Buffalo Bill a Verona

Transcript

Buffalo Bill a Verona
Forse non tutti sanno che, lo pseudonimo di Buffalo Bill, cela il vero nome del colonnello
americano William Frederick Cody (1846-1917) che con la sua vita avventurosa e spericolata,
seppe creare attorno alla sua persona un mito. Cody, che lavorò da giovane come corriere del Pony
Express, esploratore del generale Custer, fu combattente nella Guerra Civile, cacciatore di bisonti
per sfamare gli operai che costruivano la linea ferroviaria dal Kansas al Pacifico.
per la sua grande abilità nel cacciare i bufali divenne famoso in tutto il mondo col soprannome di
Buffalo Bill. Celebre nel suo Paese dopo aver ucciso in battaglia il capo indiano Toro Alto, fu
l’eroe d’una serie di romanzi popolari e interpretò se stesso a teatro. Dopo essere stato deputato nel
Nebraska, nel 1883 fondò assieme all’attore drammatico Nate Salsbury il famoso Wild West Show,
una specie di circo nel quale si esibivano “cowboys”, indiani (fra cui il famoso Toro Seduto) e
tiratori scelti. Dopo essersi esibito con successo in America, fece una tournée trionfale in Europa;
nel 1887 fu a Londra, dove al suo spettacolo assistette persino la Regina Vittoria.
Il Wild West Show di Buffalo Bill, Cody, venne in Italia 2 volte,
rispettivamente nella seconda tournée Europea, del 1890 (dove venne ricevuto dal Papa assieme ad
alcuni pellerossa del seguito), e nella terza tournèe, quella del 1906.
Nello stesso anno, nel mese di marzo, il Wild West Show del colonnello Cody, nel corso della sua
tournée europea, iniziata a Parigi, fece scalo a Genova da dove iniziò a percorrere l’Italia. Il
programma prevedeva la Liguria, il Piemonte, la Toscana, l’Emilia, l’Umbria, le Marche e, dopo
ancora due tappe in Emilia Romagna, ed una più lunga permanenza in Lombardia, finalmente il
Veneto. Il Wild West Show, era uno show con 500 cavalli e 800 uomini (per trasportare tutta la
troupe erano necessari cinque treni speciali); era uno spettacolo durante il quale si potevano
ammirare le prodezze dei cow-boys, la Gazzetta del Popolo descrive così la scena: “Gli sguardi
della folla si rivolsero con curiosità vivissima sulle pelli-rosse, le quali fecero il loro ingresso
galoppando vertiginosamente intorno alla pista, ed emettendo grida altissime e disordinate, proprio
come gli indiani che aggrediscono il treno”.
Non mancavano neppure ospiti “speciali” tra i quali, il grande capo del popolo sioux Toro Seduto e
l’infallibile tiratrice Annie Oakley, che tra l’altro anche la sua amante da anni. Uno spettacolo
certamente insolito per gli europei e in particolare per gli italiani.
Per attrarre l’attenzione i giornali locali facevano così promozione all’evento: “La celebrità delle
pianure, il Re di tutti, riprodurrà fra noi le gesta compiute attraverso il continente americano, si
mostrerà nell’abilità ad uccidere gli Siux (letteralmente scritto così), e terminerà lo spettacolo con
l’apoteosi della pace e la danza delle nazioni”.
Con queste premesse, il selvaggio e lontano occidente americano si presentò alle genti venete, che
ricordiamo, nei primi anni del ‘900 non erano abituate a confrontarsi con etnie tanto diverse. Le
cronache locali sono dense di particolari. La prima città che ospitò il Wild West fu Padova, qui, il
tendone fu montato in piazza d’Armi. Arrivò gente da tutto il Veneto. Il cronista del “Gazzettino”
scrive, ammirato dall’ordine che regna in quella folla circense dai colori della pelle diversi: “Ogni
forma di rumore e chiasso è bandita, tutto ciò per noi veneti espansivi in ogni nostra manifestazione
costituisce un quadro sorprendente” e aggiunge “quando scendono le pelli rosse di una
compostezza quasi ieratica, avvolte in strani ponci multicolori, e sudicette anzichenò, dai lunghi
capelli untuosi raggruppati in trecce sulla fronte sfuggente, l’effetto è disastroso”.
Alcune donne tra il pubblico commentano “varda che brute vecie”, la cronaca del giorno seguente
è impietosa: “Certe americanate non si possono dimenticare così presto, quindicimila persone
hanno assistito a una buffonata, a proposito il pubblico non lo chiama più Buffalo ma bruffolo (sic),
si sono spese 5 o 8 lire per vederlo…”
A Verona quell’anno si fece un grande preparativo per il suo arrivo. I primi mesi del 1906 per i
veronesi furono carichi di emozioni: i giornali di Verona avevano appena finito di annunciare il re
Vittorio Emanuele III e la sua visita alla fiera, che quasi senza soluzione di continuità avevano
iniziato a preparare il terreno per l’arrivo del Colonnello Cody. Furono in tutto 16 gli interventi sul
giornale quotidiano locale, preparati con una certa abilità (per quei tempi) pubblicitaria. Il primo fu
del 3- 4 aprile, in cui si presentava la figura di Buffalo Bill (o meglio si rinnovava la conoscenza
della sua figura, visto che a Verona era già stato nel 1890). Di seguito ci fu un susseguirsi di articoli
descrittivi delle sue gesta americane, del Wild West Show e di trafiletti con la sua immagine per
reclamizzare il suo arrivo. I treni del suo Show la cui lunghezza totale era di un chilometro,
arrivarono alla stazione di Porta Vescovo di Verona la notte del 14 aprile, lo stesso giorno dello
spettacolo di Padova. In poche ore fu allestito un tendone in Arena che conteneva 12.000 posti a
sedere. Negli spettacoli che si susseguirono durante il 15 e 16 aprile, non v’erano solo gli
attesissimi indiani, infatti, nell’originale idea del Colonnello Cody lo spettacolo era anche una
riproduzione viaggiante delle ultime battaglie degli stati “moderni” di quel secolo, con i veri
protagonisti raccolti qua e là oltre in America anche in Europa o in altre parti del mondo (i soldati
inglesi che avevano servito Baden Pawell, Americani della Milizia Civile degli Stati Uniti, gli arabi
beduini con le loro scimitarre, cosacchi del Caucaso, Zuevi, Messicani ed anche una truppa di
Samurai giapponesi). Gli spettacoli che si avvicendarono incessantemente furono un susseguirsi di
dimostrazione di forza, tornei, duelli e rappresentazioni circensi come ad esempio l’attacco alla
diligenza degli indiani. La testata locale è parca di commenti personali all’avvenimento; sottolinea
più volte però positivamente dell’opportunità avuta dai commerciati veronesi nel poter fare affari in
quei giorni. Nomina anche il negozio “Ferrario” che ha potuto approvvigionare il Wild West Show
di grossi quantitativi di benzina e di altri articoli utili alla compagnia.
Da Mantova si spostò nuovamente verso il veneto, da Vicenza a Treviso dove arrivarono treni
stracarichi di provinciali, veneziani e bellunesi. In queste città le cronache riportano commenti più
benevoli di quelli di Padova, sottolineando i costumi variopinti dei pelli rosse, l’abilità a cavallo dei
cow-boys, l’impassibilità degli indiani in ogni situazione.
Finito lo spettacolo a Treviso, Buffalo Bill disse all’amante, che chiamava Missy: “Domani ci
recheremo a Venezia e faremo un giro in barca".
Il giorno dopo, Cody, Missy e cinque indiani, noleggiata una carrozza, si recarono a Venezia.
Buffalo Bill, in testa lo Stetson, portava casacca e pantaloni a righe; i capi indiani indossavano il
copricapo piumato mentre altri due inalberavano la piuma. All’imbarcadero Missy non volle salire
in gondola, un indiano rimase con lei per proteggerla e aspettarono gli altri in osteria; Cody e i
compagni invece non si meravigliarono dell’acqua, dei canali e dell’aspetto della barca: era una
gondola.
Il gondoliere li portò a San Marco dove finalmente gli americani ebbero un momento di stupore e
di meraviglia nel vedere la piazza e la Basilica. Un cicerone improvvisato raccontò agli stranieri
delle bellezze artistiche e dei Dogi (paragonati da Cody ai presidenti delle Repubblica Usa). Di
seguito, col gondoliere e col cicerone, tornarono a trovare Missy e l’altro indiano e tutti insieme
mangiarono una trattoria a mangiare una frittura di pesce con polenta. Ci fu un intermezzo
spiacevole: mentre stavano per ripartire, un pellerossa abbracciò una donna. Buffalo Bill estrasse la
Colt che portava e gli intimò di lasciarla. L’indiano così fece quindi si inginocchiò e chiese scusa a
Buffalo Bill. Tornati gli animi in pace, Buffalo Bill, Missy e gli indiani (i primi in carrozza, gli altri
a cavallo) tornarono a Treviso da qui ripartirono il giorno dopo per Trieste dove si concluse il tour
italiano.
Cronaca e aneddoti di un grande personaggio, ormai al declino, all’età di 60 anni, con il
parrucchino, quasi sempre ubriaco, litigioso con la moglie. Ma era e resterà Buffalo Bill, un’icona
del mito americano.
Aneddoti:
Vedendolo in un show, il Conte Caetani di Sermoneta ebbe l’idea di una gara tra i cow-boys
americani e maremmani, ove i butteri maremmani dovettero domare i cavalli dei cow-boys
americani e viceversa. Chi vinceva avrebbe ricevuto un premio di mille lire che corrispondono oggi
a circa cinquemila euro, più l’incasso.
Dato che non si era pensato di stabilire i termini di gara, alla fine non ci furono vincitori. Buffalo
Bill scappò con tutti i soldi, dicendo addirittura di essere stato truffato.