EMBT 1997/2007 - CLEAN edizioni

Transcript

EMBT 1997/2007 - CLEAN edizioni
EMBT 1997/2007
10 anni di architetture di Miralles Tagliabue
a cura di
Marella Santangelo e Paolo Giardiello
Copyright © per immagini e disegni:
Enric Miralles e Benedetta
Tagliabue, Miralles Tagliabue,
EMBT, Barcelona
Copyright © 2008 CLEAN
via Diodato Lioy 19, 80134 Napoli
telefax 0815524419-5514309
www.cleanedizioni.it
[email protected]
Tutti i diritti riservati
E vietata ogni riproduzione
ISBN 978-88-8497-125-8
Editing
Anna Maria Cafiero Cosenza
Grafica
Costanzo Marciano
Referenze fotografiche
© Alex Gaultier pp.20,24,25,27,38b,39b,41,44,
46-48,51d,54,55,97,106s,106bd,107bs
© Loureds Jansana p.28
© Duccio Malagamba pp.49,52,53,57b,71,copertina
© Ivan Raga Nuebles Soldevila p.69d
© Miralles Tagliabue, EMBT Barcelona
(Joan Callís,Eugenio Cirulli, Miguel Angel Porras,
Gabriele Tomara, Lithia Xynogala) pp.21a,31a,31,
34,38,39,42,51s,57ac,66,70,72,73,74b,76,77,
87bd,88b
© Pepu Segura p.74d,s
© Hisao Suzuki p.6
Maria Birùles p.7a
Toni Cammella p.21b
Giovanni Fabbrocino pp.106dc,107s,107ad
Valerio Ferrari p.8
Joost Overhoff p.64
Romani Piro pp.68s,a,69s
Scottish Parliament Corporate pp.58,60,63
Giovanni Zanzi p.36
Indice
il volume è stao realizzato con il contributo di
Costrade s.p.a.
7
11
15
Dieci anni di EMBT: una succinta cronistoria Benedetta Tagliabue
Frammenti Enric Miralles
Dieci anni di architetture di Miralles Tagliabue EMBT Marella Santangelo
20
28
32
36
38
42
Progetti 1997-2007
Riqualificazione del Mercato di Santa Caterina, Barcellona, Spagna, 1997-2005
Nuova sede per l’Istituto Universitario di Architettura di Venezia, Italia, 1998
Centro commerciale “Trinity Quarter”, Leeds, Regno Unito, 2000
Parco dei colori a Mollet del Vallés, Spagna, 1992-2001
Riqualificazione del Porto di Amburgo, Germania, 2002-2007
Concorso per il progetto di un Parco urbano nell’ex area industriale di Bagnoli,
Napoli, Italia, 2006
I testi che accompagnano i progetti
sono di Viviana Saitto
ad eccezione di quelli a pp.70,72
a cura di Miralles Tagliabue, EMBT Barcelona
in copertina
Riqualificazione del Mercato di Santa Caterina,
Barcellona, Spagna, 1997-2005
Hanno collaborato al volume per lo studio Miralles
Tagliabue, EMBT Barcelona
Benedetta Tagliabue
Doris Tarchópulos
Fosca Tortorelli
44
48
52
54
58
64
70
72
76
80
Campus Universitario di Vigo, Spagna, 1999-2002
Rettorato Universitario di Vigo, Spagna, 2002-2006
Riqualificazione del Municipio di Utrecht, Olanda, 1997-2000
Biblioteca Enric Miralles, Palafolls, Spagna, 1997-2007
Nuovo Parlamento di Scozia, Edimburgo, Scozia (UK), 1998-2004
Nuova sede del Gas Natural, Barcellona, Spagna, 1999-2007
Pannelli acustici per la Gran Via, Barcellona, Spagna, 1999-2002
Residenze per giovani, Figueras, Spagna, 2001-2007
Padiglione ARCELOR, Esch-Sur-Azlette, Lussemburgo, 2005-2006
Padiglione della Spagna per l’Esposizione Universale di Shanghai del 2010,
Cina, 2007
84
88
92
95
98
104
105
Nuova stazione della Metropolitana per il Centro Direzionale, Napoli, Italia, 2005
Scuola Manuel Martínez Caldéron, Katmandú, Nepal, 2005
Abitazioni pubbliche, Madrid, Spagna, 2004-2008
Trame evidenti Paolo Giardiello
Credits
Bibliografia
Mostra: 10 anni di architetture di Miralles Tagliabue, EMBT 1997-2007,
tradizione del fare
Dieci anni di EMBT: una succinta cronistoria
Benedetta Tagliabue
1997
…Dieci anni fa ci spostavamo da Calle Avinyó a Passatge de la Pau, sempre nel
centro storico di Barcellona.
Nello studio di Calle Avinyó avevamo scoperto uno spazio abbandonato, da
condividere con gli antichi inquilini: un gruppo di venticinque gatti neri.
C’erano tetti di otto metri e un ponticello che portava dallo studio ad un’enorme
terrazza su cui abbiamo organizzato cene, feste ed il nostro matrimonio.
Nello studio di Passatge de la Pau abbiamo trovato uno spazio simile, ma più
ordinato e semplice per organizzare il lavoro.
Abbiamo inaugurato il nuovo studio con una grande festa dedicata a tutti i nostri
amici. Come se fosse cosa d’altri tempi abbiamo organizzato un’opera teatrale, con
libretto di Valerio Ferrari e musica di Roberto Cacciapaglia dal titolo: “Mai per caso”.
È stata rappresentata un’unica volta il giorno 11 aprile 1997.
Enric ed io ne disegnamo le scenografie in diretta, Valerio Ferrai cura la messa in
scena, Roberto Cacciapaglia che ha composto la musica, la esegue al pianoforte
accompagnato dal coro dei più coraggiosi dello studio e dalla voce di Uma Isamat,
Andrei Carandell e Julio Manrique. Iniziamo una nuova tappa architettonica:
riabilitazione del Municipio di Utrecht, la nuova scuola della Musica di Amburgo, il
mercato di Santa Caterina, il parco Diagonal del Mar…
1998
La vita prosegue ricca di attività…vinciamo il nostro progetto più significativo: il
Parlamento di Scozia, con Joan Callís come direttore del progetto…interessante
ma anche complicato…
Ci troviamo in un progetto “ufficiale”. Cerchiamo di non farci impaurire e di far si
che risulti un progetto coerente con l’intorno, diretto, semplice, vicino alla gente…
Vinciamo il concorso per la nuova sede dello IUAV, Istituto Universitario di
Architettura di Venezia e per il Campus di Vigo; Parlamenti e Università.
Per tutti gli incarichi cerchiamo di realizzare progetti che si integrino con il contesto,
con l’ambiente e la città.
8
1999
Vinciamo un grande concorso, quello per la nuova sede del Gas Natural e abbiamo un
incarico diretto: la progettazione di una galleria commerciale a Leeds…
Lo studio sta lavorando su molti fronti in Europa e a Barcellona, da idee anche sul
futuro: Forum della cultura…
2000
Un anno difficile.
Enric ci lascia…proprio in un periodo denso di attività…
Non riusciamo davvero ad accettare ciò che è accaduto…continuiamo a lavorare
come se non fosse successo nulla di così catastrofico. Dentro di noi sentiamo la
presenza di Enric al nostro fianco…sentiamo quello che direbbe…
Inauguriamo il Municipio di Utrecht e la scuola della Muscica di Amburgo senza di lui.
2001
È un anno di lotte. Forze di “resistenza”. La piccola Expo di cui ci incarica la
Fondazione Mies van der Rohe ci riempie di entusiasmo e di voglia di continuare a
inventare nuovi progetti.
Dopo dieci anni di lavori si inaugura il Parco di Mollet del Vallés. La sindachessa
Monserrat Tura dedica al nome di Enric Miralles uno spettacolo coordinato dai nostri
amici della Fura dels Baus.
2002
Concludere progetti ci ricarica di energia. Il Parlamento scozzese inizia a prendere
forma. Continuiamo a partecipare a numerosi concorsi. Inauguriamo il parco Diagonal
del Mar proprio in occasione della medaglia d’oro concessa dal COAC di Catalunya
ad Enric Miralles, realizziamo una grande esposizione collaborando con Bigas Luna ad
un documentario video che ci accompagnerà nella nostra carriera futura…
Vinciamo il nostro primo concorso senza Enric per gli spazi pubblici del porto di
Amburgo, un progetto di lunga durata in costruzione per più di dieci anni. Amburgo è
una città che già conosciamo…è continuare un dialogo già iniziato con Karl Unglaub
che si è occupato del progetto della scuola della Musica e ora si occupa anche di
Hafencity…
A Venezia entriamo in cantiere con il progetto per lo IUAV, iniziamo i lavori con una
grande mostra a palazzo Fortuny…ci ricordiamo che Fortuny era un catalano a
Venezia, Enric anche ed io una “veneziana” in Catalunya.
E poi, sempre da Venezia, direttamente alla Biennale.
2003
La prima pietra della torre del Gas Natural; un grande progetto per un’importante
compagnia, non disdegnamo però progetti piccoli, come i gioielli per l’argentiere
milanese San Lorenzo. Il gioiello si chiama “Rambla”, perché la realtà è ancora quello
che più ci piace.
Alcuni progetti non vanno avanti, come le pergole per l’ufficio immigrazione di
Barcellona, ma altri si concretizzano, come le abitazioni per giovani a Figueras.
Riusciamo anche a trovare una soluzione per i resti archeologici di Santa Caterina, che
integriamo con il resto del progetto rendendoli visibili alle signore che con il carrello
della spesa vanno a comprare pesce e verdure…
Il 10 dicembre inauguriamo il Campus di Vigo, con la presenza dell’eterno politico
“gallego” Manuel Fraga.
Manteniamo il nostro contatto con la mitteleuropa arrivando finalisti nel concorso per
la Banca Centrale Europea di Francoforte e per il Museo del XX secolo di Vienna.
Alla Biennale di Architettura di San Paolo in Brasile assistiamo all’inaugurazione svolta
dal ministro della Cultura Gilberto Gil a ritmo di samba.
2004
Le durissime polemiche relative al progetto per il Parlamento di Edimburgo si risolvono
positivamente, lasciando spazio ad un’inaugurazione trionfale alla presenza della
Regina d’Inghilterra e di Sean Connery.
Nello stesso anno esponiamo i nostri lavori a Mallorca, a Girona, a Olat, alla Biennale
di Venezia…
2005
Iniziamo la collaborazione con Vicki Serpa per costruire la sua seconda scuola a
Katmandu in Nepal. Finalmente si apre il Mercato di Santa Caterina e tutti i venditori
sembrano soddisfatti. Da mercato umile della città diventa il più bel mercato di
Barcellona in concorrenza con quello della Boqueria sulla Rambla.
Ci chiamano a progettare in Italia la stazione metropolitana del Centro Direzionale di
Napoli e la Valle dei Mulini di Amalfi.
2006
Il MoMA ci invita all’esposizione sulla nuova architettura spagnola e il gigantesco tetto
colorato di Santa Caterina accoglie i visitatori.
Concludiamo in meno di un anno il progetto e la realizzazione del padiglione espositivo
ARCELOR per il centenario della città di Esch-Sur-Azlette in Lussemburgo; in uno dei
paesi più piovosi di Europa emergono nel verde i colori tibetani dei metalli ARCELOR.
Il Rettorato di Vigo si inaugura a settembre con la grande assemblea accademica nel
nuovo auditorium e con l’emozionante elezione del nuovo Rettore.
2007
Già manteniamo il ritmo di più di un concorso al mese; ne vinciamo due: quello per il
padiglione spagnolo per l’Expo di Shanghai del 2010 e il Museo della lingua di Can
Ricart.
In Albania non vinciamo il concorso per il progetto del nuovo Parlamento, ma non ci
dispiace.
Finalmente viene inaugurata la Biblioteca di Palafolls, dopo ben dieci anni di lavori.
L’eterno sindaco Valentì Agustì Bassa la chiama “Biblioteca Enric Miralles”; è uno
spazio a misura d’uomo, anzi a misura di bambino.
A Figueras inauguriamo le abitazioni “della grande finestra”, un nuovo tipo di loft
di 40 mq…e mentre riprendiamo i lavori interrotti della galleria commerciale di Leeds,
aspettiamo i reali di Spagna che presto verranno ad inaugurare la nuova sede del
Gas Natural…
Frammenti
Enric Miralles
dalla lezione al Seminario Internazionale di Progettazione “Napoli, architettura e città”,
Napoli, settembre 1991
In ogni luogo ci sono linee quasi invisibili, a volte lunghissime, che puoi trovare, a cui il
progetto si lega cercando di occupare lo spazio lasciato libero.
Ogni progetto si dovrebbe poter raccontare senza partire da una idea specifica,
questo concetto mi piace molto ed è una cosa che da tempo ho voglia di fare:
esercitarmi nello sviluppare cose quasi senza pensarle. Mi interessa molto il fatto che
le decisioni, le scelte che fai nel tuo lavoro avvengano gradualmente senza averle
decise già all’inizio.
Forse la cosa più importante, quando stai pensando a come si deve costruire un
edificio, è come devi risolvere le varie coincidenze e quale geometria ne scaturisce,
quali sono i punti d’appoggio, come devono essere i pilastri. La cosa che è più
interessante è capire quale è il “mondo” che esiste sotto le coperture.
Nei nostri progetti i ritmi sono sempre legati a figure aeree, al muoversi attraverso
percorsi, al cercare punti di intersezione, di incrocio: il problema è infatti quello di
definire uno spazio interiore statico, uno spazio che ti permette di sostare, dove la
qualità è semplicemente “essere in quel determinato posto”.
Ricordiamoci della casa di Melnikov: una casa senza finestre che non è altro che un
orizzonte interiore; essere in quella casa è come essere all’interno di uno spazio che si
raddoppia e nel suo raddoppiarsi trova la forza per essere. Il fondo è puramente un
orizzonte, un orizzonte che si avvolge intorno ad una forma che non si muove, è la
ricerca dell’immobilità. È un posto per te, per il tuo fantasma. Il segreto è in questo
ritmo che è capace di raddoppiarsi, di nascere da un punto dello spazio scelto per te,
senza la necessità di prolungarsi, di trovare le connessioni. È l’unico ritmo che
conosco che non si collega con niente altro, per me è molto importante, è una
geometria per niente cristallina, è una geometria per niente metrica, è una geometria
che non sa quanto è un metro, non sa quanto è una distanza, non si può quasi
misurare.
11
12
Molti dei nostri progetti sono basati in parte su questo ritmo, il ritmo dell’ordine
casuale, delle stelle, della sovrapposizione, della particolare geometria. Mi colpisce
come questo si ripeta nei disegni senza quasi sapere cosa sia esattamente.
Trovo tutto questo fantastico.
Questo tipo di geometria, sembra un po’ difficile da comprendere, è invece molto
diretta se la trovi in uno scrittore capace di raccontarti le cose come Federico Garcia
Lorca. I disegni di Garcia Lorca erano indirizzati agli amici, erano dediche sui libri,
dovunque. A me piace molto lavorare all’interno di questo mondo, un mondo dove un
documento ti può spiegare come è stato fatto: non credo che sia difficile leggere nei
disegni di Garcia Lorca cosa aveva, non in testa, ma “manualmente” in testa.
In questo disegno di un vaso, che è quasi un vetro veneziano molto sottile, l’idea
fondamentale è quella della trasparenza, è trasparente e le radici vanno fuori a
prendere l’acqua e, quando vanno fuori, trovano i pesci e, quando trovano i pesci,
trovano i loro amici.
Potrei ipotizzare da dove è iniziato il disegno e non sbagliare troppo, capisco il ritmo
per la sua capacità di spiegare le cose direttamente. Sono stato molto sorpreso di
come questo ritmo era in tutte le dediche, questi sono semplicemente disegni fatti da
Garcia Lorca come dediche ai suoi amici, sono stato veramente colpito da come
questo si ripeteva sempre, anche in modo molto più chiaro quando si legge il ritmo e il
suo raddoppiarsi.
Mi è sempre piaciuto il movimento pittorico chiamato il “clownismo” sul quale hanno
lavorato Garcia Lorca, Dalì, Barradas: l’idea era carina perché avevano trovato nei nasi
accentuati dei clowns quelle tracce che gli permettevano di spiegare un’idea, che
credo sia molto architettonica, di lasciare cioè le tracce nel luogo da cui una persona è
partita, credo che sia un’idea che, per lo meno nei miei progetti, non sono mai riuscito
a esprimere così bene.
Questo si trova in Picasso, sempre, fino alla fine, ed è incredibile come lui, a partire da
questa intuizione, sia capace di tagliare a metà una testa. Ci sono tantissime opere
degli anni ’32 e ’35, in cui si ritrova questa “brutalità”, la stessa che nel progetto è
dove la terra fa quello che non è capace di fare l’edificio, dividere, muovere,
indirizzare, usare insomma la terra per costruire.
Tornando alle ragioni di un progetto, e di nuovo a Picasso, forse il problema è dover
mettere in gioco se stessi, ma quando individui il problema è incredibile come ogni
automatismo è tagliato fuori. Sono veramente sorpreso di come riesce ad accadere
questo, di come cioè si possa far nascere una nuova topografia dall’incrocio di forme
diverse, come ciglia che coprono gli occhi, come una montagna, è veramente
incredibile.
Questa è forse la parte più interessante, quando il costruito diventa veramente
topografia, è il momento in cui l’edificio diventa paesaggio, non vi è più differenza tra
una rampa, la montagna, il tetto o un piccolo pergolato, in ogni punto accade quello
che tu desideri, e facendo questo gioco è come se dicessi delle bugie.
Questo è, in fondo, un modo per cercare di trovare qualche oggettività laddove,
invece, a volte nascono forme che sono quasi impossibili da giudicare; forme per le
quali l’unica giustificazione con te stesso è nella tua volontà, nella capacità sempre di
“dividere”. Tagliare, dividere, formare piccoli gruppi, in un certo senso operare come in
un giardino classico, dove tutto si muove intorno a figure astratte disegnate tagliando
l’erba e i fiori.
Tante volte ho spiegato il mio lavoro legandolo al valore che un segno astratto può
avere nello spazio naturale. Un segno astratto che viene quasi forzato dalla naturalità
del posto. È un segno che fai per cercare le massime dimensioni, per sfruttare il luogo,
per andare dall’inizio alla fine, ritornare all’inizio e scendere verso il fiume.
Il progetto in realtà è questo. Quello che alla fine ti interessa di più, è un po’ sempre la
stessa idea di come all’interno dai tuoi segni, dai tuoi tagli, dalle tue decisioni è
possibile più che creare, trovare uno spazio interno.
Io spiego a me stesso i muri in termini di orizzonti, sono qui e quello che ho dietro ha
semplicemente il valore di essere alle mie spalle, come se lo spazio non avesse
geometria, perché davvero non è importante.
A volte la forma viene fuori dalla gravità, e semplicemente nell’ombra puoi scoprire che
forma hanno le cose, puoi vedere come la stessa maglia è stata piegata, formando
una sorta di colonna che deve sopportare il peso di un determinato piano. Nelle
ombre si capisce il progetto. La geometria è negare il modo diretto di sopportare.
Rispetto alla città antica, quello che fai con un edificio è un po’ ripetere, inserirsi
all’interno dei tagli delle strade, quasi a considerare che il ritmo è dato dai tagli,
dall’attraversare, dai cortili, dai vestiboli degli edifici, dal mettere in comunicazione
strade parallele tra loro con un muoversi attraverso, un passare attraverso luoghi che
non sono mai stati utilizzati così.
13
10 anni di architetture di Miralles Tagliabue EMBT
Marella Santangelo
Lo studio EMBT Miralles Tagliabue ha sempre lavorato con due obiettivi fondamentali,
la necessità di sintetizzare, in se stessi e nel proprio operare, conoscenza e pratica del
fare con la consapevolezza del ruolo del progetto nella trasformazione della realtà
fisica e con l’assunzione di responsabilità di chi costruisce.
Il sodalizio tra Enric Miralles e Benedetta Tagliabue ha inizio nel 1990, dopo i primi anni
insieme, è con il trasferimento in Passatge de la Pau dieci anni fa che lo studio e il
lavoro raggiungono l’assetto attuale e una dimensione tale da consentire loro di
affrontare progetti in tutte le scale e in tutti i Paesi del mondo. La terribile scomparsa di
Enric Miralles nel 2000, in un periodo importante di crescita dello studio, ha portato ad
un momento di riflessione e ad una svolta molto significativi.
Ma l’architettura è, e deve essere, la chiave attraverso cui leggere e capire quale sia
l’evoluzione di un pensiero concreto, quell’architettura attraverso cui lasciare il segno
in molte parti del mondo, attraverso cui narrare una storia che è una storia di
continuità, ma anche la storia di una evoluzione, di un “andare avanti”, oltre.
È questo il racconto di un gruppo di architetti e del loro lavoro incessante, costante,
caparbio, dove la volontà forte di riaffermare una identità, la contaminazione culturale,
il rafforzamento di una visibilità internazionale e l’affermazione della capacità di
realizzare quanto “in cantiere”, ha restituito linfa ed entusiasmo. D’altronde
consapevolezza di sé e del contesto in cui si lavora, sono due caratteristiche peculiari
della personalità di Benedetta Tagliabue, il segno va oltre, è testimonianza del
presente, di un “fare” con continuità e con assiduità, l’architettura non si ferma mai,
l’architettura va avanti ogni giorno, muta e si trasforma, e trasforma i luoghi.
Molto si parla della disciplina del comporre e del progettare, ma il progetto come
unico elemento di conoscenza è ancora ciò da cui muovere, e i progetti sono la
risposta dello studio barcellonese alla conoscenza, la varietà dei temi affrontati e la
complessità delle condizioni consentono di leggere l’architettura di EMBT all’interno di
contesti diversi, ma sempre profondamente contemporanei.
L’intervento sul Mercato di Santa Caterina nel cuore della Barcellona antica, il Trinity
Quarter a Leeds in Gran Bretagna, ed anche il progetto per il nuovo IUAV a Venezia,
nella pagina accanto
Nuovo Parlamento di Scozia
Edimburgo, Scozia (UK), 1998-2004
15
16
sono prove estremamente complesse in cui è centrale il tema dell’intervento nel centro
storico della città, una delle questioni di architettura urbana più dibattute degli ultimi
quaranta anni. Il Mercato, nell’ambito del recupero dell’intero quartiere, riconferma la
sua centralità, la sua vocazione di luogo urbano in cui l’interno, fatto di secolari
stratificazioni, è solo un esterno protetto dalla straordinaria copertura, che diviene
nuovo segno nello skyline della città e nel protrarsi oltre il perimetro del mercato
riformula il rapporto dialettico con l’intorno; una sorta di piazza coperta attorno alla
quale si realizzano nuove residenze, anch’esse parte del progetto di EMBT, con servizi
e spazi urbani. La scelta di lavorare sulla “copertura” è parte fondante anche del
progetto per il centro antico della cittadina inglese di Leeds; la copertura in vetro è un
segno che si insinua tra chiese e campanili, edifici e strade, una copertura leggera, un
elemento fisico di continuità che media e reinterpreta il rapporto con la storia, crea e
disegna nuovi spazi pubblici urbani.
Diverso, e affascinante come tutti i progetti per Venezia, è quello che probabilmente
mai si realizzerà della nuova sede dello IUAV, un progetto profondamente urbano, in
cui il rapporto con il contesto veneziano, denso e materico, diviene parte del disegno
degli elementi; si conservano parzialmente i muri perimetrali degli antichi Magazzini
Frigoriferi, ma il nuovo edificio si protrae all’esterno attraverso scale, scalinate e
gradinate, per sedersi, per studiare, per stare semplicemente al sole di Venezia,
accanto all’acqua. Il tempo, la storia entrano in questi segni, la complessità
dell’organismo edilizio è la complessità di un pezzo di città: percorsi, corti, cortili, aule,
luoghi collettivi, servizi, si susseguono e si connettono, sempre direttamente
accessibili dalla città, perché sia sempre chiaramente percepibile che il nuovo non è
chiuso in se stesso, non si nega, ma accoglie.
Dalla densità dei nuclei urbani storici si passa al tema del confronto con i grandi spazi,
in alcuni casi apparentemente vuoti, con aree pubbliche la cui trasformazione equivale
al ridisegno di un intero brano di città, come il grande Parco di Mollet del Vallés, un
luogo per la gente, una nuova topografia, muri, ombre, una sorta di “vegetazione
artificiale” che disegna spazi e pertinenze, che colora il quartiere, movimenti di terra
artificiali che determinano quote, piani, altezze. Completamente diverso, ma pur
sempre assolutamente urbano, è il Parco progettato nell’area della ex Italsider di
Bagnoli a Napoli, un luogo dalla geografia forte e imperiosa, lungo la costa flegrea, in
uno dei luoghi più belli ma anche più densi di passato, fino a quello più prossimo e
doloroso dell’acciaieria; il parco è disegnato in stretta relazione proprio con la
geografia, con la natura che viene reimpiantata in un immenso giardino in cui le
diverse specie vegetali segnano le parti, intrecciandosi con il percorso archeologico
industriale, creando una zona d’acqua attraverso la darsena, recuperando la spiaggia
e il mare, in questo progetto la nuova topografia è tutta naturale, i movimenti di terra
disegnano un nuovo suolo e riformulano i rapporti percettivi e fisici tra gli elementi
naturali e artificiali.
Una condizione in cui artificio e natura si mescolano e si intrecciano irrimediabilmente
è quella invece del progetto per il parco sul porto di Amburgo, in cui si ridisegna il
sistema di spazi pubblici della città sull’acqua, in cui luci, colori, rumori sono legati e
dovuti allo sciabordio, all’alternarsi delle maree che ogni giorno e ogni notte disegnano
paesaggi differenti e forse luoghi differenti; qui i livelli diversi in cui lo spazio viene
scomposto dettano percorsi, dispiegano spazi, intrecciano le aree del verde, la forma
degli elementi costruiti è proprio quella delle foglie, delle piante, che qui magicamente
si avvicinano all’acqua. Come anche in altri progetti, EMBT ad Amburgo hanno
lavorato con un artista affinché la forma assumesse il senso profondo della ricerca e
della rappresentazione.
Tra i grandi interventi dello studio, tra i progetti di grandi spazi e di luoghi che
assumono una nuova autonomia formale e sostanziale, centrale è il progetto del
Campus Universitario di Vigo, dove i progettisti sono stati chiamati a disegnare e
riconformare un luogo dall’orografia impervia, lontano dal centro della città, un luogo
inciso da repentini salti di quota, isolato e profondamente segnato dalla condizione
fisica. Ma il fascino della valle, delle acque del fiume e, in lontananza, dell’oceano
hanno affascinato Miralles e Tagliabue, dando l’avvio ad un processo costruttivo
lungo, che ha preso le mosse da un progetto di suolo con il quale si è creato una
sorta di basamento sul quale appoggiare i corpi edilizi, dalla sinuosa pergola
all’aulario, dagli impianti al palazzetto dello sport, fino all’ultima realizzazione del
rettorato. Un progetto che è anche disegno del contesto, contesto naturale che si
modifica per accogliere l’artificio della costruzione: alla fine sotto le incessanti piogge
galiziane non c’è più il montus, ma un insieme di elementi che hanno ridisegnato la
terra, che da essa si sopraelevano su pilastri e colonne quasi per una strana forma di
rispetto, dando vita a un nuovo paesaggio costruito.
Il contesto, ed il rapporto con questo, è dunque uno dei temi principali del progettare,
del comporre l’architettura, ma il contesto può essere interpretato ed inteso in molti
modi, quel che è certo è che l’architettura dello studio EMBT ha sempre dialogato con
il luogo, si è sempre misurata con le condizioni in cui si va ad operare, anche nei
progetti in cui l’edificio riassume in se stesso l’intervento, l’intorno ne fa comunque
parte. Come nell’immensa opera del Parlamento di Edimburgo, laddove l’edificio
rappresenta il luogo della democrazia e la sede del governo dello Stato: la collina, la
terra su cui si erge, il verde, il paesaggio, entrano nella composizione, nel disegno
delle facciate ricche e complesse, nel dispiegarsi dei percorsi interni, fino a far parte
del disegno del grande muro di recinzione. Ed in dimensioni ben più ridotte, è
chiaramente leggibile lo stesso atteggiamento nell’intervento di ampliamento del
Comune di Utrecht, in cui l’intorno non è solo la città, ma l’insieme dei corpi edilizi su
cui si interviene, la preesistenza diviene contesto, si interseca con il nuovo che si
protrae all’esterno in modo da disegnare anche nuovi spazi pubblici e far si che
l’esterno, il pubblico, entrino nel Comune e sentano di farne parte.
Completamente diversa è la condizione in cui si è realizzato lo straordinario edificio del
Gas Natural, eppure come ha appuntato lo stesso Enric Miralles all’inizio del lavoro,
l’idea di questa costruzione viene proprio dal confronto con i caratteri specifici
dell’intorno, il volume deve essere in grado di rappresentare il luogo e le variazioni
17
18
visuali che lo contraddistinguono, arricchire il profilo della città ed assumere il ruolo di
nuovo monumento moderno del Cinturò de Ronda in contrapposizione fisica e visuale
con l’asse dell’Arco di Trionfo. Qui la complessità volumetrica -la torre e i corpi
frammentati- vuole anche disegnare una sorta di porta nuova al quartiere della
Barceloneta e aprirsi ad accogliere il paesaggio urbano. Le superfici mutano e, al
variare di queste, muta quanto si rispecchia, o meglio si deforma fino a divenire
indistinguibile, come a voler rappresentare sulla propria “pelle” racconti diversi, diversi
aspetti possibili di un contesto multiforme.
Il rapporto tra edificio e contesto assume caratteristiche completamente diverse nel
caso della Biblioteca di Palafolls, laddove la costruzione sembra emergere dalla terra,
dal giardino in cui è inserita: la biblioteca ha le caratteristiche di un labirinto che si
dipana sul terreno, ridisegnandone la topografia; la struttura è organizzata su un
sistema di travi e pilastri indipendenti dalla pelle, mentre l’altro elemento fondamentale
della composizione dello spazio è la luce che arriva dall’alto attraverso i lucernari,
orientata verso i lettori, affinché “leggano e sognino”.
Ma l’edificio può anche avere la forte connotazione di “oggetto”, un oggetto
architettonico che crea spazio, che rappresenta nella sua essenza, con la sua forma,
con i materiali con cui è realizzato, le potenzialità dell’architettura; e questo accade nel
Padiglione Commemorativo del centenario della città di Esch-Sur-Alzette in
Lussemburgo, che appare come un insieme di colori immersi nel verde del parco che,
con la lunga passerella, sembra invitare ad entrare, a scoprire cosa è celato dalle
pareti colorate, nei patii che si intersecano ad accogliere i visitatori. Tutt’altro ruolo ha il
recentissimo progetto del Padiglione Spagnolo di Shangai per l’Esposizione del 2010,
questo rappresenta il nuovo, è il segno del futuro, è un’architettura eterea ma materica
al contempo, è un esperimento costruttivo all’interno di una “tradizione”, è il progetto
che ci fa leggere oggi il lavoro dello studio EMBT nel suo proiettarsi verso il futuro.
Ma il futuro è anche nel progetto della Stazione “Centro Direzionale” della
Metropolitana di Napoli, in questo lavoro complesso ma affascinante rientra la
questione del rapporto con l’infrastruttura nella città contemporanea, con i sistemi
della mobilità, ma anche con il tema dell’inserimento di un elemento urbano nuovo
all’interno di un pezzo di città progettato solo trenta anni fa. È il tema della
stratificazione della città moderna, ma anche del riportare nella città moderna
attraverso segni, materiali e luoghi la tradizione della città della storia: legno, ceramica,
pietra lavica, richiamano alla memoria i materiali settecenteschi usati dai grandi
architetti che costruirono le più importanti fabbriche borboniche.
Ci sono, infine, ancora quattro progetti voluti da Elena Rocchi, curatrice della Mostra
per lo studio EMBT, di cui è uno degli elementi portanti, per raccontare e narrare un
decennio di lavoro, fatica, sofferenza, determinazione, entusiasmo, e che, forse ancor
più degli altri, rappresentano la eterogeneità e la modernità del fare architettura oggi a
livelli internazionali: gli interventi residenziali di Figueras e Madrid, la Primary School
Manuel Martínez Calderón a Katmandù in Nepal ed i pannelli acustici per la Gran Via
di Barcellona.
Il tema della residenza è tema centrale della composizione architettonica, il progetto
della casa segna la ricerca progettuale di tutti gli architetti “operanti”, e proprio in un
percorso di ricerca si inseriscono entrambi i progetti dell’EMBT. Le residenze di
Figueras sono pensate per i giovani, piccole case di circa 40 mq che rileggono il tema
dell’appartamento e il rapporto interno esterno con un sistema di bucature in facciata
che vuole far leggere anche dall’esterno l’interno, quasi questo si proiettasse fuori
attraverso i bow-windows abitabili. Anche l’isolato, al limite tra il tessuto urbano e la
campagna, testimonia la volontà progettuale di mediare tra la memoria urbana e una
volumetria complessa e variegata. Altro tipo di mediazione è quella affidata alle case
madrilene; queste residenze popolari sono in un sobborgo a nord della capitale,
pensate nei termini della contemporanea sostenibilità e orientate in modo da sfruttare
a pieno la luce e il calore del sole, ma anche protette dalle canicolari temperature
estive. Dal punto di vista compositivo sono studiate in modo da avere diverse
possibilità dimensionali, in un’autonomia che diviene libertà per gli abitanti, e
testimoniano della possibilità di ritornare a fare edilizia pubblica di qualità, nel solco dei
più moderni e avanzati sistemi costruttivi nel rispetto dell’ambiente.
La Scuola in Nepal invece rappresenta un’occasione straordinaria di confronto con
una cultura millenaria, ricca di tradizione e di segni distintivi, con colori e luci di uno
straordinario e lontano paese, ma anche con la miseria, con la sofferenza dei bambini;
questo progetto è il segno concreto della capacità di essere presenti laddove c’è
carenza di tutto, attraverso quello che si è in grado di fare -un’architettura- di sapere
pensare e immaginare spazi, luoghi, condizioni, interno, esterno, con i materiali della
terra e del luogo, ritornando così all’antica “tradizione del fare”.
Altra caratteristica del lavoro dello studio è la capacità e la volontà comune di
misurarsi con il progetto a tutte le dimensioni, fino ad oggetti minuti, perché la
capacità di inventare e di immaginare non ha scale; i pannelli acustici per la Gran Via
sono una sorta di insieme di elementi intermedi, sono oggetti ma sono architetture
urbane nel loro disegnare i “prospetti della strada”. I pannelli contengono le onde
sonore e al contempo accompagnano il viaggiatore, contengono suoni e sguardi, ma
proteggono anche gli abitanti all’intorno, proteggono udito e vista. E questo con un
segno che accoglie e colora superfici diverse nelle diverse ore della giornata.
Leggere le questioni del comporre, parlare di architettura e di temi di progetto è l’unico
modo per comprendere nel suo insieme il lavoro dello Studio EMBT, per raccontare la
sua complessità e la sua ricchezza e provare a immaginare un futuro in cui si realizzi
ancora l’Architettura. Voltando di tanto in tanto, ma costantemente, il volto indietro per
tenere viva la memoria e per incrociare sempre lo sguardo vivo di Enric Miralles.
19
20
Riqualificazione del Mercato
di Santa Caterina
Barcellona, Spagna, 1997-2005
Il progetto di riqualificazione del mercato e del
quartiere di Santa Caterina, si inseriscono in un
ampio intervento di riqualificazione urbana
promosso dal Comune di Barcellona.
La struttura del mercato ottocentesco, ricostruito
sulle rovine del precedente monastero di Santa
Caterina, viene protetta da una copertura
ondulata rivestita di ceramica colorata.
Quest’ultima, si appoggia delicatamente sui
pilastri esterni al perimetro murario, mentre tre
grandi archi metallici permettono l’appoggio su
strutture verticali interne; una copertura effimera
che crea un unico grande spazio interno, una
“piazza-mercato”.
Il mercato di Santa Caterina svolge un ruolo
fondamentale nella dinamica del quartiere
specialmente al livello del calpestio dove, grazie
anche alla continuità tra la pavimentazione
interna ed esterna, si è conservata una grande
permeabilità con gli spazi urbani circostanti.
La copertura, che ora fuoriesce dall’antico
perimetro si rende visibile al resto della città e
rappresenta un punto di attrazione verso la
nuova “Porta Miralles”, che introduce
direttamente all’omonimo quartiere.
Il mercato è in se stesso un complesso di
funzioni in cui convivono ai piani interrati i
parcheggi, il carico e scarico merci, la raccolta
pneumatica dei rifiuti, la zona archeologica e, ai
piani superiori, abitazioni per anziani; differenti
funzioni che si integrano e collaborano, creando
continuità con la struttura urbana della città
antica. Nel progetto di riqualificazione del
quartiere, molta attenzione è stata posta ai
rapporti tra la nuove costruzioni e quelle
esistenti, strutturando i nuovi interventi secondo
la legge delle preesistenze.
21
22
23
26
27
28
Nuova sede per l’Istituto
Universitario di Architettura di
Venezia
Italia, 1998
L’area portuale degli ex Magazzini Frigoriferi, ha
rappresentato il luogo delle attività commerciali
del porto veneziano fino alla metà del XX secolo.
In quest’area, come nell’isola della Giudecca
antistante, fino agli anni ’50 quando fu decisa la
dismissione delle fabbriche, si sono verificati
numerosi fenomeni di addensamento legati
all’industria e all’edilizia popolare.
In previsione della demolizione degli ex
Magazzini Frigoriferi nel 1997 viene bandito il
“Concorso di progettazione per una nuova sede
IUAV nell’area dei Magazzini Frigoriferi a San
Basilio”. Il programma non prevedeva solo la
realizzazione di luoghi destinati alla didattica e
alla ricerca, ma anche la progettazione di spazi
per la città, con l’intento di riqualificare un’area
complessa dal punto di vista architettonico e
urbano. Il progetto preliminare, proclamato
unanimemente vincitore del concorso,
prevedeva la conservazione di un frammento
della struttura preesistente, una grande parete
convessa sul canale San Nicolò dei Mendicali, e
la realizzazione di una serie di corpi connessi
dalla presenza di aree esterne in stretto contatto
con la città. La grande trasparenza verso la città,
al piano terra, si contrappone alla compattezza
del piano superiore con aule che appaiono come
veri e propri magazzini, illuminate esclusivamente
dall’alto secondo la lezione di Le Corbusier per
l’Ospedale di Venezia, progetto con il quale
condivide la sorte del non realizzato.
Pavimentazioni e facciate, sono arricchite da
inserti di vetro di Murano che, da materiali di
scarto provenienti dalle fabbriche della zona,
riprendono vita come preziosi elementi
decorativi.
29
30
31
32
Centro commerciale
“Trinity Quarter”
Leeds, Regno Unito, 2000
Leeds è una piovosa città del nord dell’Inghilterra
caratterizzata da numerose e bellissime gallerie
in vetro.
Il progetto per la nuova galleria commerciale del
“Trinity Quarter”, nasce con l’intento di riproporre
una copertura in vetro che richiami quelle
preesistenti del XIX secolo.
La galleria viene “scavata”, lateralmente alla
settecentesca chiesa di Trinity, all’interno del
tessuto esistente penetrando attraverso le
antiche facciate.
Il nuovo intervento si collega agli edifici che lo
circondano, con l’obiettivo di rendere la nuova
struttura parte integrante del tessuto antico.
La grande copertura in vetro riqualifica lo spazio,
ed instaura, pur dichiarando la sua identità ed
autonomia, un legame con le strutture che
caratterizzano l’intorno.
33