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Spedizione in A.P. - art.2 comma 20/c legge 662/96 così come modificata da artt.1E2 del D.P.C.M. del 27.11.2002 n.294 (G.U. n.1 del 2.1.2003) Reg.Trib. Roma n.373 del 16.08.2001 n. 10 Primavera 2003 Rivista di Informazione sull’HIV IN QUESTO NUMERO LA RICETTA QUASI PERFETTA Nadir 1 LETTERA ALLA ROCHE 2 LIVELLI BASSI DI TESTOSTERONE NELLE DONNE HIV+ David Osorio 3 TRIZIVIR: CHIUSO LO STUDIO A5095 David Osorio 3 CONTINUA LO STUDIO APRICOT David Osorio 4 LA DISFUNZIONE ERETTILE S. Marcotullio - A. Granata 5 PARTICOLARE ATTENZIONE CON ALCUNE COMBINAZIONI Redazione 8 VACCINI ANTI-AIDS PREVENTIVI Simone Marcotullio 8 HIV E ANEMIA Boyle 9 FONDO GLOBALE O FONDO USA? Valentina Biagini 10 FONDO GLOBALE; LUCI E OMBRE Redazione 11 IL MOVIMENTO PANAFRICANO Mauro Guarinieri 12 OLTRE DOHA Mauro Guarinieri 15 LUBRIFICANTI E PRESERVATIVI Filippo Schloesser 16 KALETRA: LA NUOVA CONFEZIONE Filippo Schloesser 16 2002: NADIR FINANZIA LA RICERCA Redazione 16 CROESUS (540 a.C.) VACCINAZIONE PER L’EPATITE A Redazione 4 La Ricetta Quasi Perfetta Fatti e Cifre A pochi giorni dall'approvazione negli Stati Uniti, anche l'EMEA dà parere favorevole all'autorizzazione per la commercializzazione del T-20, Fuzeon. Il T-20 è il primo dei nuovi farmaci inibitori di ingresso che, somministrato due volte al giorno per via sottocutanea, fornirà un nuovo approccio di associazione ad altri antiretrovirali nel trattamento dell'HIV. Il farmaco agisce attaccando il virus prima che entri nelle cellule, bloccando un' importante porta di accesso alle cellule immunitarie. Dato che il meccanismo di funzionamento è del tutto nuovo, tale farmaco rappresenta uno strumento aggiuntivo per combattere l'emergenza di ceppi resistenti sempre più presenti nelle popolazioni sottoposte da tempo a trattamento antivirale. Roche, che ha acquisito i diritti di sviluppo della molecola scoperta da Trimeris, ha annunciato che il prezzo negli USA sarà di 20.000 US$ (19.000 euro) all'anno per paziente in trattamento. Non vi è ragio ne di ritenere attualmente che Roche intenda applicare un prezzo inferiore in Europa. Roche, che ha dovuto sostenere elevati costi di industrializzazione con la costruzione di un impianto in Colorado per la produzione di inibitori di ingresso, continua Lettera alla Roche All'Attenzione di Mr. Franz B. Humer, Chairman and CEO F. Hoffmann-La Roche Ltd Group Headquarters Grenzacherstrasse 124 CH-4070 Basel Switzerland cc: Mr. David Reddy, Head of HIV products Gentile Mr. Humer. Chi Le scrive è un gruppo di cittadini, di attivisti e di organizzazioni per la lotta contro l'AIDS/HIV. Ci rivolgiamo direttamente alla Sua attenzione per protestare fermamente contro il prezzo di 20.000 USD / anno (€ 18.905) fissato da Roche Pharmaceuticals per il nuovo farmaco T-20, Fuzeon®. Il 13 Marzo Fuzeon® ha ottenuto l'autorizzazione al commercio negli Stati Uniti. Il 21 Marzo il CPMP ha dato parere favorevole all'introduzione di Fuzeon® nel mercato Europeo. Sebbene il prezzo in Europa non sia stato ancora fissato, le prime informazioni sembrano indicare che il prezzo sarà analogo a quello fissato negli Stati Uniti. Riteniamo che Fuzeon® rapprecontinua “La Ricetta Quasi Perfetta” continua da pagina 1 “Lettera alle Roche” continua da pagina 1 sostiene che il costo di produzione del T-20 è molto elevato (cifre più precise non sono rese note dall'industria) in quanto derivato da catene di aminoacidi non reperibili sul mercato e prodotte ad hoc per il T-20. Attualmente si ritiene che circa 30.000 persone potranno usufruire di questo nuovo farmaco che sarà assunto in associazione con altri antiretrovirali. senti il più importante passo avanti nel trattamento dell'infezione da HIV dall'introduzione degli inibitori della proteasi nel 1996: il farmaco offrirà, infatti, una nuova speranza a tutti quei pazienti che non sono più in grado di rispondere ai farmaci attualmente disponibili. Essendo noto, da evidenze scientifiche, che Fuzeon® (T-20) deve essere utilizzato in combinazione con altri farmaci anti-HIV, negli Stati Uniti il prezzo totale di un regime contenente Fuzeon® sarà compreso tra i 30.000-35.0000 UDS / anno (€28.357-33.083). Non abbiamo ragioni per ritenere che il prezzo nei paesi dell'Unione Europea sarà inferiore. Tali cifre rendono Fuzeon® il farmaco antiretrovirale più costoso attualmente in commercio: si tratta infatti di un prezzo quasi tre volte superiore a quello fissato per il farmaco antiretrovirale più costoso attualmente sul mercato (Norvir®, Abbott, $9,387.22). Tale prezzo rischia di mettere in crisi i sistemi sanitari di molti paesi Europei, tanto che alcuni paesi dell'Unione hanno già messo in dubbio la possibilità di rendere disponibile Fuzeon® per tutti i pazienti che ne avranno effettivamente bisogno. Siamo inoltre a conoscenza del fatto che 3.5 milioni di dollari utilizzati per le prime fasi di ricerca&sviluppo di Fuzeon® provenivano dai fondi dell'NIH (Istituto della Sanità Statunitense) e della Duke University. Ci chiediamo dunque per quale ragione un farmaco sviluppato con fondi pubblici debba essere venduto ad un prezzo così alto. Come cittadini, attivisti, e come associazioni di lotta all'AIDS, riteniamo che l'introduzione di Fuzeon® al commercio rappresenti un enorme passo avanti nel trattamento dell'infezione da HIV. Tale farmaco contribuirà a fare la differenza tra la vita e la morte per moltissimi pazienti, quasi il 30% delle persone in trattamento ne potranno trarre vantaggio. Tuttavia Fuzeon® sarà in grado di fare la differenza solamente per le persone che potranno avere, effettivamente, accesso al farmaco. Visto il prezzo da Voi proposto, e vista la crisi di molti sistemi sanitari nazionali, ci pare assai improbabile e utopistico che possa essere garantito l'accesso a Fuzeon® per tutti i pazienti che ne hanno effettivamente bisogno. Vi chiediamo quindi di provvedere alla riduzione immediata del prezzo di Fuzeon®, in modo da consentire alle persone sieropositive di trarne il massimo vantaggio, assumendoVi in tal modo la responsabilità che deriva dall'essere titolari di una licenza al commercio relativa a farmaci essenziali per la sopravvivenza. La nostra opinione Dato che i sistemi sanitari occidentali garantiscono il diritto alla salute ai propri cittadini, quale sarebbe la ricetta migliore per far vacillare tale approccio culturale? Una ipotesi potrebbe essere quella di proporre un farmaco per una patologia grave ad un prezzo esorbitante, ad esempio, di oltre il doppio di quello di tutti gli altri farmaci che si somministrano per la stessa patologia, soprattutto se tale farmaco non garantisce la scomparsa della patologia stessa. Tale ricetta potrebbe infatti permettere ad un sistema sanitario di un qualsiasi paese di rifiutare il prezzo, ad esempio di 19.000 euro all'anno, per un solo farmaco da assumere in associazione con altri antivirali. Il costo della sola terapia per l'HIV potrebbe infatti raggiungere i 35.000 euro per paziente/anno. In una fase in cui i paesi occidentali si trovano di fronte al problema di risolvere l'emergenza di ceppi resistenti alle terapie per l'HIV, Roche chiede tale cifra per immettere sul mercato il Fuzeon, farmaco di difficile somministrazione, ma non cross resistente con alcun altro farmaco precedentemente utilizzato nell'armamentario della terapia per l'HIV. Potrebbe viceversa ottenere l'approvazione del prezzo che propone. Ma come cittadini occidentali ci chiederemmo se è equo che un'azienda che immette sul mercato un farmaco che contribuisce a combattere una patologia ad esito mortale debba far gravare sui budget dei nostri sistemi sanitari il proprio rischio imprenditoriale e gli investimenti fatti per l'industrializzazione di questa molecola con il rischio che, se qualche paese europeo non accetta tale prezzo, l'accesso al Fuzeon per le persone che ne hanno bisogno immediato ritardi, venga negato o obblighi a effettuare viaggi della speranza nella ricerca del paese che ne permette l'accesso. La nostra azione Sinceramente, L'EATG ha rilasciato di recente un comunicato, riportato dalla stampa internazionale, in cui esprime la propria preoccupazione per il prezzo fissato da Roche e per la tendenza ormai vigente di costante aumento del prezzo dei farmaci antiretrovirali che può pregiudicare l'accesso a farmaci innovativi indispensabili per la gestione della terapia dell'infezione da HIV. Le associazioni di attivisti americani hanno protestato per il prezzo proposto da Roche, mentre gli Stati Uniti annunciano di non essere in grado di mettere il Fuzeon a disposizione dei pazienti tramite il programma Medicaid e AIDS Drug Assistance. Il 10 aprile una coalizione di associazioni americane hanno lancia to una campagna sollecitando Roche a ridurre la richiesta di prezzo per il Fuzeon in quanto "minaccia di portare alla bancarotta i programmi di assistenza Medicaid e AIDS Drug Assistance Programme, già messe a dura prova". In particolare Michael Weinstein, presidente di AIDS Healthcare Foundation ha affermato che i prezzi dei farmaci per l'HIV sono già "otre i limiti di accettabilità ed al di la di qualsiasi considerazione del prezzo di produzione e questa tendenza ci porterà a dover combattere per l'accesso ai farmaci innovativi". Inoltre Clint Trout ha affermato che il T-20 ha già usufruito di finanziamenti pubblici per lo studio della molecola, pari a 3,5 milioni di dollari. l'I-CAB (Italian Community Advisory Board) ha scritto, come prima azione al riguardo, una lettera al Presidente della Roche International, in copia a Roche Italia, lettera che, pubblicata a fianco, è stata firmata da 35 associazioni non profit e da decine tra medici di centri clinici specializzati, dell'Istituto Superiore di Sanità e persone preoccupate dal prezzo del Fuzeon. Associazione Archè A.S.V.A Associazione Solidarietà Volontariato AIDS ALA Milano Onlus Archè Milano Arcigay nazionale Arcigay nazionale Siena ONLUS Arcilesbica Bologna ASA Associazione Solidarietà AIDS Milano CARITAS Ambrosiana Centro Aurora contro l'Aids pediatrico CGIL Nazionale Settore Nuovi Diritti Circolo Culturale Arcigay " Il Cassero" Coop. Soc. Pensieri e Colori Cooperativa Sociale La Collina, Pavia Coordinamento Nazionale RSU - GAY.IT Gruppo Propositivo Beta 2 di Cremona IDA, Iniziativa Donna AIDS Italian Community Advisory Board Lega Italiana lotta all'AIDS Bologna Lega Italiana lotta all'AIDS Como Lega Italiana lotta all'AIDS Federazione Nazionale Lega Italiana lotta all'AIDS Friuli Venezia Giulia Lega Italiana lotta all'AIDS Lazio Lega Italiana lotta all'AIDS Milano Lega Italiana lotta all'AIDS Piemonte Lega Italiana lotta all'AIDS Trentino Lila CEDIUS - Lilachat Nadir HIV Treatment Group NOTA: Apprendiamo che Roche, anche dopo l’autorizzazione EMEA alla commercializzazione, potrebbe non essere in condizioni di somministrare le quantità di Fuzeon necessarie a sopperire alla domanda mondiale. Nel corso delle prossime riunioni in ambito ECAB ed I-CAB cercheremo di affrontare questo tema. Nadir CROESUS DI LYDIA. La foto di copertina è del conio del regno di Lidia intitolato CROESUS (540 a.C.) rappresenta la lotta tra il toro e il leone. E' uno dei conii aurei più antichi della storia. 2 LIVELLI BASSI DI TESTOSTERONE NELLE DONNE HIV+a cura di David Ososrio Un documento del Massachusetts General Hospital e della Harvard Medical School pubblicato in Clinical Infectious Diseases studia il rapporto tra i bassi livelli di testosterone ed i regimi antiretrovirali in donne HIV positive con perdita di peso. Sono scarse le ricerche sulle specifiche sessuali ed i fattori ormonali tra le donne con o senza HIV. Vi sono dati dell'era pre-HAART che suggeriscono che le donne HIV positive hanno bassi livelli di androgeni (e più recentemente che la riduzione dei livelli in questa popolazione potrebbe essere causata dal metabolismo alterato degli androgeni). A differenza degli uomini e della loro deficienza di androgeni, quella nelle donne non è stata ben caratterizzata in relazione alla perdita di peso, allo stato di salute generale e all'affaticamento. Questo studio ha analizzato i livelli ormonali in 69 donne HIV+ con sindrome da wasting da AIDS ed un'età media di 25 anni in paragone a donne non HIV positive. Sono state escluse dallo screening le donne che fino a tre mesi prima avevano assunto ormone della crescita, corticosteroidi sistemici, acetato di megastrol, estrogeni, androgeni o qualsiasi prodotto ormonale che potesse influenzare i livelli androgeni o che avessero cambiato la terapia antiretrovirale fino a sei settimane prima. E' stato chiesto alle partecipanti il loro peso massimo prima della malattia ed è stato stratificato secondo il loro attuale status mestruale ed il loro peso e altezza. E' stata anche chiesta la storia antiretrovirale alle donne HIV+. Sono stati prelevati campioni di siero durante le visite programmate indipendentemente dai loro cicli mestruali e sono stati determinati livelli liberi di testosterone. Tutti i campioni prelevati dalla stessa persona sono stati esaminati due volte. Il tasso normale per la concentrazione di testosterone nelle donne adulte è di 1055ng/dL (0.4-1.9nM). I tassi normali di testosterone normale (n=215) e testosterone libero (n=141) sono stati determinati da donne sane studiate durante il giorno e tenendo anche conto del ciclo mestruale. Le donne HIV + erano in sottopeso, con un BMI di 21.0+- 3.0kg/m2. Avevano perso una media del 17.6%+-9.7% del peso massimo precedente all'infezione e quelle HIV+ avevano BMI di <205kg/m2. Il 75% dei soggetti HIV+ erano in terapia antiretrovirale ed il 49% erano in HAART (terapia triplice che include due nucleosidici e un IP o un NNRTI). I livelli di testosterone libero e totale delle donne HIV+ erano bassi rispetto a quelle di controllo. Il testosterone libero era minore del tasso normale in 49% dei soggetti HIV positivi e solo nell'8% dei soggetti di controllo mentre solo il 26% delle donne HIV positive avevano livelli di testosterone totale sotto il valore normale. I livelli di testosterone libero sono stati paragonati secondo malattia e ciclo mestruale e secondo le variazioni del peso e le variabili della terapia antiretrovirale nelle donne HIV+ e sono state rilevate differenze significative nei livelli di testosterone libero nel braccio di paragone dalla percentuale di perdita di peso e sono state rilevate differenze significative nei livelli di testosterone libero nel braccio di paragone per percentuale di perdita di peso. Il 58% dei pazienti con perdita di peso >10% vs il 24% di soggetti con perdita di peso <10% del peso corporeo avevano livelli di testosterone libero sotto il valore normale. Il livello di testosterone libero era significativamente più alto nei soggetti eumenorroici. Ma non sono state rilevate differenze nei livelli di testosterone libero in paragone all'uso della terapia o secondo lo stadio dell'infezione da HIV. I ricercatori hanno anche riscontrato che tra le donne HIV+ i livelli di testosterone libero erano correlati all'età, alla lunghezza dell'infezione da HIV e alla percentuale dei cambiamenti di peso, ma non al peso in se stesso. Hanno anche riportato che tra il gruppo eumenorreico (n=39) c'era una quantità maggiore di donne con bassi livelli di testosterone libero nella fase follicolare (i primi sette giorni del ciclo n=14, 71.4% aveva livelli sotto la norma) che in altre fasi del ciclo. I ricercatori hanno riportato: "I nostri dati dimostrano livelli significativamente ridotti di testosterone nelle donne HIV+ con perdita di peso >10% rispetto al peso massimo del periodo di massimo peso prima della malattia. Altri parametri di peso, includendo perdita di peso nel passato e percentuale di perdita di peso ideale, cosí come l'uso di terapia antiretrovirale non influenzavano i livelli di testosterone in questa popolazione. Lo stato mestruale sembrava essere correlato ai livelli di testosterone libero, ma non rimaneva un fattore predittivo significativo nel modello multivariato". Hanno anche detto: "In questo studio abbiamo dimostrato il rapporto tra la perdita di peso ed i livelli androgenici nelle donne HIV+. Una grande percentuale di donne HIV+ con perdita di peso significativa aveva bassi livelli androgenici, anche nell'era HAART. Sarebbe molto importante per questa popolazione determinare le conseguenze funzionali della defficienza androgenica ed il ruolo di una sostituzione fisiologica di androgeni.". Ref: Huang JS, Wilkie SJ, Dolan S et al Reduced testosterone levels in Human Immunodeficiency Virus-infected women with weight loss and low weight. Clinical infectious diseases 2003;36:499-506. Fonte i-Base. TRIZIVIR - CHIUSO LO STUDIO A5095 Importanti risultati preliminari dallo studio randomizzato di fase III in doppio cieco che paragona tre diversi regimi senza IP in trattamento iniziale per l'infezione da HIV (AACTG Protocollo A5095). Un ampio studio americano randomizzato (AACTG 5095) che paragonava la terapia con tre nucleosidici AZT/3TC/abacavir (Trizivir) con due regimi che contenevano efavirenz in quasi 1.150 pazienti non pre-trattati ha chiuso il braccio dei tre nucleosidici seguendo le raccomandazioni derivanti dai dati degli studi e su raccomandazione del safety monitoring board (DSMB) a causa di un aumento di quasi il doppio dei casi di fallimento terapeutico. Il braccio con tre nucleosidici AZT/3TC/abacavir (Trizivir) ha infatti fornito dati meno incoraggianti di quello con efavirenz/AZT/3TC e di quello con un quarto farmaco di combinazione quale efavirenz/AZT/3TC/abacavir. I dati specificati nelle linee guida per chiudere il braccio con Trizivir dello studio si è basato sul fallimento virologico che è stato definito come livelli di plasma HIV RNA oltre 200 copie/ml a quattro mesi dall'inizio del trattamento in studio. Alla baseline, il numero medio di CD4 era di 238/ml e la carica virale media era di 78.825 c/mL, con 57% dei soggetti che avevano HIV-1 RNA<100,000 c/mL e 43% >100,000 c/mL. A 32 settimane dall'inizio dello studio, un totale di 167 volontari avevano fallimento virologico: 21% nel gruppo che riceveva ABC/3TC/ZDV vs 10% negli altri due gruppi. Il fallimento virologico si è presentato prima e più frequentemente in quelli che ricevevavo solamente ABC/3TC/ZDV, a prescidere della quantità di carica virale iniziale (sia sopra o sotto 100,000 copie/mL, p<0.001 in ambedue i gruppi.) Anche se i dati sul conteggio dei CD4 non erano disponibili durante la fase preliminare dello studio, il DSMB ha ritenuto che tale elemento non avrebbe cambiato i risultati dello studio. In una revisione successiva il rischio stimato di falli- mento virologico ( HIV RNA >200 c/mL) in quelli che ricevevano ABC/3TC/ZDV con HIV RNA <200 c/mL era di circa il 7% dopo tre mesi, in paragone al 3.5% per i soggetti nei bracci che ricevevano combinazioni con efavirenz. La lettera del NIAID agli operatori sanitari dice: "Abbiamo fiducia in queste scoperte, anche se non sono state presentate in un incontro scientifico, o pubblicazione. Questi risultati saranno presentati al prossimo incontro della International AIDS Society a Parigi (Luglio 2003), e ulteriori analisi (conteggio dei CD4 e dati sull'aderenza) verranno in seguito. Il rischio di fallimento virologico è un fattore molto importante al momento di scegliere la terapia antiretrovirale iniziale. Altri fattori quali sicurezza, tossicità, aderenza, risparmio di future opzioni terapeutiche, accesso, costo ed altri aspetti rimangono ancora importanti al momento di selezionare il migliore regime antiretrovirale iniziale per ogni paziente.". Informazione addizionale sul disegno dello studio e analisi preliminare sono disponibili nel sito web della National Library of Medicine:http://www.nlm.nih.gov/databases/alerts/clinical_alerts.html e nel sito web della NIAID's Division of AIDS: http://www.niaid.nih.gov/daids/default.htm Fonte: National Institute of Allergy and Infectious Diseases (NIAID). Fonte i-Base. 3 CONTINUA LO STUDIO APRICOT a cura di David Ososrio L' Interferone pegilato alfa-2a (Pegasys) è approvato da solo o con ribavirina per il trattamento dell'infezione cronica da HCV (epatite C). Tale prodotto è però usato ancora in via sperimentale nei pazienti coinfettati con HIV e lo studio Apricot, iniziato nel marzo 2000, deve ancora fornire risposte validate ad alcuni interrogativi. Nuove valutazioni La sicurezza e l'efficacia di Pegasys da solo non è stata ancora stabilita nelle persone che hanno fallito altri trattamenti con interferone alfa, con trapianto di fegato o di altri organi o in persone coinfettate con HIV e HBV. Ad esempio è stato suggerito in molte occasioni che l'HIV può accelerare il corso dell'infezione da HCV. Se così è, l'efficacia del Pegasys potrebbe essere influenzata. Allo stesso tempo i farmaci per l'HIV e per l'HCV possono interferire con altri farmaci e non sono ancora note le conseguenze a breve e a lungo termine. Lo studio Apricot intende, tra l'altro, studiare le conseguenze a breve e a lungo di terapie molto complesse come quelle necessarie a queste due patologie. Ad esempio, sono stati notati di recente effetti collaterali che includono forme gravi di danno epatico, di neuropatia, di pancreatite e di acidosi lattica in persone sottoposte a trattamento con ddI (Videx) e con ribavirina. Allo stesso tempo un'eventuale sostituzione del ddI con altri farmaci antiretrovirali potrebbe sovrapporre diverse tossicità di associazione. Inoltre la ribavirina potrebbe diminuire l'attività di uno o di più di questi farmaci e pertanto è necessario sapere se i dosaggi vanno modificati. Inoltre bisogna tuttora valutare se l'associazione di farmaci antiretrovirali con la ribavirina diminuisce il numero di opzioni terapeutiche per l'HIV. Pazienti ancora in studio Attualmente, nell’ambito dell’Apricot, sono in corso studi su diverse tipologie di pazienti: - persone in fase di epatite C con cirrosi - persone che non hanno avuto giovamento da trattamento con interferone - persone obese - bambini - persone con trapianto di organi - persone con insufficienza renale - persone in trattamento con metadone - persone con diverse tipologie di HCV - persone con HIV Lo studio Apricot dovrebbe comunque terminare entro la fine del 2003 VACCINAZIONE PER L'EPATITE A: SICURA E ABBASTANZA EFFICACE PER LE PERSONE HIV+ Il virus dell'epatite A (HAV) è particolarmente rischioso per le persone sieropositive, specialmente per persone che hanno già coinfezioni con HBV o HCV (epatite B o C). Nonostante i rischi di mortalità e morbilità, molte persone sieropositive non sono vaccinate. Le ragioni di questo non sono molto chiare. Un recente studio conferma la sicurezza della vaccinazione per l'epatite A nelle persone sieropositive, ma conferma il fatto che l'efficacia di tale vaccino è legato al numero di CD4. In questo studio randomizzato, controllato con placebo, si è verificata la sicurezza e l'immnuogenicità del vaccino contro l'epatite A inattivato in 133 persone HAV negative e HIV positive. I pazienti sono stati randomizzati nel ricevere 2 dosi del vaccino a distanza di 6 mesi o il placebo. La sieroconversione per l'HAV si è verificata al mese 9 per il 68% di coloro che avevano CD4 maggiori di 200 cells/mm3, ma solamente nel 9% di coloro che hanno valori più bassi. Nessun effetto sui pazienti in merito al numero di CD4 e alla carica virale dell'HIV. Il vaccino si è dimostrato sicuro e ben tollerato. La risposta alla vaccinazione è stata relativamente bassa ma comunque in buona percentuale. La vaccinazione dunque sembra più efficace in pazienti che hanno un numero di CD4 "congruo", termine da intendersi sempre in una situazione di immunodeficienza causa virus dell'HIV. Scarsi i risultati in pazienti con bassi CD4.[Reference:C Kemper and others. Safety and Immunogenicity of Hepatitis A Vaccine in Human Immunodeficiency VirusInfected Patients: A Double-Blind, Randomized, Placebo-Controlled Trial The Journal of Infectious Diseases 2003;187:1327-31]. In un altro studio, pubblicato nel Giornale delle Malattie Infettive di quest'anno, sono stati presi in considerazione 136 casi di infezione di epatite A (HAV), che si sono verificati in due stati americani tra il 1998 e il 1999. E' stato possibile ottenere dati precisi su 89 di questi casi. Ebbene: dei 74 maschi infettati, 47 (cioè il 66%) aveva contratto l'epatite A causa rapporti omosessuali. Nessuna pratica in particolare o nessun numero di rapporti è stato associato con il rischio di contrarre l'infezione. [Reference: S Cotter and others. Outbreak of Hepatitis A among Men Who Have Sex with Men: Implications for Hepatitis A Vaccination Strategies. The Journal of Infectious Diseases 2003; 187:1235-40.]. La vaccinazione per l'epatite A si configura dunque come "caldamente consigliata" per persone omosessuali o eterosessuali che hanno rapporti a rischio. Questo concetto è ancor più vero per persone che sono infettate con altre malattie quali l'HIV o altre epatiti più gravi. Purtroppo il D.M. 4 ottobre 1991 prevede la gratuità solo per il vaccino contro l'epatite B mentre il vaccino contro l'epatite A non è gratuito. Si tratta di una assurdità visto che gli omosessuali e le persone eterosessuali con comportamenti a rischio possono facilmente contrarre l'infezione per via oro-fecale. I 4 CDC degli USA raccomandano per i gay, giustamente, entrambe le vaccinazioni. Il fatto è ancora più assurdo dato che ora esiste un vaccino (che si chiama Twinrix) che è diretto sia contro l'epatite B che contro l'epatite A, quindi con un solo vaccino ci si protegge da entrambe le epatiti. Oltre il fatto assurdo che in Italia la vaccinazione per l'epatite A non è gratuita per le persone a rischio, vorremmo porre l'accento anche su un altro concetto: sono pochissimi i clinici che, nel momento in cui si trovano davanti una persona che ha contratto un'infezione sessualmente trasmissibile causa comportamenti omosessuali o comportamenti sessuali in generale non protetti (quindi HIV, per esempio), consigliano una vaccinazione per le epatiti A o B. Come mai i clinici in modo automatico non danno questo tipo di indicazione alle persone? Per non parlare poi delle modalità generali con cui queste vaccinazioni vengono svolte. Spesso una persona che è incorsa in un problema come la sieropositività, avrebbe piacere di avere un luogo protetto dove poter ricevere consiglio e assistenza sul da farsi, senza mettersi a girare per uffici, con esami fotocopiati, ricette da malattie infettive, per effettuare una vaccinazione, che, la maggior parte delle volte, ha scoperto che sarebbe opportuno farla da un amico o da una associazione, nemmeno dal clinico che l'ha in cura. LA DISFUNZIONE ERETTILE O IMPOTENZA Simone Marcotullio - Antonio Granata* Sia nella letteratura che riguarda l’HIV e le terapie, sia nelle presentazioni fatte da medici e ricercatori ai congressi, ai seminari e ai simposi scientifici sull’infezione, sono spesso riportati i problemi legati alla disfunzione erettile. Desideriamo in questo numero di Delta affrontare il tema, descriverlo e riferire alcuni possibili trattamenti in uso per ovviare a tale disagio. In particolare affrontiamo in questo articolo le possibili interazioni con la terapia antiretrovirale. Che cos'è la disfunzione erettile? Una definizione di disfunzione erettile è "l'incapacità di raggiungere e/o mantenere una erezione sufficiente per un'attività sessuale soddisfacente". Sebbene questa definizione sia ampiamente impiegata, tuttavia ci sembra limitativa in quanto suggerisce che un rapporto sessuale possa essere soddisfacente esclusivamente in presenza di una erezione peniena completa, limitando la vita sessuale ad una attività penetrativa e trascurando la possibilità di raggiungere e far raggiungere l'orgasmo anche in assenza di una erezione completa. Una definizione di disfunzione erettile che tenga presente solo il principale fine biologico dell'erezione stessa, e cioè la penetrazione del pene in vagina, è forse più correttamente la seguente: una erezione peniena insufficiente a permettere la penetrazione del pene in una vagina adeguatamente lubrificata e senza che la penetrazione necessiti indispensabilmente dell'uso delle mani. In seguito alla connotazione negativa comunemente attribuita al termine "impotenza", i disturbi di erezione vengono ora più appropriatamente indicati come "disfunzione erettile". Molti uomini hanno occasionalmente problemi di erezione in qualche periodo della vita, ma per alcuni rappresenta un problema frequente. Questa condizione è molto diffusa, riguardando, nel mondo, oltre 100 milioni di uomini. La disfunzione erettile non dovrebbe essere motivo di vergogna, benché la difficoltà con cui spesso un simile paziente comunica il suo disturbo ad un medico è una spia dell'entità dei freni psicologici presenti nell'affrontare questo disturbo. Avere una disfunzione erettile non significa non essere fertile o non essere capace di avere un orgasmo o un'eiaculazione. Poiché l'erezione non è una condizione indispensabile per raggiungere l'orgasmo e l'eiaculazione, l'uomo affetto da disfunzione erettile non dovrebbe sentirsi oppresso dall'idea di essere in qualche modo privo di virilità o potenza. È d'altro canto importante che il partner di un uomo affetto da disfunzione erettile non si colpevolizzi considerandosi la causa di questo disturbo sessuale. Nella maggior parte dei casi la disfunzione erettile può essere trattata. La disfunzione erettile è un problema del singolo soggetto, ma spesso si riflette sull'equilibrio sessuale e relazionale della coppia. Con il supporto di un'informazione appropriata, il partner può essere di estremo d'aiuto, venendo investito di un vero ruolo terapeutico. st'ultima sia spesso associata ad una secondaria componente psicologica. Una volta si pensava, erroneamente, che la disfunzione erettile fosse un problema prevalentemente psicologico o un'inevitabile conseguenza dell'invecchiamento: più studi epidemiologici suggeriscono che la componente psicologica sia responsabile di circa il 50% delle disfunzioni erettili, mentre tra le cause organiche la condizione più frequente è rappresentata da una patologia vascolare. L'aumentare dell'età rappresenta un fattore favorente la disfunzione erettile ma non è ineluttabilmente associata a questa. Tra le cause di disfunzione erettile si possono ricordare: Controllo dei livelli di testosterone e terapia HAART Come avviene l'erezione? L'erezione è il risultato di un processo complesso che coinvolge il sistema vascolare, il sistema endocrino e il sistema nervoso, quest'ultimo intervenendo come doppio vettore, sia di informazioni per il sistema vascolare sia dell'elaborazione emotiva del soggetto. L'anatomia del pene è strutturata specificatamente per svolgere la funzione erettiva. Il pene è formato da due strutture principali che hanno origine all'interno della pelvi e corrono parallele tra loro fino a raggiungere la base del glande. Queste strutture sono formate da tessuto spongiforme ricco di vasi sanguigni. Generalmente, le pareti di questi vasi sanguigni sono contratte, ciò impedisce che una quantità eccessiva di sangue defluisca all'interno del pene mantenendone lo stato di flaccidità per la maggioranza del tempo. Quando un uomo è stimolato sessualmente, i vasi arteriosi del pene si dilatano, permettendo così il rapido afflusso di sangue all'organo. Nel contempo, le vene che generalmente drenano il sangue dal pene vengono compresse, riducendo così la quantità di sangue che può defluire dal pene. Aumentando il flusso di sangue in entrata, e riducendosi il flusso di sangue in uscita, il pene inizialmente aumenta le proprie dimensioni ed in un secondo momento raggiunge l'erezione. Quali sono le cause di disfunzione erettile? Negli uomini affetti da disfunzione erettile la causa può essere psicologica od organica, sebbene que prio medico. Tuttavia, a prescindere dal ruolo e dall'efficacia di eventuali terapie farmacologiche, il primo compito del medico sarà quello di aiutare il paziente e la coppia ad adeguare le proprie abitudini sessuali alla nuova condizione (la disfunzione eretti le) e solo in un secondo momento andrebbe proposto l'impiego di eventuali farmaci. A quest'ultima considerazione fa eccezione la terapia con androgeni o comunque finalizzata ad aumentare i livelli di testosterone circolante, dato che il testosterone non ha solo un'azione sul desiderio sessuale e sull'erezione, ma ha anche altri ruoli, tra cui promuovere un'adeguata ossificazione dello scheletro ed un adeguato sviluppo della massa muscolare. Ovviamente il trattamento della disfunzione erettiva deve essere preceduto da una diagnosi della causa di questo disturbo. La diagnostica della disfunzione erettile si avvale sia di esami di laboratorio (ad esempio, dosaggi ormonali) sia di numerose indagini strumentali, quali: il monitoraggio della rigidità e della tumescenza peniene durante il sonno, la farmaco-infusione intra-cavernosa di farmaci vaso-atti vi (prostaglandina E1), il Doppler (solitamente associato all'esame precedente), la cavernosometria (associabile alla cavernosografia). Tra le indagini strumentali è comunque da segnalare che solo il monitoraggio della rigidità e della tumescenza peniene durante il sonno non prevede una fase cruenta, come l'applicazione di aghi nel pene. E' importante ricordare che il ruolo del medico resta fondamentale nel trattamento della disfunzione erettile nonostante la presenza in commercio di farmaci specifici apparentemente di facile impiego. - patologie che predispongono ad una lesione vascolare o neurogena, come l'ipertensione arteriosa, il diabete mellito, alti livelli di colesterolemia, una ridotta elasticità delle arterie (aterosclerosi); - compromissione del sistema nervoso, come traumi del midollo spinale, la sclerosi multipla, l'ictus, interventi chirurgici sulla prostata o sul retto; - patologie croniche, come patologie renali o epatiche - patologie ormonali, in particolare quando vi sia una alterazione degli ormoni sessuali; - condizioni psicologiche, come l'ansia, lo stress, la depressione; - farmaci che possono provocare come effetto collaterale la disfunzione erettile: i diuretici, gli anti-ipertensivi, gli ipocolesterolemizzanti, gli antidiabetici, gli antidepressivi, gli antitumorali, gli antiretrovirali, gli anti-infiammatori non steroidei (FANS), gli antiepilettici; - fumo di sigaretta, alcool, droghe. La disfunzione erettile può essere curata? Sì; la maggioranza dei casi di disfunzione erettile può essere trattata. I pazienti ora possono disporre di una varietà di opzioni terapeutiche tra cui scegliere, e possono discutere di queste opzioni con il pro 5 Se è la prima volta che si sperimenta una significativa diminuzione dell'energia sessuale, è opportuno controllare il livello di testosterone totale circolante nel sangue. Per gli uomini, il valore normale è di 360-900 ng/100 ml entro i 50 anni d'età per poi subire un progressivo calo con l'aumentare degli anni. Se i livelli di testosterone sono bassi si può ricevere un trattamento sostitutivo in grado di compensare il deficit ormonale. Tale trattamento consiste nell'applicazione di cerotti medicati o di gel oppure nell'impiego di preparati per uso orale o iniettabili per via intramuscolare. La correzione dei livelli di testosterone riduce l'astenia, può ridurre un' eventuale quadro depressivo e può migliorare la qualità delle erezioni del desiderio sessuale. Considerazioni particolari devono essere riservate a chi impiega steroidi anabolizzanti per aumentare la massa muscolare: questi farmaci infatti possono causare variazioni dei livelli testosteronemici. A tale proposito rimandiamo agli articoli su Delta n.4 e Delta n.5 dove sono descritte interazioni e connessioni per i singoli farmaci. Gli inibitori delle proteasi e le disfunzioni sessuali In questa sede viene citato un articolo che mira a valutare la disfunzione sessuale associata alla terapia con inibitori delle proteasi (IP). Un questionario anonimo è stato somministrato a pazienti sieropositivi in 10 paesi europei tra il dicembre del 1998 e il dicembre del 1999. Le persone incluse nello studio, in terapia HAART (terapia antiretrovirale altamente efficace per il trattamento dell'HIV), erano 904. Questo studio ha fatto rilevare una diminuzione dell'interesse sessuale significativamente più frequente in soggetti in terapia HAART con IP (308/766, 40%) rispetto a pazienti naive, cioè non in terapia (16%). Negli uomini in terapia con IP si osservava una diminuzione della potenza sessuale (216/628, 34%); in pazienti che non utilizzano IP questa percentuale scende al 12%. Gli autori concludono che i fattori associati con la diminuzione di interesse sessuale sono: un regime terapeutico con IP, una storia terapeutica con IP o l'HIV sintomatica [AIDS 2001 May 25;15(8):1019-1023]. Il trattamento della disfunzione erettile con farmaci specifici La terapia specifica e farmacologica della disfunzione erettile riguarda farmaci capaci di ripristinare le erezioni nei soggetti responsivi al farmaco; si tratta solitamente di farmaci che presentano l'obiettivo di una efficacia transitoria. La terapia medica ha conosciuto una rivoluzione con l'introduzione del sildenafil (Viagra). Questo farmaco, assunto circa un'ora prima dell'attività sessuale, è efficace in un'alta percentuale dei casi di disfunzione erettile su base psicogena o su base organica di lieve entità. A questo farmaco si è recentemente aggiunto il Tadalafil (Cialis), che presenta una farmacocinetica differente da quella del sildenafil ma un meccanismo d'azione sostanzialmente sovrapponibile. Un farmaco noto da anni è la yohimbina, che viene estratta dalla corteccia dell'albero di Yohimbine: agisce bloccando i recettori alpha-2-adrenergici e fungendo da vasodilatatore. Secondo alcuni studi la yohimbina risulta efficace nel 35% dei soggetti trattati, ma questi dati non trovano consenso unanime e le dosi proposte presentano un ampio range. Non sono stati condotti studi per valutare eventuali interazioni tra yohimbina e farmaci antiretrovirali. Altri farmaci specifici per il trattamento della disfunzione erettile sono farmaci vaso-dilatatori che vengono somministrati direttamente nei corpi cavernosi mediante iniezione; tra questi farmaci l'unico attualmente commercializzato in Italia è lo alprostadil (Caverject, Viridal). Apomorfina (Uprima, Ixense e Taluvian) Uprima (Abbott), Ixense e Taluvian sono i nomi commerciali dell'apomorfina, disponibile in compresse sublinguali da 2 mg e 3 mg. L'apomorfina è un derivato della morfina, ma la diversa struttura chimica le conferisce un meccanismo d'azione molto simile a quello della dopamina, una sostanza che a livello del sistema nervoso centrale stimola l'attività sessuale. Sulla base di questi dati l'apomorfina è stata proposta per il trattamento della disfunzione erettile, con l'intento di promuovere una migliore e facilitata erezione in risposta ad uno stimolo sessuale. Questo farmaco viene assunto per via sub-linguale, necessitando di almeno 10 minuti per essere assorbito; l'efficacia si manifesta circa 20 minuti dopo l'assunzione e per circa due ore; l'apomorfina può essere assunta al massimo ogni 8 ore. Studi condotti prima della commercializzazione dell'apomorfina ne hanno mostrato l'efficacia nel 45% circa dei pazienti affetti da disfunzione erettile lieve e su prevalente base psicogena; soggetti con quadro clinico sovrapponibile ma ai quali è stato somministrato placebo mostravano un'efficacia del trattamento nel 32% dei casi; va segnalato che alcuni autori hanno rilevato un'efficacia di questo farmaco minore rispetto ai valori sopra riportati. L'effetto indesiderato più frequentemente associato all'impiego di apomorfina è la nausea, la cui incidenza aumenta in relazione alla dose assunta ma diminuisce di intensità con il proseguire delle assunzioni; altri possibili disturbi sono cefalea, vertigini, sonnolenza, sudorazione, sbadigli, calo della pressione arteriosa. L'apomorfina è controindicata nelle persone con problemi cardiaci (es. angina instabile grave, infarto recente, grave insufficienza cardiaca) e comunque in tutte le situazioni nelle quali sia sconsigliata l'attività sessuale, intesa come attività fisica; tra le altre situazioni in cui deve essere osservata cautela nella somministrazione si segnalano il trattamento con nitrati e antipertensivi e la compromissione della funzionalità renale ed epatica. Poiché l'apomorfina è principalmente metabolizzata per solfatazione e glicuronazione, è verosimile che le sostanze che inibiscono o inducono le isoforme del citocromo P450, come IP e NNRTI (inibitori della transcrptasi inversa non nucleosidici), non influiscano sulla farmacocinetica dell'apomorfina. Sildenafil (Viagra) Il sildenafil (Viagra - Pfizer) è attualmente il farmaco più utilizzato per il trattamento della disfunzione erettile ed è il primo di una classe di nuovi farmaci, gli inibitori selettivi e reversibili della fosfodiesterasi V, guanosin monofosfato ciclico (cGMP)-specifica. Il sildenafil agisce aumentando la disponibilità di ossido di azoto (NO) a livello delle strutture vascolari del pene, i cosiddetti "corpi cavernosi", favorendo l'afflusso di sangue all'interno di essi e, di conseguenza, facilitando l'erezione. Affinché il sildenafil sia efficace è indispensabile la presenza di uno stimolo sessuale, pertanto questo farmaco non promuove un'erezione per il solo fatto di essere stato assunto. Sebbene l'efficacia di questo farmaco sia documentata in soggetti con disfunzione erettile sia su base organica che su base psicogena, è tuttavia in quest'ultima categoria di soggetti che il sildenafil risulta maggiormente efficace (70% - 80% dei soggetti testati). Il sildenafil si presenta sotto forma di compressa ed in 3 diverse posologie (25 mg, 50 mg, 100 mg), va assunto per deglutizione e lontano dai pasti, la sua azione si manifesta circa 50 minuti dopo l'assunzione e per un arco di tempo di 4-6 ore, può essere assunto al massimo ogni 24 ore. Le controindicazioni assolute all'impiego di sildenafil sono rappresentate da: patologie per le quali sia sconsigliata l'attività fisica, infarto miocardico recente, impiego di farmaci nitro-derivati o di farmaci donatori di ossido di azoto, ipotensione arteriosa, retinite pigmentosa; invece cautela dovrà essere applicata nel proporre il farmaco a pazienti con compromissione della funzione epatica e renale e negli anziani. Tra i più comuni effetti collaterali associati all'assunzione di sildenafil vi sono mal di testa, rossore al viso, gastralgia, sensibilità aumentata ai colori verde e rosso, diarrea. Sildenafil e HAART: interazioni con gli inibitori delle proteasi Il metabolismo del sidenafil è principalmente mediato dal citocromo P450 (CYP), isoenzima 3A4 (CYP3A4). L'uso concomitante di sildenafil ed inibitori del CYP3A4 si associa ad una maggiore disponibilità in circolo di sildenafil. Tra gli inibitori del CYP3A4 sono da citare gli inibitori delle proteasi. Tra questi il saquinavir è il meno potente inibitore del CYP3A4 e il ritonavir è invece il più potente, inibendo multipli citocromi del P450 e, in modo minore, il CYP2C9. Poiché alti livelli plasmatici di sildenafil possono aumentarne l'efficacia ma anche gli effetti collaterali associati, si raccomanda di iniziare con un dosaggio di 25 mg in pazienti che utilizzino inibitori delle proteasi. Studi interazionali specifici: sildenafil ed inibitori delle proteasi Due studi separati e controllati sono stati condotti per valutare la farmacocinetica di saquinavir e di ritonavir in co-somministrazione con una singola dose di sildenafil. In entrambi gli studi 28 soggetti di sesso maschile ed in buona salute sono stati randomizzati per la somministrazione del trattamento o di placebo. La farmacocinetica del sildenafil al basale è stata determinata per ogni paziente il giorno 1 dopo una singola dose di sildenafil 100 mg. Per gli IP: 1200 di saquinavir 3 volte al giorno o ritonavir 500 mg due volte al giorno, nei giorni da 2 a 8. In entrambi gli studi, il sildenafil 100 mg ed il placebo sono stati somministrati alternativamente i giorni 7 e 8. I campioni di sangue per l'analisi farmacocinetica sono stati prelevati i giorni 7 e 8. Questo disegno ha permesso la valutazione sia dell'effetto di saquinavir che del ritonavir sulla farmacocinetica di sildenafil, una sola dose, e dell'effetto di sildenafil una sola dose sulla farmacicinetica di saquinavir e di ritonavir. Le persone del gruppo del placebo hanno avuto 6 la stessa dose di quelli nel gruppo in trattamento, a meno che non ricevessero un placebo anziché ritonavir o saquinavir. Ritonavir ha aumentato il Cmax (concentrazione massima plasmatica) di sidenafil approssimativamente di 4 volte (300%) e l'AUC (area sotto la curva di concentrazione rispetto aGl tempo ) circa di 11 volte (1000%); il sildenafil Tmax è ritardato di circa 3 ore. La farmacocinetica di ritonavir non è stata influenzata da sildenafil. La co-somministrazione di saquinavir o ritonavir non ha modificato il tipo di effetti collaterali di sildenafil; inoltre, non è stata rilevata una influenza significativa sull'incidenza e sulla severità di questi effetti collaterali. I risultati hanno indicato che sia il saquinavir che il ritonavir influiscono sulla farmacocinetica di sildenafil, molto probabilmente causa inibizione di CYPÁ4. L'effetto più pronunciato di ritonavir sulla farmacocinetica del sildenafil può essere attribuito alla relativa inibizione supplementare del CYP2C9. Gli autori hanno concluso che una dose iniziale più bassa di sildenafil (mg. 25) dovrebbe essere considerata per i pazienti che ricevono il saquinavir. Inoltre è stato suggerito che una singola dose massima di sildenafil 25 mg in un periodo di 48 ore sia appropriata e da non superarsi in pazienti che ricevono il sildenafil insieme con ritonavir. Merry ed altri hanno valutato la farmacocinetica della terapia di combinazione con sildenafil più indinavir in pazienti HIV-positivi. I pazienti maschi HIV-positivi (età media 35 anni) con disfunzione erettile hanno partecipato ad uno studio farmacocinetico di due giorni. Nessun farmaco conosciuto che interferisse con il metabolismo di indinavir o di sildenafil si è prescritto nelle 2 settimane prima del periodo di studio. Il primo giorno di studio, un campione di sangue a digiuno è stato prelevato. I pazienti allora hanno ingerito la loro terapia prescritta (5 pazienti stavano prendendo zidovudina/lamivudina, 1 paziente stava prendendo stavudina/didanosina) e indinavir 800 mg. I campioni di sangue sono stati prelevati a 1, 2, 3, 4, 6 e 8 ore dopo il dosaggio. La procedura, il secondo giorno di studio, era identica al primo a meno di sildenafil 25 mg, aggiunto alla terapia prescritta prima del campione di sangue. In uno studio parallelo sono stati valutati gli effetti di indinavir, ritonavir, saquinavir e nelfinavir sul metabolismo epatico in vitro di sildenafil. La media geometrica dell'AUC da zero a 8 ore (Auc 0-8) ed il Cmax per indinavir era 19,69 g*h/mL (range=9.1931.99? g*h/mL) e 7,02 g/mL (range=2.33-16.17 g/mL), rispettivamente, il primo giorno. In presenza di sildenafil, l'Auc 0-8 medio e il Cmax di indinavir erano 22,37 g*h/mL (range=10.08-37.25 g*h/mL) e 9,11 µg/mL (range=3.41-22.78 µg/mL), rispettivamente. La media geometrica dell' Auc 0-8 e del Cmax per sildenafil erano 1631 ng*h/mL (range=643-2970 ng*h/mL) e 384 ng/mL (range=290-766 ng/mL), rispettivamente. Indinavir era un potente inibitore del metabolismo epatico del sildenafil in vitro (le concentrazioni producono un inibizione del 50% dell' attività dell'enzima di controllo [ mean±SD]=0.39±0.17 M). Nel primo giorno di studio, in presenza di sildenafil, vi era un aumento nei livelli di indinavir del plasma; tuttavia, questi aumenti non erano statisticamente significativi. La co-somministazione di sildenafil 25 mg con indinavir ha provocato livelli elevati di sildenafil nel secondo giorno di studio e tutti i pazienti hanno avvertito i seguenti effetti collaterali associati al sildenafil: emicrania, rossore al viso, dispepsia e retinite. Due dei 6 pazienti hanno segnalato effetti farmacodinamici di sildenafil fino a 72 ore dopo l'ingestione di una singola dose. Un potenziale meccanismo per le concentrazioni aumentate del sildenafil è stato fornito dai dati in vitro. L'indinavir avrebbe prodotto l'inibizione del metabolismo epatico di sildenafil. A causa dell'au- mento nei livelli del sildenafil nel plasma in presenza di indinavir, una dose iniziale più bassa di 12,5 mg si è mostrata più adatta per minimizzare la tossicità relazionata al dosaggio mentre conservava l'efficacia terapeutica. Una volta o due volte alla settimana sildenafil può essere più adeguato in questo contesto clinico. Stricker e Thomas hanno effettuato uno studio su 20 pazienti maschi HIV-positivi (età media 44 anni) con disfunzione erettile che hanno ricevuto la terapia di sildenafil e HAART. La HAART includeva indinavir (N=8), nelfinavir (N=7), saquinavir (N=4), ritonavir (N=2) e l'amprenavir (N=2). Ogni paziente ha ricevuto una dose di 50 mg di sildenafil in una media di 3 - 4 volte al mese. I pazienti erano stati seguiti per una media di 16 mesi (range: 10 - 22 mesi). Nessuno dei pazienti ha riscontrato eventi avversi significativi relativi ad un'interazione di sildenafil e HAART. Gli effetti secondari più comuni erano rossore facciale ed emicrania, però transitori. Tutti i pazienti hanno migliorato la loro funzione sessuale. Gli autori hanno concluso (giudizio basato sulla loro esperienza di 2 anni) che sildenafil 50 mg è sembrato essere sicuro ed efficace in pazienti che ricevono HAART. Lauriello, MD; Susan Paine, MPH; JAMA. 2003; 289:56-64] che prende in considerazione le disfunzioni sessuali come effetto collaterale di farmaci antidepressivi, ed in particolare quelli della categoria serotonin reuptake inhibitor (SRI). Lo studio è prospettico, randomizzato, in doppio cieco e con placebo. Si prendono in considerazione 90 maschi (età media 45 anni) in trattamento con antidepressivi e con disfunzioni sessuali associate a tale trattamento. I pazienti sono stati randomizzati nell'assumere sidenafil (n=45) o placebo (n=45) a dose variabile partendo da 50 mg fino a 100 mg prima dell'attività sessuale per 6 settimane. I soggetti trattati con sidenafil hanno mostrato un miglioramento della funzione erettile e di altri aspetti della funzione sessuale. Questi miglioramenti hanno facilitato il rispetto della terapia antidepressiva da parte dei pazienti. I soggetti coinvolti erano sieronegativi per HIV, tuttavia la frequente presenza di depressione nel soggetto HIV sieropositivo ed il conseguente frequente impiego di farmaci antidepressivi rende le conclusioni di questo studio rilevanti anche per uomini HIV sieropositivi. Tadalafil (Cialis) Riferimenti bibliografici: Viagra (sildenafil citrate) Package Insert. Muirhead GJ, Wulff MB, Fielding A, et al. Pharmacokinetic interactions between sildenafil and saquinavir/ritonavir. Br J Clin Pharmacol 2000;50:99-107. Merry C, Barry MG, Ryan M, et al. Interaction of sildenafil and indinavir when co-administered to HIV-positive patients. AIDS 1999;13:F101-F107. Stricker RB, Thomas DG. Viagra and HAART (correspondence). South Med J 2000;93:1037. Il tadalafil (Cialis- Lilly) è un altro inibitore selettivo e reversibile della fosfodiesterasi di tipo 5 che è stato recentemente commercializzato come compresse per uso orale (10 mg e 20 mg). Mentre il meccanismo d'azione, gli effetti collaterali e le contro-indicazioni all'impiego del tadalafil sono sostanzialmente sovrapponibili a quelli del sildenafil, va ricordato che il tadalafil può essere assunto anche a stomaco e che l'efficacia si protrae per 12-36 ore dopo Conclusioni interazionali per co-sommi- pieno l'assunzione; va inoltre ricordato che anche gli evennistrazione di sildenafil ed inibitori delle tuali effetti collaterali possono avere una durata più prolungata di quelli associati all'impiego di sildenafil proteasi e che il tadalafil può essere assunto al massimo L'uso concomitante di sildenafil con saquinavir, indi- ogni 48 ore. Non sono stati condotti studi sull'interanavir, o ritonavir ha provocato aumenti significativi zione del tadalafil con inibitori delle proteasi, ma nei livelli del sildenafil nel plasma. A causa del verosimilmente le analogie con sildenafil si estendopotenziale degli effetti aumentati farmacodinamici di no anche a questo ambito: Il tadalafil è infatti metasildenafil, una dose più bassa del sildenafil e/o di un bolizzato principalmente dal CYP3A4. Si consiglia prolungamento dell'intervallo di dosaggio è suggeri- dunque dosaggio minimo in pazienti in terapia to generalmente quando utilizzato simultaneamente HAART con inibitori delle proteasi. Non si conoscocon saquinavir, indinavir, o ritonavir. Sildenafil è no dati sulle sicurezza a lungo termine se il farmaco sicuro ed efficace in pazienti che ricevono la terapia è preso continuamente tutti i giorni. antiretrovirale (HAART), compreso indinavir, nelfinavir, saquinavir, ritonavir ed amprenavir. Si consiglia dunque di iniziare l'eventuale terapia Precauzioni di categoria per gli inibitori con sidenafil, in persone che prendono inibitori delle selettivi e reversibili della fosfodiesterasi proteasi, con un dosaggio da 25 mg. Si consiglia di di tipo V non superare questo dosaggio nelle 48 ore. Tutto Le persone che stanno assumendo farmaci nitroquesto, in particolar modo, in pazienti che assumo- derivati o i donatori di ossido di azoto ("poppers"no ritonavir. Tali limitazioni non sono necessarie con nitrato di amile) devono evitare l'utilizzo di questa gli altri inibitori della proteasi. Sarebbe dunque pru- categoria, alla quale appartengono i farmaci sopra dente iniziare con un dosaggio di 25 mg per qualun- descritti. que farmaco prima descritto: eccetto che per ritonavir, la dose può essere aumentata fino al massimo se necessario; inoltre una parte degli studi suggeri- Un farmaco in avanzata sperimentazione: scono di cominciare con 12.5 mg di sidenafil (se in il Vardenafil terapia con indinavir), ma tale dose non è in com- Anche il vardenafil (prodotto da Bayer/ mercio. Glaxosmithkline) fa parte della medesima classe farmaceutica di sidenafil e tadalafil, ma le sue caratteSildenafil nel trattamento di disfunzioni ristiche lo rendono molto più simile al primo: deve sessuali associate all'utilizzo di antide- essere infatti preso per bocca circa un ora prima del previsto rapporto sessuale ed è bene evitare la conpressivi comitanza di cibo od alcool. I dosaggi dimostratisi Si ritiene utile citare uno studio controllato [H. efficaci in sperimentazioni cliniche sono 5, 10, 20 mg George Nurnberg, MD; Paula L. Hensley, MD; Alan per via orale, una volta al giorno. Il vardenafil ha J. Gelenberg, MD; Maurizio Fava, MD; John dimostrato negli studi internazionali fino ad ora ese- guiti un' elevata efficacia ed una interessante sicurezza. Si tratta di un farmaco molto selettivo, e questo limita la comparsa di effetti collaterali. Più dell'80% dei pazienti che hanno usato il vardenafil si sono infatti dichiarati soddisfatti della efficacia del medicinale. Gli eventi avversi più comuni sono stati cefalea, vampate di calore,dispepsia e retinite, con gravità lieve o moderata. Si sono fatti studi specifici su popolazioni speciali (es: chi è affetto da diabete mellito e pazienti con prostatectomia radicale). Ora per vardenafil è stata richiesta l'approvazione all'FDA. Non sono stati svolti studi interazionali con farmaci della terapia antiretrovirale. La terapia farmacologica di seconda linea Sono da considerarsi di seconda linea quei farmaci utilizzabili per il trattamento della disfunzione eretti le ma gravati da una minore facilità di impiego perché vengono somministrati mediante iniezione diretta nei corpi cavernosi. Si tratta di farmaci che promuovono la dilatazione dei vasi arteriosi ed un conseguente maggiore afflusso di sangue al pene. Di questa categoria di farmaci l'unico commercializzato in Italia è l'alprostadil (Caverject, Viridal), alla dose di 5 mcg, 10 mcg e 20 mcg. L'alprostadil è considerato efficace in una maggiore percentuale di soggetti rispetto ai farmaci orali ma è meno ben accetto rispetto a questi. Inoltre, nei soggetti il cui l'alprostadil è efficace, induce una erezione completa anche in assenza di uno stimolo sessuale. L'erezione compare circa 10-15 minuti dopo la somministrazione del farmaco e può essere mantenuta anche per alcune ore. Tra le controindicazioni all'impiego dell'alprostadil vi sono la fibrosi del pene, l'anemia falciforme, la terapia con anticoagulanti e tutte le situazioni nelle quali sia sconsigliata l'attività sessuale, intesa come attività fisica; invece la compromissione della funzionalità renale ed epatica non rappresenta un limite per l'impiego di questo farmaco. Gli effetti collaterali dell'alprostadil possono essere distinti in acuti e, altrimenti, in secondari all'uso abituale del farmaco; tra i primi sono da ricordare due evenienze relativamente rare quali il priapismo, cioè un'erezione completa che venga mantenuta per oltre 5 ore consecutive, ed il dolore del pene, dovuto ad una eccessiva distensione dei corpi cavernosi e della tunica albuginea che li riveste; tra gli effetti collaterali secondari ad un impiego frequente e protratto del farmaco vi è la fibrosi del pene. Terapia Chirurgica Si ricorre alla chirurgia soprattutto per alcuni difetti congeniti del pene, negli esiti di traumi penieni e nelle fibrosi dei corpi cavernosi. Una soluzione chirurgica della disfunzione erettile solitamente prevede l'impianto di una protesi peniena, che consiste di due cilindri di materiale inerte che vengono inseriti nei corpi cavernosi. Le protesi possono essere semirigide o idrauliche: le prime assicurano una certa malleabilità del pene che però presenta una rigidità costante e presente anche in assenza di atti vità sessuale, le seconde permettono di ottenere un pene rigido solo quando ciò è desiderato. Benché le protesi semirigide possano essere piuttosto fastidiose durante la vita quotidiana, sono anche meno costose e meno associate a complicanze chirurgiche, come ad esempio infezioni perioperatorie. Le protesi peniene non interferiscono con la sensibilità e con l'eiaculazione. Conclusioni Oggigiorno la disfunzione erettile può essere trattata con soluzioni farmacologiche così facilmente accessibili da poter fornire l'errata idea che queste terapie possano essere gestite autonomamente, senza il supporto di un medico. Invece il medico ha un ruolo fondamentale per più motivi: formulare una diagnosi, individuare il farmaco più attendibilmente efficace e più adeguato alle esigenze del paziente e del suo/suoi partner sessuale/i, valutare la presenza di controindicazioni assolute o relative per l'impiego di un dato farmaco, fornire indicazioni per ridurre le probabilità di insorgenza di una dipendenza psicologica dalla terapia avviata, fornire un supporto psico-sessuologico; quest'ultimo è spesso rilevante data l'elevata frequenza di una componente psicogena alla base della disfunzione erettile sia come causa esclusiva sia come fattore comparso in un secondo momento come complicanza di una causa inizialmente organica. * Dr. Antonio R. M. Granata - Servizio di Endocrinologia - Centro di Endocrinologia Andrologia - Policlinico di Modena - Via Del Pozzo 71 - 41100 Modena. Per l'elaborazione di questo articolo ringraziamo il Dott. Pasquale Carpenito, specialista in Endocrinochirurgia e Perfezionato in Andrologia e Sessuologia Clinica, il quale ha gentilmente messo a disposizione parte del materiale disponibile sul suo sito web: http://www.impotenzaonline.org 7 PARTICOLARE ATTENZIONE CON ALCUNE COMBINAZIONI Riportiamo in questa sede alcune citazioni di letteratura in merito a tenofovir che suggeriscono come sia necessaria una maggiore attenzione nello scegliere le combinazioni terapeutiche e nel monitoraggio delle stesse, visto l'aumento delle molecole in commercio contro l'HIV/AIDS e le conseguenti possibili interazioni tra farmaci nonché gli specifici effetti collaterali legati alle singole molecole e/o amplificabili causa nuove possibili combinazioni terapeutiche. Tenofovir e tossicità renale: crescono i casi riportati in letteratura Vengono riportati in letteratura 3 casi francesi di tossicità renale causa tenofovir. Tutti e 3 i casi sono stati trattati nell'ospedale Saint-Louis (Parigi) avevano HIV cronica ed erano stati trattati con HAART prima di iniziare il regime con tenofovir. Nessuno degli altri farmaci della terapia avevano tra gli effetti collaterali la tossicità renale e tutti i pazienti, prima di iniziare tenofovir, avevano una funzione renale normale. Si è verificato un lieve aumento della creatinina (1.6 mg/dl) in tutti e tre i pazienti dopo alcune settimane di terapia con tenofovir, ma il trattamento non era stato interrotto. Dopo alcuni mesi due pazienti sono stati ricoverati causa una rapida diminuzione della funzione renale. Un pazienti ha avuto un picco di creatinina fino a 7.80 mg/dl, l'altro fino a 2.71 mg/dl. Una biopsia renale ha indicato una grave necrosi tubolare. L'interruzione della terapia ha portato ad un miglioramento della funzione renale, anche se i livelli di creatinina sono rimasti elevati (2.14 mg/dl e 1.69 mg/dl), suggerendo parziale non reversibilità. Si è iniziata una terapia dopo alcune settimane senza tenofovir: nessun aumento della creatinina o ri-presentazione di disfunzione tubolare. Il terzo caso ha provocato il fatto che il paziente urinasse per oltre 6 litri al giorno. L'interruzione del tenofovir ha risolto il problema e non ha provocato danni permanenti. Questo caso suggerisce il fatto che tenofovir sia tossico anche a livello di cellule epiteliali nei dotti renali. Possibile una interazione negativa con kaletra in due dei tre pazienti. (il kaletra aumenta le concentrazioni plasmatiche di tenofovir del 30%).* Un uomo sieropositivo è morto per problemi renali e acidosi lattica causa interazione tra tenofovir/ddI. L'uomo, di 49 anni, è deceduto causa problemi alla funzione renale e acidosi lattica. Egli aveva già problemi alla funzione renale. L'uomo era in terapia con ddI (didanosina)/tenofovir. Questo caso evidenzia ancora una volta come sia necessario usare cautela nel somministrare questi due farmaci insieme. L'uomo ha sviluppato un indebolimento renale oligurico acuto e acidosi lattica grave ed è deceduto dopo alcune settimane che il tenofovir è stato aggiunto ad un regime antiretrovirale che includeva la didanosina (al paziente si era indicato di assumere tenofovir a 12 ore di distanza dalla didanosina). Anche se il ruolo del tenofovir nella precipitazione dell'indebolimento renale acuto è poco chiaro, l'accumulazione progressiva del farmaco e l'interazione farmacologica che ha causato l'aumento dei livelli di didanosina sono gli antecedenti più probabili della tossicità mitocondriale che ha condotto all'acidosi lattica. Si stima che la rimozione della creatinina fosse 41 mL/min . Gilead Sciences, produttrice di tenofovir (nome commerciale Viread), raccomanda che, visto che il tenofovir è principalmente eliminato per via renale, non dovrebbe essere dato ai pazienti con insufficienza renale (definibile come rimozione della creatinina < 60 mL/min). Tenofovir è soprattutto espulso per via renale tramite una combinazione di filtrazione glomerulare e tramite * [Reference:Karras A et al. Tenofovir-related nephrotoxicity in human immunodeficiency virus-infected patients: three cases of renal failure, fanconi syndrome, and nephrogenic diabetes inspididus. Clinical Infectious Diseases, 36 (on-line edition), 2003] secrezione tubolare attiva. La somministrazione di tenofovir a ratti, a cani e a scimmie a dosi maggiori di quelle terapeutiche (studi di tossicologia) ha provocato la tossicità renale. Aumenti nel livello della creatinina del siero, del livello dell'azoto ureico nel sangue e dei livelli nell'urina di glucosio, proteine, fosfati e/o calcio sono stati osservati nelle specie animali. Di conseguenza, tutti i pazienti con una rimozione della creatinina < di 60 mL/min e/o un livello della creatinina del siero > di 1,5 mg/dL sono stati esclusi dagli studi clinici di fase 1/2. Non esistono informazioni dagli studi clinici per valutare la frequenza o le conseguenze connesse di nefrotossicità del tenofovir in merito a valori di rimozione di creatinina di 41 mL/min, come accaduto nel paziente dello studio. Dei 687 pazienti dei 2 studi randomizzati e placebo-controllati Gs-98-902 (fase 2) e Gs-99-907 (fase 3), di coloro che hanno ricevuto tenofovir, nessuno ha interrotto lo studio a causa di elevati valori di creatinina o ipofosfatemia. Tuttavia, il 5% dei pazienti ha riscontrato un aumento nel livello della creatinina del siero per un valore maggiore di 0,5 mg/dL sopra il livello basale, ma questi aumenti erano generalmente transitori. 7 (1%) dei 687 pazienti hanno sviluppato l'acidosi lattica. Nessun caso di acidosi lattica è stato visto nel gruppo del placebo e tutti i pazienti che hanno sviluppato acidosi lattica stavano inoltre simultaneamente ricevendo stavudina o didanosina.** ** [Reference: Murphy MD et al. Fatal lactic acidosis and acute renal failure after addition of tenofovir to an antiretroviral regimen containing didanosine. Clinical Infectious Diseases, 36 (on-line edition), 2003. VACCINI ANTI-AIDS PREVENTIVI: CAMBIAMENTO DEGLI SCENARI? Simone Marcotullio I primi mesi del 2003 sono stati caratterizzati da alcuni cambiamenti importanti che probabilmente influiranno sullo sviluppo di un vaccino antiAIDS preventivo: alcune considerazioni fatte al CROI, che fanno ritornare in auge la "teoria degli anticorpi neutralizzanti", la non efficacia di AIDSVAX e la tendenza internazionale ad ottimizzare la ricerca attraverso l'unione di sinergie. Il ritorno degli anticorpi neutralizzanti Recenti ricerche presentate al CROI mostrano come sia necessario riaprire i fronti sulla strategia degli anticorpi neutralizzanti, ossia stimolare la produzione di anticorpi che permettano di combattere il virus dell'HIV, impedendogli di entrare nelle cellule. Il problema è che la superficie dell'HIV è ricoperta sa vari tipi di zuccheri: queste barriere fanno sì che sia molto difficoltoso raggiungere le proteine virali e neutralizzarle ed inoltre l'HIV può facilmente mutare e quindi risulta arduo per gli anticorpi riconoscerlo. Queste premesse hanno poi in seguito, da un punto di vista storico, dato vita allo sviluppo della strategia dell'immunità cellulare, ossia stimolare la produzione di cellule T Killer specifiche che eliminino le cellule infette [anche questa strategia, che non porta ad immunità sterilizzante, quindi alla completa prevenzione, presenta difficoltà in quanto il conteni- mento della replicazione virale ed il conseguente rallentamento della malattia sembrano molto difficoltosi]. Zolla-Pazner al CROI ha presentato uno studio su anticorpi che si possono legare con una sezione della superficie dell'HIV conosciuta come "ciclo V3". Questo ciclo svolge un ruolo importantissimo nell'evitare che il virus entri nelle cellule: anticorpi isolati da persone sieropositive riescono ad interferire con questa parte della proteina virale e prevenire il fatto che l'HIV entri nella cellula. La proteina V3 può facilmente cambiare la sua struttura, ma gli anticorpi riescono a neutralizzare l'HIV anche con sequenze variate di V3. Ma quale sostanza può servire come vaccino per stimolare la produzione di questi anticorpi nel corpo? La questione è stata chiamata "immunologia inversa" e rimane comunque tutt'ora aperta e senza risposta. AIDSVAX: uno studio fallisce ma apre la strada ad altre possibilità Purtroppo il giudizio è inequivocabile: AIDSVAX B/B non protegge contro l'infezione da HIV: 5.8% è la percentuale di infezioni che si è avuta nel gruppo del placebo sul totale della popolazione dello studio e 5.7% è la percentuale di infezione che si è avuta nel gruppo che ha utilizzato il vaccino sul totale della popolazione. Molto controversi i dati su sottogruppi, i cui numeri sono piccoli, quindi probabilmente non statisticamente rilevanti. Da aggiungere che lo studio non era stato costruito per popolazioni su cui si cerca di estrapolare il successo, ma per lo più su persone omosessuali e poche donne ad alto rischio di infezione. Ancora non è noto se AIDSVAX è in grado di modulare la replicazione virale nel tempo: sarà il follow-up dei partecipanti a rivelarcelo. E' importante capire però che è stato possibile costruire la prima "macchina-studio" di un vaccino anti-AIDS preventivo: i risultati preliminari indicano che i volontari, molto motivati, che hanno ricevuto specifico counselling per i comportamenti a rischio, non hanno avuto una tendenza ad aumentarli. Tali risultati al momento sono auto-dati riportati dai partecipanti allo studio: se verranno confermati, ci sarà una chiara indicazione che counselling specifico serve a prevenire la falsa aspettativa di avere assunto un vaccino efficace e quindi del conseguente aumento di comportamenti a rischio. Si è inoltre imparato che è possibile seguire migliaia di partecipanti, compiere azioni specifiche di counselling, immunizzarli e seguirli per più di 30 mesi: il 95% dei partecipanti è infatti rimasto nello studio. Questo studio ha fatto anche comprendere come alcune popolazioni speciali (neri, asiatici, donne) debbano essere rappresentate in misura maggiore, specifica e quindi statisticamente giudicabili. Merck & Co ed Aventis Pasteur: un programma di sviluppo comune Le aziende Merck e Co e Aventis Pasteur, utilizzando insieme i loro prodotti vaccinali, hanno dato vita ad una linea di ricerca comune, in quanto i livelli di risposta cellulare immunitaria dei due vaccini combinati sono molto più alti rispetto a quella dei livelli dei singoli vaccini utilizzati separatamente. I ricercatori di entrambe le compagnie hanno dunque deciso di iniziare uno studio sugli uomini al più tardi entro la fine di quest'anno. La strategia adottata è quella del prime-boost. Gli studi di fase I inizieranno negli Stati Uniti. Lo studio in ambito animale (pre-clinico) è stato condotto su rhesus macaques: come "prime" è stato somministrato il vaccino della Merck (Ad5- adenovirus type 5 vector), poi come "booster" è stato som- ministrato ALVAC (Canarypox virus vector) ." I livelli di risposta cellulari sono molti più alti che quelli dei due vaccini somministrati da soli", queste le parole di uno degli scienziati più competenti al mondo nelle strategie vaccinali, il dott. Emilio Emini, Merck & Co. Entrambi i vaccini sono costruiti per stimolare l'espressione verso la proteina gag dell'HIV. Questa è la prima grossa collaborazione che avviene nel campo dei vaccini anti-AIDS tra due giganti farmaceutici. Le organizzazioni di pazienti (AVAC, AIDS Vaccine Advocacy Coalition, IAVI, International AIDS Vaccine Initiative) vedono positivamente gli sforzi sinergici delle compagnie che mettono da parte le singole conoscenze per intraprendere un cammino comune. Un dubbio legittimo Sono tante e numerose le strategie attualmente allo studio per sviluppare un vaccino preventivo anti-AIDS. Si è imparato che nessuna strada deve essere scartata. Sembra che si stia capendo che è necessaria un'azione sinergica tra tutte le conoscenze in campo: anche molti gruppi di ricercatori indipendenti stanno mettendo insieme le loro forze per cercare di ottimizzare le strategie dei singoli. Questo è un grande passo avanti, che però non deve andare a discapito dello sviluppo di nuovi prodotti e strategie: vediamo positivamente l'ottimizzazione delle risorse e l'unire gli sforzi dei singoli, non vogliamo però incorrere nel rischio di assistere nei prossimi tre anni solo a rimescolamenti di minestre già pronte. 8 HIV E ANEMIA Brian Boyle, MD, Adattamento della versione italiana: Simone Marcotullio L’anemia è un problema abbastanza comune tra le persone sieropositive. Purtroppo può causare un significativo calo della qualità della vita e un incremento della mortalità e della morbilità. Ci sono varie strategie per l’approccio al problema, che chiaramente dipendono anche dal grado di malattia: un cambio terapeutico che favorisca la reversibilità dell’anemia o anche terapie mirate utilizzando l’epoetina alfa per stimolare la produzione di globuli rossi. Cos’è l’anemia? un campanello di allarme. Alcuni studi hanno posto in relazione l’anemia e la sopravvivenza delle persone sieropositive. La sopravvivenza a 12 mesi è del 96.9% per le persone HIV+ non anemiche dell’84.1% per le persone con anemia moderata e ben del 59.2% per le persone con anemia grave. Altri studi hanno mostrato che l’impatto dell’anemia sulla sopravvivenza può essere legato anche a pazienti in buon compenso immunologico (buoni livelli di CD4). In uno studio si mostra come pazienti anemici con CD4 > 200 cells/mm3 abbiano un rischio di mortalità del maggiore di 2.5 volte rispetto a pazienti con lo stesso numero di CD4 ma non anemici, mentre pazienti anemici con CD4 < 50 cells/mm3 hanno un rischio di mortalità superiore di 1.4 volte rispetto a pazienti non anemici e con stessi CD4. Vi è infine, sempre in questo studio, una chiara relazione tra l’impossibilità di ristabilirsi da problemi anemici e l’abbassamento della percentuale di sopravvivenza. Patologia definita come un calo nella concentrazione di emoglobina nel sangue. Negli uomini normali livelli sarebbero da 14 a 18 g/dL mentre nelle donne da 12 a 16 g/dL. Ci sono varie scale di classificazione degli anemici, di seguito riportiamo quella dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO): Grado Emoglobina 0 1 2 3 4 (entro limiti normali) (lieve) (media) (grave) (a rischio vita) =11.0 g/dL 9.5-10.9 g/dL 8.0-9.4 g/dL 6.5-7.9 g/dL <6.5 g/dL Pazienti e medici devono però tenere presente la distinzione tra i sessi: le scale internazionali, di cui sopra abbiamo riportato un esempio, non tengono conto di questo importante fattore. L’anemia è comunque associata a molte patologie croniche e l’HIV non è un’eccezione. Fattori di rischio per la comparsa di anemia sono la progressione verso l’AIDS, CD4 < 200 cells/mm3, alta carica virale nel sangue, la razza (gli afro-americani sono più propensi), l’utilizzo di alcuni farmaci, quali la Zidovudina, e altre patologie spesso presenti nelle persone HIV+, come, per es., l’HCV di per se stessa e i farmaci ad essa correlati per la cura (interferone alfa e ribavarina). Valutazione delle cause Possono essere tante e svariate le cause che generano anemia in persone sieropositive. E’ subito da chiarire che quelle potenzialmente eliminabili (es. farmaci per la terapia anti-retrovitale) vanno, se possibile, corrette immediatamente. Alcune possono derivare da infezioni, neoplasie, farmaci, mancanza di ferro e vitamine, anormalità del sistema endocrino, scompensi epatici, scompensi renali, perdite di sangue dovute ad emolisi ed altre cause. Sono stati elaborati molti algoritmi per la valutazione dell’anemia in pazienti HIV+ utilizzando metodi non invasivi quali la conta dei reticolociti, i livelli di bilirubina e l’MCV (mean corpuscolar volume) dei globuli rossi, ma in alcuni casi può essere necessaria una procedura più invasiva come la biopsia del midollo osseo. Inoltre, per escludere altre possibili cause dell’anemia, i livelli di eritropoietina dovrebbero essere presi in considerazione, in quanto spesso causa di anemia nelle persone HIV+. Inoltre l’epoteina alfa ha mostrato di migliorare l’anemia in pazienti che presentano la malattia farmaco-derivata (tp. anti-retrovirale o anti-HCV). Sintomatologia e Qualità della Vita L’impatto della presenza dell’anemia varia molto da paziente a paziente. I sintomi più comuni sono affaticamento, disturbi del sonno, dolore, ansietà, tristezza e nausea. A volte, se l’anemia non è particolarmente grave, si può correre il rischio che non venga presa in considerazione dal paziente stesso, scambiando i sintomi per periodi di depressione o spossatezza. La mancanza di energia nel fare le semplici cose quotidiane potrebbe essere Elenco dei farmaci che possono favorire la comparsa dell’anemia: Zidovudina (Retrovir), Cidofovir (Vistide), Foscarnet (Foscavir), Ganciclovir (Cytovine), Ribavirina (Rebetol), Amphotericin B, Flucytosine (Ancobon), Sulfonamidi, Trimetoprim, Pirimetamina, Pentamidina, Interferone e agenti antineoplastici. Trattamento e cura Un altro trattamento per l’anemia è l’epoteina alfa. Questo composto è biologicamente equivalente alla eritropoietina endogena ed ha mostrato in diversi studi di essere molto efficace nel trattamento dell’anemia indipendentemente se dovuta ad HIV o HCV o ai trattamenti concomitanti. L’uso di questo farmaco può significativamente far aumentare i livelli di emoglobina indipendentemente dai farmaci in uso per trattare l’HIV o indipendentemente dal numero di CD4. Questi miglioramenti fanno allontanare il rischio della necessità di effettuare trasfusioni. Inoltre si è anche visto come in 12 settimane, con somministrazione tre volte alla settimana, ci sia un miglioramento netto della qualità della vita dei pazienti, dell’energia e delle attività quotidiane in pazienti con eritropoietina endogena < 500 mU/mL. Altri studi hanno mostrato che anche dosaggi una volta alla settimana sono significativi per il miglioramento dell’anemia e della quaità della vita. Tutto questo si è visto anche nei pazienti con HCV e coinfetti, portando a conclusione che l’epoteina alfa sia un farmaco sicuro e ben tollerato. Ci sono altri trattamenti che possono essere efficaci in alcuni pazienti: trattamenti per ristabilire le corrette funzioni metaboliche, terapia androgena (per pazienti HIV+ anemici e ipogonadali), quest’ultima però spesso tossica, spesso nelle donne. Il trattamento dell’anemia non dovrebbe essere strettamente basato sui livelli di emoglobina o sul grado di severità. La sintomatologia non è necessariamente legata al grado della malattia: visto che l’anemia può influire pesantemente sulla qualità della vita e sull’aderenza terapeutica, si deve intervenire in modo da mettere il paziente HIV+ nelle condizioni di salute ottimali per tollerare bene psicologicamente la terapia anti-retrovirale e soprattutto per garantire una buona risposta immunologica e antivirale dell’organismo. La cura dipende molto dall’eziologia: correzione di disturbi del metabolismo, ferro, vitamina B12, mancanza di folato sono i primi accertamenti da fare e i primi punti su cui intervenire. In secondo luogo bisognerebbe interrompere i farmaci che possono causarla, in particolare alcuni farmaci della HAART come la Zidovudina e il Bactrim/Septra (trimethoprim/sulfamethoxazole), specialmente quando terapie alternative sono possibili. Un altro modo per curare l’anemia è la trasfusione di globuli rossi (RBC), modo comunque “non popolare” e da prendere in considerazione in casi estremi a causa dei possibili effetti collaterali e degli iper-valori associati di ferro e di volume dei globuli rossi. Alcuni studi hanno anche mostrato che le trasfusioni di sangue in pazienti HIV+ sono da associarsi a peggioramento delle condizioni dell’HIV e ad infezioni opportunistiche. 9 FONDO GLOBALE O FONDO USA? Valentina Biagini Bush e il suo discorso alla Nazione Nel suo discorso alla Nazione del 28 gennaio 2003, Bush ha presentato la 'AIDS initiative' della sua amministrazione. Si è impegnato a mettere a disposizione 10 miliardi di dollari, oltre ai 5 iniziali, per combattere l'AIDS nel periodo 20042008. Bush, da grande eroe, ha ammesso la serietà della crisi e ha dichiarato che gli Stati Uniti dovrebbero esercitare un "leading role" nell'affrontare l'emergenza. L'impegno di Bush di fornire nuovi fondi potrebbe sembrare entusiasmante ma il denaro promesso è da spendere in 5 anni, il primo dei quali è il 2004, non il 2003. Inoltre, per il momento solo 1 miliardo di dollari è stato dedicato al Fondo Globale - una media di 200 milioni di dollari, la cifra che gli Stati Uniti hanno comunque dedicato al Fondo fino ad oggi. In realtà il Fondo Globale necessiterà di 40 miliar- di di dollari nell'arco dei 5 anni 2004-2008. Il contributo equo rispetto a quella cifra per gli Stati Uniti, in base al PIL, è tra i 10 e i 14 miliardi di dollari. Quindi la promessa del presidente Bush di fornire 10 'nuovi' miliardi di dollari nell'arco di 5 anni a partire del 2004, con solo 1 decimo dedicato al Fondo Globale e il resto ai programmi bilaterali, non è entusiasmante. Anche se l'impegno degli Stati Uniti di aumentare le spese per l'AIDS di 10 miliardi di dollari rappresenta la prima volta in cui una cifra cospicua sia stata messa a disposizione per combattere la pandemia, c'è da non essere soddisfatti: gli Stati Uniti hanno deciso di agire da soli (come al solito) attraverso agenzie statunitensi, la somma promessa è solo per l'AIDS e non per la malaria e la TB, ed è solo destinata a 14 peasi. Quindi pur essendo il contributo degli Stati Uniti considere- vole, è pieno di limiti. Inoltre è ancora da vedere quanto l'amministrazione Bush sia in effeti in grado di 'strappare' denaro dalla repubblicana Camera dei Deputati. Gli attivisti AIDS e gli esperti fanno notare che il programma di Bush sborserebbe la maggior parte dei 15 miliardi di dollari verso la fine del periodo dei 5 anni. Ad esempio, solo 2 miliardi di dollari sono stati stanziati per l'anno fiscale 2004.) Questo ritardo è costoso in termine di vite umane perse e di maggiori spese necessarie al fine trattare le persone che potrebbero prevenire il contagio con l'HIV oggi. Quindi gli Stati Uniti dovrebbero dedicare al Fondo Globale una percentuale delle spese annunciate per la lotta all'AIDS ben maggiore rispetto a quella attuale e dovrebbero farlo ora, senza attendere il 2004. (Global Fund Observer 5, 30/1/03). Al contrarario, con una chiara e netta risposta europea all'iniziativa di Bush, l'alleanza transatlantica - sotto pressione a causa della situazione in Iraq- porverebbe al mondo che continua nel suo impegno nei confronti delle persone impoverite e morenti del mondo, le quali si aspettano un'azione decisiva da parte degli USA e dell'Europa INSIEME. e quella data ogni paese membro dovrebbe annunciare il suo contributo per combattere l'AIDS in generale e per il Fondo Globale in particolare. Questo Summit DOVREBBE lanciare il più ambizioso piano d'azione per reagire alla epidemia al quale il mondo abbia mai assistito anche se per quanto riguarda l'anno dal 2003 al 2004 (che rappresenta il periodo attuale di crisi finanziaria) gli Stati Uniti hanno impegnato di meno, rispetto al PIL, di Canada, Francia, Italia, Olanda, Spagna, Svezia e Regno Unito. (GFO 5) Un impegno da parte di tutti Per affrontare la situazione attuale occorrerebbe un investimento di capitale sostanzioso anche da parte di altri paesi. L'Europa dovrebbe sborsare i suoi 3 miliardi all'anno, il Giappone e altri paesi donatori dovrebbero contribuire con 1 miliardo di dollari ciascuno. In questa maniera si otterrebbero i 7 miliardi di dollari di cui la metà dovrebbe andare al Fondo Globale e l'altra metà dovrebbe essere spesa in programmi che diano una spinta allo stesso Fondo, non che lo danneggino. In questo periodo il silenzio da parte dell'Europa sarrebbe deleterio per il Fondo Globale. Se gli Stati Uniti saranno l'unico paese che dedica nuove grandi somme per la guerra all'AIDS, il Fondo diventerebbe un programma statunitense. In particolare, l'iniziativa di Bush rappresenta una sfida per tutti i membri dei G7-- UK, Francia, Germania, Giappone, Italia e Canada. La negligenza finanziaria nei confronti dell'AIDS nei PVS non riguarda solo gli Stati Uniti ma tutte le ricche nazioni donatrici. I G7 ne portano il peso morale. Il prossimo Summit dei G7 è a giugno. Enro oggi Questa situazione è presagio di disastro in quanto ognuno si aspetta che qualcun altro risolva il problema. Mobilitazione delle Risorse: Una priorità assoluta Il Fondo Globale ha bisogno di 7 miliardi di dollari in aiuti per quest'anno e della stessa cifra per il 2004, al fine di far fronte ai progetti presentati nel secondo e terzo round di proposte. Nonostante la comunicazione e la guida siano migliorate grazie al nuovo personale del Fondo- del quale fanno parte diversi membri di ONG- e nonostante i paesi richiedenti abbiano un maggiore supporto nel presentare i propri programmi, il Fondo ad oggi non ha le risorse necessarie per finanziare il terzo round di proposte previsto per il 31 maggio 2003. Si è stimato che per tali proposte occorrano grants di 1.6 miliardi di dollari. Ad oggi sono stati raccolti solo 229 milioni di dollari. ("How much money does the Fund Need. GFO 8, 25 marzo 2003). Quindi si è deciso di non fissare una data per il quarto round a causa delle incertezze che circondano le risorse finanziarie future. - Il Comitato per la Mobilitazione delle Risorse si è riunito solo una volta a gennaio e non ha un presidente, - Il Fondo non ha una strategia scritta di mobilitazione delle risorse, - Nessun paese oltre agli USA si è impegnato in maniera significativa negli ultimi mesi. In realtà il Fondo non ha mai fatto una vera 'raccolta fondi'. Gli sono stati 'donati' circa 2 miliardi di dollari per iniziare. Il GF adesso sta affrontando una crisi perché i fondi iniziali si stanno esaurendo e non è stata sviluppata una strategia chiara per il futuro. Un nuovo approccio deve essere adottato per superare la crisi attuale della mobilitazione di fondi. Una strategia di mobilitazione finanziaria dovrebbe affrontare distintamente i bisogni a breve (es. ottenere impegni da parte dei governi per il 2003 e il 2004) e a lungo periodo. Durante il board meeting previsto per giugno la mobilitazione delle risorse deve essere al centro delle discussioni. Se alla riunione non si è ottenuta una nuova strategia degna di appoggio da parte del Board, anche l'approvazione del terzo round di proposte e di finanziamenti dovrebbe essere messa in attesa. Aggiornamento sulle proposte del Primo e Secondo Round Stima di persone che riceveranno Arv grazie alle due proposte: Molte delle proposte del primo e secondo round stimano che solo 100-300 persone HIV+ riceveranno antiretrovirali nel primo e secondo anno del progetto, per esempio: Zimbabwe: 100 per il primo anno e 500 per il secondo anno; Ucraina: 100 persone per il primo, 300 per il secondo; Cambogia: 350 per il primo 700 per il secondo; Repubblica Domenicana: 500 per il primo, 1000 per il secondo; El Salvador: 350 per il primo, 447 per il secondo; Togo: 300 per il primo; Mongolia: 5 per il primo e secondo anno; Nepal: 0 per il primo e 250 per il secondo; Nicaragua: 100 per il primo e 130 per il secondo. Il totale delle persone che fino ad ora dovrebbero ricevere i farmaci grazie al Primo e Secondo Round del Fondo è di 188.744 persone quando da 5 a 6 milioni di persone necessitano di trattamenti antivirali. La Comunità internazionale ha fatto notare che i paesi membri del Fondo non stanno facendo abbastanza per milgiorare la qualità e la durata della vita delle persone affette da HIV e invita il Fondo a sollecitare una maggio- Per maggiori informazioni: www.fundthefund.org 10 re richiesta e messa a disposizione di farmaci antiretrovirali- un principio catalizzatore al concepimento del Fondo stesso. (GFO 6, 31.01.03) Una nuova coalizione per chiedere ai paesi ricchi di finanziare il Fondo Il 31 marzo una coalizione di attivisti e organizzazioni per il diritto alla salute ha annunciato il lancio della campagna "Fund the Fund". La campagna si propone di fare pressione sui governi dei paesi industrializzati affinché finanzino con urgenza il Fondo Globale per la lotta contro AIDS, Tubercolosi e Malaria (GFATM). FONDO GLOBALE: LUCI E OMBRE Gennaio 2000 A 15 anni dall'inizio dell'epidemia di HIV/AIDS il consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, seguito dal consiglio di sicurezza degli Stati Uniti, dichiara che l'epidemia di AIDS è una delle più gravi minacce alla stabilità del pianeta. Per la prima volta nella storia le Nazioni Unite dichiarano che una malattia può rappresentare una minaccia per la sicurezza e la stabilità del pianeta. Luglio 2000 La conferenza internazionale sull'AIDS si tiene a Durban, in Sud Africa. Il giorno precedente l'apertura della conferenza attivisti provenienti da tutto il mondo partecipano alla marcia organizzata da Treatment Action Campaign. Oltre cinquemila persone manifestano nelle strade di Durban chiedendo l'accesso universale ai trattamenti antiretrovirali. Settembre 2000 Nel corso del summit di Okinawa, i capi di stati di tutto il mondo decidono di organizzare un incontro sulle malattie infettive. Dopo cinque mesi viene organizzato il summit. Si apre la strada per un'iniziativa internazionale per la lotta contro AIDS, Tubercolosi e Malaria da discutere nel corso del summit dei paesi del G8 fissato per il 2001 a Genova. Tra le soluzioni proposte l'idea di creare un nuovo meccanismo finanziario - il fondo di approvvigionamento globale. Viene raggiunto il consenso su un unico fondo il cui obiettivo sarà la lotta contro AIDS, Tubercolosi e Malaria. Dicembre 2000 Jeffrey Sachs, professore di economia presso l'università di Harvard, e capo della commissione di macro-economia di economia presso l'Organizzazione Mondiale della sanità, pubblica una relazione sulla base della quale i fondi necessari per tenere sotto controllo l'epidemia ammontano a 10 miliardi di dollari l'anno. Febbraio 2001 L'azienda farmaceutica indiana CIPLA - che produce farmaci generici a basso costo copie generiche a basso costo - annuncia di essere pronta ad offrire alle organizzazioni non governative una terapia combinata contenente tre farmaci antiretrovirali, ad un "prezzo umanitario" di 350 dollari l'anno per paziente. Il prezzo per i governi sarà di 600 dollari l'anno. Nelle settimane seguenti si scatena la guerra dei prezzi tra le multinazionali farmaceutiche e i produttori di farmaci generici. Aprile 2001 Nel corso del summit OAU che si tiene in Nigeria, il segretario generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan, chiama la comunità internazionale alla "guerra frontale contro l'AIDS". Lo stesso mese, la protesta internazionale contro le 39 multinazionali farmaceutiche che hanno deciso di portare in tribunale il governo di Pretoria per la sua politica sui prezzi farmaceutici, costringe Big Pharma ad abbandonare la causa. Giugno 2001 Gli attivisti da tutto il mondo lanciano una campagna globale che si aggrega attorno allo slogan "aprite il portafogli, curate le masse, cancellate il debito". La sessione speciale sull'AIDS delle Nazioni Unite fa proprie le stime di Jeffrey Sachs, 10 miliardi di dollari l'anno, e chiede che venga costituito un fondo globale per la lotta contro l'AIDS. Luglio 2001 Genova. I paesi del G8 sostengono ufficialmente la creazione del Fondo Globale. Alla fine del mese il Presidente Bush dichiara che gli Stati Uniti inizieranno a finanziare il Fondo a partire dall'anno 2001. Ottobre 2001 Il gruppo transitorio inizia a definire la struttura ed i principi operativi del Fondo Globale. Novembre 2001 I paesi in via di sviluppo e gli attivisti per l'accesso ai trattamenti riescono a fare in modo che l'Organizzazione Mondiale per il Commercio adotti la cosiddetta "Dichiarazione di Doha sulla Salute Pubblica". La dichiarazione stabilisce che le regole dell'OMC non devono ostacolare in alcun modo né le politiche sanitarie né l'accesso ai trattamenti. Gennaio 2002 Il Fondo Globale viene inaugurato ufficialmente e viene lanciato il primo bando internazionale per accedere ai fondi. Giugno 2002 Nel corso del summit G8 di Kananaskis le questioni relative alla sicurezza internazionale fanno in modo che la lotta all'AIDS venga esclusa dall'agenda. Luglio 2002 Nel corso della conferenza internazionale sull'AIDS di Barcellona, gli attivisti attaccano il Ministro della sanità degli Stati Uniti Tommy Thompson sulla questione dei fondi - Gli attivisti chiedono "G8: dove sono i 10 miliardi di dollari"? Febbraio 2003 I Ministri delle finanze del G7 mettono in agenda l'AIDS e dichiarano "Abbiamo fatto progressi rispetto agli obiettivi di fine millennio, in particolare nella lotta contro l'AIDS, e continueremo a concentrarci su tali obiettivi mettendo a disposizione le risorse necessarie. Ci impegniamo a raddoppiare gli sforzi in occasione del summit di Evian, in Francia". 11 IL MOVIMENTO PANAFRICANO Mauro Guarinieri Siamo furiosi. La nostra gente sta morendo. Se non sarà immediatamente riconosciuto il diritto universale al trattamento antiretrovirale 28 milioni di persone sieropositive che vivono nel nostro continente sono destinate a morire entro i prossimi dieci anni. Due milioni solo quest'anno. I governi, le organizzazioni multilaterali, il settore privato, e la società civile devono intervenire al più presto per evitare un nuovo olocausto. Movimento Panafricano per l'accesso al trattamento. Piano d'azione, 25 agosto 2002 La scienza ha una doppia natura. Da una parte rappresenta una delle componenti essenziali per il progresso umano. Dall'altra è il motore dell'industria del sapere: un'industria che ha il potere di definire quali siano le priorità, quali i problemi da risolvere e quali le soluzioni da adottare. Mentre una volta era il principe a definire i termini del discorso scientifico, ora sono le multinazionali a farlo, definendo i modelli della conoscenza, e della non-conoscenza, sulla base della cruda legge del mercato. Come persone sieropositive siamo abituati a ripetere al mondo che "i veri esperti siamo noi". Le persone sieropositive sanno cose che gli scienziati ancora non sanno perché incorporano un elemento di conoscenza che nasce dall'esperienza reale. E' proprio quando la scienza non riesce a tenere in considerazione la complessità dell'esperienza che la distanza tra discorso scientifico e società civile diventa evidente. La mancanza di una cura ha mascherato per almeno quindici anni il fallimento della comunità scientifica nel comprendere la natura profondamente politica dell'epidemia di HIV/AIDS. Finché la prevenzione era l'unica risposta possibile l'epidemia veniva descritta come una triste realtà. Una tragedia globale rispetto alla quale non esistevano risposte efficaci. Le cause di tale tragedia potevano essere ancora circoscritte ai comportamenti individuali. I fattori sistemici (povertà, discriminazione sociale, diritti umani) venivano generalmente ignorati. La disponibilità di farmaci efficaci ha trasformato l'epidemia in un emergenza sanitaria globale che pone questioni squisitamente politiche. Per quale ragione disponiamo di cure efficaci ma non siamo in grado di renderle disponibili al 94% delle persone colpite dalla malattia? Quali sono gli ostacoli strutturali, e come rimuoverli? Come costruire forme di partecipazione civile in grado di intervenire nel discorso scientifico? Invece di approfittare dell'occasione i governi occidentali, le organizzazioni internazionali, e le multinazionali farmaceutiche, hanno fatto finta di nulla. Tale fallimento ha prodotto una mobilitazione internazionale all'interno della quale si scontrano due visioni radicalmente opposte. Da una parte le multinazionali ed il nord del mondo, impegnati nella difesa dei diritti di proprietà intellettuale e nella massimizzazione dei profitti, dall'altra il movimento globale per l'accesso ai trattamenti, che si batte per l'affermazione universale del diritto alla salute. L'attivismo delle persone sieropositive si è sempre basato su un elemento materiale. Si tratta di una delle poche malattie endemiche che colpiscono il sud del mondo sul quale l'occidente abbia un termine di riferimento chiaro, basato sull'esperienza diretta di decine di migliaia di persone. Molti attivisti occidentali sanno bene cosa sia la discriminazione perché l'hanno provata sulla loro pelle, sanno come si manifesta la malattia perché sono, o sono stati essi stessi malati. Nella maggior parte dei casi sono persone sieropositive. Si tratta di uno dei pochi casi in cui le differenze tra nord e sud sono riducibili ad un esperienza condivisa. A differenza del Chiapas, della campagna per la cancellazione del debito, oppure della campagna per l'abolizione del lavoro minorile, l'attivismo delle persone sieropositive si basa su una condizione materiale che riguarda migliaia di attivisti occidentali. Sebbene esistano conce- zioni diverse rispetto all'HIV/AIDS tra sud e nord del mondo l'AIDS è una delle poche questioni che colpiscono il sud del pianeta sul quale l'occidente abbia termini di riferimento chiari. Si tratta di uno degli elementi originali che caratterizzano il movimento globale per l'accesso ai trattamenti. Mentre le persone sieropositive si battono per l'accesso universale ai trattamenti la comunità scientifica ha individuato nel vaccino la priorità per il sud del mondo. La distanza tra società civile e discorso scientifico è evidente. Dire che la priorità è il vaccino è come dire che la morte delle persone sieropositive che vivono nel sud del mondo è da considerarsi ormai inevitabile. Una triste realtà della quale prendere atto. Edwin Cameron, il giudice sudafricano che, nel luglio 2001, durante la conferenza internazionale sull'AIDS di Durban, dichiarò all'opinione pubblica di essere sieropositivo disse che "se permettiamo ad altri di definire la morte di milioni di persone come una triste realtà, riconosceremmo nuovamente ad un oligarchia razzista il diritto ad opprimere la nostra gente. La storia ha dimostrato che il nostro popolo è in grado di far fronte a quelle che altri definiscono tristi realtà". Non è solamente il Sudafrica a pensarla così. Le persone sieropositive che vivono nel continente africano - dalla Nigeria all'Etiopia, dallo Zimbabwe al Marocco; quelle che vivono in Asia e nella regione del Pacifico - dall'India alla Malesia, dall'Australia alla Tailandia; nell'Europa dell'Est e nell'Asia centrale - dalla Russia alla Polonia, dal Kazakhstan all'Ucraina; in America Latina - dal Cile al Costa Rica, dal Brasile al Messico; negli Stati Uniti e nell'Europa Occidentale - dagli Stati Uniti al Regno Unito, dal Canada all'Italia, rifiutano il concetto secondo il quale il trattamento antiretrovirale sarebbe un lusso riservato a chi se lo può permettere o a chi ha la fortuna di vivere in un paese che ha deciso di metterlo a disposizione dei propri cittadini. Nel luglio del 2001, quando il giudice Cameron intervenne alla conferenza mondiale sull'AIDS di Durban in Sudafrica, nessuno avrebbe osato andare oltre una semplice affermazione di principio. Da allora l'attivismo delle persone sieropositive sta vivendo una nuova stagione di lotte che riflette le caratteristiche demografiche dell'epidemia. L'AIDS è sempre stata la malattia degli emarginati. Mai come oggi le caratteristiche demografiche dell'epidemia riflettono un comune denominatore: la povertà. L'AIDS è ormai diventato la malattia dei poveri, sia nei paesi sviluppati, sia, e soprattutto, nei paesi in via di sviluppo. Nell'africa sub-sahariana, una regione in cui vive il 10% della popolazione mondiale, e due terzi delle persone sieropositive al mondo, la gente vive con 560 dollari/anno per persona. Il Sud Africa il paese più colpito al mondo. Dopo la conferenza di Durban il movimento si è organizzato su scala globale e ha partecipato attivamente alle più importanti mobilitazioni organizzate dal movimento globale antiliberista. A Seattle, a Washington DC, e a Genova contro il G8. Le persone sieropositive hanno individuato nella mobilitazione sociale lo strumento attraverso il quale fare pressione sui governi, sulle multinazionali, e sulle istituzioni internazionali, rimuovendo in tal modo gli ostacoli strutturali che limitano l'accesso al 12 trattamento antiretrovirale nel sud del mondo. Gli attivisti chiedono - molto semplicemente - che le decine di milioni di persone sieropositive che vivono nel sud del mondo abbiano accesso agli stessi trattamenti antiretrovirali che hanno drasticamente ridotto la mortalità per AIDS in tutti i paesi industrializzati. Ci muoviamo nella stessa direzione indicata dal movimento globale antiliberista. Come il movimento antiliberista, il movimento globale per l'accesso ai trattamenti ha individuato nelle istituzioni sopranazionali, nelle multinazionali farmaceutiche, e nei governi asserviti alla corporazioni industriali, primo fra tutti il governo degli Stati Uniti, i principali responsabili dell'ineguaglianza globale. Un ulteriore punto in comune è la natura globale del movimento. Nell'arco di due anni gli attivisti sono riusciti a denunciare all'opinione pubblica il fatto che oltre il 90% delle persone sieropositive non ha accesso ai farmaci antiretrovirali, che le ragioni sono di natura economica e commerciale, dichiarando che, ad essere sotto accusa, è lo stesso modello di sviluppo denunciato dal movimento antiliberista. Purtroppo, nonostante la costante ricerca di alleanze con il movimento, sebbene abbiano entrambi una natura globale, nonostante i molti successi ottenuti, il movimento globale per l'accesso ai trattamenti non gode di grande attenzione, né da parte degli analisti politici né da parte dei teorici del movimento antiliberista. La questione sollevata dalle persone sieropositive è tutto sommato abbastanza semplice. Sebbene esistano farmaci in grado di migliorare quantità e qualità di vita delle persone sieropositive oltre il 90% delle persone con HIV/AIDS non ha accesso al trattamento. L'obiettivo del movimento globale per l'accesso ai trattamenti è rendere accessibili tali farmaci a tutte le persone che ne hanno bisogno. I farmaci non sono accessibili per il semplice fatto che la maggior parte delle persone sieropositive che vivono nel sud del mondo non se li possono permettere. Ma il problema è più profondo, e ci porta ad affrontare il tema del prezzo dei farmaci, degli accordi globali sui diritti di proprietà intellettuale, dell'indebitamento dei paesi in via di sviluppo, della mancanza di volontà politica, e della "mancanza di risorse". Anche le richieste degli attivisti sono complesse. Non si limitano infatti ad una generica richiesta di riduzione dei prezzi, ma chiedono nuove regole globali sul commercio e sulla sanità, una nuova normativa sulla protezione dei diritti di proprietà intellettuale, la cancellazione del debito, e aiuti economici per le aree del pianete più colpite. Pur essendo abbastanza semplice definire i termini generali della questione, non è altrettanto facile identificarne le cause pianificando un azione efficace. Nel periodo compreso tra il 13, ed il 16 marzo 2003, 150 attivisti provenienti da 67 paesi si sono riuniti a Città del Capo, in Sudafrica, per fare il punto e costruire l'agenda globale per il prossimo anno. Il movimento ha ormai individuato i punti deboli delle multinazionali farmaceutiche e della burocrazia internazionale, è riuscito a costruire alleanze all'interno della comunità scientifica, si è dotato di infrastrutture in grado di costruire mobilitazioni globali. Ma la vera sfida è capire come costruire un movi- mento globale in grado di portare a termine il lavoro, come costruire alleanze con gli altri movimenti sociali, come coniugare radicalità e pragmatismo. Siamo riusciti a definire l'epidemia di HIV/AIDS come una questione politica globale. Non stiamo parlando di scienza. Parliamo dell'ineguaglianza globale tra nazioni, sessi, orientamento sessuale, razze. Parliamo di povertà. Pur avendo individuato nella scienza il nostro principale alleato abbiamo compreso che la scienza non è la verità: è la ricerca della verità. Abbiamo compreso che una delle componenti essenziale del movimento non può non essere la mobilitazione dal basso e l'internazionalismo. Abbiamo riconosciuto la natura civile del movimento prendendo una posizione chiara contro la guerra ed abbiamo individuato nella ricerca di alleanze all'interno dei movimenti sociali globali uno degli elementi strategici per i prossimi mesi. Abbiamo individuato gli appuntamenti sulla base dei quali costruire la nostra azione. 27 Aprile 2003: Giornata globale di solidarietà con Treatment Action Campaign. Si tratterà della prima giornata di mobilitazione globale a sostegno di una campagna locale promossa da TAC per fare in modo che che il governo Sud Africano implementi immediatamente un piano nazionale per il trattamento e per la prevenzione dell'epidemia di HIV/AIDS Maggio 2003 Durante la World Health Assembly i ministri della salute di tutto il mondo si incontreranno a Ginevra. Si tratta di un opportunità unità per far pressione per un piano di intervento globale da parte dei governi nazionali e da parte dell'Organizzazione Mondiale della Sanità Giugno 2003 Mobilitazione globale in occasione dell'incontro dei paesi del G8, Evian, Francia, per fare pressione sui governi dei paesi ricchi affinchè finanzino opportunamente il Fondo Globale per la lotta contro AIDS, Tubercolosi e Malaria. Settembre 2003 Incontro dell'Organizzazione Mondiale per il Commercio, Cancun, Messico. Contro gli accordi GATS e contro la normativa internazionel sui diritti di proprietà intellettuale che limita l'accesso ai farmaci generici a basso costo nel sud del mondo Uno degli elementi centrali della dichiarazione conclusiva del Summit è la decisione di ricercare attivamente alleanze sia con il movimento globale antiliberista sia con il movimento contro la guerra "Al movimento antiliberista, ed al movimento globale contro la guerra, chiediamo di sostenere la nostra lotta includendo l'accesso universale al trattamento nella loro agenda". Dichiarazione conclusiva del Summit di Città del Capo, Sud Africa 13-16 Marzo 2003 Siamo persone sieropositive provenienti da 67 paesi. Siamo uomini, donne e ragazzi. Siamo rifugiati, lavoratori e lavoratrici del sesso, consumatori e consumatrici di sostanze illegali per via endovenosa, uomini che fanno sesso con uomini. Siamo lesbiche, siamo madri, siamo transessuali, migranti, operatori sanitari. Rappresentiamo tutte le classi sociale e tutti i continenti. Siamo la voce dei 42 milioni di persone sieropositive che vivono al mondo. Ci battiamo senza paura perché ci sia riconosciuto il diritto alla sopravvivenza, alla dignità ed all'uguaglianza. Non ci ignorerete - Ad oggi, 9 milioni di persone hanno bisogno del trattamento antiretrovirale, e di altri farmaci essenziali per la sopravvivenza. Ad oggi, meno di 300.000 persone sieropositive hanno accesso al trattamento nel sud del mondo. Siamo uniti nella lotta per porre fine a questa scandalosa e criminale disuguaglianza e per garantire l'accesso universale al trattamento antiretrovirale per tutte le persone che ne hanno bisogno. Non ci fermeremo mai - Non ci fermeremo finché il diritto alla salute non sarà riconosciuto universalmente come un diritto umano fondamentale. Non smetteremo di lottare finché tale diritto non farà parte della politica dei nostri governi e delle istituzioni responsabili della nostra salute. Dal primo dirigente dell'Organizzazione Mondiale della Sanità all'ultimo ospedale sperduto del mondo, politici, medici, infermieri: tutti dovranno rispondere del loro operato. Non nelle parole, ma nei fatti. Non torneremo sui nostri passi - Non torneremo sui nostri passi finché la disuguaglianza tra operatori sanitari e pazienti non sarà sostituita da una collaborazione autentica. Utilizzeremo ogni mezzo disponibile. Da pazienti ci stiamo finalmente trasformando in attivisti. Da persone che subiscono a persone che pretendono di avere voce nelle decisioni rilevanti per la propria salute. Non ci stancheremo mai. Rivoluzioneremo ogni giorno la nostra posizione nella lotta per la nostra stessa esistenza. Non accetteremo compromessi - Non accetteremo alcun compromesso, nella convinzione che la conoscenza corrisponde al potere. Ogni battaglia vinta sino ad ora è il risultato di atti rivoluzionari di auto educazione. Non ci serve essere bianchi, ricchi, medici o avvocati, per comprendere le informazioni scientifiche che riguardano la nostra malattia - una malattia che ha già ucciso troppi di noi. Siamo convinti che l'alfabetizzazione scientifica assicurerà il successo dei programmi sanitari, e ci battiamo per un alfabetizzazione sanitaria, scientifica, legale, politica ed economica per le masse. Non permetteremo che i nostri diritti siano calpestati Non permetteremo che in nostri diritti siano calpestati dal sistema sanitario, dalle nostre famiglie e dai nostri governi. Condanniamo i medici che utilizzano trattamenti sub-ottimali o trattano le persone prima che sia necessario. Condanniamo e combattiamo ogni forma di stigma e discriminazione. Condanniamo ogni forma di violenza economica, fisica e sessuale contro le donne e le ragazze, e condanniamo le leggi che ci discriminano. Non aspetteremo - Non aspetteremo che la comunità internazionale faccia affari su di noi. Siamo stanchi delle parole. Nel 2002, l'Organizzazione Mondiale della Sanità ha fissato l'obiettivo di 3 milioni di nuove persone in trattamento entro il 2005. Il mondo deve agire immediatamente per raggiungere questo obiettivo. Rimarremo uniti - Non lasceremo dividere dalle politiche guerrafondaie. Il mondo è sull'orlo di un conflitto che costerà miliardi di dollari, e molte vite. Questa non è la nostra guerra. Chiediamo ai nostri leaders di assumersi la responsabilità di vincere l'unica guerra che vale la pena di essere combattuta, una guerra che ha già fatto troppe vittime, e che sta mettendo in pericolo il mondo intero. Non accetteremo rifiuti - Non accetteremo rifiuti alle nostre domande. La nostra azione sarà instancabile. I nostri principi incrollabili. La solidarietà tra noi, indistruttibile. Quando 3 milioni di persone saranno finalmente in trattamento, chiederemo altri 10 milioni di trattamenti. Non esistono soluzioni parziali, né possibili compromessi. Ci impegniamo: 1. Ad attivare una riposta dal basso alla pandemia di HIV/AIDS che metta al centro le persone sieropositive, costruendo campagne solidali che mettano in rete le iniziative locali, nazionali e regionali. Ogni volta che ce ne sarà bisogno parleremo con una sola voce. 2. A garantire il coinvolgimento delle persone sieropositive nei processi decisionali che riguardano la loro sopravvivenza, reclamando rispetto, e pari dignità 3. A mobilitare le comunità di base, i nostri rappresentanti politici, ed ogni altro settore della società, allo scopo di garantire l'accesso universale al trattamento antiretrovirale, a partire dall'immediata implementazione dell'obiettivo dell'Organizzazione Mondiale della Sanità di assicurare il trattamento ad almeno 3 milioni di persone nel sud del mondo entro il 2005 4. A pretendere che i programmi di alfabetizzazione sanitaria iniziano immediatamente, e che ogni programma riconosca l'importanza dell'alfabetizzazione scientifica, economica, e politica. Tali programmi dovranno includere: a. Programmi dinamici che includano informazioni aggiornate sul trattamento anti-HIV: trattamento antiretrovirale, trattamento contro la tubercolosi e contro le infezioni opportunistiche, alimentazione e terapie complementari. Gli operatori sanitari, le persone sieropositive, ed ogni altro gruppo colpito dall'epidemia devono ricevere tali informazioni in una forma appropriata, considerando ogni livello di alfabetizzazione b. Informazioni dirette a consumatori ed operatori sanitari sulle strutture internazionali che sostengono il diritto alla salute dei cittadini: informazioni su ogni attività locale e nazionale per la lotta contro l'epidemia di HIV/AIDS; informazioni sui piani nazionali per il trattamento delle persone sieropositive; informazioni sui movimenti internazionali per la riduzione dei prezzi dei farmaci e per l'accesso universale al trattamento 5. A fare in modo che i nostri governi, i paesi donatori, le organizzazioni multilaterali, il settore privato, ed ogni altro settore della società civile siano responsabili di fronte alle persone sieropositive, e si impegnino ad onorare gli impegni presi implementando politiche sanitarie e programmi efficaci 6. Ad individuare e combattere le discriminazioni all'interno della comunità delle persone con HIV/AIDS con particolare attenzione ai consumatori di sostanze illegali per via endovenosa, ai lavoratori ed 13 alle lavoratrici del sesso, alle donne, agli uomini che hanno sesso con uomini, e ai giovani. 7. A batterci per una riforma delle norme sulla proprietà intellettuale che riconoscano l'interesse della società a livello, nazionale, regionale ed internazionale, incoraggiando la produzione locale, l'importazione e l'esportazione di farmaci generici, ed ogni altra strategia in grado di garantire un accesso sostenibile a farmaci e diagnostici a basso costo. 8. A mobilitarci per una giornata di azione globale a sostegno di Treatment Action Campaign il 27 aprile per sostenere la richiesta che il governo Sud Africano implementi immediatamente un piano nazionale per il trattamento e per la prevenzione dell'epidemia di HIV/AIDS. 9. A mobilitarci per l'Assemblea Mondiale sulla Sanità nel mese di Maggio 2003, per il Summit dei paesi del G8 nel mese di Giugno 2003, per l'assemblea Ministeriale dell'Organizzazione Mondiale per il Commercio a Cancan, messico, nel mese di Settembre 2003, e per altre date chiave che ci condurranno alla XV Conferenza Internazionale di Bangkok, Tailandia, nel 2004, con l'obiettivo di raggiungere l'obiettivo definito dall'OMS che intende garantire 3 milioni di nuovi trattamenti antiretrovirali nel sud del mondo entro il 2005 Chiediamo che i governi dei paesi in via di sviluppo 1. Riconoscano la gravità dell'epidemia di HIV/AIDS e mobilitino le risorse finanziarie, le risorse umane, tecniche, e politiche necessarie ad assicurare l'accesso universale al trattamento anti-HIV, incluso il trattamento antitetrovirale, attraverso il sistema pubblico sanitario. 2. Implementino immediatamente una risposta articolata al problema, che includa la prevenzione della trasmissione tra madre e figlio, costruendo una rete nazionale che faciliti l'estensione del trattamento antiretrovirale, garantendo l'accesso alla profilassi post esposizione (PEP) in caso di violenza sessuale e in caso di esposizione occupazionale, il trattamento delle infezioni opportunistiche, il trattamento delle epatiti, della tubercolosi, del Sarcoma di Kaposi, della candidosi, e della meningite, il trattamento delle infezioni sessualmente trasmesse, il supporto nutrizionale, le cure palliative, la terapia sostituitiva con metadone e/o buprenorfina e l'implementazione di politiche di riduzione del danno. 3. Mantengano gli impegni presi, come quello assunto nel coro del summit africano su HIV/AIDS, tubercolosi e malaria di Abuja, la sessione speciale della Nazioni Unite su HIV/AIDS (UNGASS) etc. 4. Sviluppino e implementino urgentemente i piani nazionali per il trattamento dell'HIV/AIDS considerando l'accesso universale al trattamento come una delle componenti essenziali di tali programmi 5. Garantiscano l'inclusione delle persone sieropositive nei processi decisionali relativi alle politiche sanitarie, ed alla loro implementazione 6. Esercitino il diritto ad importare o produrre localmente farmaci generici a basso costo come stabilito dalla dichiarazione di Doha. 7. Adottino nuove politiche sui diritti di proprietà intellettuale che mettano al centro l'interesse pubblico, facendo in modo che gli accordi commerciali regionali e bilaterali non vadano oltre gli standard definiti dalla dichiarazione di Doha, e si battano per una soluzione semplice ed efficace al problema della "produzione per l'esportazione"(Paragrafo 6) 8. Garantiscano la qualità dei farmaci antiretrovirali e di altri farmaci essenziali per il trattamento dell'AIDS, la registrazione accelerata dei farmaci antiretrovirali e di altri farmaci essenziali, eliminando le tasse doganali ed ogni altra tassa sui farmaci antiretrovirali, e su altri farmaci essenziali per il trattamento dell'AIDS. 9. Presentino progetti di larga scala al Fondo Globale che includano programmi ambizioni per il trattamento antiretrovirale (inclusa l'educazione al trattamento) come parte essenziale di un programma articolato, assicurando la partecipazione delle persone sieropositive e delle organizzazioni non governative all'interno del meccanismo di coordinamento nazionale (CCM) Chiediamo a governi donatori: 1. Di rispettare l'impegno a finanziare adeguatamente il Fondo Globale e gli altri meccanismi internazionali per la lotta contro l'HIV/ADS per almeno 7-10 miliardi di dollari l'anno, a partire dal prossimo summit del G8 che si terrà ad Evian, Francia, nel mese di Giugno 2003 2. Di implementare la dichiarazione di Doha, incoraggiando i paesi in via di sviluppo ad esercitare il loro diritto a produrre localmente farmaci generici a basso costo, o ad importarne da altri paesi 3. Di interrompere immediatamente ogni tentativo di indebolire la dichiarazione di Doha rispetto alla negoziazione internazionale sul "paragrafo 6", le negoziazioni regionali come quella relativa all'acccordo del "Free Trade Areas of the Americas" (FTAA) e del "Southern African Custom's Union" (SACU) ed ogni altra trattativa bilaterale 4. Di abolire ogni restrizione alla libera circolazione delle persone sieropositive 5. Di cancellare il debito per garantire gli investimenti nei servizi sociali, con particolare attenzione al settore sanitario Chiediamo agli altri settori della società civile: 1. Di garantire il trattamento anti-HIV, ed i relativi programmi educativi, collaborando con le persone sieropositive e, ove possibile, con il settore pubblico 2. Di battersi assieme alle persone sieropositive per fare pressione sui governi, sulle organizzazioni multilaterali, e sul settore privato, per espandere universalmente il trattamento antiretrovirale ed i relativi programmi educativi. 3. Al movimento antiliberista, ed al movimento globale contro la guerra, chiediamo di sostenere la nostra lotta includendo l'accesso universale al trattamento nella loro agenda Chiediamo che le fondazioni private, le agenzie per la cooperazione internazionale, e le agenzie multilaterali per lo sviluppo: 1. Considerino come obiettivo prioritario il finanziamento dei programmi per il trattamento dell'HIV/AIDS, dei programmi per la promozione dell'attivismo e della partecipazione delle persone sieropositive, dello sviluppo e della disseminazione dei materiali educativi rilevanti per gli obiettivi di cui sopra 2. Riducano i costi relativi alla presentazione dei progetti e garantiscano assistenza tecnica per lo sviluppo dei progetti, la loro implementazione, il monitoraggio e la valutazione finale 3. Assicurino che la maggior parte dei fondi erogati siano effettivamente diretti alle comunità 4. Rinforzino ed utilizzino opportunamente le risorse locali nell'implementazione, nel monitoraggio e nella valutazione finale dei programmi 5. Finanzino i progetti sulla base delle priorità 14 individuate dalle comunità locali Chiediamo al Fondo Globale: 1. Di garantire la leadership necessaria a posizionare il Fondo Globale come il meccanismo principale per il finanziamento della lotta contro l'HIV/AIDS 2. Di elaborare ed implementare un programma aggressivo per la raccolta dei fondi necessari a sostenere l'estensione del trattamento antiretrovirale su scala globale, coerentemente allo statuto del Fondo Globale 3. Di dichiarare apertamente che ogni programma che non includa il trattamento antiretrovirale verrà considerato incompleto dal Fondo Globale, che non verrà stabilito alcun limite economico alle richieste che i paesi possono presentare al Fondo Globale, e che le organizzazioni non governative possano amministrare direttamente i fondi 4. Rinforzino il principio della trasparenza e della centralità delle persone sieropositive nei processi decisionali Chiediamo al settore privato: 1. Di implementare programmi per la lotta all'HIV/AIDS che includa politiche non discriminatorie, misure educative e preventive, l'accesso volontario al counselling e al test anti-HIV, il supporto psico-sociale, e l'accesso al trattamento antiretrovirale, garantendo il trattamento a tutti i lavoratori e a tutte le lavoratrici 2. Di abolire ogni pratica che favorise la diffusione dell'epidemia, come ad esempio la separazione dei lavoratori dalle famiglie, assicurando la sicurezza sul posto di lavoro attraverso la proibizione delle molestie e della violenza sessuale sul posto di lavoro 3. Contribuiscano al bene collettivo finanziando i programmi sociali e pagando le tasse localmente 4. Includano i bisogni delle comunità locali nella definizione, nell'implementazione, e nel monitoraggio dei programmi anti-HIV/AIDS, armonizzando i programmi diretti ai propri lavoratori e lavoratrici con i programmi locali sull'HIV/AIDS Chiediamo alle Istituzioni Multilaterali (WHO, UNAIDS, UNICEF, UNDP etc.) 1. Di sviluppare un piano strategico che permetta di raggiungere l'obiettivo fissato dall'Organizzazione Mondiale della Sanità di almeno 3 milioni di nuovi trattamenti entro il 2005 2. Di fornire assistenza tecnica per lo sviluppo di piani nazionali per il trattamento e per la prevenzione, di implementare procedure per il controllo di qualità, ed ogni altra attività necessaria ad implementare strategie efficaci per l'estensione universale del trattamento antiretrovirale 3. Di battersi per l'indipendenza dagli stati membri allo scopo di rispettare il proprio mandato senza alcuna interferenza politica 4. Di fornire assistenza tecnica e finanziaria a programmi educativi che prevedano il pieno coinvolgimento delle persone sieropositive. OLTRE DOHA George W. Bush ha visto la luce o molto più semplicemente non sa quello che dice? Lo scorso gennaio, nel corso del tradizionale discorso sullo stato dell'Unione, il presidente guerrafondaio ha pronunciato una frase che lasciato di stucco i presenti. Dopo avere annunciato maggiori investimenti per la lotta contro l'AIDS, Bush ha osservato che il prezzo del trattamento antiretrovirale è sceso da 12,000 USD a 300 USD l'anno, dimenticando che sono i produttori di farmaci generici ad offrire il trattamento antiretrovirale a 300 USD l'anno. E Gorge W. Bush, come d'altra parte il suo predecessore, Bill Clinton, ha dichiarato una guerra totale ai produttori di farmaci generici. Negli ultimi due anni l'Organizzazione Mondiale per il Commercio si è trovata al centro di un feroce dibattito sui brevetti farmaceutici. I centri del potere globale, Stati Uniti, Europa, Giappone e Canada, stanno cercando di forzare il WTO costringendolo a fare Marcia indietro sulla dichiarazione di Doha del novembre 2001. Al centro del dibattito il diritto dei paesi meno sviluppati a violare i brevetti farmaceutici in caso gravi emergenze sanitarie. I paesi industrializzati, che hanno il monopolio sui brevetti farmaceutici, stanno cercando di definire unilateralmente quali siano le malattie per le quali sia possibile dichiarare un'emergenza sanitaria: AIDS, tubercolosi, malaria, e poche alter malattie tropicali rispetto alle quali non esistono interessi economici da parte delle multinazionali. I paesi ricchi stanno cercando di restringere la dichiarazione di Doha a queste malattie: nessuna eccezione per cancro, asma e diabete. I paesi industrializzati hanno inoltre sollevato una serie di questioni tecniche allo scopo di restringere ulteriormente la natura dell'accordo siglato a Doha. Ciò allo scopo di limitare ulteriormente il numero dei paesi in grado di applicare le eccezioni sui brevetti farmaceutici previsti dalla dichiarazione di Doha; ponendo limiti di carattere tecnologico/produttivo all'applicazione di tale accordo; mettendo in atto procedure complicate, costose, oltre ad una serie di ostacoli legali che limiteranno ulteriormente la circolazione dei farmaci generici. In una parola i paesi ricchi stanno portando a compimento una cospirazione contro i paesi poveri, ignorando gli accordi presi in Qatar nel 2001. Come siamo arrivati a questo? Gli eventi che portarono all'incontro del WTO di Doha furono drammatici, e l'opinione pubblica mondiale prese una posizione chiara rispetto a tali avvenimenti: le multinazionali farmaceutiche denunciarono il governo sudafricano nel tentativo di costringere Pretoria ad abrogare una legge che facilitava l'importazione e la produzione locale di farmaci generici. Sul piano delle pubbliche relazioni fu un disastro: la protesta delle persone sieropositive sudafricane ebbe un effetto devastante sulle multinazionali; l'opinione pubblica internazionale prese posizione contro le multinazionali farmaceutiche appoggiando totalmente le persone sieropositive che reclamavano il diritto al trattamento. Gli Stati Uniti, che avevano chiesto al WTO di intervenire contro il Brasile, colpevole di avere approvato una legge analoga a quella sudafricana, furono costretti a battere in ritirata sotto la crescente pressione dell'opinione pubblica mondiale. Dopo l'attacco alle torri gemelle del 2001 gli Stati Uniti si trovarono ad affrontare la cosiddetta crisi dell'antrace. Gli uffici pubblici ed alcuni organi di stampa ricevevano lettere contenenti spore di antrace. La crisi portò a 5 morti accertate producendo un'ondata di panico in tutti gli Stati Uniti. L'unico farmaco disponibile per far fronte alla situazione era l'antibiotico Cipro, prodotto dalla multinazionale farmaceutica Bayer. Per assicurare la disponibilità del farmaco, Canada e Stati Uniti minacciarono di violare il brevetto. Tale azione mise in chiaro di fronte all'intera opinione pubblica mondiale la vera natura delle azioni intentate contro Sud Africa e Brasile. Nel 2001 il WTO tenne la conferenza Ministeriale che si era tenuta due anni prima a Seattle nel remoto emi- Mauro Guarinieri rato del Qatar. Messa alle strette dagli avvenimenti internazionali e dal movimento antiliberista, la lobby delle multinazionali farmaceutiche, ed i paesi ricchi, non riuscì ad impedire l'approvazione di un documento che affermava il diritto dei paesi membri a violare i brevetti nel caso in cui tale misura fosse ritenuta necessaria per la protezione della sanità pubblica. Tale dichiarazione venne vista da molti come l'inizio di una nuova era nel commercio internazionale. Ma solo un anno dopo, quando iniziarono i negoziati relativi all'implementazione della dichiarazione approvata nel Qatar, Stati Uniti ed Unione Europea passarono all'attacco cercando di sabotare la trattativa. La battaglia si concentra essenzialmente sugli accordi relativi ai diritti di proprietà intellettuale (TRIPS), uno dei tre pilastri dell'Organizzazione Mondiale per il Commercio . Sulla carta gli accordi TRIPS sono accordi flessibili, e dovrebbero permettere ai pesi membri di favorire la protezione dell'interesse pubblico rispetto alla tutela dei diritti di proprietà intellettuale. Una delle norme più importanti è quella relativa alla registrazione obbligatoria delle licenze commerciali. Sulla base di tale norma i governi possono obbligare le multinazionali titolari dei brevetti ad autorizza- re la produzione locale di farmaci a basso costo; in tal caso il titolare del brevetto ha diritto alla corresponsione di una cifra simbolica fissata sulla base della capacità economica del paese che decide di applicare la licenza obbligatoria. A Doha venne approvata all'unanimità una norma relativa agli accordi TRIPS sulla base della quale tali accordi "devono essere interpretati, ed implementati, in modo tale da tutelare il diritto degli stati membri a proteggere la sanità pubblica, e devono garantire l'accesso universale ai farmaci essenziali". Tale decisione rappresentò un colpo durissimo per le multinazionali farmaceutiche, che decisero di dare battaglia durante le trattative relative all'implementazione della dichiarazione di Doha. Il Paragrafo 6 della dichiarazione chiede, infatti, al WTO di risolvere il problema relativo alle restrizioni sulle importazioni dei prodotti farmaceutici. Quando un paese decide di applicare una licenza obbligatoria, la produzione di farmaci generici si intende destinata essenzialmente al mercato locale. Ma se un paese che è in grado di produrre farmaci generici a basso costo non è in grado di esportarli altrove, com'è possibile garantirne l'accesso a quei paesi che non hanno una capacità produttiva sufficiente produrre localmente i farmaci? Considerato che l'economia di scala è un elemento centrale per mercato farmaceutico, come risolvere il problema di quei paesi troppo piccoli, o troppo poveri, che non hanno una capacità produttiva sufficiente a recuperare gli investimenti? Una soluzione ragionevole, e coerente al principio del libero mercato, di cui l'Organizzazione Mondiale per il 15 Commercio dovrebbe essere il paladino, è permettere ad ogni paese che dichiari un emergenza sanitaria nazionale di importare farmaci a basso costo da qualsiasi altro paese in grado di produrli. Tale soluzione renderebbe disponibili i farmaci generici a basso costo indipendentemente dalla capacità produttiva del singolo paese. Ma come implementare tale affermazione di principio? Secondo Robert Zoellick, rappresentante degli Stati Uniti presso il WTO, e secondo Pascal Lamy, Commissario al commercio presso l'Unione Europea, il Paragrafo 6 è solo un pretesto. Al termine della maratona negoziale dello scorso dicembre a Ginevra, gli Stati Uniti, condizionati dalle pressioni delle multinazionali farmaceutiche, hanno cercato di restringere la lista delle malattie rispetto alle quali applicare la dichiarazione di Doha. Senza alcun argomento scientifico da contrapporre, gli Stati Uniti si sono trovati contro 143 su 144 paesi membri del WTO, e sono stati aspramente criticati dallo stesso direttore dell'Organizzazione Mondiale della sanità, Dr Gro Harlem Brundtland, e dal suo successore, l'attuale presidente dell'OMS Dr.ssa Jong Wook Lee. Ciò non ha impedito al commissario per il commercio dell'Unione Europea, Pascal Lamy, di rilanciare il negoziato sulla base della proposta degli Stati Uniti. Quello che sta avvenendo è che Stati Uniti ed Unione Europea stanno mettendo il sud del mondo di fronte ad una scelta crudele: accettare un accordo complesso e pieno di limitazioni legali che alla fine ne renderà impossibile l'applicazione, oppure tornare a casa a mani vuote. Violare i brevetti rimarrà semplice per i paesi ricchi. Il caso Cipro non rappresenta affatto un caso isolato: gli Stati Uniti hanno recentemente approvato centinaia di licenze obbligatorie su molti settori tecnologici, tra cui cereali, prodotti farmaceutici, ricerca genetica, computer software, e hardware. Nel frattempo l'Unione Europa si sta muovendo allo stesso modo. Regno Unito, Canada e Francia intendono violare il brevetto sul trattamento genico del cancro al senso di cui è proprietaria la multinazionale Myriad . La multinazionale farmaceutica Roche ha minacciato recentemente di applicare una licenza obbligatoria per ottenerne una volontaria da Chiron, un'azienda biotech californiana, che detiene alcuni brevetti relativi al test di screening per l'HIV. Dire che polmonite, asma, malattie cardiocircolatorie e cancro non colpiscono i paesi poveri suona cinico, e denota una profonda ignoranza. La maggior parte delle morti per cancro riguarda, infatti, i pesi in via di sviluppo, dove 80 milioni di pazienti ammalati di cancro non hanno accesso ai servizi sanitari. L'ipertensione colpisce il 22% della popolazione adulta nelle Seychelles, ed il 30% della popolazione Cubana. Ogni anno vi sono almeno 180.000 morti per asma, per la maggior parte nei paesi poveri. L'asma colpisce il 20-30% dei bambini che vivono in paesi come Brasile, Costa Rica, Kenya, Panama, Peru ed Uruguay. Due terzi delle persone non udenti vivono nei paesi in via di sviluppo. L'India ha un numero di casi di diabete doppio rispetto agli Stati Uniti. Senza aggiungere che l'AIDS compromette il sistema immunitario rendendo ogni malattia, anche la più banale, potenzialmente fatale. I paesi del sud del mondo non investono abbastanza nella sanità perché sono sommersi dai debiti. Ogni dollaro risparmiato per acquistare farmaci, vaccini e strumenti diagnostici, potrebbe essere utilizzato per aumentare la disponibilità di farmaci essenziali, per acquistare i farmaci più costosi, per rinforzare le infrastrutture sanitarie, o per aumentare i salari di medici ed infermieri. La dichiarazione di Doha è stata senz'altro un grosso passo avanti nel tentativo di rimuovere gli ostacoli legali che impediscono ai paesi meno sviluppati di garantire l'accesso universale ai farmaci essenziali. La triste realtà è che sino al novembre 2001 i paesi ricchi non hanno fatto altro che sabotare tale accordo. ATTENZIONE AI LUBRIFICANTI E AI PRESERVATIVI CHE CONTENGONO NONOXENOLO Filippo Schloesser Molti lubrificanti e preservativi reperibili sul mercato contengono nonoxenolo 9 (conosciuto anche come nonilfenolo, derivato dell'ossido di etilene). Tale prodotto chimico inizialmente era stato aggiunto in quanto, per le sue qualità di spermicida, può evitare le gravidanze non desiderate. Di recente, viceversa, alcuni ricercatori hanno verificato che non protegge contro la gonorrea urogenitale né contro la clamidia e che causa infiammazioni nella mucosa rettale aumentando il rischio di infezione da HIV nei rapporti anali non protetti. Già dal 2000 l'Organizzazione Mondiale della Sanità ed il CDC (Center for Disease Control) hanno avvisato che l'uso del nonoxenolo non protegge contro l'HIV ed altre malattie a trasmissione sessuale. Lo studio, elaborato a San Francisco e ad Oakland in California, dal 2001 ha reclutato 1.528 uomini maggiori di 18 anni che avevano avuto rapporti sessuali con altri uomini negli ultimi 12 mesi o che si erano definiti omosessuali o bisessuali. 573 di essi si sono resi disponibili per portare a termine tale studio. Come primo approccio si è chiesto ai partecipanti se avessero sentito parlare del nonoxenolo e a coloro che avevano risposto affermativamente, si è chiesto quale fosse la percezione di tale prodotto chimico. Il 61% delle persone reclutate era a conoscenza della presenza di nonoxenolo nei preservativi e nel gel lubrificante, mentre 349 di essi avevano sentito dire che tale prodotto poteva non proteggere contro l'HIV. La maggior parte di essi ne aveva avuto notizia dalla stampa, dalle assocciazioni e da internet. Ciononostante, l'83% di essi ha utilizzato prodotti che ne contenevano in alcuni casi ed il 67% di essi in rapporti anali. Tra questi ultimi il 41% lo aveva utilizzato senza preservativo nella speranza che proteggesse comunque dall'HIV. Gli autori dello studio (Mansergh, Marks, Rader, Colfax, Buchbinder) suggeriscono di informare appropriatamente le persone che hanno rapporti omosessuali, tutti gli specialisti di medicina preventiva e tutti gli operatori sanitari. Inoltre, suggeriscono gli autori, lo stato dovrebbe effettuare campagne mirate di informazione per ridurre la domanda di nonoxenolo nei lubrificanti e nei preservativi. I produttori dovrebbero anche introdurre una speciale etichetta o avvertimento allertando che il nonoxenolo non protegge dalle malattie a trasmissione sessuale nei rapporti anali e dovrebbero facilitare, viceversa, la ricerca di prodotti efficaci in tali tipi di rapporto. KALETRA: LA NUOVA CONFEZIONE Nello scorso mese di settembre Abbott prese contatto con Nadir per chiedere l'opinione della nostra associazione sulla nuova confezione di Kaletra che, invece di distribuire il farmaco in flacone, avrebbe immesso il prodotto sul mercato in blisters da sei capsule per renderne la somministrazione quotidiana più agevole. Facemmo notare a Abbott che molte persone assumono otto capsule di Kaletra al giorno e pertanto suggerimmo di tratteggiare i blister per permettere di separare la quantità di capsule della somministrazione quotidiana, a seconda del fabbisogno individuale. Nonostante il messaggio fosse stato compreso dall'azienda, il suggerimento non è stato recepito: i blister sono in distribuzione senza tratteggiatura e ogni blister contiene sei capsule. Abbiamo inoltre appreso che in varie occasioni alcune persone, prelevando capsule di Kaletra, le hanno trovate incollate alla stagnola del blister e pertanto hanno dovuto gettarle. Abbiamo inoltrato a Abbott campioni di capsule incollate ai blister per le verifiche opportune. Dato che il dover gettare capsule di Kaletra inutilizzate rappresenta un problema, oltre che di inquinamento, di natura economica e logistica, invitiamo i nostri medici ad avvisare i pazienti di questo problema e i nostri lettori che riscontrano l'inconveniente a darne comunicazione a noi (www.nadironlus.org) o direttamente al proprio medico. 2002: NADIR ONLUS FINANZIA LA RICERCA SCIENTIFICA Nell'anno 2002 l'associazione Nadir ONLUS, che in questa sede ringrazia chiunque abbia contribuito, ha finanziato un progetto di ricerca scientifica istituendo un apposito fondo, nell'ambito della lotta contro l'HIV/AIDS, per il sostegno: - della ricerca scientifica e del progresso clinico e diagnostico; - di iniziative per la riduzione delle discriminazioni in ambito terapeutico; - di servizi ritenuti essenziali per il miglioramento della qualità della vita delle persone sieropositive. Il comunicato stampa e i dettagli di merito erano pubblicati su Delta n.6, Estate 2002. A chiusura di Bilancio 2002 comunichiamo, come richiesto dal bando, che la Nadir ONLUS ha elargito al Policlinico di Modena, nell'ambito dell'attività della "Metabolic Clinic" del reparto di Malattie Infettive e Tropicali, un contributo liberale per complessivi € 10.030/00 per l'acquisto dei farmaci necessari, e non rimborsabili, per il completamento di un protocollo di ricerca che si propone, tra i vari obiettivi, di mettere a confronto differenti metodi di intervento per il trattamento della Sindrome da Lipodistrofia - in particolar modo della lipoatrofia facciale. L'associazione Nadir ONLUS con questo finanziamento si è proposta di ottenere il duplice scopo di aiutare concretamente le persone sieropositive, e di contribuire, attraverso l'acquisto di farmaci non rimborsabili, al progetto di ricerca già esistente. Lo sforzo economico sostenuto dall’associazione è stato rilevante. Nadir Invitiamo chiunque voglia contribuire a finanziamenti specifici di ricerca scientifica a mettersi in contatto con noi: [email protected] RIVISTA DI INFORMAZIONE SULL’HIV n.10 Primavera 2003 Direttore Responsabile Filippo Schloesser Redazione Mauro Guarinieri - Simone Marcotullio - David Osorio Comitato scientifico: Dr. Ovidio Brignoli - Dr. Claudio Cricelli - Francois Houyez (F) Spedizione in A.P. - art.2 comma 20/c legge 662/96 - Reg.Trib. Roma n.373 del 16.08.2001 Dr. Martin Markowitz (USA) - Dr. Simone Marcotullio - Dr. Filippo Schloesser Prof. Fabrizio Starace - Dr. Stefano Vella Grafica a cura di Gianluca Longo Collaboratori di redazione: Roberto Biondi, Valentina Biagini, Simone Marchi Stampa Arte della Stampa - Roma Editore Per ricevere una copia della rivista ritagliare il riquadro, compilarlo in ogni voce e spedirlo al seguente indirizzo: Le fotografie presenti in questo numero di Delta non sono sono soggette a royalties. Nadir Onlus, via Panama 88 - 00198 Roma nome ____________________________________________________ cognome ____________________________________________________ indirizzo ____________________________________________________ cap città _________ ___________________________________ NADIR ONLUS via Panama 88 - 00198 Roma pr ____ desidero ricevere copia del n° __________ del ______________ La rivista Delta rientra tra le attività istituzionali dell'associazione Nadir ONLUS, attività di utilità sociale non a fini di lucro, il cui scopo primo è l'informazione/formazione a favore delle persone sieropositive Le opinioni espresse all'interno della presente pubblicazione sono di esclusiva responsabilità degli autori dei relativi articoli e sono comunque soggette all'approvazione del comitato scientifico e redazionale della rivista. 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