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Alberto Di Vita
08/08/2016
E Frank De Boer sia. L’epoca del dopo Mancini è cominciata pochi minuti dopo l’ufficialità data dal
sito nerazzurro (ore 11:29, 8 agosto 2016): sono bastate pochi colpi di mezz’ora affinché quella
notizia diventasse già passato.
L’ALLENATORE GIUSTO?
Ma. Ci sono dei ma. Tanti ma. Spronati e incitati da tanti servizi televisivi e sui media (tradizionali e
non), molti interisti hanno messo su il broncio, in puro stile Mancini, aggrottando le sopracciglia
al nome del sostituto: Frank De Boer, nazionalità olandese, 46 anni e per 6 anni (i primi della sua
carriera) allenatore dell’Ajax, squadra che milita in Eredivisie, campionato olandese. Che si è già
macchiato di una gravissima colpa: non ha mai messo piede nel calcio italiano.
E quindi non lo conosce, non sa, non comprenderà, non sarà in grado di opporsi ai Gasperini e
ai Di Francesco (ottimo mister), non ha tutta questa preparazione tattica e sarà mangiato vivo:
d’altra parte, il salto da un “campionato simile alla nostra Lega Pro” alla Serie A è
certamente spaventoso.
Ok, fine del sarcasmo. Diciamolo subito: De Boer è uno che ha palle enormi sotto, non è uno che
le manda a dire, è un tattico intelligente, è un allenatore che ti trasmette lucidità sempre.
Soprattutto non è integralista: quindi i paragoni con gli stranieri che hanno recentemente fallito
(Garcia, Benitez, Luis Enrique etc…) sono fuori luogo.
Pertanto, pur senza il supporto di immagini e video (lo faremo nei prossimi giorni), abbiamo ritenuto
necessario dare il nostro contributo alla comprensione dell’allenatore: che è più bravo e più
intelligente di quel che si pensi in giro.
IL “MIO” DE BOER
Il primo ricordo che mi viene in mente quando penso a De Boer è certamente quell’Italia-Olanda
in cui Francesco Toldo gli para due rigori: lui, capitano dell’Olanda, una delle più forti e più
belle di sempre. Overmars, Cocu, Davids, Stam, De Boer, Kluivert, Bergkamp: talmente bella che
dominò in lungo e largo prima di perdere ai rigori.
Poi c’è un altro ricordo, nitido: mondiali 1998, altra Olanda bella e che avrebbe meritato più di quel
che ha raccolto. Partita contro l’Argentina, si è in parità e ci si avvia quasi stancamente ai
supplementari. Solo che ci sono due che non sono d’accordo: uno è un cervello finissimo, un
centrocampista nell’anima che però gioca in difesa; l’altro è un fuoriclasse assoluto, uno dei più
incompresi genii della storia del calcio.
Ecco, parto già con un difetto: ho sempre ammirato De Boer. Oh, intendo entrambi e li avrei
voluti entrambi all’Inter, ma tant’è.
La prima cosa che ci hanno insegnato in questi giorni è che l’allenatore olandese imporrà all’Inter il
“suo 4-3-3”. Non è detto, anzi.
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Per capire il 4-3-3 dell’olandese bisogna ragionare… all’olandese. Tutti gli allenatori dell’Ajax
hanno giocato con questo sistema, a partire dalla tradizione di Rinus Michels: che si
chiamassero Van Gaal, Koeman, Van Baste, Van’t Schip o De Boer. È un modo di vedere il calcio
che parte dalle giovanili: persino i tifosi pretendono di vedere quello schema. E quegli allenatori
che provano a uscire dai cardini di quel dogma (vedi Martin Jol) hanno vissuto momenti di difficoltà
pur avendo buoni risultati.
Da qui nasce il 4-3-3 di De Boer: dal non stravolgere un’identità di squadra che lo precede.
Che però, ricordiamolo, non è un ossesso integralista.
Ovvio che dire “4-3-3” significa dire tanto o nulla, dipende dalle prospettive: sono così tanti i modi di
interpretare uno schema che non si può dire “giusto” o “sbagliato” a prescindere. Si può fare una
valutazione di uomini a disposizione, di tradizione, di attitudini (e sono le valutazioni che facciamo
quando diciamo “morte alla difesa a 3” in relazione all’Inter), ma non sono dei valori assoluti. Se i
moduli fossero tali, Bielsa non avrebbe mai vinto nulla. Di più, potremmo mai paragonare il
4-3-3 di Van Gaal a quello di Michels o di Cruyff? Quello di Zeman a quello di Del Bosque con la
Spagna? Brocchi col Milan e Allegri con la Juventus hanno provato il 4-3-3: tarando il valore dei
giocatori, le interpretazioni sono molto diverse.
Leonardo e Mourinho hanno giocato col 4-3-3: sfido chiunque ad azzardare un qualunque paragone.
4-3-3 IDEALE IN EUROPA
Detto questo, personalmente trovo che sia il modulo più moderno e adattabile di cui si possa
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disporre oggi: ideale approdo per una squadra che vuole diventare moderna davvero e in grado di
lottare in Europa (non è un caso che Allegri ci provi, e secondo me ci proverà con più insistenza
quest’anno).
De Boer ha, sì, sposato il 4-3-3 (quasi
scelta obbligata) ma variandone molto i concetti di base e mostrando formazioni e squadre
diverse rispetto al passato. Sgombriamo subito il campo: non è un allenatore che ha puntato al
“bel gioco”, ma a massimizzare lo sfruttamento delle qualità dei singoli, ridurre i rischi possibili.
L’allenatore olandese è riuscito a mischiare alcuni concetti del 4-3-3 con quelli più moderni del
possesso palla: il “vero” 4-3-3 olandese è molto diretto, “verticale”, rapido. Da questo punto di vista
è più cruyffiano (nella sua accezione “barcellonesca”). Forzare un concetto di continuità nelle
formazioni dell’Ajax potrebbe essere controproducente: sono molte le varianti apportate nel
corso di questi 6 anni, non si è fossilizzato per partito preso. Anche se lo hanno portato ad una
ricerca insistita del 4-1-4-1 in fase difensiva (gli interni sono spesso stati trequartisti reinventati) o
del 4-2-3-1 negli ultimi periodi (qualcuno in Olanda sostiene che ciò gli sia costato due campionati).
TENDENZE E SIMILITUDINI
Pretende molto dai singoli giocatori, soprattutto nella ricerca costante del movimento: in molte
partite mi ha ricordato la ricerca ossessiva dei triangoli, con sempre almeno due opzioni vicine per il
portatore. Gli esterni non sono sempre stati veri esterni: per alzare il tasso di possesso palla,
ci ha spostato centrocampisti centrali, bravi ad accentrarsi e lasciare libertà agli esterni: un po’
quello che abbiamo visto con la Spagna quando sugli esterni giocavano Iniesta e Fabregas.
Dalla Spagna ha preso anche la tentazione (più volte adottata con Bojan Krkic e El Ghazi) di un
“falso nueve” che all’Inter vedrebbe un solo possibile interprete: Stevan Jovetic.
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Ma se per la Spagna è quasi una necessità di sicurezza e di ottimizzare le forze a disposizione, De
Boer ha usato questa tattica per coprirsi meglio e, in fase offensiva, per trovare la
verticalizzazione giusta.
L’interpretazione, quindi, è molto diversa. Per comprendere come si sia applicato al calcio olandese,
facciamo un paragone con il PSV, storico avversario e squadra che negli ultimi anni si è distinta per
essere molto offensiva:
Stagione
Ajax
PSV
2015-2016
80 GF 88 GF
20 GS 32 GS
2014-2015
69 GF 92 GF
29 GS 31 GS
2013-2014
69 GF 60 GF
28 GS 45 GS
2012-2013
83 GF 103 GF
31 GS 43 GS
2011-2012
93 GF 87 GF
36 GS* 47 GS
2010-2011
72 GF 79 GF
30 GS 34 GS
I numeri ci dicono di un atteggiamento complessivo diverso e molto portato a ridurre i rischi:
nella piena tradizione interista. L’asterisco indica in quale anno non è stata la migliore difesa
(per un solo gol). Per comprendere ancora di più l’atteggiamento (piuttosto che i singoli numeri) ci
affidiamo al buon Squawka.com e alle sue statistiche metriche (numeri più alti significano
prestazioni migliori):
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Quindi non proprio uno scriteriato che, anzi, ha spesso rinunciato a qualcosa pur di tenere in
equilibrio la squadra.
Ma per De Boer gli interpreti sono tutto: avere in squadra Blind o Milik o Eriksen o, nel peggiore dei
casi, Poulsen fa tutta la differenza del mondo.
DIFESA E DETTAGLI
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Ci si può tranquillizzare:
è un tecnico maniaco della fase difensiva, è molto attento ai dettagli, pretende che i
giocatori sappiano leggere l’azione costantemente, lasciando loro spesso libertà di interpretare
i dettami del pressing e della posizione in campo per adattarsi all’avversario.
L’obiettivo, quindi, non sarà il “bel gioco” (come da più parti ho letto), ma una strategia accorta
che si fonda sulle distanze corte e sul possesso palla. Ma se non c’è la capacità di fare un
possesso palla insistito, cambierà come ha cambiato in passato.
Quando ha potuto disporre di meno piedi buoni a metà campo ma buona velocità sugli
esterni, ha spesso puntato a contrattacchi veloci, magari rinunciando anche al pressing alto
(che in genere sembra preferire, soprattutto per provare a recuperare palla alta e rendersi pericolosi
in transizione). Rinuncia che ha fatto anche quando si è accorto di non avere una squadra capace di
reggere l’urto di errori troppo spesso ripetuti.
Quando, invece, la squadra aveva tasso tecnico e tattico superiore, si è visto anche un gran bel
gioco, come soprattutto nel primo anno.
Quello che chiede sempre, ripeto, è il continuo movimento dei calciatori in fase di possesso palla: la
ricerca dello spazio libero è fondamentale e il movimento non è mai fine a sé stesso o al
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possesso palla, ma allo scompaginare la quadratura avversaria.
Un adattamento del “calcio totale”, in cui ogni giocatore è titolato ad attaccare gli spazi in fase di
possesso, così come ogni giocatore ha l’obbligo di coprire gli spazi liberi in fase di non possesso.
Il “bel gioco” non come fine ma come mezzo: beninteso, l’insistito possesso palla è per me
contrario al concetto di “bel gioco”.
L’IMPORTANZA DEI SINGOLI
Altro aspetto positivo è la crescita esponenziale di molti giocatori tra le sue mani, l’esatto
opposto di Roberto Mancini all’Inter: Blind, Eriksen, Milik o Vertonghen per fare qualche nome,
sono giocatori che in pochi mesi si sono affacciati come straordinari interpreti, talvolta anche
reinventandosi in posizioni non originarie, come nel caso dei primi due.
Insomma, un allenatore moderno e intelligente, che ha saputo mischiare le anime olandesi
(quella del calcio totale e del possesso palla di Cruyff e quello meticoloso nel pressing e nella fase
difensiva di Van Gaal), che ha saputo tirare dai suoi calciatori spesso più del meglio a disposizione,
responsabilizzandoli, affidandogli compiti precisi ma al tempo stesso inserendoli in uno
schema che non è dogma ma una struttura flessibile entro la quale muoversi con
autonomia, pur con disciplina: e quando sbagliano, non è uno che te le manda a dire.
Se l’Inter cercava un allenatore giovane, con idee moderne, accorto e non integralista (né come
moduli né di sé stesso), capace di allenare bene una squadra di giovani e in grado di farli crescere a
dovere, ha scelto il profilo ideale. Tempo addietro pensavo a quali squadre avrebbero potuto
permettersi un allenatore di questo tipo e, fatta eccezione per le olandesi, avevo immaginato solo
l’Atletico Madrid, il Tottenham, il Borussia Dortmund. E l’Inter.
Avrà certamente bisogno di tempo e probabilmente di un paio di innesti vicini al suo modo di vedere
il calcio. Dovrà adattarsi, ma non ho dubbi che lo faccia: l’unica cosa è che deve farlo a tempo di
record. Il campionato inizia fra poco e non c’è tempo da perdere: quello, purtroppo, l’abbiamo speso
male in brontolii.
I CALCIATORI DELL’INTER
Ad oggi dire chi avrà vantaggi e
svantaggi è puro esercizio di stile che serve a poco. Se abbiamo imparato qualcosa è che De Boer
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sfrutterà il materiale a disposizione anzitutto per diminuire i rischi e pian piano per creare un gioco
certamente diverso da quello di Mancini: se Medel o Melo gli offriranno più garanzie, li userà in
mezzo senza alcun preconcetto; se Banega non adeguerà la sua tendenza all’anarchia, potrebbe
vedere la panchina più spesso; se Icardi insisterà nell’isolarsi in fase di pressing, sceglierà un altro
attaccante in grado di garantirgli distanze, pressing e coperture.
Qualche azzardo, comunque, possiamo permettercelo. Non ci sono centrocampisti in grado di fare
l’esterno come abbiamo visto in Olanda: pertanto Perisic e Candreva dovrebbero essere piuttosto
sicuri di giocare. Miranda è imprescindibile, mentre Ranocchia potrebbe avere l’ultima chance: De
Boer ama far partire l’azione dalla difesa, e Murillo in questo fondamentale è carente. Jovetic
potrebbe avere delle chance, sia da centravanti che da esterno, ma anche come trequartista nel
4-2-3-1: anche se le caratteristiche di Eder potrebbero fargli preferire l’itali-brasiliano. Kondogbia,
ad oggi, è l’unico che può garantirgli buona tecnica e copertura, pertanto è ragionevole ritenere che
sia favorito rispetto agli altri. Ma gli azzardi finiscono qua: vedremo se arriverà qualcuno.
Di certo, al momento mi sento di poter dire che fasciarsi la testa, mugugnare e lamentarsi per la
scelta è fuori dal contesto. Poi a breve approfondiremo con video e immagini (quelle presenti non
sono elaborare da ilmalpensante.com ma prese acriticamente da internet: approfondimenti nei
prossimi giorni).
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