Diritti umani e fenomenologia dello Stato in Edith Stein

Transcript

Diritti umani e fenomenologia dello Stato in Edith Stein
LUISA AVITABILE
Diritti umani e fenomenologia dello Stato in Edith Stein
1.L‟itinerario per arrivare a discutere di una fenomenologia del diritto nell‟opera di Edith
Stein (1891-1942) è tracciato dallo scritto Una ricerca sullo Stato (1925), influenzato dagli
studi del filosofo del diritto Adolf Reinach, suo interlocutore speculativo, corredato dalla II
parte di Psicologia e scienze dello spirito che rappresenta l‟anello di congiunzione tra lo
studio sull‟empatia (Einfühlung) – elaborato per la tesi di laurea – e la questione dello Stato di
diritto. Le tre opere rappresentano una il complemento fenomenologico dell‟altra. Lo studio
sull‟empatia prefigura una comunità di persone destinata a trovare una realizzazione storica
nello Stato che diventa Stato di diritto, non perché deputato formalisticamente ad essere
legislatore, ma perché formalizzazione storica degli a priori del diritto puro. Da parte sua, lo
studio Psicologia e scienze dello spirito tratteggia un anello di congiunzione tra le possibilità
di costruzione di uno Stato e la comunità giuridica a statuto empatico, dettato dallo spirito
della relazione interpersonale.
L‟ambiente filosofico steiniano è intriso della cultura di fine Ottocento1, periodo in cui
Husserl si circonda di un gruppo di lavoro composto non solo da studiosi quali Reinach e
Heidegger, ma anche da alcune studiose, come Stein stessa. In realtà, il circolo
fenomenologico è il lascito di Th. Lipps: in origine i componenti del gruppo erano appunto
allievi di Lipps, dal quale si allonteranno per le divergenze con Husserl2. La filosofia
husserliana si emancipa da un concetto di mondo basato soprattutto sulle scienze della natura,
cercando di attribuire significato al concetto di intuizione – sino a giungere ad un potenziale
isolamento della dimensione „ideale‟ e quindi all‟intuizionismo, critica che gli rivolgeranno
peraltro alcuni tra i suoi allievi. La fenomenologia husserliana assume lo specifico significato
di attribuire «ad ogni tipo di oggetti …, conformemente alla loro natura, il loro modo di essere
“presente in persona” per la nostra coscienza, a differenza della mera intenzione e della
coscienza riproduttiva più o meno oscura»3.
Da parte sua, l‟opera di Stein, feconda per una costruzione del concetto fenomenologico di
diritto, non diretta certo ad un‟archeologia della ricerca fenomenologica né ad una
ricostruzione storica del suo fondamento, non è indifferente a questa atmosfera culturale,
vissuta insieme agli studiosi a lei più vicini, permeata dalle dinamiche tra scienze della natura
e scienze dello spirito con pretese di primato da parte delle prime. In questa atmosfera
culturale attraversata da un‟imponente attività speculativa, Husserl – insieme ai suoi allievi –
si pone come spartiacque di una sorta di eredità del foro dei saperi, sottolineando l‟autonomia
della ricerca filosofica, intesa come itinerario fenomenologico, al quale Stein attinge
1
Tra le letture più strettamente giuridiche di Stein si sottolineano C. F. GERBER, Juristische Abhandlungen, Jena,
1878; E. BERNATZIK, Die juristische Personlichkeit der Behorden: zugleich ein Beitrag zu theorie juristischen
Personen, Freiburg i. B., 1890; R. KJELLÈN, Der Staat als Lebensform, Berlin, 1924; G. JELLINEK, Allgemeine
Staatslehere, Berlin, 1929.
2
M. THEUNISSEN, Der Andere, p. 4; «Lo sviluppo della fenomenologia di Husserl è connesso con la reazione al
naturalismo dominante la fine del secolo XIX», L. LANDGREBE, Itinerari della fenomenologia, p. 201.
3
L. LANDGREBE, Itinerari della fenomenologia, p. 202; W. SCHULZ, Philosophie in der veränderten Welt,
Pfullingen, 1972, p. 25; C. FABRO, Linee dell’attività filosofico-teologica della beata Edith Stein, p. 196.
Diritti umani e fenomenologia dello Stato in Edith Stein
costantemente, con una sua originalità che la farà arrivare alla questione della differenza tra
diritto puro e diritto positivo.
Nello scenario appena descritto matura la sua statura di studiosa impegnata a interpretare,
leggere, elaborare, annotare gli scritti di von Hildebrand, di Ingarden, di Heidegger, di H.
Conrad-Martius, di Hering e di Reinach come emerge dal suo carteggio proprio con R.
Ingarden dal quale si evince peraltro il suo disagio, ma anche la profonda lealtà, nei confronti
del maestro ritenuto un „idealista‟4.
Per la sua vicinanza a Reinach, per l‟opera specifica sul diritto Una ricerca sullo Stato, ma
anche per il senso attribuito al concetto di giuridicità – suscitando tuttavia meno attenzioni di
altre figure come Simone Weil e Hannah Arendt5, nonostante la proficua produzione
scientifica – può essere presentata come un modello nella fenomenologia del diritto. Per
ragioni diverse, e seguendo percorsi differenti, Weil e Arendt hanno attirato l‟attenzione
sull‟attività filosofica intrapresa suscitando così un interesse per i loro scritti. La figura di
Stein solo di recente ha conosciuto invece una qualche fama legata prioritariamente alla sua
vicenda spirituale, mentre è rimasta per lungo tempo inesplorata la mole delle sue opere in cui
ha saputo sapientemente coniugare il livello scientifico dei suoi studi, a volte condizionati
dalla sua incostanza, e la storia tragica del Novecento6.
Discutere dei diritti umani con e attraverso le parole di Edith Stein potrebbe sembrare
un‟impresa anacronistica. Guardare con gli occhi di una donna – seppure da un punto di
osservazione privilegiato come quello della studiosa – degli anni „20 alla condizione
femminile è opera gravosa oltre che impegnativa. Stein, attraverso l‟elaborazione del metodo
fenomenologico e le esperienze della Germania di fine Ottocento, si pone come «fautrice dei
diritti delle donne»7, affermando peraltro una propria autonomia intellettuale marcata senza
dubbio dal lavoro del cosiddetto circolo dei fenomenologi8.
È Stein stessa a chiarire nella sua biografia che negli anni Dieci il suo interesse è diretto
soprattutto alla condizione della donna, è per questo motivo che sceglie di frequentare alcune
associazioni femminili: l‟associazione per la riforma della scuola, un‟associazione studentesca
e l‟associazione prussiana per il diritto di parola alle donne diretta a qualificare innanzitutto
4
Interessante sotto il profilo della ricostruzione della rete di rapporti scientifici il carteggio tra Edith Stein e
Roman Ingarden che va dal 1917 al 1938, Lettere a Roman Ingarden 1917-1938; vd. anche M. MÜLLER,
Erfahrung und Geschichte, Freiburg-München, 1971, p. 510 «Ich erinnere and en Enthusiasmus der Goettinger
Schüler, an die sogennante Frühphänomenologie Adolf Reinachs, Dietrich von Hildebrands, Hedwig ConradMartius‟, Alexander Pfänders, Koyrés, Roman Ingardens und Edith Steins. Diese Begeisterung der Göttinger
Frühphänomenologen lebte aus der Ueberzeugung: wir kommen weg vom Subjektivismus, von der Deduktion,
vom Konstruktivismus, von der Abstraktion – hin zum vollen Schauen und Sehen der Sachen selbst».
5
I loro lavori sono stati tra l‟altro oggetto di studio ampio ed approfondito da parte della filosofia del diritto cfr.
A. CATTANEO, Simone Weil e la critica dell’idolatria sociale, Napoli, 2002; T. SERRA, Virtualità e realtà.
Ermeneutica, diritto e politica in H. Arendt, Torino, 1997. Per completezza cfr. S. WEIL, Riflessioni sulle cause
della libertà e dell’oppressione sociale, Milano, 1983, in part. p. 74 e ss.; H. ARENDT, Antisemitismo e identità
ebraica, Milano, 2002, p. 72 e ss.
6
Tra gli studi filosofici di Edith Stein tradotti in italiano si ricordano Il problema dell’empatia, Roma, 1985; La
donna – Il suo compito secondo la natura e la grazia, Roma, 1987; Introduzione alla filosofia, Roma, 1998;
Essere finito e Essere eterno, Roma, 1988; Una ricerca sullo Stato, Roma, 1999; La struttura della persona
umana, Roma, 2000. Mentre tra le opere non strettamente filosofiche: ‘Scientia crucis’. Studio su San Giovanni
della Croce, Roma, 1996; Natura persona mistica. Per una ricerca cristiana della verità, Roma, 1997; La vita
come totalità. Scritti sull’educazione religiosa, Roma, 1999. Cfr. H. ROMBACH, Edith Stein, christliche
Philosophie unserer Zeit, Anzeiger für Katholische Geistlichkeit, 59, 1950.
7
H.-B. GERL, Edith Stein. Vita filosofia mistica, Brescia, 1998, p. 11. per un‟ampia panoramica sulla questione
vd. anche C. F. EPSTEIN, Women in Law, Chicago, 1993; J. HEIMPEL, Il rapporto tra la persona e la comunità
nella visione cristiana di Edith Stein, Roma, 2005, p. 41.
8
Vd. Supra. Cfr. anche G. VON LE FORT, Die ewige Frau, München, 1963.
2
Diritti umani e fenomenologia dello Stato in Edith Stein
l‟uguaglianza politica femminile. Queste forme di unione a stampo femminile hanno come
comune denominatore la realtà della donna in un particolare momento storico come quello
tedesco del tempo, considerata in un contesto in cui la sua soggettività non ha ancora
raggiunto la piena titolarità giuridica al pari del soggetto maschile.
Nel quadro di un impegno „a favore‟ della donna, ma in realtà in un‟attività tesa a
difendere anche il ruolo sociale del soggetto femminile attraverso l‟inaugurazione di un
momento storico di svolta per l‟acquisizione di diritti, la donna percepisce l‟inevitabilità del
raggiungimento di uno status giuridico pienamente soddisfacente sotto il profilo
dell‟uguaglianza per la difesa del soggetto di diritto in quanto tale e non motivato dalla
specificità di essere-femminile e/o essere-maschile. In questa prospettiva, Stein rappresenta,
per la sua opera scientifica e per il suo impegno pragmatico, la testimonianza più diretta delle
difficoltà della donna connesse alla pretesa di un pieno riconoscimento giuridico, anche in
virtù della dolorosa circostanza personale che la stessa carriera accademica, come sottolinea
Husserl in una lettera alla stessa del 6 febbraio 1919, non è aperta alle donne; fino agli anni
Trenta vive, soffrendone appunto sotto il profilo della carriera, la sua condizione di donna non
dotata di uno status uguale a quello maschile; mentre dagli anni Trenta è costretta a subire i
rifiuti – nell‟ambito professionale come in quello politico – legati alla sua discendenza
ebraica.
L‟attività di Stein non si rivela inutile: l‟apertura giuridica, sociale e politica nei confronti
del mondo femminile si concretizza con un decreto del 1920 da parte del ministro prussiano
Carl Becker al quale aveva, tra l‟altro, rivolto espressa richiesta in tal senso9.
Per formazione, per cultura e per scelta l‟atteggiamento di Stein non è mai animato da
un‟aggressività distruttiva diretta al mondo maschile. Il metodo fenomenologico, l‟empatia,
l‟apertura incondizionata all‟umanità, in quanto comunità di esseri umani e non in quanto
„maschio‟ o „femmina‟, eliminano ogni equivoco dall‟orizzonte delle possibilità di arrivare
finalmente ad una profonda riflessione su una condizione, come quella femminile, che si è
storicamente presentata subordinata nella differenziazione delle culture, dei popoli e delle
civiltà. Nel suo lungo percorso verso l‟emancipazione, la donna ha assunto – di volta in volta
– ruoli sociali di rafforzamento e di complementarità della struttura familiare, esteriorizzata
anche attraverso un habitus, si dovrebbe definire „impegno‟, che subisce una sorta di
evoluzione nel corso degli ultimi secoli: il ruolo di pedagoga10. Per alcuni versi si può
affermare che il ruolo della donna si è ridotto ad una condizione pedagogica non riconosciuta,
9
E. BOEDEKER-M. MEYER-PLATH, 50 Jahre Habilitation von Frauen in Deutschland. Eine Dokumentation
ueber den Zeitraum von 1920 bis 1970, Göttingen, 1974: la prima donna abilitata fu Adele Hartmann,
un‟istologa.
10
L‟opera di Edith Stein, La donna, cit. è composta da otto saggi sul tema femminile. Raccoglie, tra l‟altro, le
sue passate esperienze come insegnante nel liceo femminile di Breslavia, nelle magistrali e nell‟Istituto delle
domenicane a Speyer, inoltre nell'Istituto Tedesco per la Pedagogia Scientifica a Münster. L‟ordine che
accompagna la strutturazione dell‟opera non è cronologico, ma sostanziale nel senso che sono scritti diretti a
presentare la reale figura della filosofa nei rapporti con le sue educande. Per completezza si segnala l‟ordine dei
saggi: Ethos della professione femminile, tenuto al raduno annuale dell‟Associazione Accademica Cattolica (30
agosto 1930); Vocazione dell’uomo e della donna secondo l’ordine della natura e della grazia (1931); Vita
muliebre cristiana, tenuto per l‟Organizzazione delle Donne Cattoliche a Zurigo (gennaio 1932); Fondamenti
per l’educazione della donna, tenuto in una conferenza per il Comitato Educativo della Federazione delle donne
cattoliche a Bendorf sul Reno (8 novembre 1930); Problemi dell’educazione della donna, lezioni tenute
all‟Istituto Tedesco per la Pedagogia Scientifica (semestre estivo 1932); Compito della donna di guidare la
gioventù alla Chiesa, relazione tenuta ad una conferenza ad Augusta (1931); Valore particolare della
femminilità nel suo significato per la vita del popolo, relazione tenuta all‟adunanza generale a Ludwigshafen per
la Federazione delle Maestre Cattoliche di Baviera (12 aprile 1928); Compiti delle accademiste cattoliche di
Svizzera, conferenza tenuta a Zurigo (1932).
3
Diritti umani e fenomenologia dello Stato in Edith Stein
per altri bisogna precisare però che proprio la donna è stata oggetto di una formazione poco
approfondita, che per lungo tempo l‟ha vista dedita ad attività e studi non legati per esempio
al mondo scientifico; al contrario, nell‟esercizio di questa sua attività di educatrice, la donna è
chiamata a formare generazioni di uomini e donne pur non avendo ricevuto essa stessa, per
secoli, un‟educazione adeguata e soprattutto completa.
Sollevando il velo su ciò che non si dice della condizione femminile, Stein avvia una
discussione sui reali diritti della donna, senza violare quell‟ethos vocazionale tipico costituito
dalla ricerca di armonia dei diversi elementi che compongono la situazione familiare e
sociale. Così accanto al ruolo di pedagoga diventa rilevante la sua funzione di equilibrio e di
complementarità con l‟uomo, quasi che la società veda nella figura femminile un destino di
educatrice. In questo l‟opera fenomenologica di Stein avverte di dover trascendere la dualità
maschio-femmina per rivolgersi al genere umano, all‟essere-uomo in quanto umanità e non in
quanto coazione da ricondurre alla separazione differenziale e riduttiva dei due generi11.
In ogni caso, la questione femminile viene affrontata non solo in modo sistematico –
per via della trattazione in una sua opera fondamentale La donna. Il suo compito secondo la
natura e la grazia, raccolta di saggi intensi ed impegnativi diretti ad illustrare lo status ma
anche le possibilità intrinseche al ruolo della donna – ma anche in modo critico, nel momento
in cui la discussione verte sui parametri della natura vocazionale al sacerdozio12.
Ad una prima lettura sembra di vedere una giustificazione del sacerdozio come
prerogativa maschile, ma si tratta di un modo per porre il problema e discuterlo in modo
analitico e non privo di ragionevolezza. Emerge senza dubbio l‟impegno profuso nelle lezioni
tenute nell‟Istituto di Pedagogia Scientifica nel semestre estivo del 1932 e l‟importanza delle
sue analisi nella psicologia differenziale. Sotto il profilo storico e sul versante della cronaca,
questi saggi rappresentano il risultato dell‟attività didattica alla quale Stein si era dedicata al
di fuori dell‟università; si tratta di lezioni tenute di volta in volta presso l‟istituto Santa Maria
Maddalena delle Domenicane a Speyer, presso l‟Istituto Tedesco per la Pedagogia Scientifica
a Münster e per le Unioni Cattoliche di maestre e accademiste. La raccolta delle lezioni, la
limatura scientifica costituiscono l‟impegno13 in direzione di un‟opera complessa e
problematica che non ha la presunzione di costituire un modello, ma è considerata come una
delle tappe nel suo percorso scientifico-fenomenologico che ripercorre le difficoltà della
condizione della donna attraverso una sorta di armonizzazione – a volte scelta altre volte
imposta – con la condizione dell‟uomo. Il cammino di Stein, nella storia dei diritti delle
donne, non è un percorso solitario; la sua vicinanza ad Helena Lange che aveva combattuto
nel 1896 affinché anche le ragazze conseguissero la maturità nelle scuole di Amburgo, dove
risiedeva, e proprio nella direzione di una riappropriazione dei diritti, la porta ad un tentativo
di rifondazione dell‟immagine femminile, non più aderente alla figura di regina del focolare,
ma autonoma nella sua condizione di equiparazione giuridica all‟uomo, emancipata sia
rispetto a modelli naturalistici che rispetto a paradigmi determinati a priori.
La virata rispetto al quieto sonno di altre donne si ha in modo concreto negli anni
Trenta, viene marcata anche dalle discussioni e dalle frequentazioni di Stein con Gerda
11
Per un approfondimento della questione del „genere‟ nel post-moderno vd. J. LORBER, Sesso e genere, Milano,
1999.
12
Interessante e a tratti ingenuo di E. CADY STANTON, The Women’s Bible, 2 voll. New York, 1895-1897.
13
Il filo(sofare) di Arianna. Percorsi del pensiero femminile nel Novecento, (a cura di A. ALES BELLO F.BREZZI),
Milano, 2001, pp. 31-38; A. ALES BELLO, Sul femminile. Scritti di antropologia e religione, Troina, 2004; AA.
VV., Il diritto tra uguaglianza e differenza di genere, Torino, 2005, pp.143-161.
4
Diritti umani e fenomenologia dello Stato in Edith Stein
Walther – altra allieva di Edmund Husserl14 – studiosa molto attiva, nella prima parte della
sua vita, nel movimento femminista e soprattutto fenomenologa dai molteplici interessi sia
politici che strettamente personali e religiosi diretti alla mistica15. Queste frequentazioni
provocano un interesse tale in Stein da sollecitarla ad approfondire la dimensione femminile
sino ad affrontare la questione dei diritti delle donne, in direzione dei limiti dati a questi dalla
stessa o dalla sola condizione di essere-donna. Si muove su un filo che è sempre a metà tra la
sua attività di docente e quella di donna, tra il profilo strettamente scientifico dei suoi testi e
quello divulgativo. Non è inappropriato affermare che la discussione sul mondo femminile
deriva proprio dal suo ruolo e dalla funzione di docente che le impongono di scontrarsi, a un
certo punto, con una dimensione costituita da limiti a cominciare dal suo assistentato presso
Husserl a Friburgo, di fatto Stein viene esclusa dall‟attività di docenza, non vi sono elementi
chiarificatori in merito, ma certo è pesato – come non si è mancato di affermare – negli
ambienti accademici di quegli anni la sua condizione di donna ed ebrea.
2. Riprendendo l‟espressione steiniana del „diritto incentrato sul concetto di persona‟16, ne
deriva che essa è inizio e fine – nel senso di fonte e rinvio – del diritto vigente, perché l‟atto di
promulgare le leggi rinvia istituzionalmente al soggetto-legislatore in quanto persona che
legifera nei confronti di altre persone. La persona del legislatore concentra su di sé diritti e
doveri che non appartengono alla sua mera funzione ma alla terzietà di legiferare – alla
statalità, radicata nella comunità spirituale.
La struttura dello Stato coinvolge il nucleo costituito dalla comunità di persone ed è
impegnata anche a che non ci siano ragioni per venir meno alla promessa che i soggetti si
sono scambiati. La persona17 – le persone – è la condizione imprescindibile per procedere da
un‟idea di diritto ad una sua reale istituzione e realizzazione attraverso la codificazione dello
ius positum.
Il concetto di persona non è legato a ragioni di nascita, alla fattualità, quindi a semplici
procedure di riproduzione, ma ad un rapporto considerato filiativo, infatti il vivere non si
identifica con l‟esistere della persona; nella sua accezione di persona, l‟uomo trascende la
propria natura biologica e la propria animalità per proporsi diversamente nell‟interpretazione
e nell‟elaborazione della storia esistita, del capitale simbolico e nell‟istituzione del diritto
attraverso la costituzione della comunità nelle sue forme storiche.
L‟idea della persona e della comunità nasce e viene coltivata nell‟opera di Edith Stein
grazie alle sua frequentazioni con gli studiosi del circolo dei fenomenologi e in virtù di sol14
Per un approfondimento della figura di G. Walther vd. A. ALES BELLO, Fenomenologia dell’essere umano.
Lineamenti di una filosofia al femminile, Roma, 1992, pp.67-70. pp.133-150.
15
La mistica è stata, per lungo tempo, un terreno fertile per le donne, perlomeno per l‟assimilazione profonda
della Scrittura, tra le mistiche è utile ricordare Teresa d‟Avila che una profonda influenza ebbe su Edith Stein.
Per il periodo risalente vd. Mistici del XIV secolo, (a cura di S. Simoni), Torino, 1972.
16
Vd. anche M. SCHELER, Il formalismo nell’etica e l’etica materiale dei valori, p. 637 «La persona collettiva o
associativa non si compone unicamente di persone singole, come se la loro somma costituisse il presupposto;
non è nemmeno la risultante d‟un mero rapporto d‟interazione tra persone singole, né è, sul pano soggettivo e
gnoseologico, il risultato d‟una sintesi operata grazie ad un‟arbitraria raccolta. Essa è una realtà direttamente
vissuta, non un‟entità artificiosa, pur essendo un punto di riferimento per ogni tipo di entità artificiali». Vd.
anche P. L. LANDSBERG, Persona, verità e agire storico, in ID., Scritti filosofici, Cinisello Balsamo, 2004, p. 387
e ss.
17
Per un approfondimento sull‟attualità del concetto di persona D. PARFIT, Ragioni e persone, Milano, 1989. Per
il concetto di persona in E. Stein vd. C. BETTINELLI, Identità di genere e cultura delle libertà in AA.VV., Vite
attive. Simone Weil, Edith Stein, Hannah Arendt, Roma, 1997, p. 44 e ss. Fondamentale il contributo di M.
THEUNISSEN, Der Andere, p. 431 e ss.
5
Diritti umani e fenomenologia dello Stato in Edith Stein
lecitazioni speculativamente determinanti come quelle di Max Scheler18. Alla base dello
sviluppo e dell‟istituzione del diritto e della comunità vi è il rapporto interpersonale
specificato dal riconoscimento degli esseri umani tra di loro in qualità di soggetti, il che
significa distacco ed emancipazione da un rapporto naturale biologico. Nel momento in cui
l‟uomo elabora la dimensione della forza, evidenzia la sua intenzionalità che lo differenzia
nelle caratteristiche di soggetto. È noto che l‟individuazione specifica della persona viene
fatta risalire a Boezio. In questa sede sembra inappropriato arrivare a definire una storia della
persona, però appare opportuno ricordare, ad esempio, la direzione dell‟opera di M. Buber –
la differenza, certo non implicita, tra persona intesa come tu e persona intesa come esso o
come si direbbe, al di fuori de Il principio dialogico, tra qualcosa e qualcuno19.
Per la questione del giuridico e, quindi, della rappresentazione di esso attraverso le norme e
in linea con il metodo fenomenologico nasce la questione relativa alla fenomenologia della
persona. Le riflessioni di Edith Stein portano a considerare che l‟uomo esercita i propri diritti
proprio nella sua struttura di persona: diventa questo l‟assunto fondamentale nell‟orizzonte di
senso della genesi fenomenologica della comunità intersoggettiva empatica. Persona è dunque
un concetto che non viene usato da Stein in modo formale20; persona è l‟ente che presuppone
una relazione: essere persona non significa essere unici ed irripetibili da soli, ma essere tali in
un ambito riconoscitivo reciproco (cum), attraverso l‟aspetto dell‟empatia, non lasciato al
sentire emozionale istintivo, ma regolato dalla genesi dell‟empatia che è la relazione di
riconoscimento.
Nella dimensione empatica, riconoscere l‟alterità significa considerarla in quanto
soggettività e quindi in quanto persona. La persona, nella sua struttura, ha tratti inequivocabili
che si differenziano da quelli degli animali o delle piante: l‟uomo può anche scegliere di
essere disumano, applicare la legge della violenza delle stragi ad altri uomini ed in questo
costituirsi come esempio negativo in nome di un‟ideologia, di una visione biologica, di una
politica calcolante. Tuttavia, solo l‟uomo è in grado di attualizzare e realizzare la propria
disumanità, ma anche di colpirla e sanzionarla attraverso la produzione di norme, nei
confronti dei suoi simili. Percepire la negatività come ingiustizia appartiene, infatti, solo
all‟uomo, perché solo questi „concependo‟ la giustizia può rispettarla o violarla; gli animali
non la „concepiscono‟ e dunque non hanno la possibilità di violarla.
La fenomenologia della persona sottolinea allora che l‟uomo non si identifica con nessun
altro fenomeno, così come nessun soggetto si identifica con ciò che è o appare essere. Ogni
uomo, come individuo, è una persona. „Persona‟ è innanzitutto chi vive emancipandosi dalla
condizione naturalistica del nascere, si tratta della persona che ha „coscienza‟, aspira, vuole,
sa, pretende, ha un‟attesa di senso. Questa è una possibilità definitoria che implica alcune
distinzioni. Innanzitutto, la persona non è tale in quanto persona ma, secondo l‟idea della
comunità ascrivibile a Stein, in quanto pluralità di persone, infatti la relazione con l‟altro è
uno degli elementi costitutivi della persona stessa. Nell‟ambito della comunità l‟uomo –
proprio nel suo essere persona – è parte di un tutto, di un idem sentire (che equivale a dire:
guardare nella stessa direzione) definito da Edith Stein „comunità‟ (Gemeinschaft), quindi è
nella libera decisione dell‟uomo, in quanto persona, riconoscere o disconoscere i suoi simili.
18
M. SCHELER, L’eterno nell’uomo, p. 180; E. Husserl, L’idea di Europa, Milano, 1999, p.65.
La specificazione è di R. SPAEMANN, Persone, Roma-Bari, 2005, p. 31 e p. 40: «Persona è qualcuno, non
qualcosa, non la pura istantaneizzazione di un‟essenza, indifferente a questa sua istantaneizzazione»; vd. anche
M. BUBER, Il principio dialogico e altri saggi, Cinisello Balsamo, 1993, p. 85 e ss. C. FABRO, L’io e l’esistenza,
p. 111 e ss.
20
Le sue letture di Heidegger portano a ricordare che solo „l‟uomo è formatore di mondo‟.
19
6
Diritti umani e fenomenologia dello Stato in Edith Stein
A sua volta, il mondo della persona è costituito da istituzioni, situazioni, decisioni e atti
ascrivibili al diritto, alla morale, all‟empatia, al dolore, al ricordo, al perdono. Quanto al
diritto, solo nella persona l‟ingiustizia può essere equiparata ad una scelta, quindi commettere
un atto ingiusto appartiene alla persona in quanto capace di esteriorizzare la propria interiorità
quindi fare esperienza di sé, trascendendosi, così come la stessa ingiustizia fa parte del vasto
campo delle scelte. La persona ha una vita cosciente che si manifesta attraverso l‟intenzionalità
che rappresenta la struttura21. Non la memoria biologica, ma il ricordo costituisce la concretizzazione della temporalità22, esso si riallaccia al passato e lo unisce al presente che rappresenta,
nella sua dinamicità, una delle possibilità dell‟atto empatico e quindi della possibilità del
pentimento.
Ne deriva allora che solo l‟uomo è capace di trascendenza, di riflessione e di
autoriflessione, di prendere posizione rispetto al suo ambiente e quindi di avere coscienza
della propria nascita e della propria morte, di trascendere il diritto positivo (legale) per
impegnarsi in una lotta per il giusto23. Il che significa ancora una volta riflettere sulla
questione della temporalità che diventa un movimento esistenziale tra dentro e fuori, tra
interiorità ed esteriorità. Il tempo per la persona non è un mero accadimento cronologico, ma
è teso a rendere storico il vissuto dell‟uomo quindi ad attribuire un senso al vivere.
Allora, dire della persona significa esprimersi sulla personalità, sulla libertà, sulla responsabilità, sul diritto. Questo porta Stein a discutere, nell‟ambito della sua fenomenologia,
della formazione dello Stato, della personalità di uno Stato costituito da una struttura
composita di persone. Le persone in comunità rappresentano l‟astrazione di una personalità in
un determinato spazio e tempo. Ciò che le persone hanno in comune non è solo il fatto di
essere uomini, ma quello di occupare uno spazio condiviso che diventa uno spazio reale e non
generico. La realtà giuridica appartiene al modo di essere della persona che esiste, esercita la
sua libertà e che riconosce gli altri posti su un terreno comune che è quello della
communicatio, in quanto comunità situata in un tempo culturale ed in uno spazio politico. La
personalità ha pertanto una sua struttura che è principalmente una struttura di reciprocità nel
riconoscimento24 e nell‟ascolto attraverso l‟empatia, rinunciando a trattare l‟altro come
coralità senza volto; la comunità implica proprio questo abbandono e il riconoscimento
dell‟alterità come reale e non virtuale o come finzione di una realtà rappresentata dall‟altro. In
essa transitano i contenuti di un linguaggio che, in seno alla comunità, si va facendo
„discorso‟ nello spazio della spiritualità che sorprende sempre in virtù della sua non
calcolabilità, fa palesare nell‟altro una sorta di meraviglia e di stupore dove la persona avverte
di poter esercitare la libertà nel rapporto con l‟altro misurato dalla responsabilità. Allo stesso
tempo il linguaggio plurivoco delle parole si concede all‟altro in uno spazio ermeneutico che
rinvia all‟incondizionatezza del diritto puro.
Le relazioni intersoggettive, in quanto relazioni di riconoscimento, sono dirette a percepire
l‟altro come persona, uomo, soggetto, essere, quindi come portatore di diritti e di doveri, ed è
proprio la circolarità intersoggettiva – ma non la chiusura – del riconoscimento come persone
21
E. HUSSERL, Idee, p. 205 e ss. «La corrente dei vissuti è un‟unità infinita, e la forma della corrente è una
forma che necessariamente abbraccia tutti i vissuti di un io puro – una forma con diversi sistemi di forme». In
seguito enuncia la legge essenziale «secondo cui ogni vissuto fa parte di una connessione di vissuti
essenzialmente in sé conclusa, non soltanto dal punto di vista della successione temporale, ma anche da quello
della simultaneità».
22
E. HUSSERL, Meditazioni cartesiane, p. 100.
23
K. JASPERS, Filosofia, II, in part. le situazioni-limite.
24
In part. cfr. B. ROMANO, Riconoscimento e diritto. Interpretazione della filosofia dello spirito jenese (18051806) di Hegel, Roma, 1975. Per ulteriori ricerche M. THEUNISSEN, Der Andere, p. 209 e ss.
7
Diritti umani e fenomenologia dello Stato in Edith Stein
che costituisce la base per la reciprocità universale ed incondizionata, attraverso l‟istituzione
dell‟ordinamento giuridico.
3. Tra gli elementi costitutivi dello Stato, Stein attribuisce una rilevanza fondamentale al
concetto di cultura che nel diritto prefigura e avvia la ormai nota differenza tra diritto positivo
e diritto puro. Lungo le coordinate dell‟analisi fenomenologica del diritto la nozione di cultura
trova un suo riscontro nel concetto più diffuso di popolo, e di comunità spirituale da non
confondere con il Volksgeist25; la motivazione differenziale è data proprio dal fatto che lo
statuto di Gemeinschaft muove dall‟a priori derivante dalla coesistenza interpersonale che,
come si sa, è costituita dal riconoscimento a statuto empatico. Lo studio della pluralità delle
forme di associazione serve a Stein proprio per dimostrare come l‟unità spirituale non si
ravvisa nell‟omologazione o nell‟uniformità delle culture, né in particolari forme di aggregazione transitorie; al contrario, la pluralità e la differenziazione culturale sono da
considerare in condizioni di parità, senza nessun bisogno di concretizzare una procedura
gerarchizzante che veda alcune produzioni culturali egemoni rispetto ad altre. Deriva proprio
da questa riflessione, ritagliata sui profili fenomenologici a statuto esistenziale, la necessità di
indagare, da ora in avanti, in modo capillare i concetti di cultura e di Stato di diritto,
collegandoli a quello di spiritualità.
In realtà, discutere di spiritualità equivale a porre in primo piano la questione della
personalità comunitaria di un popolo, per l‟evoluzione creativa dello Stato di diritto, che
risiede nel suo carattere di interpersonalità empatica. Di conseguenza, alcune considerazioni
peculiari che permettono di delimitare l‟ambito di riflessione e offrire una pluralità di
precisazioni e di questioni speculative devono necessariamente avere ad oggetto il fenomeno
diritto, scandagliato attraverso lo strumentario concettuale empatico, poiché disciplina le
relazioni interpersonali e detta la sua indefinibilità attraverso il rinvio alla spiritualità, alla
dimensione del diritto puro, misura del diritto positivo.
Sotto il profilo fenomenologico, marcare l‟importanza dello Stato di diritto significa
approfondire proprio la questione inerente il riconoscimento dei diritti incondizionati risalenti
al diritto puro. Infatti, il riconoscimento a statuto empatico non si riferisce solo alle relazioni
interpersonali; discutere di „riconoscimento‟ significa assumere una posizione critica nei
confronti di certa produzione normativa statale diretta ad affermare il legalismo come rinvio
permanente ed autoreferenziale. Quindi, uno Stato interessato ad operazioni legaliste a stampo
totalitario otterrà, da parte di altri Stati, un riconoscimento meramente costatativo (è il caso ad
esempio delle situazioni di Stati in cui sono negati i cosiddetti diritti elementari: diritto
all‟esistenza, diritto alla salute, diritto alla parola…); in questo modo, uno Stato si limiterà a
recepire e costatare l‟esistenza e l‟apparato di un altro Stato che nega al suo interno i diritti
fondamentali, al contrario di quando uno Stato esercita le sue funzioni „giuridiche‟ ritenendo
che, nell‟area delle relazioni internazionali, l‟altro Stato è costitutivo per la garanzia dei diritti
fondamentali a carattere internazionale. Il „precipitato‟ spirituale di cui qui si discute è il plus
residuale che permette di porre in opera quella lotta portatrice di eccezione – secondo il
lessico jaspersiano – e quindi in linea con la possibilità di ribellarsi ad un regime ingiusto. Il
precipitato spirituale ha, inoltre, valore oggettivo per il diritto positivo solo attraverso il rinvio
al diritto puro, ecco perché correlato al concetto di spiritualità vi è quello di personalità che
indica qualcosa di diverso dalla semplice collaborazione per la produzione della cultura ed
25
Gemeingeist è la definizione di H. HENKEL, Die Einführung in die Rechtsphilosophie, p. 183 «Die
Rechtsbildung hat demgegenüber ihren Quellgrund nicht im personalen Geist eines Einzelnen oder einer
Mehrzahl von Menschen, sondern im Gemeingeist der Sozietät, fuer die das Recht gesetzt wird».
8
Diritti umani e fenomenologia dello Stato in Edith Stein
esige, anzi, un sempre maggiore sviluppo delle capacità in relazione alla differenziazione dei
singoli gruppi di individui, rispetto alla loro partecipazione alla comunità giuridica, quella
comunità che si dà una regola innanzitutto attraverso il logos dal quale discende il nomos e
che è il luogo dello spirito.
Da un lato, l‟individuo non è in una posizione isolata, ma è situato all‟interno di una
comunità (di popolo) nella quale attualizza le sue relazioni intersoggettive, quindi le due
posizioni – isolamento e comunità – influenzano in maniera determinante lo sviluppo del
singolo. Dall‟altro, la figura dello Stato necessita, per dare forma al suo apparato, di una serie
di sostenitori, ma i membri che si trovano a far parte della comunità non sono posti dinanzi ad
essa come se si trattasse di un oggetto estraneo, al contrario, la loro partecipazione non è un
evento occasionale, ma esistenziale. Questo significa che lo Stato di diritto lascia ai suoi
sostenitori (=persone) la libertà, non assorbita o gestita in modo hobbesiano dalla struttura
statale in virtù di una prassi totalitaria26. È infatti importante per lo Stato che ciascuno dei suoi
individui viva nella qualità di persona, avendo sempre come orizzonte di riferimento la
statualità giuridica, quindi in questo caso diventa considerevole non solo la condotta di coloro
che sono al servizio dello Stato, ma in generale delle persone che si realizzano nel loro „essere
in comunità giuridica‟. Lo Stato di diritto è, secondo la prospettiva fenomenologica di Stein,
quello Stato che fa risiedere la sua genesi nella comunità spirituale formata da relazioni
interpersonali a statuto empatico. Il che indica la non funzionalità della relazione ma il
riferimento costante al „tu‟ della coppia di Buber io-tu. Sotto un profilo puramente formale, la
garanzia che lo Stato esista è proporzionale al numero di individui che lo formano stando
appunto al suo servizio; nella prassi può verificarsi anche l‟ipotesi che alcuni individui siano
al servizio dello Stato, rivestendo così una funzione pubblica, senza peraltro essere sostenitori
dello Stato in senso stretto, ma questa è una configurazione formale con la quale non può
essere identificata l‟ipotesi dello Stato di diritto analizzato e descritto nella ricerca di Stein.
Dalle dottrine platonica ed aristotelica derivano le personalità che incarnano, di volta in
volta, il potere dominante e che trovano possibilità di manifestazione nello Stato, e che
offrono a Stein uno scenario opposto a quello prefigurato dalla sua fenomenologia. La
questione della formazione dell‟uomo risiede innanzitutto in se stesso. Prendendo le distanze
in modo critico da un‟ipotesi di sovranità assoluta, Stein sottolinea come in essa si alimenti la
speciosa indifferenza nei confronti di ogni singola identità e delle sue responsabilità, quindi
ogni uomo sente di potere, in alcuni casi, consegnare la propria responsabilità, e
conseguentemente la libertà, al sovrano; si tratta di una delega pressoché totale, nonché di un
processo di deresponsabilizzazione che lo trasforma in un funzionale centro di imputazione. Il
rapporto che Stein descrive attraverso il metodo fenomenologico è teso a dimostrare, invece,
la connessione esistente tra colui che detiene il potere e la struttura statale che, mediante
questo, viene rappresentata in direzione del diritto puro e del riconoscimento empatico, fulcro
del rapporto interpersonale e attualizzazione della comunità spirituale. Nel rinvio del diritto
positivo al diritto puro, la responsabilità è misurata dal diritto e quindi dall‟imputabilità.
3. Una volta costituitosi per effetto della realizzazione di forme storiche che si originano dalla
comunità spirituale, lo Stato assume la responsabilità pubblica nonché la funzione di governo:
il governo rappresenta oltre all‟organo anche l‟attività più importante dell‟apparato statale,
poiché a questo suo compito di direzione appartiene l‟organizzazione – sia interna che esterna
– dell‟attività statale, la legislazione, intesa come produzione normativa, che avviene sempre
con rinvio al diritto puro, ed esecuzione. La questione del governo è completamente vincolata
26
La discussione sui concetti di sapere totale/sapere parziale è affrontata da B. ROMANO, Filosofia del diritto,
pp. 90-93; C. FABRO, L’io e l’esistenza, p. 79 e ss.
9
Diritti umani e fenomenologia dello Stato in Edith Stein
alla realtà giuridica, espressione che apre la via a numerose interpretazioni: Stein descrive la
differenza tra entità giuridiche «che derivano da aventi efficacia giuridica (come un diritto
soggettivo, una obbligazione, un contratto) e nella “validità” del diritto positivo»27. Ritiene,
peraltro, che proprio questa “peculiarità” vada differenziata dagli a priori dai quali promana e
dagli atti effettuati sulla base del diritto vigente.
Va da sé che la questione dell‟organizzazione statale pone il problema della realtà giuridica
che si può risolvere soltanto tenendo presente costantemente il rapporto che essa ha con la
persona giuridica28 nel rinvio al diritto puro e quindi ai diritti incondizionati. Si presentano
due poli – realtà giuridica e persona giuridica. Gli interlocutori, di fronte ai quali Stein si pone
in modo critico, sono Gerber e Bernatzik29. Da questi avvia la critica fenomenologica ad una
realtà giuridica che si potrebbe presentare unicamente come realtà posita.
Alla base dell‟effettivo significato di diritto vigente vi è l‟atto di volontà, in effetti con
l‟espressione «volere determinato giuridicamente» si intendono una serie di atti determinati
giuridicamente – e quindi normativamente – dal diritto positivo30. L‟argomento introduce e
discute anche la circostanza che la sovranità dello Stato preveda alcune autolimitazioni
derivanti dal diritto puro, che lo Stato si dà in relazione alle legislazioni passate, diversamente
ad esempio dal caso di uno Stato a statuto monarchico.
In linea con le critiche rivolte alle considerazioni di Gerber e Bernatzik, in una parte
dell‟opera sullo Stato titolata L’entità statale concreta nella sua dipendenza da fattori diversi
dalla struttura dello Stato, Stein, a proposito dell‟essenza dello Stato, mette in luce alcune
dottrine su di esso, a partire da una posizione critica che essa stessa assume nei confronti delle
argomentazioni di Jellinek31. Si tratta di una pars destruens perché illumina la situazione
relativa ad una serie di tesi che, divergendo dalla posizione dell‟autore di Teoria generale
dello Stato, diventa critica soprattutto quando quest‟ultimo afferma: «Lo Stato è una
moltitudine di uomini stanziati su una parte limitata della superficie terrestre, dotati del potere
di esercitare un‟autorità, per mezzo del quale sono vincolati»32. La contrapposizione è netta e
radicale soprattutto laddove vede esplicitata l‟assenza di differenze tra limitazioni di principio
e rapporti di dipendenza fattuale. Proprio a partire dalla definizione di Stato, l‟analisi è tale da
dover essere sezionata sino ad arrivare alle radici fenomenologiche della questione dello Stato
di diritto e mettere così in discussione le espressioni potere di esercitare l’autorità,
moltitudine di uomini e parte della superficie terrestre:
potere di esercitare l’autorità: si tratta di un elemento costitutivo-formale perché uno Stato
esista, altrimenti è difficile stabilire la sua genesi;
27
Una ricerca sullo Stato, p. 74.
Qui con „persona giuridica‟ si intende il soggetto di diritto e non come indica un‟entità. A tal proposito vd.
Dictionnaire de la culture juridique, Paris, 2003 alle voci Personne e Sujet de droit. Incisive le parole di A.
KAUFMANN, Grundprobleme der Rechtsphilosophie, München, 1994, pp. 92-93 «Rechtssubjekte ist, wer Rechte
und Pflichten haben kann. Das ist zum einen a) der Mensch, die « natürliche Person » (§1 BGB). Rechtfähigkeit
haben zum andern auch die sogennanten « juristische Personen ». b) Die Erklärung der Rechtsfähigkeit der
juristischen Person hat der Rechtstheorie schon seit langem Schwierigkeiten bereitet … » ; H. HENKEL, Die
Einführung in die Rechtsphilosophie, p. 263 e ss. « Nur der Mensch als das durch seine Normen ansprechbare
Wesen ist Rechtsubjekt… ».
29
Vd. supra.
30
Idem, p. 75.
31
G. PERRONE, Edith Stein, Una ricerca sullo Stato, “Idee”, 24, 1993, pp.173-176.
32
Una ricerca sullo Stato, citaz. di Stein, p. 103; G. JELLINEK, La dottrina generale del diritto dello Stato, p. 11
e ss.
28
10
Diritti umani e fenomenologia dello Stato in Edith Stein
moltitudine di uomini: l‟identità tra lo Stato e una moltitudine di uomini è piuttosto ambigua.
Non si tratta di uomini, ma di persone che, secondo Stein, non assolvono ad un processo
identificativo con lo Stato che rappresenta solo una delle forme storiche della comunità
spirituale; lo Stato può nascere, inoltre, anche da associazioni preformate e assumere forme
diverse rispetto alla struttura statale;
la parte di superficie terrestre è, in Jellinek, una parte costitutiva ulteriore che diventa motivo
di discussione per poter cominciare a riflettere sulla fondazione naturale dello Stato33 e che
Stein rifiuta con l‟argomentazione della questione dei popoli nomadi.
La categoria della sovranità non può essere discussa che a partire dai due versanti della
fenomenologia, vale a dire il versante formale e quello sostanziale. L‟applicazione del metodo
fenomenologico-formale induce a considerare la sovranità una specie di evento necessario,
funzionale, calcolato con il fine di organizzare l‟apparato statale in una forma che risponda a
tutti i canoni della legalità. Come dimostra nella sua ricerca, Stein non ritiene sufficiente
soffermarsi ad un aspetto meramente formale, anche se questo versante risulta indubbiamente
necessario e serve peraltro ad applicare la riduzione fenomenologica in direzione
dell‟aspettativa della Wesen, tanto più se la sedimentazione del diritto diventa un pretesto di
rinvio costante al diritto puro. Ne deriva allora che da un punto di vista fenomenologicoformale, la categoria della sovranità ha un lato esterno ed uno interno. Sotto il profilo del lato
esterno la situazione si concretizza nella relazione con gli altri Stati. Per il profilo interno si
presenta la figura della sovranità, articolata in vari modi e con ripercussioni sul lato esterno.
La questione dei rapporti dello Stato mette in luce alcuni assetti e formazioni diretti a mettere
in crisi il concetto di sovranità, ravvisabili ad esempio nell‟alleanza tra più Stati diretta alla
formazione di un impero. Il percorso fenomenologico tracciato da Stein nella ricerca sulle
componenti essenziali della struttura statale si avvale del contributo di classici del pensiero
giuridico quali Pufendorf al quale ricorre nel momento in cui si ritrova ad analizzare un‟entità
come quella dell‟impero: “incredibile quoddam et monstro simile”, è l‟espressione con la
quale questi declina l‟enormità dell‟impero tedesco. La mostruosità è un input a disdire
l‟accordo metaforico perché solo con la rottura può nascere «un potere statale “normalmente”
formato, cioè l‟impero non più legato a una determinata struttura, oppure potrebbero
ristabilirsi gli Stati originari»34.
Nel caso dell‟impero la sovranità dei singoli Stati viene demandata ad un‟entità che li
ingloba tutti. A questo proposito Stein porta i suoi argomenti sulla formazione dell‟impero, in
particolare di quello tedesco, e dell‟organizzazione dei suoi Stati membri; se nessuno può
cambiare in modo unilaterale le funzioni stabilite, allora non esiste uno Stato sovrano.
Se ne deduce che la formazione dell‟impero è possibile laddove gli Stati abdichino in parte
alle loro funzioni in favore di una struttura più grande rappresentata dall‟impero. Si può
discutere di rinuncia della sovranità da parte dello Stato nel momento in cui il potere di uno
Stato «è limitato da una volontà diversa da quello dello Stato stesso»35; formalmente uno
Stato permane nella sua sovranità nel momento in cui non dipende da nessun altra entità,
poiché la fine di alcune funzioni impegnative da parte di uno Stato significa la sua morte
cessando così «di esistere come Stato»36. D‟altra parte anche in questo caso l‟esercizio del
potere deve realizzarsi con il contributo di una ricerca essenziale, non può costituire un centro
di fuga per se stesso e quindi riferirsi sempre a sé in una condizione autologica e tautologica
33
Una ricerca sullo Stato, p. 119.
Id., p. 30.
35
Id., p. 27.
36
Id., p. 28.
34
11
Diritti umani e fenomenologia dello Stato in Edith Stein
destinata a diventare autopoietica. L‟essenza del potere consiste nel rinvio alla dimensione
empatica del riconoscimento dell‟alterità in quanto persona. Hitler esercitò un tipo di potere
non certo „essenziale‟!
L‟intensità delle riflessioni sul diritto e sullo Stato di diritto, come derivato storico della
comunità spirituale, porta Stein ad una celebrazione del metodo inaugurato dai suoi maestri,
quindi ad approfondire il concetto di sovranità nella direzione specifica della giuridicità e
della comunità alla luce di un concetto di fenomenologia che muove dall‟esistenza, quindi
anche ad un concetto specifico di diritto che, proprio per la vicinanza a Reinach, procede da
un‟ontofenomenologia dello Stato diretta a manifestare la differenza tra una valutazione ontofenomenologica del concetto di Stato37, una fenomenologia38 e una genesi dello Stato radicate
nella differenza tra diritto puro e diritto positivo.
Sia alla base della costituzione dello Stato che dello Stato di diritto è sotteso un atto di
volontà. Questo atto del volere è considerato secondo la modalità psichica, quindi è
considerato in senso più proprio una realtà psichica39 che avvicina alla produzione di atti
liberi diretti a costituire o uno Stato semplicemente legalitario o, al contrario, uno Stato di
diritto che armonizzi la dimensione del diritto positivo con gli a priori del diritto puro.
Il volto opposto al riconoscimento dello Stato è configurato in un suo dissolvimento,
questo significa che possono essere messe in atto alcune procedure per condurlo alla
dissoluzione o al fallimento. Ma anche la rovina di uno Stato e la successiva costituzione di
un altro non sono ancora argomenti sufficienti per discutere di „Stato di diritto‟. Formalmente
i concetti di sovranità e statalità si rincorrono per giustificare se stessi rispetto ad un apparato
pubblico, ma le radici critiche fenomenologiche riemergono nella considerazione sempre
presente sull‟analogia tra persona-personalità-sovranità e nel rinvio ad una sfera non
contingente che nell'opera Una ricerca sullo Stato è definita „diritto puro‟ dal quale
discendono diritti non negoziabili come il diritto primo alla parola.
Nella sintesi della complessa struttura statale e delle sue componenti peculiari, va
considerata la soggettività giuridica come a priori relazionale nell‟ambito dell‟idea di
comunità spirituale; a prescindere dal diritto vigente, il soggetto è capace di atti, l‟uomo, in
quanto tale, è titolare di diritti incondizionati, le forme storiche del diritto – diritto vigente –
sono date dalla legalità, quindi dalla produzione normativa (asse essenziale) che rinvia al
diritto puro. La persona, il soggetto di diritto, proprio attraverso il diritto ha una sua dignità,
37
Cfr. S. COTTA, Il diritto nell’esistenza. Linee di un’ontofenomenologia del diritto, Milano, 1991; La metafora
e lo Stato, p. XLIX.
38
Tra l‟altro bisogna precisare che anche il concetto di causalità e in particolare quello di causalità psichica è
possibile sul terreno fenomenologico ed è ciò che Stein riprende da Husserl, affermando che la legge causale che
si impone non è quella della ricerca scientifica delle scienze esatte, ma quella definita della appercezione.
«Chiamiamo causalità … il fatto che nella natura ogni processo è causato all‟interno di un contesto globale, che
ogni cambiamento ha una “causa” e che non si autoproduca, senza provocare altri “effetti”», Introduzione, p. 59.
«Il compito della fenomenologia pura è quello di esaminare, secondo la loro essenza, l‟io puro, la vita
originaria di coscienza e le unità dei vissuti». Introduzione alla filosofia, p. 150; c‟è da aggiungere che vi è una
definizione abbastanza rilevante di purezza dell‟io Stein stessa scrive «L‟io che non necessita di alcuna
condizione materiale per delimitarsi rispetto agli altri nel suo essere io, è quello che chiamiamo Io puro. Da esso
sgorga continuamente la vita della coscienza attuale che, spostandosi nel passato, diventa “vita vissuta” e si
chiude nell‟unità del flusso di coscienza costituita» Psicologia e scienze dello spirito, p. 162. J.-P. SARTRE,
L’essere e il nulla, Milano, 2002, p. 14 e ss.
39
Bisogna ricordare anche la critica che Stein rivolge al concetto di psichico più volte travisato con il concetto di
coscienza, naturalmente cita anche le opere di Brentano, Psicologia e scienze dello spirito, p. 41. «Il fenomeno
della coscienza che trascende se stessa è il nucleo della disciplina che abbiamo indicato come critica della
ragione… non si può analizzare la coscienza senza prendere in esame gli oggetti ai quali si dirige …».
Introduzione alla filosofia, p. 40-41;
12
Diritti umani e fenomenologia dello Stato in Edith Stein
entrando nella dimensione oggettiva del diritto le si può attribuire quindi una particolare
“realtà giuridica” che acquista una sua precisa configurazione all‟interno dello Stato di diritto
e mette in atto relazioni interpersonali basate sul riconoscimento (giustizia) dell‟alterità.
Le riflessioni proposte sino a questo punto sono tese a riconsiderare il versante
fenomenologico-formale dello Stato nella sua versione di Stato di diritto, il che significa di
uno Stato misurato – nella sua veste legalitaria – dal diritto puro che guadagna una sua
fattualità nella qualità delle relazioni interpersonali. La questione della qualità dei rapporti
investe le relazioni tra Stati e proprio secondo questa analisi va considerato l‟istituto della
rappresentanza. Essa non può andare al di là di atti che non siano di specifica pertinenza dello
Stato quindi di atti che esulino dalla competenza statale. Un esempio chiarificatore già
richiamato è quello del perdono a un criminale in nome dello Stato che Stein considera un atto
insensato, mentre l‟altra versione del perdono e cioè la concessione di amnistie rappresenta in
sé un atto ragionevole.
4. Alla luce di queste analisi è chiaro che non si può omettere la lettura dell‟atto sociale
dell‟empatia in chiave fenomenologica. In una prospettiva fenomenologico-formale l‟atto è
declinabile in modo diverso rispetto ad una qualificazione esistenziale della relazione.
L‟empatia, o entropatia40, costituisce l‟asse essenziale della struttura statale poiché alla base
vi è il concetto di idem sentire della comunità. Nella prassi reale fenomenologica, empatia
significa entrare in contatto con l‟alterità, in una parola riconoscerla.
Prima di addentrasi nella complessità dell‟atto empatico, occorre precisare che l‟opera di
Edith Stein sull‟empatia è divisa in quattro parti: la prima – un‟analisi storica – non viene
pubblicata; la seconda parte la dedica all‟essenza degli atti empatici; nella terza prende in
analisi l‟egoità pura, la descrizione della fisicità sino al raggiungimento dell‟alterità; infine, la
quarta parte, titolata L’empatia come comprensione delle persone spirituali, comprende, tra
l‟altro, un confronto scientifico tra un‟empatia intesa come premessa biologica e un‟empatia
concepita come atto differenziante tra un mondo ritagliato su un naturalismo scientifico e uno
costituito dalla scelta del soggetto empatico. Essenza, genesi e concretizzazione dell‟atto
empatico costituiscono il materiale per la costruzione di uno Stato di diritto che ha il suo
implicito riferimento al diritto puro. Infatti, il lavoro sulla questione dell‟empatia è elaborato
secondo alcune linee essenziali che organizzano un vero e proprio progetto fenomenologico41,
in direzione dell‟intersoggettività nell‟ambito della comunità giuridica.
Il soggetto di cui discute Edith Stein è il soggetto spirituale, il nucleo di tale soggetto
risiede nelle scienze dello spirito «gli atti dello spirito sono subordinati alle legalità razionale
generale»42, affermazione interessante che significa in realtà che la legalità razionale va
distinta da quella eidetica, da questo discende la motivazione dei propri atti, il soggetto
steiniano non vuole qualcosa che non sia un valore positivo, a fronte di questo è necessario
sottolineare come vi siano nel soggetto anche comportamenti irrazionali per cui si parla di
40
A. ALES BELLO, L’universo nella coscienza, Pisa, 2003, p. 115 e ss. Si veda anche la n. 3 a p. 117 a proposito
della scelta del termine entropatia invece di empatia. Vd. soprattutto M. THEUNISSEN, Der Andere, pp. 207-208
«Der Andere kann nicht mein Objekt sein, weil er gleichsam das Forum ist, vor dem ich meiner gewahr werde,
oder das Tribunal, vor das ich mich gezogen fuehle. Er ist das Licht, in dem ich mich sehe, aber gerade darum
keiner, den ich selber sehe».
41
Scienza di fenomeni la definisce E. HUSSERL, Idee, p.3 laddove fenomeno entra come qualcosa di modificato
rispetto alla sua specificazione tradizionale. A proposito dell‟intersoggettività M. THEUNISSEN, Der Andere, p.
79 e ss.
42
Il problema dell’empatia, p. 202
13
Diritti umani e fenomenologia dello Stato in Edith Stein
persone irrazionali. In questo caso le persone adottano comportamenti che vanno fuori dalle
leggi della ragione, il soggetto spirituale è sottoposto alle leggi della ragione.
Per la costituzione del soggetto Stein parte da una tesi sostenuta a lungo nella tradizione
psicologica, ossia che l‟io «si costituisce attraverso i sentimenti» e per argomentare su questo
cita Oesterreich e Natorp43. Da questo io parte per provare alcune tesi. Sensazioni e sentimenti
è la prima distinzione della psicologia tradizionale. Con i primi si intende una direzione
esterna che arriva alle cose, con i secondi si intende qualcosa di diretto all‟io. Un soggetto
vive di entrambi gli atti: l‟oggettività, ma anche lo sguardo riflettente sulla soggettività,
quindi un conto è il „sentire‟ un altro il sentimento. Il soggetto sente la necessità della
soggettività e dell‟oggettività; è dotato di un carattere, la cui definizione è fondamentale per
comprendere appieno l‟impianto speculativo della persona. «Il carattere di una persona,
tuttavia – benché ognuno si possa annoverare all‟interno di un certo tipo –, non si esaurisce
nell‟essere una parte smembrata del tipo, piuttosto nella sua totalità, mostra una “nota
individuale”, come nella qualità e nei vissuti singoli»44; la citazione è utile per affermare la
mancanza di un concetto di frammentarizzazione nell‟opera di Edith Stein a proposito della
definizione di soggetto, il che vuol dire che la struttura unitaria del soggetto gli impedisce di
potersi considerare „parte smembrata‟ ma solo „nota individuale‟ determinata dal fatto che
ogni egoità ha una propria ambientazione e realizza alcune sue ambizioni in modo del tutto
differente da ogni altro vissuto.
L‟uomo, nella sua dimensione sia fisica che psichica, prende atto delle situazioni in cui
vive ma «ogni presa d‟atto è presa d‟atto di qualcosa» poiché si dirige ad un‟oggettività, ogni
uomo dirige il suo sguardo, il suo pensiero, in una parola la sua attenzione all‟oggetto,
incontrandolo come «dotato di un determinato patrimonio di senso»45, è qui che Stein
manifesta appieno che il metodo fenomenologico applicato è diretto indubbiamente alla
Sache, ma al contempo questa cosa osservata e sottoposta ad un‟attenzione analitica porta a
considerare che l‟uomo muove da se stesso presso un altro se stesso, in quanto Sache. A
questo punto è possibile discutere di un «nucleo della personalità», vale a dire il nocciolo duro
dell‟uomo è «ciò che si dispiega nello sviluppo psicofisico della persona empirica rendendola
una persona unitaria con qualità individuali», facendone un soggetto diverso dall‟alterità che
incontra empaticamente come oggettività pur accomunato dalla medesima struttura che
impone l‟esercizio del principio di uguaglianza. Questo nocciolo duro è costituito dalla fisicità
della corporeità e dalla struttura psichica «physis e psiche, sono patrimonio dell‟io, sono la
sua prima sfera di potere», ma la struttura della persona sembrerebbe proporsi come una serie
di strati per cui si può affermare che «oltre alle qualità e agli stati che emergono dal nucleo
della persona, ne mostrano anche altre che non appartengono allo stato d‟essere che si fonda
nel nucleo, piuttosto si presentano unite concretamente con questo stato ed offrono, sotto un
certo punto di vista, una condizione della sua esistenza»46.
Si riconoscono le spinte idealistiche: l‟intersoggettività fichtiana nel lavoro di
strutturazione dell‟ego implica la questione dell‟empatia47 che impone un processo di
riconoscimento dell‟altro in una dimensione diversa dalla cosalità e dall‟animalità; l‟Erlebnis
vissuta dall‟altro è pienamente riconosciuta dal soggetto anche se non in modo originario. Nel
43
Il problema dell’empatia, p. 204.
Introduzione alla filosofia, p. 179; Potenza e atto, p. 195 e ss.
45
Introduzione, p. 119.
46
Introduzione, p. 191-192; la struttura psicofisica non è presente in modo singolo, ma nella comunità poiché
l‟uomo vive coesistendo nella comunità.
47
Cfr. A. PUNZI, L’intersoggettività originaria. La fondazione filosofica del diritto nel primo Fichte, Torino,
2000.
44
14
Diritti umani e fenomenologia dello Stato in Edith Stein
discutere dell‟empatia, Stein è legata all‟esempio della gioia, in ogni caso è bene far leva su
una pluralità di atteggiamenti dello spirito che vanno dal dolore alla gioia passando per altri
stati d‟animo e situazioni. Qualunque sia lo stato d„animo – sentimenti di ingiustizia, gioia,
sofferenza, dolore, passione, ansia, paura – il soggetto non entra nel flusso dell‟altro, ma
rimane se stesso pur comprendendo il sentire dell‟altro. Questo idem/cum sentire è lo stesso
moto che si ritrova nel processo di formazione della comunità, anzi è ciò che spinge a
costituirsi in modo comunitario, il tu, l‟altra persona48, è la spiritualità che si eleva da una
dinamica comunitaria.
In questa prospettiva, l‟empatia diventa la condizione ontofenomenologica del diritto49,
«un atto che è originario in quanto vissuto presente, mentre è non-originario per il suo
contenuto. E tale contenuto è un vissuto che come tale può attuarsi in molteplici modi, come
avviene nella forma del ricordo, dell‟attesa, della fantasia»50. Lo stato d‟animo che un
individuo trasmette non è un oggetto in quanto la trasmissione richiede che si stia vicini al
soggetto che quello stato d‟animo vive e non al suo oggetto. Stein individua allora tre gradi di
empatia: “emersione del vissuto”, “sua esplicitazione riempiente”, “oggettivazione
comprensiva del vissuto esplicitato” e tiene a specificare che «nel primo e nel terzo grado
l‟atto di presentificazione corrisponde in modo non-originario alla percezione non-originaria,
mentre nel secondo grado esso corrisponde in modo pure non-originario all‟attuazione del
vissuto»51. I due soggetti – Soggetto del vissuto empatizzato e soggetto che compie l‟atto di
empatia – sono separati; l‟empatia rappresenta quel movimento per cui il soggetto non vive un
sentimento originario, ma un sentimento non-originario che si annuncia nell‟esperienza del
soggetto: «noi perveniamo per mezzo dell’empatia ad una specie di atti esperenziali sui
generis»52.
Questa espressione serve a far comprendere meglio l‟empatia da un punto di vista
fenomenologico-esistenziale. La linea empatica crea un discrimine imprescindibile tra l‟io e
l‟alterità, ma anche un legame quindi un riconoscimento nella differenza, per cui si può
affermare che l‟alterità ha dei vissuti originari che vengono esperiti dall‟io in modo indiretto e
quindi in modo non-originario. Il che diventa rilevante nel momento in cui si pensa a
questioni come l‟insieme intersoggettivo diretto a formare le comunità umane.
Nel caso dell‟empatia, dunque, la percezione del sentire dell‟altro non ha la stessa
modulazione del mio sentire, il processo che l‟io compie è di analogia affettivo-esistenziale
tra il sentire dell‟altro e il mio, ma non si tratta di un‟immedesimazione poiché le individualità
dell‟io e dell‟altro rimangono comunque separate. L‟empatia dà la possibilità di costruire
un‟antropologia giuridica rilevante per la trattazione del diritto nell‟ambito del pensiero
steiniano proprio perché l‟atto empatico non si pone come atto originario, anzi nella sua
originarietà va a toccare qualcosa che non è originaria bensì derivata. L‟atto empatico di per
sé è originario, ma ha ad oggetto una situazione che non appartiene al soggetto che estrinseca
tale atto, ma alla sua alterità; acquista un suo senso solo all‟interno della relazionalità e in
particolare all‟interno dei rapporti giuridici. Solo l‟uomo è capace di empatia, in modo diffuso
si può affermare che tutti gli uomini sono soggetti empatici; si tratta dunque di un atto diretto
all‟altro, destinato quindi a scoprire – come direbbe Levinas – il volto dell‟altro con l‟insieme
delle conseguenze che questo atto, che si trasforma gradualmente dalla sua nascita in atto
48
Per un approfondimento soprattutto in direzione sociologica vd. Della Persona, (a cura di M. CARRITHERS S.
COLLINS S. LUKES), Roma, 1996, in part. M. MAUSS Una categoria dello spirito umano, p. 12 ss.
49
S. COTTA, Il diritto nell’esistenza, cit.
50
Il problema dell’empatia, p. 77.
51
Id., p. 78.
52
Id., p. 79.
15
Diritti umani e fenomenologia dello Stato in Edith Stein
sociale53, implica; presenta inoltre una differenziazione tra i soggetti, gli oggetti, i manufatti
in generale, i vegetali e gli animali. La struttura di atto sociale dell‟empatia è data dal fatto
che la definizione di atto sociale si estende anche a prese di posizione «come l‟amore, il
rispetto, l‟ammirazione»54, non bisogna dunque dimenticare che la „presa di posizione‟ è una
scelta della persona, quindi l‟empatia steiniana è una scelta liberamente posta in atto
dall‟individuo che si relaziona all‟alterità.
La dimensione del diritto positivo sollecita alcune considerazioni di Stein secondo la quale
all‟interno della categoria degli atti sociali si possono estrapolare tre categorie: la prima
comprende domande, richieste e ordini, vale a dire il modo di rivolgersi del soggetto agli altri;
la seconda ha la struttura delle prese di posizione e comprende – come si è detto – amore,
rispetto e ammirazione e la terza è rappresentata da quella categoria di atti che possiede la
forza di «produrre o annullare determinate realtà oggettive nel mondo sociale»55 quale la
promessa che «produce un diritto a esigerne la realizzazione che viene meno mediante il
soddisfacimento della promessa stessa … Tutto il diritto positivo ha questo carattere»56. Si
innesta nella configurazione della promessa la metafora del contratto sociale che non è quello
rappresentato da Hobbes ma neanche quello del contrattualismo sociale, ma è l‟istituzione di
un diritto a base comunitaria che scaturisce dagli a priori del diritto puro e dunque dalla
libertà data dalla struttura empatica degli atti comunitari. Questo rivolgersi all‟altro
nell‟ambito della comunità per interagire ha la caratteristica dell‟empatia, il rivolgersi
all‟alterità in una dimensione di ascolto e di attenzione significa progettare la regola comune
sulla quale avviare il processo del riconoscimento dei diritti.
Le osservazioni e le analisi sulla comunità57 non possono avere inizio da una semplice
nozione, al contrario è necessario – per poi arrivare ad una definizione esauriente – una
comparazione critica ed analitica delle forme associative a partire dalla „massa‟, senza
tralasciare altre forme di convivenza, analizzate e osservate attraverso le riflessioni dell‟opera
di Tönnies che Stein stessa cita e discute come punto di riferimento, perché tra i primi ad aver
elaborato il concetto di comunità, ripreso poi da Scheler. Ripercorrendo queste due tappe
53
La struttura della persona umana, p. 188 «Per atti sociali si devono intendere gli atti in cui una persona si
rivolge ad altre persone, vale a dire, domande, richieste, ordini. Tutti questi atti hanno in comune la volontà di
muovere le altre persone ad un determinato comportamento, generano, dunque, un contesto operativo
sovraindividuale».
54
La struttura della persona umana, p. 188.
55
Ibidem.
56
Ibidem.
57
«Il soggetto comunitario di cui parliamo non va inteso come Io puro identico a quello individuale. Il vissuto
comunitario non sorge dal soggetto comunitario come dall‟io individuale sorge il vissuto individuale, che proprio
in quanto tale, nella sua egoità, si caratterizza come luogo originario ultimo. I vissuti della comunità di fondo
hanno, come quelli individuali, la loro origine negli io individuali che appartengono alla comunità». Psicologia e
scienze dello spirito, p. 163. E ancora «sono i singoli vissuti che cooperano alla costituzione di unità superiori»,
Psicologia e scienze dello spirito, p. 182. «Passando dall‟incontro isolato alla convivenza stabile, ciò che è
esteriore e universale, il più delle volte, scompare sempre di più dinanzi a ciò che è interiore e personale.
l'accordo reciproco si realizza più esplicitamente e passa gradualmente allo star l‟un con l‟altro in modo durevole
e consapevole, eventualmente all‟essere con o contro l‟altro nelle diverse forme di comunità; procede pian piano
sempre di più movendo dalla “storia” dell‟essere umano, dal suo “destino” e, in relazione a ciò, nasce la
coscienza della responsabilità reciproca. La vita dell‟essere umano è una vita comunitaria ed è uno sviluppo nel
quale ci si condiziona reciprocamente./ Vivere in comunità con gli esseri umani significa, in buona misura,
vederli agire e agire con loro; vivere nelle azioni dell‟essere umano, vederlo nascere e finire, essere formati da
esse e, attraverso esse, aiutare altri a formarsi: la vita umana è una vita culturale. Il mondo dell‟essere umano è
un mondo spirituale pluriforme fatto di persone individuali e di comunità, di forme sociali e opere spirituali. Egli
sta in esso, vive in esso, guarda dentro esso, in esso gli vengono incontro l‟esistenza e l‟umanità». La struttura
della persona umana, p. 69.
16
Diritti umani e fenomenologia dello Stato in Edith Stein
significative, Stein precisa che con il concetto di comunità «si intende la relazione naturale ed
organica degli individui, per “società” quella razionale e meccanica»58 – espressione elaborata
da Tönnies. L‟intento steiniano non è quello di rappresentare concetti di comunità
storicamente determinati ma quello di sottolineare le caratteristiche positive di essa, quindi
l‟essenza della Sache, attraverso il metodo fenomenologico. Dalla lettura dell‟affermazione si
potrebbe essere portati a credere che alla base della costruzione di una comunità vi è sempre
un principio naturalistico, in realtà, dal punto di vista fenomenologico, il termine natura è
eccessivamente abusato ed equivocato tanto che avvicinare il soggetto – l‟individuo – con
un‟antropologia naturalistica è da ritenersi una speculazione ormai fallita, mentre
l‟antropologia che si basa sulle scienze dello spirito avvicina la questione del soggetto nella
sua interezza per la formazione dell‟umanità ravvisabile nella comunità59 a statuto spirituale.
5. La complessa articolazione della „macchina statale‟, le profonde osservazioni fenomenologiche sulla comunità e le questioni riguardanti le due differenti dimensioni del diritto
puro e del diritto positivo portano a porsi alcune domande su realtà che formalmente
costituiscono gli elementi essenziali per la fondazione di uno Stato.
I tre elementi paese, popolo e nazione sono analiticamente scarnificati dal metodo
fenomenologico di Stein. Dire paese equivale ad affermare il numero di abitanti di un paese,
influenzati peraltro dalla sua „natura‟. Secondo una trattazione classica, il paese necessita di
un territorio e il legame con esso è diretto alla formazione di uno Stato. Dalla lettura delle
pagine di Stein si palesa un ripudio di tutto ciò che si presenta in una veste meramente
formale, il binomio inscindibile nazione-Stato non è necessariamente vincolato ad un
territorio, quindi la misura spaziale come uno degli elementi costitutivi essenziali di uno Stato
non può mettere in crisi i valori incondizionati:
In modo più approfondito, per quanto riguarda la costitutività del territorio, cioè lo spazio
come elemento costitutivo di uno Stato, è necessario esplicitare, seguendo l‟itinerario di Una
ricerca sullo Stato, che lo spazio occupato da una specifica comunità non sia già occupato
poiché
«se un popolo organizzato statalmente si installa su un territorio, allora la formazione statale concretamente
costituita porta il marchio del Paese. Se il popolo abbandona il Paese e si insedia in un altro territorio, allora il
carattere di questa formazione concretamente esistente può cambiare in modo che non si possa più parlare di
Stato, piuttosto bisogna dire che il vecchio Stato è scomparso e ne è sorto uno nuovo. Tuttavia il fatto che una
58
Psicologia e scienze dello spirito, p. 159. F. TÖNNIES, Comunità e società, p. 51 «La teoria della comunità
muove … dalla premessa della perfetta unità delle volontà umane come stato originario o naturale, che si è
conservato nonostante e attraverso la separazione empirica, atteggiandosi in forme molteplici secondo la natura
necessaria e data dei rapporti tra individui diversamente condizionati». E ancora p. 66 «La vita comunitaria è
possesso e godimento reciproco, ed è possesso e godimento di beni comuni». Per quanto riguarda la teoria della
società essa si pone in antitesi a quella comunitaria id. p. 83 «La teoria della società muove dalla costruzione di
una cerchia di uomini che, come nella comunità, vivono e abitano pacificamente l‟uno accanto all‟altro, ma che
sono non già essenzialmente legati, bensì essenzialmente separati, rimanendo separati nonostante tutti i legami,
mentre là rimangono legati nonostante tutte le separazioni. Di conseguenza, qui non si svolgono attività che
possano venire derivate da un‟unità a priori esistente necessariamente, e che quindi esprimano anche la volontà e
lo spirito di questa unità nell‟individuo, in quanto compiute per mezzo suo, realizzandosi tanto per gli associati
con l‟individuo quanto per l‟individuo stesso. Piuttosto, in questo ambito ognuno sta per conto proprio e in uno
stato di tensione con tutti gli altri».
59
La struttura della persona umana, p. 61; M. THEUNISSEN, Der Andere, p. 124 e ss.
17
Diritti umani e fenomenologia dello Stato in Edith Stein
determinata formazione statale non possa sopravvivere all‟abbandono del suo territorio non dimostra che allo
Stato come tale appartenga il legame con un determinato territorio»60.
Stein appare in netta contrapposizione con alcune teorie classiche, infatti attribuisce alla
comunità di popolo alcune peculiarità: innanzitutto non è necessario il legame di sangue; la
comune ascendenza non è una condicio sine qua non per i componenti del popolo. È quanto è
accaduto, ad esempio, nel caso delle stirpi tedesche e delle popolazioni russe. Inoltre, se il
legame di sangue non è necessario, quello spirituale, al contrario, diventa imprescindibile.
Popolo e Stato non hanno la stessa identità; la crescita del popolo può divenire organizzazione
statale, così come il popolo può estinguersi proprio a causa del darsi di un‟organizzazione
statale. Il divario e la netta separazione tra le due entità è talmente evidente che «un popolo …
può sopravvivere al suo Stato. Ed è anche possibile che la fondazione dello Stato preceda la
nascita della popolazione e ne divenga il fondamento come fu in America del Nord»61. Si
presenta una serie di connessioni e di differenze tra il concetto di Stato e quello di Paese: il
Paese rappresenta una configurazione materiale nella quale ha un suo ruolo l‟economia – che
nel lessico post moderno di Luhmann diventerà un sistema –, quindi i rapporti tra Stato ed
economia acquistano rilevanza soprattutto sotto il profilo economico. L‟economia è ciò che libera l‟uomo dai bisogni, ed è in sua funzione che il Paese e i suoi abitanti si organizzano.
Come è noto, può essere organizzata in economia statale o iniziativa privata, nel secondo caso
allo Stato spetta il compito di regolamentarla attraverso un intervento diretto; la complessa
articolazione economica trova una sua genesi nell‟utilizzo delle materie prime che nel
momento in cui risultano insufficienti vengono organizzate sulla base di una serie di modalità:
reperimento di mezzi per trasformare le materie di un Paese in quelle che servono; acquisto di
nuovi territori che contengono le materie che sono scarse per il Paese; importazione che rende
palese una debolezza dello Stato.
Queste vie possono essere e vengono, a volte, scelte in base ad una selezione ad opera
degli abitanti del Paese e dipendono dalle condizioni anche morfologiche in cui versa il Paese
stesso. Valgono in questo caso le caratteristiche dello stesso Paese. Laddove ci sono
condizioni naturali devono essere analizzate anche quelle diverse come l‟intelligenza, la
laboriosità, la mobilità e la flessibilità. Non bisogna considerare secondarie le influenze che
derivano dalla natura e che si riversano sulle persone (paesaggio, clima, ecc.), così come non
bisogna tralasciare le caratteristiche e la successiva lavorazione del suolo da parte degli
abitanti. Stein conclude che è assai rilevante la commistione di territorio e popolazione, si
tratta di oggettualità miste.
Rimane fuori da questa trattazione il concetto di nazione che l‟autrice cerca immediatamente di chiarire attraverso i collegamenti tra popolo e nazione62. Le caratteristiche del
popolo possono attribuirsi anche alla nazione, tanto che, richiamando Kjellén, afferma che la
nazione potrebbe essere considerata come un «grande “individuo”»63 che possiede
caratteristiche che vanno viste «nella tipologia delle persone istruite che si trovano tra i suoi
membri, nella lingua nazionale, nelle coloriture specifiche dell‟“opinione pubblica”»64; invece
il popolo, secondo Kjellén65, è basato sulla lealtà. Questa affermazione viene ripresa da Stein
sulla base di una divergenza critica: ridurre il popolo ad una comunità di diritti e doveri signifi60
Ibidem.
La struttura della persona umana, p. 203.
62
Per una prospettiva diversa J. MARITAIN, L’uomo e lo Stato, p. 8 e ss.
63
Una ricerca sullo Stato, p. 37. Il monumentum, il soggetto monumentale a matrice legendriana.
64
Ibidem.
65
Vd. cap. I di questo lavoro.
61
18
Diritti umani e fenomenologia dello Stato in Edith Stein
cherebbe identificarlo con lo Stato, è lo Stato che impone, attraverso la sua attività
legislatrice, diritti e doveri e in questo modo sancisce l‟identificazione tra diritto puro e diritto
positivo. Dal canto suo, Stein intravede la differenza nella particolare circostanza che la
coscienza comunitaria – elemento del popolo che rappresenta la via per la costituzione dello
Stato – si riflette in modo chiaro solo nella nazione che la coltiva, quindi la dinamizza a
differenza del popolo che la possiede senza renderla dinamica e soprattutto senza chiarificarla
in modo peculiare, ma ciò che è veramente a fondamento dello Stato non è il concetto di
nazione ma quello di popolo – quest‟ultimo, nell‟approfondimento di Stein, è sempre sotteso
ad un concetto di comunità: la „comunità di popolo‟ – il sentimento nazionale può solo
completare questa fattispecie, ma non la può fondare.
La critica di Stein a Kjellén è netta e radicale laddove questi contrappone natura e spirito,
perché presupposto imprescindibile è che ogni comunità abbia un carattere spirituale. Se ne
può concludere che il carattere forte della struttura comunitaria risiede proprio nella sua
spiritualità: «ogni comunità è di tipo spirituale»66.
Secondo la trattazione classica, gli elementi per giungere alla costituzione di uno Stato
sono la territorialità e la sovranità; la prima designa un‟estensione, per cui qualsiasi comunità
statale ha una sua estensione e l‟estensione della comunità di popolo – elemento fondamentale
dello Stato – riconduce automaticamente a considerare anche l‟estensione dello Stato. Uno
Stato, in linea di principio, può idealmente ambire a rifiutare qualsiasi limitazione alla sua
grandezza, ma questioni pragmatiche impongono una delimitazione dell‟estensione di Stato
universale, di impero, di regno ecc. Per ognuna di queste forme di estensione muta
l‟organizzazione statale e nel minimum estensivo non vi è una rigidità per fissare dei confini o
dei limiti (città-Stato). Sotto il profilo descrittivo, Stein si sofferma senza dubbio sul numero
dei cittadini membri dello Stato affermando peraltro che «il numero dei cittadini deve essere
abbastanza ampio per rendere possibile un‟autonomia e una indipendenza rispetto agli altri
Stati, cosa che garantisce la sovranità»67. Il minimum di cui parla l‟autrice non si può ridurre
ad un assoluto ma è relativizzato da una serie di questioni che possono dipendere ad esempio
dalla grandezza degli Stati limitrofi, dalla forza militare, dalla sicurezza economica, dalla
natura del Paese, dalle risorse del territorio come dalle condizioni climatiche.
In una geografia statale abbastanza articolata e complessa, l‟esistenza di piccoli Stati è
minacciata dalla pretesa di potenza di Stati più grandi o addirittura di Stati che ambiscono a
diventare potenze assoggettando Stati più piccoli, meno estesi, politicamente deboli o
economicamente indebitati. La situazione assume un carattere fenomenologico-esistenziale
solo nel momento in cui uno Stato non finalizza la propria azione alla distruzione di altri Stati
che al loro interno riconoscano in modo costitutivo i diritti incondizionati, e, in effetti, la
prospettiva muta nel momento in cui si prende come unità di riferimento non lo Stato in
quanto Stato ma il popolo che Stein definisce “Stato nazionale” che, a sua volta, ha la sua
base costitutiva nell‟unità del popolo diretta – sulle fondamenta della comunità spirituale – a
rendere possibile uno Stato di diritto e non solo un semplice Stato. Nella prospettiva della
dimensione fenomenologica non si omette di considerare che il concetto di unità di popolo –
che non può essere numericamente rappresentata da una città-stato, ma deve avere
necessariamente una base numerica più ampia – diventa fragile nel momento in cui l‟aumento
numerico eccessivo della popolazione porta ad una sorta di esplosione dell‟unità di popolo.
Questa situazione si può verificare nel momento in cui si realizzano fenomeni di migrazione o
di emigrazione o di colonizzazione degli Stati più numerosi nei confronti di Stati meno
66
67
Una ricerca sullo Stato, p. 39.
Id., p. 40.
19
Diritti umani e fenomenologia dello Stato in Edith Stein
numerosi. Quindi, nel momento in cui in uno Stato nazionale si inserisce un nuovo popolo
questi perderà le sue caratteristiche legate alla nazione e alla nazionalità, così come nel
momento in cui vi è un‟assimilazione in corso che produce necessariamente nuove forme. A
tal proposito, Stein si sofferma estesamente sulla possibilità che le popolazioni si
frammentino mettendo a repentaglio la vita stessa dello Stato, ossia la sua unità ed il coordinamento interno dei singoli gruppi che hanno dato luogo a tale sparpagliamento.
6. Nell‟ambito di una fenomenologia esistenziale, l‟architettura dello Stato di diritto non
può omettere la questione dei valori che trova un rinvio alle opere di Scheler e di von
Hildebrand. Le istituzioni giuridiche hanno la precisa finalità di rendersi super partes nella
garanzia della relazione interpersonale giuridica basata sul diritto puro storicizzato dal diritto
positivo. L‟ordinamento giuridico è strutturato sulla base di valori ma non si pone esso stesso
come un valore; il concetto di giustizia, intrinseco all‟ordinamento, può essere considerato un
valore, ma ancora di più lo è la vita di comunità. Lo Stato, attraverso le sue strutture, non è
produttore di questo valore ma è diretto a contribuirvi per la sua realizzazione. Il „valore‟ è
rappresentato dalla comunità spirituale attuata come «concreta entità statale comprendente la
comunità costituita dal popolo»68.
Il concetto di valore69 scaturisce, tra l‟altro, dalla relazione interpersonale definita dalla
morale distinta da altri fenomeni come il diritto, la religione, l‟economia ecc. Sulla scia di una
fenomenologia del diritto, quale quella di Stein, si innesta il principio della differenziazione
tra i molteplici fenomeni della vita interpersonale, quindi la differenziazione fenomenologica
che investe i fenomeni del diritto e della morale, cosa che avrebbe preso piede in modo
specifico e determinante per la filosofia del diritto negli scritti di A. Kojève, soprattutto
nell‟opera Linee di una fenomenologia del diritto che potenzia l‟analisi dell‟ingresso nella
terzietà e della terzietà nel diritto e nelle istituzioni giuridiche, caratterizzando e distinguendo
fenomenologicamente il giuridico da altre dimensioni del coesistere.
L‟opera di Stein sullo Stato si presenta quindi, oltre che come materiale fenomenologicogiuridico, anche come materiale per far risaltare ed analizzare la differenza tra il diritto e la
politica, vale a dire la differenziazione fenomenologica. Infatti, le aspirazioni di Stein sono
per uno Stato di diritto che non si ponga come ideologia – anche moralistica – e la sua critica
si fa forte delle motivazioni e delle conseguenze prodotte dallo Stato nazista con tutti gli
effetti che un simile Stato ha fatto scaturire proprio sotto il profilo fenomenologico del
proprio operato.
A cominciare da un‟analisi assiologia, Stein si propone la fenomenologia dello Stato «dal
punto di vista dei valori»70. La prima cosa che si impone è indubbiamente quella di analizzare
il valore in termini progressivi e certamente più estesi. «In linea di principio – scrive Stein –
tutto ciò che esiste può avere in sé un valore e l‟indagine non è stata esauriente se si è lasciata
fuori la questione del valore»71. Nel caso della genesi dello Stato di diritto diventa rilevante
richiamare a sé la questione dei valori anche se difficile la prosecuzione e la dimostrazione
fenomenologiche. Infatti, giustificare un‟entità significa in buona sostanza che essa è «in
nostro potere ed è il fine possibile di un atto volontario la sua esistenza o il suo essere in un
determinato modo»72.
68
Id., p. 141.
Psicologia e scienze dello spirito, p. 184
70
Una ricerca sullo Stato, p. 136 e ss.
71
Id., p. 136.
72
Ibidem.
69
20
Diritti umani e fenomenologia dello Stato in Edith Stein
Qui Stein non discute certamente di Stati futuri, ma di Stati che si sono già realizzati e
concretizzati. La costituzione e il mantenimento di un apparato statale non dipende da un
singolo individuo o da una pluralità di essi, ma, secondo le considerazioni fatte, esso
indirettamente dipende proprio dagli individui, che nell‟opera di Stein sono le persone. Alla
base della formazione o del dissolvimento di uno Stato vi è la formazione della volontà delle
persone. La questione del valore dello Stato è sì importante, ma è direttamente correlato al
senso che va chiarito anche per quanto riguarda il fondamento o i fondamenti stessi dello
Stato. In questa direzione va la domanda che Stein si pone riguardo al rapporto tra valori e
Stato. Ma prima ancora che il rapporto va analizzata una certa differenza sostanziale tra Stato
inteso quale portatore di valori e Stato come valore: «spetta allo Stato come tale … un
valore?»73.
Detto in termini diversi Stein si chiede se lo Stato nella sua struttura ontica abbia un valore
da proporre.
Coerentemente con l‟intero strumentario fenomenologico, risponde in modo tale da
condurre all‟argomentazione della differenziazione fenomenologica tra i molteplici fenomeni
della via interpersonale dell‟uomo. Se rispetto alla domanda proposta vi è una risposta
affermativa, allora bisogna ridefinire la questione degli a priori che sono gli elementi
costitutivi degli Stati. Di conseguenza giustizia e ingiustizia saranno determinanti in base
all‟esistenza di un valore positivo o negativo da attribuire allo Stato, sono – secondo l‟analisi
fenomenologica sino a qui condotta – rispettivamente un „valore‟ e un „dis-valore‟.
Si può continuare la riflessione a partire da queste dichiarazioni per rimettere in
discussione, in modo del tutto positivo, la struttura ontica dello Stato. Poiché lo Stato acquista
senso e significato per gli individui/persone che concorrono a formarlo.
Stein si avvia dalla teoria della formatività dello Stato attraverso i suoi individui e sono
proprio questi individui ad essere la genesi e la destinazione dello Stato, poiché esso, secondo
un‟espressione di Stein, favorisce lo sviluppo delle persone e promana dalle persone stesse.
Naturalmente la realizzazione dell‟ingiustizia avviene in modo più incisivo se gli individui
non prendono parte allo Stato ma sono isolati oppure se si costituiscono in una comunità non
finalizzata all‟organizzazione statale.
Le argomentazioni che sostengono questo lavoro sono dirette ad una giustificazione
fenomenologica dello Stato di diritto sotto vari profili. Uno di questo è quello che porta
appunto all‟espressione che esso nasce per favorire lo sviluppo della persona nella sua
dimensione spirituale: si tratta di un‟espressione da valutare con una certa urgenza poiché il
sostegno dato allo sviluppo potrebbe essere considerato un valore. Ma cosa si intende
effettivamente con favorire lo sviluppo degli individui che appartengono allo Stato? I livelli di
discussione potrebbero essere molteplici. Considerando il termine „sviluppo‟ sotto due diversi
profili: innanzitutto, inteso come soddisfazione dei bisogni vitali degli individui, in questo
caso nell‟organizzazione dello Stato è predisposta per necessità unala divisione del lavoro. Lo
Stato si trasforma quindi in un‟istituzione utile, ente al servizio dei bisogni vitali degli
individui.
Queste linee sono importanti per l‟affermazione di un quadro assiologico che nella
trattazione del diritto potrebbe alterare i contenuti della discussione. Nel caso appena
delineato lo Stato si fa portatore di un valore come quello dell‟utilità. Allora, quali sono le
prospettive giuridiche di uno Stato che basa completamente la sua esistenza su un valore
come quello dell‟utilità? Nel caso di una giustificazione pratica dello Stato, che però non
riuscirebbe sotto un profilo fenomenologico-esistenziale, lo Stato, nella sua declinazione di
73
Id., p. 137.
21
Diritti umani e fenomenologia dello Stato in Edith Stein
Stato di diritto, non può prescrivere l‟utilità, altrimenti cadrebbe in contraddizione con le sue
premesse, ma Stein non «esclude che in entità statali concrete si realizzi questo valore»74, in
questo caso un non-valore diventa valore nell‟estremizzazione del pragmatismo economico.
Un momento principale nella concezione del valore è rappresentato dalla sua concretizzazione nella dimensione spirituale: i valori si attuano attraverso uno sviluppo inteso
quale crescita spirituale delle persone che concorrono a costruire uno Stato di diritto. Il punto
discriminante tra un valore che assume una qualsivoglia forma e il valore inteso quale
sviluppo spirituale della persona è la realizzazione di un livello superiore, estrinsecato nelle
forme storiche e concrete dalla comunità di popolo capace di coordinare l‟estrinsecazione di
forze spirituali dirette a beni spirituali che si oppongono ad uno sviluppo semplicemente
economicistico dello Stato. Questo aspetto produce una situazione specifica perché non è
detto che non esistano Stati che non pongano tra i loro obiettivi la distruzione di beni spirituali
e non è detto che una vita spirituale possa organizzarsi anche senza la presenza statale. Questo
è il punto centrale della discussione assiologica presentata da Stein, il valore è da considerare
insito nello sviluppo spirituale. La comunità spirituale realizza, nelle prassi della comunità
storica, lo sviluppo spirituale delle persone da incanalare nella struttura dello Stato di diritto.
La presenza di norme etiche pone una questione rilevante. Fino a che punto lo Stato deve
prendere in considerazione la dimensione etica?
Drastica Stein: «i valori etici sono valori personali»75. È un‟affermazione che diventa il
vessillo di una fenomenologia che si trasforma gradualmente in ricerca della differenziazione
tra fenomeni. Discutere di valori etici come valori personali equivale a dire che essi attengono
sì alla persona, ma anche che «la rettitudine e i valori etici personali non stanno l‟una accanto
agli altri senza rapporto: sono sempre persone o comportamenti personali che costituiscono il
materiale oggettivo degli stati-di-cose che pretendono di essere considerati moralmente giusti.
La rettitudine morale non ha niente a che fare con il diritto nel senso finora inteso. Se nego a
chi ha bisogno l‟aiuto che potrei dargli, ciò è “ingiusto” dal punto di vista morale e non da
quello legale. La realizzazione di stati-di-cose riconosciuti come moralmente giusti è affidata
alle persone come dovere morale»76.
L‟argomentazione conduce a considerare la differenza tra norme giuridiche e norme etiche:
i punti in comune sono la qualità del rapporto interpersonale e la condotta degli individui. Nel
diritto non manca ciò che è rilevante sotto il profilo morale, cioè la caratteristica spirituale
della persona, i sentimenti, le emozioni. Stein ripercorre i tratti binomici di amore e odio,
ammirazione e disprezzo; queste coppie non sono rilevanti per il diritto per il quale sono
invece importanti altri elementi quali la libertà, la responsabilità e soprattutto gli atti liberi
rappresentati come momenti dello spirito77 come peraltro discussi da Hegel attraverso
l‟affermazione „il diritto è spirito e tratta l‟uomo come spirito‟. Solo in questa direzione è
possibile parlare di diritto positivo che viene realizzato attraverso l‟atto del legiferare.
Categorie come pretesa, proprietà78 e colpa: pretesa da promettere, proprietà per esempio
74
Id., p. 138.
Id., p. 142; vd. anche W. SCHULZ, Philosophie in der veraenderten Welt, p. 752 e ss.
76
Id., p. 143. Cfr. anche AA. VV., Edith Stein e il nazismo, Roma, 2005, p. 76 ss.
77
«Efficacia legale significa che qualche cosa promana dagli atti della persona e che qualche cosa, che possiede
un‟esistenza separatamente da lei, è eliminata per mezzo di quegli atti…» Una ricerca sullo Stato, p. 144. Per un
approfondimento H. ROMBACH, Strukturontologie. Eine Phaenomenologie der Freiheit, München, 1971; C.
FABRO, Linee dell’attività filosofico-teologica della beata Edith Stein, p. 197.
78
Reinach discute del diritto di proprietà, concetto rilevante per la dottrina a priori del diritto I fondamenti a
priori del diritto civile, p. 78 ss.
75
22
Diritti umani e fenomenologia dello Stato in Edith Stein
tramite alienazione e colpa nell‟ambito del crimine, sono elementi che alimentano la
dimensione delle fattispecie astratte.
Non c‟è in ambito morale o etico qualcosa che possa paragonarsi a quanto avvicinato
fenomenologicamente nella dimensione del diritto.
Dall‟ambito etico proviene una spinta a che norme etiche diventino norme giuridiche. È
opportuno distinguere anche tra norme etiche e morale dominante.
Le prime sono a priori, la seconda è delimitata da confini spazio-temporali. Parlare di
morale dominante – quindi di dominio di una certa morale – è quanto più si avvicina alla
validità del diritto poiché il tratto in comune secondo Stein è “l‟essere in vigore”, ma le cose
sono diverse: il diritto è istituito mentre la morale non può essere istituita: «La morale non
può essere istituita come il diritto»79. Questo è il nodo fondamentale della differenza tra
morale e diritto. Il diritto è ciò che viene istituito – a differenza di quanto avviene nella
morale – ci si sentirebbe quasi di richiamare quanto discusso attraverso l‟interpretazione del
vitam instituere80.
Pur differenziato fenomenologicamente, lo Stato conserva un suo rapporto con le norme
etiche: è soggetto di atti liberi, ma nei termini della fenomenologia della soggettività81 non è
né soggetto etico né soggetto di diritto. In effetti, la sua esistenza non viene minata nel
momento in cui non si occupa di norme etiche. Nella prassi statale, agli atti dello Stato può
attribuirsi un valore etico positivo oppure negativo. Inoltre, in nome dell‟etica è possibile che
lo Stato compia alcuni atti con la finalità di realizzare o contribuire a realizzare anche dei
valori.
Non bisogna tralasciare però che lo Stato di diritto è strutturato secondo degli a priori che
risiedono nella dimensione del diritto puro per cui si può affermare che uno dei valori
rilevanti è costituito dalla giustizia; lo Stato non è direttamente portatore di valori, anzi latrice
ne è la comunità, mentre lo Stato «può servire allo “sviluppo della personalità” o attraverso le
istituzioni che esso crea, oppure anche eventualmente lasciando liberi alcuni ambiti del
controllo statale e affidandosi all‟iniziativa degli individui o delle associazioni private»82. La
delineazione della struttura statale conduce alla considerazione che la base costitutiva dello
Stato di diritto è configurata nel riconoscimento che confluisce, poi, nella dinamica dell‟atto
empatico.
79
Una ricerca sullo Stato, p. 150. In Reinach si legge proprio all‟inizio «Per l‟evoluzione del diritto sono
determinanti le concezioni etiche del momento ed ancor di più le condizioni e i bisogni economici in continuo
cambiamento», I fondamenti a priori del diritto civile, p. 1.
80
Cfr. P. LEGENDRE, Il giurista artista della ragione, Torino, 2000.
81
«… dobbiamo renderci conto di che cosa può intendersi con “soggettività”. … si tratta in modo particolare del
soggetto e dunque della coscienza come correlato del mondo oggettivo. Tuttavia, questo è un significato
relativamente lontano dall‟atteggiamento naturale. Quando nei discorsi quotidiani parliamo di “soggetti” o
meglio di “persone”, indichiamo usualmente con queste espressioni gli esseri umani nel mondo (noi stessi o gli
altri, che sono “nostri simili”)», Introduzione alla filosofia, p. 146.
82
Una ricerca sullo Stato, p. 153; H. HENKEL, Die Einführung in die Rechtsphilosophie, p. 269-296; p.309 e ss.
23