la catacomba di priscilla
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la catacomba di priscilla
“Alle radici della fede cristiana” Corso di Formazione Itinerante per insegnanti di religione cattolica della scuola dell’infanzia e primaria 9-10-11 maggio 2014 “La fede di Pietro testimoniata dai martiri romani” catacombe di Priscilla, Basilica di S.Maria Maggiore, Basilica di S.Paolo fuori le mura, Basilica di S.Pietro Sussidio di documentazione 1 Il primo piano, il più antico, si snoda in percorsi irregolari di gallerie, nelle cui pareti sono ricavati i “loculi”, le tombe comuni dove il corpo era posto, avvolto in un lenzuolo, direttamente sulla terra, cosparso di calce ad impedirne la rapida putrefazione, e murato con marmi o tegole. Sulle tombe le iscrizioni erano in greco o in latino, o c’erano piccoli oggetti a permettere il riconoscimento delle tombe anepigrafe. Solo in questo primo piano, dove erano sepolti i Martiri, troviamo piccole stanze, i “cubicoli”,tombe di famiglie abbienti o di martiri, e gli arcosoli, altro tipo nobile di tomba, spesso decorati con pitture a soggetto religioso. Sono raffigurate, per lo più, storie bibliche dell’Antico o del Nuovo Testamento, che stanno ad esprimere la fede nella salvezza e nella risurrezione ottenuteci da Gesù. Sulle lapidi tombali sono frequenti anche i simboli, significativi per i cristiani e incomprensibili per i pagani: il più noto è il pesce, che nasconde le cinque parole “Gesù Cristo Figlio di Dio Salvatore” attraverso le iniziali delle cinque lettere greche che compongono la parola “ICTUS”, pesce. LA CATACOMBA DI PRISCILLA La catacomba di Priscilla, conosciuta in tutti i documenti topografici e liturgici antichi, si apre sulla Via Salaria con ingresso presso il convento delle Suore Benedettine di Priscilla. Per la quantità di martiri qui sepolti, questo cimitero era chiamato la “regina catacumbarum”. Scavata tra il secondo e il quinto secolo, prende inizio da ambienti ipogei preesistenti, dei quali i principali sono un arenario, un criptoportico e l’ipogeo con le tombe degli Acili Glabrioni. A tale famiglia appartiene la donatrice del terreno, la nobildonna Priscilla, la cui memoria ricorre il 16 gennaio nel Martirologio Romano, che la indica come benefattrice della comunità cristiana di Roma. Questo cimitero, perduto come tanti altri per l’occultamento degli ingressi a protezione dai saccheggi, è stato uno dei primi ad essere ritrovato nel sedicesimo secolo e perciò abbondantemente derubato di lapidi, sarcofagi, tufo e corpi di presunti martiri. Conserva però pitture particolarmente belle e significative: la visita comprende le principali di queste. IL CUBICOLO DELLA VELATA LE GALLERIE CIMITERIALI La stanza prende il nome dalla pittura della lunetta di fondo, raffigurante una giovane donna, con un ricco vestito liturgico e un velo sul capo, con le braccia alzate in atteggiamento di orante. Ai lati della donna orante sono rappresentate due scene uniche nella pittura cimiteriale, probabilmente episodi della sua vita . Al centro della volta è dipinto il Buon Pastore nel giardino paradisiaco, tra pavoni e colombe, preceduto, nel sottarco d’ingresso, dalla scena della fuoruscita del profeta Giona dalla bocca del Scavate nel tufo, tenera roccia vulcanica utilizzata per la costruzione di mattoni e calce, le gallerie si estendono per circa 13 km. di lunghezza, in vari livelli di profondità. 2 mostro marino, chiara espressione della fede nella risurrezione. Nella lunetta di sinistra del cubicolo è raffigurato il sacrificio di Isacco e in quella destra i tre giovani nella fornace di Babilonia, entrambi esempi di totale fede nel Dio che salva e per i primi cristiani prefigurazioni della salvezza portata da Gesù.Le pitture, incredibilmente ben conservate, risalgono alla seconda metà del terzo secolo. LA CAPPELLA GRECA LA NICCHIA CON LA PIU' ANTICA IMMAGINE DELLA VERGINE Ambiente ritrovato pieno di terra gettata dal lucernario aperto nel soffitto, prende il nome da due iscrizioni in greco dipinte nella nicchia destra, prima cosa vista dagli scopritori. Riccamente decorato con pitture e stucchi di stile pompeiano, presenta una forma particolare con tre nicchie per sarcofagi e un bancone per i banchetti funebri, detti “refrigeri” o “agapi” che si svolgevano presso le tombe in onore dei morti. Il dipinto, su fondo rosso nell’arco di centro, è proprio un banchetto, che però ha un chiaro riferimento al banchetto eucaristico (celebrato occasionalmente dai cristiani presso le tombe venerate). Ai lati della tavola dove sono assise sette persone di cui la prima tende le mani nell’atto di spezzare il pane, sono raffigurati sette cestini, che alludono al miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci, quando Gesù promette il pane della vita eterna. Numerosi gli episodi del Vecchio Testamento: Noè che esce dall’arca e Mosè che fa scaturire l’acqua dalla roccia, prefigurazioni dell’acqua salvifica del battesimo; il sacrificio di Isacco; le tre storie di salvezza miracolosa del libro di Daniele (Daniele tra i leoni, i tre Giovani nella fornace, Susanna accusata di adulterio dai vecchi giudici babilonesi e salvata da Daniele ). Del Nuovo Testamento fanno parte la raffigurazione della risurrezione di Lazzaro (Gesù ha potere sulla morte); la guarigione del paralitico (Gesù ha potere sul peccato); e l’adorazione dei Magi. Quest’ultima scena è rappresentata frequentemente nei cimiteri di Roma come segno della universalità della salvezza essendo i tre re i primi pagani che adorano Cristo. Nel soffitto di una nicchia, approfondita a galleria molto probabilmente per la presenza di una tomba venerata, c’è lo stucco, sfortunatamente in gran parte caduto, del Buon Pastore tra alberi, anch’essi in stucco ma che finiscono in vivace pittura di fronde e rossi frutti. All’estremità del soffitto due scene: completamente caduta quella di sinistra, a destra si conserva la figura della Vergine Maria con il Bambino sulle ginocchia e accanto un profeta, che nella sinistra tiene un rotolo e con la destra addita una stella. Dovrebbe trattarsi della profezia di Balaam: “una stella spunta da Giacobbe e uno scettro sorge da Israele”(Num. 24,15-17). La presenza del profeta sta a indicare nel Bambino il Messia atteso per secoli.La pittura, per lo stile pompeiano primitivo, può risalire alla fine del II o all’inizio del III secolo, perciò questa è ritenuta la più antica raffigurazione della Vergine. 3 LE BENEDETTINE DI PRISCILLA RASSEGNA STAMPA Prendono il nome di Priscilla dal luogo dove è iniziata la congregazione, fondata dal sacerdote bolognese Giulio Belvederi, OSSERVATORE ROMANO 16 novembre 2013 Il 19 novembre, nella basilica di San Silvestro, presso il complesso catacombale di Priscilla sulla via Salaria, saranno presentati i risultati del restauro degli affreschi del cubicolo di Lazzaro; sarà inaugurato il Museo delle sculture; sarà mostrato il percorso ipogeo; e sarà presentato il volume di Fabrizio Bisconti, Raffaella Giuliani e Barbara Mazzei Le catacombe di Priscilla. Il complesso, i restauri, il museo (Todi, Tau Editrice, 2013, pagine 126, euro 15). Per l’occasione, infine, sarà avviato il sito Google Maps delle Catacombe di Priscilla. «Il complesso delle catacombe di Priscilla – scrive il cardinale Gianfranco Ravasi - con la basilica di San Silvestro è stato sottoposto negli ultimi cinque anni a una serie molto articolata di interventi archeologici conservativi, ai quali si è accompagnata la costituzione di un suggestivo museo destinato alla fruizione e alla conoscenza didattica dell’intero complesso posto sulla via Salaria nova. Di grande rilievo è la scoperta, attraverso la tecnica del laser, di nuovi affreschi nell’area cimiteriale del martire Crescenzione. Si tratta di un settore degli esordi del IV secolo che ha svelato una sorprendente sequenza iconografica. Una imago clipeata rappresenta una defunta orante, affiancata dagli apostoli: essi introducono in paradiso un giovane e una fanciulla in atteggiamento di preghiera, forse i due figli della matrona raffigurata nel clipeo centrale. Ai margini estremi dell’affresco si levano due figure maschili in tunica e pallio: si tratta forse dei martiri Felice e Filippo, considerati dalla tradizione agiografica figli di santa Felicita, sepolti proprio nella basilica di San Silvestro. Particolare attenzione merita anche l’altro affresco che rievoca in modo originale la resurrezione di Lazzaro: Cristo, infatti, sfiora la mummia dell’amico, situata in una sorta di edicola funeraria. L’intervento della Pontificia commissione di Archeologia sacra comprende, però, un’ulteriore componente di altrettanto rilievo e significato: l’allestimento del Museo delle catacombe di Priscilla. In uno degli ambienti della basilica di San Silvestro sono stati infatti raccolti oltre settecento frammenti di sarcofagi, recuperati in quest’area e archeologo e uomo di profonda spiritualità, chiamato a Roma dal Papa Pio XI per la costruzione del Pontificio Istituto di Archeologia Cristiana, delle case custodi delle catacombe che venivano aperte al pubblico, e per avvicinare i cristiani a queste testimonianze della fede primitiva e ravvivarli nella carità. Egli ha dato alle sue figlie, come guida di vita, la regola benedettina come la più aderente allo spirito del Vangelo e alla vita apostolica nella sua semplicità. Preghiera e lavoro, vita incentrata sulla lode di Dio nella celebrazione della Messa e dell’Ufficio divino; lavoro a servizio della Chiesa svolto nell’ambito della casa religiosa nell’umiltà e nella gioia di una vita veramente fraterna. Gestiscono l’afflusso dei visitatori alla catacomba, curano nella visita l’aspetto storico, scientifico del luogo ma soprattutto la sua valenza religiosa di luogo sacro e santificato dalla testimonianza eroica e talvolta cruenta dei primi cristiani, che esprimono qui la loro fede in queste semplici pitture, che non hanno grandi pretese di valore artistico ma sentimentale e catechetico. Le Benedettine guidano i visitatori nella catacomba dando loro l'opportunità di toccare con mano la fede che animava le prime comunità cristiane. Fedeli allo spirito del Concilio Vaticano II, le Benedettine offrono a tutti i credenti di confessioni diverse un luogo di incontro e di comunione fraterna. Chiese sorelle si recano in pellegrinaggio alla catacomba per ritrovare le radici di una fede comune. 4 prevalentemente contrassegnati dal fatto di essere decorati con soggetti profani. Si ha così, da un lato, l’attestazione di una necropoli pagana, ma dall’altro lato, anche la conferma dell’interazione culturale tra pagani e cristiani, quando nello stesso spazio, tra il III e il IV secolo, si sviluppano le catacombe cristiane. Infine, attraverso una preziosa collaborazione con Google Maps, si potrà visitare virtualmente questo affascinante complesso catacombale attraverso l’apposita sezione Views Priscilla”. Si compirà, così, un connubio tra antichità e modernità, nella consapevolezza della vitalità delle lontane radici a cui attinge la nostra cultura contemporanea». catacombe, quello della basilica in cui era sepolto Papa Silvestro (314-335). Il restauro del cubicolo di Lazzaro, nel cimitero sotterraneo non lontano della basilica papale, è l’ultimo di una importante serie d’interventi conservativi nel cimitero di Priscilla. La basilica di San Silvestro si compone di due ambienti, uno propriamente dedicato al culto e l’altro utilizzato in passato come deposito dei materiali scultorei antichi rinvenuti nel corso degli scavi. Fra questi materiali oltre 700 frammenti di sarcofagi provenienti dalla necropoli che in epoca tardo imperiale si estendeva in questo tratto della via Salaria Nova, sono stati accuratamente restaurati. Il risultato del restauro rappresenta una notevole testimonianza della scultura funeraria della tarda antichità disposta in una vera e propria esposizione museale. Le catacombe della Salaria sono state inoltre inserite nel programma Google Maps in cui sarà possibile ammirare il complesso priscilliano nell’apposita sezione Views Priscilla. Sarà quindi possibile addentrarsi tra i lunghi corridoi delle catacombe, scoprire i celebri affreschi tra cui la più antica rappresentazione della Vergine. Da “Redazione” 14 marzo 2014_______ Gli affreschi, risalenti tra il 230-240 dC, sono alloggiati all’interno delle catacombe di Priscilla di Roma. La catacomba, utilizzata per le sepolture cristiane della fine del II secolo fino al IV secolo, ha riaperto al pubblico dopo anni di restauro. Questa zona è spesso chiamata la regina delle catacombe perché è dotata di camere di sepoltura di papi e di un piccolo, delicato affresco della Madonna che allatta Gesù risalente al 230-240 dC, la prima immagine conosciuta della Madonna col Bambino. Il cardinale Gianfranco Ravasi, ministro della cultura del Vaticano, ha aperto il cubicolo di Lazzaro, una camera sepolcrale con immagini del IV secolo di scene bibliche, gli apostoli Pietro e Paolo e uno dei primi romani sepolti nel letto a castello come era comune nell’antichità. Un affresco nella cappella greca color ocra dispone di un gruppo di donne che celebrano un banchetto che sembra essere il banchetto dell’Eucaristia. La Pontificia Commissione di Archeologia Sacra ha presentato il 19 novembre presso la Basilica di San Silvestro il complesso delle Catacombe di Priscilla, riaperti dopo una serie d’interventi di restauro durati cinque anni. Le catacombe di Priscilla, lungo la via Salaria a Roma, sono state utilizzate per le sepolture cristiane tra la fine del II e il IV secolo. Tra gli interventi eseguiti quelli di scavo archeologico e restauro conservativo degli apparati pittorici con la ristrutturazione e il riallestimento di uno degli spazi più suggestivi delle ARTWEMAGAZINE, 30 novembre 2013, F.Gentili Labirintiche e sotterranee, le Catacombe di Priscilla a Roma non smettono di stupire. Sulle pareti, alcuni affreschi mostrano alcune donne, riunite in gruppo, intente a celebrare (probabilmente) l’Eucarestia. È il Vaticano a raccontarlo, in concomitanza con la presentazione dei lavori di restauro, appena terminati, ma durati cinque anni. La domanda nasce spontanea, dunque nel cristianesimo primitivo il sacerdozio non era unicamente un’esclusiva maschile? Le immagini, che risalgono al 230 d. C., sembrerebbero farlo credere. Anche se Fabrizio Visconti, soprintendente della commissione di Archeologia sacra del Vaticano, ha subito precisato che queste ipotesi sono «soltanto una favola, una leggenda». Tuttavia, non tutti la pensano così, anche perché, effettivamente, in quelle pitture delle figure officianti ci sono. E sono figure femminili. Esperti e studiosi stanno valutando gli affreschi di due particolari settori delle Catacombe: il Cubiculum della donna velata, 5 dove, appunto, appare una donna velata, in abiti liturgici e con le mani stese, come a celebrare la messa; e la cosiddetta Cappella greca, sulle cui pareti compaiono numerose donne intorno ad un tavolo. Hanno le mani in alto e forse recitano il Padre nostro, o celebrano un rito. La curiosità. La Women’s ordination conference e l’Association of roman catholic woman priests, due organizzazioni paracattoliche, sono convinte che le immagini siano la prova dell’esistenza del sacerdozio femminile nelle prime fasi del cattolicesimo. La citazione. «Sia riconosciuta ai fedeli, tanto ecclesiastici che laici, una giusta libertà di ricercare, di pensare e di manifestare con umiltà e coraggio la propria opinione», dal Concilio Vaticano II, Gaudium et Spes, n. 62. che hanno curato i lavori, da Raffaella Giuliani a Barbara Mazzei. Con loro anche Giorgia Abeltino di Google, che da ieri grazie a una nuova sezione di Google Maps, Views Priscilla, permette di visitare virtualmente l’intero complesso catacombale di via Salaria, “muovendosi” all’interno dei vari ambienti per scoprirne i tesori. Dalla splendida Cappella Greca ricca di affreschi, con il celebre Ciclo di Susanna, al criptoportico con volte a crociera, fino al Cubicolo della Velatio, all’ipogeo degli Acili e all’arenario centrale, che custodisce la più antica raffigurazione della Vergine col Bambino dell’arte occidentale. Gli ultimi cinque anni di lavori hanno visto, inoltre, il restauro di oltre settecento frammenti di sarcofagi recuperati nell’area, che testimoniano la storia della scultura funeraria in età tardoimperiale, l’interazione fra il mondo pagano e il mondo cristiano e l’evoluzione culturale fra il III e il IV secolo, periodo in cui si svilupparono le catacombe cristiane dove prima sorgeva una necropoli pagana. Nella basilica di San Silvestro recentemente ristrutturata è stato inaugurato ieri il Museo delle catacombe di Priscilla che li raccoglie, in un nuovo e suggestivo allestimento che li vede esposti sulle pareti, come tessere di un ideale “mosaico” di storie e di storia, divisi in sei sezioni tematiche. Ma i lavori nelle Catacombe di Priscilla non si fermano e proseguiranno presto con nuovi restauri in diversi ambienti. Fonte: la Da ROMA 2 OGGI quotidiano online L’ultimo a “risorgere” dalla patina nera che lo copriva da secoli è stato proprio il profilo di Lazzaro, sfiorato da Cristo e ancora avvolto nelle bende funebri. Un affresco suggestivo, che rievoca in modo originale il miracolo, tornato alla luce nel cubicolo di Lazzaro delle Catacombe di Priscilla, su via Salaria di fronte a Villa Ada, oggetto negli ultimi cinque anni, insieme alla basilica di San Silvestro, di una serie di interventi archeologici e di restauro che, grazie alla tecnica del laser, hanno svelato nuovi affreschi. A cominciare dalla sorprendente sequenza iconografica che sormonta una parete dello stesso cubicolo, risalente agli inizi del IV secolo e noto fin dai primi del Novecento. Una imago clipeata – particolare ritratto racchiuso in una cornice tonda – rappresenta una defunta orante, affiancata dagli apostoli Pietro e Paolo, che introducono in paradiso un giovane e una fanciulla in atteggiamento di preghiera, forse i due figli della matrona raffigurata. Ai margini estremi compaiono, invece, due figure in tunica bianca: forse i martiri Felice e Filippo, considerati dalla tradizione agiografica figli di Santa Felicita e sepolti proprio nella basilica di San Silvestro. A presentare ieri il restauro degli affreschi e della basilica, curato dalla Pontificia Commissione di archeologia Sacra, il cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, monsignor Giovanni Carrù, il sovrintendente Fabrizio Bisconti e gli archeologi e i restauratori della Pontificia Commissione di archeologia Sacra Repubblica Da BLOGLIVE il giornale digitale La riapertura di alcune catacombe romane ha riacceso, tra gli studiosi, il dibattito sul sacerdozio femminile nelle prime comunità cristiane. Dopo cinque anni di restauri sono di nuovo a disposizione di studiosi e visitatori a Roma le catacombe di Priscilla, risalenti al II-IV secolo dopo Cristo, che raccolgono oltre 700 frammenti di sarcofagi di età tardo imperiale. La ristrutturazione delle Catacombe di Priscilla ha fatto subito parlare di sè, per una scoperta che potrebbe modificare la storia della Chiesa. I restauri hanno permesso di rivelare maggiori particolari sugli affreschi di queste catacombe, che sembrano dar credito alla “voce” che anche le donne fossero ammesse al sacerdozio attivo tra i primi cristiani. 6 In queste catacombe cristiane, utilizzate fino al V secolo dopo Cristo, sono presenti numerosi affreschi nei quali vengono raffigurate donne che officiano atti liturgici. Il Vaticano nega che le figure femminili presenti nelle catacombe possano essere state delle ‘donne prete’, riaprendo di fatto la annosa polemica sul ruolo delle donne nella Chiesa. Alcuni affreschi mostrano dei gruppi di donne che, per alcuni studiosi, sembrano svolgere dei riti religiosi, fungendo da sacerdotesse. In una di queste, il Cubiculum della Velata, compare l’immagine di una donna con le braccia aperte come se stesse celebrando una messa. La figura indossa quello che alcuni studiosi ritengono essere gli indumenti propri dei sacerdoti. In una seconda stanza, la cosiddetta Cappella Greca, un gruppo di donne sono sedute ad un tavolo, tengono le braccia aperte e celebrano quello che sembra essere un banchetto. Le organizzazioni fautrici del sacerdozio femminile, come la Conferenza per l’Ordinazione delle Donne e l’Associazione Cattolica Romana delle Donne Sacerdoti, sostengono che queste scene sono la prova dell’esistenza, tra i primi cristiani, di una forma di sacerdozio femminile. Fabrizio Bisconti, della Commissione Archeologica Vaticana, ha, invece, affermato che l’affresco della donna con le braccia spalancate rappresenta una donna deceduta arrivata in paradiso, mentre le donne sedute a tavola stanno semplicemente prendendo parte ad un banchetto funebre. Le Catacombe di Priscilla sono state scoperte nel XVI secolo e sono note per la presenza della più antica immagine conosciuta di Madonna con Bambino, risalente al 230-240 d.C.. Il percorso delle gallerie è scavato nel tufo e le sepolture – databili ad un periodo compreso tra il II e il IV secolo d.C. – sono disposte su più livelli. Questo cimitero chiamato la “regina catacumbarum”, è dedicato alla nobildonna Priscilla, che la indica come benefattrice della comunità cristiana di Roma. Negli ultimi 20 anni il patrimonio pittorico delle catacombe di Priscilla è stato interamente recuperato, rivolgendo particolare attenzione al restauro del cosiddetto “Cubicolo di Lazzaro”. Si tratta di un ambiente rettangolare, noto fin dai primi anni del 900 che si trovava in condizioni di degrado. L’imponente affresco custodito in questo luogo, databile al IV secolo, è posto nel cimitero sotterraneo vicino alla Basilica papale San Silvestro. Grazie alla tecnica del laser, le immagini sono tornate alla luce svelando sulla parete destra la scena della resurrezione di Lazzaro, avvolto dalle bende, affiancato da Cristo dipinto senza barba. Sopra la parete che ospitava tre tombe si trovano invece il volto della defunta affiancata da Pietro e Paolo che presentano altri due morti, presumibilmente i figli della donna, e ai margini altri due personaggi che siano Felice e Filippo. Il restauro delle Catacombe è stato curato dalla Pontificia Commissione di Archeologia Sacra ed è stato presentato dal cardinale Giafranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, insieme a una rappresentante di Google che ha spiegato come i cunicoli saranno visitabili anche tramite una nuova sezione di Google Maps, View Priscilla. “La cultura antica può avere e trovare tante strade per incrociare la contemporaneità” ha sottolineato il cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio per la Cultura a ‘repubblica.it’. “Le catacombe costituiscono un grande fascino e non solo per gli studiosi – continua Ravasi – dobbiamo rilanciare il desiderio di ridiscendere nei luoghi oscuri e luminosi del sottosuolo romano“. 7 L'incontro con la Basilica liberiana, dal nome di Papa Liberio, è un'esperienza che arricchisce umanamente e spiritualmente: non è raro, infatti, cogliere i visitatori in atteggiamento di ammirazione verso la coinvolgente bellezza delle sue opere così come è d'altro canto visibile constatare la devozione di tutte quelle persone che di fronte all'immagine di Maria, qui venerata con il dolce titolo di "Salus Populi Romani", cercano conforto e sollievo. Il 5 agosto di ogni anno viene rievocato, attraverso una solenne Celebrazione, il "Miracolo della Nevicata": di fronte agli occhi commossi dei partecipanti una cascata di petali bianchi discende dal soffitto ammantando l'ipogeo e creando quasi un'unione ideale tra l'assemblea e la Madre di Dio. Il Santo Padre Giovanni Paolo II fin dall'inizio del suo pontificato ha voluto che una lampada ardesse giorno e notte sotto l'icona della Salus, a testimonianza della sua grande devozione per la Madonna. Lo stesso Papa, l'8 dicembre del 2001, ha inaugurato un'altra perla preziosa della Basilica: il Museo, luogo dove la modernità delle strutture e l'antichità dei capolavori esposti offrono al visitatore un "panorama" unico. I numerosi tesori in essa contenuti rendono S. Maria Maggiore un luogo dove arte e spiritualità si fondono in un connubio perfetto offrendo ai visitatori quelle emozioni uniche proprie delle grandi opere dell'uomo ispirate da Dio. La facciata: Opera magnifica di Ferdinando Fuga (1741), esposta a mezzogiorno con portico a cinque aperture in basso e tre nella loggia superiore, copre i mosaici del XIII sec. dell'antica facciata. Incastonati come gemma preziosa in questa suggestiva cornice, essi rappresentano la nascita della Basilica con Maria Santissima, apparsa in sogno a Papa Liberio e al patrizio romano Giovanni, che ispira il luogo ove si sarebbe dovuto erigere il suo tempio. Lì un evento eccezionale avrebbe sancito la volontà divina: il 5 agosto del 358, infatti, una nevicata ricoprì il Colle Esquilino e sulla stessa neve il Papa tracciò il perimetro della futura Basilica. L'autore è Filippo Rusuti e i mosaici accolgono i visitatori in tutta la loro maestosità suscitando quelle emozioni che avvicinano l'uomo alla grandezza di Dio. Tale BASILICA PAPALE S.MARIA MAGGIORE STORIA: La Patriarcale Basilica di S. Maria Maggiore è un autentico gioiello ricco di bellezze dal valore inestimabile. Da circa sedici secoli domina la città di Roma: tempio mariano per eccellenza e culla della civiltà artistica, rappresenta un punto di riferimento per i cives mundi che da ogni parte del globo giungono nella Città Eterna per gustare ciò che la Basilica offre attraverso la sua monumentale grandezza. Sola, tra le maggiori basiliche di Roma, a conservare le strutture originali del suo tempo, sia pure arricchite di aggiunte successive, presenta al suo interno alcune particolarità che la rendono unica: i mosaici della navata centrale e dell'Arco trionfale risalenti al V secolo d.C. realizzati durante il pontificato di Sisto III (432-440) e quelli dell'Abside la cui esecuzione fu affidata al frate francescano Jacopo Torriti per ordine di Papa Niccolò IV (1288-1292); il pavimento "cosmatesco" donato dai cavalieri Scoto Paparone e figlio nel 1288; il soffitto cassettonato in legno dorato disegnato da Giuliano San Gallo (1450); il Presepe del XIII sec.di Arnolfo da Cambio; le numerose cappelle (da quella Borghese a quella Sistina, dalla cappella Sforza a quella Cesi, da quella del Crocifisso a quella quasi scomparsa di San Michele); l'Altare maggiore opera di Ferdinando Fuga e successivamente arricchito dal genio di Valadier; infine, la Reliquia della Sacra Culla e il Battistero. Ogni colonna, ogni quadro, ogni scultura, ogni singolo tassello di questa Basilica compendiano storicità e sentimenti religiosi. Dal pellegrino devoto raccolto in preghiera al semplice appassionato di arte, emozionato dalle opere dei geni artistici, potranno gustare intimamente le emozioni che questo luogo così sacro offrirà loro. 8 è la loro preziosità che vi si può accedere soltanto attraverso un'apposita visita guidata che tocca la sensibilità di coloro che ammirati contemplano questa opera d'arte. Sia per la Loggia che per la Facciata bisogna riconoscere al Fuga un gusto barocco e pittorico che, unito ad un vivo senso spaziale, lo guidò in questo suo lavoro architettonico nel quale, ai cinque vani sottostanti che danno adito al portico, corrispondono i tre della Loggia superiore: un gioco di vuoti che allevia la pesantezza delle colonne profuse a grappoli, degli archi a tutto sesto, dei capitelli, dei frontoni, delle cornici, delle ghirlande, dei putti, delle statue che rappresentano S. Carlo, il B. Albergati, Santi Pontefici. Tra esse, quasi librata nel cielo, si erge quella della Vergine con il Bambino. Gli artisti che vi lavorarono furono il Lironi, il Bracci, il Maini, lo Slodtz, il Della Valle ed altri.La prima pietra di questa Facciata - che, lasciando intravedere il gioco policromo, lo scintillio della retrostante parete musiva, è quasi un tabernacolo, plasticamente sentito fu posta da Benedetto XIV il 4 marzo 1741. I lavori di essa e dell'interno del tempio terminarono nel 1750. Su tutto il restauro, Papa Lambertini lasciò cadere una battuta sarcastica: "Si credette fossimo impresari di teatro perché sembra una sala da ballo". L'architettura dei due palazzi laterali sono: a destra del Ponzio (1605), a sinistra del Ferdinando Fuga (1743) costruito dopo 138 anni per uniformare la facciata della Basilica. I due angeli posti sul cancello centrale sono: la Verginità, opera del Maini, e l'Umiltà opera del Bracci. La Basilica di Santa Maria Maggiore, situata sulla sommità del colle Esquilino, è una delle quattro Basiliche patriarcali di Roma ed è la sola che abbia conservato le strutture paleocristiane. Una nota tradizione vuole che sia stata la Vergine ad indicare ed ispirare la costruzione della sua dimora sull'Esquilino. Apparendo in sogno al patrizio Giovanni ed al papa Liberio, chiese la costruzione di una chiesa in suo onore, in un luogo che Essa avrebbe miracolosamente indicato. La mattina del 5 agosto, il colle Esquilino apparve ammantato di neve. Il papa tracciò il perimetro della nuova chiesa e Giovanni provvide al suo finanziamento. Di questa chiesa non ci resta nulla se non un passo del Liber Pontificalis dove si afferma che papa Liberio "Fecit basilicam nomini suo iuxta Macellum Liviae". Anche i recenti scavi effettuati sotto l'attuale basilica, pur portando alla luce importanti testimonianze archeologiche come lo stupendo calendario del II-III secolo d.C. e come i resti di mura romane parzialmente visibili visitando il museo, non ci hanno restituito nulla dell'antica costruzione. Il campanile, in stile romanico rinascimentale, si staglia per 75 metri ed è il più alto di Roma. É stato costruito da Gregorio XI al suo ritorno a Roma da Avignone e ospita alla sommità cinque campane. Una di esse, "la sperduta", ripete ogni sera alle ventuno, con suono inconfondibile, un richiamo per tutti i fedeli. Interno: Entrando nel portico, a destra, è situata la statua di Filippo IV di Spagna, benefattore della Basilica. Il bozzetto dell'opera, realizzata da Girolamo Lucenti nel XIII secolo, è di Gian Lorenzo Bernini. Al centro la grande porta di bronzo realizzata da Ludovico Pogliaghi nel 1949, con episodi della vita della Vergine, i profeti, gli Evangelisti e le quattro donne che nell'Antico Testamento prefigurarono la Madonna. A sinistra la Porta Santa, benedetta da Giovanni Paolo II l'8 dicembre del 2001, portata a compimento dallo scultore Luigi Mattei e offerta alla basilica dall'Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme. Al centro Cristo risorto, il modello è l'uomo della Sindone, che appare a Maria, rappresentata come la Salus Populi Romani. In alto a sinistra l'Annunciazione al pozzo, episodio tratto dai Vangeli apocrifi, a destra la Pentecoste. In basso nel lato sinistro, il Concilio di Efeso, che stabilì Maria quale THEOTÒKOS, a destra il Concilio Vaticano II che La volle Mater Ecclesiae. Lo stemma di Giovanni Paolo II e il suo motto sono rappresentati nella parte alta, mentre i due in basso appartengono al Cardinale Furno, che fu arciprete della Basilica, e all'Ordine del Santo Sepolcro. L'attuale basilica risale essenzialmente al V secolo d.C.. La sua costruzione è legata al Concilio di Efeso del 431 d.C. che proclamò Maria Theotòkos, Madre di Dio, e fu voluta e finanziata da Sisto III quale Vescovo di Roma. Entrando si prova una viva impressione nel vedere la sua vastità, lo splendore dei suoi marmi e la ricchezza della decorazione; l'effetto monumentale e grandioso è dovuto principalmente alla forma della struttura della basilica e all'armonia che 9 regna nei principali elementi della sua architettura. Costruita secondo i canoni del "ritmo elegante" di Vitruvio, la basilica è divisa in tre navate da due file di preziose colonne sulle quali corre un'artistica trabeazione ora interrotta verso l'abside da due arcate realizzate per la costruzione della Cappella Sistina e Paolina. Tra i colonnati ed il soffitto, le pareti erano in origine traforate da ampie finestre delle quali se ne conservano solo metà essendo state murate le altre. Dove erano le finestre, oggi è possibile ammirare una serie di affreschi che rappresentano "Storie della vita di Maria". Al di sopra delle finestre e degli affreschi, un fregio ligneo decorato da squisiti intagli rappresentanti una serie di tori cavalcati da amorini si unisce alla cornice del soffitto. I tori sono il simbolo dei Borgia e gli stemmi di Callisto III e Alessandro VI, i due papi Borgia, spiccano al centro del soffitto. Non è ben chiaro quale fu il contributo di Callisto III alla realizzazione di quest'opera, certo è che chi la realizzò fu Alessandro VI che vi pose mano quando era ancora arciprete della Basilica: il soffitto venne disegnato da Giuliano da Sangallo e completato da suo fratello Antonio. La tradizione vuole che la doratura sia stata realizzata con il primo oro proveniente delle Americhe che Isabella e Ferdinando di Spagna offrirono ad Alessandro VI. Come uno splendido tappeto, si stende ai nostri piedi il pavimento a mosaico realizzato dai mastri marmorari Cosma e offerto ad Eugenio III nel XII secolo, da Scoto Paparoni e suo figlio Giovanni, due nobili romani. L'unicità di Santa Maria Maggiore è dovuta però agli splendidi mosaici del V secolo, voluti da Sisto III che si snodano lungo la navata centrale e sull'arco trionfale. I mosaici della navata centrale riassumono quattro cicli di Storia Sacra i cui protagonisti sono Abramo, Giacobbe, Mosè e Giosuè e nel loro insieme, vogliono testimoniare la promessa di Dio al popolo ebraico di una terra e il suo aiuto per raggiungerla. Il racconto, che non segue un ordine cronologico, inizia sulla parete sinistra presso l'arco trionfale con il sacrificio incruento di Melchisedek, re-sacerdote. In questo riquadro è evidente l'influenza iconografica romana. Melchisedek, rappresentato nella posa dell'offerente, ed Abramo, in toga senatoria, ricordano il gruppo equestre del Marco Aurelio. I pannelli successivi illustrano episodi della vita di Abramo anteriori al primo riquadro. Ciò ha fatto a lungo credere che ogni riquadro fosse fine a se stesso fino a quando, approfondendo lo studio dei mosaici, non si è capito che la decorazione fu studiata e voluta. Il pannello con Melchisedek serve a raccordare i mosaici della navata con quelli dell'arco trionfale dove viene raccontata l'infanzia di Cristo re e sacerdote. Poi inizia il racconto con Abramo, il personaggio più importante dell'Antico Testamento, colui al quale Dio promette una "nazione grande e potente"; con Giacobbe, a cui il Signore rinnova la promessa fatta ad Abramo; con Mosè che libererà il popolo dalla schiavitù in cui era nato rendendolo "popolo eletto"; con Giosuè che lo condurrà nella terra promessa. Il cammino si conclude con due pannelli, realizzati ad affresco al tempo dei restauri voluti dal Cardinal Pinelli, che rappresentano Davide che conduce l'Arca dell'Alleanza in Gerusalemme e il Tempio di Gerusalemme edificato da Salomone. È dalla stirpe di Davide che nascerà Cristo la cui infanzia è illustrata, attraverso episodi tratti dai Vangeli apocrifi, nell'arco trionfale. Nel 1995 Giovanni Hajnal realizzò una nuova vetrata nel rosone della facciata principale. In essa è raffigurata l'affermazione del Concilio Vaticano II, dove Maria, eccelsa figlia di Sion, è l'anello di congiunzione tra la Chiesa del Vecchio Testamento, rappresentata dal candelabro a sette braccia, e quella del Nuovo simboleggiata dal calice con l'Eucaristia. L'arco trionfale si compone di quattro registri: in alto da sinistra l'Annunciazione, in cui Maria è rappresentata vestita come una principessa romana, con in mano il fuso con cui tesse un velo di porpora destinato al tempio di cui era inserviente. Il racconto prosegue con l'annuncio a Giuseppe, l'adorazione dei Magi, la strage degli innocenti. In questo riquadro è da osservare la figura con il manto azzurro che dà le spalle alle altre donne: è Santa Elisabetta che fugge con S. Giovanni fra le braccia. A destra la presentazione al Tempio, la fuga in Egitto, l'incontro della Sacra Famiglia con Afrodisio, governatore della città di Sotine. Secondo un Vangelo apocrifo, quando Gesù giunge fuggiasco a Sotine, in Egitto, i 365 idoli del capitolium cadono. Afrodisio atterrito dal prodigio e memore della fine del Faraone, va con il suo esercito incontro alla Sacra Famiglia e adora il Bambino riconoscendone la divinità. L'ultimo riquadro rappresenta i 10 Magi al cospetto di Erode. Ai piedi dell'arco le due città di Betlemme a sinistra e Gerusalemme a destra. Se Betlemme è il luogo dove Gesù nasce e dove avviene la sua prima Epifania, Gerusalemme è la città dove Egli muore e risorge (c'è un legame con il tema apocalittico della sua definitiva venuta alla fine dei tempi, evidenziato dal trono vuoto al centro dell'arco, trono affiancato da Pietro e Paolo, il primo chiamato da Cristo a diffondere la "Buona notizia" fra gli ebrei, l'altro fra i Gentili, i pagani). Tutti insieme formeranno la Chiesa di cui Pietro è guida e Sisto III suo successore. In quanto tale e come "episcopus plebi Dei" spetta a lui condurre il popolo di Dio verso la Gerusalemme celeste. Nel XIII secolo Niccolò IV, primo Papa francescano, decise di abbattere l'abside originale e di costruire l'attuale arretrandola di qualche metro, ricavando così tra essa e l'arco un transetto per il coro. La decorazione dell'abside fu eseguita dal francescano Jacopo Torriti e i lavori furono pagati dai Cardinali Giacomo e Pietro Colonna. Il mosaico di Torriti si divide in due parti distinte: nella conca absidale c'è l'Incoronazione della Vergine, nella fascia sottostante sono rappresentati i momenti più importanti della Sua vita. Al centro della conca, racchiusi in un grande cerchio, Cristo e Maria sono seduti su di un grande trono raffigurato come un divano orientale. Il Figlio sta ponendo sul capo della Madre la corona gemmata. Nel mosaico Maria non è vista solo come la Madre, ma piuttosto come la Chiesa Madre, sposa del Figlio. Ai loro piedi il sole e la luna e intorno cori di angeli adoranti a cui si aggiungono S. Pietro, S. Paolo, S. Francesco d'Assisi e il papa Niccolo IV a sinistra; Giovanni Battista, Giovanni Evangelista, Sant'Antonio e il donatore Cardinal Colonna a destra. Nel resto dell'abside una decorazione a racemi germoglia da due tronchi posti all'estrema destra e all'estrema sinistra del mosaico. Nella fascia alla base dell'abside le scene della vita della Madonna sono disposte a destra e a sinistra della "Dormitio" collocata proprio sotto l'Incoronazione. Questo modo di descrivere la morte della Vergine è tipico dell'iconografia bizantina, ma si diffuse anche in Occidente dopo le Crociate. La Vergine è sdraiata sul letto e, mentre gli angeli si preparano a togliere dallo sguardo attonito degli Apostoli il suo corpo, Cristo prende tra le braccia la sua "anima" bianca, attesa in cielo. Torriti arricchisce la scena con due piccole figure di francescani e di un laico con il berretto duecentesco. Al di sotto della "Dormitio" papa Benedetto XIV collocò la splendida "Natività di Cristo" del Mancini. Tra i pilastri ionici sotto i mosaici, sono stati collocati da Fuga i bassorilievi di Mino del Reame che rappresentano la Nascita di Gesù, il miracolo della neve e la fondazione della basilica da parte di papa Liberio, l'Assunzione di Maria e l'Adorazione dei Magi. Sempre di Fuga è il baldacchino che sovrasta l'altare centrale davanti al quale si apre la Confessione, voluta da Pio IX e realizzata da Vespignani, dove è collocato il reliquiario della Culla. Il reliquiario è in cristallo, a forma di culla, e contiene pezzi di legno che la tradizione vuole appartenere alla mangiatoia su cui fu deposto Gesù Bambino. Fu eseguito da Valadier e donato dall'ambasciatrice del Portogallo. La statua di Pio IX, il papa del dogma dell'Immacolata Concezione è opera di Ignazio Jacometti e fu collocato nell'ipogeo per volontà di Leone XIII. Il Pavimento Entrando nella Basilica si rimane ammirati dalla particolarità del pavimento a mosaico dei maestri marmorari Cosma detti “cosmateschi” (sec. XIII). Cappella Cesi Voluta dal Cardinale Paolo Emilio Cesi e dal fratello Federico fu realizzata intorno al 1560 e non se ne conosce l’autore, anche se si ritiene che sia stata progettata da Guidetto Guidetti, in collaborazione con Giacomo Della Porta. Regina Pacis La statua della Regina Pacis, voluta da Benedetto XV in ringraziamento per la fine della prima guerra mondiale, è stata realizzata da Guido Galli. Sul volto della Madonna, seduta in trono “Regina Pacis e Sovrana dell’universo”, si nota un senso di tristezza. La Cappella Sforza A fianco dell’ingresso due lapidi ricordano che la cappella fu realizzata grazie al cardinale Guido Ascanio Sforza di Santafiora, arciprete della basilica, e suo fratello, il cardinale Alessandro Sforza Cesarini, che ne curò la decorazione eseguita nel 1573. Secondo il Vasari, autore del progetto era stato Michelangelo Buonarroti, il quale ci ha lasciato due schizzi ad esso relativi, dove è 11 ben visibile l’originale pianta con ellissi sui lati ed un vano rettangolare che accoglie l’altare. I ritratti inseriti nei monumenti funebri e la pala d’altare (1573) sono stati attribuiti a Gerolamo Siciolante da Sermoneta (15211580). La tavola quadrata sull’altare è del Siciolante e rappresenta l’Assunzione della Vergine la cui scansione dei piani è ben organizzata per passare senza scosse dall’ambiente terreno a quello celeste, dove la figura di Maria siede discreta in atto di preghiera. La tomba del Bernini “Nobile famiglia Bernini qui aspetta la Resurrezione”. Di lato all’altare maggiore, la semplicità della lastra tombale di uno dei più grandi artisti del ‘600. La Sacra Culla Di rimpetto all’altare dell’Ipogeo, di fronte alla statua di Pio IX e sotto il suo stemma, è accolta e custodita una celebre reliquia, comunemente denominata “Sacra Culla”. Essa si offre allo sguardo dei fedeli dalla preziosa urna ovale di cristallo e argento, realizzata dal Valadier. Il "Presepio" di Arnolfo di Cambio L'immagine sentimentale e spirituale della ricostruzione di un "Presepio" in ricordo di un venerato avvenimento, ha origini sin dal 432 quando Papa Sisto III (432/40) creò nella primitiva Basilica una "grotta della Natività" simile a Betlemme . I numerosi pellegrini che tornavano a Roma dalla Terra Santa, portarono in dono preziosi frammenti del legno della Sacra Culla (cunabulum) oggi custoditi nella dorata teca della Confessione. La Sacra Grotta di Sisto III fu molto a cuore nei secoli successivi a diversi pontefici, finché Papa Nicolò IV nel 1288 commissionò ad Arnolfo di Cambio una raffigurazione scultorea della "Natività". Molti furono i rifacimenti e cambiamenti nella basilica e quando Papa Sisto V (1585/90) volle eretta nella navata destra una grande Cappella detta del SS. Sacramento o Sistina, ordinò nel 1590 all'Architetto Domenico Fontana di trasferire ivi senza demolirla, l'antica "grotta della Natività" con i superstiti elementi scultorei di Arnolfo di Cambio. I tre Re Magi con vesti e scarpe in elegante, rude stile gotico, e S. Giuseppe, ammirano attoniti e riverenti il miracolo del Bambino in braccio alla Madonna (di P. Olivieri) scaldati dal bue e l'asinello. BASILICA PAPALE S.PAOLO FUORI LE MURA STORIA: Con la fine delle persecuzioni e la promulgazione degli editti di tolleranza verso il cristianesimo, all’inizio del IV secolo, l’Imperatore Costantino fece fare degli scavi sui luoghi della cella memoriae, ove i Cristiani veneravano la memoria dell’Apostolo San Paolo, decapitato tra il 65 ed il 67, sotto Nerone. E’ su questa tomba, situata sulla via Ostiense, a circa 2 Km fuori le Mura Aureliane che cingono Roma, che fece innalzare una Basilica, consacrata da Papa Silvestro nel 324. Ristrutturata ed ingrandita tra il 384 e il 395, sotto gli imperatori Teodosio, Valentiniano II e Arcadio, secondo un vasto piano a 5 navate che si apre su un quadriportico, la Basilica non cesserà lungo i secoli di essere oggetto di abbellimenti e di aggiunte da parte dei Papi, citiamo l’imponente cinta di fortificazioni innalzata contro le invasioni alla fine del IX secolo, il campanile e l’ammirevole porta bizantina del XI secolo, ed ancora i mosaici della facciata di Pietro Cavallini, il bel chiostro dei Vassalletto, il celebre baldacchino gotico di Arnolfo di Cambio e il candelabro pasquale di Nicola d’Angelo e Pietro Vassalletto, del XIII secolo. E’ il momento dell’età d’oro della più grande Basilica di Roma, fino alla consacrazione della nuova Basilica di San Pietro, nel 1626. Questo luogo sacro di pellegrinaggio della cristianità è rinomato per le sue opere artistiche. Nella notte del 15 luglio 1823, un incendio distrugge questo testimone unico di epoche paleocristiane, bizantine, del Rinascimento e del Barocco. La Basilica viene ricostruita in modo identico, riutilizzando gli elementi risparmiati dal fuoco. Papa Gregorio XVI nel 12 1840 consacrava l’Altare della Confessione e il transetto. E gli abbellimenti continuano. Nel 1928 è stato aggiunto il portico dalle 150 colonne. Oggi, è la tomba dell’Apostolo che è venuta alla luce, mentre una serie di importanti lavori traggono beneficio, come in passato, dalla generosità dei cristiani da ogni dove. La lunga serie di medaglioni rappresenta tutti i Papi della storia, fu iniziata sotto il pontificato di Leone Magno nel V secolo e testimonia qui in modo straordinario la “supremazia riconosciuta dai fedeli di ogni luogo alla grandissima Chiesa costituita a Roma dai due gloriosi Apostoli San Pietro e San Paolo” (San Ireneo, II s.). San Paolo fuori le Mura è un vasto complesso extra territoriale (Motu Proprio di Papa Benedetto XVI, 30 maggio 2005), amministrato da un Arciprete. Oltre alla Basilica Papale, l’insieme comprende una Abbazia benedettina molto antica, restaurata da Odon de Cluny nel 936, attiva sotto la direzione del suo abate. I Monaci Benedettini della antichissima Abbazia, edificata presso la Tomba dell’Apostolo da Papa Gregorio II (715-731), favoriscono il ministero della Riconciliazione (o della Penitenza) e la promozione di avvenimenti ecumenici. E’ lì che, ogni anno, si chiude solennemente nel giorno della Conversione di San Paolo, il 25 gennaio, la Settimana di Preghiera per l’Unità dei Cristiani. Per la sua Basilica, il Papa ha privilegiato due punti: il ministero della Riconciliazione (o della Penitenza) e la promozione di avvenimenti ecumenici. Il Santo Padre Benedetto XVI, il 28 giugno 2007, ha visitato la Basilica per indire “l’Anno Paolino”, commemorando in tal modo il bimillenario della nascita di San Paolo. L’Anno Paolino si è svolto dal 28 giugno 2008 al 29 giugno 2009. L’edificio costantiniano: L’Imperatore Costantino, che regna dal 306 al 332, pone fine alle persecuzioni contro i Cristiani, proclamando in particolar modo l’Editto di Milano, nel 313, che conferisce libertà di culto. Favorisce la costruzione di luoghi di culto cristiani, specialmente quello legato alla memoria dell’Apostolo. Sopra la tomba fa erigere un luogo di culto, la cui esiguità induce a pensare che prima vi sorgeva la struttura di una domus ecclesiae, una chiesa domestica. La Basilica viene consacrata il 18 novembre 324 da Papa Silvestro I (314-335). Si può notare al suolo, dopo gli importanti lavori del 2006, l’abside orientata verso est, secondo l’usanza.La grandiosa Basilica dei Tre Imperatori (Teodosio, Arcadio e Valentiniano II affidano i lavori all'architetto Ciriade, nel 386. La Basilica verrà terminata sotto il suo successore Onorio, così come è indicato nell'iscrizione sull'Arco trionfale detto di Galla Placidia, sorella dell' Imperatore che lo finanziò). Consacrata nel 395 da Papa Silicio (384-399). Al fine di poter ingrandire la Basilica, diventata troppo piccola davanti all’afflusso dei pellegrini, diventa necessario cambiare il suo orientamento, da est ad ovest. La sua struttura è bizantina, lunga 131,66 m., larga 65 m. e alta 30 m. Con le sue cinque navate (una grande navata centrale di 29,70 m., affiancata da quattro navate laterali) sostenute da una “foresta” di 80 colonne monolitiche in granito e il suo quadriportico (lungo 70 m.), essa è all’epoca la più grande Basilica romana, fino alla riedificazione di San Pietro. Testimoniando l’amore della Chiesa per questo luogo i Papi non cesseranno di restaurarla e di abbellirla con l’aggiunta di affreschi, di mosaici, di pitture o di cappelle, lungo i secoli che seguirono. Gli importantissimi lavori di scavo nei pressi della tomba hanno portato alla luce l'abside della prima Basilica di Costantino dell'inizio del IV secolo, che si può vedere attraverso una lastra di vetro. Non è da escludere che queste fondamenta nascondano i resti dell'antico "tropaeum", monumento commemorativo eretto sulla tomba dell'Apostolo. Dal V al VII secolo E’ il periodo delle grandi invasioni, i Papi continuano ad operare: Leone il Grande (440461) fa ricoprire di mosaici l’Arco di Trionfo[1], ricostruire il tetto incendiato, per dare poi inizio alla lunga serie dei Papi della storia, ritratti in grandi medaglioni in mosaico[2], i quali formeranno un alto fregio intorno al transetto e alla navata. Papa Simmaco (498-514) ristruttura l’abside e realizza degli habitacula per i pellegrini più poveri. E’ a Gregorio II (715-731) che risale la presenza stabile dei Monaci Benedettini presso la Tomba dell’Apostolo. Leone III (795-816) fa posare la prima lastra di marmo dopo il terremoto dell’ 801. 13 Dal IX al XI secolo: Papa Giovanni VIII (872-882) fa innalzare una cinta di fortificazione intorno alla Basilica ed alla sua Abbazia per proteggerle da eventuali attacchi: questo complesso è nominato “Giovannipoli”. Papa Gregorio VII (1073-1085), abate del monastero, prima di essere eletto Papa, fa rialzare il lastricato del transetto raccordandolo alla navata, fa innalzare un campanile (distrutto nel XIX secolo), mentre l’entrata principale della Basilica è dotata di una splendida porta bizantina[1] composta da 54 pannelli incisi in agemina d’argento. L’età d’oro: Innocenzo III (1198-1216) fa ricomporre il grande mosaico[1] dell’abside (24 m. di larghezza per 12 m. di altezza) tale e quale si presenta ai giorni nostri e Papa Onorio III[2] completa la squadra dei mosaicisti con degli artisti veneziani, che avevano lavorato in precedenza nella Basilica di San Marco a Venezia. I contributi artistici sono molti, come il baldacchino gotico di Arnolfo di Cambio[3], sopra l’altare papale e sopra la tomba, la decorazione della facciata di Pietro Cavallini, il chiostro dei Vassalletto ed infine il candelabro monumentale di Nicola D’Angelo e Pietro Vassalletto. La Basilica diventa allora non solo un luogo importante di pellegrinaggio, ma uno scrigno per le arti paleocristiane, bizantine e gotiche, universalmente riconosciuto. L’esterno: Il grandioso quadriportico, lungo 70 m. e composto da 150 colonne, progettato da Poletti, viene terminato da Calderini. Al centro, una statua colossale di San Paolo, di Giuseppe Obici (1807-1878). La facciata è decorata con mosaici eseguiti tra il 1854 e il 1874 (cartoni di Agricola e Consoni) che rappresentano: nel registro inferiore, Isaia, Geremia, Ezechiele e Daniele; nel registro mediano, l’Agnello mistico circondato da quattro fiumi che simboleggiano i quattro Vangeli e da dodici agnelli che rappresentano i dodici Apostoli. Nel registro superiore, il Cristo tra Pietro e Paolo. Le tre porte di cui, al centro, la monumentale Porta in bronzo verde di Antonio Maraini che fu collocata nella Basilica nel 1931 e, a destra, la nuova Porta Santa, in bronzo dorato, dello scultore Enrico Manfrini; è stata collocata in occasione del Giubileo dell’anno 2000. Il complesso attuale: Il Trattato Lateranense del 1929 e i successivi Accordi intercorsi fra la Santa Sede e l'Italia, con particolare riferimento allo scambio di Note del 1945, hanno sancito che le aree e gli edifici costituenti il Complesso di San Paolo fuori le Mura, in particolare la Basilica e l’Abbazia, appartengono alla Santa Sede e godono di uno specifico status giuridico, secondo le norme del Diritto internazionale. Sull'intero Complesso extraterritoriale di San Paolo fuori le Mura il Sommo Pontefice esercita i poteri civili secondo le norme vigenti. Con il Motu Proprio L’antica e venerabile Basilica di San Paolo fuori le Mura, del 31 maggio 2005, il Santo Padre Benedetto XVI ha voluto chiarire e meglio definire i principali aspetti che, sotto il profilo pastorale e amministrativo, caratterizzano tale Complesso extraterritoriale. Con lo stesso Motu Proprio, il Papa, nel confermare la Basilica di San Paolo fuori le Mura ente canonico con personalità giuridica pubblica, ha stabilito che ad essa sia preposto, al pari delle altre tre Basiliche Maggiori, un Arciprete nominato dal Romano Pontefice. L’Arciprete è chiamato a sovrintendere a tutto il Complesso extraterritoriale, coordinando le varie amministrazioni ivi operanti, secondo le finalità proprie, salvo quanto rientra nelle competenze esclusive dell'Abate all'interno dell'Abbazia, che ospita la Comunità dei Monaci Benedettini presente nel luogo da ben tredici secoli. All’Arciprete ha affidato un Vicario per la Pastorale, nella persona dell'Abate dell'Abbazia Benedettina di San Paolo, nonché un Delegato per l'Amministrazione. La tomba: Paolo giunge a Roma nel 61, per esservi giudicato. Viene decapitato tra il 65 e il 67Fuori dalle Mura Aureliane, sulla via Ostiense, senza dubbio ad Aquas Salvias. Il suo corpo sarà depositato a due miglia dal luogo del martirio, nell’area sepolcrale che la cristiana Lucina possedeva sulla via Ostiense, facente parte del sepolcreto ivi esistente. Gli scavi confermano la presenza di un cimitero sotto la Basilica ed intorno ad essa (loculi e fosse) per i poveri e gli schiavi affrancati. Fu possibile seppellire l’Apostolo Paolo in una necropoli romana, anche se cristiano, in quanto cittadino romano. La sua tomba diventa subito oggetto di venerazione, su di 14 essa viene edificata una cella memoriae o tropaeum, memoriale ove, durante questi secoli di persecuzione, si recano a pregare i fedeli e i pellegrini, attingendo le forze per proseguire l’evangelizzazione del grande missionario. Il Presbitero Gaio, “che viveva L’abbazia: La presenza di una comunità monastica risale a Papa Gregorio I, anche conosciuto come Gregorio Magno (590-604). E’ Papa Gregorio II che costituisce in modo stabile la comunità benedettina, tuttora esistente. Essa è riformata da Odon de Cluny nel 936: l’abate prende allora il nome di “abbas et rector Sancti Pauli”. Il più celebre fra loro è il monaco Ildebrando di Soana, il quale, dopo aver lavorato al rinnovamento della Basilica e della vita del suo monastero, viene eletto Papa con il nome di Gregorio VII (1073-1085) ed intraprende la riforma della Chiesa, detta riforma gregoriana. L’abbazia si trova allora a capo di un vasto patrimonio feudale. Conoscerà periodi di grande splendore spirituale, ma anche di ore buie, fino alla confisca dei suoi beni nel 1870; i monaci tuttavia, anche allora, non abbandoneranno il loro incarico presso la tomba dell’Apostolo. L’attività monastica ha ripreso, con vigore, già prima dell’inizio del XX secolo, attendendo in modo particolare al ministero della Penitenza come all’opera dell’Unità dei Cristiani. E’ in quel luogo che, il 25 gennaio 1959, Papa Giovanni XXIII ha annunciato la convocazione del Concilio Vaticano II. La Biblioteca antica possiede più di 10.000 volumi dal XV al XVII secolo (con edizioni maurine e bollandiste) mentre quella moderna ne possiede più di 100.000. sotto Zefirino, vescovo dei Romani dal 199 al 217, citato da Eusebio nel III secolo, è il primo a raccontare di aver visitato le memoria dei due Apostoli: “Posso mostrarti, scriveva a Proclus, i trofei (monumenti funerei) degli Apostoli. Sia che tu vada in Vaticano che sulla strada per Ostia, troverai i trofei di coloro che hanno fondato la Chiesa romana”. La lastra tombale: A 1,37 m. sotto l’attuale Altare Papale, una lastra di marmo (2,12 m. x 1,27 m.) porta l’iscrizione PAULO APOSTOLO MART… Essa è composta da diversi pezzi. Quello che porta il nome PAULO è munito di tre orifizi, uno rotondo e due quadrati. L’orifizio rotondo, che non altera l’iscrizione, è senza dubbio contemporaneo; esso è raccordato ad una piccola conduttura collegata alla tomba e ricorda l’uso romano, in seguito cristiano, di versare dei profumi nelle tombe. Questa lastra del IV - V secolo è verosimilmente testimone di un culto anteriore alla grande costruzione del 386 Il sarcofago: E’ sopra un sarcofago massiccio di 2,55 m. di lunghezza per 1,25 m. di larghezza e 0,97 m. di altezza che furono elevati gli “Altari della Confessione” successivi. Nel corso di recenti lavori è stata praticata una larga finestra sotto l’Altare Papale, per permettere ai fedeli di poter vedere la Tomba dell’Apostolo. 15