Matteo Bandello, o, Vita italiana in un novelliere del cinquecento

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Matteo Bandello, o, Vita italiana in un novelliere del cinquecento
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li
-
vi
Vì.^').
Proprietà letteraria.
ERNESTO MASI
MATTEO RANDELLO
VITA ITALIANA
IN
UN NOVELLIERE DEL CINQUECENTO
BOLOGNA
DITTA NICOLA ZANI
iqOO.
-^j\viCtS
RùIL^^^l^^.^
CAPITOLO
Dal Boccaccio
Di
al
Boccaccio quella che diede
più duraturi
Di
fu, scrive
durante
fatto, se
il
il
Bandello.
opera
vasta
tutta la varia e
I
frutti
più numerosi
e
Decamerone
(').
Symonds,
secolo
il
XV
novellatori
i
com'è
furono numerosissimi, perchè ad
altro,
era principalmente rivolta ogni
attività
non furono però poco
del
letteraria
importanti,
il
non
noto,
letteraria,
Sermini,
il
Manetti, Sabadino degli Arienti, Masuccio Salernitano,
Poggio Bracciolini, Lorenzo
compenso,
(')
II,
Renaissance in Italy
rahle portion
the
Masi.
«
and
Decameron
Magnifico. Per
pieno Rinascimento, e cioè
in
Chapter X.
il
—
Italian
Of Boccaccio's
the one
ihat
Literatnre
legaci/
bore the
nel
the
»ios(
richest
—
se-
Part
consideiras
frtfif,
».
1
—2—
colo seguente, la nota fondamentale
è data dalla novella ed
i
(^),
per così dire,
una
novellatori sono
lange, dei quali lungo sarebbe
ricordare
fa-
nomi
i
soltanto.
Basti che ogni regione italiana, quasi ogni città
contribuisce a questa fioritura: Toscana col Firenzuola,
tini,
il
Lasca,
Machiavelli, e coi
il
che tocca
Nelli, e fino al Bargagli,
Roma
XVII,
ma romano
col
Decamerone
d' elezione e di
Senesi
Forsecolo
il
del Molza modenese,
dimora, Ferrara cogli
Ecatommiti del Giraldi, Venezia colle Piacevoli
dello Straparola,
i
Diporti del Parabosco,
nate dell' Erizzo; Lodi col
Da
Gior-
le
Gadamosto, Vicenza
il
maggiore senza alcun dubbio
novellatori del Ginquecento
e
meglio d'ogni altro afferma
l'
quello
di
col
Ran-
Porto, Gastelnovo di Scrivia con Matteo
dello,
notti
tutti
i
che più e
assoluta prevalenza,
specie nella novella romanzesca,
supe-
dell'Italia
riore.
Perchè questa prevalenza? L'ha detto
(1)
«
The
Norella, ns in
cit, Ice. cit.
kei/noie of the
England by
il
Renaissance u-as striick
the
Drama
»
—
Svmonds
Ca-
b;/
the
—
Op.
—3—
nello in quel suo
pur tanto ingegnoso
tevole
i
scrive
è,
il
sistematico,
ma
libro sul Cinquecento. «
No-
paradossale
e
come
Ganello, che
nostri poeti epici del
sommi
i
tra
Cinquecento appartengono
air Italia superiore, alla slessa regione appartengano
anche
del
più notevoli tra
i
Po
La regione
novellieri.
i
armi
fu la più disputata dalle
e dalle
am-
bizioni dei potenti d'allora; qui ci fu più sviluppo
di vita reale
pubblica e privata; e qui
più poemi, romanzi e novelle, che la
tarono
(')
e
quanto
le
tutte in
esse,
fermandosi
egual
E
la
rappresenta-
grado?
11
Settembrini,
ai tre novellatoi'i,
(')
Il
che veramente
XVJ,
sui moltissimi del secolo
dice
dello, al Lasca, al Giraldi,
a
rappresentarono
novelle
quella vita pubblica e privata?
meggiano
rappresen-
».
Ma come
rono
furono
ci
Carducci
che
in vari luoghi delle
«
al
il
pri-
Ranprimo
suo opere applica
questo fatto non solo la ragione storica, ma, comjiiendo
la teorica
Herderiana dell'azione, che su determinati
svolg'inìonti storici esercitano
grafia, studia
il
i
luoghi,
fatto, di cui parla
il
il
clima e l'etno-
Canello, anche
relaziono alla configurazione del suolo e ad
condizioni fisiche.
in
altre simili
—4—
ritrae
nomo
1'
renze,
il
terzo
in Italia,
l'uomo
novella più che
liana del
la
»
ci ritrae
che
Più
«
la
vita ita-
la
meno
perchè
forse
»,
troppo
esatta.
Settembrini,
commedia
Fi-
in
(^);
ed
tutto vera
stesso
Cinquecento
uomo
1'
mondo
nel
gran frase da essere del
giusto è dire collo
secondo
il
di
mo-
essa vincolata e trattenuta dall'imitazione dei
delli classici.
Ciò non significa che anche
tutti
i
la
non
suoi travestimenti classici,
nel vivo, ed
il
commedia, con
tagli
spesso
Gaspary adduce un esempio
tanti, in cui la realtà è
messa a
nudo con una
franchezza e profondità così rapida, che certo
fu
mai conseguita
dalla novella con
tutte
prolissità di chiacchierona interminabile.
Chi
—
—
lo
potrà?
—
Il
« Chi disporrà
Tu,
io,
i
risponde
confessore,
confessore
?
sue
Trattasi
male
devota.
Ligurio.
chiede Callimaco.
danari, la cattività nostra, la loro.
Io dubito, obbietta
(')
il
pura,
non
le
nella Mandragola del Machiavelli d' indurre al
Lucrezia, la giovane sposa, onesta,
fra
Nicla,
Settemubtni, Lezioni di
che
Ictt.
per mio
ital.
Voi.
II.
detto
—
la
—5—
non
parlare
al
confessore.
cotesto è rimedio.
—
Dimmi.
voglia
anche a
ire
a
condurre alla madre »
che
(').
—
—
È un lampo
Ed
Farvela
orrendo,
un bagliore istantaneo su
striscia e getta
un
buio ancora più orrendo. Se non che, noia acuta-
mente
il
Gaspary
ma
tenza artistica bensì,
realtà e modernità,
capita alle
ardimenti
con
dessa
è
commedia
appresta alla
quando
la novella,
('),
vivo
appunto
del
senso
quella
di
che
Cinquecento,
specie
Machiavelli,
siffatti
di rappresentazione.
Al teatro
la
novella fornisce in genere gli ele-
maggior
menti
di
Lasca
slesso,
realtà
e
modernità,
volendo vantare un
commediografo moderno,
già
più
del
mani
minore po-
con
Menandru
e
commedia
alla
d'amore. La novella però dà
proprio bene e male, e
il
donna
Boccaccio; e
alla
ampia
[)iù
all'intrigo
commedia
il
suo
ammassando,
Scena VI.
(1)
Mandragola. Atto
(-)
G.^SPARY, Storia della Leti. Hai.
pag. 231, 262, 263.
e
la tessitura sua,
li.
non
disse ch'egli imitò
Terenzio, sibbene
il
come buon
tale
l'azione della novella procaccia ancora
parte nella
sicché
—
Voi.
II,
Tarte
II,
sovrapponendo, avviluppando circostanze su circo-
comporre un vero
stanze, senza per questo
che abbia
che
la
la
perspicuità necessaria al teatro, fa
la
commedia
Mandragola
del Cinquecento (se
da essere
perderne
Symonds
il
della prevalenza
(^)
XV
dunque
innegabile, e non solo
vede nel
ma può
vedersi altresì
Leggende
di
santi
si
poesia
nella
l'andare della novella;
e
lo stesso
degli
del tipo di
Ginevra
quanto
alle
tissime pitture, la leggenda, ad
Gaspary, Op.
Op.
cit.,
cit.. loc. cit.
poemi
loc. cit.
novelle;
i
Almieri
Umanisti scrivono
in versi; gli stessi
(2)
i
Orlando Furioso, talvolta in-
poemi popolari
(1)
arti
Rappresentazioni
Sacre
a
e,
è
teatro,
nelle
terrompono l'azione per dar luogo
novelle in latino;
XVI
non volendo,
pigliano,
le
e
sono in gran parte novelle drammatizzate;
sono novelle
il
poche parole
tirannica della novella nei secoli
romanzeschi,
intri-
(').
Ciò che nota
belle.
sì
eccettua
così
facilissimo
e quasi impossibile stringerne in
l'argomento
si
del Machiavelli) riesca
cata e faticosa,
filo
intreccio,
arti
belle,
esempio
di S.
mol-
Ago-
San Gimignano,
sLino del Gozzoli a
Sodoma
detto del
vanni
non sono
svolgono
d'
Lippi
del
in
i
guenza
a Prato,
realtà se
Bene-
non
un
d'
Gioaltro
novelle dipinte, le quali
una
chiesa,
oratorio.
La conse-
cosa indurre da questo fatto?
pili logica e
di S.
dicendo,
via
e
loro incidenti sulle pareti d'
un claustro o
Che
Monte Olivato, quella
a
Or-
qiiella di S.
sola del Carpaccio a Venezia, quella di S.
più semplice parrebbe questa
vale a dire, la novella essere stata molto nel gusto
di quel
tempo
e le belle arti essere state allora, e
con grande loro vantaggio, molto più strettamente
congiunte alla letteratura che
quantunque
la
novella,
quecento, sia già
assai
ogni altro tempo,
in
massime quella
meno
opera
del
Cin-
artistica
di
quello che nelle mani del Boccaccio, ed abbia in-
vece molte delle parti che
mente
critica,
straniera, le contesta; tant'è vero
dei maggiori poeti
non ha
certa
talvolta,
del
mondo,
che da gravare
lo
la
special-
che uno
Shakespeare,
mano
sulla de-
bole trama della novella italiana per farne sbalzar
fuori
il
dramma umano
verità e varietà.
in tutta la
sua molteplice
—8
Tati' altro invece e
ben più ampie
singolari sono le conseguenze, che
ben più
e
ne
se
vollero
derivare, e possiamo vederle raccolte appunto nel
Symonds, che, sebbene
nimità, di dottrina e di affetto
potè trattenersi dal
(
dopo
d' averla
pieno
sia scrittore
pure non
all' Italia,
anch'esso
fare
equa-
d'
novella
della
proclamata moralmente turpe, inogni
differente al
bene od
alta idealità,
d'ogni profondità psicologica, d'ogni
passione e d' ogni poesia
storica del nostro
d' arte
si
montando
vede
a
popolo
il
italiano
la letteratura
e
1'
o-
per verità notevolissimo,
grande quantità
di novellieri e di novelle
se
il
che dal Boccaccio a
apparisce nella storia della
e
fatalità
fatto,
spicciolate,
può
di
che meritava.
Che monta,
di quella
d'
temperamento nazionale, per cui
avrebbe avuto nella novella
pera
destituita
una specie
)
Cinquecento,
nel
soprattutto
male,
al
deve spiegare
la
tradizione
occhio,
che
in
tutto
secolo
letteratura
altra
quante
letteratura simbolica medievale,
XYI
italiana
guisa
puramente
tutte
il
;
se
si
ri-
letteraria,
si
forme
di
le
comuni
alle razze
neolatine, (Moralizzazioni, Bestiari) sono piene
di
—9—
non
racconti,
rado
di
inzeppati
di
lubriche
san-
toccherie; che allo scomporsi della vecchia società
feudale, già inspiralrice delle canzoni di gesta e dei
romanzi d'avventura,
fableau
il
scettico,
mordace,
irriverente s'impossessa della materia di quei racconti e ne trasforma lo spirito, precorrendo la novella,
quale poi, in
uno
stadio
coltura, la troviamo bella, ornata,
vanni Boccaccio?
dalla tradizione
può
(^)
Che monta,
puramente
mento necessario
pientesi lungo
di quella
sopraffa
il
se
in
secolo
Gio-
anche uscendo
un
quale
risulta-
della trasformazione sociale,
com-
XIV, mercè l'avvenimento
che Dante chiama
ovunque
pomposa,
letteraria, la novella si
gran parte considerare
in
avanzata
più
di
la gente
nuova,
la
quale
« le vecchie famiglie, direbbe
il
Carducci, custodi della tradizione eroica » e attornia
le signorie, livellanti
e
Ghibellini,
« sotto la lor dittatura Guelfi
grandi e plebe »1 ()
Che monta,
se questa mescolanza di elemento signorile e bor-
ii)
Bartoli, / Precursori del Boccaccio
—
Letteratura Italiana, Voi. 3; Cahudcci, Oj)ere
Storia della
—
Leti, e Storici.
(2)
Carducci, Opere
—
Discorsi Lett.
e Storici.
Discor;>i
—
—
10
ghese è dessa appunto che produce
affermctzione
fermazione
non
solo di
altresì d'
un
il
Decameroìie,
ma
fatto storico,
un uomo
bastevole quindi a determinare da per sé
cipio d*
una
intiera tradizione letteraria?
dizioni sociali susseguenti,
che separa
la società
d'assecondare
sità
borghesi
sempre
vella,
il
piiì,
nuova
Le con-
(')
umanistica,
tradizione
quella
finché in pieno Rinascimento
la pittura,
poema
il
la
almeno
cavalleresco,
d'ogni
tramonto
supremo
nell'ideale
quasi tutta la coscienza morale
novella diviene in Italia
continuamente fra
ne
diana,
il
del
manifesta
meglio
È
quello che
della
mancò
al
e
più
vita
2.
ideale
com'è,
quoti-
largamente
contrad-
in Italia.
proposito le giuste considerazioni del Gaspart,
Voi.
li-
spontaneo
le brutture, le
dramma
la
Cinquecento,
frutto più
gli accidenti
ogni altro la corruzione,
(1)
no-
dell'arte
di tutta la letteratura del secolo, e avvolta,
d'
neces-
gusto d'una società mista di
amorosa, e che nel
concentra
la
prin-
senza neppure quel tanto d' idealità artistica,
che eleva
rica
il
dal popolo, la
afforzano
signori
e
coltura
la
che
più
genio,
di
af-
Vedi in
Op.
cit.
—
dizioni,
rissimo;
11
ma
che monta,
ripeto,
tutto
preferisce dimostrare che la novella
che una conseguenza
danna della
di
per lo
si
dai
contesti
originalità di contenuto.
A
è per noi
critici
stesso Boccaccio
o
sentirli, tutto
i
con
stranieri,
comparazioni,
di
im-
è
ci
a cronica infermità
l'immenso materiale, che
in opera
novella
la
meno
tanto studio d'indagini, e
hanno messo
non
Si
storia.
putata a colpa,
nazionale, le
questo?
natura ed una giusta con-
Curioso è poi che mentre
tutto
Ve-
che ninna apologia potrebbe negare.
ogni
quasi
nostri novellatori
è derivato dal fableau.
non ha nulla
di suo, salvo
leganze ciceroniane (che snervano anzi,
si
le
Lo
e-
dice, la
giovine e sana vigoria del fableau) la lubricità dei
particolari e la irreligiosità.
vellatori
si
salva,
neppure
E
il
nessuno dei nostri noSacchetti,
che indub-
biamente atteggia nelle sue novelle aneddoti e personaggi
contemporanei,
neppure
il
Bandello, così
lontano in ordine di tempo dalla letteratura dei Iròveri e così
{*)
pienamente
tuffato nel suo Cinquecento
— Bei— Dunlop-Lie-
Vedi: Landau, Die Quellen des Decamerone
tràge zur Geschichte der Italienischen Novelle
(^).
—
Anche
e
di
queste esagerazioni
che non procede per
giustizia. Certo,
siero
umano
genera
mento
il
via
neppure
come un fungo, perchè
si
12
il
la critica discreta,
prima
nulla nella storia del pen-
e quindi nella storia della letteratura
così,
ed anche come forma
Novellino^
le visioni
di
i
e le
al
Decamerone,
leggende, largamente diffuse
la strada alla
a parlar di fonti^ dalle
delle plebi cristiane,
direttamente
quali
dimostrato,
son
tanto
lavoro di rimaneggiamento, che
secoli in
letterarie
ed
orali,
delle
colate e
Trouvères x^ag. 80, 83, J51
—
E
—
da
è la co-
principal-
Fin du XIII Siede
per V opposto vedi
Bartoli, Storia della Letter. Hai. Voi.
cursori del Buccaccio, ecc. ecc.
il
infinite
ribollite
Vedi
der Prosadichtungen.
mente: Histoire Littèraire de France
—
fa
varie
grande
quell'immenso crogiuolo, che
BUECUT-G eschichle
derivi
Cinquecento, è
il
quelle, dalle quali essa attinge, tanto è
tradizioni
Ma
Divina Coìnmedia.
novella italiana fino a tutto
più presto detto che
componi-
di
Conti d'antichi Cavalieri^ e via
Dante nella coscienza
avevano aperta
la
fatto
Boccaccio è venuto su
dicendo, hanno aperta la strada
come
ha
sistemi,
di
3.
Cap.
X
e
i
:
Pre-
—
popolare,
scienza
ratteri
tanto
contemporanei
nali, tanto si
13
si
—
vale
giova e mescola insieme
E
rispecchia
di
e
fatti
e in essi traveste
ricordo erudito e ciò che è
mediata.
di
i
ca-
tradizio-
ciò
che
è
sua osservazione im-
anzi appunto per questo che essa pure
non
in tutto,
e la vita sociale del
ma
tempo.
in
gran parte,
la storia
CAPITOLO
La cornice
li
del quadro.
Dovrebbe quindi bastare quello che fu ed
sempre
nuovo
nulla
vero,
sotto
il
quau'l' anche,
esteriore,
notando
sole,
poniamo,
con cui
mai
esservi
il
si
d'
intieramente
tenipo
puri
in
cerca
di
dare un
unità organica alle sue novelle, la peste, che
tre
in cui
giovani s'incontrano,
lano,
ove
si
recano a
la
le sette
sul
villa
potere
poco; così grande
con
cui
l'arte
è
del
la
Boccaccio
vecchia forma, e tanto
1'
si
vaghezza
dee
i
Fieso-
essere
in-
ombra prove-
in
nirgli dal Libro dei Sette Savi, gli
donne
colle
non
novellare,
ma
venzione tutta sua,
che
dimostri la stessa cornice
Boccaccio
sola Firenze, la chiesa,
è
e
sarà tolto ben
l'originalità,
trasfigura
quella
ha esso riempiuta di per-
16
sooaggi e di vita del tempo suo
del resto considerare
Non
(').
Boccaccio nelle
il
può
si
ridicolag-
gini de' suoi pretesi imitatori. L'arte sua è di or-
dine composito,
suo
stile,
altra
che.
nelle
noi
gente,
periodo, a
fa
se
quasi sgomento, in
quillità,
mai.
fu
ampie
che
il
del
volute
diavolo
dietro,
Giovanni della
in
lui,
lente
e
ha
Quello stesso
tran-
com' era detto dai suoi contemporanei, era
arte squisita,
che idoleggia
sé
stessa,
varia d'ombre, di luci, e accarezza e
vera delizia interiore.
Ad
modo
ogni
e
eh' egli
raffina
ciò
è
secondario in un' opera letteraria cosi vasta,
mille rivoli
tanti
ma
e
alimenta
generi
tanti
nella
la novella
si
sola
discosta
Sacchetti stesso, che gli è così vicino,
è già altra cosa. Scarta cioè
diversi
letteratura
da
la
lui,
cit.
nel
novella
sempre più l'elemento
d'arte, e acquista un'altra originalità, quella
Gaspary, Op.
in
Europa. Se non che
in quella di tutta
appena, ripeto,
(1)
eru-
sovrano, ha una azione che dilaga per
tempi diversi, e non
Italiana,
ben
come
quella del Boccaccio, che novellatore, poeta,
dito, artista
con
Voi. II, P.
I,
pag. 42.
che
17
le
viene da un sentimento più prossimo alla realtà
contemporanea, con sempre minore inlerposizione
di preoccupazioni
finché
artistiche,
giunge a
si
Matteo Bandelle nel secolo XVI, che schiettamente
dichiara non aver arto, non
narrar per narrare.
Non
«
non lingua,
stile,
voglio dire, scriv' esso,
che queste mie Novelle siano
Fiorenlin
scritte in
E
volgare, perchè direi manifesta bugia.
io
non ho
(che
stile
il
e
bene
se
confesso) mi sono assicu-
dandomi a credere che
rato a scriver esse Novelle,
l'Historia e cotesta sorte di Novelle possa dilettare
in
qualunque lingua
Lombardo
trove: « Io son
fini
ho
de
la
scritto,
ornamento
essa sia scritta »
Liguria
nato....
e in
e
non per iiìsegnar
a la lingua
memoria de
le cose
Lombardia a
come
ma
degne
li
al-
con-
parlo,
io
altrui,
Volgare;
che
E
(^).
né
cosi
accrescer
solo per tener
mi
sono
parse
d' essere scritte » ().
(1)
La prima
]);ute delle
Novelle del Bandelle (Lucca,
Hnsdrago, 1551, e di nuovo in
1710). Il
(•)
piilita
Bandello
Baxdello,
Londra per
S.
Harding-,
ai lettori.
Novelle. Parte prima.
—
Dedica ad
Sforza Bentivo^lio.
Ma-^i.
2
Ip-
—
—
18
L' ideale artistico del Boccaccio è raccolto nel-
r
età del Rinascimento, di cui
è
egli
il
mediato profeta, dai grandi maestri delle
non
stiche e dall'Ariosto,
essa
cerchi sempre parodiarne lo
dolo, l'organismo, in cui
suo novelliere, e
sazietà,
il
pla-
quantunque
ha
egli
temi
certi suoi
rifarne,
stile,
varian-
incorniciato
il
rimaneggi
a
li
si
d'ogni
giuoco
fa
umana, l'amore finalmente, che
carne
contro Io spirilo,
la tirannia dell'
susseguenti
si
previdenza
Boccaccio è
nel
ribellione dei tempi nuovi contro
contro
arti
motto, l'arguzia, la burla, l'accidentalità
inaspettata, che
della
im-
sempre imitatrice del Boccaccio e
professi
si
dalla novella,
più
medio
il
dell'istinto
evo,
umano
ascetismo, e nei novellatori
materializza,
sempre
sfrena
si
piij,
senza neppure che
quell'ideale
redima alquanto
irresistibili fatalità, finche nel
secolo
XVI
occupazione
maggior
cilio
di
le
di
religione
ne
riapparisce nel Bandelle qualche predi leggi
morali
e
nel
Giraldi
rispetto a certe convenienze, che
Trento aveva insegnato
puramente, poniamo,
principale bersaglio di
alla
e che, se
disciplina
tutti
i
nostri
si
il
quel
Con-
guarda
ecclesiastica,
novellatori,
—
non
può
si
come
dire,
—
Ganello, che fosse
il
tuUo
un'apparenza, un'intonaco, un' ipocrisia
e solo
Quanto
alla forma, la novella del
non ha modelli
por
19
classici.
Ha un
meno, pretende averlo,
lo
novella comincia
l'imitazione
si
modello
e
con
finisce
il
colorito della
lui
e
il
lepore,
mentre
pei-
avvolgimenti
del
lingua,
lutto sta nei complicati
gli altri
arti-
riduce ad esteriorità inconcludenti,
salvo nei Fiorentini e Senesi le grazie,
la ricchezza,
o,
Boccaccio. Pre-
grande composizione
tende, dico, perchè la
stica della
Cinquecento
solo
il
(^).
periodo e delle cadenze boccaccesche.
Prevale fra
siasi cornice,
imitazioni la ricerca d' una qual-
le
in cui
inquadrare
tazione quasi costante, dal
Pecorone,
Cap.
ir,
Voi.
Lasca e
novelliere; imi-
misterioso
autore
pag.
Più
in
Cap. V. In altro luogo del suo
cit.
lo si
cerca e
Giornale
—
Vedi
19.
XV, ed ora
Giovanna.
del
Giraldi.
al
Canello stesso espressamente ne conviene.
il
(•)
al
Canello. Op.
(1)
libro
Gorra,
(')
il
Il
più
Storico
si
della
ostina
a
celarsi.
Lelterafitra
in Studi di Critica Letteraria.
Pecorone
Bihliot. delle Scuole
Iteti.
di
—
Vedi
Haliana.
I.
Della
Ser Giovanni Fiorentino in
Ili, n. 15.
20
Oggi, che tanto
cento e
primo
del
predilige l'arte del Quattro-
si
dimenticano non solo
rappresentazioni
fatte
ma
le Novelle,
immediate
della
può bensi avere qualche
alquanto
ingenua originalità
profonda
idealità, di quella,
nei quadri, nelle statue
e civile? Sia chi
Pecorone^
pagine
il
di
si
e
d'espres-
movenze
sione, per schiettezza e sobrietà di
per
carnale
forme, per forza
di
che
arte,
ornamentale
sorella
è
d' allora,
vita
esteriorità
ma
invecchiata,
si
ancora queste
d'un'
con vera intenzione d'arte,
mai
perchè
Cinquecento,
e per
s'ammira
che tanto
nelT architettura
sacra
vuole l'autore del Proemio
al
proemio é certo una delle più graziose
questo novelliere, un' anticipazione pros-
simissima del più puro Quattrocento; eppure chi
sa a quanti giungerà
nuovo del
tutto!
Pecorone
Il
comincia dunque cosi: « Per dare alcuna
di refrigerio e di consolazione
mente quello che
tito
io,
mi
si
nel passato
muove
scintilla
sente
a chi
nella
tempo ho già sen-
zelo di caritatevole
amore
principiare questo libro, nel quale trattaremo d'
giovine
uomo
e d'
ferventissimamente
una
fanciulla,
innamorati
i
1'
quali
un
a,
un
furono
dell' altro,
—
come per
—
presenle polreie udire; e seppersi
lo
segreta me lite
giogo dello
-21
mantenere
leggiadra inventiva, la vaga
ragionamenti
mitigar
la
fiamma
che
presente
il
morati
sepper
si
amore,
sfavillante
materia di seguire
e
che
portare
me
a
maniera
insieme
il
dieder
udendo
libro,
e
la
inna-
gli
per
tenevano
dello ardente amore, del quale
smisuratamente ardevano. Perchè ritrovandomi
a Dovadola,
come
e
sfolgorato
e
cagione da poter
io
fortuna,
dalla
caccialo
e
nel presente libro leggendo potrete
avendo inventiva
sì
vedere,
dire,
co-
minciai questo negli anni di Cristo 1378, essendo
eletto per
grazia Papa
il
sommo
vero e
Urbano VI,
Pontefice per
« Egli ebbe in
divina
nostro Italiano; regnando
serenissimo Carlo IV, per
Boemia, e imperadore e
la
la
Dio grazia re
re dei
Romagna
di
Romani.
nella città di Forlì
munistero, dov' era una priora con
più suore,
un
le
quali erano tutte di santa e buona e perfetta vita»
fra le quali
ve n'aveva
suora Saturnina,
savia e
bella,
la
una ch'aveva
nome
la
quale era giovine, costumala,
quanto
la
natura
fare pifi; ed era di tanto onesta
l'avesse
e
potuta
angelica
vita»
—
che
—
22
priora e l'altre suore
la
larissimo
amore
portavano
le
E
e riverenza.
fama
la
lezze e onestà sua risplendeva per tutto
delle belil
tant'era compiutamente dalla natura ben
Per che ritrovandosi
qual aveva
e
ben
in
nome
Auretto, savio, sentito,
pratico in ogni
cortesia
udendo
la
gran
cosa,
parte
nobil fan) a
quello
di
di
questa
che
il
costumato
aveva,
graziosa
innamorò, non
nina, subito se ne
dotata.
aveva speso
qual
il
paese;
un giovane,
Fiorenza
in
singo-
e
Satur-
l'avendo
mai
veduta, e pensò di farsi frate, e di venire a P'orli
e porsi per cappellano di questa priora, per avere
più agio di veder costei,
morato di
ciò
i
fatti
e quindi,
lei.
E
così prese per
come molto
a
picciol
intendente,
per
stare
inunistero; e seppe
in
fortemente
sì
tempo
della suora
meglio che a
sé
per
e
inna-
acconForlì
interposita
cappellano
a
questo
tenere savi e prudenti modi,
e'
venne
della priora e di tutte l'altre
mente
partito
era
suoi e fecesi frate e vennesene a
persona venne
che
sì
Saturnina,
in grazia e in
suore,
a
cui
e
amore
massima-
egli
medesimo. Ora avvenne
voleva
che
detto frate Auretto risguardando onestamente
il
più
2:5
—
volte la detta suor Saturnina,
ed
ella
lui,
e
gli
Amor, che a cor
occhi più volte riscontrandosi.
insieme
gentil ratto s'apprende, legò costoro
per
modo, che da lungi sorridendo s'inchinavano;
così
seguendo Amore, più
e più
volte
e
presero
si
per mano, e scrissonsi e favellavansi insieme molte
volte.
E
moltiplicò tanto queslo amore, ch'eglino
una
presero per partito d'essere a
sieme
ri
al parlatorio,
moto
quale
il
era
ora
certa
in
luogo
in-
assai
e soletario: ed essendo quivi venuti, e ra-
gionaTido, ordinarono di venirci ogni di
una
volta
E
pre-
per potere distesamente ragionar insieme.
son questa regola, che ogniuno di lor due devesse
dire una novella ogni
loro
a
dì,
consolazione
e
piacere, e così fecero ».
La
novella
cui
sterioso, in
il
è
in
questo
due cuori
loro ardore segreto, e se
due
del
secolo
il
d'innamorati
ci
un
sfogano
s'immagina queste
convento
XIV, queste due
figurine
così fortemente disegnate e poste a riscontro
dell'altra in
condizione
insieme
rattenuta,
cosi
nù-
gergo
interno di
figurine, staccantisi su
della fine
caso
d'animo
la
più
così
1'
una
intensa
mediocre
e
fantasia
•24
ricompone
nanzi
al
e colorisce
quale
il
sia dato
Più largo abbozzo di
idea
l'
Gimigniano
Maria Vergine
del
1540, né
sì
(^).
scrive
(
Lasca
erano ancora
al
per
Madre
Chiesa,
con eterna gloria
allo antico
e
i
sco
Impero
e
allentava
anni
gli
Figliuol
Quinto
stringeva
e
bellissima
neir ultimo di Gennaio un
desinare,
(1)
si
di
popolo
trovarono
in
giorno
casa
di
di
Cesare
il
freno
Marte,
di
Francia;
città
France-
quando
Fii'enze,
festa
una non meno
Sonetto del mese di Gennaio.
e
governava
Galli erano custoditi e retti allora da
nella generosa
di
Cristo
di
terzo
Carlo
re
della
cinquanta condotti.
dell'invitto
Primo, Serenissimo
di
termine passato
vicario
e
al
Folgore
di
) il
per successore di Pietro, Pagolo
santa
vita
vuole che
si
dell'altissimo
il
e
IiUroduzionc
la
Avevano già
«
Nel tempo dunque che
la
maggior
personaggi
case,
da un sonetto
incarnazione
fruttifera
con
Cene del Lasca, di cui
novellare nelle
S.
fantasticare
Cinquecento è
del
abbia presa
suggeslloo, di-
umana ad un tempo.
delizia estetica e
fiorentina
quadro più
là
dopo
va-
—
lorosa e nobile che
25
ricca
—
quattro giovani de' primi e
donna vedova
bella
e
pii!i
terra
gentili della
per passar tempo e trattenersi con un suo
che per lettere
fratello,
non
solo in
aveva pochi
e cortesia
ma
Firenze,
in
carnai
pari,
Toscana; per-
tutta
ciocché oltre l'altre sue virtù era musico perfetto,
e
una camera teneva
e
d'ogni sorta
di
canzonieri
fornita di
scelti,
slrumenti lodevoli, sapendo
tutti
que' giovani, chi più e chi meno, cantare e sonare.
«
Ora mentre che
attendevano a darsi
e
piacere,
cominciò per sorte
che
in
poco
il
rono ed
a
chiuse
tempo
il
folta,
si
ore alzò per tutto un braccio som-
sonare e
in
si
mettere una neve
maniera che
messo, di
lasciato
di
voci e co' suoni
essi e colle
il
giovani
i
cantare, di
un bellissimo
cortile
ciò
veggendo^
camera
venuti,
usci-
si
si
diedero
a trastullarsi colla neve. La qual cosa sentendo
padrona di casa,
la
quale era awenevole
nierosa, le cadde nell'animo di fare al
agli altri giovani
mente
un
assalto
piacevole;
ma-
e
fratello
una sua nipote
e
una sua
vicina,
quattro maritate, che per varie cagioni e
e
presta-
e
chiamò quattro giovani donne, due
lìgliastre,
la
siu;
tuu'e
per di-
—
versi rispelli
—
26
trovavano allora in casa seco; no-
si
e belle Lulle, leggiadre e
bili
Le
glia.
avevano
fìgliasire
della mercatura,
villa.
E
in
facciamo in un
uGzio e quel della vicina
ce
n'andiamo
con tutte
tratto
un numero grandissimo
ma
« Piacque
grandissima
ben
di
vennero
cortile,
il
indi
troveranno malconci.
fatte e
il
fanti,
sode palle; e
la
di
prestezza
che
chetamente
rispondevano
giovani mal governi
suo vassoio o
che
andatesene
con
tetto,
sì
due gran paniere empi-
battevano ancora, e posalo
il
combattono,
ne toccheranno
sotlo,
si
sopra
tre vassoi e
i
e facciamo
parlar suo a tulle quante,
alle finestre,
dove
neve, e dipoi
vorranno rivolgere e
misero in assetto, e colle
si
sul terrazzo e
rono
di
che per una volta
tante,
fallo
sendo
di
fra loro
terribile. Essi si
risponderci;
care,
in sul tetto, e
n'andiamo,
con esse a que' giovani, che
mie
fantesche insieme,
le
palle
di
finestre della corte ce
una guerra
meravi-
aVinegia:
e l'altro
disse: io ho pensalo, fanciulle
che noi spacciatamente
alle
a
marili loro, per negozi
i
uno a Roma
quel della nipote era
in
graziose
a'
pie di
sua paniera,
si
sopra
tra loro
ogni
ne
il
com-
iìnestra
affacciarono
a
—
un
27
—
cominciarono
tratto succinte e sbracciate, e
qua
e di
a
ià
meno
quali, quanto
parve loro
confusamente
trarre
tanto
non sapendo
davano; sicché
il
risolversi, stavano fermi
buone
di
culti
c^po in
guar-
e
toccarono
pallate
nelle
tempia, nel viso, per lo petto e per tutta la
sona.
Pur
veggendo che
poi
daddovero, gridando
rivolsero,
si
minciarono insieme una scaramuccia
mondo
zevole del
ma
;
peggio, perchè nel
mente,
i
la
e
co-
più sollaz-
giovani ne andavano col
erano
chinarsi
una
nello schifare
per-
donne facevano
le
ridendo
e
i
piìi
E
meraviglioso.
^ir iuipiovviso, in quel subito, alzando
su,
giovani,
aspettavano,
se lo
caso strano e
il
a'
di
palla,
sconcia-
colti
l'altra
gli
ve-
niva a investire; e spesse volte avvenne che alcuni
di loro, sdrucciolando,
paliate
toccavano a
un
facevano meravigliosa
quanto bastò loro
comparabile.
le
finestre, se
lasciando
i
E
di
caddero; onde otto o diece
tratto;
festa,
la neve,
fatto,
e
di
che
le
per un terzo
ebbero un
quella
donne
d'ora
piacere
in-
mancala, serralo
ne andarono a scaldarsi e a mutarsi,
giovani nella corte a grido,
imbrodolati e molli.
tutti
quanti
—
28
—
giovani veggendo sparite
« I
donne
le
e le
fi-
nestre serrate, lasciato la impresa se ne tornarono
in
camera, dove trovato acceso un buon fuoco, chi
attese a rasciugarsi, chi a
che
di quelli
camicia.
dalle
ebbero a mutare
si
Ma
poiché
si
potendo
non
dati,
donne
farsi scalzare
così
per infino
furono rasciulti
essi
pace
dar
mal conci,
furonvi
e
dello
e
riscal-
essere
pensarono
alla
stati
vendi-
di
carsene, e di concordia tornatisene chetamente nel
s'empierono
cortile
neve, e credendosi
intorno
tarle,
al
tutte
le
trovar
mani
le
e fare le loro vendette;
scherniti, se
ma
in
qualche
di
lato
nel salir
che corse
sì
ne ritornarono
egli era già restato
in
i
in
la scala
uno
camera.
si
stante,
E
per-
ragionavano
a spasso; e mentre
cominciò per
spesse volte veggiamo, che la neve
si
verte in acqua, a piovere rovinosamente, di
che
risolverono di starsi
quivi
fos-
giovani, rima-
nevicare,
tra loro si disputava del luogo,
come
di
donne sprovvedute
serrarono l'uscio delia sala; onde
d'andare
seno
che da quelle non
tanto celarsi
sero e sentiti e veduti;
chè
il
fuoco, s'avviarono pian piano per assal-
non poterono
sti
e
per la
che
sorte,
con-
modo
sera,
e
—
fatto portar de'
e raccendere
—
29
lumi, perchè di già
il
fuoco,
diedero
si
s'
era rabbuiato,
a
cantare
madrigali a cinque voci di Verdelotto e
d'
certi
Arca-
delte.
«
Le donne, poiché
ebbero scampato
elle
mala ventura, attendendosi a
udirono per ventura
e allegre,
ridevano
si
insieme di cose piacevoli
di coloro; e nel ragionare
ma non
scaldare,
giovani
i
cantare,
discernevano altro che un poco d'armonia;
onde desiderose
mente alcune
di
d*
intender
loro,
che
se
massima-
parole, e
le
ne intendevano
e se
ne dilettavano, deliberarono per consentimento
tutte e d'accordo,
perciocché
cinanza
liti
la
tutti
che
giovani
i
messaggiera:
quanti, o per parentado o per vi-
la
qual
E
così la
cosa
i
contentissimi
in
sala,
donne furono onoratamente
grezza e onestà ricevuti.
od
padrona
giovani
più che volentieri, e colla donna
cantati sei
chiamassero,
per amicizia, erano domesticamente so-
praticare insieme.
vennero
si
di
fu
fatta
accettarono
prestamente
dove dalle
ne
altre
e con grandissima alle-
E
otto madrigali,
poi
che
essi
ebbero
con sodisfacimento e
piacere non piccolo di. tutta la brigata,
si
misero
30
un
a sedere al fuoco, dove
arrecato di
così
sotto
que' giovani, avendo
di
camera un GenLo Novelle,
braccio,
il
fu
tenendolo
e
domandato da una
quelle donne che libro egli fosse. Alla
lui rispose essere
più
il
utile,
E
doro.
di
che fosse mai
bella voce e
buona
E
stato
messer
San Giovanni
Bocca-
le
Santo
bene, rispose un'altro di loro,
piacque e sogghignò.
co-
favole di
coniposto; queste, disse, sono
Giovanni Boccaccio, anzi
quale
di
perchè
il
mi
aveva
giovane
grazia nel leggere, fu d'intorno
pregalo che qualcuna ne volesse dire a sua scelta;
ma
ricusando,
egli,
voleva
prima, quando un'altra delle
le parole, disse
e
che torre
ciascuno leggendo
diectì,
verrebbe a
rebbe
la
si
la sua,
fornirsi,
che
altri
donne,
leggesse
ripigliando
dovesse una giornata;
atteso
che
erano
essi
che a ogni uno tocche-
sua volta.
« Piacque assai la proposta di costei e cosi
tre
la
che
si
men-
contendea delle giornate, che chi voleva
quinta, chi
la
e chi la settima,
terza, altri la sesta, altri la quarta,
venne voglia
pale di mettere ad effetto
allora le era venuto nella
alla
donna
princi-
un pensiero, che allora
fantasia,
e
senza
dire
—
fattosi
chiamare
ne
fuoco,
dal
altro, levatasi
—
31
andò
impose loro ordinatamente quel
camera,
in
servitore di casa e
il
leva che essi facessero, e tornatasene
famiglio,
il
che
tanto,
e
ella vo-
suo luogo,
al
là
dove ancora,
si
disputava, con bella maniera, e tutta
festevole,
così prese a dire.
Poiché
che
nostro senno o
nostro avvedimento, valorosi gio-
tra la
il
compagnia,
la
necessità,
non pensata a ragionare stasera
la
questo fuoco condotti,
mi
pregarvi che
io
di fare
sono forzata chiedervi
e
mie donne,
tesse, e
disse.
il
che
di fare
le
i
fidanza ho
tanta
che
man-
non
giovani promettendo
ogni cosa che per loro
tornasse
comodo,
ella
si
tutti
po-
seguitando
Voi udite come non pur piove, anzi diluvia
cielo e però la grazia
che senza partirvi
di
questa sera di cenar
mio
voi uomini,
quel tanto che mi piacerà.
« Per la qual cosa
giurando
insieme
a
nella benignità e cortesia loro, so
cheranno
il
intorno
una grazia:
facciate
dico, perciocché le
e
più
ha qui
vani e voi leggiadre fanciulle, ci
per
giornata
della
fratello e
che
qui
fiir
n;i
altrimenti,
dovete,
vi
degnate
meco domesticamente,
amicissimo vostro insieme.
sarà
e
col
Intanto
32
-
pioggia dovrà fermarsi, e quando bene ella se-
la
camere
guitasse, giù a terreno sono tante
che molli più che
Ma
agiatamente.
cenare, ho io
voi
pensato,
favole
le
il
vi
sete,
intanto che
passare allegramente
leggendo
non
tempo,
venga del
come
piaccia,
vi
e
questo sarà non
ancora
Boccaccio,
del
scritte
alloggerebbero
l'ora ne
quando
fornite,
che né più belle né più gioconde né più sentenziose se ne possano
dicendone da
noi, seguili
non saranno nò
se
una
la
ognuno
tanto belle
saranno neanche né tanto
per
ma
ritrovare;
la
trovandone
sua;
con qualche
viste
contento; sendo
utilità
né tanto
soffistiche, astratte e
udite,
non poco piacere
capricciose.
E
voi,
giovani,
buone
coi
non solamente Latini o Toscani,
poeti,
Greci
altresì,
gegneranno
di farsi
semo ora per
ai
umanità, siete pratichi
da non dover
materia di dire.
E
le
e
ingegnose,
avete tutti
lettere d'
e
porgere, per
persone
noi delle
tra
le quali,
né tanto buone, non
novità e varietà ne dovranno
volta,
e
mancarvi
invenzione
mie donne ancora
onore; e per dirne
carnevale, nel
Religiosi di rallegrarsi; e
s'in-
la verità, noi
qual tempo
i
ma
é
lecito
frali tra loro
fanno
—
33
commedie
al pallone, recitano
rappresentare
colle calze chiuse in
fianco.
il
questi
gamba
giorni
te-
spada
e colla
darci piacere novellando?
al
come
non quest'altro che
voi sapete,
quell'altro di poi è
fratello e
non avendo tempo
ma
ranno piccole;
una settimana
questi
altri
due giovedì
degniate di venire a cenare simil-
vi
mente con mio
ma
verrà,
Berlingaccio, e però voglio e
chieggovi di grazia che
sera vegnenti,
Chi ce
e
ne
riprendere? Stasera è giovedì,
potrà con ragione
si
feste,
Perchè dunque a noi sarà sconvenevole
disonesto
e
le
si
da uomini, colle berrette di velluto in
vestirsi
sta,
e travestili suonano,
monache ancora non
ballano e cantano; e alle
disdice, nel
—
di
meco, perciocché
stasera,
a pensare le vostre favole sa-
due
quest'altre
sere,
tempo mi parrebbe che
avendo
una
nell'
dovessero dir mezzane, e nell'altro, che sarà
sera di Berlingaccio, grandi.
E
la
così ciascuno di noi,
dicendone una piccola, una mezzana e una grande,
farà di sé prova nelle tre guise, oltre che
ternario è tra gli
in sé principio,
Questa
Masi.
la
altri
mezzo
perfettissimo,
il
nun)ero
richiudendo
e fine ».
gentile invenzione del Lasca; in cui
3
—
34
tanto ha messo dei costa mi, dei sentimenti e della
tempo
civiiia del
in Firenze, e ad essa fa riscontro
importante, non fosse che pel contrasto,
pream-
il
bolo degli HecatommUl oouero Cento Novelle
vanni Battista Giraìdi
vale dei
che
addirittura
brigata di geniilnomini e gentildonne,
pati al sacco
di
Roma
1527
del
s'imbarcano a
un
Gira!di non è
11
e agitato,
del Pecorone, uè un vagabondo
Bandello.
che
sotto
È un
finti
anche Papa
amenità
di
«
farlo,
nomi
Borgia,
costumi, ad
castigo
1^1)
come
1'
Lasca,
autore
avventuroso come
e
degli
del
mettere
di
in
Duca Valentino
che
novella
e le
loro
se scrive novelle
lu-
però
di
professa
altri,
vizio,
coi'rezione
a
dei
onore anzi dell'autorità pontifìcia e
della S.inta Chiesa
pag.
osa
il
famiglia,
a
il
professorone accigliato e severo,
non meno
briche
come
burlone
non un giovane passionato
il
raccon-
della lunga navigazione.
ozi
gli
si
che scara-
Civitavecchia per Marsiglia, e ingannano,
tandosi novelle,
Gio-
tempo g fìnge una
del suo
storici
fatti
Cinzio,
di
Romana
(')
»
;
il
tutto condito
A, D'Ancoxa, Varietà Storielle e Letterarie, Serie
-239
e sgg.
2,
—
d'un dottrinarismo
di vigore
—
platonico, alquanto gravoccio e
ravviluppato in uno
che
35
stile
d'imitazione boccaccesca,
non manca, ma che non ha nulla da
ed evidenza del Pe-
fare colla pittoresca semplicità
corone e colla grazia ed
il
Le solenni ed ansiose
scompaiono quasi nel
altresì della piccola
torno
le
brio delle Cene del Lasca.
Giraldi
sollecitudini del
Bai^idello,
il
quale
fa
a
meno
macchina da aggrupparvi
novelle, quale
abbiamo
at-
vista nel Pecorone,
nelle Cene, e negli Hecatommiti, e invece d' imitare
in ciò
di
il
amplia
Boccaccio, ripiglia ed
Masuccio Salernitano
e
ad
ogni
il
sistema
sua
novella
premette una dedica ad un gentiluomo o ad una
gentildonna della più
spesso
accennando
alle
amicizie, alle parentele
la
suo
alta società del
qualità,
agli
alle
uffici,
personaggi,
dei
tempo,
ai
quali
novella è dedicata; sempre poi alle circostanze,
ai luoghi, alle occasioni, nelle quali
raccontata,
non attribuendo a
non quello d'averla tenuta a
Risuscita per
tutto intiero
tal
guisa
un mondo
sé
la
merito,
altro
mente
novella fu
e
se
trascritta.
nostri
occhi
di gente, atteggiala,
sullo
sotto
ai
sfondo storico del tempo, nella sua vita quotidiana
—
e,
36
—
per quanto in tuttociò possa
di collocare
essere
un'opera
letteraria in
chissima miniera
di
tempo, in cui fu
tentato,
altre letterature
che
vizio reso
segna
pel
la nostra,
ma
pili
come ab-
se,
non fu pari
al
ser-
(^j.
Questa risurrezione, della
vita
contemporanea,
che, senza alcuna possibilità di paragone con
gli altri
le
che non perde
anche
la gratitudine
artistico
sou giovate
si
nulla della sua importanza,
biamo veduto,
ric-
un progresso
purtroppo
di cui
una
storia
preziose,
notizie
pienezza
tanta
di realtà, oltre a dischiiudere alla
immenso,
d'artefatto
pur riconoscere che questo sforzo
e rifatto, bisogna
novellieri
massimamente
del
Cinquecento,
nel novelliere del
tutti
riscontra
si
Randello, com-
posto di ben dugento diciannove novelle e altrettante lettere di dedica,
da queste quattro cagioni
in
quanto
il
Cinquecento
civiltà italiana del
(1)
principali:
è
non solo
Rinascimento,
storico altresì, in cui
la
libertà
Cf. Vir.LARi, Arte^ storia
pagg. 289-90.
un valore
trae
e
ma
il
tutto
dal
tempo,
colmo della
il
italiana
filosufia.
suo
momento
precipita
Sagf^i
critici,
—
a
mina
anche
Riforma Protestante
la
centro di quella
il
quanto
con
e
—
37
Bandello vive proprio colà dove
il
catastrofe
compie
si
svolgono,
può
si
e tutti
sotto
dire,
immediato
continuo,
gonisti di tutto
il
amici,
loro
i
gran dramma,
o
od
prossimi; dalla durata finalmente,
condo ogni
più.
è nato verso
il
probabile
dopo
il
1560
pili
congettura,
Italia
I,
Novella
clie
ir)54,
Bandello.
fino
apparisce
ó8.
Dedica a
Leonardo
vi di-
clie in
ancora
questo
tempo era vivo ancora e
pure:
Scriptores Ordinis Praerlicatoruni,
Toni.
novelle.
Ecuard- Quetif,
II.
(
Lutetiae Pa-
risiornm 1721). Mazzucchei.li, Seritlori d' Italia. Voi.
lustri,
I.
Galeani Napione
Tom, V, Torino,
UE
Lucca per Vincenzo Busdrago,
Vedi
Part.
al
Francia
Cenacolo. Dalla prefazione poi alla Parte
delle novelle, edizione di
scriveva
se-
era già nel Convento
delle Grazio in Milano, (jiiando nel 1497
il
in
più
(•}.
Ginevra Rang-oiia Gonzaga. Dice
pingeva
il
che ottuagenario
JBandello, Novelle^ Parte
(1)
quanto,
in
1480, ha vissuto in
1542 ed è morto
inspi-
confidenti
loro
i
dalla
prota-
i
loio
i
si
contatto
in
quanto sono
in
quella
suoi occhi;
i
persone, con le quali è
e
in
particolari di essa
i
qualità delle
ratori
luoghi,
dai
civiltà;
sposta
si
di
Cocconato, P/eniontesi
Briolo, 1787.
II,
Il-
—
38
Maggior materiale
le
Ad
storico
sue dediche, che non
ogni
assai più
modo
tra
le
conteiìgono
quindi
sue stesse novelle
dediche
che non inventi ed
(').
e
novelle
racconta
in
questo
senso
il
Gian, studiando nell'archivio Gonzaga di Mantova
!e
relazioni tra Pietro
ebbe a dire apparirgli
tore di storie
che
Bembo
il
Randello molto più
di novelle
scegliendo meglio, che
si
ed Isabel'a Gonzaga,
(-J.
Vediamo
di
scrit-
fatto
possa, fra tanta congerie
di racconti e tanta folla di personaggi.
(1)
Symonds, Op,
(2)
Giornale storico della letteratura italiana. Vittorio
Ciak, Pietro Bembo
e
cit.,
loc. cit.
Isabella Gonzaga^
Tom. IX.
CAPITOLO
III
Uomini, donne e tempi
nelle novelle del Bandello.
Tra
1497 e 98 Leonardo da Vinci,
il
pressura delle continue sollecilazioni
il
Moro, compiva
Convento
nei
il
alunno
(')
in
il
Milano
Matleo
(\).
era
queslo convento di Domenicani
(^),
circa
di
Lombardo.
Moro.,
suo segretario, in
«
Lodovico
anni
ArcJi/v. Stor.
dot. di Lod.
— Una
data
diciaseile
—
Anno
lettera a
del
I.
Cantù.
—
penultimo di giugno
l'opera del refetorio delle Gratie principiata....
(3)
lo
Neil'
chiamano Echard
vlrf7//('/o
riori,
Fra
i
maestri di
gli scrittori è
e
Quktif.
Monti sugli
teologia del
una breve
1407.
finisca
»
— Scriptoves cit.
di Stato in Milano sono
Mss. del Padre Vincenzo
Aiied-
Marchosino Stanga,
Item de solicitare Leonardo Fiorentino perché
{') Co.sì
la
grande affresco del Cenacolo
delle Grazie in
Bandello, giovinelto
('-),
di
scilo
volumi
tre
scrittori,
i
supe-
Convento dolio Grazie.
vita
di
Matteo, del qualo
40
ove, già da
due anni, era
oltre
Priore
Vincenzo Bandello, quel medesimo, cui
suo
si
la nota froitola, raccontala dal Giraldi nei
dal Vasari
e
nelle
Vite,
secondo
Romanzi
Leo-
quale
la
zio,
riferisce
nardo per vendicarsi delle importunila del Priore
lo
avrebbe
ritratto nella faccia del
Giuda.
gio-
Il
vine Bandello riferisce una novella raccontata dal
grande
artista in
mettere
il
al
una
suo lavoro, e ce
Monti pure dice che
scriptus fuit
delle tante pause, che solea
».
E
«
descrive cosi: « Più
lo
adolescens Inter
soggiunge in nota:
quum
ejus patruus Fr.
nostri
Priorem agere coepit. Veruni
Vinceutius
sdem Avunculi laborum partes
«
alìtninos
Forte
anno 1495 Coenobii
Mattliaeus eju-
(juia
in totiusordinis
regimine
a primis sequeiitis anni sustinuisse constet, ejus
dinem ingressus per
mur
».
riporta
una propria
di
Vincenzo Bandello
lettera scritta agli editori
ad
or-
suspica-
aiinos aliquos praecessisse
Nella bicgrafia
ad-
contigit,
it
il
Monti
romani del
Vasari nel 1759, in cui smentisce con buoni argomenti
il
preteso aneddoto Leonardesco. Vincenzo Bandello era familiarissiino del Principe, era già celebre per le sue di-
spute su]V
Ini lìiacolala
pugnavano, e per
Coucezione, elio
aspetto. Ciò è confermato
viris
Illustribus
Ordinis
Matteo, scrivo nel 1517
«
i
di piìi era bellissimo
—
da
erat facie ningsia et venusta
e
venerando
Leandro Alberti:
Praed.
Lib.
Domenicani op-
I,
».
—
fol.
clie,
47
—
di
— De
intrinseco
di
che Vincenzo
— 41 —
volte
a
r ho veduto e considerato, andar
buon bora
e
montar su
mattina
la
ponte, percbò
'1
Ce-
il
nacolo è alquanto da terra alto: soleva dal nascente
sole fino a
non
l'imbrunila sera
pennello di mano,
ma
scordatosi
messo mano,
e
dicava. L' ho anco veduto
ghiribizzo lo toccava
il
)
(
sue figure giuil
capriccio
da mezzo giorno,
Era
in
componeva,
terra
pennello ed una
andar altrove.
il
se, le
partirsi
di
ad una di quelle figure
Gratie
haverebbe
bora una e
tal
secondo che
nirsene dritto a le Gratie,
il
v'
Sole è in Lione, da Corte vecchia, ove
quel stupendo Cavallo
pigliar
e
subito
di
di
il
Cenacolo.... » C). Mal per lui!
Basdello,
Novelle. Parte
nevra Kaiiofona Gonzaga.
'1
ve-
e
ponte
due pennellate dar
o
quei
Cardinal Gurcense
su
asceso
ed
I.
ed
partirsi
ne
alloggiato
vecchio,
il
abbattè ad entrar nel refettorio per veder
(1)
il
solamente contemplava, con-
siderava ed esaminando tra
quando
mangiare ed
non
che
dimorava
e tutta via
due bore del giorno,
il
il
Se ne sarebbe poi
bere, di conlinovo dipingere.
stato dui, tre e quatro dì,
mai
levarsi
le
quale
il
si
detto
Giacché parlando
Nov.
58.
Dedica
a
Gi-
—
42
—
con Leonardo ed informandosi
gnsse
Duca,
il
i
compensi
taccagno Cardinale
parvero
Leonardo
e
narrando poi una novellelta
ignoranza.
piamo
Ora
dai Diari
appunto che
il
quello
di
di
soverchi
ne
se
disdoro
a
conferma
dello,
il
il
quale
ci
fa
1497
era
(')
e
racconto del Ban-
del
creazione e nelle lunghe soste,
i
sap-
vedere quasi cogli occhi nostri
divino artista nella febbre
vagheggiava
sua
della
Gurgense
Cardinale
tutta la realtcà del
al
vendicò,
Marin Sauudo
alloggiato al convento delle Grazie nel
ciò
pa-
gli
lavoro
durante
fantasmi della sua mente
e
della
le
quali
o
cane armonie della simmetria prisca; quelle
perfezioni, che furono la ricerca ed
il
le ar-
ideali
tormento
di
tutta la sua vita.
Quando Leonardo compie
sono passati dal
fatale
(1)
e
1'
Cenacolo,
tre
1494, principio delle
giori colpe e dei maggiori
Moro,
il
errori
di
anni
mag-
Lodovico
il
espiazione, già cominciatagli colla morte
Citaz. dell' UziELLi
in
Leonardo
Gentildonne Milanesi^ pag. 5 in Nota.
da
Vinci
e
tre
—
43
della moglie, quella Beatrice d'Este, di cui canta
r A li osto:
Ch'essa
Ma
toccherà
viver/i,
tutti
i
ricchi duci
il
suo congiunto,
qual, coni' ella poi lascerà
il
mondo,
Cosi degli infelici andrà nel fondo,
e l'espiazione, dico,
anni colla battaglia
finire
i
si
di
fra circa altri
Novara,
che
una prigione
suoi giorni in
jioi,
consideriamo nel Moro
il
(
altrettale pei
(')
compirà
e giusta espiazione per
non
lice,
punto,
il
avrà forza di far seco felice
Fra
Il
ben che quaggiìi
moii sol del
Per quel che
che
lo
manda
francese.
contemporanei,
ai
di
(^)
quali
il
e
più
popolata
Londra, gran mecenate
in
una
(')
il
allora
di
capitale
Parigi
e
la
dubitò già
il
Giovio,
Traduz. Doiuenichi. Ora
Magenta, /
Visconti
e gli
altri
Jlisloria
del
suo
di
con
fioien-
Ariosto, Orlando l un'oso. Canto XIII, Stanza
Ne
ni-
ric-
di artisti e di letterati,
una corte splendida da gareggiare con
(')
Moi'o
parve un principe buono,
liberale, munifico, straricco
chissima
Vera
stranieri;
poiché è assai dubbio se abbia avvelenato
pote Gian Galeazzo)
a
nostre
colle idee
chiamalor
tre
()'2.
teixpo.
conferma quei dubbi. Vedi:
Sforza nel castello di Paria.
—
Lorenzo
tina di
tenne
d'Este
trice
suo buon
il
marchesa
e
nonostante
rivalità di favorite,
e
come una nuova
lingua italiana
il
i
eroine
delle
Novelliere
nel
della
contemporanei, che avevano
Moro, mentre con
Chiesa
la
e
forse
Lucrezia Crivelli,
versi
il
ma
trono,
Tom.
Grafie.
delie
arti
che,
Archivio Storico Lombardo^
(1)
la
(^).
ta\a a ghermire
Coiìtenfo
ma
come gran lume
Saffo, e
Del rimanente,
conosciuto
pe'suoi
Bea-
non quanto
una
Cecilia Gallerani, quest'ultima
Bandelliane, lodata
genio,
amata dal marito,
più energica
la
man-
Mantova,
di
ambiziosa,
si
che
e
(')
bella e ingegnosa,
(-),
sorella Isabella,
/
Magnifico
il
finché visse
tale,
44
bieche s'aiu-
—
CaxtÙ,
Il
Tom. XVII.
—
VI.
Ibid.
cominciare
a
Ljjzio e Reniek, Delle relazioni d' Isabella d' Este Gonzaga
con Ludovico
Muri
(^)
e
il
Beatrice Sforza.
2
gennaio
1497.
cenzo Calmela nell'elogio
lieto paradiso in
Menghini
Tom.
I,
ymro
(3)
—
di
Alla sua morte, dice VinSerafino
Aquilano:
de
«
tenebroso inferno la corte se conver.se
»
Le rime di Serafino de' Ciminelli dall' Aquila
Bologna, 1894, pag.
Visconti
—
12.
Ardi. Stor.
Bandello,
Scipione Atellano.
Novelle.
E
pure
nel
Renier:
Lombardo Serie
Parte
I,
Nov.
3.
II
(ia-
Tomo
Dedica a
3.
1j.
45
non
dal Randello,
lo
un usurpatore
fatto
proverato di
mai più
(^),
muover
gli
mantener-
cielo e terra per
castello di
che
ditore,
del
Milano a Bernardino da Corte, un
tra-
vendette
lo
la
Francesi
ai
nel
allorché s'abbandonò agli Svizzeri, che
rono in asso a Novara nel 1500,
rimproveri, che
altri
(1)
ma
presente
di
imperiuni
».
Cosi
il
Mantnae Quarto. Di questo prezioso
mancante
di frontispizio.
di questo
volume. Vedi
La
coltura
che
Gonzaga
e raro
—
il
A
e
le
di
M'ir-
opuscolo
Bologna,
Vedi: Estratto in Appendice
in
Giornale storico della
tura Italiana^ Voi. 34, Fase. 100 101
zaga.
sogliono
si
un esemplare nella Biblioteca comunale
esiste
gli
tutti
Bandello nella: Parentalis
Ornilo prò clarisfu'mo Imperatore Francisco
chione
lascia-
lo
di
gli
o
1499,
Lodovicus Sfortia paiermtm siiorum proditione
«
amisit
tacciasse
si
custodia
poco accorto, allorché confidò
di
af-
avrebbero rim-
Egli stesso avrebbe capito che lo
visi.
nulla
consideravano per
—
Luzio e Kenier
relazioni letterarie d' Isabella
V^
Lettera-
d' Este
—
Gon-
pag. 83 pubblicano la lettera di condoglianza,
Bandello scrive da Milano
il
4 Aprile 1519 per la
morte del Marchese Francesco. Quella
al
Marche.se Fe-
derico suo successore era già nota. Nell'estate del 1519
il
Bandello era in Mantova raccomandato da una
tera
di
Cecilia
Gallerani,
r anniversario della morte
rentalis OrOitio,
Marchesa
di
let-
Bergamina. Per
Francesco recitù
la
Pa-
46
probabilmente non avrebbe capito
fare,
Ed
Bandello
il
più e più
stesso, Sforzesco nell'
anima,
sventurato
principe
volte
verbo
e
lo dice
tradito
rimprovera esso pure di essersi
tuti'al più gli
dato a Bernardino da Corte
Ma vediamo
Convento. Fra
1506
il
e
e
fi-
(-).
novellatore
nostro
il
(\ì.
fuor
del
1512, cioè fra la prima
il
seconda e definitiva cacciala dei Bentivoglio da
e la
Bologna per opera
Giulio
di
Giovanni
voglio, figlio di
Alessandro Benti-
11,
II e
marito
nozze d'Ippolita Sforza, pronipote
vico
Moro
il
si
(^],
essa
Milano, ove
stabilì in
aveva grandi possedimenti. La loro
ben presto una corte
principesca;
Ippolita specialmente,
donna
(1)
Burckhardt, La
sciinen/o.
Part.
pag.
I,
Tom. XVII, Luzio
e
civiltà
54
—
stello di
fuisset,
Milano,
(
la
moglie
divenne
Alessandro
secolo
del
Itnl.
e
ed
Storie.
del
Tiina-
Lo-ulardo.
Beatrice Sforza.
al
Moro
cit.
Dice
clie
di affidare
arx mediolanensis
nemo Bernardinum Curtium
nefandissimae crimine sugillaret
(3)
Lodo-
grande ingegno e
di
Archiv.
Vedi; Parentalis Oratio
Gonzaga aveva chiesto
casa
di
Eknier, Delle relazioni d'Isabella
d' Este Gonzaga con Lodovico
(2)
seconde
in
).
«
a
Qnae
Francesco
lai
si
prodictionis
».
LiTTA, Bentivoglio di Bologna. Tavola Y.
il
Ca-
tradita
omnium
—
cultura,
mecenalessa
la
quale tulio
—
47
vera
Bandello,
del
alla
novelliere è dedicato, e le cui sem-
il
bianze, con quelle del marito, veggonsi ancora
Luini
tratte dal
rizio
(^).
Bandello era
Il
ad
cosi caro
loro
(ma
parmi
chiesa
nell'antica
che
Ippolita,
Mau-
S.
famigliarissiaio
casa
in
maldicenza
la
fondamento)
nessun
con
di
ri-
mor-
ne
morò.
Certo
uno
il
Bandella,
quantunque
non
frale,
stinco di sanlo e a più ripreso s'accusa
stesso ed in vecchiaia
si
mostra pentito
ma anche
trascorsi galanti,
tempo
pel
corrivo in fatto di costumi, se
v'
vita,
non mai
tale
suoi
suo,
così
ha scandalo nelle
anche un
come ha
il
gnora di
(')
[)
stizi.i
poeta
rappresentarlo
a
Giacosa nel suo
dramma: La
Cos'i
in Itali/.
dicendo, mi pareva d'aver trattato con gin-
Bandello.
Non
cos'i
parve
al
signor
cenzo Sjjampanato, che gentilmente mi accnsa
verso
il
Si-
Cliallant (^).
Symonds, Sketches and Sludies
il
nella
ad ogni modo, che storica-
nìenle licenzii
fatto
egli
dei
sue novelle, non mi risulta che ve n'abbia
sua
è
frate novellatore. Ciò
riconoscenza per
le
Prof.
non toglie nnlla
molte cortesie, che
il
Vin-
di severità
alla
mia
Prof, Spanipa-
—
Or
ecco
ritorno da
il
Bandello
48
in casa dei Bentivoglio di
un importante missione
Gonzaga, contessa
dito per trattare
di Caiazzo,
presso Barbara
a cui era stato spe-
matrimonio (negoziatore
un
matrimoni è spesso, e bisogna dire
garbo
un
Il
e fortuna) fra
Barbara,
figlio di
Bandello
una
il
figlia dei
momento appunto
sua
Bentivoglio ed
ai
Bentivoglio
ma
ambasceria,
radunata in sala
è
gata d'amici, gentiluomini, letterati,
il
quel
in
tutta la bri-
artisti, soldati,
che giornalmente frequenta
diplomatici,
ha
ci
conte Roberto Sanseverino.
riferisce in disparte
risultamento della
che
di
casa
la
dei Bentivoglio, ed essi vogliono mettergli a parte
di questo segreto di famiglia ed
La questione
ziato,
ora che
è questa: devesi
si
è saputo che
averne consiglio.
continuare
1'
il
nego-
arcivescovo Sanse-
verino, zio di Roberto, vuol maritarlo alla sorella
del
Cardinal
vorisce
e
che
questo parentado?
per riguardo
iiato
Cibo
al
il
Papa Leon
X
Tutti concordano
Papa, specie tratlandosi
di
fa-
che
fuoru-
mi ha dette nel suo lavoro assai pregevole: Matteo
Baitdelìo e
le
sue Xovelìe nel Cinquecento.
bino e Scala, 1896.
—
Kola
—
Ru-
49
quali
scili,
Benlivoglio,. è prudente desistere,
i
a conforto di tale conclusione, Lodovico
ambasciatore di
Buondelmonti
dei
come conclusione
i
d'
una
cagione a Fi-
molta
esser
data
così
grave,
che
salotto
dei
pratica
trattenimenti
del
soliti
Benlivoglio, in cui per lo più
feste, di lettere e di
si
parla
ne
politica;
salotto è
per
i
ma
molta
loro amici
per averne
consiglio.
Il
guisa
espressione
non
di
tal
di socievolezza
solo
di piaceri
e
intima e cordiale, ed è
nato qui prima di passare in
altri
di
famiglia
formalità eleganti, di elevata coltura
gentili,
d'arti,
ha bensì
vedere dai Benlivoglio messi a parte
degli affari di
storia
Questa narrazione non
(').
ha bensì e
ha importanza; ne
Alamanni,
vecchia
la
Amedei,
e degli
renze di tante sciagure
interrompe
narra
Firenze,
ed
dove con
Francia,
beni e mali della civiltà cinquecentista l'hanno
appunto recato per primi
fuorusciti italiani
(1)
Bandkllo,
il
Bandello
e
gli
Novella
I.
Dedica a
altri
(-).
Novelle. Parte
I,
Ippolita Sforza Bentivoglio.
(2)
Bandello,
Novelle. Parto li,
monsignor del Carretto. Parto
Masi.
II,
Novella
Nov.
40.
37.
Dedica
a
Dedica a Ma4
-
Cambiamo
50
Siamo
scena.
tra
1525
il
Lambrate nel campo della Lega contro
mentre
tore Carlo V,
si
d'un Gonzaga troviamo
guito
che
e
costami^
siasi sfratato,
ma
il
non
che
riero
egli
Ivi
(-).
dama Anna
di
s'
1'
aver
stesso
già
significa
assisa
Polignac. Parte III, novella
regina di Navarra. Molte altre
10.
guer-
di
Giovanni dalle
incontra con
Rodolfo Gonzaga. Parte IV, nov.
GÌ.
Dedica a
Dedica a Margherita
novelle
in
proposilo
potrebbero citare. Cf. pure: Ferrai, Loremino
e
si
che, ad esempio di tanti al-
cela la tonaca di frate sotto
tri,
Al se-
(^).
Bandello, che
il
stenta a riconoscere, perchè dice egli
mutato habito
Impera-
l'
assedia Milano
26 a
e
de''
si
Medici
la Società cortigiana del Cinquecento.
Bandello,
(1)
Novelle.
Parte
I,
Nov.
41.
Dedica
a Ki-
nuccio Farnese.
Vedi in Giornale Storico della Lett.
(2)
e
Kexier
— La
coltura
e le
relazioni
lett.
Ital.
— Lezio
di Isabella d' Este
Gonzaga. Pubblicano una lettera dell'oratore Mantovano
a Koiiia, Francesco Gonzaga, del 26
al
dello.
Da
.sfratato, è
fjuesta apparirebbe
che se
1526, diretta
il
Papa non
Giugno
il
il
Ban-
Bandello non
s"
ò
però rimasto frate per forza. Alla sua dimanda
di essere liberato dell'abito e dalla
dine
1"
Maggio
Marchese Federico, che anch' esso protegge
si
disciplina
dell'Or-
porge favorevole. Federico insiste
Ì526. Il 4 l'oratore a
Roma manda un
il
preven-
tivo delle spese occorrenti per condurre innanzi la pra-
51
Bande Nere
con
e
ora in opera, dopo
lungo e forzalo
campo
volte spedito al
K
il
rimesso
Machiavelli,
Niccolò
degli alleati.
impossibile accordare con precisione
contemporanea
della presenza
Bande Nere
e di
Giovanni
di
Niccolò Machiavelli,
ebbe
quale
il
occasione
allora
con ambedue, acconciò
i
suo
a
fatti
dale
le
ma
dalle
ha
ciò
poca importanza, perchè mi par certo che
dello,
più
ozio, e
Ban-
il
trovarsi
di
non
modo,
d'altro preoccupato che di mettere a fronte questi
due uomini, l'uno, l'ultimo dei grandi condottieri
Italiani, l'altro
il
politico,
che
d'una
vagheggiava r ordinamento
nale, con a capo
possibilmente
cetto per la
speranza
un tentennone
tuto tirare ad
tica.
tanti
ideali
milizia
nazio-
i
Giovan-
signor
il
ed ora tanto più era infervorato nel suo con-
nino,
se
fra
d'
indurvi Papa Clemente VII,
di quella fatta
una risoluzione
si
mai
po-
fermo
(').
fosse
e tenervelo
Pare che (|uesta riuiauesse interrotta. Forse per
il
sacco di Koiiia del 1527, in cui laut' altre cose, grandi e
])iccole,
andarono
Liizio ed
(')
Voi
I,
Cf.
il
travolte. Cosi
alineno
Vir.LAKi, Xiccolò Machiavelli
Lib.
congetturano
il
Kenier.
I,
Cap. Vili. Voi.
e
i
Ili, Lil). II,
suoi
Icinpi
Gap. XVI.
—
Il
Machiavelli, invitato da Giovanni
Bande
dalle
Nere, svolge egregiamente a parole
sua
la
ordi-
nanza della milizia, qaale l'aveva già divisala nel
suo libro dell'Arte
della
ma quando
Guerra,
un (remila uomini,
vanni, radunali
disporre secondo
le
sue teorie, «
più di due bore a bada (scrive
Giovanni dalle
stesso
il
ci
il
dinare. Tuttavia egli ne parlava
fuor di
e
con
modo
mi credeva
dà da
tenne
al sole
Randello
facile,
di leggero,
di
voi
fornirla così tosto,
cavar
nare.
tutti
E
che
le
che
io
sue
sima
ragioni
mi
noi di fastidio, e che
dei
modi
so,
discorsi
e
ordinare
diceste: Bandello, io voglio
andiamo a
tamburini
e forme, con
un
batter
ordinaste
desiriti-
si
d'occhio
gente
quella
ammiratone grandis-
di chi vi si ritrovò. Voleste poi
nissi a
ne
nulla
detto air hora al Machiavelli che
l'aita
in vari
e sì chia-
che M. Niccolò non era per
rasse e lasciasse far a voi, in
con
potergli or-
bene
sì
udendo, haver potuto quella fanteria
Hora veggendo
allo
parole sue mostrava la cosa esser
le
sì
glieli
Bande Nere, ricordandogli
caso) e mai non gli venne fatlo
ramente
Gio-
che
desinar con voi e vi menaste anco
io
il
ve-
Ma-
58
chiavelli.
Come
M. Niccolò,
desinato,
fu
voi
rivoltato
pregaste che con una de
lo
cevoli novelle
si
sue pia-
le
volesse ricreare. Egli che è
ci
Onde
discreto e cortese, disse di farlo.
vi
me
scriverla »
volessi
io
novella è delle più grassocce, e
signor Giovanni, gran
piacesse assai, tanto
buon
altro
disgrazietta
incominciò: « Io,
di
dell'
(').
in
ordinanza
mio,
a
La
al
donne,
belle
Machiavelli,
il
signor
ed
capisce che
mostrò d'aver preso
cortigiano,
parte la sua
che
più
piacque
si
dilettante
huomo
narrò una
piacevol novella, che non poco
commetteste che
a
e
porto
da
buona
senza
ferma
opinione, che se questa mattina voi non mi levavate d'impaccio, che
in
campagna
sole.
al
primo piacere che da
rii:evuto, e
l'ultimo »
spero tutta
(-).
A
noi
ancora
E non
voi
(la
via,
è
ci
perciò
vostra
che non
noi poco imporla
pere la subita astuzia, con cui
troveremmo
il
questo
mercè)
debbia
il
ho
esser
seguito, e sa-
la scaltrita e
piace-
vole Domicilia Raineri ingannò suo marito,
Cocco
(1)
Bandello,
Norelle. P.nrte
Giovanni De Medici.
(«ì
Ibid. Parte
I
>;ovella JO.
I,
^Novella 40
Dedica
;ì.
-
54
Bernardozzo. Ciò che più vale
occhi non solo
gli
ma
Lega,
spettacolo
lo
del
due
tempo,
Bandelle medesimo
e nel
e in
il
più
delle
compagnia
sotto
campo
della
il
Niccolò
e
grandi
giudizi
del
fìgui-e
frate
guerriero
guerrieri e
di
dei
sciatori e sentir l'eco
sul più
qui
Giovanni dalle Bande Nere
Machiavelli,
al seguito
aver
è
amba-
contemporanei
grande pensatore del Cinquecento. Altrove
Bandelle espone, per bocca di Desiderio Scaglia,
e insieme col Berni ed
altri
mini,
un'amenissima
nei
giardini
Fregoso sul lago
di
Garda, alcune
di
Discorsi del Machiavelli, e
tore di tante
moralità,
« è
immonde
e di vituperio
parte
per
gentiluovilla
dei
massime
dei
la
lo
scrit-
profonda im-
massime
tali
meritevole d'eterno biasimo
di
(').
prima,
Unendo questo
si
vede
giu-
chiaro
che
del Machiavelli lo facevano già passare,
parte
e
tristo
tempo, com'era
(1)
e
assale, lui,
novelle,
immortale »
all'aneddoto
gli scritti
ne
aggiungendo che divulgar
ufficio diabolico,
dizio
letterati
il
suo.
Ibid. Parte III,
tolomeo Canossa.
per
visionario
in
Uomini, che dal Papa
Novella
55,
Dedica
al
un
al-
Conte Bar-
—
55
r aUimo fratacchiolo viveano
morale
graiile contraddizione
più
nella
tuffali
e religiosa,
fla-
come
nel
proprio elemento, che cosa potevano intendere di
chi
com'erano
pigliava
li
sprezzandoli osava dir loro:
che
ai
siete
preti
e d'esser
(
ma
)
tali
indirizzate
tutta questa vostra
e
rigore
il
d'arretrarsi
illazioni,
«
un
almeno ad
che
»
?
La forma
gli è
indifferente,
patria rigenerata
pote-
l'amor del
a
nessuna
spaventose
delle
fino ad
un
gli
sugge-
certo segno
pur d'elevarsi all'ideale d'una
per opera
d'un
legislatore
vrumano, superiore ad ogni vincolo morale,
nico, se vuole,
una nuova
il
purché distrugga
Italia
fine
alto
metodo non consentivano
governo
di
quello
cosa
che l'esame della nuda realtà
riva?
di-
maggior obbligo
il
scrittore, a cui
del
dinanzi
pure
siale
avete
corruzione
vano intendere d'uno
vero
profondamente
e
(').
i
tiranni e
so-
tiran-
fondi
Prescindendo da questo ideale,
Machiavelli resta un enigma indecifrabile e tale
fu per la
maggior parte de' suoi
come vediamo anche
(1)
Ferrai
contemporanei,
dal Novelliere del Bandello,
Vedi in proposito un notevole
in Archivio storieo ilalianOy
.'irticolo
di
A.
L.
Tom. Vili, Serie
V.
50
ili
cui
Machiavelli apparisce sotto le due forme
il
Jel visionario
l'
impotente e del freddo teorico del-
iniquità.
Ma
se
il
quello che
per
fondo della società del Cinquecento è
il
dato e fatto
tult' altra, e
ha
Machiavelli
delle
sue
teorie,
la
descritti e ridescritti
magnificenza,
ciale di
Roma
tova
Verona
('),
superficie
la
nessun documento può farne
testimonianza del novelliere del
sono
ed accettato
visto
la culla
il
('),
Napoli
lusso,
Corte
dei
della
vita
(^),
Ferrara
p),
{''%
Venezia
("),
Gonzaga
cui
splendore,
lo
vissuto nell'intimità delle più grandi
Milano e della
ampia
Bandello, in
eleganza
Milano
(\\
più.
è
Mane
famiglie
di
so-
che
di
Mantova,
quando Firenze non era già più l'unico centro
d'irradiazione della coltura del
(1)
Nov.
Bandello.
Novelle, Parte II,
4-2.
(2)
Ibid. Parte
I,
Nov.
9.
(3)
Ibid. Parte
I,
Nov.
45.
(')
Ibifi.
Parte
I,
Nov.
30.
("•)
Ibid. Parte II, Nov. 50.
(«)
Ibid. Parto II, Nov.
(~)
Ibid. Parte III, Nov. Z\.
7.
Rinascimento,
ci
Parte
ITI.
Novella
51.
57
rappresenta, per esempio, fra le pareli domesliche
dame
del lempo, cuUissime
le
grandi
io
sviluppo
d' individualilà e
che
medio evo aveva
vile,
il
e
in
Uilto
anche
d'azione
loro interdetto.
Di quelle suo descrizioni delle principali
italiane tra la line del Quattrocento e
del Cinqueceato cito alcune, per
suo
stile
ondeggiante
fra
ha
« Quali
Per
Roma
donne praticano più
i
di
tutti:
(juivi
d'ogni sorta
scono, così latine,
il
le
morali consumatissimi: quivi
belli e
buone
ciò
una
volti
l'arti, elle
e cólta
cosi
cervelli
di
Quivi
più
patria
volgari:
pittori
nel
co-
elevati
lettei'e
fiori-
quivi
naturali
e
si
:
e
veggiono
marmo
ca-
i
conflatori col metallo gittano
Ma
per non raccontar d'una in
vivi, e
che vogliono.
e
filosofi
miracolosi. Ci sono scultori, che
i
occhi
discorso
Roma?
come greche
sono jnreconsulti eccellenti,
vano
della
Roma comune
ingegni dei mondo, essendo
quel
di
cogli
diversità
delle cortigiane della Corte di
tutti
saggio
immediata
introduce
munemente concorrono
principio
il
visto
proprii e rende un' impressione
sul vivo.
città
convenzionale
il
chi
rettorica e la realtà di
ci-
in perfezione tutte ci sono, di
ma-
—
—
58
niera che in ogni specie di virtù,
eccellente,
chi
vuol
farsi
Roma. E per
vada ad imparar a
ciò
che (come dice ringejinoso Sulmonese) avviene
assai spesso
che un medesimo terreno produce
Roma
rosa e l'oitica, così anco a
buoni
e tristi.
Ma
lasciando
ci
sono uomini
resto, parlerò
il
la
delle
cortigiane, che per dar qualche titolo d'onestà all'esercizio loro,
cortigiane
ma
la
meno
s'
»
hanno usurpato questo nome
(').
E
qui
il
di
divaga,
discorso
figura di preterizione, in cui finisce,
non
è
significante.
In ben diverso
modo
descrive
Milano,
e
da
contentarne anche oggi ogni più altiero chaitvinismc
ambrosiano. « Milano,
e ogni dì
in Italia
si
die' egli,
può vedere,
una
è
ha pochissime pari
in
come
lutti
sapete,
di quelle città
qualsivoglia cosa,
che a rendere nobile, popolosa e grassa una
si
ricerchi,
perocché
dove
cata, l'industria degli uon)ini
lascia
che
di tutto ciò
necessario, cosa
(')
Loc.
cit.
alcuna
che
si
la
che
natura
è
città
man-
ha supplito, che non
alla
vita
desideri
;
dell'uomo
anzi
di
è
più
—
V*
ha aggiunto
—
59
natura
insaziabile
la
morbidezze
tutte le delicature e
altri secoli
questo
in tutti
i
mondo, ha con
lor conviti, e par loro di
non vivono
pagnia.
Che diremo
della
con
abbigliamenti,
pompa
tanti
veggia
qual
in
Per
corsieri,
intagli,
come
di sessanta
in
da quattro
(')
il
(lire,
a
La
le
lusso.
da
cavalli, e
Milano era
Vinegia
siano
tante
quattro
si
(')?
su-
vede? ove più
da due
infinite se
seta
Veneziane sfoggia-
l'eccezione di
la regola.
che
bravissimi
ricchissime coperte di
Ma
tanti
d'oro finissimo, con
fiera ([oAV A scensa ^ in cui le
maggior
donne nei
battuti,
città di
Milano ognora
ne troveranno, con
vani)
tirate
com-
talora in porta, par
che oggidì
tutte innorate
in
vi-
preziosissime?
gioie
Ascensa nella
città si sa
perbe carrette,
ricchi
1'
delle
ori
quando una gentildonna viene
tanti
inesii-
non saper
mangiano sempre
e
fregi, ricami, trapunti e
E
nostra età, nel-
sono singolarissimi e splendidissimi
vere, se
si
le
nell'abbondanza e delica-
nostri Milanesi
i
tezza dei cibi
che
la
fatica e pericoli gravissimi investigato.
mabil
loro
con
orientali,
meravigliose e prezzate cose che
r incognito agli
mortali
dei
Venezia, vuol
—
—
60
e d' ot'O frastagliate e di tanta varietà distinte,
quando
che
le
donne carreggiano per
meni un
si
come
costume de* Romani, quando con
domite provincie
contrade, par
le
trionfo per la città,
che
già
fu
dalle
vittoria
Roma
e regi debellati e vinti a
tornavano. Sovienmi ora ciò che l'anno passato io
vidi
(')
in
Borgo Nuovo dire
illustrissima
all'
gnora Isabella da Este Marchesana
si-
Mantova,
di
la
quale andava in Monferrato, essendo allora morto
il
Marchese Guglielmo, per condolersi con quella
•Marchesana. Ella
nostre gentildonne,
volte
che
sieme
ella è
tante
onoratamente
fu
come
sempre
è
carrette
stata
cosi
che
non
le
() In queste
pompe
(•)
(')
Op.
e in tanti piaceri e
^''edere è
qui usato
cit.,
loc. cit. Isabella,
:
pag. 80.
1"
ve-
che
nel
sì
belle car-
domestichezze essendo
pei' seii/ir dire
ininiediatainente
e la Itelaz,
che avea vedute
uso delle
in-
delicatezze, in queste
Vedi: Luzio llenier. La coltura
Milano, introdusse
nota
adunque
le
erano
ciedeva
resto di tutta Italia fossero altrettante
rette.
tutte
pomposamente
adornate, disse a quelle signore che
nute a far riverenza,
dalle
E reggendo
venuta a Milano.
ricche
visitala
carrozze
iu
ìett.
ecc.
le carrette di
Koiua.
—
li»
—
le
donne
—
61
Milano avvezze, sono ordinariamente
di
domestiche, umane, piacevoli, e naturalmente in-
amare
clinate ad
ad
e
continovo sull'amorosa
ciò
che
ai
E
vita.
e
me,
a
star
per
se
non
che
dirne
costumi
che
e alle gentilezze loro;
natura
la
ha negato un idioma conveniente
alla
in
beltà,
effetto
parlar milanese ha una certa pronunzia, che
rabilmente
gli
l'
industria
rale difetto supplire, perciocché
che non
con
volgari e
farsi dotte
comodaLO
e
e
più amabili
mi-
il
praticare
limando
la lingua,
piacevole
le
con
al
natu-
poche ce ne sono
sforzino con la lezione
si
il
orecchi degli stranieri offende. Tut-
non mancano con
tavia elle
di
ne sento, pare che niente manchi loro
io
a farle del tutto compite,
gli
amate,
essere
de'
buoni
buoni
libri
parlatori,
apparare uno ac-
linguaggio,
il
che
rende a chi pratica con
molto
loro »
(').
Più concedendo a semplici esteriorità pittoresche
descrive Napoli. «
Deve oggimai a
(
dice
per bocca d'altri e parlando a una « grata e
di-
lettevole
(1)
compagnia
r>AM>i;r,Lu,
»,
Novelle,
radunata
lue.
cit.
in
tutti
una
voi
villa
di
—
—
62
deve
Ippolita Sforza Bentivoglio presso all'Adda)
oggimai a
per veduta o per udita esser
voi, o
tutti
Napoli, che fu sul
chiaro, quanto la citta di
del
mare Tirreno fondata,
che per
sono, ove
gliarsi,
1'
che
uomo
a
poche
nosLra Italia
ci
possa quei piaceri e diporti pi-
Napoli
stagione dell'anno
del paese
ed amena,
sia dilettevole
vero in questa
il
lilo
si
agiatamente
assai
pigliano,
come anco per
bella e piacevole città.
1'
per
sì
chi
a
ogni
delicatezza
la
amenissimo
Quivi
in
sito
diletta
della
una
spaziosa e ben coltivata campagna, leggermente ai
suoi diporti
può allargar
masse per aprichi
e
la
mano.
Altri
che
bra-
da natura e dall'arte maestre-
volmente adornati monlicelli,
colli di aranci, cedri,
limoni e d'ogni altra sorte di soavissimi e odoriferi
pieni,
frutti
ruscelli
valli
fruttifere
abbondevole e di
pomposamente
di
e
varietà
mille
vestite, trastullarsi, in
ne troverà, che quasi di sé fuori
tutto
paese di Pomona, di Flora, di Bacco,
di Pallade, di tepidi favonii
salutiferi
zefTiri
giudicherà.
Ma
esser
e
sempre
cristallini
di
di
colori
tanta
copia
il
leggiadro
di
Cerere,
freschissimi
nido
ed
e
albergo
chi poi dei piaceri di terra ferma
—
fosse fastidito; ed
il
63
—
amasse con spalmate barche per
o cupo
tranquillo pelago
mare or quindi
quinci discorrere, e per non perigliosi scogli,
e gratissime isolette diportarsi, e
fertili
e ricreamenti
stulli
prendere, che Glauco
sue marine gregt];e
l'amo
mia
e
con
patria
veder
lettasse
ai
glielo potrà
tanti
si
che
all'
che
la
E
dare?
miracoli
zolfatara
spelonca della
le
con
prestar
di
chi poi
si
padre de' poeti esser
il
effetti
produce,
sibilla
di-
quanti
natura,
più che
vedrà
il
asciugatoio, tanti salubri bagni, l'orrenda
tricata
tra-
con
inferno conduce, se in quelle
vorrà diportare, vedrà gli
bili
per
qual luogo meglio della
Pozzuolo produce, ove fìnse
la via
seguaci
suoi
le reti suole,
(')
quei
or
Cumea,
laherinto di Dedalo, le piscine
bande
mira-
fumoso
ed
in-
l'artificioso
Luculliane,
le
ro-
vine mirabilissime del suo grande e finestrato palazzo, le case e chiese di
nel
che
mare sommerse,
la
(')
natura ha
Finge
napoletano.
Pozzuolo per
fabbricate,
cliG parli
terremoto
e tante meravigliose caverne
che
quanto
più
in
Annibale Macedonio, gentiluomo
—
—
G4
quei luoghi dimorerà, più
bramerà
io vi
vo divisando,
dei baroni e principi del
ceri, ed
per
altresì
piena d'uomini
la
mirabili
per
sì
essere
la
della
maggior parie
reame usa
tempo quivi dimorare,
del
cose
Essendo dunque Napoli
di vedere.
maniera che
le varie
più
la
già
parte
detti
pia-
famosissima
città
i
prodi cavalieri »
letterati e di
(').
Dalle ritmiche cadenze di questa prosa poetica,
che nella sua preziosità alquanto goffa
si
vorrebbe,
vede, arieggiare la maniera dal Boccaccio e del
Sannazzaro, torna a più umile
più
e
stile
breve,
toccando con pochi cenni di Venezia: « Vinegia,
come ciascuno può
tempo dimorato,
si
che
sapere,
sia
vi
è città mirabile per lo
qualche
sito
ove
trova, tra quelli stagni marini fondata, e bellis-
sima per
i
veggiono
edificati.
molto
glia,
molti magnifici e ricchi palagi che
libera,
può
come più
e
star
mio
sia di
solo
aggrada, che non
lo riprenda, o
(1)
a
poi,
ove ciascuno,
andar
gli
K
Baxdello,
giudicio,
che
od
v' è
città
si
vo-
accompagnato,
nessuno
che ne mormori, come
loc, cit.
stato
si
qui
si
che
fa,
— esche
un gentiluomo nou mena una squadra
se
un avaro,
servidori seco, dicono che egli è
con Iroppa coda, diranno che
in
quindici di vuol logorare
e
se
egli è prodigo, e
che
sue
le
poi un'altra cosa in Venezia, che
numero
Non
di cortigiane »
lo
infinito
del tempo, tanta parte anch'esse del
della vita del Bandello.
Sono molte
cipalis*ime in
quali
chiamare, come
fa
le
Giulio
si
fondo
Cinquecento, e
sia
di
che
prin-
potrebbero
altresì
Scaligero
Or
(-).
quelle
rappresentino la superficie soltanto,
lato soltanto,
che cosa
si
Bandello,
(')
I.
o,
nei
bene, quaitaliana
del
signore
ne
meglio, un
può immaginare, quanto
a figure femminili, di più
(1)
dame
novelliere e
questa società
pure
alto, di
più spiccato, di
loc. cit.
C. Scaligeri,
Poemata. Heroinao ad Mattheum
Bandoli um.
Masi.
su
e delle
Cesare
suoi versi, le eroine Bandelliane
il
dopo
contemporanee
Napoli, Venezia, alle grandi
Italia,
sca-
tornare,
assai
impressioni
di
Roma, Milano,
lunque
un
è
ci
seguiremo nell'illustrazione dello
saggi
sia
Vè
facoltà.
Q).
broso argomento, preferendo
questi
di
5
—
più energico, e insieme
più culto,
di
elegante
più
graziato, di
66
e
più
di
gentile
ag-
eroine
delle
Bandfìlliane?
Di alcune bastano
i
nomi a
scarsa notizia della storia
tempo: Isabella
questo
Gonzaga Colonna,
stanza
politica
più
letteraria
e
di
Giulia
Ippolita Sforza Bentivoglio,
Co-
Rangone Fregoso, Ginevra Rangone GonGonzaga Manfrone,
zaga, Lucrezia
Castiglione. S'è detto molto
altre
la
Gonzaga,
Esle
d'
abbia
chi
nomino,
non
che
Ippolita Torelli
male
queste
di
argomentando
usavano
dalla libertà di linguaggio, che
ed
appunto
e tollera-
vano, e a quest'accusa ha contribuito non poco
novelliere del Randello con certe
in
da notare che non sono
velle dedicate a
narrale.
Di
tali
Ma prima
si
gran dame o
parla,
Per darne esempio,
possiamo
ci
manca
più
peggiori
quando
la
Gonzaga
compagnia
liberamente
il
e
no-
Randello
resta fra
si
le
di
in loro presenza
citerò la novella
corte d'Isabella d' Este
Poi che
le
argomenti ripugnanti
certi
nota anzi che
<^'
novelle narrate
loro presenza e a loro dedicate.
tulio è
il
uomini.
unrraia
alla
che incomincia:
delle
parlare,
donne
che quando
67
—
loro,
»
—
siamo a
presenza
la
ch' altro bel
fioretto
pagnia dire,
si
segno che
venuta
sentirono
Madama
fuori.
volendo
(
Onde
colà, ov' ella già
s'
cose a ragionare »
alcuno
Isabella d' Este
lei
si
quella
abbaiare,
giar-
cominciò
di
varie
del
Rina-
per
esten-
(').
dell'
anche
donna ambiva
virile. «
Donne
uomo,
pari
e
se
una
donna
di più, era
d'aver mente ed animo
simili, scrive
anche del colore
che per questo
la
il
Burckhardt, potevano
loro
circoli
no-
di quelle del Randello, senza
loro
fama ne
genio predominante
cala. 11
era
allora, la lode però, a cui la
benissimo lasciar raccontare nei
velle
era
n'andammo
eroicamente guerriera, come Caterina Sforza,
un'eccezione
)
del
scimenlo, era nelle classi elevate
a
com-
loggetta
L' educazione delle donne, nell' età
sione
della
Gonzaga
ce
levali
era sotto la
dino assisa e quivi con
qual-
cagnoletti
i
lutti
«
finisce:
e
in
restasse pregiudi-
tali
riunioni non è
l'effeminatezza moderna, vale a dire quei riguardi
delicati
(')
per certe supposizioni, per certe suscettibi-
Bandello.
Nocelle, Part.
I,
Nov.
30.
—
lità,
per
certi
68
misteri, ....
ma
coscienza della
la
propria forza, della propria bellezza e di condizioni
piene
sociali
canto
di
Perciò ac-
pericoli e di minacele.
formalismo più compassato, scorgesi qual-
al
che cosa, che nel nostro secolo avrebbe
aspetto
1'
d'inverecondia, mentre noi non siamo più in grado
che
di farci un' idea di ciò
contrabbilancia
questi svantaggi, la potente personalità delle
dominanti allora
sito
in Italia »
Burckhardt adopera
il
prò della religione cattolica,
leva addurre,
dovendo
Papi
la religione
sognava proprio che
l'
argomento che,
il
buon Muratori
narrare
gli
ritta.
essere
conti
Ed
le
il
braccio di
Burckhardt:
«
ben
tal
di serie discussioni sugli
in fondo, bi-
Dio
la
solide
tenesse
dovevano
tali
rac-
non
potevano persino occuparsi
argomenti più gravi
(1)
Burckhardt. Op.
C-)
Ibid, Parte V, Cap. IV.
cit,
so-
razza
dalle convenute formalità,
a soqquadi'o, e
in
per
scandali,
basi di società, che ad onta di
non uscivano
andavano
non era andata
il
donne
Allo stesso propo-
(^).
esempio, di Papa Borgia, cioè che se con
di
tutti
Parte V, Cap. VI.
(^).
CAPITOLO IV
Segue
E
argomento.
lo stesso
come
forse esagerato porre
a riscontro delle
gentildonne, e quasi a significare un lato opposto
della società cinquecentista in Italia, le cortigiane,
perchè
tale
antitesi
si
ritroverebbe
nella
società
d'ogni tempo e non avrebbe nulla né di caratteristico,
uè di speciale. Peggio ancora che esagerato,
parmi afl'ermare come
fa
Ganello, che la corti-
il
giana significhi nel Cinquecento
ricostituzione della famiglia
vero che fra
tra
il
secolo
la sciolta
XV
e
(').
una progressiva
Ad
ogni
democrazia del
modo
vizio
si
è
va
XVI, costituendo una specie
d'aristocrazia galante di donne, le quali per eleganza,
lusso, coltura e gentilezza di
(')
Canello. Op.
cit.
Capo.
II.
modi
si
distinguono
—
compagne.
dalle loro
narrando
stingueva
dalle
—
Già
altre
questo nuovo culto ha
i
Borgia,
di-
fionestae.
Ma
dei
cortesanae
le
Burcardo,
diarista
il
vaticaneschi
spassi
gli
70
suoi scettici,
il
Bandelle,
ad esempio, che non vuol sapere di queste
sottili
un luogo
nome
distinzioni ed in
di
una
Corlegiana è
in altro
dice che questo
lustra ed un' usurpazione
luogo dice anche
come anco
mano con
ogni
Roma
a
fa
si
onesto vocabolo
modo non
si
ol
ma
i
Veneziani
ed altrove,
(le)
Gortegiane
»
trapassano
parigine dei tempi romantici,
il
a dar carattere e singolarità
così
e
che
chiaramente
più
quelle donne son quel che sono,
«
(/),
le
chia-
P).
Ad
Lorelles
che non basterebbe
Gortigiane
alle
del
Rinascimento.
Finora esse non furono conosciute che
rime d'amore,
hanno pure
in
le
commedie,
buon
i
numero
novellieri.
le loro
per
le
Oggi
si
lettere
ad
amici, amanti ed ammiratori, « documento diretto
(come
fi)
i'iiele
n
scrive
il
Baxdello,
Ferrai, che fu
XoL-eUe, Parte
Bandelle
Ibid. Parte III,
Nov.
31.
li.
il
primo a pubbli-
Nov.
51.
Dedica a Mi-
—
carie)
del
("')
CLiltLira di
pre
pensare, di sentire e
di
queste donne
le
pifi
modo
—
71
Da queste
>.
lettere
Cortigiane del Cinquecento
scono, scrive ancora
Ferrai,
il
della
«
frutto
di
sem-
fippari-
quella
società politico-letteraria, dove l'altitudine a conce-
gustare
pire e a
forme non
svariate
bellezza
la
meno
fu
polente
dell' inclina-
zione a spezzare ogni legame di lunga
costume
e di severo
».
Non
è
tradizione
luogo
qui
lermi delle molte, belle e curiose
più
nelle
artistica
va-
di
raccolte
n(),tizie
su questo scabroso argomento nei lavori del Ferrai,
del Biagi
Basti
del Luzio
('),
che da
del Graf
O,
(1)
men
Lettere di Cortigiane del secolo
Dante,
Ferrai
come
n.
Bongi
(=).
lavori è confermata e dimostrata
tali
nei suoi particolari la più o
breria
del
(^),
Fu
1884.
9,
inesatta ed oggi
hanno ripubblicato per
XVI —
criticata
i
intiero
giusta
preten-
Firenze, Li-
l'edizione
del
signori Matini e Orlando
il
Codice,
da
cui
sono
tratte, nella loro Bibìiotechina Grassoccia.
["}
-
Un'Etera lioniaua (Tullia d'Aragona), Firenze
Paggi
-
1897.
(3)
Pietro Aretino
{*)
Attraverso
('')
Tullia d'Aragona, in illustrazione degli Annali di
Gabriel Giolito
il
De
e
la
Corte dei Gonzaga.
Cinquecento.
Ferrari,
anno
1547.
sione in coleste
donne
a
rinnovare,
tanto
in
sorgimento di classica antichità, non solo
conde amiche dei poeti
Diotime dei tempi
che indica
gio-
le
Aspasie eie
le
Alcibiade;
di Pericle e di
ciò
bisogno di cercare nelle stesse irre-
il
golarità dell'amore
una
lettuale e morale, ed è
soddisfazione
certa
pur qualche
intel-
cosa.
Bandello, a cui non isfugge alcun lato della
11
del
vita
ma
latini,
ri-
Cinquecento,
queste donne,
ma
parecchie
parla
volte
di
se è mite all'Imperia, la
corti-
giana famosa, che, morta giovine nel 1511,
quasi
non appartiene
altre,
al
ad
Isabella de Luna,
ne
suo tempo,
vitupera
avanzo
esempio,
cortigiania Spagnuola, che aveva afQuito a
tempo
dei Borgia
(^).
Pare, ripeto, che
creda a tutta quella vernice
nuove
delle
l'Imperia e
e
il
etère.
la
letteraria
(^)
poter
alta
rivaleggiare
e
d'Isabella
con
Tullia
(')
Bandello.
Novelle. Parte li,
(2)
Bandello
Xovelle. Parte III.
a
poco
artistica
descrive
veramente l'etèra
è
suo tempio, ch'egli descrive,
parisce ben più
Roma
egli
Comunque, quando
sua dimora,
quella
di
e
l'Imperia ap-
de Luna
d'Aragona,
Nov.
Nov.
51.
42.
e
da
astro
73
maggiore
il
Bandelio non parla.
uomini
servitori,
firmamento,
di quel torbido
Da prima una
che
e donne,
sitatore e lo scortano
s'
pesca; dappertutto velluti,
Nel gabinetto della dea
drappi
d'
oro
sciiiera
inchinano
riccio
sovra
di
al
sontuosità
vi-
sale,
princi-
tappeti
broccati,
cui
di
con grandi inchini, poi
stanze, gabinetti addobbati con
simi.
ma
finis-
mura coperte
le
una
riccio,
di
cornice
d'oro e azzurro uitramarino, con entro vasi d'alabastro, di porfido, di serpentino, e cofani,
intagliati,
un
lumi
di poesie volgari e latine,
ha studiato belle
e
compone non
Essa
è
lettere
con
insoavemente
seduta in tutto
il
lo
musica
di
perchè
la
lei
sonetti
è
e
1'
non
«
non
ti
madrigali.
fio-
e
di
senten-
un
ser-
dispaccia, perciocché qui
è più brutta cosa del tuo viso
Notevole è pure che
signora
Ambasciatore
quale, stupito di tanto lusso
dicendo:
e
vo
Strascino di Siena
dosi bisogno di sputare, sputa nel viso ad
vitore,
e
spendore della sua
lo
rente bellezza e dinanzi a
Spagna,
verde
tavolino coperto di velluto
sopra un liuto, una cetra e carte
forzieri
il
».
Bandelio,
come
sto, descriva la vita delle cortigiane a
s'è vi-
Roma
e
a
—
74
—
Venezia principalmente, perchè a Roma,
società di preti, e finiti
Borgia,
la
dama non
gran
a corte, durante
di
papato
il
Gialiano de' Medici
di rara fortuna
X
Leon
vive
(-),
fa Isabella
il
c'è.
di
dei
e
Di veder apparire
Leon X,
si
la
moglie
rallegra
Colonna
Rangone,
appartata.
Cibo
dei
Bibbiena
Vittoria
(J).
Bianca
convento.
papati
i
in quella
sta
come
un
in
benefattrice
la
di
Qualche apparizione
Gonzaga, *ma insomma
la
delle corti di Mantova, Urbino, Ferrara,
gentildonna
non c'è
(^).
Così è a Venezia, rna per altra cagione. Qui pure
l'etèra
prominente,
è
vede, perchè
la
il
e
costume
la
gentildonna
non
si
e le institnzioni politiche
tengono, a cominciare dalla Dogaressa, lontana
e nascosta
A
(•*).
Milano invece
il
Bandello
(')
Lettere di Principi^ ecc. I, 16.
(-)
Bandello,
Parte
Novelle.
II,
ci
parla
nov. 34.
bensì
Dedica
al
conte Lodovico tlangone.
(3)
Cap.
('')
i!Ai,
Gregoeovius, Storia di Roma
nei
M. E, Voi. Vili,
4.
Cf.
MoLMEXTi, La Dogaressa di
Loren^ino de' Medici
cento.
e
la Società
Veiiesia. L. A.
Feu-
cortigiana del Cinque-
della bt^llissima Caterina di S. Gelso
que
XII;
a Luigi
sconti,
(^)
bensì
parla
ci
furono, secondo
(o
della
filosofìa
sua seconda
sue
in
la battaglia
francesi,
irresistibili
su
seduzioni
conlessa di Cellant
gante politica;
la
terza
Bandello,
parla
ci
;
la
la
che
campo
la
prima
seconda
le
bensì della
mano omirimpan-
si
un'intii-
è
una mostruosità criminosa
insomma donnette
le caratteristiche etère
(1)
;
slessa
visitò al
che armava
(^),
nuccia in un matrimonio
tutte e tre
(')
della
esperimentaudo
tulli
amami; ma
cida ai piopri
Pavia
di
decisiva
l'ascondi?)
quella
Ilalia,
Bonnivet
ragione
la
dove
storia,
discesa
prima e dopo
imperiali e
Branlóme,
il
slessa, le cui
dal
I
Vi-
Clara
di
che ben può essere quella
grazie state descritte a Fi'ancesco
che piac-
(')
eccezionali,
;
ma non
del Cinquecento.
Novelle^ Parte IV,
Nov.
8.
Dedica a Paolo
Pansa.
(')
Ibid. Parte IV, Nnv. 15.
(3)
Viii<iiLi,
Dopo
la
Storico Italiaìio. Serie V,
Milfìiio,
la fa
tomo
III. Il
confondere
(1)
al
Dedica a Clara Visconti.
hatlar/lia
di
tomo VI,
1890. Verri,
Brantnnie
Pavia,
la cliiania
Verri con nna Cicrici.
Bandki.lo, Xovelìe. Parte
I,
Nov.
4.
Archivio
in
Clat
Storia
ice^
il
di
che
-
—
76
L'azione delle quali sulla moralità del costume,
se
non
è forse valutabile fra tanta generale corru-
zione, lo è bensì nelle lettere e
lettere, dalle
alle quali
giano di Baldassar
d'Aragona,
di
amori
(^).
negli
Asolani
ai
sé
maestri Veneziani non
colonne
opere
e
nelle
v'
ha quadro
gradini
cui, fra
le
classico,
non appariscano figure
neri e
e
ornati di più
fila
del Cinquecento,
sui
forn)e
dalle
capelli d'oro,
i
di
terre-
moda
di
perle
le
cortigiane
ai
('),
Molza
giorni
di
d'
di
dagli
dagli
occhi
la
nuca e
insomma
Bandello;
del
problema,
il
da
(1)
A. GUAF, Op. cit.
(2)
L. A. Fkurai, Lorenziiio de' Medici
in
un tempio
etère
nostri
santi,
donne
dietro
le
grandi
dei
opulenti,
raccolti
quale discute altresì col
messo
Tul-
Nell'arte, la procacità di certe figure
donna parla da
abiti spendidi,
del
Bernie-
ben più
di
le
Corte-
e di
capitoli dei
documenti
schi, e alle novelle,
stri
nel
Speron Speroni
discende
si
discusse
Castiglione,
nei Dialoghi di
anche
pretendono
cortigiane, e sottilmente sono
lia
Nelle
arti.
quintessenze del petrarchismo e del-
l'amor platonico,
Bembo,
nelle
il
ri-
Alessandro
ecc.,
già citata.
—
77
Dumas
solvo
con
figlio
favore
in
Signora
la
delle
Camelie, e
prudentemente
cortigiana,
della
lo ri-
aggiungendo però, che « una rondinella non
primavera
fa
».
(')
Non meno
importanti e rappresentative dei co-
stumi, delle idee, dei costumi, dei pregiudizi e dei
sentimenti
tempo sono
del
Randello ed
altri
fanatismo
Novelliere sul
che dominerà
rante
il
esprimono
tutto
primo quarto
che
a più riprese nel
per
le
scienze
nelle ciurmerle dei
e del Cagliostro, e sul
dal
opinioni
il
suo
occulte,
secolo seguente e finirà du-
il
XVIII
secolo
le
Mesmer
moto Protestante, che
XVI
del secolo
fin
era scoppiato in
Germania.
Del fanatismo per
superiorità beffarda e
le
scienze occulte parla con
con
profonda
osservazione
psicologica cosi: « Tra le infinite qualità di pazzie
che travagliano, affliggono
l'anima
mia
e
e del corpo
l'incantesimo
ciocché a
(1)
me
e spesso rovinano
l'uomo, credo
siano
delle
io
del-
che l'alchi-
principali; per-
pare che in queste due, quanto più
Bandello,
Novelle. Parte
cesco Maria Molza.
I,
Nov.
50.
Dedica a Fran-
—
la
persona
tanto più
Che
s'
esercita,
78
quanto
s'affatichi
vi
e
più
s'invecchia,
vi
desideri
d'esercitarle.
molte altre specie di pazzia non pare che
di
avvenga, veggiendosi che mille occasioni e massi-
mamente
l'invecchiare fa che
nomo ad
1'
altro ri-
volge l'animo e di sé slesso seco sovente
gogna.
che dell'alchimista non avviene;
Il
quante
più
quanto più
quanti
prove,
sofistici
vede
i
ingegni
quinta essenza, che
la
cosa
sia,
rame
in
per
io
buon
oro, o
almeno
in
bito scusa l'arte, e dirà la tintura
fatta,
il
fuoco esser slato di
troppo forte; di
ingannando
sé stesso,
ed insieme con
la
consuma
Clavicola di
mille
altri
occultati
libri
tesori nel
la
su-
ben
esser
carbone,
mille
ar-
l'effetto,
non
altri
roba e
e
il
o
di
inganni
vita,
la
con que-
fumo. Quell'altro con
Salomone (se
d'
che
so
cangiato
Luna, con Mercurio
ste lor ciancie si risolve in
la
tristo
modo che con
ritro-
purgalissimo
E nondimeno, non seguendo
gento.
o
me non
o vero tiene per fermo aver
fa,
riuscire,
più s'anima a seguir l'impresa, e spera
vare
quale
il
esperimenti
[)iù
suoi
ver-
si
egli la fece)
e
incantagioni spera ritrovare
seno della terra, indurre
la
con
gli
sua
—
donna
al
tatore
—
suo volere, saper
andar da Milano a
moki
79
altri
effetti
i
Roma
segreti
dei
un allomo,
in
E quanto
mirabili.
principi,
più
e
far
l'incan-
trova ingannato, più nel fare incantagioni
si
persevera, accompagnato
trovar ciò che cerca
Quanto
al
che a questo
(^)
sempre dalla speranza
».
moto Protestante
il
di
Bandelle è
di
Germania, an-
avversissimo,
non
sì
però che non l'attribuisca alla
mala
e
alla
ignoranza dei
superstizioni,
che
preti,
alle
stolte
van predicando, all'ingorda avarizia
al
traffico delle
del gi(ìcondo
indulgenze,
all'
Curia,
inerte indifferenza
1'
uniuà della Chiesa
invoca una riforma nel seno e per opera della
Chiesa stessa
(1)
.sig.
della
Leon X. Crede impossibile ormai
frenare quel moto e ristabilire
ma
vita
(^);
Banpello,
il
tradizionale concetto dei rifor-
Novelle. Parte III,
Nov.
S9.
Dedica
al
Carlo Atellano.
(-)
Randello,
Novelle. Parte
Leandro Alberti. Parte
III,
nov.
I,
Nov.
10,
stoforo Bandelle. Parte III, nov. 25.
Su questa incuria, come su
Leone X.
s'è molto esagerato. Vedi ora
X
e
la sita politica.
Dedica
a
Fra
Fra Cri-
Dedica a Girolamo
Cittadini.
Leone
14.
Dedica a
altro
il
pecche
liliro
di
del Nitti
80
che
misti italiani,
nel
secolo
XVI
ma
entro
quell'agitazione novatrice,
che è
l'ortodossia,
solo
il
dà luogo
i
È
ma
vi
sive reazioni, coloro
dita fede,
stessi,
nei
anime
che dura per forza
quali
Polo,
dal
religio-
timore
per
associano,
si
ita-
Concilio
il
Gonlarini,
capitanato dal
dal Sadoleto, da Vittoria Colonna,
sissime,
del-
moto originalmente
liano di riforma religiosa, precedente
di Trento.
limili
a
d' ecces-
all'intorpi-
d' inerzia, la
cultura
umanistica ha sovrapposto un buono strato d'indifferenza, come, ad esempio, Pietro
anche
il
Bandello, giacché,
uscite devote,
non mi
ture morali, unite ad
mento
religioso
Comunque
qua
nonostante
so figurare
un vero
sia,
non
tratti
Bandello
altro per accenno,
la
e
gran dame,
(U V. CiAN,
senti-
le
Un decennio
vifct
mercè
i
varii
politica, la vita di
cortigiane,
della
spigolati
toccato
corte e della società signorile, la guerra,
le
disinvol-
profondo
e
sue
certe
tante
da questi pochi
importanti argomenti: l'arte,
tori,
e direi
(^).
e là nel novelliere del
quali ho, se
Bembo,
la
i
pensa-
letteratura
di Pietro Bembo.
81
dell'amore,
i
pregiudizi e deliri correnti,
teggiamento della coscienza italiana
riforma Protestante,
gione
il
s'
si
Dunlop abbia chiamato
riflette
il
che inutilmente
grandi
contemporanei
DuXLOP-LlEBRECHT, Op,
Masi.
quale
caratteristiche,
e secondarie,
m
novelliere
il
del
suo
e vi proietta tutta quella folla di
particolarità e di figure
storici
di fronte alla
intende già con quanta ra-
Randello uno specchio magico, nel
secolo
l'at-
e
sì
{').
cit.
principali
cercherebbe
nei
CAPITOLO V
Segue
lo stesso arg-omento.
Per intendere anche meglio
che scrive
il
tista
quell'ammasso
personaggi, che
di
casi
immenso
devoli relazioni
fatti
più
i
(').
ogni
si
Angelo
illu-
e
primi
i
i
ha per
Solerti,
la
1
volti,
la
vita, le
coi
vicen-
non
vedrebbe allora che
Si
della
società,
per questo
novella
famosa
Nuova Antologia,
ma
storia,
personaggi
della
Un buon esempio
(f)
zione
classe
nomi,
generali
minuti, e non solo
ma
quella
e la storia, e dei secondi cercare, cono-
scere, discernere
i
e
teatro
strar gli uni e gli altri, riscontrando
solo
ciò
cinquecen-
novellatore
il
atteggia su quel suo
documenti
di
Dunlop, bisognerebbe penetrare, ag-
girarsi fra tutto
folla di
verità
la
di
i
più
più
prominenti,
ogni
professione,
>]renere
V;/o e
t'ascio.
1
d' illustra-
Parisina
luglio 1893.
in
—
Ogni mestiere, ogni
—
84
ogni
vizio, e, direi,
troppo spesso nel Cinquecento questa
avesse
signiQcato di abilità
il
velliere del Bandello
i
parola non
hanno
(^),
se
no-
nel
loro rappresentanti.
Symonds, che s'è provato ad enumerarli,
Il
n'
ha riempiuta una pagina sana
È
vero forse ciò ch'egli dice:
tazione sterminata essere
le
virtù,
fatta
più paurose profondità
manere
(1)
non son
e
questa
a
rappresenleggieri,
tocchi
dell'anima
tutti.
umana
ri-
inesplorate e per lo più tutta quella gente
A. Graf, Attraverso al Cinquecento. Op.
Cfr. in
cit.
proposito le opportune e satiriche considerazioni di Raffaele
Mariano nella sua Memoria su Francesco D'Assisi
aJcitni dei suoi
sogg.) Ivi
istile
il
pia
Prof.
è soltanto
(In
e
Nota, pagg. 66 e
Mariano osserva che questa
virfà in
moda da David
Strauss,
Rinascenza fu rimessa di
poi da Riccardo
non
recenti biof/rafi
Wagner
(che pei Wagneristi autentici
un musicista, bensì un rivelatore
e finalmente dal Nietzsche (che è
filosofo
il
])agnia) e condusse alla riproduzione
religioso)
della
com-
recente del super-
uomo, a cui esclusivo beneficio e godimento devono servire
il
mondo
della cultura e dello spirito e le sue gioie
delicate e squisite, perchè
egli
solo,
il
superuomo
{der
Uebermensch) rappresenta T eccellenza, l'abilità, la forza
individuale, tuttociò, vale a dire, che in
si
chiama
virtù.
istile
Rinascenza
—
—
85
una ridda confusa, urtandosi, mescolandosi,
ballare
come maschere
di carnevale, nella scapigliata de-
mocrazia del vizio
(').
Ma non
può, a mio cre-
si
dipinge
da chi
un
in
un'età intiera; non
si
voce e
più
lo
ascollato,
da gente,
novelliere del Bandello,
popolo
e
dalla novella,
esigerle
componimento breve, che per
raccontato a viva
un
novelliere
può
profonde
molto
dere, esigere analisi psicologiche
suppone
si
massime nel
che
uno
per
spasso di corta durata interrompe l'azione ordinaria
che
della propria vita. Quello
in intensità, riguadagna,
il
Bandello
perde
parmi,neir ampiezza della
un Richardson,
rappresentazione, e d'altra parte
un Dickens, un Balzac, un Zola, un Dostojewski,
Cinquecento
in pieno
un fenomeno
V ha
di
italiano,
nonostante
di stile e scorrettezze
di
tutti
sto del
romanzesco, svolgentesi
{*)
—
Symonds,
Parte
II.
nostri novellatori
del
Po
e
11
il
goffaggini
Bandello
genio ed
di
nell'Italia
Jìenaìtisaitce in Jlali/.
Cliap. X.
certe
lingua,
più di
gran valle
davvero
inesplicabile.
più che,
i
sarebbero
—
ha
gu-
il
preferenza nella
superiore,
e
al
Italiaii Lilerature.
86
tempo,
cicli
In cui
il
Bandello scrive, già uscito
cavallereschi e modificato nelle forme
contenuto da una
civiltà già
che
pili
dai
nel
e
matura,
e
già accennante in bene ed in male a fenomeni di
decadenza ed a mutazioni.
Se come
clamare
il
suo amico, Leandro Alberti
è troppo dirlo col
velliere
un
Ariosto
in
Symonds per
tutte le sue varietà,
spesso lo confonde
sempre consegue
il
(1)
—
De
comico
coli'
italiana
in
intonazioni,
le
riescite
proporzioni
Bonouiae,
del
o
osceno,
Non
ripugnante.
troppo
ma
più
spesso
del
v'n's Illnstribus Ordinis Praedicaforiim.
unum
no-
innalza al tragico o troppo
coli' orribile
confonde, non solo
sex in
s'
alle
e se
che,
però
svolgimento da
talvolta alle complicazioni e
Non sempre
e
(^);
suo
il
è
la novella
gradazioni
altresì tale intreccio e
romanzo.
certo
prosa,
mentre rappresenta da solo
dà
oserei quindi pro-
Bandello un Petrarca redivivo, secondo
il
che scrive
l'orse
d'amore non
lirico
lo
Ra-
— Libri
congesti auctore Leandro Alberti Bononiensi.
1Ó17.
«
Carmina vernacula composita
Franciscnm Petrarcliam protinus revixisse omnes
et affirmare possunt. »
ut
testari
—
belais
dello
e
Talvolta la sua
tal'
altra pare
Swift,
non
che
è
invereconda,
dei fatti diversi dei nostri gior-
od una cronicaccia
nali
stomachevole.
sudicio
col
novella
uno
—
87
d'
una
nostre
delle
Corti
d'Assise; piacevolissima letteratura, che noi,
così
severi ai novellatori del Rinascimento, diffondiamo
a migliaia di copie, possibilmente
colle
illustrate
figurine, nei casti seni delle famiglie, e a cui per
antidoto contrapponiamo tutt'al più
libro di lettura
scritte in testa
Ma
se
tragico,
il
né
popolare
o
le
massime eroiche,
agli esemplari di calligrafia.
Bandelle non sa essere né altamente
schiettamente
comico, nondimeno
quello spazio intermedio, che sta
e la
un soporifero
commedia
(^),
e in cui
si
fra
tragedia
la
roman-
mescolano
zesche avventure e fortunosi intrecci
in
di
casi,
te-
naci amori e resistenti ad ogni disastro, nei quali
il
patos
sentimentale
tenera pietà, o
condizioni
è in giuoco la vita, e
e le loro eroine, o
(1)
si
Symoxds, Op.
eccitando
disperate,
che schiacciano
quasi
cit.,
sfoga,
per
loc. cit.
nelle
i
prodigio
più
la
loro
quali
eroi
fanno
sì
—
88
—
che pervengano a salvamento,
un grande
vela veramente
maestro
si
;
rivela
non
Bandello
il
artista
ri-
si
un grande
e
solo pel suo genio,
ma
per
forza delle stesse vicende della sua vita, piij pros-
simo
al
sentimento dell'arte moderna,
e naturalista, di
tutti
i
romantica
Cin-
prosatori e poeti del
quecento.
Quanto
alla storia, chi
questo novellatore
crederebbe
un quadro
ma Europea?
liana soltanto,
trovare
storia
di
non
negli stessi storici di professione. Saggi di
indagini delle leggi, che
nano, non mancano di certo, e
basta
grandi nomi del Machiavelli
del
Ma, nel primo specialmente,
coi quali
vilis,
come
dottrine e
lo sa.
si
Una
fa
e
i
fatti
sperimento
e
la
fatti
filoso-
gover-
ricordare
i
Guicciardini.
sono un'anima
riprova
delle
siano racconciati ad arbitrio, Dio
sintesi di semplici fatti
che non esca
Ita-
Nel Cinquecento son
rare queste sintesi e questi aggruppamenti di
fìa della storia,
in
contemporanei,
dalle loro conseguenze dirette e im-
mediate, non è frequente nel Cinquecento e indica
non
solo
l'uomo, che ha avuto sempre
grosse faccende e che è bene addentro
alle
nella
mani
pò-
—
suo tempo,
litica del
mento
ma anche
che è
modernità,
di
—
89
della tendenza particolare
era
s'
1550) ove
vedessero
si
cose, credo io
ne
che
Bandelio, quando
il
una
la nostra età sia
degne
di stupore,
accadono
(').
di
compassione
S'è veduto a
nostri
pertinenti al culto divino e de
i
il
differenti
e
quale, molto più che in nessun
la
verso
certo
e
mirabili
di
dubbio
un grande ingegno.
d'
Francia,
in
stabilito
non
segno
« Se mai fu età (scriveva
già
un presenti-
qui
di quelle,
altra,
cose
e
di
biasimo
dì
ne
le
santi
cose
circa
e
la
fede cattolica, quante sette, dopo che Martino Lutero ha
uasciute
contro
;
vivere de
santi
e
i
quante
Padri
qua
da
i
le
corna,
provincie,
e
il
antichi e
generalmente dal pub-
buoni, dal nascimento di Cristo
di in quelle genti,
Le due
sono
spezzato
tanti Dottori
osservato, variamente vivono;
che hoggi
(1)
loro,
alzate
e
città
huomini approvato,
blico consenso de
in
Chiesa
la
edizioni di
Lucca
che
e di
da
di
la
maniera
Chiesa
Londra stampano
questo periodo in forma, che non dà nessun senso. Ki-
tengo
elle deblia legg'orsi cosi.
—
separate
si
ma
sono altrettante
loro,
non ne
sono, per vivere
buono,
lo spirito
—
90
ne
de
la libertà
che giudicano, sforzandosi ciascuno
di trovare
qualche error nuovo
esser differenti
— Ne
questa nostra età veduto
tutta la Soria e disfatto
i
Mammalucchi,
de
Vienna d'Austria
l'Europa,
mercè de
si
le
fanno
haver
quelle con-
sparso,
perare
l'imperio
di
Gerusalemme
(').
(•)
che saria
Mi permetto
che
i
maggiori.
a
le
bastante
forze
e
il
ricu-
a
reame
il
Angioini ed
di rabberciare
tra
sangue Ghristiano
stato
gli
dì
un cantone
petto
Costantinopoli
Tra
ogni
Ghristia-
tutta
ogn' bora
il
de
ed
discordie
Turchesche, tanto
hanno
di
di
setta
Rodi,
aspettandosi
Quelli che doveriano opporre
crudeltà
pigliato
debellato
che hoggimai è stata ridotta in
Principi christiani
e
haver
e fatto in
peggio con vituperio indicibile
de
mondane ha
Ongaria,
1'
trade di grandissimi danni,
nità,
insieme
Soldano con la
il
quelli
particolare
tutti
Turchi
i
vinto Belgrado,
soggiogata la più parte
assediata
e
poi
cose
le
sono
in
de
affettioni
le
quanti
le sette,
libertà
la
Arago-
periodo anche qui,
che nelle edizioni di Lucca e di Londra resta in
aria.
- 91
nesi quaiHi fatti d'
si
sono? di
tempo ha
bora da
nel regno di Napoli
modo che bene
tre e
gli
arme
—
fatti
spesso Napoli in poco
Milano
cambiati.
qnattro signori
Sforzeschi ed ora da Francesi ed ora
da Spagnnoli s'è veduto comandare. In Hlspagna
i
popoli hanno preso l'arme contro
natori; parte di
passata ne le
ai
Navarra da
mani
suoi gover-
i
casa
la
Albret
d'
Spagna
degli Aragonesi e tutta
Tedeschi è soggetta.
è
sangue proprio de
Il
la
casa reale al re suo di Francia è stato rubello ed
il
Duca
dore
Borbone fuggito dal Re
è accostato.
s'
stor di
di
Roma
di
Habbiamo veduto
Tedeschi
e di
Roma
crudelissimamente essere
spogliate le Chiese, violate
la
quelle crudeltà essercitate che
L'
modo che
Alemagna
manilo con
di
e
le
sé
sue diete.
L'
Francia bora sono
stati
sforzati a
non
e
stata saccheggiata,
monache,
si
e
possano
tutte
imma-
Goti altre volte furono più
i
tra
pure accordo
gran Pa-
comprata da Carlo Imperadore
la libertà
pietosi.
il
Impera-
l'
Spagnnoli prigione,
haver
ginare, di
a
in
si
comprar
divisa
si
Imperadore
guerra ed bora
vede.
la
I
va
consu-
e
il
Re
in tregua,
Veneziani
pace dal Turco e
sono
dar-
—
gli
92
—
parte de le terre che in
acquistate.
Il
Re
Lavante
d' Inghilterra,
havevano
s'
tributario
de
la
Chiesa, e che cosi dotta e cattolicamente ha scritto
contra
gli errori a' nostri
di
da
nati,
passioni e disordinati appetiti vinto,
s'
proprie
le
è alla Chiesa
nuova heresia, suscitando
ribellato e fattosi capo di
ne l'Isola una nuova setta ed un nuovo modo di
E
vivere non più visto o udito.
certo noi possiamo
dire che pochissime età hanno veduto cosi subite
mutationi,
come
né
so
a che fine
le cose debbiano terminare, perchè
mi
noi veggiamo tutto
pare che andiamo di male in
peggio
Christiani sia più discordia che mai
La
conclusione è di
nel tempo, in cui
si
nulla di peggio sia
tutti
vive,
s'
i
di,
il
che
e
(')
».
tempi, perchè
ha
il
tra
tutti
sentimento che
mai avvenuto prima o possa
avvenire di poi e che qualche definitiva catastrofe
debba essere imminente;
il
dimostra che la
che
leggenda del finimondo è perpetua ed ha
radice nell'
(1)
animo umano, non
Bandello,
Novelle. Parte III,
Domenico Gavazza.
in
la
sua
profezie o pau-
Nov.
62.
Dedica a
93
rosi segni
potrebbe
Ma
esteriori.
essere
più
—
il
compendio
pieno
e
non
storico
conto
tien
di casi
anche d'un ordine diverso dallo strettamente politico,
il
che
rado
di
interviene
agli
del
storici
Cinquecento.
Parecchie delle novelle del Bandello sono pu-
ramence disquisizioni
mano, come
del
di
Rosmunda
Longobardo Alboino
re
casa di Savoia
rato
vendetta
la
(% V
rifatte di
storiche,
('),
le
seconda
e la
morte
origini
della
quelle dei marchesi di Monfer-
(^),
uccisione
Buondelmonte
di
e
il
prin-
cipio delle parti Guelfa e (rhibellina in Firenze
la
Pia de' Tolomei
drada e
Poppi
C').
ciliano
(1)
(2)
le
la
(''),
Romano
Ezzelino da
{% Lorenzo
Bandello
il
Novelle, Parte III,
(3)
Ibid. Parte II,
Ibid. Parte
I,
Nov.
Nov.
27.
I.
(5)
Ibid. Parte
I,
Nov.
12.
(6)
Ibid, Parte
I,
Nov.
18.
(•)
Ibid. Parte II,
(**)
Ibid. Parte
I,
(^),
Magnifico alla
Ibid. Parte IV, Nov. 19.
(•<)
Nov.
Nov.
11.
22.
buona Guai-
virtù della
origini dei conti Guidi
Nov.
{*),
dei conti di
e
il
Vespro Si-
corte di
18.
Na-
poli C),
—
94
Cesare Borgia
in
cendo, molli
tutti di
di
greca
orientale,
esempio O,
Romana {%
il
da
chesco del
romana,
e
Sofonisba
(^),
cui
oltraggio,
Baldassarre
già non sapessimo
quello che
e
in
si
ad
Lucrezia
quantunque
platonico
Randello, è esposto
Giro,
(^),
Castiglione
V ideale
Gonzaga,
Lucrezia
ma
storici,
nessuna importanza. Meno ancora
Seleuco
narrare
ricordi
e
e via di-
(^)
rifacimenti d'antichi e celebri episodi
i
storia
Romagna
accenni
altri
poca
ne hanno
—
fatto
dedicato a
e
petrar-
guisa,
che se
poteva osare in
coteste conversazioni cinquecenliste, ci sarebbe da
meravigliarsi che
cato quello che
tocca col
storie,
a
nobile narratore
al
nella
Secchia
medesimo racconto
cui
la
iscagliò in testa
(1)
Ihid. Parte II, Nov. 52.
Ibid. Parte IV,
(3)
Ibid. Parte III, Nov.
(<)
Ibid. Parte II,
(5)
Ibid. Paite
Ibid. Parte II,
(')
Secchia Bajnla.
montesi
Illustri,
I,
Tom.
del Tassoni
a Scarpinello canta-
ciabatta per farlo tacere
(8)
(6)
sia toc-
Renoppia per poco non
regina
una
Rapila
non
Nov.
Nov.
Nov.
Nov.
11,
9.
uf).
41.
21.
Canto Vili.
V.
(').
—
Cf.
Napione, Pie-
—
se non che
l'
importanza storica del Novelliere
non
del Randello
es-
consiste già in queste rifritture,
com'ebbi a notare, nell'uditorio
bensì,
novelle e nelle notizie che un po' per
po' per
diche,
cortigianeria,
la
un
che
natura,
un
alle de-
il
Baudello
dediche laudatorie.
sue
nelle
sue
attaccata
è
po' per esercizio di rettorica
soleva accumulare
delle
dediche
Soniiglierebbero parecchio in questo alle
ma
del Goldoni,
il
Mecenati per propiziarseli,
umile delle sue dediche
chiamava
non
Goldoni
rigido
infelice la povertà.
Il
meno
di
del Goldoni, parla in
tono
Tommaseo ne
Bandello invece,
facile
contentatura
amichevole, con
bensì da cortigiano consumato, che sa
mando ed
signori,
in
ma
dica,
forme vuoisi
mette
si
anzi adopera
sere lodato.
che
il
quasi
tono di chi
il
tiattare
alla pari
viver del
coi
con
lettere
poco più di una ventina sono dirette
Gonzaga
cenati e padroni, e va pur
uni or con
frasi
gran
essi
ed
loda, perchè vuol es-
Su dugentodiciannove
sonaggi delle case
i
tono troppo
e solo pel
il
quantunque per certo
che lodare
fa
ai
per-
Fregoso, suoi me-
e
notato che
gli altri di costoro
di de-
il
or con gli
Bandello ha con-
96
—
vissuto quasi tutta la vita.
Le
—
altre
sono ad amici,
dai quali non poteva aspettarsi che ricambio d'affetto e di cortesie.
\
CAPITOLO VI
Segue
argomento.
lo stesso
Nelle dediche, nei preamboli, nelle circostanze
od occasionali del racconto,
locali
ma
spesso estrin-
seche ad esso; in tutta questa parte del novelliere
Bandello,
del
naggi,
perso-
in
Leonardo da Vinci, Alessandro ed
quali
Ippolita
non solo
c'imbattiamo,
Bentivoglio,
Gio-
Machiavelli,
Niccolò
vanni dalle Bande Nere, nelle più gran
dame
tempo,
ma
pene-
esempio,
della
cortigiane
nelle
triamo quasi
nella
più
intimità,
vita giornaliera di Isabella
villeggiature
di
Porto,
della Cavriana, ora
e
qua e
timi,
là in
Masi.
il
per
il
di
Marmirolo,
nel suo
palazzo
Calandra,
Castiglione,
il
voga,
Gonzaga, ora nelle sue
compagnia sempre
r Equicola,
l'Agnello,
in
del
il
di
Rocca
Mantova;
di
de' suoi più in-
Ceresaro,
Capilupi e
il
Negro,
tanti altri.
7
che
il
Bandelle va nominando, allorché ricorda
i
bei giorni passati a Mantova, durante la splendida
gioventù
d' Isabella,
più
il
compiuto
perfetto
e
Era
tipo di principessa italiana nel Rinascimento. «
mio costume,
scrive
il
Randello, andar due o
volte la settimana a farle
il
me
giorno
riverenza e quivi
cose
di varie
le occasioni
Nel suo
».
(')
tova Isabella andava
e
loro se-
tra
Man-
palazzo di
raccogliendo
già
buon gusto'
ragionavano,
bora
bora in presenza di quella ed
intelligente
tutto
ne stava... ove sempre erano signori
e gentilhuomini, che
condo
tre
(^)
più
col
più viva solleci-
colla
tudine capilavori d'arte moderna e geniali imitazioni d'arte antica
(^).
tnre ove
1'
recava
si
caldi, scrive
a
si fatta
(')
ancora
estate « per fuggir gii intensi
il
Bandello, che
stagione per
Randello,
nelle villeggia-
Altrettanto
lo
stagnar
Parte
Novelle,
de
Nov.
I,
in
l'
30.
Mantova
acque
si
Dedica
al
marchese Pirro Gonzaga.
(2)
Non
dovette essere compiuto che verso
Vedi M. Minghetti nelle sue Donne
Arti al secolo
(3)
XV e
XVI.
Gian, Pietro Bembo
—
e
italiane
il
nelle
1527.
Belle
N. Antologia^ giugno, 1877.
Isabella
rico della Leti. Ital. Voi. IX.
Gonzaga in Gior. Sto-
—
bora
leggendo,
dolcissimi
suo
è
bora disputando,
musici
ed
piacevoli
(come
diportandosi
sentono,..,
—
99
ed
cantar e sonare,
giuocbi facendo »
bonesti
costume)
bora sentendo
bora
altri
(^).
Nes-
sun' arte gentile, nessuna forma di cultura è estra-
nea a
questa
gran
lettere latine e volgari e di
dei cui eroi
rati, col
amantissima pure
donna,
romanzi
appassionatamente con
discute
Boiardo
Visconti, col
tende a sbalzi, com'è
il
Alle
(").
solito delle
d'interruzione
Bandello,
(1)
Giov,
hanno sempre mille
(^).
lettere at-
diversi pro-
diversi motivi
Pure anche novellare elegante-
Novelle.
Parte
Nov.
II,
(2)
Archivio Sloi: Lombardo.
vico e Beatrice Sforza. Si
XVII. Lezio e Ke-
Voi.
d''
Este Gonzaga con Ludo-
provvedeva
di
In
una sua lettera a G. Brognolo del
lo
incarica di cercarle libri:
prosa, che contengano
«
batalie,
tanto
libri
17
iu
Instorio
Franza
»,
Vedila nel
rima quanto
et
in
fabule, cussi
li
jìaladini
Lezio, / Precettori d' tabella
d' Este.
/ Precettori d'
a Venezia.
settembre 1491,
de moderni, come de antiqui et maxime de
(3)
Dedica a
5.
Giacomo Calandra.
NIEK, Delle Relazioni d' Isabella
di
lette-
gran signore,
e delle più ingegnose, cbe, fra mille
positi di studi,
di
di cavalleria,
Isabella.^ op. cit.
—
mente
le
—
100
gradisce e sentendo narrare qualche bella
strana avventura, non
raro che
è
Madama
abbia a scrivere: «
me
a
Randello
il
rivolta
mi
disse:
Randello, questa historia è una di quelle che non
istarà
male
—
perchè
Il
fra cotante
io le
si
si
avea palesemente
oscenità
feste Ferraresi
mostrato
d'
sciatori e signori,
lezza descrive
(1)
Bandello,
le
le
ma
nozze
la Corte,
disgusto per la
suo
il
per
tutta
di
stata lodata
che assistevano
questi
di
il
E
una commedia Plautina, che
rappresentava, e n'era
Molti altri
».
narrano, quand' essa non
di Lucrezia Borgia, in presenzi
si
(^)
scrivi.
dà arie di casta Penelope,
pur quella che nelle
triviale
giornata
troncano quando essa ritorna, per-
si
chè Isabella non
è
la
promisi di scriverla
troppo scurrili, ripeto,
è presente, o
che tu a
Randello
centri
:
fra
Novelle. P. IV.
(*].
di
i
piìi
Nov.
da amba-
2.
colta
socievo-
curiosi quello
Dedica a Luigi
Gonzaga.
(")
Archivio Stor.
Ital.
Voi.
2,
Serie
Notizie su Isabella Estense. Luzio, /
1."
Append. D'Arco
Precettori., ecc., cit
dove riporta una lettera 9 gennaio 1502 del Capilupi, che
accompagnava
la
Marchesa.
—
Gallerani, che
Cecilia
di
moderna
col titolo di
non
era, se
—
101
Bandello
il
Saffo
ma
('),
che
favorita di Lodovico
la
magnifica
non
altro
Moro. Essa
il
pure, fosse in Milano o in villa o ai bagni d'Acquario « per fortificar la debolezza dello stomaco, era
di
continno da molti gentilhuomini e gentildonne
visitata sì
per
signora che
come
è,
Milano
in
tetti
ed
i
pittori
i
musici
disegnano,
naturali questionano, ed
i
compositioni recitano; di
di verlù [qui
d'
pure
ab uà ingegnosa)
il
udir disputar
si
la
che
(1)
Bandello,
(2)
Dell' assoldare.
do
più
com-
sua
in
filosofi
i
i
stréuneri,
di
l'arte del
cantano, gli
de
archile
cose
poeti le loro e d'altrui
modo che
parola
è
che
Novelle. P. IV,
ciascuno che
adoperata
di verlù
diletti, truov;i
al suo appetito, perciò
dì
il
e
militari
verluosa
e
tutto
sono
ritruovano,
si
ragionano,
(')
che
Milano
di
pagnia. Quivi gli huomini
soldo
piacevole
altresì
ingegni
elevati e belli
che
quella
esser
o
cibo
sempre
Nov.
18.
nel senso
ragionare od
convenevole
a la presenza
—
di
Heroina
qaesta
102 -.
cose
di
gentili si ragiona »
piacevoli, vertuose o
(').
Alle « honorate e sontuose
milla Gonzaga col
Marchese della Tripalda,
convennero «
quali
luoghi
di altri
nimenti
Lombardia, del
di
d'Italia
Baroni e gran
»,
letterari e musicali, si
ridere »
(').
li
alle
Regno
oltre
a' soliti
tratte-
trovarono « gioco-
quali assai fecero gli spettatori
Questi piacevoli personaggi spesso
gurano nella
vit;i
e
Gentilhuomini,
segnalati
personaggi
latori e buffoni,
nozze » della Ca-
di
società,
fi-
rappresentata nelle
novelle del Bandello, e di parecchi dei più celebri
dice
il
nome:
del Calcagnino giocolatore, che bef-
fava tutti e non poteva sopportar esso
cola beffa
(^),
del
(1)
di
più pic-
Gualfenera, del Gonnella (pro-
morì per
la
un' atroce burla fattagli dal suo signore
{*],
nipote di quello
paura
la
Baxdello,
Boccaccio) che
del
Novelle. P,
I,
'^ov. 21.
Dedica
allo Sforza
Bentivoglio.
(2)
Ibid
Marchesa
(3)
(•<)
di
Ibid
P. IV,
Nov.
5.
Dedica ad Antonia Bauzia,
Gonzaga.
P.
I,
Nov.
3.
Dedica a Scipione Attellano.
Ibid. P. IV, Nov. 17, 26.
—
103
Bergamo
del Fracassa da
Bergamo
in cui
(^),
Napione volle ravvisare
il
dando
dell'Arte, l'Arlecchino,
di
tal
il
Bandello
il
se
si
un
una trovata
non una formazione
da cui forse
me-
il
come
fatta potesse essere
letteraria istantanea, e
e successiva,
al
invenzione f);
questa pretesa
comico
tipo
Gandino pure da
famosa maschera della commedia
prototipo della
rito di
del
(^),
lenta
sentì invece inspirato
Bandello a quell' aurea sentenza, che
ben po-
trebbe servir d' epigrafe sintetica ad un gran teatro
ad un gran novelliere, qual' è
comico
il
e con cui comincia e finisce la novella di Ser
dino Bergamasco:
«
Questo
mondo
è
suo,
Gan-
una gabbia
piena d'infinite e varie specie di pazzeroiii e molti
di coloro,
sono
i
i
quali
più pazzi,
pensano
si
come
testimonii chiaramente
mostruosi
I
nei
quali
vede
si
portata
è
del
».
secolo
Ibid. P. IV,
(2)
Ibid. P.
(3)
Piemotifesi Illustri.
I,
l!Jov. 24.
Nov.
precedente,
un congegno,
scattano portenti e maraviglie, e fra
(1)
più saggi
i
a le opere loro senza altri
banchetti
ogni
essere
34.
Tom. V.
1'
una
d'
onde
e l'altra
-
s'
hanno
intermezzo
per
spettacoli,
104
cedono
il
danze,
musiche,
lotte,
XVI
meno
luogo nel secolo
a
affaticanti magnificenze.
Bianca
Milano
d' Este,
per
certe
vedova
sue
Sanseverino, venuta
da
è
liti,
a
signoroni
molti
« accarezzata e festeggiata con sontuosi banchetti,
musiche ed
« Questo, avrà
cliente!
paga! »)
desinare ed
una cena
dunque più un
ricordano.
detto
Ma
luculliana.
accessorio
è
il
chi,
gli
sé,
chi
so
le
diede un
non
cibo
Il
buongustai
i
che
lo
d' estate,
se
in
è
ne
città,
gl'invitati stanno insieme
giorno e a mezzodì hanno già ballato, sen-
recitale
tito
e
notevole
con un caldo soffocante,
tutto
fra
da Scipione Altellano, che
e
Fra
».
avvocato. Benedetto Tonso, (povera
dal suo
altri,
honesti intertenimenti
altri
una
dopodiché
farsa e fatti molti piacevoli giuo-
si
mettono a novellare
(').
In Verona, Cesare Fregoso, generale della Serenissima, ospita
gentiluomini
Veneziani, che van
in città, ora a
(1)
magnificamente
Bandello,
Garda presso
Noveìle. P.
Baldassarre Castiglione.
I,
il
i
Veronesi
44.
i
capitando, ora
Lago. Quivi
Nov.
e
Dedica
i
al
Freconte
goso hanno una
sima. « Vi
si
detta
villa
una
l'
desinare e una
dello descrive
un
tervengono
bellissime
«
gentilhuomini
e
e bel-
sponda Pomona,
e l'altra
pomposamente adornano
e Flora
mariti,
Montorio, splendidis-
gode l'amenità del pescoso
lissimo lago, che ne
Bacco
105
». Il
Ran-
cena, a cui in-
dame Venetiane con
e
dame Veronesi
».
i
11
desinare fu bellissimo. « Oltre le carni domestiche
vi si
mangiarono
gelli
come
tava,
mescolando variamente, secondo che conve-
di
tutti
quei selvaggiumi, così d'au-
quadrupedi, che
la
stagione compor-
nevol pareva a Messer Antonio Giovenazzo, maestro
di casa, di tutte quelle
maniere
di pesci,
fontane in abbondanza fanno, con
produce
—
i
il
famoso Benaco
». Il
i
che quelle
più delicati, che
gusto già
si
raffina,
cuochi non sono più servidorame anonimo, e
spunta già un precursore dei Vatel e dei Brillat-Savarin.
Ma
anche qui
è notevole
che questa
lieta bri-
gata a mezzodì ha già fatto un' infinità di piacevoli
giuochi, ha
ha inghiottito
(1)
ballato
lutto
Banbello,
cesco Torre.
senza
curarsi
del
caldo,
quel po' po' di grazia di Dio
Novelle. P. II,
Nov.
10.
ed
[').
Dedica a Fran-
—
106
—
sua moglie Ippolita
Alessandro Bentivoglio e
vanno
Rò
dai
in villa
BorgheUo
al
due giorni con gran comitiva. «
desinare, essendo
il
d'Austro spirava)
in
una gran
e vi stanno
secondo dì dopo
Il
caldo grandissimo (che
ridusse
si
sala di quei
vento
la
compagnia
che
vi sono, la
tutta
Palazzi
il
quale era assai fresca e guardava sopra un molto
grande ed ameno giardino
lunghi,
buon
con
che sarebbero
bastanti
In
sala
cavallo.
quella
pergolati
chi
d'ogni
corso
al
tanto
ragionava, chi
giuocava a tavoliero, e chi a scacchi, chi sonava,
chi cantava, e chi
grado
».
Ippolita
l'Araanio,
e
tenendo
faceva
chiama
il
Cittadino,
in
mano un
il
che più
ciò
a
quattro
sé
Castellano e
Vergilio, al sesto
il
gli
era a
letterati,
Bandello
deìV Eneida,
legge alquanti versi e propone e con quei quattro
discute dubbi e qnesiti
(').
È
società del
la
Rina-
scimento cólta sul vivo. Pare che nulla manchi a
questa superfìcie
levigata,
elegante,
«juesta intimità bonaria, in cui
(')
Ibid. P. II,
severino.
Mov.
55.
si
socievole,
a
trovano accomu-
Dedica a Margherita Pia San-
—
—
107
perchè
nate classi diverse,
l'organismo dei governi
lettere,
r avvenimento della borghesia,
che
il
ed è cosi che
di cui
è
si
segnano
signorili
è già stato fin dal secolo antecedente
cipali fattori,
ricchezza, le
l'arte, la
1'
umanesimo
uno
dei prin-
composto quello,
Burckhardt chiama l'uditorio dei novella-
tori del
Cinquecento.
Ciò che divenga
in
questa
società
vecchio
il
ideale cavalleresco dell'onore e dell'amore; a che
mescolanze
e,
per dir meglio, a che confusioni dia
luogo, a che inaspettate conclusioni
riesca, è
im-
portante conoscere e nulla può rivelarlo meglio di
certe novelle del
Bandello.
voia s'innamora
per
gtiuolo.
Una duchessa
di
Sa-
fama d'un cavaliere Spa-
Per poterlo vedere
si
finge malata, d' ac-
cordo col medico di corte, e guarita per un falso
miracolo di S.
Giacomo
di
Gallizia,
ottiene dal
marito di andare in pellegrinaggio per ringraziare
il
santo.
L'amore
e la devozione s'aiutano e tutto
va a seconda, finché gli amanti sono bruscamente
separati; la
poco
Duchessa
di poi alla
di
nuovo a Torino;
guerra; essa reggente ed
il
il
Duca
capo
del Consiglio di reggenza perdutamente invaghito
—
108
—
Essa lo respinge ed
di lei.
detta fa trovare
Duchessa
l'accusa.
per ven-
proprio nipote nella stanza della
il
mano
e di sua
zelante
strarsi
malvagio
il
dell'
lo uccide,
onore del Duca
La misera donna dovrà
un anno
adultera, « se fra
a fine di
campione che combatta per
lei
avvalorare
e
esser arsa
un
e
dì
mo-
non
come
ritrova
Sta per spirare
».
il
termine fatale e nessuno s'è presentato, quan-
d'
ecco giungere
combattere per
(le
donne! non
cavaliere Spagnuolo.
il
vuol
lei
si
Prima
uomo prudente
però da
sa mai!...) accertarsi
nocenza della Duchessa e senza che essa
nosca,
si
fìnge frate
e ascolta
Fattone certo, combatte,
Scompare
libera.
ignoto, e la
sua
la
uccide
di
l'
della inlo rico-
confessione.
accusatore e
la
Duchessa non crede
a tanta fedeltà, finché rimasta vedova e tornata in
Inghilterra,
viene
tutto
alla
si
cui
di
corte
scopre, e
matrimonio
era
con
l'
nativa,
il
bel
cavaliere
un ambasceria Spagnuola,
amore ha un
felice
fine nel
(').
E
impossibile, parmi, mescolare
(')
Bandello,
Novelle. P. II,
Kov. 44.
maggiormente
—
—
109
tempi, costumi e sentimenti
cavallereschi
che
più
liani, e circostanze,
del cavaliere,
ita-
più spic-
falso miracolo, la falsa
il
Duchessa,
coli'
che
più
e
accorgimenti, ironie
sua equivoca virtù,
la
dell'accusatore,
la scelleratezza
disparati: ideali
medievali
catamente cinquecentiste:
devozione della
più
eroismo
cauto
il
innamoramento per fama
alla
Giuffrè Rudel, col pellegrinaggio amoroso, con la
lunga
fedeltà,
con l'accusa sventata mercè
di Dio, manifestatosi nella punitrice
dino. L'ideale cavalleresco
zolo,
un ornamento
non
di racconto;
che un fron-
resto è
strappa
di
all' italiana,
il
velo a
Trento,
che
il
vero,
XVI,
e odora di moralità principesca del secolo
religione
giudizio
spada del pala-
è più
il
il
di ribellione protestante,
menzogne,
tante
ripara
almeno
o
agli
di
che
di Concilio
scandali più
prominenti.
Peggio è nel racconto
di
monsignor Filiberto
da Virle, che per amore
di
Madonna
mette star muto
per tre anni. Entrato
del re di Francia, questi
grossa
somma
vita a chi
non
a
chi
riesca.
Zilla pro-
in
favore
assegna per bando una
guarirà
Filiberto,
L' andare
della
pena
la
novella è
—
donna è onesta
cavalleresco; la
liere
difficile
poetico,
quando
Madonna
sciupacchiare
amor
ch'essa
bensì,
valleresco,
dal
ed
re,
in
mazza
ma
in
e'
Costui
tale
racconto e
a
dure
mori ed
egli le
guanto,
ad
prove
(').
ideale ca-
E dove
serraglio di leoni.
fantastica,
che vuol
cavaliere,
Il
cinque
sette, poi di riportarle
da
fi-
Don Giovanni
l'amore d'un
arte o a caso,
Bandello.
un
l'
esige.
pendio
il
di recargli la testa di
ne reca
nella fossa dei leoni.
(1)
in
d'una donna
prima imponendogli
la
una donna am-
per amore di
mori ed entra
Trattasi qui pure
mettere
motivo
ch'essa
veramente
è
che malamente svapora
sette
il
concedersi
il
nisce questo ideale nella novella di
Emanuel?
lei.
accordo colla ritrosia di
esperimento,
e col bizzarro
morale del secolo
Ma
di
per indurlo a parlare è un
fa a Filiberto
è punita
piiì
cava-
non pensa che a guadagnare
Zilia
mercato non punto
prima
di
il
ricompensa di tanto sagrifìcio
in
somma promessa
grossa
Ne
e ritrosa;
ardente e pronto a tutto per
sarebbe
vii
110
lei
lasciato
un
cadere
fondo della novella è ca-
Novelle. P. Ili,
Nov.
17.
—
valleresco, se
non che
vanni riporta bensì
assesta
non
prenda a
alla
seconda prova
guanto
il
un
tempo
pari
in
—
Ili
alla
ceffone,
le
affinchè ap-
preziosa
la
morale giustissima,
cavalieri; correzione
vita dei
ma
crudele,
per giuoco
rischiare
Don Gio-
ma, come pedagogia amorosa, più da facchino, che
da cavaliere
(^).
Queste mescolanze sono nei costumi del tempo
e per conseguenza sono nella
mescolanze e in pari tempo
tore;
dall'
mente
un
suguali
de'
e
lati
per
Io
i
che
dimostrare,
d'
di
Bevilacqua con una
quali
non son poi un
ricca
un Borromeo con una
dote, ri-
fornaia,
una contadina, d'un
sei'va (^); e dall'altro lato gli
fanno dimostrare nel caso delia
Ibid. P. Ili,
i
Galeazzo Calvo Marescotto
del Marchese di Saluzzo con
(1)
contrasti,
sposa abbia
la
matrimoni
con un' ortolana,
novella-
fanno ridere dei matrimoni di-
finimondo, purché
cordare
del
Nov.
39. Il
sfìhichte der italienischen
Contessa di Cel-
Landau (Beitràge zar Ge-
novelle)
ricorda
a
proposito
di questa novella la liallata dello Schiller, intitolata:
Der
Handschuh.
(2)
Ibid. P. Ili,
Nov.
GO.
Dedica a Lorenzo
Strozzi.
112
d'una Greca ardente
figlia
lant,
plebeo,
sconsigliare
un gentiluomo
donna d'altro sangue
chessa d'Amalfi, che
gue
(^);
dall'
e
sposa
il
duchessa
della
du-
maggiordomo,
suo
due amanti per opera
dei
ammogliarsi con
quello
in
deve
quale
il
principesco,' vendicata
casato
l'offesa al
atavismo,
dell'
fatalità
le
d'un usuraio
e
dei
nel san-
fratelli della
(').
Questi due racconti del Bandello, tragici vera-
mente, aprono
novelliere.
fesa alla
Quanto
fedeltà
della
al
coniugale
novelle. L' astuzia,
arma
il
(')
l'
impulso
alla
fedeltà
vedesi
ora
offesa
tema
alle
più allegre
come una
giusta rap-
questa del resto è tradizione di
Basdello,
d' Este,
Novelle. P.
marchesana
di
Nov.
Ibid. P.
(3)
Ibid. P. II, Nov, 12.
I,
I,
Nov.
Mantova.
(2)
26.
of-
dei deboli, in tal caso, se
usata dalla donna, è lodata
Ma
1'
essere vendicata colla
(^),
coniugale e fornire anzi
suo
nel
matrimonio, ora vedesi
scusare ogni
sensualità
presaglia.
appariscono
quali
le
crudeltà
selvaggia
pili
a considerare altre contrad-
la via
dizioni del tempo,
4.
tutti
Dedica a Isabella
—
113
i
comici e novellatori
nostri
A
cento soltanto.
da notare
s'
quanto
altresì
che
concetto
proposilo
vendetta
della
ma
della
quali
ormai
pubblica
e
di
Geliant,
('),
che
il
esempi,
di
sopra,
quale,
la
il
privala
del
(^),
due accennati
i
contessa
cesso, sul patibolo
d'
racconti è
lontano dal nostro
per
dopo un pro-
l'assassinio dei propri ganzi finisce,
duchessa
Cinque-
del
Randello offre mollissimi
del
basteranno
quello
dei
Rinascimento
aveva ancora nel
novelliere
sia
non
e
e quello degli uccisori della
Amalfi e del suo amante,
i
quali in-
vece, a vista dello stesso Bandello, (questa novella
è
una
sotto
pseudonimo
il
stesso
più
delle poche, in cui mette in scena sé stesso
Bandello « a
loro parve
a
di
Delio) a vista,
lor
dello
andarono ove
beli' agio
proposito,
dico,
non
essendo chi
ci
volesse prendersi cura per via di giustizia di cacciargli » C).
(1)
Cf.
Fekuai, Loremino de' Medici
e
la
Società corti-
giana del Cinquecento.
(2)
Vedi pure
(3)
Di dar loro
Masi.
la INovella
la caccia.
33 della P.
Novella
cit.
II.
P.
I,
Nov.
20.
I,
CAPITOLO
La Novella
degli
Le due novelle
VII.
AmaDti Veneziani.
Bandello
del
sono dive-
clie
nute più celebri pei rifacimenti dello Shakespeare
Byron sono quelle
e del
di
Ugo
Parisina.
e
Romeo
Giulietta e
di
Quest'ultima
Bandello
il
raccontare da Bianca D'Este Sanseverino,
marchese Niccolò
del
rito di
III d'Este,
immediata
d'Este
Un
(M.
ancora
e
paragone
tra le
Bandello e del Byron non è
zioni del
nipote
tremendo ma-
della novella
italiana;,
Eandei.lo, Novelle.
Op.
vivace
cit.
si
ma
P.
I,
in
casa
due narrazioni del
possibile.
grande poeta inglese sono
momento. Egli ricama,
(')
fa
Paiisina, mostrando così di attingere dalla
tradizione
lerti.
il
e
può
di
Le
altera-
ben poco
dire,
sull'ordito
chi ricorda
quella su-
Nov.
44. Vi.
Angelo So-
—
blime creazione,
in
quella descrizione
tremante,
Parisina
cui
colloqui d'amore; quella
confessa
quasi
suo
il
l'uccide
—
116
delitto,
col
solo
giardino,
del
convulsa,
s'
sognando,
notte, in cui,
ed
inoltra ai
marito l'ascolta e
il
fulminar dello sguardo,
che risplende nel buio della stanza nuziale; quel
giudizio solenne, a cui essa assiste immota, smar-
occhi aperti e fermi, mentre l'amante
rita e cogli
come un arcangelo
e figliastro s'atteggia
scacciato dal suo paradiso; quel
che vede
estremo supplizio
l'
condannata ad
lazzo ducale,
ziante,
il
assistervi
tramonto di
di
da una
donde scoppia
ribelle,
Ugo,
sole,
e Parisina
del pa-
finestra
un grido
così stra-
che chi l'udì pregò Dio fosse l'ultimo per
cuore,
da
cui era
tutto quel piccolo e
uscito,
gone né
tratta nel
che
ripeta,
v' è
dolore e d'amore,
possibilità
aggiungere
dei
quali dà
che
altresì
presente caso di due sentimenti
uno
di para-
né con chicchessia.
é giusto
affatto opposti, d'
la poesia
non
col Bandello,
Comunque,
ricorda,
stupendo dramma, così rapido,
cosi incalzante e così pieno di
deve convenire
chi
si
artistici
piena ragione
romantica byroniana, e dell'altro
il
na-
—
117
turalismo prosaico del Bandello,
sua grande potenza e
la
come
in
tutta l'energia
ciò,
Ma
differenza so-
che nella poesia del
morale della passione
mentre nella novella del Bandello
in Parisina.
dato
il
come
arte in sé e
Una
suggestione di un'arte diversa.
stanziale sta
quale ha pure
il
Byron
in
è
Ugo,
è per contrario
fondamento comune d'una
Bandello quanto
passione violenta, che, tanto nel
nel Byron, trascina matrigna e figliastro al delitto,
Byron c'è
nel
il
colpo
fulmine
di
l'amore che scoppia spontaneo,
proco, e a cui è forza cedere
romantico,
irresistibile, reci-
come a un
destino;
nel Bandello invece c'è la prepotenza dell'istinto,
che
in Parisina cresce a
stringe
nelle
spire
poco
infernali
a poco, e
della
avvolge e
seduzione un
giovanetto sensibile, a cui sottrae via via
bertà
d'arbitrio
quello che
d'
e
piìi gli
di
resistenza.
Scelga
ogni
li-
ognuno
piace di questi due svolgimenti
un identico soggetto.
A me
basta dire
che nel
Bandello (e non credo d'esagerare) è mirabilmente
potente la gradazione, per
cui
la
nella donna, invade a poco a poco
e di piccola favilla
divampa
in
passione, nata
anche l'uomo
incendio divoratore.
—
118
Più largo campo a
offre la novella
origini
si
perdono
Ero
e
poeta
il
i
divisi dal
quali dopo
soccombono o
trionfano,
La morte apparente
per narcotico
mezzo
della leggenda
savio
re,
La saga Brettone
(')
che
degli
questo
si
se
ne
rias-
amori
di
racconto di
umana
cru-
d'avventure
serie
romanzo greco.
al
donna per infermità nadiffonde in Occidente per
Salomonica della moglie del
morta per fuggire
fintasi
nel CUges di
risale
della
turale
Tisbe, Tri-
destino o dall'
una lunga
il
studio su Gaspare
quattrocentista
che
ed
amori
tre
e
Renier,
bello
Darla Q), ricorda
due amanti,
deltà,
Rodolfo
Le sue
(').
nei
traccie
indole
tempi
dei
Piramo
Leandro,
(^).
di varia
Romeo
notte
prime
vicende nel suo
le
Visconti,
Paido
nella
le
e
stano ed Isotta
sunse
questioni
di Giulietta e
Siinrok ne vede
antichi di
—
ne impossessa e
coli'
Cristiano di Troyes
IJaxdkllo, Xovelle. P.
II,
Nov.
nel
9.
amante.
trovasi già
secolo XII.
Dedica
a
Giro-
lamo Fracastoro.
(-)
SiMROK. Die
qitellen des
Shakespeare.
p) Archivio storico lombardo. Serie seconda, voi. HI,
anno
188(3.
—
Passa in
Luni
dall'Alberti
riferita
(la
(')
—
forse per inflasso
Italia,
tradizione
119
che
città
i
normanno,
rovine
sulle
rioUo
nuova forma nella novella
sotto
Giannozza
e
XV
poemetto
durante
il
Gaspare Visconti, donde
di
XVI,
secolo
si
Ma-
di
Salernitano e nel
Masiiccio
di
di
Normanni, approdando,
scambiarono per Roma:; poscia nel secolo
elabora
colla
trasmigra,
nella Giulietta
e
Romeo
di
Luigi da Porto del 1524, nella Clizia di Gherardo
Boldiero del 1553 e nella novella di Matteo Bandello,
forse
scritta
stampe nel 1554
Questo
coli'
ma
divulgata
per
le
edizione del Busdrago.
cenno della lunga
strada,
che
la
ma-
prima
di
una novella ha percorso innanzi
giungere
al
Bandello, ho riferito
teria
di
prima,
meno
altre,
delle sue
novelle,
ch'egli non
e
una
per
al-
può valere per molte
inventa, bensì
raccoglie e rifa
dalla tradizione novellistica popolare.
Ma appunto
perciò non so spiegarmi le
Milan
Todeschini, due
critici
della Giulietta
Romeo
(')
e
furie del
valenti,
del
Descrittioiie di tutta Italia.
Da
i
quali per
Porto,
se
e del
amore
la pi-
—
—
120
gliano col povero Bandelle, lo trattano di plagiario
maligno, e
O
Io
colmano
che cosa entra qui
distanza
stesso
di
tempo
contumelie
di letterarie
il
Se
plagio?
a
ripigliano
tanti
argomento, ciò non altro
tratiare
lo
come ha
significa,
notato bene Giuseppe Chiarini
breve
così
a
(').
suo dotto
nel
la-
voro sulla tragedia dello Shakespeare, se non che
XVI
nel secolo
storia
la
era diffusissima in Italia,
tarla letterariamente
provarono
in
furono
molti,
e
che
e
primi
i
poiché
il
Da
Randello erano non solo contemporanei,
e
una novella
Luigi
(1)
Da
tizie su
un'altra a
(^),
Romeo
si
Porto, e
il
(-).
ma
amici,
Gherardo Roldiero
Da Porto
e la
("),
novella di
a cura di B. Bressan, premessevi le no-
Luigi da Porto di Giacomo Milan e seguite da
critiche
lettere
Le Monnier,
(')
trat-
del Randello è dedicata appunto a
Lettere storiche di Luigi
Giulietta e
due
Porto
a
Ci
Italiani
gli
Romeo
e
Giulietta
di
del
prof.
G.
Todeschini.
Firenze,
1857.
Chiarini, Rotiieo
e
Giulietta
in
Xuova Antologia.
Serie III, voi X. 1887.
(3)
La novella
(i)
La
Giulietta e
diero.
23 della parte III.
novella 11 della parte
Komeo
al
II.
Nella dedica della
Fracastoro nomina un altro Bol-
—
121
e questi nel novelliere
d'
una
terza novella
Bandelle
del
quale
la
('),
è narratore
non
è
non
se
|
un
medesima leggenda
altro aspello della
stanze,
che né
ch'io
sappia,
il
Milan, uè
non già
slesso tenia, e
Non
sta
kespeare
è
il
fatto
in favore del
tragedia
la
dello
Sha-
più prossima alla sua novella che ad
diversità che,
tutto
italiane,
fonti
francesi
è
idealità
come
con una
tinta
che
è
novella
un
una
la
Bani^ello, Novelle. P.
no-
prosaica,
avventure
realtà,
benché
uno svolgimento
ed
di
non aveva mai avuto
Ma non
altro
nella
naturalezza
di quelle strane
romantica
la
poesia,
alata
nell'Ariosto,
prima del Bandello.
prende
e
tutto
romanzesco
diventa,
particolari,
ed
mentre nell'opera del grandissimo
Bandello
del
e lo stesso
(1)
ma
adoprale forse dallo Shakespeare, con
inglesi,
ripeto,
gara letteraria sullo
di
di plagio.
che
ogni altra delle tante
vella
altri,
evidente
è
cosi
so a chi spetti la palma,
Bandelle
poeta
Todeschini, nò
il
hanno osservato)
qui d'una specie
trattarsi
(circo-
aspetto
II,
Il
Bandello,
della
leggenda
basta.
Nov.
41.
122
(tanto la studiava e n'aveva occupata la fantasia),
prende quello cioè che variamente apparisce nella
Catalina Gaccianemico
maritata contro sua
il
colpita
voglia,
amanti Veneziani, Elena
E
veritcà dei contrasti
e di
mare,
la
i
drammatici
canali,
nave
di
vedonsi
le
i
si
aggiunge
sente,
pii!i
che
del
funerale
di
ad un tempo, che
lo i-ende
gli antichi.
(')
sei
mesi
e
di
Elena,
Ban-
il
non sappia esprimere, per
un inconsciente presentimento, romantico
turalista
pit-
il
mentre annotta,
portata al sepolcro, tutto un insieme, che
dello
ro-
suoi palazzi, le sue
Gerardo, che dopo
faci
al
suo orizzonte di laguna
il
di viaggio rientra in porto,
lontano
in cui
alla sentimentalità, alla
toresco dei luoghi, Venezia,
ponti,
la novella degli
Gerardo,
e
manzesco delle avventure,
i
morte ap-
sepolcro risveglia-
nelle braccia dell'amante.
chiese,
di
donna
la
giorno stesso della cerimonia nuziale e
dalla spaventosa solitudine del
tasi
e nella
(^)
Ginevra degli Almieri,
storia popolare di
parente
Boccaccio
del
Decamerone, Giorn. X. Nov.
4.
e
moderno
nafra
—
novella
Qiiesla
nonostante
che
ha
Amanti
degli
ma
fra quelle
altresì
un che
inconseguenze
certe
non
di
particolare,
in
certi vuoti e
e
finito,
contraddizioni,
e
originali,
novelle in ge-
le
Randello
del
però
Veneziani
veramente
potenti
parti
distinguono non solo fra
la
nere,
le
—
123
e
nell' in-
sieme un'aria d'abbozzo, che sempre più mi con-
fermano codesto
diversi
una
tema
il
come
specie,
di
dissi,
e
Romeo essere
gara
letteraria
stata
fra'
no-
contemporanei.
vellatori
Checché
vero è
GiidicUa
di
aspetti
sotto
trattare e ritrattare
sia dì ciò,
già persino
da bel principio
il
lo
nel
studio
colorito
del
leale
e
del
storico, che, sino
Bandello pretende
dare
al
scriv' esso,
si
di
suo racconto.
« Nell'inclita
trovarono
blici
due
città
di
Venezia,
(come per
gentiluomini
pub-
documenti del severo Magistrato degli Av-
vocatori del
Comune
fin
oggidì
si
può
vedere)
quali, dei beni della fortuna abbondevoli,
i
i
loro palazzi sovra
rimpetto
all'
uno
il
Canale
l'altro.
chiamava Mes. Paolo,
il
Il
t^rande,
avevano
quasi
padrone dell'uno
quale aveva
i
disi
moglie con
—
una
figliuola ed
un
—
124
figliuolo senza
che Ge-
più,
rardo era detto. L' altro gentiluomo era chiamalo
Mes: Pietro, che d'una sua moglie
non
trovava, eccetto
si
dici in quattordici
una
sola
il
cui
anni
(
che fuor d'ogni credenza
dì
crescendo
in
era
altri
figliuoli
fanciulla
di
nome
Elena
fu
bellissima,
mirabilissimamente
età,
tre-
)
ogni
e
sue
le
native bellezze accresceva. »
Gerardo,
giovinotto
stava suir amorosa vita,
tica galante,
per
montava
fante
cui
circa
di
teneva
vent' anni,
che
certa
pra-
allora
quasi ogni
«
gondola e passava
in
dì
il
con
suo
il
canale, en-
trando in un canal piccolo, che radeva la casa del
padre
ne
Elena, e sotto
d'
passava,
questa
tempo
facendo
muore
il
madre
la
padre
suo
il
di
lei,
solito
cino
e
viaggio.
»
Mes: Pietro, impensierito
era
rimasta
la fan-
prega un altro gentiluomo, che abitava
avea
quattro
pagnia alla sua.
vispe
e
allegre
domeniche venissero
consentire che le
«
Facevano
quando erano insieme,
In
Elena e dopo alcun
di
della trista solitudine, in cui
ciulla,
d' essa casa se
finestre
le
le
di molti
vi-
figliuole a
a far
com-
cinque giovanette,
giuochi convene-
—
—
125
giuoca-
voli al sesso e all'età loro; e tra gli altri
vano
di
alla forfelta,
che
palla
si
che intendo che era un giuoco
gettavano
una
1'
all'altra; e chi la
lasciava cader in terra senza poterla
s'intendeva aveva
gliare, quella
nialo
diciasette in venti o
d'alcun
tre, e tutte
ventun
forfetta, ora
1'
onde
una ora
insieme correvano
innamorati loro ed
c.inale passavano. Il
e
ai
non mezzanamente dispiaceva
né ancor provato aveva
Elle,
a
cui
per
le
molto
vista degli
amanti loro che
curandosi,
stavano
fiori
od
altre simili
sovente
nel
l'altra e spesso
lo
che ad Elena, che semplicis-
rose,
usato.
erano
tutte
che in gondola per
altri
era,
ritirandole
d'età di
balconi per veder
sima
turbava,
pi-
e per-
fallo
sorelle
anno,
innamorate,
giovine
giuocar della
gli
fatto
giuoco. Erano le quattro
il
nell'aria
ferme
fiamme amo-
le
e
se
forte
vestimenta
al
ne,
giuoco
più di gioia recava la
la
alle
cosette,
palla,
poco
finestre;
d'
Elena
e
talora
secondo la stagione,
gettavano agli innamorati loro, quando passavano
per di sotto
una
ai
balconi.
Avvenne che una
festa
delle quattro sorelle, molestata da Elena, per-
chè non
si
voleva levar dal balcone, così
le disse:
126
Elena, se tu gustassi parie
cere,
che noi gustiamo a
finestre, alla croce di
come
volentieri
vi
tu
ma
non
mercanzi?.
che
parole
a
pure a chiamarle
fanciullescamente
cu-
ti
una semplice gar-
tu sei
Elena, non mettendo mente
dicessero, attendeva
e
dimoreresti così
ci
intendi ancora di questa
t'
pia-
qui a queste
trastullarci
Dio!
nostro
stiamo noi e punto
reresti della forfetta;
zona e non
questo
di
se
al
Venne una
molestarle.
le
giuoco,
festa,
nel cui giorno, impedite per altre cagioni, le quat-
non poterono venire,
tro sorelle
Elena. Del che
s'affacciò
rimasa
ella
ad una delle
petto alla casa delle
diportarsi con
a
che
finestre,
compagne
malinconica
e
trista
sovi-a
Quivi se ne stava tutta sola e dolente
varsi colle sue
consueta.
ciulla di
la
Or
tal
ecco che dimorando
maniera,
a' lor
sue
di
canaletto.
non
si
la
tro-
tempi
semplice fan-
avvenne che Gerardo con
vide
guardò £Osì_a
gendo, a quello
alle
il
dirim-
compagne, com'era a quei
sua barchetta passando,
finestra e la
era
la
caso.
fanciulla
Ella,
ciò
volse e con allegro viso,
compagne più
volte
innamorati, cominciò
a
alla
veg-
come
aveva veduto fare
guardarlo. Del che
—
127
Gerardo meravigliatosi (che
mai più a quella
forse
non aveva posto mente, o non veduta) amorosamente guardava
fosse
fare
lungo
di
molto andato
innanzi,
postole
Gerardo,
disse
quale,
al
quella
bella
come con
fantasia
lieti
bianti e cortesi accoglienze attentamente
giava?.... Finse Gerardo non
considerazione e disse
piano radendo quasi
dal balcone, ove
il
la casa.
giovine
vigando
soavemente con
come
vide
la bella
Non
la
Elena,
vo'
io
indietro
s'
vi
gio-
sem-
vagheg-
veder chi
e
va pian
era Elena levata
vide,
la
non
non aver avuto
le
fante:
al
è costei .... volta la gondola
ei
così
fante della barca:
il
mirala
caro padrone, avete voi
vanelta, e
pensando che
ella,
un giuoco, quasi ridendo riguardava
Passò via
lui.
ed
lei;
quale na-
il
sua barca scoperta,
così
con
lieto
viso
cominciò a riguardarla.
.... Ella, che allora
fano
fiorito all'orecchio,
gondola
fu sotto
odorifero fiore,
lasciò venir giù.
fatto
il
più
si
trovava
quello
vicino
giovine
al
pigliato
il
bel
modo
vago
garo-
come
levatosi,
balcone, lievemente
Gerardo, oltra
avvenimento,
un
il
la
bello ed
che
potè,
lieto di così
fiore,
ed
alla
—
giovane
—
128
condecevole
fatta
riverenza,
esso
fiore
più e più volte allegramente
baciò.
L' odore
vago
Elena
in così forte
fiore
e
bellezza
la
di
del
punto entrarono nel cuore del giovine, che ogni
che in quello ardesse,
altro ardore
si
smorzò, e con tanta forza
Elena l'accesero, che mai
non dico ad estinguerle,
a scemarle,
ramente
onde Gerardo
alla
vaga
che semplicissima
non
pure
.... di
fanciulla
era,
fiamme
le
più
ma
ed
fece
tratto
della bella
fu
possibile,
in
minima
parte
sé
stesso
intie-
Ma
ella,
petto
agli
dono.
ancora
il
amorosi aperto non aveva, quando Gerardo
strali
dinanzi alle finestre di
lentieri lo vedesse,
come
se
il.
lei
passava, ancor che vo-
né più né
meno
mirarsi insieme fosse
Frequentava ogni
dì, e
veniva
fatto di
veder
perciocché
jfesta,
lei
guardava,
lo
un giuoco.
stato
quattro e sei volte
l'innamorato giovine quel cammino,
in
un
in
Elena^
se
il
mai
né
non
giorno,
dì
il
gli
della
non essendo ancora
la fanciulla,
destato amore, riputava
i
giorni
del lavo-
rare
non
che
ardentissimamente amava, viveva in pessima
esser convenevoli al suo giuoco. Gerardo,
contentezza, non ritrovando
via
di
veder
la
sua
—
innamorata e meno
manifestar
gendosi
ma
struggevano;
meno,
non
piacere
quando
atti
sto,
ma
e più
Gerardo, che del
una
compagnia
scusa,
l'
festa
in questi termini,
ora
giuoco
entrare
alla porta.
intendeva.
atti
fosse
della vista di
a
Egli, alquanto
minciò a domandare:
cominciò
si
dalla
distorsi
dì,
pie per la via
d' essa
compa-
Essendo
sorelle.
prima era
casa
Per que-
forfette,
altra
lasciato
dalle
festivi
avvenne che un
amante a
in
cuore
nel
solamente.
delle
con
or
balia d' Elena, che
voler
lo
si
fondamento, come a Venezia dir
la
acerbamente
contentandosi
delle quattro
lo sconsolato
di
veggendo Gerardo, ed avria
di della
gne disturbata,
vedeva,
la
a lungo andare, sentiva
per non esser nei giorni
or con
sì
e strug-
ingegnava
s'
poco di simili
ella
piccolo,
il
festa
che poteva
voluto che egli venti volte
vedere,
ardendo
la
fiamme che
quelle
di
con parole o lettere
di poterle
prò,
con quei migliori
Non
—
suo amore: e così
il
senza
scoprirle
129
la
cosa
andando
di
terra,
o
costuma, vide
stata balia di lui,
Elena,
lontano
balia, balia;
e
picchiar
da
lei,
ma
per
la
co-
il
pic-
chiar che ella all'uscio faceva, nulla del chiamare
Masi.
9
—
130
onde essendo aperta
del giovine sentiva,
S'affrettava
ella entrò dentro.
giunger
chiamava
indietro,
voltatasi
vide
s'era saputo studiare di
giunto
tenutasi
com'
tosto
sì
di
quale subito
serrar
vi
era
non
menar
che fosse
i
piedi,
attese
Come
della porta, e quivi nel cortile
per alcuni servizi
porta,
tanto
porta,
giunse.
la
Gerardo, che
ella fatto aveva,
la
di
casa, e la
in
volendo chiuder
tuttavia. Ella,
pur
giovine
il
prima che entrasse
la balia
la porta,
scesa
perchè
il
giovine,
il
il
sul soglio
fu
egli
ri-
scorse Elena, che
abbasso,
o
fosse
la
soverchia allegrezza che ebbe di vedersele vicino,
per isvenimento
che che
se
ne
che
fosse
occupasse
gli
la
cagione, di
^veline e andò in angoscia,
che
il
cuore, o
tal
maniera
tramortito cadde
in terra, e così in faccia divenne pallido, che pro-
rassembrava
prio
insperato
ed
un corpo morto.
orrido
A
spettacolo la balia
questo
sì
ed Elena
smarrite ed una fante che con Elena era in corte,
cominciarono
tratta
da non so che, se
dosso,
via
piangendo
ed
ma
la
a
gli
chieder
gitlò
aita.
Elena,
piangente
prudente balia tantosto
la
ad-
fece levar
a mezza scala entrar in una camera: poi,
—
131
—
dimenandolo
postasi attorno a Gerardo, e
picciandolo,
chiamava per nome,
il
che nnlla rispondeva, dalla fantesca
dentro e chiuse l'uscio.
come quella che
giovine,
l'aveva
per
e
Pietro che
sero
1'
per
mabile:
udito
Amava
casa
Volle
giù.
il
aitata,
la balia lo
ed
era,
altri
tirò
svenuto
dolente
Mes:
intender
Pietro
la
tutto narrò. Egli,
che
cortese
soavemente levare
e portar di sopra, ponendolo sovra
ove usata ogni paterna cura
in
balia,
cor-
che
acci-
balia puntual-
cui
era, fece
famiglia,
della
a
gentiluomo
lo
dirottamente piangeva. Mes:
dente fosse stato questo,
mente
veggendo
e
del proprio latte nudrito
sospiroso pianto della
il
stro-
occorso caso sentiva dolore mesti-
questo
in
e
un
aita
e
il
pietoso
giovane
ricco letto:
di quello, e
veggendo che rimedio nessuno non giovava, deliberò farlo condurre in casa di Mes: Paolo, padre
del giovine; e postolo in gondola e fatto passar
canale,
mandò un
balia ad
messo insieme con
discreto
accompagnare Gerardo ed
far intender
il
caso
come
al
padre
il
la
di lui
era occorso. Mes: Paolo,
inteso l'incidente e veduto
il
figliuolo,
che morto
pareva, quasi che vinto dall'estremo dolore,
poco
132
mancò
non
ch'egli anche
sero le lagrime, che
che
gliuolo
sparse,
una
cora che egli avesse
non
meno
di
padre,
l'afflitto
della
madre
figliuola
che an-
già
maritata,
che
potè
gli
giovine abbandonar
il
minciò a respirare
vine,
la
e a
medici
che in
era
e
cori-
e
fecero,
smarriti
uno
spiriti
cercavano.
che
Così
Gerardo co-
poco a poco a
riaversi,
sé
ancora
gli
son qui: che vuoi?
in tutto
e
credeva
termine, tuttavia
la
forse
in sé e veduto dove era
esser
nel
chiamava,
balia
e
risponIl
gio-
rinvenuto non era,
immaginazione aveva che dietro
corso,
e
lingua snodare, così balbettando, di-
flgliuol mio, io
e nella
adunque
pianti
ceva: balia, balia. Ella che quivi era,
deva:
figliuolo
con ogni diligenza
attesero
pratico,
dopo molte fatiche tanto
come
;
giovine portato nella sua camera
ben
fi-
e di tutti quei di casa fu
con vari argomenti a rivocar
vitali
lamenti
Gerardo unico
cato nel letto. Quivi venuti alcuni
speziale
fos-
carissimo
innanzi
sommamente amava. Con
e quello
del
egli riputava
qaai
pietosi
i
modo
vedesse a quel
si
e
che un
ciascuno
pensilo
fece,
Ma
isvenisse.
alla balia
medesimo
ma
tornato
che padre e madre e
133
la sorella col rnarilo,
che
purenli ed amici
allri
il
erano chiamali, ed
siali
letto atlorniavano,
pendo per qual cagione (come
ebbe pure
occorso)
ricordava del caso
conoscimento che vide non
a parlar con la
balia
Per questo
prirle.
di
empì
mandalo
tutti
quanto
che
desiderava
noi
fastidio
suoi d' incredibil piacere.
di
modo
e
di-
mole-
E
do-
che cosa fosse
da' medici
quel
di
sco-
entrando
in altri parlari
padre e
dal
stata quello
i
tanto
si
esser quel luogo atto
cendo che più alcun male uè
stava,
sa-
non
che
colui
né
aveva afQitto e
l'
fuor di sé cavato, rispondeva noi sapere. »
Potè confidarsi
da solo a solo
fìnaliiienle
balia, iuìplorandola mediatrice
ai
alla
suoi amori.
Ma
viste
do-
quale delle cinque giovinette, da
lui
menica
Mes: Pietro, era
balcone della casa
al
di
l'amata da lui? Stabilirono
pertanto
colla
d'accertarsene la domenica
seguente.
Ma
la
balia
a farlo
apposta in quella domenica Elena con un prelesto
si
scusò colle
quindi
e volle
che
tutte
la balia,
di lei, di
si
amiche
non
scoperse
da
di
poter scoprire
sé,
che,
esser
sola.
sospettava
l'
appena
arcano,
vista
Temeva
fuor
ma
che
Elena
spuntare
la
—
134
gondola di Gerardo, «
allegrò
s'
recuperata sanità
mano un
si
mazzetto di
Parve
chiara che
alla balia,
l'
fosse Elena:
due
lor
innamorata
il
d'animo
fossero
camera
d'
di
dimmi,
veduto
figliuola,
il
maritarsi,
suo
che cosa
passato
per
mazzi
sera
ho
te,
di
se tuo
a dire
che
ti
fiori
padre
d' esser
subito
entrò
ne stava
e
Oh
il
a chi va
dì
e
lo risapesse
alle
fì-r
disse:
le
il
nella
alla
quella che
canale?
il
quando
fare,
amante,
è
onesta figliuola, a star tutto
gittar
giovine
parentado tra
veduta fare? Che hai tu da partire con
che ora è
ella
Gerardo senza dubbio
di
onorevolmente
il
della
qfiest' atto,
Elena, che ancora se
neslra vagheggiando
lui
lieto riso al
perchè conoscendo
potersi molto
certi
e quello, nel pas-
fiori,
con
con
Aveva
volesse rallegrare.
sarle di sotto la gondola,
gittò.
e
che con
fanciulleschi pareva quasi
atti
in
tuLla
io
t'
ho
giovine,
bella ed
finestre e
chi
viene!
già
mai
!
Miio
ti
concerebbe di maniera, che avresti
invidia ai morti. La giovine, per
questa agra
prensione quasi fuor di sé
non sapeva né
stessa,
ardiva di far motto; tuttavia veggendo
balia,
in
ri-
viso la
ancor che agramente garrita l'avesse, non
—
.
—
135
esser perciò adirata, buttatele
braccia
le
collo,
al
e quella fanciullescamente baciata, con parole soa-
vissime cosi
chiamano
Nena, (che così
le disse:
le
nutrici)
madre mia
Veneziani
i
dolcissima,
io
vi
chiedo umilmente perdono, se nel giuoco che ora
Veduto m'avete giocare,
credo, errore.
ne
Ma
abbia
io
che
se desiderate
viva, vi piaccia
un
e di poi, se vi parrà
poco udir
che
io
che noi
fatto,
io allegra
la
giocando abbia
datemene quel castigo che più
fallilo,
pare convene-
vi
Sapete che Mes. mio padre faceva venire
vole.
feste qui in casa le
quattro
me
mia ragione,
sorelle,
che
qui
le
di-
rimpetto albergano, acciò che di brigata giocando
insieme
ci
trastullassimo. Elle
m'insegnarono
giuoco
il
dissero che assai
finestre, e
alle
della
piìi dilettevol
quando
i
trarli
simili
a questo
loro:
con
il
che assai
cui
elessi
di
voi
che
passasse
giuoco
giocare
spesso;
mi
era andar
per ca-
rose, fiori, garofani e altre
modo
giocare con esso
mi piacque,
mi vedeste
quale
ci
e
poi
forfetta:
giovini passano
nale in gondola,
cosette,
primieramente
poi
fu
il
e
tra
giovine,
giocare, lo per
sì
che
io
gli
non
me
so
altri,
con
il
vorrei
perchè
—
di
c'è
errore,
tener
da
che
lattato
condurre
ad
il
dall' altra
come
il
onde ad Elena
ben
meno
dimorai
e
stata
vista
desidero
faccia
il
di
E
ed
bene, onore
ho
latte
casa
suo bello
il
sua più di
figliuolo, e
sua,
perciò
non
io
util suo,
da
e
che
io
mio proprio: siccome anco desidero
affaticherei,
conosca.
E
modo
distese,
si
l'amo come
io
ed accarrezzata.
il
casa
in
domestica
ogni tua contentezza,
m'
in
figliuola,
mio
del
io
banda del Canal grande ha
sempre sono
gli
semplice-
quale è figliuolo di Mes: Paolo, che
due anni: per questo
pre
quanto
con-
giovine che ora è passato, e che Gerardo
ed agiato palazzo,
mi
potè
se
cominciata impresa^
la
ottimo fine;
tu sappia,
chiama,
tutti
Non
asterrò.
udendo
tuttavia
maniera rispose: carissima mia
questa
si
ripigliarmi:
e senza alcuna malizia, la fanciulla parlasse
scherzo
vo'
ne
balia,
la
deliberò di
si
io
me
io
riso
il
mente
e
giuoco vogliate
cotal
—
136
su
e tanto
per
te e
per
lui
sem-
quanto per persona, che oggidì
questo
che
ragionamento
alla
fanciulla
la
balia in
fece conoscer
inganni che sotto quel giuoco amoroso
scendevano, e quante vohe
le
si
na
semplici giovinette
—
ed
137
donne restano
altre
—
dagli
uomini gabbate. Fé-
donna
cela anco capace, quanto ciascuna
lunque grado
si sia,
debba stimar
con ogni diligentissima cura
mente
le disse,
di
I
onorale quello
l'
Ultima-/
conservare.
quando l'ebbe
qua-
i
altre cose assai di-
mostrate, per venir all'intento suo, se ella volesse
con onesto
roso,
modo
giuoco
poiché
cuore
far
di
terminar questo suo giuoco amo-
sì
nomava, che
Io
che
fattamente,
dava
le
il
diverrebbe
ella
sposa del suo Gerardo. La giovane, ancor che sem-
pura
plice e
fosse,
non
meno, essendo
di
comprese intieramente
natura,
balia le disse; e destatosi
in
lei
di
ciò
tutto
buona
che
l'amore
la
che a
Gerardo portava,
e preso vigore, rispose alla balia
che era contenta
prender quello
qualunque
piuttosto che
Venezia
si
Recata
anch'esso
e colla
fosse.
al
si
altro
per suo marito,
gentiluomo che in
»
giovine
dalla
balia
questa
risposta,
dichiara arcicontento di sposar Elena
compiacente balia s'accorda
e maritarsi in segreto.
Il
perchè
di
di
veder Elena
tutto
questo
mjstero non ò detto, e non se ne vede alcun
se
non quello
di
non perder tempo
in
altro,
formalità.
i
—
Elena,
sia in
Mes:
che
quindi
Aspettano
138 -^
vezzeggiamento
sagace
fra
dopo qualche ingenuo
due amanti: «
i
(come
balia
la
eccovi,
chiama
la
eccovi qui al capo di questo letto
presentante
padre di
il
Consiglio dei Pregadi: allontanano con
pretesti serve e famigliari e
la
Pietro,
l'
esclama
Randello),
il
immagine rap-
Regina del Cielo con
Gloriosa
la
figura del suo figliuolo nostro salvatore in braccio.
I quali
io
prego, e voi altresì pregar dovete, che
che insieme
matrimonio,
al
presente, per contraere, diano
mezzo ed ottimo
glior
fine. »
siete,
buon
per parole di
principio,
Detto questo,
la
balia disse le belle parole, che in simili
secondo
mana
la lodata
Chiesa,
Gerardo
cosi
si
e di
sogliono
a
comunemente:
regolarità
non poco da desiderare,
è di
una semplicità stupefacente,
novella tien
in
e
di sposalizio
una naturalezza
e quello
che nella
dietro a tale cerimonia, è ancora, se
possibile, pila semplice e più naturale.
due amanti
sposalizi,
sua cara Elena diede l'anello. »
Tuttociò, se, quanto
lascia
buona
consuetudine della cattolica Ro-
dir
alla
mi-
e sposi
passò
una contentezza senza
così
pari
per
ma
La
alcun
«
la
vita dei
tempo
no iosa
—
un
fortuna che troppo in
alcuna,
139
massimamente
e
—
Elena
ed
amanti,
gli
giammai, nuovo disturbo e
rardo
persona
tranquillo stalo
.
non
lascia
impedimento a Ge-
apparecchiò; acciò che, se circa
due anni erano felicissimamente insieme
vissuti,
cominciassero un poco a gustar l'amarissimo fele
della disavventure,
che
quanto quella più dolce
tieri
ella nel
si
più bello della
tanto più
vive,
volen-
suole repentinamente mescolare. Era in
nezia consuetudine ordinaria che ogni
vita,
anno
Vei
si-
gnori Veneziani, volendo mandare alquante galee
a Baruti, quelle con pubbliche grida facevaao bandire, acciò
che coloro che avevano piacere
cotal viaggio,
alla
con ceno
Repubblica,
ne
di far
pagamento che face\ano
prender una che
potessero
più piacesse loro. Mes. Paolo, padre di Gerardo, desideroso,
che
il
come generalmente
buoni padri sono,
figliuolo suo cominciasse avvezzarsi ai traf-
fichi della
neggi della
di
i
mercanzia, e
città,
si
facesse pratico nei
accordatosi
Gerardo, senza avergliene
del
fatto
prezzo,
a
ma-
nome
motto, ne prese
una. Si ritrovava Mes: Paolo in casa buona quantità
di
robe per Baruti, e quella voleva che
il
fi-
—
140
conducesse, ed altra
gliiiolo colà
rnercadanzia re-
casse per Venezia, pensando con questo non poco
accrescer
le
sue
facoltà
gliuolo, e lasciata ogni
famigliari,
della
detto,
cura
solamente
egli
accordata
galea,
la
si
vole, e rimasi soli
padre
il
quello
attender
figliuol mio, le robe
mandar
delle cose
essendo
ed
che
Paolo
levate
le
Mes:
in casa
a
ta-
dopo
figliuolo,
il
s'
Paolo:
tu
abbiamo per
a Baruti, e in qua riportar di quelle mer-
cadanzie, delle quali
abbiamo bisogno
spaccio, per questo
accordato una galea a
yada a vedere del
minci oramai ad
ho questa
io
nome
e vi trovano
a
tuo,
avveduto e
quella nazione.
esercitarti e
stra città,
l'
provincie
Tu
che
tu
mondo ed onoratamente
gli sveglia
diverse
mattina
fine
uomo
flirti
che delle cose che più agevolmente
città,
maneggi
ai
venne Mes:
fu,
fi-
modo che
del
ragionamenti così disse
alcuni
buono
a
Ora avendo,
Signoria.
casa; e desinalo che
sai,
poi dar moglie al
e
intelletto,
e
è
coslunii
vedi tutto
che quelli che fuori
il
fa
pratico;
l'
uomo
veder
di
co-
varie
questa
di in questa
e
no-
hanno conversato,
ora in Levante, ora in Ponente e
in
altre
parti,
-
-
141
quando ritornano poi a casa
bene
i
fatti
di
pratici
e
questi
tali
sono
eletti a diversi
che nulla curano,
il
vedi,
accorti,
non avviene
se
non
starsene tutto
di cattiva vita.
quelli
di
dì oziosi
il
Comunemente
mesi o sette
sei
che
magistrali ed uffici
che
viaggio di Baruti dura
fatto
dico,
Il
con donne
e praticar
uomini
di
gran maneggio, tu
repubblica.
della
nome
loro e portano
hanno
che
e
al più.
Pertanto, figliuolo caro, mettiti ad ordine di tutto
quello che
ti
del lutto
provvedere.
li
bisogna
daremo quello
Signore Iddio
A
per
assetto
ci
Quando
ai
spirerà
gran meraviglia
di
allegando vani pretesti,
irritato
offre,
si
il
Leonardo accetta
cero.
Elena
poi sarai ritornato
che
nostri,
Messer
nostro
Paolo, Gerardo,
ricusa, e
allora
padre
il
nome Leonardo,
amaramente
lagnandosi
io
».
volge al genero, di
esso in sua vece
e
casi
che
viaggio,
cotal
del
di
figlio,
viaggio e di goderne
i
gli
far
profitti,
lutto lieto la proposta del
suo-
Se non che intanto Gerardo ha confidalo ad
così la proposta del padre,
per non scostarsi da
lei,
ma
come
essa,
il
che
suo
rifiuto
non vuol
esser cagione a Gerardo ne di dissenso irrimedia-
142
né
bile col padre,
di
-
troncare
speranze della sua gioventù
lo
in
le
sua fortuna,
della
e
tutte
fiore
incuora ad esser degno del nome, che porta, e
a fare
dre.
il
dover suo verso sé stesso e verso
L'amore ha
uno
fatto
dei suoi solili prodigi;
della bambola, la quale lanciava
fiori
nella
donna
dalla
finestra
gondola dell'innamorato, ha
di alto e forte
pa-
il
una
fatto
Gerardo, perdo-
e
sentire,
i
nato dal padre, scioltosi con grandi lagrime dagli
ajDbracciamenti della moglie,
monta
sulla galèra e
parte.
«
il
Lasciamolo andare
al
viaggio
suo,
continua
Bandello, che ben lo rimeneremo poi a
mento. Erano già circa
mesi che Gerardo era
da Venezia, quando Elena, che annoverava
partito
r ore,
sei
salva-
i
giorni,
le
settimane
speranza del ritorno del caro
e
i
mesi,
marito,
e
stava
in
tutta
ne
gioiva, parendole un'ora mill'anni che tardasse a
ritornare, e con la fedel balia diceva:
ranno quindici
dì o venti alla più
mio desideratissimo sposo
sarà
al
lunga,
che
in Venezia.
porterà, oltre le niercadanzie, mille
€ mi disse
non passe-
belle
il
Egli
cosette,
suo partire, che a voi recar voleva
143
molti cari doni.
E
non sapendo che una
sé stessa consolando,
contro
s'ordiva, che d'estremo
malinconia cagione
finita
lei,
lei
l'amorosa giovane andava
così
veggendo come
le
e
e fuor
che in casa non avea governo
posito, di quella
nisse contra
il
dubitando
suo
Il
la figliuola era oltra
venuta avvenente, accorta
volere
era) deliberò maritarla.
padre
età di-
modo
bella,
donna
a pro-
non avve-
cosa
troppo
tempo
bisogno a ritrovar genero conveniente a
perché essendo ricco e nobile, e
tile
seco
di
che già avvenuto
( il
Né
di
in-
1'
di
che
ed
dolore
sarebbe.
tela^
gli
quella,
gen-
figliuola
la
fó'
e bellissima, molti della qualità sua, volentieri
sarebbero per parentado congiunti.
si
adunque Mes.
quale di
Pietro, tra gli altri,
ricchezza
piacque, e seco con
e parenti
si
e
mezzo
il
convenne che
giovine vedria Elena, e
dì della
nobil
di
domenica
le
il
un giovine,
famiglia
dei
Scelse
più
il
gli
comuni amici,
seguente
sabato
il
il
vegnente
darebbe l'anello
Fatta
piacendogli,
questa deliberazione, facendosi l'apparecchio grande
per
le
future nozze, Mes. Pietro disse alla figliuola
quanto per maritarla conchiuso aveva. Di
questo
-
144
così iasperato
e
annunzio
tristo
quanto
tanto doloroso era,
(che
Elena
ad
dimane
dirle:
la
si-
piazza
di
I
gnoria
S.
,
Marco
impiccare
vuol 'fare
ti
due
tra le
sulla
colonne)
alte
divenuta dolente, e senza fine da
sione
che
trafìtta,
egli,
nulla al padre
fierissima
ma andò
ad
sontuosamente
delicati cibi
alla nobiltà
ordinare
ed
alle
era condecente.
ciò
La
del
cominciò, a
far
il
maggiore, che iraaginare
I
E
non sapendo
il
più
uomo
ritrovar
ordine e
del
genero
già
camera con
sua
pianto
dirotto
si
possa;
modo
né
consolar
modo né
far già
mai
;
si
volesse,
manifestar
al
e
era
la
via alcuna
seguente dì non fosse sposata
questo, avvenis.se ciò che
berava non
di
essendo
sabato,
veruu
possibile che la balia a
per fuggire che
faceva
secondo che
ricchezze di lui e
sera
le
beli'
celebr.ite,
poco cercò. Ritiratasi poi alla
potesse,
che
altro
veduta e piaciutagli. Elena nulla
stata dal giovine
la balia,
né
nozze fossero con
le
11
non pensava, pensò che
che più altro
mestiero, acciò
pas-
rispondere.
potè
da vergogna fanciullesca procedesse,
disse,
modo
ella oltra
ella
—
deli-
padre che
I
'
maritata era,
non
ardiva,
non già per tema che
—
quello in
lei
incrudelisse che volentieri morta. sa-
rebbe;
ma
monio
contratto, di
Fu
—
145
perchè
dubitava,
palesando
non offender
suo
il
matri-
il
Gerardo.
quella notte, con aita della balia, per uscir di
casa e andarsene
braccia
di
quanto
fra
lui
chi volesse di
la
trovar
gettandosi,
Gerardo
peva se questo
che per
a
al
farlo
fosse
mente quella notte
trebbe così di leggiero la notte,
più sereno e carco di
rare.
di
ma non
sa-
poi
stelle,
le
quando
il
la
nuovo giorno,
uscita di camera, attese a far quei
si
come
la
il
liberarla.
E
in
la
mai
balia,
servigi per
la
modo veruno,
vero
doglia sua di quella d' Elena,
vide che rimasa era sola, non
Masi.
notte
la
caso della disperata gio-
sapeva determinare a
che fosse buono a
minor
passione
appartenevano, tuttavia farneticando
e chimerizzando sovra
vane, e non
annove-
misera Elena travagliò, senza
prender riposo. Venuto
lei
po-
cielo è
il
tutte quelle
sua era incredibile e inestimabile. Tutta
casa che a
pensieri
i
passarono,
Credete pure e persuadetevi che
la sconsolata e
Ora
piaciuto.
uno raccontar
in
nelle
e
consapevole
e lei era passalo,
marito
uno
suo suocero,
s'
non
la
era
quale,
essendo tutta
10
—
146
quella notte spogliata, combattuta da strani e mal-
vagi pensieri,
serrò
dentro
di
mera, e così vestita come
salì,
e
suso
era,
quanto più onestamente potè,
vesti menta attorno, poi raccolti
sieri
in
uscio
l'
uno, e non
sposar colui, che già
il
propose di non voler
s'
più
letto
suo
acconciò
le
pen-
suoi
i
cuore di dover
il
padre proposto
non sapendo quando Gerardo
ca-
il
tutti
sofferendo
le
della
le
aveva, e
seco
tornasse,
si
Né
vivere.
bastandole
l'animo con ferro sé stessa uccidere, né strangolarsi
(non
le
essendo veleno
sé ristretta, ritenendo
sì
anco
fattamente, oppressa
che
restò quasi morta, e
che
le
sta
vagando,
Venuta
porgesse
1'
quasi
ci
del
tutto
ora del levare, andò
mera per
far
che Elena
trovar la porta aperta,
picchiando più e più
svenne,
essendo
persona
smarriti spiriti a
aita, gli
s'
l'
balia
la
volte
ritrovò
e
po-
lor
abbandonarono.
abbigliasse,
la
in
dolore,
dal
non
tutta
che seppe e potè,
fiato più
il
mani)
alle
e
alla
credendo
chiavata,
forte
ca-
onde
battendo,
né
v'essendo chi rispondesse, Mes. Pietro, questo sentendo, alla
tere,
fu
per
camera venne. Ora, dopo
forza
l'
uscio
sospinto
il
a
lungo batterra.
En-
147
Irato
padre con
il
suo
il
levò grandissimo,
si
e
misero
mente piangendo, mandava
La
al cielo.
balia,
misera-
il
Non
nuovo sposo
rimedi
che Elena rinvenisse,
La
ma
fu
esaminata
quale disse che
la
notte
aveva, e dimenatasi,
fosse stala inferma e
la
figliuola
come
Assai
adoperati
tutto
il
per.
indarno
diligentemente,
Elena
in
Fu mandalo
parenti.
e
for-
persona
era
infiniti
balia
mera,
fino
strida
gridando ed urlando come
cose furono fatte e
fece.
padre,
che acerbamente non piangesse.
per medici, per
far
romore
le dolenti
sennata, addosso se le gittò.
casa,
vestita
Il
come morta.
il
aprire
fatte
Elena
povera
la
starsi
letto
camera, e
in
videro
le finestre, tutti
sovra
altri
assai
si
la
travagliato
se di gravissima febbre
che quando essa uscì
vegghiava;
ma
di ca-
nel segreto ella
per fermo teneva che da infinito dolore soffocata
fosse
si
morta ed acerbissimamente piangendo,
non
poteva dar pace. Lo sconsolato padre lagrimava
dirottamente e cose diceva, che
a pietà
i
sassi,
non che
gli
avrebbero
uomini.
mossi
Ora dopo
mille rimedi usati, veggendo che nulla alla giovine
giovava, giudicarono
i
medici
che
da
un
i
sottil
1
.
\
—
148
catarro distillato dal capo al cuore fosse la giovane
Tenuta adunque da
della goccia pericolata.
per morta
si
che
ordine
pose
quella
onorevolmente da sua pari portata
a Castello in Patriarcato, e
marmo
un
la
conobbe,
fu
mai non
che
mescoli, e
sempre non
Ora vedete
avvengano, e consi-
può aver una compiuta
si
allegrezza,
general pianto di
seppellita.
casi fortunevoli talora
derate che
tra quella
alcuna
sia
col
del piacere
stesso giorno
non
si
Gerardo arrivare
avria
È
viaggio
potuto
si
dolce mele tanto
dolcezza
la
può gustare. Doveva quello
nezia con la sua galera,
suo
non
tristezza
dell'amaro assenzio distemperato, che
il
avello di
degli avoli suoi, che era fuor della chiesa.
chiunque
i
tutti
fosse
sepoltura
alia
posta in
Così la sfortunata giovane, con
come
sera
il
al
lito
quale
desiderare,
che
ritornando
Ve-
compito
aveva
felicemente,
tanto
presso
piiì
non
ricchissimo.
lodevole usanz-i) a Venezia, ogni volta che navi
galee tornano dai
lor
lunghi viaggi, e
mamente quando onoratamente vengono
che
gli
amici e parenti
riceverli, a mllegrarsi
vanno
che con
loro
buona
in
massispediti,
contro
a
e prospera
—
fortuna siano tornati.
ed
Andarono adunque
a ricever con
altri cittadini assai
vegnente Gerardo,
non
veniva,
il
—
149
allegrezza
quale sovra ogni altro
tanto perchè
ritornasse
ispedito,
quanto che sperava riveder
rissima
e
da
lui
quell'ora
in
ogni
sovra
e desiderata consorte.
che
giovini
Ma
che
egli
dava sepoltura.
e
la
sua
al
lito
ben
ca-
amata
cosa
non sapeva
misero
il
lieto
ricco
altra
il
giungeva,
vede quanto
a
quella
si
nostri
pensieri
al lito
tra
tempo
a punto che le funebri esequie dell' infelice
Elena
1'
Così
s'ingannino.
una
si
Arrivando adunque
e la mezz' ora di notte,
terminavano, videro da lunge
si
splendore che
di quelli
gli accesi torchi
il
i
quali
darono a chi loro incontro erano venuti,
dire
questi
molti
tanti
lumi
giovani,
i
a
quel
in
chiaro
rendevano. Vi fur
che da Baruti tornavano,
lessero
i
quell'ora.
quali
domanche vo-
Erano
tra
sapendo l'infelice
caso della sfortunata Elena, dissero che dovendosi
quel medesimo dì maritare, era
trovata nella sua
camera morta,
stata
e
mattina
che senza dub-
bio allora le dovevano dar sepoltura.
loroso e pieno di pietà annunzio,
la
non
A
ci
così
do-
fu
per-
150
—
movesse
a
—
non
sona che
si
Ma Gerardo
povera giovane.
i
mente semi colmarsi
dolore e tanto
fu
come
mente
lo
interna
quanto
miseraforza
di
disbri-
potè,
tosto
piìi
pietosi
che
doglia
struggeva: tuttavia tanto ebbe
stette saldo, e
miracolo
con
e
sola-
n'ebbe
tanto
che gran
lagrime
le
della
non
tulli
ma
trafitto,
potè contener
l'
sovra
pielà,
di
senti
non palesar
gridi
che
si
compassione
gatosi dai suoi della galera e da quelli che incon-
erano andati (che a Venezia
tra per onorarlo gli
tornarono) egli
'^
sopravvivere
fermissima
alla
a modo nessuno voler
deliberò
si
sua amata
opinione
fosse avvelenata per
che
non sposar
specie
il
che
si
paegli
morte desse
di
(non avendo ancofa determi-
nato di che morte dovesse
morire)
vederla, così morta
quella restar morto:
come
ma
era,
non
poter aprir l'avello, pensò
che suo amicissimo
deliberò
an-
Elena giaceva e
dare, ed aprire la sepoltura ove
lera,
che
colui,
Ma prima
dre per marito voleva darle.
fine ai giorni suoi
giovane
infelice
la
s'avvelenasse o con altra
Portava egli
Elena.
e
poi
a
canto
a
sapendo come solo
del
Gomito
era, fidarsi,
e
della
a
ga-
quello
—
r
istoria
da
dell'amor suo
quanto
parte,
manifestò.
Il
far palese,
Elena
tra
quanto intendeva
gli
151
il
gli scandali
che
gendolo fermato in questa opinione,
sto
ad ogni sua voglia
ma
nare,
con
Presero poi
due senza
barchetta, e lasciata
la
cura della
nella casa del Gomito,
menti
trali
cato.
a far quanto
atti
in barca,
Era
si
neir avello, e
s'
galera
provvidero
desideravano,
il
coperchio,
chi
mirati
due, non avria troppo ben
più rassembrasse morto, o
Rinvenuto poi in
sé
piangendo, lavava e
il
al
rien-
Patriar-
il
il
corpo
della
avesse
tutti
discernere chi
marito o
Gerardo,
baciava
di ferra-
Gerardo entrò
gli
potuto
il
chi
quando apersero
abbandonò sovra
modo che
a
indi
condussero a Gastello
fermato
abbando-
Venezia, e smon-
circa la mezzanotte,
sepolcro, e
moglie, di
si
1'
compagnia una
altra
più lor piacque, ne vennero a
tati
veg-
una medesima fortuna.
lui correre
essi
ma
offerse pre-
si
non
e disposto
seppe,
aprir sepolcri
potevano nascere,
ci
e
voler morire,
quanto
sconfortò,
Gerardo, che non volesse andar ad
per
occorso
era
e seco
tacendo
di fare,
Gomito
onde chiamatolo
moglie.
la
amarissimamente
viso
e
la
bocca
—
della sua donna.
in
tal
ufficio dai
trovato, teneva
ma
non
egli
Gomito che temeva
Il
Sergenti dei
pur detto
sapeva
si
era Gerardo fuor di
l'amico
—
152
Gerardo che
a
levare.
uscisse,
somma
In
tanto
che essendo sforzato dal-
sé,
mal grado
a partirsi, a
d' esser
Signori della notte
seco_portarsene la moglie, e
di
quello
volle
soavemente
così
le-
vatala fuori, chiusero l'avello e in barca ne por-
tarono la giovine. Quivi di nuovo Gerardo
al lato della
donna
bracciarla e baciarla.
Gomito ripreso
tar
ai
il
1'
avello.
sentire
E
in
lei
alcun
che mi
morta. Entrato
per
i
dove,
por-
fine
cre-
ajla
Gomito, deliberò
ri-
Gerardo levare
donna, gli_parve
movimento, onde
fa sperare
il
volesse
rivolgendo la barchetta
della
/Gomito: amico mio caro,
costei,
agramente dal
che
Patriarcato, né sapendosi
abbracciamenti
dagli
saper
mise
poteva di ab-
si
essendo
veri consigli d' esso
tornarlo dentro
verso
Ma
di questa follia,
quel corpo e non
dendo
non
e saziar
si
sento
io
che
Gomito
in
ella
non
al
so che in
ancor
ragionevol
fortunosi casi che sovente
statosi agli amanti, pose la
disse
di
non
sia
sospetto,
avvengono, acco-
mano
sotto
la sinistra
—
mammella
—
153
della giovane,
trovata
e
carne
la
al-
quanto lepida e sentito alcuno picciolo hallimento
del cuore, disse a Gerardo:
Padrone,
e troverete costei non esser del tutto morta.
felice
annunzio Gerardo,
sovra
il
lutto lieto,
pose
natura
la
veramente
spiriti e disse:
smarriti
viva:
che fa-
pur buon animo e non dubitate
mancherà
di
far
mano
la
gli
remo noi? Noi faremo bene, soggiunse
fate
così
suo mo-
rivocar
costei è
A
il
cuore, che tuttavia accresceva
vimento, volendo
qui
tastate
il
Gomito,
che
non
si
ogni provvigione necessaria: non
è costei da esser riportata nell' arca a verun
andiamo a casa mia che non
è
modo
molto lontana:
ho mia madre, donna attempata
e di
:
io
buon avve-
dimento, e così a casa del Gomito se n'andarono.
Gola giunti forte
sentiti e
conosciuto
che arrivò
tito.
alla porta picchiarono, e
Gomito, che
il
del suo figliuolo, fatto
la
la
vizi e
olirà
mandò
senza esser da
modo
dalla
porta aprire.
cara madre,
prima
volta
madre nulla ne aveva sen-
in casa, la
La buona vecchia,
lume, fece
la
furono
11
fantesca
visti,
accender
il
Gomito, abbracciata
la fantesca
lei
lieta del ritorno
a far certi ser-
egli e
Gerardo por-
—
—
154
tarono in una agiata camera
un buonissimo
disvestita in
fuoco e scaldati dei
panni
consapevole
tutto resa
Elena e
buona vecchia)
la
e quella stropicciare. Così
dola, tanto attorno vi si
poco ricuperando
ma
che da
gni
di
lei
il
si
abbracciava
poco a
suo
il
Ge-
rivenuta,
era ciò
evidenti se-
sì
soverchia
gioia
ba-
colmo
ritornata che fu a sé
giovane e inleso dal marito e dal Gomito l'oce
come
allegrezza,
contento
era
stata
mancò
non isvenisse un
pensasse e credesse
il
tre-
dolcissimamente
e
ma
e
vero
se
vedeva. Gerardo, con
fuor dall'avello poco
r
conobbe
oppure
sognava,
se
vita,
corso caso
^
stessa
a
e
gio-
la
sé
appieno non
sé
calde lagrime spargeva;
I
in
gli occhi
vedere,
ciava la cara moglie e di
la
che
affaticarono
risentirsi e tornare
ancora in
non sapeva
giovane
la
fregandola e riscaldan-
mante lingua. Aprendo poi
rardo,
attesero
mezze parole con balbettante
e dir alcune
il
(avendo già del
lini
soavemente a poco a poco a riscaldar
vane cominciò a
acceso
Poi,
letto.
posero
la
dei
seppellita
che,
tra la
altra volta.
poter narrar
e
tratta
paura e
Ora chi
l'allegrezza
due amanti, sarebbe
in
ed
grande
155
errore, perchè in effetto la millesima
lor
compiuta
gioia
^^^^V^^ M
non
si
potrebbe
parte
della
esprimerei-
—
156
Essendo adunque in
ova
da
si
pistacchi,
fresche,
E
malvagia.
ritornata,
sé
già approssimandosi
preziosissima
e
confetti
1'
aurora, fu Elena
pregata che riposasse e con
tutti
sempre
novella,
com'è,
così diffusa e circostanziala
volge ora a narrare del
si
lice
mito
di collocare
gnato
Gerardo
palesare
di
il
della necessità, eh' esso
mostrarsi,
esso
tanto accendersi
resta se
non
'
la
sorella e
il
s'
nel padre,
non
jnal fatto
e
si
Ciò
è altro;
Gerardo
ginocchia
un
Tolta
il
riconcilia
parlargli
ripugnantissimo
contrasto, che a
cosa.
fatto,
ad accasarsi,
pensi
intende,
co-
il
momento
il
matrimonio.
pure
gettarsi alle
rivelargli ogni
/
fe-
Go-
e del
Gerardo cominciare a
padre di
il
Elena presso
Gerardo, sino a che venga
di
opportuno
^,
del
viaggio e dei grossi guadagni, e quindi passa
a dire della determinazione di
ecco
Ge-
ritorno di
rardo alla casa del padre, a cui dà conto
)
sonno
soave
ristorasse alquanto ».
La
ed
con
cibata
fu
del
po' di
non
padre e
meraviglia
vecchio
si
poi
tutto
del
e
rassegna
coi
al
due
sposi,
quando
sata e
vede cogli occhi suoi quel prodigio di bel-
sa
che Elena
è di così
illustre
ca-
—
lezza.
Come
si
157
rimeltaiio
—
regola
in
nozze
quelle
jilquanto affrettate,
non
portare a messa
sposa, che passa por forestiera,
la
è detto. Tutto
riduce a
si
con grande sfarzo di vesti e gran seguito di gentildonne, di parenti e d' amici, dopodiché
vella potrebbe esser finita, se
anche
trovasi in chiesa
curiosità,
dal padre
era
tratto
da
giovine, a cui
il
Elena promessa
slata
avea dovuto piangerla per
di riconoscer
non che,
no-
la
A
che poi
e
costui
pare
Elena e uscito di chiesa corre
tosto
morta.
dal Patriarca e fatto aprire l'avello, lo trova vuoto.
Ne
nasce,
minaccia
fra
si
di
Gerardo
può credere, un diavoleto, che prima
un duello con spada
finire in
e lo sposo deluso, poi finisce
dine del Consiglio dei Dieci dinanzi
i
quali
sentenziano
che
ai
Elena spetta
e targa
per or-
Magistrati,
per
mille
buone ragioni a Gerardo.
Questa in sostanza, come ognun vede,
vella di
in tal
GiuUetta
Romeo condotta a
senso è un avant-goiU dei
venuti in
moda
nei quali
i
di
e
finir
verso
la
fine
lieto fine,
drammi
no-
ed
lagrimosi,
secolo
del
la
XVIII,
personaggi sembrano sempre a un pelo
stritolati
sotto
il
peso
e
la
complica-
—
158
zione delle loro sciagure, poi tutto viene in chiaro
e
mondi
per
finisce
tutto
secondo
possibili,
Anche
Dott. Pangloss.
meglio
il
nel
dei
pratica
del
filosofìa
la
poema
nel
migliore
di Paulo e Daria
di (Raspare Visconti, a cui ho accennato
due amanti sopravvivono,
a notare per
le fonti,
e ciò è
i
molto importante
può aver
alle quali
sopra,
pii!i
ricorso
il
Randello in coleste sue prove e riprove sullo stesso
argomento.
Originalissimo ad
italiana
cente,
è
il
modo
ogni
per la novella
carattere di Elena, la fanciulla inno-
drammatico mo-
r ingenua vera del teatro
derno, tant' è che ha
piìi d'
una
comune
colla
Shakespeare,
con
linea
Miranda
della
questo
profondamente diverso che
di
un ambiente
ha
dello
di prosaica realtà
di poetico
mente
Tempesta
se
esala da
non
una
il
ed essa stessa non
profumo,
fresca e
è collocata in
che
perfetta
natural-
bellezza
di
donna, inconsapevole ancora della propria potenza
e che
si
apre all'amore,
raggi del sole.
come un
La vecchia novella
fanciulla sciocca,
l'Alibech,
fiore
sotto
ai
ha
la
italiana
che diviene
ed è preda del monaco Rustico,
cioè
del
romita,
primo
—
furbo, che incontra,
semplicità;
ma
il
—
159
quale
V ingenua,
l'
abusa della sua
tosto
innocente Elena rompe
questa tradizione della sensualità grossolana,
frequente nei nostri novellatori
(
nel Bandello stesso
roman-
in particolare) e precorre la sentimentalità
tica,
meglio
Giulietta,
più ancora, direi, di Giulietta; della
e
ben
nazione più ideale e compiuta
dell'amore, non senza però
vella Bandelliana. e le
poche
necessariamente
delia novella
un a
simo
dà
dall' esser
e
è altresì,
cui è studiato
mi sembra,
il
la
poesia
di
con
guest' Elena
non
quelle
che
a
oltre
dall'andamento
totale
nient' altro* che.
Eleiia
Giulietta^ Notevolis-
l'analisi graduale,
carattere di Elena,
novità
quale è per
eventum, cosi
nell'
totale,
rado
comuni. Tutto
ila-
più frettolosa e fcstinat ad
azione
tura dei caratteri, di
zionali e
lo
con
anche
questa assai importante nella novella classica
liana, la
na-
proviene forse dalla no-
modificata di
ri petizione
l'incar-
vampa
certa
somiglianze,
affinità e
risultano
le
tutta
di
genio
il
facendone
trasformò,
turalismo schietto, che
che
Bandello,
inteso, del
Shakespeare
dello
cosi
il
come
uscenti
da
carattere di
nella
tipi
pit-
tradi-
Elena
in-
—
vece è
qui
una minutezza
con
studiato
—
160
una
e
lentezza singolare, dal contrasto primitivo fra essa
e le quattro
l'amore,
mento
al
primo
al
in
amiche, già
destarsi in lei
modo ancora
misteri
iniziale nei
del-
di questo senti-
inconscio e quasi istintivo,
suo confonderlo imprudentemente coi suoi giuo-
chi
bimba,
da
rivelano
la
ai
diversità,
bimba manifestarsi
in pari
del
e
turbamenti,
che
finalmente
all'abban-
sentirsene
donarglisi tutta e
e la forza
primi
la
donna
sentimento
tempo con
trasformata
tutta
in tutta
della
e
la
zione e del sagrifìcio, di cui
la
ne
nella
pienezza
ma
passione,
dell'abnega-
nobiltà
la
e
le
donna, veramente
amante, è capace. Siamo già ben lontani dal
tipo
coraune della donna della novella o della commedia classica italiana, siccome col Gerardo, l'amante
di Elena, ci
allontaniamo pure
del giovine, per lo più ricalcato
Monaco del Boccaccio o sul
dragora del Machiavelli,
viamo
piuttosto
tipo
Callimaco
mentre
in
XVII
della
Gerardo
romanzi pastorali
e degli
comune
Paganino
sul
un precursore quasi
dei teneri amanti dei
gici del secolo
dal
da
Mantro-
immediato
e mitolo-
amanti sentimentali,
—
lacriniosi e subitanei dei
borghese del secolo
—
IGl
romanzi
della tragedia
e
XVIII, compresa
cuore
e
bilità,
di cui questi
lo sveiiiineiito;
sincope di
la
colmo cioè della
il
usano
ultimi
sensi-
abusano
ed
a
tutto pasto.
Se a
ciò
aggiunga
si
dell* indole e
usanze
delle
studio
lo
costume,'
del
domestiche
sociali
e
Veneziane
nel
vita gaia e
amorosa dei giovani, che qui
quale
Cinquecento,
i
viaggi e gli
questi ultimi,
oneri, ai quali tutti
e di prepararsi
che
il
;
se
i
il
dovere
aggiunga
massime
nella
lato
il
traffichi,
e degli
aspirare
partite,
il
meravi-
della
scena Jìnale,
mentre già annotta, veggonsi,
tempo, da un
i
di
altresì
Bandello trae dal paesaggio
gliosa città,
la
banco,
massimi degli onori
hanno
si
il
per
Repubblica, considerati
uffici della
come
fra
è
degli uomini
molti accenni descritta, e da quella
maturi e dei vecchi, divisa
dalla
risulta
in
di lontano e
cui
ad un
funerale di Elena, dall'altro
nave di Gerardo, che
rientra nella laguna, in-
contrata dalle gondole e dalle barche degli amici,
bisognerà concludere, che questa novella
glia da sé
Masi.
non solo nel
novelliere
del
fa
fami-
Bandello,
11
—
ma
fra tutte
162
—
novelle del
le
incongruenze ed errori
Cinquecento. Più che
condotta
di
v' ha,
qualcosa d' abbozzato, di non finito
che
vella,
del
ogni ra gione sufììd ente
d'
matrimonio
qui pure
il
in questa no-
rende difettosissima. Basti ricordare
la
mancanza
ripeto,
Elena
di
perno
di
e
al
la
segretume
che è
Gerardo,
racconto, e non ha alcuna
del
delle terribili ragioni, per cui doveva esser tenuto
segreto l'amore di
Romeo Montecchi
per Giulietta
Gapuleti. Basti ricordare la soppressione del
cotico, la
quale rende misterioso e
cabile (non so che cosa
il
di
tre
lungo svenimento,
inespli-
medici ne penserebbero)
resistente
a
lutti
rimedi,
i
Elena, e per cui essa è sepolta per morta, menpoi
una boccata d'aria
picciature
singolarità
fresca
e
alcune
stro-
sulla persona bastano a farla rinvenire.
Gonluttociò
in
i
quasi
nar-
la
novella non perde nulla
e de' suoi
pregi ed
della
sua
è per questo,
che
tanta dimenticanza delle novelle del Bandello,
volendo pure analizzarne almeno una un po'
sleso,
ho creduto
di
doverla preferire a tante altre,
sicconìo quella, che più
mio credere,
la
a di-
di
laute
tendenza geniale,
altre
la
rivela,
piega
a
artisti-
—
camente
tulli
gli
l'
divinatrice,
che
sorga e debbagli
—
distingue
il
Bandello da
Cinquecento e che mi pare
novellatori del
i
163
essere
slata
fecondata
ingegno anche dalle vicende della sua
come
(')
Op.
dice
«
il
Symonds,
Bandello'
cit. loc. cit.
s life
è
una novella
was
vita,
Del-
che,
essa slessa
itself a novella
».
(').
Symonds.
I
CAPITOLO
La
L'umile
Milano, e fra
fiirailiarità
era già
che
il
1506 e
nella più alta
società
con
dei bel sesso,
la
amichevole
Lega contro Carlo V, non
il
so
sua pretensione di discendere da
molto appassionato
di nazione,
donde un' innata tendenza
di razza,
Randello cerca compenso ed equilibrio in
altro Randello,
pure Goto, e
martire della fede. Così
tore e viceversa;
quello
danno
il
morto a
santo bilancia
in
sostanza,
il
che
Nimes
peccasi
sa-
Privilegi
impe-
in seguito alla famiglia titoli e
poteri
rebbe poi verificato
riali
cortigiana di
un uomo nuovo od un avventuriere. Non
un Bandechil, Goto
un
più
1512 ab-
il
principi, capi militari e diploma-
della
quel che valga
a cui
tra
1525 e 26 nella
il
campo
nel
tici
vita del Bandelle.
frate,
biamo veduto
Vili.
in lui stesso
I
—
—
guerre
feudali, perduti nelle
e
166
una Bandella era entrata
dei Visconti, perchè
sposa in casa dei Torriani ed
guirono
le parti
(').
Torriani
dei
civili
Bandelle
i
Checché
di
sia
ne
Matteo
ciò,
Bandelle usciva dunque di nobile e
ricca
glia di Gastelnuovo di Scrivia,
colà
studi sotto la guida di Messer
fu
messo da giovinetto
Vincenzo
Bandelle,
Gonvento
delle
di
Lodovico
a
tempo
in cui, nonostante le
Lodovico
notissima.
cit.
Due
Non
Mero.
il
tra
il
Novelle. P.
I.
volte,
sue
tempo
Bandello,
(3)
Alberti, De Viris Illustribus
Nov.
28.
Nov.
(^).
Mat-
preci-
scaltrezze,
1499 e
Ibid. P. HI.
il
l'Ordine
catastrofe po-
rinarrerò
(2)
Concorda
quel
di-
le
Concezione,
lutto
della
(1)
zio
lo
e disgrazie della famiglia di
teo Bandelle furono a
('),
familiarissimo
V Immacolata
Domenicano, gran personaggio
pitò
presso
quale,
di
litica,
primi
Domenicani, nel
dei
divenne poi nel 1501 Generale
Le prime ruine
i
Gerardo Ganabo
Milano
il
fami-
e teologo celebre per
contro
sostenute
spute
priore
Grazie,
Moro
il
in
e, fatti
se-
una
loOO,
il
storia
Moro
23.
Dedica a
F.
M. Trovamala.
Ordinis Praedic. Op.
Monti nella vita del Bandello. Ms. del
K. Archivio di Milano,
cit.
167
perdette e riperdette
sempre
Ducato;
il
1'
due per opera
e tutte e
ultima volta per
Gian Giacomo
di
Trivulzio, suo personale nemico, gran soldato ita-
malauguratamente
liano,
Sequestrati
beni
i
d'allora,
orione in
come
attesta
morte
di
Matteo
nanza
().
appena
G. G.
(').
Fin
nel!'
Ora-
scam-
essi,
dimora
quivi
alio zio,
Carlo De' Kosmini,
0)
Bandello
Francesco Gonzaga,
Mantova, presero
iiniirese e alla vita di
Sforza,
quelli dei Bandello
pati a
Quanto
dello
Trivulzio, probabilmente
il
anche
in Castelnuovo di
partigiani
ai
Luigi XII ne gratificò
Francia.
al servizio di
cittadi-
e
Generale
eietto
Dell' istoria intorno alle militari
Trivulzio,
Voi.
I,
Lib.
Vili,
pag. 333 e 3G5. « Gli concedette le sostanze confiscate di
quei sudditi suoi
di
Vigevano, Gaiate, Castelnuovo Tof-
tonese, Chiavenna e Melzo, che per favorire la
Lodovico Sforza
II
le
causa di
eran dichiarati ribelli alla Francia
decreto di Luigi XII ha la data di
1500. Voi. II,
De
s'
Documenti, pag.
293.
Lione
15
».
l^uglio
Bandello, Canti XI,
lodi de la S. Lucretia Gonzar/a di Gazitelo e del Vero
Amore
col tempio di l'udicitia e con
praticamente descritte; Agen,
altre
Reboglio.
cose
per dentro
1545.
Canto VI,
l)ag. 96 retro.
(-)
Bandelli, Parentalis Oratio, ed
biliuni pars,
.scripta,
quae
Mantuatn
cit.
«
Magna
Sft)rtianis rebus favebal, a Gallis
petiit;
ubi
sumnia comitato
nopro-
oinneis
—
168
—
dei
Domenicani, percorse rapidamente
cia,
la
Spagna,
Borgogna,
la
Fran-
la
Germania per
la
riformare l'ordine, che pare n'avesse bisogno
Tornò per presiedere
prese
un
Sant' Easlorgio
in
frati
via
la
generale
consiglio
Milano
di
e
dopo
Roma, passando per
di
Questa volta Matteo
lo
seguì.
Non
stette fra
Milano, Genova, e forse
di
ri-
Firenze.
come
prima,
pretendono, perchè prima del 1505
molti
(').
Matteo
Pavia per ca-
gione di studi: certo era a Genova nei 1504, per-
chè da Genova scrive nell'ottobre
tello
Andrea
composta
in
morto colà
il
Bandelle
Gonzaga
tateqne
mandandogli
Corsi,
latino
Giovan
di
di peste
C).
al
nel
la
da
vita
Battista
Convento
Francherebbe
suo confralui
Cattaneo»
ov'era
stesso,
la spesa di fermarsi
exceint. Ita iirbs Mantuaiia ea tempestate novi-
temi)orum
Suardos, Strozzios,
fuit
patria
llinc
ejectis
Castileoneos,
Mantuae
Malatestas, Turrianos,
Malclavellos, Guerrerios, Malaspinas, Orassos, Bnndellos,
atque alias Italicas fainilias civitate doiiatas videmus
(')
Alberti, Op.
(2)
Il
sito di
ijli
>.
cit.
Mazzucchelli, Scrittori ecc. Voi,
questa dimora di Genova, cita
il
II,
uoinini illustri di S. Domenico. Col. 478,
tazione non ho trovata.
Debbo bensì
all'
in
Piò, Voi.
ma
propoI,
De-
questa ci-
amichevole cor-
—
169
—
ad esaminare lungamente questo
Da
inedito del Bandeilo.
una novella anche
sciva
posto con
Ed una
zione d'arte.
novellatore nato gli riului
com-
tutt' altra
inten-
da
ciò eh' era
sentimento e
tutt' altro
ancora
lavoro
novella
veramente, anzi un
vero romanzo fratesco, è codesta vita del Cattaneo
per
quadro
lo strano intreccio di casi, pel
stumi
che
pei
offre,
contrasti
psicologici,
nella novella e che perciò l'accostano
un vero romanzo.
d" illustre
e d'
una
vita
genovese,
famiglia
tempo
con un
i
una
che
stesso s'era già
ardore
assai
pure sedici anni compiuti,
sua
che
tesia dello egrej^io
ad
più
giovinetto
intelligenza
a
buttato
superiore
quattordici
fa
di
tutto
Henedetto Croce
all'amorosa
1'
la
nep-
a
estro di farsi
disperazione
per
sua.
all'età
celeste,
gli salta
Domenicano, con gran
famiglia,
rari
più grossi affari della sua casa
Tocco d'improvviso dalla grazia
frate
di
un
è
d'
precoce,
vitalità così
anni trattava già
e nel
Cattaneo
Il
co-
di
della
da
distrarlo
lettura di un
l»el
codicetto, di sua proprietà, contenente questa inedita vita
del Cattaneo, scritta dal Bandeilo, da cui
si
rilevano pure
importanti notizie biografiche sue. Vedi: Apjiendice
I.
—
170
qQest' idea. Ai frati stessi pare imprudente e pre-
matura
e
Ma
oppongono.
si
notte accorre al convento e con
lagrime supplica
maggio
del 1504
d'essere
convento con parecchi
e poiché
frati, fra
il
dito di Dio, lo
scongiuri,
gli
piglia a ingiurie e legnate
dolore
Il
preso
il
figliuolo
strascina a
forza
padre
del
rallentò,
riprese la via del convento,
i
le
parenti,
frati,
(1)
i
voli
Appena
indomito
».
J. B.
la vi-
fraticello
dove per disperati
solennemente, e
la
Cattanei vita. Codice
cit.
il
convento
il
i
Cat-
sua san-
Nonnulli fratres (Inter quos ego aderam)
adventarunl
com-
chiome
parenti lo lasciarono. In giugno del 1504
taneo professò
fami-
convento,
del
fuori
l'
il
il
preghiere,
con
Priore ed
e se lo riporta a casa prigioniero.
gilanza
le
Randello, ed acciuffato per
lo
della
vane
padre
il
il
voca-
stabilirono
e
armati assale nottetempo
e servi
('],
tenacità del suo pro-
glia mutossi in furore. Riescite
amici
del
quali Randello
ammisero
giorne delia sua vestizione.
le lacrime,
Priore
il
di
Idi
nell'improvvisa
zione del giovinetto e nella
posito
i
di
con
e
Agli
accolto.
ravvisarono
tutti
preghiere
da Milano
tornò
giorno,
di
egli
Genuam
—
devozione
sua
la
tilà,
fervenle,
erano
crità negli studi
—
171
meraviglia
la
Bandelle, giovine esso pure,
di
grande amicizia.
città è desolata;
ninna cautela
a
quasi
tutti;
d'
muore
in
il
riducono
si
muoiono
uno, a uno
a
profetizza
stesso la
sé
dacché
punto,
s*
era
(').
Banrlello scrisse
:
Invitis pn-
«
Eeligiouem convolavit, in
Praedicatoruni
ad
A
di peste
Sul suo sepolcro
(')
reu1,il)us,
Il
peste; la
la
Domenicani
morte e quaranta giorni
vestito frate,
scoppia
Albaro.
Cattaneo
il
tutti.
spopola; niun rimedio,
la
possibile. I
San Francesco
di
strinse al Cattaneo
si
Intanto
morbo
il
ingegno, l'ala-
l'
qua quadraginta dumtaxat diebus exercitus, morte praeseita,
sevissima pesto intercmpta
bel codicetto d'
breve descrizione.
È
scrittura italica, che
sognante
'22
cartaceo
il
me
consultato,
e oro e
Novitii
—
X
cm, 25
—
Questo
Studi
Elegante
36.
l'egregio inSuperiori in
—
in
pergamena, con
caratteri
filetta-
Frontespizio con fregi a co-
con uno stemma toccato
inscrizione in
1
—
giudica del secolo XVII.
Legatura
tura e fregi d" oro, C. 1"
B, F.
cit.
numerate, con altro bianche non numerate, in
pi'incipio e in fine.
lori
Cod.
Prof. Cesare Paoli,
di paleografia nell' Istit. di
Firenze, da
Carte
».
uu opera inedita del Bandello merita una
in
penna. V" è questa
maiuscoli, minuscoli e
Ord
corsivi:
coKS UAPTAE CATTANE!
|
Gonueusi
Vita edita a Fratre
|
Mattueo dandello oastuo-
I
|
:
Praedicat:
—
Bandello fu dei pochissimi che scamparono
Il
e
—
172
r anno dopo segui
lungo
Firenze
a
viaggio,
il
Roma, fermandosi,
Io zio a
S.
Maria Novella. Si può anche
il
tempo
questa dimora,
di
d'estate del 1505, poiché
xovENSi EJUSDE ord:
I
di
fissare all' incirca
verso
cioè
Bandello
fine
la
scrive
che
nomìiiatim dicata Ven.° Patri F.ri
Andrene Corsio Genuensi
3*.
il
Convento
nel
|
amicorum optimo
—
|
ce. 2',
Epistola di M. Bandello che fa da proemio alla vita
Com:
del Cattaneo.
Matteus Basdellus de CastroF. An-
« F.
novo Ordinis. Praedicatorum Vitae Regularis
drene Corsio
silentii
me
I
Genuensi ejusdem Ordinis
|
disrunipere cogit inimodiciis
memor.
Mattile! peccatoris esto
|
S. P.
D. Clanstra
amor
ecc. fin: »
Albarii, ex
villa
nostra
S Lncae, idibus Octobris, A°, a Christi Nat. quarto supra
quingentesimum atque millesimum.
in
Vitam Religiosissimi
B. Cattane!.
—
Vita per fratrem
|
della
tem
omnino
milii
«
.J.
B.
—
terris
La
».
|
—
e'.
|
Ioanni.s
«
Reli-
Genuensi*
Castronovensem
C*. 4 13*.
|
Genuensem
Libro primi>
Cattane!, Com: preclaram mor-
—
Finis
—
13 è bianca.
~
sit.
lacipit liber secundus
degens !u
|
Andream Corsium
animo
ut nihil
Explicit
primus
ita ero firmo et constanti
timendiim
liber vitae etc.
Com:
|
feliciter inchoat.
Fin
Fratris
Ioannis Baptae Cattane!
Freni
Com.
Vita
» etc.
|
Mattlieum Baudellum
|
Ord. Predicai ad
eiusdem Ord,
Explicit epistola
4% dentro una cartella a colori
C".
giosissimi Fratris
|
—
Adolescentis
—
ce. 14*-22'' Lib. 2°
Fin: cu! tam charus fuit
Vedi: Append.
na
alloggiava
quei
in
giorni
Convento
nel
stesso
Marc' Antonio Colonna, reduce dalla vittoria riportata suir
fatto
Alviano
accadde
Torre
alla
Vincenzo
di S.
17 d'Agosto del 1505
il
Data importante, perchè ad essa
primo amore
(').
si
questa distrazione
amorosa
ad una leggerezza
di
Ma
bisogna
vita
poema amoroso)
a parole, è
d'amor
la
e'
(autore
pel
è
Nardx
—
il
estre-
terrestre, la lirica
di
Istoria della città
—
e
P.
e'
un
di
platonico
è
non
altro
in
tema
più infelicissimo, perchè
che l'inspirò,
Novelle
Rime
di
Qui certo siamo
Chi era dessa? Dalle ricerche
(1)
cin-
morale del Cinque-
novellatore, che, se
il
platonico e per
— Bandello —
Fra tante
quale l'amor
luti' altro.
giovinetta,
accenna
frale
novella. Nel Bandello stesso
la
frale e poeta lirico
scala a Dio, e
il
Cattaneo,
po' troppo
riflettere.
cento c'è l'amor platonico ed
il
un
in
costumi un
mità contradditorie della
petrarchesca e
collega
di Matteo Bandello. Si direbbe che,
a cosi breve distanza dalla tragedia del
quecentista.
e questo
I.
—
morì l'anno dopo.
fatte
di
Nod.
Diva Violante Borromea Fiorentina.
nessuna iden-
Firenze.
18.
Lib. IV.
Dedica
alla
—
m'
tifìcazione assoluta
in lode di Lucrezia
—
174
è
Ma
riescita.
Gonzaga
poema
nel
Bandelio
il
la
de-
signa così;
Le
Per guida
il
Viole in
1'
Arno sparte
Ciel a' tuoi prim' anni diede,
Che mentre fresche
La ragion sempre
furo in ogni parte
assisa stette in sede,
Tal che veracemente allora
Da
Con questa immagine
altri
delle
luoghi del poema e
dunque indubbiamente
Violante e che è
patria
non
fusti
por tra gli amator sinceri e giusti ().
v'
ha
Viole
delle
la
Rime
designa in
Trattasi
(^).
una donna che ha nome
di
Ora
fiorentina.
in tutte le
di
nome
lai
dediche
delle
e
Novelle
che un'unica donna, specificatamente nominata:
Diva Violante Borromea Fiorentina, e
questo
nome
ha riscontro nei Poemata
Cesare
Scali-
di Giulio
gero, che, conosciuto in Mantova
(')
pag. 95
(-)
Bandello, Canti
ret.
XI
De
le
il
Bandelle, lo
lodi ecc., cit.
ri-
Canto VI,
e 9G.
Rime di Matteo Bandelio,
tratte
da un un Codice
della K. Bildioteca di Torino e i)ubblicate
[>or la
prima
volta dal dott. Lodovico Cost;i. Torino, Pcnnba, 1810, So-
netto 3G.
175
anni
vide, molti
entrambi
('),e
dopo,
cantò in latino
nae del Bandello,
Ninfe
la
quale
si
Agen, ove dimoravano
in
le
nominando
Nymphaeele
prima
per
lagna nei
versi
e terre lontane;
esatto di quello
tificazione, se
che
dello
il
che
è
come vedremo,
(-)
la
Scaligero,
che
il
i
lei
per correr
appunto un ricordo
assoluta,
mi sembra
probabile e tre sarebbero così
amori
platonici
rispondenti alle tre età della
lità
le
in realtà era accaduto. L'iden-
non è dunque
meno molto
per lo
tra
Diva Violantilla Bonromea ab Etruria,
Bandello troppo presto s'è partito da
mari
Heroi-
vita,
del
Bandello,
giovinezza, viri-
e vecchiaia.
(')
Vedi:
Bordonianae,
Joseplii
cit.
Scaligeri.
Confutationes Fabiilae
dal Bayle. Diction. Historique
et
Crit.
Art. Bamlello.
(^)
E
il
.T.
C.
ScALiGERt,
PoeiiinUi.
Nj-mphae
indigenae.
Bandello stesso, che suggerisce allo Scaligero questi
nomi, eh' egli
Novella
D' Arco.
.30
certamente
della
Parte II
non conosceva. Vedi nella
la
dedica
al
conte Niccolò
CAPITOLO
Amori
Era
in
e vicende.
una volata platonica
soltanto
e
tutto
IX.
od una scalmana giovanile quel primo amore del
Bandello?
Non
parrebbe. Nell'anno seguente, 1506,
raggiunse
seguì
poli ed a Cosenza,
Roma
lo zio a
Sovra
a
Na-
d'onde stavano per passare
Grati
il
Che
ti
1'
aviso havesti amaro
converse in pianto
Poi che trista ombra
Che
fra le stello
in
il
le
il
(-),
lieto gioco,
TVo/e oppresse,
Ciel di porre elesse.
Dico raggiunse^ perchè nel poema segna una data
dell'innamoramento ed
lodi^ ecc.
(-)
indi
quando
Sicilia,
(1)
(^),
Il
Canto
I,
Bandello
è al 3 d'aprile.
Canti
XI
de
si
fa narrare
nel poema. Per questo
il
da
altri la
propria storia
racconto è sempre
in
seconda
persona singolare del verbo.
Masi.
le
p. 9, retro.
12
178
Il
—
povero giovine fa per morire a
giacque preso di
tata notizia, e
tale inaspet-
strana infer-
così
mità, che lo credettero avvelenato:
Onde l'alma
reina....
Del bel smeraldo pretioso e caro
La polve ber
ti
fé'
con suco pieno
D'altri rimedi et altre polvi et acque,
Com'
Da
a'
medici allhor curar
piacque.
ti
quest'ultimo verso pare che
burli di questa cura
ma
fantastica,
Randello
il
la
fede
si
nel-
l'occulta virtù di certe pietre preziose durava ancora.
Vero
che a procacciarsi
è
veleni bisognava aver regine
tal
lusso di contrav-
per
amiche! E chi
era la pietosa infermiera?
Beatrice questa fu che
Nacque
e fu
d'
Aragona
moglie del gran re Corvino
Nientemeno! Rimasta vedova,
ritirata alla
al
Né
Corte degli
s'
(').
era appunto allora
Aragonesi di Napoli, ed
Randello usò ogni sorta di amichevoli cortesie.
sia chi
(1)
Canti
pensi a male o
XI
de
le
Lodi^ ecc.
rimugini
—
i
Canto VI.
ricordi di
—
Antonio e Cleopatra!
il
caso, e nella
179 -
Il
Bandello
Rime scrive:
Se ricca perla Cleopatra ha
ma
Per un amante fu;
Contro
previene
stesso
velen aita
'1
sfatto,
darme
donarme
tu per
fai
Ricco smeraldo in polve a ber
disfatto.
Quella d'amor lascivo ardendo a tale
La
perla die che fu di lei signore,
Con speme
di
tener l'antico regno,
Tu mossa sol da generoso core
A me che nulla vaglio infermo
Di grandezza real davi
Ma
ci
volev' altro
che
polvere
le
cuoia davvero e poiché
gono mai
sole, gli
il
gli
avea ingiunto
Matteo
(')
disgrazie
le
di tirar
non ven-
morì appunto allora anche
lìime
si
morendo
fa dire nel
cit.
Sonetto
poema
73.
L. Alberti, Op.
nobio Montisalti,
in
frate
lo
cit. «
94.
è a lei delicata.
Quo factum
divi
C).
:
Vedi ancora sonetti 72 e
vigilia
paucis diebus oegrotavit
vecchio
il
Nessuna delle novelle del Bandello
(2)
un pelo
pel
cui corpo dovette riportare a Napoli, siccome
zio,
E
a
(').
smeraldo
di
male del Bandello! Fu dunque
e frale
pegno
tal
est
ut in Coe-
Augustini, postquam
anno domini
150G
functus
sit
septagenarius et suo jussu (sic enim jussit antequam
180
Dopo
—
gran percossa e grave danno
si
Mille solcasti mari e mille fiumi.
L'Italia e Pranza ed altri luoghi
E
Dalla
sempre
le
Viole furon teco,
il
fissità
di
questo
pensiero
distorlo alquanto la politica
e
Luigi XII
prodromi della Lega
(-),
di
valsero
Francia
mentre
a
forse
Nel no-
studi.
gli
del 1508 lo troviamo in
alla corte di
(i).
tuo cor se uè portaro seco
Perchè
vembre
sanno.
il
a
Blois
ordiscono
si
Cambrai, che
la
i
Repub-
blica di Venezia, coli' acquisto di città nelle Puglie,
nel Milanese e nelle
Romagne
e
della ribelle Pisa, aveva in certo
e contro di lei fu conclusa nel
Neil'
anno seguente
il
colla
protezione
modo
provocata
dicembre del 1508
(^).
Bandello pubblicava in Mi-
lano una traduzione latina
della
novella
boccac-
spiritum efflaret) delalum ejus corpus Neapolim per Eusta-
chium Bonouiensem
et
ilattheum
Bandellum,
ejus
potem.... in tempio Divi Dominici sepelliendum
XI De
(1)
Canti
(-)
Bandello,
le
lodi\ ecc.
Canto VI,
Xovelle. P. IV, Nov. IG.
ne-
».
loc. cit.
Dedica a Gero-
nimo Bandello.
(3)
De Leva,
Storia di Carlo V.
Tomo
1",
Capo
III.
181
cesca di Tito
Gisippo
e
aveva
fatto
sarei
lontano
ad
Petrarca per
il
—
inntazione
credere
dal
Griselda
la
e
non
altro
suo
('),
qualche
a
quanto
di
viaggio in Francia in questi anni medesimi, perchè,
senza che
ne
egli
si
possa distinguerli
più
parla
Gambrai
volte
nel 1510 è
stituiscono e
questi anni
i
gi<à
gli
uni dagli
perchè
e
la
sciolta, altre
altri,
Lega
leghe
si
di
co-
Bentivofjlio, (dei quali era certo in
un agente diplomatico
Bandelle
il
riebbero Bologna nell' 11 per opera dei
)
Francesi,
e nel 12 la riperdettero per
sempre. Importante è
la descrizione ch'egli
suo viaggio nel 1508
dall'
Alpi
fino
a
fa del
Blois.
«
Il
nel
viaggio
vero,
scriv' esso, è stato assai lungo, dalle Alpi sino alla
corte, per essere
delle continue e
(1)
Titi
Romani
il
verno molto faticoso per cagione
altissime
Egesipjìique
storia, in latinum versa
novensem,
or.
nevi
e
degli
Athenieitsis
indurati
amicorum
hi-
per F. Malthenm Bandellum Castro-
praed. noviinatiiìi dicala clarissimo adulescenti
Philippo Salilo Gemiensi juris Caesarei ac Pontificii alumno.
La dedica
al
Sauli reca la data
del
data della edizione è del dicembre
libretto
settembre 1508. La
1509.
Di questo raro
un bell'esemplare ho trovato nella biblioteca
comunale
di
Bologna.
—
182
ghiacci, che cavalcando di continovo forza
pestare.
La medesima
Questo bene
vi si
in
è che
ci
può cavalcare
mano
fatica
prova
si
cammino
il
trovi tanto
fosse
molesta.
agiati
e
Savoia
la
camminando, perchè
devolmente provveduti
conviene
non
(')
».
Ad
che
11
si
tuoi cavalli sono
che
soffre
abbon-
altro viaggio posteriore
allude
di
ciò
di tutto
dedica
Domenico
a
d' alto affare,
che
si
Sauli,
occu-
di lettere, di filosofia platonica,
incontrò in Lione col
dava ancora a Blois
mercante
che
ogni
quelli
personaggio anch' esso
commerci,
i
può.
si
alla fatica
d'
sei
a
in un'altra lettera
s'
con l'oro
Francia tu
e
comodamente
sì
è grandissimo alleggiamento
e
è sicurissimo, e
alloggiamenti poi
Gli
cosa servito, che meglio essere
di
ritorno.
al
di giorno e di notte
sovra ogni credenza per
pava
cal-
senza sospetto di trovar fra via cosa ch'ai
camminar
in
è
Bandello,
alla corte
letterato e filosofo
;
un
di
il
Luigi
quale an-
XIL Un
frate diplomatico,
poeta petrarchesco e scrittore di novelle poco edi-
(1)
Bandello,
Xovelle. P. IV, Isov. 16.
—
ficanti;
E
due figure
derlo fra
il
1511 e
politiche dei
per
caratteristiche del
12,
durante
le
ultime
Ultime per
Bentivoglio.
gli Sforza, alla
fido
Cinquecento (^).
del loro incontro? Propenderei a cre-
tempo
il
183
fortune
non
loro,
causa dei quali restò per sempre
Bandello.
il
Nel 1512
la
battaglia di
Ravenna, che toglieva
definitivamente la signoria di
quella
voglio, restituiva
di
Bologna
Milano
al
I,
nuovo
Marignano
gliela
che Francesco
la vittoria di
la
tenne
re di Francia,
ritolse.
del
figlio
Moro, Massimiliano Sforza, che malamente
fino a
Benti-
ai
Il
con
Triulzio
spinse
il
re a bandire tutti gli Sforzeschi e fu tra
questi
il
Bandello, che riparò a
Mantova
sotto la
protezione di Francesco e di Isabella Gonzaga
forse
da
lui conosciuta alla corte del
spesso vi
d' essa
Bandello,
(•)
si
recava a visitar
Novelle. P. II,
Sauli nel Giornale Ligustico:
Alcune
lettere di
D
Nov.
6,
Anno VII
(-),
Moro, quan-
la sorella (^),
Vedi intorno
o
al
e Vili. A. Neri.
Sauli.
L Nov.
{')
Ibid. P.
(•')
Luzio e Kenier, Buffoni, Nani
28.
e
Schiavi ai tempi
d' Isabella Gonzaga d' Este in Nuova Antologia, ÌG agosto o
1"
settembre 1891.
—
184
Massimiliano
nel 1513 alla Corte di
Mantova dagli eventi
sbalestrato a
dello,
come
di questa
ancor
zaga,
pii!i
vedemmo,
già
delle
altre
Ran-
il
familiarissimo
soltanto
di
secondarie
corti
Ora
Sforza.
politici,
diviene
gran donna e non
nomi
i
—
ma
lei,
dei
Gon-
dei quali riempiono d'ora innanzi
sottentrano ai Gonzaga
finché
Bandello,
novelliere e la vita del
per
Fregoso, prima in
i
il
lui
Italia,
poi in Francia.
In questo tempo però
che per dotto oratore
uomo
e per
d'alto
Del novellatore
mano)
nella
parla, né biografi,
Sarà
la
né
le
sue Rime
delle
e
si
chia-
corti, nes-
del tempo.
ma basta
lardi,
d'
cortigiana.
(così
epistolari
sua celebrità dì più
sue novelle, e
vita
brigate
liete
dei palazzi, dei castelli
suno
conosciuto
Leandro Alberti nel 1517)
affare
nelle
è
per poeta petrarchesco
latino,
(di ciò soltanto lo loda
non
egli
che
amore, stampate
le
sol-
tanto nel 1554 e nel 181G, passino manoscritte da
una ad
altra
dama, da
gentiluomo, nella forma,
le novelle
uno ad
di
cui
altro
s'
letterato o
ha ancora per
un saggio autografo nella Biblioteca
di
—
Tolosa,
indirizzato
Rime
e per le
in
185
—
Cardinale
al
un codice
d'
Armagnac
Biblioteca di
della
da Mar-
Torino, colà recato nel corredo di nozze
gherita
Francia,
di
Emanuele
Filiberto
allorché
('),
sentanti
della
« presa,
come ben
e
più.
forma
dei più compiuti rappre-
cortigiana
vita
dice
il
larga significazione
di vita »
('),
di
basta questo, dico, per rav-
uno
visare nel Randello
venne sposa
vi
(')
Graf, nella sua duplice
forma
di
coltura e
di
e della quale dettano
Baldassar Castiglione nel
XVI,
secolo
del
Corlegiano
e
i
precetti
monsignor
Della Casa nel Galateo.
(1)
Nella Bibliotecji del Collegio di Tolosa è un ele-
gante codice autografo
tltolata:
\j'
Il istori a di
innamorata
sita
poi
e
stato inviato dal
di
una novella
del Bandelle inti-
Odoardo Re d' Inghilterra
moglie.
Bandello
al
Pare
D' Armagnac, cui
vella è dedicata. Vedi: Gazzera, Notizie intorno
Mss. di cose italiane
conservati
nelle
Alice
et
l'esemplare
stesso
la
ai
no-
Codd.
Biblioteche
del
Mezzodì della Francia, premesse
al Trattato della
ed
— Torino, Stamp. Keale,
altri inediti scritti di T.
Tasso.
dignità
1838, pag. 69.
(-)
dello
(^)
Napione,
Edizione
Pienioììlesi Illustri.
Op.
cit.
Ri/ne del
Ban-
citata.
Graf, Attraverso
Antipetrarchismo.
il
Cinquecento.
Petrarchismo ed
—
C'era però chi
Bandello trovava a
Mantova,
una
—
186
perfetta
alla
forse
ridire,
contro cui
si
cortigianeria del
l'
svelenisce
Arcidiacono di
il
Bandello con
stizza personale, così insolita in lui,
che non
.mi par dubbio ch'egli miri a vendicarsi
d'un ne-
mico
scovi, preti,
monache,
Domenicano, a cui
di
non risparmia ve-
Certo nel Novelliere
(').
frati, e
quelli stessi dell'Ordine
egli appartiene,
mira persone. L* arcidiacono
doveva adunque aver
Bandello
perchè
superiori
ai
fu
riferito
dell'
di
ma non
Mantova od
male dei
Ordine
fatti
a
del
difendere
l'amico suo con una lettera del
15
pubblicata da Alessandro
documento
Luzio,
altri
Domenicano,
Gonzaga
presta Isabella
prende
aprile
1518,
stu-
pendo, che suona cosi:
« Revcrendissimis
Coìigregationis
(1)
et
diffmitoribiis
Fratrum Praedicalonim.
Bandello,
della P. Ili,
Dominis Vicario
Novelle. P.
chiamandolo
I,
di
che, se costui vedesse quella
Nov.
30.
Nella novella 42
l'
arci/anfano, dice
nuovo
novella,
lo
metterebbe in
mal' aspetto presso altre persone ed egli sarebbe di nuovo
forzato di mettergli alle spalle Isabella e
è forse lo scrittore del
T Equicola, che
documento seguente.
—
« Reverendissimi
in
187
—
Christo
amici nostri
paùres,
lionor ....
«
Le
virtù
et
opti me
havemo
che
qualità
sempre conosciuto nel Ven. Frate Matlheo Ranmodesta
dello et la religiosa et
esso aver continuamente tenuto
che
città poi
'1
vi è
questa nostra
in
dimorato nel convento de P.P.
de Sto Dominico sono
noi et da
sapemo
che
vita
state
di
qualunque persona da bene
judicio
non ponno
date et
commendate per
se
che da
sorte
tal
di
et
non grandemente essere lauil
Però
vero.
havendo
noi inteso che V. P. erano altrimenti state
mate,
il
bon
infor-
che conoscemo essere falsissimo, ce seria
parso appresso noi stesse mancar del debito nostro
se
cun questa nostra non havessimo
fatto
ampia
fede a quelle delli boni portamenti del pre.*" frate
Matteo, quali veramente sono
bene
et virtuosa
persona sono
tali
che da ogni da
degni
di
grandis-
sima commendatione. Noi adunque pregando V.
ad demetter ogni
sinistra
opinione havuta di esso
se per caso alcuna ne havessero,
credemo, quanto più potemo,
vedo raccomandato
et
P.
charo,
le
il
che però non
pregamo ad ha-
come
ricercano
le
—
inoumerabili sue
virtuti,
cosa degna di
a noi
del quale
li
sé,
—
188
che
faranno
ne sentiremo
che
faranno
summo
piacere,
ultra
qualche obbligo,
rendoce ancor noi ad ogni lor
offe-
comodo
piacer et
paratissime.
« Mantue,
XV
Speravano
gli esuli Sforzeschi
1518 »
aprilis
Massimiliano (con anacronismo
(')
nell'
singolare
ma
mavano ancora
Ghibellini),
venne
porte di Milano e
fin sulle
imperatore
quello
li
chia-
spiantato
tornò indietro.
Rimasero dunque a Mantova, o andavano e venivano celatamente
certificato
altro
d'Isabella,
amore
Fatto
(^).
ricorre
del Bandello.
è
in
che,
nonostante
questo
il
tempo un
La donna, che
glielo
inspira, è nelle
Rime e nel Poema nascosta
pseudonimo
Mencia, derivato dal fiume Manto-
di
direbbe un
fiasco in
lingua
in
tutte le regole.
si
povera oggi
si
fin
Lo confessa con
tanto candore, che bisogna credergli! Direi
(1)
chela
A. Lozio, / Precettori d' Isabella d' Este. Appunti e
documenti, pag.
(2)
il
che
vano; amore purissimo però, platonico
vuole, quello anzi che
sotto
45, in nota.
Bandello,
Novelle. P.
I,
Nov.
28.
—
signora è maritata
cane perduto
ride
maggior possibile
tutto
naso
sai
con onore
e nel
questo non voglio
suo buono
malgrado,
sue novelle.
E
scusare
la
teniamogli
occultato con tanta cura
il
mito di
Amore
e
conto
nome
massima cara
Psiche
gettargli la pietra?
del
Bembo
per
la
È
(^).
il
altresì
al
tempo dei
XVII ed
Rime. Sonetto
(-)
Ibid, Sonetto
XXI.
d'avere
dell'eroina;
di
dei
te-
gentiluomo,
amore vuol
Quanto
Morosina,
(1)
caso
tal
moda. Con
discre-
novellatori,
Bandello, che rifa in novella
il
nella
sua vita è migliore delle
applicazione della massima che
escluso
al
Bandelle. Ma,
il
niamogli conto del silenzio, obbligo
tezza e mistero,
ai
Cinquecento
vantaggio, che era di
il
ma
(^),
Buttarsi
{*).
;
piange un
(^);
idealità platonica è in
di cavarsela
s'avea anche
Mantova
da
viene
e
un pappagallo morto
(-),
amanie
un modo
va
;
—
suo poeta non dà retta
sospiri del
fedele
189
il
non
vecchio
al resto,
tranquilli
perchè
amori
tempestosi
del
altri.
(•)
Ibid. Sonetto
XXVII.
(')
Ibid. Sonetto
XXXI.
(^)
Laxd.vu, Beitrage zur Geschiclite der Italianisclien
Novelle,
p.
lOG.
Banuello, Nov. 6 della P.
I.
—
Molza per un'
Colonna
Vittoria
U
un
—
consolarlo
a
etèra,
esita a scrivere
190
una quasi
sonetto persino
santa,
C).
Bandello doveva aver ottenuto di far ritorno
a Milano, perchè da Milano scrive a Federico
nuovo marchese
zaga,
di
Mantova,
primo
il
padre
Forno vo
(1)
non
eroe, se
come
meno,
Seti.,
1'
(*),
amiiversario
dice
il
vinto al-
battaglia
della
Virgili,
Un
Gomaga^ pag.
Non
47.
La
:
coltura
In nota.
credo.
E
se
sigg.
I
po.ssa
dovessi
e le
che sposò
pend.
(^)
il
Castiglione.
D'Arco, Notizie
II,
Doc,
Cfr.
taglia di
cit.
Luzio e Renier
Lucrezia Gon-
arriscliiare
una
ipotesi,
per Ippolita To-
Era damigella
di Isabella.
Archiv. Star. Ital. Voi.
2°,
Ap-
pag. 318.
Ldzio-Eenieb, Francesco Gonzaga alla bat-
Fornovo in Archiv.
Nella Parentnles Oratio
cit.
Star. Ital. Serie V,
il
Bandello vaota
delle lodi e delle comparazioni rettoriche
Gonzaga
lett. Ital.
relaz. Lett. di Isa-
essere
direi che le maggiori probabilità sono
('-)
di
sonetto di Vittoria Colonna, Eassegna
Xlir, 251. Vedi in Giornale Storico della
zaga.
suo
di
non
vincitore,
pensano che questa Mencia
relli,
morte
(^).
Voi. 34. Fascic. 100-101
bella
composta
lui
della
Tasso,
Gon-
20 marzo 1520,
il
mandandogli l'orazione funebre da
per
non
quali
dei
di
Tomo
il
VI.
sacco
Francesco
coi più grandi capitani dell' antichità e fa dire
—
Siamo
al principio della
e Francesco
I
rivalità
Mercè
le
Duca
di Milano; la
perduta dai Francesi nel 22, ve
la lotta continua e nel
tale
e
25
Bicocca,
della
lo
pon-
Moro, è
figlio del
battaglia
e
mantiene.
la battaglia di
V
mi-
vita
armi imperiali
Francesco Sforza, ultimo
tificie,
Carlo
fra
e al principio altresì della
litare del Bandelle.
fatto
—
191
Ma
Pavia, dà
prevalenza agli imperiali, che Francesco Sforza
Girolamo Morone pensano a
con
liberarsi,
la
congiura famosa, degli incomodi protettori. Trescò
in essa
il
Bandello? Mi parrebbe
che nel poema
ciò
con
lui
i
fa dire
si
di
sì,
stando a
rammemora
da chi
casi passati:
Elegesti r esigilo per non dare
Esigilo e morte a tanti, che tu sai,
Ti volle
11
Leiva gran
partiti fare
E fur le sue promesse larghe assai,
Ma non ti puote il buon voler cangiare
Che giusto
Povero
Che
a Carlo Vili:
in
».
mantenne sempre mai.
restar ricco senza
«
Si
Mantuae
Regno Napolitano
nobis
si
e fido esser volesti
Append.
II.
prima
honor e stima.
hic Princeps
stetisset, actura
prò
Aragoniis
mehercule erat de
192
Così per
Saper
non scoprir quanto bramava
Leiva, che tenevi in mano,
il.
ma
Lasciasti Insubria,
Non s'acquetò
prava
la voglia
quel Marino insano,
di
Che s'avisto non
eri allhor
dava
ti
In poter de l'armato e crudo Hispano,
Ond'habito cangiasti
Lasciar
caro nido
il
Facesti quanto a te
Ma
si
e fusti astretto
si diletto.
convenia,
quel Duca Sforzesco che
Ov* iron
Che
le
de
fé'
ti
promesse tutta
Non tenne
a
ti
fece?
via,
le volte piìi di
mente ch'era
diece?
in tua bal'ia
Pagargli l'opre così false e biece.
Ma
Il
Certo
va ch'ingrato prence serve.
cos"i
cui voler al
ben
Bandello
il
fu
di
rado serve
La sua
vittime.
le
tra
(')
stanza in Milano fu posta a sacco dagli Spagnuoli,
i
suoi manoscritti trafugati e dispersi
costretto a rifugiarsi a
presso
al
i
Roma
(^).
esso
f ),
il
padre
nuovamente
Gonzaga che, come abbiamo veduto, seguì
campo
Lega,
della
De
(1)
Canti XI,
(2)
Bandello,
indi
le lodi, ecc..
a
Viterbo
1527
VL
Canto
Novelle, P. II, Nov. 11.
nel
Dedica ad Emilio
degli Emilii.
(3)
Ibid.
Colonna.
P.
I,
Nov.
52.
Dedica
al
Card.
Pompeo
193
—
Sacco
di
—
«
non molto dopo
il
Lega
coir imprudente
Roma
»
('),
quando
Cognac Clemente VII
di
avea attirala quella estrema rovina sulla sua capiTutti
tale (').
questi
sono
fatti
compendiati dal
Bandello nell'ottava seguente:
Che (piando
Ov'è
d'
campo de
il
Stava accampato o
Che poteva
E quando
Andò
Dal
il
poi
v"
era gente tanta,
nemico trarne
fore,
Thoscana tutta quanta
sossopra con
E Roma
la lega Santa,
Insubria la città maggiore,
sì
gran furore
saccheggiata fue, allhora
Col Gonzaga facesti ognihor dimora
(•^).
Gonzaga, passò
il
servizio di Luigi
Ban-
dello a quello di Cesare Fregoso, capitano al servizio dei Veneziani,
Verona,
prima
Romagna,
in
poi
in
cognato del Gonzaga, perchè entrambi
e
avevano per moglie due sorelle Rangoni, Ginevra
e Gostanza;
(')
('^)
Anche
matrimoni
Ibid. P.
I,
Nov.
41.
architettali dal
Dedica
il
Bandello descrive
velle e nel
Poema.
Ma
la
il
Kinuccio Farnese.
:i
Gregorovius, Storia di Roma
Bandello e
nel
Sacco
di
M.
L'.,
Roma
sua narrazione, fra
Voi. Vili.
nelle
le
non ha alcuna speciale importanza.
(^)
Canti XI,
Masi.
De
le lodi, ecc.,
No-
tante,
Canto VI.
13
—
dei quali
si
—
194
compiace a ragione, perchè
di Cesare e Gostanza Fregoso
tutta la vita
(').
le
Adorno,
tentò
ma Andrea
Genova,
ormai per
rimase
Cesare Fregoso, esule genovese,
rivale agli
al servizio
e della famiglia
volte
piiì
impresa di
l'
Boria troncò sempre in
rimanere
sue speranze e dovette contentarsi di
un capitano
Re
del
prima dei Veneziani, poi
al servizio
Francia. In qualità di segretario,
di
Muse,
sé e alle
come
cupandosi di politica se non
suoi
signori
ed
Ran-
suol dire, e non oc-
quanto conveniva
da
apparisce
il
Verona,
dello stette parecchi anni coi Fregoso, in
vivendo a
fiore
certe
sue
ai
lettere
del 1532 dirette ad Alberto Serego C), nelle quali
parla
delle
Solimano, e
pose
(^),
(^)
di
Carlo V,
De
op-
e
Fregoso.
Bandello,
le lodi, ecc.
Giuseppe Biadego, Tre lettere inedite
e pubblicate nel
Preludio
De Leva.
Op.
cit.,
Tom.
della
di
Bib.
M. Ban-
Com.
di
(Ancona) Anno VII,
n. 14 del 30 luglio 1883.
(*)
si
apprestando una resistenza, per la quale
delle tolte dalla Corrispond. Serego
Verona
dei Turchi con
che fortemente
Vedi LiTTA, Famiglie Gonzaga
Canti XI,
(-)
gravissime minacele
III.
—
Solimano non osò muover
e
—
195
sii
Vienna, come voleva,
minacciato lui stesso da Andrea Doria sul mare,
dopo poche
farsi
paura
fazioni
guerresche,
alla larga, forse in Italia,
tavano a gran battaglie e stragi
era capito, sicché
«
che
il
il
ove s'aspetTurchi,
di
non
Bandello ne ride, parendogli,
Turco co l'imperator giochino al'ascon-
darola, che hora siano
vicini
più belle bagatelle
conclude che
il
».
Turco
hora siano lon-
et
tani mille miglia et certamente
le
Questo
rilirò.
si
Nella
stessa
«
ritira
si
non
io
a
vidi
mai
lettera però
la
volta di
Costantinopoli » e questo fu, per allora almeno,
più importante
Sforza, che
Milano,
il
la
(').
Ma
in Italia,
guerra divampò
Bandello un'altra volta
di
morto Francesco
V
chiamò erede Carlo
il
del
Ducato
di
nuovo ed ecco anche
fra
arme ed armati,
seguito di Cesare Fregoso, che
al
Veneziani puni-
i
rono severamente, persino col bando, (che poi per
intercessione
condonalo) per avere senza
ti)
gheria
al 1686.
Ibid, Lett. del IG
divenne
Francia
dell'ambasciatore di
turca
ott.
nel
il
gli fu
loro consenso accet-
153-2.
1540-11
Una
e
parto dell'
rimase
tale
Vufino
—
tato
un comando
196
—
Re
nell'esercito del
Le im-
(').
prese di Cesare Fregoso, prode, dotto ed elegante
soldato Italiano
(^),
le avesse celebrate
poco
si
conoscerebbero, se non
Bandello nel
il
poema
suo
e
nelle sue novelle.
Rotta
il
se
la
guerra del
ma
Piemonte,
l'
1536,
impresa
i
Francesi
invasero
sul
nascere,
falliva in
Guido Rangone, radunato un
randola, in cui, dice
Bandello, era «
il
tutta la nobiltà italiana »
loro soccorso.
Il
esercito alle Mi-
non
(^),
fior di
il
conduceva
lo
principale personaggio, dopo
Rangone, era Cesare Fregoso
con
e
lui
Guido
stava
Bandello, che di frate veramente non ha ora
nulla.
Di
lando,
si
non narra
se
vede
l'altra dei
fatti
ch'egli
comandanti,
di guerra,
passa
da
fortezze, fra le mischie, per tutto, in
continuo
(1)
XVI
di guerriero,
II,
De
le lodi, ecc.
Ibid. P.
II,
spalti
al-
delle
d' essere stato o d' es-
le
milieu du
pag. 68.
Bandello, Novelle, P.
Canti XI,
(3)
Chap.
piij
atteggiamento
Zeller, La Diplomane Fran^aise vers
siede,
(2)
che
il
ma, novel-
una tenda
segue sugli
li
in
Nov.
15.
II.
Nov
10.
P.
IV.
Nov.
Canto IV.
Dedica a Luigi Gonzaga.
25.
^
sere
uom
Quanto
non
chiesa
di
Fregoso,
al
—
197
ricorda neppure C).
si
Bandello
il
narra
nel
poema, che, liberalo Torino dall'assedio
in
quale
l'ordine di S. Michele e
gli conferì
Avignone,
tolo di carezze e di onori lo
Qui conquistò Racconigi,
rasio, e poi si
ove
era
rimandò
disfece
preso
e
Carignano, andò
suo
Re,
il
il
colma-
in
Piemonte.
Barge
e Briche-
chiuse in Gherasco, ove, benché in-
fermo, fece così ostinata resistenza, che ne uscì con
lutti gli
onori di guerra, lui e la sua gente. Pel
ginevra ritornò allora
vamente onorò
(che
la
al
Re
in Dellìnato,
perchè era presente
maggiori
in cuore,
colloquio) gli aggiunse ufTici
al
maggiori doni,
e
che nuo-
sua virtù e con parole umanissime
Bandello dice d'aver stampate
il
Mon-
fra
i
quali è da notare
il
seguente, a cagione delle conseguenze, che per lo
slesso
Bandello ne risultarono. Al Fregoso adunque:
Il
cortesemonte
re
Uh
concieJe
gli
vescovato ricco e singulare
Che por mi de
Acciò
si
li
snoi fij:liuoi gli diodo
possa a chi vorrà mostrare
Ch'appresso tanto Re,
Una
sincera
fò,
stat' è in
un saldo core
(1)
Ibid. P. II, Nov. ]5, IG, 17, 18,
{•)
Bandello, Canti XI, De
honore
(')
li),
20.
le lodi, ecc.
Canto IV.
—
La tregua
alla lotta
almeno
col
198
di Nizza del 1537, se
fra
la
Francia
alla vita militare
e
l'
del
Impero,
pose
Bandelle.
Fregoso a Castelgiuffredo, ove
Rangoni vivevano insieme
non pose
coi
le
mariti
Si
due
Bentivoglio
dello)
(1)
('),
(altro
Gonzaga
matrimonio
e
fatto
ritirò
sorelle
di
di
XI
de
le
e
nome
Camilla
dal
che avevano presa ad educare.
Canti
fine
Gonzaga
Fregoso e con una giovinetta bellissima,
Lucrezia, orfana di Pirro
fine
Lodi, ecc. Canto II, pag. 24.
Ban-
CAPITOLO
X.
Castelg-iuffredo, la dimora in Francia
ed
A
sentire
bergo
di
gentili.
Ma
il
il
rifugio finale.
Bandello, Castelgiuffredo era
tutte le
E
il
virtù,
di tutti
gli
affetti
l'
al-
e studi
per parecchi de' suoi abitatori era vero.
sesso forte (se
si
toglie
Bandello) era rap-
il
presentato da personaggi, abituati di lunga
mano
a mescolarsi in tutte le più torbide faccende della
vita e della politica cinquecentista e
nemmanco
la
solitudine campestre, le occupazioni letterarie e la
compagnia
di belle e virtuose
donne pare
li
disto-
gliessero del tutto dalle loro vecchie abitudini.
Di questo tempo appunto, cioè nel 1538, Luigi
Gonzaga
fatto
e Cesare Fregoso furono accusati d'aver
avvelenare,
per
invidie
e
rivalità
Francesco Maria Della Rovere, Duca
11
bruito affare fu abbuiato. In
una
di
militari.
Urbino.
lettera di
Ce-
—
Doge
sare Fregoso al
1539, esso nega ogni
chiede
—
200
partecipazione
messo a confronto
d' esser
che
satori; confronto
pure, che fosse
a
delitto
al
Ma
accusato.
e
suoi accu-
dei
non avvenne
poi
torto
5 maggio
Venezia del
di
(').
il
E
sia
cognato
Luigi Gonzaga era muso da queste imprese, poi-
ché
si
che
sa
s'
era offerto
berarlo di Pietro Strozzi
la
Ginevra
all'
Imperatore per
che quando, mortagli
e,
Rangoni, passò
a
seconde nozze con
una Anguissola, tenne mano appunto
cognato
al
Anguissola per assassinare Pier Luigi Farnese
Per fortuna
il
buon Bandello non
tregende. Egli vive a
maestro
di
sé e alle
latine
lettere
li-
e
(-).
entra in queste
ed è
Muse,
greche
pacifico
e di filosofia
all'orfana di Pirro e di Camilla Gonzaga, raccolta
come
(^)
dissi,
dalle
Seeassi,
due
Ledere
sorelle
Conte
del
(Padova, Cornino, 17C9) Voi.
goso
al
Doge.
tino. Pref.
(2)
tnonte
fatti
—
Lezio,
».
fuso con
Castiglione
la lettera
del Fre-
Pronostico Satirico di P. Are-
XXXIII.
Questo è un altro Gonzaga,
r
Se non
(^).
BaJdassar
Keca
Vedi Affò, Vita di Luigi Gonzaga^
appunto, perchè
(^)
Un
I.
Rangoni
il
altro Luigi
Vedi Lettere
e
detto
«
Rodo-
V Affò narra
i
cosidetto liodoinottte non sia con-
Gonzaga.
della molto illustre signora^ la signora
201
che, a farlo apposta, questa giovinetta di raro in-
gegno
e di più rara bellezza, somiglia,
come due
che
fu in Fi-
primo amore del Randello. Se
lo fa pre-
goccie d'acqua, a quella Violante,
renze
il
poema:
dire dalla ninfa Eridania nel
come vedi
....
De
E
simili
si
Che
ti
fur
l'ombra
a
Arno
fur si fresche e di
SI
tosto cangiaro
fa di
L'immagin m'
e al chiaro sole
tra Viole
(')•
il
viole,
soave odore,
bel colore
Al tramontar del lor nativo
Questa che
guai,
i
Rime scrive:
mammole
Di quelle prime
Ma
viso schietto.
il
in ripa ali"
egli Stesso nelle
Che
vago aspetto,
dolci e amari
si
Che da prim'anni
iSoffristi
il
bei lucenti rai.
i
parrà veder
ti
Onde
Ed
questa, vederai
tua prima fiaaiina
la
me
sole,
quel eh' ella vole
appreseiita in
mezzo
al core.
Donna Lucretìa Gomaga de Gazuoìo con gran
—
lìoste.
anno);
Vinegia,
—
1Ó5'2.
Outensio Landò.
Vinegia, Giolito,
tori,
Lett.
X
diligentia
nuovamente in
raccolte et a gloria del sesso femminile
febbraio
Sette libri de Cathaloghi.
15u"2; Catìiulog.
de
i
Canti
XI
de
le
Lodi, ecc. Canto
etc.
più famosi j)recet-
pag. 5G3.
(Il
luce
(senza data di
7,
pag.
U.
—
202
~
Veggio queir aria del bel viso santo
Con
la tenera età,
Che
la dolce
Erano quelle
quegli
stessi
dello
E
gnancie
stesse
biondi d'oro schietto!
è
da
troppo artista
ormai vecchio
e rose,
latte
(")
Come
Adesso
E
s'eri
Hor
sei,
Il
Ban-
peggio:
e arso e sfatto
più tosto abbruscierai
prima
cenere
di
fatto,
in faville ardenti volerai
(3).
questo dunque l'ultimo amore del Bandelle,
l'amore della vecchiaia,
e quello
solo,
che è da
pubblicamente confessato nelle Novelle e
suoi versi
sioni del
(1)
(^).
Non
poema
Rime
cit..
si
può negare che
Rime (e
e delle
Sonetto
in queste ultime,
XXXVI.
Canti
XI
de de Lodi, ecc. Canto II, pag. 35.
(3)
Cauti
XI
de
[*)
Affò, Memorie di
le
nei
certe espres-
(2)
Lodi, ecc. Canto
tre
miglia Gonzaga. Memoria di
frone.
re-
non sentirsene preso!
gli fa
Che quanto secco legno
lui
di
(i).
ad una simile trappola del destino?
l'essere
È
rinfresca
occhi e ben arcate ciglia nere, quegli
stessi capelli
sistere
con quella grazia,
memoria ognor
I,
pag, 7 retro.
celebri principesse
della
fa-
Donna Lucrezia Gonzaga Man-
—
del
resto,
amori
tre
i
—
203
mescolali e confasi) non
può negare che non
si
sempre convengano ad un amore
che non ha culto per
quanto adombra
la
sono ad arte
bandelliani
idealità e
tutto
non in
la bellezza terrena, se
Dio ed è
verità e la bellezza di
Non
scala per elevarsi a lui.
può negare
si
altresì
che quest'ultima vicenda petrarchesca del vecchio
alquanto singolare e
frate è
Ma non
derne.
un
eroticismo
quanto
tanto
nipote de' suoi
Così
indegno,
pili
facendo, e molti
1'
di
nelle
le Novelle,
Lucrezia
molto
aver mal
quali
Gonzaga.
Isabella
nunziando
(1)
il
A
lei
poema,
il
Bandello
han
preannuncia
immortale
Gonzaga
le
Stanze,
Randello,
Povino,
di
«
Novelle.
(').
che
P. II,
crezia Gonzayra di Gazzviolo.
io,
Nov,
il
in
fatto,
Cin-
Rime
le
ha
tempo prima, còme l'opera,
sforzato di renderla
lei,
letto
in
e della
ospiti
dà segno, parmi, di conoscer ben poco
quecento e
ri-
come schiavo
Bandello
il
senile,
trattasi della
sua discepola.
si
venir voglia di
per questo se ne può tnirre argo-
mento per denigrare
d'
fa
e
celebrato
il
poema
cui
s'è
Alla
sorella di
scrive
pure an-
dice,
IX.
in lode
ho
Dedica a Lu-
—
-^ 204
composto della vostra'aobilissima
riverita e
da
me
sorella, dal
santissimamente amata,
mondo
la siyiiora
Lucrezia, le quali in breve saranno pubblicale »
(').
Ciò dimostra non solo essere una semplice gher-
da editore
ininella
Paolo
jda
la
prefazione posta
Fregoso,
Battista
del 1545, in cui pretende
tratto e di nascosto del
averlo
un concetto
del
unica
tempo
il
poema
edizione
nascosto sot-
di
Bandello dato
-ma -dimostra insieme che
è
neli'
poema
al
alle
stampe,
Bandello
del
suo, apertamente confes-
sato a gloria di chi loda e di chi è lodato, e
una
d'
ridicola cantilena di vecchio frale, imbertonito
una
bella ragazza.
Il
petrarchismo
capitale del Cinquecento; tutta
è
non
compenetrata
e
tutta
egualmente. L'amore
la
è
il
perpetua, e Arturo Graf cita
dèi Nelli nelle Salire:
letteratura
in
e la discussione
proposito
i
'
questi dotti e cosi pesto e trito,
Che ormai non
Nov.
(1)
Ibid. P.
(2)
A. GitAi'. Op.
I,
piìi
si
57,
cit.
ne
cortigiana
L' amore ó definito cosi .spesso
Da
fatto
vita sociale
la
tema
un
è
conosce egli
stessi)
('').
versi
—
Ora
dei
20Ó
dal guai politici
quali
poema
il
importanza)
è pieno
e
donde
contempla-
che avrebbe
danni dell'odio, delle cupidigie
i
poema,
di bellezza, d'
in
concetto fondamentale
il
una
giovinetta, miracolo
virtù,
e discendente
due famiglie
dei benefattori
ingegno
e imparentata con le
della
t-.
che volgare, come non è
è tntt' altro
volgare impersonarlo
storia
molta
trae
alla
dell'amore,
dell'idea
discordia, e questo, che è
del
tempo (della
del
Bandello assorge
il
zione astratta
a riparare
—
e
di
e mecenati del Bindello.
Ma
rile in
Gastelgiuffredo, che formava la delizia del
Bandello, non durò molto;
sparve per gradi, prima
tre
anni
tempeste travolsero
e
parte
in
ma
formano
questa successiva
di
in
nelle loro
dolce
nido
lettere del
Ban-
il
scritte di
persona dei suoi signori,
mina
ci
(')
Amadio Konciiini,
Parma
Lettere
d' uomini'
nel R. Archivio di Stato.
in-
e dispersione
La
della piccola brigata di Gastelgiuffredo Q).
vate in
di-
poi
private,
persona propria, e parte
suo pugno,
E
più.
che
sfolgorarono
giocondo novellatore. Alcune
dello,
al
per cagioni
per cagioni pubbliche e politiche,
del
colta e signo-
tutta questa intimità di vita
t'ìlitstri
Voi.
I.
sto-
conser-
Sono
di-
—
ria dice
il
vedasi
Sino alla fine
resto.
l'interna
vita
suo tenore ordinario:
mini,
di
arrivi
stanza Gonzaga
della
due
206
belle
del
piacevoli gentiluo-
di
signore,
di Novellara,
fra
Isabella, sorella
di
quale
discussioni,
frutta,
neppure
platonico
il
Fregoso
Gostanza
per mutar aria;
di
la
non
Bandello
deve
è
delle
libri,
ad esempio, scambio
dolci, formaggi, ai quali
insensibile
A un
(^).
tratto
andarsene a Gastiglione
segue Cesare, suo marito, af-
dalla terzana; Ginevra, moglie di Luigi
zaga,
muore
terrata,
si
può
dei
doni,
di
flitto
pochi giorni
in
Co-
di
altre
l'
sorelle sia la più bella, ricerche
Capitoli del Berni,
1540
luglio
continuare nel
castello
visite
Lucrezia;
j^iovine
del
non
e
è ancora sot-
che Luigi passa ad
dire,
con Caterina Anguissola;
due
le
Gon-
altre nozze
gentili
sorelle,
Lucrezia e Isabella Gonzaga, se ne vanno a Gazuolo, lasciando
nebre
e
di
Bandello,
Castelgiuffredo,
pianto
che
»
tieii
rette al conte Agostino
figlio
di
come
d'occhio
Laudi
di
se
colmo
non
anche
Piacenza,
di
te-
bastasse,
il
la
politica,
il
quale era
una Fregoso. Poggiali. Memorie per
Lett. di Piacenza. Voi,
(1)
ej
«
la
Storia
2.
Lettere dal 12 maggio all'ultimo di luglio 1540.
—
207
accenna misteriosamente che qualche cosa di nuovo
s'agita e
rumoreggia « da
Certo, e
la parte di
non da quella parte
Ponente Q)
gua, durata anche troppo, fra Francesco
stava per rompersi e Francesco
con armamenti, con
Turco
col
Repubblica
i
suoi
partì
per
da
e quella
di
V,
s'apparecchiava
già
stretta
chiamando a
raccolta
G febbraio 1541
il
(-)
ed avea
compagno Antonio Rincon, un avventuriere
Spagnuolo,
al servizio della
anni in qualità
d'
Francia,
col re Cristianissimo ai
(superando Francesco
I
tempo) c'era finalmente
Repubblica di unirsi
partirono
al
1'
danni
tutti
alleanza del Turco
di
i
Carlo V, ed ora
pregiudizi
riescito.
nendo da Venezia, dov' era
ed insieme
stato
alla
volta
Lettere 13 agosto 1540, 12 marzo
Lettera di
Cesare Fregoso.
Rincon, ve-
a
sollecitar
di
(-)
del suo
Il
Re, raggiunse
li)
tal
quale da
il
agente francese andava e veniva
da Costantinopoli per stringere
di
e Carlo
Fregoso dei primi. Questi
Cesare
da Castiglione
e
tre-
desiderata con la
lui tanto
Venezia)
amici.
I
I
(quella
alleanze,
La
soltanto.
».
il
la
Fregoso
Francia,
pi-
1541.
data scritta dal liandellb in persona
208
gliando,
come
dice
Fregoso
il
« per la via di Svizari »
insidie
dell'Imperatore,
dar
caccia a questo
la
una sua
In
affine
Corte
la
tornare,
il
un pezzo
suo audace nemico
e
(').
Il
Fregoso
il
È
(*).
scrivendo al cugino Landi,
notizia, che,
facea
Francia a Venezia, sempre
di
ad entrar nella Lega
per indurla
alle
disponevano a
si
Rincon per Costantinopoli
come ambasciatore
(^),
giorno seguente
il
Nel giugno già
(^).
sfuggire
di
che da
25 erano a Lione e ripartivano
per
lettera
Costanza Frejoso può dare
suo
di
l'ultima
la
povera
marito e del
Rincon, perchè tornati insieme dal Cenisio, affine
d'imbarcarsi a Torino per
Po,
il
giunti
che
fu-
rono, poco distanti da Pavia, al punto d'affluenza
del Ticino nel Po, gli
sgherri
marchese del
del
Vasto, governatore di Milano per Carlo V,
li
tru-
cidarono entrambi. Quest'orrenda e sfacciata vio-
(1)
Quella sopra
(2)
Vedi:
citata.
De Leva, Op.
cit.
Tomo
2,
pag. 636 per le
insidie antiche, e per quelle a cui acceiino
Diplomane
(3)
di
Op.
cit.
KoxciiiM, Lett.
mano
{*)
ecc.
cit.
del Bandello 17
Ibid.
Lettera di
Bandello 29 giugno
:
Zeller, La
Chap. Vili.
1541.
Lettera di
marzo
Costanza Fregoso
1541.
Costanza
Fregoso
di
mano
del
—
—
209
lazione del diritto delle genti, di cui l'Imperatore,
per quanto
dosso
s'
non
adoperasse,
la responsabilità, fu
potè
principio di
il
di
togliersi
una nuova
guerra, e l'ultimo colpo di fulmine altresì su Gastelgiuffredo ed
vedova
Fregoso
di Cesare
protezione del
Venezia
cesco
suoi abitatori
i
(-).
re
Ma
mise
si
tosto
Francia e intanto
di
alla
sotto
la
riparò
a
Re Fran-
appunto, mentre
colà
apparecchiava
si
La sventurata
(').
guerra, assoldando ca-
pitani e milizie italiane e impossessandosi
presa or di questo
ur
di
quel territorio, che po-
tesse tornargli utile durante
battersi in Italia,
l'
una guerra da com-
accadde che
anche
la
mene
tutte le
alleanza franco-turca, in cui
trare
di sor-
si
cercava
fare en-
prudente Venezia, ponessero
verno della Serenissima sulle traccio
di
del-
go-
il
una spe-
cie di vasta cospirazione,
che
dall'ambasciata
Francia stendeva
fino
nei
recessi
del
le
governo.
fila
Questi
più gelosi segreti erano
piiì
misteriosi
s'accorse che
i
suoi
rivelati e procedette
con
(1)
Ziu.LKu, Op. cit, Cliap. Vili.
{•)
Vedi in Zellek, Op.
cit.,
una
letter.a
dell'Amba-
sciatore francese a Venezia G ottobre 1541.
Masi.
di
11
—
rapido rigore contro
i
più
ma
;iUi,
Non
traditori.
potè colpire
condannò
iu
mandò
ne
cogli altri fu spietato; tre
a morte; altri tre
cedendo
i
—
210
contumacia, e pro-
altresì contro le famiglie
dimoranti
che,
nel territorio della Repubblica, aveano più intimi
l'.ipporii
e
confiscò
i
familiarità
beni
«iella
coli'
ambasciatore francese,
Fregoso
famiglia
dallo Stato Costanza Fregoso e gli
irrequieti esuli fiorentini
Gostanza
miglia
si
il
fido
Randello
come vedemmo, Francesco
grandi servigi
vedova ed
ai
di
Cesare
Strozzi,
due
i
(').
con
rifugiò in Francia
colà
e
bandì
e
1
suoi figli fece,
fa-
Già,
seguitò.
la
aveva
Fregoso.
sua
la
rimeritati
Ora
alla
a quel che pare,
i
sua
le
più onesle accoglienze, sicché, stando solo a quanto
riferisce
il
Bandello nelle sue novelle,
la vita di (juella
un
castello posto
(1)
Vedi
ili
in
Zei.i.kr,
cit.
(-)
ronne.
Tomo
a
B;is3ens, in
vicinanza di
Agen
Op.
X, XI e XII, pasTomo VI. De Leva.
cit. Cliap.
sim. Ro>rANix. Sfor/'a Dociiin. di l^enesia.
Op.
vede che
signora in Francia era addiritura
Dimorava abitualmente
principesca.
si
(^),
ed
ivi
III.
Ora capoluogo del Dipartimento
di
Lot
e
Ga-
—
la visitavano
i
211
—
più fjrandi personaggi
della Corte,
Maria
Margherita, sorella di Francesco
J,
varra, sorella del suo successore
Enrico
esse,
cia
tempi diversi,
ili
la
Da quanto
italiani,
narra
il
Bandello,
quella
molti esuli Italiani,
condizione e
che capitassero
la società,
più cospicui
i
Francia
in
Fregoso
la
per
che,
Go-
di
realtcà)
pure
stanza Fregoso frequentavano
gentihiomini
con
e
II,
più alta nobiltà di Fran-
Alla corte (che tale era in
(').
Na-
di
tra
è,
su^
la
(^).
i
alta
che raduna intorno a
sé,
contribuisce maggiormente a diffondere in Francia
usi
e
costumanze
lingua
nostra
della
e persino
pei
dini,
il
quali
(").
anche
inverno
di
e
gusto
il
e
la
moda
della nostra letteratura
essa
faceva
venire ortolani dalla
Spesso dimorava nella
(').
Talvolta
(1)
Randello,
{^)
Ibid. P. ir, Nov. 44, 45,
(3)
Ibid. P.
Novelle. P. Il,
IL Nov.
40.
si
villa
recava
di
Bassens
alla
corte
Nov. 37-40. P. IH, Mov.
4(5,
Op.
cit.
')
Ibid. P. II,
Nov.
47.
(5)
Ibid. P. II,
Nov.
49.
(
iW.
47, 48, 49.
Dedica
alla
conte^isa
Anna
Polig-nac. P. II, nov. 40. Cf Fekkai, L.irexzino dk'
DK'I.
(^)
taglio e la coltivazione dei nostri giar-
Toscana
l'
italiane,
Mk-
—
in Parigi
ribellò
(^).
212
come quando
Tal' altra,
vicina città
la
nel
1548,
Bordeaux per cagione
di
delle gabelle, e vi fu ucciso
furor di popolo
a
luogotenente generale del Re, signor di Moulins
Gostanza
per iscbivare
«
Fonlfroid. «
perchè
et
Quivi
Badia
la
uno
e
lutto
da
dì
il
(^)
luoghi
sono
ci
sitata
».
Enrico
II,
Lorena,
il
I,
Vescovo
e,
le
poiché,
di
nominare Ettore
Gostanza,
(^),
si
di
Bandelle,
il
far san-
di
bellissimi di caccie.... era
signori e
baroni
vi-
La famiglia avea dunque ricuperato
Francesco
lità di
il
dei signori suoi figliuoli
circonvicini
i
tutto l'antico splendore,
di
scrive
ha molte castella con giurisdizione
gue
Badia
castello della
fermatasi,
è d'
tumulti »
perigliosi
i
un
a Saint-Nazaire,
ritirò
si
certamente per
quali furono
morto
Agen,
re propose al
secondo
Fregoso,
poiché questi
era
ancora
metà delle rendite
(1)
Ibid. P. Il, Nov. 39.
(2)
Martin, Histoire de France.
(3)
Bandello,
Novelìe. P. II.
Tomo
Nov.
43.
di
papa
figlio
di
fanciullo,
assegnato
vescovato fu fiduciariamente
delle, riservata la
continuate da
1550 Giovanni
nel
il
le libera-
al
Ban-
alla famiglia
Vili.
-^ 213
Fregoso
(^).
Così è che
aflermino
Domenicano
dell'ordine
per divulgare
lo
Bandello
il
checché
Vescovo, ma,
e
i
Bandello
passato pei-
è
suoi biografi
i
Protestanti confermino
scandalo d'un Vescovo Cattolico,
me
che scrive novelle oscene, a
il
--
sia sialo
pare assai dubbio che
A buon
Vescovo veram.ente.
conto esso, che tante cose dice di
non ne parla
sé,
mai. Anzi, scrivendo ad Ettore Fregoso, gli dice: « da
qui a poco tempo saprete non
questo honorato vescovato di Agen,
si
governa
(')
luogo
»; ed in altro
mancare
poter
vi
che per voi
dice espressa-
mente:
« Eitore Fregoso, dai re Cristianissimo no-
mato
sommo
al
Pontefice per Vescovo di
Vescovato
era
dunque
Il
titolare del
il
Bandello forse ebbe prò forma
di
modo
gerente, alcunché
alla famiglia dei
insomma che
Certo è ch'egli non amministrò mai
scovato,
non
si
di
».
ed
vicario
faceva
al
(^)
co-
Bandello.
nessun Ve-
mosse mai dalla casa della signora
Costanza, non sorpassò mai
ECHAHD. Op.
(1)
QUKTIF
(2)
Bandello,
(3)
Ibid. P. Ili,
et
Ettore,
titolo
Fregoso, non
Agen
la
cit.
Novelle. l\ li,
Nov.
63.
sua condizione, non
Nov,
31).
—
ma
dico di servitore,
Ripete in
luoghi
sopravvanzate
al
e
stampa
le
sue
poema
il
tutte
dimorò
in Francia, oltre all'opera,
Fregoso,
dei
divenne
Ettore,
Giano,
quali
Ageu
L'argomento, che
del Bandello
gratulazione,
petrarchesco
dei
a
e
III
la
2\
che
del.
fosse
conferma
l'eroina
vescovato
del
poema,
del
l'ideale
Bandello, Lucrezia Gonzaga
il
A Monsignor
i
cit.
il
del primogenito
al
ManBau-
Che contraria-
domenicani, Giano
biografi
primogenito,
stampati nel 1545 in calce
di Paolo Battista
non
quale
per
rileva
si
dai
ni al ita fatti dal Bandello e chiamatile Tre
natività
della
figli
vuol dedurre dalla lettera di con-
si
quanto affermano
non Cesare
toli
ne
a
tre
al-
(^).
Vedi: Quetif et Echaed. Op.
(')
novelle.
che dava,
(non so
frone, gli scrive, dirigendola:
mente
le
primogenito, e
il
poi in realtà
ragione) vescovo di
e
nel tempo, che
occupazioni
all'educazione
e
sé
d' Italia le carte
Queste
l'istruzione
Gostanza, a
saccheggio degli Spagnuoli e mette
la
ordine per
di
venire
fa
si
Fregoso.
solita frase, che,
la
e la liberalità
vive e alle muse,
in
di cortigiano di casa
moltissimi
mercè l'amicizia
—
214
:
Capì-
Parche
del sir/nor Cesare Fregoso,
poema
Fregoso a tutto
il
e
dalla prefazione
volume.
— 215 -^
deUo
Ghienna
ili
ha alcun valore, perchè
non
(M,
ragionevolmente nessuno crede all'autenticità delle
che
lettere,
e
tutti
le
raria di
di Lucrezia furono pubblicate nel 1552,
hanno
in
Ortensio
visse parecchio
conto
d'
Laudo,
tempo
bandito per sospetto
un' impostura
che
e
poi
fini
d' eresia
casa
nella
fuori
Del
().
di
che
è,
quella lettera per vedere che
nuova
Sconoscenza, della quale non
si
mente sospettare Lucrezia Gonzaga,
donna,
che
in
sua
vita
non
ebbe
sa se
buono o mal suo
può
ribaldo,
che
di violenza
in
si
infelicissima
altra fortuna
poema
non
trovò unita ad
si
un
violenza, di delitto in
Lettere di Lucretìa Gonzaffa già
(-)
Vedi Affò, Memoria di Lucrezia Gonzar/a
S.
il
Giampaolo Man-
(')
pure:
gratuita-
Maritata,
grado,, a
frone, condottiere Veneziano,
satira
fede.
(per quanto piccola possa parere) se non
in sua lode di Matteo Bandello.
leggere
d'una
buona
e non di una congratulazione in
chi
resto,
basta
trattasi
lei
d' Italia,
sa che voce corse in Italia a proposilo della
dignità del Bandello! Fatto
lette-
cit.
cit.
Vedi
Bongi, Annali di Gabriel Giolito de Ferrari e
Ireneo Sanksi.
Bracali, 1893.
Il Cinquecentista
Ortensio
Laudo.
Pistoia.
—
delitto,
sua vita
finì la
216
—
carceri
nelle
dopo essere scampalo
Ferrara,
duca
del
patibolo,
al
di
che
mille volte meritava, ad intercessione della virtuosa
sua
e
sventurata
lo
amò con una
trimonio di
non
parla
lei,
mente
vi
il
di santa.
che forse disapprovò,
poema
nel
di
il
nella opulenta e splendida
al
1560
dimora
i
di
suoi
Go-
vecchissimo,
(^).
novella di lieto fine
una novella
1545, per
pubblicare
a
e
stanza Fregoso, Matteo Bandello finì
realtà
Bandelle
parlarne.
Occupato a raccogliere
È una
Del ma-
benché sicura-
1538,
lavorasse attorno fin verso
probabilmente circa
il
nel poema, né altrove. Finge
né
non avere occasione
scritti e
quale lo compatì e
la
rassegnazione
mai
anzi di finire
moglie,
la
sua
essa stessa, a cui
vita,
ma
in
non mancano
peripezie d'ogni sorta.
Buona
però, inoffensiva, morale, starei per dire;
certo
incomparabilmente più morale del suo novel-
liere,
il
(1)
quale fra
parti, nelle quali
Dalla Prefazione
all'
lumi del Novelliere fatta in
edizione
Lucca
certo che al 1554 era ancor vivo.
dei
il
Bandello è
primi
tre
vo-
dal Busdrago appare
—
—
217
nobilmeiUe onesto, ne
scrittore elevalo, virtuoso e
ha
nelle quali è ignobilmente e trivialmente
altre,
Questa immoralità spicca
licenzioso.
quel fondo
in
va
cui
morale cristiana
di
necessità
di
Cinquecento è
fatto
di
E
spiana,
lo
contrasti;
d'immoralità
dall'accusa
fende da sé a più riprese
con
giorni, che
narrarlo.
male
il
Ma
scusa, che
il
sta nel
fare
Cinquecento
il
costume, anche
suoi
raffinamenti
magnificenze.
Quando
brutali divertimenti
una Lucrezia Borgia,
(•)
II.
IUndello,
P. III.
(-)
Nov.
Luzio
G
cultura
di
si
vede
poteva
ma
Novelle.
P.
Italia,
so-
ai
è
nostri
corrotto,
nonostante
sue
tutti
i
esteriori
e
le
in
che grossolani e
trovare
un' Isabella
I,
fiacchi
almeno questa
ha
in
di-
male, non nel
il
ed è ad un tempo assai rozzo,
l'ideale
si
nuovo
fismi, principale quello, rimesso a
Italia
in
Bandello
ma
il
raffina di più.
lo
il
('),
non
Italia
in
pulisce,
lo
Se non che
collocata.
tali
su
piii
religiosi,
e di uffici
soltanto. Altrove è più scabro;
artistico
tanto
Nov.
17,
non
sollazzo,
Gonzaga
19.
P. II,
(^),
Nov.
2.
Eeniku.
Biijf'oiii,
Xaiii,,
ecc.
cit.
Relazioni
d'Isabella con Lndovico e Beatrice Sforza, citat.
—
Uno
^
quando
una
vede qual genere di
si
lettera privata osar
di
quando
risposta,
Bibbiena,
il
riderne e continuarli
vede
si
poteva in
schei'zi
scriverle
ma
ed èssa non adontarsene,
nella
—
218
che
in
eleganti
suburre, insieme con Cardinali e Vescovi, consentiva
condotto
fosse
ostaggio
che
stampi?
come mera-
li Q),
novelle del Cinquecento
le
un
cenziose e che
le
giovinetto e
figliuolo
Corte di Giulio
alla
vigliarsi
suo
il
frale
Bandello
Il
Domenicano
almeno
siano
scriva e
le
ha
la
li-
coscienza
delle proprie colpe.
Negli ultimi
dimostrata
sua
virili
la
tre canti
eccellenza
redentrice,
zione religiosa e
si
muta
donna
la
dell'amor
amala
si
perfezione cristiana,
trasfi;?ura
l'
inspira-
il
poema
pentimento e
di
in
dopo aver
platonico, la
donde scaturiscono
un doloroso inno
in
poema,
del
"uida
santa
la
alla
sport ardito e innocentissimo era per lei passare a piedi
il
Po gelato insieme con
e Renier. CuUiira
già citata.
(*)
—
e
le
Bandello. Novelle, Parte
Archiv. della Società
Voi. IX, A.
tìinlio II.
sue damigelle. Vedi: Luzio
relazioni letterarie d'Isabella ecc. ecc.,
Romana
Luzio Federigo Gonzaga^
I,
nov. IG.
di
Storia
Patria.
oslngr/io alla corte di
—
patria
celeste.
quale
il
poeta
zioni, e la
La via
si
sua
—
219
redenzione,
della
mette,
è
sparsa
tutta
rappresentazione
per
tenta-
di
poetica
la
ha
una
singolare rassomiglianza e quasi identilii col celebre
Excelsior del Longfellow.
ad un tempio, che è
prima
ser
si
confessa,
degno
si
il
deve giungere
poeta
un monte,
cima ad
in
comunica,
di salire alla
sta volta è
11
monda
si
mèta, ed
per es-
modello que-
il
Purgatorio Dantesco, imitazione rara
un Cinquecentista. Finalmente
in
ma
pentito, assolto,
riJDenedetto, la divina misericordia gli consente di
entrare (e non è poco per l'autore del novelliere)
nell'allegorico tempio
di
quattro virtuose donne, Beatrice
sabetta
insieme con
Pudicizia,
Aragona,
d'
Eli-
Gonzaga Duchessa d'Urbino, Ippolita Sforza
Bentivoglio, Ippolita Torelli Castiglione, e là aspetterà quelle
che ancor sono
in
vita,
Costanza Raii-
gone Fregoso, x\rgentina Doria Fregoso, Margherita
Pio
del suo
(')
Sanseverino, Lucrezia Gonzaga, l'eroina
poema
(').
Per mal che vada,
Bandelle
Canto XI. Forse a maggior contraddizione colla
licenziosità delle Novelle viene
al
il
BandoUo un
comunemente
trattato di Etica dedicata
a
attribuito
Marglierita,
—
220
—
s'è messo, con tante belle signore, in
pagnia!
Ma
è soltanto
questa
tempio
del
cui
sia
Petrarchismo cinquecentista,
arrivato,
impudica nudità sono
due punti estremi della
uno
dei
Regina
di
documenù
Francia:
dal Mazzucchelli, e
il
novelle
due
i
vita italiana del
lati,
anzi
Cinque-
Bandello sono
più significanti e compiuti.
ma
si
le
io,
maggior con-
il
cento, di cui l'opera e la vita del
non
è la piiì
cred'
quale
del
trapposto. Così però sono espressi
i
Pudicizia
di
una barocca invenzione, bensì
superlativa burletta,
nella loro
buona com-
è
un errore
di copista, rettificato
tratta invece dell'
pide, tradotta dal Bandello in Italiano.
Ecuba
di
Euri-
APPENDICI
APPENDICE
I.
Religiosissimi Fratris loaunis Baptae
CaUanei Ge-
nuensis Vita per Fratrem MaLtheunì Bandellum
Cislronovensem Ordinis Predicatorum ad Fratrem Aiidream Gorsium Geiiuensem ejusdem
Ordijiis, feliciter inchoat.
codice inedito, posseduto
—
da
(Estratto
wi
da Benedetto Groce).
Ioannis Baptistae Cattanei, cujus praeclaram mortein
ne perpetuati! dixeiim
vitam,
scribere
adorai sumus,
Augustinum Cattaneum ex
nobili et patricia Cattaneoruia gente satum... Natus
est nono Calendas sextiles anno a salutifero Christi
partu quadringentesimo octavo supra millesimum et
genitorein fuisse
constat
octogesiraum. Ferunt enim obducto
edituni.
Quod apud plurosque, qui
thodoxain fidein
sum omen
membrana
circa
Deum
pensi habent, nialuin
niliil
et
capite
et or-
adver-
{Messo ben presto in banco dal
libertà, di cui godeva, fecero sì, che: coepit vanis se immiscere amoribus et voluptatum illecebris oppido delectari. Ma
padre
i
putatur.
troppi danari e la precoce
tocco dalla grazia divina, cominciò a macerarsi di
giuni
e di
penitenze
Frate Domenicano).
ed
A
di-
a volere farsi ad ogni costo
Fratribus autein diutissime est
repulsus, non quia sua^ aut aliorum saluteai
desiderio flagrarent amplecti,
...
non
sed ne temere
tote
et in-
—
eum
—
224
apud majestatem dimacularent colluvione, et adolescentem
senioris animadversiouis reum facerent, si tunc facile susceptuni, nec nostrae piofessionis pondus inconsulto
recipieutes, et se
vinarli levitatis
telligens,
ve)
destitutor
post
modum,
vel
corruptor
aut tepidus extitisset. Verbis itaque et pollicitationibus
per totum
Fratres
sacraa quadragesima}
detinuere,
ut
ejus
tempus ejus animum
periculo
proposito perseverantia probaretur.
. .
ipso
in
sancto
Transacta deinde
Resurreetionis solemnitate sanctisriima Fratres creber-
rime pulsat, petitque, ne se sancto desiderio fraudent,
se non inani cogitatione, non levitate, non puerili mota
hoc sed tantum fine moveri, ut salvare possit animam
suam, mille esse in mundo pericula, seque satis supraque ejus versutias caliere, se diu saeculi strictus
catena fallaciisque deceptus libertatem iam aflPectare.
Celebrabatur tunc temporis Mediolani congregationis
nostrae senatus coque Prior noster contulerat. Verum
enimvero quoniam, absente Priore, recipi inter nos
adolescens minime poterat, rei series Mediolanum ad
Priorum scribitur rogaturque ut Fratri Nicolao Fabiensi superiori detur venia quo illum habitu ordinis
induere valeat. Venia exorata rogatisque in Capitulo
sententiis omnium fere suflFragiis admissus est, etsi
plerique obnunciaverint eum ita adolescentulum non
debere recipi affirmantes. Sed quoniam Prior in dies
expectabatur (jam enim celebratus fuerat expletusque
senatus noster) visum est Fratribus ejus receplionem
adusque Prioris adventum differri. Idibus igitur Maji
Prior et una secum nonnulli Fratres (inter quos ego
aderam) Genuam adventarunt. Quod eum primuin
cognovit Adolescens, iterum gravius instat, nullamque
requiem Fratribus permittit... Pi'ior quum eum allocutus
fuisset
nutare nos qui
vidissetque
eum
nulla
ipsius
vacillatione
eo veneramus acciri jubet nego-
tiumqne proponit. Re itaque agitata, unaniiniter adinissus est, statutaque dies, qua io Conventu recipi
debere. Fiiit e vestigio haec nota adolescenti, qui
tanto profuiiis est gaudio, tantaque anioenatns letìtia,
ut saepissime de jucunda ejus hilaritate
habitus senno. Erat raihi
cum
suetudo, niultaque quandoque
sit
a
nobis
eo adeo mediocris consibi
obiectabain, quasi
inconsiderate habitura Religionis peteret, quaa ita
fir-
missimus ipse (vera loquor) destruebat infirmabatque
rationibus, ut tnusantem redderet, non me modo, que
hoc unum scio quod nihil scio, sed plures alios, qui
hujus gratia cum eo sermonem habuere,
Quum
igitur optatissimus et faustissimus illusisset dies, quo
devotus adolescens in conventu. ... recipi deberet,
dum missarum sacra fierent, pedetentim versus conventum proficisci increpit. Quippe dom^sticos ne id
scient pie sancteque fallere summo ardcbat studio,
dictum non sibi a genitore suo fuerat (intellexerat
namque eum
religionis teneri desiderio) ne pedem
conventu inferrent, qui longo fatigatus convicio
assensum praebuerat
Quartodecimo igitur Calend.
lunias, qui dies erat solis, in conventu admissus est
60 animo atque intentione ut tres quatuorumve diebus
in sseculari veste detineretur, quo re ipsa comprobaretur an verbis facta quadrarent atque ut genitori
in
ca^terisque parentibus
si
quid obiicerent, libere respon-
dere posset. Vix coenobium adolescens ingressus fuerat,
cum
ejus Gcnitor id
una cum Hieronismo
rescivit,
et ipso
gnisque clamoribus claustri
etiam
limina
concitoque gradu,
filio
advenit,
ma-
complet, Priorem
alloquitur conqueriturque: filium sibi eripere velimus,
nondum
atamen falso asseruit) ex
se Fratrum imprudentia,
qui puberes ad Religionem invitent, quos satius esset
domu ad parentum curam remittere. Responsum sibi
utpote
qui
epbebis excessisset.
Masi.
(id
Mirari
15
—
•226
Ioannem Baptistam ex ephebis excessisse jamque
et Religioni fore quam aptissimus. Bene
quoque visus est de filio sperare Fratresque adolescentis bonam habituros curam effecturosque ut brevi
de ipso magna superapturus gaudia. Nullis tamen
est
adolescere
verbis Augustini indignatio sedari
etsi plui-d in
medio obducta
data
profluebant
leprimique potuit,
quae facore debuissent
satis, quaì etiain cuivis curioso et obstinato ora pr*clusissent dimonuissentquo animum a priori sententia.
Abscessit Augustinus cuin Hieronimo extreina minatus, ni Ioannes Baptista illi restituatur. Mox, ut ipsi
abiere, Cattaneus et Stephanus, duo ex Augustini filiis
adventarunt, quibus eum visendi atque alloquendi
copia,
abunde lachryma?, sed
sint
ex
eorum
ita suis
facie
eos verbis
largiter
et
adolescens
est consolatus, ut qui
eum
a sancto proposito dissua-
ferme
ipsi
suasi
suri veuerant,
remanserint.
Augustini gener Francus Grimaldus
et infestivo ingenio, qui
Aderat
subagresti honao
eosque verbis et contumeliis
progressus est adeoque in
maledicta
se effundit
Francus itaque Grimaldus ubi eum Ioanne Baptista
colloquium habuit, multaque nitro citroque dieta fuere
ferme e linguis redditus est et qui paulo ante vastis
vociferationibus
simis
admodum
omnes
se terruisse
optimi adolescentis
credebat,
rationibus
paucisvictus
Grimaldus noster, discedunt et duo
quos dixi Ioannis Baptista^ germani, secum tacite submurinurantes ejus inconcussam mentem et mirantur
et estollunt
Verura enim vero tyrunculi Genitor,
ubi se filios generumque elusos videt, sevius denuo
bellum fìiio parat, singulaque assiduo cogitatu meditatur, quiii juvenera illicere possint atque secum fermissime deliberat vel extrema pati potius vel eum
ad perditionem trahere. Revertitur itaque ad Conventum et una secum universa ferme Cattaueorum pròest
Discedit
—
227
genies obsident invictissinii animi adolescentern. luel-
oleum mellita, qu£e vel saxa
litaque verba et super
unditjue
emollissent,
scque
spatium
colligendi
Respirandi
effundunt.
tyrunculo
teiiipus
minime conce-
sed urgent, instant, premunt, cogunt, atque mi-
ditur,
nantur;
heu generosi
quo meruit poenain
iuvenem senes, si
multis fallitis unum? ^Minime tamen eorum vel minis,
vel pollicitationibus motus est adolescens
{Segue
una discussione interminabile tra il padre, il figlio, gli
aulici^ i frati^ il Priore, inutile anch'essa a smuovere
il giovinetto. Convengono di farlo condurre da tre frati.,
facto?
fra
i
sed
qua3
quali
gloria
carsi
Bandello., in
il
vento., donde.,
colla
vestra
secondo
nonna.,
vano anche questo
il
la
viri,
est,
si
una casa
succursale al con-
desiderio del padre., potrà abboc-
madre
tentativo).
e
la
sorella.
Itaque
Ma
riesce
inconsideranter
quodam sacrari! liostio patefacto Aucum duobus filiis et genero plurimisque aliis
conspirationis consciis armata manu vi ingrediuntur
ut
fit
a fratre
gustinus
extrema minantur ni
D. Ambrosii aditum
praastabat, eis patefaciamus. Erand apud me postici
claves, quas illieo in sinu reposui. Sed quid contra
tam validam annatorum manum, inermes nos agere
poterauius? Mea certe arma, non venabulum et lancea,
non et gladi us, non pugìo et graphius, non ea denique
sunt, quibus humanis etfuditur sanguis, sed ea qua)
vocantur spiritualia arma, et in primis crux Chrìsti,
sicasque et graphia vibrantes
posticum
deinde
quodam
in
sacello
stilos et pugilares,
calami,
libri,
lucerna,
ca";-
teraque hujusmodi studiosorum arma.... Tres eramus
imbelles
numero, sine viribus
Ne n temperari fa-
ira.... Francus
Grimaldo pugionis capulo me in occiput percussit.
Fratrem Silvestrum Cattaneus et Hierouimus ex Angustino geniti multis ictibus (inaniter tamen) cecide-
'cile nec reprimi
potest
stricti
ensis
OOs
runt. Fi-atri Angelo de Pellice Laico, qui ante hostium stabat, scapulare a quodam ex coniuratis sica
dilaceratus est. Sustinuimus aliquandiu, egre tamen,
eorum impetum, sed tandem
propriis deturbati sedibus
loco eessinius. Sed quid plura?
Ex
eis
quidam Ioannem
Baptistam per cassariem rapiens, renitentem eum et
magnis vociferantem clamoribus, veluti gangetica cervie lactentem foetuin per silvas tigres opacas abducit,
Extractum ex tempio ado~
sic ex sacr;ivio extrahit
lescentem domum deferrj coeperunt
Quferitabat
ingeniosus adolescens evadendi viain.... Itaque intentatum relinquebant nihil quod fugas obstiteret, sed
custodiis ita
dam
omnia firmata erant ut ne
tuto se committere posset
nitore et germanis ad
fenestris qui-
Postridie
a ge-
mensarum forum ductus
est il-
licque eatenus detentus quoad erogandis pecuniis finis
Qaid faeiat Ioannes Baptista, qui omnia
quo reverti ad nos posset? Fugam
custodia claudit, sed grande doloris ingenium est miserisque venit solertia rebus. Contendit ab eo genitor
ve! minis vel precibus extorquere ne nostrum amplius
ad conventum veniat, neve coeptam prosequatur provinciam. Vis est itaque adolescens haec non aspernari, sed corde omnia meditabatur, ut quam primum
Ordinis habìtum assequeretur. Pater ut filium segni us
agere videt, magni gaudi plenus remansit, atque custodiam minuere occepit, quod ut sensu solers Christi
miles, nactus opportunum tempus, custodibusque deceptis, concito gradu venit ad Fratres, rogavitque enixissime ne se linquerent, sed tamdiu exoptatum habiimpositus..
..
volvebat animo,
i
tum
ei
traderent,
periculum.
sertim, ne
se sua?
Verebantiir
si
constantiae
nonnulli
ex
evidens dedisse
senioribus
pra---
tnne reeeptus fuisset ad majora novanda
facinora ejus genitor incitaretur. Prior quoque itidem
formidabat.
Ea
propter
domum
reverti illuni
compel-
—
quem
lunt et
229
debue-
e vestigio Ordinis habitu vestire
hanc rem in aliud differat tempus hortantiir.
Vidisses tune adolescentem deinisso vultu pedibus
domum ire, corde tamen manere. Perendie deiiide bora
prandii denuo revertitur eamdernque rem identidem
petit. Eratit complures qui
tunc euin recipienduin
oninino esse affirinabant nulloque pacto tam longa
rant, ut
conperendinatione
eoruin
eum
esse detinendum, sed
sententia babita
Tandem
erat timor
qui
est
post longas bujus
siones a Patribus conscriptis ut
superior
timebant,
non
ubi
rei
discus-
cum primum Ioannes
Baptista adveiiisset in nostram reciperetur societatem
decretus
Posterà
est.
pusculum
dun noctis occiperet crecum omnia ad vota
die,
rediit adolescaus, cui
successisse disesseinus, supplices tendens ad sidera pai-
mas Deo Opt; Max. immortali immortales gratias suo
modulo egit. Nani possem verbis consequi quo
prò
animi ardore, qua devolione, quo mentis affectu Orbabitum peteret. Dubitantibus quibusdam ne
dinis
denuo raperetur eique dicentibus an timeret, sic requam diu pretextam Lane gero.
At si me sacro habitu vestro indutum videro, ita ero
spondit: timeo equidem
firmo
et
mendum
constanti
animo,
ut
nibil oiiinino
mibi
ti-
sit.
Incipit liber
secundns viiae
fiatris
I.
B.
Cattanei
Ordinis Praedicalorum.
Anno
simum
a partu Virginis quarto supra quìngcnte-
milesimum ad undenas Calendas lunias. lulio
Secundo Pont. Max Romana3 Eeelesi;« Preside et Maet
ximiliano babenes Imperii
Romani moderante, Ioannes
Baptista nostra in sacr;e
roligionis
est.
[Segue
la descrizione
militia
dcUa fuìizione per
ascriptus
la
vesti-
230
un frate,
un lunghissimo
—
zione fatta da
che
malato,
discorso di quel frate sui
che
e
il
teneva
le
veci
del Priore
vot'\
Cattaneo sta per pronunciare, la risposta di esso
finalmente sono narrati
fratesca.
i
primi giorni della sua
Quindi continua:) Verum enim vero
dum
vita
pestis
omnìuque tumultuarie in urbe ageseptimum Idus Junias, qufe dies est Veneris,
prò majorum imperio devitandaeque pestilentitc gratia
Albarium me contuli. Est atque Albarium Villa in
Genuensi agro omnium meo judieio amoenissima, duobus minibus passuum a Genua distans, ubi coeli saafFatim pullularet
rentur, ad
luberrima est temperies, situs amoenissimus, itemque
iucundiosimus, coelum hyeme temperatuin, estate ge-
lidum fleuntibus semper lenissimis auris, nisi quando
hiberno byberno, temperies, flante interdum Borea,
aliquantuluin frigidior redditur, sed hujus loci amoe-
nitatem
cum
scribendo
verbis assequi
quum plurimae
minime valeam, ne fiam
praetrermittam.
riduculus,
Albarii
igitur
venustissimae, Conventus nostri S. Mariae de Castello Fratres locum et ipsi habent villulaque non insuave:
postridie ilaque quam bue me contuli, Frater Ioannes
Baptista cum fiatre Paulino Maiolo Genuensi economo
advenit, advenereque reliqui fratres qui illic deputati fuerant; erauius duo de viginti capita duobus
exceptis villicis. Disposueiamus omnia ita recte et ordinate, ac si in conventu fuisseinus, divinas laudes,
inissarum solemnia, comunes orationes nostro prò modulo et prò
Pifoìiiio
tutti
i
sint
loci
angustia
muore di peste
e
villae
e il
dissimo, Girolamo,
villa e cerca
domum secum
et
agitabamus.
poiché
suoi confratelli, compreso
assistito e ctiruto
alla
civium
quideni
{Intanto
sema nessuna
il
Fra
cautela
Cattaneo, l'avevamo
pericolo dclV infezione era gran-
uno
dei fratelli del Cattaneo, accorre
persuaderlo)
ut,
relictis
Fratribus,
pergeret, (juo peste vitaret, cui
non ab-
—
231
nuit modo, sed quod ampliori admiratione dignus est,
in liaec verba respondit: frusta niteiis, Hieronirne, et
in
cassuin laboras arenaeque semina mandas. Decrevi
omnem quam
Frate
cum
è colpito di peste
paìi per
il
eis
ed
cum
Fratribus. in
{Intanto nn aìtro
morì
Priore aduna
il
i
princi-
Eram ego
Bandello) dum haec agerentur, cum Fra-
deliberare
{continua
tre
vitam
victurus suin
religione vivere et
chi
debba
assisterlo).
in fructiceto villae nostrae, sede-
Ioanne Baptista
bamusque ambo super quemdam puteuin atque variis
de rebus invicem eolloquebamur. At qui ubi haec
magno
cognovi,
perculsus timore, mentis formidinem,
vultus pallore manifestavi.
Tum
adolescens:
illustris
ne dubita (inquit) mi Matthee; nondum venit bora
tua, bono esto animo, spera in Domino et fac boni«
timorem
tate et ipse te enutriet, pelle
e
pectore verbi-
sque meis erede. Scio quid loquor. Illacrymans deinde
inultisque einissis suspiriis: at ego (dixit) infra quattriduum, tetrum hoc corpus relinquam dignaque factìs
Tu
praemia reportabo.
hoc anno peste non morieris;
ego, uti spero, ad beatorum regna proficiscar. Morien-
dum nam
uiihi
omnino
est, tibi
meam
animain
(etsi
commendo
me amorem, quem vi-
currenti equo non sunt adhibenda calcaria)
oroque, ut inirificum
venti
fiet,
iiiihi
in
etiain
cum primum hominem
si
rium
tuum
mortuo
habes,
quod
serves,
exuero,
totum
tunc
psalte-
mihi persolveris funerique meo parentari cura-
operam
veris,
adhibueris
bus. »
Kon remansit mea
ut
itidem
ab
aliis
in facie bis auditis
fratri-
sanguinis
gutta, sed mortuis simillimum videbar. Quis scribere,
quis cogitare, quis
stias et
cordolium
referre
posset mentis mene mole-
acerbissimum,
nisi
qui
aliquando
carissimo socio privatus fuit? Tsunquam tantam
cedinein in ejus conversatione
habui,
dul-
quantum tunc
moerorem ex ejus verbis accepi. Sed dum rediissem
232
ad me atque animo ejus verba volntassem, coepi eum
reprehendere ac arguere, quia bis nugis animum adhiberet. Eum nam inconsulto et ut saepe fit ex imaginatione loqui aibitrabar. Quapropter ejus verbis non
facile credebam, sed ipse magis ac magis quae dixerat asseverabat. Quaerenti vero mìhi quonam pacto
baec sciret: « quid, inquit, ad te? » Ncque mirum
neque impossibile inciedulis hoc videatur, quod Deus
Opt.
Max
potens
huic adolescenti mortem revelaverit,
sit
ex
lapidibus
suscitare
filios
ouum
Abrabmae,
idque quamplurimis saepenumero manifestaverit. Cre-
omnibus Fratrem Ioannem Baptistam visionem
aliquam habuisset, quod ut credam, id quod scripturus sum me cogit. Celebrabatur eo die Beatissimorum
Apostolorum Petri et Pauli vigilia omnesque ieiunabamus. Dum ergo advesperasceret meque ini templum,
orandi gratia, conferrem, in vestibilo, quod claustrum
a sacrario distermi nat, eum multis foedatum lacrymis
atque de tempio egredientem offendi quem eum salvare jussisem beneque sperare: Jacta, inquit, est alea.
Dura; peregerunt pensa sorores, ha^e sua retrofila revoluunt; utinam solus ego mori duntaxat deferem, sed
complures alii decedent. Vidi nunc plerosque ex fratribus nostris ad conventum nostrum S. Marite de Castello pheretro mortuos efferri, quos omnes nominatim
aguoseo; coeterum ne inconsiderater loqui me pntes,
crastina die eum primum dilucidabit. Fratrem quemdam peste infectum comperies. His dictis ipse in celia,
ego vero in templum perreximus. Non solum autem
mihi, sed et aliis quibusdam hxa quie scripsi enarravit.
Postiidie eum aurora totum jam jam ciarere orbem
accepisset, proficiseerque in villam, in xisto conveniens me Frnter Joannes Baptista: « lieus, inquit,
Frater Matthee, tradidisti ne oblivione qua; esterno
vespere tibi dixi ? » Apprenhendens deirde me manu.
ditur ab
—
233
Fratrem Paulum
approbatum demonstrans, qui glandulam ingulnarìam Andreas
ducensque
in claustrum atque digito
Vercellensem, virum longo Religionis jugo
medico, ostentabat: « disce, in-
Ponzonio, prjBstanti
jam verum esse quod locutus sum. » Eo die,
omnes fiatres sacratissimum Christi corpus cuni lacryniis et maxima cordis contritione sumpserunt. Post
prandium autem dum fratres nonnulli in nemore, quod
in Villa versus orientem emìnet, sub quadam castanea
quit,
molti in lierba consedissent, Fratrer Joannes Baptista
(ut
postmodum
intellexi)
ante
omnium pedes humi
humi li
fle-
bilique vocula ab omnibus veniam deprecatus est.
Ad-
prostratus,
si
aliquid contra eos deliquisset
mirati sunt Fratres singularem ejus actum, sed cujus
gratfa factus esset ignorabant.
Exnsculati
os
autem,
optimum adolescentis ingenium enixe vere laudabant
et extoliebant magnifico.
Abscessit deinde ab eis
laito
jucundo vultu, seque in cella eontulit et quod pestileritem aegrotaret aegrotationem
illieo declaravit.
Advenerat ea bora Hieronimus, qui eum secum ducere volebat, ea adductus ratione quod adolescens
antea visus fuerat acquiescere, sed divino gestu Consilio crediinus, ut nane adolescens adversa passus sit
valetudinem, quando a Fratrum consortio dimoveri
et
debebat.
Verum
nullus fratrum sibi
persuadere
pote-
quamquam Fra-
rat,
eum
tres
Pantaleo et Agapitus Genuenses manibus propriis
juxta
pestis contagione focdatum,
pubem glandem
inguinariaiu umtrectassent, fun-
debat abunde hlcr^-mis
dolore, lamentabat.
.
.
seque
.
gravi
Cum primam
cnpitis
vero
afilictari
suam
in
cellam ductus est (descenderat nam ex cella in claustrum ) Christo Op. Max. se commendans in lectu se
jamque
iiivaleseebat et incrudescebat
mor-
bus, nnllai rationes medicorum, nulla j)liarmaca
pro-
reelinavit.
derant, pestilentia' vis lucdullitus inliaerens, pedeten-
—
234
—
tim emergebat in robur, virulentuinque venenum totum
per corpus
diffundebat
devotus
adolescens
innosam.
Mirum
revit
ferre.
febriebatque ingenuus
febreni et
vehementem
et
atque
aeru-
tempera-
est quarn cito a lachrymis
experitque gravissimum morbum forti aninoo
Nani ubi in lecto se posuit, visus est onmeni
abiecisse
moerorem
circa
;
secumdam vero
noctis ho-
Agapito ad ejus cellam me contuli
quesiviqee quam recte se haberet, tanta siquidem sibi
me devinxerat charitate ut ad eum accedere minime
pertimescerera fidebam tunc (ut ingenue dicam quod
sentio ) haud parum ejus verbis, quibus hoc anno me
pestem non perpessurum affirmavit, quippe qui mihi
prffidixerat, commodum compleri intuebar. Videns au-
raui
cum
Fratre
;
tem Fratrem
Agapitum
ac
me ipsum foedatum
la-
chrymis: ecquid, inquit, illacrymatis ? Ridens vero
serenaque nos intuens facie: convalescebo, inquit,
brevi et quidein ocius opinione, nani mihi medicus
Quod ego audiens, cum, transBxus dolocoepissem durius fiere, tuia alt ille: quid
est, Fratres, ut tanto vos dolore conficiatis ? Stat sua
cuique dies, impievi cursum, qui a Domino datus est,
est Christus.
rìs iaculo,
plura loqui, jam lingua balbutiebat et
somnus sensus oppresserat febrisque in ardore aestuabat. Dimisimus igitur illum et ad cellas
volentique
gravior
nostras
profecti
sumus. Postridie, qui dies erat
soli
ingens civium et matronarum Genuensium ad nos factus est concursus, qui onines uno ore
obsecrare orareque nos coeperunt ut separeremus nos
summo mane
ab
iis,
qui ea
omnes nos
pestilentia;
teterrima
e vestigio
mederi
lue
infecti
erant,
alioquin
morituros nullamque magis rem
quam fugam....
Plerique
igitur
matronarum precibus acquiescentes in
Postquam
nemore sub d'o sibi tiguriola construxere
in nemus profectus sum. vestes et omnia, qua? nobis
nostrum
piis
—
235 --
necessaria, a pieiitissimis
erunt
quibusdain mationis
delata, quie nostrani salutem ita affectabant ac
Adeiant
genuissent, reperi
giique
viri,
qui
proprias
si
nos
et nobiles plerique egre-
certatini
vestes
offerebant
modum
nosque sperare adhortabantur. Rebus in lume
compositis in tres partes divisi sunius. Prior cuin quin-
que fratribus una degebat, infecti peste, et qui eis
astabant, maioreni loci partem occupaverant. Nos qiii
septom eranms, nemus possidebainus. Villa omnibus
communis erat
{Ad uno ad uno gli appestati muoiono
tutti e il Frate Cattaneo con essi). Extat nieum in
ipsum epithapliium, ejus sepulcro affigenduin, quod ne
quis illud desideret, hoc est: Viator pientissime, tanietsi
properas, hoc
te
deinde quod scriptum
tissinutì indolis, optin>i
saxum
rogat,
amenique
ut
se
aspicias,
Adolescenti specta-
legas.
est,
ingenii, Fratri
Joanni
Bapt. Cattaneo Genuensi Augustini Cattanei Genuensis patritìi
fìlio,
qni duni vix quintam excessisset trie-
teridein, atque ejus
geuas
nondum pubescens lanugo
vitiasset, invitis parentibus,
nem
ad Prajdicatorum Religio-
convolavit, in qua quadraginta dumtaxat diebus
exercitus, suinmaj virtutis et probitatis atque bene instituti
animi
inditia
dedit,
morte
nutu, infra quattriduum sevissima
prajscita,
peste
divino
interrempto,
Frater Mattheus Bandellus Casti onovensis socio benemeriti dcflens dono dedit, dicavit posuitque
lubentis-
sime.
Anno
supra
quintesimum atque millesimum Cai. Quintiqua die iniqua eum mors abstniit. Care viator,
libiis,
abi.
a salutifero Marita Virginis partu,
hoc volebam, n>scius ne esses. Vale
quarto
APPENDICE
F. Malthei
lalis
Baudelli
Oralio prò
Ord.
clariss.
II.
Pr?edicalorum
Imperatore
Gonzaga Marchione Mantnéie IV,
da un rarissimo opuscolo,
siìizio,
e
—
mancante
Pareri-
Francisco
(Estratto
di
fronti-
appartenente alla Biblioteca Comunale di
Bologna).
.... Accepto
Fi-anciscus
a
Venetis
tlorentissimo
Parmensi agro ad Tarrum fluvium consedit. Affuerunt continuo
a Lodovico Batta<*'lia
Sfortia validae militum copite. lain
, Taro
Carolus qui tenebras et funus Cisalpinae Galli» minitabatnr Apenninutn tenebat: incendioque Pontreinulum absunipserat: vi sibi viani facturus, si qua ire vellet bona venia non liceret. Insederat
exercitu, in
Italovum
Tum
exercitus
Gonziacus
pugna
Dux
sinistram
sa;pe
Tarri
testatus
fluminis
fore
ut
ripatn.
vel
una
qaìe instare vidcbatur: Galli suaj vanitatis ad-
vìrtutem non esse,
nioniti facile intelligereut Italicam
ut ipsi falso pra3diccrent, oninino
extinctaui
:
Venetis
quorum iniussu prtelium committere integrum
non erat, certain victoriam pollicetur. Ubi igitur
legatisi
sibi
eo Galli dextero Tarro sine strepitu
cessere, ut
jam
et
clamore pro-
Italiani exercitum in procinctu
stan-
tem ex adverso intuerentur, subito bombardarum iaetu
aderti sunt quiescentom incessere. Gonzaga ut ferox
—
238
erat atque pugn;e avidus « quid stamus, in(juit? Incessentium sunt haec: non abire volentium ». Erant
in Venetis castris Legati Melchior Trivisanus et Lucas Pisanus. Tum Trivisanus ad Gonzagain conversus
:
age igitur, et quando aliunde vis orta est, eatur quo
liostium vocat iniuria. Utero imperio, et quod Deus benevertat pugnain capesse ». Nec uUa deinceps mora
«
fuit.
Canentibus signis uno tempore pluribus est
locis
Gonzaga autem omnium
pri-
in hostem procursum.
hostem transfixit
hasta: fuitque circa eum prosperrima pugna. Ita autem equo sublimis ferebatur itaque fortiter pugnans.
mus
in
adversam aciem
invectus,
:
uunc sapientissimi Ducis, nunc fortissimi niilitis muuere fungebatur: ut Gallorum metus ad regem usque,
qui in medio erat agmine persuaserit. Qua ille suo-
rum consternatione perculsus
regia exivit insignia, ut
minus
in dubio pugu£e eventu
esset
nobilis. Galli in
aperto discrimine destituti ex metu et desperatione
audentiores effeoti, multa vi connixi pugnam restituunt
impressione eos pene terga dare
compellunt. Cecidere tunc ex Gonzagse exercitu multi
viri illustres: inter quos Rodulphus Francisci patruus
factaque in Italos
et manu promptus eonstantissime pricmagnum hominibus documentum dedit: quanto
vir Consilio
liando
potior
quam
esse
debeat
probis
vita sine dignitate.
viris
dignitas
sine
vita,
At Franciscus quum rem ad
magnum aliquid audendum
triarios reddiisse videret,
ratus traballi hasta accepta et ad fortissimos comrailitones, qui
eum
freqnentes cingebant conversus: « eia,
commilitones fortissimi,
Tum
me
duce,
in
cousertissimum
ipse primus
advolans obvios quosque solotenus prosternit. Nec defuerunt commilitones Duci dixisses Eridanus ruptis
aggeribus fata arbores, mapalia armenta pastoresque
agmen
irruite. »
in
medios hostes
foeda colluvione trahentem. Ita acie restituta Gallum
239
loco subiiiovet et in fuga vertit Borbonio Xotho, qucin
per se egit in castra
captivo
autem Gallo ademptis, qua
est hostis proficisci.
Quod
si
abducto.
Gonzaga
Iinpediinentis
voluit
coactus
co die Sfortiani debitarn
navassent operam et levis armatura Venetus equitatus,
ut Franciscus ordinaverat Gallum a tergo esset adortus, captivus profecto apud Gonzagam Carolus pulcherrimann illustrasset victoriam. Quanta autem indole,
(quanta fortitudine, quanto animi ardore Franciscus eo
die pugnam commiserit, pugnaverit, inclinatam aciem
solus restituerit, hostes palanteis egerit, scio
me
ora-
non posse. Illud testatum coiapertumque
omnibus esse nenio prudens inficiabitur Carolum retione consequi
Gonzaga inter Gallos cruento ense maximam
stragem edentem vidit, ad eos qui circumstabant dixisse: « si Mantuse hic Princeps prò Aragoniis in regno
Neapolitano stetisset, actum mehercuie erat de nobis ».
gein ubi
Tentavit autem Carolus misso ad Franciscum Argentoni Principe
eum
sibi conciliare:
promisso
illi
qua-
tuor Civitatum in Italia imperio et perpetuo stipendio.
Sed Franciscus
vare, aures
nunquam
nibil potius
promissis
regiis
se
quieturum
setta. Victus itaque
puit.
Quum apud
nisi
ducens quam
non
fidem
adhibuit:
Italia in
libertateni
Carolus Ticinum versus
Stratellam agri Ticineum
ser-
testatus
as-
iter arri-
oppidum
negocio capi, idque
maxime Gonziacus dux appeterat: Lodovicus Sfortia
ita tralientibus fatis fuit in causa ut Gallus Hastam
consedisset ])0ssetque vel
brevi
incolumis pervenerit. Assequutus est Gonzaga, fugato
regc
omnium
simarum
claris3Ìmo domita([ue gentium
bellacis-
amplissimam. Celebre ejus
tota Italia nomen esse; nullum illustrius facinus pnudicari. Quod si laudatur omnium ore Annibal quando
cum Romanis bellaverit; estque in pniecio Marius
quando Cimbris fuderit et in coelum tollitur Caesar
ferocia, victoriam
\
—
Galiorum
quod ferocissimam
laudatioixe,
240
quibusve
gent,em
honoinin
qua
subagit;
Gonzaga
titulis
di-
gnani ceusebiinus, qui Carolum, regein potentissimum
Belgavum, Celtamm, Aquitanoruinque exercitum
flo-
rentem, Italicis eliam ductoriljus et militibus instru-
Parthenopem ingenti elatum
magnosque eiBautem spiritus, vicit, debellavit. in fugam veitit, Italiaeque possessionem decedere
coegit ? ideo in Italia, ubi dumtaxat, quemadmoduin
cturn atque ob devictam
superbia,
Imperator AnnibaI
vinci Itali possunt,
ille
Gonziacus Dux ubi Tarrensi pugna feliciter est de-
aiebat
functus:
:
Novariam
cum
victore
exercitu
profectus
Dutn Novariae
sederei, Veneti ob rem ad Tarrum
Assedio
,. __
gestam omnium suarum costrenue ^
di Novara
,,.
piarum iuiperium illi deerevere, daturque ut summi imperatoria titulo fungerei. Missa
civitatem obsidione arctissima
cinxit.
,
sunt et publica signa
cum argenteo
usque, duobus ad id patritiis
cello et Georgio
Hemo. Erat
sceptro Novariam
destinatis,
Petro
Mar-
Novariensibus
Ludovìcus Valesius A.urelianensis Dux, quera postea
Francoruni regem vidimus, vir militari virtute et pruprtesidio
dentia in Gallis ea tempestate summus.
Carolus autem valido circa Hastam coacto exercitu totis viribus
adnixus est obsidionem solvere, caduceatoribus saepe
numero missis, qui brevi se liostibus afFuturus uuntiarent, ut da summa rei cum bis deeerneret. Ad haec
dissipandos rumores curavit: fore ut brevi Novariam
copias admoueret. His enim vanis terroribus persuasuni habuit posse fieri, ut obsidio metu solveretur.
Sed ea fuit unius Gonzagse constantia, cui publico
Ducis Sfortiani Venetorumque decreto commissus erat,
ut diligentissime auimadverleret,
ctando represscrit.
ne quid
Italica
li-
Galiorum conatus cunNcque enim imperatoris eam esse
bertas detrimenti caperet,
ut
—
laudem
esse, in
241
pugnandi
quod duin plerique veterum
soluin existimabat
scilicet
et
cupìdum
recentium ni-
proni fuerunt. se et alios facile pioecipitaiunt:
sed Consilio et prudentia rem bellicani felicius admi-
niis
nistrari putabat.
dum
Meminerat
IM.
Varroiieni
coliegani non audit infelicissime
apud Cannas
pugnasse. Mi-
nutiuin quoque Magistruni Equituni, cui cum Fabio
Max. Dictatore ajquatuin fuerat imperia m, pene ciun
omni exercitu circumventum legerat. Domesticas quoque majorum laudes disciplina militari partas, resque
ab illis felicissime Consilio semper administratas
sciebat.
Et profecto
pugnam
ubi
semel
commiseris,
teque alea3 dederis, frustra Fortuna m rebus accisis accusabìs. Ita sedendo bellum Novariense Gonzaga confecit.
Age vero qu»
nain hostium. strategemata tanta
esse
potuerunt,
Gonziaci
ut
imperatoris
militarem
scientiam effugerint? Qui eonatus, quos ille virtnte
non superaverit? Qua3 seditiones, quas summa aucto-
non compresserit ? Quoe bella, quie felicitate
non confecerit? Quid ejus laborem in negoeiis com-
ritate
memorem,
in
periculis
fortitudinem,
industriam
in
agendo, celeritatem in conficicndo, in providendo consilium ? Qui\3 tanta in hoc uno fuerunt, quanta in
reliquis omnibus imperatoribus non fuerunt. Erant in
Germani, aliique multi diversarum nationum homines, quos
summa auctoritate Franciscus semper dicto habuit
obsequentes et inter se coniunctos, adeo ut in illius
castris nunquam sit tumultuatum. Nihil, viri Manthuani, aut fìngo, aut amplio. Video multos heic astare,
qui eo bello sub Gonzaga ordines duxerunt, qui sub
eo militarnnt. Vos igitur appello, qui in ea obsidione egregiam illi navaslis operam, quain et rei neejus exercitu Itali, Epirot;o, Dalmata;, Helvetii,
cessitas
exigebat
et
virtus
vestra
quoque, Joaunes Gonzaga, cur
Masi.
pollicebatur.
Te
non appellem, qui eo
16
OjO
Gallis suppe-
tempore, jubente fratre, Allobroges, ne
tiam ferrent, dornuisti? Yos igitur omnes
Ecquem unquam Imperatorem
non dico
vìgilantia,
legeritis,
aut ab
aliis
videritÌ3,
sed
testes cito.
prudentia,
pari
aut
ipsi
pari
per voa
fando acceperitis. Scio non de-
me elinguem frigidumque judieabunt. Et
non ea ego sum eloquentia, non eo dicendi
futuros qui
profecto
lepore prteditus, ut tantam
rem prò dignitate
possim. Adnotabo proinde
loca
scitu
tractai-i
coramemoratio-
neque digna, eaque vestros ante oculos ponam. Alii
vero, quibus
Romanae facundiae majestas
arridet,
en-
comia parabunt. ut qux ego meo more epica lingua
exasciavi, ipsi Romana quandoque dolent. Casterum,
ut unde digressus sum redeam, G alias spe retinendaì
Novarise frustratus, urbem reliquit. Quam Gonziacus
Imperator statim Lodovico Sfortiae restiluit. Illud
vero praeterire nullo modo possum, tanta eo bello
fuisse Francisci innocentiam, tantam temperantiam,
tantam fìdem, tantam facilitatem, tantaiDque humanitatem, ut instar miraculi habitum sit, imperatorem
pene adulescentem, qui magnis priwesset exercitibus,
juvenile aut teuierarium
viri
Mantuani,
quam
gessisse
nihil.
Recordamini,
supei-ioribus annis Maximilianus
Caesar Patavium obsìderet, quibus calamitatibus Vicentinorum Verouemsiumque ager sit a sociis affectus,
quot rapinas, quot incendia, quot funera, quot devastationes Civitates
illte
pertulerint, ut si
liostis
circa
muros esset eaatramentatus, non plura timere debuerint. Atqui Franciscus ita Xovariam suum diixit exercitum, ita illic duos pene menses consedit, ut non
modo rnanus tam numerosi ezercitus, sed ne vestigium quidam cuique pacato nocuisse dicatur. Renovavit Bellisarii summi Ducis inemoriam, qui bello
Gotbico numerosos exercitus per Italiam ita pacate
diixit,
ut
milites
pendentia ex
arboribus
poma
tan-
—
243
gere non auderent. Jain vero ita faciies aditus ad eutn
inilituni
omnium etiam
feiimma liac linmaoitate
putatis,
existìinari
summos intìmosque
autem ejus Inter
Fideni
tjljstruxerit.
gregario tum seinpcr futre ut
quam etiam
a^que sibi
quantam
sotios
liostes
saiictissimam
enim ^urelianensis Novariam
ad. Carolum
se conferret,
Francisci fide acceiita profectus est. Sed nulli niirum
«336 deliet eam sibi Franeiscum pene adulescentcn»
ftucthoritatem comparasse, quam ne veterani quidam
Iinperatores et multis bellis exerciti vendicarunt. Cuju8
€nim unquam imperatoris in obeundis negociis labor
major? Cuius in agendo solertia par^ In rebus dubiis
judicarunt? Ludovicus
ut Vereellas
derelictnrus
consilium? In subeiindis periculis
presentius
prudentior, fortitudo constantior^
Apud
audacia
inilites,
apud
den'qie apud omneis. CUJU3 auctoritas plenior, gravior, firmior? Novaria
itaque Franciscus Sfortiano Imperio restituta et inter
Oallos ae Insubreis pace confocta Vereellas ad Calolum regem visenduni proficiscitur. Carolus liumaniasime Franciscum compieOnoranze e trionfi
XU9 multa de illius virtiite,
di Francesco Gonzaga
socios,
apud
etiani ipsos hosteis et
fide, fortitudine,
felicitateque
prajfatus, iniris illum laudibus decoravit. Rcdiit deinde
Franciscus
Novariam ad exercitum, duobus a rege
nobilissim's equis donatus, (quorum primus aureis mille
fuerat
a
Carolo
emptus; dimidio
iniiius
alter.
Ita
Gonzagti) virtus etiam apud liostem acerrimum fuit in
precio. Profecto
deinde Venetias
summa
est
omnium
Barbadieus Dux Bucentauro navi illum exei[)i voluit, et triumphanti similem per mediani urbem ad aedes regali apparatu publice instructas develii. Bucentaurum vero purpura et
auro insternere in liujusmodi pompis Veneti consuevcrurit, qua- nuiic remo, nunc velis. sae[)iu3 remulco
laetitia
execptu3. Augustinus
—
244
agitar. Sedebat Princeps in puppi auro stiata. Assidebat Patiiciorum ordo destra levaque majestatis et
atque
Tubaj, tib"teque
silentii plenus.
alia
genus
id
Bucentaurum sub urbana precurrebat navigia. Haec publico sumptu auleis
instrumenta
circuinsonabant.
et festa fronde in Topiarii operis
rifice
exornata
A
visebant.
altiuscule surgebant:
modum
prora
quorum
mi-
pulpita
fastigiis pueri puellasque
eleganti forma cnltuque exquisitissimo
titi
inflexa
puppi
et
alii
men-
alios
genios latenti machina subnixi puro aptoque aere
iibrabantur. Hi aurea svstra,
rum dearumque gestabant
tbyrsos, aliaque
illi
insignia.
Deo-
Inferiore grndu
adulescentes in tritonum et nymi)harum species figurati,
qualiscumque statu
suo
tantum uno
concentu
subvebebant. Aurea ad hsea signa toto navigio defixa
ventoque
ajritata; et
in
primis vietrices ipsius
Gon-
tam voluptuosum,
quod merito buie uni
zagse aquiliB speataeulum praebebant
propemodum
ut nullnm
sit
comparari
possit.
Cymbarum
offici!
aliu
i
Bucentaurum tanta
vis
sequebatur
gratia ac spectandi studio, ut
quam
longe lateque toto stagno iert prospectus tegerent aquaj
fiequenti eomitatu.
st£e rei
peritus
Quam
diligentius
versas agnoscat ab ea,
dam
rei
pompam, si quis vetuhaud multum di-
spectet,
quam
veteres scriptores
in Quiritium triumphis prodidere, etsi rei
quonformai
Habebat, fateor, aliquid ille currus et vieti
Reges ac duces. Habebat per multum
tota pompa, in qua uibium simulachra, aurum, argentum factum inftctumve ac signatura, clypei, tela,
signa aerea et marmorea hostibus adempia, lecti trìdiversie.
ante curruni
clinares aurei atque statuse et alia eximia? artis precii
permulta. Trecentos ac viginti triumpbos
Romano Im-
rerum scriptores enumerant.
Sed unus Gonzaga si tempora consideres antiquitatem
illam omnem admirationis plenam pneeelluit et ne
perio
incolumi
optimi
—
verbo invidia
sit,
245
omnium
triumplios
oequavit. Arcus,
currus, eleplianti, tigres, leones et ignota abditarum gen-
tium animalium uni Gonzngoe majestati cessenint. Sequenti anno Ferdinandus Junior NeapoGuerra
litanum regnum magna ex parte eiectis «elle Pu^'lie
Gallis reeuperaturus videbat, nisi Vergi-
nius Ursinus magni in re militari nominis in Apulia se
Gallia convinxisset.
incussit, ut
Nam
tantum
terroris
quamqne Neapolitauas
Ferdinando
arces ab hoste re-
cepisset, de retinenda tanien urbe soUicitus
ad exter-
nas opes coactus sit confugere. Veneti igitur ad id
bellum Gonziacutn imperatorem veluti belli Gallici
ducem mittunt. Quem heic rerum exitum,
quemve cventum expectatis? Suscepit liane provin-
fatalem
ciam Franciscus
aiacriter: ratus
quod evenit futurum.
eundum vero Alexandrum sextum Pontificem
maximum Romce adoravit, a quo per summum Iiono-
Inter
rem
est reeeptus atque de
donatus.
nisset,
Roma
discedens
more christiano aurea rosa
quum
Paulum Vitellum, egregium
in
Regnum
perve-
Sconfitta
dueem, qui Gallorum stipen- jj
Paolo Vitelli
a pud Venussiam in
^^
^ Venosa
.,•
•/•,.•
r
lugam vertit illius mihtibus magna
oceidione oecisis. Sub Gonzagaj accessum Aragonia?
res adeo aucta' sunt, ut non multo post castra castris
sint utrinque collata. Tandem Galli nnius Gonzagaj
opera in Atellanam urbem se recipere compulsi sunt.
Erat Gaiìorum prorex Giibertus Bompenserius ex
Borboniorum Principum sanguine Francisci sororius.
Qui missis ad eum saepenumero nuntiis, ningnisque
belli
dia
faciebat,
-,
.
illi
gam
propositis
ad
pra^miis
Gallorum
Gonza-
j Francesi
tentano corrompere
Quum
.,
^
il Gonzag^a
stipendia
traliere
est
adnixus.
vero viderent Galli se d iitius
egni possessionem tueri non posse mallent(iuc omneis
—
24G "^
quam Aiagonios
Gbtulenmt: modo
destituto,
posteri
rerum potiri, Campania; reli-'
provinciarum iiiiperiuui Gonzaga»
in eo
Regni
fjuarninque
Caroli
ille
sequeretur,
Gallorum stipendia
Ferdinandoque
Venetis
reiictis
fidem
inererent.
ipseque
ac
3>
ejus.
Sed nullis Gon-
zaga poUic'tatioaibns, nulla nobilissimi regni cupididominandi ambitione ab incoeptis dimo-
tate, nulla
veri potuit.
Firmaverat enim
sil)i
animo Ferdinandunv
O magnani
regno paterno avitoque ejectum restituere.
inauditamque Gonzagiij constantiam!
fidem integerriiaam, o virum o'ternis laudibus in coelum efFerendum! Omnia nimirum babet qui nihil concupiscit, e»
quidem ceitius quam qui cuncta possidet. Solet enim
dominium x'erum collabi; honstì mentis usurpatio nullum tristioris fortuna^ recipit in cursum. Cinxit itaque Franeiseus Atellanam urbem obsidione omnium
maxima et ita cinxit ac circumvallavit, ferro fameque
afflixit, ut Galli omnes in deditioncm venerint. Ita incolumi regno Ferdinando restituto Gonziacus dux
Mantuam triumphans
revertit.
Ca'terum
Veneti
seu
nimiam Francisci autboritatem, seu ne ad hosteis dofìceret, quum tamen ille omni suspitione careret, seu aliam ob causam, qua} ignoretur, seu, quod
plerique asserunt, in Frunciscum
In^ratitudin*»
variti
dei COll€«**ltl
ing'"»ti illi
iinperium sintiquarunt.
^f>>n in omni
Veneziani
l^^que Civeis
verso il Gonzaga
Quicquid
republiea bonos
ma-
versari quis nescit?
pi;i}teroa
agimus
in vita,
sumus vulgi semper diversa aut potius perversa scntientis. Ubi igitur Francisco nunt atus cst^
Venetiis illi antiquatum esse imperiuin, ut erat animo
in lance
generoso et ad
modestissime
ita
omnem
tulit,
imperium
nihil eflFecerit,
fortuna*
aleam paratissimo, id
testatus et publice
gessisse, ut
nibil
et privatim se
unquam
cogitaverit,
quod non ideo Reipublicio Venetas sa-
—
lutare existimaverit.
247
Ncque
—
de Venetorum
ultra
in-
gratitudine queri, tanta erat animi constantia, substi-
Gessit deinde iinperiiim
nuit
Maximiliani Caisaris
jussu, qui Franciscum plurimi
faciebat.
Ludovicus quoque
in Italia
Francesco Gonzaga
^^ servizio
dell'Imperatore
Sfortia copiaruin suarum omMassimiliano
nium Ducem illuni creavit, g ^j Lodovico Sforza
magno
adjecto
pendio.
Qui
si
militia^
sti-
Francisci
Consilio
bello
Gallico
uti
hunc diem Sfortianum nomen durasset.
Gallorum enim mores institutaque militarla nemo uno
Gonzaga meiius noverat, qui ter cum eis conflixerat,
semperque victor extiterat. Et profecto militaris disciplina tanto aliarum humanarunì rerum scientiam anin
scivisset
quanto in humano corpore pedibus
teire solet,
prajstantius
citus ipsi
habetur:
praisertim
quamvis ingentes
quum
sine
sint, nulli rei
obcoecato Polypliemo comparar!
possint.
caput
ea exer-
magis quam
Ostendit id
Dario Alexander Macedo, Themistocles centra Xersem, ad versus Tigranem Luculius et Pliarnace Ptolomeoque devictis Julius Cicsar. Item contra Rhadagasium Stiiicon et sa^pius superatis Gotliis Bellisarius.
Itaque duin Ludovicus Sfortia, qui omni re semper
sapientissimus est habitus, plus ni mio domesticis quiin
busdam
induiget,
dum
a
Gonzaga
in
alios
transfert
suosque omneis perdidit. Quo vero tempore ad versus Gallos apud Alexandriam rSfortiani
infeliciter pugnarunt, cajpitque Ludovicus fugam in
Gernianiain raeditari. (^uod non egit Gonzaga ut Arx
imperium,
se
inediolMn^nsis sibi crederetur? Qua?
si
tradita fuisset^
nemo Bernardinum Curtiuiu
proditionis
fantissiuKO crimine sugillaret.
Postquam vero Sfortiani
omnium ne-
paterno atque avito exciderunt imperio, venitque Mediolanum Lodovicus, ejus nominis XII Francorunv
—
rex,
248
quem ex omni
ad
Italia
dinasta;
accesserunt,
^^ eum visendum Franciscus
Francesco Gonzaga ^^ contulit. Susceptus est a
rege mira comitate et niansueal nuovo
tudine ornatusque annuo stidi
Francia
l'e
pendio. Putavit enim rex ex
IiUÌ'*'i XII
omnibus Italia3 principibus, qui
officii gratia ad euro venerant, rerum gcstarum gloria
neminem GonzagtB esse anteferendum. Ut autem illum
Visita di
.
peculiari
aliquo
munere demereretur,
eum lionestavit. Rediit in
apud ququem invidorum quorundam
milltia
cìscus
petebatnr. Profectus
spectum regis
venit,
adeo
quem non
eum
delationibus Fran-
Gallias, ubi
in
videbat, oratione usus idonea et
suggerebat,
jussu
in
con-
nihil a se alienatum
quam
placavit, adeo
apertissime diluit, ut regis
divi Michielis
Gallias Lodovicus
sit
innocentia
illi
omnia
auctum sti-
obiecta
illi
pendium. Potuisset Franciscus domi se continere. sed
in Gallias, ut honorem suum tueretur, proficisci maluit. Quo tam pieno fiducise bonae Consilio non regis
modo animum propensiorem sibi reddidit, sed maleTolorum ora reterno clausit silentio. Et sane ita se
in adversis i-ebus, quid aliud est quam ssevientem fortunam in adjutorium sui pudore victam
convertere? Veneràt Mediolanum Lodovicus rex, quo
tempore Cassar Borgia, Alexandri sexti Pont. Max. filius, Forum Livii, Forum Cornelii, CaBsenam Faventiainque subegerat. ÌMagnus prolude
laui^i XII
«^oncursus Italorum Principum ad
e Cesare Borgia
regem est factus, ceu ad vindicem
a Milano
gerere
insieme
aali altri
principi italiani
malorum omnium,
^^
^'''^'
^'^
tur
italici
^''^''^
quaj a Pontifica
principibus et popu-
imminebant. Circumstabant igi-
regem
viri
plerique
illustres
nominis et in bis Hercules Estensis, Ferra-
249
riae
Dux
et
dus ignoto
—
Frauciscus
Gonzaga, quuin Valentinus
a
nullo expectatus dictus est
liabitu
et
animos eorum, qui ademaestoque silentio aliu3 alium intueri, mussitare et pene a se ipso abduci. Quum vero Borgia, ut
erat regnandi cupidissimus Consilia in perniciem multorum agitare diceretur atque iniposturain multis facere vellet, omnesque suspensi animo essent, unus
adesse. Defixit
rei
novitas
rant,
Franciseus Gonzaga invicto
causam
animo omnium
ambitionem
princeps
egit: itaque audiente rege BorgiiD
contudi, ut
ille in
melius Consilia mutaverit. Ca^terum
quum Hispani duce Consale Ferrando
Agidario,
viro
Columnensibus etiam maxime juvantibus
Neapolitanum regnum omni pene ex parte e Gallorum
manibus cripuissent, velletque Lodovicus Francorum
rex tam nobilem ignominiam ulcisci, novas contraliit
copias summunque
copiarum omnium imperatorem
Franciscum Gonzagam deligit. Venerat enim Lodovicus in eam spem, ut nihil tam difficile, tam arduum
foret, quod non ille summa virtute et felicitate confortissimo,
ficeret,
nisi
nec certe regis spes inanes cassa^que fuissent,
quorundam Gallorum superbia, qui
dedignabantur, eas
illi
inteix'idisset.
Italo parere
Franciseus vero
animo reputans quam susciperet provinciam, omnia
preparat. Cum ea enim gente belligendarum sibi esse sciebat, qui:e sit nationum omnium
gentiumque consensu fortissima. Nam minime ignorabat Romaaos quo tempore rei militaris gloria florebant, quum decem annis Gallias domuissent, plus
negocii cum Hispanis liabuisse. Dncentis enim annis
vix est Hispania in provincia formam reJacta, si a
primis Scipionibus ad Augustum Casarem annos memoremus. Accepto itaque impeiio Franciseus ad exercitum se contulit. Proeesserant Gallorum copia unius
Gonzaga ductu in Hethruriam bellum circa Caietam
bello necessaria
jO
—
reparatUMc eratque Italia universa ia novissimi bujus
ceitaminis eventuin erecta, quum repente assertur
Alexandrum sextum Pont. Max, veneno, quod alteri
paraverit, hausto mortuum esse.
Morte di
Romam
Alessandro Borgia Pio^ectus
Franciscas
sedulo dedit operam ut comitia,
novo deligendo
est
pontifici
Pontifex Fianciscus
dieta, libera
essent. Creatus
ex sorore
Pii II
nepos, qui
inemoriam Plus est dictus. Per
^"^ ^'^* Gonzaga exercitum in Latiuin traPio III
et ipse in
avuneuli
duxit,
die,
obiitque
Pius
III
sexto
et vigesiino
qua sedere incoeperat. Julianus deinde
Sixti
IV
nepos est suffectus. Franciscus
Giulio II
interim ad Lirim castra habebat Hispanorum motus repressurus. Verum ubi loca est speculatus
P^^*"- ^^s^-
Francesco Gonzaga
nel Genovesato
contro gli Spagnuoli
adversam
^'i^l'^q"e
"P'*^^
^^^
^'^
fluminis
^^^^^ *^"^"^ "^^^*-
Gallorum
consilium
"^
primoribus omnibus
ostendit
nemini dubium esse debere, si Lirim traiciant, quin
ea res male verteret Gallis. « Sunt, inquit Gonzaga,
palustria haec loca et circa ripas restagnantis fluminis alveus nusquam fere se pra?bet vadabìlem,
nisi qua Hispani ex adverso insederunt. Appetit jam
hyems, ut nulli non piane appareat, quin Lfeic sedennobis omnia t«mpus sit iniquiora facturum.
proinde et frigore miles per irritos conatus conficietur. Quod si mibi audientes eritis, ego vobis nullo
tibus
Fame
confectum dabo. Tutius itaque et
ad bellum reparandum multo conducibilius orit, si in
Marsos et Peliginos exercitum duserimus, atque in
bis terris stativa adepti sub tectis reliquum lyemìs
negocio uegocium
egerimus.
Mox sub vcrnus tempus
ex integro bellum reparabimus
duces dicto audientes minime
».
in
Apuliam
At
fiierunt.
caeteri
Quod
digressi
Galloi-um
ubi
Fran-
ibi
ciseus intellexit publicis tabulis
illis
in
maxime discrimine
testatiis
poni.
Erat ipse Gonzaga tum febriculosu3. Valetudinem igitur causaGallis
tus, relieta
Gallici exer-
rem ab
est,
pgr contrasti
co""!! altri
capitani francesi
^ comando
^^^^^^
citus cura, in patriam iter deflexit.
Ostendit
Franciscus recte
eventus
rei
illieo
Nam dum
consuluisse.
Liri assident, in
Gallis
mediumque
Galli consultant, qua
vi, quove loco esset fluvius suprimo sentiri caepta est. Sequutus
morbus. Postremo hyemis intempcries. Quibus
brevi Gallici exercitus pars multo maxima est
perandus, fames
inde
nialis
Conati
inntilis
facta.
tlumcn
traiicerc,
Hispanis
deinde
magno
gatta-Ma del Liri
perduta dai Francesi
vieti proelio posses-
Regni exeiderunt,
sione
ab
invietissimum
Gonz^gam vera
Fiorentini, quibus Petrus
potestatem redacturi
pr*feeerc.
Ivit iUe
•
re(iue ipsa est
pra'dixisse.
Sodcrinus
cnpiis
eo mense, quo diva Osanna
Post
liaee
preerat, Pisas ìq
Gonzagam
Fiorentiam
comprobatum
suis
omnibus
Francesco Gonzaga
An-
dreasiaciV'los petiit. Magistratus
^j comando
^gj Fiorentini
omnes il li obviam processere,
omni civitatc ad videndum ef-
contro Fisa
fusa.
Quumque
csset in
Pisanos
excrcitum ducturus,
a Lodovico rege revocatus, infecta re
magno
sui
desiderio
Fiorenti nis
Mantuam
relieto.
rediit,
Sperabant
enim eo duce Pisanis leges dare. Quod protVcto evenisset, si ille in provinciam esset profcctus. Designatus
fuerat Pont. Max, ut paulo superius dixi, Julius secundus Ligur. Hic secum reputans quantum Ecclesim
reltus GonzHga; autboritas eondueere posset, cujns ea
tempestate a])ud omneis nomen maximo erat in precio,
missis ad eum legatis Eieonoram, ejus filiam, aitate,
forma moribusque liorentissimam, uxorem ])etiit Fran-
— 252
cisco Mari;t Urbis praìfeeto atqne Urbini regulo. Erat
autem Franciscus M. Julii ex
Matrimonio
^''^^^re
nepos. Celebrataj sunt
Eleonora Gonzaga
nuptioe singulari pompa atque
QQn
d'
appa><itu, nullo
Francesco Maria
Della Rovere,
Duca d' Urbino
non adhibito
Paulo
genere.
magnificentiie
Bononiam
^^^"^
'^"^^"^ P^^*^
Julius esset ad officium revo-
•
caturus, Franciscum Gonzagaui imperatorem decernit,
cujus auspitiis
Bononia iniperiuin suscipcret. Potiererum Bentivoli, qui unius Gon-
bantur in ea urbe
atque adbortatione cedere
zagiB opera
Pont. Max.
bis contentus
fortuna deli-
potestatem Bononia
berarunt. Ita in Julii
Nec
rediit.
summus ea tempestate
ecclesiastica^
bertatis
li-
assertor,
Francesso Gonzaga
summa et perpetua dignitate,
Gonfaloniere
1"* inter Christianos est madella
S.
ferum
^^'"^'
Romana
Chiesa
Eum
instituit, claveisque,
et claudit
inermis, armato
Franciscum
eniin
ferendas
felicissiuiumque
Sequutum deinde
est
bonestavit.
E.
vexilli-
dedit;
militibus
signum
Lygnsticum bellum omnium peCum eo enim hoste agen-
riculosissimum.
Guerra
quem bellacissimum esse congens ista oliui Romana din
arma, quam pene niajus est invenire, quam
Genova
^"'^ erat,
stat.
exercuit
R.
quibus ipse coelum aperit
sane salutiferum
di
S.
Nam
vincere. Vindicaverant se populari tumultu Genuenses
in libertatem, nobilitate
omni ostracismo notata. EieFrancorum rex natriaj
ctos itaque Nobileis Lodovicus
restitutinus simulque rebellanteis Lygnres in ordinem
reducturus
omnem
spem in uno Gonza^^a ita
omnia illius arbitrio fieri nian-
Victoria;
visus est collocasse, ut
daverit, seque et exercitum
erit.
Qua
ille
omnem
provincia egregie
illius fidei
est
permi-
defunctus.
Nam
—
253
—
Apennino ìnsinuatusque in vallem Porcoberam,
mine Poiciferain dicunt, iiiontem Genua3 imininentem validissimo tìrinatiiin pra'sidio, primo congressi!
coepit. Fractns autem Lygur nobili hac pugna in deditionem venit. Quumque omnes regi insignem hanc
traieeto
quaiii
victoriam
gratularentur,
Gonzagam
esse, cui
ipse
ingenue
unum
fateti
tam nobilis Victoria adscribi deberet. Fatebatur enim clarissimus rex Gonzagam non
modo victorirp participem, sed piane authorem. Hujus
ductu ac Consilio Apenninum superatum. Hujus labore
ac
Hujus
virtute
in
munitiones
liostium
nulla pene occidione confectum.
stimonio
Quid auteni hoc
te-
certius?
CiBterutn, ut
talia
penetratum.
astutia ac prudentia bellum nullo pene labore,
namque
ad reliqua progrediatur oratio,
celel)ramu3, non con-
paren-
Le'^'a
dimus historiam, in ultimis Gallina contro Venezia
et Germania^ finibus opportuna Julii
Pont. Max. authoritate, Margaritiiì foeminas rarissimaj
Maximiliani Ca!saris filii« opera, simul et Britannorum
vadatione, Legatorumque Hispanorum interregis
ventu, bellum Lodovicus adversus Venetos decrevit.
Delectus stati m est Gonzaga, qui priinus Venetos
bello lacesserer. Id impigre Gonzaga pncstitit, ad
Casale majus (est id in agro Cremonensi oppidum
opulentum et nobile) deduetis copiis. Quo expugnato
et in potestatem redacto adversus Bartholomoeum Alvianum, qui celebre apud Italos nomen liabebat exercitiim duxit. Erat Alvianus omnium, quos nostra a;tas
viderit, ferocissimus. Faetiosus autem quamque maxime. Venetis vero ea tempestate militabat. Ubi igitur
audivit Gonzagam Casale majns in fidem recepisse,
fcrox animi
et
sui
impatiens
in
eum
convitia iecit
enormibusque illum verbis praescidit. Positis autem
castris ad Pontem Mollinum in agrum Mantuanum se
—
insinuare curabat, ut
averterei. Itaque
2.'.
—
4
Gonzagam ad
Gonzaga
suos defendendoa
de
certior
omnibus factua
belligerandi non oblatrandi teinpus adesse ratus, con^'^'^
Francesco Gonzaga
j
pg
Bartolommeo d'Alviano
condottiero
dei Veneziani
abduserit. Auxit
agro
Crenionensi,
Alvianun aciem
explicuit et ita hominis
ferociam repressit, ut pa'-^dversus
rum
captivum
manuque promptus,
relieto
abfuerit,
quin
eum
successus Gallia
pra?3ens
mota Venetos Laud nieuno congressu, quod de l'eli-
aninios, contra res infeliciter
diocriter fregit. Ita hoc
quo omni Venetorum exercitu speranduin esset facile
apparuit. Paulo auteni post Lodovieus I»ex' Abdua trajecta uno oniaium memorandissimo prjelio cum Venetis debellavit, eaque omnia qure illi de Bri-xianis,
Cremonensibui, Bregamensibusque possidebant, in potestatem recepit. Sed quo die commissum est proelium ancipiti morbo ex maximis laboribus contracto
Franciscus laborabat. Rem tamen Gallicani astu consilioque juvit. Post iriemoi'abilem illam
pugnam
mili-
Franciscus tum
Maximiliano Caesari, tum Lodovico Regi. Sed vi morbi incrudescente, dcbilitatoque
corpore, coactus est militiam deserere et relictis armis
se toturn ad reipublic* regimen. ad su:v urbis ornatavit
raentum convertere
Quum
propinquum sensisset (Franciscus Gonsaga) publicis testamenti tabuMorte di
se morti
Francesco Gonzaga
^'^
eonditis,
a secretis
sacerdotem,
quem
conscientia- babebat
more Cliristiano pecomnibus, divinìssimo Euebaristiiv sacramento
sumpto, aliisque rite peractis, Inter coniugis, fìliorum,
fratrum, cognatorumque ampiexus, decessit. Referunt
voeari ad se jussit, expiatisque
catis
inilu qui aderant. vultu
eum semper
placido,
animo-
— 255
que
ilio
laretur,
invìcto niortìa hoiam, duni
jussisse
sacerdotibiis
Evangelicas historia^ pars sibi
qui
intrepide pniesto-
astabant,
legeretar, qua;
captivitatem, cruciatus, flagella, irrisiones,
ut
illa
Cliristi
mortemque
continet. Interim ipse signa multa bene instituti animi
et
qui
Divin^e
se
voluntati
parte exhiberet, ostendit
obsequentetii
oiuni
est
'"ì
INDICE
Capitolo
I.
—
Dal Boccaccio
Ban-
al
Pag.
dello
Capitolo
Capitolo
II.
III.
—
—
La
cornice del quadro
Uomini, donne
.
—
Capitolo
V.
—
Capitolo.
VI
—
Capitolo
VII.
—
La novella
Capitolo
Capitolo
Capitolo
Vili.
—
La
(Segue lo stesso
mento)
(Segue lo stesso
mento)
(Segue lo stosso
mento)
de g\\
69
»
S3
»
97
»
115
argo-
Amanti
»
165
...»
177
.
IX.
—
Amori
X.
—
Castelgiuffredo, la dimora
vicende
Francia ed
il
ri-
....
»
199
I
»
223
II
»
237
fugio finale
Appendice
Appendice
»
argo-
vita del Bandello.
in
39
argo-
Venesiani
e
»
Ban-
dello
IV.
15
tempi
e
nelle Novelle del
Capitolo
1
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FINITO DI STAMPARE
IL DÌ
NKl.LA TIPOGRAFIA
XV SETTEMBRE MDCCCC
DELLA DITTA NICOLA ZANICHELLI
IN
BOLOGNA
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