IntervIste La pIraterIa secondo Bjorn Larsson

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IntervIste La pIraterIa secondo Bjorn Larsson
Interviste
La pirateria secondo Bjorn Larsson
Biografia di un
uomo libero
C
hi almeno una
volta non ha
sognato di imbarcarsi su un
galeone pirata e
lanciarsi all’arrembaggio con
i capitani Kidd,
Barbanera, Morgan e Drake? Per leggere «La vera storia del pirata Long
John Silver» di Bjorn Larsson (Iperborea 1998, più di 150 mila copie
vendute solo in Italia) non è necessario mettere una benda nera su un occhio e un uncino finto ad una mano
e nemmeno indossare un cinturone
con fibbia dorata sulla camicia bianca. E’ sufficiente amare il mare, l’avventura, i bei romanzi e soprattutto
avere nel cuore una grande voglia di
libertà. Un libro in cui non si trovano
i disneyani «Pirati dei Caraibi» che
qualche anno fa grazie alla martellante propaganda mediatica hanno
invaso i cinema di tutto il mondo.
Solo la verità storica, la pirotecnica
creatività dell’autore e la sua capacità di scandagliare l’animo umano
fin nei suoi abissi più neri. Leggere
l’intrigante romanzo di Bijorn Larsson è il modo migliore per salpare
col vento in poppa verso i mari con
il pirata per eccellenza, John Silver,
l’inafferrabile «cattivo» de «l’Isola
del tesoro» di Stevenson. Il romanzo
è un dipinto dell’Inghilterra della prima metà del Settecento, delle coste
irlandesi e del nord della Francia, dei
Mari del Sud e di tutti i luoghi teatro
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della attività piratesca. Tra le sue pagine i profumi salmastri delle onde
che lambiscono i velieri, assieme
all’atmosfera fumosa del pub irlandese in cui il protagonista conversa
con Daniel Defoe davanti al patibolo
sul quale trovavano la morte i pirati
catturati, gli amori intensi ed esotici,
le imponenti mura di Saint Malo, la
quiete assolata dell’isola di Sainte
Marie nel Madagascar, quartier generale dei pirati di tutto il mondo.
Nel post scriptum l’autore elenca i
fatti storici documentati ai quali ha
attinto per scrivere il suo libro. Come
Larsson stesso dichiara, questi eventi dimostrano che la realtà supera
sempre la fantasia. E’ la Storia a
ispirare alcuni dei brani più toccanti del libro. Per citarne solo alcuni:
l’incontro con l’equipaggio cieco del
Rodeur, la melanconia patologica
dei negri, il trattamento inflitto agli
schiavi sulle navi negriere e quello
riservato dai capitani ai marinai delle navi della marina inglese di quei
tempi, e l’uso, come fonti, delle confessioni rese ai piedi della forca dei
pirati Thomas Roberts, John Cane e
William Davison.
La pirateria è sempre esistita da
quando l’uomo ha iniziato a navigare, e le cronache ci informano
che esiste ancora. La dovettero combattere gli antichi Romani e ancora
oggi può essere uno spiacevole fuori
programma per i turisti in Malesia
o per le petroliere a largo della Somalia. Ha però avuto il suo periodo
d’oro tra la fine del XVII e il primo
quarto del XVIII secolo, quando gli
inglesi decisero di attaccare le colonie spagnole in America arricchendo
la flotta militare con imbarcazioni
mercantili riadattate: munite di una
«lettera di corsa», queste erano autorizzate dal governo ad attaccare
le navi nemiche. La confusione fra
pirati – che erano… liberi professionisti della preda – e corsari – che
agivano per conto terzi sotto bandiera di qualche potenza navale – divenne presto totale e problematica.
La capitolazione della Spagna però
rese preferibili per l’Inghilterra le relazioni commerciali con la potenza
sconfitta e inevitabile la condanna
di atti che turbassero il nuovo ordine. Ne è un esempio l’impiccagione
a Londra nel 1701 del corsaro Kidd,
che aveva accumulato il più grande
Aprile 2012
John Long Silver è il vilain de «L’Isola del Tesoro»
di Stevenson che lo scrittore svedese Bjorn Larsson
ha deciso di far rivivere come protagonista di un suo
romanzo storico. Attraverso le memorie di Silver l’epopea
della pirateria nell’Atlantico viene descritta con rigore e
precisione, fra azione e riflessione. Perché – come ricorda
Larsson – la storia è più avventurosa della fantasia…
di Elena e Michela Martignoni
La copertina de «L’Isola del Tesoro» pubblicata da Scribner
nel 1911. Come tutto il volume, fu illustrata da Newell Convers
Wyeth con una celebre serie di dipinti. Nell’altra pagina, Bjorn
Larsson, autore di «La vera storia del pirata Long John Silver»
Aprile 2012
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Robert Newton nei panni
di John Long Silver in
«L’isola del Tesoro» (1950)
tesoro pirata di tutti i tempi. La sua
esecuzione segna l’inizio della fine di
quell’età, anche se le azioni piratesche non sono mai cessate del tutto.
Esistono diverse e fantasiose definizioni per indicare genericamente i pirati: i
filibustieri, aristocratici e avventurosi,
i bucanieri dei Caraibi, più realisti e
mercantili, i corsari che si avvalevano
della protezione degli Stati, i gentiluomini di ventura, i matelot, che agivano
in coppia siglando tra loro un patto
che assomigliava a un contratto matrimoniale. Nel libro di Larsson queste
varianti vengono trattate e illustrate,
come anche vengono analizzati i modi
poco ortodossi con i quali gli uomini
venivano arruolati dalla marina militare o mercantile. Capitava di frequente
che giovani sprovveduti in cerca di fortuna venissero drogati o ubriacati nelle taverne e portati a forza sulle navi
nelle quali si svegliavano ormai membri dell’equipaggio loro malgrado, con
contratti da loro stessi firmati in stato
di semincoscienza che li costringevano
a lavorare nelle piantagioni in condizioni disumane. Nel 1962 il regista
Lewis Milestone raccontò nel celebre
film con Marlon Brando «Gli ammutinati del Bounty» (tratto dal romanzo
di Charles Bernard e Bernard Nordhoff,
a sua volta basato su una storia vera)
il trattamento riservato agli equipaggi
delle navi inglesi nel XVIII secolo. Le
gesta del terribile comandante Bligh
nel 1787 (anno dell’ammutinamento)
ispirarono anche un racconto di Jules
Verne. A quei tempi i comandanti delle
navi erano spietati con i loro marinai
e in particolare sulle navi negriere la
situazione era insostenibile: essi ar-
«Pirateria»
Chi è Bjorn Larsson?
B
jorn Larsson, nato a Jönköping, in Svezia, nel 1953,
insegna all’università di
Lund e vive in Danimarca, a Gilleleje, piccolo villaggio di pescatori
non lontano dal castello di Amleto. Parla perfettamente quattro
lingue, è filologo e traduttore dal
danese, inglese, francese e italiano. Esordisce come scrittore
nel 1980 con «Splitter» (Schegge), una raccolta di racconti che
ruotano intorno alla figura di un
giovane scrittore. Personaggio
dalla vita alquanto singolare, spirito libero e ribelle (è stato anche
in prigione per obiezione di coscienza), Larsson vive per sette
anni con la moglie a bordo della
sua barca a vela Rustica: l’espe-
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rienza di questo periodo e la sua
grande passione per il mare e la
navigazione costituiscono una
fertile fonte di ispirazione al suo
primo romanzo «Il Cerchio Celtico», del 1992, che lo consacrerà
al successo internazionale e in
Italia si aggiudicherà il Premio
Boccaccio Europa 2000. Narrando
le avventure di un appassionato
navigatore di barca a vela che intraprende un viaggio alla ricerca
di una misteriosa società segreta celtica, Larsson costruisce un
originale thriller di mare, intellettuale e politico allo stesso tempo,
dove dimostra di saper andare
ben al di là dei confini circoscritti
del genere letterario d’avventura. (E.&M.M.) n
La voce
«Pirateria»
esiste su Wikipedia in 60 lingue
Accuratezza

Fonti e note

Bibliografia

Controversie
 Vetrina in
 Gendarmi
della Memoria
minimo
Spagnolo, croato
e macedone

massimo 
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rivavano a far morire di inedia o di
malattia i loro uomini quando non
avevano più bisogno di loro, per nutrire e curare di più gli schiavi. La vita
di quest’ultimi per gli avidi comandanti valeva molto di più di quella dei
marinai, perché da essa derivava la
loro ricchezza. Questo spiega il proliferare della pirateria: erano talvolta
i marinai stessi delle navi catturate
a scegliere di unirsi ai pirati, presso i
quali avrebbero trovato regole più «democratiche» e trattamento più umano.
Meglio vivere da reietti e ricercati insieme con i pirati che subire le angherie
dei comandanti regolari. «Il pirata è un
essere perennemente posseduto dalla
febbre dell’attimo, un senso assoluto
della brevità della vita che lo portava
a consumare rapidamente ogni risorsa.
Appena spartito il bottino e sbarcato a
terra, il pirata si buttava nelle taverne
e nei bordelli dilapidando in poche ore
bottini immensi per poi crollare a terra
ubriaco ed essere derubato nel sonno
anche del restante. Da qui la necessità
di rimbarcarsi continuamente per ricominciare» ha scritto Roberto Mussapi
nell’introduzione a «La vera storia del
pirata Long John Silver».
Tutto questo nel romanzo viene ampiamente descritto, ma in realtà fulcro
del libro è la condizione intrinseca del
ladro dei mari che sceglie di vivere libero anche se reietto. “... Non eravamo come gli altri marinai. Le nostre
navi non navigavano per arrivare da
qualche parte. Ci chiamavamo fratelli
e compagni, ma la famiglia e gli amici erano l’ultimo dei nostri pensieri. I
benpensanti ci chiamavano nemici
dell’umanità, e in un certo senso avevano ragione, perché nessuno poteva essere nostro amico, neppure noi
stessi…», scrive Larsson. E ancora:
«(i pirati) non sono mai stati dei bravi
assassini, per quante arie si dessero, e
sarebbero stati dei pessimi boia, perché
si sarebbero stancati presto di un’arte
così monotona. Ma è così che va a finire quando non si sa cosa si vuole né
per che cosa si è portati».
«…nelle notti di burrasca, quando
il vento scuoteva la nostra casetta e le
onde si frangevano ruggendo contro
Aprile 2012
gli scogli… mi appariva con la gamba mozzata all’altezza del ginocchio
o dell’anca… ma il peggio era quando
sognavo di fuggire scavalcando siepi e
fossi, inseguito da quel mostro». Così
Jim Hawkins, il giovane protagonista
de «l’Isola del Tesoro» di Stevenson
descrive John Silver, il pirata con una
gamba sola dal quale è stato messo
in guardia dal capitano Billy Bones.
Silver rappresenta per lui il male,
l’incubo e l’ossessione. Ma poi nel
seguito della storia, questa figura
spaventosa si colorerà di altre sfu-
mature: quando Jim conoscerà Silver,
assunto come cuoco di bordo sulla
nave che salpa alla ricerca del tesoro
del capitano Flint, scoprirà che non è
così mostruoso, anzi è un uomo affabile e istruito, la cui compagnia è
piacevole, e Silver gli salverà addirittura la vita. Larsson ha ripreso il personaggio, misteriosamente sparito a
bordo di una scialuppa al termine del
romanzo di Stevenson, e ne ha ricostruito la vita a ritroso. Perché un autore svedese ha deciso di appropriarsi
di un personaggio letterario ripercor-
Billy Bones, in una illustrazione di Newell
Convers Wyeth per «L’Isola del Tesoro»
I pirati non sono mai stati dei bravi
assassini, e sarebbero stati dei pessimi
boia, perché si sarebbero stancati
presto di un’arte così monotona
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rendone la «vera» storia? Lo abbiamo
chiesto direttamente a lui.
n Quanto c’è di Bijorn Larsson in
Long John Silver?
«Questa è una domanda che esige
una conoscenza di sé che io forse non
ho. Il personaggio non l’ho inventato
io, è preso da “l’Isola del tesoro” e io
ho rispettato la personalità di Silver
che ha descritto Stevenson, cercando
solo di mettermi nei suoi panni».
n Come te, però, Silver ama il
mare e mette la libertà al di sopra
di tutti i suoi valori.
«Questo è vero: l’anello di congiunzione tra me e lui è il bisogno di
libertà, ma in lui, personaggio letterario, c’è l’estremismo di questo
sentimento. Silver uccide e tradisce
pur di essere libero, io ovviamente
no! Questo estremismo è una carat-
teristica comune a tutti i grandi personaggi letterari, pensate ad Amleto,
a Don Chisciotte… non sono certo
uomini comuni. Il romanziere toglie
quando può gli elementi comuni dalla vita dei suoi grandi personaggi
(non sarebbe interessante descrivere
i loro semplici atti quotidiani) mentre dà risalto alle loro straordinarie
azioni o alla forza del loro pensiero.
Silver è estremo perché ama la vita
in modo esagerato e questo lo spinge
alle azioni crudeli che compie anche
nei confronti dei suoi amici. Non si
giustifica mai, non chiede mai scusa.
Il motivo per cui è spietato è superiore per lui a tutto questo: agisce così
perché DEVE vivere».
n Perché Silver rifiuta di diventare amico di Deval? (colui che gli
sparerà poi alla gamba NdR).
«Deval per Silver è come un cane,
un amico schiavo. Silver si serve di
lui e non lo rispetta. Quando Deval
gli sparerà alla gamba, Silver lo farà
castigare da Flint facendo tagliare
anche a lui una gamba sana. Silver
non ha amici, arriva al massimo a
provare rispetto per alcune delle persone che incontrerà nella sua lunga
vita, ma nulla di più. Ne “L’isola del
tesoro” Silver uccide un marinaio
dunque è un assassino, ma i lettori di Stevenson spesso dimenticano
questo fatto per poter continuare ad
amare il personaggio».
n Anche le donne e l’amore non
smuovono Silver dal suo progetto
di libertà…
«Infatti. Ho dato per due volte a Silver la possibilità di innamorarsi e di
cambiare la sua vita. In entrambi i
casi si trattava di donne al suo livello, intelligenti e vincenti. Ma anche
l’amore non fa per lui, il suo bisogno
di libertà supera anche il suo biso-
Una vecchia canzone di Stevenson - di Luca Crovi
F
in da bambino Robert Louis Stevenson fu un appassionato di
ballate e di canzoni sia quando
ad intonarle era la sua balia-infermiera
Alison Cunningham durante le lunghe
giornate di febbre che lo costrinsero
a restare a letto per mesi, sia quando
a cantarle era suo padre Thomas durante una delle esplorazioni in barca
alle coste scozzesi dove costruiva
solidi fari. Da ragazzo poi Stevenson
frequentando spesso le taverne apprese come certe storie potessero
essere raccontate in maniera incantevole anche quando a cantarle
erano le voci roche e ubriache
di certi marinai. Non è un caso
che tutti si ricordino l’immortale ritornello di «15 uomini sulla
cassa del morto» con cui si apre
in maniera epica «L’isola del tesoro» perché proprio in quella
ballata Stevenson è riuscito
a racchiudere tutto il mondo
disperato, avventuroso e glorioso dei pirati dei suoi tempi.
Ed è curioso scoprire solo oggi
in Italia che proprio «Una vecchia canzone» è il titolo del primo romanzo scritto da Robert
Louis Stevenson. Un titolo che
viene solo ora edito da Barbès
in una bella edizione curata e
tradotta da Fabrizio Bagatti. In
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origine questo romanzo breve apparve in forma completamente anonima
sulla rivista «London» nel 1877 e solo
nel 1982 è stato attribuito ufficialmente allo scrittore scozzese grazie al fortuito ritrovamento di una pagina manoscritta fra gli scritti conservati nella
Stevenson Collection dell’Università
di Yale. Il tema principale di questa
storia è l’origine del male, la sua casuale o necessaria genesi che lo porta
ad annidarsi nel cuore degli individui
e che lo spinge a trasformarli a poco
a poco. Un tema che ritroviamo in pri-
mo piano in opere come «Il signore di
Ballantrae», «Lo strano caso del Dottor
Jekyll e Mr Hyde» e «Il ragazzo rapito» ma che viene sviluppato anche in
maniera originale ne «L’isola del tesoro» attraverso la figura carismatica
di Long John Silver, che è si un pirata,
un uomo apparentemente malvagio,
ma anche un raffinato conoscitore di
storie, un abile cuoco e un compagno
d’avventure incredibile per il piccolo
Jim Hawkins. A subire le tentazione
del male fra le pagine di «Una vecchia
canzone» sono i cugini Malcolm e John
Falconer che hanno vissuto per
tutta la vita uno accanto all’altro e che, a causa dell’eredita
attribuita loro da uno zio colonnello, e vittime entrambi della
passione per la giovane Mary
si troveranno a trasformarsi in
novelli Caino ed Abele. La domanda che Stevenson si pone e
che pone ai suoi lettori per tutta questa storia (che precede
di sei anni «L’isola del tesoro»)
è la seguente: come sarebbero
rimasti gli innocenti Malcolm e
John se la società che li circonda non li avesse tentati con le
sue convenzioni e i suoi estremismi? Si sarebbero mai traLo scrittore Robert Louis
sformati cedendo alle ossessioStevenson (1850-1894)
ni del male? n
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gno d’amore. Quello che affascina
in Silver è che rifiuta anche il potere,
perché anche il potere è schiavitù. E
nemmeno sulle donne vuole avere
potere, e le lascia libere».
n C’è una scena molto potente del
tuo libro: Dolores, una schiava
nera, evira con un morso il comandante che l’ha costretta a
un rapporto sessuale. Perché
hai scelto questa vendetta così
sconcertante?
«Dolores poteva salvarsi solo così.
Era nuda e non aveva armi, ma,
come Silver, aveva una gran voglia
di vivere. Così ho pensato che i suoi
denti fossero l’unica arma possibile. Nei miei romanzi le donne sono
sempre donne forti, con personalità. Il romanzo ne ha bisogno: il
protagonista può anche essere una
vittima, ma una vittima che non
reagisce è poco interessante. Io ho
bisogno di essere sempre alla pari
con le donne, non voglio essere né
sopra né sotto rispetto a loro e le
loro problematiche mi stanno molto a cuore. Sono onorato di essere
uno dei tre uomini giudice del premio letterario Simone De Beauvoir,
che promuove un’associazione per
i diritti delle donne. Quest’anno ha
vinto un’associazione di donne tunisine».
n Ci ha colpito la scena struggente della festa finale in cui Silver
per la prima volta sembra commuoversi.
«Mentre scrive Silver ripercorre e valuta la sua vita, e pensa che in fondo anche lui avrebbe potuto essere
buono. Il pirata sul mare è un mito
creato dalla gente di terra. Il mito del
marinaio esige però che il marinaio
riparta. Quando giravo tra i porti della Scozia non ho mai avuto difficoltà di relazione con la gente di terra,
sempre accogliente con me, ma perché sapeva che sarei ripartito! Pensate al dramma del comandante della
Concordia: sul mare era il re di quella
grande nave, ora per tutti è un piccolissimo uomo».
Aprile 2012
Jim Hawkins, John Long Silver e il suo
pappagallo, un’altra illustrazione di Newell
Convers Wyeth per «L’Isola del Tesoro»
n Nell’altro celebre libro di Stevenson, «Lo strano caso del Dottor Jekyll e del signor Hyde», assistiamo allo sdoppiamento bene/
male. Anche nel pirata sussistono
due nature contrastanti: è letterario o nella realtà era così?
« Solo dopo avere scritto il romanzo
su Silver ho pensato a Jekyll e Hyde.
Per fortuna non l’ho fatto prima altrimenti ne sarei stato condizionato.
Ho cercato di creare un ritratto storicamente corretto del pirata del Settecento. I pirati in realtà non avevano
molto di letterario o avventuroso, ma
Silver non era come gli altri pirati. In
generale i pirati diventavano anarchici per evitare la crudeltà dei capitani, lui lo è diventato per scelta di
vita. Mentre i pirati erano in genere
ignoranti, lui era colto, il che gli con-
sentirà infatti di dialogare alla pari
con Defoe e di scrivere da vecchio la
sua autobiografia. E’ molto importante per me che anche nella finzione
letteraria ci sia rispetto del realismo.
Ho letto un libro nel quale il protagonista scrive in prima persona su
un’isola deserta e alla fine del libro
muore. Mi sono chiesto: e chi ha inviato il manoscritto se lui è morto?».
n Perché, pur essendo svedese,
hai scelto un personaggio di Stevenson e non un vichingo?
«Perché noi svedesi non abbiamo un
rapporto così stretto con i vichinghi;
inoltre i vichinghi non hanno lasciato nulla di scritto se non qualche
saga norvegese. Non conoscevano la
scrittura, erravano per i mari come
commercianti, o per rubare e poi per
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«I pirati in realtà non avevano molto
di letterario o avventuroso. In generale
i pirati diventavano anarchici
per evitare la crudeltà dei capitani»
ritornare a casa col bottino. Le donne
stesse spingevano gli uomini a partire per mare perché non c’era terra
sufficiente per tutti. I vichinghi da
noi sono folklore più che storia. La
Svezia è stata una terra poverissima,
oggi invece è considerata il paese più
moderno al mondo, ma noi non abbiamo una storia antica e la nostra
letteratura inizia con Strindberg [Johan August Strindberg, 1849-1912
NdR] nel 1900. Io poi sono nato
in Svezia, ma ho sempre vissuto
all’estero, in Francia, in Spagna, ora
vengo spesso in Italia e quindi sono
più apolide che svedese…».
n A pagina 33 del tuo libro scrivi:
«Impara a raccontare storie, impara a inventare e a mentire. Te la
caverai sempre». Lo hai riscontrato nella tua attività di scrittore?
«Diciamo che funziona nel mondo di
Silver: è stato per lui il modo di cavarsela. Allora la verità non era un
valore, oggi, almeno per me è una
necessità. Lo scrittore non può allontanarsi dal mondo reale, la letteratura rappresenta «qualcosa che si può
realizzare». Il giornalismo fa la verità
del presente, lo storico dà la verità
del passato, lo scrittore dice ciò che
potrebbe essere».
n Scrivi anche nel tuo romanzo:
«Saper scrivere non è garanzia
contro la stupidità».
«Una volta un mio lettore mi ha avvi-
cinato a un festival letterario e mi ha
ringraziato. Mi ha detto che la lettura
di Silver aveva avuto importanza nella
sua vita: doveva scegliere tra libertà e
solitudine, e poi mi ha mostrato la fede
nuziale! Mi ha chiesto ancora: lei è sicuro che Silver sia morto? E così ho capito
che i lettori non vogliono che lui muoia… in effetti potrebbe sempre ricomparire, non c’è prova che dopo l’esplosione
il suo corpo sia stato ritrovato…».
n In fondo al libro, nella tua postfazione, indichi come «mentitori» alcuni personaggi e scrittori,
come Machiavelli. Perché?
«Machiavelli l’ho citato solo per le sue
teorie sull’uomo di potere e per la sua
visione realistica della Storia, mentre
ad esempio Stevenson lo annovero tra
i mentitori perché dice di essersi basato su valide documentazioni, ma non
è vero. Anche Defoe era un personaggio straordinario, ma alcune delle sue
teorie si possono smontare».
Un romanzo fra storia e avventura
I
l protagonista, che racconta in prima persona, è Long John Silver, il
temibile pirata con una gamba sola
de «l’Isola del Tesoro», fatto sparire da
Louis Stevenson nel nulla al termine
del suo celeberrimo romanzo, per riapparire ora vivo e ricco in questo. E’ il
1742 in Madagascar, e Silver è intento
a scrivere le sue memorie nelle quali illustra com’era il mondo all’epoca della
pirateria, i legami con il commercio ufficiale, la tratta degli schiavi, il contrabbando, le atroci condizioni dei marinai,
i soprusi dei capitani, il codice egualitario dei pirati, le loro efferatezze e quelle
contro cui si ribellavano, le motivazioni
e le ingenuità dei grandi «gentiluomini
di ventura». Il personaggio rivela la «verità» sui pirati dialogando in un pub di
Londra con Defoe e fornendogli notizie
per la sua storia della pirateria. Con un
riferimento circolare, Silver ha la possibilità di leggere «L’Isola del Tesoro»,
che gli viene portato sull’isola da un
comandante. A quel punto Silver scrive a Jim Hawkins – altro protagonista
del romanzo di Stevenson – e gli affida la sua autobiografia. In un continuo
gioco di rimandi, il romanzo indaga sul
rapporto tra realtà e invenzione, sete
di vivere e bisogno di immortalità, solitudine e libertà, con la consapevolezza
che non esiste altra vera vita di quella
che raccontiamo a noi stessi. La narrazione non segue una struttura crono-
logica. I fatti della vita di Silver si snodano intrecciandosi tra loro. Arrivano,
ritornano, si spiegano e completano da
soli. Il romanzo appartiene a quella tipologia di opere nelle quali l’autore si
«accanisce» sul protagonista servendosi delle sue personali esperienze per
dipingere un’intera epoca. Al protagonista accade di partecipare, anche se
marginalmente, ai grandi avvenimenti
della storia consentendo così all’autore di narrarli con un punto di vista interno. Silver è marinaio: è questo il pretesto per descrivere la condizione dei
marinai nel Settecento. Silver diviene
pirata: l’autore dispiega il racconto sui
vari tipi di pirateria (Silver li prova più
o meno tutti). Silver è stato contrabbandiere: ecco la descrizione di come
avveniva il commercio illegale tra Francia e Irlanda nel Settecento. Silver si
imbarca in una nave negriera: diviene
schiavo egli stesso, avendo infranto le
ferree regole della disciplina di bordo e
il fatto che egli stesso sia schiavo consente all’autore un’immedesimazione
totale del personaggio nel racconto.
Questa tecnica di narrare la storia attraverso le peripezie del protagonista
ha illustri predecessori: ad esempio
Renzo nei «Promessi Sposi» di Manzoni che finisce personalmente coinvolto
nella rivolta dei forni a Milano nel 1628,
il che consente all’autore di descrivere
attraverso i sentimenti del personag-
gio una vicenda storica reale. Anche
nel romanzo storico moderno è molto
usata: ne «La cattedrale del mare» di
Ildefonso Falcones, (Longanesi, 2007)
il protagonista da semplice portatore
di pietre diviene commerciante e in
seguito personalità politica nella Barcellona del XIV secolo. Questo è evidentemente un escamotage narrativo
(sappiamo che l’immobilismo sociale
era una caratteristica del medioevo)
che consente però all’autore di narrare
un’epoca attraverso le esperienze del
suo protagonista. (E.&M.M.)n
n Sei soddisfatto della traduzione
italiana del tuo libro?
«Sì, anzi credo che anche la lingua,
e non solo il contenuto, sia uno dei
motivi del successo del mio romanzo.
La traduzione italiana [di Katia de
Marco NdR], come la sua introduzione [di Roberto Mussapi NdR], sono di
grande valore. Per non parlare delle
copertine, di cui ringrazio Iperborea e
l’editore Emilia Lodigiani. All’ultima
fiera del libro di Torino un lettore ha
acquistato libri di Iperborea per un
valore di quattromila euro solo perché si è innamorato delle copertine e
voleva averle tutte».
n Come mai in Italia il tuo libro
ha avuto grande successo?
«E’ vero, qui ho venduto molto di più
rispetto agli altri paesi europei – ad
esempio non ho avuto molto successo
in Danimarca e nemmeno in Spagna –
forse perché la passione per il mare e i
pirati in Italia esiste soprattutto nella
forma leggendaria. L’italiano sogna il
mare più che viverlo. Tra i “giro mondisti” naviganti per passione non ho
incontrato italiani, mentre ho trovato
tantissimi inglesi e francesi, ma anche tedeschi e olandesi. Io penso che
nonostante abbiate avuto grandi navigatori, voi italiani siate più tifosi di
calcio e amanti del cibo che navigatori. Vi piace uscire in barca per fare
il bagno o per pescare, ma pensate di
tornare a terra per mangiare e stendervi sulle spiagge».
n Qual è fra i tuoi libri quello al
quale sei più legato?
«Io penso spesso ai libri che ho scritto, e li rileggo, perché temo di scrivere
lo stesso libro due volte e odio ripetermi. Come non si può preferire un
figlio, non ho un libro preferito, però
mi dispiace che «Il segreto di Inga»
non sia stato capito, come invece
avrei voluto. Dalle reazioni dei lettori
Digitando «Pirateria nei caraibi»
4.720 pagine
indirizzi consigliati:
www.corsaridelmediterraneo.it
ho capito che manca qualcosa, forse
è stata colpa mia».
n E cosa pensi del successo dei
gialli svedesi? Anche tu ora sei
in libreria con «I poeti morti non
scrivono gialli».
«In genere penso che questi gialli svedesi siano un po’ troppo cupi e seri.
Nel mio ho cercato di non esserlo e
invece di analizzare il fenomeno dello stalking e dell’editoria moderna. Le
tre vittime sono i bravi rappresentanti
della letteratura, mentre l’assassino
mette la letteratura sul piedistallo,
quindi ne rappresenta la vera minaccia. Invece un altro mio giallo [«Il
cerchio celtico», Iperborea, 2000 NdR]
ha suscitato quasi un pellegrinaggio
dei lettori: una mia lettrice è andata
quattro volte in Scozia per cercare di
capirne il mistero. Volutamente alla
fine del libro ho lasciato qualche punto interrogativo in sospeso».
n Bijorn e la navigazione. Rimpiangi la vita sulla barca? Ti è
servita come ispirazione?
«Sì, ho scritto molto stando sulla mia
barca. Per noi nordici la barca rappresenta il mezzo di trasporto ideale,
anche perché avere un ormeggio da
noi non costa tanto come in Italia. In
Svezia ci sono nove milioni di abitanti e 900 mila imbarcazioni. Fino a un
anno fa ho vissuto parecchio a bordo
della mia barca, anche d’inverno. Ora
ho cambiato stile di vita, ma per me
vivere sul mare rappresenta l’ideale».
Elena e Michela Martignoni
www.elenaemichelamartignoni.com
Howard Pyle, Il bucaniere (1905)
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