TARTUFO di Molière Traduzione e rielaborazione di

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TARTUFO di Molière Traduzione e rielaborazione di
TARTUFO
di Molière
Traduzione e rielaborazione di Mina Mezzadri
Brescia
TEATRO GRANDE
4 dicembre 1982
Centro Teatrale Bresciano “La Loggetta”
Orgone
Elmira
Tartufo
Pernella
Damide
Marianna
Valerio
Cleante
Dorina
Legale e ufficiale di giustizia
Jacques Sernas
Paola Pitagora
Paolo Bessegato
Marisa Germano
Francesco Paolo Cosenza
Francesca Paganini
Marco Marelli
Marco Balbi
Laura Panti
Daniele Demma
Scene e costumi Enrico Job
Musiche Giancarlo Facchinetti
Regia Mina Mezzadri
Attrezzeria di scena:
canestro
“Le due cifre della rappresentazione sono riscontrabili anche nella scena di Job
a sorpresa e interessante come al solito, meno vincolante oltretutto di altre: una
parete a semicerchio sul fondo, tutta in rame, come il resto, il luccichio della
corte, un grande lampadario, una pedana circolare inclinata che, nella seconda
parte, si apre in losanghe per definire la frantumazione della realtà e che
costringe attori e attrici a movimenti innaturali, come la vicenda che vanno
narrando, salvo poi rinchiudersi di nuovo alla fine, sull’amarezza autentica dell’autore” (M. Bertoldi, “Il Tartufo”, ovvero come il potere costringe un artista all’ipocrisia, Il Giornale di Brescia, 5 dicembre 1982).
“Una componente fondamentale della riuscita di questo Tartufo è nel rame rossastro della bella scenografia di Enrico Job che si incendia di bagliori crepuscolari e
riflette le intermittenze delle coscienze dei personaggi” (A. Sabatucci, Come statuine di un carillon mosse da mani misteriose, Brescia Oggi, 5 dicembre 1982).
“Il fatto di dividere coloristicamente in due lo spettacolo (nero e rame) è una
sottolineatura pertinente, oltre che affascinante, dell’andamento del percorso
del Tartufo trionfante e, quindi, sconfitto. Una felice intuizione… In quanto
alla scena, Enrico Job sviluppa ancora il tema del circolare, con senso spettacolare ed effetti di riflessione stupendi” (P. Lucchesini, I peccati di Tartufo, La
Nazione, 16 dicembre 1982).
“Costumi che disegnano i diversi stati d’animo: neri e lugubri in un primo
tempo, sfavillanti nella parte conclusiva con una sorta di baccanale festoso
all’arrivo un po’ barocco della statua del Re Sole” (G. Lombardi, Tartufo o
Molière, Paese Sera, 18 dicembre 1982).
“La Mezzadri, calvinista spietata, ha sezionato in due la pièce; prima la vediamo condotta su toni funerei e poi ridotta a manieristica farsa; prima recitata su un blocco di rame istoriato da Enrico Job con greche floreali e poi giocata sopra i petali frastagliati e tra profonde sconnessure labirintiche, quando
il pavimento, in preda a indignazione sismica, scoppia e allarga il suo dise-
“The two sides of Tartuffe (The Hypocrite) may also be seen in Job’s set, which
is as surprising and interesting as usual, and above all less limiting than some of
his others: a semi-circular wall at the back, all in copper, like the rest, the sparkle
of the court, a big chandelier, a tilted circular platform which, in the second part,
opens up into lozenge-shaped forms in order to describe the shattering of reality,
forcing actors and actresses to adopt unnatural movements, like the event that they
are narrating, but then withdrawing again, at the end, taking on the author’s
authentic bitterness” (M. Bertoldi, “Il Tartufo”, ovvero come il potere
costringe un artista all’ipocrisia, Il Giornale di Brescia, 5 December 1982).
“A fundamental component of the success of this Tartufo lies in the red copper of
Enrico Job’s beautiful scenery, which glows with the colours of sunset and reflects the
intermittent nature of the characters’ consciences” (A. Sabatucci, Come statuine di
un carillon mosse da mani misteriose, Brescia Oggi, 5 December 1982).
“The division of the play into two colours (black and copper) is a pertinent and
fascinating illustration of the progress of the triumphant, and thus defeated Tartuffe.
It is a happy intuition... As far as the set is concerned, Enrico Job further develops
the theme of the circular, with spectacular meaning and stupendous effects of
reflection” (P. Lucchesini, I peccati di Tartufo, La Nazione, 16 December 1982).
“The costumes describe the different states of mind: black and lugubrious in the
first half, sparkling in the final part, with a kind of joyful Bacchanal at the slightly
baroque arrival of the Sun King” (G. Lombardi, Tartufo o Molière, Paese Sera,
18 December 1982).
“Mezzadri, the relentless Calvinist, has sliced the piece in two: first it is conducted
in funereal tones, then it is reduced to a mannerist farce. First it is acted upon a
block of copper conceived by Enrico Job with flowery Greek frets, then it is played
upon mangled petals and deep labyrinthine openings, when the floor, seized with
seismic indignation, explodes and enlarges its design” (F. Quadri, Tartufo,
Panorama, 18 December 1982).
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gno” (F. Quadri, Tartufo, Panorama, 18 dicembre 1982).
“La storia si svolge su una scena bella, ma complicata di Enrico Job: una piattaforma circolare e dorata come un salotto che va a dividersi in tanti iceberg,
obbligando gli attori ad acrobazie varie” (O. Berlina, Un Molière “tartufato”,
Avvenire, 12 gennaio 1983).
“Uno spettacolo originale, capace di sconcertare. Lo è per l’uso d’una metaforica scenografia, per l’utilizzo, negli elegantissimi costumi, d’una cromaticità
tutta funzionale ai due modi d’essere della commedia nella lettura trasversale
della regista Mina Mezzadri... Stupendi costumi in broccati neri segnano la
severa posizione ironico-critica di Molière, evocano un fruscio di sentimenti
mentiti, la mesta attendibilità, l’irreprensibile aspetto, dietro cui si celano i
cosiddetti ben pensanti… La scenografia, piattaforma-ribalta ideata da Job, si
frantuma, come l’integro autore che deve rinnegarsi dolorosamente: sul residuo teatro fatto a pezzi, ora, in bilico, metterà in scena uno spettacolo di corte,
un Tartufo di maniera, per il re trionfante e i suoi amici… E i costumi diventano pomposi con cappe dorate e orpelli da Commedia dell’Arte, sottolineando il percorso dell’opera da seria a faceta” (V. Farné Gallisay, Stavolta il Tartufo
è lo stesso Molière, Il Giorno, 15 gennaio 1983).
“Ad una prima parte dello spettacolo impostata su toni scuri, austeri, e ispirata alla pittura fiamminga seicentesca, fa contrasto una seconda parte spinta su
toni farseschi di una recita compiacente per far ridere il Re e i suoi cortigiani, mentre la suggestiva scena ramata di Job si scardina e rompe la propria compattezza” (R. Cirio, Tartufo, L’Espresso, 6 marzo 1983).
“The story is played upon Enrico Job’s beautiful, but complicated set: a circular,
gilded platform like a drawing room, which goes on to split into a number of
icebergs, forcing the actors to perform various acrobatics” (O. Berlina, Un Molière
“tartufato”, Avvenire, 12 January 1983).
“An original production, capable of disconcerting. This is due both to the
metaphorical set design and to the use in the costumes, which are most elegant, of
a colour scheme which is entirely functional to the two ways of being in the play,
according to director Mina Mezzadri’s oblique reading... Stupendous costumes in
black brocade mark Molière’s ironic, critical attitude and evoke the rustling of false
sentiments, the sad inevitability, the irreprehensible appearance behind which the so
called bien pensants conceal themselves... The set, a platform-stage designed by
Job, breaks up, like the integrity of the author who must painfully renounce his
principles: upon what is left of the theatre, now suspended in pieces, he will stage
a courtly amusement, a Tartuffe of manners, for the triumphant king and his
friends... And the costumes become pompous, with the gilded mantles and tinsel of
Italian Comedy, underlining the passage of the work from the serious to the
facetious” (V. Farné Gallisay, Stavolta il Tartufo è lo stesso Molière, Il Giorno,
15 January 1983).
“The first part of the production, based on dark, austere tones and inspired by
seventeenth-century Flemish painting contrasts with the exaggerated, farcical second
part, an obliging recital for the amusement of king and courtiers, while Job’s striking
copper-hued set is undermined and its compactness starts to break up” (R. Cirio,
Tartufo, L’Espresso, 6 March 1983).
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Tartufo. Pianta della scena