IntervIste La pIraterIa secondo Bjorn Larsson
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IntervIste La pIraterIa secondo Bjorn Larsson
Interviste La pirateria secondo Bjorn Larsson Biografia di un uomo libero C hi almeno una volta non ha sognato di imbarcarsi su un galeone pirata e lanciarsi all’arrembaggio con i capitani Kidd, Barbanera, Morgan e Drake? Per leggere «La vera storia del pirata Long John Silver» di Bjorn Larsson (Iperborea 1998, più di 150 mila copie vendute solo in Italia) non è necessario mettere una benda nera su un occhio e un uncino finto ad una mano e nemmeno indossare un cinturone con fibbia dorata sulla camicia bianca. E’ sufficiente amare il mare, l’avventura, i bei romanzi e soprattutto avere nel cuore una grande voglia di libertà. Un libro in cui non si trovano i disneyani «Pirati dei Caraibi» che qualche anno fa grazie alla martellante propaganda mediatica hanno invaso i cinema di tutto il mondo. Solo la verità storica, la pirotecnica creatività dell’autore e la sua capacità di scandagliare l’animo umano fin nei suoi abissi più neri. Leggere l’intrigante romanzo di Bijorn Larsson è il modo migliore per salpare col vento in poppa verso i mari con il pirata per eccellenza, John Silver, l’inafferrabile «cattivo» de «l’Isola del tesoro» di Stevenson. Il romanzo è un dipinto dell’Inghilterra della prima metà del Settecento, delle coste irlandesi e del nord della Francia, dei Mari del Sud e di tutti i luoghi teatro STORIA IN RETE | 76 della attività piratesca. Tra le sue pagine i profumi salmastri delle onde che lambiscono i velieri, assieme all’atmosfera fumosa del pub irlandese in cui il protagonista conversa con Daniel Defoe davanti al patibolo sul quale trovavano la morte i pirati catturati, gli amori intensi ed esotici, le imponenti mura di Saint Malo, la quiete assolata dell’isola di Sainte Marie nel Madagascar, quartier generale dei pirati di tutto il mondo. Nel post scriptum l’autore elenca i fatti storici documentati ai quali ha attinto per scrivere il suo libro. Come Larsson stesso dichiara, questi eventi dimostrano che la realtà supera sempre la fantasia. E’ la Storia a ispirare alcuni dei brani più toccanti del libro. Per citarne solo alcuni: l’incontro con l’equipaggio cieco del Rodeur, la melanconia patologica dei negri, il trattamento inflitto agli schiavi sulle navi negriere e quello riservato dai capitani ai marinai delle navi della marina inglese di quei tempi, e l’uso, come fonti, delle confessioni rese ai piedi della forca dei pirati Thomas Roberts, John Cane e William Davison. La pirateria è sempre esistita da quando l’uomo ha iniziato a navigare, e le cronache ci informano che esiste ancora. La dovettero combattere gli antichi Romani e ancora oggi può essere uno spiacevole fuori programma per i turisti in Malesia o per le petroliere a largo della Somalia. Ha però avuto il suo periodo d’oro tra la fine del XVII e il primo quarto del XVIII secolo, quando gli inglesi decisero di attaccare le colonie spagnole in America arricchendo la flotta militare con imbarcazioni mercantili riadattate: munite di una «lettera di corsa», queste erano autorizzate dal governo ad attaccare le navi nemiche. La confusione fra pirati – che erano… liberi professionisti della preda – e corsari – che agivano per conto terzi sotto bandiera di qualche potenza navale – divenne presto totale e problematica. La capitolazione della Spagna però rese preferibili per l’Inghilterra le relazioni commerciali con la potenza sconfitta e inevitabile la condanna di atti che turbassero il nuovo ordine. Ne è un esempio l’impiccagione a Londra nel 1701 del corsaro Kidd, che aveva accumulato il più grande Aprile 2012 John Long Silver è il vilain de «L’Isola del Tesoro» di Stevenson che lo scrittore svedese Bjorn Larsson ha deciso di far rivivere come protagonista di un suo romanzo storico. Attraverso le memorie di Silver l’epopea della pirateria nell’Atlantico viene descritta con rigore e precisione, fra azione e riflessione. Perché – come ricorda Larsson – la storia è più avventurosa della fantasia… di Elena e Michela Martignoni La copertina de «L’Isola del Tesoro» pubblicata da Scribner nel 1911. Come tutto il volume, fu illustrata da Newell Convers Wyeth con una celebre serie di dipinti. Nell’altra pagina, Bjorn Larsson, autore di «La vera storia del pirata Long John Silver» Aprile 2012 | 77 STORIA IN RETE Robert Newton nei panni di John Long Silver in «L’isola del Tesoro» (1950) tesoro pirata di tutti i tempi. La sua esecuzione segna l’inizio della fine di quell’età, anche se le azioni piratesche non sono mai cessate del tutto. Esistono diverse e fantasiose definizioni per indicare genericamente i pirati: i filibustieri, aristocratici e avventurosi, i bucanieri dei Caraibi, più realisti e mercantili, i corsari che si avvalevano della protezione degli Stati, i gentiluomini di ventura, i matelot, che agivano in coppia siglando tra loro un patto che assomigliava a un contratto matrimoniale. Nel libro di Larsson queste varianti vengono trattate e illustrate, come anche vengono analizzati i modi poco ortodossi con i quali gli uomini venivano arruolati dalla marina militare o mercantile. Capitava di frequente che giovani sprovveduti in cerca di fortuna venissero drogati o ubriacati nelle taverne e portati a forza sulle navi nelle quali si svegliavano ormai membri dell’equipaggio loro malgrado, con contratti da loro stessi firmati in stato di semincoscienza che li costringevano a lavorare nelle piantagioni in condizioni disumane. Nel 1962 il regista Lewis Milestone raccontò nel celebre film con Marlon Brando «Gli ammutinati del Bounty» (tratto dal romanzo di Charles Bernard e Bernard Nordhoff, a sua volta basato su una storia vera) il trattamento riservato agli equipaggi delle navi inglesi nel XVIII secolo. Le gesta del terribile comandante Bligh nel 1787 (anno dell’ammutinamento) ispirarono anche un racconto di Jules Verne. A quei tempi i comandanti delle navi erano spietati con i loro marinai e in particolare sulle navi negriere la situazione era insostenibile: essi ar- «Pirateria» Chi è Bjorn Larsson? B jorn Larsson, nato a Jönköping, in Svezia, nel 1953, insegna all’università di Lund e vive in Danimarca, a Gilleleje, piccolo villaggio di pescatori non lontano dal castello di Amleto. Parla perfettamente quattro lingue, è filologo e traduttore dal danese, inglese, francese e italiano. Esordisce come scrittore nel 1980 con «Splitter» (Schegge), una raccolta di racconti che ruotano intorno alla figura di un giovane scrittore. Personaggio dalla vita alquanto singolare, spirito libero e ribelle (è stato anche in prigione per obiezione di coscienza), Larsson vive per sette anni con la moglie a bordo della sua barca a vela Rustica: l’espe- STORIA IN RETE | 78 rienza di questo periodo e la sua grande passione per il mare e la navigazione costituiscono una fertile fonte di ispirazione al suo primo romanzo «Il Cerchio Celtico», del 1992, che lo consacrerà al successo internazionale e in Italia si aggiudicherà il Premio Boccaccio Europa 2000. Narrando le avventure di un appassionato navigatore di barca a vela che intraprende un viaggio alla ricerca di una misteriosa società segreta celtica, Larsson costruisce un originale thriller di mare, intellettuale e politico allo stesso tempo, dove dimostra di saper andare ben al di là dei confini circoscritti del genere letterario d’avventura. (E.&M.M.) n La voce «Pirateria» esiste su Wikipedia in 60 lingue Accuratezza Fonti e note Bibliografia Controversie Vetrina in Gendarmi della Memoria minimo Spagnolo, croato e macedone massimo Aprile 2012 rivavano a far morire di inedia o di malattia i loro uomini quando non avevano più bisogno di loro, per nutrire e curare di più gli schiavi. La vita di quest’ultimi per gli avidi comandanti valeva molto di più di quella dei marinai, perché da essa derivava la loro ricchezza. Questo spiega il proliferare della pirateria: erano talvolta i marinai stessi delle navi catturate a scegliere di unirsi ai pirati, presso i quali avrebbero trovato regole più «democratiche» e trattamento più umano. Meglio vivere da reietti e ricercati insieme con i pirati che subire le angherie dei comandanti regolari. «Il pirata è un essere perennemente posseduto dalla febbre dell’attimo, un senso assoluto della brevità della vita che lo portava a consumare rapidamente ogni risorsa. Appena spartito il bottino e sbarcato a terra, il pirata si buttava nelle taverne e nei bordelli dilapidando in poche ore bottini immensi per poi crollare a terra ubriaco ed essere derubato nel sonno anche del restante. Da qui la necessità di rimbarcarsi continuamente per ricominciare» ha scritto Roberto Mussapi nell’introduzione a «La vera storia del pirata Long John Silver». Tutto questo nel romanzo viene ampiamente descritto, ma in realtà fulcro del libro è la condizione intrinseca del ladro dei mari che sceglie di vivere libero anche se reietto. “... Non eravamo come gli altri marinai. Le nostre navi non navigavano per arrivare da qualche parte. Ci chiamavamo fratelli e compagni, ma la famiglia e gli amici erano l’ultimo dei nostri pensieri. I benpensanti ci chiamavano nemici dell’umanità, e in un certo senso avevano ragione, perché nessuno poteva essere nostro amico, neppure noi stessi…», scrive Larsson. E ancora: «(i pirati) non sono mai stati dei bravi assassini, per quante arie si dessero, e sarebbero stati dei pessimi boia, perché si sarebbero stancati presto di un’arte così monotona. Ma è così che va a finire quando non si sa cosa si vuole né per che cosa si è portati». «…nelle notti di burrasca, quando il vento scuoteva la nostra casetta e le onde si frangevano ruggendo contro Aprile 2012 gli scogli… mi appariva con la gamba mozzata all’altezza del ginocchio o dell’anca… ma il peggio era quando sognavo di fuggire scavalcando siepi e fossi, inseguito da quel mostro». Così Jim Hawkins, il giovane protagonista de «l’Isola del Tesoro» di Stevenson descrive John Silver, il pirata con una gamba sola dal quale è stato messo in guardia dal capitano Billy Bones. Silver rappresenta per lui il male, l’incubo e l’ossessione. Ma poi nel seguito della storia, questa figura spaventosa si colorerà di altre sfu- mature: quando Jim conoscerà Silver, assunto come cuoco di bordo sulla nave che salpa alla ricerca del tesoro del capitano Flint, scoprirà che non è così mostruoso, anzi è un uomo affabile e istruito, la cui compagnia è piacevole, e Silver gli salverà addirittura la vita. Larsson ha ripreso il personaggio, misteriosamente sparito a bordo di una scialuppa al termine del romanzo di Stevenson, e ne ha ricostruito la vita a ritroso. Perché un autore svedese ha deciso di appropriarsi di un personaggio letterario ripercor- Billy Bones, in una illustrazione di Newell Convers Wyeth per «L’Isola del Tesoro» I pirati non sono mai stati dei bravi assassini, e sarebbero stati dei pessimi boia, perché si sarebbero stancati presto di un’arte così monotona | 79 STORIA IN RETE rendone la «vera» storia? Lo abbiamo chiesto direttamente a lui. n Quanto c’è di Bijorn Larsson in Long John Silver? «Questa è una domanda che esige una conoscenza di sé che io forse non ho. Il personaggio non l’ho inventato io, è preso da “l’Isola del tesoro” e io ho rispettato la personalità di Silver che ha descritto Stevenson, cercando solo di mettermi nei suoi panni». n Come te, però, Silver ama il mare e mette la libertà al di sopra di tutti i suoi valori. «Questo è vero: l’anello di congiunzione tra me e lui è il bisogno di libertà, ma in lui, personaggio letterario, c’è l’estremismo di questo sentimento. Silver uccide e tradisce pur di essere libero, io ovviamente no! Questo estremismo è una carat- teristica comune a tutti i grandi personaggi letterari, pensate ad Amleto, a Don Chisciotte… non sono certo uomini comuni. Il romanziere toglie quando può gli elementi comuni dalla vita dei suoi grandi personaggi (non sarebbe interessante descrivere i loro semplici atti quotidiani) mentre dà risalto alle loro straordinarie azioni o alla forza del loro pensiero. Silver è estremo perché ama la vita in modo esagerato e questo lo spinge alle azioni crudeli che compie anche nei confronti dei suoi amici. Non si giustifica mai, non chiede mai scusa. Il motivo per cui è spietato è superiore per lui a tutto questo: agisce così perché DEVE vivere». n Perché Silver rifiuta di diventare amico di Deval? (colui che gli sparerà poi alla gamba NdR). «Deval per Silver è come un cane, un amico schiavo. Silver si serve di lui e non lo rispetta. Quando Deval gli sparerà alla gamba, Silver lo farà castigare da Flint facendo tagliare anche a lui una gamba sana. Silver non ha amici, arriva al massimo a provare rispetto per alcune delle persone che incontrerà nella sua lunga vita, ma nulla di più. Ne “L’isola del tesoro” Silver uccide un marinaio dunque è un assassino, ma i lettori di Stevenson spesso dimenticano questo fatto per poter continuare ad amare il personaggio». n Anche le donne e l’amore non smuovono Silver dal suo progetto di libertà… «Infatti. Ho dato per due volte a Silver la possibilità di innamorarsi e di cambiare la sua vita. In entrambi i casi si trattava di donne al suo livello, intelligenti e vincenti. Ma anche l’amore non fa per lui, il suo bisogno di libertà supera anche il suo biso- Una vecchia canzone di Stevenson - di Luca Crovi F in da bambino Robert Louis Stevenson fu un appassionato di ballate e di canzoni sia quando ad intonarle era la sua balia-infermiera Alison Cunningham durante le lunghe giornate di febbre che lo costrinsero a restare a letto per mesi, sia quando a cantarle era suo padre Thomas durante una delle esplorazioni in barca alle coste scozzesi dove costruiva solidi fari. Da ragazzo poi Stevenson frequentando spesso le taverne apprese come certe storie potessero essere raccontate in maniera incantevole anche quando a cantarle erano le voci roche e ubriache di certi marinai. Non è un caso che tutti si ricordino l’immortale ritornello di «15 uomini sulla cassa del morto» con cui si apre in maniera epica «L’isola del tesoro» perché proprio in quella ballata Stevenson è riuscito a racchiudere tutto il mondo disperato, avventuroso e glorioso dei pirati dei suoi tempi. Ed è curioso scoprire solo oggi in Italia che proprio «Una vecchia canzone» è il titolo del primo romanzo scritto da Robert Louis Stevenson. Un titolo che viene solo ora edito da Barbès in una bella edizione curata e tradotta da Fabrizio Bagatti. In STORIA IN RETE | 80 origine questo romanzo breve apparve in forma completamente anonima sulla rivista «London» nel 1877 e solo nel 1982 è stato attribuito ufficialmente allo scrittore scozzese grazie al fortuito ritrovamento di una pagina manoscritta fra gli scritti conservati nella Stevenson Collection dell’Università di Yale. Il tema principale di questa storia è l’origine del male, la sua casuale o necessaria genesi che lo porta ad annidarsi nel cuore degli individui e che lo spinge a trasformarli a poco a poco. Un tema che ritroviamo in pri- mo piano in opere come «Il signore di Ballantrae», «Lo strano caso del Dottor Jekyll e Mr Hyde» e «Il ragazzo rapito» ma che viene sviluppato anche in maniera originale ne «L’isola del tesoro» attraverso la figura carismatica di Long John Silver, che è si un pirata, un uomo apparentemente malvagio, ma anche un raffinato conoscitore di storie, un abile cuoco e un compagno d’avventure incredibile per il piccolo Jim Hawkins. A subire le tentazione del male fra le pagine di «Una vecchia canzone» sono i cugini Malcolm e John Falconer che hanno vissuto per tutta la vita uno accanto all’altro e che, a causa dell’eredita attribuita loro da uno zio colonnello, e vittime entrambi della passione per la giovane Mary si troveranno a trasformarsi in novelli Caino ed Abele. La domanda che Stevenson si pone e che pone ai suoi lettori per tutta questa storia (che precede di sei anni «L’isola del tesoro») è la seguente: come sarebbero rimasti gli innocenti Malcolm e John se la società che li circonda non li avesse tentati con le sue convenzioni e i suoi estremismi? Si sarebbero mai traLo scrittore Robert Louis sformati cedendo alle ossessioStevenson (1850-1894) ni del male? n Aprile 2012 gno d’amore. Quello che affascina in Silver è che rifiuta anche il potere, perché anche il potere è schiavitù. E nemmeno sulle donne vuole avere potere, e le lascia libere». n C’è una scena molto potente del tuo libro: Dolores, una schiava nera, evira con un morso il comandante che l’ha costretta a un rapporto sessuale. Perché hai scelto questa vendetta così sconcertante? «Dolores poteva salvarsi solo così. Era nuda e non aveva armi, ma, come Silver, aveva una gran voglia di vivere. Così ho pensato che i suoi denti fossero l’unica arma possibile. Nei miei romanzi le donne sono sempre donne forti, con personalità. Il romanzo ne ha bisogno: il protagonista può anche essere una vittima, ma una vittima che non reagisce è poco interessante. Io ho bisogno di essere sempre alla pari con le donne, non voglio essere né sopra né sotto rispetto a loro e le loro problematiche mi stanno molto a cuore. Sono onorato di essere uno dei tre uomini giudice del premio letterario Simone De Beauvoir, che promuove un’associazione per i diritti delle donne. Quest’anno ha vinto un’associazione di donne tunisine». n Ci ha colpito la scena struggente della festa finale in cui Silver per la prima volta sembra commuoversi. «Mentre scrive Silver ripercorre e valuta la sua vita, e pensa che in fondo anche lui avrebbe potuto essere buono. Il pirata sul mare è un mito creato dalla gente di terra. Il mito del marinaio esige però che il marinaio riparta. Quando giravo tra i porti della Scozia non ho mai avuto difficoltà di relazione con la gente di terra, sempre accogliente con me, ma perché sapeva che sarei ripartito! Pensate al dramma del comandante della Concordia: sul mare era il re di quella grande nave, ora per tutti è un piccolissimo uomo». Aprile 2012 Jim Hawkins, John Long Silver e il suo pappagallo, un’altra illustrazione di Newell Convers Wyeth per «L’Isola del Tesoro» n Nell’altro celebre libro di Stevenson, «Lo strano caso del Dottor Jekyll e del signor Hyde», assistiamo allo sdoppiamento bene/ male. Anche nel pirata sussistono due nature contrastanti: è letterario o nella realtà era così? « Solo dopo avere scritto il romanzo su Silver ho pensato a Jekyll e Hyde. Per fortuna non l’ho fatto prima altrimenti ne sarei stato condizionato. Ho cercato di creare un ritratto storicamente corretto del pirata del Settecento. I pirati in realtà non avevano molto di letterario o avventuroso, ma Silver non era come gli altri pirati. In generale i pirati diventavano anarchici per evitare la crudeltà dei capitani, lui lo è diventato per scelta di vita. Mentre i pirati erano in genere ignoranti, lui era colto, il che gli con- sentirà infatti di dialogare alla pari con Defoe e di scrivere da vecchio la sua autobiografia. E’ molto importante per me che anche nella finzione letteraria ci sia rispetto del realismo. Ho letto un libro nel quale il protagonista scrive in prima persona su un’isola deserta e alla fine del libro muore. Mi sono chiesto: e chi ha inviato il manoscritto se lui è morto?». n Perché, pur essendo svedese, hai scelto un personaggio di Stevenson e non un vichingo? «Perché noi svedesi non abbiamo un rapporto così stretto con i vichinghi; inoltre i vichinghi non hanno lasciato nulla di scritto se non qualche saga norvegese. Non conoscevano la scrittura, erravano per i mari come commercianti, o per rubare e poi per | 81 STORIA IN RETE «I pirati in realtà non avevano molto di letterario o avventuroso. In generale i pirati diventavano anarchici per evitare la crudeltà dei capitani» ritornare a casa col bottino. Le donne stesse spingevano gli uomini a partire per mare perché non c’era terra sufficiente per tutti. I vichinghi da noi sono folklore più che storia. La Svezia è stata una terra poverissima, oggi invece è considerata il paese più moderno al mondo, ma noi non abbiamo una storia antica e la nostra letteratura inizia con Strindberg [Johan August Strindberg, 1849-1912 NdR] nel 1900. Io poi sono nato in Svezia, ma ho sempre vissuto all’estero, in Francia, in Spagna, ora vengo spesso in Italia e quindi sono più apolide che svedese…». n A pagina 33 del tuo libro scrivi: «Impara a raccontare storie, impara a inventare e a mentire. Te la caverai sempre». Lo hai riscontrato nella tua attività di scrittore? «Diciamo che funziona nel mondo di Silver: è stato per lui il modo di cavarsela. Allora la verità non era un valore, oggi, almeno per me è una necessità. Lo scrittore non può allontanarsi dal mondo reale, la letteratura rappresenta «qualcosa che si può realizzare». Il giornalismo fa la verità del presente, lo storico dà la verità del passato, lo scrittore dice ciò che potrebbe essere». n Scrivi anche nel tuo romanzo: «Saper scrivere non è garanzia contro la stupidità». «Una volta un mio lettore mi ha avvi- cinato a un festival letterario e mi ha ringraziato. Mi ha detto che la lettura di Silver aveva avuto importanza nella sua vita: doveva scegliere tra libertà e solitudine, e poi mi ha mostrato la fede nuziale! Mi ha chiesto ancora: lei è sicuro che Silver sia morto? E così ho capito che i lettori non vogliono che lui muoia… in effetti potrebbe sempre ricomparire, non c’è prova che dopo l’esplosione il suo corpo sia stato ritrovato…». n In fondo al libro, nella tua postfazione, indichi come «mentitori» alcuni personaggi e scrittori, come Machiavelli. Perché? «Machiavelli l’ho citato solo per le sue teorie sull’uomo di potere e per la sua visione realistica della Storia, mentre ad esempio Stevenson lo annovero tra i mentitori perché dice di essersi basato su valide documentazioni, ma non è vero. Anche Defoe era un personaggio straordinario, ma alcune delle sue teorie si possono smontare». Un romanzo fra storia e avventura I l protagonista, che racconta in prima persona, è Long John Silver, il temibile pirata con una gamba sola de «l’Isola del Tesoro», fatto sparire da Louis Stevenson nel nulla al termine del suo celeberrimo romanzo, per riapparire ora vivo e ricco in questo. E’ il 1742 in Madagascar, e Silver è intento a scrivere le sue memorie nelle quali illustra com’era il mondo all’epoca della pirateria, i legami con il commercio ufficiale, la tratta degli schiavi, il contrabbando, le atroci condizioni dei marinai, i soprusi dei capitani, il codice egualitario dei pirati, le loro efferatezze e quelle contro cui si ribellavano, le motivazioni e le ingenuità dei grandi «gentiluomini di ventura». Il personaggio rivela la «verità» sui pirati dialogando in un pub di Londra con Defoe e fornendogli notizie per la sua storia della pirateria. Con un riferimento circolare, Silver ha la possibilità di leggere «L’Isola del Tesoro», che gli viene portato sull’isola da un comandante. A quel punto Silver scrive a Jim Hawkins – altro protagonista del romanzo di Stevenson – e gli affida la sua autobiografia. In un continuo gioco di rimandi, il romanzo indaga sul rapporto tra realtà e invenzione, sete di vivere e bisogno di immortalità, solitudine e libertà, con la consapevolezza che non esiste altra vera vita di quella che raccontiamo a noi stessi. La narrazione non segue una struttura crono- logica. I fatti della vita di Silver si snodano intrecciandosi tra loro. Arrivano, ritornano, si spiegano e completano da soli. Il romanzo appartiene a quella tipologia di opere nelle quali l’autore si «accanisce» sul protagonista servendosi delle sue personali esperienze per dipingere un’intera epoca. Al protagonista accade di partecipare, anche se marginalmente, ai grandi avvenimenti della storia consentendo così all’autore di narrarli con un punto di vista interno. Silver è marinaio: è questo il pretesto per descrivere la condizione dei marinai nel Settecento. Silver diviene pirata: l’autore dispiega il racconto sui vari tipi di pirateria (Silver li prova più o meno tutti). Silver è stato contrabbandiere: ecco la descrizione di come avveniva il commercio illegale tra Francia e Irlanda nel Settecento. Silver si imbarca in una nave negriera: diviene schiavo egli stesso, avendo infranto le ferree regole della disciplina di bordo e il fatto che egli stesso sia schiavo consente all’autore un’immedesimazione totale del personaggio nel racconto. Questa tecnica di narrare la storia attraverso le peripezie del protagonista ha illustri predecessori: ad esempio Renzo nei «Promessi Sposi» di Manzoni che finisce personalmente coinvolto nella rivolta dei forni a Milano nel 1628, il che consente all’autore di descrivere attraverso i sentimenti del personag- gio una vicenda storica reale. Anche nel romanzo storico moderno è molto usata: ne «La cattedrale del mare» di Ildefonso Falcones, (Longanesi, 2007) il protagonista da semplice portatore di pietre diviene commerciante e in seguito personalità politica nella Barcellona del XIV secolo. Questo è evidentemente un escamotage narrativo (sappiamo che l’immobilismo sociale era una caratteristica del medioevo) che consente però all’autore di narrare un’epoca attraverso le esperienze del suo protagonista. (E.&M.M.)n n Sei soddisfatto della traduzione italiana del tuo libro? «Sì, anzi credo che anche la lingua, e non solo il contenuto, sia uno dei motivi del successo del mio romanzo. La traduzione italiana [di Katia de Marco NdR], come la sua introduzione [di Roberto Mussapi NdR], sono di grande valore. Per non parlare delle copertine, di cui ringrazio Iperborea e l’editore Emilia Lodigiani. All’ultima fiera del libro di Torino un lettore ha acquistato libri di Iperborea per un valore di quattromila euro solo perché si è innamorato delle copertine e voleva averle tutte». n Come mai in Italia il tuo libro ha avuto grande successo? «E’ vero, qui ho venduto molto di più rispetto agli altri paesi europei – ad esempio non ho avuto molto successo in Danimarca e nemmeno in Spagna – forse perché la passione per il mare e i pirati in Italia esiste soprattutto nella forma leggendaria. L’italiano sogna il mare più che viverlo. Tra i “giro mondisti” naviganti per passione non ho incontrato italiani, mentre ho trovato tantissimi inglesi e francesi, ma anche tedeschi e olandesi. Io penso che nonostante abbiate avuto grandi navigatori, voi italiani siate più tifosi di calcio e amanti del cibo che navigatori. Vi piace uscire in barca per fare il bagno o per pescare, ma pensate di tornare a terra per mangiare e stendervi sulle spiagge». n Qual è fra i tuoi libri quello al quale sei più legato? «Io penso spesso ai libri che ho scritto, e li rileggo, perché temo di scrivere lo stesso libro due volte e odio ripetermi. Come non si può preferire un figlio, non ho un libro preferito, però mi dispiace che «Il segreto di Inga» non sia stato capito, come invece avrei voluto. Dalle reazioni dei lettori Digitando «Pirateria nei caraibi» 4.720 pagine indirizzi consigliati: www.corsaridelmediterraneo.it ho capito che manca qualcosa, forse è stata colpa mia». n E cosa pensi del successo dei gialli svedesi? Anche tu ora sei in libreria con «I poeti morti non scrivono gialli». «In genere penso che questi gialli svedesi siano un po’ troppo cupi e seri. Nel mio ho cercato di non esserlo e invece di analizzare il fenomeno dello stalking e dell’editoria moderna. Le tre vittime sono i bravi rappresentanti della letteratura, mentre l’assassino mette la letteratura sul piedistallo, quindi ne rappresenta la vera minaccia. Invece un altro mio giallo [«Il cerchio celtico», Iperborea, 2000 NdR] ha suscitato quasi un pellegrinaggio dei lettori: una mia lettrice è andata quattro volte in Scozia per cercare di capirne il mistero. Volutamente alla fine del libro ho lasciato qualche punto interrogativo in sospeso». n Bijorn e la navigazione. Rimpiangi la vita sulla barca? Ti è servita come ispirazione? «Sì, ho scritto molto stando sulla mia barca. Per noi nordici la barca rappresenta il mezzo di trasporto ideale, anche perché avere un ormeggio da noi non costa tanto come in Italia. In Svezia ci sono nove milioni di abitanti e 900 mila imbarcazioni. Fino a un anno fa ho vissuto parecchio a bordo della mia barca, anche d’inverno. Ora ho cambiato stile di vita, ma per me vivere sul mare rappresenta l’ideale». Elena e Michela Martignoni www.elenaemichelamartignoni.com Howard Pyle, Il bucaniere (1905) | 83 STORIA IN RETE