La mediocrità di Van Basten

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La mediocrità di Van Basten
La mediocrità di Van Basten - Massimo Fini
Nessuna "grande firma" del giornalismo italiano è mai stata un buon di rettore. Il buon di rettore
è infatti quello che si realizza attraverso gli altrui, che fa il regista di etro le quinte e gode nel
valorizzare i talenti che ci sono nella sua squadra. La "grande firma" ha una personalità
narcisistica e non solo non si occupa del talento altrui ma, quando lo intravede, cerca, più o
meno consciamente, di stopparlo, perché teme di venirne in qualche modo offuscato. L'esempio
più vicino e precla ro è quello di Indro Montanelli che è stato sicuramente, dopo Curzio Mala
parte, il più grande giornalista italiano, ma che, pur di rigendo due quotidi ani, "Il Giornale" e "La
Voce", non ha la sciato una scuola di giornalisti che non di co fossero alla sua altezza ma
almeno l'avvicinassero. Come i grandi di altri mestieri e arti, come Ingmar Bergman nel cinema,
Giorgio Strehler nel teatro, ha fatto terra bruciata intorno a sè. Lo stesso di scorso fatto per il
giornalismo vale per il calcio. Nessun grande campione è stato anche un grande allenatore.
Pelè, Pla tinì, Maradona, Di Stefano, Puskas non ci hanno nemmeno provato, gli altri hanno
fallito. La sola eccezione è Franz Beckenbauer che ha vinto un Campionato dal mondo da
giocatore e un altro da allenatore, ma "Kaiser Franz", come viene chiamato, è un uomo così
intelligente, dentro e fuori dal campo (lo si è visto anche dal modo perfetto con cui ha
organizzato questi mondi ali), che potrebbe fare qualsiasi cosa, anche il premier al posto di
Angela Merkel. Il genio non tollera di averne altri intorno a sè. È il caso di Marco Van Basten
Van Basten credo che lo ricordino tutti, anche quelli che si occupano poco o nulla di calcio. È
stato, con Gunnar Nordhal, il più grande centravanti del Milan e uno dei migliori giocatori del
mondo, appena un dito sotto Pelè e Maradona. A Van Basten è stata affidata l'Olanda, squadra,
com'è noto, di grandissime tradizioni, perché la portasse ai mondiali e possibilmente li vincesse.
E Van Basten, grazie allo straordinario vivaio olandese, dell'Aiax, del Psv, dell'Az, ha messo su
una buona squadra di giovani, ma con una punta di assoluta eccellenza: Ruud Van Nistelrooy,
ambito da tutte le società d'Europa, anch'egli centravanti. Come Van Basten. Van Nistelrooy ha
una media di quasi un gol a partita in Coppa dei Campioni (preferisco chiamarla al vecchio
modo). E del resto se l'Olanda si è qualificata ai mondiali lo deve soprattutto alle sue reti. Per
varie ragioni Van Nistelrooy è arrivato all'appuntamento in Germania in uno stato di forma
precario. Come Totti, può anche vincere il Campionato del mondo, altrimenti è una buona
squadra come ce ne sono tante altre. Per questo Lippi, giustamente, lo fa giocare anche se
finora il suo rendimento è stato scarso (scrivo prima della partita con l'Australia, ma il discorso è
valido a prescindere dal risultato) e questo avrebbe dovuto fare Van Basten con Van Nistelrooy.
Perché o l'Olanda ritrovava il suo guerriero oppure avrebbe potuto fare anche qualche passo
avanti nei Mondiali ma non avrebbe mai potuto vincerli. Invece Van Basten, a differenza di
Lippi, ha fatto di tutto per demotivare, demoralizzare il ragazzo. Con la Serbia, dopo il primo gol
(di Robben) lo ha tolto dal campo. Con la Costa d'Avorio ha fatto di peggio. E qui mi scuso con i
lettori e gli addetti ai lavori se mi addentro in dettagli tecnici. Van Nistelrroy non è solo un
giocatore d'area di rigore di altissima classe (gli ho visto arpionare col collo del piede un lancio
di sessanta metri, senza che facesse vedere il pallone, che gli arrivava da dietro, e, senza farlo
toccar terra, scaraventarlo in rete), ma è un uomo alto, imponente, fortissimo di testa. L'Olanda
stava vincendo 2-1 e il secondo gol era stato proprio di Van Nistelrroy (un gol facile, per lui,
perché, come disse il telecronista di Sky, "è uno dei pochi giocatori al mondo che da quella
posizione non può sbagliare. Van Basten l'ha tolto dopo il primo tempo. Ma così l'Olanda
mancava totalmente di profondità, come si dice in gergo, non aveva cioè un uomo che potesse
prendere i lanci della difesa, tenere la palla e far salire la squadra. Le due ali, Robben e Van
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Persi, non erano in grado di fare questo lavoro, tipico di un centravanti di peso. Tutti i rilanci
della difesa olandese finivano perciò in bocca ai giocatori ivoriani e per 45' minuti gli "orange"
non hanno potuto fare altro che difendersi, cavandosela solo per il rotto della cuffia. Nella terza
partita, con l'Argentina (0-0), Van Basten lo ha tolto dal campo appena ha potuto. In quella col
Portogallo, a eliminazione diretta, ha deciso di non schierarlo nemmeno, preferendogli il
modesto Kuyt. Van Nistelrooy, che fuori dal campo è un ragazzo sensibile quanto è impetuoso
sul terreno di gioco ha accettato disciplinatamente la decisione del suo allenatore. Dopo venti
minuti l'Olanda era già sotto di un gol. Ma dopo trenta era in dieci per l'espulsione di un suo
giocatore. All'inizio del secondo tempo tutti pensavano che era venuto il momento di Ruud Van
Nistelrooy. Tutti, ma non Van Basten. Dopo dieci minuti ha sostituito il centrale Mathjsen con la
mezza punta Van Der Wart. E ci stava perché l'Olanda, in superiorità numerica, non aveva più
bisogno di tre difensori. Al 25' minuto ha tolto il centrocampista difensivo Van Bommel e ha
inserito un terzino, Hettinga. Nel frattempo Kujt si era mangiato il più facile dei gol: solo davanti
al portiere, già steso per le terre, gli aveva scaricato addosso il pallone. Ma a venti minuti dall
fine, con l'Olanda ancora sotto, non c'era spettatore, sul campo o alla tv, che non si aspettasse
l'ingresso di Van Nistelrooy. A meno che non fosse morto (ma poco minuti prima lo si era visto
sgambare in tranquillità, oltretutto, col Portogallo sempre in inferiorità numerica, un giocatore
come quello, che in genere è marcato da due difensori, avrebbe trovato spazi invitantissimi). E
finalmente Van Basten ha effettuato il suo terzo, e ultimo cambio. Ma invece del numero 9
titolare ha messo dentro il 19, il nobile Venegor of Hesseling. Quasi uno sberleffo. Uno schiaffo
in faccia a Ruud, ai tifosi olandesi e all'intelligenza. Perché se Van Nistelrooy segna in media,
un gol a partita, Venegor ne fa uno ogni trenta. E l'Olanda è uscita dal mondiale. Perché Van
Basten si è comportato in modo così balordo? C'è ragione contingente. Se Van Nistelrooy fosse
entrato e avesse segnato le sue scelte di giornata si sarebbero rivelate sbagliate. E quindi, per
non sconfessarsi, si è incaponito. Come fanno spesso gli allenatori. Ma ci sono motivazioni
psicologiche più profonde che spiegano l'intero comportamento di Van Basten nei confronti del
suo centravanti, del suo uomo migliore. Van Basten ha vinto moltissimo in carriera, ma mai un
Mondiale. Nell'unico al quale ha partecipato la sua Olanda è stata buttata fuori nel girone
iniziale e lui non ha segnato neanche un gol. Ha temuto che all'altro riuscisse ciò in cui lui
aveva fallito, oscurando, almeno per un momento la sua fama. E ha preferito fare kharakiri. È
stato un grande giocatore Marco Van Basten. Ma si è rivelato un tecnico pessimo e un uomo
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