Cuore Biancorosso N° 6

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Cuore Biancorosso N° 6
biancorosso
C
ssmaceratese.it
uore
Quelli che... è questione di lato B. Chi si vede già
in promozione. Chi parla di metodo Bucchi.
IL FATTORE B
SFUMATURE biancorosse
Sesso sì o no prima della gara?
L’Attaccante
PROVACI ANCORA
FIORETTI
N° 6 - Novembre 2015
Dal mese di novembre
troverai sempre disponibile il servizio
di prevenzione Salute Cardiovascolare:
• Misurazione colesterolemia totale
• Misurazione pressione arteriosa
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del Benessere Cardiovascolare
l’editoriale
UNA PASSIONE CHE SI TRAMANDA
DI PADRE IN FIGLIO
A
d inizio campionato, dopo le note vicende estive che mi
hanno visto impegnato insieme a mio padre Giancarlo
in veste di legale della Maceratese, la presidente Tardella
di
mi ha chiesto di entrare a far parte dello staff dirigenziale
Massimo
biancorosso. Ho accettato con piacere ed entusiasmo,
NASCIMBENI
pur consapevole dell’impegno professionale che la carica di
consigliere di amministrazione, che mi onoro di ricoprire, comporta,
specialmente in questa fase iniziale in cui occorre strutturare la società
per poter assolvere ai numerosi e complessi adempimenti amministrativi del
campionato professionistico che stiamo disputando. D’altronde, anche per
tradizione familiare, i colori biancorossi me li sento cuciti addosso da sempre. Mi
lega a questa maglia un amore sbocciato sin da bambino, quando mio padre mi
portava al campo a vedere la partita accanto a lui in panchina. E poi il lunedì
in sede, alla “Sportiva” di palazzo de Vico, dove il buon Piero aveva sempre
un sorriso ed una carezza per me. E il giovedì all’allenamento, ad assistere alle
sapienti lezioni tattiche dell’indimenticato Maestro Seri. E ancora, la domenica
mattina, prima della gara, al ristorante con la squadra dove, al riparo dagli
sguardi dei mister Pino Brizi e Alberto Prenna, i calciatori più smaliziati mi
chiedevano la formazione che sarebbe scesa in campo di lì a qualche ora ed io,
per primo, la svelavo innocentemente: Gabban, Santini, Marini... Che emozione
veder sfilare negli spogliatoi gli idoli della mia infanzia: Giovanni Pagliari,
Moreno Morbiducci, Stefano Cittadini, Augusto Sabbatini, Giancarlo Faustinella
e molti altri ai quali oggi, a distanza di tanto tempo, mi legano sentimenti di
amicizia ed affetto. Quella stessa luce ho rivisto pochi giorni fa, non senza un filo
di commozione, negli occhi di bimbo felici e sognanti di mio figlio Carlo davanti
a mister Bucchi ed ai suoi idoli di oggi, Kouko e Buonaiuto, quando per la prima
volta l’ho accompagnato all’allenamento, il lunedì successivo alla storica vittoria
contro la Spal. Evidentemente, l’amore per la squadra della nostra città e le
emozioni, che solo questi colori sanno regalare, si trasmettono, immutati, di padre
in figlio. Concludo con un sentito ringraziamento alla Presidente, allo staff tecnico
ed ai ragazzi per questo straordinario inizio di campionato, unito al più sincero
augurio a tutti gli sportivi biancorossi di vivere un’altra stagione indimenticabile.
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biancorosso
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Tu vo’ fa il maceratese
di
Andrea Barchiesi
Un aquilano
a Macerata
B
asta poco
per sentirsi
a casa. Abitare in una villetta vicino ad uno dei simboli
della città, lo Sferisterio. Essere
appena sposati e aspettare la nascita
del primo figlio, dopo un lungo trasloco dalla città delle 99 cannelle a quella
della lirica. Soprattutto essere il capitano della S.S. Maceratese. L’ispettore
capo di polizia Valdo Cherubini (nella
foto) racchiudeva tutte queste caratteristiche ed era stato chiamato nel 1982
per continuare ad alimentare il sogno
biancorosso: “Macerata è come l’Aquila, bellissima!”, si confida il giocatore
che ha indossato in carriera entrambe le maglie. Lunghe passeggiate nel
centro storico, frequentazioni con gli
sportivi ed i ricordi di Alberto Prenna,
Tonino Seri e l’avvocato Giancarlo Nascimbeni. Chi in quegli anni incrociava
l’Helvia Recina non poteva non incontrare questi personaggi che hanno fatto
la storia del calcio biancorosso.
Dinoccolato, alto e con buona tecnica di base e necessarie geometrie, il
regista abruzzese ha lasciato un buon
ricordo in una stagione in cui i tifosi
dovettero prima di tutto elaborare il
lutto sportivo di Giovanni Pagliari e
Moreno Morbiducci. Era dura giocare con la mente dei supporters volta
agli anni precedenti e mai proiettata in
avanti. Un anno così così, nonostante
quella squadra fosse potenzialmente organizzata nel migliore dei modi.
Ma Macerata e la Maceratese sanno
offrire ai loro ospiti
atmosfere ovattate e
colme di affetto, come
lo stesso Valdo ricorda
con piacere: “La Maceratese va forte, aspetterò qui a
L’Aquila il risultato. Al ritorno verrò a
vedere anche il match, ma non scorderò mai la bellezza di Macerata”. Bella,
magica ed esigente come poche piazze
sportive.
Non Piazza della Libertà che pure merita un discorso culturale ed artistico
a parte, ma quella del Web sostituisce
completamente il passato. Ormai il
2.0 spopola a tal punto che qualsiasi
maceratese posizionato oltre i confini
nazionali, regionali e provinciali, non
può fare a meno di leggere i commenti
che vengono espressi per analizzare il
confronto dei biancorossi.
Anche in questo modo ci si sente più
a casa, nonostante la distanza geografica. Ecco, usciti dalla finestra di casa
si rientra dalla porta del Web. E non
è solo un mondo virtuale visto che gli
spunti riflettono gli stati d’animo di
persone che si conoscono.
Una volta c’era il bar dello sport e appeso al muro finite le partite si aspettava con ansia il risultato della Maceratese su un tabellone nero: se giocava in
casa arrivava subito, se fuori occorreva
un po’ di tempo. Lì in viale Trieste si
radunavano i tifosi come al bar camposportivo. Il rito si ripeteva domenicalmente, anche se i tifosi più vicini
non si lasciavano sfuggire l’occasione
di seguire i beniamini all’Helvia Recina. “Mi ricordo uno stadio bellissimo”,
dice Cherubini. Nessuno gli spiega che
quello stadio è stato ingabbiato, così
tanto che qualcuno potrebbe immaginare che lì possa esistere un recinto
di leoni. Cambiano i tempi ma non la
sostanza: il vecchio cuore biancorosso
palpita senza sosta e con l’epoca moderna valica qualsiasi confine.
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Miserie & Nobiltà
Metti una sera a cena con...
Vujiadin
Boskov
U
na sera a cena con Vujadin
Boskov. Figurarsi, un giovane e sbarbatello cronista
di provincia che ha la possibilità di partecipare ad un conviviale
con un autentico Santone del calcio
internazionale (giusto per dire ha vinto campionati in Italia ed in Spagna,
Coppe Nazionali in Olanda e nel suo
palmares la Coppa delle Coppe con la
Sampdoria nel ‘90). Guadagnato, a fatica, un posto vicino al “vate”, con la
sfrontatezza di chi non si è fatto mai
troppi problemi, c’era un dilemma da
risolvere. Come rompere il ghiaccio?
Allora, timidamente ma non troppo,
cerco di tirar fuori l’asso nella manica
ossia il mio ottavo di sangue slavo (da
parte materna) sperando di non urtare certe suscettibilità (le ferite della
guerra nella ex Jugoslavia erano anco-
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ra sanguinanti). “Davvero? E’ di dove
era sua nonna?” mi dice. “Di Zara”,
faccio io, “ma originaria di un villaggio vicino Belgrado. “E così, complice
il Montepulciano d’Abruzzo ed un’atmosfera amichevole, mi spara addosso
una raffica dei suoi celeberrimi aforismi che, a quasi 20 anni di distanza,
non ho ancora rimosso dalla memoria.
“Mister”, attacco, “com’è possibile che
nonostante tattiche, esperimenti, studi e simposi il calcio resta la disciplina
più imponderabile che si conosca?”.
“Calcio amico mio si gioca con piedi
y gobernar la palla è arte difficile. Un
buon allenatore è colui che anzitutto
sa gestire lo spogliatoio e che è capace
di far sentire importante anche il magazziniere.”
Già, dico io ma adesso con la zona, la
preparazione atletica curata alla perfe-
zione non si può non fare attenzione ai
dettagli, soprattutto ai massimi livelli... “Seguro ma quando hai a che fare
con grandi campioni non devi mai
mortificare il loro talento. Se hai Maradona, o Gullit che gli vai a parlare di
4-3-3 o 4-4-2? Suvvia...”. “Però mister
lei ha avuto a che fare anche con Perdomo...” (all’epoca giocatore uruguagio
alle sue dipendenze al Genoa e diventato, suo malgrado, popolarissimo perchè
Boskov disse che poteva giocare al calcio
solo nella sua villa con il cane). “Beh,
quello era un caso particolare. In fondo non ce l’avevo con lui ma solo con
chi l’aveva portato in Italia ed in Serie
A”. “Lei fu anche un grande giocatore (quasi 60 presenze nella Nazionale
del suo Paese ed un argento olimpico)
e Peppin Meazza, definito da Brera il
più grande giocatore italiano, sostene-
di
va che un campione difficilmente riusciva nel mestiere di allenatore semplicemente perchè non avrebbe avuto
pazienza nell’insegnare cose che gli
sembravano scontate...”. “Non è vero,
dipende dalle persone. Beckenbauer ha
appena vinto un Mondiale (Italia ‘90
per la precisione) e Mario Zagalo è stato un divo del Brasile. Se sei schiappa
rimani schiappa (il termine che utilizzò
fu un po’ diverso in verità) a prescindere dal ruolo.”
Nel frattempo la “comida” era già ad
un punto molto avanzato come pure
la loquacità di questo autentico giramondo del calcio. “Ma è vero mister
ciò che raccontava Mannini circa i suoi
piani-partita alla Sampdoria?”. “Certo
che sì. Dunque... Vierchowod e Mannini non dovevano far toccar palla
agli attaccanti avversari, poi dovevano
dare sfera a Cerezo che la doveva buttare in avanti, tanto Mancini e Vialli
fanno gol.” Facile no... “Ma lei come
riconosce un grande giocatore da un
mediocre... (e qui ti spara una di quelle frasi che hanno fatto la storia): “Un
campione vede autostrade dove altri
vedono solo sentieri”. Prego? “Proprio
così, il calcio ti dà mille possibilità ma
solo se le sai almeno intravedere. Molti
sono ciechi eh eh eh...”. “Ma è vera la
storia delle sue telefonate notturne ai
giocatori per tenerli sotto controllo?”.
“Urka... Verissima. Segreto per giocare
bene è vita privata. Sino alle 23,30 tutti
liberi poi partono le telefonate, all’apparecchio fisso ovviamente”. Intanto è
passata da un bel po’ la mezzanotte e
l’oste, giustamente, inizia a fare segni
amichevolmente minacciosi a tutta
la comitiva ed al giornalista ciarliero
così decido di sparare le ultime cartucce. “E’ sempre convinto che rigore
è solo quando arbitro fischia oppure
bisognerà, prima o poi, arrendersi alla
moviola in campo?”. “Noooo, il calcio
deve restare un gioco”. Mi dica in un
orecchio, perchè uno come lei è venuto
ad allenare l’Ascoli...”. “Allodi mi aveva
promesso il posto alla Juve dopo Trapattoni e dovevo farmi le ossa in provincia. Tutti debbono farsi le ossa”. E
ci vengono in mente carriere tanto fulminee quanto brevi. “Boskov, cosa farà
da grande?”. “Scriverò un bel libro rac-
Andrea Verdolini
contando tanti anni di sport senza peli
sulla lingua”. Purtroppo il “vecchio”
Vujadin non ce l’ha fatta: l’Alzheimer
se l’è portato via ad 82 anni dopo una
vita straordinaria e, pensate, nessuna
ammonizione a suo carico in 15 anni
di professionismo (proprio altri tempi). Quando ho appreso la notizia mi è
venuto in mente un suo vecchio detto:
“La mia più grossa preoccupazione è
prendere un gol in meno dell’avversario”. In fondo i grandi trionfi nascono
sempre dalla difesa. Di suoi seguaci ne
ho conosciuti tanti: chissà se tra questi
ci sarà anche Cristian Bucchi.
campione
“vedeUnautostrade
dove altri vedono
solo sentieri
”
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biancorosso
L’ATTACCANTE
Provaci ancora
FIORETTI
Non è impresa
da poco avvicinarsi
in porta e fare
sempre rete.
Impresa che invece
è riuscita a Giordano
Fioretti con la
maglia rossoblu
quando era in C2.
Grandi goal che si
possono ripetere
ancora.
A Dio piacendo.
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l’intervista
L
di Alessandro Savi
o vedi in area di rigore e immagini un uomo duro, severo,
autoritario. Le sue giocate, soprattutto negli ultimi venti metri, sono
autentiche rasoiate tipiche di chi non
perdona mai. Eppure, parlandoci amichevolmente, ti accorgi che Giordano
Fioretti è una persona semplice, pronta a mettersi in discussione. Un uomo
che ringrazia Dio e i suoi compagni
di squadra per ogni perla che riesce a
confezionare. Per uno così, Macerata è
l’ambiente ideale. Quando gli chiediamo come si trova da noi, la risposta è
scontata: “Fin da subito ho avuto una
buona impressione. Sia i compagni
che la società mi hanno fatto capire
che il progetto era serio: non ho avuto
alcun problema nel firmare il contratto e diventare un giocatore della Maceratese.”
L’impatto con la città?
Eccellente. Una città vivibile, a misura
d’uomo. E poi è molto vicina a Roma.
“
Ho segnato 33 reti in 39 partite:
quella a Gavorrano, in serie C2,
fu un’annata straordinaria
”
Ti senti sostenuto dalla tifoseria o ti
aspettavi qualcosa di più?
Scherzi? Sapevo che la Maceratese era
seguita ma non mi aspettavo tanto
calore. A prescindere dai risultati che
vanno oltre le previsioni, ogni sabato e
domenica c’è sempre una buona cornice di pubblico che riesce a trasmetterti motivazioni importanti.
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biancorosso
Sei il classico bomber d’area di rigore, ricordi molto da vicino un certo
Christian Vieri…
Con le dovute proporzioni, il paragone mi lusinga. Però se devo essere
obiettivo mi sento più vicino a Filippo
Inzaghi. Mi piace svariare anche lontano dall’area, non sono solo un “rapinatore” di goal.
Chi è
Giordano Fioretti
È nato a Roma il 7 ottobre 1985.
Ha esordito in serie D con la maglia dell’Astrea nella stagione
2002/2003. Dopo alcuni anni di
esperienza in categorie minori (Bassano Romano e Marta Calcio in Eccellenza e Promozione) è approdato tra i professionisti nella stagione
2008/09 e ha subito vinto il campionato di serie C2 con la maglia del
Figline. Nel 2010/11 e nel 2011/12
ha disputato due stagioni in C2 con
la maglia del Gavorrano e, nelle due
stagioni successive, due ottimi campionati in C1 con il Catanzaro realizzando complessivamente 24 reti
in 56 gare. Lo scorso anno è stato
acquistato dalla SPAL (8 reti in 28
gare). Dal 25 agosto è un giocatore
della Maceratese.
Hai sempre realizzato un discreto
numero di reti ma c’è stata una stagione in cui sei stato capace di marcare 33 volte in 39 partite. Vuoi provare a fare qualcosa del genere anche
a Macerata?
E’ vero, fu a Gavorrano, in serie C2:
un’annata straordinaria. Sono cose
che ti riescono di solito una sola volta nell’intera vita calcistica. Magari
riuscissi a ripetermi anche a Macerata.
Ricordo che quella fu un’annata perfetta, ogni volta che tiravo in porta
riuscivo a segnare. Magari sono stato
assistito dal Signore…
A Catanzaro ti chiamavano “Terminator”…
Un soprannome che a me piaceva tantissimo. Una piazza molto calda alla
quale sono rimasto legato, dispiace
oggi vederli in difficoltà ma quando si
lavora male a livello societario, certe
conseguenze sono inevitabili.
Leggendo i dati della tua carriera, oltre ai gol, spicca un altro elemento:
due sole espulsioni.
Ho preso tante botte ma non reagisco
quasi mai. Sono piuttosto tranquillo, anche in campo, reagire alle provocazioni può mettere in difficoltà i
tuoi compagni, occorre mantenere un
equilibrio sempre e comunque. Guai
perdere la testa: provoca sempre conseguenze svantaggiose.
Dal bomber Fioretti all’uomo Fioretti: tua moglie dice che sei una perso-
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na con tanti pregi ma un pò testarda.
Può darsi. A mio parere essere testardi
significa avere grinta e determinazione che aiutano tantissimo a raggiungere gli obiettivi.
Comunque conduco una vita tranquilla, adoro mia moglie e siamo legatissimi al nostro cagnolino Alan.
Uno stile di vita più che rigoroso: dieta
sana, a letto presto e niente vizi. Sono
aspetti fondamentali per andare avanti in questo sport.
Il momento più bello e quello più difficile della tua carriera.
Il più bello risale sicuramente all’anno
dei 33 gol. Resto imbattuto in quella
categoria (la serie C2) e rimarrò tale
perché non esiste più. Non ci sono
momenti particolari perché tutta la
stagione fu per me particolare: se non
erro, superai addirittura Riganò della
Florentia Viola (l’attuale Fiorentina,
ndr) che si fermò a quota 30 reti. Di
momenti meno positivi non ne ricordo. Ringraziando il Signore, ad eccezione di un infortunio che mi tenne
lontano dai play off a Catanzaro, posso dire di non averne mai vissuti.
Sono due volte, in pochi minuti, che
ringrazi Dio. Sei un buon credente?
Si, mi sono avvicinato molto a Dio.
Penso che non tutto dipenda da noi,
che Qualcuno ci guidi. Vale anche nel
calcio: aiutati che il ciel ti aiuta.
Giordano con la moglie Beatrice
Gismondi
Lino & Simone
ALIMENTARI
TABACCHERIA
EDICOLA
Via Nazionale 13 - Tel. 0733 201300 - Casette Verdini - Pollenza
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biancorosso
CRISTIAN BUCCHI
CHI SI
ACCONTENTA
(NON) GODE
Vincere è questione di lato B? “La Fortuna è cieca se non la sai guidare non vai da nessuna parte”, replica. Mirare alla B? “Lavoriamo
per salvarci ma pensiamo in grande”. Apologia di Cristian Bucchi,
il vero fattore B della Maceratese. E se vi serve un motivo per crederci, noi ve ne diamo dieci.
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di Nazzarena Luchetti
E’ uno stratega.
Le sue sono mosse perfette, da grande stratega. Sa che
dietro ad ogni successo c’è un metodo
e lui, scelta la strada, obbliga tutti a seguirla. Preferisce il blocco squadra che
sappia attaccare e difendere insieme.
Esamina da ogni prospettiva la squadra
avversaria e imposta la partita senza
stravolgere gli equilibri della sua. E a
chi gli fa notare che finora non s’è visto
un calcio molto dinamico e creativo lui
replica che, alla fine, conta solo questo:
pressare, segnare, convincere.
❷ Non si accontenta.
Ma non lo dice. Non per politically correct, né per scaramanzia, ma per non
creare illusioni che i più, non alla sua
altezza, non saprebbero gestire. Dietro
a tutto il suo lavoro certosino c’è il desiderio di non negarsi nessun orizzonte.
E allora anche un pareggio diventa non
un punto guadagnato ma due punti
persi. Ma c’è di più. Stadio Helvia Recina, fine del primo tempo: mentre vince
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2 a 0 contro il Pontedera, furioso, entra
nello spogliatoio e prende a calci magliette, scarpe e palloni perché, a suo
parere, i ragazzi non pressano abbastanza. “Su un 2 a 0 mi piacerebbe che
la partita andasse sul 4 a zero”, dichiara
poi. Altro che giocare per vincere.
❸ E’ un perfezionista.
Rigore, impegno, passione e quel tanto
di sregolatezza che serve per avvalorarne il genio. Nonostante abbia già dimostrato molto (qualcuno ricorda i cori
dei tifosi: “E segna sempre lui, segna
sempre lui, si chiama Cristian Bucchi!”,
quando, a fine anni 90, con la maglia
del Settempeda faceva goal a raffica), sa
che si può, e si deve, far meglio. In sala
stampa palesa una leggera impazienza
verso i giornalisti insistenti: non fa eccezione la sottoscritta, costretta a implorare per giorni una sua foto.
E’ già un divo.
❹ E’ un capobranco.
E vuole “Undici animali in campo”,
il personaggio
come ricorda spesso ai suoi ragazzi.
Al contrario di un domatore di leoni,
il Mister vuole tirar fuori l’istinto selvaggio dei suoi uomini. Un modo per
affermare che l’uomo è simile al lupo:
seguite gli ordini del capobranco e poi
cacciate in gruppo. Dentro il campo
nessuna pietà. E fuori, “Mai abbassare
la guardia”.
❺ Ascolta tutti ma fa di testa sua.
Dai giocatori al preparatore atletico,
dalla fisioterapista al massaggiatore,
dall’amministratore delegato al team
manager: rispetta il lavoro di ogni singola persona consapevole che ognuno è
un valore aggiunto. Ha le idee chiare il
Mister ma ascolta tutti perché il consiglio giusto può arrivare dalla persona/
situazione che meno ti aspetti. Il passo
successivo è che le sue convinzioni alimentano il senso di sicurezza dell’intera squadra.
❻ E’ un buongustaio.
Se lo fate infuriare sappiate che potete
farvi perdonare davanti ad una carbonara, il suo piatto preferito. Ma non
invitatelo se non siete ben sicuri di fare
una buona figura. Sua moglie, bravissima ai fornelli, lo ha abituato a un palato
super fino.
❼ Sa motivare.
E non importa se per farlo occorre
usare espressioni forti. “Siete mosci!”,
è l’esclamazione con cui solitamente il
Mister fulmina la squadra mettendone
alla prova emozioni e reazioni. Si rivolge, per carota o bastone, a ognuno di
loro perché: “Reputo tutti titolari e non
delle alternative”.
Mantiene alta la concentrazione evitando che si rilassino troppo e si adagiano sulle vittorie. Trasmette positività ma capisce quando è il momento
di smorzare l’euforia che può dare alla
testa. C’è ancora tanto da lavorare: “Bisogna dimenticare subito lodi e vittorie
e ributtarsi anima e corpo nella prossima partita”
❽ Sa tenere testa alla Presidente.
Come dice la dott.ssa Tardella: “Per
vincere è importante il talento, ma per
ripetere le vittorie ci vuole carattere”. A
lei sono bastate poco ore per capire che
il Mister era l’uomo giusto al momento
giusto. Ma il confronto, tra due caratteri forti, può trasformarsi facilmente
in scontro: Bucchi è schietto, dice quello che pensa e va dritto al punto. Lei fa
altrettanto. E così ci prendono gusto a
fare il braccio di ferro e quando sembra che non ci sia verso di capirsi, lui
in conferenza stampa le fa una dichiarazione di apprezzamento che neanche
il migliore degli adulatori. Quando ci
si stima, dirsele di santa ragione non è
distruttivo, ma stimolante.
❾ E’ convinto che “Lassù Qualcuno
ci ama”.
Risultati vincenti frutto di lato B e fortuna? “Non credo alla sorte ma al duro
lavoro che alla fine paga sempre”. E se
proprio c’è da ammettere una spinta,
propendo per quella Divina. “Credere
in Dio ti dà serenità”, ammette, e questo coincide con il bracciale raffigurante immagini di santi che porta sempre
al polso. Credete, e vincerete.
❿ Ha già lanciato lo stile Bucchi.
Qualità tecniche, carattere e alcune
perle di saggezza degne di un maìtre a
penser: “Ragazzi non fate mai in modo
che siano gli altri a scegliere per voi”,
ripete più volte ai suoi uomini. “Sono
io che determino la mia vita e voi dovete fare altrettanto”.
Un modo per ribadire che, per non
subire le scelte, occorre avere fiducia
nei propri mezzi. Non sono semplici
modi di dire: il mister sta affermando
un modello. Chi lo seguiva da calciatore, con la maglia numero 9, ricorda
quando diceva: “Tanto so che, se non
è la prima o la seconda, alla terza occasione il portiere lo trafiggo”. Mutatis
mutandis, da timoniere ha detto: “Gli
altri sono bravi, ma lo siamo anche
noi”. Se n’è accorta, a sue spese, la Spal,
nonostante il biancoazzurro Castagnatti inputa la sconfitta non alla bravura dei biancorossi ma al disastrato
manto dell’Helvia Recina paragonato
a un campo di patate. La squadra invece c’è e assomiglia sempre più al suo
allenatore: appassionata, puntigliosa e
di carattere. E non dà mai niente per
scontato. Perché quello che sorprende
di Bucchi, e di questa Maceratese, è che
quando pensi di aver capito tutto è la
volta buona che non hai capito niente.
Chi è
Cristian Bucchi
È nato a Roma il 30 maggio 1977.
Come calciatore è cresciuto nelle
fila della Sambenedettese dove ha
esordito nel Campionato Nazionale
Dilettanti nel 1995. I tanti gol realizzati successivamente - con la maglia della Settempeda in Promozione - hanno convinto Luciano Gaucci, ex patron del Perugia, a portarlo
in serie A dove Cristian ha realizzato
5 reti nella prima stagione con i grifoni. Poi un numero stellare di cambi
di casacca: Vicenza, Ternana, Catania, Cagliari, Ancona, Ascoli, Modena, Napoli, Siena, Bologna, Cesena
e Pescara. Complessivamente ha
marcato 59 presenze ed 11 reti in
serie A e 266 presenze con 90 reti
in serie B.
La sua carriera di allenatore è iniziata nel 2012 come tecnico della
primavera del Pescara. A seguito
dell’esonero del tecnico della prima squadra Cristiano Bergodi, viene promosso ed esordisce in serie
A nel marzo 2013 nella sconfitta a
Bergamo contro l’Atalanta.
Per gli abruzzesi è una stagione
disgraziata e Bucchi riuscirà a conquistare soltanto un punto in 11
partite non riuscendo ad evitare la
retrocessione. Nella stagione successiva viene ingaggiato dal Gubbio
(prima divisione di Lega Pro) ma la
sua esperienza in terra umbra dura
fino al gennaio 2014 quando viene
esonerato. Lo scorso anno, subentrato all’allenatore Vincenzo Cosco,
ha guidato la Torres alla salvezza
nel campionato di Lega Pro.
Dal mese di luglio 2015 è allenatore
della Maceratese.
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Piediripa-Macerata, Via Cluentina 16/aVendite,officina, carrozzeria, gommista, ricambi, revisioni 0733 286800
La sicurezza negli stadi
e l’atteggiamento (maceratese)
che fa la differenza
l maceratese è un cittadino paziente, combina,
con stile, snobismo ed ironia abituandosi facilmente alle cose. A testimonianza di questo atteggiamento potrei citare molti esempi, mi limito
a due: la trasformazione dell’amata passeggiata al sole in
“pista parabolica’ e l’atavica assenza di parcheggi e piscine.
Entrambe con l’altalenante fase di polemiche e rassegnazione. Accadimenti pubblici che avrebbero portato a sommosse popolari in città più “frizzanti”, ma nella nostra serena
Macerata, dopo qualche scaramuccia giornalistica, dichiarazioni sbraitate del politico di turno e qualche battuta sui
social, si ritorna sempre alla immobile quiete cittadina.
Probabilmente sarà così anche per la questione del nostro
amato HR: l’indolenza prevarrà sulle tante buone volontà
e lo stadio, trasformato in un bunker a tempo di record per
ottemperare alla legge, rimarrà un’opera incompiuta in fatto
di illuminazione e qualità del campo. Fino a quanto, non è
(ancora) lecito sapere. Ricordo, ormai molti anni fa, quando
mio nonno mi portava in quel luogo affascinante che è lo
Stadio dei Pini a raccogliere pinoli o quando insieme al mio
babbo andavamo a vedere la Maceratese, tutta orgogliosa
nel mio cappottino biancorosso con quell’eccitazione collettiva che pian piano mi entrava nell’anima e che non mi
avrebbe più lasciato (che bello vedere le felpe biancorosse in
Piazza del Campo!). Il tempo passa, le cose cambiano e così
pure negli stadi che, nel frattempo, sono diventati sempre
più terreno di scontro per frange ultras. Tra la “schedatura”
richiesta dalla Lega con la tessera del tifoso, i pre - filtraggi
con documenti alla mano e i tanti, troppi cancelli che separano tutto da tutti ci si chiede se tutto questo abbia un
senso reale. Indubbiamente si e, senza addentrarci troppo
nei dolorosi fatti dell’attentato terroristico di Parigi, vorrei
ricordare che senza la prontezza e la ferrea applicazione delle regole di uno steward, che ha contribuito a fermare una
persona sospetta (rivelatosi poi uno dei terroristi dell’orrendo attentato) impendendogli l’accesso allo stadio, la strage
sarebbe stata di ben più gravi proporzioni. I tempi di oggi
impongono sicuramente misure di sicurezza più drastiche
e globalizzate ma prevenire non vuol dire, però, impedire
indistintamente. Tra lo stadio di un tempo libero e senza
vincoli e il fatto di respingere un bimbo di 16 mesi in braccio alla mamma perché “non munito di tagliando”, c’è una
bella differenza dove il buon senso imporrebbe l’eccezione
alla regola. E ritorniamo alla nostra cara città dove proprio
I
di BiancaRossa
il buon senso, più volte evidenziato nella nostra rivista, sembra scarseggiare. Se, ad esempio, questo fosse presente non
sarebbero negati gli accessi agli anziani: permettere di parcheggiare nei pressi dello stadio favorisce sicuramente le
categorie più deboli. E’ triste notare l’assenza di quei vecchi
e cari tifosi, i “direttori tecnici” della tribuna che non possono venire senz’auto. Cosa dovrei dire
a mio nonno se fosse ancora con me e Io entro allo stad
io
Nome: Pistacoppo
che adorava il calcio: “Scusa la dome- Cog
nome: Superstar
Nato a Macerata il 13/09/
nica niente Rata perché le tue gambe Res
2015
idente all’ Helvia Recina
,
non riescono più ad affrontare le sa- Via dei Velini Macer
ata
lite di Via dei Velini?”. E’ vero, caro
nonno, tu non sai cos’è la Rata, ai
tuoi tempi si urlava più formalmente: “Forza mace-ra-te-se” e a chi
strillava un po’
più forte magari
volava qualche
schiaffo sugli spalti ma si applicavano
quelle regole non scritte che
allo stadio, al bar, all’oratorio hanno
fatto crescere, educandoli, tanti
italiani. Ci si abitua a tutto, ci
abitueremo anche alle regole
restrittive della Lega. Chiediamo però, a tutte le figure deputate al controllo, meno formalismi e l’atteggiamento giusto che tenga conto degli animi quieti dei maceratesi.
Sarebbe cosa gradita, inoltre, al fine di garantire il decoro
e il rispetto di tutti, vietare quegli striscioni che ledono la
dignità della società. A tal proposito, c’è da dire che, nelle
trasferte, oltre ad aver notato un atteggiamento benevolo nei
nostri confronti e di tutti i tifosi della Rata da parte degli
steward e della polizia, di striscioni che inneggiano frasi offensive non ce n’è mai stata traccia. Ritenendo improbabile
che i tifosi siano tutti modello di correttezza, è più facile
pensare che le forze dell’ordine deputate al controllo ne abbiano preventivamente vietato l’ingresso allo stadio.
Concludo invitando tutti a godere dell’inaspettata “aria fresca” che si respira in cima alla vetta: come dicono gli addetti, il termometro segna -19. I nostri “undici” combattono in
campo e noi, pazientemente, continueremo ad andare l’HR.
Da bravi maceratesi.
15
16
12A GIORNATA
Sabato 21 Novembre 2015 ore 15.00
L
a storia dell’Aquila Calcio 1927 ricorda, sia pur in minore, quella del
Grande Torino. Come i granata di
Valentino Mazzola, anche gli abruzzesi furono vittime di un terribile incidente (ferroviario, non aereo) che decimò la più forte
squadra mai avuta. L’Aquila, infatti, fu la
prima squadra abruzzese a conquistare
la serie B nel lontanissimo 1934/35 ma
la terza stagione consecutiva in serie cadetta venne indelebilmente segnata dalla
tragedia di Contigliano in cui, a causa di
un errore di un capostazione, persero la
vita otto giocatori e rimasero gravemente
feriti tanti altri. La squadra rossoblu può
vantare, nel suo palmares, due sfide nei
sedicesimi di finale di Coppa Italia contro
l’Ambrosiana Inter di Giuseppe Meazza e
la Juventus, entrambe nel 1937. La storia
recente dell’Aquila Calcio è legata ad un
pezzo di storia della Maceratese: nel corso della stagione 2012/13, infatti, la panchina rossoblu venne affidata al “nostro”
Giovanni Pagliari che fu protagonista di un
cammino travolgente: play-off e conquista della Prima Divisione della Lega Pro
dopo due storici derby vinti contro Chieti
e Teramo. L’anno successivo (stagione
2013/14), L’Aquila raggiunse i play-off e
si giocò la serie B ma venne eliminata ai
quarti di finale dal Pisa. Il primo anno della
Lega Pro riunificata, i rossoblu lo hanno
concluso al settimo posto dopo un inspiegabile esonero di Pagliari. La società
abruzzese ha iniziato l’attuale campionato
con un punto di penalizzazione comminato dalla Corte d’Appello Federale della
FIGC a causa di un illecito sportivo.
L’AQUILA CALCIO 1927
SALVATORE SANDOMENICO
NICHOLAS BENSAJA
L'opinione
di Giulio Spadoni
1937
JUVENTUS - l’AQUILA
La rosa
PORTIERI: Giovanni Zandrini (1989), Luca Savelloni (1995)
DIFENSORI: Adedoyin Sanni (1995), Dennis Di Mercurio (1993),
Giacomo Ligorio (1993), Giordano Maccarrone (1990), Marco Bigoni (1990),
Myles Anderson (1990), Simone Piva (1984)
CENTROCAMPISTI: Alberto De Francesco (1994), Cristian Stivaletta (1995),
Hrvoje Milicevic (1993), Luigi Palestini (1994), Manuel Mancini (1983),
Marco Iannascoli (1994), Nicholas Bensaja (1995), Nicola Cosentini (1988)
ATTACCANTI: Andrea Mancini (1996), Claudio De Sousa (1985),
Raffaele Perna (1986), Salvatore Sandomenico (1990),
Tommaso Ceccarelli (1992), Vittorio Triarico (1989).
ALLENATORE: Carlo Perrone
L’Aquila Calcio sta vivendo un momento particolare a
causa delle ben note vicende
legate all’inchiesta in corso.
Per il resto, è una squadra
che ha cambiato tanto rispetto alla scorsa stagione. La sua
diversa fisionomia la si deve
principalmente ad una grande
attenzione nei confronti dei
giovani più interessanti della
serie D. Stivaletta e Bensaja
– due tra i più forti avversari
tra le rivali della Maceratese
dello scorso anno – sono stati
ingaggiati dai rossoblu e stanno facendo molto bene. In
più hanno mantenuto alcuni
giocatori importanti del campionato passato come Sandomenico che è una colonna
fondamentale della squadra
attuale. E’ una squadra attrezzata, nella media di questo campionato che appare
molto equilibrato.
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biancorosso
50 SFUMATUR
Sesso si o no prima della gara? Meglio astenersi per non
compromettere il rendimento o è preferibile “consumare”
per scaricare la tensione? Per stare sicuri, come suggerisce
il fisioterapista Nazzareno Rocchetti, meglio evitare, la sera
precedente la partita, di mettere in pratica l’intera trilogia
delle sfumature e magari rifarsi il giorno dopo.
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e
s
s
o
r
o
c
n
REbia
primo piano
di Nazzarena Luchetti
e fossimo ai tempi del Milan di Liedholm, i portieri sarebbero quelli più fortunati. Il leggendario
allenatore della squadra rossonera, infatti, aveva
compilato regole ben precise a seconda dei ruoli:
tra le 12 e le 48 ore precedenti la gara, per i centrocampisti
la castità era obbligatoria, niente sesso per attaccanti e difensori 12 ore prima della gara e nessuna controindicazione
per i portieri che potevano svagarsi tranquillamente tra le
S
lenzuola anche poco prima di scendere in campo. Il sesso
prima di una gara sin dai tempi più remoti è stato sempre
ritenuto responsabile di una dispersione di energia capace
di distrarre la mente ed indebolire il fisico dell’atleta.
Una convinzione comune a molti allenatori e preparatori
atletici che consigliavano ai propri atleti di praticare l’astinenza per essere al top della forma prima di un match importante.
19
biancorosso
Sesso vincente.
Ma non tutti, nella storia del calcio, erano dello stesso parere. Tra quelli favorevoli alle gioie amorose prima della
gara c’era Jorge Luis Pinto, allenatore colombiano, forse
non a caso soprannominato “Esplosivo”, che raccomandava il rapporto sessuale prima di coricarsi in quanto capace
di rilassare l’atleta, permettendogli un sonno riposante.
Ma ammoniva: “Niente avventure”. Secondo molti allenatori e medici sportivi, il sesso benefico è solo quello
con la compagna fissa. Favorevole al sesso pre gara, anche
il grande allenatore olandese Johan Cruijff che, nel 1974,
infischiandosi delle astinenze prima delle partite, apre le
porte del ritiro alle donne subendo non pochi attacchi. In
quell’anno, ai mondiali in Germania Ovest, gli olandesi arrivarono in finale, fermati soltanto dai padroni di casa, dimostrando che il sesso prima di una gara sportiva può avere
effetti positivi, soprattutto per lo spirito. Non sembra abbia
funzionato invece sul mondiale di Gianluca Vialli ad Italia
‘90, dove, più che “notti magiche” si parlò di notti bollenti
per un presunto flirt nei giorni di ritiro con la seducente
Alba Parietti. Anche l’ex ct azzurro Cesare Prandelli pare
sia stato favorevole a incontri amorosi permettendo a mogli e fidanzate di andare in ritiro con i compagni calciatori. Scelta, tra l’altro, appoggiata anche dall’esperto Arsenio
20
Veicsteinas, ordinario di fisiologia umana dell’Università
di Milano e presidente del comitato scientifico-culturale
della Federazione medico sportiva italiana.
Dimmi che sport fai, ti dirò se “farlo”.
Prima di un match, dunque, il sesso può avere un effetto
positivo ma dipende dallo sport praticato. Alcuni esperti
intervenuti lo scorso giugno a Napoli alla conferenza: “Il
benessere andrologico fra sport e corretta alimentazione’,
durante il XXXI Congresso della Società italiana di andrologia, hanno evidenziato che il sesso prima della partita
negli sport di squadra, come il calcio, il rugby o pallavolo,
potrebbe aumentare le probabilità di successo, perchè favorirebbe uno stato di rilassamento che giova all’andamento
del gruppo. Non altrettanto vale per gli sport individuali,
come ad esempio il tennis, dove invece è preferibile tenere
alti i livelli ormonali che consentirebbero un atteggiamento
più competitivo nei confronti dell’avversario.
Via libera se favorisce un buon sonno
La qualità del sonno è fondamentale prima della gara e se
il sesso disturba il normale ritmo sonno-veglia, sicuramente la prestazione viene penalizzata. Un sonno rigenerante
equivale a dormire almeno 7/8 ore la sera precedente una
primo piano
competizione. Chiaro è che se mezza notte viene impiegata
per praticare fantasie amorose le prestazioni sportive ne risentiranno. In questo caso è questione di incoscienza.
Le sfumature della squadra biancorossa.
“Personalmente non mi ha mai fatto male farlo, anzi. Mi
aiutava ad essere di buon umore prima di affrontare una
gara”, sono le parole di Ronaldinho, ex giocatore milanista,
in merito al sesso prima della gara. Cosa dicono invece i nostri ragazzi biancorossi? Le donne sono avvisate, l’anonimato è scelta obbligata e la sintesi del piacevole (si fa per dire)
incontro con i ragazzi pure. Altrimenti, care tifose, più che
un cuore biancorosso, vi sarebbe servito un cuore d’acciaio.
Quasi tutti concordano: fare sesso prima del match scarica
la tensione. Qualcun altro afferma che a far male è semmai
l’astinenza. Un altro ricorda la frase di un allenatore che
sosteneva: “Fare l’amore fa bene tutti i giorni, le prestazioni
no”. Ancora: “Fare sesso la sera che precede la gara aiuta a
dormire meglio, quindi sei più sveglio il giorno dopo”. “Se
lo fai il venerdi”, dichiara un centocampista, “poi la domenica giochi bene, allora la volta successiva, anche non ne
hai voglia, lo fai per scaramanzia”. “Tutto ciò che non ti
debilita, ti rafforza. A me non ha mai debilitato”. Infine la
voce conclusiva: “Ciò che ti porta beneficio ti dà beneficio.
A me beneficia”. E cosi sia.
Il calcio, il più erotico degli sport.
La pensa così Fabio Bonifacci, sceneggiatore e scrittore che
nel suo “Lo zen e l’arte del dribbling. Appunti per una filosofia del calcio”, considera il calcio analogo ad un amplesso
erotico in quanto “prevede un equilibrato rapporto tra il
tempo dell’atto e il numero dei culmini. In una partita di
novanta minuti si realizzano in media da zero a tre goal,
sudati e faticati”. Secondo lo scrittore bolognese, il goal è la
più perfetta metafora dell’orgasmo che sia mai stata inventata. “Il goal è un apice”, afferma Bonifacci, “il momento in
cui le energie accumulate si liberano e per un attimo il tempo svanisce, annullato nella gioia della soddisfazione suprema. Un mistico direbbe che nell’attimo del goal il calciatore
supera il dualismo, esce dal divenire imperfetto del tempo,
si unisce per un istante alla perfezione dell’essere e si fonde
con la bellezza del creato”.
In pratica, il goal è una sorta di toccata e fuga in Paradiso,
esattamente come l’orgasmo. E se una vittoria o una sconfitta può esaltare o deprimere tifosi e giocatori, in ambedue
i casi il sesso rimane sempre un buon modo per festeggiare
o per consolarsi.
Nazzareno Rocchetti
Quella prestazione
da record del mondo
“Genova, 1978: triangolare tra
Germania, Francia, Italia. Il giorno prima della gara mi trovavo
al palazzetto insieme agli atleti,
uno in particolare era tesissimo. Ho provato con le mie tecniche di rilassamento muscolare,
niente da fare: l’agitazione non se
ne andava. Senza esitare, per allentare la tensione, ho proposto un’alternativa. Non so cosa
sia realmente accaduto quella notte ma voci di corridoio
(mai termine fu più appropriato) confermarono grida e
scintille dalla camera. Il giorno dopo quell’atleta fece la
miglior performance agonistica e otto giorni dopo a Milano realizzò, nella sua specialità, il record del mondo.
Probabilmente non fu la prestazione sessuale a ottimizzare quella sportiva ma l’esempio serve per confermare
che il sesso, anche prima di una gara, è soprattutto un
fatto mentale. E’ chiaro che non consiglierei di praticare
tutte le sfumature erotiche a un maratoneta che deve fare
42 km, a cui suggerirei di rimandarle al giorno dopo, ma
astenersi a priori è comunque una mancata soddisfazione. L’astinenza è un retaggio sbagliato, che giustificava
i super ritiri che gli allenatori imponevano ai giocatori
prima delle gare importanti. Negli anni 60/70 gli effetti post coito venivano equiparati al mangiare una bella
fiorentina (visto l’argomento, trattasi di bistecca) che i
preparatori atletici vietavano perchè considerata difficile
da digerire, sottoponendo il fegato a un super lavoro e
rendendo i muscoli meno efficienti. Con gli anni questa teoria è venuta meno e si è capito che non fare sesso
quando se ne ha voglia è una frustrazione mentale che fa
male più della perdita di un po’ di energia dopo focose
effusioni. Nella giusta misura si può fare di tutto. Non è
forse vero che l’amore vince su tutto?
Nato a Filottrano, 68 anni, Nazzareno Rocchetti è stato fisioterapista della
Nazionale Italiana di Atletica Leggera. Trai i suoi atleti più noti figurano Pietro
Mennea, Sara Simeoni, Gabriella Dorio, Giovanna Trillini, Gelindo Bordin,
Valentina Vezzali ecc. Da alcuni anni si dedica anche all’arte con successo. Attualmente vive e opera a Cingoli.
21
biancorosso
Stagione 2008/2009
L’ANNO IN CUI I TIFOSI SA
di Alessandro Savi
P
rima di Facebook, “La
Sportiva” è stata l’antica
sede di Palazzo De Vico
in cui sono state scritte le
pagine più emozionanti della
storia della Società Sportiva Maceratese. Se questo lo sanno tutti – soprattutto quelli che hanno superato gli “anta”
– sono in pochi a sapere che “La Sportiva” è stata anche una associazione di
tifosi che, nel corso della terribile stagione 2008/09, contribuì in maniera
decisiva a salvare la società da una possibile radiazione dal mondo del calcio.
Da Barcaglioni a Ulissi
Dopo un paio di campionati difficili in
serie D, il presidente Andrea Barcaglioni decise di mettere in vendita la Maceratese: all’appello rispose solamente
l’imprenditore edile Umberto Ulissi
che rilevò la società e si presentò alla
città con programmi ambiziosi, suscitando un’aspettativa di rilancio presso
la tifoseria. Tanta passione, tanta progettualità, tanta buona volontà (emblematica, per certi versi, la scelta di azzerare il costo del biglietto d’ingresso) ma,
allo stesso tempo, scarsa conoscenza
del mondo del calcio e, probabilmente,
scarse risorse da mettere a disposizione
del progetto.
Ulissi nominò Cristiana Principi vicepresidente, chiamò Alessandro Pica
(dirigente accompagnatore della nazionale italiana ai mondiali USA ’94) a
rivestire il ruolo di Direttore Generale e
allestì una buonissima squadra con mister Pasqualino Minuti a guidare una
rosa che annoverava giocatori del calibro di Gentili (attuale preparatore dei
portieri), Giugliano (capitano e marito
di Valentina Vezzali), Oresti (ex Viterbese), Benfatto, Cameli, D’Addazio, Silipo, Lazzarini e Pompei.
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Il tentato suicidio e la fuga dei giocatori
Già agli inizi di settembre, nubi grigie si
addensano sul futuro della nuova Maceratese. Il patron Umberto Ulissi sta
male: ufficialmente si parla di un malore ma, con ogni probabilità, il presidente ha tentato il suicidio all’interno di un
suo appartamento civitanovese. Sarebbe scampato all’estremo gesto soltanto
grazie all’intervento di alcuni amici. La
situazione precipita: a novembre i giocatori lamentano il mancato pagamento dei rimborsi e, un mese dopo, quasi
tutti si svincolano e approdano presso
altri lidi economicamente più sicuri. I
primi ad andarsene sono Silipo, Oresti
e Scibilia seguiti, dopo pochi giorni, da
Meschini, D’Addazio, Lazzarini e Piergiacomi. Minuti si trova a gestire un
gruppetto di ragazzini che, promossi
dalla juniores alla prima squadra, pur
tra mille difficoltà, riusciranno ad entusiasmare i pochi tifosi rimasti con prestazioni a dir poco eroiche.
“Portare a termine quel campionato”
- ricorda il mister sanbenedettese - “fu
un’impresa e un motivo d’orgoglio da
parte di tutti. Arrivati ad un certo punto del campionato, li chiusi nello spogliatoio e ci guardammo in faccia: dissi
loro che non avevo alcuna intenzione
di abbandonare la nave e che quella
che ci aspettava era una sfida che dovevamo portare avanti ad ogni costo.
Loro risposero che erano con me e che
avrebbero dato anche l’anima per la
Maceratese. Sono sicuro che, se non
fossero intervenuti fatti extracalcistici,
quella domenica a Trivento ci saremmo qualificati per i play out e probabilmente ci saremmo salvati”. Minuti non
può fare a meno di sottolineare le tante
sofferenze che contrassegnarono quella stagione: “fui costretto ad annullare
batticuore
ALVARONO LA MACERATESE
l’allenamento del mercoledì per far risparmiare le spese della benzina ai ragazzi. Addirittura un giorno venne da
me Scibilia che era disperato perché era
scaduta l’assicurazione della sua auto:
non sapevo cosa fare per aiutarlo, per
fortuna intervenne Cristiana Principi
che pagò di tasca sua”.
Lorenzo Giuliani, con i suoi vent’anni,
era addirittura uno dei più “grandi”.
Adesso gioca in Promozione con la
maglia della Futura ’96 di Capodarco.
Quell’anno realizzò tre reti ma, più di
esse, sono rimaste nel cuore dei tifosi le
commoventi sgroppate lungo la fascia
sinistra di quel numero 11 che veniva
chiamato “Il piccolo Tevez”. “Ci mettevo il cuore” – ricorda Lorenzo visibilmente emozionato – “per me giocare
con quella maglia era un onore. Anche
se non percepivamo neanche un soldo
di rimborso spese, in campo davamo il
101 per cento. Non so cosa avrei dato
per regalare ai tifosi la gioia della salvezza”.
Luca Gentili fu il portiere di quella
squadra e “chioccia” dell’altro portiere, il giovanissimo Tommaso Scuffia,
autentica promessa del nostro calcio. A
distanza di anni, Luca non riesce a dimenticare quella drammatica stagione:
“eravamo partiti con ottime aspettative
poi il presidente ha manifestato problematiche serie che ci condussero in una
crisi veramente spaventosa tanto che ci
ritrovammo a giocare con la juniores.
Però, pur nelle difficoltà, riuscimmo a
fare una sorta di piccolo miracolo: quello di tenere alto il nome di una squadra,
di una società, di una città lottando fino
alla fine. Sentivamo i tifosi realmente
vicini a noi, nonostante tutto.”
Gentili rievoca il via vai di personaggi e di aspettative di quei giorni: “tante promesse, ogni giorno una diversa.
Avvocati, politici, persone che non
avevamo mai visto prima di allora e
che provavano addirittura a speculare
sulla situazione. Lo stesso Ulissi ogni
tanto tornava e prometteva che tutto
si sarebbe risolto poi, per lunghissimi
periodi, non si faceva più vedere né
sentire. Ricordo che ad un certo punto
decidemmo di non credere più a nulla e
di andare avanti lo stesso, a prescindere
dai rimborsi che non arrivavano e che
non sono mai arrivati. Nulla aveva più
un senso ad eccezione della nostra dignità che abbiamo comunque onorato,
fino all’ultimo minuto di gioco, fino alla
partita di Trivento in cui le cose andarono come tutti sanno.”
Alessandro Pica venne nominato direttore generale per puro caso: “Ero capitato a Macerata per salutare mia sorella
quando incontrai Umberto Ulissi che
mi propose l’incarico. Accettai con la
speranza di fare un buon lavoro per la
squadra della mia città natale, ma quasi
subito mi resi conto delle enormi difficoltà. Quando il presidente sparì dalla
circolazione, mi trovai a gestire un caos
indescrivibile: creditori da ogni dove,
giocatori che – giustamente - chiedevano di essere rimborsati, trasferte
da organizzare senza il becco di un
quattrino, non c’erano neppure i soldi per fare il pieno di nafta al pullman
della società”. Per Pica, oltre il danno,
ci fu anche la beffa: “non essendo mai
stato ratificato il mio ruolo di direttore,
quando chiesi un piccolo rimborso per
ammortizzare parzialmente le ingenti
spese sostenute, l’avvocato Sabalich (il
legale incaricato da Ulissi per curare gli
interessi della società, ndr) mi disse che
non avevo diritto a nulla proprio perché l’incarico non era mai stato formalizzato all’interno della società. In ogni
caso sono contento di aver dato una
23
biancorosso
mano in quel periodo bruttissimo della storia della Maceratese”. Pica, infine,
ricorda un aneddoto inerente le manie
di grandezza del presidente: “Un giorno
mi chiamò per chiedermi un consiglio
in merito ad una idea che aveva avuto:
voleva recarsi a Torino per trattare l’acquisto della Juventus con il preciso intento di portarla a giocare a Macerata.
Non riesco a ricordare cosa gli risposi
ma rimasi veramente di sasso”.
La cordata di Maurizio Mosca
Sul fronte societario, l’ex presidente
Maurizio Mosca non rimase insensibile all’appello che tutta la città gli rivolse
affinché tornasse a guidare la Maceratese ed organizzò una cordata di imprenditori locali.
Le difficoltà erano legate al bilancio, oggetto di studio da parte di un gruppo di
professionisti che, al termine dell’analisi dei libri contabili, rilevarono una
situazione a dir poco catastrofica, tale
da ridimensionare le responsabilità della gestione Ulissi: troppo breve l’esperienza dell’imprenditore edile al timone
della Maceratese, molti problemi venivano di sicuro da più lontano.
All’appello di Mosca rispose solamente
Massimo Paci. I due iniziarono subito
a darsi da fare per cercare di salvare il
salvabile e, attraverso il pagamento di
buona parte dei debiti e l’acquisto di
alcuni giocatori (Perrotta e Timoniere su tutti), restituirono un minimo
di serenità all’ambiente e di credibilità
alla squadra. Alla fine della stagione si
recheranno dal curatore fallimentare
- l’avvocato Massimo Bertola – e “piloteranno” il fallimento della società di
Ulissi mantenendo l’Eccellenza, categoria che la Rata aveva ottenuto sul campo con la retrocessione.
24
Tra Ulissi e il sodalizio Paci-Mosca:
il ruolo fondamentale dei tifosi della
“Sportiva”
Come sempre avviene nei momenti difficili, i più fuggono ma i pochi che restano si fanno in quattro per dare una
mano. In quei mesi infernali per il calcio biancorosso, il forum della tifoseria
inizia a popolarsi di visite e di messaggi,
tutti rivolti a dare la propria disponibilità per aiutare la società e la squadra.
Dopo tante serate trascorse davanti al
PC, i vari Li frati, Nero è bello, Peter Gabriel, Luca MC, Marco MC, Lu vekkiu e
tanti altri impersonali “nicknames”, decidono di darsi appuntamento al Circolo di San Francesco per organizzarsi. Le
identità si svelano ed è un piacere capire
che c’è una disponibilità diffusa ad impegnarsi per aiutare la Maceratese. La
prima idea è quella di costituire un’associazione con tanto di atto notarile e
assemblea pubblica. Presso lo studio
del notaio Valori nasce “La Sportiva”
con regolare statuto ed elenco dei soci
fondatori i quali si ritrovano all’hotel
Claudiani per un’assemblea che elegge
gli organismi dirigenti. Da quel momento in poi, fioccano le iniziative dei
tifosi biancorossi: una colletta importante grazie alla quale si riesce a dare un
contributo ai giocatori (memorabile il
momento della consegna della “scatola” al capitano Romagnoli tra il primo
ed il secondo tempo della sfida interna
con il Casoli) e si paga il costo di alcune
trasferte della squadra; viene aperto un
conto corrente presso un istituto di credito al quale confluiscono versamenti
anche da Mestre e da Reggio Emilia;
viene promossa una campagna di sensibilizzazione sulla stampa rivolta a
coinvolgere le forze imprenditoriali del
territorio (in particolare la Lube Volley
che, tuttavia, risponde picche anche di
fronte alla proposta di un mero sostegno economico); viene organizzato un
corteo che, all’ora di pranzo del 22 dicembre 2008, parte da piazza Garibaldi e si riversa allo stadio a sostenere la
squadra con un unico canto, dal primo
al novantesimo minuto della gara persa
2-0 contro l’Atletico Trivento. Tra mille difficoltà si trova anche il tempo e si
trovano le risorse per aiutare la popolazione abruzzese colpita dal sisma. Ma
il momento simbolicamente più alto
dell’amore infinito che lega i tifosi alla
Rata avviene al fischio finale dell’ultima partita di campionato: i sostenitori
biancorossi invadono il campo e, bottiglie di spumante in mano, salutano giocatori e mister con un brindisi e danno loro appuntamento per una cena di
ringraziamento. Minuti ancora ricorda
tutto: “Una squadra che retrocede e viene invitata a cena dai tifosi è una cosa
che poteva succedere solo a Macerata:
ogni volta che ci ripenso mi si gonfiano
gli occhi di lacrime”.
Facebook ha preso il sopravvento ma la
storia dei tifosi biancorossi è ancora lì.
Basta digitare www.maceratese.forumfree.it, iscriversi e il gioco è fatto:
sarete proiettati in un mondo di veri
tifosi biancorossi che, in maniera civile,
discutono della Rata a 360 gradi. Il forum è stato ideato da Marco Ciccarelli,
“casettaro” doc, ed è attualmente gestito da Eros, Stefano e altri appassionati.
Uno spazio libero attraverso il quale
nascono costantemente iniziative a favore della nostra Rata. Nel forum non
si demolisce nulla, si costruisce e basta:
è un luogo per innamorati che esclude
naturalmente chi vuole semplicemente
remare contro per il puro e semplice
gusto di porsi al centro dell’attenzione. No ai narcisismi, sì al vero, genuino
amore nei confronti della Rata.
L’impianto di irrigazione: considerazioni per la corretta realizzazione.
Nei nostri climi non è pensabile realizzare un tappeto erboso senza
l’ausilio dell’impianto irriguo automatizzato, sia che si effettui la
semina, sia che si opti per l’impiego di prato pronto a zolle.
La realizzazione degli scavi, la posa delle tubazioni, degli irrigatori,
delle elettrovalvole deve essere ovviamente fatta dopo la prima
grossolana stesura del terreno secondo i piani di sgrondo definiti e
prima della affinazione finale del terreno e della preparazione del
letto di semina.
La fonte di approvvigionamento dell’acqua può essere sia da pozzo che da allacciamento alle acque potabili. E’
ovviamente da preferire la prima soluzione, se possibile, per ragioni di costo e per ragioni di presenza di elementi
trattanti, tipo il cloro che possono avere leggeri effetti fastidiosi a medio-lungo termine.
Per la realizzazione dell’impianto è necessario affidarsi ad un esperto anche se è opportuno che l’utente finale si
renda conto di alcuni fattori importanti che riguardano sia la progettazione che la fase di utilizzo dell’impianto.
Occorre considerare che ogni giardino è caratterizzato da differenti microclimi che dipendono da fattori
essenzialmente legati all’esposizione e alla presenza di elementi naturali quali pendenza del terreno, alberature,
siepi, ma anche da elementi artefatti quali muretti, abitazioni, ecc che condizionano fattori come la luce, il tasso di
umidità dell’aria in modo da rendere disuniforme un giardino anche di piccole dimensioni. E’ perciò fondamentale
tenere conto di questi fattori in fase di progettazione dell’impianto ed in fase di utilizzo dello stesso. L’irrigazione
deve rispettare le differenti aree, va quindi divisa in settori facenti capo a differenti elettrovalvole azionabili
singolarmente a seconda delle zone più in ombra, delle zone in pendenza e delle zone esposte al sole con tempi di
adacquamento differenziati.
Sugli accorgimenti d’uso dell’impianto nelle varie fasi di sviluppo del tappeto erboso (semina, crescita, accestimento
e maturazione) parleremo dettagliatamente nei prossimi appuntamenti …e sempre forza Maceratese.
Via D. Concordia 80 (Piediripa) 62100 Macerata (MC) T. 0733 283101 Fax 0733 283103 [email protected]
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26
In trasferta
13 giornata (a Pontedera)
TUTTOCUOIO sabato 28 novembre
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bi
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l
d i C ar
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San Miniato,
tartufi e leggende
C
ome direbbero i cronisti sportivi: è una trasferta che
vale doppio. Per i punti certo, ma anche per i punti di
vista. Perché in questo andare c’è da assaporare del buono,
da godere del bello e in una giornata particolare: quella in
cui la Maceratese tornerà gloriosa dalle terre di Toscana.
Tra San Miniato e Pontedera vedrete poche vigne, tanti
ulivi e soprattutto tante fabbriche di pellami: qui siamo nel
triangolo d’oro della concia. Dovete sapere che queste due
città che si arrocca l’una su quello che fu il confine tra i domini fiorentini e quelli pisani, e si distende l’altra sulla piana
fertile dell’Era, ricevono apporti da un vasto comprensorio
e contado. Sono città ricche e inclini alla crapula. A Pontedera si va solo per la partita visto che lì c’è lo stadio. A San
Miniato si va per tutto il resto. Che è tanto. E suggerisce
gemellaggio tra palazzo Torri dove Napoleone sostò e poi
anche il Murat e Palazzo Bonaparte che s’erge nel ristretto e pur magnifico centro
storico samminiatese. Dovete sapere che la famiglia aveva origine qui e qui venne
dalla natia Aiaccio un giovanissimo Bonaparte a ritirare le “patenti di nobiltà”
senza le quali non avrebbe potuto far carriera militare. Altre bizzarrie ha in serbo la storia per San Miniato. Si chiamava “ai Tedeschi” perché a fondarla furono
i longobardi e di queste vestigia teutoniche restano moltissime tracce e massimamente nella Cattedrale. Vi consiglio di vedere anche la Torre di Matilde che
evoca la leggenda secondo la quale l’immensa contessa di Canossa sarebbe nata
nelle stanze di palazzo dei Vicari imperiali. Questa città peraltro è sempre stata
un posto di vedetta a guardia della valle dell’Era. Tra le mirabili cose – avrebbero
detto a quel tempo – da vedere è infatti la torre di Federico II che è quel che resta
della maestosa rocca imperiale. Lo Stupor Mundi aveva stabilito a San Miniato
la residenza del governatore della Toscana. Perciò non c’è da star sereni in fatto
pallonaro: questi hanno una certa inclinazione alla lotta! Per fortuna di calendario s’arriva a San Miniato in piena fiera dei tartufi. I bianchi di queste terre si
contendono il primato con quelli di Acqualagna e quelli di Aba (dove per la verità
pochi ce ne sono) e non meravigliatevi se arrivando vedrete il centro storico trasformato in una sorta di suk del tartufo e se l’aria sarà profumatissima. Un cenno
anche a Pontedera per dire che è la città della Piaggio e dunque della Vespa e se
avete tempo un’occhiata al museo Piaggio vale davvero la pena.
Mettiamoci a tavola. A San Miniato un indirizzo imperdibile è Pepe Nero condotto
da Gilberto Rossi, d’Artagnan dei fornelli
e signore del tartufo (via IV Novembre
tel 0571 419523). Altra buona tavola è
Papaveri e Papere (via Dalmazia 159
tel 0571 409422) mentre se siete carnivori vi consiglio una sosta da Falaschi:
macelleria salumeria imperdibile per fare
shopping (via Conti tel 0571 43190) e di
prenotare alla Bisteccheria (via Gargozzi
tel 3471279203).
27
Settore giovanile
LA MACERATESE CHE VERRÀ
di Luca Muscolini
U
na grande stagione per la
prima squadra ma anche
il salto di qualità dell’intero settore giovanile, diretto da Franco Gianangeli (in basso a
destra), che sta vivendo con grandi stimoli il ritorno nella serie professionistica, dove l’ottica del lavoro è giocoforza diversa. In questo numero poniamo
sotto la lente il comparto Giovanissimi.
La parola ai “timonieri” Giuseppe Antognozzi (a fianco), trainer dei Giovanissimi Nazionali, e Luca Procaccini
(in basso a sinistra), allenatore dei Giovanissimi regionali.
“Abbiamo profuso sudore e sacrifici, ammette Antognozzi,
ma mi sento privilegiato di poter lavorare in questa categoria
dove, oltre ad essere un buon allenatore, occorre proporsi ai
ragazzi come un punto di riferimento vero e proprio, essere
anzitutto un educatore. L’aspetto tecnico non va sottovalutato, poiché il nostro è un campionato dove ci confrontiamo con realtà professionistiche molto importanti come Bologna, Cesena, Carpi, Sassuolo e Modena, ma proprio per
questo è particolarmente interessante.
I ragazzi mostrano notevoli miglioramenti e soprattutto tanta voglia di divertirsi e stare insieme. La nostra è una realtà
piccola ma con le idee chiare, vogliamo fare bene per poterci
regalare un sogno. Per molti di noi è la prima esperienza,
ma difenderemo i nostri colori con il cuore e tanto spirito
di sacrificio perché sappiamo che solamente attraverso ciò
diventeremo “uomini veri”. Ringraziamo tutti coloro che ci
hanno permesso di vivere questa bellissima esperienza”.
“Da sei anni mi
occupo di questa
categoria”, ricorda
Luca
Procaccini, “e questo è il
terzo alla Maceratese. Penso che
chi svolge il ruolo
di istruttore del
settore giovanile
debba avere ben
chiaro che non
sta lavorando con adulti in miniatura”.
Anche se i Giovanissimi sono il primo
passo verso il calcio agonistico, ci si
confronta per la prima volta in questa
categoria con la figura dell’arbitro, il regolamento uguale a quello degli adulti,
le dimensioni del campo e del pallone
regolari. Le difficoltà che spesso si incontrano, a maggior ragione quest’anno
in cui partecipiamo anche a campionati
nazionali, sono legate all’eterogeneità di
aspetti che coesistono: i diversi tempi
di maturazione fisica, la motivazione,
l’autonomia per gestire il tempo e gli impegni scolastici e sociali, che vanno a sommarsi alle qualità tecniche e attitudinali proprie del calcio. Il ritiro precampionato è stato utile
per conoscere meglio i ragazzi e per fare una prima scelta nel
formare le rose che stanno disputando i rispettivi campionati.
Il gruppo “aperto” (durante gli allenamenti c’è integrazione di
giocatori tra le due squadre) con il quale lavoro è composto
da ragazzi di 13 anni (che dovrebbero disputare il 1° anno
Giovanissimi) e di 14 in ugual proporzione.
C’è affiatamento e compattezza tra di loro, tanto che ci sentiamo un gruppo unico tra regionali e nazionali. Infatti, quando
è possibile, assistono gli uni alle partite degli altri, incoraggiandosi e scherzando.
Durante gli allenamenti si cerca di arricchire e migliorare
le qualità tecnico-motorie del ragazzo, proponendo attività
che siano contemporaneamente divertenti ed efficaci e che
richiedono il massimo impegno, per prepararli al meglio per
gli anni successivi. Abbiamo da poco concluso la Fase provinciale e ci apprestiamo ad affrontare la Regionale,
sicuramente più
impegnativa, ma
utile per continuare a crescere
e migliorare”. E
diventare i futuri
protagonisti della
formazione maggiore della Rata.
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Incontra i tuoi giocatori preferiti! Ogni mercoledì, dalle 17 alle 19, un giocatore della Maceratese sarà presente
al Rata Point per firmare magliette e palloni. 25 novembre: Francesco Orlando - 2 dicembre: Francesco Forte
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32
Punto di vista
di
Giancarlo Nascimbeni
RAGAZZI CONTINUATE COSÌ
D
opo undici gare è consentito un primo bilancio in
quanto la classifica si va delineando.
Ritengo che con qualche aggiustamento che dovrebbe riguardare in particolare il Siena, la Lucchese e la
Lupa Roma, che per i loro organici sono destinate a scalare
posizioni in classifica, per il resto le prime 6 o 7 squadre dovrebbero rimanere lì fino alla fine. Tra queste la Maceratese,
non solo per gli ottimi risultati conseguiti ma per la sicurezza che dimostra nell’affrontare gli avversari ai quali ha
saputo imporre il proprio gioco, sia in casa che in trasferta.
Neppure contro squadre sicuramente attrezzate per il salto
di categoria come l’Ancona, il Teramo, il Siena e la Spal i
biancorossi hanno mostrato particolari sofferenze o inadeguatezze tali da far ritenere momentaneo e destinato a svanire lo stato di forma che ha garantito loro ben 24 punti, con
la conseguenza di avere sopra di sé solo la Spal nel proprio
girone e nessuna squadra degli altri
due: cosa questa che potrebbe rivelarsi
utilissima in chiave play-off.
Quando in rapida successione si battono il Teramo, il Siena, la Spal e la
Pistoiese ciò non può essere considerato un caso o fortunata circostanza,
soprattutto se il gioco espresso è di
tale elevato livello sia in casa che in
trasferta.L’importante è, ora, non esaltarsi ed anzi sarà prudente rimanere
umili conservando l’etichetta di squadra sorpresa senza commettere l’errore di sottovalutare i prossimi avversari l’Aquila in casa ed il Tuttocuoio in
trasferta. Il ricordo degli incontri con
la squadra del capoluogo abruzzese è
piuttosto sfumato nel tempo e mai le partite tra noi e loro
hanno avuto una connotazione importante per la storia delle due società. La prima volta che esse si incontrarono fu
nel campionato di Serie C 1947/1948 che la Maceratese vinse acquisendo il diritto di disputare poi la cosiddetta Serie
C di lusso. La Maceratese vinse in casa 3-1 con reti di Jola,
Trillini Ruggero e Magnaghi e perse a L’Aquila 1-0. Poi non
si incontrarono più, anche per aver disputato gironi diversi di C e IV Serie, fino al campionato di Serie C 1963/1964
quando la Maceratese pareggiò 0-0 a L’Aquila e vinse in casa
2-1 con reti di Maurizio Mazzanti, l’indimenticato capitano
professore per come sapeva guidare la squadra in campo, e
del centravanti purosangue maceratese Sergio Macellari che
dopo aver smesso di giocare, pur impegnato nel quotidiano
lavoro, fu capace di scoprire e far crescere tanti ragazzi che
si rivelarono poi veri talenti proprio nella Maceratese e poi
in squadre di Serie A e B. Ne indico tre per tutti: Moreno
Morbiducci, Alessandro Porro e Paolo Siroti. Grande il mio
caro amico Sergio, che ricordo particolarmente apprezzato
da mio padre anch’egli sempre presente allo stadio in silenziosa passione per le sorti della nostra squadra. Sarebbe bello rivedere allo stadio Maurizio e Sergio e chissà che ciò non
avvenga proprio domenica prossima con l’Aquila.
Da ultimo la Maceratese e L’Aquila si incontrano nel campionato di Serie C/2 1981/1982: vittoria in casa 2-0 con reti
del bomber pollentino Marco Romiti e del giovane serraval-
lese Quadrani. A L’Aquila finì invece 0-0 in una partita di
scarso valore tecnico.
Visti i precedenti favorevoli (tutte vittorie in casa) domenica prossima i nostri ragazzi dovranno proseguire la buona
tradizione. Se ciò avverrà, la squadra sarà prima in classifica
per almeno due giorni finchè la Spal non giocherà lunedì
con il Pisa che, per l’organico che vanta, non potrà continuare a deludere le aspettative di disputare un importante
campionato. Vedremo: sperare non costa nulla. Forza RAGAZZI.
33
34
biancor
C
CLASSIFICA GENERALE - LEGA PRO
Girone B - 16.11.2015
FRANCESCO
FORTE (P)
MATTIA
DI VINCENZO (P)
uore
NICOLAS
CANTARINI (P)
VASCO
FAISCA (D)
RICCARDO
FISSORE (D)
FRANCESCO
KARKALIS (D)
GIANLUCA
CLEMENTE (D)
LUIGI
DJIBO (D)
ALESSANDRO
DE ANGELIS (D)
IGOR
LASICKI (D)
MATTIA
ALTOBELLI (D)
MARCO
MASSEI (D)
EMANUELE
D’ANNA (D)
RAFFAELE
IMPARATO (D)
GIOVANNI
GIUFFRIDA (C)
Squadra
SPAL
MACERATESE
PISA
ANCONA
PONTEDERA
CARRARESE
ROBUR SIENA
TUTTOCUOIO
L’AQUILA (-1)
PRATO
SANTARCANGELO
AREZZO
PISTOIESE
RIMINI
TERAMO (-6)
LUCCHESE
LUPA ROMA
SAVONA (-11)
BADARA
SARR (C)
PT
26
24
19
18
17
17
16
14
13
13
12
12
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11
9
8
4
1
G
11
11
11
11
11
11
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11
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11
11
11
11
11
11
11
11
11
LORENZO
CAROTTI (C)
V
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7
5
5
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4
3
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2
2
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N
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GF
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GS
4
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6
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14
16
25
15
CUORE
BIANCOROSSO
Registrazione Tribunale
di Macerata
n. 626 del 23.07.2015
Direttore responsabile
Nazzarena Luchetti
FABIO
FOGLIA (C)
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