali della parola ’adonai “il Signore”. 5 Maggio 2011 le sue creature; come un sarto confeziona per loro tuniche di pelli e come una madre li veste. È un Dio molto diverso da quello di Gen 1 e non sembra né onnisciente, né onnipotente: in Gen 2,19-20 si chiede come risolvere il problema della solitudine dell’uomo e procede per tentativi, creando gli animali; in Gen 3,8-13 sembra non sapere dove sia l’uomo e cosa sia successo. Le giovani coppie alla scoperta della Praola di Dio tempo, poi lo spazio e il cibo, e infine gli esseri che riempiono l’universo. L’essere umano è creato per ultimo a coronamento del creato: E disse ’Elohîm: “Facciamo un ’adam a nostra immagine (tzelem), a nostra somiglianza (demût)3, ed eserciti dominio sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e sul bestiame e su tutta la terra e su tutti i rettili che strisciano sulla terra”. E creò ’Elohîm l’’adam a sua immagine, a immagine di ’Elohîm lo creò, maschio e femmina li creò” (Gen 1,26-27). a) Gen 1,1-2,4a (P) Gen 1 non parla di uomo e donna, come In Gen 1,1-2,4a (vedi schema) la creazione poi farà Gen 2, ma di “maschio” (zakar) e viene descritta come l’opera grandiosa com- “femmina” (nekebâ). Sia l’uno che l’altra piuta da Dio in sei periodi, chiamati “gior- sono ’adam: in Gen 5,2 Dio stesso dà all’esni” e da Lui definita “cosa buona” (cf Gen sere umano (maschio e femmina) questo 1,4.10.12.18.21.25). L’esnome: ’adam. La distinziosere umano è creato per ne dei sessi è creata da Dio ultimo, a coronamento P. Francesco Rossi de Gasperis fin dal primo momento («né a Gerusalemme del creato ed è cosa molto l’uomo senza la donna, né la buona. donna senza l’uomo e nesPrendendo come mosuno dei due senza lo Spirito dello la settimana liturgidivino», Bereshit Rabba, VIII ca, l’autore ricorre a un 9): la bipolarità sessuale fa preciso schema narrativo, parte essenzialmente dell’’ain cui le formule si ripetodam, il quale esiste appunto no identiche: “E Dio disse come maschio o come fem… E fu così … E Dio vide mina, strettamente collegati che era cosa buona …. E fra loro. fu sera e fu mattina: giorLa distinzione è finalizzano primo (o secondo giorta ad una possibilità di relano; o terzo giorno, ecc.: zione che, nel caso dell’uoil giorno ebraico inizia la mo e della donna, si realizza sera). pienamente nell’unione ma2 Nei primi giorni Dio “crea” separando trimoniale attraverso la quale i due divengoe distinguendo: la luce dalle tenebre (Gen no un’unica realtà che rimanda all’originario 1,4.18), le acque sotto il firmamento dal- ’adam, e che esprime l’unità nella diversità le acque sopra il firmamento (Gen 1,6.7), il dei generi. La naturale diversità implica una giorno dalla notte (Gen 1,14). Questa distin- naturale apertura al rapporto io-tu: il mazione, definita “cosa buona”, è importante schio non esiste come essere isolato (né tanto ai fini della conoscenza, come spiegano molti meno superiore), ma esiste solo nel suo incommenti della tradizione rabbinica: si cono- contro con la femmina, entrambi con la stessce la luce in rapporto alle tenebre, la terra in sa dignità, complementari nella loro diversità. rapporto al cielo e al mare, e così via. Il testo biblico sottolinea che, nella sua Dio crea innanzitutto ciò che è indispensa- dualità, che significa capacità di entrare in un bile alla vita delle creature: prima la luce e il rapporto di dialogo, di comunione, di amore, di dono vicendevole e di fecondità, l’essere La radice br’, “creare”, sottolinea che si tratta di una azione propria del Signore, non consentita all’uomo, che può solo trasformare le realtà che già esistono. 2 3 Somiglianza (più astratto): indica la copia: un’immagine somigliante. zione e la consacrazione del settimo giorno: «Dio nel settimo giorno portò a termine il lavoro che aveva fatto e cessò nel settimo giorno da ogni suo lavoro. Dio benedisse il settimo giorno e lo consacrò, perché in esso aveva cessato da ogni lavoro che, facendo, aveva creato» (Gen 2,2-3). In Es 20,11 è proprio questa la motivazione della santificazione del sabato da parte dell’uomo: «in sei giorni il Signore ha fatto il cielo e la terra e il mare e quanto è in essi, ma si è riposato il settimo giorno. Perciò il Signore ha benedetto il giorno del sabato e lo ha consacrato». Basandosi su Gen 2,2-3, gli antichi rabbini dicono che al settimo giorno vi fu un atto di creazione: Dio creò la menuchà (“riposo”), con la quale si può dire che l’universo fu completo. Generalmente menuchà si traduce con “riposo”, ma ha un significato più ampio: qualcosa di reale e di intrinsecamente positivo, senza cui l’universo non sarebbe stato completo, “la tranquillità, la serenità, la pace e il riposo” (Gen. Rabba 10,9). Nello spirito biblico questo termine è sinonimo di felicità (Dt 12,9; 1Re 8,56; Sal 23,2; 95,11; Rt 1,19), silenzio, pace e armonia. Più tardi divenne sinonimo della vita nel mondo futuro, della vita eterna. Questo “settimo giorno” viene benedetto da Dio e reso santo. Si vuole consacrare così la settimana del calendario religioso, che culmina nel giorno di sabato, Shabbat, un giorno di riposo assoluto (la radice da cui deriva questo nome significa “cessare”): cf Es 20,8-11; Dt 5,12-15; vedi anche Es 16,23.2930; 23,12; 34,21; 35,2-3. Le giovani coppie alla scoperta della Parola di Dio umano è creato a immagine di Dio. L’uomo appartiene alla realtà visibile come conviene ad un’immagine, ma soprattutto viene definito per mezzo del rapporto che intrattiene con Dio. Egli sarà la rappresentazione creata del suo Creatore, il riflesso terreno della sua gloria. La Scrittura collega i temi dell’immagine e della gloria (cf 1Cor 11,7: «l’uomo […] è immagine e gloria di Dio»; cf 2Cor 3,18; Sap 2,23). L’immagine è un’immagine: ha un’esistenza derivata, ma questo essere immagine è un privilegio. E Dio benedice la coppia con una benedizione straordinaria, che comprende la fecondità e un potere particolare sugli altri esseri viventi: «Dio li benedisse e Dio disse loro: “siate fecondi e moltiplicatevi e riempite la terra e soggiogatela (radice kbš) e dominate (radice rdh) sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e su ogni essere vivente che striscia sulla terra» (Gen 1,28). La prima è una benedizione che ritroviamo di nuovo per Noè e i suoi figli dopo il diluvio, una benedizione universale, destinata a tutti gli esseri viventi (Gen 9,7). Anche il potere che Dio dà all’uomo sul creato è una benedizione: è esclusa quindi ogni forma di violenza: il primo verbo, kbš (“soggiogare”, “sottomettere”), non indica un potere illimitato (kebeš è lo sgabello che fa parte del trono del re: cf Gs 18,1; Nm 32,22.29; 2Sam 8,11; Ger 34,11.16, ecc.), mentre il secondo, rdh, “dominare”, spesso descrive il potere del re, pastore e guida del suo popolo (cf per es. 1Re 5,4; Sal 72,8; Ez 34,4). L’essere umano, maschio e femmina, ha la responsabilità del creato, che Dio gli affida: ha il diritto di servirsene, ma deve prendersene cura. È questo il suo compito ed è la sua grandezza, come dice l’orante nel Sal 8,7-8: lodando Dio: «Gli hai dato potere (radice mašal: sinonimo di rdh) sulle opere delle tue mani, tutto hai posto sotto i suoi piedi». Guardando tutto quello che aveva fatto, Dio ripete che «è buono», anzi «molto buono» (Gen 1,31). Il progetto originario di Dio si basa sull’armonia ed esclude ogni violenza. Infatti gli esseri viventi sono erbivori (Gen 1,29-30); solo dopo il diluvio saranno autorizzati a mangiare la carne (Gen 9,3). In Gen 1,28, Il primo racconto termina con la benedi- b) Gen 2,4b-3,24 (J: metà X sec. a.C.) Nel secondo racconto della creazione, non c’è ancora niente sulla terra, che è un deserto snz’acqua, quando Yhwh ’Elohîm [il Signore Dio] plasma l’uomo con polvere dal terreno: Quando Yhwh ’Elohîm fece la terra e il cielo, nessun cespuglio campestre ancora era sulla terra e nessuna erba campestre ancora era spuntata, perché non aveva fatto piovere Yhwh Elohîm sulla terra e un uomo (’adam) non c’era per lavorare il terreno (’adamâ), 6 ma un vapore saliva dalla terra e irrigava tutta la superficie del terreno (’adamâ). E plasmò Yhwh Elohîm l’uomo (ha-’adam) con polvere dal terreno (’adamâ) e soffiò nelle sue narici 7 Maggio 2011 Le giovani coppie alla scoperta della Praola di Dio I giovani fidanzati un alito di vita e divenne l’uomo (ha-’adam) un essere (nefeš) vivente» (Gen 2,4b-7)4. E Dio pianta per questo suo ’adam (il termine questa volta indica solo il maschio, come si rileva chiaramente dal resto del racconto) un giardino (paradeison, nel greco della LXX), facendo «germogliare dal suolo ogni sorta di alberi piacevoli all’aspetto e buoni da mangiare», tra cui, in mezzo al giardino, l’albero della vita (simbolo di immortalità)5 e l’albero della conoscenza del bene e del male (Gen 2,8-9). Nel poema paleobabilonese di Atramhasis l’uomo veniva fatto dal dio Enki (dio della sapienza, della saggezza e dell’acqua) e dalla dea madre Nintu, impastando l’argilla con un elemento divino: il sangue di un dio “dotato di spirito organizzativo”. Nell’epica della creazione Enuma eliš («Quando in alto») l’uomo viene fatto col sangue del dio ribelle Kingu; manca però la collaborazione della dea madre e non si parla di argilla. «Voglio creare Lullu, l’uomo – dice il dio Marduk –; sia su di lui il servizio degli dèi e loro si riposino » (VI tav., ll. 5-8). 5 Nella cultura mesopotamica la pianta della vita indicava il buon governo, la prosperità, la salute ed era sotto la protezione di un dio-serpente. Era riservata agli dèi. Gilgamesh va a cercarla in fondo al mare, ma gli viene rubata da un serpente, che subito dopo cambia pelle (Gilgamesh, tav. XI, 266-289). 4 E ««Signore Dio prese l’’adam e lo pose nel giardino di Eden», un’oasi nella steppa, con «ogni sorta di alberi graditi alla vista e buoni da mangiare» (Gen 2,9), «perché lo coltivasse (cbd) e lo custodisse (šmr)» (Gen 2,15): a) il primo verbo (cbd) in genere significa “lavorare”, “servire”, ma anche “coltivare la terra”. È anche il verbo usato per indicare il servizio liturgico nel tempio; b) il secondo verbo (šmr) significa “sorvegliare”, “custodire” (nel Sal 121 Dio è “custode”, šômēr, di Israele), “osservare” (osservare e custodire la Legge e la Parola del Signore). L’uomo dunque è chiamato a collaborare con Dio, a custodire il creato riconoscendovi l’opera divina. Può mangiare di tutti gli alberi del giardino6, ma non di quello della conoscenza del bene e del male7, perché “certaDopo il peccato, Dio, temendo che l’uomo possa mangiare i frutti dell’albero della vita, pone i cherubini a guardia del giardino (Gen 3,22-24). Soltanto nella Gerusalemme celeste, alla fine dei tempi, si potrà aver parte a quest’albero (cf Ap 2,7; 22,2.14.19). 7 In Mesopotamia l’albero della verità (o della conoscenza) (l’albero kiskanu nel tempio di Eridu) era collegato alla conoscenza delle formule magiche, degli incantesimi, ecc., 6 Interpretazioni di Gen 2,18 Nel corso dei secoli si è discusso a lungo sull’interpretazione di Gen 2,18, sul significato di questa frase: “un aiuto che gli corrisponda”, giungendo a conclusioni spesso sfavorevoli per la donna. Il fatto che sia stata creata dopo l’uomo, dall’uomo, per l’uomo, secondo alcuni non può che denotarne l’inferiorità rispetto all’uomo. Sono idee che troviamo in Paolo, nel Giudaismo e in alcuni Padri. E allora si dice che la donna è creata per la procreazione, o per assistere l’uomo nel suo lavoro. In effetti, all’epoca di Paolo la condizione delle donne era giuridicamente inferiore rispetto a quella degli uomini. Questo dipendeva, probabilmente, da conoscenze scientifiche errate circa la funzione dell’uomo e della donna nel concepimento dei figli: il padre era colui che dava il seme, che poi nel seno materno si coagulava (vedi Gb 10,10-11: «Non mi hai colato come latte e fatto cagliare come formaggio? Di pelle e di carne mi hai rivestito, di ossa e di nervi mi hai intessuto»); la madre si limitava ad accoglierlo, a nutrirlo e a partorirlo (non si aveva conoscenza dell’ovulo femminile). La funzione della donna corrispondeva, quindi, dalla cui conoscenza dipendeva la felicità. Era sotto la protezione del dio della morte. 8 La conoscenza del bene e del male è privilegio di Dio. Violando il comandamento divino, l’uomo rinnega il proprio stato di creatura, rivendicando il diritto di decidere da sé cosa sia bene e cosa sia male. Questa superbia è la radice di ogni peccato. a quella della terra, che si limita a ricevere il seme e poi lo fa crescere. Per questo le veniva attribuito un ruolo sussidiario9. Paolo, uomo del suo tempo, parla di sottomissione della donna: «capo della donna/ moglie è l’uomo» (1 Cor 11,3; Ef 5,23), perciò le mogli siano sottomesse ai loro mariti in tutto (Ef 5,24). «La donna impari in silenzio, in piena sottomissione. Non permetto alla donna – dice Paolo –, di insegnare, né di dominare sull’uomo; rimanga piuttosto in atteggiamento tranquillo. Perché prima è stato formato Adamo e poi Eva, e non Adamo fu ingannato, ma chi si rese colpevole di trasgressione fu la donna, che si lasciò sedurre. Ora lei sarà salvata partorendo figli, a condizione di perseverare nella fede, nella carità e nella santificazione, con saggezza» (1Tm 2,11-15). Paolo sa, tuttavia, che “in Cristo” qualcosa è cambiato. In Gal 3,28 dice: «Non c’è giudeo né greco; non c’è schiavo né libero; non c’è maschio e femmina (arsen kai thêlu), poiché tutti voi siete uno in Cristo Gesù». In 1Cor 11,11-12 afferma: «Tuttavia, nel Signore, né la donna è senza l’uomo, né l’uomo è senza la donna; come infatti la donna deriva dall’uomo, così l’uomo ha vita dalla donna; tutto poi proviene da Dio». E, in Ef 5, Paolo esorta, sì, la donna ad essere sottomessa al marito, ma invita tutti i cristiani ad essere sottomessi gli uni agli altri “nel timore di Cristo” (v. 21). Chiede a tutti, quindi, di vivere cristianamente, e cioè nell’umiltà. Ma i mariti, da parte loro, devono “amare” la propria moglie come il Cristo ha amato il suo corpo, la Chiesa (vv. 25-33). Solo allora, evidentemente, il marito meriterà di essere “capo” della moglie10. Nel Giudaismo, Giuseppe Flavio afferma che: «La donna, secondo la Legge, è inferiore all’uomo in tutto (Contro Apione 2, 24, 201). Rabbi Juda, infatti, raccomandava di dire ogni giorno questa preghiera, attribuita a Rabbi Meir, della prima metà del II secolo: Benedetto sia Dio che non mi ha fatto Gentile, perché i Gentili non sono niente davanti Le giovani coppie alla scoperta della Parola di Dio mente morirebbe” (espressione usata nelle leggi e sentenze che prevedono la pena di morte) (vv. 16-17; cf Gen 3,19)8. Ma l’’adam è solo in questo splendido giardino e se, nel primo racconto, l’essere umano “maschio e femmina”, appariva a Dio “cosa molto buona” (Gen 1,31), ora Dio afferma che “non è bene che l’uomo sia solo!”. Occorre un aiuto (cezer) che gli corrisponda (kenegdô: termine tradotto dalla LXX con omoios), qualcuno che possa stargli di fronte, un partner (non si esprime assolutamente una gerarchia) (Gen 2,18.20). L’essere umano, fin dalle sue origini, è un “essere-con” e la vita umana raggiunge la sua pienezza solo nella comunione con l’altro. All’’adam occorre qualcuno con cui entrare in relazione, in comunione. A. Tosato, Il matrimonio israelitico, AnBib 100, Roma 1982, 162-170. 10 Cf Aletti J.-N., Saint Paul: Épître aux éphésiens. Introduction, traduction et commentaire, Gabalda, Paris 2001. 9 9 Maggio 2011 Le giovani coppie alla scoperta della Praola di Dio a Dio. Benedetto sia Dio che non mi ha fatto donna, perché la donna non sa compiere i comandamenti. Benedetto sia Dio che non m’ha fatto ignorante, perché l’ignorante non teme il peccato. Si deve chiarire che qui si vuole mettere in evidenza la gioia di poter obbedire ai comandamenti, ma il fatto che la donna sia accomunata ai pagani e agli ignoranti ci mostra la considerazione in cui era tenuta. Tanto più importante allora è l’atteggiamento di Gesù di fronte alle donne. Tra l’altro Gesù ribadisce l’indissolubilità del matrimonio (Mt 19,4), cosa che mette uomo e donna sullo stesso piano. Per i Padri, naturalmente, la subordinazione della donna era conseguenza del peccato; l’esegesi di Gen 3 esercita un’influenza sfavorevole sulla concezione della donna. Tertulliano, per esempio, scrive nel De cultu feminarum I, 1, 1-2: «Sei tu la porta del diavolo […] sei tu che per prima hai trasgredito la legge divina; sei tu che hai circonvenuto colui al quale il diavolo non ha saputo attaccarsi […] è il tuo salario, la morte, che ha valso la morte stessa del Figlio di Dio». E allora si limita il senso del termine cezer (“aiuto”), affermando che la donna è creata solo per la procreazione (Agostino), per l’aiuto domestico (Giovanni Crisostomo, Clemente d’Alessandria) o lo si interpreta in modo allegorico11. Ma in realtà i due racconti della creazione in Genesi, rivelano con chiarezza che la donna è creata per entrare in comunione con l’uomo: ha la sua stessa dignità e riceve la stessa benedizione (vedi Gen 1,27-31). L’uomo diventa veramente tale solo nella comunione, nella condivisione. Senza la donna, l’’adam non solo non potrebbe essere se stesso, ma non potrebbe neppure sopravvivere (Gen 2,18). Il fatto che sia creata per l’uomo, vuol dire solo che questi non può essere se stesso, non è Cf M. de Merode, «“Une aide qui lui corresponde”. L’exégèse de Gen 2,18-24 dans les écrits de l’Ancien Testament, du Judaisme et du Nouveau Testament», Revue Thélogique de Louvain 8 (1977) 334, nota 13 e 352, nota 60. Alcuni esempi interessanti sulla considerazione della donna da parte dei Padri si possono trovare in G. Sfameni Gasparro e altri (a cura di), La coppia nei Padri, Edizioni Paoline, Milano 1991. 11 La Scuola della Parola all’Israel Museum Jerusalem completo, gli manca qualcosa di essenziale senza la donna. Senza di lei non potrebbe sopravvivere. Per potere comprendere questo, è importante comprendere il significato del termine ‘ezer (“aiuto”) nell’AT. 2. Il termine “aiuto” (‘ezer) nell’AT Il termine ebraico ‘ezer (“aiuto”) è un termine abbastanza raro nell’AT: ricorre solo 21 volte e nella maggior parte dei casi (15 su 21), indica un aiuto divino: 1) può trattarsi dell’aiuto che viene da Dio: Dt 33,26; Os 13,9; Sal 20,3; 89,20; 121,1.2 («Alzo i miei occhi verso i monti: da dove verrà il mio aiuto? Il mio aiuto [viene] da Yhwh, che ha fatto cielo e terra»); 124,8 («Il nostro aiuto è nel nome del Signore, che ha fatto cielo e terra»); Dn 11,34; 2) oppure è un titolo di Dio stesso: Es 18,4; Dt 33,7.29; Sal 33,20 («Il nostro essere attende Yhwh: nostro aiuto e nostro scudo è Lui»; 70,6; 115,9.10.11; 146,5). Fanno eccezione due testi, in cui si parla di un aiuto umano: Is 30,5; Ez 12,1412. - Is 30,5 usa questo termine in modo negativo: Israele cerca “un aiuto sbagliato”. Dove può trovare l’aiuto? al v.7 Isaia dice: il soccorso dell’Egitto è un soffio, una vanità. La vostra salvezza starà nel tornare a me - dice il Signore (Is 30,15), la vostra forza sta nella fiducia. Anche in questo caso, quindi, si dice che l’aiuto vero è quello procurato da Dio. - Ez 12,14 è un poco più difficile: predice la Vedi J.-L. Ska, «“Je vais lui faire un allié qui soit son homologue” (Gen 2,18). A propos du terme ‘ezer – “aide”», Biblica 65 (1984) 233-238. 12 Lo ritroviamo in numerosi nomi propri, la maggior parte teofori: abî ezer = mio padre aiuta, ahî ezer, elî ezer = il mio Dio aiuta, ecc. 13 sterilità è considerata una maledizione, come la solitudine. 3. Un aiuto “che gli corrisponda” Si crea un’attesa: in che cosa consisterà l’aiuto? Sfilano tutti gli animali, appena plasmati dal suolo; l’uomo dà i nomi a tutti, «ma non trovò un aiuto che gli fosse simile» (Gen 2,20). In che cosa o in chi consisterà questo aiuto per salvare l’uomo dalla solitudine? Non basta un qualsiasi essere vivente per colmare questa profonda aspirazione dell’uomo, non bastano gli animali a colmare questo vuoto. Assistiamo alla loro sfilata, ma in nessuno l’uomo trova un aiuto «che gli corrisponda (kenegdô)» (Gen 2,18.20). Il libro della Genesi ci dice che l’uomo è superiore alle bestie e deve entrare in relazione con un altro essere, superiore agli animali, un essere in tutto e per tutto simile a lui, qualcuno con cui condividere la propria vita. E Dio, che ha creato il suo ’adam e lo ha posto al di sopra di tutto il resto, provvede anche a salvarlo dalla solitudine e mette accanto a lui la sua donna, un essere che cammini accanto a lui, che gli dia un appoggio personale e un aiuto indispensabile nel combattimento per la vita. Ma in tanto la donna può salvare l’uomo dalla solitudine, in quanto è un partner che gli corrisponde, che può stare di fronte a lui (o “contro di lui”, dicono i rabbini). Abbiamo visto (Gen 1,27) che la differenza maschio/femmina implica da una parte una “naturale diversità” e, dall’altra, una “naturale apertura” al rapporto “io-tu” (si scopre la propria identità di fronte alla diversità dell’altro/a). La Genesi ci presenta tale rapporto nell’orizzonte di una relazione aperta sia alla positiva reciprocità (che è anche complementarietà), sia al conflitto. È questo il senso letterale dell’espressione di Gen 2,18, che la versione della CEI traduce: «un aiuto che gli corrisponda» (nella versione precedente: «un aiuto che gli sia simile»): Poi il Signore Dio disse: “Non è bene che l’uomo rimanga solo; farò per lui un aiuto (‘ezer) che gli sia di fronte/contrapposto (kenegddo)” (Gen 2,18). L’espressione ebraica ke-negddo può esprimere sia l’intesa reciproca (quindi la capacità di accoglienza e donazione), sia il conflitto ge- Le giovani coppie alla scoperta della Parola di Dio disfatta di Sedecia. Io disperderò a tutti i venti quelli che lo circondano per aiutarlo... - dice il Signore. - Sedecia contava su uomini, il cui aiuto si rivela insufficiente a salvare il re dalla morte. Possiamo concludere allora che ‘ezer è un soccorso talmente particolare, che Dio solo è capace di fornirlo (così afferma la maggior parte dei testi): a) è un aiuto di tipo personale, dato da una persona a un’altra; b) è dato in situazioni di grande pericolo (nemici, guerra, pericolo mortale); il Sal 146,79 ci dice da quali pericoli Dio salva i suoi fedeli: libera i prigionieri, rialza chi è caduto, protegge lo straniero, sostiene l’orfano e la vedova; c) è un aiuto indispensabile, senza il quale non si potrebbe sfuggire al pericolo; si rivela determinante quando l’esistenza è minacciata: salva dalla morte e riporta in vita. Si capisce allora perché questo termine (‘ezer) sia sempre messo in relazione con Dio13. Allora, se Dio stesso dice di voler fare un aiuto all’uomo, la situazione deve essere molto seria: l’uomo si trova in un pericolo che minaccia la sua esistenza stessa e questo aiuto è in relazione con Dio; è qualcosa che solo Dio può dargli. Ma quale pericolo minaccia l’’adam? Il libro della Genesi ci dà una risposta chiara: il pericolo che minaccia l’uomo è la solitudine: non è bene che l’uomo sia solo. Spesso nell’AT si insiste sul pericolo della solitudine: isolamento vuol dire morte. L’uomo solo è come un deserto (Is 27,10); nel Sal 102 il salmista grida al Signore: «Sono come la civetta del deserto, sono come il gufo delle rovine. Resto a vegliare: sono come un passero solitario sopra il tetto; tutto il giorno mi insultano i miei nemici, furenti imprecano contro di me». Il celibato di Geremia (Ger 16,1-4) e la vedovanza di Ezechiele (Ez 24,15-17) sono segni di sventura (la fine di Gerusalemme). L’uomo è fatto per vivere in relazione con altri. Chi è solo si sente rigettato, sente di non poter vivere, è lontano dalla vita. La vita è comunione e condivisione, fecondità e benedizione. Generare è partecipare alla generosità divina; la 11 Maggio 2011 Le giovani coppie alla scoperta della Praola di Dio nerato dalla tensione fra due realtà che si respingono o che vivono un rapporto sbilanciato, come la prevalenza dell’uno/a sull’altro/a. Dipende dunque dall’agire degli uomini e delle donne, la qualità positiva o negativa di questo essere l’uno/a di fronte all’altro/a nella prospettiva di un “aiuto” reciproco, che Rabbi Eleazar rilegge nel modo seguente: Qual è il significato del verso biblico: “Gli farò un aiuto di fronte/contrapposto a lui (Gen 2,18)?” Se egli [l’uomo] lo merita, lei [la donna] sarà per lui un aiuto, altrimenti lei sarà contro di lui14. Nei vv. 21-22 Dio fa cadere sull’’adam un “torpore” (il termine indica un’esperienza soprannaturale, una specie di estasi) e dalla costola plasma la donna (’iššâ) e gliela presenta. La conduce a lui, come poi l’amico dello sposo condurrà a questi la sposa nel giorno delle nozze. Vedendola, l’’adam prorompe in un grido di gioia e di stupore. Sente finalmente di essere in comunione con questa creatura che vede per la prima volta: «“Questo finalmente è osso dalle mie ossa e carne dalla mia carne! La si chiamerà donna (’iššâ), perché dall’uomo (’îš) [LXX: dal suo uomo] è stata presa! Per questo l’uomo (’îš) abbandonerà suo padre e sua madre e si unirà alla sua donna/moglie (’iššâ) e saranno [i due: LXX, Vul] una sola carne (ba— ar in ebraico, sarx in greco)” (vv. 23-24). L’uomo ha già imposto il nome a tutti gli animali, ma ora, con le prime parole che gli sentiamo pronunciare dal momento in cui è stato creato, riconosce finalmente nella donna quell’aiuto che Dio riteneva indispensabile per salvarlo dalla solitudine. Finora si era parlato solo della specie umana, dell’’adam (anthropos in greco, homo in latino), tratto dalla terra, dall’argilla (’ada\ma\h). Ora questo uomo è visto nella sua individualità: si qualifica come ’îš (in greco anér, in latino vir) e rinuncia a se stesso come individuo isolato per far parte di una nuova realtà immensamente più ricca, una comunione in cui l’uno e l’altra diventano veramente “una sola carne”. Sir 13,15-16 osserva che la somiglianza è condizione di una vera relazione «Ogni vivente ama il suo simile e ogni uomo il suo vicino. 14 Ogni essere si accoppia secondo la sua specie; l’uomo si associa a chi gli è simile». Nell’AT quest’idea è chiara. Lo abbiamo visto nel primo racconto della creazione (in realtà il più tardivo), dove Dio crea l’essere umano maschio e femmina (Gen 1,27a) e trova questo molto buono e benedice la coppia. Lo vediamo nel secondo racconto della creazione (il più antico) dove Dio stesso, dopo avere “costruito” la donna da una costola presa dall’uomo, gliela conduce, assumendo il ruolo che sarà poi quello dell’amico dello sposo (vedi Gv 3,29). E l’’adam, riconoscendo la comunione profonda che lo lega a lei, comprende tutta la portata del dono di Dio. Sente che c’è una comunione totale, profonda, tra lui (’iš) e questa ’iššâ ancora senza nome15, che Dio ha plasmato misteriosamente per lui. Constata un fatto che non dipende da lui, ma solo da Dio ed esclama: «Questa, finalmente, è osso dalle mie ossa e carne dalla mia carne!» 4. Carne della mia carne È un’espressione che, in forma più semplice, esiste anche altrove nella Bibbia. Si dice talvolta che una persona è osso e carne di qualcun altro, cioè dello stesso sangue (in Gen 29,14 Labano lo dice a Giacobbe suo nipote); è una formula che suppone sempre una relazione interpersonale e serve come introduzione a un accordo. Con la donna, osso dalle sue ossa e carne dalla sua carne, l’uomo può stabilire l’accordo per eccellenza, perché scopre in lei una connaturalità profonda. Se fino ad ora si era parlato solo della specie umana, dell’adam tratto dalla terra (’adamâ), ora l’uomo stesso si vede nella propria individualità: scoprendo la donna come ’iššâ, scopre per la prima volta se stesso come ’iš e fa questo gioco di parole sul quale si baserà tutto il versetto che segue: «Per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due saranno un’unica carne» (Gen 2,24). 5. Una sola carne L’agiografo vuole esprimere così la potenza Solo in Gen 3,20, dopo il castigo, l’uomo chiamerà la moglie Hùawwâ (Eva) perché madre di tutti viventi. 15 Talmud Babilonese, Jevamoth 63a. Assisi. La Rocca Le giovani coppie alla scoperta della Parola di Dio dell’attrazione reciproca dei sessi, che porta alla comunione totale con un’altra persona, qualcosa che porta l’uomo a rinunciare al padre e alla madre, a rinunciare perfino a se stesso come individuo isolato, per formare un nuovo essere, una nuova realtà, immensamente più ricca, nella quale, donandosi reciprocamente l’uno all’altra, l’uomo e la donna non si troveranno diminuiti, ma, al contrario, pienamente realizzati nella comunione. Una comunione totale con un’altra persona, simile ma, allo stesso tempo, profondamente diversa: l’uomo è veramente uomo e la donna è veramente donna. Nel Cantico la corporeità dice il realismo dell’amore umano, l’intensità della reciproca appartenenza: «Il mio diletto è per me e io per lui» (Ct 2,16; cf Ct 6,3; 7,11). È in questo amore che la persona diventa un dono per l’altro. E questo amore sponsale ci fa comprendere anche la verginità. Si risponde al dono di Cristo, che amò sino alla fine, con un dono sincero di tutta la propria vita: ci si dona per amore in modo totale e indiviso. E questa «donazione personale tende all’unione, che ha un carattere propriamente spirituale: mediante l’azione dello Spirito Santo [si] diventa “un solo spirito” con Cristo-sposo (cf 1Cor 6,17)» (Mulieris Dignitatem 20). È importante approfondire il significato del termine a cui si ricorre in Gen 2,24 per indicare la relazione che legherà l’uomo alla donna condottagli da Dio: l’uomo si unirà, si attaccherà (radice dabaq) a sua moglie e i due saranno un’unica carne (vedi Mt 19,3-9; Mc 10,2-12; 1Cor 6,16-17; Ef 5,21-33). L’espressione non si riferisce solo alla sfera sessuale. Il verbo dabaq be («attaccarsi a») indica una relazione interpersonale molto profonda: si usa nella Bibbia per indicare la fedeltà, l’attaccamento a qualcuno (in 2Sam 20,2: «gli uomini di Giuda restarono attaccati al loro re [David] e lo accompagnarono fino a Gerusalemme»; in Rt 1,14 «Ruth si attaccò a Noemi»). Può indicare “legarsi per amore a qualcuno” (cf 1 Re 11,2: Salomone si legò per amore alle donne straniere che prese in moglie), ma quello che sembra più importante è che questo verbo è usato talvolta per esprimere l’unione con Dio (Sal 63,9: «A te si tiene stretto il mio essere [nefeš]»). Nel momento in cui l’uomo comprende che la grazia del Signore vale più della vita, impegna la sua persona, aderisce con l’intima sostanza del suo io a questa realtà che gli sta di fronte, corrisponde all’amore di Dio con questo attaccamento, con questo abbandono, con questo dono di se stesso. Il senso profondo di questo attaccamento a Dio non ha niente in comune con ciò che può esprimere debolmente la parola umana (cf anche Dt 4,4; 10,20; 11,22; 30,20, ecc.). Anche Paolo usa questo verbo in 1Cor e lo usa due volte: mette a confronto chi si unisce alla prostituta e chi si unisce al Signore. Chi si unisce alla prostituta forma con essa un corpo solo (un solo sôma, invece di una sola “carne”) (1Cor 6,17) «I due saranno, è detto, un corpo solo. Ma chi si unisce al Signore - dice Paolo - forma con Lui un solo spirito». Il verbo usato da Paolo, kollao, corrisponde al verbo ebraico usato in Gen 2,24. È chiaro quindi che questo verbo non esprime solo unione fisica (espressa per lo più dal verbo conoscere, 13 Maggio 2011 o da altri verbi), ma vuole esprimere una comunione totale, profonda: una sola carne, un solo essere; l’attaccamento di tutta la persona nell’amore e nella fedeltà. Un brano è molto significativo a questo proposito: parlando della donna che, secondo la legge mosaica deve essere ripudiata, Sir 25,26 dice: «Se non cammina secondo la tua mano, tagliala dalla tua carne» (vedi Mt 5,29-30). È chiaro, quindi, che l’uomo forma una sola carne, un solo essere con la propria moglie. Si tratta della totalità della relazione coniugale: una comunione d’amore, che si completa nell’unione fisica. È un’espressione unica nell’AT: indica l’unità della coppia, l’unità degli esseri in tutto: non è esclusa l’unione sessuale, ma non è questa che si vuole indicare in primo luogo. In Mt 19,6 Gesù cita proprio questo brano di Genesi per affermare l’indissolubilità del matrimonio: «Non sono più due, ma una carne sola. Quello dunque che Dio ha congiunto, l’uomo non lo separi». In Ef 5,28-33, Paolo riprenderà Gen 2,24, ponendo l’amore salvifico di Cristo per la Chiesa come modello per il rapporto tra marito e moglie: «Questo mistero è grande; lo dico in riferimento a Cristo e alla Chiesa!» (cf Gaudium et Spes 48,2). La Giornata della Memoria La Giornata della Memoria La celebrazione della “Giornata della Memoria” è ormai diventata una consuetudine che anno per anno si va consolidando presso il nostro Convento di S. Maria. Grazie all’infaticabile studioso locale di storia concentrazionaria Giuseppe Graziani e, quest’anno, al contributo della Pro Loco di Civitella del Tronto, il 27 gennaio è stato un intensissimo pomeriggio trascorso sulle “note della Shoah”, concerto magistrale del gruppo aquilano “Delta Ensemble” preceduto da tre brillanti relazioni della prof.sa Italia Iacoponi, del musicologo Gerardo Bovenzi e da Giuseppe Graziani. Musiche intense, forse strazianti, capaci di ridare una voce viva al dolore innocente e di suscitare in noi domande stringenti e inevitabili. Una pagina orrenda ma ineliminabile di storia europea, dell’Italia e di Civitella, che proprio per la sua gravità esige di essere conservata da un’indagine scientifica rigorosa e rinarrata attraverso il linguaggio troppo eloquente delle note. Come talora accade, anche dagli eventi più oscuri e mortiferi si possono o si devono trarre degli elementi di luce e di vita. Così avviene anche presso il nostro Convento, durante la guerra (19401944) luogo di detenzione degli ebrei, oggi, quasi casualmente, un piccolo laboratorio sul tema della Shoah e su altri temi legati in vario modo all’ebraismo. La Giornata della Memoria si inserisce, infatti, nell’alveo di alcune nostre proposte formative religiose e culturali che traggono dalla teologia e dalla storia ebraica molti elementi di stimolo. Vale la pena ricordare il lavoro catechetico-biblico di questi anni, settimanalmente incanalato nel percorso della Scuola della Parola, che trova nella millenaria sapienza ebraica uno strumento indispensabile di contestualizzazione della Scrittura e di comprensione delle radici del cristianesimo. Collegato a questo, il ciclo delle varie conferenze su vari temi biblici; quest’anno il piacere di avere Vocazioni: la chiamata di Samuele (1Sam 3,1-10) di Paolo De Benedetti Un nostro postulante Vocazioni: la chiamata di Samuele con noi la biblista Rita Torti Mazzi, autrice, tra gli altri, del testo: La preghiera ebraica. Alle radici dell’eucologia cristiana (Ed. Paoline 2004). E infine possiamo ricordare anche il piccolo programma di amicizia e di dialogo cristiano-ebraico con alcuni cordialissimi amici ebrei di Roma, in particolare il prof. Bruno Di Porto che anche quest’anno ha partecipato con un telegramma alla nostra Giornata della Memoria e ha ospitato sulla sua Rivista “Il tempo e l’idea” alcuni articoli di G. Graziani sull’argomento. Nel complesso, un lavoro non legato a finalità altre se non quelle di formare le coscienze e di contribuire alla retta custodia di un evento di importanza universale. Un lavoro, a nostro parere necessario ed attuale, di fronte ai tentativi di strumentalizzazione che troppo spesso accadono proprio attorno a questa tematica. Chiudiamo questa breve nota con un midrash su Gen 4,9, un monito alla responsabilità che ciascun uomo deve avere nei confronti del proprio fratello: “Dopo il delitto Caino decise di fuggire, dicendo: i miei genitori chiederanno a me che ne è stato di Abele, poiché non vi sono altri esseri umani sulla terra. Questo pensiero gli si era appena affacciato alla mente quando Dio gli apparve e gli parlò così: dai tuoi genitori puoi fuggire, ma come potrai sottrarti anche alla Mia presenza? Può forse un uomo celarsi in nascondigli sì che Io non lo veda?” (L. Ginzberg, Le leggende degli ebrei, Milano 1995, 113). ...segue a pag. successiva 15 Maggio 2011 Vocazioni: la chiamata di Samuele Vocazioni: la chiamata di Samuele (1Sam 3,1-10) Il bollettino è disponibile anche sul sito del Santuario www.santamariadeilumi.it