DELTA10 lav.qxd

Transcript

DELTA10 lav.qxd
Spedizione in A.P. - art.2 comma 20/c
legge 662/96
così come modificata da artt.1E2
del D.P.C.M. del 27.11.2002 n.294
(G.U. n.1 del 2.1.2003)
Reg.Trib. Roma n.373 del 16.08.2001
n. 10
Primavera 2003
Rivista di Informazione sull’HIV
IN QUESTO NUMERO
LA RICETTA QUASI PERFETTA
Nadir
1
LETTERA ALLA ROCHE
2
LIVELLI BASSI DI TESTOSTERONE
NELLE DONNE HIV+
David Osorio
3
TRIZIVIR: CHIUSO LO STUDIO A5095
David Osorio
3
CONTINUA LO STUDIO APRICOT
David Osorio
4
LA DISFUNZIONE ERETTILE
S. Marcotullio - A. Granata
5
PARTICOLARE ATTENZIONE
CON ALCUNE COMBINAZIONI
Redazione
8
VACCINI ANTI-AIDS PREVENTIVI
Simone Marcotullio
8
HIV E ANEMIA
Boyle
9
FONDO GLOBALE O FONDO USA?
Valentina Biagini
10
FONDO GLOBALE; LUCI E OMBRE
Redazione
11
IL MOVIMENTO PANAFRICANO
Mauro Guarinieri
12
OLTRE DOHA
Mauro Guarinieri
15
LUBRIFICANTI E PRESERVATIVI
Filippo Schloesser
16
KALETRA: LA NUOVA CONFEZIONE
Filippo Schloesser
16
2002: NADIR FINANZIA LA RICERCA
Redazione
16
CROESUS (540 a.C.)
VACCINAZIONE PER L’EPATITE A
Redazione
4
La Ricetta
Quasi Perfetta
Fatti e Cifre
A pochi giorni dall'approvazione negli Stati Uniti,
anche l'EMEA dà parere favorevole all'autorizzazione
per la commercializzazione del T-20, Fuzeon. Il T-20
è il primo dei nuovi farmaci inibitori di ingresso che,
somministrato due volte al giorno per via sottocutanea, fornirà un nuovo approccio di associazione ad
altri antiretrovirali nel trattamento dell'HIV. Il farmaco agisce attaccando il virus prima che entri nelle
cellule, bloccando un' importante porta di accesso
alle cellule immunitarie. Dato che il meccanismo di
funzionamento è del tutto nuovo, tale farmaco rappresenta uno strumento aggiuntivo per combattere
l'emergenza di ceppi resistenti sempre più presenti
nelle popolazioni sottoposte da tempo a trattamento
antivirale.
Roche, che ha acquisito i diritti di sviluppo della
molecola scoperta da Trimeris, ha annunciato che il
prezzo negli USA sarà di 20.000 US$ (19.000 euro)
all'anno per paziente in trattamento. Non vi è ragio ne di ritenere attualmente che Roche intenda applicare un prezzo inferiore in Europa.
Roche, che ha dovuto sostenere elevati costi di industrializzazione con la costruzione di un impianto in
Colorado per la produzione di inibitori di ingresso,
continua
Lettera alla Roche
All'Attenzione di
Mr. Franz B. Humer,
Chairman and CEO
F. Hoffmann-La Roche Ltd Group
Headquarters Grenzacherstrasse 124
CH-4070 Basel Switzerland
cc: Mr. David Reddy,
Head of HIV products
Gentile Mr. Humer.
Chi Le scrive è un gruppo di cittadini,
di attivisti e di organizzazioni per la
lotta contro l'AIDS/HIV.
Ci rivolgiamo direttamente alla Sua
attenzione per protestare fermamente
contro il prezzo di 20.000 USD / anno
(€ 18.905) fissato da Roche
Pharmaceuticals per il nuovo farmaco
T-20, Fuzeon®.
Il 13 Marzo Fuzeon® ha ottenuto l'autorizzazione al commercio negli Stati
Uniti. Il 21 Marzo il CPMP ha dato
parere favorevole all'introduzione di
Fuzeon® nel mercato Europeo.
Sebbene il prezzo in Europa non sia
stato ancora fissato, le prime informazioni sembrano indicare che il prezzo
sarà analogo a quello fissato negli Stati
Uniti. Riteniamo che Fuzeon® rapprecontinua
“La Ricetta Quasi Perfetta” continua da pagina 1
“Lettera alle Roche” continua da pagina 1
sostiene che il costo di produzione del T-20 è molto elevato (cifre
più precise non sono rese note dall'industria) in quanto derivato
da catene di aminoacidi non reperibili sul mercato e prodotte ad
hoc per il T-20. Attualmente si ritiene che circa 30.000 persone
potranno usufruire di questo nuovo farmaco che sarà assunto in
associazione con altri antiretrovirali.
senti il più importante passo avanti nel trattamento dell'infezione da HIV
dall'introduzione degli inibitori della proteasi nel 1996: il farmaco
offrirà, infatti, una nuova speranza a tutti quei pazienti che non sono più
in grado di rispondere ai farmaci attualmente disponibili.
Essendo noto, da evidenze scientifiche, che Fuzeon® (T-20) deve essere
utilizzato in combinazione con altri farmaci anti-HIV, negli Stati Uniti il
prezzo totale di un regime contenente Fuzeon® sarà compreso tra i
30.000-35.0000 UDS / anno (€28.357-33.083).
Non abbiamo ragioni per ritenere che il prezzo nei paesi dell'Unione
Europea sarà inferiore. Tali cifre rendono Fuzeon® il farmaco antiretrovirale più costoso attualmente in commercio: si tratta infatti di un prezzo
quasi tre volte superiore a quello fissato per il farmaco antiretrovirale più
costoso attualmente sul mercato (Norvir®, Abbott, $9,387.22). Tale
prezzo rischia di mettere in crisi i sistemi sanitari di molti paesi Europei,
tanto che alcuni paesi dell'Unione hanno già messo in dubbio la possibilità di rendere disponibile Fuzeon® per tutti i pazienti che ne avranno
effettivamente bisogno.
Siamo inoltre a conoscenza del fatto che 3.5 milioni di dollari utilizzati
per le prime fasi di ricerca&sviluppo di Fuzeon® provenivano dai fondi
dell'NIH (Istituto della Sanità Statunitense) e della Duke University. Ci
chiediamo dunque per quale ragione un farmaco sviluppato con fondi
pubblici debba essere venduto ad un prezzo così alto.
Come cittadini, attivisti, e come associazioni di lotta all'AIDS, riteniamo
che l'introduzione di Fuzeon® al commercio rappresenti un enorme
passo avanti nel trattamento dell'infezione da HIV. Tale farmaco contribuirà a fare la differenza tra la vita e la morte per moltissimi pazienti,
quasi il 30% delle persone in trattamento ne potranno trarre vantaggio.
Tuttavia Fuzeon® sarà in grado di fare la differenza solamente per le
persone che potranno avere, effettivamente, accesso al farmaco.
Visto il prezzo da Voi proposto, e vista la crisi di molti sistemi sanitari
nazionali, ci pare assai improbabile e utopistico che possa essere garantito l'accesso a Fuzeon® per tutti i pazienti che ne hanno effettivamente
bisogno.
Vi chiediamo quindi di provvedere alla riduzione immediata del prezzo
di Fuzeon®, in modo da consentire alle persone sieropositive di trarne il
massimo vantaggio, assumendoVi in tal modo la responsabilità che deriva dall'essere titolari di una licenza al commercio relativa a farmaci
essenziali per la sopravvivenza.
La nostra opinione
Dato che i sistemi sanitari occidentali garantiscono il diritto alla
salute ai propri cittadini, quale sarebbe la ricetta migliore per far
vacillare tale approccio culturale?
Una ipotesi potrebbe essere quella di proporre un farmaco per
una patologia grave ad un prezzo esorbitante, ad esempio, di
oltre il doppio di quello di tutti gli altri farmaci che si somministrano per la stessa patologia, soprattutto se tale farmaco non
garantisce la scomparsa della patologia stessa.
Tale ricetta potrebbe infatti permettere ad un sistema sanitario di
un qualsiasi paese di rifiutare il prezzo, ad esempio di 19.000 euro
all'anno, per un solo farmaco da assumere in associazione con
altri antivirali. Il costo della sola terapia per l'HIV potrebbe infatti
raggiungere i 35.000 euro per paziente/anno.
In una fase in cui i paesi occidentali si trovano di fronte al problema di risolvere l'emergenza di ceppi resistenti alle terapie per
l'HIV, Roche chiede tale cifra per immettere sul mercato il Fuzeon,
farmaco di difficile somministrazione, ma non cross resistente con
alcun altro farmaco precedentemente utilizzato nell'armamentario
della terapia per l'HIV.
Potrebbe viceversa ottenere l'approvazione del prezzo che propone. Ma come cittadini occidentali ci chiederemmo se è equo che
un'azienda che immette sul mercato un farmaco che contribuisce
a combattere una patologia ad esito mortale debba far gravare sui
budget dei nostri sistemi sanitari il proprio rischio imprenditoriale
e gli investimenti fatti per l'industrializzazione di questa molecola
con il rischio che, se qualche paese europeo non accetta tale prezzo, l'accesso al Fuzeon per le persone che ne hanno bisogno
immediato ritardi, venga negato o obblighi a effettuare viaggi
della speranza nella ricerca del paese che ne permette l'accesso.
La nostra azione
Sinceramente,
L'EATG ha rilasciato di recente un comunicato, riportato dalla
stampa internazionale, in cui esprime la propria preoccupazione
per il prezzo fissato da Roche e per la tendenza ormai vigente di
costante aumento del prezzo dei farmaci antiretrovirali che può
pregiudicare l'accesso a farmaci innovativi indispensabili per la
gestione della terapia dell'infezione da HIV.
Le associazioni di attivisti americani hanno protestato per il prezzo proposto da Roche, mentre gli Stati Uniti annunciano di non
essere in grado di mettere il Fuzeon a disposizione dei pazienti
tramite il programma Medicaid e AIDS Drug Assistance.
Il 10 aprile una coalizione di associazioni americane hanno lancia to una campagna sollecitando Roche a ridurre la richiesta di prezzo per il Fuzeon in quanto "minaccia di portare alla bancarotta i
programmi di assistenza Medicaid e AIDS Drug Assistance
Programme, già messe a dura prova". In particolare Michael
Weinstein, presidente di AIDS Healthcare Foundation ha affermato che i prezzi dei farmaci per l'HIV sono già "otre i limiti di accettabilità ed al di la di qualsiasi considerazione del prezzo di produzione e questa tendenza ci porterà a dover combattere per l'accesso ai farmaci innovativi". Inoltre Clint Trout ha affermato che il
T-20 ha già usufruito di finanziamenti pubblici per lo studio della
molecola, pari a 3,5 milioni di dollari.
l'I-CAB (Italian Community Advisory Board) ha scritto, come
prima azione al riguardo, una lettera al Presidente della Roche
International, in copia a Roche Italia, lettera che, pubblicata a
fianco, è stata firmata da 35 associazioni non profit e da decine
tra medici di centri clinici specializzati, dell'Istituto Superiore di
Sanità e persone preoccupate dal prezzo del Fuzeon.
Associazione Archè
A.S.V.A Associazione Solidarietà Volontariato AIDS
ALA Milano Onlus
Archè Milano
Arcigay nazionale
Arcigay nazionale Siena ONLUS
Arcilesbica Bologna
ASA Associazione Solidarietà AIDS Milano
CARITAS Ambrosiana
Centro Aurora contro l'Aids pediatrico
CGIL Nazionale Settore Nuovi Diritti
Circolo Culturale Arcigay " Il Cassero"
Coop. Soc. Pensieri e Colori
Cooperativa Sociale La Collina, Pavia
Coordinamento Nazionale RSU - GAY.IT
Gruppo Propositivo Beta 2 di Cremona
IDA, Iniziativa Donna AIDS
Italian Community Advisory Board
Lega Italiana lotta all'AIDS Bologna
Lega Italiana lotta all'AIDS Como
Lega Italiana lotta all'AIDS Federazione Nazionale
Lega Italiana lotta all'AIDS Friuli Venezia Giulia
Lega Italiana lotta all'AIDS Lazio
Lega Italiana lotta all'AIDS Milano
Lega Italiana lotta all'AIDS Piemonte
Lega Italiana lotta all'AIDS Trentino
Lila CEDIUS - Lilachat
Nadir HIV Treatment Group
NOTA: Apprendiamo che Roche, anche dopo l’autorizzazione
EMEA alla commercializzazione, potrebbe non essere in condizioni di somministrare le quantità di Fuzeon necessarie a sopperire
alla domanda mondiale. Nel corso delle prossime riunioni in ambito ECAB ed I-CAB cercheremo di affrontare questo tema.
Nadir
CROESUS DI LYDIA. La foto di copertina è del conio del regno di Lidia
intitolato CROESUS (540 a.C.) rappresenta la lotta tra il toro e il leone.
E' uno dei conii aurei più antichi della storia.
2
LIVELLI BASSI DI TESTOSTERONE NELLE DONNE HIV+a cura di David Ososrio
Un documento del Massachusetts General Hospital e della Harvard Medical
School pubblicato in Clinical Infectious Diseases studia il rapporto tra i bassi
livelli di testosterone ed i regimi antiretrovirali in donne HIV positive con perdita di peso. Sono scarse le ricerche sulle specifiche sessuali ed i fattori ormonali tra le donne con o senza HIV. Vi sono dati dell'era pre-HAART che suggeriscono che le donne HIV positive hanno bassi livelli di androgeni (e più
recentemente che la riduzione dei livelli in questa popolazione potrebbe essere causata dal metabolismo alterato degli
androgeni). A differenza degli uomini e
della loro deficienza di androgeni, quella
nelle donne non è stata ben caratterizzata in relazione alla perdita di peso, allo
stato di salute generale e all'affaticamento.
Questo studio ha analizzato i livelli ormonali in 69 donne HIV+ con sindrome da
wasting da AIDS ed un'età media di 25
anni in paragone a donne non HIV positive. Sono state escluse dallo screening le
donne che fino a tre mesi prima avevano
assunto ormone della crescita, corticosteroidi sistemici, acetato di megastrol,
estrogeni, androgeni o qualsiasi prodotto
ormonale che potesse influenzare i livelli
androgeni o che avessero cambiato la
terapia antiretrovirale fino a sei settimane
prima.
E' stato chiesto alle partecipanti il loro
peso massimo prima della malattia ed è
stato stratificato secondo il loro attuale
status mestruale ed il loro peso e altezza.
E' stata anche chiesta la storia antiretrovirale alle donne HIV+.
Sono stati prelevati campioni di siero
durante le visite programmate indipendentemente dai loro cicli mestruali e sono
stati determinati livelli liberi di testosterone. Tutti i campioni prelevati dalla stessa
persona sono stati esaminati due volte.
Il tasso normale per la concentrazione di
testosterone nelle donne adulte è di 1055ng/dL (0.4-1.9nM). I tassi normali di
testosterone normale (n=215) e testosterone libero (n=141) sono stati determinati da donne sane studiate durante il giorno e tenendo anche conto del ciclo
mestruale.
Le donne HIV + erano in sottopeso, con
un BMI di 21.0+- 3.0kg/m2. Avevano
perso una media del 17.6%+-9.7% del
peso massimo precedente all'infezione e
quelle HIV+ avevano BMI di <205kg/m2. Il 75% dei soggetti HIV+ erano in
terapia antiretrovirale ed il 49% erano in HAART (terapia triplice che include
due nucleosidici e un IP o un NNRTI).
I livelli di testosterone libero e totale delle donne HIV+ erano bassi rispetto a
quelle di controllo. Il testosterone libero era minore del tasso normale in 49%
dei soggetti HIV positivi e solo nell'8% dei soggetti di controllo mentre solo il
26% delle donne HIV positive avevano livelli di testosterone totale sotto il valore normale.
I livelli di testosterone libero sono stati paragonati secondo malattia e ciclo
mestruale e secondo le variazioni del peso e le variabili della terapia antiretrovirale nelle donne HIV+ e sono state rilevate differenze significative nei livelli
di testosterone libero nel braccio di paragone dalla percentuale di perdita di
peso e sono state rilevate differenze
significative nei livelli di testosterone libero nel braccio di paragone per percentuale di perdita di peso.
Il 58% dei pazienti con perdita di peso
>10% vs il 24% di soggetti con perdita di
peso <10% del peso corporeo avevano
livelli di testosterone libero sotto il valore
normale. Il livello di testosterone libero
era significativamente più alto nei soggetti eumenorroici. Ma non sono state rilevate differenze nei livelli di testosterone
libero in paragone all'uso della terapia o
secondo lo stadio dell'infezione da HIV.
I ricercatori hanno anche riscontrato che
tra le donne HIV+ i livelli di testosterone
libero erano correlati all'età, alla lunghezza dell'infezione da HIV e alla percentuale dei cambiamenti di peso, ma non al
peso in se stesso. Hanno anche riportato
che tra il gruppo eumenorreico (n=39)
c'era una quantità maggiore di donne con
bassi livelli di testosterone libero nella
fase follicolare (i primi sette giorni del
ciclo n=14, 71.4% aveva livelli sotto la
norma) che in altre fasi del ciclo.
I ricercatori hanno riportato: "I nostri dati
dimostrano livelli
significativamente
ridotti di testosterone nelle donne HIV+
con perdita di peso >10% rispetto al peso
massimo del periodo di massimo peso
prima della malattia.
Altri parametri di peso, includendo perdita di peso nel passato e percentuale di
perdita di peso ideale, cosí come l'uso di
terapia antiretrovirale non influenzavano
i livelli di testosterone in questa popolazione. Lo stato mestruale sembrava
essere correlato ai livelli di testosterone
libero, ma non rimaneva un fattore predittivo significativo nel modello multivariato".
Hanno anche detto: "In questo studio
abbiamo dimostrato il rapporto tra la perdita di peso ed i livelli androgenici nelle donne HIV+. Una grande percentuale di donne HIV+ con perdita di peso significativa aveva bassi livelli androgenici, anche nell'era HAART. Sarebbe molto importante per questa popolazione determinare le conseguenze funzionali della defficienza androgenica ed il
ruolo di una sostituzione fisiologica di androgeni.".
Ref: Huang JS, Wilkie SJ, Dolan S et al Reduced testosterone levels in Human Immunodeficiency Virus-infected women with weight loss and low weight.
Clinical infectious diseases 2003;36:499-506. Fonte i-Base.
TRIZIVIR - CHIUSO LO STUDIO A5095
Importanti risultati preliminari dallo studio randomizzato di fase III in doppio cieco che paragona tre
diversi regimi senza IP in trattamento iniziale per l'infezione da HIV (AACTG Protocollo A5095).
Un ampio studio americano randomizzato (AACTG
5095) che paragonava la terapia con tre nucleosidici AZT/3TC/abacavir (Trizivir) con due regimi che
contenevano efavirenz in quasi 1.150 pazienti non
pre-trattati ha chiuso il braccio dei tre nucleosidici
seguendo le raccomandazioni derivanti dai dati degli
studi e su raccomandazione del safety monitoring
board (DSMB) a causa di un aumento di quasi il
doppio dei casi di fallimento terapeutico.
Il braccio con tre nucleosidici AZT/3TC/abacavir
(Trizivir) ha infatti fornito dati meno incoraggianti di
quello con efavirenz/AZT/3TC e di quello con un
quarto
farmaco
di
combinazione
quale
efavirenz/AZT/3TC/abacavir. I dati specificati nelle
linee guida per chiudere il braccio con Trizivir dello
studio si è basato sul fallimento virologico che è
stato definito come livelli di plasma HIV RNA oltre
200 copie/ml a quattro mesi dall'inizio del trattamento in studio.
Alla baseline, il numero medio di CD4 era di 238/ml
e la carica virale media era di 78.825 c/mL, con 57%
dei soggetti che avevano HIV-1 RNA<100,000 c/mL
e 43% >100,000 c/mL. A 32 settimane dall'inizio
dello studio, un totale di 167 volontari avevano fallimento virologico: 21% nel gruppo che riceveva
ABC/3TC/ZDV vs 10% negli altri due gruppi. Il fallimento virologico si è presentato prima e più frequentemente in quelli che ricevevavo solamente
ABC/3TC/ZDV, a prescidere della quantità di carica
virale iniziale (sia sopra o sotto 100,000 copie/mL,
p<0.001 in ambedue i gruppi.) Anche se i dati sul
conteggio dei CD4 non erano disponibili durante la
fase preliminare dello studio, il DSMB ha ritenuto
che tale elemento non avrebbe cambiato i risultati
dello studio.
In una revisione successiva il rischio stimato di falli-
mento virologico ( HIV RNA >200 c/mL) in quelli che
ricevevano ABC/3TC/ZDV con HIV RNA <200 c/mL
era di circa il 7% dopo tre mesi, in paragone al 3.5%
per i soggetti nei bracci che ricevevano combinazioni con efavirenz.
La lettera del NIAID agli operatori sanitari dice:
"Abbiamo fiducia in queste scoperte, anche se non
sono state presentate in un incontro scientifico, o
pubblicazione. Questi risultati saranno presentati al
prossimo incontro della International AIDS Society a
Parigi (Luglio 2003), e ulteriori analisi (conteggio dei
CD4 e dati sull'aderenza) verranno in seguito. Il
rischio di fallimento virologico è un fattore molto
importante al momento di scegliere la terapia antiretrovirale iniziale. Altri fattori quali sicurezza, tossicità,
aderenza, risparmio di future opzioni terapeutiche,
accesso, costo ed altri aspetti rimangono ancora
importanti al momento di selezionare il migliore regime antiretrovirale iniziale per ogni paziente.".
Informazione addizionale sul disegno dello studio e analisi preliminare sono disponibili nel sito web della National Library of Medicine:http://www.nlm.nih.gov/databases/alerts/clinical_alerts.html e nel sito web della NIAID's Division of AIDS: http://www.niaid.nih.gov/daids/default.htm
Fonte: National Institute of Allergy and Infectious Diseases (NIAID). Fonte i-Base.
3
CONTINUA LO STUDIO APRICOT
a cura di David Ososrio
L' Interferone pegilato alfa-2a (Pegasys) è approvato da solo o con ribavirina per il trattamento dell'infezione cronica da HCV (epatite C). Tale
prodotto è però usato ancora in via sperimentale nei pazienti coinfettati con HIV e lo studio Apricot, iniziato nel marzo 2000, deve ancora fornire
risposte validate ad alcuni interrogativi.
Nuove valutazioni
La sicurezza e l'efficacia di Pegasys da solo non è stata ancora stabilita nelle persone
che hanno fallito altri trattamenti con interferone alfa, con trapianto di fegato o di altri
organi o in persone coinfettate con HIV e HBV. Ad esempio è stato suggerito in molte
occasioni che l'HIV può accelerare il corso dell'infezione da HCV. Se così è, l'efficacia del Pegasys potrebbe essere influenzata. Allo stesso tempo i farmaci per l'HIV e
per l'HCV possono interferire con altri farmaci e non sono ancora note le conseguenze a breve e a lungo termine. Lo studio Apricot intende, tra l'altro, studiare le
conseguenze a breve e a lungo di terapie molto complesse come quelle necessarie
a queste due patologie. Ad esempio, sono stati notati di recente effetti collaterali che
includono forme gravi di danno epatico, di neuropatia, di pancreatite e di acidosi lattica in persone sottoposte a trattamento con ddI (Videx) e con ribavirina. Allo stesso
tempo un'eventuale sostituzione del ddI con altri farmaci antiretrovirali potrebbe
sovrapporre diverse tossicità di associazione. Inoltre la ribavirina potrebbe diminuire
l'attività di uno o di più di questi farmaci e pertanto è necessario sapere se i dosaggi
vanno modificati. Inoltre bisogna tuttora valutare se l'associazione di farmaci antiretrovirali con la ribavirina diminuisce il numero di opzioni terapeutiche per l'HIV.
Pazienti ancora in studio
Attualmente, nell’ambito dell’Apricot, sono in corso studi su diverse tipologie di pazienti:
- persone in fase di epatite C con cirrosi
- persone che non hanno avuto giovamento da trattamento con interferone
- persone obese
- bambini
- persone con trapianto di organi
- persone con insufficienza renale
- persone in trattamento con metadone
- persone con diverse tipologie di HCV
- persone con HIV
Lo studio Apricot dovrebbe comunque terminare entro la fine del 2003
VACCINAZIONE PER L'EPATITE A:
SICURA E ABBASTANZA EFFICACE PER LE PERSONE HIV+
Il virus dell'epatite A (HAV) è particolarmente rischioso
per le persone sieropositive, specialmente per persone che hanno già coinfezioni con HBV o HCV (epatite
B o C). Nonostante i rischi di mortalità e morbilità, molte
persone sieropositive non sono vaccinate. Le ragioni
di questo non sono molto chiare. Un recente studio
conferma la sicurezza della vaccinazione per l'epatite A
nelle persone sieropositive, ma conferma il fatto che
l'efficacia di tale vaccino è legato al numero di CD4. In
questo studio randomizzato, controllato con placebo, si
è verificata la sicurezza e l'immnuogenicità del vaccino
contro l'epatite A inattivato in 133 persone HAV negative e HIV positive.
I pazienti sono stati randomizzati nel ricevere 2 dosi del
vaccino a distanza di 6 mesi o il placebo. La sieroconversione per l'HAV si è verificata al mese 9 per il 68%
di coloro che avevano CD4 maggiori di 200 cells/mm3,
ma solamente nel 9% di coloro che hanno valori più
bassi. Nessun effetto sui pazienti in merito al numero di
CD4 e alla carica virale dell'HIV. Il vaccino si è dimostrato sicuro e ben tollerato. La risposta alla vaccinazione è stata relativamente bassa ma comunque in
buona percentuale. La vaccinazione dunque sembra
più efficace in pazienti che hanno un numero di CD4
"congruo", termine da intendersi sempre in una situazione di immunodeficienza causa virus dell'HIV. Scarsi
i risultati in pazienti con bassi CD4.[Reference:C
Kemper and others. Safety and Immunogenicity of
Hepatitis A Vaccine in Human Immunodeficiency VirusInfected Patients: A Double-Blind, Randomized,
Placebo-Controlled Trial The Journal of Infectious
Diseases 2003;187:1327-31].
In un altro studio, pubblicato nel Giornale delle Malattie
Infettive di quest'anno, sono stati presi in considerazione 136 casi di infezione di epatite A (HAV), che si sono
verificati in due stati americani tra il 1998 e il 1999. E'
stato possibile ottenere dati precisi su 89 di questi casi.
Ebbene: dei 74 maschi infettati, 47 (cioè il 66%) aveva
contratto l'epatite A causa rapporti omosessuali.
Nessuna pratica in particolare o nessun numero di rapporti è stato associato con il rischio di contrarre l'infezione. [Reference: S Cotter and others. Outbreak of
Hepatitis A among Men Who Have Sex with Men:
Implications for Hepatitis A Vaccination Strategies. The
Journal of Infectious Diseases 2003; 187:1235-40.].
La vaccinazione per l'epatite A si configura dunque
come "caldamente consigliata" per persone omosessuali o eterosessuali che hanno rapporti a rischio.
Questo concetto è ancor più vero per persone che
sono infettate con altre malattie quali l'HIV o altre epatiti più gravi. Purtroppo il D.M. 4 ottobre 1991 prevede
la gratuità solo per il vaccino contro l'epatite B mentre
il vaccino contro l'epatite A non è gratuito. Si tratta di
una assurdità visto che gli omosessuali e le persone
eterosessuali con comportamenti a rischio possono
facilmente contrarre l'infezione per via oro-fecale. I
4
CDC degli USA raccomandano per i gay, giustamente,
entrambe le vaccinazioni. Il fatto è ancora più assurdo
dato che ora esiste un vaccino (che si chiama Twinrix)
che è diretto sia contro l'epatite B che contro l'epatite
A, quindi con un solo vaccino ci si protegge da entrambe le epatiti.
Oltre il fatto assurdo che in Italia la vaccinazione per
l'epatite A non è gratuita per le persone a rischio, vorremmo porre l'accento anche su un altro concetto:
sono pochissimi i clinici che, nel momento in cui si trovano davanti una persona che ha contratto un'infezione sessualmente trasmissibile causa comportamenti
omosessuali o comportamenti sessuali in generale non
protetti (quindi HIV, per esempio), consigliano una vaccinazione per le epatiti A o B.
Come mai i clinici in modo automatico non danno questo tipo di indicazione alle persone? Per non parlare
poi delle modalità generali con cui queste vaccinazioni
vengono svolte. Spesso una persona che è incorsa in
un problema come la sieropositività, avrebbe piacere di
avere un luogo protetto dove poter ricevere consiglio e
assistenza sul da farsi, senza mettersi a girare per uffici, con esami fotocopiati, ricette da malattie infettive,
per effettuare una vaccinazione, che, la maggior parte
delle volte, ha scoperto che sarebbe opportuno farla da
un amico o da una associazione, nemmeno dal clinico
che l'ha in cura.
LA DISFUNZIONE ERETTILE O IMPOTENZA
Simone Marcotullio - Antonio Granata*
Sia nella letteratura che riguarda l’HIV e le terapie, sia nelle presentazioni fatte da medici e ricercatori ai congressi, ai seminari e ai simposi
scientifici sull’infezione, sono spesso riportati i problemi legati alla disfunzione erettile. Desideriamo in questo numero di Delta affrontare il
tema, descriverlo e riferire alcuni possibili trattamenti in uso per ovviare a tale disagio. In particolare affrontiamo in questo articolo le possibili interazioni con la terapia antiretrovirale.
Che cos'è la disfunzione erettile?
Una definizione di disfunzione erettile è "l'incapacità
di raggiungere e/o mantenere una erezione sufficiente per un'attività sessuale soddisfacente".
Sebbene questa definizione sia ampiamente impiegata, tuttavia ci sembra limitativa in quanto suggerisce che un rapporto sessuale possa essere soddisfacente esclusivamente in presenza di una erezione peniena completa, limitando la vita sessuale ad
una attività penetrativa e trascurando la possibilità di
raggiungere e far raggiungere l'orgasmo anche in
assenza di una erezione completa. Una definizione di disfunzione erettile che tenga presente solo il
principale fine biologico dell'erezione stessa, e cioè
la penetrazione del pene in vagina, è forse più correttamente la seguente: una erezione peniena insufficiente a permettere la penetrazione del pene in
una vagina adeguatamente lubrificata e senza che
la penetrazione necessiti indispensabilmente dell'uso delle mani. In seguito alla connotazione negativa
comunemente attribuita al termine "impotenza", i
disturbi di erezione vengono ora più appropriatamente indicati come "disfunzione erettile". Molti
uomini hanno occasionalmente problemi di erezione
in qualche periodo della vita, ma per alcuni rappresenta un problema frequente. Questa condizione è
molto diffusa, riguardando, nel mondo, oltre 100
milioni di uomini. La disfunzione erettile non dovrebbe essere motivo di vergogna, benché la difficoltà
con cui spesso un simile paziente comunica il suo
disturbo ad un medico è una spia dell'entità dei freni
psicologici presenti nell'affrontare questo disturbo.
Avere una disfunzione erettile non significa non
essere fertile o non essere capace di avere un orgasmo o un'eiaculazione. Poiché l'erezione non è una
condizione indispensabile per raggiungere l'orgasmo e l'eiaculazione, l'uomo affetto da disfunzione
erettile non dovrebbe sentirsi oppresso dall'idea di
essere in qualche modo privo di virilità o potenza. È
d'altro canto importante che il partner di un uomo
affetto da disfunzione erettile non si colpevolizzi
considerandosi la causa di questo disturbo sessuale. Nella maggior parte dei casi la disfunzione erettile può essere trattata.
La disfunzione erettile è un problema del singolo
soggetto, ma spesso si riflette sull'equilibrio sessuale e relazionale della coppia. Con il supporto di
un'informazione appropriata, il partner può essere di
estremo d'aiuto, venendo investito di un vero ruolo
terapeutico.
st'ultima sia spesso associata ad una secondaria
componente psicologica. Una volta si pensava, erroneamente, che la disfunzione erettile fosse un problema prevalentemente psicologico o un'inevitabile
conseguenza dell'invecchiamento: più studi epidemiologici suggeriscono che la componente psicologica sia responsabile di circa il 50% delle disfunzioni erettili, mentre tra le cause organiche la condizione più frequente è rappresentata da una patologia
vascolare. L'aumentare dell'età rappresenta un fattore favorente la disfunzione erettile ma non è ineluttabilmente associata a questa. Tra le cause di
disfunzione erettile si possono ricordare:
Controllo dei livelli di testosterone
e terapia HAART
Come avviene l'erezione?
L'erezione è il risultato di un processo complesso
che coinvolge il sistema vascolare, il sistema endocrino e il sistema nervoso, quest'ultimo intervenendo
come doppio vettore, sia di informazioni per il sistema vascolare sia dell'elaborazione emotiva del soggetto. L'anatomia del pene è strutturata specificatamente per svolgere la funzione erettiva.
Il pene è formato da due strutture principali che
hanno origine all'interno della pelvi e corrono parallele tra loro fino a raggiungere la base del glande.
Queste strutture sono formate da tessuto spongiforme ricco di vasi sanguigni. Generalmente, le pareti
di questi vasi sanguigni sono contratte, ciò impedisce che una quantità eccessiva di sangue defluisca
all'interno del pene mantenendone lo stato di flaccidità per la maggioranza del tempo. Quando un
uomo è stimolato sessualmente, i vasi arteriosi del
pene si dilatano, permettendo così il rapido afflusso
di sangue all'organo. Nel contempo, le vene che
generalmente drenano il sangue dal pene vengono
compresse, riducendo così la quantità di sangue
che può defluire dal pene. Aumentando il flusso di
sangue in entrata, e riducendosi il flusso di sangue
in uscita, il pene inizialmente aumenta le proprie
dimensioni ed in un secondo momento raggiunge
l'erezione.
Quali sono le cause di disfunzione erettile?
Negli uomini affetti da disfunzione erettile la causa
può essere psicologica od organica, sebbene que
prio medico. Tuttavia, a prescindere dal ruolo e dall'efficacia di eventuali terapie farmacologiche, il
primo compito del medico sarà quello di aiutare il
paziente e la coppia ad adeguare le proprie abitudini
sessuali alla nuova condizione (la disfunzione eretti le) e solo in un secondo momento andrebbe proposto l'impiego di eventuali farmaci. A quest'ultima considerazione fa eccezione la terapia con androgeni o
comunque finalizzata ad aumentare i livelli di testosterone circolante, dato che il testosterone non ha
solo un'azione sul desiderio sessuale e sull'erezione,
ma ha anche altri ruoli, tra cui promuovere un'adeguata ossificazione dello scheletro ed un adeguato
sviluppo della massa muscolare.
Ovviamente il trattamento della disfunzione erettiva
deve essere preceduto da una diagnosi della causa
di questo disturbo. La diagnostica della disfunzione
erettile si avvale sia di esami di laboratorio (ad
esempio, dosaggi ormonali) sia di numerose indagini strumentali, quali: il monitoraggio della rigidità e
della tumescenza peniene durante il sonno, la farmaco-infusione intra-cavernosa di farmaci vaso-atti vi (prostaglandina E1), il Doppler (solitamente associato all'esame precedente), la cavernosometria
(associabile alla cavernosografia). Tra le indagini
strumentali è comunque da segnalare che solo il
monitoraggio della rigidità e della tumescenza
peniene durante il sonno non prevede una fase
cruenta, come l'applicazione di aghi nel pene.
E' importante ricordare che il ruolo del medico resta
fondamentale nel trattamento della disfunzione erettile nonostante la presenza in commercio di farmaci
specifici apparentemente di facile impiego.
- patologie che predispongono ad una lesione
vascolare o neurogena, come l'ipertensione
arteriosa, il diabete mellito, alti livelli di
colesterolemia, una ridotta elasticità
delle arterie (aterosclerosi);
- compromissione del sistema nervoso, come traumi
del midollo spinale, la sclerosi multipla, l'ictus,
interventi chirurgici sulla prostata o sul retto;
- patologie croniche, come patologie renali o epatiche
- patologie ormonali, in particolare quando vi sia una
alterazione degli ormoni sessuali;
- condizioni psicologiche, come l'ansia, lo stress, la
depressione;
- farmaci che possono provocare come effetto
collaterale la disfunzione erettile: i diuretici,
gli anti-ipertensivi, gli ipocolesterolemizzanti,
gli antidiabetici, gli antidepressivi, gli antitumorali,
gli antiretrovirali, gli anti-infiammatori non steroidei
(FANS), gli antiepilettici;
- fumo di sigaretta, alcool, droghe.
La disfunzione erettile può essere curata?
Sì; la maggioranza dei casi di disfunzione erettile
può essere trattata. I pazienti ora possono disporre
di una varietà di opzioni terapeutiche tra cui scegliere, e possono discutere di queste opzioni con il pro
5
Se è la prima volta che si sperimenta una significativa diminuzione dell'energia sessuale, è opportuno
controllare il livello di testosterone totale circolante nel
sangue. Per gli uomini, il valore normale è di 360-900
ng/100 ml entro i 50 anni d'età per poi subire un progressivo calo con l'aumentare degli anni. Se i livelli di
testosterone sono bassi si può ricevere un trattamento sostitutivo in grado di compensare il deficit ormonale. Tale trattamento consiste nell'applicazione di
cerotti medicati o di gel oppure nell'impiego di preparati per uso orale o iniettabili per via intramuscolare.
La correzione dei livelli di testosterone riduce l'astenia, può ridurre un' eventuale quadro depressivo e
può migliorare la qualità delle erezioni del desiderio
sessuale. Considerazioni particolari devono essere
riservate a chi impiega steroidi anabolizzanti per
aumentare la massa muscolare: questi farmaci infatti
possono causare variazioni dei livelli testosteronemici. A tale proposito rimandiamo agli articoli su Delta
n.4 e Delta n.5 dove sono descritte interazioni e connessioni per i singoli farmaci.
Gli inibitori delle proteasi
e le disfunzioni sessuali
In questa sede viene citato un articolo che mira a valutare la disfunzione sessuale associata alla terapia con
inibitori delle proteasi (IP). Un questionario anonimo è
stato somministrato a pazienti sieropositivi in 10 paesi
europei tra il dicembre del 1998 e il dicembre del 1999.
Le persone incluse nello studio, in terapia HAART
(terapia antiretrovirale altamente efficace per il trattamento dell'HIV), erano 904. Questo studio ha fatto rilevare una diminuzione dell'interesse sessuale significativamente più frequente in soggetti in terapia HAART
con IP (308/766, 40%) rispetto a pazienti naive, cioè
non in terapia (16%). Negli uomini in terapia con IP si
osservava una diminuzione della potenza sessuale
(216/628, 34%); in pazienti che non utilizzano IP questa percentuale scende al 12%. Gli autori concludono
che i fattori associati con la diminuzione di interesse
sessuale sono: un regime terapeutico con IP, una storia terapeutica con IP o l'HIV sintomatica [AIDS 2001
May 25;15(8):1019-1023].
Il trattamento della disfunzione erettile
con farmaci specifici
La terapia specifica e farmacologica della disfunzione erettile riguarda farmaci capaci di ripristinare le
erezioni nei soggetti responsivi al farmaco; si tratta
solitamente di farmaci che presentano l'obiettivo di
una efficacia transitoria. La terapia medica ha conosciuto una rivoluzione con l'introduzione del sildenafil (Viagra). Questo farmaco, assunto circa un'ora
prima dell'attività sessuale, è efficace in un'alta percentuale dei casi di disfunzione erettile su base psicogena o su base organica di lieve entità. A questo
farmaco si è recentemente aggiunto il Tadalafil
(Cialis), che presenta una farmacocinetica differente
da quella del sildenafil ma un meccanismo d'azione
sostanzialmente sovrapponibile. Un farmaco noto
da anni è la yohimbina, che viene estratta dalla corteccia dell'albero di Yohimbine: agisce bloccando i
recettori alpha-2-adrenergici e fungendo da vasodilatatore. Secondo alcuni studi la yohimbina risulta
efficace nel 35% dei soggetti trattati, ma questi dati
non trovano consenso unanime e le dosi proposte
presentano un ampio range. Non sono stati condotti studi per valutare eventuali interazioni tra yohimbina e farmaci antiretrovirali. Altri farmaci specifici per
il trattamento della disfunzione erettile sono farmaci
vaso-dilatatori che vengono somministrati direttamente nei corpi cavernosi mediante iniezione; tra
questi farmaci l'unico attualmente commercializzato
in Italia è lo alprostadil (Caverject, Viridal).
Apomorfina (Uprima, Ixense e Taluvian)
Uprima (Abbott), Ixense e Taluvian sono i nomi commerciali dell'apomorfina, disponibile in compresse
sublinguali da 2 mg e 3 mg. L'apomorfina è un derivato della morfina, ma la diversa struttura chimica le
conferisce un meccanismo d'azione molto simile a
quello della dopamina, una sostanza che a livello del
sistema nervoso centrale stimola l'attività sessuale.
Sulla base di questi dati l'apomorfina è stata proposta per il trattamento della disfunzione erettile, con
l'intento di promuovere una migliore e facilitata erezione in risposta ad uno stimolo sessuale. Questo
farmaco viene assunto per via sub-linguale, necessitando di almeno 10 minuti per essere assorbito;
l'efficacia si manifesta circa 20 minuti dopo l'assunzione e per circa due ore; l'apomorfina può essere
assunta al massimo ogni 8 ore. Studi condotti prima
della commercializzazione dell'apomorfina ne hanno
mostrato l'efficacia nel 45% circa dei pazienti affetti
da disfunzione erettile lieve e su prevalente base
psicogena; soggetti con quadro clinico sovrapponibile ma ai quali è stato somministrato placebo
mostravano un'efficacia del trattamento nel 32% dei
casi; va segnalato che alcuni autori hanno rilevato
un'efficacia di questo farmaco minore rispetto ai
valori sopra riportati. L'effetto indesiderato più frequentemente associato all'impiego di apomorfina è
la nausea, la cui incidenza aumenta in relazione alla
dose assunta ma diminuisce di intensità con il proseguire delle assunzioni; altri possibili disturbi sono
cefalea, vertigini, sonnolenza, sudorazione, sbadigli,
calo della pressione arteriosa. L'apomorfina è controindicata nelle persone con problemi cardiaci (es.
angina instabile grave, infarto recente, grave insufficienza cardiaca) e comunque in tutte le situazioni
nelle quali sia sconsigliata l'attività sessuale, intesa
come attività fisica; tra le altre situazioni in cui deve
essere osservata cautela nella somministrazione si
segnalano il trattamento con nitrati e antipertensivi
e la compromissione della funzionalità renale ed epatica. Poiché l'apomorfina è principalmente metabolizzata per solfatazione e glicuronazione, è verosimile
che le sostanze che inibiscono o inducono le isoforme del citocromo P450, come IP e NNRTI (inibitori
della transcrptasi inversa non nucleosidici), non influiscano sulla farmacocinetica dell'apomorfina.
Sildenafil (Viagra)
Il sildenafil (Viagra - Pfizer) è attualmente il farmaco
più utilizzato per il trattamento della disfunzione
erettile ed è il primo di una classe di nuovi farmaci,
gli inibitori selettivi e reversibili della fosfodiesterasi
V, guanosin monofosfato ciclico (cGMP)-specifica. Il
sildenafil agisce aumentando la disponibilità di ossido di azoto (NO) a livello delle strutture vascolari del
pene, i cosiddetti "corpi cavernosi", favorendo l'afflusso di sangue all'interno di essi e, di conseguenza, facilitando l'erezione. Affinché il sildenafil sia
efficace è indispensabile la presenza di uno stimolo
sessuale, pertanto questo farmaco non promuove
un'erezione per il solo fatto di essere stato assunto.
Sebbene l'efficacia di questo farmaco sia documentata in soggetti con disfunzione erettile sia su base
organica che su base psicogena, è tuttavia in quest'ultima categoria di soggetti che il sildenafil risulta
maggiormente efficace (70% - 80% dei soggetti
testati). Il sildenafil si presenta sotto forma di compressa ed in 3 diverse posologie (25 mg, 50 mg, 100
mg), va assunto per deglutizione e lontano dai pasti,
la sua azione si manifesta circa 50 minuti dopo l'assunzione e per un arco di tempo di 4-6 ore, può
essere assunto al massimo ogni 24 ore. Le controindicazioni assolute all'impiego di sildenafil sono
rappresentate da: patologie per le quali sia sconsigliata l'attività fisica, infarto miocardico recente,
impiego di farmaci nitro-derivati o di farmaci donatori di ossido di azoto, ipotensione arteriosa, retinite
pigmentosa; invece cautela dovrà essere applicata
nel proporre il farmaco a pazienti con compromissione della funzione epatica e renale e negli anziani. Tra i più comuni effetti collaterali associati all'assunzione di sildenafil vi sono mal di testa, rossore al
viso, gastralgia, sensibilità aumentata ai colori verde
e rosso, diarrea.
Sildenafil e HAART: interazioni con gli
inibitori delle proteasi
Il metabolismo del sidenafil è principalmente mediato dal citocromo P450 (CYP), isoenzima 3A4
(CYP3A4). L'uso concomitante di sildenafil ed inibitori del CYP3A4 si associa ad una maggiore disponibilità in circolo di sildenafil. Tra gli inibitori del
CYP3A4 sono da citare gli inibitori delle proteasi.
Tra questi il saquinavir è il meno potente inibitore
del CYP3A4 e il ritonavir è invece il più potente, inibendo multipli citocromi del P450 e, in modo minore, il CYP2C9. Poiché alti livelli plasmatici di sildenafil possono aumentarne l'efficacia ma anche gli
effetti collaterali associati, si raccomanda di iniziare
con un dosaggio di 25 mg in pazienti che utilizzino
inibitori delle proteasi.
Studi interazionali specifici: sildenafil ed
inibitori delle proteasi
Due studi separati e controllati sono stati condotti
per valutare la farmacocinetica di saquinavir e di
ritonavir in co-somministrazione con una singola
dose di sildenafil. In entrambi gli studi 28 soggetti di
sesso maschile ed in buona salute sono stati randomizzati per la somministrazione del trattamento o di
placebo. La farmacocinetica del sildenafil al basale
è stata determinata per ogni paziente il giorno 1
dopo una singola dose di sildenafil 100 mg. Per gli
IP: 1200 di saquinavir 3 volte al giorno o ritonavir
500 mg due volte al giorno, nei giorni da 2 a 8. In
entrambi gli studi, il sildenafil 100 mg ed il placebo
sono stati somministrati alternativamente i giorni 7 e
8. I campioni di sangue per l'analisi farmacocinetica
sono stati prelevati i giorni 7 e 8. Questo disegno ha
permesso la valutazione sia dell'effetto di saquinavir
che del ritonavir sulla farmacocinetica di sildenafil,
una sola dose, e dell'effetto di sildenafil una sola
dose sulla farmacicinetica di saquinavir e di ritonavir. Le persone del gruppo del placebo hanno avuto
6
la stessa dose di quelli nel gruppo in trattamento, a
meno che non ricevessero un placebo anziché ritonavir o saquinavir.
Ritonavir ha aumentato il Cmax (concentrazione massima plasmatica) di sidenafil approssimativamente di
4 volte (300%) e l'AUC (area sotto la curva di concentrazione rispetto aGl tempo ) circa di 11 volte
(1000%); il sildenafil Tmax è ritardato di circa 3 ore.
La farmacocinetica di ritonavir non è stata influenzata
da sildenafil.
La co-somministrazione di saquinavir o ritonavir non ha
modificato il tipo di effetti collaterali di sildenafil; inoltre,
non è stata rilevata una influenza significativa sull'incidenza e sulla severità di questi effetti collaterali.
I risultati hanno indicato che sia il saquinavir che il ritonavir influiscono sulla farmacocinetica di sildenafil,
molto probabilmente causa inibizione di CYPÁ4.
L'effetto più pronunciato di ritonavir sulla farmacocinetica del sildenafil può essere attribuito alla relativa inibizione supplementare del CYP2C9. Gli autori hanno
concluso che una dose iniziale più bassa di sildenafil
(mg. 25) dovrebbe essere considerata per i pazienti
che ricevono il saquinavir. Inoltre è stato suggerito
che una singola dose massima di sildenafil 25 mg in
un periodo di 48 ore sia appropriata e da non superarsi in pazienti che ricevono il sildenafil insieme con
ritonavir.
Merry ed altri hanno valutato la farmacocinetica della
terapia di combinazione con sildenafil più indinavir in
pazienti HIV-positivi. I pazienti maschi HIV-positivi
(età media 35 anni) con disfunzione erettile hanno partecipato ad uno studio farmacocinetico di due giorni.
Nessun farmaco conosciuto che interferisse con il
metabolismo di indinavir o di sildenafil si è prescritto
nelle 2 settimane prima del periodo di studio. Il primo
giorno di studio, un campione di sangue a digiuno è
stato prelevato. I pazienti allora hanno ingerito la loro
terapia prescritta (5 pazienti stavano prendendo zidovudina/lamivudina, 1 paziente stava prendendo stavudina/didanosina) e indinavir 800 mg. I campioni di
sangue sono stati prelevati a 1, 2, 3, 4, 6 e 8 ore dopo
il dosaggio. La procedura, il secondo giorno di studio,
era identica al primo a meno di sildenafil 25 mg,
aggiunto alla terapia prescritta prima del campione di
sangue. In uno studio parallelo sono stati valutati gli
effetti di indinavir, ritonavir, saquinavir e nelfinavir sul
metabolismo epatico in vitro di sildenafil. La media
geometrica dell'AUC da zero a 8 ore (Auc 0-8) ed il
Cmax per indinavir era 19,69 g*h/mL (range=9.1931.99? g*h/mL) e 7,02 g/mL (range=2.33-16.17
g/mL), rispettivamente, il primo giorno. In presenza di
sildenafil, l'Auc 0-8 medio e il Cmax di indinavir erano
22,37 g*h/mL (range=10.08-37.25 g*h/mL) e 9,11
µg/mL (range=3.41-22.78 µg/mL), rispettivamente. La
media geometrica dell' Auc 0-8 e del Cmax per sildenafil erano 1631 ng*h/mL (range=643-2970 ng*h/mL)
e 384 ng/mL (range=290-766 ng/mL), rispettivamente.
Indinavir era un potente inibitore del metabolismo epatico del sildenafil in vitro (le concentrazioni producono
un inibizione del 50% dell' attività dell'enzima di controllo [ mean±SD]=0.39±0.17 M).
Nel primo giorno di studio, in presenza di sildenafil, vi
era un aumento nei livelli di indinavir del plasma; tuttavia, questi aumenti non erano statisticamente significativi. La co-somministazione di sildenafil 25 mg con
indinavir ha provocato livelli elevati di sildenafil nel
secondo giorno di studio e tutti i pazienti hanno avvertito i seguenti effetti collaterali associati al sildenafil:
emicrania, rossore al viso, dispepsia e retinite. Due
dei 6 pazienti hanno segnalato effetti farmacodinamici
di sildenafil fino a 72 ore dopo l'ingestione di una singola dose. Un potenziale meccanismo per le concentrazioni aumentate del sildenafil è stato fornito dai dati
in vitro. L'indinavir avrebbe prodotto l'inibizione del
metabolismo epatico di sildenafil. A causa dell'au-
mento nei livelli del sildenafil nel plasma in presenza di
indinavir, una dose iniziale più bassa di 12,5 mg si è
mostrata più adatta per minimizzare la tossicità relazionata al dosaggio mentre conservava l'efficacia terapeutica. Una volta o due volte alla settimana sildenafil può essere più adeguato in questo contesto clinico.
Stricker e Thomas hanno effettuato uno studio su 20
pazienti maschi HIV-positivi (età media 44 anni) con
disfunzione erettile che hanno ricevuto la terapia di
sildenafil e HAART. La HAART includeva indinavir
(N=8), nelfinavir (N=7), saquinavir (N=4), ritonavir
(N=2) e l'amprenavir (N=2). Ogni paziente ha ricevuto una dose di 50 mg di sildenafil in una media di
3 - 4 volte al mese. I pazienti erano stati seguiti per
una media di 16 mesi (range: 10 - 22 mesi).
Nessuno dei pazienti ha riscontrato eventi avversi
significativi relativi ad un'interazione di sildenafil e
HAART. Gli effetti secondari più comuni erano rossore facciale ed emicrania, però transitori. Tutti i
pazienti hanno migliorato la loro funzione sessuale.
Gli autori hanno concluso (giudizio basato sulla loro
esperienza di 2 anni) che sildenafil 50 mg è sembrato essere sicuro ed efficace in pazienti che ricevono HAART.
Lauriello, MD; Susan Paine, MPH; JAMA. 2003;
289:56-64] che prende in considerazione le disfunzioni sessuali come effetto collaterale di farmaci
antidepressivi, ed in particolare quelli della categoria
serotonin reuptake inhibitor (SRI). Lo studio è prospettico, randomizzato, in doppio cieco e con placebo. Si prendono in considerazione 90 maschi (età
media 45 anni) in trattamento con antidepressivi e
con disfunzioni sessuali associate a tale trattamento. I pazienti sono stati randomizzati nell'assumere
sidenafil (n=45) o placebo (n=45) a dose variabile
partendo da 50 mg fino a 100 mg prima dell'attività
sessuale per 6 settimane. I soggetti trattati con
sidenafil hanno mostrato un miglioramento della funzione erettile e di altri aspetti della funzione sessuale. Questi miglioramenti hanno facilitato il rispetto
della terapia antidepressiva da parte dei pazienti. I
soggetti coinvolti erano sieronegativi per HIV, tuttavia la frequente presenza di depressione nel soggetto HIV sieropositivo ed il conseguente frequente
impiego di farmaci antidepressivi rende le conclusioni di questo studio rilevanti anche per uomini HIV
sieropositivi.
Tadalafil (Cialis)
Riferimenti bibliografici:
Viagra (sildenafil citrate) Package Insert.
Muirhead GJ, Wulff MB, Fielding A, et al. Pharmacokinetic interactions between sildenafil and saquinavir/ritonavir. Br J Clin
Pharmacol 2000;50:99-107.
Merry C, Barry MG, Ryan M, et al. Interaction of sildenafil and
indinavir when co-administered to HIV-positive patients. AIDS
1999;13:F101-F107.
Stricker RB, Thomas DG. Viagra and HAART (correspondence). South Med J 2000;93:1037.
Il tadalafil (Cialis- Lilly) è un altro inibitore selettivo e
reversibile della fosfodiesterasi di tipo 5 che è stato
recentemente commercializzato come compresse
per uso orale (10 mg e 20 mg). Mentre il meccanismo d'azione, gli effetti collaterali e le contro-indicazioni all'impiego del tadalafil sono sostanzialmente
sovrapponibili a quelli del sildenafil, va ricordato che
il tadalafil può essere assunto anche a stomaco
e che l'efficacia si protrae per 12-36 ore dopo
Conclusioni interazionali per co-sommi- pieno
l'assunzione; va inoltre ricordato che anche gli evennistrazione di sildenafil ed inibitori delle tuali effetti collaterali possono avere una durata più
prolungata di quelli associati all'impiego di sildenafil
proteasi
e che il tadalafil può essere assunto al massimo
L'uso concomitante di sildenafil con saquinavir, indi- ogni 48 ore. Non sono stati condotti studi sull'interanavir, o ritonavir ha provocato aumenti significativi zione del tadalafil con inibitori delle proteasi, ma
nei livelli del sildenafil nel plasma. A causa del verosimilmente le analogie con sildenafil si estendopotenziale degli effetti aumentati farmacodinamici di no anche a questo ambito: Il tadalafil è infatti metasildenafil, una dose più bassa del sildenafil e/o di un bolizzato principalmente dal CYP3A4. Si consiglia
prolungamento dell'intervallo di dosaggio è suggeri- dunque dosaggio minimo in pazienti in terapia
to generalmente quando utilizzato simultaneamente HAART con inibitori delle proteasi. Non si conoscocon saquinavir, indinavir, o ritonavir. Sildenafil è no dati sulle sicurezza a lungo termine se il farmaco
sicuro ed efficace in pazienti che ricevono la terapia è preso continuamente tutti i giorni.
antiretrovirale (HAART), compreso indinavir, nelfinavir, saquinavir, ritonavir ed amprenavir.
Si consiglia dunque di iniziare l'eventuale terapia Precauzioni di categoria per gli inibitori
con sidenafil, in persone che prendono inibitori delle selettivi e reversibili della fosfodiesterasi
proteasi, con un dosaggio da 25 mg. Si consiglia di di tipo V
non superare questo dosaggio nelle 48 ore. Tutto Le persone che stanno assumendo farmaci nitroquesto, in particolar modo, in pazienti che assumo- derivati o i donatori di ossido di azoto ("poppers"no ritonavir. Tali limitazioni non sono necessarie con nitrato di amile) devono evitare l'utilizzo di questa
gli altri inibitori della proteasi. Sarebbe dunque pru- categoria, alla quale appartengono i farmaci sopra
dente iniziare con un dosaggio di 25 mg per qualun- descritti.
que farmaco prima descritto: eccetto che per ritonavir, la dose può essere aumentata fino al massimo
se necessario; inoltre una parte degli studi suggeri- Un farmaco in avanzata sperimentazione:
scono di cominciare con 12.5 mg di sidenafil (se in il Vardenafil
terapia con indinavir), ma tale dose non è in com- Anche il vardenafil (prodotto da Bayer/
mercio.
Glaxosmithkline) fa parte della medesima classe farmaceutica di sidenafil e tadalafil, ma le sue caratteSildenafil nel trattamento di disfunzioni ristiche lo rendono molto più simile al primo: deve
sessuali associate all'utilizzo di antide- essere infatti preso per bocca circa un ora prima del
previsto rapporto sessuale ed è bene evitare la conpressivi
comitanza di cibo od alcool. I dosaggi dimostratisi
Si ritiene utile citare uno studio controllato [H. efficaci in sperimentazioni cliniche sono 5, 10, 20 mg
George Nurnberg, MD; Paula L. Hensley, MD; Alan per via orale, una volta al giorno. Il vardenafil ha
J. Gelenberg, MD; Maurizio Fava, MD; John dimostrato negli studi internazionali fino ad ora ese-
guiti un' elevata efficacia ed una interessante sicurezza. Si tratta di un farmaco molto selettivo, e questo limita la comparsa di effetti collaterali. Più
dell'80% dei pazienti che hanno usato il vardenafil si
sono infatti dichiarati soddisfatti della efficacia del
medicinale. Gli eventi avversi più comuni sono stati
cefalea, vampate di calore,dispepsia e retinite, con
gravità lieve o moderata. Si sono fatti studi specifici
su popolazioni speciali (es: chi è affetto da diabete
mellito e pazienti con prostatectomia radicale). Ora
per vardenafil è stata richiesta l'approvazione
all'FDA. Non sono stati svolti studi interazionali con
farmaci della terapia antiretrovirale.
La terapia farmacologica
di seconda linea
Sono da considerarsi di seconda linea quei farmaci
utilizzabili per il trattamento della disfunzione eretti le ma gravati da una minore facilità di impiego perché vengono somministrati mediante iniezione diretta nei corpi cavernosi. Si tratta di farmaci che promuovono la dilatazione dei vasi arteriosi ed un conseguente maggiore afflusso di sangue al pene. Di
questa categoria di farmaci l'unico commercializzato
in Italia è l'alprostadil (Caverject, Viridal), alla dose di
5 mcg, 10 mcg e 20 mcg. L'alprostadil è considerato efficace in una maggiore percentuale di soggetti
rispetto ai farmaci orali ma è meno ben accetto
rispetto a questi. Inoltre, nei soggetti il cui l'alprostadil è efficace, induce una erezione completa anche
in assenza di uno stimolo sessuale. L'erezione compare circa 10-15 minuti dopo la somministrazione
del farmaco e può essere mantenuta anche per
alcune ore. Tra le controindicazioni all'impiego dell'alprostadil vi sono la fibrosi del pene, l'anemia falciforme, la terapia con anticoagulanti e tutte le situazioni nelle quali sia sconsigliata l'attività sessuale,
intesa come attività fisica; invece la compromissione
della funzionalità renale ed epatica non rappresenta
un limite per l'impiego di questo farmaco. Gli effetti
collaterali dell'alprostadil possono essere distinti in
acuti e, altrimenti, in secondari all'uso abituale del
farmaco; tra i primi sono da ricordare due evenienze
relativamente rare quali il priapismo, cioè un'erezione completa che venga mantenuta per oltre 5 ore
consecutive, ed il dolore del pene, dovuto ad una
eccessiva distensione dei corpi cavernosi e della
tunica albuginea che li riveste; tra gli effetti collaterali secondari ad un impiego frequente e protratto
del farmaco vi è la fibrosi del pene.
Terapia Chirurgica
Si ricorre alla chirurgia soprattutto per alcuni difetti
congeniti del pene, negli esiti di traumi penieni e
nelle fibrosi dei corpi cavernosi. Una soluzione chirurgica della disfunzione erettile solitamente prevede l'impianto di una protesi peniena, che consiste di
due cilindri di materiale inerte che vengono inseriti
nei corpi cavernosi. Le protesi possono essere
semirigide o idrauliche: le prime assicurano una
certa malleabilità del pene che però presenta una
rigidità costante e presente anche in assenza di atti vità sessuale, le seconde permettono di ottenere un
pene rigido solo quando ciò è desiderato. Benché le
protesi semirigide possano essere piuttosto fastidiose durante la vita quotidiana, sono anche meno
costose e meno associate a complicanze chirurgiche, come ad esempio infezioni perioperatorie. Le
protesi peniene non interferiscono con la sensibilità
e con l'eiaculazione.
Conclusioni
Oggigiorno la disfunzione erettile può essere trattata con soluzioni farmacologiche così facilmente accessibili da poter fornire l'errata idea che queste terapie possano essere gestite autonomamente, senza il supporto di un medico. Invece il medico ha un ruolo fondamentale per più motivi: formulare una diagnosi, individuare il farmaco più attendibilmente efficace e più adeguato alle esigenze del paziente e del suo/suoi partner sessuale/i, valutare la presenza di controindicazioni assolute o relative per l'impiego di un dato farmaco, fornire indicazioni per ridurre le probabilità di insorgenza di una dipendenza
psicologica dalla terapia avviata, fornire un supporto psico-sessuologico; quest'ultimo è spesso rilevante data l'elevata frequenza di una componente psicogena alla base della disfunzione erettile sia come causa esclusiva sia come fattore comparso in un secondo momento come complicanza di una causa
inizialmente organica.
* Dr. Antonio R. M. Granata - Servizio di Endocrinologia - Centro di Endocrinologia Andrologia - Policlinico di Modena - Via Del Pozzo 71 - 41100 Modena.
Per l'elaborazione di questo articolo ringraziamo il Dott. Pasquale Carpenito, specialista in Endocrinochirurgia e Perfezionato in Andrologia e Sessuologia Clinica, il quale ha gentilmente messo a
disposizione parte del materiale disponibile sul suo sito web: http://www.impotenzaonline.org
7
PARTICOLARE ATTENZIONE CON ALCUNE COMBINAZIONI
Riportiamo in questa sede alcune citazioni di letteratura in merito a tenofovir che suggeriscono come sia necessaria una maggiore attenzione nello scegliere le combinazioni terapeutiche e nel monitoraggio delle stesse, visto l'aumento delle molecole in commercio contro l'HIV/AIDS e le conseguenti possibili
interazioni tra farmaci nonché gli specifici effetti collaterali legati alle singole molecole e/o amplificabili causa nuove possibili combinazioni terapeutiche.
Tenofovir e tossicità renale: crescono i casi riportati in letteratura
Vengono riportati in letteratura 3 casi francesi di tossicità renale causa tenofovir. Tutti e 3 i casi sono stati
trattati nell'ospedale Saint-Louis (Parigi) avevano HIV
cronica ed erano stati trattati con HAART prima di iniziare il regime con tenofovir. Nessuno degli altri farmaci della terapia avevano tra gli effetti collaterali la
tossicità renale e tutti i pazienti, prima di iniziare
tenofovir, avevano una funzione renale normale. Si è
verificato un lieve aumento della creatinina (1.6 mg/dl)
in tutti e tre i pazienti dopo alcune settimane di terapia
con tenofovir, ma il trattamento non era stato interrotto. Dopo alcuni mesi due pazienti sono stati ricoverati
causa una rapida diminuzione della funzione renale.
Un pazienti ha avuto un picco di creatinina fino a 7.80
mg/dl, l'altro fino a 2.71 mg/dl. Una biopsia renale ha
indicato una grave necrosi tubolare. L'interruzione
della terapia ha portato ad un miglioramento della funzione renale, anche se i livelli di creatinina sono rimasti elevati (2.14 mg/dl e 1.69 mg/dl), suggerendo parziale non reversibilità. Si è iniziata una terapia dopo
alcune settimane senza tenofovir: nessun aumento
della creatinina o ri-presentazione di disfunzione tubolare. Il terzo caso ha provocato il fatto che il paziente
urinasse per oltre 6 litri al giorno. L'interruzione del
tenofovir ha risolto il problema e non ha provocato
danni permanenti. Questo caso suggerisce il fatto che
tenofovir sia tossico anche a livello di cellule epiteliali
nei dotti renali. Possibile una interazione negativa con
kaletra in due dei tre pazienti. (il kaletra aumenta le
concentrazioni plasmatiche di tenofovir del 30%).*
Un uomo sieropositivo è morto per problemi renali e
acidosi lattica causa interazione tra tenofovir/ddI.
L'uomo, di 49 anni, è deceduto causa problemi alla
funzione renale e acidosi lattica. Egli aveva già problemi alla funzione renale. L'uomo era in terapia con
ddI (didanosina)/tenofovir. Questo caso evidenzia
ancora una volta come sia necessario usare cautela
nel somministrare questi due farmaci insieme.
L'uomo ha sviluppato un indebolimento renale oligurico acuto e acidosi lattica grave ed è deceduto dopo
alcune settimane che il tenofovir è stato aggiunto ad
un regime antiretrovirale che includeva la didanosina
(al paziente si era indicato di assumere tenofovir a 12
ore di distanza dalla didanosina). Anche se il ruolo del
tenofovir nella precipitazione dell'indebolimento renale
acuto è poco chiaro, l'accumulazione progressiva del
farmaco e l'interazione farmacologica che ha causato
l'aumento dei livelli di didanosina sono gli antecedenti
più probabili della tossicità mitocondriale che ha condotto all'acidosi lattica. Si stima che la rimozione della
creatinina fosse 41 mL/min .
Gilead Sciences, produttrice di tenofovir (nome commerciale Viread), raccomanda che, visto che il tenofovir è principalmente eliminato per via renale, non
dovrebbe essere dato ai pazienti con insufficienza
renale (definibile come rimozione della creatinina < 60
mL/min).
Tenofovir è soprattutto espulso per via renale tramite
una combinazione di filtrazione glomerulare e tramite
* [Reference:Karras A et al. Tenofovir-related nephrotoxicity in human immunodeficiency virus-infected
patients: three cases of renal failure, fanconi syndrome, and nephrogenic diabetes inspididus. Clinical
Infectious Diseases, 36 (on-line edition), 2003]
secrezione tubolare attiva. La somministrazione di
tenofovir a ratti, a cani e a scimmie a dosi maggiori di
quelle terapeutiche (studi di tossicologia) ha provocato la tossicità renale. Aumenti nel livello della creatinina del siero, del livello dell'azoto ureico nel sangue e
dei livelli nell'urina di glucosio, proteine, fosfati e/o calcio sono stati osservati nelle specie animali. Di conseguenza, tutti i pazienti con una rimozione della creatinina < di 60 mL/min e/o un livello della creatinina del
siero > di 1,5 mg/dL sono stati esclusi dagli studi clinici di fase 1/2. Non esistono informazioni dagli studi clinici per valutare la frequenza o le conseguenze connesse di nefrotossicità del tenofovir in merito a valori
di rimozione di creatinina di 41 mL/min, come accaduto nel paziente dello studio. Dei 687 pazienti dei 2
studi randomizzati e placebo-controllati Gs-98-902
(fase 2) e Gs-99-907 (fase 3), di coloro che hanno
ricevuto tenofovir, nessuno ha interrotto lo studio a
causa di elevati valori di creatinina o ipofosfatemia.
Tuttavia, il 5% dei pazienti ha riscontrato un aumento
nel livello della creatinina del siero per un valore maggiore di 0,5 mg/dL sopra il livello basale, ma questi
aumenti erano generalmente transitori. 7 (1%) dei 687
pazienti hanno sviluppato l'acidosi lattica. Nessun
caso di acidosi lattica è stato visto nel gruppo del placebo e tutti i pazienti che hanno sviluppato acidosi lattica stavano inoltre simultaneamente ricevendo stavudina o didanosina.**
** [Reference: Murphy MD et al. Fatal lactic acidosis and acute renal failure after addition of tenofovir
to an antiretroviral regimen containing didanosine. Clinical Infectious Diseases, 36 (on-line edition),
2003.
VACCINI ANTI-AIDS PREVENTIVI: CAMBIAMENTO DEGLI SCENARI?
Simone Marcotullio
I primi mesi del 2003 sono stati caratterizzati da alcuni cambiamenti importanti che probabilmente influiranno sullo sviluppo di un vaccino antiAIDS preventivo: alcune considerazioni fatte al CROI, che fanno ritornare in auge la "teoria degli anticorpi neutralizzanti", la non efficacia di
AIDSVAX e la tendenza internazionale ad ottimizzare la ricerca attraverso l'unione di sinergie.
Il ritorno degli anticorpi neutralizzanti
Recenti ricerche presentate al CROI mostrano come sia necessario riaprire i
fronti sulla strategia degli anticorpi neutralizzanti, ossia stimolare la produzione
di anticorpi che permettano di combattere il virus dell'HIV, impedendogli di entrare nelle cellule. Il problema è che la superficie dell'HIV è ricoperta sa vari tipi di
zuccheri: queste barriere fanno sì che sia molto difficoltoso raggiungere le proteine virali e neutralizzarle ed inoltre l'HIV può facilmente mutare e quindi risulta arduo per gli anticorpi riconoscerlo. Queste premesse hanno poi in seguito,
da un punto di vista storico, dato vita allo sviluppo della strategia dell'immunità
cellulare, ossia stimolare la produzione di cellule T Killer specifiche che eliminino le cellule infette [anche questa strategia, che non porta ad immunità sterilizzante, quindi alla completa prevenzione, presenta difficoltà in quanto il conteni-
mento della replicazione virale ed il conseguente rallentamento della malattia
sembrano molto difficoltosi]. Zolla-Pazner al CROI ha presentato uno studio su
anticorpi che si possono legare con una sezione della superficie dell'HIV conosciuta come "ciclo V3". Questo ciclo svolge un ruolo importantissimo nell'evitare che il virus entri nelle cellule: anticorpi isolati da persone sieropositive riescono ad interferire con questa parte della proteina virale e prevenire il fatto che
l'HIV entri nella cellula. La proteina V3 può facilmente cambiare la sua struttura,
ma gli anticorpi riescono a neutralizzare l'HIV anche con sequenze variate di V3.
Ma quale sostanza può servire come vaccino per stimolare la produzione di questi anticorpi nel corpo? La questione è stata chiamata "immunologia inversa" e
rimane comunque tutt'ora aperta e senza risposta.
AIDSVAX: uno studio fallisce ma apre la strada ad altre possibilità
Purtroppo il giudizio è inequivocabile: AIDSVAX B/B non protegge contro l'infezione da HIV: 5.8% è la percentuale di infezioni che si è avuta nel gruppo del placebo sul totale della popolazione dello studio e 5.7% è la percentuale di infezione
che si è avuta nel gruppo che ha utilizzato il vaccino sul totale della popolazione.
Molto controversi i dati su sottogruppi, i cui numeri sono piccoli, quindi probabilmente non statisticamente rilevanti. Da aggiungere che lo studio non era stato
costruito per popolazioni su cui si cerca di estrapolare il successo, ma per lo più
su persone omosessuali e poche donne ad alto rischio di infezione. Ancora non
è noto se AIDSVAX è in grado di modulare la replicazione virale nel tempo: sarà
il follow-up dei partecipanti a rivelarcelo. E' importante capire però che è stato possibile costruire la prima "macchina-studio" di un vaccino anti-AIDS preventivo: i
risultati preliminari indicano che i volontari, molto motivati, che hanno ricevuto specifico counselling per i comportamenti a rischio, non hanno avuto una tendenza ad
aumentarli. Tali risultati al momento sono auto-dati riportati dai partecipanti allo
studio: se verranno confermati, ci sarà una chiara indicazione che counselling
specifico serve a prevenire la falsa aspettativa di avere assunto un vaccino efficace e quindi del conseguente aumento di comportamenti a rischio. Si è inoltre imparato che è possibile seguire migliaia di partecipanti, compiere azioni specifiche di
counselling, immunizzarli e seguirli per più di 30 mesi: il 95% dei partecipanti è
infatti rimasto nello studio. Questo studio ha fatto anche comprendere come alcune popolazioni speciali (neri, asiatici, donne) debbano essere rappresentate in
misura maggiore, specifica e quindi statisticamente giudicabili.
Merck & Co ed Aventis Pasteur: un programma di sviluppo comune
Le aziende Merck e Co e Aventis Pasteur, utilizzando insieme i loro prodotti vaccinali, hanno dato vita ad una linea di ricerca comune, in quanto i livelli di risposta
cellulare immunitaria dei due vaccini combinati sono molto più alti rispetto a quella dei livelli dei singoli vaccini utilizzati separatamente. I ricercatori di entrambe le
compagnie hanno dunque deciso di iniziare uno studio sugli uomini al più tardi
entro la fine di quest'anno. La strategia adottata è quella del prime-boost. Gli studi
di fase I inizieranno negli Stati Uniti. Lo studio in ambito animale (pre-clinico) è
stato condotto su rhesus macaques: come "prime" è stato somministrato il vaccino della Merck (Ad5- adenovirus type 5 vector), poi come "booster" è stato som-
ministrato ALVAC (Canarypox virus vector) ." I livelli di risposta cellulari sono molti
più alti che quelli dei due vaccini somministrati da soli", queste le parole di uno
degli scienziati più competenti al mondo nelle strategie vaccinali, il dott. Emilio
Emini, Merck & Co. Entrambi i vaccini sono costruiti per stimolare l'espressione
verso la proteina gag dell'HIV. Questa è la prima grossa collaborazione che avviene nel campo dei vaccini anti-AIDS tra due giganti farmaceutici. Le organizzazioni di pazienti (AVAC, AIDS Vaccine Advocacy Coalition, IAVI, International AIDS
Vaccine Initiative) vedono positivamente gli sforzi sinergici delle compagnie che
mettono da parte le singole conoscenze per intraprendere un cammino comune.
Un dubbio legittimo
Sono tante e numerose le strategie attualmente allo studio per sviluppare un
vaccino preventivo anti-AIDS. Si è imparato che nessuna strada deve essere
scartata. Sembra che si stia capendo che è necessaria un'azione sinergica tra
tutte le conoscenze in campo: anche molti gruppi di ricercatori indipendenti
stanno mettendo insieme le loro forze per cercare di ottimizzare le strategie dei
singoli. Questo è un grande passo avanti, che però non deve andare a discapito dello sviluppo di nuovi prodotti e strategie: vediamo positivamente l'ottimizzazione delle risorse e l'unire gli sforzi dei singoli, non vogliamo però incorrere nel rischio di assistere nei prossimi tre anni solo a rimescolamenti di minestre già pronte.
8
HIV E ANEMIA
Brian Boyle, MD, Adattamento della versione italiana: Simone Marcotullio
L’anemia è un problema abbastanza comune tra le persone sieropositive. Purtroppo può causare un significativo calo
della qualità della vita e un incremento della mortalità e della morbilità. Ci sono varie strategie per l’approccio al problema, che chiaramente dipendono anche dal grado di malattia: un cambio terapeutico che favorisca la reversibilità dell’anemia o anche terapie mirate utilizzando l’epoetina alfa per stimolare la produzione di globuli rossi.
Cos’è l’anemia?
un campanello di allarme. Alcuni studi hanno posto in relazione l’anemia e
la sopravvivenza delle persone sieropositive. La sopravvivenza a 12 mesi
è del 96.9% per le persone HIV+ non anemiche dell’84.1% per le persone
con anemia moderata e ben del 59.2% per le persone con anemia grave.
Altri studi hanno mostrato che l’impatto dell’anemia sulla sopravvivenza
può essere legato anche a pazienti in buon compenso immunologico
(buoni livelli di CD4). In uno studio si mostra come pazienti anemici con
CD4 > 200 cells/mm3 abbiano un rischio di mortalità del maggiore di 2.5
volte rispetto a pazienti con lo stesso numero di CD4 ma non anemici,
mentre pazienti anemici con CD4 < 50 cells/mm3 hanno un rischio di mortalità superiore di 1.4 volte rispetto a pazienti non anemici e con stessi
CD4. Vi è infine, sempre in questo studio, una chiara relazione tra l’impossibilità di ristabilirsi da problemi anemici e l’abbassamento della percentuale di sopravvivenza.
Patologia definita come un calo nella concentrazione di emoglobina nel
sangue. Negli uomini normali livelli sarebbero da 14 a 18 g/dL mentre
nelle donne da 12 a 16 g/dL. Ci sono varie scale di classificazione degli
anemici, di seguito riportiamo quella dell’Organizzazione Mondiale della
Sanità (WHO):
Grado Emoglobina
0
1
2
3
4
(entro limiti normali)
(lieve)
(media)
(grave)
(a rischio vita)
=11.0 g/dL
9.5-10.9 g/dL
8.0-9.4 g/dL
6.5-7.9 g/dL
<6.5 g/dL
Pazienti e medici devono però tenere presente la distinzione tra i sessi: le
scale internazionali, di cui sopra abbiamo riportato un esempio, non tengono conto di questo importante fattore.
L’anemia è comunque associata a molte patologie croniche e l’HIV non è
un’eccezione. Fattori di rischio per la comparsa di anemia sono la progressione verso l’AIDS, CD4 < 200 cells/mm3, alta carica virale nel
sangue, la razza (gli afro-americani sono più propensi), l’utilizzo di alcuni
farmaci, quali la Zidovudina, e altre patologie spesso presenti nelle persone HIV+, come, per es., l’HCV di per se stessa e i farmaci ad essa correlati per la cura (interferone alfa e ribavarina).
Valutazione delle cause
Possono essere tante e svariate le cause che generano anemia in persone
sieropositive. E’ subito da chiarire che quelle potenzialmente eliminabili (es.
farmaci per la terapia anti-retrovitale) vanno, se possibile, corrette immediatamente. Alcune possono derivare da infezioni, neoplasie, farmaci, mancanza di ferro e vitamine, anormalità del sistema endocrino, scompensi
epatici, scompensi renali, perdite di sangue dovute ad emolisi ed altre
cause. Sono stati elaborati molti algoritmi per la valutazione dell’anemia in
pazienti HIV+ utilizzando metodi non invasivi quali la conta dei reticolociti, i livelli di bilirubina e l’MCV (mean corpuscolar volume) dei globuli rossi,
ma in alcuni casi può essere necessaria una procedura più invasiva come la
biopsia del midollo osseo. Inoltre, per escludere altre possibili cause dell’anemia, i livelli di eritropoietina dovrebbero essere presi in considerazione, in quanto spesso causa di anemia nelle persone HIV+. Inoltre l’epoteina alfa ha mostrato di migliorare l’anemia in pazienti che presentano
la malattia farmaco-derivata (tp. anti-retrovirale o anti-HCV).
Sintomatologia e Qualità della Vita
L’impatto della presenza dell’anemia varia molto da paziente a paziente. I
sintomi più comuni sono affaticamento, disturbi del sonno, dolore, ansietà,
tristezza e nausea. A volte, se l’anemia non è particolarmente grave, si
può correre il rischio che non venga presa in considerazione dal paziente
stesso, scambiando i sintomi per periodi di depressione o spossatezza. La
mancanza di energia nel fare le semplici cose quotidiane potrebbe essere
Elenco dei farmaci che possono favorire la comparsa dell’anemia:
Zidovudina (Retrovir), Cidofovir (Vistide), Foscarnet (Foscavir), Ganciclovir (Cytovine), Ribavirina (Rebetol), Amphotericin B,
Flucytosine (Ancobon), Sulfonamidi, Trimetoprim, Pirimetamina, Pentamidina, Interferone e agenti antineoplastici.
Trattamento e cura
Un altro trattamento per l’anemia è l’epoteina alfa. Questo composto è
biologicamente equivalente alla eritropoietina endogena ed ha mostrato in
diversi studi di essere molto efficace nel trattamento dell’anemia indipendentemente se dovuta ad HIV o HCV o ai trattamenti concomitanti. L’uso
di questo farmaco può significativamente far aumentare i livelli di emoglobina indipendentemente dai farmaci in uso per trattare l’HIV o indipendentemente dal numero di CD4. Questi miglioramenti fanno allontanare il
rischio della necessità di effettuare trasfusioni. Inoltre si è anche visto
come in 12 settimane, con somministrazione tre volte alla settimana, ci sia
un miglioramento netto della qualità della vita dei pazienti, dell’energia e
delle attività quotidiane in pazienti con eritropoietina endogena < 500
mU/mL. Altri studi hanno mostrato che anche dosaggi una volta alla settimana sono significativi per il miglioramento dell’anemia e della quaità
della vita. Tutto questo si è visto anche nei pazienti con HCV e coinfetti,
portando a conclusione che l’epoteina alfa sia un farmaco sicuro e ben
tollerato.
Ci sono altri trattamenti che possono essere efficaci in alcuni pazienti: trattamenti per ristabilire le corrette funzioni metaboliche, terapia androgena
(per pazienti HIV+ anemici e ipogonadali), quest’ultima però spesso tossica, spesso nelle donne.
Il trattamento dell’anemia non dovrebbe essere strettamente basato sui
livelli di emoglobina o sul grado di severità. La sintomatologia non è necessariamente legata al grado della malattia: visto che l’anemia può
influire pesantemente sulla qualità della vita e sull’aderenza terapeutica, si
deve intervenire in modo da mettere il paziente HIV+ nelle condizioni di
salute ottimali per tollerare bene psicologicamente la terapia anti-retrovirale e soprattutto per garantire una buona risposta immunologica e antivirale dell’organismo. La cura dipende molto dall’eziologia: correzione di
disturbi del metabolismo, ferro, vitamina B12, mancanza di folato sono i
primi accertamenti da fare e i primi punti su cui intervenire. In secondo
luogo bisognerebbe interrompere i farmaci che possono causarla, in particolare alcuni farmaci della HAART come la Zidovudina e il Bactrim/Septra
(trimethoprim/sulfamethoxazole), specialmente quando terapie alternative sono possibili.
Un altro modo per curare l’anemia è la trasfusione di globuli rossi (RBC),
modo comunque “non popolare” e da prendere in considerazione in casi
estremi a causa dei possibili effetti collaterali e degli iper-valori associati
di ferro e di volume dei globuli rossi. Alcuni studi hanno anche mostrato
che le trasfusioni di sangue in pazienti HIV+ sono da associarsi a peggioramento delle condizioni dell’HIV e ad infezioni opportunistiche.
9
FONDO GLOBALE O FONDO USA?
Valentina Biagini
Bush e il suo discorso alla Nazione
Nel suo discorso alla Nazione del 28 gennaio
2003, Bush ha presentato la 'AIDS initiative' della
sua amministrazione. Si è impegnato a mettere
a disposizione 10 miliardi di dollari, oltre ai 5 iniziali, per combattere l'AIDS nel periodo 20042008. Bush, da grande eroe, ha ammesso la
serietà della crisi e ha dichiarato che gli Stati Uniti
dovrebbero esercitare un "leading role" nell'affrontare l'emergenza.
L'impegno di Bush di fornire nuovi fondi potrebbe sembrare entusiasmante ma il denaro promesso è da spendere in 5 anni, il primo dei quali
è il 2004, non il 2003. Inoltre, per il momento solo
1 miliardo di dollari è stato dedicato al Fondo
Globale - una media di 200 milioni di dollari, la
cifra che gli Stati Uniti hanno comunque dedicato
al Fondo fino ad oggi.
In realtà il Fondo Globale necessiterà di 40 miliar-
di di dollari nell'arco dei 5 anni 2004-2008. Il contributo equo rispetto a quella cifra per gli Stati
Uniti, in base al PIL, è tra i 10 e i 14 miliardi di dollari. Quindi la promessa del presidente Bush di
fornire 10 'nuovi' miliardi di dollari nell'arco di 5
anni a partire del 2004, con solo 1 decimo dedicato al Fondo Globale e il resto ai programmi
bilaterali, non è entusiasmante.
Anche se l'impegno degli Stati Uniti di aumentare
le spese per l'AIDS di 10 miliardi di dollari rappresenta la prima volta in cui una cifra cospicua
sia stata messa a disposizione per combattere la
pandemia, c'è da non essere soddisfatti: gli Stati
Uniti hanno deciso di agire da soli (come al solito) attraverso agenzie statunitensi, la somma promessa è solo per l'AIDS e non per la malaria e la
TB, ed è solo destinata a 14 peasi. Quindi pur
essendo il contributo degli Stati Uniti considere-
vole, è pieno di limiti.
Inoltre è ancora da vedere quanto l'amministrazione Bush sia in effeti in grado di 'strappare'
denaro dalla repubblicana Camera dei Deputati.
Gli attivisti AIDS e gli esperti fanno notare che il
programma di Bush sborserebbe la maggior
parte dei 15 miliardi di dollari verso la fine del
periodo dei 5 anni. Ad esempio, solo 2 miliardi di
dollari sono stati stanziati per l'anno fiscale
2004.) Questo ritardo è costoso in termine di vite
umane perse e di maggiori spese necessarie al
fine trattare le persone che potrebbero prevenire
il contagio con l'HIV oggi. Quindi gli Stati Uniti
dovrebbero dedicare al Fondo Globale una percentuale delle spese annunciate per la lotta
all'AIDS ben maggiore rispetto a quella attuale e
dovrebbero farlo ora, senza attendere il 2004.
(Global Fund Observer 5, 30/1/03).
Al contrarario, con una chiara e netta risposta
europea all'iniziativa di Bush, l'alleanza transatlantica - sotto pressione a causa della situazione
in Iraq- porverebbe al mondo che continua nel
suo impegno nei confronti delle persone impoverite e morenti del mondo, le quali si aspettano
un'azione decisiva da parte degli USA e
dell'Europa INSIEME.
e quella data ogni paese membro dovrebbe
annunciare il suo contributo per combattere
l'AIDS in generale e per il Fondo Globale in particolare. Questo Summit DOVREBBE lanciare il
più ambizioso piano d'azione per reagire alla epidemia al quale il mondo abbia mai assistito
anche se per quanto riguarda l'anno dal 2003 al
2004 (che rappresenta il periodo attuale di crisi
finanziaria) gli Stati Uniti hanno impegnato di
meno, rispetto al PIL, di Canada, Francia, Italia,
Olanda, Spagna, Svezia e Regno Unito. (GFO 5)
Un impegno da parte di tutti
Per affrontare la situazione attuale occorrerebbe
un investimento di capitale sostanzioso anche da
parte di altri paesi. L'Europa dovrebbe sborsare i
suoi 3 miliardi all'anno, il Giappone e altri paesi
donatori dovrebbero contribuire con 1 miliardo di
dollari ciascuno. In questa maniera si otterrebbero i 7 miliardi di dollari di cui la metà dovrebbe
andare al Fondo Globale e l'altra metà dovrebbe
essere spesa in programmi che diano una spinta
allo stesso Fondo, non che lo danneggino.
In questo periodo il silenzio da parte dell'Europa
sarrebbe deleterio per il Fondo Globale. Se gli
Stati Uniti saranno l'unico paese che dedica
nuove grandi somme per la guerra all'AIDS, il
Fondo diventerebbe un programma statunitense.
In particolare, l'iniziativa di Bush rappresenta una
sfida per tutti i membri dei G7-- UK, Francia,
Germania, Giappone, Italia e Canada. La negligenza finanziaria nei confronti dell'AIDS nei PVS
non riguarda solo gli Stati Uniti ma tutte le ricche
nazioni donatrici. I G7 ne portano il peso morale.
Il prossimo Summit dei G7 è a giugno. Enro oggi
Questa situazione è presagio di disastro in quanto ognuno si aspetta che qualcun altro risolva il
problema.
Mobilitazione delle Risorse: Una priorità assoluta
Il Fondo Globale ha bisogno di 7 miliardi di dollari in aiuti per quest'anno e della stessa cifra per il
2004, al fine di far fronte ai progetti presentati nel
secondo e terzo round di proposte. Nonostante
la comunicazione e la guida siano migliorate grazie al nuovo personale del Fondo- del quale
fanno parte diversi membri di ONG- e nonostante i paesi richiedenti abbiano un maggiore supporto nel presentare i propri programmi, il Fondo
ad oggi non ha le risorse necessarie per finanziare il terzo round di proposte previsto per il 31
maggio 2003. Si è stimato che per tali proposte
occorrano grants di 1.6 miliardi di dollari. Ad oggi
sono stati raccolti solo 229 milioni di dollari.
("How much money does the Fund Need. GFO 8,
25 marzo 2003). Quindi si è deciso di non fissare
una data per il quarto round a causa delle incertezze che circondano le risorse finanziarie future.
- Il Comitato per la Mobilitazione delle Risorse si
è riunito solo una volta a gennaio e non ha un
presidente,
- Il Fondo non ha una strategia scritta di mobilitazione delle risorse,
- Nessun paese oltre agli USA si è impegnato in
maniera significativa negli ultimi mesi.
In realtà il Fondo non ha mai fatto una vera 'raccolta fondi'. Gli sono stati 'donati' circa 2 miliardi di dollari per iniziare. Il GF adesso sta affrontando una crisi perché i fondi iniziali si stanno
esaurendo e non è stata sviluppata una strategia
chiara per il futuro.
Un nuovo approccio deve essere adottato per
superare la crisi attuale della mobilitazione di
fondi. Una strategia di mobilitazione finanziaria
dovrebbe affrontare distintamente i bisogni a
breve (es. ottenere impegni da parte dei governi
per il 2003 e il 2004) e a lungo periodo.
Durante il board meeting previsto per giugno la
mobilitazione delle risorse deve essere al centro
delle discussioni. Se alla riunione non si è ottenuta una nuova strategia degna di appoggio da
parte del Board, anche l'approvazione del terzo
round di proposte e di finanziamenti dovrebbe
essere messa in attesa.
Aggiornamento sulle proposte del Primo e Secondo Round
Stima di persone che riceveranno Arv grazie alle
due proposte:
Molte delle proposte del primo e secondo round
stimano che solo 100-300 persone HIV+ riceveranno antiretrovirali nel primo e secondo anno del
progetto, per esempio:
Zimbabwe: 100 per il primo anno e 500 per il
secondo anno; Ucraina: 100 persone per il primo,
300 per il secondo; Cambogia: 350 per il primo
700 per il secondo; Repubblica Domenicana: 500
per il primo, 1000 per il secondo; El Salvador:
350 per il primo, 447 per il secondo; Togo: 300
per il primo; Mongolia: 5 per il primo e secondo
anno; Nepal: 0 per il primo e 250 per il secondo;
Nicaragua: 100 per il primo e 130 per il secondo.
Il totale delle persone che fino ad ora dovrebbero
ricevere i farmaci grazie al Primo e Secondo
Round del Fondo è di 188.744 persone quando
da 5 a 6 milioni di persone necessitano di trattamenti antivirali. La Comunità internazionale ha
fatto notare che i paesi membri del Fondo non
stanno facendo abbastanza per milgiorare la
qualità e la durata della vita delle persone affette
da HIV e invita il Fondo a sollecitare una maggio-
Per maggiori informazioni: www.fundthefund.org
10
re richiesta e messa a disposizione di farmaci
antiretrovirali- un principio catalizzatore al concepimento del Fondo stesso. (GFO 6, 31.01.03)
Una nuova coalizione per chiedere ai paesi
ricchi di finanziare il Fondo
Il 31 marzo una coalizione di attivisti e organizzazioni per il diritto alla salute ha annunciato il lancio della campagna "Fund the Fund". La campagna si propone di fare pressione sui governi dei
paesi industrializzati affinché finanzino con
urgenza il Fondo Globale per la lotta contro AIDS,
Tubercolosi e Malaria (GFATM).
FONDO GLOBALE: LUCI E OMBRE
Gennaio 2000
A 15 anni dall'inizio dell'epidemia di HIV/AIDS il consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite,
seguito dal consiglio di sicurezza degli Stati Uniti, dichiara che l'epidemia di AIDS è una delle
più gravi minacce alla stabilità del pianeta. Per la prima volta nella storia le Nazioni Unite
dichiarano che una malattia può rappresentare una minaccia per la sicurezza e la stabilità del
pianeta.
Luglio 2000
La conferenza internazionale sull'AIDS si tiene a Durban, in Sud Africa. Il giorno precedente
l'apertura della conferenza attivisti provenienti da tutto il mondo partecipano alla marcia organizzata da Treatment Action Campaign. Oltre cinquemila persone manifestano nelle strade di
Durban chiedendo l'accesso universale ai trattamenti antiretrovirali.
Settembre 2000
Nel corso del summit di Okinawa, i capi di stati di tutto il mondo decidono di organizzare un
incontro sulle malattie infettive. Dopo cinque mesi viene organizzato il summit. Si apre la strada per un'iniziativa internazionale per la lotta contro AIDS, Tubercolosi e Malaria da discutere
nel corso del summit dei paesi del G8 fissato per il 2001 a Genova. Tra le soluzioni proposte
l'idea di creare un nuovo meccanismo finanziario - il fondo di approvvigionamento globale.
Viene raggiunto il consenso su un unico fondo il cui obiettivo sarà la lotta contro AIDS,
Tubercolosi e Malaria.
Dicembre 2000
Jeffrey Sachs, professore di economia presso l'università di Harvard, e capo della commissione di macro-economia di economia presso l'Organizzazione Mondiale della sanità, pubblica una relazione sulla base della quale i fondi necessari per tenere sotto controllo l'epidemia
ammontano a 10 miliardi di dollari l'anno.
Febbraio 2001
L'azienda farmaceutica indiana CIPLA - che produce farmaci generici a basso costo copie
generiche a basso costo - annuncia di essere pronta ad offrire alle organizzazioni non governative una terapia combinata contenente tre farmaci antiretrovirali, ad un "prezzo umanitario"
di 350 dollari l'anno per paziente. Il prezzo per i governi sarà di 600 dollari l'anno. Nelle settimane seguenti si scatena la guerra dei prezzi tra le multinazionali farmaceutiche e i produttori di farmaci generici.
Aprile 2001
Nel corso del summit OAU che si tiene in Nigeria, il segretario generale delle Nazioni Unite,
Kofi Annan, chiama la comunità internazionale alla "guerra frontale contro l'AIDS". Lo stesso
mese, la protesta internazionale contro le 39 multinazionali farmaceutiche che hanno deciso
di portare in tribunale il governo di Pretoria per la sua politica sui prezzi farmaceutici, costringe Big Pharma ad abbandonare la causa.
Giugno 2001
Gli attivisti da tutto il mondo lanciano una campagna globale che si aggrega attorno allo slogan "aprite il portafogli, curate le masse, cancellate il debito". La sessione speciale sull'AIDS
delle Nazioni Unite fa proprie le stime di Jeffrey Sachs, 10 miliardi di dollari l'anno, e chiede
che venga costituito un fondo globale per la lotta contro l'AIDS.
Luglio 2001
Genova. I paesi del G8 sostengono ufficialmente la creazione del Fondo Globale. Alla fine del
mese il Presidente Bush dichiara che gli Stati Uniti inizieranno a finanziare il Fondo a partire
dall'anno 2001.
Ottobre 2001
Il gruppo transitorio inizia a definire la struttura ed i principi operativi del Fondo Globale.
Novembre 2001
I paesi in via di sviluppo e gli attivisti per l'accesso ai trattamenti riescono a fare in modo che
l'Organizzazione Mondiale per il Commercio adotti la cosiddetta "Dichiarazione di Doha sulla
Salute Pubblica". La dichiarazione stabilisce che le regole dell'OMC non devono ostacolare in
alcun modo né le politiche sanitarie né l'accesso ai trattamenti.
Gennaio 2002
Il Fondo Globale viene inaugurato ufficialmente e viene lanciato il primo bando internazionale
per accedere ai fondi.
Giugno 2002
Nel corso del summit G8 di Kananaskis le questioni relative alla sicurezza internazionale
fanno in modo che la lotta all'AIDS venga esclusa dall'agenda.
Luglio 2002
Nel corso della conferenza internazionale sull'AIDS di Barcellona, gli attivisti attaccano il
Ministro della sanità degli Stati Uniti Tommy Thompson sulla questione dei fondi - Gli attivisti
chiedono "G8: dove sono i 10 miliardi di dollari"?
Febbraio 2003
I Ministri delle finanze del G7 mettono in agenda l'AIDS e dichiarano "Abbiamo fatto progressi rispetto agli obiettivi di fine millennio, in particolare nella lotta contro l'AIDS, e continueremo
a concentrarci su tali obiettivi mettendo a disposizione le risorse necessarie. Ci impegniamo a
raddoppiare gli sforzi in occasione del summit di Evian, in Francia".
11
IL MOVIMENTO PANAFRICANO
Mauro Guarinieri
Siamo furiosi. La nostra gente sta morendo. Se non sarà immediatamente riconosciuto il diritto universale al trattamento
antiretrovirale 28 milioni di persone sieropositive che vivono nel nostro continente sono destinate a morire entro i prossimi
dieci anni. Due milioni solo quest'anno. I governi, le organizzazioni multilaterali, il settore privato, e la società civile devono
intervenire al più presto per evitare un nuovo olocausto.
Movimento Panafricano per l'accesso al trattamento. Piano d'azione, 25 agosto 2002
La scienza ha una doppia natura. Da una
parte rappresenta una delle componenti
essenziali per il progresso umano. Dall'altra
è il motore dell'industria del sapere: un'industria che ha il potere di definire quali siano le
priorità, quali i problemi da risolvere e quali
le soluzioni da adottare. Mentre una volta era
il principe a definire i termini del discorso
scientifico, ora sono le multinazionali a farlo,
definendo i modelli della conoscenza, e della
non-conoscenza, sulla base della cruda legge
del mercato. Come persone sieropositive
siamo abituati a ripetere al mondo che "i veri
esperti siamo noi". Le persone sieropositive
sanno cose che gli scienziati ancora non
sanno perché incorporano un elemento di
conoscenza che nasce dall'esperienza reale.
E' proprio quando la scienza non riesce a
tenere in considerazione la complessità dell'esperienza che la distanza tra discorso
scientifico e società civile diventa evidente.
La mancanza di una cura ha mascherato per
almeno quindici anni il fallimento della comunità scientifica nel comprendere la natura
profondamente politica dell'epidemia di
HIV/AIDS. Finché la prevenzione era l'unica
risposta possibile l'epidemia veniva descritta
come una triste realtà. Una tragedia globale
rispetto alla quale non esistevano risposte
efficaci. Le cause di tale tragedia potevano
essere ancora circoscritte ai comportamenti
individuali. I fattori sistemici (povertà, discriminazione sociale, diritti umani) venivano
generalmente ignorati. La disponibilità di farmaci efficaci ha trasformato l'epidemia in un
emergenza sanitaria globale che pone questioni squisitamente politiche. Per quale
ragione disponiamo di cure efficaci ma non
siamo in grado di renderle disponibili al 94%
delle persone colpite dalla malattia? Quali
sono gli ostacoli strutturali, e come rimuoverli? Come costruire forme di partecipazione civile in grado di intervenire nel discorso
scientifico? Invece di approfittare dell'occasione i governi occidentali, le organizzazioni
internazionali, e le multinazionali farmaceutiche, hanno fatto finta di nulla. Tale fallimento ha prodotto una mobilitazione internazionale all'interno della quale si scontrano
due visioni radicalmente opposte. Da una
parte le multinazionali ed il nord del mondo,
impegnati nella difesa dei diritti di proprietà
intellettuale e nella massimizzazione dei profitti, dall'altra il movimento globale per l'accesso ai trattamenti, che si batte per l'affermazione universale del diritto alla salute.
L'attivismo delle persone sieropositive si è
sempre basato su un elemento materiale. Si
tratta di una delle poche malattie endemiche
che colpiscono il sud del mondo sul quale
l'occidente abbia un termine di riferimento
chiaro, basato sull'esperienza diretta di decine di migliaia di persone. Molti attivisti occidentali sanno bene cosa sia la discriminazione perché l'hanno provata sulla loro pelle,
sanno come si manifesta la malattia perché
sono, o sono stati essi stessi malati. Nella
maggior parte dei casi sono persone sieropositive. Si tratta di uno dei pochi casi in cui
le differenze tra nord e sud sono riducibili ad
un esperienza condivisa. A differenza del
Chiapas, della campagna per la cancellazione del debito, oppure della campagna per
l'abolizione del lavoro minorile, l'attivismo
delle persone sieropositive si basa su una
condizione materiale che riguarda migliaia di
attivisti occidentali. Sebbene esistano conce-
zioni diverse rispetto all'HIV/AIDS tra sud e
nord del mondo l'AIDS è una delle poche
questioni che colpiscono il sud del pianeta sul
quale l'occidente abbia termini di riferimento
chiari. Si tratta di uno degli elementi originali che caratterizzano il movimento globale
per l'accesso ai trattamenti.
Mentre le persone sieropositive si battono
per l'accesso universale ai trattamenti la
comunità scientifica ha individuato nel vaccino la priorità per il sud del mondo. La distanza tra società civile e discorso scientifico è
evidente. Dire che la priorità è il vaccino è
come dire che la morte delle persone sieropositive che vivono nel sud del mondo è da
considerarsi ormai inevitabile. Una triste
realtà della quale prendere atto. Edwin
Cameron, il giudice sudafricano che, nel
luglio 2001, durante la conferenza internazionale sull'AIDS di Durban, dichiarò all'opinione pubblica di essere sieropositivo disse
che "se permettiamo ad altri di definire la
morte di milioni di persone come una triste
realtà, riconosceremmo nuovamente ad un
oligarchia razzista il diritto ad opprimere la
nostra gente. La storia ha dimostrato che il
nostro popolo è in grado di far fronte a quelle che altri definiscono tristi realtà". Non è
solamente il Sudafrica a pensarla così. Le
persone sieropositive che vivono nel continente africano - dalla Nigeria all'Etiopia, dallo
Zimbabwe al Marocco; quelle che vivono in
Asia e nella regione del Pacifico - dall'India
alla Malesia, dall'Australia alla Tailandia;
nell'Europa dell'Est e nell'Asia centrale - dalla
Russia alla Polonia, dal Kazakhstan
all'Ucraina; in America Latina - dal Cile al
Costa Rica, dal Brasile al Messico; negli Stati
Uniti e nell'Europa Occidentale - dagli Stati
Uniti al Regno Unito, dal Canada all'Italia,
rifiutano il concetto secondo il quale il trattamento antiretrovirale sarebbe un lusso riservato a chi se lo può permettere o a chi ha la
fortuna di vivere in un paese che ha deciso
di metterlo a disposizione dei propri cittadini.
Nel luglio del 2001, quando il giudice
Cameron intervenne alla conferenza mondiale sull'AIDS di Durban in Sudafrica, nessuno avrebbe osato andare oltre una semplice affermazione di principio. Da allora l'attivismo delle persone sieropositive sta vivendo una nuova stagione di lotte che riflette le
caratteristiche demografiche dell'epidemia.
L'AIDS è sempre stata la malattia degli
emarginati. Mai come oggi le caratteristiche
demografiche dell'epidemia riflettono un
comune denominatore: la povertà. L'AIDS è
ormai diventato la malattia dei poveri, sia nei
paesi sviluppati, sia, e soprattutto, nei paesi
in via di sviluppo. Nell'africa sub-sahariana,
una regione in cui vive il 10% della popolazione mondiale, e due terzi delle persone sieropositive al mondo, la gente vive con 560
dollari/anno per persona. Il Sud Africa il
paese più colpito al mondo. Dopo la conferenza di Durban il movimento si è organizzato su scala globale e ha partecipato attivamente alle più importanti mobilitazioni organizzate dal movimento globale antiliberista.
A Seattle, a Washington DC, e a Genova contro il G8.
Le persone sieropositive hanno individuato
nella mobilitazione sociale lo strumento
attraverso il quale fare pressione sui governi, sulle multinazionali, e sulle istituzioni
internazionali, rimuovendo in tal modo gli
ostacoli strutturali che limitano l'accesso al
12
trattamento antiretrovirale nel sud del
mondo. Gli attivisti chiedono - molto semplicemente - che le decine di milioni di persone
sieropositive che vivono nel sud del mondo
abbiano accesso agli stessi trattamenti antiretrovirali che hanno drasticamente ridotto la
mortalità per AIDS in tutti i paesi industrializzati. Ci muoviamo nella stessa direzione
indicata dal movimento globale antiliberista.
Come il movimento antiliberista, il movimento globale per l'accesso ai trattamenti ha
individuato nelle istituzioni sopranazionali,
nelle multinazionali farmaceutiche, e nei
governi asserviti alla corporazioni industriali,
primo fra tutti il governo degli Stati Uniti, i
principali responsabili dell'ineguaglianza globale. Un ulteriore punto in comune è la natura globale del movimento. Nell'arco di due
anni gli attivisti sono riusciti a denunciare
all'opinione pubblica il fatto che oltre il 90%
delle persone sieropositive non ha accesso ai
farmaci antiretrovirali, che le ragioni sono di
natura economica e commerciale, dichiarando che, ad essere sotto accusa, è lo stesso
modello di sviluppo denunciato dal movimento antiliberista. Purtroppo, nonostante la
costante ricerca di alleanze con il movimento, sebbene abbiano entrambi una natura
globale, nonostante i molti successi ottenuti,
il movimento globale per l'accesso ai trattamenti non gode di grande attenzione, né da
parte degli analisti politici né da parte dei
teorici del movimento antiliberista.
La questione sollevata dalle persone sieropositive è tutto sommato abbastanza semplice.
Sebbene esistano farmaci in grado di migliorare quantità e qualità di vita delle persone
sieropositive oltre il 90% delle persone con
HIV/AIDS non ha accesso al trattamento.
L'obiettivo del movimento globale per l'accesso ai trattamenti è rendere accessibili tali
farmaci a tutte le persone che ne hanno
bisogno. I farmaci non sono accessibili per il
semplice fatto che la maggior parte delle
persone sieropositive che vivono nel sud del
mondo non se li possono permettere. Ma il
problema è più profondo, e ci porta ad
affrontare il tema del prezzo dei farmaci,
degli accordi globali sui diritti di proprietà
intellettuale, dell'indebitamento dei paesi in
via di sviluppo, della mancanza di volontà
politica, e della "mancanza di risorse".
Anche le richieste degli attivisti sono complesse. Non si limitano infatti ad una generica richiesta di riduzione dei prezzi, ma chiedono nuove regole globali sul commercio e
sulla sanità, una nuova normativa sulla protezione dei diritti di proprietà intellettuale, la
cancellazione del debito, e aiuti economici
per le aree del pianete più colpite. Pur
essendo abbastanza semplice definire i termini generali della questione, non è altrettanto facile identificarne le cause pianificando un azione efficace.
Nel periodo compreso tra il 13, ed il 16
marzo 2003, 150 attivisti provenienti da 67
paesi si sono riuniti a Città del Capo, in
Sudafrica, per fare il punto e costruire l'agenda globale per il prossimo anno. Il movimento ha ormai individuato i punti deboli
delle multinazionali farmaceutiche e della
burocrazia internazionale, è riuscito a
costruire alleanze all'interno della comunità
scientifica, si è dotato di infrastrutture in
grado di costruire mobilitazioni globali. Ma la
vera sfida è capire come costruire un movi-
mento globale in grado di portare a termine
il lavoro, come costruire alleanze con gli altri
movimenti sociali, come coniugare radicalità
e pragmatismo. Siamo riusciti a definire l'epidemia di HIV/AIDS come una questione
politica globale. Non stiamo parlando di
scienza. Parliamo dell'ineguaglianza globale
tra nazioni, sessi, orientamento sessuale,
razze. Parliamo di povertà. Pur avendo individuato nella scienza il nostro principale
alleato abbiamo compreso che la scienza non
è la verità: è la ricerca della verità. Abbiamo
compreso che una delle componenti essenziale del movimento non può non essere la
mobilitazione dal basso e l'internazionalismo.
Abbiamo riconosciuto la natura civile del
movimento prendendo una posizione chiara
contro la guerra ed abbiamo individuato
nella ricerca di alleanze all'interno dei movimenti sociali globali uno degli elementi strategici per i prossimi mesi. Abbiamo individuato gli appuntamenti sulla base dei quali
costruire la nostra azione.
27 Aprile 2003:
Giornata globale di solidarietà con Treatment Action Campaign. Si tratterà della prima giornata di mobilitazione globale a sostegno di una
campagna locale promossa da TAC per fare in modo che che il governo Sud Africano implementi immediatamente un piano nazionale
per il trattamento e per la prevenzione dell'epidemia di HIV/AIDS
Maggio 2003
Durante la World Health Assembly i ministri della salute di tutto il mondo si incontreranno a Ginevra. Si tratta di un opportunità unità
per far pressione per un piano di intervento globale da parte dei governi nazionali e da parte dell'Organizzazione Mondiale della Sanità
Giugno 2003
Mobilitazione globale in occasione dell'incontro dei paesi del G8, Evian, Francia, per fare pressione sui governi dei paesi ricchi affinchè
finanzino opportunamente il Fondo Globale per la lotta contro AIDS, Tubercolosi e Malaria.
Settembre 2003
Incontro dell'Organizzazione Mondiale per il Commercio, Cancun, Messico. Contro gli accordi GATS e contro la normativa internazionel
sui diritti di proprietà intellettuale che limita l'accesso ai farmaci generici a basso costo nel sud del mondo
Uno degli elementi centrali della dichiarazione conclusiva del Summit è la decisione di ricercare attivamente alleanze sia con il movimento globale antiliberista sia con il movimento contro la guerra "Al movimento antiliberista, ed al movimento globale contro la guerra,
chiediamo di sostenere la nostra lotta includendo l'accesso universale al trattamento nella loro agenda".
Dichiarazione conclusiva del Summit di Città del Capo, Sud Africa 13-16 Marzo 2003
Siamo persone sieropositive provenienti da 67 paesi. Siamo uomini, donne e ragazzi. Siamo rifugiati, lavoratori e lavoratrici
del sesso, consumatori e consumatrici di sostanze illegali per via endovenosa, uomini che fanno sesso con uomini. Siamo
lesbiche, siamo madri, siamo transessuali, migranti, operatori sanitari. Rappresentiamo tutte le classi sociale e tutti i continenti. Siamo la voce dei 42 milioni di persone sieropositive che vivono al mondo. Ci battiamo senza paura perché ci sia riconosciuto il diritto alla sopravvivenza, alla dignità ed all'uguaglianza.
Non ci ignorerete - Ad oggi, 9 milioni di persone hanno bisogno
del trattamento antiretrovirale, e di altri farmaci essenziali per la
sopravvivenza. Ad oggi, meno di 300.000 persone sieropositive
hanno accesso al trattamento nel sud del mondo. Siamo uniti nella
lotta per porre fine a questa scandalosa e criminale disuguaglianza e
per garantire l'accesso universale al trattamento antiretrovirale per
tutte le persone che ne hanno bisogno.
Non ci fermeremo mai - Non ci fermeremo finché il diritto alla
salute non sarà riconosciuto universalmente come un diritto umano
fondamentale. Non smetteremo di lottare finché tale diritto non farà
parte della politica dei nostri governi e delle istituzioni responsabili
della nostra salute. Dal primo dirigente dell'Organizzazione Mondiale
della Sanità all'ultimo ospedale sperduto del mondo, politici, medici,
infermieri: tutti dovranno rispondere del loro operato. Non nelle parole, ma nei fatti.
Non torneremo sui nostri passi - Non torneremo sui nostri
passi finché la disuguaglianza tra operatori sanitari e pazienti non sarà
sostituita da una collaborazione autentica. Utilizzeremo ogni mezzo
disponibile. Da pazienti ci stiamo finalmente trasformando in attivisti.
Da persone che subiscono a persone che pretendono di avere voce
nelle decisioni rilevanti per la propria salute. Non ci stancheremo mai.
Rivoluzioneremo ogni giorno la nostra posizione nella lotta per la
nostra stessa esistenza.
Non accetteremo compromessi - Non accetteremo alcun compromesso, nella convinzione che la conoscenza corrisponde al potere.
Ogni battaglia vinta sino ad ora è il risultato di atti rivoluzionari di auto
educazione. Non ci serve essere bianchi, ricchi, medici o avvocati, per
comprendere le informazioni scientifiche che riguardano la nostra
malattia - una malattia che ha già ucciso troppi di noi. Siamo convinti che l'alfabetizzazione scientifica assicurerà il successo dei programmi sanitari, e ci battiamo per un alfabetizzazione sanitaria, scientifica, legale, politica ed economica per le masse.
Non permetteremo che i nostri diritti siano calpestati Non permetteremo che in nostri diritti siano calpestati dal sistema
sanitario, dalle nostre famiglie e dai nostri governi. Condanniamo i
medici che utilizzano trattamenti sub-ottimali o trattano le persone
prima che sia necessario. Condanniamo e combattiamo ogni forma di
stigma e discriminazione. Condanniamo ogni forma di violenza economica, fisica e sessuale contro le donne e le ragazze, e condanniamo le leggi che ci discriminano.
Non aspetteremo - Non aspetteremo che la comunità internazionale faccia affari su di noi. Siamo stanchi delle parole. Nel 2002,
l'Organizzazione Mondiale della Sanità ha fissato l'obiettivo di 3 milioni di nuove persone in trattamento entro il 2005. Il mondo deve agire
immediatamente per raggiungere questo obiettivo.
Rimarremo uniti - Non lasceremo dividere dalle politiche guerrafondaie. Il mondo è sull'orlo di un conflitto che costerà miliardi di
dollari, e molte vite. Questa non è la nostra guerra. Chiediamo ai
nostri leaders di assumersi la responsabilità di vincere l'unica guerra
che vale la pena di essere combattuta, una guerra che ha già fatto
troppe vittime, e che sta mettendo in pericolo il mondo intero.
Non accetteremo rifiuti - Non accetteremo rifiuti alle nostre
domande. La nostra azione sarà instancabile. I nostri principi incrollabili. La solidarietà tra noi, indistruttibile. Quando 3 milioni di persone saranno finalmente in trattamento, chiederemo altri 10 milioni di
trattamenti. Non esistono soluzioni parziali, né possibili compromessi.
Ci impegniamo:
1. Ad attivare una riposta dal basso alla pandemia di HIV/AIDS che
metta al centro le persone sieropositive, costruendo campagne solidali che mettano in rete le iniziative locali, nazionali e regionali. Ogni
volta che ce ne sarà bisogno parleremo con una sola voce.
2. A garantire il coinvolgimento delle persone sieropositive nei processi decisionali che riguardano la loro sopravvivenza, reclamando
rispetto, e pari dignità
3. A mobilitare le comunità di base, i nostri rappresentanti politici, ed
ogni altro settore della società, allo scopo di garantire l'accesso universale al trattamento antiretrovirale, a partire dall'immediata implementazione dell'obiettivo dell'Organizzazione Mondiale della Sanità di
assicurare il trattamento ad almeno 3 milioni di persone nel sud del
mondo entro il 2005
4. A pretendere che i programmi di alfabetizzazione sanitaria iniziano
immediatamente, e che ogni programma riconosca l'importanza dell'alfabetizzazione scientifica, economica, e politica. Tali programmi
dovranno includere:
a. Programmi dinamici che includano informazioni aggiornate sul trattamento anti-HIV: trattamento antiretrovirale, trattamento contro la
tubercolosi e contro le infezioni opportunistiche, alimentazione e terapie complementari. Gli operatori sanitari, le persone sieropositive, ed
ogni altro gruppo colpito dall'epidemia devono ricevere tali informazioni in una forma appropriata, considerando ogni livello di alfabetizzazione
b. Informazioni dirette a consumatori ed operatori sanitari sulle strutture internazionali che sostengono il diritto alla salute dei cittadini:
informazioni su ogni attività locale e nazionale per la lotta contro l'epidemia di HIV/AIDS; informazioni sui piani nazionali per il trattamento delle persone sieropositive; informazioni sui movimenti internazionali per la riduzione dei prezzi dei farmaci e per l'accesso universale al trattamento
5. A fare in modo che i nostri governi, i paesi donatori, le organizzazioni multilaterali, il settore privato, ed ogni altro settore della società
civile siano responsabili di fronte alle persone sieropositive, e si impegnino ad onorare gli impegni presi implementando politiche sanitarie
e programmi efficaci
6. Ad individuare e combattere le discriminazioni all'interno della
comunità delle persone con HIV/AIDS con particolare attenzione ai
consumatori di sostanze illegali per via endovenosa, ai lavoratori ed
13
alle lavoratrici del sesso, alle donne, agli
uomini che hanno sesso con uomini, e ai giovani.
7. A batterci per una riforma delle norme
sulla proprietà intellettuale che riconoscano
l'interesse della società a livello, nazionale,
regionale ed internazionale, incoraggiando la
produzione locale, l'importazione e l'esportazione di farmaci generici, ed ogni altra strategia in grado di garantire un accesso sostenibile a farmaci e diagnostici a basso costo.
8. A mobilitarci per una giornata di azione
globale a sostegno di Treatment Action
Campaign il 27 aprile per sostenere la richiesta che il governo Sud Africano implementi
immediatamente un piano nazionale per il
trattamento e per la prevenzione dell'epidemia di HIV/AIDS.
9. A mobilitarci per l'Assemblea Mondiale
sulla Sanità nel mese di Maggio 2003, per il
Summit dei paesi del G8 nel mese di Giugno
2003,
per
l'assemblea
Ministeriale
dell'Organizzazione
Mondiale
per
il
Commercio a Cancan, messico, nel mese di
Settembre 2003, e per altre date chiave che
ci
condurranno
alla
XV
Conferenza
Internazionale di Bangkok, Tailandia, nel
2004, con l'obiettivo di raggiungere l'obiettivo definito dall'OMS che intende garantire 3
milioni di nuovi trattamenti antiretrovirali nel
sud del mondo entro il 2005
Chiediamo che i governi dei paesi in
via di sviluppo
1. Riconoscano la gravità dell'epidemia di
HIV/AIDS e mobilitino le risorse finanziarie, le
risorse umane, tecniche, e politiche necessarie ad assicurare l'accesso universale al trattamento anti-HIV, incluso il trattamento antitetrovirale, attraverso il sistema pubblico
sanitario.
2. Implementino immediatamente una risposta articolata al problema, che includa la prevenzione della trasmissione tra madre e
figlio, costruendo una rete nazionale che faciliti l'estensione del trattamento antiretrovirale, garantendo l'accesso alla profilassi post
esposizione (PEP) in caso di violenza sessuale e in caso di esposizione occupazionale, il
trattamento delle infezioni opportunistiche, il
trattamento delle epatiti, della tubercolosi,
del Sarcoma di Kaposi, della candidosi, e
della meningite, il trattamento delle infezioni
sessualmente trasmesse, il supporto nutrizionale, le cure palliative, la terapia sostituitiva
con metadone e/o buprenorfina e l'implementazione di politiche di riduzione del
danno.
3. Mantengano gli impegni presi, come quello assunto nel coro del summit africano su
HIV/AIDS, tubercolosi e malaria di Abuja, la
sessione speciale della Nazioni Unite su
HIV/AIDS (UNGASS) etc.
4. Sviluppino e implementino urgentemente i
piani
nazionali
per
il
trattamento
dell'HIV/AIDS considerando l'accesso universale al trattamento come una delle componenti essenziali di tali programmi
5. Garantiscano l'inclusione delle persone sieropositive nei processi decisionali relativi alle
politiche sanitarie, ed alla loro implementazione
6. Esercitino il diritto ad importare o produrre localmente farmaci generici a basso costo
come stabilito dalla dichiarazione di Doha.
7. Adottino nuove politiche sui diritti di proprietà intellettuale che mettano al centro l'interesse pubblico, facendo in modo che gli
accordi commerciali regionali e bilaterali non
vadano oltre gli standard definiti dalla dichiarazione di Doha, e si battano per una soluzione semplice ed efficace al problema della
"produzione per l'esportazione"(Paragrafo 6)
8. Garantiscano la qualità dei farmaci antiretrovirali e di altri farmaci essenziali per il trattamento dell'AIDS, la registrazione accelerata
dei farmaci antiretrovirali e di altri farmaci
essenziali, eliminando le tasse doganali ed
ogni altra tassa sui farmaci antiretrovirali, e
su altri farmaci essenziali per il trattamento
dell'AIDS.
9. Presentino progetti di larga scala al Fondo
Globale che includano programmi ambizioni
per il trattamento antiretrovirale (inclusa l'educazione al trattamento) come parte essenziale di un programma articolato, assicurando
la partecipazione delle persone sieropositive
e delle organizzazioni non governative all'interno del meccanismo di coordinamento
nazionale (CCM)
Chiediamo a governi donatori:
1. Di rispettare l'impegno a finanziare adeguatamente il Fondo Globale e gli altri meccanismi internazionali per la lotta contro
l'HIV/ADS per almeno 7-10 miliardi di dollari
l'anno, a partire dal prossimo summit del G8
che si terrà ad Evian, Francia, nel mese di
Giugno 2003
2. Di implementare la dichiarazione di Doha,
incoraggiando i paesi in via di sviluppo ad
esercitare il loro diritto a produrre localmente
farmaci generici a basso costo, o ad importarne da altri paesi
3. Di interrompere immediatamente ogni
tentativo di indebolire la dichiarazione di
Doha rispetto alla negoziazione internazionale sul "paragrafo 6", le negoziazioni regionali
come quella relativa all'acccordo del "Free
Trade Areas of the Americas" (FTAA) e del
"Southern African Custom's Union" (SACU)
ed ogni altra trattativa bilaterale
4. Di abolire ogni restrizione alla libera circolazione delle persone sieropositive
5. Di cancellare il debito per garantire gli
investimenti nei servizi sociali, con particolare attenzione al settore sanitario
Chiediamo agli altri settori della
società civile:
1. Di garantire il trattamento anti-HIV, ed i
relativi programmi educativi, collaborando
con le persone sieropositive e, ove possibile,
con il settore pubblico
2. Di battersi assieme alle persone sieropositive per fare pressione sui governi, sulle organizzazioni multilaterali, e sul settore privato,
per espandere universalmente il trattamento
antiretrovirale ed i relativi programmi educativi.
3. Al movimento antiliberista, ed al movimento globale contro la guerra, chiediamo di
sostenere la nostra lotta includendo l'accesso
universale al trattamento nella loro agenda
Chiediamo che le fondazioni private,
le agenzie per la cooperazione
internazionale, e le agenzie multilaterali per lo sviluppo:
1. Considerino come obiettivo prioritario il
finanziamento dei programmi per il trattamento dell'HIV/AIDS, dei programmi per la
promozione dell'attivismo e della partecipazione delle persone sieropositive, dello sviluppo e della disseminazione dei materiali
educativi rilevanti per gli obiettivi di cui sopra
2. Riducano i costi relativi alla presentazione
dei progetti e garantiscano assistenza tecnica
per lo sviluppo dei progetti, la loro implementazione, il monitoraggio e la valutazione
finale
3. Assicurino che la maggior parte dei fondi
erogati siano effettivamente diretti alle
comunità
4. Rinforzino ed utilizzino opportunamente le
risorse locali nell'implementazione, nel monitoraggio e nella valutazione finale dei programmi
5. Finanzino i progetti sulla base delle priorità
14
individuate dalle comunità locali
Chiediamo al Fondo Globale:
1. Di garantire la leadership necessaria a
posizionare il Fondo Globale come il meccanismo principale per il finanziamento della lotta
contro l'HIV/AIDS
2. Di elaborare ed implementare un programma aggressivo per la raccolta dei fondi
necessari a sostenere l'estensione del trattamento antiretrovirale su scala globale, coerentemente allo statuto del Fondo Globale
3. Di dichiarare apertamente che ogni programma che non includa il trattamento antiretrovirale verrà considerato incompleto dal
Fondo Globale, che non verrà stabilito alcun
limite economico alle richieste che i paesi
possono presentare al Fondo Globale, e che
le organizzazioni non governative possano
amministrare direttamente i fondi
4. Rinforzino il principio della trasparenza e
della centralità delle persone sieropositive nei
processi decisionali
Chiediamo al settore privato:
1. Di implementare programmi per la lotta
all'HIV/AIDS che includa politiche non discriminatorie, misure educative e preventive,
l'accesso volontario al counselling e al test
anti-HIV, il supporto psico-sociale, e l'accesso
al trattamento antiretrovirale, garantendo il
trattamento a tutti i lavoratori e a tutte le
lavoratrici
2. Di abolire ogni pratica che favorise la diffusione dell'epidemia, come ad esempio la
separazione dei lavoratori dalle famiglie, assicurando la sicurezza sul posto di lavoro attraverso la proibizione delle molestie e della violenza sessuale sul posto di lavoro
3. Contribuiscano al bene collettivo finanziando i programmi sociali e pagando le tasse
localmente
4. Includano i bisogni delle comunità locali
nella definizione, nell'implementazione, e nel
monitoraggio dei programmi anti-HIV/AIDS,
armonizzando i programmi diretti ai propri
lavoratori e lavoratrici con i programmi locali
sull'HIV/AIDS
Chiediamo
alle
Istituzioni
Multilaterali (WHO, UNAIDS, UNICEF, UNDP etc.)
1. Di sviluppare un piano strategico che permetta di raggiungere l'obiettivo fissato
dall'Organizzazione Mondiale della Sanità di
almeno 3 milioni di nuovi trattamenti entro il
2005
2. Di fornire assistenza tecnica per lo sviluppo
di piani nazionali per il trattamento e per la
prevenzione, di implementare procedure per il
controllo di qualità, ed ogni altra attività
necessaria ad implementare strategie efficaci per l'estensione universale del trattamento
antiretrovirale
3. Di battersi per l'indipendenza dagli stati
membri allo scopo di rispettare il proprio
mandato senza alcuna interferenza politica
4. Di fornire assistenza tecnica e finanziaria a
programmi educativi che prevedano il pieno
coinvolgimento delle persone sieropositive.
OLTRE DOHA
George W. Bush ha visto la luce o molto più semplicemente non sa quello che dice? Lo scorso gennaio,
nel corso del tradizionale discorso sullo stato
dell'Unione, il presidente guerrafondaio ha pronunciato una frase che lasciato di stucco i presenti. Dopo
avere annunciato maggiori investimenti per la lotta
contro l'AIDS, Bush ha osservato che il prezzo del
trattamento antiretrovirale è sceso da 12,000 USD a
300 USD l'anno, dimenticando che sono i produttori di
farmaci generici ad offrire il trattamento antiretrovirale
a 300 USD l'anno. E Gorge W. Bush, come d'altra
parte il suo predecessore, Bill Clinton, ha dichiarato
una guerra totale ai produttori di farmaci generici.
Negli ultimi due anni l'Organizzazione Mondiale per il
Commercio si è trovata al centro di un feroce dibattito sui brevetti farmaceutici. I centri del potere globale,
Stati Uniti, Europa, Giappone e Canada, stanno cercando di forzare il WTO costringendolo a fare Marcia
indietro sulla dichiarazione di Doha del novembre
2001. Al centro del dibattito il diritto dei paesi meno
sviluppati a violare i brevetti farmaceutici in caso gravi
emergenze sanitarie. I paesi industrializzati, che
hanno il monopolio sui brevetti farmaceutici, stanno
cercando di definire unilateralmente quali siano le
malattie per le quali sia possibile dichiarare un'emergenza sanitaria: AIDS,
tubercolosi, malaria, e poche alter malattie tropicali rispetto alle quali non esistono interessi economici da parte delle multinazionali. I paesi ricchi stanno cercando
di restringere la dichiarazione di Doha a
queste malattie: nessuna eccezione per
cancro, asma e diabete. I paesi industrializzati hanno inoltre sollevato una serie di
questioni tecniche allo scopo di restringere ulteriormente la natura dell'accordo
siglato a Doha. Ciò allo scopo di limitare
ulteriormente il numero dei paesi in grado
di applicare le eccezioni sui brevetti farmaceutici previsti dalla dichiarazione di
Doha; ponendo limiti di carattere tecnologico/produttivo all'applicazione di tale
accordo; mettendo in atto procedure
complicate, costose, oltre ad una serie di
ostacoli legali che limiteranno ulteriormente la circolazione dei farmaci generici. In una parola i paesi ricchi stanno portando a compimento una cospirazione
contro i paesi poveri, ignorando gli accordi presi in Qatar nel 2001.
Come siamo arrivati a questo? Gli eventi
che portarono all'incontro del WTO di
Doha furono drammatici, e l'opinione pubblica mondiale prese una posizione chiara rispetto a tali avvenimenti: le multinazionali farmaceutiche denunciarono il governo sudafricano nel tentativo di costringere
Pretoria ad abrogare una legge che facilitava l'importazione e la produzione locale di farmaci generici. Sul
piano delle pubbliche relazioni fu un disastro: la protesta delle persone sieropositive sudafricane ebbe un
effetto devastante sulle multinazionali; l'opinione pubblica internazionale prese posizione contro le multinazionali farmaceutiche appoggiando totalmente le
persone sieropositive che reclamavano il diritto al trattamento. Gli Stati Uniti, che avevano chiesto al WTO
di intervenire contro il Brasile, colpevole di avere
approvato una legge analoga a quella sudafricana,
furono costretti a battere in ritirata sotto la crescente
pressione dell'opinione pubblica mondiale.
Dopo l'attacco alle torri gemelle del 2001 gli Stati
Uniti si trovarono ad affrontare la cosiddetta crisi
dell'antrace. Gli uffici pubblici ed alcuni organi di
stampa ricevevano lettere contenenti spore di
antrace. La crisi portò a 5 morti accertate producendo un'ondata di panico in tutti gli Stati Uniti.
L'unico farmaco disponibile per far fronte alla situazione era l'antibiotico Cipro, prodotto dalla multinazionale farmaceutica Bayer. Per assicurare la
disponibilità del farmaco, Canada e Stati Uniti
minacciarono di violare il brevetto. Tale azione mise
in chiaro di fronte all'intera opinione pubblica mondiale la vera natura delle azioni intentate contro
Sud Africa e Brasile.
Nel 2001 il WTO tenne la conferenza Ministeriale che
si era tenuta due anni prima a Seattle nel remoto emi-
Mauro Guarinieri
rato del Qatar. Messa alle strette dagli avvenimenti
internazionali e dal movimento antiliberista, la lobby
delle multinazionali farmaceutiche, ed i paesi ricchi,
non riuscì ad impedire l'approvazione di un documento che affermava il diritto dei paesi membri a violare i brevetti nel caso in cui tale misura fosse ritenuta necessaria per la protezione della sanità pubblica.
Tale dichiarazione venne vista da molti come l'inizio di
una nuova era nel commercio internazionale. Ma solo
un anno dopo, quando iniziarono i negoziati relativi
all'implementazione della dichiarazione approvata nel
Qatar, Stati Uniti ed Unione Europea passarono all'attacco cercando di sabotare la trattativa.
La battaglia si concentra essenzialmente sugli accordi relativi ai diritti di proprietà intellettuale (TRIPS),
uno dei tre pilastri dell'Organizzazione Mondiale per il
Commercio . Sulla carta gli accordi TRIPS sono
accordi flessibili, e dovrebbero permettere ai pesi
membri di favorire la protezione dell'interesse pubblico rispetto alla tutela dei diritti di proprietà intellettuale. Una delle norme più importanti è quella relativa
alla registrazione obbligatoria delle licenze commerciali. Sulla base di tale norma i governi possono obbligare le multinazionali titolari dei brevetti ad autorizza-
re la produzione locale di farmaci a basso costo; in tal
caso il titolare del brevetto ha diritto alla corresponsione di una cifra simbolica fissata sulla base della
capacità economica del paese che decide di applicare la licenza obbligatoria.
A Doha venne approvata all'unanimità una norma
relativa agli accordi TRIPS sulla base della quale tali
accordi "devono essere interpretati, ed implementati,
in modo tale da tutelare il diritto degli stati membri a
proteggere la sanità pubblica, e devono garantire l'accesso universale ai farmaci essenziali". Tale decisione rappresentò un colpo durissimo per le multinazionali farmaceutiche, che decisero di dare battaglia
durante le trattative relative all'implementazione della
dichiarazione di Doha.
Il Paragrafo 6 della dichiarazione chiede, infatti, al
WTO di risolvere il problema relativo alle restrizioni
sulle importazioni dei prodotti farmaceutici. Quando
un paese decide di applicare una licenza obbligatoria,
la produzione di farmaci generici si intende destinata
essenzialmente al mercato locale. Ma se un paese
che è in grado di produrre farmaci generici a basso
costo non è in grado di esportarli altrove, com'è possibile garantirne l'accesso a quei paesi che non
hanno una capacità produttiva sufficiente produrre
localmente i farmaci? Considerato che l'economia di
scala è un elemento centrale per mercato farmaceutico, come risolvere il problema di quei paesi troppo
piccoli, o troppo poveri, che non hanno una capacità
produttiva sufficiente a recuperare gli investimenti?
Una soluzione ragionevole, e coerente al principio del
libero mercato, di cui l'Organizzazione Mondiale per il
15
Commercio dovrebbe essere il paladino, è permettere ad ogni paese che dichiari un emergenza sanitaria
nazionale di importare farmaci a basso costo da qualsiasi altro paese in grado di produrli. Tale soluzione
renderebbe disponibili i farmaci generici a basso
costo indipendentemente dalla capacità produttiva
del singolo paese. Ma come implementare tale affermazione di principio? Secondo Robert Zoellick, rappresentante degli Stati Uniti presso il WTO, e secondo Pascal Lamy, Commissario al commercio presso
l'Unione Europea, il Paragrafo 6 è solo un pretesto. Al
termine della maratona negoziale dello scorso dicembre a Ginevra, gli Stati Uniti, condizionati dalle pressioni delle multinazionali farmaceutiche, hanno cercato di restringere la lista delle malattie rispetto alle quali
applicare la dichiarazione di Doha.
Senza alcun argomento scientifico da contrapporre,
gli Stati Uniti si sono trovati contro 143 su 144 paesi
membri del WTO, e sono stati aspramente criticati
dallo stesso direttore dell'Organizzazione Mondiale
della sanità, Dr Gro Harlem Brundtland, e dal suo
successore, l'attuale presidente dell'OMS Dr.ssa
Jong Wook Lee. Ciò non ha impedito al commissario
per il commercio dell'Unione Europea, Pascal Lamy,
di rilanciare il negoziato sulla base della
proposta degli Stati Uniti. Quello che sta
avvenendo è che Stati Uniti ed Unione
Europea stanno mettendo il sud del
mondo di fronte ad una scelta crudele:
accettare un accordo complesso e pieno
di limitazioni legali che alla fine ne renderà impossibile l'applicazione, oppure
tornare a casa a mani vuote. Violare i brevetti rimarrà semplice per i paesi ricchi. Il
caso Cipro non rappresenta affatto un
caso isolato: gli Stati Uniti hanno recentemente approvato centinaia di licenze
obbligatorie su molti settori tecnologici, tra
cui cereali, prodotti farmaceutici, ricerca
genetica, computer software, e hardware.
Nel frattempo l'Unione Europa si sta muovendo allo stesso modo. Regno Unito,
Canada e Francia intendono violare il brevetto sul trattamento genico del cancro al
senso di cui è proprietaria la multinazionale Myriad . La multinazionale farmaceutica Roche ha minacciato recentemente
di applicare una licenza obbligatoria per
ottenerne una volontaria da Chiron, un'azienda biotech californiana, che detiene
alcuni brevetti relativi al test di screening
per l'HIV.
Dire che polmonite, asma, malattie cardiocircolatorie
e cancro non colpiscono i paesi poveri suona cinico,
e denota una profonda ignoranza. La maggior parte
delle morti per cancro riguarda, infatti, i pesi in via di
sviluppo, dove 80 milioni di pazienti ammalati di cancro non hanno accesso ai servizi sanitari.
L'ipertensione colpisce il 22% della popolazione adulta nelle Seychelles, ed il 30% della popolazione
Cubana. Ogni anno vi sono almeno 180.000 morti per
asma, per la maggior parte nei paesi poveri. L'asma
colpisce il 20-30% dei bambini che vivono in paesi
come Brasile, Costa Rica, Kenya, Panama, Peru ed
Uruguay. Due terzi delle persone non udenti vivono
nei paesi in via di sviluppo. L'India ha un numero di
casi di diabete doppio rispetto agli Stati Uniti. Senza
aggiungere che l'AIDS compromette il sistema immunitario rendendo ogni malattia, anche la più banale,
potenzialmente fatale.
I paesi del sud del mondo non investono abbastanza nella sanità perché sono sommersi dai
debiti. Ogni dollaro risparmiato per acquistare farmaci, vaccini e strumenti diagnostici, potrebbe
essere utilizzato per aumentare la disponibilità di
farmaci essenziali, per acquistare i farmaci più
costosi, per rinforzare le infrastrutture sanitarie, o
per aumentare i salari di medici ed infermieri. La
dichiarazione di Doha è stata senz'altro un grosso
passo avanti nel tentativo di rimuovere gli ostacoli
legali che impediscono ai paesi meno sviluppati di
garantire l'accesso universale ai farmaci essenziali. La triste realtà è che sino al novembre 2001 i
paesi ricchi non hanno fatto altro che sabotare tale
accordo.
ATTENZIONE AI LUBRIFICANTI E AI PRESERVATIVI CHE CONTENGONO NONOXENOLO
Filippo Schloesser
Molti lubrificanti e preservativi reperibili sul mercato contengono nonoxenolo 9
(conosciuto anche come nonilfenolo, derivato dell'ossido di etilene). Tale prodotto
chimico inizialmente era stato aggiunto in quanto, per le sue qualità di spermicida,
può evitare le gravidanze non desiderate. Di recente, viceversa, alcuni ricercatori
hanno verificato che non protegge contro la gonorrea
urogenitale né contro la clamidia e che causa infiammazioni nella mucosa rettale aumentando il rischio di
infezione da HIV nei rapporti anali non protetti. Già dal
2000 l'Organizzazione Mondiale della Sanità ed il CDC
(Center for Disease Control) hanno avvisato che l'uso del
nonoxenolo non protegge contro l'HIV ed altre malattie a
trasmissione sessuale. Lo studio, elaborato a San
Francisco e ad Oakland in California, dal 2001 ha reclutato 1.528 uomini maggiori di 18 anni che avevano avuto rapporti sessuali con altri
uomini negli ultimi 12 mesi o che si erano definiti omosessuali o bisessuali. 573 di
essi si sono resi disponibili per portare a termine tale studio. Come primo approccio si è chiesto ai partecipanti se avessero sentito parlare del nonoxenolo e a coloro che avevano risposto affermativamente, si è chiesto quale fosse la percezione
di tale prodotto chimico. Il 61% delle persone reclutate era a conoscenza della presenza di nonoxenolo nei preservativi e nel gel lubrificante, mentre 349 di essi avevano sentito dire che tale prodotto poteva non proteggere contro l'HIV. La maggior
parte di essi ne aveva avuto notizia dalla stampa, dalle assocciazioni e da internet.
Ciononostante, l'83% di essi ha utilizzato prodotti che ne
contenevano in alcuni casi ed il 67% di essi in rapporti
anali. Tra questi ultimi il 41% lo aveva utilizzato senza
preservativo nella speranza che proteggesse comunque
dall'HIV. Gli autori dello studio (Mansergh, Marks, Rader,
Colfax, Buchbinder) suggeriscono di informare appropriatamente le persone che hanno rapporti omosessuali,
tutti gli specialisti di medicina preventiva e tutti gli operatori sanitari. Inoltre, suggeriscono gli autori, lo stato
dovrebbe effettuare campagne mirate di informazione per ridurre la domanda di
nonoxenolo nei lubrificanti e nei preservativi. I produttori dovrebbero anche introdurre una speciale etichetta o avvertimento allertando che il nonoxenolo non protegge dalle malattie a trasmissione sessuale nei rapporti anali e dovrebbero facilitare, viceversa, la ricerca di prodotti efficaci in tali tipi di rapporto.
KALETRA: LA NUOVA CONFEZIONE
Nello scorso mese di settembre Abbott prese contatto con Nadir per chiedere
l'opinione della nostra associazione sulla nuova confezione di Kaletra che,
invece di distribuire il farmaco in flacone, avrebbe immesso il prodotto sul
mercato in blisters da sei capsule per renderne la somministrazione quotidiana più agevole. Facemmo notare a Abbott che molte persone assumono otto
capsule di Kaletra al giorno e pertanto suggerimmo di tratteggiare i blister per
permettere di separare la quantità di capsule della somministrazione quotidiana, a seconda del fabbisogno individuale. Nonostante il messaggio fosse
stato compreso dall'azienda, il suggerimento non è stato recepito: i blister
sono in distribuzione senza tratteggiatura e ogni blister contiene sei capsule.
Abbiamo inoltre appreso che in varie occasioni alcune persone, prelevando
capsule di Kaletra, le hanno trovate incollate alla stagnola del blister e pertanto hanno dovuto gettarle. Abbiamo inoltrato a Abbott campioni di capsule
incollate ai blister per le verifiche opportune. Dato che il dover gettare capsule
di Kaletra inutilizzate rappresenta un problema, oltre che di inquinamento, di
natura economica e logistica, invitiamo i nostri medici ad avvisare i pazienti di
questo problema e i nostri lettori che riscontrano l'inconveniente a darne
comunicazione a noi (www.nadironlus.org) o direttamente al proprio medico.
2002: NADIR ONLUS FINANZIA LA RICERCA SCIENTIFICA
Nell'anno 2002 l'associazione Nadir ONLUS, che in questa sede ringrazia chiunque abbia contribuito, ha finanziato un progetto di ricerca scientifica istituendo
un apposito fondo, nell'ambito della lotta contro l'HIV/AIDS, per il sostegno:
- della ricerca scientifica e del progresso clinico e diagnostico;
- di iniziative per la riduzione delle discriminazioni in ambito terapeutico;
- di servizi ritenuti essenziali per il miglioramento della qualità della vita delle persone sieropositive.
Il comunicato stampa e i dettagli di merito erano pubblicati su Delta n.6, Estate 2002.
A chiusura di Bilancio 2002 comunichiamo, come richiesto dal bando, che la Nadir ONLUS ha elargito al Policlinico di Modena, nell'ambito dell'attività della
"Metabolic Clinic" del reparto di Malattie Infettive e Tropicali, un contributo liberale per complessivi € 10.030/00 per l'acquisto dei farmaci necessari, e non
rimborsabili, per il completamento di un protocollo di ricerca che si propone, tra i vari obiettivi, di mettere a confronto differenti metodi di intervento per il trattamento della Sindrome da Lipodistrofia - in particolar modo della lipoatrofia facciale. L'associazione Nadir ONLUS con questo finanziamento si è proposta
di ottenere il duplice scopo di aiutare concretamente le persone sieropositive, e di contribuire, attraverso l'acquisto di farmaci non rimborsabili, al progetto di
ricerca già esistente.
Lo sforzo economico sostenuto dall’associazione è stato rilevante.
Nadir
Invitiamo chiunque voglia contribuire a finanziamenti specifici di ricerca scientifica a mettersi in contatto con noi: [email protected]
RIVISTA DI INFORMAZIONE SULL’HIV
n.10 Primavera 2003
Direttore Responsabile Filippo Schloesser
Redazione Mauro Guarinieri - Simone Marcotullio - David Osorio
Comitato scientifico: Dr. Ovidio Brignoli - Dr. Claudio Cricelli - Francois Houyez (F)
Spedizione in A.P. - art.2 comma 20/c
legge 662/96 - Reg.Trib. Roma n.373 del 16.08.2001
Dr. Martin Markowitz (USA) - Dr. Simone Marcotullio - Dr. Filippo Schloesser
Prof. Fabrizio Starace - Dr. Stefano Vella
Grafica a cura di Gianluca Longo
Collaboratori di redazione: Roberto Biondi, Valentina Biagini, Simone Marchi
Stampa Arte della Stampa - Roma
Editore
Per ricevere una copia della rivista ritagliare il riquadro,
compilarlo in ogni voce e spedirlo al seguente indirizzo:
Le fotografie presenti in questo numero di Delta non sono sono soggette a royalties.
Nadir Onlus, via Panama 88 - 00198 Roma
nome
____________________________________________________
cognome
____________________________________________________
indirizzo
____________________________________________________
cap
città
_________ ___________________________________
NADIR ONLUS via Panama 88 - 00198 Roma
pr
____
desidero ricevere copia del n° __________ del ______________
La rivista Delta rientra tra le attività istituzionali dell'associazione Nadir ONLUS, attività di utilità sociale non a fini di lucro, il cui
scopo primo è l'informazione/formazione a favore delle persone sieropositive
Le opinioni espresse all'interno della presente pubblicazione sono di esclusiva responsabilità degli autori dei relativi articoli e
sono comunque soggette all'approvazione del comitato scientifico e redazionale della rivista.
E' possibile iscriversi alla mailing list inviando una e-mail a: [email protected]
E' inoltre possibile inviare qualsiasi notizia alla redazione utilizzando l'indirizzo e-mail: [email protected]
WorldWideWeb www.nadironlus.org
Il numero 10 di Delta è dedicato alla memoria di
MARCO BAGNOLI
- imprenditore -
Firenze, 1956 - Parigi 1996