Oralità e scrittura - Facoltà di Giurisprudenza
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Oralità e scrittura - Facoltà di Giurisprudenza
26 Sabato 27 febbraio 2010 Gli affari offrono molte opportunità, non ultima quella della frode. Il raggiro economico torna in luce con gli accertamenti giudiziari di questi giorni Raffaello Follieri, foggiano da sogno americano, amico di Clinton e fidanzato con la Hathaway, è finito in carcere per un assegno scoperto SEMPRE AI DANNI DEI PICCOLI RISPARMIATORI CHE ANCORA PIANGONO PER IL «BUCO» DI 80 MILIONI DI EURO IMPUTATO A TANZI di ENZO VERRENGIA G li affari dànno molte opportunità. Anche quella della frode. Il raggiro economico viene riproposto dagli accertamenti giudiziari su Fastweb e Telecom Italia Sparkle. Fatturazioni fittizie, società offshore e riciclaggio che hanno comportato evasioni fiscali e guadagni illeciti per la ‘ndrangheta. La realtà finanziaria diviene attigua a quella illegale. Esemplare il crac Parmalat. Nel 2003, la società emiliana fu sottoposta a un controllo della Consob, la Commissione Nazionale per le Società e la Borsa istituita con la legge 216 del 7 giugno 1974 per vigilare sul rispetto delle regole e della trasparenza fra investitori e mercato mobiliare. Le condizioni della Parmalat erano catastrofiche. Il proprietario, Calisto Tanzi, cercò protezione ai vertici del governo. Gli ispettori della Consob accertarono l’ammanco dei 600 milioni di Euro del fondo Epicurum. Entro l’8 dicembre 2003, la Parmalat doveva onorare il bond da 150 milioni di Euro emessi dalla società. L’amministratore straordinario Enrico Bondi si impegnò alla restituzione per il 15 dicembre, ma nell’estinguere il debito, trovò un buco di 80 milioni. Migliaia di risparmiatori che avevano affidato ai titoli Parmalat le loro speranze persero tutto. Ancora oggi, le autorità vanno alla ricerca di beni imboscati da Tanzi, con cui risarcire le vittime del crac. Di recente, sono riapparsi alcuni quadri nascosti in un caveau. Lo scorso anno ha fatto scalpore la condanna a 150 anni di carcere per Bernard Madoff, già presidente della Nasdaq, la National Association of Securities Dealers Automated Quotation («Quotazione automatizzata dell’Associazione nazionale degli operatori in titoli»), che dal 5 febbraio 1971 costituisce il primo mercato bor- Crac, si gira e rigira l’eterna stangata Piccola storia delle grandi truffe, da Parmalat a Fastweb sistico mosso da una rete di computer. Madoff è stato l’artefice di una frode da 50 miliardi di dollari. Su di lui, vennero avviate indagini della magistratura e del FBI. Ne emerse una piramide finanziaria, il cosiddetto «schema Ponzi», così denominato da Charles Ponzi, un emigrato italo-americano che lo attuò per primo, acquisendo la fama di grande truffatore. Il trucco è risaputo. Si promettono guadagni facili e immediati al di fuori dei circuiti normali e sottoposti alle normali procedure. L’autore della truffa si impegna a restituire i soldi anche se andasse in perdita. Alcuni ci cascano e recuperano le somme con buoni interessi. Il truffatore ha potuto farlo rimettendoci o stornando fondi altrui. Ottenuta una buona nomea, può abbindolare nuovi clien- ti. I quali gli versano fiduciosi del denaro che immancabilmente non riotterranno mai più. Bernard Madoff, oltre alla Investment Securities Llc, guidava una società parallela fraudolenta con la quale aveva edificato una piramide finanziaria che gli aveva fruttato introiti da Paperon de’ Paperoni. Peccato non bastassero ad esaudire le legittime aspettative dei poveracci che confidavano in lui. Milioni di risparmiatori hanno visto dunque volatilizzare il proprio sudatissimo denaro. L’avvento delle televisioni private ha aperto nuove frontiere alla frode. Prima ancora delle televendite di Wanna Marchi, si devono ricordare l’ascesa e caduta di Giorgio Mendella, con Retemia. Rilevati i ponti di Tele Elefante della famiglia Marcucci, l’imprenditore di Monza, naturalizzato viareggino, parte con un proprio network nel quale, oltre all’informazione e programmi di approfondimento predominano le televendite. Mendella convince i telespettatori ad investire nelle società da lui controllate, e si avvale di testimonial come Alberto Sordi, Nino Manfredi, Marta Marzotto, Ugo Tognazzi, Michele Placido, Gina Lollobrigida, Gino Bartali, naturalmente risultati in buona fede ed estranei agli avvenimenti successivi. Il proprietario di Retemia disperde il denaro ricevuto in imprese disinvolte che lo portano a subire una condanna per bancarotta fraudolenta da parte del Tribunale di Lucca nel 1999. La parabola ha ispirato lo scrittore Sandro Veronesi per Ennio Miraglia, LA PROPOSTA, DOPO IL CASO DI TORINO CON I COMPITI DEGLI ASPIRANTI AVVOCATI BARESI ZEPPI DI ERRORI. NON È UNA QUESTIONE GEOGRAFICA, MA DELLA FORMAZIONE UNIVERSITARIA La Legge non può essere solo orale Chi indossa la toga sappia usare la penna. Richiamo all’Ordine: esami scritti a Giurisprudenza di GIOVANNI PASCUZZI N ei giorni scorsi hanno suscitato molto clamore le dichiarazioni rilasciate ai giornali da un componente della Commissione che a Torino sta correggendo i compiti scritti degli aspiranti avvocati baresi. Secondo il commissario, negli elaborati ci sarebbe una presenza diffusa di errori grammaticali e di ortografia. A ben vedere, il problema non è una novità assoluta. Mesi fa la stampa nazionale segnalò che al concorso per l’accesso alla magistratura era stato ammesso agli orali un numero di persone inferiore a quello dei posti messi a concorso proprio a causa di palesi insufficienze nell’italiano scritto. È appena il caso di sottolineare che in quel caso commissari provenienti da tutta Italia giudicavano candidati di ogni regione, a dimostrazione che il problema non ha connotazioni geografiche. Dobbiamo arrenderci a questa realtà? Il fatto è che le facoltà di Giurisprudenza italiane (salvo lodevoli eccezioni) sono pervicacemente «orali». Sono rari i casi in cui gli studenti vengono chiamati a redigere un testo scritto: anche gli esami si svolgono nella forma del colloquio (interrogatorio) orale. Cosicché di regola i ragazzi giungono a cimentarsi con la stesura della tesi di laurea avendo come ultima esperienza di scrittura il compito di italiano all’esame di maturità. Eppure il giurista, di volta in volta, deve scrivere leggi ben congegnate, sentenze ed atti di TOGHE «Gli avvocati scrivano meglio» parte correttamente motivati, contratti finemente strutturati, e così via. Molti avvocati, con impegno prossimo alla dedizione, tanto a Bari che a Torino, danno vita alle Scuole forensi attive nelle due città, animati dal disinteressato desiderio di formare futuri bravi professionisti. È evidente, però, che eventuali lacune difficilmente possono essere colmate nella formazione post lauream. Si consideri, inoltre, che il ragionamento giuridico è anche un problema di costruzione del testo: di fronte alla necessità di riempire un foglio bianco, non solo non si dimentica la grammatica appresa a scuola, ma si impara più efficacemente a «ragionare di diritto». Scrivere bene (nella forma e nei contenuti) è una abilità. E le abilità si apprendono attraverso l’esercizio. Gli studenti di Giurisprudenza devono scrivere di più. Occorre introdurre, almeno per alcuni insegnamenti, prove di esame scritte. Ma è necessario anche pensare a forme di didattica innovativa (da affiancare alla lezione frontale) utili a far apprendere le abilità, tra le quali la scrittura. Posso testimoniare personalmente l’attenzione che i Presidenti degli Ordini degli avvocati di Bari e Torino prestano al tema della formazione dei giovani. Forse potrebbero farsi congiuntamente promotori di una iniziativa volta a pretendere che nei percorsi didattici delle Facoltà di Giurisprudenza italiane si presti maggiore attenzione alle abilità connesse alla scrittura.