la catacomba di priscilla

Transcript

la catacomba di priscilla
“Alle
radici della fede cristiana”
Corso di Formazione Itinerante
per insegnanti di religione cattolica
della scuola dell’infanzia e primaria
9-10-11 maggio 2014
“La fede di Pietro testimoniata dai martiri romani”
catacombe di Priscilla, Basilica di S.Maria Maggiore,
Basilica di S.Paolo fuori le mura, Basilica di S.Pietro
Sussidio di documentazione
1
Il primo piano, il più antico, si snoda in
percorsi irregolari di gallerie, nelle cui pareti
sono ricavati i “loculi”, le tombe comuni dove
il corpo era posto, avvolto in un lenzuolo,
direttamente sulla terra, cosparso di calce ad
impedirne la rapida putrefazione, e murato
con marmi o tegole. Sulle tombe le iscrizioni
erano in greco o in latino, o c’erano piccoli
oggetti a permettere il riconoscimento delle
tombe anepigrafe. Solo in questo primo
piano, dove erano sepolti i Martiri, troviamo
piccole stanze, i “cubicoli”,tombe di famiglie
abbienti o di martiri, e gli arcosoli, altro tipo
nobile di tomba, spesso decorati con pitture
a soggetto religioso. Sono raffigurate, per lo
più, storie bibliche dell’Antico o del Nuovo
Testamento, che stanno ad esprimere la fede
nella salvezza e nella risurrezione ottenuteci
da Gesù. Sulle lapidi tombali sono frequenti
anche i simboli, significativi per i cristiani e
incomprensibili per i pagani: il più noto è il
pesce, che nasconde le cinque parole “Gesù
Cristo Figlio di Dio Salvatore” attraverso le
iniziali delle cinque lettere greche che
compongono la parola “ICTUS”, pesce.
LA CATACOMBA DI PRISCILLA
La catacomba di Priscilla, conosciuta in tutti i
documenti topografici e liturgici antichi, si
apre sulla Via Salaria con ingresso presso il
convento delle Suore Benedettine di Priscilla.
Per la quantità di martiri qui sepolti, questo
cimitero era chiamato la
“regina catacumbarum”.
Scavata tra il secondo e il quinto secolo,
prende inizio da ambienti ipogei preesistenti,
dei quali i principali sono un arenario, un
criptoportico e l’ipogeo con le tombe degli
Acili Glabrioni. A tale famiglia appartiene la
donatrice del terreno, la nobildonna Priscilla,
la cui memoria ricorre il 16 gennaio nel
Martirologio Romano, che la indica come
benefattrice della comunità cristiana di Roma.
Questo cimitero, perduto come tanti altri per
l’occultamento degli ingressi a protezione dai
saccheggi, è stato uno dei primi ad essere
ritrovato nel sedicesimo secolo e perciò
abbondantemente derubato di lapidi,
sarcofagi, tufo e corpi di presunti martiri.
Conserva però pitture particolarmente belle e
significative: la visita comprende le principali
di queste.
IL CUBICOLO DELLA VELATA
LE GALLERIE CIMITERIALI
La stanza prende il nome dalla pittura della
lunetta di fondo, raffigurante una giovane
donna, con un ricco vestito liturgico e un velo
sul capo, con le braccia alzate in
atteggiamento di orante. Ai lati della donna
orante sono rappresentate due scene uniche
nella pittura cimiteriale, probabilmente
episodi della sua vita . Al centro della volta è
dipinto il Buon Pastore nel giardino
paradisiaco, tra pavoni e colombe, preceduto,
nel sottarco d’ingresso, dalla scena della
fuoruscita del profeta Giona dalla bocca del
Scavate nel tufo, tenera roccia vulcanica
utilizzata per la costruzione di mattoni e
calce, le gallerie si estendono per circa 13
km. di lunghezza, in vari livelli di profondità.
2
mostro marino, chiara espressione della fede
nella risurrezione. Nella lunetta di sinistra del
cubicolo è raffigurato il sacrificio di Isacco e
in quella destra i tre giovani nella fornace di
Babilonia, entrambi esempi di totale fede nel
Dio che salva e per i primi cristiani
prefigurazioni della salvezza portata da
Gesù.Le
pitture,
incredibilmente
ben
conservate, risalgono alla seconda metà del
terzo secolo.
LA CAPPELLA GRECA
LA
NICCHIA
CON
LA
PIU'
ANTICA IMMAGINE DELLA VERGINE
Ambiente ritrovato pieno di terra gettata dal
lucernario aperto nel soffitto, prende il nome
da due iscrizioni in greco dipinte nella nicchia
destra, prima cosa vista dagli scopritori.
Riccamente decorato con pitture e stucchi di
stile pompeiano, presenta una forma
particolare con tre nicchie per sarcofagi e un
bancone per i banchetti funebri, detti
“refrigeri” o “agapi” che si svolgevano presso
le tombe in onore dei morti. Il dipinto, su
fondo rosso nell’arco di centro, è proprio un
banchetto, che però ha un chiaro riferimento
al
banchetto
eucaristico
(celebrato
occasionalmente dai cristiani presso le tombe
venerate). Ai lati della tavola dove sono
assise sette persone di cui la prima tende le
mani nell’atto di spezzare il pane, sono
raffigurati sette cestini, che alludono al
miracolo della moltiplicazione dei pani e dei
pesci, quando Gesù promette il pane della
vita eterna.
Numerosi gli episodi del Vecchio Testamento:
Noè che esce dall’arca e Mosè che fa
scaturire l’acqua dalla roccia, prefigurazioni
dell’acqua salvifica del battesimo; il sacrificio
di Isacco; le tre storie di salvezza miracolosa
del libro di Daniele (Daniele tra i leoni, i tre
Giovani nella fornace, Susanna accusata di
adulterio dai vecchi giudici babilonesi e
salvata da Daniele ). Del Nuovo Testamento
fanno
parte
la
raffigurazione
della
risurrezione di Lazzaro (Gesù ha potere sulla
morte); la guarigione del paralitico (Gesù ha
potere sul peccato); e l’adorazione dei Magi.
Quest’ultima
scena
è
rappresentata
frequentemente nei cimiteri di Roma come
segno della universalità della salvezza
essendo i tre re i primi pagani che adorano
Cristo.
Nel soffitto di una nicchia, approfondita a
galleria molto probabilmente per la presenza
di una tomba venerata, c’è lo stucco,
sfortunatamente in gran parte caduto, del
Buon Pastore tra alberi, anch’essi in stucco
ma che finiscono in vivace pittura di fronde e
rossi frutti. All’estremità del soffitto due
scene: completamente caduta quella di
sinistra, a destra si conserva la figura della
Vergine Maria con il Bambino sulle ginocchia
e accanto un profeta, che nella sinistra tiene
un rotolo e con la destra addita una stella.
Dovrebbe trattarsi della profezia di Balaam:
“una stella spunta da Giacobbe e uno scettro
sorge da Israele”(Num. 24,15-17). La
presenza del profeta sta a indicare nel
Bambino il Messia atteso per secoli.La pittura,
per lo stile pompeiano primitivo, può risalire
alla fine del II o all’inizio del III secolo, perciò
questa è ritenuta la più antica raffigurazione
della Vergine.
3
LE BENEDETTINE DI PRISCILLA
RASSEGNA STAMPA
Prendono il nome di Priscilla dal luogo dove è
iniziata la congregazione, fondata dal
sacerdote bolognese Giulio Belvederi,
OSSERVATORE ROMANO 16 novembre 2013
Il 19 novembre, nella basilica di San
Silvestro, presso il complesso catacombale di
Priscilla sulla via Salaria, saranno presentati i
risultati del restauro degli affreschi del
cubicolo di Lazzaro; sarà inaugurato il Museo
delle sculture; sarà mostrato il percorso
ipogeo; e sarà presentato il volume di
Fabrizio Bisconti, Raffaella Giuliani e Barbara
Mazzei Le catacombe di Priscilla. Il
complesso, i restauri, il museo (Todi, Tau
Editrice, 2013, pagine 126, euro 15). Per
l’occasione, infine, sarà avviato il sito Google
Maps delle Catacombe di Priscilla.
«Il complesso delle catacombe di Priscilla –
scrive il cardinale Gianfranco Ravasi - con la
basilica di San Silvestro è stato sottoposto
negli ultimi cinque anni a una serie molto
articolata di interventi archeologici
conservativi, ai quali si è accompagnata la
costituzione di un suggestivo museo
destinato alla fruizione e alla conoscenza
didattica dell’intero complesso posto sulla via
Salaria nova. Di grande rilievo è la scoperta,
attraverso la tecnica del laser, di nuovi
affreschi nell’area cimiteriale del martire
Crescenzione. Si tratta di un settore degli
esordi del IV secolo che ha svelato una
sorprendente sequenza iconografica.
Una imago clipeata rappresenta una defunta
orante, affiancata dagli apostoli: essi
introducono in paradiso un giovane e una
fanciulla in atteggiamento di preghiera, forse
i due figli della matrona raffigurata nel clipeo
centrale. Ai margini estremi dell’affresco si
levano due figure maschili in tunica e pallio:
si tratta forse dei martiri Felice e Filippo,
considerati dalla tradizione agiografica figli di
santa Felicita, sepolti proprio nella basilica di
San Silvestro.
Particolare attenzione merita anche l’altro
affresco che rievoca in modo originale la
resurrezione di Lazzaro: Cristo, infatti, sfiora
la mummia dell’amico, situata in una sorta di
edicola funeraria.
L’intervento della Pontificia commissione di
Archeologia sacra comprende, però,
un’ulteriore componente di altrettanto rilievo
e significato: l’allestimento del Museo delle
catacombe di Priscilla. In uno degli ambienti
della basilica di San Silvestro sono stati infatti
raccolti oltre settecento frammenti di
sarcofagi, recuperati in quest’area e
archeologo e uomo di profonda spiritualità,
chiamato a Roma dal Papa Pio XI per la
costruzione
del Pontificio
Istituto
di
Archeologia Cristiana, delle case custodi delle
catacombe che venivano aperte al pubblico, e
per avvicinare i cristiani a queste
testimonianze della fede primitiva e ravvivarli
nella carità. Egli ha dato alle sue figlie, come
guida di vita, la regola benedettina come la
più aderente allo spirito del Vangelo e alla
vita apostolica nella sua semplicità. Preghiera
e lavoro, vita incentrata sulla lode di Dio nella
celebrazione della Messa e dell’Ufficio divino;
lavoro a servizio della Chiesa svolto
nell’ambito della casa religiosa nell’umiltà e
nella gioia di una vita veramente fraterna.
Gestiscono l’afflusso dei visitatori alla
catacomba, curano nella visita l’aspetto
storico, scientifico del luogo ma soprattutto la
sua valenza religiosa di luogo sacro e
santificato dalla testimonianza eroica e
talvolta cruenta dei primi cristiani, che
esprimono qui la loro fede in queste semplici
pitture, che non hanno grandi pretese di
valore
artistico
ma
sentimentale
e
catechetico.
Le Benedettine guidano i visitatori nella
catacomba dando loro l'opportunità di toccare
con mano la fede che animava le prime
comunità
cristiane.
Fedeli allo spirito del Concilio Vaticano II, le
Benedettine offrono a tutti i credenti di
confessioni diverse un luogo di incontro e di
comunione fraterna. Chiese sorelle si recano
in pellegrinaggio alla catacomba per ritrovare
le radici di una fede comune.
4
prevalentemente contrassegnati dal fatto di
essere decorati con soggetti profani. Si ha
così, da un lato, l’attestazione di una
necropoli pagana, ma dall’altro lato, anche la
conferma dell’interazione culturale tra pagani
e cristiani, quando nello stesso spazio, tra il
III e il IV secolo, si sviluppano le catacombe
cristiane.
Infine, attraverso una preziosa collaborazione
con Google Maps, si potrà visitare
virtualmente questo affascinante complesso
catacombale attraverso l’apposita sezione
Views Priscilla”. Si compirà, così, un connubio
tra antichità e modernità, nella
consapevolezza della vitalità delle lontane
radici a cui attinge la nostra cultura
contemporanea».
catacombe, quello della basilica in cui era
sepolto Papa Silvestro (314-335).
Il restauro del cubicolo di Lazzaro, nel
cimitero sotterraneo non lontano della
basilica papale, è l’ultimo di una importante
serie d’interventi conservativi nel cimitero di
Priscilla. La basilica di San Silvestro si
compone di due ambienti, uno propriamente
dedicato al culto e l’altro utilizzato in passato
come deposito dei materiali scultorei antichi
rinvenuti nel corso degli scavi. Fra questi
materiali oltre 700 frammenti di sarcofagi
provenienti dalla necropoli che in epoca tardo
imperiale si estendeva in questo tratto della
via Salaria Nova, sono stati accuratamente
restaurati.
Il risultato del restauro rappresenta una
notevole testimonianza della scultura
funeraria della tarda antichità disposta in una
vera e propria esposizione museale. Le
catacombe della Salaria sono state inoltre
inserite nel programma Google Maps in cui
sarà possibile ammirare il complesso
priscilliano nell’apposita sezione Views
Priscilla. Sarà quindi possibile addentrarsi tra i
lunghi corridoi delle catacombe, scoprire i
celebri affreschi tra cui la più antica
rappresentazione della Vergine.
Da “Redazione” 14 marzo 2014_______
Gli affreschi, risalenti tra il 230-240 dC, sono
alloggiati all’interno delle catacombe di
Priscilla di Roma.
La catacomba, utilizzata per le sepolture
cristiane della fine del II secolo fino al IV
secolo, ha riaperto al pubblico dopo anni di
restauro. Questa zona è spesso chiamata la
regina delle catacombe perché è dotata di
camere di sepoltura di papi e di un piccolo,
delicato affresco della Madonna che allatta
Gesù risalente al 230-240 dC, la prima
immagine conosciuta della Madonna col
Bambino. Il cardinale Gianfranco Ravasi,
ministro della cultura del Vaticano, ha aperto
il cubicolo di Lazzaro, una camera sepolcrale
con immagini del IV secolo di scene bibliche,
gli apostoli Pietro e Paolo e uno dei primi
romani sepolti nel letto a castello come era
comune nell’antichità.
Un affresco nella cappella greca color ocra
dispone di un gruppo di donne che celebrano
un banchetto che sembra essere il banchetto
dell’Eucaristia. La Pontificia Commissione di
Archeologia Sacra ha presentato il 19
novembre presso la Basilica di San Silvestro il
complesso delle Catacombe di Priscilla,
riaperti dopo una serie d’interventi di restauro
durati cinque anni.
Le catacombe di Priscilla, lungo la via Salaria
a Roma, sono state utilizzate per le sepolture
cristiane tra la fine del II e il IV secolo. Tra gli
interventi eseguiti quelli di scavo archeologico
e restauro conservativo degli apparati pittorici
con la ristrutturazione e il riallestimento di
uno degli spazi più suggestivi delle
ARTWEMAGAZINE, 30 novembre 2013,
F.Gentili
Labirintiche e sotterranee, le Catacombe di
Priscilla a Roma non smettono di stupire.
Sulle pareti, alcuni affreschi mostrano alcune
donne, riunite in gruppo, intente a celebrare
(probabilmente) l’Eucarestia. È il Vaticano a
raccontarlo, in concomitanza con la
presentazione dei lavori di restauro, appena
terminati, ma durati cinque anni. La
domanda nasce spontanea, dunque nel
cristianesimo primitivo il sacerdozio non era
unicamente un’esclusiva maschile? Le
immagini, che risalgono al 230 d. C.,
sembrerebbero farlo credere. Anche se
Fabrizio Visconti, soprintendente della
commissione di Archeologia sacra del
Vaticano, ha subito precisato che queste
ipotesi sono «soltanto una favola, una
leggenda». Tuttavia, non tutti la pensano
così, anche perché, effettivamente, in quelle
pitture delle figure officianti ci sono. E sono
figure femminili.
Esperti e studiosi stanno valutando gli
affreschi di due particolari settori delle
Catacombe: il Cubiculum della donna velata,
5
dove, appunto, appare una donna velata, in
abiti liturgici e con le mani stese, come a
celebrare la messa; e la cosiddetta Cappella
greca, sulle cui pareti compaiono numerose
donne intorno ad un tavolo. Hanno le mani in
alto e forse recitano il Padre nostro, o
celebrano un rito.
La curiosità. La Women’s ordination
conference e l’Association of roman catholic
woman priests, due organizzazioni
paracattoliche, sono convinte che le immagini
siano la prova dell’esistenza del sacerdozio
femminile nelle prime fasi del cattolicesimo.
La citazione. «Sia riconosciuta ai fedeli, tanto
ecclesiastici che laici, una giusta libertà di
ricercare, di pensare e di manifestare con
umiltà e coraggio la propria opinione», dal
Concilio Vaticano II, Gaudium et Spes, n. 62.
che hanno curato i lavori, da Raffaella Giuliani
a Barbara Mazzei. Con loro anche Giorgia
Abeltino di Google, che da ieri grazie a una
nuova sezione di Google Maps, Views
Priscilla, permette di visitare virtualmente
l’intero complesso catacombale di via Salaria,
“muovendosi” all’interno dei vari ambienti per
scoprirne i tesori. Dalla splendida Cappella
Greca ricca di affreschi, con il celebre Ciclo di
Susanna, al criptoportico con volte a crociera,
fino al Cubicolo della Velatio, all’ipogeo degli
Acili e all’arenario centrale, che custodisce la
più antica raffigurazione della Vergine col
Bambino dell’arte occidentale. Gli ultimi
cinque anni di lavori hanno visto, inoltre, il
restauro di oltre settecento frammenti di
sarcofagi recuperati nell’area, che
testimoniano la storia della scultura funeraria
in età tardoimperiale, l’interazione fra il
mondo pagano e il mondo cristiano e
l’evoluzione culturale fra il III e il IV secolo,
periodo in cui si svilupparono le catacombe
cristiane dove prima sorgeva una necropoli
pagana. Nella basilica di San Silvestro
recentemente ristrutturata è stato inaugurato
ieri il Museo delle catacombe di Priscilla che li
raccoglie, in un nuovo e suggestivo
allestimento che li vede esposti sulle pareti,
come tessere di un ideale “mosaico” di storie
e di storia, divisi in sei sezioni tematiche. Ma i
lavori nelle Catacombe di Priscilla non si
fermano e proseguiranno presto con nuovi
restauri in diversi ambienti. Fonte: la
Da ROMA 2 OGGI quotidiano online
L’ultimo a “risorgere” dalla patina nera che lo
copriva da secoli è stato proprio il profilo di
Lazzaro, sfiorato da Cristo e ancora avvolto
nelle bende funebri. Un affresco suggestivo,
che rievoca in modo originale il miracolo,
tornato alla luce nel cubicolo di Lazzaro delle
Catacombe di Priscilla, su via Salaria di fronte
a Villa Ada, oggetto negli ultimi cinque anni,
insieme alla basilica di San Silvestro, di una
serie di interventi archeologici e di restauro
che, grazie alla tecnica del laser, hanno
svelato nuovi affreschi. A cominciare dalla
sorprendente sequenza iconografica che
sormonta una parete dello stesso cubicolo,
risalente agli inizi del IV secolo e noto fin dai
primi del Novecento. Una imago clipeata –
particolare ritratto racchiuso in una cornice
tonda – rappresenta una defunta orante,
affiancata dagli apostoli Pietro e Paolo, che
introducono in paradiso un giovane e una
fanciulla in atteggiamento di preghiera, forse
i due figli della matrona raffigurata. Ai
margini estremi compaiono, invece, due
figure in tunica bianca: forse i martiri Felice e
Filippo, considerati dalla tradizione
agiografica figli di Santa Felicita e sepolti
proprio nella basilica di San Silvestro. A
presentare ieri il restauro degli affreschi e
della basilica, curato dalla Pontificia
Commissione di archeologia Sacra, il
cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del
Pontificio Consiglio della Cultura, monsignor
Giovanni Carrù, il sovrintendente Fabrizio
Bisconti e gli archeologi e i restauratori della
Pontificia Commissione di archeologia Sacra
Repubblica
Da BLOGLIVE il giornale digitale
La riapertura di alcune catacombe romane ha
riacceso, tra gli studiosi, il dibattito sul
sacerdozio femminile nelle prime comunità
cristiane.
Dopo cinque anni di restauri sono di nuovo a
disposizione di studiosi e visitatori a Roma le
catacombe di Priscilla, risalenti al II-IV secolo
dopo Cristo, che raccolgono oltre 700
frammenti di sarcofagi di età tardo imperiale.
La ristrutturazione delle Catacombe di
Priscilla ha fatto subito parlare di sè, per una
scoperta che potrebbe modificare la storia
della Chiesa.
I restauri hanno permesso di rivelare
maggiori particolari sugli affreschi di queste
catacombe, che sembrano dar credito alla
“voce” che anche le donne fossero ammesse
al sacerdozio attivo tra i primi cristiani.
6
In queste catacombe cristiane, utilizzate fino
al V secolo dopo Cristo, sono presenti
numerosi affreschi nei quali vengono
raffigurate donne che officiano atti liturgici.
Il Vaticano nega che le figure femminili
presenti nelle catacombe possano essere
state delle ‘donne prete’, riaprendo di fatto la
annosa polemica sul ruolo delle donne nella
Chiesa.
Alcuni affreschi mostrano dei gruppi di donne
che, per alcuni studiosi, sembrano svolgere
dei riti religiosi, fungendo da sacerdotesse. In
una di queste, il Cubiculum della Velata,
compare l’immagine di una donna con le
braccia aperte come se stesse celebrando
una messa. La figura indossa quello che
alcuni studiosi ritengono essere gli indumenti
propri dei sacerdoti. In una seconda stanza,
la cosiddetta Cappella Greca, un gruppo di
donne sono sedute ad un tavolo, tengono le
braccia aperte e celebrano quello che sembra
essere un banchetto.
Le organizzazioni fautrici del sacerdozio
femminile, come la Conferenza per
l’Ordinazione delle Donne e l’Associazione
Cattolica Romana delle Donne Sacerdoti,
sostengono che queste scene sono la prova
dell’esistenza, tra i primi cristiani, di una
forma di sacerdozio femminile.
Fabrizio Bisconti, della Commissione
Archeologica Vaticana, ha, invece, affermato
che l’affresco della donna con le braccia
spalancate rappresenta una donna deceduta
arrivata in paradiso, mentre le donne sedute
a tavola stanno semplicemente prendendo
parte ad un banchetto funebre.
Le Catacombe di Priscilla sono state scoperte
nel XVI secolo e sono note per la presenza
della più antica immagine conosciuta di
Madonna con Bambino, risalente al 230-240
d.C..
Il percorso delle gallerie è scavato nel tufo e
le sepolture – databili ad un periodo
compreso tra il II e il IV secolo d.C. – sono
disposte su più livelli.
Questo cimitero chiamato la “regina
catacumbarum”, è dedicato alla nobildonna
Priscilla, che la indica come benefattrice della
comunità cristiana di Roma.
Negli ultimi 20 anni il patrimonio pittorico
delle catacombe di Priscilla è stato
interamente recuperato, rivolgendo
particolare attenzione al restauro del
cosiddetto “Cubicolo di Lazzaro”. Si tratta di
un ambiente rettangolare, noto fin dai primi
anni del 900 che si trovava in condizioni di
degrado.
L’imponente affresco custodito in questo
luogo, databile al IV secolo, è posto nel
cimitero sotterraneo vicino alla Basilica
papale San Silvestro.
Grazie alla tecnica del laser, le immagini sono
tornate alla luce svelando sulla parete destra
la scena della resurrezione di Lazzaro, avvolto
dalle bende, affiancato da Cristo dipinto
senza barba. Sopra la parete che ospitava tre
tombe si trovano invece il volto della defunta
affiancata da Pietro e Paolo che presentano
altri due morti, presumibilmente i figli della
donna, e ai margini altri due personaggi che
siano Felice e Filippo.
Il restauro delle Catacombe è stato curato
dalla Pontificia Commissione di Archeologia
Sacra ed è stato presentato dal cardinale
Giafranco Ravasi, presidente del Pontificio
Consiglio della Cultura, insieme a una
rappresentante di Google che ha spiegato
come i cunicoli saranno visitabili anche
tramite una nuova sezione di Google Maps,
View Priscilla.
“La cultura antica può avere e trovare tante
strade per incrociare la contemporaneità” ha
sottolineato il cardinale Gianfranco Ravasi,
presidente del Pontificio Consiglio per la
Cultura a ‘repubblica.it’.
“Le catacombe costituiscono un grande
fascino e non solo per gli studiosi – continua
Ravasi – dobbiamo rilanciare il desiderio di
ridiscendere nei luoghi oscuri e luminosi del
sottosuolo romano“.
7
L'incontro con la Basilica liberiana, dal nome
di Papa Liberio, è un'esperienza che
arricchisce umanamente e spiritualmente:
non è raro, infatti, cogliere i visitatori in
atteggiamento di ammirazione verso la
coinvolgente bellezza delle sue opere così
come è d'altro canto visibile constatare la
devozione di tutte quelle persone che di
fronte all'immagine di Maria, qui venerata con
il dolce titolo di "Salus Populi Romani",
cercano conforto e sollievo.
Il 5 agosto di ogni anno viene rievocato,
attraverso una solenne Celebrazione, il
"Miracolo della Nevicata": di fronte agli occhi
commossi dei partecipanti una cascata di
petali bianchi discende dal soffitto
ammantando l'ipogeo e creando quasi
un'unione ideale tra l'assemblea e la Madre di
Dio.
Il Santo Padre Giovanni Paolo II fin dall'inizio
del suo pontificato ha voluto che una
lampada ardesse giorno e notte sotto l'icona
della Salus, a testimonianza della sua grande
devozione per la Madonna. Lo stesso Papa,
l'8 dicembre del 2001, ha inaugurato un'altra
perla preziosa della Basilica: il Museo, luogo
dove la modernità delle strutture e l'antichità
dei capolavori esposti offrono al visitatore un
"panorama" unico.
I numerosi tesori in essa contenuti rendono
S. Maria Maggiore un luogo dove arte e
spiritualità si fondono in un connubio perfetto
offrendo ai visitatori quelle emozioni uniche
proprie delle grandi opere dell'uomo ispirate
da Dio.
La facciata:
Opera magnifica di Ferdinando Fuga (1741),
esposta a mezzogiorno con portico a cinque
aperture in basso e tre nella loggia superiore,
copre i mosaici del XIII sec. dell'antica
facciata.
Incastonati come gemma preziosa in questa
suggestiva cornice, essi rappresentano la
nascita della Basilica con Maria Santissima,
apparsa in sogno a Papa Liberio e al patrizio
romano Giovanni, che ispira il luogo ove si
sarebbe dovuto erigere il suo tempio. Lì un
evento eccezionale avrebbe sancito la volontà
divina: il 5 agosto del 358, infatti, una
nevicata ricoprì il Colle Esquilino e sulla
stessa neve il Papa tracciò il perimetro della
futura Basilica.
L'autore è Filippo Rusuti e i mosaici
accolgono i visitatori in tutta la loro
maestosità suscitando quelle emozioni che
avvicinano l'uomo alla grandezza di Dio. Tale
BASILICA PAPALE
S.MARIA MAGGIORE
STORIA:
La Patriarcale Basilica di S. Maria Maggiore è
un autentico gioiello ricco di bellezze dal
valore inestimabile. Da circa sedici secoli
domina la città di Roma: tempio mariano per
eccellenza e culla della civiltà artistica,
rappresenta un punto di riferimento per i
cives mundi che da ogni parte del globo
giungono nella Città Eterna per gustare ciò
che la Basilica offre attraverso la sua
monumentale grandezza.
Sola, tra le maggiori basiliche di Roma, a
conservare le strutture originali del suo
tempo, sia pure arricchite di aggiunte
successive, presenta al suo interno alcune
particolarità che la rendono unica: i mosaici
della navata centrale e dell'Arco trionfale
risalenti al V secolo d.C. realizzati durante il
pontificato di Sisto III (432-440) e quelli
dell'Abside la cui esecuzione fu affidata al
frate francescano Jacopo Torriti per ordine di
Papa Niccolò IV (1288-1292); il pavimento
"cosmatesco" donato dai cavalieri Scoto
Paparone e figlio nel 1288; il soffitto
cassettonato in legno dorato disegnato da
Giuliano San Gallo (1450); il Presepe del XIII
sec.di Arnolfo da Cambio; le numerose
cappelle (da quella Borghese a quella Sistina,
dalla cappella Sforza a quella Cesi, da quella
del Crocifisso a quella quasi scomparsa di San
Michele); l'Altare maggiore opera di
Ferdinando Fuga e successivamente
arricchito dal genio di Valadier; infine, la
Reliquia della Sacra Culla e il Battistero. Ogni
colonna, ogni quadro, ogni scultura, ogni
singolo tassello di questa Basilica
compendiano storicità e sentimenti religiosi.
Dal pellegrino devoto raccolto in preghiera al
semplice appassionato di arte, emozionato
dalle opere dei geni artistici, potranno
gustare intimamente le emozioni che questo
luogo così sacro offrirà loro.
8
è la loro preziosità che vi si può accedere
soltanto attraverso un'apposita visita guidata
che tocca la sensibilità di coloro che ammirati
contemplano questa opera d'arte. Sia per la
Loggia che per la Facciata bisogna
riconoscere al Fuga un gusto barocco e
pittorico che, unito ad un vivo senso spaziale,
lo guidò in questo suo lavoro architettonico
nel quale, ai cinque vani sottostanti che
danno adito al portico, corrispondono i tre
della Loggia superiore: un gioco di vuoti che
allevia la pesantezza delle colonne profuse a
grappoli, degli archi a tutto sesto, dei
capitelli, dei frontoni, delle cornici, delle
ghirlande, dei putti, delle statue che
rappresentano S. Carlo, il B. Albergati, Santi
Pontefici. Tra esse, quasi librata nel cielo, si
erge quella della Vergine con il Bambino.
Gli artisti che vi lavorarono furono il Lironi, il
Bracci, il Maini, lo Slodtz, il Della Valle ed
altri.La prima pietra di questa Facciata - che,
lasciando intravedere il gioco policromo, lo
scintillio della retrostante parete musiva, è
quasi un tabernacolo, plasticamente sentito fu posta da Benedetto XIV il 4 marzo 1741.
I lavori di essa e dell'interno del tempio
terminarono nel 1750. Su tutto il restauro,
Papa Lambertini lasciò cadere una battuta
sarcastica: "Si credette fossimo impresari di
teatro perché sembra una sala da ballo".
L'architettura dei due palazzi laterali sono: a
destra del Ponzio (1605), a sinistra del
Ferdinando Fuga (1743) costruito dopo 138
anni per uniformare la facciata della Basilica.
I due angeli posti sul cancello centrale sono:
la Verginità, opera del Maini, e l'Umiltà opera
del Bracci.
La Basilica di Santa Maria Maggiore, situata
sulla sommità del colle Esquilino, è una delle
quattro Basiliche patriarcali di Roma ed è la
sola che abbia conservato le strutture
paleocristiane. Una nota tradizione vuole che
sia stata la Vergine ad indicare ed ispirare la
costruzione della sua dimora sull'Esquilino.
Apparendo in sogno al patrizio Giovanni ed al
papa Liberio, chiese la costruzione di una
chiesa in suo onore, in un luogo che Essa
avrebbe miracolosamente indicato. La
mattina del 5 agosto, il colle Esquilino
apparve ammantato di neve. Il papa tracciò il
perimetro della nuova chiesa e Giovanni
provvide al suo finanziamento. Di questa
chiesa non ci resta nulla se non un passo del
Liber Pontificalis dove si afferma che papa
Liberio "Fecit basilicam nomini suo iuxta
Macellum Liviae". Anche i recenti scavi
effettuati sotto l'attuale basilica, pur portando
alla luce importanti testimonianze
archeologiche come lo stupendo calendario
del II-III secolo d.C. e come i resti di mura
romane parzialmente visibili visitando il
museo, non ci hanno restituito nulla
dell'antica costruzione.
Il campanile, in stile romanico
rinascimentale, si staglia per 75 metri ed è il
più alto di Roma. É stato costruito da
Gregorio XI al suo ritorno a Roma da
Avignone e ospita alla sommità cinque
campane. Una di esse, "la sperduta", ripete
ogni sera alle ventuno, con suono
inconfondibile, un richiamo per tutti i fedeli.
Interno:
Entrando nel portico, a destra, è situata la
statua di Filippo IV di Spagna, benefattore
della Basilica. Il bozzetto dell'opera, realizzata
da Girolamo Lucenti nel XIII secolo, è di Gian
Lorenzo Bernini.
Al centro la grande porta di bronzo realizzata
da Ludovico Pogliaghi nel 1949, con episodi
della vita della Vergine, i profeti, gli
Evangelisti e le quattro donne che nell'Antico
Testamento prefigurarono la Madonna. A
sinistra la Porta Santa, benedetta da Giovanni
Paolo II l'8 dicembre del 2001, portata a
compimento dallo scultore Luigi Mattei e
offerta alla basilica dall'Ordine Equestre del
Santo Sepolcro di Gerusalemme.
Al centro Cristo risorto, il modello è l'uomo
della Sindone, che appare a Maria,
rappresentata come la Salus Populi Romani.
In alto a sinistra l'Annunciazione al pozzo,
episodio tratto dai Vangeli apocrifi, a destra
la Pentecoste.
In basso nel lato sinistro, il Concilio di Efeso,
che stabilì Maria quale THEOTÒKOS, a destra
il Concilio Vaticano II che La volle Mater
Ecclesiae. Lo stemma di Giovanni Paolo II e il
suo motto sono rappresentati nella parte alta,
mentre i due in basso appartengono al
Cardinale Furno, che fu arciprete della
Basilica, e all'Ordine del Santo Sepolcro.
L'attuale basilica risale essenzialmente al V
secolo d.C.. La sua costruzione è legata al
Concilio di Efeso del 431 d.C. che proclamò
Maria Theotòkos, Madre di Dio, e fu voluta e
finanziata da Sisto III quale Vescovo di
Roma. Entrando si prova una viva
impressione nel vedere la sua vastità, lo
splendore dei suoi marmi e la ricchezza della
decorazione; l'effetto monumentale e
grandioso è dovuto principalmente alla forma
della struttura della basilica e all'armonia che
9
regna nei principali elementi della sua
architettura. Costruita secondo i canoni del
"ritmo elegante" di Vitruvio, la basilica è
divisa in tre navate da due file di preziose
colonne sulle quali corre un'artistica
trabeazione ora interrotta verso l'abside da
due arcate realizzate per la costruzione della
Cappella Sistina e Paolina. Tra i colonnati ed
il soffitto, le pareti erano in origine traforate
da ampie finestre delle quali se ne
conservano solo metà essendo state murate
le altre. Dove erano le finestre, oggi è
possibile ammirare una serie di affreschi che
rappresentano "Storie della vita di Maria". Al
di sopra delle finestre e degli affreschi, un
fregio ligneo decorato da squisiti intagli
rappresentanti una serie di tori cavalcati da
amorini si unisce alla cornice del soffitto. I
tori sono il simbolo dei Borgia e gli stemmi di
Callisto III e Alessandro VI, i due papi Borgia,
spiccano al centro del soffitto. Non è ben
chiaro quale fu il contributo di Callisto III alla
realizzazione di quest'opera, certo è che chi la
realizzò fu Alessandro VI che vi pose mano
quando era ancora arciprete della Basilica: il
soffitto venne disegnato da Giuliano da
Sangallo e completato da suo fratello
Antonio. La tradizione vuole che la doratura
sia stata realizzata con il primo oro
proveniente delle Americhe che Isabella e
Ferdinando di Spagna offrirono ad Alessandro
VI. Come uno splendido tappeto, si stende ai
nostri piedi il pavimento a mosaico realizzato
dai mastri marmorari Cosma e offerto ad
Eugenio III nel XII secolo, da Scoto Paparoni
e suo figlio Giovanni, due nobili romani.
L'unicità di Santa Maria Maggiore è dovuta
però agli splendidi mosaici del V secolo, voluti
da Sisto III che si snodano lungo la navata
centrale e sull'arco trionfale. I mosaici della
navata centrale riassumono quattro cicli di
Storia Sacra i cui protagonisti sono Abramo,
Giacobbe, Mosè e Giosuè e nel loro insieme,
vogliono testimoniare la promessa di Dio al
popolo ebraico di una terra e il suo aiuto per
raggiungerla. Il racconto, che non segue un
ordine cronologico, inizia sulla parete sinistra
presso l'arco trionfale con il sacrificio
incruento di Melchisedek, re-sacerdote. In
questo riquadro è evidente l'influenza
iconografica romana. Melchisedek,
rappresentato nella posa dell'offerente, ed
Abramo, in toga senatoria, ricordano il
gruppo equestre del Marco Aurelio. I pannelli
successivi illustrano episodi della vita di
Abramo anteriori al primo riquadro. Ciò ha
fatto a lungo credere che ogni riquadro fosse
fine a se stesso fino a quando,
approfondendo lo studio dei mosaici, non si è
capito che la decorazione fu studiata e
voluta. Il pannello con Melchisedek serve a
raccordare i mosaici della navata con quelli
dell'arco trionfale dove viene raccontata
l'infanzia di Cristo re e sacerdote.
Poi inizia il racconto con Abramo, il
personaggio più importante dell'Antico
Testamento, colui al quale Dio promette una
"nazione grande e potente"; con Giacobbe, a
cui il Signore rinnova la promessa fatta ad
Abramo; con Mosè che libererà il popolo dalla
schiavitù in cui era nato rendendolo "popolo
eletto"; con Giosuè che lo condurrà nella
terra promessa. Il cammino si conclude con
due pannelli, realizzati ad affresco al tempo
dei restauri voluti dal Cardinal Pinelli, che
rappresentano Davide che conduce l'Arca
dell'Alleanza in Gerusalemme e il Tempio di
Gerusalemme edificato da Salomone. È dalla
stirpe di Davide che nascerà Cristo la cui
infanzia è illustrata, attraverso episodi tratti
dai Vangeli apocrifi, nell'arco trionfale.
Nel 1995 Giovanni Hajnal realizzò una nuova
vetrata nel rosone della facciata principale. In
essa è raffigurata l'affermazione del Concilio
Vaticano II, dove Maria, eccelsa figlia di Sion,
è l'anello di congiunzione tra la Chiesa del
Vecchio Testamento, rappresentata dal
candelabro a sette braccia, e quella del
Nuovo simboleggiata dal calice con
l'Eucaristia.
L'arco trionfale si compone di quattro registri:
in alto da sinistra l'Annunciazione, in cui
Maria è rappresentata vestita come una
principessa romana, con in mano il fuso con
cui tesse un velo di porpora destinato al
tempio di cui era inserviente. Il racconto
prosegue con l'annuncio a Giuseppe,
l'adorazione dei Magi, la strage degli
innocenti. In questo riquadro è da osservare
la figura con il manto azzurro che dà le spalle
alle altre donne: è Santa Elisabetta che fugge
con S. Giovanni fra le braccia. A destra la
presentazione al Tempio, la fuga in Egitto,
l'incontro della Sacra Famiglia con Afrodisio,
governatore della città di Sotine. Secondo un
Vangelo apocrifo, quando Gesù giunge
fuggiasco a Sotine, in Egitto, i 365 idoli del
capitolium cadono. Afrodisio atterrito dal
prodigio e memore della fine del Faraone, va
con il suo esercito incontro alla Sacra
Famiglia e adora il Bambino riconoscendone
la divinità. L'ultimo riquadro rappresenta i
10
Magi al cospetto di Erode. Ai piedi dell'arco le
due città di Betlemme a sinistra e
Gerusalemme a destra. Se Betlemme è il
luogo dove Gesù nasce e dove avviene la sua
prima Epifania, Gerusalemme è la città dove
Egli muore e risorge (c'è un legame con il
tema apocalittico della sua definitiva venuta
alla fine dei tempi, evidenziato dal trono
vuoto al centro dell'arco, trono affiancato da
Pietro e Paolo, il primo chiamato da Cristo a
diffondere la "Buona notizia" fra gli ebrei,
l'altro fra i Gentili, i pagani). Tutti insieme
formeranno la Chiesa di cui Pietro è guida e
Sisto III suo successore. In quanto tale e
come "episcopus plebi Dei" spetta a lui
condurre il popolo di Dio verso la
Gerusalemme celeste. Nel XIII secolo Niccolò
IV, primo Papa francescano, decise di
abbattere l'abside originale e di costruire
l'attuale arretrandola di qualche metro,
ricavando così tra essa e l'arco un transetto
per il coro. La decorazione dell'abside fu
eseguita dal francescano Jacopo Torriti e i
lavori furono pagati dai Cardinali Giacomo e
Pietro Colonna.
Il mosaico di Torriti si divide in due parti
distinte: nella conca absidale c'è
l'Incoronazione della Vergine, nella fascia
sottostante sono rappresentati i momenti più
importanti della Sua vita. Al centro della
conca, racchiusi in un grande cerchio, Cristo
e Maria sono seduti su di un grande trono
raffigurato come un divano orientale. Il Figlio
sta ponendo sul capo della Madre la corona
gemmata.
Nel mosaico Maria non è vista solo come la
Madre, ma piuttosto come la Chiesa Madre,
sposa del Figlio.
Ai loro piedi il sole e la luna e intorno cori di
angeli adoranti a cui si aggiungono S. Pietro,
S. Paolo, S. Francesco d'Assisi e il papa
Niccolo IV a sinistra; Giovanni Battista,
Giovanni Evangelista, Sant'Antonio e il
donatore Cardinal Colonna a destra.
Nel resto dell'abside una decorazione a
racemi germoglia da due tronchi posti
all'estrema destra e all'estrema sinistra del
mosaico. Nella fascia alla base dell'abside le
scene della vita della Madonna sono disposte
a destra e a sinistra della "Dormitio" collocata
proprio sotto l'Incoronazione. Questo modo di
descrivere la morte della Vergine è tipico
dell'iconografia bizantina, ma si diffuse anche
in Occidente dopo le Crociate. La Vergine è
sdraiata sul letto e, mentre gli angeli si
preparano a togliere dallo sguardo attonito
degli Apostoli il suo corpo, Cristo prende tra
le braccia la sua "anima" bianca, attesa in
cielo. Torriti arricchisce la scena con due
piccole figure di francescani e di un laico con
il berretto duecentesco. Al di sotto della
"Dormitio" papa Benedetto XIV collocò la
splendida "Natività di Cristo" del Mancini. Tra
i pilastri ionici sotto i mosaici, sono stati
collocati da Fuga i bassorilievi di Mino del
Reame che rappresentano la Nascita di Gesù,
il miracolo della neve e la fondazione della
basilica da parte di papa Liberio, l'Assunzione
di Maria e l'Adorazione dei Magi. Sempre di
Fuga è il baldacchino che sovrasta l'altare
centrale davanti al quale si apre la
Confessione, voluta da Pio IX e realizzata da
Vespignani, dove è collocato il reliquiario
della Culla. Il reliquiario è in cristallo, a forma
di culla, e contiene pezzi di legno che la
tradizione vuole appartenere alla mangiatoia
su cui fu deposto Gesù Bambino. Fu eseguito
da Valadier e donato dall'ambasciatrice del
Portogallo. La statua di Pio IX, il papa del
dogma dell'Immacolata Concezione è opera
di Ignazio Jacometti e fu collocato nell'ipogeo
per volontà di Leone XIII.
Il Pavimento
Entrando nella Basilica si rimane ammirati
dalla particolarità del pavimento a mosaico
dei maestri marmorari Cosma detti
“cosmateschi” (sec. XIII).
Cappella Cesi
Voluta dal Cardinale Paolo Emilio Cesi e dal
fratello Federico fu realizzata intorno al 1560
e non se ne conosce l’autore, anche se si
ritiene che sia stata progettata da Guidetto
Guidetti, in collaborazione con Giacomo Della
Porta.
Regina Pacis
La statua della Regina Pacis, voluta da
Benedetto XV in ringraziamento per la fine
della prima guerra mondiale, è stata
realizzata da Guido Galli. Sul volto della
Madonna, seduta in trono “Regina Pacis e
Sovrana dell’universo”, si nota un senso di
tristezza.
La Cappella Sforza
A fianco dell’ingresso due lapidi ricordano che
la cappella fu realizzata grazie al cardinale
Guido Ascanio Sforza di Santafiora, arciprete
della basilica, e suo fratello, il cardinale
Alessandro Sforza Cesarini, che ne curò la
decorazione eseguita nel 1573. Secondo il
Vasari, autore del progetto era stato
Michelangelo Buonarroti, il quale ci ha
lasciato due schizzi ad esso relativi, dove è
11
ben visibile l’originale pianta con ellissi sui lati
ed un vano rettangolare che accoglie l’altare.
I ritratti inseriti nei monumenti funebri e la
pala d’altare (1573) sono stati attribuiti a
Gerolamo Siciolante da Sermoneta (15211580). La tavola quadrata sull’altare è del
Siciolante e rappresenta l’Assunzione della
Vergine la cui scansione dei piani è ben
organizzata per passare senza scosse
dall’ambiente terreno a quello celeste, dove
la figura di Maria siede discreta in atto di
preghiera.
La tomba del Bernini
“Nobile famiglia Bernini qui aspetta la
Resurrezione”. Di lato all’altare maggiore, la
semplicità della lastra tombale di uno dei più
grandi artisti del ‘600.
La Sacra Culla
Di rimpetto all’altare dell’Ipogeo, di fronte alla
statua di Pio IX e sotto il suo stemma, è
accolta e custodita una celebre reliquia,
comunemente denominata “Sacra Culla”.
Essa si offre allo sguardo dei fedeli dalla
preziosa urna ovale di cristallo e argento,
realizzata dal Valadier.
Il "Presepio" di Arnolfo di Cambio
L'immagine sentimentale e spirituale della
ricostruzione di un "Presepio" in ricordo di un
venerato avvenimento, ha origini sin dal 432
quando Papa Sisto III (432/40) creò nella
primitiva Basilica una "grotta della Natività"
simile a Betlemme . I numerosi pellegrini che
tornavano a Roma dalla Terra Santa,
portarono in dono preziosi frammenti del
legno della Sacra Culla (cunabulum) oggi
custoditi nella dorata teca della Confessione.
La Sacra Grotta di Sisto III fu molto a cuore
nei secoli successivi a diversi pontefici, finché
Papa Nicolò IV nel 1288 commissionò ad
Arnolfo di Cambio una raffigurazione
scultorea della "Natività".
Molti furono i rifacimenti e cambiamenti nella
basilica e quando Papa Sisto V (1585/90)
volle eretta nella navata destra una grande
Cappella detta del SS. Sacramento o Sistina,
ordinò nel 1590 all'Architetto Domenico
Fontana di trasferire ivi senza demolirla,
l'antica "grotta della Natività" con i superstiti
elementi scultorei di Arnolfo di Cambio.
I tre Re Magi con vesti e scarpe in elegante,
rude stile gotico, e S. Giuseppe, ammirano
attoniti e riverenti il miracolo del Bambino in
braccio alla Madonna (di P. Olivieri) scaldati
dal bue e l'asinello.
BASILICA PAPALE
S.PAOLO FUORI LE MURA
STORIA:
Con la fine delle persecuzioni e la
promulgazione degli editti di tolleranza verso
il cristianesimo, all’inizio del IV secolo,
l’Imperatore Costantino fece fare degli scavi
sui luoghi della cella memoriae, ove i Cristiani
veneravano la memoria dell’Apostolo San
Paolo, decapitato tra il 65 ed il 67, sotto
Nerone. E’ su questa tomba, situata sulla via
Ostiense, a circa 2 Km fuori le Mura Aureliane
che cingono Roma, che fece innalzare una
Basilica, consacrata da Papa Silvestro nel
324.
Ristrutturata ed ingrandita tra il 384 e il 395,
sotto gli imperatori Teodosio, Valentiniano II
e Arcadio, secondo un vasto piano a 5 navate
che si apre su un quadriportico, la Basilica
non cesserà lungo i secoli di essere oggetto
di abbellimenti e di aggiunte da parte dei
Papi, citiamo l’imponente cinta di fortificazioni
innalzata contro le invasioni alla fine del IX
secolo, il campanile e l’ammirevole porta
bizantina del XI secolo, ed ancora i mosaici
della facciata di Pietro Cavallini, il bel chiostro
dei Vassalletto, il celebre baldacchino gotico
di Arnolfo di Cambio e il candelabro pasquale
di Nicola d’Angelo e Pietro Vassalletto, del
XIII secolo. E’ il momento dell’età d’oro della
più grande Basilica di Roma, fino alla
consacrazione della nuova Basilica di San
Pietro, nel 1626. Questo luogo sacro di
pellegrinaggio della cristianità è rinomato per
le sue opere artistiche.
Nella notte del 15 luglio 1823, un incendio
distrugge questo testimone unico di epoche
paleocristiane, bizantine, del Rinascimento e
del Barocco. La Basilica viene ricostruita in
modo identico, riutilizzando gli elementi
risparmiati dal fuoco. Papa Gregorio XVI nel
12
1840 consacrava l’Altare della Confessione e
il transetto.
E gli abbellimenti continuano. Nel 1928 è
stato aggiunto il portico dalle 150 colonne.
Oggi, è la tomba dell’Apostolo che è venuta
alla luce, mentre una serie di importanti
lavori traggono beneficio, come in passato,
dalla generosità dei cristiani da ogni dove.
La lunga serie di medaglioni rappresenta tutti
i Papi della storia, fu iniziata sotto il
pontificato di Leone Magno nel V secolo e
testimonia qui in modo straordinario la
“supremazia riconosciuta dai fedeli di ogni
luogo alla grandissima Chiesa costituita a
Roma dai due gloriosi Apostoli San Pietro e
San Paolo” (San Ireneo, II s.).
San Paolo fuori le Mura è un vasto complesso
extra territoriale (Motu Proprio di Papa
Benedetto XVI, 30 maggio 2005),
amministrato da un Arciprete.
Oltre alla Basilica Papale, l’insieme
comprende una Abbazia benedettina molto
antica, restaurata da Odon de Cluny nel 936,
attiva sotto la direzione del suo abate. I
Monaci Benedettini della antichissima
Abbazia, edificata presso la Tomba
dell’Apostolo da Papa Gregorio II (715-731),
favoriscono il ministero della Riconciliazione
(o della Penitenza) e la promozione di
avvenimenti ecumenici.
E’ lì che, ogni anno, si chiude solennemente
nel giorno della Conversione di San Paolo, il
25 gennaio, la Settimana di Preghiera per
l’Unità dei Cristiani. Per la sua Basilica, il Papa
ha privilegiato due punti: il ministero della
Riconciliazione (o della Penitenza) e la
promozione di avvenimenti ecumenici.
Il Santo Padre Benedetto XVI, il 28 giugno
2007, ha visitato la Basilica per indire “l’Anno
Paolino”, commemorando in tal modo il
bimillenario della nascita di San Paolo. L’Anno
Paolino si è svolto dal 28 giugno 2008 al 29
giugno 2009.
L’edificio costantiniano:
L’Imperatore Costantino, che regna dal 306 al
332, pone fine alle persecuzioni contro i
Cristiani, proclamando in particolar modo
l’Editto di Milano, nel 313, che conferisce
libertà di culto. Favorisce la costruzione di
luoghi di culto cristiani, specialmente quello
legato alla memoria dell’Apostolo.
Sopra la tomba fa erigere un luogo di culto,
la cui esiguità induce a pensare che prima vi
sorgeva la struttura di una domus ecclesiae,
una chiesa domestica. La Basilica viene
consacrata il 18 novembre 324 da Papa
Silvestro I (314-335).
Si può notare al suolo, dopo gli importanti
lavori del 2006, l’abside orientata verso est,
secondo l’usanza.La grandiosa Basilica dei
Tre Imperatori (Teodosio, Arcadio e
Valentiniano II affidano i lavori all'architetto
Ciriade, nel 386. La Basilica verrà terminata
sotto il suo successore Onorio, così come è
indicato nell'iscrizione sull'Arco trionfale detto
di Galla Placidia, sorella dell' Imperatore che
lo finanziò). Consacrata nel 395 da Papa
Silicio (384-399).
Al fine di poter ingrandire la Basilica,
diventata troppo piccola davanti all’afflusso
dei pellegrini, diventa necessario cambiare il
suo orientamento, da est ad ovest.
La sua struttura è bizantina, lunga 131,66 m.,
larga 65 m. e alta 30 m.
Con le sue cinque navate (una grande navata
centrale di 29,70 m., affiancata da quattro
navate laterali) sostenute da una “foresta” di
80 colonne monolitiche in granito e il suo
quadriportico (lungo 70 m.), essa è all’epoca
la più grande Basilica romana, fino alla
riedificazione di San Pietro.
Testimoniando l’amore della Chiesa per
questo luogo i Papi non cesseranno di
restaurarla e di abbellirla con l’aggiunta di
affreschi, di mosaici, di pitture o di cappelle,
lungo i secoli che seguirono.
Gli importantissimi lavori di scavo nei pressi
della tomba hanno portato alla luce l'abside
della prima Basilica di Costantino dell'inizio
del IV secolo, che si può vedere attraverso
una lastra di vetro. Non è da escludere che
queste fondamenta nascondano i resti
dell'antico "tropaeum", monumento
commemorativo eretto sulla tomba
dell'Apostolo.
Dal V al VII secolo
E’ il periodo delle grandi invasioni, i Papi
continuano ad operare: Leone il Grande (440461) fa ricoprire di mosaici l’Arco di
Trionfo[1], ricostruire il tetto incendiato, per
dare poi inizio alla lunga serie dei Papi della
storia, ritratti in grandi medaglioni in
mosaico[2], i quali formeranno un alto fregio
intorno al transetto e alla navata.
Papa Simmaco (498-514) ristruttura l’abside
e realizza degli habitacula per i pellegrini più
poveri.
E’ a Gregorio II (715-731) che risale la
presenza stabile dei Monaci Benedettini
presso la Tomba dell’Apostolo.
Leone III (795-816) fa posare la prima lastra
di marmo dopo il terremoto dell’ 801.
13
Dal IX al XI secolo:
Papa Giovanni VIII (872-882) fa innalzare
una cinta di fortificazione intorno alla Basilica
ed alla sua Abbazia per proteggerle da
eventuali attacchi: questo complesso è
nominato “Giovannipoli”.
Papa Gregorio VII (1073-1085), abate del
monastero, prima di essere eletto Papa, fa
rialzare il lastricato del transetto
raccordandolo alla navata, fa innalzare un
campanile (distrutto nel XIX secolo), mentre
l’entrata principale della Basilica è dotata di
una splendida porta bizantina[1] composta da
54 pannelli incisi in agemina d’argento.
L’età d’oro:
Innocenzo III (1198-1216) fa ricomporre il
grande mosaico[1] dell’abside (24 m. di
larghezza per 12 m. di altezza) tale e quale si
presenta ai giorni nostri e Papa Onorio III[2]
completa la squadra dei mosaicisti con degli
artisti veneziani, che avevano lavorato in
precedenza nella Basilica di San Marco a
Venezia.
I contributi artistici sono molti, come il
baldacchino gotico di Arnolfo di Cambio[3],
sopra l’altare papale e sopra la tomba, la
decorazione della facciata di Pietro Cavallini, il
chiostro dei Vassalletto ed infine il candelabro
monumentale di Nicola D’Angelo e Pietro
Vassalletto.
La Basilica diventa allora non solo un luogo
importante di pellegrinaggio, ma uno scrigno
per le arti paleocristiane, bizantine e gotiche,
universalmente riconosciuto.
L’esterno:
Il grandioso quadriportico, lungo 70 m. e
composto da 150 colonne, progettato da
Poletti, viene terminato da Calderini. Al
centro, una statua colossale di San Paolo, di
Giuseppe Obici (1807-1878).
La facciata è decorata con mosaici eseguiti
tra il 1854 e il 1874 (cartoni di Agricola e
Consoni) che rappresentano: nel registro
inferiore, Isaia, Geremia, Ezechiele e Daniele;
nel registro mediano, l’Agnello mistico
circondato da quattro fiumi che
simboleggiano i quattro Vangeli e da dodici
agnelli che rappresentano i dodici Apostoli.
Nel registro superiore, il Cristo tra Pietro e
Paolo. Le tre porte di cui, al centro, la
monumentale Porta in bronzo verde di
Antonio Maraini che fu collocata nella Basilica
nel 1931 e, a destra, la nuova Porta Santa, in
bronzo dorato, dello scultore Enrico Manfrini;
è stata collocata in occasione del Giubileo
dell’anno 2000.
Il complesso attuale:
Il Trattato Lateranense del 1929 e i successivi
Accordi intercorsi fra la Santa Sede e l'Italia,
con particolare riferimento allo scambio di
Note del 1945, hanno sancito che le aree e gli
edifici costituenti il Complesso di San Paolo
fuori le Mura, in particolare la Basilica e
l’Abbazia, appartengono alla Santa Sede e
godono di uno specifico status giuridico,
secondo le norme del Diritto internazionale.
Sull'intero Complesso extraterritoriale di San
Paolo fuori le Mura il Sommo Pontefice
esercita i poteri civili secondo le norme
vigenti.
Con il Motu Proprio L’antica e venerabile
Basilica di San Paolo fuori le Mura, del 31
maggio 2005, il Santo Padre Benedetto XVI
ha voluto chiarire e meglio definire i principali
aspetti che, sotto il profilo pastorale e
amministrativo, caratterizzano tale Complesso
extraterritoriale.
Con lo stesso Motu Proprio, il Papa, nel
confermare la Basilica di San Paolo fuori le
Mura ente canonico con personalità giuridica
pubblica, ha stabilito che ad essa sia
preposto, al pari delle altre tre Basiliche
Maggiori, un Arciprete nominato dal Romano
Pontefice.
L’Arciprete è chiamato a sovrintendere a tutto
il Complesso extraterritoriale, coordinando le
varie amministrazioni ivi operanti, secondo le
finalità proprie, salvo quanto rientra nelle
competenze esclusive dell'Abate all'interno
dell'Abbazia, che ospita la Comunità dei
Monaci Benedettini presente nel luogo da ben
tredici secoli.
All’Arciprete ha affidato un Vicario per la
Pastorale, nella persona dell'Abate
dell'Abbazia Benedettina di San Paolo,
nonché un Delegato per l'Amministrazione.
La tomba:
Paolo giunge a Roma nel 61, per esservi
giudicato. Viene decapitato tra il 65 e il
67Fuori dalle Mura Aureliane, sulla via
Ostiense, senza dubbio ad Aquas Salvias. Il
suo corpo sarà depositato a due miglia dal
luogo del martirio, nell’area sepolcrale che la
cristiana Lucina possedeva sulla via Ostiense,
facente parte del sepolcreto ivi esistente. Gli
scavi confermano la presenza di un cimitero
sotto la Basilica ed intorno ad essa (loculi e
fosse) per i poveri e gli schiavi affrancati.
Fu possibile seppellire l’Apostolo Paolo in una
necropoli romana, anche se cristiano, in
quanto cittadino romano. La sua tomba
diventa subito oggetto di venerazione, su di
14
essa viene edificata una cella memoriae o
tropaeum, memoriale ove, durante questi
secoli di persecuzione, si recano a pregare i
fedeli e i pellegrini, attingendo le forze per
proseguire l’evangelizzazione del grande
missionario. Il Presbitero Gaio, “che viveva
L’abbazia:
La presenza di una comunità monastica risale
a Papa Gregorio I, anche conosciuto come
Gregorio Magno (590-604).
E’ Papa Gregorio II che costituisce in modo
stabile la comunità benedettina, tuttora
esistente.
Essa è riformata da Odon de Cluny nel 936:
l’abate prende allora il nome di “abbas et
rector Sancti Pauli”.
Il più celebre fra loro è il monaco Ildebrando
di Soana, il quale, dopo aver lavorato al
rinnovamento della Basilica e della vita del
suo monastero, viene eletto Papa con il nome
di Gregorio VII (1073-1085) ed intraprende la
riforma della Chiesa, detta riforma
gregoriana.
L’abbazia si trova allora a capo di un vasto
patrimonio feudale.
Conoscerà periodi di grande splendore
spirituale, ma anche di ore buie, fino alla
confisca dei suoi beni nel 1870; i monaci
tuttavia, anche allora, non abbandoneranno il
loro incarico presso la tomba dell’Apostolo.
L’attività monastica ha ripreso, con vigore,
già prima dell’inizio del XX secolo, attendendo
in modo particolare al ministero della
Penitenza come all’opera dell’Unità dei
Cristiani.
E’ in quel luogo che, il 25 gennaio 1959, Papa
Giovanni XXIII ha annunciato la convocazione
del Concilio Vaticano II.
La Biblioteca antica possiede più di 10.000
volumi dal XV al XVII secolo (con edizioni
maurine e bollandiste) mentre quella
moderna ne possiede più di 100.000.
sotto Zefirino, vescovo dei Romani dal 199 al
217, citato da Eusebio nel III secolo, è il
primo a raccontare di aver visitato le
memoria dei due Apostoli: “Posso mostrarti,
scriveva a Proclus, i trofei (monumenti
funerei) degli Apostoli. Sia che tu vada in
Vaticano che sulla strada per Ostia, troverai i
trofei di coloro che hanno fondato la Chiesa
romana”.
La lastra tombale:
A 1,37 m. sotto l’attuale Altare Papale, una
lastra di marmo (2,12 m. x 1,27 m.) porta
l’iscrizione PAULO APOSTOLO MART… Essa è
composta da diversi pezzi. Quello che porta il
nome PAULO è munito di tre orifizi, uno
rotondo e due quadrati. L’orifizio rotondo,
che non altera l’iscrizione, è senza dubbio
contemporaneo; esso è raccordato ad una
piccola conduttura collegata alla tomba e
ricorda l’uso romano, in seguito cristiano, di
versare dei profumi nelle tombe. Questa
lastra del IV - V secolo è verosimilmente
testimone di un culto anteriore alla grande
costruzione del 386
Il sarcofago:
E’ sopra un sarcofago massiccio di 2,55 m. di
lunghezza per 1,25 m. di larghezza e 0,97 m.
di altezza che furono elevati gli “Altari della
Confessione” successivi. Nel corso di recenti
lavori è stata praticata una larga finestra
sotto l’Altare Papale, per permettere ai fedeli
di poter vedere la Tomba dell’Apostolo.
15